GUIDO CAGNACCI. PROTAGONISTA DEL SEICENTO

TRA CARAVAGGIO E RENI

Dopo le mostre dedicate a “Marco Palmezzano, il Rinascimento nelle Romagne” e a “Silvestro Lega, i Macchiaioli e il Quattrocento”, il Museo San Domenico di Forlì ha inaugurato una rassegna pittorica dedicata alla figura misteriosa ma affascinante di Guido Cagnacci, curata da Daniele Benati e Antonio Paulucci che il circolo Galileo Glieli avrà il piacere di visitare

Sabato 1 marzo 2008

con ritrovo alle ore 8 come da programma la visita alla Mostra di Guido Cagnacci a Forlì.

Guido Cagnacci fu una delle personalità più affascinanti e misteriose del Seicento italiano.

Il Seicento è stata l’epoca che, con Bernini, ha modellato la città come una sola immensa scultura, che ha anticipato il cinema portando, con Caravaggio, il dramma della luce e l’urgenza del vero dentro la figurazione. Di quel secolo il romagnolo Guido Cagnacci fu protagonista. Non testimone e neppure comprimario, ma protagonista. Partito dalla “piccola Siviglia” riminese, fu partecipe a Roma della rivoluzione caravaggesca e, a , della “bellezza virtuosa” di .

Definito dalle fonti artista bizzarro e stravagante, nacque a Santarcangelo di Romagna, cittadina sulla via Emilia, presso , ma al confine con la provincia di Forlì-Cesena, nel 1601.

Della sua biografia conosciamo pochi ma significativi episodi tra cui i modi della sua formazione, che ci sono noti dall’atto testamentario del 1643, col quale il padre, conciapelli e messo del comune di Casteldurante (l’odierna Urbania), gli detrasse dall’eredità le spese sostenute per mantenerlo agli studi di pittore: una decisione assai aspra, che Matteo Cagnacci doveva aver maturato in seguito agli scandali di cui il figlio si era reso protagonista a Rimini (nel 1628 Guido aveva tentato di fuggire con una nobile riminese, fatto per il quale fu bandito da Rimini).

Apprendiamo così che Guido fu inviato dal padre a Bologna, presso il nobiluomo Girolamo Leoni, in modo da potersi aggiornare su quanto vi si produceva nelle botteghe più in vista, e poi a Roma, dove risulta che egli abbia soggiornato per almeno due volte, in compagnia del : occasioni che egli mise a frutto nella successiva pittura sacra, segnata da una forte impronta caravaggesca. Lungo gli anni venti e trenta visse a Rimini, dove lavorò per le chiese della città (San Giovanni Battista, Il Gesù) e del circondario (Santarcangelo, Montegridolfo, Saludecio, Urbania). Nel 1640 fu di nuovo a Bologna, dove entrò in contatto con l’ultimo Guido Reni e con i suoi allievi ed ebbe accesso ad una committenza di alto rango, avviando una produzione di quadri “da stanza”. Nel 1642, anno della morte di Reni, a Forlì prese accordi per due dei grandi quadri destinati a decorare la cappella di Santa Maria del Fuoco nel duomo, e per gli affreschi nella cupola, che non terminò e che furono successivamente assegnati al bolognese Carlo Cignani. Importanti sono altresì i contatti che egli stringe in questi anni con i nobili forlivesi Albicini.

Nel 1649 si stabilì a Venezia, dove, secondo i biografi successivi, visse in incognito, con il nuovo cognome di Canlassi e in compagnia di una giovane donna che fu sua modella e che per passare inosservata si vestiva da uomo. Nella città lagunare, contrassegnata da un clima molto libero, intraprese un’intensa produzione di quadri “da stanza” in cui prevale un tema, quello del nudo femminile, che, mentre gli procura i favori di una committenza ricca e disinibita, gli aliena il gradimento di qualche letterato: pur senza nominarlo, è a lui che si riferisce (1660), stigmatizzando la monotonia dei soggetti da lui praticati. Dopo una breve presenza a Cesenatico (1658), si spostò a , dove lavorò con una certa agiatezza per la corte di Leopoldo I d’Asburgo. Morì a Vienna nel 1663 e venne sepolto nella Augustinerkirche.

Come un iperrealista dei giorni nostri lo affascinava l’obliquo enigma delle cose. Come un autore a noi contemporaneo riuscì a rendere visibile il vero dei sentimenti, delle emozioni, degli affetti, forzandone la rappresentazione fino all’oltranza e all’iperbole. Venerata religione, estasi mistica, concitata eloquenza, malinconico e compulsivo erotismo, percezione della fatalità della storia, violenza e dramma nelle passioni. Ecco i temi che occupano i quadri di Cagnacci che riuscì a mettere in figura questo universo tumultuoso e già moderno.

Dopo aver visitato la mostra con la supervisione della gentile Dottoressa Luciana Prati, che ci ha già guidato nelle precedenti mostre del bel polo museale forlivese, proseguiremo la giornata nell’entroterra romagnolo, presso la

Tenuta Pandolfa a Fiumana di Predappio, dove potremo apprezzare la cucina romagnola, degustando ottimi vini del posto, tra cui Sangiovese, Cabernet Sauvignon, ma anche Montepulciano, Nebbiolo e Merlot. La Villa

Un imponente palazzo di quattro piani situato ai piedi di una verde collina a cui fanno corona spettacolari vigneti, fu costruita nel 1700 per volere del Marchese Andrea Albicini , una delle famiglie nobili più potenti del posto. Essa rimase, fino a poco prima della seconda guerra mondiale, luogo prediletto di villeggiatura del nobile casato . Restaurata dopo i danni della guerra , è stata acquistata da un imprenditore forlivese che ha curato lo sviluppo dei vigneti e delle cantine.

Si racconta che Giosuè Carducci, in visita alla famiglia, ammirava ed esaltava le strutture e l'imponenza architettonica della villa. Il nome della Tenuta avrebbe origini più antiche quando, a metà del XV secolo, le truppe di Pandolfo Malatesta ebbero a soffermarsi a lungo in questo luogo, durante l'assedio del castello di Fiumana. La villa, originariamente immersa in un vasto parco, è oggi circondata dal più grande vigneto della valle del Rabbi. Eretta su quattro piani si erge ai piedi della vasta tenuta. Le sue splendide sale, gli affreschi, gli ampi scaloni, conservati con cura nel tempo ed oggi nuovamente restaurati,ne fanno una delle ville più importanti della Romagna.

I VIGNETI E LE CANTINE

Cento ettari di vigneti per la produzione di cinquemila quintali di uve pregiate.L’azienda utilizza oggi le più moderne tecnologie per le coltivazione e la raccolta delle uve con estrema cura, attenta al mantenimento di un alto livello di qualità ed alla salvaguardia della tradizione vinicola locale.

Le cantine sono dotate di un moderno impianto di vinificazione ; nelle antiche cantine del palazzo che sono state restaurate e riattivare , si conservano ed invecchiano vini di particolare pregio che sarà possibile acquistare.

Per la visita della mostra e della tenuta il Circolo ha previsto l’utilizzo di un pullman .

Il programma prevede i seguenti orari: Ore 8.00 Ritrovo dei partecipanti in Piazzale Lercaro Ore 8.15 Partenza Ore 10.00 Visita guidata alla mostra di Cagnacci ( 1° gruppo) Ore 10.20 Visita guidata alla mostra di Cagnacci (2° gruppo) Ore 12.30 Partenza per Fiumana ( Tenuta Pandolfa) 0re 13- 15.30 Pranzo Visita alle cantine Eventuale acquisto dei vini Ore 16.00 Partenza per Bologna Ritorno previsto ore 17 circa Costo dell’iniziativa : 40 Euro La prenotazione è obbligatoria ed impegnativa e va effettuata telefonando al consueto numero di telefono del Circolo : 3385960307 entro la serata di giovedì 28 febbraio. Il numero dei partecipanti è per necessità organizzativa limitato a 45 con precedenza ai soci nei limiti dati per la prenotazione. Ringraziamo per l’organizzazione Donatella Bratti Castelli.

Il Presidente del Circolo Gian Carlo Muccio

P.S.: Ricordiamo che, come risulta dalla carta intestata, è stato istituito un sito web del Circolo che contiene le informazioni sull’attività associativa.