52 NORDeST Rivista di cultura SOCIO-ECONOMICA della CGIA di Mestre ST e NORD 52 VENETO 2/2018 NETO

NORDeST VE

Bassa Crescita, Lavoro e Territori

ISSN 1590-2951 Periodico quadrimestrale – Registrazione Tribunale di Venezia n. 1336 del 15/06/1999 – Poste Italiane SpA – Spedizione in Abbonamento Postale – 70% NE/VE VENETO NORDeST VENETO E NORD EST Rivista di cultura socio-economica della CGIA di Mestre Nr. 52 - II quadrimestre 2018 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% NE/VE

Editore: Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre CGIA Via Torre Belfredo 81/E, 30174 Mestre VE Registrazione Tribunale di Venezia n. 1336 del 15.06.1999

Direttore responsabile: Renato Mason Direttore scientifico:Paolo Zabeo

Redazione in: via Torre Belfredo 81/E, 30174 Mestre VE Tel. 041.23.86.711 [email protected]

Stampata nel mese di ottobre 2018 da LITOSTAMPA VENETA s.r.l. - via Cappelletto 12, 30172 Mestre VE Bassa Crescita, ISSN 1590-2951 Lavoro e Territori VENETO NORDeST

Bassa Crescita, Lavoro e Territori

Indice

pag. Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa: il ruolo preponderante dell’eccessiva tassazione e dell’inefficienza della spesa pubblica...... 9 A cura di Giuseppe Tullio

I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro...... 43 A cura di Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Un’analisi socio-economica della provincia di ...... 81 A cura di Ufficio Studi CGIA

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni...... 127 A cura di Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

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Autori di questo numero

Giuseppe Tullio Ordinario di Economia Politica, già membro dell’Ufficio Studi Banca d’Italia e del Fondo Monetario e già consigliere economico della Commissione Europea. E-mail: [email protected]

Maurizio Gambuzza Lavora in qualità di ricercatore senior presso l’Osservatorio sul mercato del lavoro di Veneto Lavoro. Tra gli ultimi saggi pubblicati con B. Anastasia e M. Rasera Stranieri e mercati locali del lavoro: l’impatto della crisi (in C. Saraceno, N. Sartor, G. Sciortino, (a cura di)(2013), Immigrati e disuguali, Il Mulino, Bologna).

Maurizio Rasera Lavora in qualità di ricercatore senior presso l’Osservatorio sul mercato del lavoro di Veneto Lavoro, coordina le attività dell’Osservatorio Immigrazione regionale. Ha pubblicato diversi saggi relativi al mercato del lavoro locale e nazionale ed ai fenomeni migratori. È stato tra i curatori dei rapporti annuali su Il mercato del lavoro del Veneto. Tendenze e Politiche, dal 1994 al 2012, come pure di quelli relativi a Immigrazione straniera in Veneto, dal 2008. Nel 2018 ha curato con Devi Sacchetto il libro Cinèṡi tra le maglie del lavoro (Franco Angeli).

Ufficio Studi CGIA Area ricerche della CGIA, Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre E-mail: [email protected]

Riccardo Dalla Torre Economista del territorio, è ricercatore presso la Fondazione Think Tank Nord Est. Si occupa di sviluppo locale, economia della cultura e del turismo. Ha collaborato per istituti di ricerca e per società di consulenza. Scrive per riviste specializzate del settore e per quotidiani locali. E’ autore di “La fusione fa la forza” (con Alberto Cestari, FrancoAngeli 2018), “Spazio metropolitano” (con Giancarlo Corò, Marsilio 2015) e “Per la competitività del turismo nell’Alto Adriatico” (con Giuseppe Bortolussi, FrancoAngeli 2015).

Alberto Cestari Laureato in Scienze Politiche all’Università di Padova, è ricercatore presso il Centro Studi Sintesi di Venezia. Si occupa di finanza pubblica territoriale, relazioni finanziarie tra Stato e Amministrazioni locali e associazionismo comunale. Nell’ambito delle attività del Centro Studi Sintesi, collabora per il Sole 24 ore e per Unioncamere Veneto sui temi della finanza locale. E’ autore di “La fusione fa la forza” (con Riccardo Dalla Torre, FrancoAngeli 2018) e di “Territori, Aree Vaste, Competitività. La nuova configurazione economica e strategica di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (Franco Angeli 2016).

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Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa: il ruolo preponderante dell’eccessiva tassazione e dell’inefficienza della spesa pubblica

Giuseppe Tullio

1. Introduzione

Nel periodo 2000-17 l’Europa Occidentale (d’ora in avanti EO) ha registrato dei tassi di crescita bassissimi con una signi- ficativa decelerazione rispetto ai decenni precedenti, mentre la crescita in molti paesi in via di sviluppo è continuata a ritmi molto sostenuti, anche dopo la crisi finanziaria del 2008. La Tabella 1 pone a confronto dal 1952 al 2017 i tassi di crescita del PIL reale di alcuni paesi sviluppati ed in via di sviluppo. Dal 2000 al 2017 l’Italia è cresciuta solo dello 0,3% in media all’anno, contro l’1,3% della Germania, l’8,5% della Cina, il 6,9% dell’India, il 6,6% del Vietnam e il 4,7% delle Filippine. Trattasi di differenze enormi, il cui confronto è reso più drammatico dalla lunghezza del periodo preso in considerazione. Con riferimento al periodo successivo al 2008, la crisi dell’EO è stata aggravata, soprattutto in alcuni paesi dell’Europa del Sud, da aumenti dell’imposizione fiscale imposti

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dai vincoli dell’Unione Europea (d’ora in avanti UE), dall’eleva- to livello dei tassi di interesse reali collegato al rischio di uscita dall’Euro e da problemi di competitività dei prodotti nazionali sui mercati tedeschi e mondiali. In questo lavoro cercherò di dimostrare che le cause princi- pali dell’arresto della crescita in Italia e del forte rallentamento nel resto dell’UE sono l’enorme aumento del livello dell’impo- sizione fiscale dal dopoguerra ad oggi e la grande e crescente inefficienza della spesa pubblica. Detto in altri termini, la causa principale è l’ingordigia delle classi politiche che si sono suc- cedute nei decenni nel voler controllare una sempre maggiore quota del reddito nazionale, la loro tendenza nociva a privilegia- re “l’acquisto di voti” piuttosto che gli interessi di lungo periodo della nazione e la loro assoluta mancanza di riguardo (o igno- ranza?) nei confronti degli effetti nocivi di lunghissimo periodo dell’aumento della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale sulla crescita e sull’occupazione. Sempre in un’ottica di lunghissimo periodo, sembra un’ironia del destino che da un lato alla fine degli anni ’80 del secolo scorso il muro di Berlino e l’Unione Sovietica siano crollati e dall’altro che alcuni aspetti preoccupanti del comunismo e delle economie totalitarie stiano rientrando dalla porta di servizio nei sistemi po- litici ed economici dell’EO. Nel 2017 il livello della spesa pubblica ha raggiunto in Italia il 48,6% del PIL ed in Francia il 56,5%, ma il peso dello Stato nell’economia è molto maggiore di quanto queste cifre, di per sé già impressionanti, possano far pensare. Questo perché i codici e di codicilli che il settore privato è obbligato con- tinuamente a rispettare sono aumentati enormemente, il che è

10 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa molto gravoso soprattutto per le piccole imprese e per l’artigia- nato. Mi riferisco a licenze, permessi, autorizzazioni che vanno richiesti per ogni piccola cosa e le multe spesso enormi cui l’arti- giano va incontro se non riesce a rispettare tutti gli adempimenti. Altro motivo per cui il potere effettivo dello Stato eccede quanto suggerito dalle cifre di cui sopra è che nella distribuzione di sussi- di e di contributi e nella vendita di concessioni prevalgono troppo spesso l’arbitrio, criteri politici e l’assenza di adeguate analisi sui tassi di rendimento degli investimenti. Si pensi ad esempio alle concessioni riguardanti le autostrade italiane. Tutti gli elementi citati qui sopra contribuiscono a rendere l’atmosfera nel paese poco favorevole agli investimenti privati. Inoltre tendono a far aumentare il costo del lavoro ed a ridurre la competitività dell’in- dustria e dei servizi sui mercati internazionali. Ne segue che il problema della competitività internazionale dell’Italia e dell’EO non può essere trattato separatamente dalla crescita secolare dell’imposizione fiscale e della spesa pubblica. Questo lavoro analizza i problemi italiani ed europei in un’ot- tica di lunghissimo periodo, come facevano gli economisti clas- sici, ed è allo stesso tempo un lavoro di storia economica e di storia del pensiero economico. Analizzerò quindi abbastanza in dettaglio quanto Adamo Smith e David Ricardo hanno scritto sugli effetti di lungo periodo della crescita della spesa pubblica e delle imposte sullo sviluppo economico, sul grado di trasla- zione delle imposte sui salari, sul costo del lavoro, sugli investi- menti privati, sul tasso di disoccupazione e sulla competitività internazionale. Le tesi esposte in questo lavoro non sono quindi farina del mio sacco, ma vengono da un’ attenta lettura degli

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scritti degli economisti citati sopra e da un’ attenta osservazione delle tendenze economiche degli ultimi 70 anni. Smith e Ricardo pensavano che la traslazione delle imposte sul salario e sul co- sto del lavoro fosse molto alta, soprattutto dove la qualità della spesa pubblica è bassa. L’ analisi sul grado di traslazione delle imposte all’interno dell’ Area Euro è quindi molto importante anche per capire i problemi che ci sono al suo interno. Facendo i confronti fra Italia e Germania tratteremo quindi non solo del diverso livello della spesa pubblica nei due paesi, ma anche della sua diversa qualità e del conseguente diverso grado di traslazio- ne delle imposte sui salari. Fra le cause del declino dell’Italia e dell’EO vi è anche il fat- to che molti paesi in via di sviluppo hanno imparato a produrre molti beni industriali e servizi che prima solo l’Occidente sapeva produrre, che le loro politiche economiche sono diventate più ragionevoli di quanto lo fossero nei primi decenni del dopoguer- ra e che la caduta del comunismo ha consentito a molti paesi europei e non europei di iniziare a svilupparsi e di diventare nostri forti concorrenti. Fra questi, come vedremo più avanti, ci sono la Cina, il Vietnam, le Filippine e la Colombia. Molti paesi in via di sviluppo e molti paesi ex comunisti si sono “finalmen- te svegliati” proprio quando in Europa Occidentale cominciava a mordere il freno posto allo sviluppo ed all’iniziativa privata dalla crescita esponenziale della spesa pubblica, dalla sua bas- sa qualità e dalla miriade di spesso assurde e contraddittorie norme nazionali ed europee. Questa coincidenza non ha certo aiutato l’EO ad affrontare bene il pericolo che viene soprattutto dall’Estremo Oriente. A questo proposito è interessante notare

12 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa che negli ultimi 20 anni, proprio nei paesi dell’Oriente che cre- scono di più, la spesa pubblica è rimasta estremamente bassa. Ad esempio nel 2017 nelle Filippine era pari al 19,9% del PIL, in Tailandia il 21,7%, in India il 27,8%, in Vietnam il 28,2%, in Colombia il 28,7% ed in Cina il 31,5%. Questi livelli sono simili o inferiori al 30,1% registrato in Italia nel 1960, prima del gran- de balzo della spesa. Il confronto dei livelli della spesa riportati nelle Tabelle 2 e 3 con quelli riportati nella Tabella 1 sui tas- si di crescita, sembra suggerire che nel lungo periodo c’è una fortissima correlazione negativa fra il livello di spesa pubblica e la crescita economica, cosa peraltro fortemente confermata dall’analisi teorica che svolgeremo in questo lavoro e dagli studi econometrici fatti negli ultimi 30 anni. Per assicurare all’Italia ed all’EO il ritorno ad adeguati tassi di sviluppo economico sono quindi necessarie delle drastiche misure di riaggiustamento degli squilibri strutturali che si sono andati accumulando nel corso dei decenni. Il ruolo dello Sta- to nell’economia va completamente ripensato e rivisto, il livello della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale vanno riportati a quelli della fine degli anni ’50, il costo del lavoro va drasticamen- te ridotto abbassando le tasse sul lavoro ed i contributi sociali. Le leggi sulla fissazione dei salari vanno adeguate di più alle situazioni specifiche delle regioni, dei settori e delle aziende. Enormi quantità di risorse economiche (capitale e lavoro) che sono attualmente assorbite da Stati notoriamente inefficienti, incompetenti e spesso anche corrotti, vanno spostate veloce- mente verso il settore privato. Se si accettano le tesi che si illu- streranno meglio più avanti, risulterà chiaro che misure fiscali

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drastiche e rapide avranno molta più efficacia di quelle gradua- li, perché il sistema Italia è gravemente malato e non si può quindi curare con l’asprina. Da misure drastiche ci si può anche aspettare un positivo, immediato e potentissimo effetto annun- cio, che non ci sarebbe altrimenti. Non vedrei di cattivo occhio la rapida eliminazione di tutte le deduzioni e detrazioni fiscali, di tutti i contributi e sussidi alle imprese pubbliche e private, incluso quelli all’agricoltura e la chiusura immediata di tutti gli enti inutili della lista Cottarelli in cambio della eliminazione di moltissime imposte, dell’abbassamento drastico delle aliquote Irpef e Ires, dei contributi sociali e della aliquote IVA. Non ve- drei nemmeno di cattivo occhio il licenziamento di tutti i dipen- denti degli enti inutili e di tutti i dipendenti pubblici svogliati ed improduttivi, di cui ce ne devono essere molte decine di migliaia se non centinaia di migliaia. Sarebbe utile spiegare bene al pub- blico che le misure drastiche che propongo qui consentirebbero ai giovani ed ai disoccupati, così come ai dipendenti pubblici licenziati ed ai tanti italiani emigrati all’estero di trovare lavoro entro breve tempo. Bisognerebbe smettere di dire al pubblico, come molti go- verni europei fanno da anni, che “la ripresa è dietro l’angolo” e bisognerebbe anche smettere di combattere con metodi poli- zieschi e barbari l’evasione fiscale, perché il modo più efficace e civile di combatterla è abbassare drasticamente le aliquote. Se ho ragione nei prossimi decenni non ci sarà nessuna ripresa significativa in EO, a meno che non si decida di prendere drasti- che misure correttive.

14 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

2. La crescita del PIL reale e della spesa pubblica in Europa dal dopoguerra ad oggi e confronti con alcuni paesi in via di sviluppo

La Tabella 1 contiene i tassi di crescita di 8 paesi sviluppati e di 9 paesi in via di sviluppo dal 1952 al 2017 e le medie semplici di 3 gruppi di paesi: 6 della UE, i 4 BRIC e 5 paesi in via di sviluppo.

Tab. 1 - Tassi di crescita del PIL reale, medie annue, 1952-2017

Fonte: FMI e www.economywatch.com (1) 1955-69; (2) 1950-69; (3) 1960-69; (4) 1980-89; (5) media semplice; (6) escluso il Vietnam

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Dal 2008 i BRIC hanno perso significato come gruppo di pae- si perché la Russia ed il Brasile hanno smesso di brillare rispetto alla Cina e all’India. I dati della tabella mostrano che dopo la crisi del 2008 l’Europa Occidentale ha subito un forte rallen- tamento della crescita ad eccezione della Germania, mentre in Asia la crescita è rimasta sorprendentemente alta ed in alcuni paesi è addirittura accelerata, come in Cina e nelle Filippine. I dati mostrano anche che il rallentamento della crescita è stato continuo dagli anni ’50 del secolo scorso in tutti i paesi europei, ma l’elevata crescita dell’immediato dopoguerra è distorta dalle distruzioni belliche e dalla successiva ricostruzione. Nei 6 pae- si dell’EO presi in considerazione in questo lavoro nel periodo 2008-17 la crescita è scesa ad un misero 0,6% all’anno. Se la causa del forte rallentamento registrato in Europa fosse la crisi finanziaria del 2008 c’è da chiedersi perché non abbia colpito anche la Cina, l’India, il Vietnam e le Filippine. La Tabella 2 mostra dal 1870 al 2017 l’evoluzione della spesa pubblica totale in percentuale del PIL (d’ora in avanti SPT) nei 6 paesi dell’EO, negli USA ed in Giappone. Nel 1870 nei 5 paesi eu- ropei, per i quali abbiamo dati disponibili, la SPT era fra il 9,1% in Olanda ed il 13,7% in Italia, mentre la media semplice nei 5 paesi delle tabella era pari all’11%. Per questi 5 paesi più la Spagna la media semplice è salita al 13,6% nel 1913, al 21,9% nel 1920, al 30,3% nel 1960 e a 45,4% nel 2017. Durante questi 147 anni il PIL reale è cresciuto di circa 20 volte, ma la SPT è cresciuta molto di più, soprattutto in Francia ed in Italia. Solo fra il 1960 ed il 2017 la SPT è salita di 15,1 punti percentuali in media nei 6 paesi dell’EO, ma la media nasconde profonde differenze fra paesi. In Spagna,

16 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

Francia e Italia la percentuale è salita molto più della media: 22,5 punti, 21,9 punti e 18,5 punti rispettivamente, mentre negli altri 3 paesi è cresciuta molto meno della media: 6,5 punti in meno nel Regno Unito, 9,6 punti in Olanda e 11,7 punti in Germania.

Tab. 2 - Spesa pubblica totale nei paesi industriali, Tab. 2 - Spesa pubblicain totale % del nei PIL,paesi 1870-2017industriali, in % del PIL, 1870-2017

1870 1913 1920 1937 Germania 10,0 14,8 25,0 34,1 Francia 12,6 17,0 27,6 29,0 Italia 13,7 17,1 30,1 31,1 Spagna - 11,0 8,3 18,4 Olanda 9,1 9,0 13,5 19,0 Regno Unito 9,4 12,7 26,6 30,0

USA 7,3 7,5 12,1 19,7 Giappone 8,8 8,3 14,8 25,4

6 paesi UE (1) 11,0 13,6 21,9 26,9

1960 1980 2007 2017 Germania 32,4 49,5 42,8 44,1 Francia 34,6 46,1 52,2 56,5 Italia 30,1 46,8 47,6 48,6 Spagna 18,8 30,5 39,2 41,3 Olanda 33,7 52,7 42,4 43,3 Regno Unito 32,2 39,1 38,1 38,7

USA 27,0 34,0 34,5 35,7 Giappone 17,5 31,4 34,0 37,5

6 paesi UE (1) 30,3 44,1 43,7 45,4 Fonti: www.rgs.mef.gov.it, Ministero dell’Economia e Finanze (2011), Fonti: www.rgs.mef.gov.it,www.economywatch.com, Ministero dell’Economia www.ecb.europa.eu, e Finanze (2011), www.usgovernmentspending.com www.economywatch.com, www.ecb.europa.eu, www.usgovernmentspending.com e FMI, WEO Data Bank (Aprile 2018) e FMI, WEO Data Bank (Aprile 2018) (1) media semplice, esclusa la Spagna nel 1870 (1) media semplice, esclusa la Spagna nel 1870

17 Nel 1870 tutti e 6 i paesi dell’EO avevano una amministrazione pubblica, un parlamento, un sistema giudiziario, forze di polizia ed un esercito. Tutti avevano un re o un imperatore i cui costi di mantenimento probabilmente ricadevano in buona parte sul bilancio pubblico. Due paesi erano in guerra l’uno con l’altro, la Germania e la Francia. Nonostante ciò la SPT era in media pari all’11%.

Nel 1937, quando l’Italia ed il Giappone erano in guerra, il rapporto era pari al 31,1% nel primo e al

25,4% nel secondo, molto più bassa che nel 2017. Ma forse è più significativo il confronto dei rapporti di oggi con quelli del 1960, quando erano già in funzione dei sistemi di sicurezza sociale e di sanità pubblica. C’è allora da chiedersi se vi siano delle solide ragioni teoriche per sostenere l’ipotesi che l’enorme aumento del rapporto SPT, soprattutto in Francia ed in Italia ha avuto degli

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Nel 1870 tutti e 6 i paesi dell’EO avevano una amministra- zione pubblica, un parlamento, un sistema giudiziario, forze di polizia ed un esercito. Tutti avevano un re o un imperatore i cui costi di mantenimento probabilmente ricadevano in buona parte sul bilancio pubblico. Due paesi erano in guerra l’uno con l’altro, la Germania e la Francia. Nonostante ciò la SPT era in media pari all’11%. Nel 1937, quando l’Italia ed il Giappone erano in guerra, il rapporto era pari al 31,1% nel primo e al 25,4% nel secondo, molto più bassa che nel 2017. Ma forse è più significativo il confronto dei rapporti di oggi con quelli del 1960, quando erano già in funzione dei sistemi di sicurezza so- ciale e di sanità pubblica. C’è allora da chiedersi se vi siano del- le solide ragioni teoriche per sostenere l’ipotesi che l’enorme aumento del rapporto SPT, soprattutto in Francia ed in Italia ha avuto degli effetti negativi sulla disoccupazione, sulla cre- scita, sul benessere dei cittadini, sull’iniziativa privata e sulla libertà individuale. La Tabella 3 evidenzia la dinamica dal 1996 al 2017 della SPT negli stessi 9 paesi in via di sviluppo presi in considerazione nella Tabella 1. Nel 2007 la media semplice era pari al 27%, con i valori più alti registrati in Brasile (37,7%) ed in Russia (31,9%) ed i più bassi registrati in Cina (18,1%), nelle Filippine (19%) ed in Tailandia (20%). Nel 2017 la media era salita di poco al 29,3%, valore molto prossimo alla ancora moderata media eu- ropea del 1960.

18 effetti negativi sulla disoccupazione, sulla crescita, sul benessere dei cittadini, sull’iniziativa privata e sulla libertà individuale.

La Tabella 3 evidenzia la dinamica dal 1996 al 2017 della SPT negli stessi 9 paesi in via di sviluppo presi in considerazione nella Tabella 1. Nel 2007 la media semplice era pari al 27%, con i valori più alti registrati in Brasile (37,7%) ed in Russia (31,9%) ed i più bassi registrati in Cina

(18,1%), nelle Filippine (19%) ed in Tailandia (20%). Nel 2017 la media era salita di poco al

29,3%, valore molto prossimoSulle cause alla della ancora bassa moderata crescita media economica europea in Italia del 1960.e in Europa

Tab. 3 - Spesa pubblica totale, paesi in via di sviluppo, Tab. 3 - Spesa pubblica totale, paesi in via di sviluppo, in % del PIL, 1996-2017 in % del PIL, 1996-2017 1996 2000 2007 2017 Brasile 32,3 34,5 37,7 37,9 Russia - 30,6 31,9 34,7 India 23,9 25,6 26,5 27,8 Cina 11,0 16,1 18,1 31,5

Colombia 24,9 26,4 28,0 28,7 Filippine 20,2 21,5 19,0 19,9 Tailandia 18,0 19,3 20,0 21,7 Turchia - 39,7 33,9 33,8 Vietnam - 22,6 28,1 28,2

Media semplice 21,7 26,2 27,0 29,3 Fonti: www.economywatch.com, www.ecb.europa.eu, FMI Fonti: www.economywatch.com, www.ecb.europa.eu, FMI

3. Gli effetti3. dell’aumento Gli effetti delladell’aumento spesa pubblica della sul spesacosto del lavoro secondo gli economistipubblica classici sul costo del lavoro secondo gli economisti classici

E ora che abbiamoE ora illustratoche abbiamo in grandi illustrato linee in igrandi fatti, veniamo linee i fatti, alla veniamo teoria, iniziando da come alla teoria, iniziando da come l’aumento della spesa pubblica l’aumento della spesae dell’imposizione pubblica e dell’imposizione fiscale può averfiscale influenzato può aver influenzat negli ultimio negli -de ultimi decenni i cenni i salari, il costo del lavoro, la competitività internazio- salari, il costo del lavoro, la competitività internazionale e lo sviluppo economico di un paese. Le nale e lo sviluppo economico di un paese. Le componenti del costo unitario del lavoro sono il salario al netto delle imposte componenti del costo unitario del lavoro sono il salario al netto delle imposte sul lavoro e dei sul lavoro e dei contributi sociali, cioè quello che rimane al la- contributi sociali, voratorecioè quello da chespendere rimane o alda lavoratorerisparmiare, da espendere le tasse edo da i contribu risparmiare,- e le tasse ed i ti sociali. Un legame importantissimo fra aumento delle tasse

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Giuseppe Tullio

e dei contributi sociali da un lato e costo del lavoro dall’altro è il cosiddetto “grado di traslazione delle imposte” che può variare moltissimo nel tempo e nello spazio e che in linea di principio può assumere qualunque valore fra 0 e 100. Nei li- bri di testo di macroeconomia e di storia del pensiero econo- mico si sostiene di solito che per Smith e Ricardo il salario netto non può scendere all’aumentare delle imposte perché è al “livello di sussistenza”. Ciò implica che se il salario netto dovesse scendere all’aumentare delle imposte i lavoratori non potrebbero comprarsi quanto necessario per la sopravvivenza e non potrebbero nemmeno riprodursi. Ne segue, sempre se- condo questa interpretazione da libro di testo, che il grado di traslazione delle imposte deve essere giocoforza pari al 100%. Tuttavia, il pensiero di Smith e Ricardo in proposto è ben più raffinato e da una analisi approfondita dei loro scritti possiamo ricavarne degli elementi importantissimi per capire cosa è suc- cesso in Italia negli ultimi 7 decenni, che ruolo può aver svolto la bassa qualità della spesa pubblica italiana e perché in altri paesi dell’EO la sua crescita può aver svolto un ruolo molto meno negativo che da noi. Il salario di sussistenza per i classici non va interpretato in senso stretto perché è un concetto di lungo periodo influenzato anche da elementi culturali, da abitudini acquisite e dal grado di sostituibilità con la propria spesa che il lavoratore attribuisce all’ aumentata spesa pubblica. Smith sostiene per esempio che: “al giorno d’oggi la classe lavoratrice non si accontenta dello stesso vitto, degli stessi abiti delle stesse abitazioni di un tempo” (Smith, 1776 e 1976, p. 96)

20 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

e afferma anche che i consumi necessari (necessities) includono: “non solo i beni che sono assolutamente necessari per il sostegno della vita, ma anche tutto ciò che per i cittadini ri- spettabili, anche quelli di ordine più basso, sarebbe indecen- te non possedere in base alle abitudini acquisite nel paese.” (Smith, 1976, p. 870). E secondo Ricardo il salario di sussistenza “varia nello stesso paese con il passare del tempo e differisce materialmente fra paese e paese” (Ricardo, 1817 e 1976, p. 54-55). Perciò per gli autori citati sopra l’effetto sui salari dell’aumen- to delle tasse sul lavoro e delle tasse sui beni che i lavoratori sono soliti consumare “di fatto non dipende dall’ipotesi che il salario sia di sussistenza” (Hollander, 1979, p. 387). Anche la conclusio- ne che il grado di traslazione delle imposte sul salario può essere pari al 100% è indipendente dall’ipotesi che il salario sia di sussi- stenza. Le considerazioni di cui sopra sono importanti per com- prendere perché in EO l’aumento delle imposte non ha portato a riduzioni proporzionali del salario netto e perché la crescita della spesa pubblica ha fatto aumentare il costo del lavoro. Il grado di traslazione dipende infatti molto dalla qualità della spesa pub- blica, così come percepita dai cittadini, dai lavoratori e dai loro rappresentanti sindacali. Meno la valutano e più alto sarò il grado di traslazione. Per i classici tutta la spesa pubblica era usata per finanziare guerre e per consentire ai regnanti, alla nobiltà ed alle classi dirigenti di sostenere un alto livello di vita. Ciò non è chia- ramente il caso nell’Europa del secondo dopoguerra, dove si può ipotizzare che, finché la spesa pubblica era sotto il livello ottimale e finché tutti i livelli di governo spendevano con criterio e il grado

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di corruzione e di infiltrazione mafiosa erano bassi, l’aumento del- la spesa e delle tasse per finanziarla era almeno in parte ben visto dai lavoratori. Ne segue che, finché valevano queste condizioni e il beneficio marginale della spesa pubblica era maggiore del suo costo marginale, il grado di traslazione era inferiore al 100%. Tut- tavia ad un certo punto nel dopoguerra il costo marginale deve aver raggiunto e superato il beneficio marginale ed il grado di tra- slazione deve essere aumentato portandosi in molti paesi vicino al 100%, nonostante il fatto che i salari erano ben al di sopra del livello di sussistenza. Ciò deve essere successo in Italia ben prima che in altri paesi, come suggerito anche dalla grande aggressività dei sindacati nel chiedere aumenti salariali durante molti decenni del dopoguerra. Non è perciò un caso che con il passare dei de- cenni i tassi di sviluppo dell’economia si sono ridotti così tanto in EO e non è un caso che in Italia il rallentamento è stato ben mag- giore che in altri paesi europei. Il fatto che le cose siano andate peggio in Italia è un segno evidente che la spesa pubblica ed il numero dei dipendenti pubblici e degli enti inutili sono cresciuti ben oltre il dovuto, che lo Stato italiano non spende bene i soldi raccolti con crescente ingordigia dai cittadini e dai lavoratori e che la corruzione e l’infiltrazione mafiosa sono maggiori che in al- tri paesi. È evidentemente giunta l’ora di iniziare una seria, rapida e drastica marcia indietro. Parlando della fedeltà con la quale i cittadini della città ansea- tica di Amburgo pagavano le tasse, Smith ribadisce nei termini se- guenti l’importanza della qualità della spesa pubblica, così come percepita dai contribuenti, l’importanza della fiducia che i citta- dini ripongono nella capacità della classe politica e nei funzionari

22 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa pubblici di saper spendere bene le tasse raccolte e l’importanza della grandezza del paese: “Questa tassa si paga in generale con grande fedeltà. In una piccola repubblica, dove il popolo ha una totale fiducia nei suoi magistrati, è convinto nella necessità della spesa per il sostegno dello Stato, e crede che i fondi raccolti vengano spesi fedelmente per questo fine, c’è da aspettarsi tali paga- menti coscienziosi e volontari. Non è una particolarità del popolo di Amburgo ” (Smith, 1976, p. 850). Implicitamente Smith sostiene sopra anche che la tenden- za all’evasione fiscale è minore quando sussistono le condizioni di cui sopra e che il controllo da parte del popolo sulla quali- tà della spesa pubblica è più facile in repubbliche piccole che in grandi regni come l’Inghilterra del suo tempo. Mi viene da sorridere quando penso alla caccia agli evasori che il governo Monti ha organizzato a Cortina mandando la Guardia di Finanza a destra e a manca di fronte a molti turisti stranieri. Il miglior modo per combattere l’evasione è convincere i contribuenti che è giusto pagare le tasse, non trasformare la nazione in uno Stato di Polizia e dare degli strapoteri a finanzieri con scarsa educazione, spesso incompetenti e ancora più spesso corrotti. Per convincere i cittadini a pagare le tasse e le criminalità or- ganizzate a passare all’economia legale bisogna riformare radi- calmente il modo di funzionare dello Stato italiano, ridefinire radicalmente le sue funzioni e abbassare in modo significativo il livello di imposizione fiscale. Una stima sul grado di traslazione delle imposte sui salari si può ottenere stimando con metodi econometrici delle equa-

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zioni che hanno il salario lordo come variabile dipendente e le imposte come variabili esplicative. Da studi fatti per i paesi occidentali, il grado di traslazione risultava generalmente alto e significativo già negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso (Knoe- ster and van der Windt 1987, Gordon 1971). Allora era gene- ralmente più alto per le tasse sul lavoro, seguito dalle tasse sui consumi, mentre per i contributi sociali era più basso, come è logico attendersi. Il grado di traslazione era più alto in EO che negli Stati Uniti. L’ulteriore crescita della spesa pubblica registrata in EO negli ultimi decenni ha innalzato il grado di traslazione. Un altro canale attraverso il quale la crescita dello Stato nell’economia influisce positivamente sul costo del lavo- ro è la concorrenza che il settore pubblico fa al settore privato sul mercato del lavoro: “... i fondi raccolti con le tasse vengono usati dal gover- no per assumere dei lavoratori, evidentemente improdut- tivi, ma sempre lavoratori. Se, quando il lavoro viene tas- sato, il salario non salisse, ci sarebbe un notevole aumento della concorrenza per il lavoro, perché gli imprenditori... avrebbero gli stessi fondi che avevano prima per impiegare lavoro, mentre il governo, che riceve il gettito dell’imposta, ha dei fondi aggiuntivi da usare per lo stesso scopo. Il go- verno ed il settore privato diventano così concorrenti e la conseguenza di questa concorrenza è che il salario sale” (Ricardo, 1976, p. 144).

24 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

4. Sul fatto che secondo i classici le tasse sui salari sono tasse sui profitti

Per gli economisti classici le tasse sui salari sono tasse sui profitti, perché il grado di traslazione delle imposte sul costo del lavoro è secondo loro altissimo e ciò vale anche se lasciamo ca- dere l’ipotesi che il salario sia al livello di sussistenza. Abbiamo dimostrato sopra che il salario di sussistenza per i classici è un concetto molto più raffinato e legato anche a fattori culturali e ad abitudini acquisite. Altri fattori che tendono a far aumentare il grado di traslazione delle imposte sono la qualità della spesa pub- blica e la concorrenza fra settore pubblico e privato sul mercato del lavoro. Ricardo ad esempio sostiene: “Le tasse sui salari faranno aumentare i salari e perciò diminuiscono il tasso di profitto (rendimento) sul capitale... Una tassa sui salari è interamente una tassa sui profitti; una tassa sui beni necessari (necessities) è in parte una tassa sui profitti ed in parte una tassa sui ricchi consumatori” (Ricar- do, 1976, p. 140) e altrove afferma: “Le tasse non sono necessariamente tasse sui profitti solo quando sono (esplicitamente) messe sui profitti” (Ricardo, 1976, p. 95). Nel prosieguo di questa sezione analizzeremo separatamente l’effetto delle imposte sull’ occupazione (sezione 4a), sull’accu- mulazione del capitale e lo sviluppo economico (sezione 4b) e sulla competitività internazionale e gli investimenti diretti esteri (sezione 4c).

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4a. Effetti delle imposte sull’occupazione secondo Smith e Ricardo Circa l’effetto dell’aumento del costo del lavoro sull’occupa- zione e sulla domanda di lavoro da parte del settore privato e Smith scrive che: “se le imposte dirette sui salari non hanno sempre cau- sato un aumento proporzionale di quei salari, è perché di solito hanno causato un consistente calo della domanda di lavoro“….. il declino dell’industria, il calo dell’occupazione per i poveri, la diminuzione del prodotto annuale della terra e del lavoro del paese sono stati di solito gli effetti di queste tasse” (Smith, 1976, p. 865). E Ricardo distingue nettamente fra un effetto diretto di un aumento del costo del lavoro sulla domanda di lavoro da un ef- fetto indiretto che passa tramite una minore accumulazione del capitale e sostiene che per questi motivi il grado di traslazione dell’imposta sul salario non è pari al 100%: “In generale, quindi, le tasse sul lavoro riducono la do- manda di lavoro nella misura in cui scoraggiano l’accumu- lazione del capitale di un paese e perciò una conseguenza probabile, ma non necessaria e nemmeno peculiare di una tassa sul lavoro, è che, anche se i salari salgono, non salgono esattamente in misura proporzionale all’aumento della tas- sa” (Ricardo, 1976, p. 145). Stime attendibili dell’elasticità della domanda di lavoro da parte del settore privato rispetto al salario reale indicano che in EO nel lungo periodo è molto alta, fra 0,8 ed 1. Tuttavia i tempi dell’aggiustamento sono generalmente lunghissimi, fino a 4 anni.

26 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

Ne segue che l’elasticità di brevissimo periodo è molto più bassa (Sommariva e Tullio, 1987). Riassumendo, l’elevata SPT e le ele- vate imposte che essa comporta, riducono l’occupazione perché la domanda di lavoro dipende negativamente dal salario lordo e perché l’aumento delle imposte sui profitti riduce l’accumulazio- ne del capitale.

4b. Effetti delle imposte sull’accumulazione del capitale e sullo sviluppo economico A questo proposito Ricardo scrive: “Nonostante l’immensa spesa del governo inglese degli ultimi 20 anni, è fuori di dubbio che l’aumentata produ- zione dei cittadini ne ha più che compensato gli effetti... Tuttavia è certo che se non fosse stato per le tasse, l’aumen- to del capitale sarebbe stato molto maggiore. Non esistono tasse che non abbiano la tendenza a scoraggiare quelle for- ze che portano all’accumulazione del capitale” (Ricardo, 1976, p. 95). Per altre citazioni sugli effetti delle imposte sull’accumu- lazione del capitale e lo sviluppo si rimanda alle sezioni pre- cedenti. Le previsioni dei classici sugli effetti dell’aumento di SPT degli ultimi decenni sullo sviluppo sono confermate dalla forte evidenza empirica che già nel periodo 1955-85, quando la SPT era molto più bassa di oggi, l’aumento della spesa pubblica ha avuto effetti negativi sulla crescita dei paesi industrializzati (Tullio, 1987).

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4c. Effetti delle imposte sulla competitività e sugli investimenti diretti esteri Parlando dell’effetto delle tasse su materie prime, prodotti agricoli e prodotti di prima necessità, che chiama “raw produce”, Ricardo sostiene che in una economia aperta le imposte sui salari scoraggiano l’accumulazione del capitale anche perché causano una perdita di competitività internazionale: “...si può obiettare che una tale imposta...che fa aumenta- re i salari e che riduce i profitti rappresenta un freno all’ac- cumulazione, e agisce come la povertà naturale del suolo... che facendo aumentare i prezzi di questi beni fa aumentare anche i prezzi di tutti quei beni nella cui produzione essi entrano e che perciò non possiamo affrontare la concorrenza straniera sui mercati mondiali alle stesse condizioni di pri- ma” (Ricardo, 1976, p. 101). In un mondo integrato e globalizzato, nel quale il capita- le è mobile, la tassa sui profitti al netto delle imposte tende nel lunghissimo periodo all’eguaglianza fra paesi. È la mobi- lità del capitale e del lavoro fra paesi che conduce a questa eguaglianza. Il mondo di oggi è aperto e globalizzato, proba- bilmente più di come lo era l’impero britannico nel settecento e nell’ottocento. Siccome i margini di profitto al netto delle imposte sono da decenni molto più bassi in EO che nei paesi in via di sviluppo, a parità di condizioni c’è da attendersi che gli investimenti nella produzione di beni industriali e di servizi commerciabili internazionalmente crescano nei paesi in via di sviluppo e scendano in EO. La teoria ci dice che ciò dovrebbe continuare fino all’eguaglianza dei margini di profitto netti fra

28 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa paesi e che gli investimenti diretti esteri verso i paesi in via di sviluppo politicamente stabili e nei quali l’economia è ben governata dovrebbero essere alti. Nelle Tabelle 4 e 5 alla fine di questa sezione riportiamo i dati degli ultimi decenni sugli investimenti diretti esteri verso alcuni paesi in via di sviluppo. Alcuni governi dell’EO si lamentano che molte imprese chiu- dono le fabbriche a casa e le riaprono nei paesi in via di svi- luppo, ma i governi non dovrebbero interferire con l’obiettivo della massimizzazione dei profitti, che è uno dei capisaldi della ricchezza delle nazioni. La Tabella 4 mostra per alcuni gruppi di paesi in via di sviluppo gli investimenti netti diretti provenienti dall’estero espressi in miliardi di dollari USA. A partire dal 2000 i dati della tabella sono impressionanti, sia come entità che come dinamica nel tempo. Le due aree che raccolgono i maggiori investimenti diretti provenienti dall’estero sono l’Asia Orien- tale e l’America Latina. Con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 gli investimenti diretti dall’estero verso queste due aree sono aumentati enormemente, invece che diminuiti. Alla luce di quanto illustrato finora in questo lavoro, in particolare dall’analisi degli sviluppi di lungo periodo dal dopoguerra ad oggi e dalle citazioni del pensiero dei classici, viene da pensare che la crisi finanziaria del 2008, che ha avuto origine negli Stati Uniti e che è stata preceduta da molti anni di politica moneta- ria espansiva da parte degli Stati Uniti e dall’effetto inizialmen- te molto positivo dell’introduzione dell’Euro in EO, hanno solo bruscamente portato alla luce in EO delle debolezze strutturali che si erano andate pericolosamente accumulando nei decen-

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ni. La crisi finanziaria, che ha attirato tanta attenzione e che è spesso considerata la causa del declino economico dell’EO, è solo un fattore aggravante della crisi ed a mio modesto avviso anche un fattore piuttosto marginale, almeno in una ottica di lungo periodo. Le cause del declino vere sono quelle discusse in questo lavoro. Gli investimenti esteri verso l’Asia Orientale, esclusi i paesi sviluppati, sono aumentati da 41 miliardi di dollari USA in media all’anno negli anni ’90 a circa 291 miliardi all’anno nel periodo 2013-17. Verso l’America Latina sono aumentati da 27 a 150 mi- liardi di dollari all’anno. Trattasi di cifre enormi come diventerà più chiaro analizzando i dati della Tabella 5, dove riportiamo per alcuni paesi in via di sviluppo gli investimenti diretti provenien- ti dall’estero in percentuale del PIL del paese ricevente. Cina, India e Brasile sono paesi molto grandi e quindi anche cifre pic- cole in percentuale del PIL rappresentano flussi di investimenti diretti enormi. In Cina le percentuali sono rimaste in tutti i pe- riodi fra il 2 ed 4%, in India sono cresciute da 0,40% negli anni ’90 a cifre intorno al 2% dopo il 2008, in Brasile dal 2008 al 2017 la percentuale è stata pari a circa il 3,5% all’anno. I dati più impressionati riguardano però il Vietnam e la Colombia. Per il Vietnam gli investimenti diretti esteri ammontavano al 6,8% del PIL negli anni ’90 e al 6,3% del PIL nei 10 anni dal 2008 al 2017. In Colombia sono cresciuti dal 2,1% al 4,4%. I flussi di investi- menti diretti esteri verso alcuni paesi in via di sviluppo sono fortemente influenzati anche dagli enormi gap salariali ancora esistenti. Per un’idea di quanto sono ancora grandi questi gap si rimanda all’Appendice 1.

30 investimenti diretti esteri ammontavano al 6,8% del PIL negli anni ’90 e al 6,3% del PIL nei 10 anni dal 2008 al 2017. In Colombia sono cresciuti dal 2,1% al 4,4%. I flussi di investimenti diretti esteri verso alcuni paesi in via di sviluppo sono fortemente influenzati anche dagli enormi gap salariali ancora esistenti. Per un’idea di quanto sono ancora grandi questi gap si rimanda all’Appendice 1. investimenti diretti esteri ammontavano al 6,8% del PIL negli anni ’90 e al 6,3% del PIL nei 10 anni

dal 2008 al 2017. In Colombia sono cresciuti dal 2,1% al 4,4%. I flussi di investimenti diretti esteri Tab. 4 - Investimenti Diretti Esteri verso paesi in via di sviluppo, in miliardi di $ USA, 1990- verso alcuni paesi in via di sviluppo2017, sono fortemen mediete annue influenzati anche dagli enormi gap salariali Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa ancora esistenti. Per un’idea di quanto sono ancora grandi questi gap si rimanda all’Appendice 1. Europa Estremo Oriente America Latina Medio Oriente

(1) (2) (3) (4) Tab. 4 - Investimenti Diretti Esteri verso paesi in via di 1990-1999Tab. 4 - Investimenti 9,53Diretti Esteri verso 40,98paesi in via di sviluppo,27,15 in miliardi di $ USA,18,24 1990- sviluppo, in miliardi 2017,di $ medieUSA, annue 1990-2017, medie annue

2000-2007 53,19Europa Estremo98,85 Oriente America Latina61,91 Medio Oriente 15,20

(1) (2) (3) (4)

2008-20121990-1999 55,70 9,53 261,3740,98 27,15126,79 18,24 25,92

2013-20172000-2007 45,29 53,19 291,2798,85 61,91150,05 15,20 20,13 2008-2012 55,70 261,37 126,79 25,92 2013-2017 Fonte: 45,29 Banca Mondiale291,27 e FMI, investimenti150,05 netti 20,13 (1) Solo paesi europei in via di sviluppo, inclusi i paesi baltici; (2) inclusi paesi dell’Oceano Pacifico ed esclusi i paesi ad alto reddito (3) inclusoFonte: Bancai Caraibi Mondiale ed esclusi e FMI, i paesi investimenti ad alto reddito; netti (4) incluso l’Africa del Nord ed Fonte: Banca Mondiale e FMI, investimenti netti (1) Solo paesi europei(1) Solo in via paesi di sviluppo, europeiesclusi inclusi in via i paesii dipaesi sviluppo, baltici; ad alto(2) inclusi inclusi reddito. paesi i paesi dell’Oceano baltici; Pacifico ed esclusi i paesi ad(2) alto inclusi reddito paesi (3) incluso dell’Oceano i Caraibi Pacificoed esclusi i edpaesi esclusi ad alto i reddito;paesi (4)ad inclusoalto reddito l’Africa del Nord ed (3) incluso i Caraibiesclusi ed esclusi i paesi ad i paesialto reddito. ad alto reddito; (4) incluso l’Africa del Nord ed esclusi i paesi ad alto reddito.

Tab. 5 - Investimenti Diretti Esteri verso alcuni paesi in Tab. 5 - InvestimentiTab. 5 - Investimenti Diretti Diretti Esteri Esteri verso verso alcu alcuni paesipaesi in invia via di sviluppo, di sviluppo, in % del in PIL, % del1990- PIL, 1990- via di sviluppo, in 2017%2017 del (1)(1) PIL, 1990-2017 (1)

1990-991990-99 2000-072000-07 2008-122008-12 2013-172013-17 Cina 3,88 3,88 3,36 2,14 Cina 3,88 3,88 3,36 2,14 India 0,39 1,19 2,26 1,76 India Filippine 0,39 1,76 1,191,50 0,95 2,26 2,25 1,76 FilippineTailandia 1,76 2,55 1,503,48 2,69 0,95 1,99 2,25 Vietnam 6,81 4,38 6,92 5,74 Tailandia 2,55 3,48 2,69 1,99 Brasile 1,44 2,88 3,25 3,74 VietnamColombia 6,812,14 4,383,39 3,69 6,92 4,44 5,74 Brasile Turchia 1,44 0,43 2,881,58 0,72 3,25 1,55 3,74 Colombia 2,14 3,39 3,69 4,44 Fonte: FMI e Banca Mondiale Turchia (1) un valore 0,43 positivo indica 1,58 entrate nette di0,72 capitali 1,55

Fonte: FMI e Banca Mondiale (1) un valoreFonte: positivo FMI indica e Banca entrate Mondiale nette di capitali (1) un valore positivo indica entrate nette di capitali 19

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I canali attraverso i quali una elevata spesa pubblica ed una ele- vata imposizione fiscale influiscono sullo sviluppo economico di una nazione discussi finora in questo lavoro non sono affatto una lista esaustiva. Vi sono molti altri canali di minore importanza che abbia- mo compreso sotto la voce “qualità ed efficienza della spesa pubblica così come percepita dai cittadini e dai lavoratori” che hanno di solito un sesto senso percettivo di ottima qualità. Qui nomino solo alcuni di questi altri canali che non rientrano però nella teoria macroeco- nomica in senso stretto, ma che sono comunque importanti. Quando grossi cambiamenti nell’economia mondiale richiedono uno sposta- mento di risorse produttive verso settori internazionalmente più competitivi, le forti rigidità del mercato del lavoro che si registrano in alcuni paesi rallentano o impediscono i necessari aggiustamenti. In alcuni paesi è complesso e costoso ottenere nuove licenze o modi- fiche delle licenza già concesse, il che è un problema soprattutto per le piccole imprese e per gli artigiani. Gli adempimenti che il settore pubblico impone alle imprese sono crescenti per numero e per costi. Le leggi ed i regolamenti sono troppo spesso in contraddizione fra di loro, fra regione e Stato Centrale, fra Stato e UE, per cui lasciano a funzionari pubblici potenti ed autoritari la libertà di punire i loro nemici e favorire gli amici. In alcuni paesi, e certamente in Italia, molti funzionari pubblici sono incompetenti o corrotti. In molti paesi vi sono grossi interessi molto influenti che riescono a condizionare l’operato del governo e delle pubbliche amministrazioni a proprio favore, spesso contro l’interesse pubblico. Fa testo il caso delle con- cessioni delle autostrade, recentemente venuto alla luce in Italia. Il caso delle autostrade italiane è anche un segno che in molti paesi il settore pubblico tende a preferire il capitalismo clientelare piutto-

32 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa sto che un’economia liberale che favorisca la concorrenza. Lo stesso dicasi per la distribuzione di una gran parte di sussidi e contributi pubblici che sarebbe nell’interesse nazionale abolire del tutto, anche al fine di ridurre l’enorme numero di dipendenti pubblici che si oc- cupano della loro distribuzione. Gli ampi programmi di welfare ridu- cono in modo significativo gli incentivi al lavoro. I funzionari pubblici ed i politici non spendono mai i soldi altrui con la stessa parsimonia e attenzione con la quale spendono i propri. Ciò è maggiormente vero nei paesi e nelle regioni dove il senso di identità nazionale ed i valori morali ed etici non sono molto forti, come in Italia ed in Belgio. Infine una elevata spesa pubblica accompagnata da ingenti somme spese in lavori pubblici, sussidi, contributi e aiuti sociali, aumenta da un lato enormemente il potere dei dirigenti pubblici responsabili per la loro distribuzione, mentre dall’altro riduce la libertà individuale e la dignità dei cittadini e distorce il gioco della concorrenza, che è alla base della ricchezza delle nazioni (Hayek, 1944; Friedman, 1980).

5. Su alcuni pericolosi squilibri nell’economia mondiale e nell’area dell’Euro

La Tabella 6 riporta per i 10 anni dal 2008 in poi le partite correnti in percentuale del PIL in alcuni paesi sviluppati ed in alcuni paesi in via di sviluppo. La tabella contiene le me- die quinquennali per ogni periodo indicato. I dati della tabella vanno interpretati tenendo anche conto del flusso degli inve- stimenti diretti esteri di cui alle precedenti Tabelle 4 e 5 ed

33 Giuseppe Tullio

alla luce dell’enorme accumulazione di riserve internazionali da parte di alcuni paesi (Tabella 7). Ciò che balza subito agli occhi nell’analizzare queste 4 tabelle sono gli enormi, crescenti e persistenti avanzi della Germania e quelli meno evidenti ma egualmente allarmanti della Cina. Per quest’ultimo paese va tenuto presente che è un paese ricettore di grossi investimenti diretti esteri (Tabella 6) e che in condizioni normali i gros- si ricettori di investimenti diretti sono in disavanzo di partite correnti, come è il caso di 5 su 7 dei paesi in via di sviluppo di cui alle Tabelle 5 e 6. Anche se l’avanzo di partite correnti della Cina si è più che dimezzato nel quinquennio 2013-17 rispetto al precedente, il paese ha continuato ad accumulare riserve internazionali e a fine 2017 possedeva la cifra esorbitante di 3.236 miliardi di dollari di riserve (Tabella 7). Per avere un’i- dea dell’immensità di questa cifra, nel 2017 il PIL nominale degli USA era di 19.390,6 miliardi di dollari e quello italiano di 1.937,9 miliardi di $, il che significa che le riserve della Cina erano pari al 17% del PIL USA ed al 167 % di quello italiano. Va aggiunto che la Cina aveva raggiunto il massimo delle sue riserve internazionali a fine 2014 con 3.900 miliardi di dollari, il 21% più elevate che a fine 2017. Gli avanzi di parte corren- te della Germania e della Cina e l’enorme accumulazione di riserve internazionali della Cina, hanno in sé degli elementi esplosivi a livello mondiale e rendono in parte comprensibile la nuova politica commerciale del presidente Trump, almeno nei confronti di questi 2 paesi. Per quanto riguarda in particolare l’avanzo tedesco, esso non solo è un problema mondiale, ma è una mina vagante che minaccia la sopravvivenza dell’euro. La

34 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

Germania dovrebbe abbandonare le sue politiche fiscali e sa- lariali troppo prudenti e restrittive per riportare il suo enorme avanzo di parte corrente a livelli più accettabili e per diventare il motore della crescita in EO e facilitare così l’aggiustamento necessario in paesi come l’Italia. Le precedenti sezioni sugge- riscono che le variabili che andrebbero maggiormente “aggiu- state” in EO sono il rapporto SPT sul PIL, il salario al lordo delle imposte, la produttività del lavoro e la riallocazione delle risorse produttive verso settori più competitivi.

Tab. 6 – Partite correnti in % del PIL, 2008-2017, Tab. 6 – Partite correnti inmedie % del quinquennali PIL, 2008-2017, medie quinquennali

2008-12 2013-17 paesi con squilibri importanti Germania 6,00 7,92 Cina 4,38 1,92 USA -3,14 -2,28 alcuni paesi sviluppati Francia -0,94 -0,82 Italia -2,32 1,96 Regno Unito -3,78 -5,18 Giappone 2,60 2,54 alcuni paesi in via di sviluppo India -3,40 -1,22 Filippine 2,90 -1,86 Tailandia 2,74 6,56 Vietnam -3,02 3,36 Brasile -2,54 -2,46 Colombia -2,72 -4,48 Turchia -5,44 -4,90 Fonte: FMI, WEO, Aprile 2018 Fonte: FMI, WEO, Aprile 2018

Alcuni paesi dell’Area Euro dovrebbero agire molto più decisamente e drasticamente35 di altri su queste 4 variabili, non solo per riportare l’occupazione e la crescita a livelli accettabili ma anche per dare un contributo a salvare l’Euro. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) calcola che l’industria manifatturiera italiana ha perso dal 1999 al 2017 rispetto all’industria tedesca il 35% della competitività misurata dai costi unitari del lavoro. Il FMI attribuisce circa il 45% di questa perdita di competitività alla differente dinamica salariale nei due paesi e circa il 55% alla diversa dinamica della produttività del lavoro (Kangur, FMI, 2018). Lo studio citato conclude che il cambio di segno delle partite correnti italiane da negativo nel quinquennio 2008-12 a positivo nel quinquennio 2013-17 (Tabella 6) è dovuto principalmente alla insufficiente domanda interna. Le imprese italiane si sono trovate strette fra aumenti del costo unitario del lavoro e riduzioni significative della domanda interna ed hanno cercato di rallentare il calo dei profitti riducendo di molto l’occupazione e gli investimenti ed esportando di più. In sostanza l’aumento delle esportazioni sarebbe solo un tentativo di restare a galla più a lungo e non è affatto da considerare

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Alcuni paesi dell’Area Euro dovrebbero agire molto più de- cisamente e drasticamente di altri su queste 4 variabili, non solo per riportare l’occupazione e la crescita a livelli accettabili ma anche per dare un contributo a salvare l’Euro. Il Fondo Mone- tario Internazionale (FMI) calcola che l’industria manifatturiera italiana ha perso dal 1999 al 2017 rispetto all’industria tedesca il 35% della competitività misurata dai costi unitari del lavoro. Il FMI attribuisce circa il 45% di questa perdita di competitività alla differente dinamica salariale nei due paesi e circa il 55% alla diversa dinamica della produttività del lavoro (Kangur, FMI, 2018). Lo studio citato conclude che il cambio di segno delle partite correnti italiane da negativo nel quinquennio 2008-12 a positivo nel quinquennio 2013-17 (Tabella 6) è dovuto prin- cipalmente alla insufficiente domanda interna. Le imprese ita- liane si sono trovate strette fra aumenti del costo unitario del lavoro e riduzioni significative della domanda interna ed hanno cercato di rallentare il calo dei profitti riducendo di molto l’oc- cupazione e gli investimenti ed esportando di più. In sostanza l’aumento delle esportazioni sarebbe solo un tentativo di restare a galla più a lungo e non è affatto da considerare come un buon segno per l’industria italiana. L’andamento delle quote di mer- cato delle merci italiane sui mercati mondiali conferma la gran- de perdita di competitività dell’Italia negli ultimi decenni. Fatte pari a 100 le quote tedesche, quelle italiane sono scese dal 48% della quota tedesca nel 1996 al 43% nel 2000 e al 34% nel 2016. Le quote della Francia sono diminuite ancora di più, passando dal 55% nel 1996 al 60% nel 2000 per poi crollare al 37% nel 2016 (Kangur, FMI, 2018).

36 come un buon segno per l’industria italiana. L’andamento delle quote di mercato delle merci italiane sui mercati mondiali conferma la grande perdita di competitività dell’Italia negli ultimi decenni. Fatte pari a 100 le quote tedesche, quelle italiane sono scese dal 48% della quota tedesca nel 1996 al 43% nel 2000 e al 34% nel 2016. Le quote della Francia sono diminuite ancora di più, passando dal 55% nel 1996 al 60% nel 2000 per poi crollare al 37% nel 2016 (Kangur, FMI, 2018). Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

Tab.Tab. 7 7 - -Riserve Riserve internazionali internazionali di alcuni paesi,paesi, 1990-2017 1990-2017

1990 2000 2008 2017

Cina 34 172 1.966 3.236

Giappone 88 362 1.031 1.264

India 6 41 257 413

Brasile 10 33 194 374

Tailandia 14 33 111 203

Regno Unito 43 51 65 151

Turchia 8 24 74 108

Filippine 2 15 37 81

Vietnam 1 (1) 3 24 49

Colombia 5 9 24 47

Fonte: siti web della Banca Mondiale; dati del FMI; Fonte: siti web della Banca inMondiale; miliardi di dati dollari del FMI;USA; in(1) miliardi 1995 di dollari USA; (1) 1995

Tornando all’enorme avanzo delle partite correnti tedesche di Tornando all’enorme avanzo delle partite correnti tedesche di cui alla Tabella 6 ed cui alla Tabella 6 ed all’andamento della competitività italiana di cui ho parlato sopra, sembra si possa concludere che i tedeschi all’andamento della competitività italiana di cui ho parlato sopra, sembra si possa concludere che i (governo, sindacati ed industrie) hanno preso veramente sul se- tedeschi (governo,rio sindacati il vincolo ed dell’euro industrie) e glihanno italiani preso no. veramente C’è da chiedersi sul serio come il vincolopuò dell’euro e gli sopravvivere a lungo un club di paesi come l’Area Euro dove c’è italiani no. C’è da unchiedersi brillante, come ma può egoista sopravvivere primo della a lungo classe un ed club un dipaese paesi che come si l’Area Euro dove comporta come una cicala che canta in continuazione, ma che c’è un brillante, manon egoista fa niente primo di serio della per classe adattarsi ed un al mondopaese che esterno si comporta che cambia come una cicala che (l’Italia). Sarebbe comunque errato considerare questi squilibri e canta in continuazione, ma che non fa niente di serio per adattarsi al mondo esterno che cambia

(l’Italia). Sarebbe comunque errato considerare questi squilibri e queste tensioni37 all’interno

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Giuseppe Tullio

queste tensioni all’interno dell’Unione Monetaria come la causa della bassa crescita in EO ed in Italia in particolare. La causa pro- fonda è quella illustrata in questo lavoro che suggerisce anche le variabili sulle quali l’Italia dovrebbe agire in fretta e con coraggio prendendo misure drastiche piuttosto che graduali e dando un chiaro segno di inversione di tendenza.

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Appendice 1 Sulle persistenti differenze dei salari fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo

Nella presente appendice si riportano i confronti salariali fra alcuni paesi sviluppati e alcuni paesi in via di sviluppo negli anni 2010, 2016 e 2017 (Tabella A1). Dalla tabella risulta chiarissimo quanto sono grandi i gap salariali fra paesi sviluppati e non svi- luppati e quanto lo sono anche all’interno di ogni gruppo di paesi. Nel 2016 il salario in Italia era di circa 5 volte superiore a quello del Brasile ed in Francia lo era di 6 volte. Le differenze con la Cina sono ancora maggiori. L’analisi di queste differenze è importante per capire perché negli ultimi decenni sono stati così consistenti gli investimenti diretti esteri verso l’America Latina e l’Estremo Oriente. Queste differenze salariali forniscono anche qualche in- dizio sul ruolo che imposizione fiscale, alta in EO e bassa nei paesi in via di sviluppo, ha svolto nel mantenere i gap elevati. Essendo le fonti dei dati della Tabella A1 diverse per i 3 anni presi in con- siderazione, i confronti vanno limitati ai singoli paesi in ognuno

40 Sulle cause della bassa crescita economica in Italia e in Europa

dei 3 anni. Sulla dinamica dei salari negli ultimi decenni rileviamo che nei 19 paesi dell’Area Euro sono cresciuti molto moderata- mente, mentre nei paesi in via di sviluppo sono cresciuti a ritmi ben più sostenuti. come è logico attendersi, ma di gran lunga non sufficienti a chiudere l’enorme gap salariale con i paesi sviluppati.

Tab. A1 - Salari medi in alcuni paesi, Tab. A1 - Salariconfronti medi in alcuni internazionali; paesi, confronti 2010 internazionali; - 2017 2010 - 2017

2010 (1) 2016 (2) 2017 (3) Brasile 5,4 8 - Messico - 11 - Turchia - - 402 Russia - - 522 Polonia - 14 1.117 Ungheria - 14 1.054 Argentina 8,7 21 - Portogallo 7,2 21 1.158 Grecia 13,0 22 1.060 Spagna 14,5 36 2.189 Italia 18,9 38 2.534 Giappone 18,3 46 - Francia 21,1 48 2.957 Germania 25,1 52 3.771 Regno Unito 21,2 54 2.517 Olanda 23,5 60 2.855 USA 23,3 70 3.444 Svizzera 34,3 100 5.485 Fonti: (1) International Labor Office, Ginevra; salario orario in $ USA; Fonti: (1) International Labor (2)Office, OCSE, Ginevra; Parigi esalario fonti nazionali; orario in Svizzera=100;$ USA; (2) OCSE, Parigi e fonti nazionali; Svizzera=100; (3) Wikipedia, dati di fine(3) 2017/inizWikipedia,i 2018;dati di salari fine 2017/inizimensili in 2018; € al lordo di parte di contributi e imposte. salari mensili in € al lordo di parte di contributi e imposte.

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27

I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

1. Introduzione

Che la lunga crisi, che a partire dal 2008 ha attanagliato il nostro Paese, sia veramente finita è ancora argomento di discussione e an- cor di più lo sarà nei prossimi mesi quando, a chiusura d’anno, con- fronteremo i nostri tassi di crescita con quelli delle altre economie avanzate. Anche l’economia del Veneto ha dovuto fare i conti con il vento contrario di questi anni è ha subito danni e perdite, sul versan- te delle imprese e di conseguenza anche su quello dell’occupazione. Il parziale, anche se robusto, recupero avviatosi a partire dal 2015 non ha sanato tutte le ferite subite e non è certo possa continuare anche nell’imminente futuro a fronte del nuovo scenario economico (nazionale ed internazionale) che sempre più appare incerto e ri- chiede continuamente di cambiare e di farlo rapidamente1.

1 Per un quadro congiunturale aggiornato si veda Veneto Lavoro, La Bussola, settembre 2018.

43 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Sono percepibili i segnali del cambiamento? Coinvolgono una platea vasta di imprese e persone o sono solo “a margine”? Sta aumentando il livello di internazionalizzazione delle impre- se venete? I processi di innovazione tecnologica avvengono con intensità adeguata? I processi in atto sono accompagnati da una appropriato impiego di professionalità in grado sostenerli/deter- minarli? Non è facile rispondere a domande di questo genere, non lo è soprattutto quando lo si deve fare non con un taglio storico ma cronachistico, a ridosso dei fatti che accadono. In questo caso bisogna affidarsi più a segnali che ad analisi compiute e lo si fa con i numeri che si hanno a disposizione. Nel saggio che segue si è cercato di realizzarlo partendo dai dati sull’occupazione dipendente raccolti dal sistema delle Co- municazioni obbligatorie2, sistematizzate dall’Osservatorio re- gionale sul mercato del lavoro di Veneto Lavoro3. La gran parte di esse (qualche volta con una “grana” un po’ più grossa per facilitarne la comprensione) è direttamente disponibile in rete per chiunque sia interessato: dati grezzi e letture guidate trami- te dashboard di facile comprensione. Guardare il mutamento attraverso la struttura occupaziona- le, focalizzando l’attenzione su giovani e professioni innovative, termini che spesso – anche se non necessariamente – vanno a braccetto, come precedentemente detto, senza la presunzione di

2 Le comunicazioni obbligatorie (Co) dei datori di lavoro (imprese e istituzioni) inviate telematicamente a partire dal 2008 ogniqualvolta essi instaurano, modi- ficano o concludono un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato. 3 I dati sono navigabili all’interno del sito www.venetolavoro.it nell’area “I dati del Mdl”.

44 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro spiegare tutto, ma cercando almeno di ricavarne qualche indica- zione utile a comprendere quello che sta accadendo.

2. I giovani e il lavoro

La lunga crisi economica ha messo in grave difficoltà il famoso modello nordestino che tanto ha dato di positivo al sistema Paese. La caduta occupazionale anche in Veneto ha prioritariamente interessato il sistema manifatturiero, il più esposto alla concorrenza internazionale e dove l’innovazione tecnologica più facilmente compromette un largo impiego di manodopera: se nei momenti più acuti la perdita complessiva di posizione lavorative nell’intero sistema economico aveva su- perato abbondantemente le 100mila unità, esse erano per ben i 2/3 attribuibili al manifatturiero e per 1/3 alle costruzioni. Ed anche il recupero, che pure è avvenuto negli ultimi tre anni portando il numero delle posizioni lavorative a superare il massimo storico raggiunto nel 2008, non ha permesso il ritorno ai livelli occupazionali pre-crisi né del manifatturiero né nelle costruzioni, il primo soprattutto per gli andamenti dei settori del made in Italy (legno/mobilio e sistema moda in primis) che sono stati quelli che più di altri hanno subito un radicale spiazzamento sul mercato mondiale (recuperabile? e se sì, a quali condizioni?). Motore del recupero sono stati essenzial- mente i servizi che hanno fornito nuovi spazi occupazionali in numero crescente, anche se con forme contrattuali temporal-

45 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

mente limitate e con largo impiego del part time4. Storicamente è dimostrato quanto inutile sia resistere se non addirittura opporsi all’innovazione e come invece sia necessario assecondarla e “cavalcarla” per non essere retrocessi nella scala della produzione di valore, che è anche il modo per garantire un livello elevato di benessere. Questa sembra essere la strada obbli- gata anche per il sistema produttivo veneto che sicuramente l’ha già imboccata con non poche realtà produttive che hanno saputo trarre vantaggio dalla crisi stessa, occupando spazi lasciati liberi da concorrenti “spariti” e guardando con lungimiranza a mercati esteri sui quali proporsi5. Dieci anni di depressione hanno indubbiamente esacerbato una situazione strutturale nel nostro Paese che rende problema- tico, lungo e travagliato, l’inserimento nel mondo del lavoro da parte dei giovani. A ricordare come questo tema non sia un porta- to degli anni recenti basta richiamare il tema della disoccupazio- ne intellettuale della fine degli anni ’70, l’istituzione del contratto di formazione e lavoro dei primi anni ‘80, l’enfasi degli anni ’90 sul missmatch occupazionale e per chiudere questo breve pro- memoria, la drammatizzazione mediatica della “fuga dei cervelli”

4 Sulla diffusione del part time in Veneto si rinvia a Bertazzon L., “Sulle dina- miche del lavoro part-time: evidenze statistiche e questioni aperte”, Tartufi 46, 2017, www.venetolavoro.it. 5 Sulle strategie adottate dalle imprese in periodo di crisi si veda il contributo alla XXXV Conferenza scientifica annuale AISRe “Uscire dalla crisi. Città, Comu- nità e Specializzazione Intelligenti” Padova, 11-13 settembre 2014 di Anastasia B., Basso S., Emireni G. e Gambuzza M., Le imprese in crescita e la ricom- posizione dell’occupazione nei settori del made in Italy del Veneto, 2014, http://www.venetolavoro.it/work_.

46 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro del nuovo millennio. È anche vero che sembrerebbe un problema, quello dei giovani disoccupati, che avrebbe dovuto trovare solu- zione autonomamente data la costante riduzione della consisten- za delle coorti demografiche, ma così non è stato e non 6è . Il mercato del lavoro di questi ultimi anni è sicuramente segna- to dalla presenza di numerosi strumenti contrattuali che flessibiliz- zano/precarizzano la condizione di lavoro, come pure da un’irruzio- ne massiccia di prestazioni terziarie che ricadono in quella che or- mai viene comunemente definitagig economy e che si traduce nel consegnare pizze a domicilio piuttosto che nello svolgere qualche semplice compito al proprio pc per Amazon Mechanical Turk7. Questo universo appena descritto è maggioritariamente occupa- to da giovani; nulla di grave se fossero esperienze che avvicinano al mondo del lavoro o consentano di recuperare piccole quote di reddito integrativo, ma molto meno se diventano l’unico spazio nel quale interagire nel tempo in cui si diventa adulti e che se perdura- no finiscono per impedire di diventare autonomi. Se questi aspetti, sicuramente presenti, tendono ad occupare uno spazio crescente nei commenti giornalistici, rimane comunque prevalente il numero dei giovani che, magari attraverso percorsi non sempre lineari e brevi, trova una propria collocazione nel mondo del lavoro che con- sente di avere una prospettiva di vita, almeno nella realtà veneta che è quella che possiamo più compiutamente analizzare.

6 Sulla problematica della difficoltà dei giovani nel mercato del lavoro e nella società italiana resta sempre utile il contributo di Boeri T. e Galasso V., Contro i giovani. Come l’Italia sta tradendo le nuove generazioni, Mondadori, 2007. 7 Uno sguardo critico su queste dinamiche del lavoro in Staglianò R., Lavoretti. Così la «sharing economy» ci rende tutti più poveri, Einaudi, 2018.

47 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Uno sguardo dettagliato sulla realtà regionale, anche se limi- tato alle tradizionali forme di impiego alle dipendenze, può ser- vire a fornire una cornice interpretativa sostanziata da qualche riscontro empirico.

L’esordio nel mondo del lavoro Un primo criterio per mettere a fuoco il tema è dedicare attenzione al momento e al modo in cui i giovani si affacciano sul mercato del lavoro. È evidente che in questa analisi sconte- remo i limiti della fonte amministrativa utilizzata (il flusso delle comunicazioni obbligatorie integrate nel Sistema informativo del lavoro veneto, Silv) che è territorialmente definita (l’ambito regionale, che per questa popolazione dovrebbe essere meno limitante rispetto ad altre sotto popolazioni, ma non certo inin- fluente) e relativa esclusivamente alle forme più strutturate di prestazione lavorativa. Abbiamo comunque deciso di conside- rare tutto quello che transita attraverso le comunicazioni obbli- gatorie, con un’ottica più comprensiva di quella normalmente utilizzata, prendendo in considerazioni ad esempio anche gli stage o il lavoro a chiamata (nel primo caso non siamo di fronte a vero lavoro e nel secondo non si è in grado di valutare se in vero lavoro si traduce e men che meno con quale intensità)8 ed

8 Di norma il lavoro dipendente, secondo la definizione adottata dell’Osservatorio&Ricerca, include tutti i rapporti instaurati da imprese localizzate nel territorio regionale con contratti a tempo indeterminato, determinato, di apprendistato o in somministrazione. Le altre forme contrattuali vengono esaminate a parte per problemi legati alla effettiva misurabilità dell’instaurarsi del rapporto di lavoro (lavoro a chia- mata), per la particolarità del datore di lavoro e delle modalità della prestazione (lavoro domestico), per la natura stessa del contratto (parasubordinato, stage e lavori socialmente utili): sosteniamo che in questi casi ci troviamo “ai margini” del lavoro dipendente se non nel campo esperienziale vero e proprio.

48 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro analizzando l’intero decennio che va dal 2008 al 2017 per avere a disposizione numeri più consistenti nel valutare i fenomeni, altrimenti spesso esigui se osservati con cadenza annuale su po- polazioni ristrette (tenendo sempre presenti gli andamenti an- nuali però, influenzati come sono da contingenze congiunturali e/o normative). In Veneto nel 2017 i giovani tra i 15 e i 29 anni rappresen- tavano il 22,5% della popolazione in età lavorativa ed il 15,2% degli occupati dipendenti; questo stesso gruppo di popolazione negli ultimi dieci anni è stato interessato dal 37% delle attivazio- ni/assunzioni complessivamente effettuate, ma ha rappresenta- to la totalità di quelle di apprendistato, il 68% dei tirocini non curriculari, il 52% dei contratti di lavoro intermittente, il 44% del lavoro somministrato. Sotto la media generale si trovano le varie tipologie di lavoro parasubordinato (esito fortemente condizionato dalle classi dei giovanissimi, come meglio vedremo più avanti) ed il tempo determinato (entrambi attorno al 30%). Anche tra le assunzioni a tempo indeterminato i giovani rappre- sentano solo il 25% del totale, ma in questo caso ad irrobustire la tipologia contribuiscono le trasformazioni da apprendistato e da tempo determinato che riguardano i giovani nel 42% dei casi. Il lavoro domestico interessa solo nel 18% dei casi i giovani e di questi il 90% è cittadino di nazionalità straniera. Già que- ste prime informazioni consentono di capire come, abbastanza comprensibilmente, queste classi d’età siano soggette a molta più mobilità in entrata ed in uscita dalla condizione lavorativa o pseudo tale, con una sovra-rappresentazione della loro presen- za in tutte le forme contrattuali (ad eccezione del domestico),

49 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

comprese quelle più stabili che magari abbandonano per loro stessa scelta in cerca di realizzare aspirazioni che magari non sono, giustamente, ancor ben definite. Complessivamente gli esordi nel mondo del lavoro così come da noi definiti rappresentano mediamente il 13% di tutte le at- tivazioni/assunzioni registrate negli ultimi dieci anni. I giovani esordienti9 sono mediamente 64mila all’anno, con una discreta varianza dettata dalle condizioni del ciclo economico (furono oltre 80mila nel 2008 e nel 2017, meno di 50mila nel 2013), e rappresentano circa il 57% di coloro che esordiscono nel mer- cato del lavoro veneto (gli altri sono principalmente stranieri, donne al rientro occupazionale, lavoratori provenienti da altri territori). La distribuzione, sempre in termini di valori medi, per classe d’età vede abbastanza similmente presenti i giovanissimi ed i 20-24enni (tab. 1) rispettivamente con il 36% ed il 38%, mentre l’esordio nella classe d’età superiore vale il 26%. Le gio- vani donne pesano per il 46% ed hanno un ingresso più tardivo nel mercato del lavoro dovuto alla maggior lunghezze dei loro percorsi formativi; i giovani stranieri rappresentano un terzo de- gli esordienti (e solo il 25% dei “veterani”) ed anche loro, per

9 Come in parte già accennato si parlerà di “mercato del lavoro veneto” perché questo è per costruzione l’ambito di osservazione consentito al Silv che, per quanto non sia del tutto impermeabile a percorsi lavorativi (o di disoccupazione amministrativa) svolti al di fuori dei confini regionali, non è certamente esausti- vo. Quindi si parlerà di “esordio” sempre avendo in mente questo limite territo- riale. Per esemplificare: se un giovane lavoratore ha posto il proprio domicilio a Napoli e lì ha lavorato per tre anni prima di trasferirsi nel 2008 a Venezia, noi con buona probabilità – fatto salvo che prima non sia passato dalla disoccupazione amministrativa ed abbia ricostruito la propria storia lavorativa – lo considerere- mo “esordiente” quando avrà la sua prima assunzione magari nel 2009.

50 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro effetto dei processi migratori e non dei percorsi scolastici, sono più numerosi tra le classi più mature. La classe d’età influenza molto chiaramente le modalità di primo approccio al lavoro (graf. 1): i giovanissimi sono i più coinvolti nell’apprendistato, nei tirocini e nel lavoro intermit- tente, mentre a loro poco è imputabile l’esordio nel parasubor- dinato e nel tempo indeterminato; più equilibrato il significativo apporto dato al somministrato e al tempo determinato che vede anche i 20-24enni molto coinvolti. Il peso della classe 25-29 anni nel lavoro domestico, appannaggio prevalente degli stranieri, ri- sulta anche elevato perché nel calcolo della media è compreso il 2009, anno della sanatoria; è invece la norma la loro maggiorita- ria presenza nel tempo indeterminato. L’esame condotto dando ulteriore rilievo alla classe d’età (tab. 2) evidenzia come tutti i giovani abbiano la più eleva- ta probabilità di esordio essendo reclutati con un contratto a tempo determinato, probabilità che cresce con l’elevarsi dell’e- tà (40% per i 25-29enni); confermata la predominanza dei gio- vanissimi tra i tirocinanti (22%) mentre tale evenienza si avve- ra in meno della metà dei casi per i più anziani; tali proporzio- ni sono ribaltate per quanto concerne il tempo indeterminato (valori comunque bassi per tutti, dal 4% degli under 19enni al 14% dei ultra 25enni).

51 metà dei casi perMaurizio i più Gambuzzaanziani; tali e Maurizio proporzioni Rasera sono ribaltate per quanto concerne il tempo indeterminato (valori comunque bassi per tutti, dal 4% degli under 19enni al 14% dei ultra 25enni). Tab. 1. Veneto. Valori medi nel decennio 2008-2017

Tab. 1. Veneto. Valori medidi attivazioni/assunzioni nel decennio 2008-2017 di attivazioni/assunzioni

Totale Donne Stranieri

Esordienti 113.672 50.664 42.278 Giovani 64.312 29.357 21.146 15-19 22.853 9.761 4.636 20-24 24.759 12.031 8.690 25-29 16.701 7.565 7.820 Adulti 42.546 18.695 19.694 Senior 6.814 2.612 1.437

Veterani 729.480 367.571 179.118 Giovani 250.540 119.358 61.784 15-19 26.517 10.258 5.071 20-24 112.182 52.048 25.997 25-29 111.840 57.052 30.716 Adulti 425.353 224.926 109.750 Senior 53.587 23.287 7.583 Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018) Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018)

Graf. 1. Veneto. Composizione dei contratti d’esordio in funzione dell’età dei giovani Valori medi 2008-2017

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Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018).

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I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

Graf. 1. Veneto. Composizione dei contratti d’esordio in funzione dell’età dei giovani Valori medi 2008-2017

Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018).

Le giovanissime donne si caratterizzano soprattutto per il più largo accesso al mercato del lavoro tramite il contratto intermit- tente (19%); il profilo dei giovani stranieri è condizionato dalla quota del lavoro domestico, ma non sfugge la rilevanza del tempo indeterminato, soprattutto per le classi più giovani (10% i 15- 19enni, 13% i 20-24enni ed il 18% per gli ultra 25enni).

53 Le giovanissime donne si caratterizzano soprattutto per il più largo accesso al mercato del lavoro tramite il contratto intermittente (19%); il profilo dei giovani stranieri è condizionato dalla quota del lavoro domestico, ma non sfugge la rilevanza del tempo indeterminato, soprattutto per le classi più giovani (10%Maurizio i 15- Gambuzza19enni, e13% Maurizio i 20-24enni Rasera ed il 18% per gli ultra 25enni).

Tab. 2. Veneto. Composizione delle assunzioni/attivazioni Tab. 2. Veneto. Composizioneper delleclasse assunzioni/a d’età e contrattottivazioni d’esordioper classe d'età e contratto d'esordio Valori medi 2008-2017 Valori medi 2008-2017

Totale 15-19 20-24 25-29

Totale 100% 100% 100% 100% Tempo indeterminato 9% 4% 8% 14% Apprendistato 13% 21% 12% 6% Tempo determinato 34% 28% 37% 40% Somministrato 9% 8% 10% 8% Intermittente 10% 13% 10% 5% Domestico 5% 1% 5% 10% Parasubordinato 5% 3% 5% 7% Esperienze 15% 22% 13% 10%

Donne 100% 100% 100% 100% Tempo indeterminato 7% 4% 7% 12% Apprendistato 12% 19% 11% 6% Tempo determinato 33% 26% 34% 38% Somministrato 7% 6% 8% 7% Intermittente 13% 19% 13% 6% Domestico 6% 1% 6% 11% Parasubordinato 6% 3% 6% 9% Esperienze 16% 22% 14% 12%

Stranieri 100% 100% 100% 100% Tempo indeterminato 14% 10% 13% 18% Apprendistato 10% 19% 10% 5% Tempo determinato 42% 39% 43% 42% Somministrato 6% 7% 7% 6% Intermittente 6% 8% 6% 4% Domestico 14% 4% 13% 20% Parasubordinato 2% 1% 2% 2% Esperienze 6% 12% 5% 3% Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018) Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018)

Il largo ricorso alle forme flessibili di impiego come pure ai tirocini trova conferma anche nella capacità54 di assorbimento dei diversi settori produttivi (tab. 3). Mediamente quasi il 65% degli esordi avviene nei servizi (depurando dal lavoro domestico), con importante prevalenza di quelli turistici e commerciali (circa il 42% tra i giovanissimi per scendere al 23% tra i più maturi) in

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I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

Il largo ricorso alle forme flessibili di impiego come pure ai tirocini trova conferma anche nella capacità di assorbimento dei diversi settori produttivi (tab. 3). Mediamente quasi il 65% degli esordi avviene nei servizi (depurando dal lavoro domesti- co), con importante prevalenza di quelli turistici e commercia- li (circa il 42% tra i giovanissimi per scendere al 23% tra i più maturi) in accordo con il prevalere delle forme temporanee ed occasionali di impiego; inversa la distribuzione in funzione delle classi d’età quando si guarda al terziario avanzato. Poco più del 23% degli esordi avviene nel settore industriale, dove vengono rispecchiate le caratteristiche del tessuto produttivo regionale, con il made in Italy ed il metalmeccanico che rac- colgono quasi l’8% ciascuno; in questo caso vale la pena segna- lare come la crisi abbia contribuito a ridurre gli spazi offerti dai settori industriali che nel 2008, ad esempio, permettevano l’esordio a circa il 30% dei giovani. Non trascurabili neppure gli apporti di agricoltura (8%) e costruzioni (5%) che intercet- tano molta manodopera immigrata, si tenga conto che per la prima non siamo in grado di documentare le prestazioni fatte a voucher (finché è stato possibile utilizzarle) che sicuramente avrebbero ulteriormente allargato la platea dei coinvolti.

55 accordo con il prevalere delle forme temporanee ed occasionali di impiego; inversa la distribuzione in funzione delle classi d’età quando si guarda al terziario avanzato. Poco più del 23% degli esordi avviene nel settore industriale, dove vengono rispecchiate le caratteristiche del tessuto produttivo regionale, con il made in Italy ed il metalmeccanico che raccolgono quasi l’8% ciascuno; in questo caso vale la pena segnalare come la crisi abbia contribuito a ridurre gli spazi offerti dai settori industriali che nel 2008, ad esempio, permettevano l’esordio a circa il 30% dei giovani. Non trascurabili neppure gli apporti di agricoltura (8%) e costruzioni (5%) che intercettano molta manodopera immigrata, si tenga conto che per la prima non siamo in grado di documentare le prestazioni fatte a voucher (finché è stato possibile utilizzarle) che sicuramente avrebbero Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera ulteriormente allargato la platea dei coinvolti. Tab. 3. Veneto. Esordio dei giovani 15-29 anni Tab. 3. Veneto. Esordio dei giovani 15-29 anni per settore. Valori medi 2008-2017 per settore. Valori medi 2008-2017

Totale 15-19 20-24 25-29

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

8,2% 7,4% 8,9% 8,1% Agricoltura Industria 23,4% 27,4% 21,3% 21,1% Made in Italy 7,5% 8,4% 7,3% 6,7% Metalmeccanico 7,8% 10,3% 6,8% 6,1% Altre industrie 2,2% 2,5% 2,1% 1,8% Utilities 0,3% 0,3% 0,3% 0,4% Costruzioni 5,5% 5,9% 4,7% 6,2% Servizi 68,4% 65,2% 69,8% 70,7% Comm.-tempo libero 34,1% 41,8% 34,3% 23,3% Ingrosso e logistica 7,6% 6,1% 8,1% 8,9% Servizi finanziari 0,8% 0,4% 0,8% 1,4% Terziario avanzato 5,8% 3,7% 6,1% 8,2% Servizi alla persona 15,3% 9,6% 15,1% 23,3% Altri servizi 4,8% 3,5% 5,4% 5,7% Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Se guardiamo ai grandi gruppi professionali entro i quali clas- sificare gli esordi dei giovani nel mercato del lavoro non possiamo che trovare delle ampie convergenze con quanto già segnalato rispetto ai settori (tab. 4): • quasi un terzo si colloca in professioni qualificate dei servizi, tra questi il 10% come addetti alle vendite e quasi il 18% nelle 10 attività turistiche; queste caratterizzazioni sono più marcate tra le donne (in queste professioni esse pesano per il 62% contro una media generale del 46%) e, nei servizi sanitari,

56 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

tale tendenza si accentua grazie anche al contributo della componente straniera; • un altro 23% esordisce invece con lavori di bassa qualificazio- ne, dove il traino è proprio dato dai giovani stranieri che nel 43% si trovano ad avere solo questa opportunità di impiego; • il 13% appartiene agli operai specializzati, con prevalenza del metalmeccanico, dell’edilizia e del made in Italy; ed interes- sante notare come anche qui la quota degli stranieri sia più rilevante (18%); • il 10% trova collocazione tra le professioni tecniche, le più significative delle quali sono le fisico-ingegneristiche, quelle legate alla produzione e quelle dell’organizzazione; il settore turistico anche qui gioca una carta significativa con un coin- volgimento prevalente delle donne; • un altro 10% appartiene all’area impiegatizia, riproponendo lo stereotipo della prevalenza femminile; • sempre al mondo della produzione fa riferimento un 5% che viene impiegato in qualità di conduttore di impianti o di ope- raio semi-specializzato; • le professioni intellettuali superano il 6%, grazie anche al con- tributo delle professioni dello spettacolo, oltre a quelle del mondo della scuola, entrambe a prevalenza femminile. Di scarso rilievo, come era facile attendersi, il peso delle fi- gure dirigenziali dove il peso delle donne è nella media e dove gli stranieri comunque rappresentano il 21%.

57  le professioni intellettuali superano il 6%, grazie anche al contributo delle professioni dello

spettacolo, oltre a quelle del mondo della scuola, entrambe a prevalenza femminile.

Di scarso rilievo, come era facile attendersi, il peso delle figure dirigenziali dove il peso delle donne è nella media e dove gli stranieri comunque rappresentano il 21%.

Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Tab. 4. Veneto. Esordio dei giovani 15-29 anni Tab. 4. Veneto. Esordioper dei qualifica giovani 15-29 professionale. anni per qualifica professionale. Valori medi 2008-2017 Valori medi 2008-2017

Quota Stra- Quota Totale Donne Stra- nieri Donne nieri

100,0% 100,0% 100,0% 45,6% 32,9% Dirigenti 0,1% 0,1% 0,1% 45,8% 20,8% Professioni intellettuali 6,5% 8,5% 3,2% 59,3% 16,1% Spec. tecnico-scientifiche, sociali/salute 2,4% 2,6% 0,6% 50,5% 7,9% Informatici-elettronici 0,4% 0,2% 0,1% 22,1% 4,4% Ingegneri e architetti 0,6% 0,6% 0,2% 46,8% 10,4% Spec. gestione aziendale 0,7% 0,8% 0,2% 56,2% 8,1% Professioni dello spettacolo 1,9% 2,4% 2,2% 56,7% 37,2% Specialisti della formazione 2,2% 3,4% 0,4% 71,3% 6,1% Professioni tecniche 10,0% 10,8% 3,6% 49,2% 11,8% Tecnici scienze fisiche e ingegneristiche 1,0% 0,6% 0,2% 25,0% 5,8% Tecnici della produzione 2,0% 0,8% 0,6% 19,5% 9,6% Tecnici dell'organizzazione 2,2% 2,5% 0,5% 51,2% 7,1% Guide e operatori turistici 1,1% 1,6% 0,8% 64,6% 23,9% Impiegati 9,7% 13,0% 3,1% 61,2% 10,6% Professioni qualif. dei servizi 32,2% 43,9% 23,5% 62,2% 24,0% Qualificati attivita' commerciali 9,6% 14,0% 4,4% 66,6% 14,9% Qualificati attivita' turistiche 17,7% 22,4% 13,7% 57,7% 25,5% Qualificati servizi socio-sanitari 2,3% 3,7% 4,2% 71,6% 59,6% Qualificati serv. a persona e di sicurezza 2,5% 3,8% 1,2% 68,3% 15,0% Operai specializzati 13,3% 5,4% 17,9% 18,5% 44,3% Operai specializzati edilizia 3,2% 0,1% 4,5% 0,8% 46,9% Operai metalmeccanici 4,2% 0,4% 3,9% 4,6% 30,3% Operai made in Italy 2,9% 2,3% 4,0% 36,2% 46,2% Conduttori e operai semi-spec. 5,3% 2,2% 5,6% 18,8% 34,9% Professioni non qualificate 22,7% 16,0% 42,9% 32,2% 62,0% Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Per dare una valutazione sull’influenza del titolo di studio posseduto rispetto al contratto di esordio si sono prese in con- Per dare una valutazione sull’influenza del titolo di studio posseduto rispetto al contratto di siderazione le due classi d’età più elevate che consentono il esordio si sono raggiungimentoprese in considerazione anche della le laurea,due classi in modo d’età da piùnon elevatecondizio che- consentono il raggiungimento58 anche della laurea, in modo da non condizionare la distribuzione dei dati (tab. 5) e si è limitata l’analisi ai giovani italiani per non far “gonfiare” il numero dei senza titolo di studio.

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I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro nare la distribuzione dei dati (tab. 5) e si è limitata l’analisi ai giovani italiani per non far “gonfiare” il numero dei senza titolo di studio. L’età conta non poco nel differenziare l’inizio dei percorsi lavorativi dei giovani ed anche il titolo di studio condiziona pesantemente il contratto di esordio; controintuiti- vamente rispetto alle attese, l’accesso al tempo indeterminato è agevolato dal possesso dei titoli di studio più bassi (7,4% per i 20-24enni e 13,8% per i 25-29enni) piuttosto che dalla laurea (rispettivamente 5,8% e 9,9%)! Per i 25-29enni raddoppia la probabilità, rispetto alla classe d’età precedente, di esordire con un contratto a tempo inde- terminato, mentre è minore (tranne che per i laureati) quella di essere reclutati con un contratto di apprendistato. La proba- bilità di esordire con un tempo determinato diminuisce con il crescere del titolo di studio per entrambe le classi d’età, mentre lo stage diventa modalità rilevantissima proprio per i laureati e ancor più per coloro che sono in età più matura: sembra quasi che i percorsi più lunghi di formazione richiedano poi una sor- ta di “educazione” al lavoro (caratterizzata dalla gratuità della prestazione), quasi a dover scontare una colpa che invece non è attribuita a chi poco tempo ha trascorso sui banchi di scuo- la. All’opposto i più qualificati sono quelli che si approcciano in maggior numero al lavoro attraverso i contratti di collaborazio- ne, con meno vincoli (forse), ma sicuramente con meno garan- zie, ancora una volta non particolarmente favoriti.

59 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Tab. 5. Veneto. Composizione degli esordienti 20-29enni italiani per contratto e titolo di studio Tab. 5. Veneto. Composizione degli esordienti 20-29enni italiani per contratto e titolo di studio ValoriValori medi medi 2008-20172008-2017

Tempo Appren- Sommini- Tempo det. indet. distato strato

20-24 8.873 20.178 52.692 19.360 Totale 5,5% 12,6% 32,8% 12,0% Fino licenza media 7,4% 9,2% 45,0% 13,1% Diploma (2-3 anni) 5,2% 19,2% 30,2% 12,5% Diploma 4,7% 14,9% 30,3% 13,1% Laurea 5,8% 8,6% 29,0% 8,8%

25-29 10.206 6.566 34.453 8.140 Totale 11,5% 7,4% 38,8% 9,2% Fino licenza media 13,8% 3,9% 51,5% 12,2% Diploma (2-3 anni) 11,5% 8,2% 46,2% 12,6% Diploma 12,1% 7,4% 42,5% 11,0% Laurea 9,9% 8,9% 30,6% 6,6%

Intermit- Dome- Parasubor- Esperi- Totale tente stico dinato enze

20-24 20.238 687 11.066 27.593 160.687 Totale 12,6% 0,4% 6,9% 17,2% 100,0% Fino licenza media 14,3% 1,2% 4,8% 5,0% 100,0% Diploma (2-3 anni) 10,7% 0,3% 3,4% 18,4% 100,0% Diploma 12,8% 0,2% 6,2% 17,8% 100,0% Laurea 11,3% 0,3% 10,7% 25,5% 100,0%

25-29 5.009 518 10.182 13.733 88.807 Totale 5,6% 0,6% 11,5% 15,5% 100,0% Fino licenza media 8,3% 2,0% 6,0% 2,3% 100,0% Diploma (2-3 anni) 6,9% 0,4% 8,0% 6,1% 100,0% Diploma 8,2% 0,2% 11,9% 6,6% 100,0% Laurea 2,9% 0,2% 13,7% 27,2% 100,0% Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018).

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La laurea non garantisce un accesso privilegiato al mercato del lavoro, anzi, però i giovani con questo titolo di studio sembrano meno reclutabili con il lavoro a chiamata ed il somministrato, forme che le aziende probabilmente utilizzano per posizioni di lavoro meno qualificate – soprattutto nell’ambito delle attività dei servizi – o per figure operaie anche molto ricercate e specializzate, ma lontane dalle abilità possedute e dalle aspettative dei più scolarizzati.

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I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

La laurea non garantisce un accesso privilegiato al mercato del lavoro, anzi, però i giovani con questo titolo di studio sem- brano meno reclutabili con il lavoro a chiamata ed il sommini- strato, forme che le aziende probabilmente utilizzano per posi- zioni di lavoro meno qualificate – soprattutto nell’ambito delle attività dei servizi – o per figure operaie anche molto ricercate e specializzate, ma lontane dalle abilità possedute e dalle aspetta- tive dei più scolarizzati.

L’accesso al contratto a tempo indeterminato La stabilità dei rapporti di lavoro è riconosciuta come un importante elemento di qualità sociale e del mercato del lavoro, dal momento che favorisce gli investimenti in capitale umano e, nelle complesse società moderne, consente una progettualità di vita meno precaria. Le politiche del lavoro nel nostro Paese han- no agito negli anni in maniera contraddittoria: da una parte in- troducendo nuove forme contrattuali flessibili o riducendo i vin- coli per quelle già esistenti, dall’altra, più recentemente, agendo per estendere la diffusione del tempo indeterminato. Così i giu- dizi alla base della legislazione lavoristica sono passati da una rappresentazione di una realtà italiana basata su un “mercato rigido” (quando ciò non era in realtà vero) ad una dove “tutti sono precari” (quando ciò è altrettanto falso). Salvo rare eccezioni, nell’ambito del lavoro dipendente i posti di lavoro di lunga durata sono quelli a tempo indeterminato, per quanto le promesse nominalistiche sempre meno vengono rispet- tate e l’indeterminatezza è spesso molto ben misurabile e confi-

61 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

nata in orizzonti temporali anche molto brevi.10 Ma come in concreto si arriva ad un posto di lavoro a tempo indeterminato? Quali percorsi portano un giovane a incrociare un contratto a tempo indeterminato? Nei dieci anni considerati quasi 50mila giovani ogni anno sono approdati ad un contratto a tempo indeterminato, con due soli picchi uno rappresentato dall’ultimo anno prima della crisi (2008) e l’altro dal 2015, l’anno di introduzione del regime di decontribuzione.11 Il 44% di questi giovani è giunto al tem- po indeterminato a seguito di una trasformazione contrattuale (tab. 6), per lo più da tempo determinato e marginalmente

10 A tale proposito si possono vedere “Quanto è precaria la stabilità. Fragilità delle promesse nominalistiche. Le durate dei contratti a tempo indeterminato”, Misure/8, 2008; “Come si arriva ad un posto di lavoro a tempo indeterminato?”, Misure/72, 2017, Misure/73, 2017; “La durata effettiva dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato”. Tutti i materiali sono reperibili in www.venetolavoro.it. 11 La legge di stabilità 2015 (190/2014) ha introdotto l’esonero contributivo triennale (del valore massimo di 8.060 euro) per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato attivate nel 2015, incentivo utilizzabile anche per le tra- sformazioni dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, con un requisito del lavoratore che imponeva l’assenza nei precedenti 6 mesi di altri contratti a tempo indeterminato. In seguito la legge di stabilità 2016 (208/2015) modifica dal 1.1.2016 l’esonero contributivo per le assunzioni e tra- sformazioni con contratto a tempo indeterminato, portando la quota esonerata al 40% dei contributi previdenziali nel limite massimo di 3.250 euro su base an- nua e con una durata biennale. La legge di stabilità 2018 (205/2017) introduce dal 1.1.2018 un esonero contributivo strutturale per le assunzioni e trasforma- zioni con contratto a tempo indeterminato di giovani fino a 29 anni; per il 2018 la misura è estesa a tutti i giovani fino a 35 anni; il requisito individuale in questo caso prevede l’assenza di qualsiasi precedente di lavoro a tempo indeterminato. La quota esonerata diventa pari al 50% dei contributi previdenziali nel limite massimo di 3.000 euro su base annua, è di durata triennale e può essere usu- fruita anche con una successione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

62 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro da (una conferma da) apprendistato; questo dato è quello che maggiormente differenzia questa popolazione dagli adulti, per i quali solo nel 27% dei casi l’assunzione non è direttamente a tempo indeterminato. Di fatto per i giovani la trasformazione del contratto a termine viene a configurarsi come la conclusio- ne di un periodo (più o meno) lungo di prova, dato confermato dal peso delle trasformazioni a carico di giovani che rappre- sentano una quota vicina al 42% del totale mentre le assunzio- ni dirette si aggirano attorno al 25%. Il settore industriale contribuisce in maniera significativa all’accesso al tempo indeterminato, garantendo il 34% delle as- sunzioni dirette ed il 40% delle trasformazioni, con il metalmec- canico e le altre industrie che sono quelli che più di altri vedono la stabilizzazione come un processo derivante da una trasfor- mazione contrattuale (52% e 58% rispettivamente). La quota maggioritaria di tempo indeterminato si registra comunque nel settore dei servizi (il 65% delle assunzioni dirette e il 59% del- le trasformazioni) con un significativo rilievo delle attività del commercio e tempo libero (tab. 7).

63 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Tab. 6. Veneto. Assunzioni e trasformazioni Tab. 6. Veneto. Assunzionia tempo e trasformazioniindeterminato a ditempo giovani indeterminato 15-29 anni di giovani 15-29 anni

Tempo Trasformazioni Totale indeterminato

2008 50.175 25.137 75.312 2009 30.279 23.335 53.614 2010 27.423 24.070 51.493 2011 26.250 23.887 50.137 2012 23.926 21.983 45.909 2013 20.731 17.015 37.746 2014 18.835 15.368 34.203 2015 41.046 24.835 65.881 2016 22.161 18.069 40.230 2017 19.507 14.932 34.439

% giovani su totale Tempo Trasformazioni Totale indeterminato

2008 29% 44% 32% 2009 28% 45% 33% 2010 26% 46% 32% 2011 25% 43% 31% 2012 25% 41% 31% 2013 24% 40% 30% 2014 23% 41% 29% 2015 28% 38% 31% 2016 23% 39% 28% 2017 22% 40% 27% Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018).

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I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

Tab. 7. Veneto. Assunzioni e trasformazioni a tempo

Tab. 7. Veneto. Assunzioniindeterminato e trasformazioni di giovani a tempo 15-29 indeterminato anni perdi giovani settore 15-29 anni per settore ValoriValori assoluti assoluti periodo periodo 2008-2017 2008-2017

Valori assoluti

Tempo ind. Trasformazioni

Totale 280.333 208.631 Agricoltura 3.653 1.832 Industria 93.968 83.176 Made in Italy 31.869 22.288 Ind. alimentari 5.647 6.050 Ind. tessile-abb. 14.665 4.140 Metalmeccanico 27.470 31.713 Altre industrie 6.701 9.382 Costruzioni 26.348 17.946 Servizi 182.712 123.623 Comm.-tempo libero 73.155 46.158 Ingrosso e logistica 39.076 25.859 Terziario avanzato 15.596 14.898 Servizi informatici 6.998 4.712 Attività professionali 7.276 9.146 Servizi alla persona 32.688 22.920 Altri servizi 18.355 9.116

Composizioni % quota trasf./ Tempo ind. Trasformazioni totale

Totale 100% 100% 43% Agricoltura 1% 1% 33% Industria 34% 40% 47% Made in Italy 11% 11% 41% Ind. alimentari 2% 3% 52% Ind. tessile-abb. 5% 2% 22% Metalmeccanico 10% 15% 54% Altre industrie 2% 4% 58% Costruzioni 9% 9% 41% Servizi 65% 59% 40% Comm.-tempo libero 26% 22% 39% Ingrosso e logistica 14% 12% 40% Terziario avanzato 6% 7% 49% Servizi informatici 2% 2% 40% Attività professionali 3% 4% 56% Servizi alla persona 12% 11% 41% Altri servizi 7% 4% 33% Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018).

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Le attività professionali individuano l’ambito del terziario che maggiormente giunge alla stabilizzazione dopo una “prova” garantita da un contratto a termine (56%).

Come già precedentemente sottolineato un parametro fondamentale che deve essere preso in considerazione per verificare se per i giovani l’approdo al tempo indeterminato rappresenti 18

Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Le attività professionali individuano l’ambito del terziario che maggiormente giunge alla stabilizzazione dopo una “prova” ga- rantita da un contratto a termine (56%). Come già precedentemente sottolineato un parametro fonda- mentale che deve essere preso in considerazione per verificare se per i giovani l’approdo al tempo indeterminato rappresenti un’ef- fettiva stabilizzazione occupazionale, è quello del tasso di soprav- vivenza dei rapporti nel tempo, cioè la durata effettiva, metten- dolo a confronto con quello degli adulti. Per fare ciò si sono presi in considerazione i contratti stipulati e trasformati nel periodo 2008-2012 in modo da garantire sempre un’osservazione suffi- cientemente lunga della storia lavorativa dei soggetti interessati. La differenza tra giovani e adulti è estremamente marcata per quanto riguarda le assunzioni dirette, dove il tasso di caduta dei giovani è molto più rilevante: a dodici mesi il tasso di sopravvi- venza è al 57% quando per gli adulti è 10 punti percentuali più alto; a 36 mesi i giovani scendono al 36% e gli adulti si assestano al 47%; a cinque anni solo il 27% dei giovani è ancora impiegato nella stessa azienda rispetto al 38% dei più maturi. Le distanze tra i due gruppi posti a confronti si determinano essenzialmente nel corso del primo anno, mantenendosi poi costanti e trovano una spiegazione anche nel fatto che il tasso di dimissioni dei gio- vani rispetto al resto della popolazione è significativamente più elevato, segno della maggiore disponibilità alla mobilità e al cam- biamento in una fase di avvio della carriera lavorativa. Una storia diversa è quella che viene narrata dalle curve dei rapporti trasformati, dove invece il vantaggio, anche se di propor- zioni minori, è tutto a favore dei giovani costantemente attorno ai

66 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro tre punti percentuali a partire dai 18 mesi, dove è pari al 75%; a cinque anni la metà dei rapporti trasformati è ancora attiva. Per un giovane che giunge al tempo indeterminato a seguito di una trasformazioni la probabilità di risultare ancora occupato dopo 36 mesi è di 26 punti percentuali superiore a quella di uno assunto direttamente (per gli adulti risulta molto meno marcata e pari a 12 punti percentuali).

Graf. 2. Veneto. Tasso di sopravvivenza dei contratti a tempo indeterminato. Valore medio nel periodo 2008-2012

Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018).

67 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

3. Il mutamento dettato dall’innovazione: professioni e imprese

Il sistema veneto non è restato sicuramente inerte di fronte ai cambiamenti avvenuti e che stanno avvenendo. La crisi ha si- curamente accelerato processi che già erano in atto come pure ha decretato la scomparsa di realtà produttive che non hanno avuto la forza, magari senza colpe, di resistere alle mutate con- dizioni del mercato. Il recente rafforzamento dei processi di in- novazione che riguardano la tecnologia, l’organizzazione e i pro- dotti sono stati sicuramente stimolati dall’iniziativa governativa che è passata sotto il nome di “Industria 4.0”12 (anche solo per le generose risorse messe a disposizione). Chiaramente quest’ulti- ma è stata solo una delle chiavi che hanno agito ed agiscono per il cambiamento, rispondendo alla necessità di essere all’altezza degli elevati standard produttivi richiesti da quei mercati esteri che sono tradizionalmente lo sbocco di tante produzioni regio- nali. Innovare le imprese richiede l’adozione di nuove tecnolo- gie, ma anche (se non soprattutto) il reclutamento di persone dotate di competenze e conoscenze, che sappiano interpretare ed ispirare il cambiamento. Ed è certo che i giovani sono per definizione i portatori di nuove energie, nuove idee, competenze emergenti che sanno mettere a frutto le esperienze tecnologi- che che accompagnano la vita di noi tutti coniugandole con le necessità della produzione. Anzi ci si potrebbe chiedere quale

12 Per una adeguata documentazione a tale proposito si rimanda a http://www.sviluppoeconomico.gov.it.

68 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro dei due passi sia prioritario per le aziende: acquisire nuove tec- nologie o nuove professionalità? Overeducation ed overskil- ling sono occasioni da recuperare laddove esistano, aprendo spazi perché possano dispiegare le loro potenzialità: l’investi- mento imprenditoriale non deve riguardare solo le macchine, ma anche le persone.

Uno sguardo alle professionalità mobilitate negli anni dalle imprese del Veneto Gli andamenti economici di questo decennio, la crisi e la fase di recupero seguente, così come hanno modificato la struttura settoriale del sistema produttivo veneto hanno anche agito sulla composizione professionale della forza lavoro. Se nel 2017 si è completato il recupero rispetto ai livelli del 2008, incrementando anzi di oltre 60mila posizioni lavorative la base dell’occupazione dipendente, ciò è avvenuto come esito di andamenti fortemente differenziati tra gruppi professionali. Se prendiamo in considerazione le 790 unità professionali a cui hanno fatto riferimento i movimenti occupazionali nel decen- nio possiamo notare come a fronte di 448 professioni che han- no fatto registrare un andamento positivo (concretizzatosi in un saldo occupazionale pari a +180mila posizioni), ve ne sono 340 che hanno fatto registrare una altrettanto rilevante contrazione (-118mila unità). Per riuscire a cogliere le principali caratterizzazioni dell’e- spansione occupazionale conviene ridurre il ventaglio delle pro- fessioni: se le gerarchizziamo prendendo in considerazione quelle che hanno avuto un incremento superiore almeno alle mille po-

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sizioni stabili (contrattualizzate a tempo indeterminato)13 possia- mo vedere come queste siano in numero estremamente ridotto (32), ma come abbiano generato circa i due terzi dell’incremento prodotto dalle 425 in crescita (tab. 8). Queste professioni hanno generato un saldo complessivo di oltre 100mila posizioni lavorati- ve di cui oltre 80mila a tempo indeterminato. Altri indicatori che ci possono guidare nella lettura sono: • il rapporto tra il saldo occupazionale ed il totale delle assun- zioni, che ci fornisce un’indicazione del grado di movimenta- zione necessario a generare posizioni aggiuntive di lavoro; • il rapporto tra il saldo occupazionale a tempo indeterminato ed il totale dato da assunzioni e trasformazioni; • la quota di assunzioni di giovani sul totale delle assunzioni; • la quota di laureati sul totale delle assunzioni. Possiamo isolare almeno cinque grandi famiglie a cui possono essere ricondotte le principali professioni elementari in crescita: a) le professioni legate alla scuola (6 unità professionali che comprendono i professori di tutti gli ordini e gradi esclusa l’università ed il personale ATA) che individuano una realtà occupazionale del tutto particolare e che nel corso di que- sti anni ha visto dispiegarsi interventi legislativi che hanno portato alla stabilizzazione di un corposo numero di docenti, già serbatoio di precariato ricorrente. Questi elementi fanno

13 Molte professioni sono tipicamente stagionali e contrattualizzate in forme temporanee perciò il loro saldo occupazionale risulta fortemente condizionato dalla scelta del periodo di osservazione. Limitando l’analisi ai tempi indeterminati il bilancio risulta più “solido”. Con riferimento solo ai dipendenti stabili il bilancio del decennio segna un +28mila unità esito della crescita di 425 professioni (+126mila posizioni lavorative) ed un decremento di 363 professioni (-98mila posizioni).

70 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

sì che il gruppo si caratterizzi, abbastanza prevedibilmente, per una elevata quota di laureati (sopra il 90% se si fa ecce- zione per i bidelli) e per una bassa incidenza di giovani sulla forza lavoro movimentata (mediamente intorno al 15% per- ché il corpo insegnante, anche precario, è assunto in funzio- ne dell’anzianità di servizio pregressa). La minore presenza di turnover nel settore pubblico e la massiccia immissione in ruolo hanno generato un rapporto tra saldo cti e assunzioni cti elevatissimo (oltre il 50%), mentre il peso dei supplenti e degli incaricati temporanei tengono basso il medesimo rap- porto relativo alla totalità dei contratti; b) le professioni tecniche (5 unità professionali: programma- tori, progettisti di software, disegnatori, tecnici del marke- ting, esperti in applicazioni) presentano una elevata quota di giovani (intorno al 50% delle assunzioni) con livelli di scolarizzazione medio/elevati (laureati tra il 30 ed il 60%). Gli indicatori di mobilità indicano queste professioni come spazi dove il reclutamento è discretamente mirato, con un ricorso più contenuto di contratti temporanei. Sono figure che sicuramente si inseriscono nei processi di innovazione sia a livello di servizi alle imprese, sia direttamente all’in- terno dei processi produttivi; c) un insieme di professioni legate alla riorganizzazione dei sistemi di vendita e di distribuzione delle merci (6 unità professionali: commessi delle vendite al minuto, tecnici della vendita e della distribuzione, specialisti nella com- mercializzazione dei beni, addetti alle consegne, addetti alla gestione dei magazzini), caratterizzate da un ricorso

71 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

importante a personale giovane (largamente sopra al 40%) sia a bassa (per i commessi e gli addetti al magazzinaggio/ consegna) che ad elevata scolarizzazione (per le figure spe- cialistiche, per le quali il 49% della domanda si rivolge a laureati). Questa dicotomia permane anche con riferimen- to agli indicatori di mobilità, decisamente più elevati per i primi. Se da una parte il decollo anche nel nostro Paese delle vendite online ha aperto nuovi spazi occupazionali nel settore logistico (consegne a domicilio, grandi hub di stoccaggio ed evasione ordini), dall’altro la grande distri- buzione ha offerto e offre occasioni di lavoro anche se spes- so molto frammentate e di non particolare qualità; d) alcune tipiche professioni legate alle attività di ristorazio- ne (4 unità professionali: baristi, cuochi, addetti ai servizi di ristorazione e relativo personale non qualificato), sono caratterizzate da una elevata presenza di lavoratori giovani ma non di laureati; tutti gli indicatori di mobilità confer- mano si tratta di posizioni lavorative nelle quali prevalgo- no un elevato turnover e la temporaneità degli impieghi. Il collegamento è con le attività in larga parte riconducibili al turismo, ma non vanno sottovalutati anche il diffondersi di nuovi modelli di consumo che portano al diffondersi da un lato delle offerte di take away – dove il cibo da asporto è spesso, ma non esclusivamente, etnicamente caratterizza- to – e dall’altro dalla nuova importanza assunta dalla cultu- ra dell’alimentazione, spinta non poco dai media televisivi; e) professioni sanitarie e connesse alla cura della persona (3 unità professionali: professioni infermieristiche, addetti

72 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

all’assistenza personale, professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali) che, laddove connotate da una maggiore qualificazione – gli infermieri – vedono un’elevata presen- za di giovani e una minore mobilità rispetto a quella che contraddistingue le altre due figure. È un settore destinato a crescere continuamente dato il costante invecchiamen- to della popolazione e che, a fronte invece della denatalità che caratterizza il Veneto come l’intera Italia, offre largo spazio di impiego ai lavoratori stranieri.

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25 % ass. su tot tot su laureati laureati % ass. su tot tot su giovani giovani Rapporti specifici Rapporto Rapporto saldo Cti/ assunz Cti assunz Cti Rapp. Rapp. saldo/ assunz assunz che, a fronte invece della denatalità che che denatalità della invece fronte a che, ind. 1.239 3% 1.239 4% 42% 7% Tempo 1.075 1.075 1% 17% 34% 2% 2.188 2.188 5% 7% 20% 3% 2.385 2.385 12% 1.803 20% 51% 8% 1.381 1.381 15% 1.125 27% 51% 29% 2.467 2.467 20% 2.217 29% 4.816 54% 45% 1.850 1.850 23% 1.290 32% 50% 63% 3.707 3.078 3.078 3.707 9% 15% 37% 36% 5.681 3.129 1.117 1.117 3.129 3% 10% 34% 4% 3.348 3.348 3.247 3.247 2.130 8% 17% 2.289 10% 1.835 14% 25% 50% 32% 11% 4.417 4.417 3.564 3% 7% 20% 3% 3.784 3.784 10% 3.208 18% 49% 68% 2.168 1.212 1.212 2.168 6% 15% 42% 6% 2.275 2.275 28% 1.914 33% 47% 61% 1.863 4.233 3% 5% 42% 2% 5.603 4.532 4.532 5.603 7% 62% 15% 93% 3.808 5.239 5.239 3.808 3% 67% 11% 9% 2.409 4.823 3% 7% 57% 7% 5.377 5.799 5.799 5.377 2% 55% 20% 45% 3.754 1.965 3% 12% 49% 24% 1.869 2.288 7% 52% 12% 95% 2.697 2.356 2.356 2.697 2% 30% 2.294 2.320 6% 21% 33% 16% 27% 14% 3.358 2.471 2.471 3.358 8% 55% 13% 97% 1.483 1.483 1.359 11% 26% 49% 33% 11.351 9.502 9.502 11.351 3% 10% 59% 13% Totale Totale 61.317 28.330 1% 2% 36% 15% 109.131 82.188 4% 15% 35% 20% Saldi occupazionali upazionale a tempo indeterminato superiore a mille upazionale rvizi (escluso ICT) ICT) (escluso rvizi 2.083 1.878 18% 23% 29% 49% e al magazzino magazzino e al 3.933 1.643 4% 8% 42% 4% diversamente abili abili diversamente 3.704 2.975 9% 69% 17% 72% pulizia di uffici pulizia nella II inferiore inferiore II nella 2.402 1.339 8% 51% 12% 97% termediari finanziari finanziari termediari 759 1.911 8% 30% 58% 43% ssioni assimilate ssioni assimilate ri e sociali sociali e ri dei clienti dei clienti ristorazione ristorazione e superiori e superiori e pulizia pulizia e orazione orazione iche iche

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re re

ti ti Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). 2018). aprile 25 al (estrazione Silv dati su elaborazioni ns. Fonte: Tab. 8. Veneto. Unità professionali con saldo occupazionale 8. Veneto. Tab. a tempo indeterminato superiore mille unità nel periodo 2008-2017 re destinato a crescere continuamente dato continuamente crescere a destinato contraddistingue le altre due figure. È un setto re e della popolazione il costante invecchiamento caratterizza il Veneto come l’intera Italia, offre largo spazio di impiego ai lavoratori lavoratori ai impiego di spazio largo offre Italia, l’intera come Veneto il caratterizza stranieri. Totale generale Totale prime 32 Braccianti agricoli Braccianti agricoli Personalequalificato non nei servizi di Addetti al banco nei servizi di rist di servizi nei banco al Addetti in esperti applicazioni Tecnici Analisti e progettisti di softwa Analistiprogettisti e consegne alle Addetti Personalequalificato non addetto all'imballaggio Addetti all'informazione e all'assistenza scientifiche e tecniche discipline di Professori marketing del Tecnici profe e magazzini dei gestione alla Addetti Addetti agli sportelli assicurativi, bancari e in e bancari assicurativi, sportelli agli Addetti e beni di se commercializzazione nella Specialisti nella chimiche e fisiche matematiche, scienze di Professori superiori tecnici Disegnatori minuto al vendite delle Commessi primaria scuola di Professori assimilate professioni e Bidelli inferiore II nella umanistiche discipline di Professori Addetti a funzioni di segreteria igiene di servizi ai addetti Operai Professioni sanitarie infermierist distribuzione della e vendita della Tecnici soggetti e formazione nell'educazione Specialisti Professoridi scienze letterarie nell e e assimila Baristi professioni pre-primar scuola di Professori personal Addetti all'assistenza programmatori Tecnici di qualificatoPersonale ai servizi addetto non sanita servizi nei qualificate Professioni Cuochi ristoran alberghi e in

Tab. 8. Veneto. Unità professionali con saldo occ

74 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro

25 % ass. su tot tot su laureati laureati % ass. su tot tot su giovani giovani Rapporti specifici Rapporto Rapporto saldo Cti/ assunz Cti assunz Cti Rapp. Rapp. saldo/ assunz assunz che, a fronte invece della denatalità che che denatalità della invece fronte a che, ind. 1.239 3% 1.239 4% 42% 7% Tempo 1.075 1.075 1% 17% 34% 2% 2.188 2.188 5% 7% 20% 3% 2.385 2.385 12% 1.803 20% 51% 8% 1.381 1.381 15% 1.125 27% 51% 29% 4.816 2.467 2.467 20% 2.217 29% 54% 45% 1.850 1.850 23% 1.290 32% 50% 63% 3.707 3.078 3.078 3.707 9% 15% 37% 36% 5.681 3.348 3.348 3.129 1.117 1.117 3.129 3% 10% 34% 4% 3.247 3.247 2.130 8% 17% 25% 11% 2.289 2.289 10% 1.835 14% 50% 32% 4.417 4.417 3.784 10% 3.208 3.564 18% 49% 68% 3% 7% 20% 3% 2.275 2.275 28% 1.914 33% 47% 61% 1.863 4.233 3% 5% 42% 2% 1.212 2.168 6% 15% 42% 6% 3.808 5.239 5.239 3.808 3% 67% 4.532 5.603 7% 11% 9% 62% 15% 93% 2.409 4.823 3% 7% 57% 7% 2.288 1.869 1.869 2.288 7% 52% 12% 95% 5.377 5.799 5.799 5.377 2% 55% 20% 45% 3.754 1.965 3% 12% 49% 24% 2.697 2.356 2.356 2.697 2% 30% 2.294 2.320 6% 21% 33% 16% 27% 14% 3.358 2.471 2.471 3.358 8% 55% 13% 97% 1.483 1.483 1.359 11% 26% 49% 33% 11.351 9.502 9.502 11.351 3% 10% 59% 13% Totale Totale 61.317 28.330 1% 2% 36% 15% 109.131 82.188 4% 15% 35% 20% Saldi occupazionali upazionale a tempo indeterminato superiore a mille upazionale rvizi (escluso ICT) ICT) (escluso rvizi 2.083 1.878 18% 23% 29% 49% e al magazzino magazzino e al 3.933 1.643 4% 8% 42% 4% diversamente abili abili diversamente 3.704 2.975 9% 69% 17% 72% pulizia di uffici pulizia nella II inferiore inferiore II nella 2.402 1.339 8% 51% 12% 97% termediari finanziari finanziari termediari 759 1.911 8% 30% 58% 43% ssioni assimilate ssioni assimilate ri e sociali sociali e ri dei clienti dei clienti ristorazione ristorazione e superiori e superiori e pulizia pulizia e orazione orazione iche iche

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re re

ti ti Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). 2018). aprile 25 al (estrazione Silv dati su elaborazioni ns. Fonte: re destinato a crescere continuamente dato continuamente crescere a destinato contraddistingue le altre due figure. È un setto re e della popolazione il costante invecchiamento caratterizza il Veneto come l’intera Italia, offre largo spazio di impiego ai lavoratori lavoratori ai impiego di spazio largo offre Italia, l’intera come Veneto il caratterizza stranieri. di qualificatoPersonale ai servizi addetto non sanita servizi nei qualificate Professioni di softwa Analistiprogettisti e in e bancari assicurativi, sportelli agli Addetti e beni di se commercializzazione nella Specialisti nella chimiche e fisiche matematiche, scienze di Professori superiori Cuochi ristoran alberghi e in tecnici Disegnatori consegne alle Addetti Personalequalificato non addetto all'imballaggio Addetti all'informazione e all'assistenza scientifiche e tecniche discipline di Professori marketing del Tecnici profe e magazzini dei gestione alla Addetti rist di servizi nei banco al Addetti in esperti applicazioni Tecnici Personalequalificato non nei servizi di Braccianti agricoli Totale prime 32 Totale generale Baristi e e professioni e e assimila Baristi professioni personal Addetti all'assistenza programmatori Tecnici minuto al vendite delle Commessi inferiore II nella umanistiche discipline di Professori Addetti a funzioni di segreteria Professioni sanitarie infermierist distribuzione della e vendita della Tecnici soggetti e formazione nell'educazione Specialisti Professoridi scienze letterarie nell pre-primar scuola di Professori Professori di scuola primaria scuola di Professori assimilate professioni e Bidelli igiene di servizi ai addetti Operai

Tab. 8. Veneto. Unità professionali con saldo occ

75 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

In generale, tra le principali figure dinamiche non esiste un’unica direzione di qualificazione della domanda: all’interno di ognuno degli ambiti individuati ritroviamo la compresenza di professionalità sia ad elevata che a bassa qualificazione; ma in generale la domanda di lavoratori con titoli di studio elevato si associa anche ad una minore mobilità del lavoro, come testimo- niano i più alti livelli dei rapporti dei saldi sulle assunzioni, oltre che la distanza tra l’indicatore ricavato sulle assunzioni totali e quello relativo ai soli rapporti stabili. Inoltre, con la sola eccezio- ne dell’istruzione, la presenza di giovani si associa alla richiesta di profili a maggiore qualificazione scolastica. Non risulta comunque infrequente che i giovani laureati si rendano disponibili anche per lavori contraddistinti da maggiore fungibilità e a più alta mobilità occupazionale (tipicamente nel settore turistico, nella gestionale logistica, nelle attività commerciali). Sul versante opposto le figure professionali che più hanno mo- strato i segni di importante contrazione sono quelle legate all’edi- lizia (-20mila posti a tempo indeterminato tra le 6 professioni che hanno perso più di mille unità: muratori, carpentieri, manovali, falegnami edili, idraulici, marmisti) e quelle che invece fanno ri- ferimento a settori tipici del made in Italy come il legno-mobilio, il tessile e l’orafo (-14mila posizioni di Cti afferenti a 6 unità pro- fessionali sempre con flessioni superiori ad almeno mille).

I laureati Analizzando con maggior dettaglio i movimenti all’interno del mercato del lavoro dei soggetti in possesso del titolo di lau- rea possiamo vedere come nell’ultimo decennio rilevanti siano

76 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro stati i mutamenti avvenuti nel tessuto produttivo. Introduzio- ne di nuove figure, processi di sostituzione generazionale con upgrading di qualificazione, ampliamento degli ambiti di inse- rimento lavorativo tutto ha concorso a intensificare la presenza dei laureati che sono passati secondo la Rcfl dal 13% dei lavo- ratori dipendenti del 2008 al 19% di quelli del 2017, con una crescita valutabile attorno alle 88mila unità14, valore del tutto simile a quello desumibile da Silv. Se il saldo complessivo nei dieci anni esaminati è stato pari a poco più di 63mila posizioni, quello di pertinenza dei laureati è stato invece di oltre 86mila; con il solo riferimento al tempo indeterminato si va da un totale di +28mila a uno per i laure- ati di +73mila (tab. 9): se è vero che una parte non marginale (+17mila) è attribuibile al settore dell’istruzione, come già prece- dentemente evidenziato, l’apporto di figure tecniche, impiegati- zie e intellettuali non è certo stato marginale.

14 Comparando con un universo coerente con quello osservato da Silv (escludendo le forze armate, l’agricoltura ed il lavoro domestico) ricavato dalle Forze lavoro, in Veneto gli occupati dipendenti in possesso di laurea sono passati dai 219mila del 2008 ai 307mila del 2017 (+39% rispetto al +4% del totale occupati dipendenti) ed il loro peso sul totale si è incrementato di 6 punti percentuali.

77 secondo la Rcfl dal 13% dei lavoratori dipendenti del 2008 al 19% di quelli del 2017, con una crescita valutabile attorno alle 88mila unità14, valore del tutto simile a quello desumibile da Silv.

Se il saldo complessivo nei dieci anni esaminati è stato pari a poco più di 63mila posizioni, quello di pertinenza dei laureati è stato invece di oltre 86mila; con il solo riferimento al tempo indeterminato si va da un totale di +28mila a uno per i laureati di +73mila (tab. 9): se è vero che una parte non marginale (+17mila) è attribuibile al settore dell’istruzione, come già precedentemente evidenziato, l’apporto di figure tecniche, impiegatizie e intellettuali non è certo stato marginale.

Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Tab. 9. Veneto. Saldi occupazionali dei laureati Tab. 9. Veneto. Saldi eoccupazionali totali per grandi dei lau reatigruppi e totali professionali per grandi gruppi professionali nel periodo 2008-2017 nel periodo 2008-2017 Totale Laureati Tempo Tempo Totale Totale indet. indet.

Dirigenti -3.008 -2.751 -916 -853 Professioni intellettuali 40.021 32.222 37.501 29.752 Professioni tecniche 10.680 9.311 26.701 24.537 Impiegati 17.187 18.096 17.890 15.156 Professioni qualif. dei servizi 37.720 24.209 3.702 3.181 Operai specializzati -50.575 -41.678 130 463 Conduttori e operai semi-spec. -11.187 -15.714 510 433 Professioni non qualificate 23.739 4.837 1.046 424 N.d. -3.260 -202 -495 -27

Totale complessivo 61.317 28.330 86.069 73.066 Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Fonte: ns. elaborazioni su dati Silv (estrazione al 25 aprile 2018). Se i problemi legati alla lunghissima crisi hanno determinato una significativa contrazione delle posizioni dirigenziali (chiusura di imprese, ma anche processi di downsizing delle linee direttive imposte dalle necessità economiche o dai processi riorganizzati- 14 Comparando con unvi) universo rilevantissimo coerente conè l’incremento quello osservato dei dalaureati Silv (escludendo tra le figure le forze tecni armate,- l’agricoltura ed il lavoro domestico) ricavatoche, bendalle superiore Forze lavoro, a quello in Veneto registrato gli occupati nel dipendenti complesso, in possessoevidenzian di laurea- sono passati dai 219mila del 2008 ai 307milado quel del processo 2017 (+39% di rispettonecessaria al +4% immissione del totale occupati di competenze dipendenti) anche ed il loro peso sul totale si è incrementato di 6 puntiall’interno percentuali. dei processi produttivi manifatturieri: quasi un terzo dell’incremento dei tecnici avviene infatti direttamente nelle im- 27 prese industriali piuttosto che nelle attività dei servizi di suppor- to. Del resto anche le figure impiegatizie hanno vissuto proces- si di sostituzione a tutto vantaggio di coloro che posseggono un

78 I mutamenti del sistema produttivo dal lato del mercato del lavoro bagaglio culturale di maggiore spessore; in questo caso un ruolo importante è stato giocato dalle tecnologie e dalla conseguente riorganizzazione dei ruoli negli uffici, con la scomparsa di figure solo poco tempo prima essenziali a seguito del consolidamento dei processi di informatizzazione delle procedure gestionali. Ai livelli più bassi della gerarchia professionale, come c’era da attendersi, lo spazio per i laureati tende a rarefarsi, lasciandoli immuni dalle forti contrazioni verificatesi soprattutto in riferi- mento alle figure operaie, ed ancora una volta si evidenzia come la tendenza sia dettata dall’appartenenza settoriale ed alle diffi- coltà che hanno interessato il sistema manifatturiero. Emerge anche in maniera abbastanza evidente come i laureati poggino i loro incrementi occupazionali molto più su rapporti di lavoro stabili rispetto a quanto avviene per le figure meno quali- ficate su cui si scarica di preferenza la flessibilità contrattuale e prestazionale richieste dal sistema. La velocità con la quale sta avvenendo il processo sostituti- vo o incrementale dei laureati è adeguato o è troppo lento per mantenere il sistema competitivo? Ed il sistema stesso è in grado effettivamente di inglobare tutta l’offerta di lavoro qualificata che si presenta sul mercato? Questi anni di crisi hanno portato sotto gli occhi di tutti come i cambiamenti non siano stati di modesta entità e come abbiano generato anche costi sociali rilevanti. Di certo questi sono tempi di investimenti e quelli fatti sulle persone e sul sapere, pur essendo anch’essi rischiosi, appaio- no maggiormente necessari nel momento in cui quasi tutto sta cambiando.

79 Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

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80 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Ufficio Studi CGIA

Introduzione

In questo articolo vengono riportati i risultati socio-economici di uno studio redatto su iniziativa della Provincia di Belluno e che costituisce uno strumento conoscitivo al fine di supportare l’Ente territoriale nel percorso di definizione e attuazione dell’autono- mia amministrativa. Lo studio, organizzato in quattro sezioni, ha messo in eviden- za gli elementi economici, sociali, territoriali e finanziari che si collocano alla base della necessità di maggiore autonomia per la Provincia di Belluno, così come sancito anche dall’articolo 15 del- lo Statuto regionale. La prima sezione dello studio “Analisi socio-economica della provincia di Belluno” ha trattato, in particolare, la questione dello spopolamento del Bellunese, fenomeno che negli ultimi anni ha assunto una dimensione sempre più ampia. Il calo demografico,

81 Ufficio Studi CGIA

unito alla desertificazione imprenditoriale, rappresenta una chia- ve di lettura per comprendere sino in fondo le criticità che sta vivendo la provincia di Belluno e che la sola analisi dei dati eco- nomici non consentirebbe di cogliere. Nella seconda sezione, intitolata i “Costi della montagna” sono stati evidenziati gli svantaggi competitivi che incontrano le im- prese, nonché i maggiori oneri nell’erogazione di servizi pubblici. La terza parte dello studio “Conferimento di forme particola- ri di autonomia” ha tracciato, invece, l’inquadramento normativo in merito alla questione dell’autonomia, a partire da quanto sta- bilito dallo Statuto della Regione Veneto che, attraverso la sua attuazione, ha conferito alla provincia di Belluno alcune funzioni amministrative. La quarta e ultima parte dello studio “Analisi finanziaria sul bilancio della provincia di Belluno” ha analizzato, infine, il bilan- cio della Provincia di Belluno. Nello specifico, è stata messa in luce l’entità dei tagli ai trasferimenti subìti dalla Provincia negli ultimi anni, fornendo altresì una valutazione in merito all’attuale dotazione finanziaria comparandola con le Province montane di confine e con la media italiana del comparto. Le quattro parti dello studio conducono ad un ragionamento conclusivo che si sostanzia nell’evidenza che l’autonomia rappre- senta certamente un percorso necessario per risollevare il Bel- lunese ma come tale percorso, non sia sufficiente per cambiarne le sorti; serve, infatti, un cambio di paradigma, una prospettiva diversa e orientata alla creazione delle condizioni per favorire lo sviluppo ed evitare lo spopolamento, unitamente a nuove risorse che consentano di concretizzare tali azioni.

82 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

In questo articolo si riporta la prima sezione dello studio che riguarda appunto l’ “Analisi socio-economica della provincia di Belluno”. Si fa presente che in questa rivista, per motivi editoriali, alcune figure e/o tabelle appaiono in una veste grafica semplifica- ta rispetto alla versione consegnata e di proprietà della Provincia di Belluno.

Analisi socio-economica della provincia di Belluno

Nonostante alcuni risultati economici positivi, la provincia di Belluno sta vivendo una fase di declino sociale (spopolamento) e di desertificazione imprenditoriale. Per questi motivi si è scelto, dopo una valutazione complessiva dei principali indicatori socio- economici, di iniziare l’analisi dall’andamento demografico. In effetti, i dati del mercato del lavoro e quelli della ricchezza (va- lore aggiunto), vanno letti necessariamente insieme alla questio- ne dello spopolamento e alla dinamica delle imprese, altrimenti potrebbero risultare fuorvianti. Un chiaro esempio di frainten- dimento riguarda il tasso di occupazione (elevato e in crescita) che, se guardato singolarmente, rischia di dipingere la provincia di Belluno in crescita occupazionale (il tasso è invece aumentato per il crollo del denominatore che lo calcola, ovvero della popola- zione in età lavorativa) quando gli occupati sono diminuiti. In estrema sintesi i punti di questo articolo, che saranno suc- cessivamente sviluppati attraverso il commento di tabelle e figu- re, si riassumono qui sotto per punti:

83 Ufficio Studi CGIA

• in appena 5 anni la provincia di Belluno ha perso il 2% degli abitanti (è il quinto risultato più negativo di tutte le 110 pro- vince italiane); • lo spopolamento è marcatissimo nell’alta montagna (-5% in 5 anni; nei comuni dell’alta montagna di Bolzano, invece, la popolazione è cresciuta: +2,7%); • l’incidenza dei giovanissimi (<15 anni) sulla popolazione com- plessiva è bassissima (12%) mentre la quota degli anziani è rilevante (26%); • il bilancio demografico della provincia di Belluno è drammati- co: nel 2016 i nati sono stati circa la metà dei morti e il saldo migratorio estero è stato solo di poco positivo; • il tasso di imprenditorialità è molto contenuto (7%) e Belluno sta vivendo una fase di desertificazione imprenditoriale; • in provincia di Belluno il numero di imprese attive nei servizi turistici è diminuito mentre nelle altre realtà montane, in Ve- neto e in Italia è cresciuto; • le presenze turistiche sono inferiori ai livelli del 2008 mentre altrove aumentano; • i prestiti alle imprese sono crollati e il livello medio di indebi- tamento per impresa è molto basso (non si investe); • il tasso di occupazione è elevato solo perché i giovani in età lavorativa sono diminuiti a vista d’occhio: in 10 anni 10 mila individui in meno nella fascia di età 25-44 anni; • il valore aggiunto è sostenuto dall’exploit dell’export che in termini netti pesa per quasi il 50%; la difficoltà delle imprese è evidente (dal 2009 al 2017 le imprese attive sono scese di 6 punti %, le artigiane sono crollate addirittura del 10%).

84 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Demografia: pochi giovani, tanti anziani; in 5 anni il quinto risultato peggiore d’Italia dopo 2 province sarde e 2 province siciliane

La provincia di Belluno sta vivendo una fase di spopolamento che ha assunto una dimensione critica. Il fenomeno è riconosciu- to ed evidente già negli anni ’80 ma, forse, non fino in fondo com- preso nelle sue proporzioni; infatti, se nei censimenti del 1971 e del 1981 la provincia superava i 220 mila abitanti, negli anni ‘80 e ‘90 si assiste ad una progressiva caduta (all’inizio del nuovo mil- lennio la popolazione era scesa sotto le 210 mila unità). Tra il 2002 e il 2012, invece, l’andamento è stato altalenante in quanto, dopo una prima fase di risalita, la popolazione è tornata a scendere tant’è che nel 2012 si attestava sugli stessi livelli di 10 anni prima. I dati precedenti l’anno 2011 - che sono forniti dall’Istat sulla base di ricostruzioni intercensuarie – evidenziano come a partire dal 2009 (l’annus horribilis della crisi economica) sia iniziata una riduzione ancora più veloce che ha portato i residenti sotto la soglia di 206 mila unità nel 2017.

85 I dati precedenti l’anno 2011 - che sono forniti dall’Istat sulla base di ricostruzioni intercensuarie – evidenziano come a partire dal 2009 (l’annus horribilis della crisi economica) sia iniziata una riduzione ancora più veloce che ha portato i residenti sotto la soglia di 206 mila unità nel 2017. Ufficio Studi CGIA

Fig. 1 – Belluno: evoluzione della popolazione Fig. 1 – Belluno: evoluzionenegli dellaultimi popo 35 annilazione (1982-2017) negli ultimi 35 anni (1982-2017)

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIACGIA su su dati dati Istat Istat

L’anno 2012 fornisce un nuovo spartiacque in quanto, dal pun- L’anno 2012to fornisce di vista economico,un nuovo spartiacque l’Italia, al contrario in quan dell’Europa,to, dal punto ha di vissuto vista economico, l’Italia, una nuova recessione proprio nel biennio 2012-2013. Dal pun- al contrario dell’Europa,to di vista ha vissuto economico, una nuova come sirecessione vedrà alla prop finerio di nelquesta biennio parte, 2012-2013. la Dal punto provincia di Belluno ha subito di meno la crisi rispetto al Veneto, di vista economico,tant’è come che si ilvedrà valore alla aggiunto fine di ha que recuperatosta parte, i livellila provincia pre-crisi, di ma Belluno ha subito di questo risultato non si è tradotto in uno sviluppo sociale. I dati meno la crisi rispettosull’andamento al Veneto, tant’èdella popolazione che il valore negli aggiunto ultimi 5 haanni recuperato confermano i livelli pre-crisi, ma questa sensazione. questo risultato non si è tradotto in uno sviluppo sociale. I dati sull’andamento della popolazione 86 negli ultimi 5 anni confermano questa sensazione.

5

Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Graficamente la Fig. 1 indica, per la provincia di Belluno, una curva di caduta della popolazione molto inclinata negli ultimi 5 anni e quindi peggiore rispetto ai periodi precedenti: tra il 2012 e il 2017 la provincia di Belluno ha perso quasi il 2% degli abitanti passando da 209.720 unità a meno di 206 mila unità. L’analisi dell’ultimo quinquennio (2012-2017) è indicativa in quanto si nota - specie in raffronto con altri territori montani che, per vicinanza al Bellunese (Trento e Bolzano) o per motivi legisla- tivi (la lombarda Sondrio e la piemontese Verbano-Cusio-Ossola sono state definite per legge, insieme a Belluno “province mon- tane di confine”) - un comportamento diverso e comunque più critico per Belluno. In particolare, il confronto con le 110 province italiane è drammatico tant’è che tra il 2012 e il 2017 la provincia di Belluno (-1,9%) presenta il quinto calo demografico più elevato d’Italia. Solamente Enna (-3,1%), Medio Campidano (-2,5%), Messina (-2,0%) e Nuoro (-1,9%) hanno fatto peggio di Belluno; si tratta, tuttavia, di province inserite in un contesto economico duramen- te colpito dalla crisi economica e che ha visto le due isole italiane (Sicilia e Sardegna) subire una vera e propria débâcle. Belluno fa invece parte di una regione (il Veneto) che ha sì vissuto la crisi ma che sta altresì sperimentando una buona ripresa economica. Nelle altre province montane oggetto di questo confronto la situazione è stata diametralmente opposta. Anche escludendo quanto accaduto nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola dove comunque la flessione è minima (-0,3%), sia a Sondrio (+0,4%) che nelle due province del Trentino (+2,6% a Trento e +3,9% a Bolzano) e ad Aosta (+0,2%) la popolazione è cresciuta (Tab. 1).

87 del Trentino Ufficio(+2,6% Studia Trento CGIA e +3,9% a Bolzano) e ad Aosta (+0,2%) la popolazione è cresciuta

(Tab. 1). Tab. 1 – Belluno: quinta provincia italiana per spopolamento negli ultimi 5 anni (2012-2017) Tab. 1 – Belluno: quinta provincia italiana per spopolamento negli ultimi 5 anni (2012-2017)

Rank per var. % var. % Province 2012 2017 2017/ negativa 2012 (110 prov.) 1 Enna 173.377 168.052 -3,1% 2 Medio Campidano 101.178 98.623 -2,5% 3 Messina 649.320 636.653 -2,0% 4 Nuoro 159.103 156.096 -1,9% 5 Belluno 209.720 205.781 -1,9%

altre province montane 30 Verbano-Cusio-Ossola 160.079 159.664 -0,3% 42 Aosta 126.620 126.883 +0,2% 45 Sondrio 180.766 181.437 +0,4% 94 Trento 524.877 538.604 +2,6% 102 Bolzano 504.708 524.256 +3,9%

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

Oltre alla flessione demografica, altre preoccupazioni proven- Oltre alla flessione demografica, altre preoccupazioni provengono dalla struttura della gono dalla struttura della popolazione bellunese (Fig. 2). popolazione belluneseAll’inizio (Fig. del 2). 2017 in provincia di Belluno si contavano appe- na 24.643 giovanissimi (meno di 15 anni) che rappresentano il All’inizio12,0% del della 2017 popolazionein provincia di complessiva Belluno si contavano (205.781 appena abitanti); 24.643 ilgiovanissimi dato (meno è mediamente di molto inferiore rispetto a quanto si registra nel- di 15 anni) chele altrerappresentano province il considerate12,0% della po dalpolazione confronto: complessiva 15,9% (per205.781 Bolzano, abitanti); il dato è 14,7% per Trento, 13,6% per Aosta e 13,3% per Sondrio (dato mediamente di molto inferiore rispetto a quanto si registra nelle altre province considerate dal Italia 13,5%); solo nella provincia piemontese di Verbano-Cusio- confronto: 15,9% per Bolzano, 14,7% per Trento, 13,6% per Aosta e 13,3% per Sondrio (dato Italia 88 13,5%); solo nella provincia piemontese di Verbano-Cusio-Ossola l’incidenza dei giovanissimi sulla popolazione complessiva è inferiore rispetto a Belluno (11,6% vs. 12,0%).

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Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Ossola l’incidenza dei giovanissimi sulla popolazione complessiva è inferiore rispetto a Belluno (11,6% vs. 12,0%).

Fig. 2 – Belluno: pochi giovanissimi (12,0% <15 anni) Fig. 2 – Belluno: pochi giovanissimi (12,0% <15 anni) e tanti anziani (25,8% con almeno 65 e tanti anziani (25,8%anni) con almeno 65 anni)

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Tab. 2 – Incidenza % della popolazione per fascia d’età (al 01.01.2017) Rank per Inc. % Inc. % Inc. % maggior Totale giovanissimi anziani attivi incidenza popolazione (<15 anni) (>64 anni) (15-64 anni) giovani 89 Bolzano 15,9 19,3 64,8 100,0 Trento 14,7 21,4 63,9 100,0 Aosta 13,6 23,2 63,3 100,0 Sondrio 13,3 22,9 63,9 100,0 Belluno 12,0 25,8 62,2 100,0 Verbano- 11,6 26,1 62,3 100,0 Cusio-Ossola

Italia 13,5 22,3 64,2 100,0

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Belluno presenta, inoltre, una elevata presenza di anziani (Tab. 2): 53.102 all’inizio del 2017 che rappresentano il 25,8% della popolazione complessiva (205.781 abitanti); il dato è superiore

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Fig. 2 – Belluno: pochi giovanissimi (12,0% <15 anni) e tanti anziani (25,8% con almeno 65 anni)

Ufficio Studi CGIA

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Tab. 2 – Incidenza % della popolazione per fascia d’età

(al 01.01.2017) Tab. 2 – Incidenza % della popolazione per fascia d’età (al 01.01.2017) Rank per Inc. % Inc. % Inc. % maggior Totale giovanissimi anziani attivi incidenza popolazione (<15 anni) (>64 anni) (15-64 anni) giovani Bolzano 15,9 19,3 64,8 100,0 Trento 14,7 21,4 63,9 100,0 Aosta 13,6 23,2 63,3 100,0 Sondrio 13,3 22,9 63,9 100,0 Belluno 12,0 25,8 62,2 100,0 Verbano- 11,6 26,1 62,3 100,0 Cusio-Ossola

Italia 13,5 22,3 64,2 100,0

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

Belluno presenta, inoltre, una elevata presenza di anziani (Tab. 2): 53.102 all’inizio del 2017 Belluno presenta, inoltre, una elevata presenza di anziani che rappresentano(Tab. il2): 25,8% 53.102 dell aall’inizio popolazione del complessiva2017 che rappresentano (205.781 abitanti); il 25,8%il dato è superiore della popolazione complessiva (205.781 abitanti); il dato è su- periore rispetto a Bolzano (19,3%), Trento (21,4%), Sondrio 8 (22,9%); anche qui solamente Verbano-Cusio-Ossola presenta un’incidenza di anziani superiore a Belluno (26,1% vs. 25,8%). Da un’analisi ancora più mirata sulla struttura delle popola- zione si coglie tuttavia come la situazione di Belluno risulti com- plessivamente peggiore anche rispetto a Verbano-Cusio-Ossola. Esiste, infatti, un indicatore che fornisce una sintesi della strut- tura demografica: si tratta dell’indice di dipendenza strutturale ottenuto rapportando la somma di giovanissimi e anziani rispetto alla popolazione attiva (15-64 anni): esprime il grado di dipen-

90 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno denza delle persone “più deboli” rispetto a quelle che, essendo in fascia d’età lavorativa, possono contribuire al sostegno del siste- ma socio-economico. La provincia di Belluno presenta un indice di dipendenza strutturale pari a 60,7. Si tratta del 92° indice più elevato tra le 110 province italiane e nettamente più alto rispetto alle province vicine di Bolzano (54,2) e Trento (56,5), di Sondrio (56,6), di Aosta (58,1) e rispetto a tutte le altre province venete che si at- testano al di sotto di 60 (Tab. 3). Anche Verbano-Cusio-Ossola (60,4) si comporta meglio di Belluno (60,7) in questa triste classifica, grazie ad un miglior ri- sultato nell’incidenza della popolazione in età attiva.

91 Ufficio Studi CGIA

Tab. 3 – Indice di Dipendenza Strutturale Tab. 3 – Indice didella Dipendenza popolazione Strutturale (al della 01.01.2017) popolazione (al 01.01.2017)

Pop. non Indice di attiva Pop. attiva Rank Dipendenza <15 anni e 15-64 anni 110 Province Strutturale province >64 anni A B A/B*100 30 Bolzano 184.276 339.980 54,2 55 Trento 194.445 344.159 56,5 57 Sondrio 65.588 115.849 56,6 70 Aosta 46.626 80.257 58,1 90 Verbano-Cusio-Ossola 60.131 99.533 60,4 92 Belluno 77.745 128.036 60,7

Italia 21.711.134 38.878.311 55,8

Veneto 1.766.467 3.141.062 56,2 di cui altre province: 42 Padova 332.548 603.726 55,1 44 Vicenza 307.598 557.484 55,2 49 Treviso 317.548 568.424 55,9 50 Verona 330.515 591.042 55,9 60 Rovigo 86.600 151.988 57,0 69 Venezia 313.913 540.362 58,1 ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

La Fig. 3 illustra la progressiva crescita dell’indice di dipendenza strutturale della La Fig. 3 illustra la progressiva crescita dell’indice di dipen- popolazione denzache in Italiastrutturale è cresciuto della da popolazione poco meno di che 50% in del Italia 2002 è acresciuto quasi il 56% da del 2017. Il poco meno di 50% del 2002 a quasi il 56% del 2017. Il raffronto raffronto concon Belluno Belluno è significativo; è significativo; in effetti, in comeeffetti, si puòcome notare si può a livello notare gr afico,a livello la provincia di grafico, la provincia di Belluno nel 2002 presentava un livello si- Belluno nel 2002mile presentavaa quello italiano un livello mentre, simile a15 quello anni italianodopo, lamentre, forbice 15 sianni è allarga dopo, la- forbice si è ta a sfavore di Belluno. allargata a sfavore di Belluno.

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Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Fig. 3 – Indice di Dipendenza Strutturale Fig. 3 – Indice di Dipendenzadella popolazione Strutturale (2002-2017) della popolazione (2002-2017)

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Dopo Verbano-Cusio-Ossola, Belluno presenta infine l’età me- dia più elevata tra le 5 province prese in esame: 47,3 anni al primo Dopo Verbano-Cusio-Ossola,gennaio 2017 che equivale Belluno ad unpresenta indice diinfine vecchiaia l’età superiore media piùal elevata tra le 5 215%, molto più elevato del 172,7 di Sondrio e alla media italiana province prese in esame:(165,3) 147,3. anni al primo gennaio 2017 che equivale ad un indice di vecchiaia superiore al 215%, molto più elevato del 172,7 di Sondrio e alla media italiana (165,3)1.

Tab. 4 – Età media e indice di vecchiaia (al 01.01.2017) 1 L’indice di vecchiaia è calcolato come rapporto percentuale tra la popolazione di almeno 65 anni rispetto a quella con meno di 15 anni. Età media Indice di vecchiaia 93 Verbano-Cusio-Ossola 47,7 225,4 Belluno 47,3 215,5 Sondrio 45,5 172,7 Aosta 45,6 171,1 Trento 44,2 145,9 Bolzano 42,5 121,7

ITALIA 44,9 165,3

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

1 L’indice di vecchiaia è calcolato come rapporto percentuale tra la popolazione di almeno 65 anni rispetto a quella con meno di 15 anni.

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Fig. 3 – Indice di Dipendenza Strutturale della popolazione (2002-2017)

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Dopo Verbano-Cusio-Ossola, Belluno presenta infine l’età media più elevata tra le 5 province prese in esame: 47,3 anni al primo gennaio 2017 che equivale ad un indice di vecchiaia

Ufficio Studi CGIA superiore al 215%, molto più elevato del 172,7 di Sondrio e alla media italiana (165,3)1.

Tab. 4 – Età media e indice di vecchiaia (al 01.01.2017) Tab. 4 – Età media e indice di vecchiaia (al 01.01.2017)

Età media Indice di vecchiaia

Verbano-Cusio-Ossola 47,7 225,4

Belluno 47,3 215,5 Sondrio 45,5 172,7

Aosta 45,6 171,1 Trento 44,2 145,9 Bolzano 42,5 121,7 ITALIA 44,9 165,3

ElaborazioneElaborazione Ufficio StudiStudi CGIA CGIA susu datidati Istat Istat

Lo spopolamento che sta vivendo la provincia di Belluno va peraltro individuato nella flessione netta degli abitanti nei comuni

di “alta montagna” che è solo appena in parte controbilanciata da 1 L’indice di vecchiaia è calcolato come rapporto percentuale tra la popolazione di almeno 65 anni rispetto a quella con meno di 15 anni. un contestuale aumento nei comuni pedemontani con più di 10 mila abitanti (, e Belluno) che, invece, registrano un 11 incremento della popolazione. Nel Bellunese i comuni che hanno almeno il 70% della superfi- cie oltre i 900 metri (e che secondo questa impostazione vengono definiti in questo studio di “alta montagna”)2 sono più della metà (40 su un totale di 64) e come si evince puntualmente nella Tab. 5 hanno vissuto uno spopolamento notevole: -4,6% dal 2012 al

2 Si fa presente che questa definizione di “alta montagna” non fa riferimento a leggi particolari ma che è stata “coniata ad hoc” in questo studio per cogliere il comportamento dei comuni inseriti nei contesti altimetrici più elevati, in relazione alla questione dello spopolamento. Secondo le principali leggi, infatti, tutti i comu- ni del bellunese rientrerebbero nell’accezione di territori interamente montani.

94 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

2017 (2.743 abitanti in meno) per un calo percentuale medio di quasi un punto percentuale l’anno. Nel restante degli altri 24 comuni del Bellunese la flessio- ne complessiva della popolazione è stata inferiore all’1% (1.196 abitanti in meno in 5 anni) e si nota, tra l’altro, come i comuni pedemontani più grandi stiano crescendo; il ritmo di crescita è comunque blando e lo sviluppo di queste realtà non è sufficiente per controbilanciare la caduta provinciale.

Tab. 5 – Lo spopolamento dell’alta montagna bellunese Tab. 5 – Lo spopolamento dell’alta montagna bellunese

Var. ass. Var. % Popolazione al 01/01 popolazione 2017/2012 2017-2012

PROVINCIA DI BELLUNO -3.939 -1,9

Comuni CON ALMENO IL 70% della superficie OLTRE I 900 M -2.743 -4,6 (40 comuni su 64)

Altri comuni, di cui: -1.196 -0,8

1) Belluno +367 +1,0 2) Feltre +139 +0,7 3) Sedico +140 +1,4 Totale 3 comuni >10mila abitanti +646 +1,0

ElaborazioneElaborazione UfficioUfficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

Al comportamento complessivo dei 40 comuni di “alta montagna” è altresì utile approfondire l’analisi per singoli comuni.

La Tab. 6 illustra la classifica negativa dello spopolamento dei comuni del Bellunese tra il 95 2012 e il 2017. Anche i dati singoli evidenziano come le flessioni più ampie si siano verificate, sia pure con qualche eccezione, proprio per i comuni di “alta montagna”. A partire da che tra il 2012 e il 2017 presenta una flessione di abitanti pari al 13,8%, si nota una concentrazione di comuni evidenziati in grigio nella parte alta della classifica: tra i primi 40 posti del rank dello spopolamento ben 30 sono comuni di “alta montagna”, considerando con questa locuzione quelle municipalità che contano una superficie territoriale per almeno il 70% al di sopra dei 900 metri.

Le eccezioni sono poche e, escludendo il cui passaggio al Friuli Venezia Giulia e alla provincia di Udine è avvenuto nel corso del 2017, solo presenta un incremento della popolazione tra 2012 e 2017 (+3,6%). I pochi altri aumenti degli abitanti

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Ufficio Studi CGIA

Al comportamento complessivo dei 40 comuni di “alta monta- gna” è altresì utile approfondire l’analisi per singoli comuni. La Tab. 6 illustra la classifica negativa dello spopolamento dei comuni del Bellunese tra il 2012 e il 2017. Anche i dati singoli evi- denziano come le flessioni più ampie si siano verificate, sia pure con qualche eccezione, proprio per i comuni di “alta montagna”. A partire da Gosaldo che tra il 2012 e il 2017 presenta una flessio- ne di abitanti pari al 13,8%, si nota una concentrazione di comuni evidenziati in grigio nella parte alta della classifica: tra i primi 40 posti del rank dello spopolamento ben 30 sono comuni di “alta montagna”, considerando con questa locuzione quelle municipa- lità che contano una superficie territoriale per almeno il 70% al di sopra dei 900 metri. Le eccezioni sono poche e, escludendo Sappada il cui passag- gio al Friuli Venezia Giulia e alla provincia di Udine è avvenuto nel corso del 2017, solo San Vito di Cadore presenta un incremento della popolazione tra 2012 e 2017 (+3,6%). I pochi altri aumenti degli abitanti riguardano, invece, i comuni pedemontani (Pedave- na, , Feltre, Belluno, Sedico e ).

96 riguardano, invece, i comuni pedemontani (, Santa Giustina, Feltre, Belluno, Sedico e

Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno Limana).

Tab. 6 – La classifica dello spopolamento dei comuni bellunesi Tab. 6 – La classifica dello spopolamento dei comuni bellunesi

Inc. % sup. Rank per COMUNI DELLA Var. % pop. OLTRE i 900 spopolam PROVINCIA DI BELLUNO 2017/2012 metri

1 Gosaldo 86,2 -13,8 2 Zoppè di Cadore 100,0 -12,9 3 77,0 -11,7 4 100,0 -11,7 5 86,9 -10,7 6 99,3 -9,6 7 96,1 -7,9 8 99,9 -7,6 9 61,8 -7,2 10 92,3 -6,9 11 93,1 -6,7 12 78,7 -6,6 13 79,1 -6,4 14 100,0 -6,4 15 52,3 -6,2 16 85,3 -6,1 17 100,0 -6,0 18 100,0 -5,6 19 Livinallongo del Col di Lana 100,0 -5,6 20 81,2 -5,5 21 Arsiè 37,4 -5,4 22 33,1 -5,4 23 84,4 -5,2 24 62,1 -5,0 25 Rivamonte Agordino 76,1 -5,0 26 67,9 -4,4 27 94,8 -4,3 28 99,5 -4,3 29 Canale d' 100,0 -4,2 30 Vodo Cadore 95,7 -4,1 31 99,4 -4,1 32 100,0 -4,1 33 Chies d' 73,5 -3,9 34 49,6 -3,9 35 86,8 -3,8 36 97,0 -3,7 37 91,2 -3,7 38 55,2 -3,6 39 Alpago 38,0 -3,4 40 Agordo 68,0 -3,4 97 41 28,5 -3,3 42 Mel 20,2 -3,3 43 87,3 -3,0 44 17,6 -2,8 45 43,7 -2,6 46 38,2 -2,0 47 96,1 -2,0 48 90,5 -1,9 49 71,0 -1,6 50 San Nicolò di Comelico 100,0 -1,0 51 100,0 -1,0 52 Cortina d'Ampezzo 100,0 -0,4 53 22,7 -0,3

14

riguardano, invece, i comuni pedemontani (Pedavena, Santa Giustina, Feltre, Belluno, Sedico e

Limana).

Tab. 6 – La classifica dello spopolamento dei comuni bellunesi

Inc. % sup. Rank per COMUNI DELLA Var. % pop. OLTRE i 900 spopolam PROVINCIA DI BELLUNO 2017/2012 metri

1 Gosaldo 86,2 -13,8 2 Zoppè di Cadore 100,0 -12,9 3 Ospitale di Cadore 77,0 -11,7 4 Danta di Cadore 100,0 -11,7 5 Lozzo di Cadore 86,9 -10,7 6 Alleghe 99,3 -9,6 7 Val di Zoldo 96,1 -7,9 8 Rocca Pietore 99,9 -7,6 9 Soverzene 61,8 -7,2 10 Calalzo di Cadore 92,3 -6,9 11 San Tomaso Agordino 93,1 -6,7 12 Cencenighe Agordino 78,7 -6,6 13 Valle di Cadore 79,1 -6,4 14 Colle Santa Lucia 100,0 -6,4 15 Lamon 52,3 -6,2 16 Tambre 85,3 -6,1 17 Falcade 100,0 -6,0 18 Comelico Superiore 100,0 -5,6 19 Livinallongo del Col di Lana 100,0 -5,6 20 Domegge di Cadore 81,2 -5,5 21 Arsiè 37,4 -5,4 22 Alano di Piave 33,1 -5,4 23 La Valle Agordina 84,4 -5,2 24 Sovramonte 62,1 -5,0 25 Rivamonte Agordino 76,1 -5,0 26 Longarone 67,9 -4,4 27 Vigo di Cadore 94,8 -4,3 28 Cibiana di Cadore 99,5 -4,3 29 Canale d'Agordo 100,0 -4,2 30 Vodo Cadore 95,7 -4,1 31 Santo Stefano di Cadore 99,4 -4,1 32 San Pietro di Cadore 100,0 -4,1 Ufficio33 Studi ChiesCGIA d'Alpago 73,5 -3,9 34 Seren del Grappa 49,6 -3,9 35 Pieve di Cadore 86,8 -3,8 36 Auronzo di Cadore 97,0 -3,7 37 Voltago Agordino 91,2 -3,7 38 Cesiomaggiore 55,2 -3,6 39 Alpago 38,0 -3,4 40 Agordo 68,0 -3,4 41 Quero Vas 28,5 -3,3 42 Mel 20,2 -3,3 43 Taibon Agordino 87,3 -3,0 44 Fonzaso 17,6 -2,8 45 Sospirolo 43,7 -2,6 46 San Gregorio nelle Alpi 38,2 -2,0 47 Vallada Agordina 96,1 -2,0 48 Lorenzago di Cadore 90,5 -1,9 49 Perarolo di Cadore 71,0 -1,6 50 San Nicolò di Comelico 100,0 -1,0 51 Selva di Cadore 100,0 -1,0 52 Cortina d'Ampezzo 100,0 -0,4 53 Lentiai 22,7 -0,3 54 24,9 -0,3 55 98,8 -0,2 14 56 19,3 -0,0 57 Pedavena 31,7 +0,0 58 Santa Giustina 18,5 +0,1 59 Feltre 23,1 +0,7 60 Sappada 100,0 +1,0 61 Belluno 34,3 +1,0 62 Sedico 47,7 +1,4 63 Limana 16,4 +3,4 64 San Vito di Cadore 100,0 +3,6

PROVINCIA DI BELLUNO -1,9

di cui: Comuni con almeno -4,6 70% superficie oltre 900m

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIACGIA susu dati Istat Istat

Giunti a questo punto si potrebbe anche correre il rischio di ipo- Giunti a questotizzare punto che l’“altasi potrebbe montagna” anche sia correre destinata il rischio ad un di processo ipotizzare di spoche- l’“alta montagna” polamento irreversibile; questa supposizione è tuttavia fuorviante, sia destinata ad specieun processo se si analizza di spopolamentoquanto sta accadendo irreversibile; in provincia questa di Bolzano. supposizione è tuttavia In Alto Adige quasi il 50% della popolazione vive in comuni fuorviante, specie se si analizza quanto sta accadendo in provincia di Bolzano. 98 In Alto Adige quasi il 50% della popolazione vive in comuni che contano almeno il 70% della superficie oltre i 900 metri di altitudine (nel caso del Bellunese ci si ferma al 27%). Sia chiaro, la situazione è in parte determinata dalla conformazione orografica del territorio, più “esposto” a

Nord, ma quello che risulta diametralmente opposto rispetto al Bellunese è che nei comuni di “alta montagna” della provincia di Bolzano la popolazione cresce: +2,7% tra il 2012 e il 2017; in termini assoluti la crescita risulta ancora più interessante (quasi 7 mila abitanti in più).

Tab. 7 – Crescita della popolazione in provincia di Bolzano

Var. ass. Var. % popolazione popolazione 2017-2012 2017/2012

PROVINCIA DI BOLZANO 19.548 +3,9

di cui: Comuni CON ALMENO IL 70% 6.768 +2,7 della superficie OLTRE I 900 M

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

15

54 Ponte nelle Alpi 24,9 -0,3 55 Borca di Cadore 98,8 -0,2 56 Trichiana 19,3 -0,0 57 Pedavena 31,7 +0,0 58 Santa Giustina 18,5 +0,1 59 Feltre 23,1 +0,7 60 Sappada 100,0 +1,0 61 Belluno 34,3 +1,0 62 Sedico 47,7 +1,4 63 Limana 16,4 +3,4 64 San Vito di Cadore 100,0 +3,6

PROVINCIA DI BELLUNO -1,9

di cui: Comuni con almeno -4,6 70% superficie oltre 900m

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Giunti a questo punto si potrebbe anche correre il rischio di ipotizzare che l’“alta montagna” sia destinata ad un processo di spopolamento irreversibile; questa supposizione è tuttavia fuorviante, specie se si analizzaUn’analisi quanto sta socio-economica accadendo in provincia della provinciadi Bolzano. di Belluno

In Alto Adige quasi il 50% della popolazione vive in comuni che contano almeno il 70% che contano almeno il 70% della superficie oltre i 900 metri di altitudine (nel caso del Bellunese ci si ferma al 27%). Sia chiaro, della superficie oltre i 900 metri di altitudine (nel caso del Bellunese ci si ferma al 27%). Sia chiaro, la situazione è in parte determinata dalla conformazione orogra- la situazionefica è in partedel territorio, determinata più dalla “esposto” confor mazionea Nord, orograficama quello del che territorio, risulta piùdia- “esposto” a metralmente opposto rispetto al Bellunese è che nei comuni di Nord, ma quello“alta che montagna” risulta diametralmente della provincia opposto di Bolzano rispetto alla Bellunesepopolazione è che cresce: nei comuni di “alta +2,7% tra il 2012 e il 2017; in termini assoluti la crescita risulta montagna” della provincia di Bolzano la popolazione cresce: +2,7% tra il 2012 e il 2017; in termini ancora più interessante (quasi 7 mila abitanti in più). assoluti la crescita risulta ancora più interessante (quasi 7 mila abitanti in più). Tab. 7 – Crescita della popolazione Tab. 7 – Crescitain della provincia popolazione di Bolzano in provincia di Bolzano

Var. ass. Var. % popolazione popolazione 2017-2012 2017/2012

PROVINCIA DI BOLZANO 19.548 +3,9

di cui: Comuni CON ALMENO IL 70% 6.768 +2,7 della superficie OLTRE I 900 M

ElaborazioneElaborazione UfficioUfficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

A completamento dell’analisi della struttura della popolazio- 15 ne, in Tab. 8, si presenta il bilancio demografico della provincia di Belluno nel 2016, a confronto con le altre 5 province individua- te nello studio; si evidenziano, ancora più nettamente, quelli che sono i punti di debolezza di Belluno. Prima di argomentare sulla questione bisogna premettere che nel 2016 il nostro Paese ha sperimentato un secondo calo demo- grafico dopo quello del 2015: tra il primo gennaio del 2016 e il 31/12 dello stesso anno il numero di abitanti in Italia è sceso sotto la so-

99 Ufficio Studi CGIA

glia dei 60,6 milioni. In termini relativi si tratta di un calo leggero (-0,1%) ma che pone molte preoccupazioni circa il futuro del no- stro paese; con meno di 474 mila nati nel 2016 e ben 650 mila dece- duti, la differenza (saldo naturale) è negativo e il saldo migratorio con l’estero non è in grado di controbilanciare la caduta. Si capisce che un paese che non cresce più in termini di abi- tanti potrebbe avere anche un declino economico in futuro. In questo contesto la situazione della provincia di Belluno ap- pare ancora più critica: nel 2016 il Bellunese ha registrato appena 1.334 nascite a fronte di ben 2.476 decessi, pari ad un saldo natu- rale negativo di quasi 1.150 unità. Si tratta del risultato peggiore rispetto a quello della altre province prese in esame: a Verbano- Cusio-Ossola il saldo naturale è stato negativo per 874 unità, ad Aosta per 423 unità, a Sondrio per 437 unità e a Trento per 317. In provincia di Bolzano, invece, si registra un saldo positi- vo di quasi 1.200 unità; la situazione è diametralmente opposta rispetto a quanto si verifica in provincia di Belluno. Il bilancio demografico di Bolzano risulta inoltre molto equilibrato e, infat- ti, la crescita della popolazione nel 2016 (+3.365 unità pari al +0,6%) è determinata, non solo dal saldo naturale (nati-morti = +1.198), ma altresì dal saldo migratorio interno (+1.165) e da quello estero (+1.072). Significa che la provincia di Bolzano risulta attrattiva, non solo per gli stranieri, ma soprattutto per i cittadini residenti in Italia che hanno spostato la loro residenza, da fuori provincia, a Bolzano. Per quanto riguarda Belluno, invece, si nota un saldo mi- gratorio interno negativo (-17, il peggiore di Tab. 8) e un saldo migratorio estero nettamente inferiore alle altre province (solo

100 2016 (+3.365 unità pari al +0,6%) è determinata, non solo dal saldo naturale (nati-morti = +1.198), ma altresì dal saldo migratorio interno (+1.165) e da quello estero (+1.072). Significa che la provincia di Bolzano risulta attrattiva, non solo per gli stranieri, ma soprattutto per i cittadini residenti in Italia che hannoUn’analisi spostato la socio-economica loro residenza, da fuori della provincia, provincia a Bolzano. di Belluno

Per quanto riguarda Belluno, invece, si nota un saldo migratorio interno negativo (-17, il a Verbano-Cusio-Ossola il dato è più basso). Questi risultati più peggiore di Tab. 8) e un saldo migratorio estero nettamente inferiore alle altre province (solo a sfavorevoli si sommano insieme e determinano, di fatto, la con- Verbano-Cusio-Ossolatrazione maggiore il dato èdella più basso). popolazione Questi risultati per Bellunopiù sfavorevoli che siè sommanocosì scesa insieme e dello 0,5% in un solo anno (a Trento è salita dello 0,1% e a Bol- determinano, di fatto, la contrazione maggiore della popolazione per Belluno che è così scesa dello zano dello 0,6%). 0,5% in un solo anno (a Trento è salita dello 0,1% e a Bolzano dello 0,6%). Tab. 8 – Bilanci demografici (anno 2016) Tab. 8 – Bilanci demografici (anno 2016) – mettere tabella in orizzontale

VERBANO- BILANCIO DEMOGRAFICO BELLUNO CUSIO- AOSTA SONDRIO TRENTO BOLZANO (ANNO 2016) OSSOLA

Popolazione al 1 gennaio 206.856 160.114 127.329 181.712 538.223 520.891 Nati 1.334 957 962 1.453 4.642 5.447 Morti 2.476 1.831 1.385 1.890 4.959 4.249 Saldo Naturale -1.142 -874 -423 -437 -317 +1.198 Iscritti da altri comuni 4.861 4.679 4.495 4.230 14.914 12.769 Cancellati per altri comuni 4.878 4.508 4.509 4.181 14.009 11.604 Saldo Migratorio Interno -17 +171 -14 +49 +905 +1.165 Iscritti dall'estero 958 951 624 991 2.600 3.678 Cancellati per l'estero 717 529 388 640 1.756 2.606 Saldo Migratorio Estero +241 +422 +236 +351 +844 +1.072 Altri Iscritti 233 169 236 217 832 472 Altri cancellati 390 338 481 455 1.883 542 Saldo Migratorio (altri motivi) -157 -169 -245 -238 -1.051 -70 Popolazione al 31 dicembre 205.781 159.664 126.883 181.437 538.604 524.256

Var. ass. popolazione ultimo anno -1.075 -450 -446 -275 +381 +3.365 Var. % popolazione ultimo anno -0,5 -0,3 -0,4 -0,2 +0,1 +0,6 ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su datisu Istatdati Istat

La popolazione Bellunese risulta anche più sbilanciata ver- so la componente femminile: all’inizio del 2017, in provincia di Belluno, si contavano un totale di più di 106 mila donne, pari al 17 51,6% della popolazione complessiva. Questa prevalenza, che dipende, principalmente, dalla maggiore longevità delle donne rispetto agli uomini rappresenta anche un punto di debolezza;

101 La popolazione Bellunese risulta anche più sbilanciata verso la componente femminile: all’inizio del 2017, in provincia di Belluno, si contavano un totale di più di 106 mila donne, pari al

Ufficio Studi CGIA 51,6% della popolazione complessiva. Questa prevalenza, che dipende, principalmente, dalla maggiore longevitàin effetti delle se donne si considera rispetto agliche uomi il tassoni rappresenta di occupazione anche un femminile punto di debolezza; in (63,2% nel 2017) risulta nettamente inferiore rispetto a quello effetti se si considera che il tasso di occupazione femminile (63,2% nel 2017) risulta nettamente maschile (75,2%), di conseguenza, una elevata concentrazione inferiore rispettodi donne a quello si maschiletraduce (75,2%), in minori di c redditionseguenza, e maggiori una elevata costi concentrazione per il so- di donne si stegno dei redditi familiari. traduce in minori redditi e maggiori costi per il sostegno dei redditi familiari. Tab. 9 – Popolazione per genere (al 01/01/2017) Tab. 9 – Popolazione per genere (al 01/01/2017)

Totale Inc. % Dati al 01/01/2017 Maschi Femmine popolazione femmine/totale

BELLUNO 99.604 106.177 205.781 51,6

VERBANO-CUS-OSS 77.366 82.298 159.664 51,5

AOSTA 61.976 64.907 126.883 51,2

TRENTO 263.650 274.954 538.604 51,0

SONDRIO 88.922 92.515 181.437 51,0

BOLZANO 258.948 265.308 524.256 50,6

ElaborazioneElaborazione UfficioUfficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

Da ultimo si registra, per Belluno, anche una bassa incidenza della popolazione straniera Da ultimo si registra, per Belluno, anche una bassa incidenza (5,9%, Tab. della10). Si popolazione tratta, dopo stranieraSondrio, della (5,9%, quota Tab. più 10).bassa Si e tratta,di un datodopo particolarmente Son- più drio, della quota più bassa e di un dato particolarmente più con- contenuto rispettotenuto alla rispetto media regionale alla media (quasi regionale 10%) e a(quasi quanto 10%)si verifica e a inquanto Trentino si Alto Adige. verifica in Trentino Alto Adige. Questa bassa incidenza va letta Questa bassapiù incidenza con un’accezione va letta più negativacon un’ac ecezione questo negativa dato, insieme e questo al dato,saldo insieme mi- al saldo gratorio estero abbastanza contenuto (Tab. 8) indica una scarsa migratorio estero abbastanza contenuto (Tab. 8) indica una scarsa attrattività del Bellunese da parte attrattività del Bellunese da parte degli stranieri. degli stranieri.

102 18

Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Tab. 10 – Incidenza % della popolazione straniera (al 01/01/2017) Tab. 10 – Incidenza % della popolazione straniera (al 01/01/2017)

Totale Dati al 01/01/2017 Maschi Femmine popolazione straniera SONDRIO 4,7 5,5 5,1

BELLUNO 5,2 6,6 5,9

VERBANO-CUSIO-OSSOLA 5,7 6,7 6,2

AOSTA 5,7 7,3 6,5

TRENTO 8,1 9,1 8,6

BOLZANO 8,5 9,4 8,9

ElaborazioneElaborazione UfficioUfficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

Imprese: in caloImprese: in tutti i settori in (anchecalo nei in servizi); tutti la idesertificazione settori imprenditoriale (anche nei servizi); La crisila economica desertificazione ha determinato un progressivo imprenditoriale calo del numero delle imprese attive nel nostro paese. Gli Laeffetti crisi della economica crisi sul hanumero determinato delle imprese un progressivo ha un’evidenza calo significativadel nu- a partire mero delle imprese attive nel nostro paese. Gli effetti della crisi dall’anno 2009 (Tab. 11). sul numero delle imprese ha un’evidenza significativa a partire La situazionedall’anno di 2009 Belluno (Tab. è piuttosto11). negativa: dalla fine del 2009 alla fine del 2017 il La situazione di Belluno è piuttosto negativa: dalla fine del numero delle 2009imprese alla attive fine è scesodel 2017 di quasi il numero il 6% e sonodelle state imprese perse 890attive imprese. è sceso3 di quasi il 6% e sono state perse 890 imprese.3 In termini relativi, la flessione è stata leggermente peggiore rispetto a quanto registratosi a

3 Estendendo l’analisi alle sedi di imprese artigiane la situazione è ancora più livello regionalesfavorevole (Veneto con -5,2%) il numero e molto di imprese più sfavorevole attive che dellasono diminuitemedia nazionale di quasi 10(-2,5%). punti percentuali in 8 anni in provincia di Belluno. Si rileva, tuttavia, come la situazione sia stata ancora più negativa per le province di 103 Verbano-Cusio-Ossola (-7,8%), Sondrio (-9,3%) e Aosta (-11,4%).

3 Estendendo l’analisi alle sedi di imprese artigiane la situazione è ancora più sfavorevole con il numero di imprese attive che sono diminuite di quasi 10 punti percentuali in 8 anni in provincia di Belluno.

19

Ufficio Studi CGIA

In termini relativi, la flessione è stata leggermente peggiore rispetto a quanto registratosi a livello regionale (Veneto -5,2%) e molto più sfavorevole della media nazionale (-2,5%). Si rileva, tuttavia, come la situazione sia stata ancora più ne- gativa per le province di Verbano-Cusio-Ossola (-7,8%), Sondrio (-9,3%) e Aosta (-11,4%).

Tab. 11 – La flessione del numero di imprese attive (dati al 31/12) Tab. 11 – La flessione del numero di imprese attive (dati al 31/12) Var. ass. Var. % Provincia 2009 2017 2017- 2017/2009 2009 BOLZANO 53.336 54.659 +1.323 +2,5 TRENTO 48.557 46.425 -2.132 -4,4 BELLUNO 15.298 14.408 -890 -5,8 VERBANO-CUS-OSS 12.683 11.700 -983 -7,8 SONDRIO 15.487 14.047 -1.440 -9,3 AOSTA 12.448 11.033 -1.415 -11,4 ITALIA 5.283.531 5.150.149 -133.382 -2,5 VENETO 458.352 434.373 -23.979 -5,2

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati camerali camerali

Il confronto con le altre province montane indica, a prima vista, Il confronto con le altre province montane indica, a prima vista, una situazione una situazione imprenditoriale non poi così drammatica in provin- imprenditorialecia dinon Belluno; poi così in drammatica effetti, escludendo in provincia quanto di Belluno; intervenuto in effetti, a Bolzano, escludendo quanto dove le imprese sono salite numericamente del 2,5% in 8 anni, il intervenuto adato Bolzano, di Belluno dove le è imquasiprese in sono linea salite con numericamenteil calo di Trento de le 2,5% nettamente in 8 anni, il dato di migliore del terzetto Verbano-Cusio-Ossola, Sondrio e Aosta. Belluno è quasi Lain linearealtà con è iltuttavia calo di Trentomolto ecritica nettamente in quanto migliore Belluno del terzetto sta Verbano-Cusio-vi- vendo una fase di desertificazione imprenditoriale. In effetti, Ossola, Sondrio e Aosta.

104 La realtà è tuttavia molto critica in quanto Belluno sta vivendo una fase di desertificazione imprenditoriale. In effetti, pesando il numero delle imprese attive rispetto al totale della popolazione si coglie come la provincia di Belluno presenti il più basso tasso di imprenditorialità: appena 7 imprese attive ogni 100 abitanti (Tab. 12).

Si tratta di una incidenza nettamente al di sotto della media nazionale (8,5) e del Veneto

(8,9) ma soprattutto lontana da quella di Bolzano (10,4), di Aosta (8,7) e Trento (8,6). Anche la lombarda Sondrio (7,7) e la piemontese Verbano-Cusio-Ossola (7,3) presentano una dinamicità imprenditoriale superiore a quella di Belluno.

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Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

pesando il numero delle imprese attive rispetto al totale della popolazione si coglie come la provincia di Belluno presenti il più basso tasso di imprenditorialità: appena 7 imprese attive ogni 100 abitanti (Tab. 12). Si tratta di una incidenza nettamente al di sotto della media nazionale (8,5) e del Veneto (8,9) ma soprattutto lontana da quella di Bolzano (10,4), di Aosta (8,7) e Trento (8,6). Anche la lombarda Sondrio (7,7) e la piemontese Verbano-Cusio-Ossola (7,3) presentano una dinamicità imprenditoriale superiore a quella di Belluno.

Tab. 12 – Belluno presenta il tasso di imprenditorialità più basso Tab. 12 – Belluno presenta il tasso di imprenditorialità più basso Tasso di Imprese attive Popolazione imprenditorialità Provincia (al 31/12/2017) (al 01/01/2017) (imprese ogni 100 abitanti) Bolzano 54.659 524.256 10,4

Aosta 11.033 126.883 8,7

Trento 46.425 538.604 8,6

Sondrio 14.047 181.437 7,7

Verbano-Cus-Oss 11.700 159.664 7,3

Belluno 14.408 205.781 7,0

Italia 5.150.149 60.589.445 8,5

Veneto 434.373 4.907.529 8,9

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIACGIA susu dati dati camerali camerali e Istat e Istat

Ritornando alla flessione delle imprese attive tra il 2009 e il 2017, risulta utile verificare l’andamento dei principali settori. Se, infatti, a livello generale la situazione di Belluno si colloca 105 più o meno a metà strada (flessione meno netta rispetto a Verbano-Cusio-Ossola, Sondrio e Aosta), il comparto turistico del Bellunese ha vissuto una fase di stallo: tra la fine del 2009 e la fine del

2017 il numero di sedi di imprese attive del settore Servizi di alloggio e ristorazione è diminuito dello 0,7% mentre, in tutte le altre realtà montane considerate, i tassi di sviluppo sono stati notevoli

(Tab. 13): nel caso di Verbano-Cusio-Ossola il numero di sedi di imprese attive turistiche è aumentato del 3% mentre per Aosta (+6,5%) e Sondrio (+8,8%) gli incrementi sono stati ancora più rilevanti (in Italia addirittura +16,1%).

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Ufficio Studi CGIA

Ritornando alla flessione delle imprese attive tra il 2009 e il 2017, risulta utile verificare l’andamento dei principali settori. Se, infatti, a livello generale la situazione di Belluno si collo- ca più o meno a metà strada (flessione meno netta rispetto a Verbano-Cusio-Ossola, Sondrio e Aosta), il comparto turistico del Bellunese ha vissuto una fase di stallo: tra la fine del 2009 e la fine del 2017 il numero di sedi di imprese attive del settore Servizi di alloggio e ristorazione è diminuito dello 0,7% mentre, in tutte le altre realtà montane considerate, i tassi di sviluppo sono stati notevoli (Tab. 13): nel caso di Verbano-Cusio-Ossola il numero di sedi di imprese attive turistiche è aumentato del 3% mentre per Aosta (+6,5%) e Sondrio (+8,8%) gli incrementi sono stati ancora più rilevanti (in Italia addirittura +16,1%).

106 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Tab. 13 – La flessione % del numero di imprese attive in 8 anni (2009-2017); male il turismo Tab. 13 – La flessione % del numero di imprese attive in 8 anni (2009-2017); male il turismo

Var. % 2017/2009 di cui: (rank per servizi TOTALE Servizi di AGRIC. INDUST. COSTR. SERV. alloggio e IMPRESE alloggio e ristorazione) ristor.

BELLUNO -2,0 -13,8 -13,6 -2,2 -5,8 -0,7

Bolzano -2,7 +12,7 -1,8 +5,3 +2,5 +2,6

Verbano-Cus-Oss -11,4 -15,8 -21,1 -0,8 -7,8 +3,0

Trento -8,9 -7,3 -15,3 +2,5 -4,4 +5,1

Aosta -26,8 -7,5 -18,7 -4,2 -11,4 +6,5

Sondrio -20,8 -15,8 -20,0 +0,0 -9,3 +8,8

Italia -14,2 -9,6 -10,1 +4,3 -2,5 +16,1

Veneto -17,3 -11,3 -15,3 +3,5 -5,2 +10,9

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati camerali camerali

Turismo: presenzeTurismo: turistiche presenze in flessione, nelle turistiche altre realtà montane aumentano in flessione, nelle altre realtà Il Venetomontane rappresenta aumentanola prima regione in Italia per presenze turistiche e spicca nei primi posti tra le regioni europee (6° posto). Il successo del Veneto si basa soprattutto sullo sviluppo del Il Veneto rappresenta la prima regione in Italia per presen- turismo balneareze turistiche e delle città e spicca d’arte nei(Venezia primi e postiVerona) tra male regionianche su europee un’offerta (6° estremamente posto). Il successo del Veneto si basa soprattutto sullo svilup- variegata: il poVeneto del turismopuò contare balneare su una versatilità e delle cittàunica d’arteche spazi (Veneziaa dal turismo e Verona) marino e culturale, ma anche su un’offerta estremamente variegata: il Veneto può al turismo lacualecontare (Lago su di una Garda) versatilità, termale unicae montano. che Ilspazia successo dal del turismo Veneto èmarino inoltre determinato e culturale, al turismo lacuale (Lago di Garda), termale e mon- dalla forte attrazione dei turisti stranieri che rappresentano i due terzi delle presenze turistiche.

Va tuttavia sottolineato che il turismo montano nella provincia di Belluno sta vivendo107 una fase difficile e questi dati confermano quanto si è visto in precedenza (flessione delle imprese attive nel settore alloggio/ristorazione); se infatti gli arrivi turistici sono tendenzialmente aumentati dal

2008, sfiorando il milione di unità nel 2016, le presenze turistiche che indicano il numero di notti

“spese” nelle strutture ricettive della provincia di Belluno si attestano su valori al di sotto del 2008

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Ufficio Studi CGIA

tano. Il successo del Veneto è inoltre determinato dalla forte attrazione dei turisti stranieri che rappresentano i due terzi delle presenze turistiche. Va tuttavia sottolineato che il turismo montano nella pro- vincia di Belluno sta vivendo una fase difficile e questi dati confermano quanto si è visto in precedenza (flessione delle imprese attive nel settore alloggio/ristorazione); se infatti gli arrivi turistici sono tendenzialmente aumentati dal 2008, sfio- rando il milione di unità nel 2016, le presenze turistiche che indicano il numero di notti “spese” nelle strutture ricettive della provincia di Belluno si attestano su valori al di sotto del 2008 (Fig. 4) Le presenze turistiche determinano, di fatto, la spesa turistica ed è quindi comprensibile come oltre al calo del numero delle imprese turistiche, il comparto stia soffrendo per la bassa reddittività. E anche se la leggera ripresa del biennio 2015-2016 e i primi dati del 2017-2018 fanno ben sperare, la flessione delle presenze va letta insieme ai risultati delle altre province montane considerate in questo studio che evidenzia- no, invece, comportamenti molto positivi (Tab.14).

108 (Fig. 4) Le presenze turistiche determinano, di fatto, la spesa turistica ed è quindi comprensibile come oltre al calo del numero delle imprese turistiche, il comparto stia soffrendo per la bassa reddittività.

E anche se la leggera ripresa del biennio 2015-2016 e i primi dati del 2017-2018 fanno ben sperare, la flessione delle presenze va letta insieme ai risultati delle altre province montane

Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno considerate in questo studio che evidenziano, invece, comportamenti molto positivi (Tab.14).

Fig. 4 – Il crollo delle presenze turistiche nel Bellunese: lontani dai livelli pre-crisi Fig. 4 – Il crollo delle presenze turistiche nel Bellunese: lontani dai livelli pre-crisi

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Le presenze turisticheLe presenze registra turistichete in provincia registrate di inBelluno provincia nel di2016 Belluno sono nel state inferiori di ben 2016 sono state inferiori di ben il 12,5% rispetto al 2008; si tratta il 12,5% rispetto aldi 2008; un risultato si tratta molto di un negativo risultato e molto di segno negativo opposto e dirispetto segno aopposto quan- rispetto a quanto to si è registrato nelle altre province: a Trento e a Bolzano le not- ti “spese” dai turisti sono aumentate del 13%, nella piemontese si è registrato nelle altre province: a Trento e a Bolzano le notti “spese” dai turisti sono aumentate Verbano-Cusio-Ossola dell’11,8% e in Val d’Aosta dell’11,4%; solo a Sondrio l’incremento è stato inferiori alle due cifre (+1,9%). del 13%, nella piemontese Verbano-Cusio-Ossola dell’11,8% e in Val d’Aosta dell’11,4%; solo a

Sondrio l’incremento è stato inferiori alle due cifre (+1,9%).

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Tab. 14 – Presenze turistiche: a Belluno sono crollate; altrove tassi di crescita a doppia cifra Tab. 14 – Presenze turistiche: a Belluno sono crollate; altrove tassi di crescita a doppia cifra

Var. % presenze Var. % arrivi

(2016/2008) (2016/2008)

Trento +13,8 +31,9 Bolzano +13,1 +29,8 Verbano-Cusio-Ossola +11,8 +22,9 Aosta +11,4 +40,0 Sondrio +1,9 +16,0 Belluno -12,5 +14,6

Italia +7,8 +22,4 Veneto +7,9 +26,4

ElaborazioneElaborazione Ufficio StudiStudi CGIA CGIA susu dati dati Istat Istat

IncrociandoIncrociando i risultati della i risultati Tab. 14 dellacon quelli Tab. della14 con Tab. quelli 15 si dellacoglie Tab. un aspetto 15 abbastanza si coglie un aspetto abbastanza noto ovvero la progressiva ridu- noto ovvero la progressiva riduzione della permanenza media dei turisti (le vacanze aumentano ma zione della permanenza media dei turisti (le vacanze aumentano ma si accorciano). Risulta quindi chiaro come sarebbe necessario si accorciano). Risulta quindi chiaro come sarebbe necessario aumentare di gran lunga gli arrivi aumentare di gran lunga gli arrivi turistici per mantenere o incre- turistici per mantenerementare oi fatturatiincrementare delle i imprese fatturati turistichedelle imprese che turistiche“vivono di che notti” “vivono e di notti” e quindi di spesa piuttosto che di turismo mordi e fuggi. quindi di spesa piuttosto che di turismo mordi e fuggi.

Tab. 15 – Il calo della permanenza media dei turisti Var. ass. Nr. notti medie Nr. notti medie notti medie (2008) (2016) (2016-2008) Belluno 5,5 4,2 -1,3 Aosta 3,6 2,9 -0,7 110 Trento 4,9 4,2 -0,7 Bolzano 5,1 4,5 -0,7 Sondrio 4,0 3,5 -0,5 Verbano-Cusio-Ossola 3,9 3,5 -0,3

Italia 3,9 3,4 -0,5 Veneto 4,3 3,7 -0,6

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

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Tab. 14 – Presenze turistiche: a Belluno sono crollate; altrove tassi di crescita a doppia cifra

Var. % presenze Var. % arrivi

(2016/2008) (2016/2008)

Trento +13,8 +31,9 Bolzano +13,1 +29,8 Verbano-Cusio-Ossola +11,8 +22,9 Aosta +11,4 +40,0 Sondrio +1,9 +16,0 Belluno -12,5 +14,6

Italia +7,8 +22,4 Veneto +7,9 +26,4

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Incrociando i risultati della Tab. 14 con quelli della Tab. 15 si coglie un aspetto abbastanza noto ovvero la progressiva riduzione della permanenza media dei turisti (le vacanze aumentano ma si accorciano). Risulta quindi chiaro come sarebbe necessario aumentare di gran lunga gli arrivi turistici per mantenere o incrementare i fatturati delle imprese turistiche che “vivono di notti” e Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno quindi di spesa piuttosto che di turismo mordi e fuggi.

Tab. 15 – Il calo della permanenza media dei turisti Tab. 15 – Il calo della permanenza media dei turisti Var. ass. Nr. notti medie Nr. notti medie notti medie (2008) (2016) (2016-2008) Belluno 5,5 4,2 -1,3 Aosta 3,6 2,9 -0,7 Trento 4,9 4,2 -0,7 Bolzano 5,1 4,5 -0,7 Sondrio 4,0 3,5 -0,5 Verbano-Cusio-Ossola 3,9 3,5 -0,3

Italia 3,9 3,4 -0,5 Veneto 4,3 3,7 -0,6

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

In provincia di Belluno il soggiorno medio (4,2 giorni nel 2016) si attesta ancora su valori superiori alla media regionale (3,7) e nazionale (3,4) ma negli ultimi 8 anni ha subito una fles- sione molto netta (1,3 giorni medi in meno) dovuta, come si è vi- 24 sto in precedenza, ad un aumento degli arrivi (+14,6%) e da una contestuale riduzione delle presenze turistiche (-12,5%). Se nel 2008 la provincia di Belluno poteva contare sul soggior- no medio più elevato tra le 6 province montane considerate, nel 2016 è stata superata da Bolzano e da Trento; le altre province pur rimanendo lontane si sono avvicinate a Belluno. Un altro dato indicativo si ottiene rapportando il numero di presenze turistiche rispetto alla popolazione (Tab. 16). Questo indicatore rappresenta il grado di attrattività turistica di un terri- torio; maggiore è questo rapporto maggiore è la capacità del ter- ritorio, attraverso la sua dotazione e capacità turistica, di attrarre

111 In provincia di Belluno il soggiorno medio (4,2 giorni nel 2016) si attesta ancora su valori superiori alla media regionale (3,7) e nazionale (3,4) ma negli ultimi 8 anni ha subito una flessione molto netta (1,3 giorni medi in meno) dovuta, come si è visto in precedenza, ad un aumento degli arrivi (+14,6%) e da una contestuale riduzione delle presenze turistiche (-12,5%).

Se nel 2008 la provincia di Belluno poteva contare sul soggiorno medio più elevato tra le 6 province montane considerate, nel 2016 è stata superata da Bolzano e da Trento; le altre province pur rimanendo lontane si sono avvicinate a Belluno.

Un altro dato indicativo si ottiene rapportando il numero di presenze turistiche rispetto alla popolazione (Tab. 16). Questo indicatore rappresenta il grado di attrattività turistica di un territorio; Ufficio Studi CGIA maggiore è questo rapporto maggiore è la capacità del territorio, attraverso la sua dotazione e capacità turistica,turisti die spesaattrarre sul turi territorio.sti e spesa Insul cima territorio. alla classificaIn cima alla dell’attrattività classifica dell’attrattività turistica si posizionano le due province del Trentino Alto Adige e turistica si laposizionano Val d’Aosta le chedue provincestaccano del nettamente Trentino Alto Belluno; Adige equest’ultima la Val d’Aosta pre che- staccano vale, solo leggermente, sulla piemontese Verbano-Cusio-Ossola e nettamente Belluno; quest’ultima prevale, solo leggermente, sulla piemontese Verbano-Cusio- sulla lombarda Sondrio. Ossola e sulla lombarda Sondrio. Tab. 16 – Presenze turistiche per abitante: Tab. 16 –Belluno Presenze lontanaturistiche dal per Trentinoabitante: Be Altolluno Adige lontana e daldalla Trentino Valle Altod’Aosta Adige e dalla Valle d’Aosta

Presenze Abitanti al Presenze per

2016 31/12/2016 abitante (2016)

Bolzano 31.318.441 524.256 59,7 Trento 16.930.768 538.604 31,4 Aosta 3.468.379 126.883 27,3 Belluno 3.973.874 205.781 19,3 Verbano-Cusio-Ossola 2.775.031 159.664 17,4 Sondrio 2.456.610 181.437 13,5

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su sudati dati Istat Istat

25 Credito: la contrazione dei prestiti alle imprese

La seconda ondata della crisi economica, iniziata sul finire del 2011 a seguito della crisi del debito sovrano e delle conseguenti richieste di austerità da parte dell’Europa, ha coinciso con l’avven- to del credit crunch. Se infatti nella prima parte della crisi (2008- 2009) non c’erano stati effetti di rilievo sul credito, con la seconda ondata di recessione le imprese hanno dovuto lottare, non solo con

112 Credito: la contrazione dei prestiti alle imprese

La seconda ondata della crisi economica, iniziata sul finire del 2011 a seguito della crisi del debito sovrano e delle conseguenti richieste di austerità da parte dell’Europa, ha coinciso con l’avvento del credit crunch. Se infatti nella prima parte della crisi (2008-2009) non c’erano stati effetti di rilievo sul credito, con la seconda ondata di recessione le imprese hanno dovuto lottare, Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno non solo con il declino dei volumi d’affari, ma altresì con la stretta creditizia.

Gli effettiil declino per il deicredito volumi alle impresed’affari, del ma Bellunese altresì con sono la stati stretta drammatici: creditizia. in appena 6 anni le Gli effetti per il credito alle imprese del Bellunese sono stati imprese bellunesidrammatici: hanno perso in appena 28 punti 6 % anni di prestiti le imprese (Tab. 17),bellunesi una contrazione hanno perso nettamente 28 peggiore punti % di prestiti (Tab. 17), una contrazione nettamente peggiore rispetto alle principalirispetto alleprovince principali prese inprovince esame (s preseolo Verbano-Cusio-Ossola in esame (solo Verbano-Cu presenta una- situazione sio-Ossola presenta una situazione più vicina a quella di Belluno). più vicina a quella di Belluno).

Tab. 17Tab. – I17 prestiti – I prestiti alle alle imprese imprese (valori(valori in inmilioni milioni di euro) di euro) Var. % PRESTITI A IMPRESE Var. ass. 2011 2017 2017/ (consistenze al 31/12) 2017-2011 2011 Belluno 2.521 1.811 -710 -28,1 Verbano-Cusio-Ossola 1.749 1.271 -478 -27,3 Sondrio 2.868 2.597 -271 -9,4 Trento 13.512 12.609 -903 -6,7 Bolzano 15.973 14.967 -1.006 -6,3 Aosta 1.779 1.672 -106 -6,0 Italia 992.821 808.876 -183.946 -18,5 Veneto 106.278 81.980 -24.299 -22,9

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Banca Banca d’Italia d’Italia

La situazione è tuttavia ancora più critica se si considera che, La situazionepurtroppo, è tuttavia la provincia ancora dipiù Belluno critica se ha si subito considera una che, notevole purtroppo, stretta la provincia di creditizia nonostante il grado di restituzione del credito delle im- Belluno ha subitoprese una operanti notevole in stre provinciatta creditizia di Belluno nonostante risulti il grado abbastanza di restituzione buono. del credito delle Questa sensazione viene infatti confermata dal fatto che la imprese operantiprovincia in provincia di Belluno di Belluno presenta risulti abbastanzail tasso più buono. basso di crescita delle sofferenze in capo alle imprese: tra la fine del 2011 e la fine del 2017 il livello di crediti non restituiti dalle imprese bellunesi è 26 cresciuto del 27,6%, molto di meno rispetto a tutte le altre pro-

113 Questa sensazione viene infatti confermata dal fatto che la provincia di Belluno presenta il tasso più basso di crescita delle sofferenze in capo alle imprese: tra la fine del 2011 e la fine del Ufficio Studi CGIA 2017 il livello di crediti non restituiti dalle imprese bellunesi è cresciuto del 27,6%, molto di meno rispetto a tuttevince le altre considerate: province considerate: ad esempio, ad nellaesempio, provincia nella provi di Sondrioncia di Sondrioil livello il livello delle delle sofferenze è cresciuto del 173,9%, in provincia di Trento sofferenze è cresciutodel 122,3% del mentre173,9%, a inVerbano-Cusio-Ossola provincia di Trento del e ad122,3% Aosta mentrerispettiva a Verbano-Cusio-- mente del +38,7% e del 30,3% (Tab. 18). Ossola e ad Aosta rispettivamente del +38,7% e del 30,3% (Tab. 18). Tab. 18 – Le sofferenze in capo alle imprese Tab. 18 – Le sofferenze(valori in capo in milionialle imprese di euro) (valori in milioni di euro) SOFFERENZE Var. % Var. ass. IN CAPO A IMPRESE 2011 2017 2017/ 2017-2011 (consistenze al 31/12) 2011 Sondrio 85 231 +147 +173,9 Trento 668 1.486 +817 +122,3 Verbano-Cusio-Ossola 216 300 +84 +38,7 Aosta 112 145 +34 +30,3 Belluno 194 247 +54 +27,6 Bolzano 613 564 -49 -8,0 Italia 80.582 130.791 +50.209 +62,3 Veneto 8.206 12.059 +3.854 +47,0

ElaborazioneElaborazione UfficioUfficio StudiStudi CGIACGIA susu dati dati Banca Banca d’Italia d’Italia

In altri termini, come si evince dalla Tab. 19, l’incidenza per- In altricentuale termini, comedelle sisofferenze, evince dalla fatto Tab. 100 19, il’incidenza prestiti totali, percentuale è per Belluno delle sofferenze, fatto (13,7%) meno ampia rispetto alla media del Veneto (14,7%) e al 100 i prestiti totali, è per Belluno (13,7%) meno ampia rispetto alla media del Veneto (14,7%) e al dato complessivo per l’Italia (16,2%). Si nota però anche che nel- le altre realtà montane, che hanno vissuto un più rapido aumento dato complessivo per l’Italia (16,2%). Si nota però anche che nelle altre realtà montane, che hanno delle sofferenze in termini assoluti rispetto a Belluno, i tassi delle vissuto un piùsofferenze rapido aumento risultano delle tendenzialmente sofferenze in termini più assolutibassi (Sondrio rispetto ae Belluno,Aosta i tassi delle si collocano sotto il 9%, Bolzano addirittura sotto il 4%).4 sofferenze risultano tendenzialmente più bassi (Sondrio e Aosta si collocano sotto il 9%, Bolzano 4 Si fa presente che la riduzione delle sofferenze nell’ultimo anno non rispecchia necessariamente una riduzione dei crediti deteriorati ma rispecchia piuttosto addirittura sotto il 4%).4 114

4 Si fa presente che la riduzione delle sofferenze nell’ultimo anno non rispecchia necessariamente una riduzione dei crediti deteriorati ma rispecchia piuttosto il fenomeno della cessione, da parte delle banche, di molti crediti problematici 27

Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Tab. 19 – Le sofferenze in capo alle imprese Tab. 19 – Le sofferenze(in %in caposu prestiti alle imprese totali) (in % su prestiti totali) INC. % SOFFEREZE IN Puti % di var. CAPO A IMPRESE SU 2011 2017 2017-2011 PRESTITI A IMPRESE Verbano-Cusio-Ossola 12,4 23,6 +11,2 Belluno 7,7 13,7 +6,0 Trento 4,9 11,8 +6,8 Sondrio 2,9 8,9 +6,0 Aosta 6,3 8,7 +2,4 Bolzano 3,8 3,8 -0,1 Italia 8,1 16,2 +8,1 Veneto 7,7 14,7 +7,0

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Banca Banca d’Italia d’Italia

Da questi dati sembra tuttavia intravedersi un certo spazio Da questi dati sembra tuttavia intravedersi un certo spazio per una maggiore attività per una maggiore attività creditizia nei confronti delle imprese creditizia neibellunesi. confronti Ildelle credito imprese sta bellunesi.infatti alla Il basecredito dello sta infattisviluppo alla imprenbase dello- sviluppo ditoriale e del successo di un territorio. In effetti, rapportando imprenditorialeil totale e del successodei prestiti di un in territorio. essere Inrispetto effetti, rapportandoal numero ildelle totale imprese dei prestiti in essere attive, si ottiene un importo medio in provincia di Belluno di 125 rispetto al numero delle imprese attive, si ottiene un importo medio in provincia di Belluno di 125 mila euro per impresa, un dato generalmente al di sotto di quanto mila euro perrilevato impresa, per un le dato altre generalmente province montane; al di sotto solo di Verbano-Cusio-Ossolaquanto rilevato per le altre province si attesta su valori più bassi di Belluno (vedasi Tab. 20). montane; solo Verbano-Cusio-Ossola si attesta su valori più bassi di Belluno (vedasi Tab. 20).

Tab. 20 – I prestiti medi per impresa Prestiti a Imprese Presti medi per Dati al 31/12/2017 imprese attive impresa il fenomenoBolzano della cessione, da parte14.967 delle banche,54.659 di molti crediti273.819 problematici che sonoTrento così usciti dai bilanci bancari12.609 e dalle statistiche,46.425 a seguito271.607 di un primo decollo, Sondrionel 2017, del mercato della2.597 cessione dei14.047 crediti in Italia.184.915 Aosta 1.672 11.033 151.578 Belluno 1.811 14.408 125.724 115 Verbano-Cusio-Ossola 1.271 11.700 108.637 Italia 808.876 5.150.149 157.059 Veneto 81.980 434.373 188.731

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia e camerali

che sono così usciti dai bilanci bancari e dalle statistiche, a seguito di un primo decollo, nel 2017, del mercato della cessione dei crediti in Italia.

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Tab. 20 – I prestiti medi per impresa

Prestiti a Imprese Presti medi per Dati al 31/12/2017 imprese attive impresa (mln di euro) (euro) Bolzano 14.967 54.659 273.819 Trento 12.609 46.425 271.607 Sondrio 2.597 14.047 184.915 Aosta 1.672 11.033 151.578 Belluno 1.811 14.408 125.724 Verbano-Cusio-Ossola 1.271 11.700 108.637 Italia 808.876 5.150.149 157.059 Veneto 81.980 434.373 188.731 Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia e camerali

Mercato del lavoro: gli occupati sono scesi, i disoccupati saliti; l’aumento del tasso di occupazione è dovuto al crollo degli individui in età lavorativa

La crisi economica ha avuto risvolti negativi soprattutto sul mercato del lavoro. Nel 2007-2008 l’Italia aveva infatti raggiun- to il suo picco occupazionale ma le due recessioni del biennio 2008-2009 e del 2012-2013 hanno prodotto moti effetti negativi sul lavoro. Prendendo come base di riferimento l’anno 2007, che rap- presenta per Belluno il picco occupazionale, si verifica che in 10 anni la provincia bellunese ha subito una flessione di quasi 3.600 occupati. Con riferimento alle province prese in esame per il con-

116 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

fronto, la variazione percentuale dell’occupazione (-3,8%) è per Belluno la peggiore dopo quella di Sondrio (-4,2%) e la più ampia in termini assoluti (si veda Tab. 21). Si nota anche che Belluno è abbastanza in linea con Verbano- Cusio-Ossola ed Aosta ma quello che colpisce di più è l’enorme distanza con le vicine province di Bolzano e di Trento. In parti- colare, in provincia di Bolzano tra il 2007 e il 2017 gli occupati sono aumentati dell’11,1% e in quella di Trento l’incremento è stato comunque sostenuto (+6,6%); nella regione che confina la provincia di Belluno si contano ben 40 mila occupati in più in 10 anni. Si nota, inoltre, come l’occupazione sia cresciuta anche in Veneto (+1,2%) e in Italia (+0,6%).

Tab. 21 – Andamento degli OCCUPATI Tab. 21 – Andamentoda prima degli OCCUPATI della crisi da ad prima oggi della crisi ad oggi Var. % Var. ass. 2007 2017 2017/ 2017-2007 2007 Bolzano 227.888 253.136 +25.248 +11,1 Trento 221.839 236.591 +14.752 +6,6 Verbano-Cusio-Oss. 68.676 66.133 -2.543 -3,7 Aosta 56.814 54.701 -2.113 -3,7 Belluno 93.757 90.168 -3.589 -3,8 Sondrio 79.111 75.825 -3.286 -4,2

Italia 22.894.416 23.022.959 +128.543 +0,6 Veneto 2.099.903 2.125.690 +25.787 +1,2

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

L’analisi sui numeri assoluti degli occupati consente di cogliere le criticità che sta vivendo il

Bellunese.5 Se si guardasse solamente alla performance relativa (tasso di occupazione)117 si correrebbe, infatti, il rischio di dipingere la realtà bellunese come performante. In effetti, secondo quanto indicato dalla Tab. 22, nel 2017 il tasso di occupazione ha superato la soglia del 69%, un dato superiore alle altre realtà montane (Bolzano esclusa), del Veneto e nettamente più alto della media italiana (58%). E negli ultimi 10 anni questo tasso è addirittura aumentato passando dal

67,6% del 2007 al 69,2% del 2017.

5 Il calo occupazionale non è comune a tutti i macrosettori. Il confronto è possibile dal 2008 al 2017 e i dati indicano, rispetto ad una flessione complessiva di 3 mila unità, un calo di circa 8.300 unità nell’industria, di quasi 3 mila nelle costruzioni mentre i Servizi (+7.600) e l’Agricoltura (+500) sono in terreno positivo. Per quanto riguarda i servizi l’incremento si intravede in quelli alla persona/imprese mentre il comparto commercio/turistico è stabile.

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Ufficio Studi CGIA

L’analisi sui numeri assoluti degli occupati consente di cogliere le criticità che sta vivendo il Bellunese.5 Se si guardasse solamente alla performance relativa (tasso di occupazione) si correrebbe, infatti, il rischio di dipingere la realtà bellunese come performante. In effetti, secondo quanto indicato dalla Tab. 22, nel 2017 il tasso di occupazio- ne ha superato la soglia del 69%, un dato superiore alle altre realtà montane (Bolzano esclusa), del Veneto e nettamente più alto della media italiana (58%). E negli ultimi 10 anni questo tasso è addirittu- ra aumentato passando dal 67,6% del 2007 al 69,2% del 2017.

Tab. 22 – Tasso di occupazione: letto singolarmente Tab. 22 – Tassonon di occupazione: aiuta a cogliere letto singolar le difficoltàmente non aiutadel Bellunesea cogliere le difficoltà del Bellunese Punti % di var. Tasso di occupazione 2007 2017 2017-2007 Bolzano 69,7 72,9 +3,2 Belluno 67,6 69,2 +1,6 Trento 66,3 67,6 +1,3 Aosta 68,2 67,1 -1,1 Verbano-Cusio-Ossola 65,1 65,5 +0,4 Sondrio 65,6 64,4 -1,2 Italia 58,6 58,0 -0,6 Veneto 65,7 66,0 +0,3

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

5 La realtà Il calo è cheoccupazionale la provincia non di è Bellunocomune aha tutti perso i macrosettori. più di 3.500 Il confrontooccupati inè possi 10 anni- e che il bile dal 2008 al 2017 e i dati indicano, rispetto ad una flessione complessiva di 3 mila unità, un calo di circa 8.300 unità nell’industria, di quasi 3 mila nelle costru- tasso di occupazionezioni mentre è i salitoServizi solamente (+7.600) e perchél’Agricoltura la popolazione (+500) sono in in etàterreno lavorativ positivo.a, 15-64 anni, Per quanto riguarda i servizi l’incremento si intravede in quelli alla persona/ (denominatoreimprese utilizzato mentre per il ilcomparto calcolo delcommercio/turistico tasso di occupazione) è stabile. è scesa più che proporzionalmente

118 dell’occupazione (di quasi 10 mila unità, come si evince in Fig. 5).

Fig. 5 – Dal 2007 al 2017 in provincia di Belluno sono “spariti” 10 mila abitanti tra 15 e 64 anni

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

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Tab. 22 – Tasso di occupazione: letto singolarmente non aiuta a cogliere le difficoltà del Bellunese Punti % di var. Tasso di occupazione 2007 2017 2017-2007 Bolzano 69,7 72,9 +3,2 Belluno 67,6 69,2 +1,6 Trento 66,3 67,6 +1,3 Aosta 68,2 67,1 -1,1 Verbano-Cusio-Ossola 65,1 65,5 +0,4 Sondrio 65,6 64,4 -1,2 Italia 58,6 58,0 -0,6 Veneto 65,7 66,0 +0,3

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno La realtà è che la provincia di Belluno ha perso più di 3.500 occupati in 10 anni e che il La realtà è che la provincia di Belluno ha perso più di 3.500 tasso di occupazioneoccupati è salito in 10 annisolamente e che ilperché tasso di la occupazione popolazione è salitoin età solamen lavorativ- a, 15-64 anni, te perché la popolazione in età lavorativa, 15-64 anni, (denomina- (denominatore utilizzatotore utilizzato per il calcolo per il calcolo del tasso del ditasso occupazione) di occupazione) è scesa è scesapiù che più proporzionalmente che proporzionalmente dell’occupazione (di quasi 10 mila unità, dell’occupazione (dicome quasi si evince 10 mila in unità,Fig. 5). come si evince in Fig. 5).

Fig. 5 – Dal 2007 al 2017Fig. 5in – provincia Dal 2007 dial Belluno2017 in sonoprovincia “spariti” di Belluno 10 mila abitanti tra 15 e 64 sono “spariti” 10 milaanni abitanti tra 15 e 64 anni

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

In altre parole, lo spopolamento si verifica proprio nella fascia di popolazione 15-64 anni, zoccolo duro che dovrebbe, invece, sostene- 31 re lo sviluppo socioeconomico del territorio ed è causa diretta della

119 In altre parole, lo spopolamento si verifica proprio nella fascia di popolazione 15-64 anni, zoccolo duro che dovrebbe, invece, sostenere lo sviluppo socioeconomico del territorio ed è causa diretta della crescita del tasso di occupazione che, in questo caso, non esprime un fattore positivo se non, solo perUfficio il fatto, Studi che c’èCGIA una buona probabilità, per chi rimane, di non rimanere senza posto di lavoro.6 crescita del tasso di occupazione che, in questo caso, non esprime In effetti,un fattore dall’analisi positivo del tassose non, di disoccupazionesolo per il fatto, (si che veda c’è Tab. una 23), buona si evince proba come- la realtà bilità, per chi rimane, di non rimanere senza posto di lavoro.6 di Belluno risultiIn nettamente effetti, dall’analisi migliore rispetto del tasso al Vene di todisoccupazione che, tra l’altro, è (si la secondaveda Tab. regione italiana 23), si evince come la realtà di Belluno risulti nettamente miglio- per tasso di disoccupazione più basso dopo il Trentino Alto Adige. re rispetto al Veneto che, tra l’altro, è la seconda regione italiana Il tassoper di tasso disoccupazione di disoccupazione per Belluno, più bassodopo l’impennatadopo il Trentino dovuta Alto alla Adige.crisi economica, è Il tasso di disoccupazione per Belluno, dopo l’impennata do- sceso quasi vutaal 5% alla nel crisi 2017. economica, Si nota tuttavia è sceso come quasi rispetto al 5% al nel 20 07,2017. quando Si nota il livello della tuttavia come rispetto al 2007, quando il livello della disoccupa- disoccupazionezione ammontava ammontava ad appena ad appena il 2,2% il 2,2%(un tasso (un addirittura tasso addirittura inferiore ainferio quello- fisiologico), re a quello fisiologico), oggi il tasso risulta più che doppio (5,1% oggi il tasso risulta più che doppio (5,1% nel 2017; nel 2014 era quasi triplo e pari al 7,5%). nel 2017; nel 2014 era quasi triplo e pari al 7,5%).

Tab. 23 – Tasso diTab. disoccupazione: 23 – Tasso Belluno di disoccupazione: è tra i più bassi Bellunoma rispetto è al 2007 è più che tra i più bassi ma rispettoraddoppiato al 2007 è più che raddoppiato Punti % di var. Tasso di disoccupazione 2007 2017 2017-2007 Aosta 3,2 7,8 +4,6 Verbano-Cusio-Ossola 3,2 6,8 +3,7 Sondrio 4,5 6,3 +1,9 Trento 2,9 5,7 +2,8 Belluno 2,2 5,1 +2,9 Bolzano 2,6 3,1 +0,5 Italia 6,1 11,2 +5,1 Veneto 3,4 6,3 +3,0 ElaborazioneElaborazione UfficioUfficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

6 Questa sensazione6 Questa è facilmente sensazione verificabile è facilmente se si esamin verificabilea il tasso se disi disoccupazioneesamina il tasso giovanile di disoccupa (15-24- anni) che, per Belluno, è uno deizione più giovanile bassi d’Italia: (15-24 sesto anni) posto che,nel 2017 per conBelluno, il 13,5%. è uno dei più bassi d’Italia: sesto posto nel 2017 con il 13,5%. 32

120 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Anche qui, tuttavia, come già effettuato per l’occupazione è Anchepiù qui, opportuno tuttavia, come guardare già effettuato ai dati per assoluti l’occupazione ovvero è piùall’effettiva opportuno creguardare- ai dati scita del numero dei disoccupati negli ultimi 10 anni (Tab. 24). Il assoluti ovvero all’effettiva crescita del numero dei disoccupati negli ultimi 10 anni (Tab. 24). Il 2007 rappresenta, tra l’altro, anche l’anno in cui i disoccupati in 2007 rappresenta,provincia tra l’altro, di Belluno anche l’anno hanno in toccatocui i disoccupati il minimo. in provincia Rispetto di Belluno al 2007, hanno toccato nel 2017 i disoccupati in provincia di Belluno risultano più del il minimo. Rispettodoppio: al si 2007, è passati nel 2017 dai i quasidisoccupati 2.100 in dell’anno provincia di 2007 Belluno ai più risultano di 4.800 più del doppio: del 2017 con una crescita percentuale del 130%. Con l’esclusio- si è passati dai quasi 2.100 dell’anno 2007 ai più di 4.800 del 2017 con una crescita percentuale del ne di Aosta, si tratta dell’incremento percentuale più rilevante 130%. Contra l’esclusione le regioni di montaneAosta, si tratta esaminate dell’incremento in questo percentu studioale epiù nettamente rilevante tra le regioni superiore rispetto a quanto verificatosi in Veneto e in Italia che montane esaminatepresentano in questo comunque studio e nettamenteuna situazione superiore preoccupante. rispetto a quanto verificatosi in Veneto e in Italia che presentano comunque una situazione preoccupante. Tab. 24 – Andamento dei DISOCCUPATI

da prima della crisi ad oggi Tab. 24 – Andamento dei DISOCCUPATI da prima della crisi ad oggi Var. % Var. ass. 2007 2017 2017/ 2017-2007 2007 Aosta 1.861 4.627 +2.766 +148,6 Belluno 2.099 4.828 +2.729 +130,0 Verbano-Cusio-Ossola 2.262 4.855 +2.593 +114,6 Trento 6.701 14.316 +7.615 +113,6 Sondrio 3.700 5.120 +1.420 +38,4 Bolzano 6.003 8.006 +2.003 +33,4

Italia 1.480.901 2.906.883 +1.425.982 +96,3 Veneto 73.184 143.610 +70.426 +96,2

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su su dati dati Istat Istat

In conclusione di questa analisi sui dati del mercato del lavoro si vuole ancora una volta puntualizzare come per cogliere correttamente la performance di Belluno sia necessario ragionare121 in termini assoluti piuttosto che di tassi. E, in particolare, è proprio il tasso di occupazione

(particolarmente elevato e in crescita) che rischia di portare fuori strada; questo risultato è infatti

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Ufficio Studi CGIA

In conclusione di questa analisi sui dati del mercato del la- voro si vuole ancora una volta puntualizzare come per cogliere correttamente la performance di Belluno sia necessario ragio- nare in termini assoluti piuttosto che di tassi. E, in particolare, è proprio il tasso di occupazione (particolarmente elevato e in crescita) che rischia di portare fuori strada; questo risultato è infatti determinato da un crollo della variabile (gli occupati in fascia 15-64 anni) che, a denominatore, ne influenza così il risultato. In realtà la netta contrazione della popolazione in età lavo- rativa che rappresenta la vera e propria criticità del Bellunese, specie se si considera che nella fascia più interna e più dinamica (25-44 anni) - che dovrebbe rappresentare il fulcro dello sviluppo socioeconomico di un territorio – in 10 anni c’è stata una caduta verticale della popolazione: 15 mila unità dal 2007 al 2017 come si evince dalla Fig. 6.

122 determinato da un crollo della variabile (gli occupati in fascia 15-64 anni) che, a denominatore, ne influenza così il risultato.

In realtà la netta contrazione della popolazione in età lavorativa che rappresenta la vera e propria criticità del Bellunese, specie se si considera che nella fascia più interna e più dinamica (25-

44 anni) - che dovrebbe rappresentare il fulcro dello sviluppo socioeconomico di un territorio – in

10 anni c’è stata una caduta verticale della popolazione: 15 mila unità dal 2007 al 2017 come si Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno evince dalla Fig. 6. Fig. 6 – Crollo abitanti: nella fascia d’età 25-44 anni;

per Belluno 15 mila in meno in 10 anni Fig. 6 – Crollo abitanti: nella fascia d’età 25-44 anni; per Belluno 15 mila in meno in 10 anni

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat

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Ufficio Studi CGIA

Dati economici: spinti dal successo delle esportazioni ma non sufficienti se letti senza considerare un contesto socio-demografico in declino

A conclusione di questa parte, si presentano alcuni dati eco- nomici che consentono di completare il quadro socio-economico del Bellunese. Si riporta, in primis, l’andamento del valore ag- giunto ovvero quella variabile più assimilabile al concetto di pro- dotto interno lordo (PIL) di un territorio. Il PIL è infatti possibile misurarlo su base regionale mentre il valore aggiunto - che equi- vale al PIL al netto delle imposte indirette – è disponibile anche a livello provinciale (oltre che regionale e nazionale). I dati economici non consentono tempestività d’analisi e in questo caso, sulla base delle ultime statistiche dell’Istat di dicem- bre del 2017, sono pubblicati sino al 2015; bisogna anche fare presente che i dati territoriali sono soggetti ad alcune revisioni. Al di là di queste limitazioni, l’analisi in serie storica consente di fornire alcuni spunti e di illustrare quanto già anticipato all’ini- zio di questo studio, ovvero il fatto che dal punto di vista econo- mico la provincia di Belluno ha recuperato i livelli pre-crisi. Come si evince puntualmente dalla Tab. 25, infatti, dal 2008 (anno in cui ha raggiunto il punto di massimo prima della crisi) al 2015, il valore aggiunto provinciale risulta più elevato del 4,4%; in questa classifica la performance di Belluno si posiziona subito dopo quella di Bolzano e di Trento, con risultati migliori rispetto a Sondrio, Verbano-Cusio-Ossola e Aosta, ma soprattutto rispetto alla media del Veneto (+3,3%).

124 Un’analisi socio-economica della provincia di Belluno

Tab. 25 – Andamento del valore aggiunto (2008-2015) Tab. 25 – Andamento del valore aggiunto (2008-2015) Var. % 2008 2015 2015/2008 Bolzano 16.734 19.418 +16,0 Trento 15.790 16.726 +5,9

Belluno 5.636 5.885 +4,4 Sondrio 4.480 4.628 +3,3 Verbano-Cusio-Ossola 3.334 3.356 +0,6

Aosta 4.049 3.958 -2,2

Italia 1.473.045 1.485.086 +0,8 Veneto 132.869 137.220 +3,3

ElaborazioneElaborazione Ufficio Ufficio StudiStudi CGIA CGIA su sudati dati Istat Istat

Si tratta,Si in tratta, ogni caso, in ogni di un caso, tasso di di un crescita tasso percentualedi crescita chepercentuale include la checrescita in- dei prezzi clude la crescita dei prezzi (inflazione), e che va quindi scorporata per (inflazione),calcolare e che va ilquindi saggio scorpo di variazionerata per calcolare reale: ilsecondo saggio di le variazione stime di Prometeia,reale: secondo le stime nel 2015 i livelli economici reali erano ancora inferiori del 3% rispetto di Prometeia,al 2008.nel 2015 Sulle i livelli base economici delle ultime reali stimeerano ancorache indicano inferiori come,del 3% nelrispetto biennio al 2008.

Sulle2016-2017, base delle siaultime proseguita stime che la indicanocrescita coperme, l’Italia, nel biennio è ipotizzabile 2016-2017, che, sia nel proseguita la 2018, i valori economici di Belluno siano superiori ai livelli del 2008. crescita per l’Italia,Si tratta è ipotizzabile di un aspetto che, nel confortante 2018, i valori anche economici se in di realtàBelluno è sianocome superiori ai se la provincia avesse “dormito 10 anni”, sperimentando, anzi, dei livelli del 2008.picchi molto negativi negli anni più bui della crisi. Il relativo buon comportamento economico del Bellunese va Si tratta di un aspetto confortante anche se in realtà è come se la provincia avesse “dormito comunque individuato nel successo delle esportazioni che hanno 10 anni”, sperimentando,raggiunto un’incidenza anzi, dei picchi sul molto valore negativi aggiunto negli anni provinciale più bui della che crisi. è ele - vatissimo: si stima che nel 2015 il saldo commerciale del Bellune- Il relativose abbia buon raggiunto comportamento quasi la economico metà del delvalore Bellunese aggiunto va comun passandoque individuato dal nel successo delle esportazioni che hanno raggiunto un’incidenza sul valore aggiunto provinciale che è 125 elevatissimo: si stima che nel 2015 il saldo commerciale del Bellunese abbia raggiunto quasi la metà del valore aggiunto passando dal 30% del 2008 al 49% del 2015 (Tab. 26). Si tratta di una

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Ufficio Studi CGIA

quota notevole30% se sidel pensa 2008 che al a 49%livello del italiano 2015 l’incidenza (Tab. 26). si attestaSi tratta al 3% di e unain Veneto quota all’11% (dati notevole se si pensa che a livello italiano l’incidenza si attesta al 2015). 3% e in Veneto all’11% (dati 2015).

Tab. 26 – Stima dell’incidenza delle esportazioni nette

di beni sul valore aggiunto Tab. 26 – Stima dell’incidenza delle esportazioni nette di beni sul valore aggiunto

PROVINCIA DI BELLUNO 2008 2009 2014 2015

export (A) 2.485 2.061 3.379 3.770

import (B) 790 715 763 860 saldo commerciale (A-B) +1.695 +1.345 +2.616 +2.909

valore aggiunto 5.636 5.127 5.836 5.885

inc. % saldo comm/ 30,1 26,2 44,8 49,4 valore aggiunto

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Istat Il boom delle esportazioni è legato al settore dell’occhialeria,

Il boomvera delle specializzazione esportazioni è dellegato territorio al settore bellunese; dell’occhialeria, il successo vera specializzazionedi que- del sto comparto ha contribuito a calmierare gli effetti di una crisi territorio bellunese;economica il successo che sarebbe di questo potuto comparto risultare ha contribuito devastante a calmierare (mantenendo gli effetti di una crisi certi livelli di reddito e di spesa) ma da solo non basta per garan- economica chetire sarebbe un futuro potuto al territorio.risultare devastante (mantenendo certi livelli di reddito e di spesa) Per questa ragione è sempre più necessario unire ai dati eco- ma da solo non basta per garantire un futuro al territorio. nomici, lo studio e l’analisi della realtà socio-demografica del Bel- Per questalunese ragione che siè sempresta configurando, più necessario uniresempre ai dati più, economici, come unlo studioterritorio e l’analisi della che vive lo spopolamento e la desertificazione imprenditoriale. realtà socio-demografica del Bellunese che si sta configurando, sempre più, come un territorio che 126 vive lo spopolamento e la desertificazione imprenditoriale.

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Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni1

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Introduzione1

In Italia, a livello locale, la riforma dell’assetto istituzionale sta procedendo a rilento. Oggi, infatti, nel nostro Paese, i Comuni con meno di 5 mila abitanti sono ancora più di 5.500, mentre quasi 2 mila Municipi hanno addirittura meno di 1.000 abitanti. Eppure, a partire dal 1° gennaio 2017, per la prima volta dagli anni Cinquanta, il numero dei comuni presenti in Italia è sceso sotto quota 8 mila, grazie al successo di numerosi referendum consultivi, indetti per raccogliere l’opinione dei cittadini in merito all’istituzione di un nuovo ente mediante la fusione di due o più municipi. Gli esiti favorevoli sono stati più della metà, ma

1 Il presente articolo è un adattamento di un capitolo del libro “La fusione fa la forza. Le aggregazioni tra Comuni per lo sviluppo del territorio”, a cura di Ric- cardo Dalla Torre e Alberto Cestari, FrancoAngeli, 2018

127 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

questi risultati non sono ancora sufficienti a mettere in pratica un vero e proprio riordino territoriale delle istituzioni, sebbene si debba comunque riconoscere i forti caratteri di discontinuità rispetto al passato. Anche in Veneto, recentemente, le iniziative a livello locale in materia di fusione sono aumentate e si segnala un rinnovato interesse, da parte dei Comuni, nel portare avanti percorsi di aggregazione. D’altro canto, i comportamenti quotidiani di lavoratori, famiglie e imprese ci dimostrano la scarsa significatività dei tradizionali confini amministrativi. Non è un caso se molti Paesi europei sono alle prese con riforme istituzionali volte a favorire l’aggregazione tra i Comuni, con l’obiettivo di allineare i confini amministrativi alle aree funzionali socio-economiche e migliorare l’erogazione dei servizi. La ricerca di un assetto istituzionale più razionale è, infatti, fondamentale per rendere più competitivo il territorio: in questa prospettiva, la fusione dei Comuni permette di superare il sottodimensionamento degli enti locali e favorire la nascita di realtà di dimensioni maggiori, più attrezzate per affrontare le nuove sfide con cui il governo del territorio oggi si confronta. L’analisi svolta in questo articolo, e dedicata al Veneto, ha proprio l’obiettivo di individuare delle aree omogenee - all’interno delle quali i Comuni condividono già una serie di funzioni - quale base per sviluppare percorsi di fusione tra Municipi, con l’obiettivo di favorire la cooperazione tra gli enti locali e accelerare il riordino istituzionale.

128 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Le fusioni tra Comuni in Veneto e i progetti in corso

Negli ultimi anni in Veneto si è assistito ad una rilevante crescita del numero di iniziative volte alla fusione di due o più Comuni. Tra dicembre 2017 e gennaio 2018 si sono svolte sei consultazioni referendarie2: “Arsiero Tonezza” e “Barbarano Mossano” in provincia di Vicenza, “Belfiore Caldiero Terme” e “Valdalpone” in provincia di Verona, “Quattroville” in provincia di Padova e “Valle del Biois” in provincia di Belluno. Indipendentemente dall’esito di tali referendum, le fusioni di Comuni costituiscono il segnale più evidente di una stagione di maggior protagonismo dei territori, che non può essere liquidata solo con l’opportunità degli incentivi finanziari. Molteplici sono gli elementi che favoriscono l’aumento dei progetti di fusione: oltre ai contributi dello Stato (che indubbiamente hanno un peso rilevante), va considerato l’obbligo di gestione associata delle funzioni fondamentali per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, la riduzione delle risorse finanziarie, nonché la percezione che con il tramonto delle Province le realtà territoriali di piccola dimensione o periferiche rischino una sorta di “emarginazione” istituzionale. Oppure, molto più semplicemente, sta crescendo la consapevolezza che il “fare squadra” rappresenti un’occasione importante per lo sviluppo del territorio.

2 Al 31 dicembre 2017, il quadro dei referendum in Veneto è il seguente: le con- sultazioni svolte il 17 dicembre 2017 hanno visto prevalere i “no” per “Arsiero Tonezza”, “Belfiore Caldiero Terme” e “Valle del Biois”, mentre i “sì” hanno vinto a “Barbarano Mossano” e “Quattroville”. Il referendum per “Valdalpone” è stato indetto per il 21 gennaio 2018.

129 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Un indicatore emblematico del proliferare dei progetti di fusione in Veneto è dato dalle richieste pervenute alla Regione relative alla concessione del contributo finanziario per la realizzazione degli studi di fattibilità: nello specifico, due richieste nel 2014, tredici nel 2016 e nove nel 2017. In realtà, quello appena descritto rappresenta la punta dell’iceberg di un fenomeno di dimensioni maggiori. L’identificazione di tutti i “cantieri” attualmente presenti in Veneto è un esercizio non facile, poiché non esiste un censimento ufficiale. Infatti, molti progetti di fusione si trovano ancora in una fase embrionale, preliminare all’attivazione vera e propria da parte della Giunta regionale. Per tali ragioni, al fine di tracciare la mappa del fenomeno “fusioni” in Veneto, si è deciso di procedere nel seguente modo: • in prima fila vi sono, ovviamente, le proposte di fusione che hanno visto prevalere i “sì” nella consultazione del 16 dicembre 2017, nonché il progetto che sarà sottoposto a referendum il 21 gennaio 2018 (raggruppamento denominato “fusioni approvate o referendum indetto”); • a seguire, i progetti di legge presentati in Consiglio regionale, nonché le iniziative di fusione che hanno richiesto e ottenuto l’erogazione del contributo per la realizzazione dello studio di fattibilità da parte della Regione Veneto3 (raggruppamento denominato “fase di studio”); • infine, le azioni concrete da parte dei Comuni, come sondaggi

3 Sono stati considerati i provvedimenti a partire dal 2014: DDR n. 157 del 3 ot- tobre 2014, DDR n. 40 del 14 ottobre 2016 e DDR n. 270 del 23 novembre 2017.

130 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

presso la popolazione, l’avviso per l’affidamento d’incarico per uno studio di fattibilità, la trattazione del tema “fusione” da parte dei Consigli comunali (informazioni desunte dai siti istituzionali dei Comuni o dagli organi di stampa). Per semplicità, questo raggruppamento è stato denominato “iniziative preliminari”. Attualmente, il “cantiere fusioni” in Veneto conta 25 iniziative che coinvolgono complessivamente 60 Comuni (pari al 10% del totale regionale) e 259.000 abitanti (il 5% della popolazione). Nell’ipotesi che tutti i progetti si concludano con il via libera alla fusione, il numero di Comuni del Veneto passerebbe da 575 a 540 (-6%): analogamente, la dimensione media delle Amministrazioni comunali del Veneto salirebbe da 8.535 a 9.088 abitanti. Giova precisare che si tratta meramente di un tentativo preliminare di mappare tale fenomeno, in cui potrebbero essere conteggiati progetti già tramontati o, al contrario, potrebbero mancare alcune iniziative in fase di avvio. Nel dettaglio, le due proposte approvate nel referendum del dicembre 2017 e il progetto sottoposto alla consultazione di gennaio 2018 coinvolgono nel complesso 8 Comuni; nel raggruppamento “fase di studio” si contano 16 proposte per un totale di 38 Comuni; infine, del gruppo “iniziative preliminari” fanno parte 6 progetti che sono espressione della volontà di 14 Comuni. Sono presenti tutte le province venete, fatta eccezione per Venezia. Nel Padovano emergono 6 progetti che coinvolgono ben 17 Comuni; in provincia di Vicenza vi sono 6 iniziative per un totale di 15 Comuni; in provincia di Verona si hanno 5 proposte che interessano 12 Comuni; nel Bellunese si contano 5 iniziative per complessivi 10 Comuni; a Rovigo 2 progetti per 4 Comuni;

131 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

infine, nel Trevigiano un’unica iniziativa promossa da 2 Comuni. I contributi finanziari a sostegno delle fusioni comunali sono stati aumentati notevolmente negli ultimi anni. La Legge di Bilancio 2018 ha innalzato l’entità di tali incentivi al 60% dei trasferimenti statali riferiti al 2010, confermando il tetto massimo di 2 milioni di euro ad iniziativa. Si rammenta che tale contributo viene erogato ogni anno per dieci anni. Per ciascuno dei 25 progetti censiti è stato quantificato l’importo del contributo annuo che lo Stato erogherebbe in caso di fusione. Si tratta, ovviamente, di un mero calcolo teorico poiché l’effettiva determinazione dell’incentivo dipende dal numero di Comuni beneficiari (attualmente 51 in Italia) e dal plafond disponibile. In valore assoluto l’entità dell’incentivo andrebbe dai 550.000 euro di “Castelbaldo + Masi” al tetto di 2 milioni di euro ottenibile da ben 5 proposte di fusione; in rapporto alla popolazione, il contributo oscillerebbe dai 73 euro per abitante di “Angiari + Legnago” ai 176 per cittadino dell’ipotetico Comune unico della Valbrenta; l’incentivo alla fusione farebbe aumentare dell’8% le entrate correnti di “Angiari + Legnago” e di “Brenzone + Ferrara + S. Zeno”, fino ad arrivare al +33% di Quattroville. Il conteggio di un dato medio è forse più utile per delineare l’importanza, anche strategica, dei contributi finanziari attualmente disponibili da parte dello Stato. Considerando le 25 proposte di aggregazione, l’importo medio annuo supererebbe quota 1,2 milioni di euro per ciascuna fusione, pari a 510.000 euro per ognuno dei Comuni che si è fuso. Ogni anno, e per dieci anni, sarebbero disponibili risorse aggiuntive pari a 118 euro per ciascun cittadino con un beneficio notevole per il bilancio

132 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

comunale: le entrate correnti dei “nuovi” Comuni aumenterebbero in media del 18%, consentendo alle Amministrazioni locali di recuperare velocemente le risorse perse nella stagione dei tagli e programmare concretamente lo sviluppo economico e sociale delle rispettive comunità.

Fig. 1 – Fusioni dei Comuni: Fig. 1 – Fusionii progetti dei Comuni: in Veneto i progetti per stato in Veneto di avanzamento per stato di avanzamento

Fonte: nostre elaborazioni.

Fonte: nostre elaborazioni. 133

7

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fig. 2 – Fusioni dei Comuni: Fig. 2 – Fusioni deii progetti Comuni: nelle i progetti province nelle provincedi Belluno di Bellunoe Treviso e Treviso

Fonte: nostre elaborazioni.

Fonte: nostre elaborazioni.

Tab. 1 – Fusioni dei Comuni: i progetti nelle province di Belluno e Treviso

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

LIMANA 5.228 BL1 "Limana + Trichiana" 10.075 TRICHIANA 4.847 134 "S. Giustina + SANTA GIUSTINA 6.773 BL2 16.836 Sedico" SEDICO 10.063 ALANO DI PIAVE 2.760 BL3 "Setteville" 5.981 QUERO VAS 3.221 SAN PIETRO DI CADORE 1.617 BL4 "Comelico Inferiore" 4.164 S.TO STEFANO DI CADORE 2.547 LENTIAI 2.969 BL5 "Lentiai + Mel" 8.937 MEL 5.968

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

"Crespano + CRESPANO DEL GRAPPA 4.534 TV1 6.715 Paderno" PADERNO DEL GRAPPA 2.181

Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione). 8

Fig. 2 – Fusioni dei Comuni: i progetti nelle province di Belluno e Treviso

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab.Fonte: 1 – Fusioni nostre elaborazioni. dei Comuni: i progetti nelle province di Belluno e Treviso Tab. 1 – Fusioni dei Comuni: i progetti nelle province di Belluno e Treviso

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

LIMANA 5.228 BL1 "Limana + Trichiana" 10.075 TRICHIANA 4.847

"S. Giustina + SANTA GIUSTINA 6.773 BL2 16.836 Sedico" SEDICO 10.063 ALANO DI PIAVE 2.760 BL3 "Setteville" 5.981 QUERO VAS 3.221 SAN PIETRO DI CADORE 1.617 BL4 "Comelico Inferiore" 4.164 S.TO STEFANO DI CADORE 2.547 LENTIAI 2.969 BL5 "Lentiai + Mel" 8.937 MEL 5.968

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

"Crespano + CRESPANO DEL GRAPPA 4.534 TV1 6.715 Paderno" PADERNO DEL GRAPPA 2.181

Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione). Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione). 8

135 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fig. 3 – Fusioni dei Comuni: Fig. 3 – Fusionii progetti dei Comuni: nelle iprovince progetti nelle di Padova province e Rovigodi Padova e Rovigo

Fonte: nostre elaborazioni.

Fonte: nostre elaborazioni.

Tab. 2 – Fusioni dei Comuni: i progetti nelle province di Padova e Rovigo

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

MEGLIADINO S. FIDENZIO 1.934 MEGLIADINO SAN VITALE 1.937 PD1 Quattroville 8.933 SALETTO 2.783 S. MARGHERITA D'ADIGE 2.279 136 CASALE DI SCODOSIA 4.847 "Casale + Merlara + PD2 MERLARA 2.673 9.666 Urbana" URBANA 2.146 CASTELBALDO 1.528 PD3 "Castelbaldo + Masi" 3.293 MASI 1.765 LEGNARO 8.829 "Legnaro + Polverara PD4 POLVERARA 3.319 25.691 + Ponte S.N." PONTE SAN NICOLO' 13.543 BAONE 3.126 PD5 "Baone + Este" 19.587 ESTE 16.461 CARTURA 4.637 "Cartura + Conselve PD6 CONSELVE 10.272 17.594 + Terrassa" TERRASSA PADOVANA 2.685

9

Fig. 3 – Fusioni dei Comuni: i progetti nelle province di Padova e Rovigo

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Fonte: nostre elaborazioni. Tab. 2 – Fusioni dei Comuni:

Tab. 2 – Fusionii progetti dei Comuni: nelle province i progetti nelle di Padova province e di Rovigo Padova e Rovigo

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

MEGLIADINO S. FIDENZIO 1.934 MEGLIADINO SAN VITALE 1.937 PD1 Quattroville 8.933 SALETTO 2.783 S. MARGHERITA D'ADIGE 2.279 CASALE DI SCODOSIA 4.847 "Casale + Merlara + PD2 MERLARA 2.673 9.666 Urbana" URBANA 2.146 CASTELBALDO 1.528 PD3 "Castelbaldo + Masi" 3.293 MASI 1.765 LEGNARO 8.829 "Legnaro + Polverara PD4 POLVERARA 3.319 25.691 + Ponte S.N." PONTE SAN NICOLO' 13.543 BAONE 3.126 PD5 "Baone + Este" 19.587 ESTE 16.461 CARTURA 4.637 "Cartura + Conselve PD6 CONSELVE 10.272 17.594 + Terrassa" TERRASSA PADOVANA 2.685

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione 9 "Ceregnano + CEREGNANO 3.590 RO1 8.631 Villadose" VILLADOSE 5.041 FRASSINELLE POLESINE 1.423 RO2 Frassinelle Polesella 5.385 POLESELLA 3.962

Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione). Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione).

137 Fig. 4 – Fusioni dei Comuni: i progetti nelle province di Verona e Vicenza

Fonte: nostre elaborazioni.

10

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

"Ceregnano + CEREGNANO 3.590 RO1 8.631 Villadose" VILLADOSE 5.041 FRASSINELLE POLESINE 1.423 RO2 Frassinelle Polesella 5.385 POLESELLA 3.962

Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione).

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fig. 4 – Fusioni dei Fig.Comuni: 4 – Fusioni i progetti dei nelle Comuni: province di Verona e Vicenza i progetti nelle province di Verona e Vicenza

Fonte: nostre elaborazioni.

Fonte: nostre elaborazioni.

138

10

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab. 3 – Fusioni dei Comuni:

Tab. 3 – iFusioni progetti dei Comuni:nelle province i progetti nelledi Vicenza province die VicenzaVerona e Verona

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

BARBARANO VICENTINO 4.617 VI1 Barbarano Mossano 6.438 MOSSANO 1.821

"Malo + Monte di MALO 14.915 VI2 17.782 Malo" MONTE DI MALO 2.867 CAMPOLONGO S. BRENTA 815 CISMON DEL GRAPPA 911 VI3 "Valbrenta" SAN NAZARIO 1.691 7.133 SOLAGNA 1.889 VALSTAGNA 1.827 CARRE' 3.647 VI4 Colbregonza 6.195 CHIUPPANO 2.548 MASON VICENTINO 3.493 VI5 Colceresa 6.063 MOLVENA 2.570

"Gambugliano + GAMBUGLIANO 840 VI6 8.422 Sovizzo" SOVIZZO 7.582

Pop. Pop. Prov. Fusione Comuni Comuni Fusione

RONCA' 3.834 VR1 Valdalpone 8.949 SAN GIOVANNI ILARIONE 5.115 ANGIARI 2.274 VR2 "Angiari + Legnago" 27.539 LEGNAGO 25.265

"Bosco Chiesanuova BOSCO CHIESANUOVA 3.599 VR3 6.060 + Cerro Vr." CERRO VERONESE 2.461 BRENZONE SUL GARDA 2.452 "Brenzone + Ferrara FERRARA DI MONTE VR4 228 4.042 + S. Zeno" BALDO SAN ZENO DI MONTAGNA 1.362 ISOLA RIZZA 3.262 VR5 "Destra Adige" ROVERCHIARA 2.750 9.020 SAN PIETRO DI MORUBIO 3.008

Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione). Fonte: nostre elaborazioni (dati Istat per la popolazione).

139

11

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Tab. 4 – Fusioni dei Comuni: calcolo dei contributi statali per ogni progetto Tab. 4 – Fusioni dei Comuni: calcolo(valori dei contributi in euro) statali per ogni progetto (valori in euro)

Contrib. Contrib. Contrib. N° Fusione Prov. Pop. statale statale entrate Com. fusioni* pro cap. corr.**

Angiari + Legnago VR 2 27.539 2.000.000 73 +8% Baone + Este PD 2 19.587 2.000.000 102 +14% Cartura + Cons. + Terrassa PD 3 17.594 2.000.000 114 +24% Legnaro + Polver. + P.te S.N. PD 3 25.691 2.000.000 78 +14% Malo + Monte di Malo VI 2 17.782 2.000.000 112 +18% S. Giustina + Sedico BL 2 16.836 1.967.456 117 +26% Lentiai + Mel BL 2 8.937 1.461.048 163 +27% Casale + Merlara + Urbana PD 3 9.666 1.349.352 140 +22% Quattroville PD 4 8.933 1.314.390 147 +33% Limana + Trichiana BL 2 10.075 1.310.680 130 +17% Valbrenta VI 5 7.133 1.258.559 176 +21% Destra Adige VR 3 9.020 1.223.716 136 +26% Ceregnano + Villadose RO 2 8.631 1.203.176 139 +20% Valdalpone VR 2 8.949 1.111.418 124 +25% Setteville BL 2 5.981 1.028.765 172 +23% Crespano + Paderno TV 2 6.715 899.178 134 +22% Colceresa VI 2 6.063 838.706 138 +25% Gambugliano + Sovizzo VI 2 8.422 838.096 100 +20% Frassinelle Polesella RO 2 5.385 798.945 148 +17% Barbarano Mossano VI 2 6.438 794.210 123 +20% Colbregonza VI 2 6.195 745.562 120 +19% Comelico Inferiore BL 2 4.164 693.978 167 +21% Bosco Chiesan. + Cerro Vr. VR 2 6.060 655.213 108 +11% Brenzone + Ferrara + S.Zeno VR 3 4.042 586.855 145 +8% Castelbaldo + Masi PD 2 3.293 554.654 168 +27%

* pari al 60% dei trasferimenti statali del 2010, così come indicato nella Legge * pari al 60% dei trasferimenti statali deldi Bilancio2010, così 2018.come indicato nella Legge di Bilancio 2018. ** riferite al rendiconto 2016. Fonte: elaborazioni** riferite su dati al rendiconto Istat e Ministero 2016. dell’Interno.

140 Fonte: elaborazioni su dati Istat e Ministero dell'Interno.

12

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

La mappa funzionale del Veneto e le possibili aggregazioni comunali

Ogni Comune, capoluoghi inclusi, si trova a condividere con le realtà limitrofe un’articolata serie di funzioni e servizi: dalla raccolta dei rifiuti alla gestione dell’acqua, dai servizi di polizia alla protezione civile. Non è un caso, quindi, che la Regione Veneto abbia emanato le prime normative in materia di forme associate addirittura nel 1975 (poco dopo la sua istituzione); pertanto, il livello di gestione intercomunale dei servizi interessa il Veneto da oltre quarant’anni. Inizialmente furono le comunità montane (legge n. 1102 del 1971) ed i comprensori (legge regionale n. 64 del 1975), molti anni dopo arrivarono Unioni di Comuni, convenzioni e consorzi (decreto legislativo n. 267 del 2000), Intese Programmatiche d’Area (IPA, legge regionale n. 35 del 2001), ma anche strumenti suggeriti dall’Unione Europea come i Gruppi di Azione Locale (GAL, a partire dal 1989)4. Oltre a queste forme associate che possiamo definire “istituzionali”, i Comuni ricadono all’interno degli ambiti ottimali di gestione di una serie di funzioni quali sanità, polizia locale, protezione civile, servizi idrici, raccolta rifiuti. Questi servizi rispondono a logiche di efficienza e pertanto i bacini territoriali che formano non seguono i tradizionali confini amministrativi, scavalcando pertanto non solo i limiti provinciali ma persino quelli regionali. Si tratta, inoltre, di ambiti con caratteristiche

4 Salvato (2016).

141 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

diverse tra di loro e di conseguenza le zonizzazioni che formano non sono coincidenti. Ne risulta una sovrapposizione parziale ed incompleta di tutti questi livelli: i Comuni, di conseguenza, si trovano a gestire funzioni diverse con Amministrazioni locali diverse. Tutto questo causa una maggiore difficoltà dei processi amministrativi, ma anche un gap di rappresentanza in quanto si fatica a “fare squadra” tra Municipi e condividere problematiche e soluzioni per un territorio comune. Tuttavia, numerosi Comuni del Veneto condividono già molti livelli funzionali ed è su questa base che abbiamo sviluppato la presente analisi. L’obiettivo della mappatura del Veneto qui sviluppata è infatti quello di individuare gruppi di Comuni omogenei (una sorta di “minimo comune denominatore territoriale”) rispetto ai bacini territoriali determinati dalle seguenti funzioni: • sanità (Aziende ULSS)5; • acqua (consigli di bacino)6; • rifiuti (bacini di raccolta)7; • scuola (ambiti territoriali)8; • polizia locale (distretti)9; • protezione civile (distretti)10.

5 Legge regionale n. 19 del 2016. 6 Deliberazione della Giunta regionale n. 1955 del 2015. 7 Deliberazione della Giunta regionale n. 13 del 2014. 8 Decreto prot. AOODRVE n. 3195 del 2017. 9 Deliberazione della Giunta regionale n. 1221 del 2012. 10 Deliberazione della Giunta regionale n. 3936 del 2006.

142 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

L’analisi ha preso in esame i bacini territoriali delle 6 funzioni sopraindicate, individuando quali Municipi condividono tutti e 6 gli ambiti dei relativi servizi. Nel solo caso delle Aziende ULSS sono stati considerati sia l’assetto attuale derivante dalla recente riforma sanitaria regionale, sia quello precedente organizzato in 21 aziende sanitarie. I distretti socio-sanitari, per quanto utili ad un’analisi funzionale del Veneto, non sono stati considerati, in quanto rappresentano un livello organizzativo ormai superato dalla recente riforma. In realtà, l’analisi tiene conto anche dei confini provinciali: infatti, nonostante le modiche a livello di governance e la revisione delle competenze, le Province costituiscono ancora il riferimento principale per i tavoli intercomunali. Infine, un ultimo criterio considerato per l’individuazione dei bacini omogenei è quello della contiguità territoriale, in quanto punto di partenza fondamentale per possibili fusioni tra Comuni.

143 un’analisi funzionale del Veneto, non sono stati considerati, in quanto rappresentano un livello organizzativo ormai superato dalla recente riforma.

In realtà, l’analisi tiene conto anche dei confini provinciali: infatti, nonostante le modiche a livello di governance e la revisione delle competenze, le Province costituiscono ancora il riferimento principale per i tavoli intercomunali.

Infine, un ultimo criterio considerato per l’individuazione dei bacini omogenei è quello della contiguità territoriale,Riccardo in quantDalla Torreo punto e Alberto di partenza Cestari fondamentale per possibili fusioni tra Comuni.

Fig. 5 – Schema multi-livello della metodologia utilizzata Fig. 5 – Schema multi-livello della metodologia utilizzata per individuare i bacini omogenei dei per individuare i bacini omogenei dei Comuni Comuni

Fonte: nostre elaborazioni.

Necessariamente, perFonte: realizzare nostre elaborazioni. un lavoro di questo tipo sono state operate delle scelte precise. Nel nostro caso, infatti, si è deciso di escludere una serie di livelli di programmazione quali IPA, GAL e PATI per due motivi: da un lato non rappresentano Necessariamente,un servizio per vero realizzare e proprio un (nonlavoro lo dipuò qu essereesto tipo la pianificazione sono state operate delle scelte del territorio in quanto si compone a sua volta di molte altre precise. Nel nostroattività caso, e infatti, si lega si a è progettualità deciso di escl edudere iniziative una serie precise); di livelli dall’altro di programmazione quali

15 144

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni non costituiscono bacini che includono tutto il Veneto, in quanto organizzati su base volontaria. Di conseguenza, per le stesse ragioni non sono state considerate le Unioni di Comuni – che comportano la gestione associata di servizi, ma non rappresentano un servizio in sé – né le convenzioni, in quanto troppo eterogenee per quanto concerne la tipologia di servizi svolti in forma associata, gran parte dei quali non strategici (tra i tanti, possiamo ad esempio citare il trasporto scolastico, l’assistenza agli anziani, le biblioteche, la pulizia delle strade, ecc.). Ad ogni modo, si tratta di livelli sovracomunali che si possono successivamente confrontare con i bacini omogenei individuati, per valutare se esistono delle sovrapposizioni in grado di rinforzare ulteriormente (o viceversa modificare) la definizione degli ambiti proposti. L’analisi, infine, non considera le proposte di fusione in corso contenute nel paragrafo precedente, in quanto processi determinati direttamente dalle Amministrazioni locali, che non necessariamente derivano dal confronto dei bacini funzionali. Un discorso diverso riguarda il tema “lavoro”. In questo caso, infatti, una soluzione poteva essere quella di considerare nell’analisi anche i bacini definiti dai centri per l’impiego. Tuttavia, considerando l’incertezza rispetto al loro ruolo, si è deciso di escluderli, anche in funzione dello scarso peso delle politiche per il lavoro all’interno dei singoli Comuni. Al tempo stesso, una delle possibili alternative era quella di considerare i bacini definiti dalla classificazione dei sistemi locali del lavoro definiti dall’Istat. I sistemi locali del lavoro, infatti, vengono delimitati utilizzando i flussi degli spostamenti giornalieri di pendolarismo casa/lavoro

145 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

rilevati in occasione dei Censimenti e definiscono una griglia territoriale i cui confini non seguono l’articolazione amministrativa del territorio. Tuttavia, pur rappresentando un’organizzazione territoriale funzionale molto interessante per l’analisi socio- economica, i sistemi locali del lavoro non costituiscono bacini relativi a servizi e per questo motivo si è deciso di non considerarli. Infine, la presente analisi non si integra con il piano di riordino territoriale della Regione Veneto11 né si conforma ai criteri ed alle metodologie presenti nello stesso, ma nemmeno ha le pretese di porsi quale soluzione alternativa, limitandosi piuttosto ad individuare bacini funzionali omogenei quale possibile base per progetti di aggregazione tra Comuni. Complessivamente, sono stati individuati 93 bacini omogenei, che mettono insieme ben 481 Comuni (l’84% del totale regionale). Queste aggregazioni rappresentano oltre 3 milioni di abitanti, pari a circa il 65% del Veneto e addirittura l’80% della superficie regionale. I numeri rispecchiano un’ultima precisa scelta effettuata in questa analisi: abbiamo infatti deciso di escludere da questi ambiti i capoluoghi di provincia. Il motivo è lo stesso che ci ha spinto a considerare i confini provinciali: dovendo necessariamente proporre una mappatura operativa, da considerare come base utilizzabile per futuri processi di fusione, a nostro avviso è inutile comprendere le principali città, in quanto rappresentano dei soggetti “dominanti” in una logica di aggregazione. In altre parole, se in Veneto – ad oggi – le fusioni hanno faticato molto ad attecchire, per provare ad incentivarle

11 Approvato con Deliberazione della Giunta Regionale n. 1417 del 6 agosto 2013.

146 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni maggiormente a nostro avviso è fondamentale partire dal basso e da motivazioni funzionali. Se in questi processi dovessero entrare anche i capoluoghi, il ragionamento si sposterebbe su logiche del tipo grande vs piccolo, che è opportuno eludere fin da subito per evitare il naufragare immediato di ogni possibile iniziativa. La tabella seguente riassume in unico quadro tutti i 93 bacini individuati, che si distribuiscono territorialmente in questo modo: • 21 in provincia di Vicenza; • 18 in provincia di Verona; • 18 in provincia di Treviso; • 12 in provincia di Padova; • 10 in provincia di Rovigo; • 9 in provincia di Belluno; • 5 in provincia di Venezia. Per ogni ambito individuato, viene di seguito riportato il dato relativo alla popolazione residente e alla superficie territoriale.

147 La tabella seguente riassume in unico quadro tutti i 93 bacini individuati, che si

distribuiscono territorialmente in questo modo:

. 21 in provincia di Vicenza;

. 18 in provincia di Verona;

. 18 in provincia di Treviso;

. 12 in provincia di Padova;

. 10 in provincia di Rovigo;

. 9 in provincia di Belluno;

Riccardo Dalla. 5 inTorre provincia e Albertodi Venezia. Cestari

Per ogni ambito individuato, viene di seguito riportato il dato relativo alla popolazione

residente e alla superficie territoriale. Tab. 5 – Ambiti omogenei individuati in Veneto,

Tab.popolazione 5 – Ambiti omogenei residenteindividuati in Veneto e, popolazionesuperficie residente e territorialesuperficie territoriale

Popolazione Superficie Popolazione Superficie Ambito Ambito 1.1.2017 (kmq) 1.1.2017 (kmq)

BL 1 9.648 170,6 VE 1 113.928 169,0 BL 2 9.101 283,1 VE 2 129.598 314,2 BL 3 19.147 658,5 VE 3 71.230 201,8 BL 4 8.532 343,1 VE 4 38.636 191,9 BL 5 17.185 594,1 VE 5 70.340 415,1 BL 6 9.813 409,6 BL 7 26.966 324,8 VR 1 15.255 193,8 BL 8 49.678 521,8 VR 2 71.209 231,1 BL 9 5.981 82,4 VR 3 19.464 159,8 VR 4 18.107 134,8 PD 1 77.998 170,8 VR 5 88.049 221,8 PD 2 86.009 200,5 VR 6 23.749 52,7 PD 3 37.236 104,0 VR 7 8.279 72,2 PD 4 24.505 77,1 VR 8 39.168 188,9 PD 5 30.839 146,1 VR 9 26.434 122,4 PD 6 12.148 24,8 VR 10 11.493 70,3 PD 7 6.505 44,4 VR 11 38.225 161,8 PD 8 37.233 244,3 VR 12 21.019 223,0 PD 9 31.230 36,7 VR 13 23.573 49,4 PD 10 49.684 227,6 VR 14 16.267 150,3 PD 11 54.403 206,1 VR 15 16.457 31,3 PD 12 66.065 101,2 VR 16 17.395 101,1 18 VR 17 37.343 77,0 RO 1 24.347 248,3 VR 18 22.681 111,4

RO 2 24.748 434,7 RO 3 37.967 215,9 VI 1 9.787 51,8 RO 4 4.184 54,6 VI 2 63.349 185,5 RO 5 24.312 156,9 VI 3 44.855 115,3 RO 6 19.958 192,1 VI 4 14.504 46,7 RO 7 8.631 62,2 VI 5 15.595 30,1 RO 8 4.350 74,3 VI 6 36.714 98,1 RO 9 55.545 139,9 VI 7 31.957 183,1 RO 10 8.784 51,3 VI 8 21.383 103,9 VI 9 25.452 56,4 TV 1 78.246 214,1 VI 10 53.422 88,3 TV 2 21.358 121,8 VI 11 9.699 27,9 TV 3 31.138 64,6 VI 12 11.324 63,9 TV 4 27.285 75,8 VI 13 60.419 98,6 TV 5 57.315 131,6 VI 14 12.210 234,7 TV 6 16.039 94,5 VI 15 68.856 192,3 TV 7 95.200 221,3 VI 16 24.507 43,3 TV 8 59.139 276,5 VI 17 16.153 405,0 TV 9 25.992 91,3 VI 18 53.621 166,1 TV 10 9.012 33,9 VI 19 64.522 86,9 TV 11 25.659 56,9 VI 20 21.180 49,7 TV 12 21.924 46,9 VI 21 6.063 19,4 TV 13 59.128 127,2 TV 14 33.816 98,3 TV 15 17.272 73,8 TV 16 24.313 40,3 TV 17 24.645 80,7 TV 18 72.541 277,0

Fonte: Fonte:elaborazione elaborazione su sudati Istat.dati Istat.

A livello territoriale, i risultati dell’analisi si possono apprezzare nelle pagine seguenti. Per 148 ogni provincia del Veneto è stata riportata una mappa con colori diversi per ogni area omogenea

individuata, unitamente ad una tabella riepilogativa con il dato relativo alla popolazione residente di

ogni Comune inserito all’interno delle aggregazioni definite. In bianco sono stati rappresentati i

Comuni non inseriti in alcun bacino individuato, in virtù di queste caratteristiche:

. essere capoluoghi di provincia;

. non condividere con alcun altro Comune tutti e 6 i bacini relativi ai servizi

considerati;

19

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

A livello territoriale, i risultati dell’analisi si possono apprezzare nelle pagine seguenti. Per ogni provincia del Veneto è stata riportata una mappa con colori diversi per ogni area omogenea individuata, unitamente ad una tabella riepilogativa con il dato relativo alla popolazione residente di ogni Comune inserito all’interno delle aggregazioni definite. In bianco sono stati rappresentati i Comuni non inseriti in alcun bacino individuato, in virtù di queste caratteristiche: • essere capoluoghi di provincia; • non condividere con alcun altro Comune tutti e 6 i bacini relativi ai servizi considerati; • condividere con Comuni non contigui tutti e 6 i bacini relativi ai servizi considerati, non rispettando pertanto il vincolo della contiguità territoriale.

149 . condividereRiccardo con Dalla Comuni Torre e Albertonon contigui Cestari tutti e 6 i bacini relativi ai servizi considerati,

non rispettando pertanto il vincolo della contiguità territoriale. Fig. 6 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Belluno Fig. 6 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Belluno

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Tab. 6 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Belluno, dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

BL 1 Alpago 6.926 BL 5 Auronzo di Cadore 3.315 150 Chies d'Alpago 1.364 Calalzo di Cadore 2.024 Tambre 1.358 Domegge di Cadore 2.430 Lorenzago di Cadore 558 BL 2 Longarone 5.301 Lozzo di Cadore 1.342 Soverzene 386 Perarolo di Cadore 374 Val di Zoldo 3.185 Pieve di Cadore 3.796 Zoppè di Cadore 229 Valle di Cadore 1.914 Vigo di Cadore 1.432 BL 3 Agordo 4.111 Alleghe 1.201 BL 6 Borca di Cadore 815 Canale d'Agordo 1.115 Cibiana di Cadore 405 Cencenighe Agordino 1.307 Cortina d'Ampezzo 5.852 Colle Santa Lucia 366 San Vito di Cadore 1.881

20

. condividere con Comuni non contigui tutti e 6 i bacini relativi ai servizi considerati,

non rispettando pertanto il vincolo della contiguità territoriale.

Fig. 6 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Belluno

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab.Fonte: 6 elaborazione– Ambiti su omogenei fonti varie. individuati in provincia di Belluno, dettaglio Comuni e

Tab. 6 – Ambiti omogenei individuatipopolazione in provincia residente di Belluno, dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

BL 1 Alpago 6.926 BL 5 Auronzo di Cadore 3.315 Chies d'Alpago 1.364 Calalzo di Cadore 2.024 Tambre 1.358 Domegge di Cadore 2.430 Lorenzago di Cadore 558 BL 2 Longarone 5.301 Lozzo di Cadore 1.342 Soverzene 386 Perarolo di Cadore 374 Val di Zoldo 3.185 Pieve di Cadore 3.796 Zoppè di Cadore 229 Valle di Cadore 1.914 Vigo di Cadore 1.432 BL 3 Agordo 4.111 Alleghe 1.201 BL 6 Borca di Cadore 815 Canale d'Agordo 1.115 Cibiana di Cadore 405 Cencenighe Agordino 1.307 Cortina d'Ampezzo 5.852 Colle Santa Lucia 366 San Vito di Cadore 1.881 Falcade 1.926 Vodo Cadore 860 Gosaldo 625 20 La Valle Agordina 1.089 BL 7 Lentiai 2.969 Livinallongo d. Col di L. 1.301 Mel 5.968 Rivamonte Agordino 631 Sedico 10.063 Rocca Pietore 1.228 Sospirolo 3.119 San Tomaso Agordino 636 Trichiana 4.847 Selva di Cadore 513 Taibon Agordino 1.742 BL 8 Arsiè 2.328 Vallada Agordina 497 Cesiomaggiore 3.988 Voltago Agordino 859 Feltre 20.646 Fonzaso 3.212 BL 4 Comelico Superiore 2.199 Lamon 2.842 Danta di Cadore 455 Pedavena 4.434 S. Nicolò di Comelico 395 San Gregorio nelle Alpi 1.571 San Pietro di Cadore 1.617 Santa Giustina 6.773 S. Stefano di Cadore 2.547 Seren del Grappa 2.453 Sappada 1.319 Sovramonte 1.431

BL 9 Alano di Piave 2.760 Quero Vas 3.221

Fonte: elaborazione su dati Istat. Fonte: elaborazione su dati Istat.

151 Fig. 7 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Padova

Fonte: elaborazione su fonti varie.

21

Falcade 1.926 Vodo Cadore 860 Gosaldo 625 La Valle Agordina 1.089 BL 7 Lentiai 2.969 Livinallongo d. Col di L. 1.301 Mel 5.968 Rivamonte Agordino 631 Sedico 10.063 Rocca Pietore 1.228 Sospirolo 3.119 San Tomaso Agordino 636 Trichiana 4.847 Selva di Cadore 513 Taibon Agordino 1.742 BL 8 Arsiè 2.328 Vallada Agordina 497 Cesiomaggiore 3.988 Voltago Agordino 859 Feltre 20.646 Fonzaso 3.212 BL 4 Comelico Superiore 2.199 Lamon 2.842 Danta di Cadore 455 Pedavena 4.434 S. Nicolò di Comelico 395 San Gregorio nelle Alpi 1.571 San Pietro di Cadore 1.617 Santa Giustina 6.773 S. Stefano di Cadore 2.547 Seren del Grappa 2.453 Sappada 1.319 Sovramonte 1.431

BL 9 Alano di Piave 2.760 Quero Vas 3.221 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fonte: elaborazione su dati Istat. Fig. 7 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Padova Fig. 7 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Padova

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Fonte: elaborazione su fonti varie.

21

152 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab. 7 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Padova,

Tab. 7 – Ambitidettaglio omogenei individuatiComuni in provinciae popolazione di Padova, dettaglio residente Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

PD 1 Carmignano di Brenta 7.614 PD 8 Carceri 1.559 Cittadella 20.157 Casale di Scodosia 4.847 Fontaniva 8.087 Castelbaldo 1.528 Galliera Veneta 7.147 Masi 1.765 Gazzo 4.305 Megliadino S. Fidenzio 1.934 Grantorto 4.646 Megliadino San Vitale 1.937 San Martino di Lupari 13.164 Merlara 2.673 San Pietro in Gu 4.497 Montagnana 9.120 Tombolo 8.381 Piacenza d'Adige 1.303 Ponso 2.459 PD 2 Borgoricco 8.765 Saletto 2.783 Camposampiero 12.056 S. Margherita d'Adige 2.279 Loreggia 7.583 Urbana 2.146 Massanzago 6.067 Vighizzolo d'Este 900 Piombino Dese 9.558 S. Giorgio delle Pert. 10.171 PD 9 Albignasego 25.869 Santa Giustina in Colle 7.212 Casalserugo 5.361 Trebaseleghe 12.927 Villa del Conte 5.549 PD 10 Baone 3.126 Villanova di Campos. 6.121 Barbona 658 Cinto Euganeo 1.979 PD 3 Campo San Martino 5.775 Este 16.461 Campodoro 2.669 Granze 2.033 Curtarolo 7.302 Ospedaletto Euganeo 5.695 Piazzola sul Brenta 11.244 Sant'Elena 2.460 Villafranca Padovana 10.246 Sant'Urbano 2.050 Solesino 7.027 PD 4 Monselice 17.616 Stanghella 4.159 Pernumia 3.858 Vescovana 1.825 San Pietro Viminario 3.031 Villa Estense 2.211

PD 5 Agna 3.325 PD 11 Arzergrande 4.790 Anguillara Veneta 4.401 Brugine 7.058 Arre 2.146 Codevigo 6.475 Bagnoli di Sopra 3.625 Correzzola 5.263 Conselve 10.272 Piove di Sacco 19.850 Terrassa Padovana 2.685 Pontelongo 3.762 Tribano 4.385 Sant'Angelo di P. di S. 7.205

PD 6 Legnaro 8.829 PD 12 Cervarese S.ta Croce 5.770 Polverara 3.319 Mestrino 11.425 Rubano 16.283 PD 7 Lozzo Atestino 3.150 Saccolongo 4.922 Vo' 3.355 Selvazzano Dentro 22.946 Veggiano 4.719

Fonte:Fonte: elaborazione elaborazione su su dati dati Istat. Istat.

153 23

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fig. 8 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Rovigo Fig. 8 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Rovigo

Fonte: elaborazione su fonti varie. Fonte: elaborazione su fonti varie.

Tab. 8 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Rovigo, dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

RO 1 Loreo 3.461 RO 6 Bergantino 2.536 Porto Viro 14.405 Calto 736 Rosolina 6.481 Castelmassa 4.159 Castelnovo Bariano 2.739 RO 2 Ariano nel Polesine 4.270 Ceneselli 1.683 Corbola 2.389 Ficarolo 2.421 Porto Tolle 9.751 Melara 1.799 Taglio di Po 8.338 Salara 1.144 Trecenta 2.741 RO 3 Arquà Polesine 2.691 Badia Polesine 10.442 RO 7 Ceregnano 3.590 Costa di Rovigo 2.594 Villadose 5.041 Fratta Polesine 2.677 Lendinara 11.802 RO 8 Crespino 1.871 Lusia 3.477 Gavello 1.542 San Bellino 1.110 Villanova Marchesana 937 Villamarzana 1.191 154 Villanova del Ghebbo 1.983 RO 9 Rovigo 51.625 S. Martino di Venezze 3.920 RO 4 Canaro 2.761 Frassinelle Polesine 1.423 RO 10 Bosaro 1.467 Guarda Veneta 1.142 RO 5 Bagnolo di Po 1.274 Polesella 3.962 Castelguglielmo 1.568 Pontecchio Polesine 2.213 Fiesso Umbertiano 4.085 Gaiba 1.049 Occhiobello 11.958 Pincara 1.139 Stienta 3.239

Fonte: elaborazione su dati Istat.

24

Fig. 8 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Rovigo

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab.Fonte: 8 elaborazione – Ambiti suomogenei fonti varie. individuati in provincia di Rovigo, dettaglio Comuni e popolazione residente

Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

RO 1 Loreo 3.461 RO 6 Bergantino 2.536 Porto Viro 14.405 Calto 736 Rosolina 6.481 Castelmassa 4.159 Castelnovo Bariano 2.739 RO 2 Ariano nel Polesine 4.270 Ceneselli 1.683 Corbola 2.389 Ficarolo 2.421 Porto Tolle 9.751 Melara 1.799 Taglio di Po 8.338 Salara 1.144 Trecenta 2.741 RO 3 Arquà Polesine 2.691 Badia Polesine 10.442 RO 7 Ceregnano 3.590 Costa di Rovigo 2.594 Villadose 5.041 Fratta Polesine 2.677 Lendinara 11.802 RO 8 Crespino 1.871 Lusia 3.477 Gavello 1.542 San Bellino 1.110 Villanova Marchesana 937 Villamarzana 1.191 Villanova del Ghebbo 1.983 RO 9 Rovigo 51.625 S. Martino di Venezze 3.920 RO 4 Canaro 2.761 Frassinelle Polesine 1.423 RO 10 Bosaro 1.467 Guarda Veneta 1.142 RO 5 Bagnolo di Po 1.274 Polesella 3.962 Castelguglielmo 1.568 Pontecchio Polesine 2.213 Fiesso Umbertiano 4.085 Gaiba 1.049 Occhiobello 11.958 Pincara 1.139 Stienta 3.239

Fonte: elaborazione su dati Istat. Fonte: elaborazione su dati Istat.

155

24

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fig. 9 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Treviso Fig. 9 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Treviso

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Tab. 9 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Treviso, dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

TV 1 Caerano di San Marco 8.036 TV 9 Farra di Soligo 8.881 Crocetta del Montello 6.093 Miane 3.312 Giavera del Montello 5.138 Pieve di Soligo 12.060 Montebelluna 31.324 Refrontolo 1.739 Nervesa della Batt. 6.719 Trevignano 10.766 TV 10 Moriago della Batt. 2.800 156 Volpago del Montello 10.170 Sernaglia della Batt. 6.212

TV 2 Borso del Grappa 5.932 TV 11 Morgano 4.491 Castelcucco 2.228 Quinto di Treviso 9.881 Cavaso del Tomba 2.937 Zero Branco 11.287 Crespano del Grappa 4.534 Monfumo 1.386 TV 12 Arcade 4.504 Paderno del Grappa 2.181 Povegliano 5.211 Possagno 2.160 Spresiano 12.209

TV 3 Istrana 9.205 TV 13 Breda di Piave 7.863 Paese 21.933 Carbonera 11.206 Maserada sul Piave 9.361 TV 4 Altivole 6.919 Ponzano Veneto 12.714 Loria 9.354 Villorba 17.984 Riese Pio X 11.012 TV 14 Asolo 9.068 TV 5 Castelfranco Veneto 33.369 Cornuda 6.264 Castello di Godego 7.081 Fonte 5.894 Vedelago 16.865 Maser 5.088

25

Fig. 9 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Treviso

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab. 9 – Ambiti omogenei Fonte: elaborazione su fonti varie. individuati in provincia di Treviso,

Tab. 9dettaglio – Ambiti omogenei Comuni individuati in provinciae popolazione di Treviso, dettaglio residente Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

TV 1 Caerano di San Marco 8.036 TV 9 Farra di Soligo 8.881 Crocetta del Montello 6.093 Miane 3.312 Giavera del Montello 5.138 Pieve di Soligo 12.060 Montebelluna 31.324 Refrontolo 1.739 Nervesa della Batt. 6.719 Trevignano 10.766 TV 10 Moriago della Batt. 2.800 Volpago del Montello 10.170 Sernaglia della Batt. 6.212

TV 2 Borso del Grappa 5.932 TV 11 Morgano 4.491 Castelcucco 2.228 Quinto di Treviso 9.881 Cavaso del Tomba 2.937 Zero Branco 11.287 Crespano del Grappa 4.534 Monfumo 1.386 TV 12 Arcade 4.504 Paderno del Grappa 2.181 Povegliano 5.211 Possagno 2.160 Spresiano 12.209

TV 3 Istrana 9.205 TV 13 Breda di Piave 7.863 Paese 21.933 Carbonera 11.206 Maserada sul Piave 9.361 TV 4 Altivole 6.919 Ponzano Veneto 12.714 Loria 9.354 Villorba 17.984 Riese Pio X 11.012 TV 14 Asolo 9.068 TV 5 Castelfranco Veneto 33.369 Cornuda 6.264 Castello di Godego 7.081 Fonte 5.894 Vedelago 16.865 Maser 5.088 S. Zenone degli Ezzelini 7.502 TV 6 Segusino 1.888 25 Valdobbiadene 10.409 TV 15 Monastier di Treviso 4.308 Vidor 3.742 San Biagio di Callalta 12.964

TV 7 Codognè 5.316 TV 16 Casale sul Sile 12.995 Conegliano 34.999 Casier 11.318 Gaiarine 6.092 Godega di S. Urbano 6.037 TV 17 Roncade 14.471 Mareno di Piave 9.606 Silea 10.174 San Fior 6.962 San Vendemiano 10.024 TV 18 Chiarano 3.735 Santa Lucia di Piave 9.195 Cimadolmo 3.376 Vazzola 6.969 Gorgo al Monticano 4.138 Mansuè 5.027 TV 8 Cappella Maggiore 4.700 Motta di Livenza 10.765 Cison di Valmarino 2.618 Oderzo 20.400 Cordignano 7.020 Ormelle 4.466 Follina 3.864 Ponte di Piave 8.345 Fregona 2.987 Portobuffolè 755 Revine Lago 2.198 Salgareda 6.674 Sarmede 3.054 San Polo di Piave 4.860 Tarzo 4.378 Vittorio Veneto 28.320

Fonte: Fonte:elaborazione elaborazione su sudati datiIstat. Istat.

Fig. 10 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Venezia 157

Fonte: elaborazione su fonti varie.

26

S. Zenone degli Ezzelini 7.502 TV 6 Segusino 1.888 Valdobbiadene 10.409 TV 15 Monastier di Treviso 4.308 Vidor 3.742 San Biagio di Callalta 12.964

TV 7 Codognè 5.316 TV 16 Casale sul Sile 12.995 Conegliano 34.999 Casier 11.318 Gaiarine 6.092 Godega di S. Urbano 6.037 TV 17 Roncade 14.471 Mareno di Piave 9.606 Silea 10.174 San Fior 6.962 San Vendemiano 10.024 TV 18 Chiarano 3.735 Santa Lucia di Piave 9.195 Cimadolmo 3.376 Vazzola 6.969 Gorgo al Monticano 4.138 Mansuè 5.027 TV 8 Cappella Maggiore 4.700 Motta di Livenza 10.765 Cison di Valmarino 2.618 Oderzo 20.400 Cordignano 7.020 Ormelle 4.466 Follina 3.864 Ponte di Piave 8.345 Fregona 2.987 Portobuffolè 755 Revine Lago 2.198 Salgareda 6.674 Sarmede 3.054 San Polo di Piave 4.860 Tarzo 4.378 Vittorio Veneto 28.320 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fonte: elaborazione su dati Istat. Fig. 10 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Venezia Fig. 10 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Venezia

Fonte: elaborazione su fonti varie. Fonte: elaborazione su fonti varie.

26

158 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab. 10 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Venezia, Tab. 10 – Ambiti omogeneidettaglio individuati Comuni in provincia e popolazione di Venezia, residente dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

VE 1 Martellago 21.480 VE 3 Ceggia 6.145 Mirano 27.105 Musile di Piave 11.443 Noale 16.031 Noventa di Piave 6.974 Salzano 12.835 San Donà di Piave 41.883 Santa Maria di Sala 17.639 Torre di Mosto 4.785 Scorzè 18.838 VE 4 Eraclea 12.322 VE 2 Campagna Lupia 7.206 Jesolo 26.314 Campolongo Magg. 10.541 Camponogara 13.174 VE 5 Annone Veneto 3.958 Dolo 14.953 Cinto Caomaggiore 3.247 Fiesso d'Artico 8.222 Concordia Sagittaria 10.365 Fossò 7.020 Fossalta di Portogruaro 6.047 Mira 38.501 Gruaro 2.808 Pianiga 12.335 Portogruaro 25.116 Stra 7.630 Pramaggiore 4.596 Vigonovo 10.016 San Michele al Tagl.to 11.888 Teglio Veneto 2.315

Fonte: elaborazione su dati Istat. Fonte: elaborazione su dati Istat.

Fig. 11 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Verona

159

Fonte: elaborazione su fonti varie.

27

Tab. 10 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Venezia, dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

VE 1 Martellago 21.480 VE 3 Ceggia 6.145 Mirano 27.105 Musile di Piave 11.443 Noale 16.031 Noventa di Piave 6.974 Salzano 12.835 San Donà di Piave 41.883 Santa Maria di Sala 17.639 Torre di Mosto 4.785 Scorzè 18.838 VE 4 Eraclea 12.322 VE 2 Campagna Lupia 7.206 Jesolo 26.314 Campolongo Magg. 10.541 Camponogara 13.174 VE 5 Annone Veneto 3.958 Dolo 14.953 Cinto Caomaggiore 3.247 Fiesso d'Artico 8.222 Concordia Sagittaria 10.365 Fossò 7.020 Fossalta di Portogruaro 6.047 Mira 38.501 Gruaro 2.808 Pianiga 12.335 Portogruaro 25.116 Stra 7.630 Pramaggiore 4.596 Vigonovo 10.016 San Michele al Tagl.to 11.888 Teglio Veneto 2.315

Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari Fonte: elaborazione su dati Istat.

Fig. 11 – Ambiti omogenei Fig. 11 – Ambitiindividuati omogenei inindivi provinciaduati in diprovincia Verona di Verona

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Fonte: elaborazione su fonti varie.

27

160 Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab. 11 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Verona, Tab. 11 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Verona, dettaglio Comuni e popolazione dettaglio Comuni eresidente popolazione residente

Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

VR 1 Affi 2.341 VR 10 Nogara 8.493 Brenzone sul Garda 2.452 Sorgà 3.000 Costermano 3.733 Malcesine 3.704 VR 11 Angiari 2.274 Torri del Benaco 3.025 Bovolone 15.874 Concamarise 1.085 VR 2 Dolcè 2.587 Isola Rizza 3.262 Fumane 4.092 Oppeano 9.972 Marano di Valpolicella 3.145 Roverchiara 2.750 Negrar 17.105 San Pietro di Morubio 3.008 Pescantina 17.133 San Pietro in Cariano 12.851 VR 12 Bosco Chiesanuova 3.599 S. Ambrogio di Valpol. 11.758 Cerro Veronese 2.461 Sant'Anna d'Alfaedo 2.538 Erbezzo 720 Grezzana 10.802 VR 3 Brentino Belluno 1.388 Roverè Veronese 2.115 Caprino Veronese 8.394 San Mauro di Saline 563 Cavaion Veronese 5.910 Velo Veronese 759 Ferrara di Monte Baldo 228 Rivoli Veronese 2.182 VR 13 Lavagno 8.425 San Zeno di Montagna 1.362 S. Martino Buon Alb. 15.148

VR 4 Bardolino 7.086 VR 14 Badia Calavena 2.654 Garda 4.105 Illasi 5.253 Lazise 6.916 Mezzane di Sotto 2.483 Selva di Progno 911 VR 5 Povegliano Veronese 7.180 Tregnago 4.966 Sommacampagna 14.746 Sona 17.630 VR 15 Caldiero 7.826 Valeggio sul Mincio 15.308 Colognola ai Colli 8.631 Villafranca di Verona 33.185 VR 16 Cazzano di Tramigna 1.513 VR 6 Castelnuovo d. Garda 13.284 Montecchia di Crosara 4.347 Peschiera del Garda 10.465 Roncà 3.834 San Giovanni Ilarione 5.115 VR 7 Erbè 1.888 Vestenanova 2.586 Nogarole Rocca 3.637 Trevenzuolo 2.754 VR 17 Monteforte d'Alpone 8.939 San Bonifacio 21.258 VR 8 Bonavigo 2.040 Soave 7.146 Boschi Sant'Anna 1.400 Legnago 25.265 VR 18 Cologna Veneta 8.605 Minerbe 4.626 Pressana 2.528 Villa Bartolomea 5.837 Roveredo di Guà 1.575 Veronella 5.077 VR 9 Casaleone 5.766 Zimella 4.896 Cerea 16.601 Sanguinetto 4.067

Fonte:Fonte: elaborazione elaborazione su sudati datiIstat. Istat. 28

161 Riccardo Dalla Torre e Alberto Cestari

Fig. 12 – Ambiti omogenei

individuati in provincia di Vicenza

Fig. 12 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Vicenza

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Fonte: elaborazione su fonti varie.

Tab. 12 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Vicenza, dettaglio Comuni e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 162 1.1.2017 1.1.2017

VI 1 Sarego 6.744 VI 12 Caltrano 2.537 Val Liona 3.043 Calvene 1.325 Fara Vicentino 3.821 VI 2 Brogliano 3.988 Lugo di Vicenza 3.641 Castelgomberto 6.130 Cornedo Vicentino 12.012 VI 13 Carrè 3.647 Recoaro Terme 6.354 Chiuppano 2.548 Trissino 8.785 Montecchio Precalc. 5.046 Valdagno 26.080 Sarcedo 5.272 Thiene 24.280 VI 3 Altissimo 2.239 Villaverla 6.161 Arzignano 25.610 Zanè 6.632 Chiampo 12.891 Zugliano 6.833 Crespadoro 1.317 Nogarole Vicentino 1.185 VI 14 Arsiero 3.130 San Pietro Mussolino 1.613 Cogollo del Cengio 3.231 Laghi 130 29

Fig. 12 – Ambiti omogenei individuati in provincia di Vicenza

Il processo di riordino istituzionale in Veneto: dai bacini funzionali alle fusioni di Comuni

Tab. 12 – Ambiti omogenei individuati Fonte:in elaborazioneprovincia su fonti varie. di Vicenza,

dettaglioTab. 12 – Ambiti omogenei Comuni individuati ine provinc popolazioneia di Vicenza, dettaglio Comuni residente e popolazione residente Pop. Pop. Ambito Comune Ambito Comune 1.1.2017 1.1.2017

VI 1 Sarego 6.744 VI 12 Caltrano 2.537 Val Liona 3.043 Calvene 1.325 Fara Vicentino 3.821 VI 2 Brogliano 3.988 Lugo di Vicenza 3.641 Castelgomberto 6.130 Cornedo Vicentino 12.012 VI 13 Carrè 3.647 Recoaro Terme 6.354 Chiuppano 2.548 Trissino 8.785 Montecchio Precalc. 5.046 Valdagno 26.080 Sarcedo 5.272 Thiene 24.280 VI 3 Altissimo 2.239 Villaverla 6.161 Arzignano 25.610 Zanè 6.632 Chiampo 12.891 Zugliano 6.833 Crespadoro 1.317 Nogarole Vicentino 1.185 VI 14 Arsiero 3.130 San Pietro Mussolino 1.613 Cogollo del Cengio 3.231 Laghi 130 VI 4 Gambellara 3.404 Lastebasse 201 29 Montebello Vicentino 6.551 Pedemonte 751 Montorso Vicentino 3.143 Posina 555 Zermeghedo 1.406 Tonezza del Cimone 525 Valdastico 1.281 VI 5 Bolzano Vicentino 6.548 Velo d'Astico 2.406 Monticello Conte Otto 9.047 VI 15 Monte di Malo 2.867 VI 6 Camisano Vicentino 11.184 Piovene Rocchette 8.343 Grisignano di Zocco 4.286 San Vito di Leguzzano 3.605 Grumolo delle Abbad. 3.742 Santorso 5.764 Quinto Vicentino 5.817 Schio 39.219 Torri di Quartesolo 11.685 Torrebelvicino 5.867 Valli del Pasubio 3.191 VI 7 Agugliaro 1.432 Albettone 2.061 VI 16 Malo 14.915 Asigliano Veneto 863 Marano Vicentino 9.592 Barbarano Vicentino 4.617 Campiglia dei Berici 1.698 VI 17 Asiago 6.429 Mossano 1.821 Enego 1.676 Noventa Vicentina 8.872 Foza 701 Pojana Maggiore 4.332 Gallio 2.390 Sossano 4.350 Roana 4.299 Villaga 1.911 Rotzo 658

VI 8 Arcugnano 7.842 VI 18 Bassano del Grappa 43.395 Castegnero 2.928 Campolongo s. Brenta 815 Longare 5.731 Cismon del Grappa 911 Montegaldella 1.784 Pove del Grappa 3.093 Nanto 3.098 San Nazario 1.691 Solagna 1.889 VI 9 Bressanvido 3.167 Valstagna 1.827 Dueville 13.853 Sandrigo 8.432 VI 19 Cassola 14.735 Romano d'Ezzelino 14.407 VI 10 Altavilla Vicentina 12.004 Rosà 14.444 Caldogno 11.274 Rossano Veneto 8.096 Costabissara 7.566 Tezze sul Brenta 12.840 Creazzo 11.350 Gambugliano 840 VI 20 Marostica 14.008 Monteviale 2.806 Nove 4.999 Sovizzo 7.582 Pianezze 2.173

VI 11 Mason Vicentino 3.493 Molvena 2.570

Fonte: elaborazioneFonte: elaborazione su datisu Istat. dati Istat.

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