DILLINGER È MORTO Dillinger è- sì un film a basso costo, è un film abbastanza felice, è un film libero, ma poi deve rientrare nei canali, c'è una distribuzione, ci sono le vendite, cioè entra nei canali normali; è 1968-69 sempre una protesta borghese; ripeto, può darsi che noi possiamo fare solo qiiesto, Ma io non sono contento; sento gente che dice: «Ma io non sono integrato, io non sono contento di quello che faccio, io faccio tutti gli sforzi per essere al di fiori», ma non è vero, con le opere non intacchiamo. [..] Esistono certe strutture, ma non servono. Un film come Dil- linger in fondo è come se lo avesse fatto lo stato: lo distri- r.: ; a. r.: Arturo Caravati; 5.: Marco Ferreri bùisce l'Ital Noleggio, L'ente di Stato, che non funziona. È co- [da un'idea di Rafael Azcona]; sc.: Marco Ferreri,--Sergio stato poco, ma non basta ancora, perché non arriverà, perché Bazzini; f: Mario Vulpiani ([Eastmancoloti, lx1:33); ass. sarà sommerso; non parliamo poi solo di cinema: quello che op.: Giorgio Urbinelli; effetti onici: Joseph Natanson; scg-.: martella la gente quotidianamente è la televisione, è la radio, Nicola Tamburro; arr.: Luciana Védovelli Levi; m.: Teo i giornali, tutti i canali di diffusione, di informazione, di Usuelli; [canzoni: «Cielo rosso» cantata da Jimmy Fontana, persuasione; un film non ha la verità di un fatto, di una no- «Qui e là» cantata da Patty Pravo, «La luce accesa», m. di tizia; in fondo è vecchio il sistema del cinema così com'è. In- Teo Usuelli, cantata da Lucio Dalla, «Dove vai?» cantata somma, c'è un termine abbastanza bello, anche se molto bor- dai Four Kents, «Mi sveg[io, _a_mezzanotte» cantata da ghese, quello di "ghetti culturali". Il cinema sta diventando Dino, e il tema strumentale di Teo Usuelli «Keirokeres»]; forse ancora più del teatro un prodotto per ghetti culturali. mo.: Mirella Mencio; Certo cinema, s'intende. [..] int.: (lui), Anita Pallenberg (sua moglie Ani- Dillinger non è certo un film positivo, è un film negativo, ta), (Sabina, la cameriera), Gigi Lavagetto perché è un film abbastanza tragico. Ecco, al massimo pos- (collega), Carla Petrillo (amica di Anita) Mario Jannilli siamo arrivare a fare gli sciacalli di un mondo che va di- (violinista), [Carole André (la ragazza della barca), Adria- struggendosi, e basta. Ma ormai la gente ha bisogno di solu- no Aprà (presentatore TV)]; giochi mimici di mani nude: zioni, ha bisogno di contare su qualche cosa. Film positivi, Maria Perego; però, come sono adesso le cose, ancora non si possono fare. Il produttori: Alfred Lévy, Ever Haggiag per Pegaso (Roma); pianto sul personaggio, l'alienazione del singolo, il mondo di- d.pr.: Roberto Giussani; o.: Italia; strutto vanno bene, sì, ma non ci sono mai soluzioni. Il sui- d.: Italnoleggio; n.o.: n. 52905 del 17-12-1968 (v.m. 14), cidio cinematografico non è proibito. m. 2598 (959; du.: 95'; prima naz..: 23-1=1969; festival: Ma è disonesto parlare dei film. Dato già che facciamo una Cannes, maggio 1969; uscite estere: Francia, 18-3-1970 cosa che non serve, che si distrugga per conto proprio! Nel si- Dilliq& est mort); Spagna (Dillinger ha muerto); USA, lenzio. Il film l'ho fatto per tanti motivi; perché mi piaceva 1969 (Dillinger is Dead); GB, aprile 1970 (Dillinger is fare questo film, perché con questo film ci ricavo un po' di Deac4 d.: Amanda, 95', dopp. in ingl.); Germania, 1-1- lire; ma comunque faccio una cosa che non serve a niente, 1972 (Dillinger ist tot). perciò è inutile parlarne. [..1 Girato in un appartamento di Piazza in Piscinula a Roma (anche esterno) e nella Grotta Byron (Grotta dell'Arpaia, Marco Ferreri, intervista a cura di Adriano Aprà, «Cinema_ Portovenere), nel luglio-agosto 1968. -& Film», n. 7-8, inverno-primavera 1969 Disco (fuori commercio) Teo Usuelli DTV 73 2G3KY 19325-8, 33 gg.; videocassetta Durium (es.)/Deltavideo. DMinger è morto,--Marco Ferreri è vivo. Che film interes- Copia di RAItre sante, e nuovo per queste piazze, è riuscito a mettere in-

52

- - _ con le loro creature. La musa di Ferreri, checché lui ne e della Donna ...scimmia, con sieme l'autore dell'Ape regina sappia, resta derisoria e pessimista. In ogni caso il film è poca ma densa materia, tre soli personaggi, e, sullo sfon- la riprova d'un grosso talento. Il ritratto in progress del do, tutte le nevrosi d'un'età mostruosa. Le mani avanti: an- protagonista, le sofisticherie del suo ambiente domestico date a vederlo in umiltà, e ben disposti verso il cinema che (sapientemente rilevate dalla cura scenografica e fotogra- contesta in uguale misura il mercato del western all'italia- •ma succose figure femminili, l'aura na, la mistica del sesso e il romanzo di appendice. Inutile fica), le due rapide ovattata della notte, tutto è costruito con un lento, meti- scomodarsi, se il gusto è inceppato dalla morchia della pi- coloso realismo accumulando dati visivi e sonori ognuno Dillinger è morto non è né un gial- grizia. Perché intanto fornito, oltre la prima apparenza, di giusta misura espres- lo né un poliziesco (il titolo è un pretesto, sebbene tutt'al- siva, in un costante contrappunto fra gli atti fisici e i flussi tro che estraneo all'assunto), e poi quasi non c'è dialogo, e ben poca "azione", e avarizia di paesaggi. Cosa resta? Una del sentire. Il riferimento culturale d'obbligo al nouveau roman non colonna sonora ricca di canzoni, e la virtù del cinema di sminuisce la maestria con cui Ferreri regge la tensione di- parlare per immagini portando a galla, nella rete d'una ci- stillandola con anta ricchezza di motivi simbolici nelle viltà gremita di oggetti, le reliquie d'un equilibrio psicolo- lunghe, così attente — all'altezza del miglior Blow up — sce- gico mandato in frantumi dal progresso. [...] ne centrali (quei giochi con le dita che oppongono il va- Il maggior dono del film di Ferreri non è, come si può lore dell'artigianato manuale alle macchine di ,cui l'uomo credere, nel provocante rispondere con l'anarchia delittuo- si circonda; quel rapporto tra l'indole metodica del dise- sa di Dillinget.alla sorda violenza d'una società che soffo- gnatore avvezzo ai piccoli gesti silenziosi e il rombo libe-5 ca l'individuo con le cose, in primo luogo con gli oggetti ratore della follia omicida), cui corrisponde un po' do- imposti dalla civiltà dei consumi. L'averci dato un'imma- vunque una polvere di humour. È qui che l'interpretazio- gine così lucida della nostra infelicità quotidiana, dove i ne di Michel Piccoli tocca glorie insospettate modulando rumori dei mezzi audiovisivi riempiono lo spazio lasciato il profilo del protagonista, e Annie Girardot, nella parte vuoto dalle parole e dagli affetti, è un merito pari soltar - _ j_e_shoc- della cameriera licenziosa, dipinge con breve colore tutto to a quello acquistato da Ferreri nel descrivere con un mondo grottesco (Anita Pallenberg, la moglie, sbadiglia (ci, nel rituale liturgico che ribalta gli utensili usuali in stru- e muore). _teneri _è vivo, si diceva, e il cinema italiano. menti per l'invenzione d'una nuova realtà,_la rivolta del ,stio protagonista contro gli schemi razionali che imprigió- Dillinger è morto, «Corriere della Sera», nano nell'assurdo la natura. Ma il gusto amaro del film è Giovanni Grazzini, soprattutto altrove: nell'orlo di sarcasmo che chiude que- 8 febbraio 1969 sto apologo sull'implacabilità d'un'alienazione che coinvol- ge anche i suoi critici quando l'attaccano da spalti ro- il desiderio di durare fatto cinema. mantici; un sarcasmo trionfante nel finale, dove l'uomo, se Dillinger è morto è Il desiderio di lasciare le cose a se stesse, di dare loro il proprio non continua a vendersi a un mito, che stavolta è tempo di organizzarsi in vista di un senso emergente, di la fuga di Gauguin, però accetta di farsi comprare dalla ra- svilupparsi, di iniziare dei percorsi, di crescere in eventi. gazza del veliero. E ancora una volta è un prodotto—della Ferreri non interviene mai per sottolineare, per privilegia- civiltà del benessere, la collana, il veicolo dell'illusoria li- re qualcosa o per drammatizzare dall'esterno, con degli ac- bertà. corgimenti. Il suo atteggiamento è una sorta di passività Se si fosse sicuri che Ferreri è consapevole di come l'ul- controllata, un volontario ed artificiale "addormentamen- tima scelta del suo personaggio faccia dell'opera più un to" (secondo la lezione di Renoir) che nasce dall'esigenza ringhioso lamento che il grido trascinante d'un ribelle, e di rifiutare ogni schematismo o partito preso nei confron- conferisca al titolo del film un accento disperato, il cinema ti della realtà. La cura dello scenario e il grande splendo- darebbe ancora una volta ragione a chi chiede agli autori, re formale del film non servono a forzare le cose in qual- quando la cronaca è troppo a ridosso, di non identificarsi

53 che direzione ma ad eliminare ogni ostacolo sui loro per- deperimento, corsi. Ferreri ha appreso la lezione di Rossellini nel senso fa scorrere davanti ai nostri occhi, in un che non forza la realtà per piegarla all'idea che egli ne ha tempo che è già futuro e malinconia di quel passato. Que- sta malinconia. storica fa sì che il cinema non esca da se in precedenza: mostrare non significa di-mostrare ma sug- stesso [...] gerire, vedere venire le cose. La differenza semmai sta nel fatto che per Ferreri vedere venire le cose significa stare Il piano sequenza, nella sua ininterrotta cattura del pre- loro addosso, imprigionarle implacabilmente nella lughez- sente, è il tempo di questa malinconia; la casa dell'uomo, za dei suoi piani, lasciarle uscire soltanto per pòterle con- un industrial designer, ne è lo spazio. In questo spazio li- trollare poi più saldamente, non dare, loro tregua. Questo mitato e chiuso quello che conta sono i movimenti in- atteggiamento caratterizza più di ogni altra cosa il s'ho -ul- stancabili, gli spostamenti, le soste, le salite (il piano su- timo film: si situa a questo livello tutta la sua forza •e il periore con la moglie priva di appetiti di qualsiasi tipo, di- suo rigore. stesa nel letto, che passa dal sonno al sogno alla morte, un Non è una novità che il cinema moderno è divenuto tale viaggio dunque tra diversi livelli di immobilità e di inco- quando ha cessato di essere uno strumento asservito alla scienza) e le discese (la camera della donna di servizio, dai scrittura delle cose ed è divenuto uno strumento di scrit- bisogni e dagli appetiti insaziabili, veri o falsi che siano, cibo, sesso, musica di consumo). [...] tura di se stesso. In realtà il cinema ha sempre parlato di L'amore, il sesso, la morte, la guerra nel Viét-nam, il ri- se, stesso: ogni storia era una autobiografia, ma ciò che è mutato è la consapevolezza che aveva di sé; prima di que- chiamo dei luoghi fantastici scorrono davanti agli occhi sta consapevolezza parlava d'altro malgrado se stesso, ora dell'uomo grazie alle immagini delle riviste illustrate, del- _ 'parla di sé malgrado l'altro. Esso •mette in causa le cose la televisione e del cinema. Questo rapporto di affascina- mento lo intriga totalmente. Probabilmente egli ha perso senza evocarle con degli appellativi, ma mostrandole. Se le cose esistevano prima delle parole, la dimensione della profondità: è reale tutto ciò che si vede esse sono veramente tali e si muove. [...] dopo il cinema: il cinema infatti inventa nuovi procedi- menti di organizzazione delle cose e da questo nasce la sua Mentre gli oggetti della realtà e i personaggi (reificati) lo esibizione, il suo essere cinema. Quindi non è affatto inu- • interessano dal punto di vista dell'efficienza e del loro rap- mano concludere dicendo che il cinema è più importante porto tra forma ed uso, i personaggi dello schermo susci- delle cose e che i film sono più importanti degli uomini. tano in lui delle reazioni emotive: tenerezza, desiderio, al- Queste cose e questi uomini meritano il nostro amore ma legria. Si può dire allora che per quest'uomo esistono ve- sono la sostanza storica della vita nel momento della sua ramente soltanto le immagini generate dal proiettore o ricaduta: allora le cose vere, l'armonia tra le cose e gli uo- dallo schermo televisivo. Ma esiste anche la malinconia mini, dobbiamo accontentarci, per ora, di incontrarla nel quando questo rapporto di affascinamento viene interrot- dolce affascinamento del cinema. [...] to. Al di fuori del continuum delle prgiezioni si deve mi- L'autore che vive il cinema (il regista, lo spettatore) non surare con un secondo universo chiuso, finito, eppure ir- riconoscibile, dove il movimento più si fa divorante più compie altro che una traduzione: il _cinema si rifà al cine- ma, pesca instancabilmente in se stesso e così facendo ga- perde di significato, dove spostarsi tra gli oggetti significa rantisce sopravvivenza e continuità all'autenticità del suo sempre allontanarsene fino a che non li si ha tra le mani. [...] essere: la vita deperisce imbruttendo, intrappolata nei mec- &Unger è morto canismi dell'alienazione e della reificazione e il cinema di- esibisce così una durata, una storia, dei venta sempre più bello: tanto bello che un giorno sarà in- personaggi, delle situazioni di grande concretezza. Tutto è tollerabile vivere solo per poche ore tutta questa armonia. riconoscibile, comprensibile e conseguente e ciò è miraco- Nasce in questo modo la malinconia per un passato (ci- loso se si pensa che non vi è film più astratto, più rare- fatto, più costruito di questo '

54 to un surplus di cattiveria e di durezza, di penetrazione e moglie addormentata e se ne va all'alba quando tutto il mondo si risveglia. Ma con i 'suoi bei colori squillanti, le di senso. Forse proprio per questo procedere, ed ancora con squar- sue carrellate inavvertibili, i suoi piani sequenza, il ritmo ci verso il disumano (le maschere antigas o il manichino delle sue inquadrature, i suoi raccordi, i suoi vuoti e i suoi giardino), passo a passo scaturisce una tensione di fon- pieni, il film ci parla più che mai di se stesso, denuncia la do, una frizione nella progressiva accumulazione di parti- natura pretestuosa dell'apologo" e dei personaggi e si dà colari realistici, concretissimi, e nella continua prevarica- come opera, nuova e provocante incursione dell'autore nel- zione di oggetti, di meccanismi come dati ossessivi di un'e- l'universo delle sue poetiche. La sua bellezza ci conferma sistenza. Sotto la divagante lentezza, sotto un senso di la sua indipendenza ed è nel contempo un giudizio poli- ristagno narrativo, ogni momento è pimentato da un'in- tico e morale sul pretesto della sua rappresentazione., [...] -N,u.n7ione continua, sotterranea quasi, che di continuo com- pleta, aggiunge, definisce, precisa, aumenta, arricchisce il Lo spazio della malinconia, «Cinema & Enzo Ungari, quadro di una condizione, il ritratto di un personaggio. Lo Film», n. 7-8, inverno-primavera 1969 stretto rigore' logico e realistico della sua scrittura, la geli- da- lucidità di un'intelligenza distaccata, finalmente rendo- a Ferreri spiacendo, è un film grosso, no abbacinanti l'amorfa, piatta oppressione del tessuto so- 1. Dillinger è morto, ciale, la caduta di senso, la sconnessione di un gestire sen- come la sua panza. Per la sua riuscita "perfetta". Per le pro- za presa sul reale, l'impotenza totale. Al di sotto dei gesti poste di cinema possibile nel marasma indigeno. Su un re- banali, Ferreri riesce a far venire fuori «l'oscuro fondo di gistro più meditato, dove rispetto ai film precedenti l'ag-: automatismo distruttivo», e il racconto arriva in piena na- gressività è meno diretta ma più profonda, Ferreri ha in- turalezza alruxoricidio. Il delitto come «un modo valido - tessuto il ritratto di una condizione di reificazione, resa sul per recuperare la propria coscienza smarrita nelle conven- piano di un realismo meticoloso, di una precisione esa- zioni del sistema». Ed anch'esso del tutto illusorio. Tutto sperante dei gesti minimi, elementari. L'alienazione è col- è giocato, beffardamente, sul rovesciamento parodistico,. ta nel cuore stesso del quotidiano, permea ogni azione, si . l'uccisione senza sentimenti, la fuga, il mito delle isole fe- cala, viene incorporata nella strutturazione del personaggio, ; lici, dai colori glamourosi di favola pubblicitaria. E una si- il protagonista fa tutt'uno con il suo essere alienato. La tuazione chiusa, senza via d'uscita, in cui l'azione stessa di condizione di reificazione storica e sociale del protagonista rottura si manifesta come irrealtà totale. sprizza fuori ad ogni istante, dal suo gestire privo di "sen- P, ben vero che in altri film di Ferreri c'era un di più di so e di presa, a cui fanno da contrappunto, in una dia- carica di aggressività diretta, di crudeltà, c'erano cose estre- lettica tutta interna e illusoria, i risvolti mitici della corri- mamente sgradevoli, magari non inserite in un contesto da, il mare, il -grande campione dello sport, Dillinger e il "razionale", mentre qui tutto subisce un sottile processo di favoloso gangsterismo degli anni trenta, la nave come av- depurazione. Ma solo per essere ritrovato in una rappre- ventura, Tahiti e le isole felici, ,i1 futurismo, vale a dire il sentazione, nella sua struttura complessiva, dura, crudele, sogno frustrato di una vita vera, creativa ed eroica. Si trat- irritante di per se stessa; non si tratta per nulla di una ri- ta di un referto di comportamento minimo, in un oriz- duzione sul piano dell'aggressione, non ne risultano impo- zonte stilistico da nouveau roman, tutto centrato sulla so- verite le capacità di Ferreri di incidenza e di eversione; cer- litaria e muta continuità di un solo personaggio, con una to si registra una rilevante trasformazione della sua di- radicale riduzione delle cose al grado zero, un uso della co- mensione stilistica, ma proprio perché Ferreri riesce ad lonna sonora come "rumori"; un referto però con robuste operare una razionalizza7ione ad un livello più alto di cer- venature di ferreriano humour nero, dalle finte sparatorie te sue punte polemiche, di certi interessi di discorso. Que- sulle riproduzioni di quadri alla registrazione dei rumori sta volta alle esplosioni di un anarchismo nero, agli scatti della moglie addormentata, che dà al film la sua panico- della propria rabbia, le cui asprezze bruciano in breve mo- lare impronta stilistica e porta al referto di comportamen-

55

mento, senza avere compiuto una, sia pure minima, ma prova) tangibile opera di corrosione, ha preferito una analisi fred- pratica, vale a dire la quantità, qualità e direzione da e disincantata, che prende una mira precisa, penetra, della modificazione del mondo -chc detti-wlor-i-omplaw» scava, corrode dall'interno i propri bersagli. (Fortini). Lungo questa linea, ci pare però di dover avan- zare due richieste precise, ed è alla loro luce che è dato Percib_Ai_lratta sì di un film perfetto, tutto chiuso, senza -ri- aperte provocazioni, punte, ma non è un film limitato, trovare i limiti riduttivi di Díllinger: a) bensì investe attraverso alcune azioni esemplari una condi- una presa effettiva sul pubblico. Del resto Ferreri va- zione di alienazione storica che il borghese avanzato vive. gheggia un cinema popolare, in grado di trovare l'approc- E nella mis---ufa cio immediato con le masse, ripensa con rimpianto al ba- -in cui ci dà una rappresentazione -esempla- re della reificazione contemporanea, senza dubbio il film raccone foraneo dei primordi. Un problema anche di me- costituisce un contributo di conoscenza sul piano della ne- diazione di linguaggio, la ricerca di un modo diretto e gazione del mondo presente della borghesia. La chiusura, penetrante di dire le cose necessarie. Risulta senz'altro vero la negazione sono radicali non lasciano nessuna prospetti- che per questo fine funzionano, assai meglio del referto va; non è un film che recuperi valori umanistici o lusin- crudele di comportamento, le strade della provocazione, della didattica, della satira sociale. A patto però che la ghe riformiste (cfr., et pour cause, la reazione dell'establi- - sem- shment "resistenziale", stampo Natalia Ginzburg: davvero 151fficazione non serva da copertura alla genericità umani- Ferreri non sfoglia il lessico familiare): per quel protago- taria, all'imprecisione di bersagli, che non sia a scapito del- la durezza e del rigore di discorso. nista, non ci sono possibilità di salvezza, ma c'è quel lun- b) go spazio di azione insensata che costituisce il film. La ne- provocare uno squilibrio primanente. Cioè che sia qual- gazione, se passa per il filtro di un discorso indiretto, sot- cosa che il sistema difficilmente riesce a riaSsorbire. Che tile, per una serie di mediazioni continue, un'operazione sia proposta di un mondo altro, di cose, valori (o non-va- di alta cultura, resta purtuttavia radicale e rilevante. Né è lori) del tutto altri, vale a dire che sia ipotesi di una tra- possibile limitare la portata del discorso a fenomeni peri- sformazione radicale delle cose. Per questo si presuppone ferici, cose che poco contano in effettivo rispetto alle con un surplus di analisi, in grado di individuare con estrema ponenti che al fondo del sistema davvero si muovono. precisione le conne'ssioni e i riferimenti strutturali, e di ag- Come si verifica per certi grandi "negatori" del Novecen- gredire i rapporti centrali e decisivi: un discorso concretis- to, nelle opportune- proporzioni, la descrizione dell'uomo simo e radicale, un estremismo rivelativo. Con tutte le pos- e del suo desiln5--dà Ferreri delineata, «non solo continua sibili differenze di tipo, genere, stile, qualità, quantità, ma non di direzione. ad essere vera per quelle categorie e classi per le quali è - vera, ma anzi si estende ad altri strati dell'umanità ed è Ed è su questi compiti che Ferreri e il suo film funziona- no- destinata, come eredità storica, amaner_vera_per_lungo ancora in misura ridotta. tempo». Gianni Volpi, 2. Si pone, però, a questo punto, una questione di fondo: Andremo a Tahiti, aprile 1969 «Ombre Rosse», n. 7, è questo il cinema della negazione da fare, oggi, qui, nel- la tarda epoca capitalistica, nell'Italia delle riforme di strut- tura e della repressione poliziesca? Un programma di «ci- nema come arma contro-alienante», fermo restando che funziona su un livello indiretto, sul piano delle idee e su tempi lunghi, può davvero rappresentare il luogo nodale di una ricerca attiva a funzionale, e "a sinistra" davvero, al- l'interno delle strutture del sistema. Difatti il solo para- metro vero per le opere di pensiero e di verità artistica re- sta pur sempre quello delle cose, «la critica (o meglio la ri-

56