IL TERRITORIO DI ORIA (BR) parzialmente smentire tale dato) vi è quello di Egnazia, che DAL TARDOANTICO ALL’XI SECOLO mette in evidenza come il ruolo di porto adriatico e la posi- zione sulla via Traiana di per sé non fossero sufficienti a di garantire la sopravvivenza di una città (NUZZO 1991; D’AN- GELA, VOLPE 1994, p. 319). Ciò viene confermato da quanto GIORGIA LEPORE avviene a . Entrambi i fenomeni presentano molti punti di contatto, come lo spostamento della sede diocesa- na in centri più sicuri e l’abbandono graduale che si protrae 1. Con i mutamenti sociali ed economici dell’età tardoantica, fino all’VIII secolo. In tutti e due i casi la disgregazione cambia l’assetto territoriale della Puglia. Non possiamo parla- urbana genera delle reazioni a catena sulla distribuzione del re ancora di vera e propria crisi: si tratta piuttosto di una modi- popolamento e sull’assetto del territorio circostante, con con- fica degli equilibri precedenti secondo uno schema definito “a seguenze definitive per la storia di questi territori. macchia di leopardo”, in cui vi sono aree a forte sviluppo e Come già era accaduto nel periodo tardo-antico, il po- altre a forte contrazione (DE ROBERTIS 1949, pp. 73-271; ID. polamento rurale altomedievale riprende gli schemi dell’or- 1951, pp. 42-57; ID. 1972, pp. 197-231; GRELLE 1986, pp. 379- ganizzazione paganico-vicana di età repubblicana, confer- 397; VOLPE 1992, pp. 65-135; GRELLE, VOLPE 1994). mando una spiccata vocazione conservativa dal periodo La crescita dell’agricoltura porta ad un nuovo sviluppo romano al medioevo. Da ciò ne consegue che spesso la delle strutture agricole produttive, ancora supportate alme- mappa degli insediamenti resta invariata; tuttavia, non si no fino al VI secolo dalla sopravvivenza della maggior par- può parlare comunque di continuità rispetto al periodo ro- te delle istituzioni urbane. La ripresa dell’insediamento spar- mano, poiché cambiano le modalità di insediamento e so- so rurale e lo sfruttamento delle campagne riattiva vecchi prattutto le funzioni delle strutture insediative. È più cor- modelli di insediamento paganico-vicano della prima età retto parlare di rioccupazioni di siti, spesso con inversioni imperiale, senza ancora caratterizzarsi come fenomeno di di ruoli e di gerarchie tra centri. Infatti, una buona percen- decadenza della società. Per il periodo tardoantico abbiamo tuale di siti indagati archeologicamente fino a questo mo- la testimonianza di grandi latifondi imperiali ed ecclesiasti- mento ha messo in evidenza una tendenza al loro riutilizzo ci, di grandi ville e praetoria privati, ma anche di piccole e e a quello delle relative strutture, sebbene con caratteristi- medie aziende rurali che hanno lasciato testimonianza ar- che insediative e con funzioni profondamente differenti. cheologica della loro esistenza in impianti per produzioni Tutti questi fenomeni si possono riscontrare in un’area olearie e vitivinicole presenti nelle ville rustiche. ben delimitata che è stata scelta come campione, in cui sono Nella prima fase di passaggio dal tardoantico all’altome- molto evidenti alcune delle dinamiche di riassetto territo- dioevo generalmente si registra un permanere delle strutture riale tipiche dell’altomedioevo, dalla destrutturazione del- urbane, e anzi, in alcuni casi, un’ascesa di molti centri. La l’organizzazione romana alla nuova fase di urbanizzazione maggior parte delle città romane diviene diocesi: la qualifica dell’XI secolo. Si tratta di tutto l’entroterra brindisino, la di istituzione urbana coincide con l’istituzione ecclesiastica, cui fisionomia viene sconvolta dalla scomparsa pressoché la cui presenza determina l’ascesa al rango urbano anche di totale di Brindisi e dalla corrispondente ascesa di Oria. centri minori (OTRANTO 1989-90). Sono avvantaggiati i cen- tri che godono di posizioni favorevoli in relazione ai com- 2. Brindisi aveva visto il suo apogeo in età repubblicana, merci e ai transiti, posti su grossi nodi stradali, come ad esem- con la costruzione della via Appia e con l’importante porto pio Canosa (ENNEN 1983, pp. 26-27; OTRANTO 1989-1990, pp. romano proiettato verso l’oriente. In età tardoantica lo spo- 49-53; D’ANGELA, VOLPE 1994, pp. 317-318). stamento degli assi viari, l’esposizione a facili attacchi, la Stesso discorso vale per le città costiere poste sulla via guerra greco-gotica e le varie incursioni barbariche deter- Traiana, nuovo asse stradale particolarmente vitale in que- minarono per la città una situazione simile a quella di Egna- sto periodo, che favorisce l’ascesa di Otranto e Bari. Ta- zia. In seguito, l’invasione longobarda e le incursioni sara- ranto, pur godendo di una continuità di vita urbana, invece cene furono colpi da cui la città non riuscì più a riprendersi decade, anche se mantiene il ruolo di caposaldo dell’orga- (DE LEO 1974, p. 23). Il disfacimento del suo tessuto urba- nizzazione territoriale dell’arco ionico sotto la conquista no diede origine ad una serie di variazioni territoriali molto prima longobarda, poi bizantina. Accanto a queste situazio- importanti. La popolazione si spostò nell’entroterra, distri- ni positive vanno registrati dei fenomeni di decadenza irri- buendosi in vari insediamenti rurali, che nel corso del me- mediabile. Il collasso vero e proprio di alcune strutture ur- dioevo trovarono un nuovo punto di coagulo nella città di bane avviene tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo. In Oria (ERRICO 1906; COCO 1919; ID. 1943; MATARRELLI PA- genere si tratta dell’estrema conseguenza di situazioni di GANO 1976; YNTEMA 1986; FALLA CASTELFRANCHI 1986; profonda crisi, scaglionate in varie battute d’arresto: ad una BOERSMA, YNTEMA 1987). prima, corrispondente alla guerra greco-gotica, ne segue Grosso centro messapico, a cui si riferiscono interes- subito una seconda dovuta alle incursioni longobarde. Tali santi testimonianze archeologiche rinvenute a partire dagli eventi sono in genere aggravati da fattori in varia misura anni ’80 del secolo scorso, conserva un rango urbano in età collegati alla guerra, come carestie e pestilenze, che giun- romana, anche se di ruolo minore, favorito da un territorio gono a provocare una crisi demografica documentata da tutti particolarmente fertile, ma soprattutto dal passaggio della gli autori antichi (DE ROBERTIS 1949, pp. 185-199). Il fatto via Appia (ANDREASSI 1981; D’ANDRIA 1981; Messapi 1990 che la Puglia non si sia trovata coinvolta direttamente in pp. 237-306; ORIA 1993). eventi bellici quali la guerra greco-gotica, come è stato ri- Ricerche di carattere topografico portate avanti dall’Uni- levato da Martin Noyè (MARTIN, NOYÉ 1991, p. 46; D’AN- versità di Amsterdam hanno messo in evidenza una contra- GELA, VOLPE 1994, pp. 315-319) non vuol dire che non ne zione dell’abitato a partire dall’età tardoantica, mentre non abbia risentito, perché è ovvio che le conseguenze negative è chiaro il livello di frequentazione degli abitati rurali cir- non furono solo immediate né si avvertirono solo nei terri- costanti (YNTEMA 1986; BOERSMA, YNTEMA 1987). Apparen- tori strettamente interessati, ma dovettero coinvolgere un temente, in questo periodo il popolamento sparso dell’agro sistema che viveva in maniera coerente ed organica e non a oritano si sarebbe fortemente ridotto, fino quasi a scompa- compartimenti stagni. Il problema più grave per la Puglia rire del tutto, per poi riprendere nel XII secolo. Il dato non dovette essere costituito dal calo demografico e dall’inter- trova però pieno riscontro nelle testimonianze documenta- ruzione delle comunicazioni. rie ed archeologiche ed è probabilmente da imputare al Tra i casi più eclatanti di destrutturazione urbana, fino metodo di indagine prescelto, che ha privilegiato i periodi all’abbandono pressoché totale dell’insediamento urbano più antichi, e alla difficoltà di riconoscere le attestazioni (anche se indagini archeologiche ancora in atto sembrano altomedievali. In ogni caso, è palese che la città fino alla

451 tarda antichità svolge un ruolo di riferimento per un vasto interna che collegava Taranto ad Otranto, ancora esistente. territorio organizzato con piccoli centri rurali satellite e vi Senza dilungarci sulla sua reale consistenza come linea di sono dei consistenti segnali per ritenere che tale sistema- confine, peraltro mai dimostrata, tra territori longobardi e zione permanga in età postclassica. bizantini, va considerato il suo ruolo di «asse di coagulo Se è vero che l’insediamento urbano subisce una contra- del popolamento», come risulta evidente analizzando la lun- zione, ritirandosi sulle parti più alte, è anche vero che l’im- ga serie di insediamenti antichi posizionati lungo questa li- portanza della città non diminuisce con l’altomedioevo, anzi. nea (STRANIERI 2000 con bibl. prec.). È possibile quindi che L’ascesa al rango episcopale ne consacra in modo definitivo lo spostamento della diocesi sia stato il frutto di una precisa il ruolo urbano, come cardine del territorio circostante, ere- volontà del potere centrale longobardo, poiché ciò garanti- ditando la funzione di Brindisi, e forse anche in parte di Ta- va il controllo del territorio e della città, con ottimi risultati, ranto. Fenomeni come lo spostamento della sede diocesana pare, visto che la diocesi oritana resterà fedele alla sede da Brindisi, la costruzione di numerosi edifici altomedievali romana per quasi tutta la durata della sua esistenza. (tra i quali la cattedrale e l’edificio sotterraneo noto con il Già in precedenza i longobardi avevano usato una sede nome di SS. Crisante e Daria cfr. AGNELLO 1958; GUILLOU diocesana come efficace strumento di controllo del territo- 1972) la presenza di una serie abbastanza omogenea di ele- rio: Siponto. Qui, oltre al vicino santuario di S. Michele al menti scultorei di età altomedievale di matrice occidentale Gargano, vi era un porto vitale per il ducato, il cui controllo (FALLA CASTELFRANCHI 1986; BERTELLI 1990) sono l’indice di fu garantito e ratificato anche tramite l’assoggettamento del- un progressivo aumento d’importanza del ruolo urbano del la diocesi di Siponto a quella beneventana (GAY 1904, p. 185; centro durante tutto l’altomedioevo. MOR 1951, pp. 58-64; CONIGLIO 1970, pp. 359-367). Siamo Siamo in presenza di un valido esempio di come quel le- in una fase in cui il potere beneventano, dopo la conversio- game tra presenza di una diocesi e rango urbano di un sito ne in massa al cattolicesimo messa comunemente in rela- continui ben oltre la tarda antichità. Lo spostamento della dio- zione con la figura del duca Romualdo I (663-687), favori- cesi brindisina avviene presumibilmente durante il VII secolo, sce le istituzioni cristiane e cerca di assumerne il controllo. in relazione alla decadenza di Brindisi; in ogni caso esso è già Ciò porta ad una decisa opera di riorganizzazione della dio- in atto durante l’VIII secolo, quando ad Oria compare il primo cesi beneventana, alla rinascita di altre diocesi dopo un se- vescovo Magelpoto, attestato da una nota iscrizione. Non si colo e mezzo di guerre ininterrotte e alla fondazione di chie- tratta della creazione ex novo di una sede vescovile, ma sem- se, in primo luogo per iniziativa della duchessa Teoderada, plicemente dello spostamento di quella brindisina, e infatti tale il cui intervento è attestato in maniera diretta a Benevento e rimane in un primo momento la definizione della diocesi, an- a Canosa. Il tutto avveniva in un patto di mutua alleanza che se nei documenti posteriori all’aggettivo “brundusina” si con la Santa Sede che, nella crisi dovuta alla guerra greco- affianca spesso quello di “oritana” (COCO 1943; KEHR, gotica e alla conquista longobarda, aveva perduto il con- HOLTZMANN 1962, pp. 399-403; GIORDANO 1972). trollo dell’organizzazione ecclesiastica pugliese e non era Il trasferimento della diocesi rispondeva ad esigenze più in grado di garantire autonomamente alcuna struttura. politiche ben precise. Brindisi non era più in grado di assol- Benevento usa quindi la chiesa come strumento di penetra- vere le sue funzioni pastorali e di coordinamento del terri- zione capillare nel territorio, garantendo allo stesso tempo torio: le autorità ecclesiastiche optarono quindi per un cen- la ripresa del culto in aree rurali. Si anticipa così quella tro che poteva dare migliori garanzie. In primo luogo, Oria strategia di utilizzo delle istituzioni ecclesiastiche per il era situata in una posizione più interna e quindi più difendi- controllo del territorio che verrà portata ad esiti ben più bile; in secondo luogo, per essere oggetto di questa scelta, esasperati durante il X secolo, quando costituirà un capito- doveva avere mantenuto la dignità di centro urbano, seppur lo a parte della lotta tra Bisanzio, Roma e potentati locali minore, durante tutto il periodo romano, e quindi non è pos- (MOR 1951; KAMP 1977). sibile pensare ad un abitato spopolato o esageratamente ri- dotto. Inoltre, doveva apparire già chiara la sua vocazione 3. Sul versante interno del contesto brindisino, l’organizzazio- di punto di riferimento per il territorio circostante, che si ne indigena si dissolve in maniera pressoché totale. Un caso sarebbe attuata pienamente nei secoli successivi; territorio emblematico è Manduria: centro importantissimo in età mes- presumibilmente vasto e densamente popolato, grazie al fatto sapica, come attestano imponenti vestigia architettoniche, già che gran parte delle popolazioni costiere aveva iniziato a in forte crisi nel periodo romano, scompare del tutto in età spostarsi verso l’interno per motivi legati alla sicurezza. tardoantica. Esso viene letteralmente declassato al rango di Questi i moventi possibili che potrebbero avere determina- centro rurale, o meglio di più centri rurali assorbiti nell’orbita to la scelta a livello di autorità ecclesiastica, ma non è escluso oritana, i maggiori dei quali sono documentati in piena età che altri fattori abbiano giocato un ruolo importante. medievale con i nomi di Mandurino, Felline, Bevagna e Ca- Oria diventa diocesi nello stesso momento in cui cade sot- salnuovo. Tali unità insediative sopravvivono attualmente nel to il potere longobardo, intorno al 680, mentre Brindisi viene territorio sotto forma di contrade e masserie, con le loro chie- abbandonata al suo destino. Il primo vescovo attestato ad Oria sette rurali. Un buon esempio è S. Pietro Mandurino, piccolo ha un nome germanico, Magelpoto (JURLARO 1968, p. 264; abitato attestato da una necropoli databile tra il VII e l’VIII GUILLOU 1972, p. 362; JURLARO in DE LEO 1974, p. 142; FALLA secolo, aggregata intorno alla chiesa di S.Pietro, che presenta CASTELFRANCHI 1986, p. 117) e forse non è un caso. Proprio nel una interessante associazione tra chiesa rupestre sotterranea 680, in pieno periodo di conquista longobarda, dopo una lunga ed estensione subdiale a cupole in asse (MASSAFRA 1977; D’AN- interruzione a Taranto è attestato un nuovo vescovo di nome GELA 1975; ID. 19752). Germano, firmatario del documento promosso da papa Agatone La decadenza di Manduria, applicabile anche ad altri e inviato al III Concilio Costantinopolitano, per condannare il centri messapici come Ceglie, è da imputare, più che a fat- monotelismo (MANSI 1762, pp. 299-302; DE SIMONE 1964, pp. tori di natura politica, ad una scarsa adattabilità alle nuove 27-28; FARELLA 1977, pp. 60-65). Ciò indica che i longobardi logiche territoriali: la città resta esclusa dalla viabilità e dagli avevano ripristinato la diocesi e posto un uomo di loro fiducia interessi romani che gravitavano più verso Brindisi. Stessa come vescovo, in considerazione della loro recente conversio- sorte le tocca nel periodo altomedievale, quando tutta l’area ne al cattolicesimo. a sud del Limitone dei Greci, la fascia costiera e Nell’ambito della politica territoriale beneventana Oria paralitoranea da Taranto in poi, risulta essere poco abitata rivestiva un ruolo fondamentale: era l’ultima roccaforte pro- almeno fino a Gallipoli. Bisogna attendere il medioevo inol- iettata verso il ; si presentava in posizione elevata, trato e l’età moderna per assistere ad una rinascita urbana ben difendibile, su due assi viari fondamentali. Il primo era di questi centri, che si attua secondo modalità proprie di l’Appia, ormai in netta decadenza; il secondo, ben più im- quel periodo e senza alcun collegamento con gli antichi portante, era il cosiddetto “Limitone di Greci”, la strada splendori; Manduria ridiventa città grazie all’aggregarsi di

452 Fig. 1 più casali minori intorno al più importante, Casalnuovo; delle risorse idriche, la posizione elevata facilmente difen- mentre il vecchio nome messapico verrà rispolverato solo dibile, l’esistenza di strutture murarie in buono stato di con- nel ’700. servazione e di materiale da costruzione da riutilizzare. Ma Nel frattempo, Oria diventa il perno di una vasta orga- il più importante elemento è la viabilità, che resta la stessa nizzazione territoriale rurale, articolata in quella che fino e condiziona in modo inequivocabile la distribuzione degli agli inizi del ’900 veniva definita la Foresta Oritana abitati: si può facilmente constatare come la maggior parte (COCO 1919; TRAVAGLINI 1977). Tale denominazione era este- dei casi di rioccupazione dello stesso sito sia in concomi- sa a quasi tutta la fascia brindisina fino al retroterra taranti- tanza con un asse viario fondamentale come l’Appia (S. no; territorio vastissimo all’interno del quale Oria riveste Maria di Gallana cfr. DE GIORGI 1914; CARAMIA 1976; MA- una funzione polarizzatrice per lungo tempo. RUGGI 1991) o il già citato Limitone dei Greci, dove si tro- La menzione dei casali nei documenti medievali dall’XI vano alcuni tra i più interessanti siti archeologici del terri- secolo in poi, unita a dati archeologici e toponomastici, serve torio oritano: S. Pietro di Crepacore (Torre Santa Susan- da guida per supporre precedenti insediamenti rurali altome- na 1999, con bibliografia precedente), S. Miserino dievali, aiutandoci a ricostruire l’assetto del territorio tra la (MARANGIO 1973; LAGANARA 1975; MATICHECCHIA 1997; tarda antichità e l’altomedioevo, anche in assenza di docu- LEPORE 1999), S. Maria dell’Alto (PALUMBO 1959; menti anteriori. Spesso è possibile risalire con precisione al JURLARO 1974; BUCCI MORICHI 1983). nome dell’unità rurale e seguirne l’evoluzione. Nei documenti Qui è evidente una stratificazione cronologica di inse- la definizione di questi siti è varia: si va dalla definizione di diamenti rurali: ville rustiche romane (Crepacore, Miserino, villa a quella di locus, a quella di casale, più comune dopo Campofreddo, cfr. COCCHIARO 1987; EAD. 1988, Bagnara, l’XI secolo. Non sempre la distinzione di termini corrispon- Terenzano), insediamenti forse difensivi di pertinenza bi- de ad una precisa gerarchia o tipologia di centri: i loci e i zantina (masseria Camarda), villaggi (Crepacore, forse casali sembrano essere intercambiabili, mentre una differen- S. Giacomo del Gualdo, S. Giovanni lo pariete), insedia- ziazione precisa si ha per il ruolo di civitas. Ad esempio, in menti cultuali altomedievali (Crepacore, Miserino, Alto, un documento del 947 sono elencati numerosi loci, quali forse Tubiano e Galesano, cfr. QUILICI, QUILICI GIGLI 1975, Meganghe e Latinianum, mentre Oria viene definita civitas pp. 99-100; JURLARO 1973, pp. 347-348). Schematizzando, (Chronicon Vulturnense II, p. 87; ANTONUCCI 1942). In que- molti degli insediamenti conosciuti nell’agro oritano si pos- sto territorio è evidentissimo il meccanismo di conservazio- sono ricondurre ad un unico iter di evoluzione, applicabile ne insediativa dal punto di vista topografico, contestualmen- anche ad altri contesti pugliesi: te alla trasformazione della tipologia degli abitati. La mappa a) centro agricolo romano o vicus (Gallana, Crepacore, del popolamento altomedievale ripropone immancabilmente Miserino, Alto, Campofreddo) gli stessi siti romani e tardoantichi, secondo tappe precise di b) villa rustica tardoimperiale con funzione produttiva evoluzione che ritornano in maniera pressoché costante. praedia, praetoria (Miserino) La rioccupazione degli stessi siti è evidentemente lega- c) abitato rurale altomedievale con edificio di culto e ne- ta al fatto che l’assetto del territorio non subisce stravolgi- cropoli, in genere in stretta dipendenza da un centro urbano menti profondi. Alcuni criteri costanti sono lo sfruttamento di riferimento e in corrispondenza di assi viari importanti

453 (Gallana, Crepacore, Alto) di S. Maria dell’Alto e di S. Miserino. d) casale tardomedievale (Gallana, Crepacore, Alto, La presenza di un edificio di culto cristiano sembra es- Miserino) sere determinante per la sopravvivenza del centro abitato in e) masseria moderna (Gallana, Crepacore, Alto, Miserino) età medievale; tuttavia, non è chiaro il preciso rapporto cau- sa-effetto esistente tra la presenza di un edificio di culto e I siti indicati sono solo alcuni per i quali è possibile la sopravvivenza di un villaggio in età altomedievale. Una seguire tale percorso: per essi si dispone, oltre che di dati prima possibilità è che la chiesa rivesta una “funzione desumibili dalle fonti o dalla tradizione, anche dei risultati poleogenetica”, come accade spesso per i centri urbani: là di indagini archeologiche di varia natura, quasi tutte recen- dove esisteva un edificio di culto rurale, che rispondeva ad ti. Sulla base di evidenze toponomastiche o documentarie è una logica precisa di cristianizzazione delle campagne, è possibile ipotizzare le medesime tappe di sviluppo, seppur più facile che si sviluppasse intorno un villaggio. Potrebbe parziali o incomplete, anche per molti altri siti, ad esempio essere vero però anche il contrario, cioè che le autorità ec- per quelli che hanno subito poi una crescita urbana e per cui clesiastiche prediligessero per l’edificazione di tali edifici è molto difficile identificare le primitive strutture agricole agglomerati rurali già esistenti, sia per venire incontro alle al livello archeologico. È possibile così ricostruire la map- esigenze della popolazione, sia per garantire la manuten- pa del popolamento rurale dislocato in piccoli villaggi, che zione e la difesa delle chiese. affonda le sue radici nella rete di ville rustiche formatasi Probabilmente sono vere entrambe le cose. Poiché i siti, nel periodo tardoimperiale. almeno in questo ambito territoriale, presentano tutti una tra- La conversione degli impianti agricoli in veri e propri dizione insediativa anteriore alla diffusione del cristianesimo, villaggi risale al VI-VII secolo, almeno là dove è stato pos- le chiese sono state poste là dove esistevano già delle comuni- sibile effettuare indagini archeologiche o si dispone di evi- tà residenti e delle strutture murarie da utilizzare, fatto assolu- denze monumentali tali da fornire indicazioni cronologiche tamente certo a Gallana, a Crepacore, a S. Miserino e probabi- (Crepacore, Miserino, Alto). A loro volta tali centri abitati le a S. Maria dell’Alto. Quindi i luoghi di culto sembrerebbero daranno luogo ai casali del medioevo avanzato, attestati nelle essere stati distribuiti assecondando logiche territoriali già ra- fonti documentarie; dall’età moderna in poi essi sopravvi- dicate: prima fra tutte, la vicinanza ad assi viari. In seguito, la vono nelle attuali masserie. presenza di un edificio di culto cristiano può avere favorito la La linea di sviluppo ricorrente negli insediamenti del- permanenza delle comunità sul posto e lo sviluppo del centro: l’agro oritano si riscontra anche in altri contesti rurali pu- è possibile che centri rurali che avevano la loro chiesa siano gliesi. In particolare, si possono trovare delle analogie con stati avvantaggiati rispetto ad altri nell’incremento della popo- le ville rustiche della Puglia Settentrionale, spesso lazione e nell’evoluzione in senso urbano. A tale riguardo, è riattivazioni di precedenti impianti di età repubblicana opportuno ricordare che molti degli edifici di culto attualmen- (D’ANGELA, VOLPE 1991; VOLPE 1992, pp. 108-109; D’AN- te urbani nascono in origine come strutture rurali in nuclei in- GELA, VOLPE 1994). Alcuni esempi sono la fattoria in locali- sediativi poi evolutisi come città; e per tale motivo è difficile tà La Minoia presso Canosa (CASSANO 1989; EAD. 1990; cogliere adesso la loro natura originaria. Ad esempio, nel caso VOLPE 1990, pp. 162-168), la villa tardo-repubblicana di dell’agro oritano ciò si è verificato per edifici come S. Loren- S. Maria di Merino, a Vieste, la villa di Agnuli presso Mat- zo di (JURLARO 1963; BUCCI MORICHI 1968; tinata (VOLPE 1990, pp. 183-196), la villa di Avicenna DIMITROKALLIS 1969; MINUNNO COSTAGLIOLA 1978) o il santua- (AVICENNA 1988). rio di S. Maria di Cotrino a ; ma probabilmente anche Dopo una fase di abbandono in età imperiale, in età tardo- antica si assiste all’installazione di impianti produttivi specia- per molte chiese dei piccoli comuni attuali poiché la loro ubi- lizzati, attestati dalla presenza di frantoi, trappeti, macine, gra- cazione in centri ad evoluzione urbana ne ha impedito la con- nai, magazzini; col passare del tempo è costante la graduale servazione e l’individuazione delle strutture originarie. In ogni modo, va sottolineato che l’identità chiesa-villag- riduzione fino all’abbandono (VOLPE 1992, pp. 65-135). Du- rante l’altomedioevo, accanto a siti abbandonati definitivamen- gio rurale non riveste un significato assoluto: riusciamo ad iden- te, vi sono casi documentati archeologicamente di occupazio- tificare meglio gli abitati con un edificio di culto perché esso ne degradata di ville romane tardoantiche, con destrutturazio- rappresenta un’evidenza macroscopica sia a livello strutturale ne degli impianti industriali che non avevano più ragione di che documentario, più facilmente conservabile nel tempo gra- esistere; la rioccupazione spesso dipendeva solo da motivi con- zie al carattere sacro che ne garantisce una maggiore continui- tingenti, sempre nell’ottica del principio del riutilizzo tanto tà d’uso, ma non possiamo escludere che esistessero dei vil- diffusa nell’altomedioevo. La fase di abbandono nelle ville laggi rurali altrettanto importanti privi di chiese. rustiche coincide spesso con la creazione di chiese e di cimite- Anche nel caso degli edifici di culto rurali, come per le ri all’interno delle strutture ormai in rovina: il fenomeno è ri- diocesi, è possibile che si sia imposta la logica dello sfrutta- scontrabile ad Avicenna (AVICENNA 1988), ad Agnuli, a S. Apol- mento del fattore religioso per forme di controllo territoriale. linare presso Rutigliano (SALVATORE 1981; D’AMATO 1984; In altri termini, non sempre tali chiese rivestivano esclusiva- LAVERMICOCCA, LANOTTE, PACILIO 1987): in tutti questi casi vi è mente la funzione di cura animarum. Per il territorio di Oria, una necropoli con utilizzo abbastanza prolungato nel tempo e le indicazioni cronologiche fornite dallo studio dei contesti consistenti segni di occupazione abitativa altomedievale. Altri rurali sembrano indicare che la costruzione di chiese in tale casi interessanti si ritrovano nel territorio barese: ad esempio a ambito sia concomitante con lo spostamento della diocesi. Pacciano, di probabile origine prediale, in cui emergono trac- Sembra quindi che tali edifici siano stati edificati nell’ambi- ce (sotto la curva absidale) di possibili strutture preesistenti su to di un preciso piano di ristrutturazione della diocesi, sia da cui insiste l’edificio di culto (SEMERARI 1981, pp. 305-312; un punto di vista pastorale, con la ripresa del programma di FAVIA, GIULIANI, RINALDI 1991); a Balsignano, in territorio di cristianizzazione delle campagne, sia da un punto di vista Modugno, dove una chiesa altomedievale di VII secolo con politico, come forma di presidio del territorio. necropoli è probabilmente in relazione con un insediamento Probabilmente non è casuale quindi che molti di tali edi- rustico tardoromano, attestato dal toponimo di origine predia- fici si trovino in prossimità di strade: Crepacore e Alto sul le (PEPE 1978; EAD. 1981; LAVERMICOCCA 1990; PELLEGRINO, Limitone dei Greci, Gallana sulla via Appia. Gli insediamen- CALIANDRO 1992). ti ad essi collegati sono stati interpretati come presidi militari Nel territorio oritano tale modalità di rioccupazione è sulla linea di confine presumibilmente coincidente con il accertata a Crepacore e probabilmente anche a Gallana. Per Limitone dei Greci, anche se tale dato non è mai stato con- altri casi non abbiamo testimonianze archeologiche preci- fermato. Il collegamento tra edifici sacri e strade di grande se, che ci documentino ad esempio la presenza di una ne- importanza è una costante che si ritrova in molte aree del cropoli; ma abbiamo comunque l’edificio di culto a testi- ducato beneventano: la chiesa di S. Ilario a Benevento era moniare l’avvenuto cambiamento di utilizzo, come nei casi posta sulla via Appia, che entrava in città proprio in quel punto

454 (ROTILI 1959); l’altro monumento analogo, ora scomparso, pare dai documenti, ma si ritrova fino a tempi recenti: più cioè S. Pietro ad Caballum, ha un toponimo che ricorda una che ad un totale abbandono, bisogna pensare ad una forte probabile statio per il cambio di cavalli. Lo stesso fenomeno contrazione e ad un cambiamento di utilizzo. Le campagne è stato riscontrato a Venosa, Melfi e probabilmente anche a non vengono spopolate, ma varia il rapporto città-campa- Trani (CAGIANO DE AZEVEDO 1974; ID. 1977). gna a favore della prima. La popolazione degli insediamen- ti rurali spesso si riduce fortemente e comincia quell’evo- luzione che porta dal casale, dal villaggio alla masseria, al 4. Il fenomeno globale della tendenza alla nuova urbanizza- centro isolato di presidio del territorio, forma di controllo e zione che investe tutta la Puglia sullo scorcio del millennio, e di gestione territoriale più che forma di popolamento. che esplode con l’età normanna, coinvolge anche il territorio Ancora una volta, una particolare forma di presidio del oritano. Osservando i contesti territoriali altomedievali artico- territorio è quella ecclesiastica. Molti casali e villaggi, pro- lati in insediamenti rurali, si constata una differenziazione di gressivamente abbandonati, vengono presi in gestione da co- sviluppo: la maggior parte dei centri rurali segue un’evoluzio- munità monastiche, sia greche che latine, che continuano ad ne per così dire in negativo, contraendosi, perdendo le funzio- estendere quel processo di gestione delle terre già iniziato da ni di villaggio e mantenendo solo quelle di presidio del territo- alcuni secoli con il graduale dissodamento e con la formazio- rio e di attività produttiva agricola, evolvendosi quindi in ca- ne di aziende agricole. In questo periodo tale organizzazione sale prima e masseria poi. Una minima parte, favorita da con- raggiunge i massimi vertici. Si tratta di una efficace forma di dizioni territoriali particolari o dalla vicinanza di assi viari par- controllo del territorio, ben utilizzata da Bisanzio nel periodo ticolarmente importanti, invece si ingrandisce, dà luogo a cen- della seconda conquista, come mezzo di grecizzazione degli tri urbani, determina nuovi aggruppamenti di casali minori. Il abitanti (che ebbe i suoi effetti soprattutto nella parte più meri- fenomeno può essere constatato in molti comprensori territo- dionale della Puglia) e come valido sistema di colonizzazione riali pugliesi: si tratta di un processo organico quanto lento, delle terre e di conseguente sviluppo economico. che coinvolge tutta la Puglia, portando alla ridefinizione della A partire dall’XI secolo la cura animarum delle campa- mappa del popolamento e degli insediamenti. Per quanto ri- gne sarà devoluta ai monaci benedettini, e tale importante guarda il territorio oritano si possono ricostruire abbastanza compito coinciderà con la gestione delle risorse agricole: i bene alcune di queste dinamiche, distinguendo in maniera sche- villaggi che ruotavano intorno a chiese rurali spesso si tra- matica alcuni tipi di evoluzione. sformano in fattorie, coincidenti con fondazioni benedetti- a) Uno degli schemi ricorrenti della ripresa urbana vede l’ag- ne (LUNARDI 1980). Tale processo viene favorito dai nor- gregazione di vari casali o piccoli villaggi, molto vicini tra manni, che arricchiscono le istituzioni monastiche con in- loro, che riescono a fare il salto di qualità e a costituirsi numerevoli donazioni di beni. Si ha quindi una coincidenza come città. Nell’ambito del territorio brindisino un caso tra presidio religioso del territorio, presidio agricolo ed eco- esemplare è quello di , che nasce ap- nomico e controllo politico. punto dall’unione di vari casali, alcuni dei quali molto anti- Una delle costanti della politica normanna fu il passag- chi, già dipendenti dal centro urbano di Oria (PALUMBO 1875- gio delle piccole istituzioni ecclesiastiche, sia latine che 1901; COCO 1941). Con il medioevo inoltrato, essi si aggre- greche, che avevano problemi di mantenimento, alle dipen- gano dando vita ad un nuovo centro urbano del tutto inedi- denze delle grandi fondazioni benedettine. Nel caso dei to, in una zona prima immersa nei boschi, che troverà com- monasteri greci, ciò non implicava necessariamente una ri- piuto sviluppo in età moderna. conversione di rito religioso; anzi, sono molti i casi docu- Analogo processo può essere analizzato poco più a nord, mentati di monasteri greci che, passati sotto grandi istitu- per il centro di Martina Franca, o sulla fascia costiera nel zioni benedettine, conservavano il loro rito (MENAGÈR 1958; caso di . In altri casi si può parlare di un processo di VON FALKENHAUSEN 1977; EAD. 1983). Tale politica era det- inurbamento “di ritorno”, come quello analizzato per l’abita- tata da motivi economici, ma anche e soprattutto politici: to di Manduria: l’aggregazione di casali dà vita ad un nuovo dando i piccoli centri in mano a grandi monasteri controlla- centro urbano, coincidente con un’antica città messapica. ti politicamente, il controllo si allargava di conseguenza a macchia d’olio sul territorio. b) Paralleli a questi casi ve ne sono altri, non meno numerosi, Ascrivibile alla diffusione benedettina è il cambiamento in cui il centro urbano è originato dallo sviluppo di singoli di utilizzo di alcuni casali, spopolati dopo l’azione di inurba- abitati rurali che evolvono lentamente, tra XI e XIV secolo, in mento dell’XI secolo, che rivivono grazie all’insediamento piccole cittadine, come Latiano, Mesagne, Campi Salentina. di comunità religiose o all’assorbimento nei grandi latifondi Mesagne aveva già goduto di una certa importanza nel perio- monastici. Spesso, la presenza di edifici di culto nei casali va do messapico e romano, grazie alla sua posizione sulla via fatta risalire a questa azione: si tratta di chiese rurali costruite Appia; la sua rinascita attesta probabilmente una ripresa di vi- ex novo in insediamenti ormai abbandonati, presi in gestione talità di tale strada, visto che anche Latiano, posizionato sulla dai benedettini. In altri casi chiesette preesistenti vengono stessa strada, evolve da centro rurale a piccola cittadina. An- ingrandite e riadattate. La riqualificazione implica anche un che in questo caso, fondamentale si rivela la presenza di assi cambiamento di funzione: ai villaggi esistenti prima dell’XI viari e la tendenza conservativa della mappa del popolamento. secolo si sostituiscono insediamenti minori di carattere agri- Entrambi i siti sono menzionati come loci in un documento del colo; alle chiese con funzione parrocchiale, monasteri con 947, mentre Oria viene definita civitas (Chronicon Vulturnense alloggi per limitate comunità di monaci, operanti come pun- II, p. 87; In seguito Latiano viene citato probabilmente con il to di riferimento dei contadini che restavano in campagna. nome di Moliniano in un documento del 1092 (CDBr I, doc. Vi sono degli interessanti casi di questo fenomeno nel n° 7) e dal XIV secolo come casale Lateani, mentre Mesagne contesto preso come riferimento. Due delle strutture rurali compare come castrum nel XIII secolo (ANTONUCCI 1942). più importanti e meglio conosciute del territorio oritano sono c) Per ogni centro rurale altomedievale che segue uno svi- documentate come possessi benedettini nell’XI secolo: luppo di tipo urbano, ve ne è una percentuale altissima che Gallana e Crepacore. Entrambe vengono donate da Roberto rimane al rango rurale, o decade e scompare. il Gusicardo nel 1062 all’abbazia di S. Maria di S. Eufemia in Calabria (MENAGÈR 1980, doc. 11 pp. 38-47; Monasticon Tuttavia l’abbandono dei casali, unitariamente attesta- Italiae, pp. 88). Non sappiamo se si tratti di conversioni dal to dalla tradizione, sembra contrastare con le sopravviven- culto greco o semplicemente di due attestazioni del già citato ze monumentali. Nella quasi totalità dei casi gli edifici di fenomeno di inglobamento di piccole istituzioni, con proble- culto pertinenti a casali continuano a vivere anche dopo mi di sopravvivenza, all’interno di monasteri più grandi; in l’XI secolo; il dato è evidente non solo nel contesto oritano, ogni caso testimoniano la sopravvivenza di due fondazioni ma anche in altre aree pugliesi. Il nome dei casali non scom- rurali in una ulteriore fase di storia del territorio. A Crepacore,

455 per cui disponiamo anche di dati di scavo, è sintomatico che pa, Atti del Convegno Internazionale, Roma-Cividale del Friu- la fase di insediamento benedettino, o comunque di passag- li, pp. 289-329. gio sotto una istituzione benedettina di riferimento, segua a CAGIANO DE AZEVEDO M. 1977, Edilizia religiosa longobarda a distanza di parecchio tempo l’abbandono dell’abitato, atte- Trani, «Vetera Christianorum», XIV, pp. 115-122. stato dal fatto che la necropoli cessa di funzionare intorno CARAMIA G. 1976, La chiesa di S. Maria di Gallana in agro di Oria. Storia e descrizione, «Brundisii res», VIII, pp. 123-135. all’VIII secolo (MARUGGI 1999, pp. 41-55). La comunità monastica si insedia in un villaggio già abbandonato e le te- CASSANO R. 1989, Canosa di Puglia (Bari). La Minoia, «Taras», stimonianze materiali della continuità (o della ripresa) di vita IX, 1-2, pp. 230-233. nel sito sono circoscritte agli interventi sull’edificio di culto, CASSANO R. 1990, Canosa di Puglia (Bari). La Minoia, «Taras», che presenta due fasi di decorazione, una di X secolo (con X, 2, pp. 332-334. CDBr I = DE LEO A. (a cura di), Codice Diplomatico Brindisino, iscrizioni in greco FELLE 1999, pp. 13-18) e l’altra di XII- I, ed. G.M. Monti, Trani 1940. XIII (LAVERMICOCCA 1999, pp. 6-12). Pur non disponendo di Chronicon Vulturnense = FEDERICI V. (ed.), Chronicon Vulturnense dati di scavo, si può ipotizzare una fase di ristrutturazione del monaco Giovanni, voll. I-III, Roma 1925-1938. con la medesima datazione anche a Gallana, identificabile COCCHIARO A. 1987, Campofreddo-Malvindi, «Taras», VII, nel parziale rifacimento delle coperture. pp. 162-163. Per numerosi altri casi dobbiamo accontentarci della do- COCCHIARO A. 1988, Campofreddo-Malvindi, «Taras», VIII, cumentazione scritta e delle tradizioni. Sempre nel territorio pp. 167-168. preso come riferimento, un analogo passaggio a strutture COCO P.A. 1915, Il santuario di S. Pietro in Bevagna, Taranto. monastiche benedettine è attestato per la chiesa di S. Maria COCO P.A. 1919, La foresta oritana e i suoi antichi casali, «Rivi- in Grani attualmente in territorio di , ancora esi- sta Storica Salentina», XII, pp. 1-35. stente in una redazione molto tarda, e per quella di S. Pietro COCO P.A. 1941, Francavilla Fontana, Taranto. in Bevagna, interessante edificio litoraneo in territorio di COCO P.A. 1943, La sede vescovile di Oria e le relazioni con quel- Manduria (COCO 1915 p. 175; JURLARO 1975; LUNARDI, TRAGNI la di Brindisi, Roma. 1993). Entrambi vengono donati al monastero di S. 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Pietro Mandurino (Taranto), «Vetera Christianorum», 12, pp. 139- stere, fosse dovuto proprio alla gestione dei monaci. La pre- 154. senza benedettina permette così di spiegare le testimonianze D’ANGELA C. 19752, La documentazione archeologica negli inse- monumentali di una fase delicata per la storia del territorio e diamenti rupestri medievali dell’agro orientale di Taranto, di attestare una nuova riqualificazione degli abitati rurali, in Habitat-Strutture-Territorio: nuovi metodi di ricerca in spesso su siti in cui si riscontra una sorprendente sovrapposi- tema di Civiltà rupestre, Atti del III Convegno Internaziona- zione e stratificazione di insediamento, dai tempi romani fino le sulla Civiltà Rupestre Medievale nel Mezzogiorno d’Italia al medioevo inoltrato. 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