ANTELAO Mason in PUNTA DI PIEDI
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Marcello ANTELAO Mason IN PUNTA DI PIEDI Il Re del Cadore in 150 anni di storia alpinistica Si ringraziano per i contributi iconogra!ci: Secondo per altitudine, in Dolomiti, alla sola Marmolada, l’Antelao con la sua Le Alpi Venete (p. 20-27-34-39-55-61-64-99-131-145-163-221); Arch. Francesco Cappellari forma piramidale riesce indubbiamente a stupire, da sempre, anche il più distrat- (p. 12-13-123-144-250-252); Arch. Ragni di Pieve di Cadore (p. 86-89-95-101-104-194- to dei viaggiatori. È infatti su"ciente una sola occhiata al colosso cadorino perché 232); Arch. Roberto Belli Codàn (p. 25-153); Antonio Berti, guida Dolomiti Orientali (p. risulti poi pressoché impossibile cancellarne la memoria. Tuttavia un’osservazione 28-51-62-76-85-160-270); Arch. Andrea Sala (p. 35-271); Arch. ANA (p. 37); Arch. Italo così a#rettata avrà l’e#etto di morti!care, in uguale misura, l’interessato quanto Zandonella Callegher (p. 46-133-); Arch. Carlo Gandini (p. 49-158); Arch. CAI Padova (p. 70-74-75-96-211-219-220); Arch. Mirco Gasparetto (p. 59); Arch. Capanna Pancera (p. 96); il monte medesimo, perché in tal modo se ne sarà colta sì l’a#ascinante esteriorità, Arch. Malita Menegus (p. 100-213); Arch. Marcello Bonafede (p. 100-202); Arch. Renato senza però comprenderne l’anima. Casarotto (p. 103); Arch. Andrea Spavento (p. 114-116); Arch. Franz Nicolini (p. 118); Non si sarà capito, in altri termini, con quale entusiasmo, passione e sacri!cio Arch. Giovanni Piva (p. 124-241-255); Arch. Camillo Berti (p. 166-167); Arch. CAI Mestre tanti ardimentosi si siano cimentati su quelle rocce, inseguendo un loro sogno di (p. 151-169); Arch. GISM (p. 175); Arch. Caprioli San Vito di Cadore (p. 181-191-229-253); conquista. Spesso con successo, ma talora senza più far ritorno. Arch. Silvana Rovis (p. 197-204-225); Arch. Renzo Secco (p. 276); Arch. Renzo Molin (p. In centocinquant’anni di storia alpinistica, innumerevoli sono le avventure delle 277); Alessandro Pianalto, Arch. storico Intraisass (p. 109); Arch. Francesco Pordon (p. quali questa montagna è stata muta spettatrice, a cominciare da quella del nostro 272); Fondazione Berti (p. 67); Arch. Redento Barcellan (p. 278). concittadino Matteo Ossi, che per primo ne raggiunse la cupola sommitale in un Pagine a colori: Rossella Benetollo (p. I); Luca Visentini (p. II-III); Arch. Ragni di Pieve ormai lontano giorno d’estate. di Cadore (p. IV, V, VI, VII, VIII, XI, XII, XIII, XVI, XXX, XXXI); Giovanni Piva (p. X, XI, XVII); Francesco Cappellari (p. XI, XXV, XXVI, XXVII, XXIX); Francesco Pordon (p. Fu l’inizio di un’epoca straordinaria, mai conclusa, che ebbe per protagonisti – XIV, XV). spesso umili e silenziosi – uomini giunti da ogni dove, di ogni ceto e condizione sociale, destinati a scrivere sull’Antelao una personale ed irripetibile pagina, di Le fotogra!e non citate sono di proprietà dell’Autore. grande valenza alpinistica, ancorché umana. Marcello Mason, alpinista e documentarista, da sempre profondamente legato a San Vito di Cadore, ha voluto raccontare le vicende vissute dai tanti che nel tempo hanno deciso di salire il monte, spesso per vie diverse, lungo itinerari di crescente di"coltà. Il suo lavoro è tanto più apprezzabile in quanto risultato di anni di pazienti ricerche, di testimonianze raccolte negli archivi, nelle biblioteche e direttamente dai protagonisti o, in assenza, dai loro familiari, dai cui racconti sono emersi episodi di grande valenza dei quali si rischiava di perdere persino il ricordo. Queste pagine hanno il particolare merito, quindi, di proporre il recupero della grande stagione alpinistica del Re del Cadore, profondamente caratterizzata da avvenimenti di rara intensità e umanità. Rievocati con scrupolo e rigore, essi ci re- stituiscono, grazie anche allo spessore dei protagonisti, un mondo dai valori senza tempo, che doloroso sarebbe stato smarrire. Alla luce di tali testimonianze l’Antelao, autentico patrimonio del mondo, ci appare oggi come un bene ancor più prezioso. Ci piace sperare perciò che su Idea Montagna Editoria e Alpinismo questo monte l’uomo, guidato dal più profondo rispetto per un ambiente splen- Via S. Antonio, 23 dido quanto delicato, possa continuare a coltivare i suoi sogni, vivendovi le più 35037 Teolo PD profonde emozioni ed esperienze. Riconsegnandolo intatto, in!ne, alle generazioni [email protected] che verranno. www.ideamontagna.it Prima edizione giugno 2010 Ing. Gianpietro De Vido Sindaco di San Vito di Cadore ISBN 978-88-903275-8-2 2004 - 2009 Progetto gra!co, ritocco fotogra!co e impaginazione: O"cina Creativa sas - Padova Gra!ca di copertina: Rossella Benetollo Stampa: O"cina Creativa sas - Padova 5 I compilatori di guide dell’800 ed i pionieri del dolomitismo hanno versato sce- Come Direttore dell’Istituto Ladin de la Dolomites, interessato a studiare e nogra!ci !umi d’inchiostro sull’Antelao, appiccicandogli le più svariate etichette valorizzare i fenomeni storico-culturali e linguistici legati all’Agordino, Cadore, elogiative. Però, per gli abitanti di Venezia e delle isole lagunari, l’Antelao è da Comelico e Zoldo, ma specialmente come cultore delle vicende dell’alpinismo dolo- sempre stato l’icona nobile di casa, quella silhouette che, nelle limpide giornate mitico, sono lieto di premettere qualche riga a questo libro, che narra un secolo e invernali, si propone stagliandosi fuori dall’orizzonte innevato che margina la mezzo di storia della vetta che domina il Cadore. Il lavoro sarebbe in ritardo, se laguna. Esattamente così lo ra"gurò quel ra"nato esteta del gotico veneziano, il diamo per assodato che l’Antelao fu salito nel 1851, perché il 150° u"ciale della londinese John Ruskin, che ne schizzò il pro!lo in un suo noto disegno. D’altronde conquista si doveva ricordare qualche anno fa. Esso giunge comunque a fagiolo, i naviganti che un tempo risalivano l’Alto Adriatico per raggiungere la Serenissi- poiché fa da complemento ideale alla storia dell’altro gigante cadorino, il Pelmo, ma chi prendevano per punto di riferimento se non l’evidente Antelao? edita nel 2007 dal CAI di San Vito a ricordo di John Ball, che il 19 settembre Tanto forte dunque è la valenza metaforica esercitata da questa immagine su 1857 sul “Caregon” aprì le danze per la conquista delle Dolomiti. In “Antelao in Marcello Mason, veneziano (ora “emigrato” sulla gronda lagunare), per il quale punta di piedi” l’autore, che “il Re” lo conosce bene, disegna un excursus stori- l’Antelao è così diventato la sua estatica allegoria della montagna. Chiaro che per co, alpinistico e sentimentale sulla massima vetta cadorina, che odora di vita e rimanerne in sintonia ha cominciato a “viverla”, anno dopo anno, stagione dopo di passione. Una storia di rocce e ghiacci, ma non solo; soprattutto una storia stagione, con passo attento e meditabondo (e con trasparente tenerezza), !nché ha dedicata a chi visse, lavorò e so#rì ed ancora oggi popola le pendici del monte, in sentito l’impulso (consequenziale) di giusti!care le vibrazioni dei suoi pensieri e di passato ne ebbe sventure (la frana di Taulen e Marceana!), ma anche selvaggina con!gurarli in un libro. Di aprire insomma il suo cuore raccontando la storia del per integrare i magri bilanci familiari, guadagno nel calcarne i versanti guidando Grande Gigante e le storie delle formichine umane che in 150 anni hanno cercato clienti facoltosi, ambizione e un po’ di gloria per aver legato nomi di cadorini a l’avventura sulle sue muraglie grigie e dei valligiani che ai suoi piedi ne hanno canaloni, pareti e spigoli della montagna. Ovviamente oggi, l’Antelao custodisce spartito la quotidianità (e la sudditanza). E lo ha fatto Mason con quel suo pacato ancora una risorsa per il turismo cadorino, essendo uno dei “3000” dolomitici modo di esprimersi depurato d’ogni orpello, ma non per questo dimesso. Acqua- più ambiti e frequentati; arricchito da rifugi, bivacchi, falesie e da qualche fune rellando luci ed ombre di vicende impresse sui mastodontici pallori della regale metallica, ma severo e degno di rispetto come oltre un secolo fa. Al Nantelou è una croda, sui labirintici de$uvi dei suoi ghiaioni, sulle creste che altere si inerpicano montagna del Cadore; come ampezzano e cultore della storia di Cortina, mi sia a s!orare il cielo. concesso però pensarla anche un po’ “nostra”, giacché la prima salita turistica di Ma lo fa pure con quella sua attenzione, a volte signorile a volte familiare, di an- Paul Grohmann, pioniere della rivelazione dolomitica (1863), riuscì anche grazie dare un passo al di là della corteccia degli eventi, di penetrare nei loro interstizi, a due eccellenti guide d’Ampezzo: il vecchio Checo e il nipote Sandro da Meleres! di trasmettere, sorridendo, una commozione che dà calore a tutto. Ragion per cui La quarta salita della Via Ossi-Grohmann (1868) si deve anch’essa ad un ampez- ad un certo momento il lettore, immedesimandosi nell’atmosfera del suo narrare, zano: quel Santo da Sorabances, che fu per primo su almeno trenta vette delle Alpi si accorge di riscontrare la visione di un mondo che è divenuto anche il suo, con Orientali. Un paio di recenti, dure vie nuove sull’Antelao e i suoi satelliti, in!ne, è tanta e tale suggestione Mason lo ha ricreato davanti ai suoi occhi. ancora merito d’ampezzani. E anche chi scrive annovera la cima fra quelle salite Prendendo a modello un sostantivo del vocabolario che altro non può dirsi in gioventù... Le crode però non dovrebbero avere con!ni né padroni; sono comun- che sensibilità, il buon Marcello quel sentimento lo ha spinto !no a farlo pensare que patrimonio di tutti, e a tutti i lettori che s’immergeranno in questo libro, da quasi al con!ne della realtà.