SITA ASSESSORATO 01 TORINO PER LACULTURA

domenica 6 settembre 1987, ore 21 Auditorium Rai SETTEMBRE MUSICA

Orchestra Sinfonica e Coro di Torino della Rai

Susanna Rigacci, soprano Béatrice Mathez-Wiihtrich,mezzosoprano Mario Bolognesi, tenore Giorgio Finazzi, flauto Pietro Borgonovo, Mino Bordignon, maestro del coro

Hans Zender, direttore

In collaborazione con la Rai - Radiotelevisione Italiana Sede Regionale per il Piemonte Fondata nel 1931 e prima orchestra sinfonica dell’Ente radio­ fonico concessionario del servizio- pubblico (allora EIAR), l’Or­ chestra Sinfonica di Torino della Rai fu costituita convogliando a Torino altre formazioni già operanti presso alcune emittenti del Nord Italia. Entrata in attività nella stagione 1932-’33, da allora T Orchestra è stata ininterrottamente presente sia nell’ am­ bito musicale cittadino che in quello nazionale attraverso l’ap­ puntamento radiofonico in diretta del venerdì. Dal tronco della Sinfonica, composta da 98 elementi, si sono in seguito distinti altri raggruppamenti con organico variabile, tra cui la Piccola Sinfonica, il Complesso d’Archi e il Gruppo di Musica Contem­ poranea. Anche il Coro ha esordito nel 1932, continuando la propria opera congiuntamente all’ Orchestra o in formazione a cappella e ampliando via via il repertorio fino a comprendervi sia opere antiche che contemporanee. Tra i riconoscimenti ad esso tributati sono da annoverare il “ Viotti d’oro” di Vercelli e 1’ “ Orfeo d’oro” di Parigi. La direzione artistica di entrambi i complessi è dal 1986 affidata a Mario Messinis.

Nata a Stoccolma da genitori entrambi musicisti, Susanna Ri- gacci si è diplomata al Conservatorio di Firenze sotto la guida di Susanna Ongaro. Allieva anche di Gina Cigna e Iris Adami Corradetti, nel corso della sua attività concertistica si è esibita in occasione di festival internazionali (Salisburgo, Varsavia, Du­ blino, Londra) e nelle maggiori sale concertistiche. In grado di cantare in sei lingue, possiede un repertorio che va dagli oratori e la musica barocca alle opere contemporanee.

Béatrice Mathez-Wiithrich ha per anni suonato il flauto, stru­ mento con il quale si è diplomata e con cui ha svolto un’ intensa attività concertistica sia come solista che come componente di gruppi orchestrali. Risale al 1980 l’inizio dell’approfondimen­ to da parte sua della tecnica vocale, mentre è di due anni seguente l’avvio della carriera di cantante, che l’ha portata ad esibirsi nei teatri e nei festival di tutta l’Europa. In veste di solista ha inol­ tre collaborato con complessi sinfonici, tra cui i Berliner Phil­ harmoniker e l’Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione della Germania del Sud.

Mario Bolognesi è nato a Roma, dove ha svolto i propri studi e, nel 1974, ha poi debuttato. Si è esibito in tutti i maggiori tea­ tri italiani e in quelli di città quali Parigi, Londra, Berlino, Bue­ nos Aires e Vienna. Ha anche preso parte alla realizzazione della prima esecuzione del “ ” di , avvenuta a Venezia, con la direzione di . Il suo repertorio si estende dalla musica antica alla contemporanea, comprendendo autori quali, tra gli altri Monteverdi, Cimarosa, Mozart, Brit­ ten, Strawinsky e Berio.

Giorgio Finazzi ha compiuto gli studi musicali presso il Conser­ vatorio “ Arrigo Boito” di Parma. Vincitore del concorso per il posto di primo flauto dell’ Orchestra dell’ Accademia di Santa Cecilia di Roma, dal 1955 fa parte dell’Orchestra Sinfonica di Torino della Rai, della quale è primo flauto. Collaboratore di complessi cameristici, con i quali ha eseguito quasi tutto il re­ pertorio flautistico, ha fatto parte anche del Circolo Toscanini, dove ha presentato numerosi brani di musica contemporanea, ed ha partecipato come solista alla Biennale Musica di Venezia. Ha insegnato al Conservatorio di Piacenza ed attualmente è do­ cente presso il Conservatorio torinese.

Pietro Borgonovo ha studiato prima a Milano e poi a Freiburg (Germania Federale) sotto la guida di Heinz Holliger. Iniziata l’attività nel 1975, ha partecipato a festival internazionali qua­ li, tra gli altri, il Maggio Musicale Fiorentino, la Biennale di Ve­ nezia, Bayreuth, Salisburgo e Montreux). Dopo aver insegnato presso i Conservatori di Bolzano e di Genova, attualmente si oc­ cupa del corso di perfezionamento in oboe alla Scuola di Musi­ ca di Fiesole. Ha curato la revisione e la pubblicazione di metodi di studio per oboe e ha inciso numerosi dischi, ottenendo nel ’76 il Grand Prix du Disque. Dal 1978 è primo oboe dell’ Orche­ stra Sinfonica di Torino della Rai.

Nato nel 1936 a Wiesbaden, Hans Zender è diplomato in Com­ posizione, Pianoforte e Direzione d’orchestra. Nel corso della sua attività ha svolto e svolge tuttora funzioni di direzione or­ chestrale e artistica nell’ambito di teatri d’opera e altre istitu­ zioni musicali di varie città europee (Bonn, Amburgo e Bruxelles tra le altre), riuscendo a conciliare perfettamente questi impe­ gni con quelli concertistici, che lo hanno visto dirigere in teatri e festival internazionali quali Salisburgo, Bayreuth e le Berliner Festwochen. Il suo più recente impegno in veste di compositore si è concretizzato con la presentazione dell’opera “ Stephen Cli­ max” , avvenuta a Francoforte nel 1986. (1920-1973) Grande Aulodia per flauto, oboe e orchestra

Luigi Nono (1924) 11 canto sospeso per soli, coro e orchestra Luigi Nono

Il canto sospeso, per soli, coro e orchestra

La dedica che Luigi Nono antepone a II canto sospeso, “ a tutti loro”, potrebbe quasi valere come dedica complessiva del suo lavoro compositivo, umanesimo artistico che spazza via l’auto­ legittimazione dell’arte, per un’arte di impegno e testimonian­ za che si schiera accanto agli uomini sopraffatti e torturati, e accanto agli uomini che già hanno scelto la lotta per la libertà, per la giustizia. Il che non è privo di problematiche; nel ’52, quan­ do si iscrisse al Partito Comunista, Nono pose a sé e al Partito il problema della musica dodecafonica che “ io allora facevo e che nel mondo socialista era considerata espressione massima della decadenza borghese”. Naturalmente il partito non aveva risposte, e la soluzione restava affidata all’artista, in una liber­ tà pre-zdanovista (nell’ottica del “ realismo socialista” Nono sarebbe stato considerato un eretico - e in seguito effettivamen­ te lo fu); in realtà Nono andava affrontando in chiave persona­ le il metodo dodecafonico, disinteressato a punti zero e anzi tracciando un preciso itinerario storico delle diverse utilizzazio­ ni strutturali della serie: Schònberg in primis non solo storica­ mente, poi Webern e infine gli autori del dopoguerra, fra cui lui stesso. La sua concezione della serie, pur di un rigore da cre­ dente, era stata sin dall’inizio strettamente legata alla reale so­ stanza sonora, non astratta secondo le “ tendenze del materiale” : non tanto 12 suoni quanto 12 intervalli, visti anche sotto gli aspet­ ti timbrico e ritmico, un’indagine sulle possibilità di sviluppo e infine la scrittura vera e propria, in una forma commisurata senza che mai l’ingranaggio del materiale avesse il sopravvento sulla scelta. Risultano così “ non necessarie le quattro forme fon­ damentali della serie” — esposizione, inversione, rivolto, inver­ sione del rivolto — che cedono ad una tecnica di sviluppo più schònberghiana che non delle cristalline simmetrie weberniane. Nel Canto sospeso — composizione del ’56 che a forza impose Luigi Nono in campo internazionale — l’Autore adopera una serie costituita da due spezzoni di scala cromatica, uno ascen­ dente e l’altro discendente, incastrati l’uno nell’altro dall’in­ tervallo minimo di seconda minore alla settima maggiore, in una successione di intervalli che è già in sé riconoscibile, si direbbe tematica. Il titolo gioca sulla dolorosa ambiguità dell’aggettivo - sospeso cioè fatto brutalmente tacere, sospeso cioè rimasto va­ gante nella coscienza e nella memoria -; si tratta di una che utilizza come testo frammenti dalle Lettere di condannati a morte della resistenza europea (Torino 1954); di una cantata ha l’impianto formale in successione di numeri corali, solistici e orchestrali, la volontà espressiva intima e universale, la forza dell’affresco. La profonda adesione di Nono a quell’ideale di speranza — quello che fa dire all’intellettuale bulgaro “ muoio per un mondo che splenderà... con tale bellezza che il mio stes­ so sacrificio non è nulla ” —, la sostanza non certo solo emoti­ va della sua scelta testuale, ci è mostrata dalla concezione formale della cantata, che può dividersi in tre parti ognuna di tre nume­ ri: gli ideali della resistenza (ma così dilatati...), la testimonian­ za della sopraffazione e infine la morte, che si ricongiunge agli ideali predetti nella laica “ fede in una vita migliore per voi”. L’economia espressiva della cantata travalica così la sola testi­ monianza per farsi progettuale, superiore coscienza espressa dalla musica. Da notare come le differenti tecniche di intonazione del testo, l’attenzione e semantica e fonetica — “ L ’indissolubilità de! materiale fonetico dal significato semantico, pur nella loro apparente autonomia di traduzione musicale, è per me una realtà che determina l’inclusione compositiva cosciente delle vocali e delle consonanti nel processo creativo” — la tecnica infine di frantumazione del testo fra le voci non è utilizzata nella sculto­ rea prima parte del VI — “ eccoli i nostri assassini” —: la vio­ lenza è accusata a tutte lettere. Ciò che colpisce immediatamente e affascina nel Canto sospeso è l’evidenza, la semplicità dell’espressione; nel I il balenare di note ai diversi strumenti si fa melodia di timbri — è netto il ri­ fiuto di Nono rispetto all’isolazionismo estatico delle note — e poi melodia tout court, quasi espressionista agli archi; nel II la frontale imponenza del coro a cappella lascia emergere paro­ le chiave: l’intelligibilità del testo ha — ed è un ossimoro — l’o- paca trasparenza di un Palestrina. Nel III al piglio solenne di quell’ autonominarsi — “ tuo figlio... ” — corrispondono i tim­ bri evidenti di trombe e flauti; la levità del IV, orchestrale con frullati di fiati e armonici agli archi, e un logico andamento di acme raggiunto e abbattuto, è quasi preludio alla toccante fan­ ciullezza della metafora e del canto del pastore. L’orrore nel VI è urlato da timbri scuri — fagotto, , corno, e con­ trabbasso, con i — e scandito sulla stessa nota dal co­ ro, che daH’unissono si divarica per semitoni, in un lacerante contrasto con il successivo ammutolire, reso paradigmáticamente dal coro a bocca chiusa, dell’ accoratissimo addio alla vita e ter­ rifica immagine di sepoltura. Chiude il IX, coro luminoso della superiorità morale, voci umane sulla brutalità delle percussioni residuo di un’orchestra disumana già col tacere degli archi (Vili). Bruno Maderna

Grande Aulodia per flauto, oboe e orchestra

Per lunghi anni gli itinerari artistici e umani di Luigi Nono e Bru­ no Maderna furono intimamente intrecciati; Nono più giovane di soli quattro anni, inizialmente allievo di Maderna, musicista entrato così presto sulla scena — “ Ma come vuole che io sia stato il suo maestro! Sono stato il suo amico ” —, entrambi ve­ neziani, entrambi alla fertile scuola di Gian Francesco Malipie- ro che li introdusse l’uno all’ altro ed insieme alla musica antica (amore che lasciò visibili tracce in ambedue) e infine insieme a Darmstadt, sino ad un allontanamento dovuto alle generose cri­ tiche di Maderna alla progressiva politicizzazione dell’ amico, che lo tacciò di “ essere sul piano nettamente restaurativo e istitu­ zionalizzato, quindi legato al potere economico, di classe, go­ vernativo”. Musicalmente l’economia della scrittura di Nono — nel tempo sempre più rarefatta — organizzava la melodia in memoria del canto, laddove quella concezione di Maderna è essenzialmente strumentale; la sua fitta scrittura nasconde, sotto un’apparen­ za di irresistibile fluire del virtuosismo, del canto strumentale, una densità contrappuntistica naturalmente disinteressata a cli­ mi armonici anche slegati da una concezione tonale. Nella Grande Aulodia, che è del ’70 — e quindi dell’ultima grande stagione creativa, con Aura e Quadrivium —, strumenti cantanti sono flauto e oboe, personalizzati nelle umane amicizie di Lothar Fa- ber e Severino Gazzelloni, cui la composizione è dedicata; an­ che l’orchestra si rapprende spesso in terzo interlocutore più che sfondo neutrale. Anche qui come in altri lavori una lunga sezio­ ne centrale sovrappone casualmente, a scelta del direttore, ai so­ listi (che cambiano in ottavino e musette dolce) interventi di blocchi orchestrali precisamente individuati negli intervalli e nella dinamica dei timbri: strumentini, legni, percussioni, quest’ ulti­ me individuate da una suggestiva notazione pittografica, che ap­ pare oggi molto pragmatica e che forse nasceva dalla cronica mancanza di tempo, come pure l’eliminazione — ma fors’an­ che un naturale abbandono — delle minuziose tabelle microstrut­ turali di cui fino ai ’60 Maderna corredava le proprie composi­ zioni, estasiandosi alle scoperte di implicite evoluzioni del ma­ teriale; il clima sonoro a cui tende questa “ alea controllata” è quello di un “ massimo di eterofonia” , un fittissimo e bruli­ cante movimento. Tutto il lavoro è di una eleganza che autenti­ ca l’indicazione apposta ad un solo di flauto: galante, suadente. Ma la densità e raffinatezza degli innumeri episodi ognuno in sé concluso, l’uno all’ altro accostati, travalica qualsiasi limita­ zione di genere per collocarsi in uh ideale Parnaso, evocato dal titolo con molta libertà, secondo Duse “ come se il greco fosse un’opinione e non una lingua”. Cifra di Maderna, come il sor­ gere da un oscuro indefinito, è il poetico svanire come per auto­ consumazione.

Luciana Galliano Luigi Nono Il canto sospeso

1 Orchestra

II Coro a cappella “ ...muoio per un mondo che splenderà con luce tanto forte con tale bellezza che il mio stesso sacrificio non è nulla. Per esso sono morti milioni di uomini sulle barricate e in guerra. Muoio per la giustizia. Le nostre idee vinceranno... ” (Anton Popow, 26 anni, Bulgaria, insegnante e giornalista)

III Soprano, contralto, tenore e orchestra “...mi portano a Kessarianì per l ’esecuzione insieme a altri sette. Muoio per la libertà e per la patria... ” (Ancheos Likovrinos, 14 anni, Grecia, studente)

“...oggi ci fucileranno. Moriamo da uomini per la patria. Siate degni di noi... ” (Eleftherios Kiosses, 19 anni, Grecia, studente)

“...m ’impiccheranno nella piazza perché sono patriota. Tuo figlio se ne va, non sentirà le campane della libertà... ” (Konstantinos Sirbas, 22 anni, Grecia, parrucchiere)

IV Orchestra

V Tenore e orchestra “...se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me. Dico addio a tutti e piango... ” (Chaim, 14 anni, Polonia, pastore) VI Coro e orchestra “...leporte s ’aprono. Eccoti i nostri assassini. Vestiti di nero. Ci cacciano dalla sinagoga. Com’è duro dire addio per sempre alla vita così bella! ” (Esther Srul, Polonia)

VII Soprano, coro femminile e orchestra “...addio mamma, tua figlia Ljubka se ne va nell’umida terra... ” (Ljubka Sghewtzowa, URSS)

Vili Orchestra

IX Coro e timpani “...non ho paura della morte... ” (Irina Malozon, URSS)

“...sarò calmo e tranquillo di fronte al plotone di esecuzione. Sono così tranquilli coloro che ci hanno condannato? ” (Eusebio Giambone, 40 anni, tipografo)

“...vado con la fede in una vita migliore per voi... ” (Elli Voigt, 32 anni, operaia) leggere di musica

Volendo suggerire qualcosa da leggere su Maderna, in questa sede può essere sufficiente consigliare, come validi punti di riferimento, l’agile e attento libretto di Massimo Mita ricavato da una serie di conversazio­ ni radiofoniche (1), e il volume curato da Rossana Dalmonte e Mario Baroni contenente notizie biografiche, conversazioni con il musicista, conferenze, gli atti del Convegno internazionale di Bologna dell’83 non­ ché il catalogo ragionato delle opere (2). Chi desiderasse un’analisi del­ le composizioni, potrà ricorrere ai libri di Armando Gent ¡lucci (5-6). Rischia di essere fuorviarne proporre un itinerario di letture su Nono, se questo venisse inteso come un invito alla formulazione d ’un giudizio più o meno categorizzante, con pretese di definizione esatta e definiti­ va. È il pericolo che si può correre volendo leggere di Nono, musicista ancora in attività e critico nei confronti della storia e della sua logica (si cfr. il discorso letto nel ’59 a Darmstadt) (3). La soluzione migliore, probabilmente, è adottare un atteggiamento “fenomenologico ”, esa­ minare, cioè, le musiche per quel che sono, come proposte autonome. È quanto ha fatto a più riprese Armando Gentilucci: i suoi scritti offro­ no descrizioni attente dei lavori di Nono, proponendosi come guida al­ l’ascolto, senza tentazioni storicizzanti (4-5-6- 7). Con pari efficacia, su posizione analoga si colloca l’acuto saggio di Massimo Mila (8). Un importante punto di riferimento è la perspicace e provocatoria visione interpretativa di Mario Borto/otto (9). Per trovare alla “linea Nono ” collocazione all’interno della trama complessa dell’avanguardia, utili indicazioni riservano i libri di Andrea Lanza (IO) e di Roberto Zanetti (11). Angelo Chiarie

(1) M. MILA, Maderna musicista europeo, Einaudi, Torino 1976 (801.H .19) (2) Bruno Maderna documenti, raccolti e illustrati da M. Baroni e R. Dalmonte, Suvini Zerboni, Milano 1985 (803.C.130) (3) L. NONO, Presenza storica nella musica d’oggi, in “ La Ras­ segna Musicale” , anno XXX, n. 1, Torino 1960, pp. 1-8 (775.B.30) (4) A. GENTILUCCI, La tecnica corale di Luigi Nono, in “ Ri­ vista Italiana di Musicologia” , voi. I I / 1, Firenze 1967, pp. 111-29 (776.Q.2) (5) A. GENTILUCCI, Guida all’ascolto della musica contem­ poranea, Milano 1969, (800.H .15) (6) A. GENTILUCCI, Introduzione alla musica elettronica, Fel­ trinelli, Milano 1972, (800.H.29) (7) A. GENTILUCCI, Oltre l’avanguardia. Un invito al molte­ plice, Discanto Edizioni, Fiesole 1979, pp. 55-9, 115-8 (803.H.44) (8) M. MILA, La linea Nono (A proposito de “ Il Canto sospe­ so ”), in “ La Rassegna Musicale”anno , XXX, n. 4, Torino 1960, pp. 297-311 (775.B.30) (9) M. BORTOLOTTO, Fase seconda. Studi sulla Nuova Musi­ ca, Torino 1969 (787.H.34) (10) A. LANZA, Il Novecento II, EDT, Torino 1983, pp. 121 -2, 153-4, 177-9 (803.G.22/2) (11) R. ZANETTI, La musica italiana nel Novecento, voi. 3, Bra­ mante Editrice, Bustro Arsizio 1985, pp. 1433-51

L’indicazione bibliografica è seguita dall’ indicazione del numero di col- locazione dei volumi presso la Civica Biblioteca Musicale “ Andrea Della Corte” , Villa Tesoriera, corso Francia 192.

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