n.2 luglio/agosto 2012 magazine

Restless Il cinema nell’era dell’inquietudine

SOMMARIO

EDITORIALI 5 Restless, l’elogio dell’inquietudine 7 La piccola pelle

INTERVISTE 8 Confessioni di un critico cineasta (Conversazione con Olivier Assayas)

FESTIVAL 14 Venezia 69: Stay human? 20 Locarno 65: lo schermo del mondo 22 Leos Carax - Merde!!! L’inno del corpo sciolto

25 NEWS

FILM DELL’ANNO RESTLESS 27 Il canto dell’uccello SOMMARIO

30 Sotto il segno di Rimbaud Gus Van Sant, l’indipendente che piace a Hollywood 34 37 Boss, il (televisivo) di Gus Van Sant 40 Mia Wasikowska, My Own Private Australia 46 Henry Hopper, l’artista di famiglia

CUORE SELVAGGIO 49 Fantasma kamikaze 51 La morte è facile, è l’amore che è difficile 54 Tempi inquieti

55 DVD DEL MESE ULTIMI BAGLIORI La tela di Stan Marvel Movies, gli eroi senz’anima 62 I segni della fine? 66 60 Gloria e suicidio 67 La lunga strada 68 Tempi morti 70 L’isola del giorno prima 72

VIDEO DEL MESE 74 FACES 75 Mark Wahlberg, l’attore per caso 79 Ernest Borgnine, vita di un timido

83 FOTO DEL MESE

FUORICAMPO 84 Quei bravi ragazzi: i Jackal ritrovati 86 Il pubblico, l’uomo in più del testo contempo- raneo n.2 luglio/agosto 2012 magazine Restless l’elogio dell’inquietudine Restless Il cinema nell’era dell’inquietudine di federico chiacchiari Sentieri selvaggi magazine 33.280: sono i download del pri- anni fa, abbiamo scelto di dedi- n.2 luglio/agosto 2012 mo numero di Sentieri selvaggi care l’attenzione a quello che la Magazine! (chi lo avesse perso nostra redazione ha eletto come Mensile di cinema e tutto il resto... può scaricarlo qui). È un dato, pur miglior film dell’anno, Restless, Ottimizzato per tablet 10” da prendere con le dovute caute- diretto da Gus Van Sant. Per noi Direttore responsabile le (ci torneremo prossimamente l’anno cinematografico continua Federico Chiacchiari a ragionare sui numeri della rete a chiudersi a luglio, ed è occasio- e sulla navigazione “non uma- ne per ragionare su quanto visto Direttore Editoriale na” del web), che sicuramente ci nella stagione. Restless (L’amore Aldo Spiniello conforta e, pure, ci carica di re- che resta) è uno di quei rari casi sponsabilità. Anche perché que- in cui si combinano diversi talenti Redazione sto Magazine è fatto per essere e creatività. In primis l’autore del- Simone Emiliani, Carlo Valeri, Sergio Sozzo sfogliato su di un tablet, ma noi lo script, l’esordiente Jason Lew, sappiamo bene che la maggior poi l’attrice Bryce Dalla Howard Hanno collaborato a questo parte dei nostri lettori ancora non che se ne è innamorata e ha de- numero ha il dispositivo inventato dalla ciso di produrlo insieme al padre Francesca Bea, Giorgia Bernoni, Apple. Ad oggi, infatti, se pren- Ron Howard, scegliendo un re- Giacomo Calzoni, Tonino De Pace, diamo come buoni i dati di Goo- giste sensibile e profondo come Emanuele Di Porto, Leonardo Lardieri, Pietro Masciullo, Margherita Palazzo, gle Analytics (e qualche riserva ce Gus Van Sant, che ha sua volta Grazia Paganelli, Fabiana Proietti, l’abbiamo…) risulta che soltanto portato la grande risorsa delle Demetrio Salvi, Antonio Termenini l’8,53% dei nostri lettori accede a musiche di Danny Elfman, e in- www.sentieriselvaggi.it da un di- fine l’accoppiata dei due giova- Progetto Grafico spositivo mobile. nissimi interpreti, cui dedichiamo Giorgio Ascenzi Insomma lo sappiamo che, al- dei gustosi profili, Henry Hopper meno tra i cinefili, questo è un (figlio di Dennis!) e l’incredibile Redazione Via Carlo Botta 19, 00184 Roma. mensile per “pionieri”…eppure Mia Wasikowska. Insomma un Tel. 06.96049768 i commenti e le vostre reazioni film perfetto, delicato ed emo- Mail redazione e amministrazione sono stati molto incoraggian- zionante, che ci porta nei luoghi [email protected] ti, soprattutto sulla scelta di una dell’inquietudine giovanile, nei [email protected] grafica cosi “understatement”, territori di confine tra la vita, l’a- che accentuasse la centralità di more, la morte. Un film bello e Supplemento a un gradevole ritorno alla leggibi- prezioso, quasi “invisibile” e che www.sentieriselvaggi.it lità del testo. invece deve essere subito recu- Registrazione del tribunale di Andiamo avanti con questo nu- perato e fatto girare dovunque. Roma mero, necessariamente doppio, È un po’ anche il senso di fare n.110/98 del 20/03/1998 per l’estate. E visto che in sala una rivista di cinema: scoprire le (edizione cartacea) non esce nulla di particolarmen- meraviglie che vediamo e condi- n.317/05 del 12/08/2005 te stimolante, e le sale richiudo- viderle con gli altri. Buone visioni (edizione on-line) no per l’estate come accadeva e buone letture. 5

La piccola pelle

di aldo spiniello

amore annabel arte attore attori attraverso autore ben borgnine carax carriera cinema corpo

davvero diventa figlio film giovane gus henry hopper immagine modo molti morte new padre passato personaggi personaggio possibile protagonista pubblico punto qualcosa realta regista restless

sant scena sembra senso serie sguardo storia ultimo van vedere viene wahlberg

È inutile. Non riusciamo a prendere le distanze magari il nostro essere non ancora in tempo. da quella maledetta, benedetta parola: cinema. Per questo, forse, abbiamo dedicato questo se- È un’ossessione. E, non a caso, andiamo sempre, condo numero di Sentieri Selvaggi Magazine a fin troppo ostinatamente, alla ricerca delle osses- un film, Restless: un esile UFO, oggetto non iden- sioni di chi il cinema lo fa. Ma, stavolta, rispetto tificato, che è riuscito, in questi tempi inquieti, a al primo numero, una sorpresa, seppur piccola, far vibrare, più di ogni altro, la nostra (piccola) c’è, il primato è cambiato. C’è un’altra parola che pelle, raccontandoci l’amore e la morte, cioè le acquista peso: film. Non c’è molta differenza, si due esperienze fondamentali che, pur riguardan- obietterà. Eppure, è il segno di un cambiamento, do le nostre anime, sono un affare terribilmente sottile, impercettibile forse, ma decisivo. Un cam- concreto di corpi che s’incontrano, si avvinghiano, biamento che racconta uno slittamento, uno spo- si dissipano. Materia e chimica appunto. Un film stamento sull’asse dell’attenzione: il progressivo fuori tempo, è ovvio, vintage in apparenza, dolce, passaggio dall’astratto al concreto, dall’idea alla malinconico, ma decisamente aldilà della vulne- materia stessa del cinema, cioè quei testi, quelle rabilità delle mode. E proprio per questo poco vi- immagini concrete che ne costituiscono la sostan- sto, poco amato, poco citato. za (e quindi l’idea, la forma, la teoria?). Nella sua fragilità dichiarata, Restless si pone al Film, pellicola, piccola pelle... sempre di superfici centro esatto delle nostre emozioni e riflessioni. si parla. Ma come potrebbe essere altrimenti? Il Ed è il punto di partenza obbligato delle nostre cinema non è chirurgia, è fisica, chimica, semmai. traiettorie tra i titoli dell’ultima stagione, le nostre Eppure in quella parola c’è un che di tattile, si av- storie del cinema, testardamente tese alla ricerca verte la sensazione della densità di un corpo che di quegli sguardi capaci di raccontare questi tempi ci viene incontro, ci sfiora, ci oppone resistenza, ci inquieti, eppur anche di andar oltre, di superarli, sfida persino. Ma sempre e comunque ci richia- raddrizzarli, forse, con la forza della loro sinceri- ma a una concretezza, gioiosa, dolorosa, che in tà, passione, densità. Coppola, Lioret, Ann Hui, qualche modo si oppone alla smaterializzazione Spielberg, Brad Bird, Gavin O’ Connor. È un nu- progressiva delle cose. Ha ancora senso parlare mero fatto di nomi, cioè di persone, a cominciare di film nell’epoca del digitale? Forse no. Il corpo, da Van Sant e dai suoi splendidi protagonisti, fino i rapporti entrano nel dominio del virtuale alla ve- ad arrivare all’immenso Borgnine, da poco scom- locità della luce (quindi di un’immagine). Epperò parso, e al decisivo Mark Wahlberg. Senza dimen- ci ostiniamo ancora a usare quella parola, dichia- ticare Assayas e Leos Carax. In attesa di Locarno rando fieramente il nostro essere fuori tempo. O e Venezia. 7 Confessioni di un critico cineasta Conversazione con Olivier Assayas INTERVISTE di carlo valeri e fabiana proietti

Mentre il suo ultimo attesissimo film sul ’68, intitolato Après Mai, parteciperà al Concorso della prossima edizione del Festival di Venezia, riproponiamo una lunga intervista inedita al regista fran- cese Olivier Assayas, realizzata in occasione della sua breve permanenza ad Arezzo come ospite della rassegna “Cuori ribelli” organizzata da Cineforum 2 e Sentieri selvaggi nel marzo 2010. È stata l’occasione – preziosissima – di poter conversare a 360 gradi di cinema e di critica con uno dei più grandi cineasti contemporanei

Parliamo di uno dei tuoi ultimi film. L’Heure dall’estero. Quando ho deciso di sviluppare un d’éte. È un film che si ricollega a una tradizio- film francese, dopo Clean, ho riscontrato più diffi- ne specifica del cinema francese, pensiamo coltà di prima, perché sono dovuto uscire da certe ad esempio a Claude Sautet. Curiosamen- logiche distributive. Nonostante il successo di quel te nella tua filmografia viene dopo due film film, non sono riuscito a portare a termine il pro- come Demonlover e Boarding Gate, che sono getto successivo. Poi ho realizzato un film come film in cui affronti il genere e la frammenta- Boarding Gate, un b-movie astratto, più facile da rietà del mondo contemporaneo. A tal propo- finanziare. E quando, finalmente, ho avuto l’occa- sito questo ritorno a casa con L’Heure d’éte ci sione di girare L’Heure d’été mi portavo dietro un sembra ancora più rilevante. grande senso di frustrazione. Desideravo da tem- Demonlover, Clean e Boarding Gate è una trilogia po lavorare con attori francesi, filmare paesaggi sulla globalizzazione. I film hanno come soggetto intorno a Parigi, che sono anche i luoghi della mia la circolazione delle merci e degli individui. Tutto infanzia. Tutto questo mi mancava terribilmente. si basa sulla mia idea che il cinema indipendente, Sentivo la necessità di un ritorno alle origini, a nello specifico quello francese, non si è confrontato qualcosa di autobiografico, almeno in parte. Non con una società aperta al mondo contemporaneo. conosco molto bene i lavori di Claude Sautet, se Ho avuto l’impressione che il cinema francese, ma c’è un richiamo al suo cinema non è tanto per i anche più generalmente europeo, non fosse riu- contenuti dei suoi film, quanto forse per gli aspetti scito ad interpretare il cambiamento economico tecnici. È un regista molto interessante, ma non e culturale del mondo contemporaneo, dei nuo- penso che sia stata l’influenza maggiore. Quando vi mercati internazionali asiatici e americani. È ho scritto L’Heure d’été avevo in mente qualcosa di difficile girare film che affrontino cultura, società molto astratto, dove i protagonisti erano oggetti e e linguaggi in trasformazione, perché se si esce ho sempre visto questo film come una riflessione dalla logica del finanziamento convenzionale, di sull’arte e il senso che riveste nella nostra vita. Era conseguenza si esce anche da quella dello star interessante sperimentare come gli oggetti inani- system. Ho allora avvertito la necessità di reinven- mati potessero essere involucri degli affetti umani. tare un modo di fare film e trovare finanziamenti e In verità, pensavo che questo film avrebbe avu- in questa prospettiva ho girato con finanziamenti to un vita estremamente marginale, senza alcun

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potenziale commerciale. Mi sono sentito stimolato Il film in realtà ha una risonanza molto intima per dal soggetto, anche perché ho avuto la fortuna di me, perché l’ho scritto in un momento molto diffi- lavorare con gli attori giusti e ho potuto sviluppare cile quando mia madre stava invecchiando e ave- l’idea iniziale in modo tale che il film è riuscito gra- vo la sensazione che non sarebbe vissuta ancora dualmente ad acquisire una dimensione umana e a lungo. È morta qualche mese prima che iniziassi universale che riguarda il lutto e l’eredità, temi che le riprese e questo evento ha inciso sull’evoluzio- si sono poi ulteriormente ampliati durante il lavo- ne del film. Posso dire che esistono due livelli di ro sul set. Credo che gran parte sia dovuto al mio lettura: uno è incentrato sulla riflessione inerente desiderio di realizzare un film francese, perché alla verità del nostro attaccamento alla creazio- lavorare con attori stranieri in un linguaggio che ne umana, che investe il valore dell’arte proiettata non è il proprio è estremamente stimolante, ma verso il futuro e quindi coinvolge il concetto del allo stesso tempo pone dei limiti, non permette di tempo. Si riflette su cosa si guadagna e cosa si toccare alcune zone come poi avviene con un film perde. Il film non vuole essere conclusivo, è fatto radicato nella tua stessa cultura. In questo film, ad per porre domande, non per formulare risposte, esempio, ho lasciato gli attori liberi di improvvisa- porta a interrogarsi e permette di aprire nuove re, ma io stesso stavo improvvisando, inventando questioni. L’altra chiave riguarda la bellezza degli costantemente nuove battute e nuove riprese. Il oggetti “abitati” dalla personalità di mia madre. processo creativo del film si è rivelato così molto La poesia e la profondità proiettata su questi og- interessante ed organico. getti ha a che vedere con la sua grazia e rappre- sentano la sopravvivenza della sua presenza. Nel tuo lavoro si passa dagli attori agli og- getti, una soluzione già adottata in Boarding Parlando di un film come Boarding Gate, ci Gate, in cui sono presenti le merci. In L’Heure viene subito in mente Asia Argento. Senza di d’été, invece, è diventato un modo per par- lei non avresti costruito quel tipo di immagi- lare del tempo che scorre e attraversa gli og- nario. In Francia ha registrato i suoi migliori getti. Come hai vissuto questo spostamento di risultati, cosa pensi che possa dare al pubbli- interesse dal corpo umano all’oggetto e cosa co come attrice? ha comportato questa operazione in termini La trovo geniale. Quando ho girato insieme a lei di messa in scena? Boarding Gate mi ha affascinato il modo in cui ri-

9 creava emozioni delicate e intese, trasformandole a questo supporto, continuando a preferire la dall’interno. Inoltre, poteva anche essere un’attrice pellicola. action, per la sua fisicità e la sua animalità. Non Ci sono registi che hanno incontrato il digitale ho mai incontrato attrici che avessero queste due e ha cambiato loro la vita, abituati com’erano a anime, quella poetica e quella fisica, con un’affi- dei set imponenti e a macchine da presa pesan- nità per il cinema unica. Solitamente non mostro tissime. Per me invece il digitale non è mai stata mai agli attori la loro performance, perché ritengo una scoperta perché ho cambiato il mio modo di che perdano di autenticità. Con Asia ho dovuto lavorare, sbarazzandomi dell’imponenza conven- agire diversamente, perché ho capito che aveva zionale di un certo tipo di cinema, molto prima la capacità di guardare i ciak nel loro succeder- dell’avvento del digitale. In L’eau froide ho lavo-

INTERVISTE si riuscendo poi a cambiare una cosa minima in rato con il super16 e mi sono trovato benissimo, uno specifico movimento in grado di aggiungere riuscendo a girare con un troupe piccolissima in una valenza ulteriore alla scena, senza perdere quattro settimane. nulla della propria spontaneità e della propria naturalezza. Ho lavorato con molti attori consa- pevoli delle loro azioni e dei loro movimenti, ma Per me il digitale non è mai stata sempre a scapito della loro veridicità sulla scena. una scoperta perché ho cambiato il Con Asia sono riuscito ad andare più lontano nel mio modo di lavorare molto prima lavoro di creazione filmica. Sembra un ”animale cinematografico”. Fu un’esperienza di grande libertà che mi permet- A differenza di molti tuoi colleghi, non hai mai teva di lavorare già nelle stesse condizioni del digi- usato il supporto digitale. Eppure rivedendo tale. Grazie anche a delle pellicole sensibilissime, alcuni tuoi film, penso ad esempio ad alcuni che già nella prima metà degli anni Novanta era frammenti di Fin Aôut Début Septembre o di possibile utilizzare, potevo girare in super16 con Boarding Gate, ci sembra che il tuo modo di poca luce, con la camera a spalla, sfruttando cioè girare e la libertà espressiva del tuo cinema si tutti i vantaggi che tanti registi avrebbero scoper- prestino molto al formato in digitale. Ci chie- to col digitale. A oggi ho fatto quattro film in su- devamo come mai non ti fossi mai interessato per16 (L’eau froide, Irma Vep, HHH Portrait de Hou

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Hsiao Hsien, Fin Aôut Début Septembre) e questa riuscito a ottenere una libertà assoluta e davvero esperienza ha liberato il mio stile e il mio modo stupefacente per un prodotto televisivo. di lavorare sul set. Ho spesso avuto l’impressione che in tali condizioni il digitale non sarebbe stato A proposito di Carlos, che come hai fatto no- un valore aggiunto, ma anzi mi avrebbe addirittu- tare è un film girato per la televisione, quanto ra penalizzato perché la grana del super16 mi è ti interessa la serialità televisiva? Molti stu- sempre sembrata più cinematografica, più funzio- diosi ormai la ritengono una forma d’arte alla nale e anche più bella rispetto al digitale. Dopo i stessa stregua del cinema o della pittura. quattro film che ho citato, quando per realizzare Quello di Carlos, che è diviso in tre parti per una Les destinées sentimentales dovetti tornare a girare durata totale di cinque ore e mezza, era un pro- con il 35mm, mi scoprii profondamente influenza- getto che mi interessava soprattutto per le sue di- to da questa esperienza. Da quel momento in poi mensioni produttive e drammaturgiche, e per il mi sono preoccupato molto di preservare la liber- fatto che avrei potuto realizzarlo con delle con- tà formale e la leggerezza che avevo scoperto con dizioni creative vantaggiosissime, che al cinema il super16. Successivamente, sia in Clean che in non avrei mai potuto mantenere. Carlos è infatti Boarding Gate, ho utilizzato un 35mm a tre per- girato in cinque-sei lingue diverse, in 35mm e in forazioni invece di quattro, riuscendo in tal modo Cinemascope, con attori pressoché sconosciuti. A a utilizzare meno pellicola, risparmiando sui costi pensarci bene è stato un miracolo che io abbia e avvicinandomi il più possibile alle condizioni del potuto realizzarlo. Eppure se devo dire la mia idea super16 e del digitale. Con le tre perforazioni la sulla serialità, devo ammettere di non tenerla mol- pellicola in fase di ripresa scorre più lentamen- to in considerazione. Non guardo la TV, sebbene te, la camera fa meno rumore ed elimina tutta sia sicuro che vi siano anche lì dei prodotti quali- una serie di problemi tipici della presa diretta in tativamente interessanti. Non riesco a interessarmi 35mm. In queste condizioni posso utilizzare una alle serie. Non ne condivido la frustrazione sottesa macchina da presa non più pesante di una ca- allo sviluppo drammaturgico e non mi piace la mera in digitale, con i suoi stessi vantaggi e con dipendenza fruitiva che innescano con lo spetta- in più la bellezza della pellicola. Con il mio ulti- tore. A me piacciono le opere che in un modo o mo film Carlos, girato per Canal+, ho seguito lo nell’altro arrivano a un punto fermo, arrivano a stesso metodo di Clean e Boarding Gate girando compimento, anche se poi magari lasciano allo addirittura in un 35mm a due perforazioni. Sono spettatore libertà interpretativa. Oltretutto io credo 11 Video INTERVISTE

ancora nell’esperienza collettiva del grande scher- Ci sono degli aspetti diversi. Una parte di quello mo e in questo forse sono un po’ all’antica. Non che scrivevo all’inizio degli anni Ottanta, sia per reputo la solitudine di una visione domestica allo quanto riguarda la critica che la teoria cinemato- stesso livello di una proiezione pubblica in sala. grafica, aveva a che vedere con la mia formazio- Non c’è la stessa qualità di concentrazione, né la ne, con la strada personale che cercavo di trovare stessa implicazione. Per questo penso sempre di nel vedere film di altri registi. Avevo la necessità fare film per il cinema. E anche Carlos nella mia primaria di chiarire a me stesso degli aspetti del- ottica è un film per il cinema. Per quanto mi ri- la pratica cinematografica che mi si presentavano guarda se non ci fosse stato lo schermo probabil- come problematici. E avevo la sensazione che la mente non sarei mai diventato regista. Anche se scrittura e la riflessione fossero una maniera per quello cinematografico è un pubblico per forza di arrivare a strutturare il mio rapporto con la pratica cose ridotto rispetto a quello televisivo, mi sembra del cinema, capire in che modo avrei avuto la pos- comunque più forte e intenso. Qualitativamente sibilità di fare dei film e che direzione avrei potuto migliore. E io ho sempre amato più la qualità che prendere. Non ho avuto l’impressione di scrivere la quantità. Parlo di qualità intendendo anche il tanto su registi o film che ammiravo, quanto di rapporto tra lo spettatore e l’opera in questione. trattare quelle opere e quei cineasti che mi porta- Il rapporto con l’arte deve essere infatti bilatera- vano a pormi delle domande, e ho sempre scritto le, nel senso che per parte sua lo spettatore deve avendo l’intenzione di “andare avanti”, chiarendo andare incontro all’opera, deve fare uno sforzo continuamente a me stesso idee e procedimenti. verso l’opera. E questo vale sia per il cinema che Per me la scrittura è stata la scuola di cinema. Non per la pittura o la musica. Se non c’è questa com- sono mai andato a studiare cinema e mentre tanti plicità tra il fruitore e l’opera non c’è arte. colleghi registi studiavano nelle scuole io scrivevo per i Cahiers du cinéma e contemporaneamente Affrontando il doppio lavoro di critico e di re- facevo cortometraggi. C’era sempre un incessan- gista si è portati spesso a cercare delle linee te movimento di andata e ritorno tra la riflessione comuni tra le due attività. Anche il tuo caso è e la pratica. emblematico dal momento che hai scritto nei Poi c’è la questione della scrittura più in genera- Cahiers dal 1980 al 1985, per poi iniziare a le. Io nella mia vita ho sempre scritto – comprese fare film. A distanza di una trentina d’anni pagine diaristiche che non pubblicherò mai. Non come giudichi questo tuo rapporto tra critica e ho mai perso il rapporto con la scrittura, perché regia e più in generale cosa pensi della scrit- c’è sempre stato un forte interesse per la teoria del tura cinematografica, visto che comunque per cinema e a sua volta penso che il cinema stesso tutti questi anni hai continuato a scrivere libri si sia sempre nutrito di una costante riflessione sul e saggi di cinema? suo linguaggio. Del resto alcuni tra i registi che

12 Olivier Assayas amo di più hanno scritto cose bellissime sul cine- È da molti considerato l’erede diretto della ma. Penso a Tarkovskij soprattutto, che è autore di Nouvelle Vague dei Truffaut, Godard, Rohmer, un libro magnifico, essenziale per comprendere il Chabrol, ecc. Come loro nasce nella critica, af- cinema moderno. O anche a Renoir. E per me è fermandosi all’interno della redazione dei pre- del tutto naturale, ancora oggi attraverso saggi o stigiosi “Cahiers du cinéma” nei primi anni Ot- articoli di vario genere, ritornare occasionalmente tanta, per poi approdare successivamente prima INTERVISTE a riflettere sul linguaggio cinematografico attra- alla sceneggiatura e poi alla regia. Il suo pri- verso la scrittura. Diventa un’attività fondamentale mo film è Disordine (1986), pellicola che rac- perché mi aiuta per il mio stesso lavoro. conta l’altra grande passione del regista, ovvero Oltre a questo ci sono dei casi particolari, come la musica, inserendola nelle vicissitudini di un il saggio che ho scritto su Edward Yang un paio gruppo di amici all’interno di un complesso rock d’anni fa dopo la sua morte. Lì sentivo di avere che decide di sciogliersi. una sorta di responsabilità nei confronti della sua Successivamente Assayas continua a proporre persona e della sua opera, che mi sembrava non un cinema interamente dedicato a una persona- fosse mai stata pienamente capita non solo in Eu- le ricerca sulle relazioni umane e sentimentali, ropa ma in tutto il mondo. Io, che avevo sempre attraverso opere di grande coerenza formale e ammirato il suo lavoro e ho sempre sentito di ca- narrativa: Il bambino d’inverno (1989), Contro il pire quello che Edward cercava di fare attraverso destino (1991), Une nouvelle vie (1993), segna- il suo cinema, ho creduto di essere se non l’uni- no un percorso autoriale maturo ma, almeno in ca persona, almeno una delle poche che aveva Italia, spesso penalizzato da una distribuzione la possibilità di trasmettere la sua arte agli altri e distratta, per non dire assente. raccontare la profonda amicizia e stima che mi Irma Vep (1996), interpretato dalla star di Hong legava a lui. Kong Maggie Cheung, è insieme un omaggio metacinematografico al cinema muto e al cine- A tal proposito, leggendo i tuoi articoli e i ma orientale, mentre il notevole Fin août, début tuoi saggi e vedendo i tuoi film , ci sembra septembre (1998) ottiene un ottimo successo in- di riscontrare la grande influenza del cinema ternazionale e scopre una nuova generazione di orientale, soprattutto quello honkongese e attori francesi, tra cui spicca Mathieu Amalric. taiwanese. Quanto è stato importante questo Tra i suoi lavori “teorici” anche il documentario: cinema per te e che ruolo ha giocato il tuo HHH Un portrait de Hou Hsiao Hsien (1997): lavoro da critico e giornalista su questo cine- omaggio al grande regista di Taiwan. Mentre ma? Noise (2005) è la registrazione della manifesta- È stato importantissimo. Ci sono però due aspetti zione musicale Festival Art Rock. Nel 2004 Clean diversi. Uno riguarda la mia passione per il cine- vale alla Cheung, ex moglie del regista, la Palma ma di Hong Kong, la sua astrazione, il montaggio d’oro per la miglior interpretazione femminile, rapidissimo, ecc. sono tutti elementi che non ho mentre due anni dopo, sempre a Cannes, viene utilizzato nei miei primi film, ma successivamente, presentato il noir Boarding Gate (2006) con Asia un po’ più tardi. Nell’ ’84 con Charles Tesson du- Argento e Michael Madsen. rante il nostro viaggio a Hong Kong, vedevo i film Nelle pause tra un film e l’altro, continua la sua in sala di montaggio perché mi interessava come attività di critico e saggista: negli ultimi vent’anni erano fatti. sono stati infatti pubblicati suoi scritti su Ingmar Mi coinvolgeva un aspetto che era soprattutto di Bergman, il cinema asiatico, e natura giornalistica e cinefila, mentre da un punto Guy Debord. Nel 2010 a Cannes viene presen- di vista pratico e di ispirazione il momento impor- tato “Fuori concorso” il fluviale Carlos (2009), tante per me è stato l’incontro con il cinema di biopic di quasi sei ore girato per la televisione e Taiwan, che subito mi sembrò avere una moder- dedicato alla figura del terrorista internazionale nità e una pertinenza completamente estranei al Ilich Sànchez, che nel 2011 vince il Globo d’O- cinema francese di quegli anni. E nel contesto del ro come miglior serie Tv. Il suo ultimo film Après cinema taiwanese nel tempo sento di aver avuto Mai (Something in the Air) verrà presentato in un dialogo specifico con Edward Yang. Concorso alla imminente 69esima edizione del Festival di Venezia.

13 enezia VStay Human? 69 di margherita palazzo

Il fallimento del modello capitalistico, la crisi economica, un vento inquieto che spira a livello mondiale e che stimola l’esigenza di ritrovare un varco verso l’umanità: il cinema, a Venezia, si fa

FESTIVAL portavoce della “temperatura” globale. Dal 29 agosto all’8 settembre

È l’anno del ritorno di Alberto Barbera, già diret- zonti e 12 cortometraggi. Tra le novità, partono tore artistico tra il ‘98 e il 2001. Il timore è quel- anche due iniziative modellate sull’esperienza di lo di una “pietrificazione” del festival, che negli altri festival internazionali, il workshop dedicato ai otto anni consecutivi di ottima gestione di Mar- giovani filmakers Biennale College - Cinema e il co Müller si è avviato a trasformare l’istituzione Venice Film Market, dedicato alla presentazione e in un laboratorio, il museo in uno spazio aperto all’acquisto di nuovi titoli da parte dei professioni- e vivo. Staremo a vedere (tra il 29 agosto e l’8 sti del settore. settembre): per ora ci limitiamo a registrare la ri- duzione del numero complessivo dei film e una Dal punto di vista dei contenuti, anche il cinema selezione che difetta un po’ in opere sperimen- si muove nel tentativo di ritrovare, se esiste, la tali, ma che registra alcune novità interessanti, formula di un’umanità che sembra perduta, al di come il programma in streaming web, gestito da là di squali del profitto, tensioni di guerra, pote- FestivalScope, che consentirà a 500 spettatori da ri forti. Scoprire una spiritualità che non ha nulla tutto il mondo di vedere in diretta 15 film di Oriz- a che fare con fondamentalismi e credenze reli- 14 FUORICAMPO

giose. E anche fornire un ritratto antropologico di quelli che possono essere i vari percorsi personali e collettivi in un universo tanto ipertrofico e spos- sato. Lo stesso Barbera ha dichiarato che il tema Video ricorrente della Mostra è la crisi e i suoi devastan- ti effetti sociali, ma la sensazione emerge anche da altri festival (esemplare il greco Boy Eating the Bird’s Food all’ultimo Karlovy Vary).

Tra i film IN CONCORSO c’è un Kim Ki-Duk che sembra tornare alla straziante fisicità e ai dilemmi radicali dei suoi primi emozionanti film, ma decli- nandoli all’interno della “tragedia del capitalismo moderno”. Pieta è l’incontro tra un uomo e una donna che non possiedono nulla: lui, solo il suo “lavoro”, che consiste nel riscuotere soldi per un usuraio; lei, solo la propria apparizione nella sua vita: sostiene di essere sua madre. Una delle anteprime mondiali più attese è cer- tamente To The Wonder di Terrence Malick, che vanta la fotografia di Emmanuel Lubezki e le sce- nografie di Jack Fisk. A partire da The Tree of Life il regista è entrato in un periodo di lavoro intenso, che ci regalerà anche i prossimi Knight of Cups e Lawless. In To The Wonder la “meraviglia” è un isolotto della Normandia, Mont Saint-Michel, che Marina (Olga Kurylenko) e Neil () visi- tano al culmine del loro amore. Una volta tornati in Oklahoma, il loro rapporto si incrina. Marina si avvicina a un sacerdote e compagno di esilio () che sta lottando con la sua voca- zione, mentre Neil ritrova l’amica d’infanzia Jane (Rachel McAdams). In Après Mai Olivier Assayas fa un passo indietro e rivede il ‘68, il linguaggio, i sogni e le disillu- sioni di un periodo “troppo frainteso”, attraverso 15 Foto pagina precedente: Après Mai, di Olivier Assayas (foto grande) Pieta, di Kim Ki-duk To the Wonder, di Terrence Malick Spring Breaker, di Harmony Korine

i brividi, i volti e i corpi spontanei di giovani attori effimere. Regista, il francese Xavier Giannoli, che poco noti, come nel ‘94 con il superbo L’eau froi- ha esordito nel 2003 con il bel Corpi impazien- de. Si annuncia un altro capitolo della carriera di ti, coadiuvato da Kad Merad nei panni dell’uomo un cineasta che come pochi altri continua da anni qualunque che diventa famoso senza una ragio- a creare grandi prove di cinema e al tempo stes- ne, intrappolato in un incubo paradossale accan- so fulminanti cartine di tornasole del passato, del to a Mathieu Amalric, Cécile De France e Louis-Do presente e del futuro (si pensi a Demonlover e Bo- de Lencquesaing. arding Gate o alla atemporalità quasi metafisica Ulrich Seidl presenta Paradise: Faith, la seconda dello sciacallo-rockstar Carlos). parte della sua trilogia dedicata a tre temi: il tu- L’atteso Bella Addormentata di Marco Bellocchio e rismo sessuale, la fede religiosa e il primo amo-

FESTIVAL È stato il figlio di Daniele Ciprì - ambedue con Toni re (con la prima, Paradise: Amour, ha concorso Servillo - fotografano incertezze, paure e miserie a Cannes 65). Una donna alquanto pia trascorre dell’Italia di oggi, e vorrebbe farlo anche Un gior- le sue vacanze a fare proseliti, finchè suo marito, no speciale di Francesca Comencini, che dichiara musulmano, ritorna dall’Egitto. Cantano, prega- di aver dedicato il suo film ai giovani precari. In no e combattono. Paradise: Faith è un calvario in realtà, almeno sulla carta, sembra più il ritratto cui tutte le stazioni raffigurano le tappe del matri- di una generazione in cui non ci riconosciamo: la monio, osserva sardonico il regista austriaco nella protagonista è una ragazza che “vorrebbe entrare sinossi. nel mondo dello spettacolo” grazie all’”appunta- Con Thy Womb il regista filippino Brillante Mendo- mento con un politico importante”. za - tra i pochi orientali in concorso con Outrage In Superstar – precedentemente chiamato Talk Beyond di Takeshi Kitano - si rifugia in un universo Show e liberamente ispirato al romanzo L’idole povero, ma denso di significato, la storia di una di Serge Joncour – si affronta un fenomeno dei levatrice paradossalmente sterile in una comunità nostri tempi, quello delle celebrità improvvise ed di “zingari del mare”.

La bella addormentata

16 FESTIVAL

L’ex enfant terrible Harmony Korine torna a Ve- Hochu (il connazionale Kirill Serebrennikov figu- nezia, dove presentò Gummo nel ‘97 e Julien ra in concorso, con il dramma Betrayal, storia di Donkey-Boy nel ‘99, con Spring Breakers, con il due sconosciuti che scoprono che i rispettivi part- complice di misfatti James Franco e un manipolo ner sono amanti) e Bellas Mariposas di Salvatore di popstar (scelta che ha il sapore di uno sberleffo Mereu, il regista sardo di Sonetàula, già a Venezia verso il marketing mainstream). con l’esordio Ballo a tre passi nel 2003 e con l’ul- Sempre in concorso Passion, remake dell’ultimo timo Tajabone nel 2007. Alain Corneau e ritorno all’estetica degli anni 80 Orizzonti ospita anche due maestri orientali, Tsai per Brian De Palma. Ming-Liang, con il cortometraggio Diamond Sutra, Infine, Valeria Sarmiento, la compagna di Raúl come sempre interpretato da Lee Kang-sheng, e Ruiz, presenta Linhas de Wellington, portato a ter- Koji Wakamatsu con il terzo film realizzato in un mine dopo la scomparsa del maestro: un affresco unico anno, dopo il lavoro su Mishima presentato storico scritto dallo sceneggiatore di Misterios de a Cannes e “la storia d’amore e di vendetta” in Lisboa e interpretato da un grande cast: Isabelle uscita nel 2012 Petrel Hotel Blue. Al Lido vedre- Huppert, Michel Piccoli, John Malkovich, Mathieu mo The Millennial Rapture, ispirato al romanzo di Amalric, Catherine Deneuve, Chiara Mastroianni, Nakagami Kenji Mille anni di piacere e interpre- Marisa Paredes e Melvil Poupaud. Tra i registi più attesi mancano James Gray con Low Life, storia di emigrazione e di riflessione a ritroso sulla storia americana, con Marion Cotil- lard, e Jeremy Renner, e Nicolas Winding Refn con Only God Forgives, sempre in- terpretato come Drive da Ryan Gosling e che si prospetta come una nuova incursione nel genere: uno dei due potrebbe essere il film a sorpresa an- nunciato da Barbera.

Nella sezione ORIZZONTI segnaliamo il ritorno al Linhas de Wellington, di Valeria Sarmiento Lido del russo Alexey Balabanov dopo Reka nel In alto: Passion, di Brian De Palma 2002 e Gruz 200 nel 2007, con il nuovo Ja Tozhe

17 tato da Arata, Shôta Sometani, Shinobu Terajima, Kengo Kora. Il cinese Wang Bing, splendida sorpresa di Vene- zia 67 con The Ditch, porta alla Mostra il nuovo documentario Three Sisters.

La sezione FUORI CONCORSO oscilla tra rifles- sioni politiche, icone della musica e suggestioni letterarie. Il film di apertura The Reluctant Fundamentalist di

FESTIVAL Mira Nair torna sull’11 settembre attraverso gli occhi di un giovane pakistano impiegato a Wall Street, mentre con O Gebo e a Sombra il lucidissi- mo maestro portoghese Manoel de Oliveira riflet- te sulla sopravvivenza e sulla miseria, mostrando attraverso la storia di un capofamiglia onesto fino al sacrificio le contraddizioni di una società do- minata dai fattori economici. Per lui, sono accorsi i veterani Michael Lonsdale, Claudia Cardinale, Jeanne Moreau, oltre ai volti familiari della sua lunga carriera, da Ricardo Trêpa a Leonor Silveira. Il regista israeliano Amos Gitai torna a Venezia a distanza di cinque anni da Disengagement, con due opere intime e personali, che il Museo Nazio- nale del Cinema di Torino aveva ospitato nell’au- tunno 2011: Carmel (2009) mescola ai toni au- tobiografici i temi della complessa realtà del suo paese e della copertura mediatica del conflitto, mentre Lullaby to my Father (2011) è una sugge- stiva videoistallazione, già proiettata sui muri del Palais di Tokyo e nei sotterranei della Mole Anto- nelliana, che racconta la vita del padre del regi- sta, studente di architettura in una scuola chiusa da Hitler nel ‘33, poi imprigionato e espulso per “tradimento contro il popolo tedesco”. Robert Redford presenta il thriller politico The Company You Keep, alla guida di un cast di attori affermati - Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Stanley Tucci, Nick Nolte, Susan Sarandon e Julie Christie - e nuovi nomi in asce- sa, tra cui Brit Marling, musa del cinema indipen- dente americano dopo Another Earth e Sound of My Voice. Lo stesso regista interpreta Jim Grant, avvocato impegnato in difesa dei diritti civili, la cui carriera sarà messa in crisi dallo scoop di un gio- Video vane reporter (Shia LaBeouf) che indaga sul suo O Gebo e a Sombra, di Manoel De Oliveira passato di militante nell’organizzazione di sinistra Carmel, di Amos Gitai radicale Weather Underground. The Company You Keep, di Robert Redford Kurosawa Kiyoshi porta al Lido Shokuzai, serie TV Shozukai, di Kurosawa Kiyoshi in 5 episodi, una discesa nel cuore di tenebra per quattro donne legate fin dall’infanzia dal rapi-

18 mento e l’assassinio di una loro amica. Dovremo la tormenta invernale: Gwynplaine (Marc-André aspettare ancora un po’ per vedere il suo nuovo Grondin) un ragazzo con il volto segnato da una lungometraggio, Un giorno perfetto per un Plesio- cicatrice che lo costringe a un eterno, tragico sauro, tratto da un romanzo di Rokuro Inui, “sci-fi sorriso, e Dea (Christa Theret) una ragazza cie- esistenziale” sul viaggio di un ragazzo nel subcon- ca. Qualche anno Gwynplaine è una stella che scio dell’amata in coma. smuove le folle, ma insieme al denaro e alla fama

non arriva per forza la felicità. Nel cast c’è anche FESTIVAL Tra i documentari, Witness: Libya di Abdallah Emmanuelle Seigner. Omeis (premiato regista di 365 AM, sul conflitto Con questo film Améris offre una nuova trasposi- israeliano-palestinese) con il Presidente di Giuria zione del celebre romanzo di Victor Hugo, magi- di quest’anno, Michael Mann, come produttore stralmente adattato da Paul Leni nel 1928 e citato esecutivo: il film è parte di un progetto per HBO sui sottilmente nel recente L’Apollonide di Bertrand reporter che lavorano in zone di guerra. In BAD 25 Bonello. La smorfia dell’uomo che ride è forse la Spike Lee ha raccolto una quarantina di interviste nostra, mutilati e segnati da un mondo grottesco sulla figura di Michael Jackson, mentre Jonathan che sembra avvitarsi costantemente su se stesso, Demme, dopo aver raccontato Neil Young, dedica sempre sull’orlo della follia, in cui cerchiamo di gli 80 minuti di Enzo Avitabile Music Life non solo restare a galla aggrappati all’unico segno di ri- al sassofonista partenopeo, ma anche alle luci e conoscimento che possiamo offrirci: preservare alle ombre di Napoli (città che continua a porsi l’umanità (nel senso del restiamo umani di Vik Ar- come imprendibile soggetto d’elezione anche per rigoni), la dignità, rispecchiarci in chi è ciò che è e altri registi americani). (e diventa) per ciò che è (e diventa). E ritrovarci Il film di chiusura è L’homme qui rit, Jean-Pierre nell’estraneo, andando alla ricerca di ciò che an- Améris: il circense Ursus (Gérard Depardieu) cora ci accomuna in un sistema, anche di pensie- accoglie nella sua roulotte due orfani persi nel- ro, che non offre più le risposte che cerchiamo.

19 Locarno 65 Lo schermo del mondo di sergio sozzo La Francia con Leos Carax, Bertrand Bonello, Antoine Barraud, Vincent Lindon/Stéphane Brizé, Quentin Dupieux; il Giappone con l’omaggio a Naomi Kawase; Hollywood con il Magic Mike di

FESTIVAL Soderbergh/Tatum; e poi quattro film di Johnnie To, l’Africa francofona subsahariana della sezione Open Doors, la retrospettiva integrale di Otto Preminger...To be continued... Dall’1 all’11 agosto

Channing Tatum si spoglia in Piazza Grande per mondiale, tra cui il nuovo lavoro di Joao Pedro Ro- Steven Soderbergh e il suo Magic Mike, tra le an- drigues e quello di Edoardo Gabbriellini, Padroni teprime più attese del cinema all’aperto di Locar- di casa, con Elio Germano, Valerio Mastandrea, no 65, ma sull’enorme schermo davanti agli 8000 Gianni Morandi, Valeria Bruni Tedeschi, senza di- posti sotto il cielo, dopo il film d’apertura (The Swe- menticare l’interessante nuovo film di Bradley Rust eney di Nick Love con Ray Winstone) scorreranno, Gray, Jack and Diane. tra gli altri, anche Kirsten Dunst in Bachelorette Tra la selezione di Cineasti del presente (Concorso di Leslye Headland, Anthony Wong nella saettan- per opere prime e seconde) fa invece piacere ritro- te produzione Milkyway Motorway (diretta dal Soi vare il nome di Antoine Barraud, con Les Gouffres. Cheang di Accident), Vincent Lindon e Emma- Ecco, il cinema francese colonizza un importan- nuelle Seigner per Quelques heures de printemps te spazio delle proiezioni, se pensiamo al Pardo di Stéphane Brizé, Cate Shortland con Lore, Paul d’Onore assegnato a Leos Carax in sua presen- Dano insieme all’incredibile cast di Ruby Sparks, e za, che porta con sé una retrospettiva completa Quentin Dupieux col suo ultimo Wrong. delle sue opere sino all’ultimo Holy motors (le al- In Concorso 19 lungometraggi, di cui 13 in prima tre rassegne imperdibili sono quella su Johnnie

20 FESTIVAL

To, Pardo alla Carriera, con i due Election, PTU, appassionante osservare i mutamenti e le rivendi- e l’ultimo Life Without Principle, e la benemerita cazioni che lo animano, i passaggi dalla pellicola retrospettiva integrale su Otto Preminger), mentre al digitale, dalla finzione al documentario, dalla invece Bertrand Bonello partecipa Fuori concorso dimensione intima alla dimensione collettiva, dalla con Ingrid Caven, Musique et Voix. Fuori concorso sfera poetica a quella politica. Ancora una volta il da segnare in agenda anche le proiezioni di Sa- Festival del film Locarno dimostrerà in occasione rah Morris (Rio), Naomi Kawase (Chiri), Raya Mar- della sua 65esima edizione di essere il festival del tin (The great cinema party, per il Jeonju Digital cinema, di tutto il cinema”. Project), e soprattutto Age is... del recentemente, e La scelta del presidente di giuria non potrebbe malauguratamente, scomparso Stephen Dwoskin. andare maggiormente in questa direzione: Api- Tanti gli omaggi, con relativo miniciclo di proie- chatpong Weerasethakul è un artista del cinema zioni: Arnon Milchan, Charlotte Rampling, Alain nella maniera e nella forma più piene e varie – il Delon, Harry Belafonte, Peter-Christian Fueter, suo ultimo, strepitoso Mekong Hotel lo dimostra: Naomi Kawase, Sarah Morris, Dino Risi, Hannes per chi l’ha perso a Cannes, anche questo viene Schmidhauser, Ben Wheatley, Renato Pozzetto, proiettato a Locarno. Ornella Muti, Krzysztof Zanussi, Samuel Fuller, Ro- Magic Mike bert Aldrich (con una copia integrale di Ultimi ba- In alto: Leos Carax gliori di un crepuscolo...). E poi l’Africa francofo- na subsahariana della sezione Open Doors, con opere di cineasti come Abderrahmane Sissako, , Ousmane Sembène, Souleymane Cissé, Idrissa Ouedraogo. “Cinema allo stato puro”, afferma con orgoglio il Direttore Olivier Père: “Il Festival di Locarno ha sempre offerto, sin dai suoi albori, l’immagine di una manifestazione cinefila, curiosa e audace, at- tenta alle nuove correnti estetiche, ai flussi geo- grafici, alla comparsa di giovani artisti, spesso un luogo in cui esplorare e precorrere i tempi. Il cine- ma è in perenne movimento, e oggi è ancora più

21 Merde!!! Leos Carax l’inno del corpo sciolto

di leonardo lardieri

Il cinema di Carax è un grido che salva dalla malinconia, dalla disperazione e dall’abbrutimento. È una dolce alchimia, tra la forza magica del cinema e la rabbia potente della modernità FESTIVAL

L’opera di Alexandre Oscar Dupont, in arte, Leos vita, tra i motori sacri, umani, animali e macchine, Carax, cinquantaduenne regista, attore e critico sempre più in via d’estinzione, collegati tra loro da francese, ha nella merda la sua pietra filosofale. un destino comune, schiavi di un mondo sempre Monsieur Merde mangerebbe per noi, palati fini, più virtuale. Merde è l’incarnazione della paura e alla ricerca del sublime, uno spuntino a base di della fobia, la grande regressione post 11 settem- merda su un vassoio d’argento. Un’esclamazione, bre: i terroristi credono nelle vergini che incontre- un gesto “cristico”, Merde/Carax assume intanto su ranno in paradiso, i leader politici esultano perché di sé la merda del mondo e del cinema. D’altron- possono finalmente sfruttare al meglio il loro po- de tutto il cinema di Leos Carax, più che dal teatro tere, come bambini iperpotenti. E le persone sono di Molière, sembra provenire da “La fame dello terrorizzate, smarrite, come orfani nel buio. Merde Zanni” di Ruzante, o dal canovaccio di Arlecchino è l’estraneità portata all’estremo: l’immigrato raz- in cui si cala le brache e lancia la cacca addosso al zista. Denis Lavant, così è più di un alter-ego, è il pubblico (fortunatamente solo quella...), o ancora cavaliere oscuro, l’ombra circense di Alfred Jarry, da quella parabola in cui Francesco d’Assisi usa la inseparabile ormai (vedi Carax da regista, Merde/ cacca come termine morale elevato, in contrasto Tokio!, Rosso sangue, Boy Meets Girl, Les Amants con l’avidità e la violenza del potere. L’ossessione du Pont Neuf, oltre, naturalmente, l’ultimo Holy escrementizia è l’unica, forse l’ultima speranza di Motors), corpo scolpito, come quello degli atleti 22 FESTIVAL

cronofotografati da Marey, budella in stop motion un isterico motto armonioso, singolare e plurale galoppanti, come i cavalli dell’antesignano della visione invertita, ce(n)surata, ripetuta. Liquida i fotografia Muybridge. Il pasticcio merdoso dell’u- suoi e nostri sogni in vita pulsante e poeticamente niverso rappresenta una meravigliosa potenzia- desolante. “Merde d’artiste”, chiusi in una scatola/ lità plastica per il regista/attore che ha le mani… casa, o in una limousine, e nel tunnel di manifesti in pasta. incendiati da Alex sotto il Pont Neuf. Chiusi sempre Carax non descrive solo l’escremento ma anche in barattoli da conserva, come quell’opera “ready- i modi per incanalarlo e tesaurizzarlo, trasfor- made” di Piero Manzoni, che sigillò le sue feci per mandolo in una forma filmica: allora è facile im- poi venderle al pubblico. È la ricerca dell’origine maginare il perché di collaborazioni attoriali con profonda del lavoro, dell’uomo che creativamente Godard (King Lear) o il regista lituano Sharunas produce, della cessione di una parte di sé, l’idea Bartas (The House), per i quali la visione è da ca- che siamo pronti ad accettare anche la merda, tapultare in uno spazio uniforme (non importa purché in edizione numerata e garantita. “Posso se aperto o chiuso), dove la lingua parlata si fa tranquillamente asserire che si tratta di solo ges- letteralmente incomprensibile, ma assolutamente so. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non primordiale. Ancora a filmare il salto delle coor- sarò certo io a rompere le scatole”. Leos Carax, dinate: non si parla di incontri, distacchi, relazio- per molti ormai, ex enfant prodige francese (a ni. Piuttosto è il disperato tentativo di aggrapparsi Cannes nel 1984, a soli 24 anni, riceve un trionfo a qualcuno o qualcosa. Immagine del vuoto nel di critica, con Boy Meets Girl), sembra trovare nel- non compiacimento per l’assenza di un miserabi- la deriva l’unica strada percorribile, deviando nel le quanto agognato abbandono. Carax è sempre nichilismo della marginalità e della frustrazione più “macchinoso” e quindi ancora puramente ci- creativa. Non si sa se ridere o piangere: in questa nematografico, calato al centro dello spazio da compresenza assoluta di comico e tragico si ritro- rappresentare, operatore e attore allo stesso tem- va incarnata la grande modalità tragica moderna. po, distaccato e, contemporaneamente, coinvolto Leos Carax , nella sperimentazione video, non la- nella materia trattata. Vorrebbe forse vivere e la- vora direttamente sull’emozione, non chiede alle vorare nel suo mondo/cinema “brado” e chiede- immagini di rielaborare un’emozione legata a una re una casa/laboratorio dove poter ripensare alla precisa memoria , ma chiede l’attenzione ai corpi, verifica (mai) certa del suo sguardo. Sguardo che ai ritmi, all’energia che ci rende sempre presenti si fa pianto isterico ma anche un sussurro insistito, e nello stesso tempo incoscienti. Immagini sincere 23 A Leos Carax sarà assegnato il Pardo d’onore al prossimo Festival di Locarno

che non riguardano l’emozionarsi ma la consape- la letteratura, mostro di poetica autodistruzione ed volezza di un movimento, di un impulso vero. Così evacua rigenerazione. Esiste nel cinema di Carax è Monsieur Merde: il suo corpo non può mentire una terra di mezzo, terra contesa e talvolta terra neanche sul grande schermo, ogni suo piccolo di nessuno, che si situa tra la riflessione filosofica movimento è il massimo che può fare, perché vive e l’empirismo del corpo: terrain vague, Pola X di nel presente, completamente. Così le parole non inevitabile vaghezza, sequenze hard, moralizza- sono tutto, il teatro al cinema, o il cinema del tea- te dal livore delle carni dei protagonisti. Lunghe tro è un grido che deve prenderti con gli occhi, il pause, a volte lunghissime, tra un film e l’altro, e naso, la bocca, il cuore. Il processo creativo è un sulla scia del pensiero bressoniano, attori utiliz- po’ come un urlo, un grido, l’unione con un mi- zati al cinema come su un palco, ‘fuori di sé’ e la FESTIVAL stero, un avvicinarsi a qualcosa di trascendentale. propria immagine dunque vuota. Per il regista e Nel cinema Carax scopre e mostra ancora di più attore, anche se la fisicità di un corpo al cinema è la bellezza dove non si vede. I suoi gesti ricorrenti mediata dalla sua immagine, questo corpo è co- (l’erezione di Merde in Holy Motors, al cospetto di munque rappresentazione di un volume in movi- Eva Mendes) si ricompongono, vengono montati mento che (re)agisce conservando la sua carica all’interno di una scansione ritmica e creano la emotiva come nel volo kubrickiano di 2001: Odis- sequenza del suo dolore e della sua forza. Quei sea nello spazio. “Credi che esista l’amore che va gesti sono anche pieni di rabbia. Perché il male veloce? Che va veloce ma che dura per sempre?” non lo si può accettare. Sono anche traboccanti (Rosso sangue). La cometa Halley s’avvicina alla di tenerezza, quei gesti, perché il male lo subiamo Terra e provoca calure straordinarie e nevicate. E tutti, e senza colpa. Nel dolore siamo sempre soli, intanto il paradosso è compiuto: incandescente non lo potremo mai comunicare davvero. Leos e folgorante il cinema di Leos Carax è un grido Carax non cerca mediazioni: il suo è uno sguardo che salva dalla malinconia, dalla disperazione e semplice, condensato e clamoroso inno alla liber- dall’abbrutimento. È una dolce alchimia, tra Mur- tà e all’impossibile, e a quella ingenua e illumi- nau e i Clash, tra la forza magica del cinema e nante parodia della libertà che è il cinema per il la rabbia potente della modernità. Leos Carax è teatro, la musica, l’arte figurativa, concettuale, per l’ultimo poeta punk del cinema francese.

24 BREVI

È stato trovato morto nel suo appartamento di Los Angeles , figlio di Sylve- ster Stallone e Sasha Czack. Le cause non sono ancora chiare: si parla di un’overdo- se di pillole. Sage ha recitato insieme al padre in Rocky V e NEWS Daylight. È poi apparso in altri film, come Promises Written in the Water di Vincent Gallo.

Giorgio Ferrero è il nuovo Pre- sidente di ANEC Lazio per il biennio 2012-2014. Batman di sangue Pur essendo da pochi anni nel settore - ha dichiarato il nuo- vo presidente degli esercenti - Strage a Denver posso mettere a disposizione Il 24enne James Holmes è en- maschera antigas. la mia passione, la concretez- trato all’interno di una sala ci- Arrestato nel parcheggio sul re- za e la competenza acquisite. nematografica di Aurora, vicino tro del cinema, il ragazzo è già Denver, in Colorado, e ha fatto comparso una prima volta di- Il regista statunitense na- fuoco sul pubblico che assisteva nanzi ai giudici e rischia la pena turalizzato inglese Stephen alla proiezione di mezzanotte di di morte. Dwoskin, celebre filmma- The Dark Knight Rises di Christo- Unanime il cordoglio per le vit- ker sperimentatore della pher Nolan. time e la condanna del folle ge- underground e poi L’uomo ha ucciso 12 persone e sto, a cominciare dal presidente dell’avanguardia britannica, è ne ha ferite più di 50. Barack Obama, che si è detto morto a Londra all’età di 73 Il killer, vestito come il villain del “scioccato” dalla sparatoria “tra- anni. Nato nel 1939, Stephen film, Bane, interpretato da Tom gica ed atroce”. Dwoskin si interessò fin dagli Hardy, portava occhiali scuri, un E intanto il film di Nolan conti- inizi degli anni ‘60 alla ricer- giubbotto anti-proiettile e una nua a registrare incassi record. ca formale e linguistica. Di grande impatto visivo il grot- tesco film Central Bazaar, for- se la sua opera più graffiante. Dwoskin è stato anche pittore, Venezia 69: la giuria scrittore, sceneggiatore Sono stati definiti i nomi degli Peter Ho-Sun Chan, il regista Confermate le voci che vole- artisti che andranno a compor- e sceneggiatore israeliano Ari vano Johnny Depp nel nuovo re la Giuria Internazionale del Folman, autore di Valzer con progetto di Wes Anderson, Concorso della 69a Mostra del Bashir, Matteo Garrone, la re- Cinema di Venezia. gista franco-svizzera Ursula Me- The Grand Budapest Hotel. Oltre al presidente Michael ier, l’attrice britannica Saman- Nel cast ci sarà anche Owen Mann, ci saranno l’artista e per- tha Morton, due nomination Wilson. Ancora non confer- former serba Marina Abramo- agli Oscar per e, infine, il regi- mati gli altri nomi: Jude Law, vic, Leone d’Oro alla Biennale sta e produttore argentino Pablo Bill Murray, Edward Norton, Arte 1997, l’attrice e modella Trapero, che proprio a Venezia Jeff Goldblum, Adrien Bro- francese Laetitia Casta, il pro- esordì nel 1999 con il lungome- dy, e Angela duttore e regista di Hong Kong traggio Mundo Grua. Lansbury. 25

L’AMORE CHE RESTA Restless di Gus Van Sant

solo girare in tondo e tornare su quella scena della rottura, Il canto dell’uccello il funerale di sua madre e suo padre che non ha mai vissuto, FILM DELL’ANNO come se, ingannando il tempo di francesca bea nel rifiuto dell’avvenire, fosse possibile non perdere la pre- sa e non dover lasciar andare Restless procede per fratture, per pause e improvvise accelerazioni, via quello che inevitabilmente il eppure ogni movimento si prolunga nell’altro, lo invade e lo abita tempo separa. Ecco allora che Henry Hopper, nascosto dentro fino a fondersi in una dolcissima unità melodica al suo abito scuro perché, come dice a Mia Wasikowska al loro La morte non basta per sbaraz- significa dover correre tutti i pe- primo incontro, “non ho nessun zarsi della vita, non anestetizza ricoli che comporta il dover cal- colore allegro”, e infrangendo le emozioni fino a renderle sop- pestare il mondo senza sapere la legge non scritta della con- portabili. Ecco perché Hiroshi, come andrà a finire e rischiare grega dei vivi che confina la anche da fantasma, il fanta- che il dolore ci piombi addos- morte il più lontano possibile, sma che Enoch ha chiamato al so, insopportabile e imprevedi- continua a farsi spettatore non suo fianco, continua ad abitare bile, e rimanga attaccato sotto invitato delle cerimonie funebri il mondo portando con sé non la nostra carne, svuotando il fu- di qualcun altro, come se con- il ricordo di un atto assoluto di turo di senso. È per questo che, templando la morte da vicino, volontà, quello della morte vo- dopo l’incidente che ha ucciso come se guardandola dritta in lontaria del kamikaze, ma una i suoi genitori e l’ha tenuto so- volto, fosse possibile ritrovarne lettera d’amore mai consegna- speso per mesi tra la vita e la il senso. Ma la morte non ap- ta. Sì, perché amare è molto morte, Enoch non può ripren- pare mai come ci si aspetta, più difficile che morire, amare dere a vivere, non ancora. Può non può dare alcuna risposta,

27 FILM DEL MESE - - - la morte, nella cruda nu- sua è insopportabile (Annabel dità, il palmo lo sente bruciare sotto accarez- della mano quando za il cadavere di una ragazza nell’obitorio dell’ospedale), esi sempre le storie, dove pur stono è possibile trovare rifugio dal e so quotidiano terrore nostro uscire Basta fine. un’altra gnare Halloween e finger di notte una si spiriti della foresta, magari armati di torcia elettrica magi- ca, per dimenticare un giorno Nei ancora la proprie paure. 28 è la breve breve la è Restless della magnifica sceneggiatura della magnifica sceneggiatura levità e con una di Jason Lew una semplicità una potenza di dirompente. ragazzi, due storia d’amore tra più che adolescenti, che poco il mondo guardare riescono a l’innocenza, con tutta la rabbia implacabile e il desiderio non ancora contaminato dall’indif- ferenza che solo gli occhi di un E proprio posseggono. bambino come fanno i bambini, si conti- nuano a raccontare quelle storie dove tutto è possibile, perché se , - - - - - semplicemente è. Lo sa bene semplicemente è. Lo l’or passione per Annabel, una nitologia e un tumore terminale nitologia e un tumore terminale vale, dunque, al cervello. Tanto ridurre la parola “morte” ad un che ne alleggerisce il peso gioco e, perché no?, credere insieme a Darwin che la vita, in fondo, forza universale è una che rego corpi dei storia sempre la da la e provare mondo il che abitano Tre così a sconfiggere il tempo. mesi, tre giorni, tre secoli, alla fine non c’è differenza, le sin gole vite sono solo briciole sulla Annabel ci Ma linea del tempo. resta allora crede davvero? Non che fare come uno degli uccelli che i suoi libri, popolano quello essersi che al mattino, dopo di nuovo svegliatola sera quando prima era convinto di dover bellissima una morire, cinguetta un giorno ancora. melodia. Per Dopo l’imponenza di Milk Saint torna ai piccoli Gus Van immensi tormenti di quei per sempre abita da che sonaggi no le sue opere e si appropria FILM DELL’ANNO - - - - Interpreti: Henry Hopper, Mia Interpreti: Henry Hopper, Schuyler Ryo Kase, Wasikowska, Fisk, Lusia Strus, Jane Adams, Chin Han Bros. Distribuzione: Warner Durata: 91’ Origine: USA, 2011 le pressioni drammatiche eser citate dallo spettro della malat tia terminaleniente lutto, e del per preferisce piuttosto affatto, dersi nella densità emotiva che fa battere il dei suoi due cuore protagonisti. altalena di fughe e ri- Nella sua e scompar torni, di apparizioni silenziose se, di grida e di corse procede Restless perdifiato, a per fratture, per pause e improv- vise accelerazioni, ogni eppure nell’al- movimento si prolunga tro, lo invade e lo abita fino a dolcissima uni- fondersi in una della materia melodica fatta tà come il Proprio stessa della vita. canto dell’uccello di Annabel. - 29 ogni fotogramma ogni fotogramma Restless de dolcemente magia dei nella nell’ondeggiareinstabile volti, dei silenzi e delle risa- dolorosi te cariche di speranza che Mia Hopper e Henry Wasikowska continuano a scambiarsi men- tre avanzano come funamboli le loro lacerazioni. Annabel tra e Enoch camminano a braccet insiemeto alla morte, eppure in brucia di incredibile vitalità. A Saint non interessano Gus Van - - - sassi scagliati contro un treno in un treno sassi scagliati contro corsa, come se fossero sufficien ti a fermarlo, nelle passeggiate mano nella mano interrotte solo per stamparsi sulle labbra quei baci ancora un po’ impacciati, con il nella sagoma disegnata gesso perché il dei passaggio corpi possa rimanere per sem- pre impresso sulla superficie di c’è tutto screpolata, strada una un universo emotivo, un univer racchiu Sant Van Gus che so Sotto il segno di Rimbaud

Un’intervista esclusiva a Gus Van Sant del portale online Collider. Una lunga conversazione su Restless, sul fascino di questa storia senza tempo, sui due protagonisti, Mia Wasikowska e Henry

FILM DELL’ANNO Hopper, e su Boss, la serie televisiva della Starz

Che cosa è successo e cosa ti ha affascinato di diente, che cosa hai pensato della sceneggia- questa storia? tura la prima volta che l’hai letta? Era proprio una storia molto interessante, foca- Era una grande storia, e c’era qualcosa che pen- lizzata su due persone che si incontrano e sono savo dovesse essere approfondito. Di solito, quan- amiche per un certo periodo di tempo della loro do leggo qualcosa, la prima cosa che cerco è la vita. La semplicità era la sua qualità più attraen- storia. E dopo quando la rileggo controllo ogni te. Questi due personaggi si incontrano, proprio parte per vedere se ogni scena è necessaria. Ti nella prima scena, e poi stanno insieme per tutto immagini mentre stai guardando il film per ve- il film. La storia si concentra solo su di loro, piut- dere se stai perdendo di vista la storia a causa di tosto che essere divisa in altre sotto-storie. Questo una ripetizione o di qualcosa che non è neces- la rendeva molto europea, molto Nouvelle Vague. saria, ma ho trovato che tutto fosse necessario. Così ho pensato “Wow! È una grande storia, tutto Visto che è stata scritta da uno scrittore esor- è necessario, i personaggi sono fantastici, tutta la

30 FILM DELL’ANNO

situazione e il messaggio sono concisi. Era tutto 25 anni, ci si inizia a cristallizzare e a diventare già pronto. adulti. Uno dei miei adolescenti preferiti è Arthur Rimbaud. A quanto pare, ventenne, ha appena Il film mostra come ognuno affronti la morte smesso di scrivere, anche se è vissuto fino a 35 in modo differente, con Enoch che non è più anni. Mentre si trovava in Africa, e qualcuno lo interessato alla vita e Annabel che è intrisa riconosceva come l’incredibile, famoso, giovane del valore della vita, e come queste differenze poeta parigino, diceva: ‘Oh, credo di esserlo sta- essenzialmente permettano ai due protagoni- to, ma era solo fantasia e stupidità’. sti di aiutarsi a vicenda. Non è poi così differente, se lo paragoni con altri Perché scegli di lavorare con attori sconosciu- ragazzi che hanno il cancro. Non vogliono star- ti? sene a letto e non fare niente. Vogliono uscire e Quando sono sconosciuti come Henry Hopper è divertirsi. Perciò in realtà è molto comune. una possibilità di sorprendere il pubblico che non ha mai visto prima quel personaggio. È più facile, Perché sei così attratto dalle storie dei giova- almeno per me, immaginarmi e proiettarmi in un ni? personaggio che non è noto perché ha delle qua- Ci sono un sacco di ragioni per cui sono attratto lità sconosciute. dal raccontare la fase dell’adolescenza, ma uno dei dei motivi principali è che è la parte più viva- Come è stato il processo di selezione? ce della tua vita. È il momento in cui si sta im- Abbiamo preparato il film qui a Los Angeles. Qui parando tutto, per la prima volta, e forse il più ci sono molti giovani attori e si sono presentati in importante. Quando si arriva ad avere 23, 24 o tanti. All’inizio hai delle possibilità infinite. Puoi scegliere chiunque tu voglia e allora provi a pen- sare fuori dagli schemi. C’erano molte idee inte- ressanti. C’erano molti figli d’arte come Bryce Dal- las-Howard, Schuyler Fisk e Henry Hopper. Anche la nipote di Elvis si è presentata. C’era una vera e propria comunità di persone di questo genere e io non l’avevo mai notata. Era molto stimolante. C’era una coppia di persone inglesi che era molto valida, ma era difficile ammorbidire l’accento.

Perché sono stati scelti Henry Hopper e Mia Wasikoswka? Mia era già conosciuta per la sua partecipazione 31 in In Treatment per la HBO, che è molto popola- re negli Stati Uniti e stava per fare Alice in Won- derland. È diventata una scelta molto importante per noi. E poi Henry Hopper è arrivato in ritardo perchè stava a Berlino. È stato difficile scoprire dove si trovasse. Alla fine si è presentato ed è sta- to molto abile, come Mia, ad entrare nelle parole sulla pagina e a farle diventare vive, che è una cosa sempre molto difficile in un provino. Molte volte non ci riesci solo perché non hai avuto ab-

FILM DELL’ANNO bastanza tempo per preparare il personaggio. È molto facile trovare persino grandi attori che non ci riescono immediatamente. Le cose non prendo- no vita subito, anche se sai che dopo lo faranno. di tempo ed era tornato per provare a fare questo Ma questi attori erano così bravi che che le han- film, come una cosa estemporanea. no fatte uscire in poco tempo, istantaneamente. Ci sono riusciti semplicemente. Così ho pensato: Come si comportavano sul set? “Forse dovrei prendere degli attori che le fanno Come una prosecuzione della prima volta che li sembrare vive così facilmente”. Per quello che so, avevo incontrati al provino. Sono diventati i per- si sono esercitati per settimane e settimane. Insie- sonaggi e sono stati insieme molto tempo. Ryo me sembravano avere quella sintonia che stava- Kase, che ha interpretato il pilota kamikaze, Hen- mo cercando. ry e Mia erano un gruppo di amici che facevano delle cose insieme anche quando non stavamo Hai dovuto convincere Henry Hooper a fare il girando. Erano tanto bravi in quello che facevano provino, o stava veramente cercando di fare che sono andati oltre le mie capacità di dirigerli. l’attore? Penso che alcuni registi gli sarebbero stati vicini Stava liberamente, informalmente cercando di e li avrebbero indirizzati nelle loro parti, ma in fare l’attore. Aveva fatto alcune rappresentazioni genere ho provato a vedere quello che offrivano e a scuola e aveva provato per un film in cui non a confrontarmi con questo, piuttosto che guidarli era riuscito. Ha fatto il pittore a Berlino per un po’ psicologicamente nei personaggi.

32 Enoch e Annabel hanno questo singolare L’occasione mi è stata offerta da Kelsey Grammar aspetto vintage e questo li fa sentire come se e dallo sceneggiatore Farhad Safinia e io ho pen- vivessero in un mondo tutto loro, al di fuori sato che provare sarebbe stato interessante.

di tutti gli altri. È stato intenzionale? Come è FILM DELL’ANNO venuto fuori il loro aspetto? Tanti anni fa, quando hai incontrato Ben Af- Jason Lew, scrivendo la sceneggiatura, ha usato fleck e Matt Damon, che ti hanno portato la delle cose anacronistiche. Loro giocavano alla sceneggiatura di Good Will Hunting, avresti battaglia navale in una versione moderna del gio- mai immaginato di trovarli dove sono ades- co, ma è un gioco che viene dagli anni cinquanta so? e dagli anni sessanta. Non sembra che abbiano Non proprio quando mi hanno portato la sceneg- dei mezzi di comunicazione moderni: non hanno giatura, ma è sempre bello lavorare con gli sco- dei telefoni cellulari e non si vedono computer in nosciuti e loro erano bravissimi. Matt si presentò giro. Sembra che tutto lasci pensare ad una storia per un provino per To Die For e voleva ottenere il fuori dal tempo. Nella sceneggiatura c’era scritto ruolo di Joaquin Phoenix. Alla fine sembrava trop- che Enoch indossava un soprabito nero, che sug- po americano. Non era abbastanza sgradevole. geriva che era qualcosa per andare ai funerali. Era troppo Matt. E lui tentò duramente di scrol- Abbiamo immaginato che forse aveva rimediato larsi di dosso quel peso ma io dovetti rifiutarlo. quel soprabito a un negozio dell’usato o che fosse Ma poi ho lavorato con lui e lui era molto bravo quello di suo nonno. E poi abbiamo fatto in modo e si è così impegnato per avere la parte. Quando che Annabel lo copiasse e si vestisse con abiti vin- ci prova può veramente sorprenderti, così sapevo tage. È qualcosa che ho visto fare ai ragazzi di che sarebbe diventato un grande attore. E ho la- Portland perchè è più economico che comprare vorato con Casey Affleck: anche lui era in To Die vestiti nuovi e li abbiamo vestiti così. Ci piaceva la For. Ho incontrato anche Ben ma non avevo mai caratteristica senza tempo che dava. lavorato con lui. La mia volontà era di collaborare e di mantenere i ruoli. Io lo consideravo un pro- I tuoi attori parlano sempre di come ti piac- getto, senza pensare alle loro carriere future. Ma cia mantenere calmo il set e di come questo quando lo abbiamo montato insieme ed eravamo faccia sentire la fiducia e dia loro la libertà pronti a mostrarlo, ho capito che avrebbero sfon- di esplorare. Sei veramente una persona così dato. Non ne avevo la certezza, ma si è verificato. calma mentre giri un film? Proprio nel momento in cui stavano per mostrar- Sì, provo ad essere calmo. Non credo di essere lo ho capito che gli sarebbe successo qualcosa di letteralmente calmo. Provo a farli diventare calmi buono. facendo finta di essere calmo. È un trucco. (traduzione di Emanuele Di Porto)

Cosa ti ha fatto decidere di far girare agli atto- ri delle scene mute? Che cosa pensi aggiunga al film il fatto che debbano calarsi nella parte Collider è un portale online che non si è solo con le loro facce e i loro occhi? mai limitato soltanto all’informazione. Il La ragione per cui abbiamo girato molte scene sito è nato per il web e ha sempre seguito mute era la necessità di fare scene più corte ta- i rapidi cambiamenti della rete. I suoi spazi gliando solo elementi fisici. In questo modo puoi sono ricchi di recensioni, di ghiotte antici- modificare un personaggio dall’altro lato della pazioni e di interviste esclusive ma le sue macchina da presa. Ma se loro dicono la cosa prospettive si allargano oltre il campo cine- sbagliata, questo potrebbe identificare l’azione in matografico e si spingono verso tutti i livelli una particolare parte della scena. Alla fine ave- della comunicazione. Il sito è stato tra i pri- vamo tante riprese mute che avevamo anche la mi a dedicare un grande risalto al mondo versione muta del film. dei serial e dello stardom televisivo e ha integrato i contenuti tradizionali con degli Hai diretto l’episodio pilota di Boss, la nuova approfondimenti sui costanti sviluppi della serie della Starz. Che cosa ti ha spinto a con- tecnologia e delle sue possibili implicazioni frontarti con la televisione? nella sfera della visione.

33 FILM DELL’ANNO Gus Van Sant L’indipendente che piace a Hollywood

di antonio termenini

Quando si è trattato di trovare un titolo per il libro stereotipi, per alcuni ricorrenti stilemi stilistici, dal che avevo scritto su Gus Van Sant tra il 2003 e il ricorso al kitsch, alle ampie ellissi narrative. Ma 2004 non ho esitato un attimo. L’indipendente che è forse interessante sapere che Mala Noche che piace ad Hollywood. Sin dagli esordi la carriera sperimenta, grazie al suo primo fedele direttore del cineasta di Portland è, infatti, una delle più sin- della fotografia Eric Alan Edwards il time lapse, golari ed uniche nel panorama statunitense. Non l’evoluzione del tempo filmata in tempo reale, solo e non tanto per la capacità di passare con di- è stato girato con solo 25.000 dollari nel 1985, sinvoltura stilistica e narrativa da due Bibbie della mentre Drugstore Cowboy, per certi versi ancora controcultura americana degli anni ’70, Mala No- più cupo e disperato rispetto al suo film d’esordio, che di Walt Curtis e Even Cowgirls Get the Blues a si può già considerare una produzione importan- sceneggiature di pura contaminazione come quel- te, non solo per la presenza di Matt Dillon. My la di My Own Private Idaho, patchwork che unisce Own Private Idaho ribadisce, forse più di ogni al- Shakespeare e Burroughs, Pasolini e Guthrie, ed tra sua opera, la sua natura di artista “regolare” ancora a film su commissione come To Die for o nell’irregolarità. Good Will Hunting e Finding Forrester, ma proprio Un film completamente sbilanciato, tra una prima per il “prodotto cinema” che ci ha consegnato in porte in cui si affastellano dialoghi presi di peso questo trentennio. dall’Enrico IV di Shakespeare uniti con una visione Sì, perché, proprio da un punto di vista produttivo, pasoliniana dei drop out e dei reietti che si aggi- Gus Van Sant ha dimostrato la sua natura cama- rano vagabondi per le strade di Portland, e una leontica, versatile, pur mantenendo una perfetta seconda parte “romana” con la trasferta alla ricer- riconoscibilità. Quando ci troviamo di fronte ad ca della madre perduta di Mike. Un film che vive un suo film lo capiamo per le atmosfere, per il di impulsi, mentali, sensoriali, sempre sfuggenti modo in cui ritrae un’adolescenza inquieta senza e non riconducibili ad alcuna influenza stilistica,

34 in particolare da un punto di vista visivo. Sempre queste due storie, tramutandole, fondamental- percorrendo l’unicità della carriera di Van Sant da mente la prima, Good Will Hunting, nell’ennesima un’ottica produttiva, To Die for precorre il model- asserzione di un’impossibilità nello stabilire una

lo di film su commissione in cui il regista di Port- verità ed una realtà assoluta, ma unicamente fil- FILM DELL’ANNO land tenta di mantenere un disperato controllo di trata dalla peculiarità del soggetto che la rielabo- sguardo; dai kids che tentano la signora Maretto, ra; la seconda nell’ulteriore parabola esistenziale dalla natura pop dell’intera operazione, fino ad di un adolescente in disperata ricerca d’identità. un sarcasmo lugubre anticonformista all’interno Nel 2002 la svolta. Una delle più radicali che il di un involucro perfettamente mainstream, con la cinema contemporaneo abbia mai visto. In parte protagonista al centro della scena interpretata da deluso dall’esito commerciale di Finding Forrester un’attrice in grande ascesa e con tutti i crismi di Van Sant guarda un cinema diverso, quello di Bela una produzione pensata e realizzata dagli studios. Tarr e di Chantal Ackerman, il cinéma vérité che, Intervistato a Portland dopo aver vinto la Palma come spesso ama ripetere nelle interviste, non ta- d’oro con Elephant nel 2003, a proposito di Good glia mai, quei “cuts” così consustanziali al cinema Will Hunting e di Finding Forrester, Van Sant mi made in Hollywood. Il mito del tempo reale, ma disse che non sarebbe mai stato in grado di scri- anche una libertà assoluta nel filmare. Van Sant vere quelle due storie. Non perché contenevano vuole riflettere sulla morte, nel senso più ampio tematiche che sentiva distanti, ma proprio per e astratto possibile. E allora, con qualche milione come erano scritte. Secondo la miglior tradizione di dollari, con i quali non avrebbe girato nemme- hollywoodiana, back and forth, diritto e rovescio, no la metà di Good Will Hunting, filma la trilogia, in cui ogni singolo elemento risulta consequenzia- Gerry, Elephant e Last Days. Niente sceneggiatu- le e perfettamente riconducibile ad una logica di ra, tutto in progress, spiazzante, restless. Intermi- trionfo ed affermazione dell’eroe pur tra mille dif- nabili piani sequenza, riflessioni sulla durata del ficoltà. Eppure Van Sant è riuscito a far sue anche Tempo e sulla relatività del sapere e del reale, sul

35 FILM DELL’ANNO

concetto di vero e falso filtrato dal soggetto che lo elabora. Due espedienti narrativi di grande ri- chiamo come la strage di Columbine in Elephant e il suicidio di Kurt Cobain in Last days per ela- borare una metafisica molto leggera, intensa ma, per certi versi impercettibile, quasi “banale” come i dialoghi tra i personaggi. Quanti registi ameri- cani sono riusciti a trasformarsi, a mutarsi “genita- camente” in questo modo? Forse Soderbergh che predilige, però, una bulimia filmica che lo porta a relizzare tutto e il contrario di tutto o, forse ancora, Barbet Schroeder al suo meglio. Considero Paranoid Park un film di passaggio in questo senso, anche perché nell’ultimo decennio l’occhio dietro la m.d.p. del geniale Harris Savi- des è tanto importante quanto quella di Van Sant, Will Hunting - Genio ribelle mentre i manierismi di Doyle poco si adattano ai cromatismi del west americano, così come Milk, lontano anni luce dai film su commissione tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio Video (anche se gli executive gli stavano dietro le spalle. Ricordiamo, però, che la biopic di Harvey Milk è un progetto coltivato da Van Sant per oltre vent’anni e molto più personale di Good Will Hunting o Fin- ding Forrester). In attesa di Promised land, film che doveva segna- re l’esordio alla regia di Matt Damon, ci rimane Restless, straordinario esempio di classicismo im- merso in piani che si sovrappongono, collidono, si intersecano. Ancora la morte, l’adolescenza, il Tempo e le sue dinamiche. Elephant

36 Boss FILM DELL’ANNO il (tele)visivo malato di Gus Van Sant

di pietro masciullo

“Non sei nessuno in America se non appari in Tv. È in Tv che capiamo chi realmente siamo. Perché a che serve fare qualcosa che vale se nessuno ti guarda? E se il pubblico ti guarda diventi una persona migliore!” (Suzanne Maretto/Nicole Kidman in Da Morire, di Gus Van Sant, 1995).

Anche Gus Van Sant è arrivato a misurasi diret- privo di veri successi come STARZ. Dall’incontro di tamente con la Tv. Con quel “piccolo schermo” Van Sant – che co-produce l’intero progetto e di- perturbante e (non) visibile in tanto suo cinema rige l’episodio pilota – con questi soggetti così di- passato. Con quell’incubo color confetto che si versi per esperienze ed estrazione culturale nasce instilla come un virus nel tessuto socio/culturale Boss, serie Tv alla sua prima stagione nel 2011 e occidentale e che faceva pronunciare alla giova- con una seconda già messa in cantiere. Serie che ne, bella e glaciale Nicole Kidman una massima si occupa essenzialmente di politica: il sindaco di filosofica stordente per banalità e attendibilità pe- Chicago Tom Kane (le evidenti connotazioni wel- ricolosamente (con)fuse. A pensarci bene, allora, lesiane che lo animano sono inscritte già nel suo questo approdo in Tv è una tappa che appare nome e i riferimenti a Citizen Kane continueranno consequenziale e di certo non sorprendente per in ogni episodio) è in carica da non precisati anni un autore che ha sempre fatto della fertile spe- e ha succeduto il padre di sua moglie Meredith rimentazione sull’immagine e sui suoi “formati” alla funzione cittadina più alta. l’intimo collante di una straordinaria carriera. Van Sant doveva entrare in prima persona nel piccolo schermo d’America, varcare quel confine, stam- Van Sant doveva entrare in pri- pigliarlo sulla sua pelle di regista per arrivare fi- ma persona nel piccolo schermo nalmente a guardare in faccia il controcampo di d’America, varcare quel confine tanti sui film: dal “vuoto” cosmico di coordinate tracciato in Elephant al “pieno” di umanità (s)per- duta firmato in Milk. Ma la lotta che improvvisamente si scatena per l’e- L’occasione giusta è arrivata da uno sceneggiatore lezione del nuovo governatore dell’Illinois metterà sui generis come Farhad Safina (giovane scrittore a repentaglio lo status quo degli interessi cittadini, di origine iraniana, collaboratore di Mel Gibson e dando origine ad una sequela di attacchi simulati autore dello script di Apocalypto), da un produtto- al Potere per rilegittimare agli occhi dell’opinione re televisivo in fase di rilancio come Chris Albrecth pubblica forza e verginità morale. Un plot appa- (ex guru di HBO), da un attore diventato un moloch rentemente molto tradizionale pertanto, se non produttivo come Kelsey Grammer (dopo Frazier la fosse per un particolare che si presenta come il più importante e pagata star televisiva americana) vero motore narrativo/estetico dell’intera opera- e infine da un Network via cavo giovane e ancora zione: la “malattia”. 37 Nella prima sequenza dell’episodio pilota ci viene di Van Sant. La città di Chicago diviene una città/ istantaneamente presentata la patologia diagno- mondo in linea con il metodo astrattivo perpetrato sticata a Tom: un medico gli spiega (e ci spiega…) sui luoghi filmici dall’autore nella seconda parte le implicazioni della demenza da corpi di Lewi, della sua carriera (il liceo di Elephant è certamen- malattia degenerativa appartenente alla famiglia te l’esempio più celebrato). Gli stessi momenti in del morbo di Alzheimer che attualmente non ha cui Tom Kane manifesterà la sua malattia saranno una cura. E in questa breve sequenza ci vengono rari e contrassegnati da attimi di astrazione visiva: anche forniti tutti i riferimenti filosofici ed estetici rallenti, dettagli di mani tremolanti o occhi persi che serviranno per orientarci nell’intera serie. La nel vuoto, uso antinaturalistico del sonoro e del babele di piccoli o grandi atti di quotidiana corru- primo piano, dilatazione temporale e sfocature. zione posti al di là della legge, dell’etica platonica Pattern estetici molto vansantiani che configurano e della morale cristiana – atti che saranno l’archi- la malattia come unico e paradossale spazio di trave narrativo di tutti gli episodi – viene messa qui verità. in figura: un luogo di morte come un mattatoio, un Ed è a questo punto che possiamo innestare il di- Re a cui viene “ordinato” di star seduto ad ascol- scorso sui media. Perché se l’obiettivo primario tare, una malattia degenerativa (dalla significanza della politica non è mai l’atto ma l’immagine che metaforica a dir poco cristallina) e una scansione dell’atto se ne vuole dare (un dettame che dal ge- dei campi e dei piani che riecheggia chiaramen- nio di Niccolò Machiavelli ai giorni nostri ha fon- te l’armamentario iperrealista di Van Sant. Dina- dato il concetto di politica occidentale) ecco che mica che ha dominato la prima parte della sua l’universo dei media non può più essere conside- carriera dall’esordio beat con Mala Noche sino al rato un mero mezzo, bensì l’unico possibile campo remake/serigrafia di Psycho: cura maniacale per di riformulazione del reale. In Boss la tv produce il dettaglio e astrazione del frammento di reale il fenomeno e la sua simulazione nel contempo: “scontornato” che vuol farsi più vero del vero solo una confusività percettiva che rende indistinguibi- attraverso l’attenta osservazione dei fenomeni che le la menzogna dalla verità (le dichiarazioni pub- implica. E allora, pensandoci bene, Boss diventerà bliche di Tom così opache e i sintomi della sua esattamente un pezzo di reale americano ritaglia- malattia così limpidi), lo sguardo dal suo riflesso to dalla cartina geografica e posto sotto la lente (le allucinazioni prodotte dal morbo restituiscono

38 uno sguardo perturbante, lo “doppiano”). E tutto giungere un unico obiettivo: un nuovo standard di questo, a pensarci bene, è uno dei capisaldi del fruibilità televisiva. L’uno orchestra un tradizionale cinema di Van Sant se mettiamo a confronto due puzzle pieno di caratteri dal riconoscibile e inte-

film apparentemente così distanti come Da Morire ressante arco di trasformazione del personaggio e FILM DELL’ANNO e Gerry: l’uno istituisce la crisi di uno sguardo oc- l’altro (insieme, ovviamente, ai diversi registi del- cidentale che è ormai fuso ontologicamente con i la serie: in primis Mario Van Peebles autore dei media che ha prodotto; l’altro ne è il riflesso in- tre episodi più vanasantiani) squaderna il puzzle conscio, lo specchio posto dentro/dietro la perdi- in una progressione registica quasi asettica, da ta di coordinate in un mondo ormai derealizzato. camera iperbarica della civiltà, dove improvvi- “Gerryzzato” come dicono Casey Affleck e Matt si sprazzi ferini e animaleschi sopraggiungono a Damon nel film del 2001. perturbarla. Ed è qui che riconosciamo Gus Van Sant: in Boss è la regia che scava sotto l’apparen- za della sceneggiatura evidenziando l’aspetto più Boss diventerà un pezzo di reale ame- potentemente cinematografico della serie. Perché ricano ritagliato dalla cartina geogra- alla storia da raccontare e alla Storia da metafo- fica e posto sotto la lente di Van Sant rizzare si sovrappone un lavoro di stratificazione sul concetto di immagine che varca il confine della contingenza del personaggio arrivando a lambi- Boss, quindi, è una serie che configura la tragi- re la complessa persona che c’è dietro. Dai per- ca crisi di chi rivendica responsabilità politiche turbanti primi piani nel nulla di Suzanne Maretto (pubbliche, genitoriali, culturali, religiose) in un all’affettivo primo piano di Harvey Milk morente tempo, il nostro, che ha bisogno come di una che guarda oltre incrociando l’arte nella Tosca… droga dell’universo fantasmatico dei media – qui è sempre il Cinema che ridona spessore umano pullulano Blackberry, Ipad e Pc in una dinamica all’immagine. Nello stesso anno, il 2011, Gus quasi meta-televisiva – per rovesciare l’apparen- Van Sant ci ha regalato due ritratti sublimemente za dell’immagine e scorgere attimi di verità nella antitetici di malattia: l’abisso morale di Boss con- malattia. trapposto alla levità sentimentale di Restless, di- Farhad Safina e Gus Van Sant, pertanto, sembra- mostrando con stupefacente facilità come il (puro) no operare su sponde opposte tentando di rag- film(are) possa ancora diventare la cura.

39 EDITORIALE ia asikowska

M W FILM DELL’ANNO My Own Private Australia

di margherita palazzo

“Ci sono un sacco di ragioni per cui sono attratto dal raccontare la fase dell’adolescenza, ma uno dei dei motivi principali è che è la parte più vivace della tua vita. È il momento in cui si sta imparando tutto, per la prima volta, e forse il più importante. Quan- do si arriva ad avere 23, 24 o 25 anni, ci si inizia a cristallizzare e a diventare adulti. Uno dei miei ado- lescenti preferiti è Arthur Rimbaud. A quanto pare, ventenne, ha appena smesso di scrivere, anche se è vissuto fino a 35 anni. Mentre si trovava in Africa, e qualcuno lo riconosceva come l’incredibile, fa- moso, giovane poeta parigino, diceva: ‘Oh, credo di esserlo stato, ma era solo fantasia e stupidità’.

Gus Van Sant

Mia Wasikowska, oggi ventunenne, ha origini po- Malgrado ciò, non sviluppa nessun interesse verso lacche (la madre Marzena, fotografa) ma viene la recitazione: “c’è dell’ironia nella mia carriera: presto adottata dall’Australia. L’arte entra nella ho sempre odiato anche alzarmi in piedi nella mia sua vita in forme bizzarre: a 8 anni, insieme ai classe, odiavo fare teatro a scuola, non sono mai sui fratelli, posa per alcune foto della madre - un stata una performer”. Invece, si dedica al balletto: progetto basato sui suoi ricordi di emigrante - in 35 ore alla settimana, che presto diventano una un viaggio a ritroso verso la Polonia, attraverso prigione. “La danza è la perfezione. Si basa su det- Russia, Francia e Germania; cresce tra le gallerie tagli come il peso ideale, la linea della caviglia, della scena artistica di Canberra (anche il padre, cose minute che la maggior parte delle persone John Reid, è un fotografo); fin da piccola, viene non notano, ma dalle quali i danzatori diventano condotta in sala a vedere il cinema europeo e in- ossessionati. La ballerina di Black Swan, paranoica dipendente “i primi film preferiti che ricordo, sono e distrutta, interpretata da Natalie Portman, non è La mia brillante carriera di Gillian Armstrong, la poi così lontana dalla realtà: i danzatori sono te- trilogia dei Tre colori di Krzysztof Kieslowski e nuti in uno stato perenne di pre-pubertà, in parti- Elephant di Gus Van Sant, che diventerà il mio colare le ragazze. Ho deciso di uscirne fuori”. Così eroe”. Mia si racconta in Once More Through the Looking

41 Cet air qui m’obsède jour et nuit Cet air n’est pas né d’aujourd’hui (Edith Piaf, Padam Padam) EDITORIALE

Glass, una lunga conversazione con il magazine Stati Uniti, in una storia postapocalittica a base newyorchese BlackBook, e in un’intervista rilascia- di morti viventi dal punto di vista di un teenager ta al Guardian. innamorato. Il prodotto di una piccola factory au- I primi volti di attrici che la affascinano e la con- straliana (il coproduttore è Nash Edgerton, fratello ducono verso il cinema sono legati a figure imper- dell’attore Joel, stuntman e attore a sua volta; il fette, problematiche, come la Holly Hunter e Anna cosceneggiatore è David Michôd, regista di Ani- Paquin di The Piano di Jane Campion o la Gena mal Kingdom). Qui Mia indossa con naturalezza i Rowlands di John Cassavetes in A Woman Under panni di oggetto del desiderio e di una ragazzina the Influence. armata che ha già fatto i conti con il lato selvaggio Mia si propone a una lista di agenzie, che però della realtà. la rifiutano, visto che non ha alcuna esperienza. Pochi anni dopo, i primi ruoli. Inizialmente com- pare nel thriller Rogue (2007) del Greg McLean di I primi volti di attrici che la condu- Wolf Creek, in Defiance di Edward Zwick (2008) cono verso il cinema sono legati a in Amelia (2009) di Mira Nair e nella serie tv In figure imperfette, problematiche Treatment, nel ruolo di Sophie, della campionessa teenager in corsa per le Olimpiadi, sospettata di un tentato suicidio, dove tiene testa al veterano Un ruolo che mette mette bene in luce una delle Gabriel Byrne: “Sento una completa affinità con sua peculiarità: al viso dolce e all’aspetto inno- Sophie: è una rappresentazione totalmente onesta cente questa giovane attrice unisce una sensibilità di una sedicenne”. più coriacea e determinata di quanto non dicano Nel 2008 lavora anche con il connazionale Spen- fattezze angeliche e lineamenti delicati, difficile da cer Susser (Hesher) in I love Sarah Jane, piccolo ridurre in una condanna ai personaggi fragili. corto di culto, premiato in vari festival, che cattura In un periodo di tempo relativamente breve, la ra- le atmosfere dei sobborghi australiani, non troppo gazzina che si sentiva “come un viandante in una diversamente da come Harmony Korine vede gli terra straniera” ogni volta che si trovava su un set,

42 ha cominciato ad amare il suo lavoro, raccoglien- do gli elogi di colleghe illustri come Glenn Close o Annette Bening. In un prossimo futuro, Mia lavo-

rerà per la prima volta con Cate Blanchett, della FILM DELL’ANNO quale è forse una versione più giovane (in un noir tratto dal romanzo di Patricia Highsmith, Carol): in comune, la terra in cui sono cresciute, l’insofferen- za alla disciplina della danza, una bellezza raffi- nata, capace di smorzarsi e illuminarsi a seconda della necessità. Ma anche un’eleganza, una sorta di gravitas, difficile da incontrare nello star system hollywoodiano, che sembra appartenere più alle star del passato, e che affiora in qualche modo nelle apparizioni ufficiali e nelle interpretazioni dei personaggi anche più apparentemente didascali- ci. (Proprio la Blanchett dirigerà Mia nel suo esor- dio come regista, in un episodio del film collettivo The Turning).

Mia lavorerà per la prima volta con Cate Blanchett, della quale è forse una versione più giovane

La Wasikoswka infatti si sottrae rapidamente dal boomerang della fama disneyana che segue a Alice in Wonderland (2010) di Tim Burton - una prigione bidimensionale, malgrado il 3D - per mettersi alla prova con una galleria di adolescenti contemporanee. Ritratte con gli abiti di oggi - I ragazzi stanno bene (2010) di Lisa Cholodenko – con quelli di ieri – la servetta di Albert Nobbs di Rodrigo García, che l’aveva già diretta in In Treatment e che Mia considera un padre putativo. O chiamata alla difficile missione di interpreta- re una sorta di rivoluzionaria ante litteram, fuori dagli stereotipi delle eroine romantiche, la Jane Eyre di Cary Fukunaga: “Se Jane fosse vissuta nel- la società contemporanea, sarebbe in Parlamento. C’è qualcosa di straordinario in una donna di quel tempo, che si sentiva degna di rispetto a prescin- dere dal suo status sociale” ha osservato la Wa- sikowska. Fukunaga dice di averla scelta anche per la dedizione al suo mestiere e la sua indiffe- renza alle conseguenze della popolarità e al mon- do del gossip. In un certo senso, questa attrice è capace di sgu- sciare fuori dal travestimento (come la Blanchett, se pure più matura, e come nella sua carriera è riuscita a fare in modo eccellente anche Kate Win-

43 slet) e dalla maschera del set, che per esempio tie- ne abbastanza stretta una personalità meno forte come quella di Keira Knightley, in qualche manie- ra sempre inscindibile dai suoi personaggi. Ne è la prova il guardaroba (anche metaforico) estro- so, letterario e in qualche modo fuori dal tempo di Restless (2011) di Gus Van Sant, dove Mia incarna il doppio di Henry Hopper, altro giovane attore promettente, da poco uscito dall’adolescenza, che porta sul volto l’eredità del suo carismatico padre, Dennis. Molti si sono chiesti se fosse un vezzo alla FILM DELL’ANNO Wes Anderson quello che aveva colpito il regista di Portland, invece in questo caso l’eccentricità de- gli abiti della protagonista sono tutt’uno con una figura, quello di Annabel Cotton, in cui conver- gono tutte le anime della recitazione della Wa- sikowska, intelligente e capace di sottrazione: una ragazza moderna ma antica, affetta da un male reale ma smarrita volontariamente in un mondo di sogno che oscilla tra scienza e fumetto, dol- ce ma a suo modo ostinata nel voler affrontare a suo modo la prossimità alla morte, immaginaria (i malati terminali non hanno le guance rosa) ma anche realistica (nella vita reale i ragazzi malati di cancro non hanno intenzione di starsene a letto e vogliono divertirsi come tutti gli altri, spiega Gus Van Sant a proposito di questo breve sogno che è Restless). Una storia fuori dal tempo e forse anche dallo spazio, “su due persone che si incontrano e trascorrono in amicizia un periodo della loro vita, un po’ come un film della Nouvelle Wague france- se”. Sarà nuovamente un australiano, John Hillcoat – e gli australiani ultimamente sembrano avere una marcia in più, specialmente in produzioni indipen- denti e coraggiose come Hail o Snowtown Mur- ders - a voler lavorare con lei per Lawless (2012): intuendo la capacità della Wasikowska, ancora non del tutto sfruttata, di muoversi tra sfumatu- re sottili, la sceglie per interpretare Bertha Minnix, sospesa a metà tra una vagabonda e una santa Amish con gli occhi color ardesia, come la de- scrive lo scrittore Matt Bondurant in La contea più fradicia del mondo. Devono averlo pensato anche i creativi del New York Times, che nel gioco di Touch of Evil – tredi- ci attori che incarnano altrettante icone del Male - hanno assegnato a Mia il ruolo di una Home Wrecker (una fatale mangiauomini) ritagliata sulla Anna Quadri - Dominique Sanda de Il Conformi- sta di Bernardo Bertolucci. Una capacità trasfor-

44 FILM DELL’ANNO

mista dalla luce all’oscurità che hanno colto an- che Park Chan-Wook e Jim Jarmusch, chiamando la Wasikowska rispettivamente in Stoker e Only Lovers Left Alive, due storie che probabilmente af- fronteranno il tema del vampirismo in modo assai poco convenzionale. Tra i progetti futuri, la vedremo anche come av- venturiera solitaria, in un viaggio di 1700 miglia nel deserto australiano, in Tracks di John Curran; e accanto a Jesse Eisenberg in The Double, curio- sa versione contemporanea de Il sosia di Fëdor Dostoevskij diretta da Richard Aoyade e scritta da Avi Korine. La Wasikowska deve misurarsi anche con un altro personaggio femminile molto forte, che in passato è stato interpretato dalla grande Isabelle Huppert per Claude Chabrol: si tratta di Madame Bovary, in una versione diretta da Sophie Bartes, già regista del surreale Cold Souls, accan- to a Paul Giamatti e al giovane Ezra Miller di We Need to Talk about Kevin. Meno apertamente ma- liziosa di una Ludivine Sagnier di dieci anni fa o di una Emily Browning oggi (anche lei australiana) forse più vicina alla coetanea Jennifer Lawrence, Mia Wasikowska sembra diretta verso una carrie- ra solida e originale, mentre si incammina fuori dall’età preferita del suo eroe Gus Van Sant.

45 Henry Hopper L’artista di famiglia

di giorgia bernoni FILM DELL’ANNO

Assemblaggi materici di acrilico e spray con colori tures Gallery di Santa Monica. Nato a Los Angeles che si riversano dalle tele. È un’arte spontanea, l’11 settembre del 1990, Henry Lee Hopper è il acerba come il suo autore, quella che porta la fir- frutto del quarto matrimonio dell’indimenticabile ma di Henry Hopper, il giovane figlio del celebre regista di Easy rider e coprotagonista di Gioventù attore statunitense Dennis che, oltre ad affacciarsi bruciata con Katherine LaNasa, bionda interprete anche lui nel mondo del cinema come interprete, di serie televisive sposata nel 1989 e già lasciata da alcuni anni porta avanti con un discreto suc- nel 1992. Quella di Henry è un’infanzia tipica da cesso una carriera artistica in quel di Los Angeles. figlio dell’elite dorata del cinema hollywoodiano, L’efebo protagonista maschile dell’Amore che re- divisa tra le varie magioni di Los Angeles, Veni- sta è, infatti, un nome non del tutto sconosciuto ce, Hancock Park e Taos, New Mexico e passa- nell’ambiente artistico delle gallerie californiane ta respirando il sacro fuoco dell’arte che, nel suo avendo partecipato, poco più che maggiorenne caso, si concretizza iscrivendosi ai corsi di pittu- nel 2008, alla sua prima personale alla Frank Pic- ra e scultura del California Institute of the Arts.

46 Ma laboratori e aule didattiche non si addicono lui è stato il mio maestro e il mio migliore amico al carattere inquieto del giovane Hopper, che evi- ed è suo il merito di avermi insegnato a conoscere dentemente dal padre non ha preso solo il cogno- non solo il cinema ma anche l’arte e la vita, e a

me, dal momento che Henry lascia l’accademia sbrigarmela in qualsiasi situazione». Un padre dal FILM DELL’ANNO dopo un breve periodo di frequenza. È in quegli cognome pesante, con cui Henry passava molto stessi mesi che Gus Van Sant sottopone a Henry tempo nelle lunghe pause delle riprese ma che poi la sceneggiatura di Restless affidandogli la parte non vedeva per altrettanto tempo durante la lavo- di Enoch Brae: un ragazzo introverso e fuori dal razione di molti film. «Devi avere una struttura ra- mondo a seguito della perdita dei genitori in un gazzo», era solito tuonare Dennis al figlio. E sono incidente stradale che incontra, innamorandose- queste le parole che spingono il giovane Hopper a ne, la deliziosa malata terminale Annabel Cotton. frequentare il Lee Strasberg Theatre and Film Insti- Per lui è la prima volta da attore, se si esclude una tute, la rinomata scuola di recitazione con sede a minuscola parte all’età di cinque anni in un indie New York e West Hollywood, dove Henry si forma movie e un ruolo mancato a causa dell’insorgenza le ossa e conosce molti di quelli che saranno poi della mononucleosi nella pellicola My Soul to Take i suoi migliori amici. In onore di Dennis, il figlio di Wes Craven conosciuto, come molti altri illustri intitola con il nome del padre una sua tela parti- appartenenti al mondo del cinema, a un party or- colarmente sentita: un magma dallo sfondo scuro ganizzato in una delle magnifiche ville del padre. da cui fuoriescono, come pulsioni caotiche, getti La lavorazione de L’Amore che resta coincide con di lava di differenti colori; un’opera apostrofata un periodo nefasto: la morte che aleggia su tutto da un osservatore come una strada di New York il film è presente anche nella vita di Henry con due di notte. Il quadro viene esposto, insieme a molte episodi tragici che si susseguono in poco tempo altre opere affini per tecnica e spesso dai nomi l’uno dall’altro: prima la morte di una cara amica propri di persona (Kevin, Chris, Sarah, Lola), nella e poi, il 29 maggio del 2010, quella del padre mostra del 2008 alla Frank Pictures Gallery dal che giunge al termine di una malattia incurabi- titolo “People are other people”, un frase tratta da le. «Ha significato molto che sia riuscito a vedere una citazione di Oscar Wilde. Lo stesso Hopper parte del film – dichiara in seguito Henry – perché ama definire i suoi quadri “paesaggi emozionali”

47 per la massiccia presenza di emotività fissata da un astrattismo tipico dei ben più conosciuti prede- cessori, a partire da William Turner tanto amato dal ragazzo insieme ai dipinti astratti di Richard Diebenkorn. La maggior parte dei lavori sono in- fatti dipinti, realizzati con acrilico e spruzzati di vernice sulla tela, e in misura minore sono installa- zioni. La tavolozza dei colori utilizzata è abbastan- za limitata: rosso, nero, grigio, bianco, verde. Al primo sguardo, è probabile che le opere sembrino essere solo schizzo e gocciolare, come i grandi FILM DELL’ANNO dipinti di Jackson Pollock, ma indietreggiando è possibile vedere e riconoscere forme, umori e sce- nari. «Mentre dipingo – precisa il giovane attore – mi lascio trasportare dall’immediatezza della mia emotività. I ritratti non lo sono però in senso tradi- parte, Henry Hopper è convinto che il connubio zionale e io, nel momento in cui dipingo, sono vi- fra arte e cinema porterà a una nuova frontiera sibile e invisibile insieme. Credo, infatti, che esista dell’interazione creativa. Una creatività che Henry un proficuo scambio dialogico tra l’opera e il suo pensa sia bene mantenere e giocare su più fronti creatore e che questi due aspetti si alimentano e si visto il pericolo, che corre un attore che ha a che influenzano l’un l’altro in una continua alternan- fare col sistema, di rimanere intrappolato in una za». Seppur consapevole di quanto occorra essere macchina perversa: «a Hollywood ci sono cresciu- disincantati nei confronti del mondo molto seletti- to e posso dirlo: il rischio è quello di essere trattato vo dell’arte contemporanea per poterne prendere come una merce di scambio».

48 antasma amikaze

F K CUORE SELVAGGIO

di sergio sozzo

Il tempo non aspetta gli uomini, e probabilmente i film nemmeno, non aspettano gli uomini, e il tempo non aspetta i film, e dunque tanto vale giocare a battaglia navale con i fantasmi, già sapen- do che vinceranno sempre loro

Hiroshi Takahashi è il vero supereroe di questa Horse: il cavallo Joey non è un fantasma come stagione. Pochi altri possono vantare la traspa- Hiroshi ma ugualmente combatte la propria stre- renza del giovane kamikaze giapponese con cui nue lotta contro la civiltà e la macchina (mentre il protagonista di Restless di Van Sant gioca a bat- il coevo opposto Tintin fa mostra di averlo subito taglia navale e a tirare pietre ai treni di passag- assimilato, il dispositivo meccanico della motion gio (forse giusto il teen spirit di Chronicle di Josh capture, del 3D, di questa bolla di sapone liquida Trank/Max Landis, a conti fatti anch’egli un kami- e piena di riflessi artificiali). Quali supereroi, al- kaze con lettera d’amore mai spedita, ma ripresa lora? Non certo i protagonisti dei Marvel Movies, con la videocamera piuttosto che scritta su di un che di esplosioni atomiche nel proprio passato pa- foglio stropicciato). Uno dei momenti più vertigi- radossalmente non ne hanno memoria alcuna, e nosi del film è quell’istante di footage sull’atomi- che soffrono di una visibilità assoluta di muscoli e ca di Nagasaki, risolto poi con Hiroshi scosso dal armature scintillanti che non permette loro di po- ricordo e rannicchiatosi nella vasca da bagno: è tersi mai nascondere, negare all’immagine, come proprio quel tipo di trauma del passato, di dram- Hiroshi che compare dietro la finestra della casa ma interiore che di solito spinge la potente azione di Annabel nel momento del fatale malore della di un supereroe – un kamikaze, pronto al sacri- ragazza. Il gesto eroico, lì, è quello di decidere di ficio estremo, e dritto all’obiettivo. Tra l’altro, un farsi vedere, riconoscere, per poter così accom- rimando all’ambientazione dello Spielberg di War pagnare Annabel nel lungo viaggio verso l’aldilà 49 CUORE SELVAGGIO

(la qual cosa è forse l’unica missione nei confronti che Piccarda spiega a Dante che no, nel Paradi- di questo Mondo che possa avere un supereroe, so ognuno è beato della posizione che occupa, e a conti fatti). Dove vanno i supereroi? “Ho molto della distanza che ha dalla visione di dio: non vi tempo libero”, dice Hiroshi, comparso al prota- è alcuna invidia per gli altri cieli, né ambizione a gonista Enoch nella manciata di minuti in cui il salire di livello – “chiaro mi fu allor come ogni dove giovane, in coma, è rimasto clinicamente morto. in cielo è paradiso, etsi la grazia del sommo ben Ecco da dove vengono, se non altro. Ed è tutto d’un modo non vi piove”. nella decisione di farsi vedere: ben lo sa Tom Cru- Chiaro mi fu allor come ogni dove ad Hollywo- ise, che si gioca tutto il quarto Mission: Impossible od è paradiso? Quanti soldi ha perso alla fine la sull’idea di apparizione e persistenza di sé (dentro Disney per John Carter da Marte (che è un Para- Hollywood). Ethan Hunt, e Cruise con lui, mantie- diso, come ci ricordava Ray Bradbury, scomparso ne la posizione, e poco altro, nel film al contrario proprio quest’anno)? Eppure, tra tutti i supereroi, continuamente mutaforme di Brad Bird: è quello Carter (lo stesso Taylor Kitsch protagonista di Bat- che il cinema ha tentato di fare con cocciutaggine tleship) è l’unico che ancora si stupisce del mecca- nel corso di questa stagione. Restare in posizione, nismo magico e delle esponenziali possibilità del come un kamikaze che ha l’obiettivo agganciato corpo traslato – finita la sua immagine sul Piane- perfettamente nel mirino del proprio velivolo, e va ta Rosso, mentre il corpo è addormentato in una giù in picchiata a velocità estreme. cripta sulla Terra, John passa buoni dieci minuti di Coordinate, un incrocio tra le ascisse che segna film a provare con incredulità quanto in alto rie- un punto fermo nella battleship (il gioco preferito sca a saltare grazie alla differente forza di gravità di Hiroshi e Enoch, dicevamo): Peter Berg è pro- locale, proprio come faceva Peter Parker, e Sam babilmente più esplicito di chiunque altro, nel suo Raimi con lui (che prendeva le misure alla mac- blockbuster semifallimentare in cui ad avere la china-blockbuster, con la quale si sorprendeva di meglio sui superalieni sono degli acciaccati reduci poter fare tutto), una volta acquisiti i superpoteri di guerra (come il cavallo Joey, come il fantasma nel primo, sublime Spider-man. E non sarà una kamikaze, come Ethan Hunt…) a bordo di una grande opera l’Abraham Lincoln Vampire Hunter corazzata di ferro da troppo tempo attraccata al di Bekmambetov/Burton, ma ha quel tormentone porto come nave-museo. L’elemento cruciale della che si adatta benissimo a tutto questo cinema: il questione è quello che Dante chiede a Piccarda tempo non aspetta gli uomini, e probabilmente i Donati nella Terza Cantica del Paradiso (per conti- film nemmeno, non aspettano gli uomini, e il tem- nuare a parlare di fantasmi e altre dimensioni – di po non aspetta i film, e dunque tanto vale giocare sicuro, l’Annabel di Van Sant non può che dirsi a battaglia navale con i fantasmi, piazzando im- beata): “voi che siete qui felici, desiderate voi più mobile la propria flotta sul tabellone, già sapendo alto loco per più vedere e per più farvi amici?”. Al che vinceranno sempre loro.

50 La morte è facile è l’amore che è difficile CUORE SELVAGGIO

di federico chiacchiari

È bastato un piccolo film a ricacciare tutto il cinema della stagione in un repertorio di (a volte an- che buon) antiquariato. Restless unisce le due aree dicotomiche più classiche e intense del cinema, l’amore e la morte

Two pale figures Ache in silence Timeless In the quiet ground Side by side In age and sadness

The Cure, The Funeral Party

Altro che The Artist, è Restless il vero, sincero e lampo…) e di Mia Wasikowska, un’attrice che la- unico film “muto” dell’anno. scia a bocca aperta lo spettatore – sì, insomma, Si, è stato l’anno della “nostalgia facile”, dello è bastato questo piccolo film a ricacciare tutto il sguardo rivolto al passato, ma non per guardar- cinema della stagione in un repertorio di (a volte ne “le macerie della storia”, ma per celebrare la anche buon) antiquariato. grande illusione di un passato meraviglioso, qual- Il film è Restless, molti in Italia non lo hanno nep- cosa di magico (Hugo Cabret), di intellettualmente pure visto (129.950,00 euro di incasso, meno di godibile (Midnight in Paris), di furbescamente ce- 20 mila persone…fortunate!). Ma avete tempo lebrativo (The Artist, appunto), e persino di since- per recuperarlo… ramente empatico (War Horse). Di cosa parla Restless e perché ci riguarda così Ma è bastato un piccolo film - da un’idea di uno tanto? sceneggiatore da tener d’occhio (Jason Lew: “De- Forse perché, semplicemente, unisce le due aree sideravo raccontare la storia di un ragazzo osses- dicotomiche più classiche e intense del cinema, sionato dalla morte e che ha smesso di vivere. Il l’amore e la morte. E perché lo fa con una convin- ragazzo si innamora di una ragazza che sta per zione assoluta, come se fuori, oltre l’amoremorte, morire e che ama la vita. Quello che ci piace delle non ci fosse altro. Per questo il film non lascia mai, storie d’amore è vedere una persona che insegna neppure per un attimo i corpi giovanissimi dei due all’altra qualcosa che ha bisogno di sapere. Qual- protagonisti, impegnati a partecipare a funerali di cosa che non sapeva e ha bisogno di sapere .”), estranei, a disegnare uccelli, a perdersi nei bo- che diventa corpo quando la famiglia Howard se schi, o semplicemente a parlare della vita e della ne innamora da produrla (Bryce e il papà Ron) e morte seduti su di una panchina. che si trasforma in cinema quando Gus Van Sant Ma per capire quanto davvero questo film è CI- con la complicità musicale di Danny Elfman la NEMA, dovete prendervi il DVD, e vedervi un altro mette in scena con i più bei corpi cinematografici film. Sì, perché Gus Van Sant ha fatto una cosa della stagione, quelli di Henry Hopper (figlio del unica, mai vista prima: ha girato il film due volte! grande Dennis, di cui porta negli occhi più di un Ogni scena è stata girata prima con i dialoghi e 51 CUORE SELVAGGIO

poi senza. E negli extra del DVD trovate la ver- caldo, come l’amore assoluto del protagonista di sione muta, anche con le didascalie… del film. A Simple Life per la sua tata, ormai in pensione e Che incredibilmente – per essere un film con due in una casa di riposo, nel commovente e sensibile ragazzi che si parlano dall’inizio alla fine – resi- film di Ann Hui. ste e funziona anche senza i dialoghi. Già, perché Quali sono le persone che contano nella nostra “Loro non hanno quasi bisogno di parlare” come vita? Per un periodo che ci sembra lungo ma che racconta Mia Wasikowska. E queste riprese mute invece è terribilmente “finito”, ci sforziamo di re- “aiutano gli attori perché dicono molto di più di alizzare sogni, di materializzare desideri. Corria- quanto possa dire un dialogo”. Eccolo, appunto, mo per il mondo fino a che ad un certo punto il film muto dell’anno. Sarebbe da sperimentare, una persona che amiamo si “ferma”. La vecchiaia nelle scuole di cinema. Scrivete un dialogo e poi e la malattia la assale. E ci stringiamo attorno a fatelo recitare. Girate. Poi rigiratelo senza i dialo- lei, per protezione, per trattenerla con noi il più ghi. Se è cinema deve funzionare lo stesso! possibile, consapevoli che la vita, presto o tardi, Irrequieti. Perché al confine tra la vita e la morte. ce la porterà via. Ma ci attacchiamo a dei piccoli Enoch perché ha perso i genitori in un incidente momenti, piccoli gesti, attimi che cercheremo di d’auto ed è rimasto in coma per tre mesi, Annabel trattenere per portarli dentro di noi, per sempre. perché la morte se la porta dentro… Hanno tre Se questo invece accade ad un giovane, ci sembra mesi, ma in tre mesi si può fare tanto! inaccettabile. E’ quel che succede al protagonista Curiosamente il “tempo che ci rimane” sembra di 50/50, di Jonathan Levine, una malattia ter- essere un leit-motif del miglior cinema dell’an- ribile, a quella giovane età. Come imparare ad no. Quanto mi rimane da vivere, sembra dirsi la accettare la morte che arriva così presto? Come protagonista di Tutti i nostri desideri, meraviglioso lottare per provare a sopravviverne? Il film sem- dolce mèlo di Lioret, e cosa posso ancora fare per bra ondeggiare tra pessimismo ed ottimismo, ma mettere a posto le cose intorno alla mia vita? E, in è spietato nel raccontare come la malattia cambia queste storie, conta molto anche il riuscire a tro- lo scenario intorno a noi. Tutto cambia, gli amici, vare qualcuno che, per un attimo, decide di condi- i parenti, la nostra percezione della vita. Che di- videre questo “tempo mancante”, anche solo per venta una guerra. Come quella, “dichiarata”, del una nuotata in un acqua gelida di un lago. Oppu- magnifico, dolcissimo e paurosamente insoppor- re per una passeggiata, o per assaggiare un cibo tabile La guerra è dichiarata, di Valérie Donzelli. 52 Lì l’attacco non è a noi stessi, ma a ciò che abbia- mo di più caro, i nostri figli. Non c’è niente di più inaccettabile della perdita di un figlio e Romeo e Giulietta si ritrovano a lottare insieme per com- CUORE SELVAGGIO battere questo male oscuro che attanaglia il loro bambino. Saranno uniti, si lasceranno, per poi ritrovarsi. Ma sempre combattendo uno insieme all’altro, anche nel gioco folle di riprodurre la loro “storia vera” in un film, che diventa una sorta di elaborazione di un (per fortuna) “mancato lutto”, oggi (quello digitale e in rete) attraverso la memo- con tutto l’amore che serve per una guerra del ria del suo precursore in pellicola, non dimentica genere. che il cinema è fatto di mancanza e perdite (il pro- Ma l’amore e la morte sembrano ritrovarsi dap- tagonista che sta sull’altalena, con la madre mor- pertutto. Dall’immortale vampiro, congelato per ta, e una vita ancora da cominciare), ma anche “troppo amore” dalla strega in Dark Shadows, di di sguardi “in macchina”, come quello di un altro Tim Burton, che ha la più bella scena di apertura “corpo cinema “ meraviglioso, la Elle Fanning che della stagione ed un finale, dove l’amore celebra recita nel film nel film e lascia anche qui a bocca la morte (o meglio la non morte, come il diventa- aperta il protagonista. Elle Fanning corpo fanta- re vampiri), come ultimo atto possibile. Oppure smatico di un altro film “fra la vita e la morte”, la morte che ci coglie per un attimo, nella corsa incredibilmente moderno e dentro il cuore debo- disperata verso la madre del protagonista di In le del cinema di oggi, quel Twixt, di Francis Ford Time, di Andrew Niccol, dove la vita si ricarica in Coppola, ancora inedito in Italia, se non fosse per una lotta disperata quotidiana, metafora terribile il regalo fattoci dal Torino Film Festival… del fine capitalismo possibile… E l’elaborazione “Ho cantato ogni giorno da quando ti ho incontra- del lutto è il filo conduttore di tutto Super 8, di J.J. to”, dice Hannabel/Mia Wasikowska, in Restless. Abrams, che mentre celebra il cinema possibile di Forse questa canzone…

53 Tempi inquieti

di aldo spiniello

Se per noi la parola fondamentale è restless, è perché rintracciamo nell’inquietudine la chiave di senso, cioè in quell’inadeguatezza necessaria, la mancanza d’equilibrio, l’incontinenza che ci libe- ra dal rischio di esser ridotti a funzione CUORE SELVAGGIO

Di un anno intero, non resta che una parola: re- un’interruzione continua, una frattura prodotta e stless. Inquieto. È un tempo di palpitazioni, scos- congelata della linea evolutiva, una cesura, uno se telluriche, crisi. Un tempo inquieto, come un stacco di montaggio. Il cinema è già passato? E adolescente, quei magnifici ragazzi di Gus Van allora come si può pretendere che racconti il pre- Sant, che non hanno appiglio col mondo, sono sente, il futuro? fuori posto e fuori tempo (davvero vintage, quindi Cosa resta di un anno di film? C’è ancora la alla moda?), ma che, di contro, o forse proprio possibilità di leggervi attraverso, dentro, contro, per questo, sembrano ritrovare un impossibile ri- l’inquietudine reale? Una reazione di certo c’è, ri- fugio di pace e felicità contro l’ineluttabilità del flessa nelle linee e nelle tendenze del mainstream lutto. Vivere è un semplice passare attraverso la (ma sono sempre le correnti principali a indica- morte, vuol dire ricercarla, accoglierla, (intra)ve- re la direzione del vento, il percorso del soffio di derla giorno per giorno, fino a riconoscerla come dio). Impaurito dalla fine del mondo, dall’apoca- qualcosa di familiare. Un familiare. È l’amico ka- lisse preannunciata dell’economia globale, il ci- mikaze, il fantasma che gioca e parla con noi, nema non trova niente di meglio che rinchiudersi quello che solo noi vediamo. Assenza fin troppo nei limiti della sua Storia, tornare a rinverdire e presente, o forse incompresa proiezione di una celebrare la gloria dei tempi andati, nella ricerca follia personale, di un’ossessione irrisolvibile. Il nostalgica di una misura classica. Questo è stato fantasma è il cinema. E il cinema è già (come il) l’anno del definitivo ritorno al passato, sancito dal passato, cioè una densità accumulata di vuoti, trionfo di The Artist (ma che differenza d’ispira- zone di oscurità, mancanze, buchi di memoria. È zione e di respirazione c’è rispetto a Il discorso

54 CUORE SELVAGGIO

del re?). Film fortunato e accattivante, ma chia- un consumarsi nell’immobilità della fine, del the ramente un muto finto, che non può fare a meno end. È il Ready... Action ripetuto come un mantra, di costruire la sua fortuna su una drammaturgia una cantilena funebre, da Kim Ki-duk in Arirang. parlata, sulla necessità di un tessuto dialogico ben L’idea che il cinema, tutto, sia sempre e comunque presente, evidente nonostante l’assenza di paro- action, pienezza e mancanza di un corpo, concre- le (e ingiurie, absit iniuria verbis). Scritto e detto tezza o astrazione di un gesto, di un movimento, a tavolino, innalzato sulle fondamenta sicure di passione e sentimento che si fa cosa, materia in una struttura pacifica. Null’altro che costruzione, decomposizione e sovraesposizione. Proprio que- se non la pallida percezione di come la parola sto sembra cancellato. non sia più necessaria, non abbia più il potere di dire raccontare. Percezione che diviene chiara, limpida proprio in Van Sant, che ha la coscienza/ La follia non appartiene più all’im- incoscienza di girare e montare due volte lo stesso magine, ma è spettacolo oltre lo film: prima con i dialoghi, poi muto, proprio a rac- schermo, invasione di campo contare questa perdita di peso della parola, una preminenza inevitabile dell’immagine. Perché, se non è più il discorso, il logos a formare il tessuto È, in altri termini, come se il cinema non avesse connettivo di questa nostra ipotesi democratica, a più capacità di bruciare (magari fino a consumar- cos’altro ci si può appellare se non all’immagine si, immaginario morto, come profetizzato da Ta- e all’azione, l’immaginazione? La parola torna a rantino). La follia non appartiene più all’immagi- essere un geroglifico? ne, ma è spettacolo oltre lo schermo, invasione di E allora, se questo ci appare sempre più dram- campo, scavallamento dell’asse, come la strage maticamente vero, come va visto questo rinnovato di Denver sembra raccontare in maniera agghiac- primato, nel mainstream americano, della sce- ciante. neggiatura e della struttura, di una costruzione Probabilmente, quello che coglie meglio di chiun- drammatica e narrativa classiche? Da Moneyball que altro, con buona pace dei critici, la dichiara- a Le idi di marzo, fino allo stesso Millennium di zione d’intenti e la sostanza di tutto ciò è Garry Fincher, sono gli sceneggiatori a dettare la linea: Marshall quando in Capodanno a New York rac- Aaron Sorkin, Steven Zaillian & Co. conta della necessità di uno spettacolo che funzio- È come se nel suo ritirarsi, ritrarsi sul testo, que- ni alla perfezione, per dare speranza alla gente. sto cinema avesse dimenticato quello che, d’altra Non solo funzionare, il mito autocratico di uno parte, in altri lidi, è ben chiaro: in principio era l’a- show che si produce trovando in sé la sua ragion zione, come dice l’usuraio al Faust di Sokurov. E, d’essere, ma funzionare per. Nonostante la crisi, per inciso, ogni azione comporta necessariamente o forse proprio a causa sua, la fabbrica dei sogni un’usura, un dissiparsi d’energia, un’entropia, che riporta i motori al massimo. assomiglia, atto dopo atto, a un andare a morire, Il fatto che quest’anno siano morti Ben Gazza- 55 Walk away now and you’re gonna start a war (The National, Start a War)

ra e Ernest Borgnine ci strappa in qualche modo stless, è perché rintracciamo nell’inquietudine la dall’illusione, dicendoci che un modo d’intendere chiave di senso, e in particolare in quell’inquie- il cinema è, di fatto, definitivamente tramontato. tudine vitale dell’adolescenza, cioè quell’inade- Il tempo degli Aldrich e dei Cassavetes, che, in guatezza necessaria, la mancanza d’equilibrio, un modo o nell’altro, portavano (dal centro o dai l’incontinenza che ci libera dal rischio di esser ri- lati, che importa?) una sfida al sistema, un assalto dotti a funzione. E allora dov’è ancora quest’in- armato agli apparati produttivi, ai dettami delle quietudine? In momenti assolutamente marginali, strutture equilibrate, alle sicurezze della misura. come il film di Van Sant, appunto, che cancella il suo apparente passatismo, proprio nell’istante in cui rimette in gioco l’universalità fuori tempi Dov’è ancora quest’inquietudine? dell’amore e la perdita. Oppure come in Warrior

CUORE SELVAGGIO In momenti assolutamente mar- ginali, come il film di Van Sant di Gavin O’ Connor, attraversato dalla potenza di un conflitto familiare che racconta da sé tutta la propria urgenza, la malinconia della propria carica utopica. Un film che, non a caso, inizia con E sapere che ora Venezia ha deciso di celebra- una canzone dei The National intitolata Start a re finalmente I cancelli del cielo di Cimino, prima War: sempre di una battaglia si tratta, nell’istante ancora che un doveroso tributo alla grandezza in cui si accetta il principio dell’azione. Cinema ineguagliabile di un cineasta che ha provato (fal- di guerra. Come quello di Spielberg, ossessionato lendo?) a oltrepassare i limiti, per abbracciare in dalla tragedia della Storia, dalla devastazione del uno sguardo solo il mondo e la Storia, il reale e conflitto. E proprio Spielberg appare il nodo cen- la finzione, assomiglia a un tentativo di istituzio- trale di questo tempo inquieto. Il regista che una nalizzare ed esorcizzare la più grande eresia del volta dettava le linee della corrente, oggi appa- cinema: la dismisura. Non a caso, il film sarà pre- re fuori gioco, fuori dalla grazia di dio, fuori dai sentato in versione restaurata, come a voler dargli gangheri. Fallisce in TV, si rifugia nell’apparente una parvenza di chiusura, di definizione. svago di un fumetto d’antan, racconta la storia di Eppure se per noi la parola fondamentale è re- un cavallo, ennesimo protagonista inumano di un

56 CUORE SELVAGGIO

cinema umanissimo. Eppure sta al centro esatto ferenza è che mentre Coppola ci arriva attraver- tra il passato e il futuro, tra la meraviglia nostal- so Poe, Corman, suo figlio, cioè attraverso il suo gica di un piano sequenza infinito e la meraviglia passato, Scorsese si accontenta di contemplare un spettacolare delle nuove tecnologie, tra il dram- museo. Da un lato c’è la passione e il dolore del ma storico e la motion capture. Guarda indietro, vissuto, dall’altro c’è la celebrazione accademica ma solo per ritrovare la potenza drammatica di di una meraviglia istituzionale che appare irrime- un racconto che cavalchi le convenzioni fino a for- diabilmente distante. Per questo Hugo Cabret pre- zare le strutture, le possibili identificazioni, fino a dica la necessità di rimettere in funzione la mac- tracciare le linee composte eppur irrequiete di un china e stabilsce l’esatta relazione tra le rotelle, i racconto sulla suggestione di un’idea e di un so- fili, gli ingranaggi della macchina. Mentre Twixt gno (di riconciliazione). E lo stesso accade quando rende evidente la presenza del trucco, senza sve- produce i film degli altri, come Super 8 o Real Ste- larne l’arcano funzionamento. Mostra un 3D che el, altri film esili, di sentimenti a fior di pelle e di si materializza e scompare sotto gli occhi, come tempi irriconoscibili, storie del cinema. un’increspatura sulla superficie dell’immagine, E allora sorge il dubbio che siano i vecchi arnesi una ferita, una frattura. Sale e monta sulle ferite. a incarnare più degli altri l’inquietudine, l’estrema Con l’inquietudine dei vivi, muovendosi tra il vuo- difesa di un cinema che si ostina ancora a non to e il pieno, il tempo andato e quello a venire. funzionare. Basta pensare alla densità dell’ultimo Redford rispetto alla linearità di un film simile per premesse come Le idi di marzo. O alla cupezza di Eastwood, che con J. Edgar entra nei gangli op- primenti della società del controllo, scardinandoli. E alla fine, proprio a due vecchi arnesi bisogna far appello per stabilire con evidenza questo conflitto latente tra un cinema riverente e un altro che se ne frega, inseguendo le sue ossessioni. Scorsese e Coppola, figli di uno stesso tempo, la New Hollywood di una volta. Si incrociano nel- la ricerca di un cinema passato, in uno sguardo rivolto alla verginità del muto e oltre... Ma la dif- 57 Mission Impossible blu ray Protocollo fantasma

messa: parte del film (l’esordio to per uno straordinario lavoro nel live action del genietto pixar di compressione che riesce ad Brad Bird) è stato girato in Imax avvicinarsi “pericolosamente” e la spettacolarità delle singole alla visione in sala. L’audio è sequenze d’azione montate sen- altrettanto convincente, con una za soluzione di continuità è una traccia in 7.1 inglese che vince DVD DEL MESE DVD delle caratteristiche principali il confronto col 5.1 soprattutto dell’operazione. Pertanto l’al- nelle scene degli inseguimenti ta qualità del supporto video è automobilistici. Comunque tutte caratteristica fondamentale per le tracce hanno un mix ottimo poter entrare a pieno nel mood ponendosi di diritto tra i più alti del film: ecco che il video di standard di rendimento. questo Blu Ray è veramente stu- E veniamo all’unica piccola pec- pefacente. Soprattutto nei conti- ca del disco: la sezione Extra. Era sicuramente uno dei blu ray nui campi lunghi e lunghissimi Presenti due piccoli documentari più attesi dell’anno e nonostan- il quadro spicca per nitidezza, molto interessanti: uno sulla fa- te qualche mancanza, di cui si definizione e profondità senza mosa scena girata a Dubai nel dirà, le attese sono state ben perdere mai dettaglio. L’espe- grattacielo più alto del mondo riposte. Il trattamento riservato rienza della visione domestica dove possiamo ammirare il pro- da Universal al bellissimo quar- in alta definizione, se parago- filo ormai “virtulale” del perso- to capitolo della saga di Ethan nata al DVD, è obiettivamente naggio Tom Criuse, che da pro- Hunt è quantomeno ottimo. Pre- di un livello superiore soprattut- duttore/attore/stunt man regna sovrano in ogni momento della costruzione della scena. E poi Cesare deve L’odio un secondo documentario sulla realizzazione della tempesta di morire sabbia sempre a Dubai. Chiu- Titolo originale: La Haine dono 3 gustose scene eliminate Anno: 2012 Anno: 1995 dal montaggio (tra cui un inizio Durata: 74’ Durata: 95’ alternativo) con commento op- Distribuzione: CG Home Distribuzione: RaroVideo zionale di Brad Bird. Cast: Cosimo Rega, Salva- Cast: Vincent Cassel, Hubert Bene, tutto interessante, ma for- tore Striano, Vincenzo Gallo, Koundé, Said Taghmaoui se un po’ pochino per soddi- Giovanni Arcuri, Antonio Ragia: Mathieu Kassovitz sfare le attese/pretese dei fan. Frasca Formato DVD/Video: 1.85:1 Manca un commento al film di Regia: Paolo e Vittorio Ta- Audio: italiano e francese ste- Bird o Cruise, ad esempio. In- viani reo somma, un disco straordinario Formato DVD/video: 1.85:1 Sottotitoli: italiano sotto molti punti di vista, ma che Audio: italiano Dolby Digital Extra: 3 cortometraggi di Fier- forse poteva essere perfetto se si 5.1 rot le Pou, Cauchemar Blanc, fosse più curata la sezione ex- Sottotitoli: italiano per non Assassin, Interviste a Giorgio tra. Chiudiamo ricordando che udenti Gosetti, Mario Sesti e Anto- nella confezione è presente an- Extra: I Taviani raccontano nello Piroso, Conversazione che la versione DVD del film e il il film; Intervista con i prota- sul film con Alessandro De Si- codice per scaricare la E-Copy gonisti; Sul set di Cesare; I mone, Michela Greco e Ilaria del film. premi di Cesare; Trailer Ravarino pietro masciullo

58 www.bancaetruria.it THE AMAZING SPIDER-MAN di Marc Webb

me si erano rivelati soprattutto degli aitanti bellocci muscolosi La tela di Stan dalla battuta facile (ovvero lo stato del fumetto supereroistico prima dell’avvento proprio di di sergio sozzo Stan), senza alcun disagio per la propria natura, né difficoltà sociali-relazionali di sorta. In Il personaggio più problematico e sfaccettato di tutto l’universo più, ai film in questione manca Marvel perde clamorosamente la sua fragilissima umanità e i puntualmente un altro dei car-

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI dini fermi della poetica del loro suoi abissali dubbi esistenziali e morali creatore, ovvero il potentissimo conflitto con il tormentato anta- È chiaro che Stan Lee non inten- Sul finale di The Avengers, Stan gonista, solitamente un perso- de lanciare messaggi nei bre- Lee intento a giocare a scacchi naggio di superba costruzione, vissimi (in realtà, sempre meno in una delle postazioni all’aper- tradotto invece invariabilmente fugaci) cameos che lo vedono to di Central Park, dichiarava qui in figure spesso frettolose apporre la firma ai blockbu- all’intervistatore tv: “Supereroi e caricaturali e in una sorta di ster tratti dalle sue creature a a New York? Ma chi ci crede!” pretesto buono giusto per chiu- fumetti, un divertissement che (una cosa del genere). E in effet- dere il film con una sequenza strizza l’occhio ai fan e al con- ti il film di Joss Whedon da tutto spettacolare. tempo certifica provenienza e era abitato fuorché da supere- Malauguratamente, Marc Webb “ufficialità” dell’opera. Ma con roi nell’accezione stanleeiana, pare rifarsi in tutto e per tutto a il tempo, come già scrivemmo ovvero i superpersonaggi coi quella che potremmo chiamare all’inizio di tutto questo, le sue superproblemi (da un grande “formula Favreau”, per questo apparizioni si sono fatte indub- potere ecc ecc): come già negli suo nuovo Amazing Spider-Man. biamente sempre più minaccio- episodi precedenti della saga Il personaggio più problematico se e, soprattutto, emblematiche. Marvel, i protagonisti in costu- e sfaccettato di tutto l’universo

60 ULTIMI BAGLIORI - - Interpreti: Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Sal- ly Field, Martin Sheen, Denis Leary Distribuzione: Sony Pictures Italia Releasing Durata: 136’ Origine: USA, 2012 ro il più rappresentativo dell’in rappresentativo il più ro a durante il corpo tera saga: corpo nella high school, Spidey in un’aula irrompono e Lizard - dove, in primo piano, Stan è in giradischi un ascoltare ad tento con delle enormi cuffie in testa. Serafico e sorridente, l’uomo non si rende conto che dietro di lui le due creature vanno sfa- sciando qualunque cosa, mura e suppellettili. Non importa cosa facciano i personaggi sul- cui esplicitamente schermo,a lo volta le spalle: quello che Lee interessa è che Stan possa con- tinuare a sorridere, e a godere di questo giocattolo. sicuri che scriva Alvin Sargent?). sicuri che scriva Alvin Sargent?). E allora il passaggio in scena di davve diventa stavolta Stan Lee - - - - - Captain 61 , ci mette giusto un paio , ci mette giusto e dei Man Iron vrebbe spingerne le azioni, ov- vero la morte di zio Ben (siamo di sequenze ad accettare i su- perpoteri e la sua “missione”, e a dimenticareche do il trauma America come a far cadere il dualismo come a far cadere il dualismo tra l’eroe e l’uomo, lo sdop dell’a- le paure tra piamento dolescente dell’Uomo e quelle nei cieli di che volteggia Ragno ben poco, (volteggia New York che le sequenze dato in realtà, action scarseggiano,anche in questo caso in pieno accordo con la conformazione da primo pace del episodio – con buona il per ingaggiato muscolare trio cast tecnico, Schwartzman/Sca- lia/Horner...). car il resto, l’incontro sulla Per ta perfetto tra il cineasta trendy e Emma Stone, che Marc Webb per iconografia e filmografia essere per nata davvero pare dà i suoi risultati e Gwen Stacy, luminoso bel ritratto un produce di adolescente introversa e inna- me – paradossalmente morata e disegnato glio caratterizzato di quello dell’insipido protago nista che, di nuovo alla stregua degli , - - - - trilogia-ca- senza maschera ro il protagonista del benedetto ro il protagonista Jr) e Trank/Landis di Chronicle si pellicola ritrova in una dalla oramai classica conformazione “primo episodio”, pensata da delineare per soprattutto ele menti e traiettorie dei film che verranno (qual è la verità sui ), che si Parker? genitori di Peter senza troppi brucia per strada rimpianti il contendente della si- tuazione, quel Lizard/Curt Con- nors che davvero pareva avere quelle due-treanima in più se quenze a film che gli dedicava Sam Raimi. Ecco non vi è realmente alcun il paralle affrontare per motivo lo con l’amatissima facendosi spesso riconoscere, Marvel perde clamorosamente Marvel perde clamorosamente la sua fragilissima umanità e i suoi abissaliesistenziali dubbi e morali (trasferiti, forse, nella che stagione dell’ultima figura più sembra invece somigliare stanleeiano, ovve al prototipo di Raimi, da cui Webb cui Webb Raimi, da polavoro di mutua però l’unica intuizione film, ovvero suo notevole del si trovi sì che Peter/Spidey far delle parte in buona situazioni combattere a arvel ovies MGli eroi senz’animaM di giacomo calzoni

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI I Marvel Studios stanno applicando al cinema la stessa politica adottata negli ultimi decenni per i loro albi a fumetti: trasformare cioè la meraviglia e la poesia in un prodotto freddo e impersonale

Seth (al secolo Gregory Gal- inserisce un glossario esplicati- ma dei supereroi. Non quello lant) è un fumettista indipen- vo di nomi, personaggi e case tout-court, ma quello relativo dente canadese, uno dei sim- editrici che hanno reso possibi- all’universo Marvel, e nello spe- boli del movimento alternativo le il suo amore per il fumetto; cifico le produzioni degli ultimis- degli anni Ottanta, insieme a alla voce Marvel Comics, scrive: simi anni. Siamo partiti da Seth gente come Robert Crumb, Da- “negli anni ’60 pubblicava una perché l’impressione è che i niel Clowes, Joe Matt, Chester serie di albi a fumetti stupendi e Marvel Studios stiano applican- Brown e Charles Brown. Nomi divertenti – specialmente le cose do al cinema la stessa politica estranei al mercato della gran- di Kirby e Ditko. Ora è un’odio- adottata negli ultimi decenni de distribuzione (non si trovano sa multinazionale della comuni- per i loro albi a fumetti: trasfor- in edicola, per intenderci), ma cazione che controlla il merca- mare cioè la meraviglia (Marvel ugualmente noti a uno zocco- to dei fumetti”. Ecco: partiamo significa proprio questo) in un lo duro di appassionati lettori, da Seth, dunque, e da questa prodotto freddo e impersonale; quelli che – diciamo – non si ac- sua affermazione (che proba- prosciugare la poesia dei suoi contentano. In coda al suo bel- bilmente farà storcere il naso a personaggi (Seth aveva ragio- lissimo romanzo grafico La vita molti), per arrivare a parlare di ne, leggere le vecchie storie di non è male, malgrado tutto, Seth ciò che più ci interessa: il cine- cinquant’anni fa per credere)

62 Aveva qualche desiderio che non fosse postumo?. ULTIMI BAGLIORI

subordinandola alle leggi del ger; se si preferisce, li si chiami terrier e un simpatico mestieran- mercato. Con tutto il rispetto per pure Autori. Oggi il film di supe- te come Joe Johnston. Per non gli appassionati lettori di que- reroi è divenuto l’ultimo grande parlare ovviamente di Kenneth sta casa editrice/colosso/mul- genere di successo del cinema Branagh per Thor, straordinario tinazionale, è innegabile come hollywoodiano, e l’acquisizione attore ma modesto regista, che quest’ultima si sia trasformata della Marvel da parte della Di- al di fuori dei suoi riadattamen- in una gigantesca macchina sney ha permesso a questo ap- ti da Shakespeare quasi mai per fare soldi, piegando nomi, parato produttivo di estendere ha dato prova di uno sguardo eventi ed eroi alla spietata logi- un controllo pressoché totale sui vivo e personale. Pellicole come ca della continuity: questo non propri prodotti. i due Iron Man, Capitan Ameri- significa che non pubblichi più ca e, soprattutto, i recentissimi materiale di valore, ma allo The Avengers di Joss Whedon stesso tempo è progressivamen- Il cinecomix moderno si e The Amazing Spider-Man di te venuta a mancare la spon- è trasformato in un ci- Marc Webb sembrano riassu- taneità, la vitalità e la genuini- nema controllatissimo mere alla perfezione la recente tà delle sue storie. Insomma, i tendenza della casa delle idee: celeberrimi “superproblemi”, proporre esattamente quello oggi, sono divenuti uno spec- Il primo risultato di questa politi- che il proprio pubblico si aspetta chietto per le allodole, diluiti in ca, fateci caso, è stato quello di di vedere. Né più né meno. Con un numero tale di pubblicazioni far fuori gli autori, o comunque un’attenzione maniacale nel mensili (tra serie regolari, mini- le personalità di spicco, dalla non deludere le aspettative rela- serie, crossover, serie Ultimates cabina di regia: se agli albori tive alla continuity e alla fedeltà e quant’altro) che per il letto- ci si poteva ancora permette- alla pagina disegnata, il cine- re diventa impossibile seguire re di chiamare un Ang Lee per comix moderno si è trasformato compiutamente una trama se reinterpretare Hulk, oggi si deve in un cinema controllatissimo e non…. spendendo un sacco di accuratamente evitare qualsia- studiatissimo, frutto di una men- soldi, appunto. Chiusa parente- si contrasto con la produzione. talità da franchising che male si si. Il cinema, dicevamo: quando I nomi chiave del genere sono associa a quel grandissimo po- il cinecomix moderno muoveva quindi diventati Jon Favreau tenziale inespresso dei suoi per- i primi passi, dieci anni fa, lo (che prima di Iron man aveva in sonaggi. Scrive Sergio Sozzo a faceva grazie al traino di nomi curriculum solo cose come Elf e proposito di The Avengers: “c’è come Sam Raimi e Bryan Sin- Zathura), Gavin Hood, Louis Le- una sequenza nella prima parte 63 che racconta quello che l’opera- raccontare ancora le origini di fumetti, con evidente sprezzo zione poteva diventare ma non Peter Parker e dell’Uomo Ragno verso questi ultimi: oggi questo è stato, con Nick Fury che con- con un reeboot, se non si riesce pregiudizio in parte è caduto, e ferma al Consiglio di voler “affi- minimamente a credere per un basterebbe accostare un Uomo dare la missione a una banda di solo istante a quello che si vede? Ragno di Lee, un Corto Maltese disadattati, dissociati, inaffida- Senza fare paragoni con la tri- o un personaggio qualsiasi di bili asociali”,– e per un attimo ti logia di Raimi, The Amazing Watchmen a un supereroe Mar- pare di risentire Lee Marvin all’i- Spider-Man non trasforma la vel di celluloide, per capire dove nizio di Dirty Dozen; ma è solo rilettura in Mito (raccontare in stia la vera profondità. Di cam- un attimo”. Appunto. eterno qualcosa che già tutti po, e non. Solamente Jon Fa-

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI conoscono non è un’intenzione vreau poteva gettare alle ortiche da buttare, anzi), ma sempli- un villain come quello di Mickey Il cinema di supereroi che conta, oggi, si tro- cemente si spoglia per rivelar- Rourke in Iron Man 2: una fisici- va altrove si nella sua natura unicamente tà di carne, un fascio di muscoli commerciale: l’ennesima ori- contrapposto all’armatura iper- gine del personaggio bell’e tecnologica di Robert Downey Chi nel cinema cerca ancora pronta per dare il via ai capitoli jr che si trasforma in una man- quel connubio magico tra azio- successivi: peccato però che il cata alchimia, uno scontro pri- ne (cioè movimento) ed emozio- manto da teen movie ricopra di vato e depotenziato di qualsiasi ne, non può che vedere in que- ridicolo tutti i personaggi, ridu- connotazione filmica. Il cinema sti film solamente una goffa e cendoli a figurine senza spesso- di supereroi che conta, oggi, si malriuscita carnevalata di gente re che non hanno davvero nulla trova altrove: se Nolan priva il in costume, perché a voler sca- a che vedere con la complessità suo cavaliere oscuro di qualsia- vare sotto la patina di superficie dei personaggi creati da Stan si connotazione fumettistica per si trova solamente il nulla. Non Lee e soci. Una volta si era so- realizzare quello che è un noir c’è reinterpretazione, non c’è liti associare la bidimensionalità a tutti gli effetti, i veri Eroi si na- una visione o un’idea: perché dei protagonisti al mondo dei scondono ai confini del Sistema.

64 Come quelli di Chronicle, ad esempio, dove i superpoteri di- ventano un tutt’uno con l’ingres- so nell’età adulta e la voglia/ ULTIMI BAGLIORI necessità di urlarlo al mondo; o ancora, nel bel Super di Ja- mes Gunn, che mette in scena l’irresistibile bisogno di amore di un vendicatore mascherato, cartina tornasole di una socie- tà impazzita e allo sbando. Tutti esempi di un lavoro sul linguag- gio in grado di trasfigurare il supereroe in Cinema, dove le idee, i corpi e gli effetti speciali riescono davvero a comunicare qualcosa, tutti insieme: gli ultimi blockbuster di casa Marvel, in- vece, non stanno facendo altro che lanciare preoccupanti se- gnali che vanno nella direzione opposta. I superpoteri e i super- problemi, purtroppo, non ap- partengono più al loro mondo.

A destra: The Amazing Spider- Man, di Marc Webb In basso: Spider-Man 3, di Sam Raimi

65 TAKE SHELTER di Jeff Nichols

dell’uomo. “Solo io posso vede- re tutto questo?” dice urlando al cielo mentre fulmini spettacolari si aprono squarci tra le nuvole. Domanda destinata a restare senza risposta perché nessuno conosce il suo segreto e nessu- no lo ascolta. I segni, però, non mentono e questa storia, che potrebbe portare allo strappo, si chiude come in un cerchio, ULTIMI BAGLIORI ULTIMI come il gesto rotondo da fare con le mani e che significa tem- pesta nella lingua dei sordomu- I segni della fine? ti. Anche la bambina ora vede la tempesta arrivare dal mare, mentre su Samantha cadono di grazia paganelli gocce di pioggia scura, come fossero olio. Non si può dire se sia l’ennesimo incubo di Curtis o La soprendente opera seconda di Jeff Nichols si muove lungo la linea il compiersi di una verità a lun- sottile che separa il cinema indipendente da quello hollywoodiano go annunciata. Si può solo pen- sare alla catastrofe che incrocia un cinema intimista e di profon- Curtis LaForche vive in una pic- scava in giardino per amplia- da sensibilità, tanto da restare cola cittadina dell’Ohio con la re il rifugio anti-tempesta, ma in bilico e contaminare i generi moglie Samantha. I loro sforzi si sottopone a visite mediche e e le attese lasciate sospese. sono tutti concentrati sulla loro psichiatriche, barcollando tra figlia di sei anni, Hannah, sorda follia e lucidità, eppure creden- dalla nascita, cui insegnano il do sempre nelle parole che dice linguaggio dei segni nella spe- e nelle azioni che compie. Interpreti: Michael Shannon, Jes- ranza che un intervento possa Questo il pregio di un film dove sica Chastain, Shea Whigham, darle l’udito. Ma la normalità i primi piani riescono a sostene- Katy Mixon viene subito interrotta da strani re la forza dei paesaggi e, vice- Distribuzione: Movies Inspired presagi di una catastrofe im- versa, gli spazi che circondano Durata: 120’ minente che si annunciano nei la casa sembrano suggerire il Origine: USA, 2011 sogni di Curtis. Il cielo, che lui mistero che traspare dagli occhi osserva continuamente, è come sul punto di esplodere in una tempesta violenta e distruttiva e la pioggia è densa e scura come olio. Gli uccelli impazziti sembrano prepararsi alla fuga mentre all’orizzonte i fulmini si schiantano a terra senza frago- re ma con enorme violenza. Fol- lia o verità? Curtis, la cui madre è ricoverata da trent’anni per schizofrenia, teme la prima ma agisce come a voler assecon- dare i suoi presentimenti. Così

66 THE WAY BACK di Peter Weir

contraddistinti da un anticomu- nismo filologicamente corretto, vista la fedeltà al libro di me- morie di Slawomir Rawicz Tra ULTIMI BAGLIORI noi e la libertà, ma anche pri- gioniero di uno sguardo occi- dentale incastonato in modalità rappresentative di piena Guerra Fredda, alcune perplessità qua e là emergono soprattutto nel- la “fedeltà” con cui il regista di Witness sembra ancorarsi nel suo rapporto con il paesaggio ad alcune opere precedenti da lui dirette. Se la prima parte si- beriana ambientata in carcere e Gloria e suicidio l’intera sezione russa racconta- no davvero, con tutta la violenza di carlo valeri di uno scontro primordiale tra l’uomo e gli elementi della na- Film diseguale che sembra fare ritorno all’ossessione tipicamente tura, la fuga dentro un mondo australiana dell’esplorazione del territorio vergine e ricorrentemente aper- to a improvvise epifanie percet- tive (le visioni dei personaggi in soggettiva danno allo spazio cir- C’è molto della poetica di Peter ska, assassino molto abile con costante una funzione psicologi- Weir in The Way Back. È il pre- il coltello. Per il gruppo è l’ini- ca e ieratica), la seconda parte, gio e allo stesso tempo il limite zio di un disperato percorso di che vede i fuggiaschi sopravvis- dell’ultimo film diretto dal regista sopravvivenza che li costringerà suti attraversare il deserto della australiano a otto di distanza da ad attraversare la Russia verso Mongolia e il Tibet per arrivare Master & Commander. Un altro sud fino a conquistare la libertà in India, rischia di arenarsi in un viaggio ai confini del mondo in dal regime arrivando in India. esotismo visivo pericoloso, un cui lo sguardo apolide dell’au- Tralasciando eventuali sem- po’ di maniera, raccontato con tore immerge i suoi personaggi plicismi di stampo ideologico, più intensità, nel bellissimo Gli eroici in un ambiente naturale ostile e contemplativo. Siamo nel 1940 in piena Seconda Guerra mondiale. La Polonia è stata di- visa in due dalle truppe naziste e da quelle staliniste e Janusz, accusato di essere una spia an- ticomunista viene condannato a venti anni di prigionia in un Gulag nella glaciale Siberia. La voglia di fuggire dall’inferno carcerario lo porta a formare un gruppo di fuggiaschi che du- rante una tomranta di neve rie- scono a inoltrarsi negli impervi boschi siberiani. Tra loro ci sono l’americano Smith e il russo La- 67 IL CAMMINO PER SANTIAGO The Way di Emilio Estevez

anni spezzati o nel capolavoro Mosquito Coast. Detto questo The Way Back ag- La lunga strada giunge un altro capitolo all’os- sessiva ricerca di mondi da sempre compiuta da Peter Weir. di francesca bea Anzi, nel suo incessante attra- versamento geografico e visi- vo, l’ultima fatica di Weir, no- Emilio Estevez attraversa (di nuovo) il Cinema come fosse l’unico luo- nostante la sua ambientazione go possibile di riscoperta delle proprie origini, come fosse l’unico spazio

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI euroasiatica, si rivela essere for- se il film più australiano da lui segreto d’incontro diretto proprio dai tempi de Gli anni spezzati. La sezione am- bientata nel deserto non a caso riprende a piene mani quella del film dell’81 con i due gio- vani protagonisti interpretati da Mel Gibson e Mark Lee dispersi nell’outback australiano come gli esploratori Burke e Wills (espressamente citati proprio da Gibson in una battuta del film), che nel 1860-61 provarono per primi ad attraversare la regio- ne australiana da Melbourne al Nord del paese senza fare ritor- no. Ecco, The Way Back nella sua celebrazione della sopravviven- Quattro strade diverse che s’in- fica immediatezza di cui è ca- za umana alla Natura, com- contrano lungo lo stesso trac- pace il cinema di Emilio Estevez, piuta nel lutto e scandita da ciato e, nella loro involontaria e prima ancora di essere il pel- una drammaticità fisica spesso collisione, ne mutano l’aspetto. legrinaggio, reale e allo stesso delirante, sembra fare ritorno It’s a long way to Santiago, così, tempo immaginato, compiuto sull’ossessione tipicamente au- tra lacrime e risate, cantano i da Martin Sheen (sempre sulla straliana dell’esplorazione del quattro pellegrini di Emilio Este- barca di Willard alla ricerca di territorio, con questi eroi fuggia- vez durante i loro ottocento chi- un senso?), Il cammino per San- schi che paiono essere tanti pic- lometri di cammino, con cucito tiago sembra essere quasi un coli coloni europei in costante addosso tutto il peso delle scon- filmino intimo di famiglia. L’ul- ambivalenza tra la ricerca della fitte e dei lutti, piccoli e grandi tima fatica di Emilio Estevez è la gloria e il suicidio. non importa, che ogni vita si tra- contemplazione innamorata di scina dietro, e uno zaino in spal- un figlio che guarda il proprio la, magari quello di qualcun al- padre e, per mezzo di lui, attra- tro, pur se, come viene ripetuto versa (di nuovo) il Cinema come Interpreti: Jim Sturgess, Ed a Tom, non ci si mette in viaggio fosse l’unico luogo possibile di Harris, Colin Farrell, Saoirse per caso, ma unicamente per se riscoperta delle proprie origini, Ronan, Mark Strong stessi, anche quando non si sa come fosse l’ultimo spazio se- Distribuzione: 01 Distribution bene dove si sta andando. greto d’incontro, il solo capace Durata: 133’ Prima ancora di essere un viag- di mostrare tutta la potenza in- Origine: USA, 2010 gio sull’elaborazione del lutto, dicibile delle emozioni. vissuto con tutta quella magni- È lunga e faticosa la strada (non

68 a caso quella stessa strada dal guardare il mondo e il proprio nema possa trafiggere i corpi e quale era partito verso l’Ameri- cuore non con la testa ma con mostrarci, tra le pieghe dell’im- ca il nonno di Emilio Estevez) da la pancia, per lasciarci ferire magine, le loro profondità mi-

percorrere prima di riuscire ad e rapire dalle immagini, dalla steriose, magari proprio duran- ULTIMI BAGLIORI incontrarsi, fosse anche solo per loro qualità spettrale: assenza e te un viaggio dai Pirenei francesi un attimo. Non solo l’incontro presenza, allo stesso tempo. Del fino a Santiago de Compostela, del padre con il figlio, ma anche resto, non era proprio questo intrapreso per venire a patti con quello del Tom di Martin Sheen quello che Estevez ci aveva già la precarietà della vita e i suoi con i suoi compagni di viag- mostrato in Bobby? inganni e per scoprire che il di- gio, Joost da Amsterdam, Jack sincanto e il realismo non basta- dall’Irlanda e Sarah, e, ancora, La strada di Emilio Estevez (The no a salvarci. L’unica cosa che l’incontro di ognuno dei quattro Way è il titolo originale del film) si può fare, allora, è continuare pellegrini di Emilio Estevez con i è quella della resistenza di fronte a andare avanti, come ci aveva fantasmi che li precedono, fan- ad una Hollywood ossessionata già mostrato l’Alvin Straight di tasmi di un tempo perduto che da se stessa, che ha scelto di Lynch, fino alla fine del mondo si nascondono dietro ad ogni scommettere su un cinema che, (del Cinema). svolta, come Daniel, il figlio di come On The Road ed esperi- Tom interpretato dallo stesso menti più o meno simili, conti- Estevez, morto in una bufera al nua a passarci al lato, senza riu- suo primo giorno di cammino scire a toccarci. Per questo, nella Interpreti: Martin Sheen, Emilio sulla Via di San Giacomo, che sua sempre più libera parabola Estevez, James Nesbitt, Yorick aspetta il padre ad ogni tappa artistica, Emilio Estevez rispon- Van Wageningen, Deborah del suo lungo cammino. Per- de avanzando lentamente, ad Kara Unger ché in fondo di questo si tratta, andatura d’uomo. Prendersi Distribuzione: 01 Distribution della velocità giusta da adotta- il proprio tempo, fino anche a Durata: 140’ re, quella di una camminata a camminare come in Walker di Origine: UK/Spagna, 2010 passo d’uomo, per riuscire a Tsai Ming-Liang, perché il Ci-

69 I TRE MARMITTONI The Three Stooges di Peter e Bobby Farrelly

a segno comunque come uno dei progetti più personali e naif Tempi morti dei due fratelli cineasti almeno dai tempi del mezzo-cartoon di Osmosis Jones. di sergio sozzo Come in quel caso, l’allontana- mento dalle tematiche “roman- tiche” su cui i Farrelly sono so- Quasi un film-testamento, una sorta di resa dei conti definitiva con la società liti costruire le loro umanissime dello spettacolo, un sabotaggio che non rinuncia alle cattiverie di sempre scorribande nel violento non-

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI sense dei sentimenti, permet- te di mettere in luce l’assoluta “Ingenuus è parola latina che nisce col tradire, smascheran- urgenza politica del cinema di dice «nativo», «originario», «na- do il vuoto che la sottende per cui sono fautori: I tre marmitto- turale», «libero». [...] Se questo è aver obliato al mondo della vita ni è un film, al solito, di lucidi- il senso della parola, trattenersi che, prima di ospitare formule e tà estrema, che ripensa ancora sull’ingenuità del corpo significa idee, ospita corpi e cose.” una volta il cinema come luogo incontrarlo nella sua condizione Umberto Galimberti, Il Corpo deputato dello scontro tra la originaria, affrancato dall’equi- pesantezza delle cose e la leg- valenza in cui si esprime ogni Non è certo il film che sareb- gerezza dei corpi – una comi- codice con l’ordine delle sue be potuto essere con il trio che ca, com’è chiaro che sia, dove iscrizioni; significa restituirlo i Farrelly avevano in mente per la velocità è sempre alterata, e alla sua forma nativa... [...] Il riportare in vita i tre Stooges nel la messinscena puntualmente deterioramento della parola è il 2012, ovvero , Benicio inceppata, mandata a gambe sintomo di una perdita, la per- Del Toro e Jim Carrey, sostituiti all’aria. dita di una primitiva innocenza poi da tre caratteristi del piccolo Potrebbe, addirittura, avere che lo sviluppo della ragione, schermo USA come Will Sasso, quasi il senso di un film-testa- ruotando su se stessa nel più Sean Hayes e Chris Diamanto- mento, questo, una sorta di resa iperbolico dei circoli viziosi, fi- poulos, però I tre marmittoni va dei conti definitiva con la società

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dello spettacolo, un sabotaggio ri cartooneschi (Hazanavicius (il palestrato Ronnie finisce ad- che non rinuncia alle cattiverie e Dujardin prendano appunti): dirittura con la testa che frigge scorrettissime di sempre (la gag ci vuole esercizio, per essere in infilata dentro a un microonde), con il delfino strozzato, quella – grado di fingere di voler acce- e i Farrelly centrano un nuovo superba – della battaglia di pipì care qualcuno con le dita, senza bersaglio di questa loro folle, con i neonati come arma...) ma colpirlo sul serio (mirate alle so- smisurata dichiarazione di guer- opera soprattutto un instancabi- pracciglia). ra (Matteo Garrone prenda ap- le scardinamento della contem- In quest’ottica (o in quest’or- punti). poraneità attraverso le armi di bita) la sequenza più bella del Come i due fratelli cineasti san- un cinema gloriosamente fuori film è quella, sublime, in cui i no bene sin dai tempi di Scemo tempo, d’accatto e dunque d’at- tre attori replicano fedelmente e + Scemo, e come insegna da tacco, continuamente sbagliato uno degli sketch tutto sgana- sempre John Landis (qui tirato in (a chi potrà mai rivolgersi un’o- scioni e pedate sul sedere degli ballo più volte – orfanotrofio da perazione di recupero di questa Stooges originali in quello che salvare, gag di pantagruelica comicità?), da questo punto di sembra il palco in rovina di un voracità in buffet d’alta società, vista non dissimile dal trave- magazzino abbandonato, buio addirittura una versione blues stitismo grossolano di Adam e dismesso, pieno di attrezzi e del tema di Perry Mason che Sandler nel capitale Jack & Jill, cianfrusaglie ammassate (un ri- proviene dritta dalla soundtrack o dal pamphlet militante che era mando, forse inconsapevole, a di Blues Brothers 2000), il cine- il Tropic Thunder dell’amico Ben Che vita da cani! di Mel Brooks ma appartiene agli ingenui. Stiller (o ancora, più indietro nel il cui clamoroso Silent Movie è tempo, da alcune ultime regie forse una delle ispirazioni del metacinematografiche di Jerry film?) – nell’oscurità però si cela Lewis). il pubblico che applaude, e su- Interpreti: Chris Diamantopoulos, Perché anche qui siamo dalle bito sceglie il marmittone Moe Sean Hayes, Will Sasso, Jane Lynch, parti dell’apologo, nemmeno come nuovo concorrente in un Sofia Vergara, Larry David, Jennifer troppo mascherato – anzi espli- reality show di culto di Mtv. Hudson citamente dichiarato dalla coda Freak tra i freaks, Moe non esita Distribuzione: 20th Century Fox con gli pseudo-Farrelly in sce- da subito a coinvolgere le star Durata: 92’ na, e la loro lezione sul cinema di Jersey Shore nelle sue scenet- Origine: USA, 2012 di gomma e degli effetti sono- te ultraviolente e autodistruttive 71 CONTRABAND di Baltasar Kormákur

stante in una sorta di bolla di- mensionale parallela che segue L’isola del giorno altre leggi, altri fusi orari, map- pe inintelligibili a chi non le sa riconoscere: e infatti Wahlberg, prima di sergio sozzo nel pieno del patema d’animo per la famiglia in pericolo, con- fessa allo sprovveduto cognato Quasi un film-testamento, una sorta di resa dei conti definitiva con la società adolescente (il Caleb Jones di dello spettacolo, un sabotaggio che non rinuncia alle cattiverie di sempre Antiviral) che lo sta accompa-

ULTIMI BAGLIORI ULTIMI gnando nella perigliosa missio- ne: “Si vede così tanto che mi sto Il Chris Farraday/Mark Wahl- ne, proprio come il protagonista divertendo?”. berg di questo Contraband di 24 in TV. Da questo punto di vista sembra voler sfidare il Jack Il paradosso è che in realtà c’è Kormákur, che rifà Reykjavik Bauer di Kiefer Sutherland sul un countdown contro il quale Rotterdam (2008) dell’islande- terreno dell’assoluta dilatazio- Wahlberg deve correre, ancora se Oskar Jonasson (del quale ne delle concezioni spaziotem- alla stregua di Bauer: un fat- Kormákur era l’attore protago- porali: come un Houdini della tissimo Giovanni Ribisi ne tiene nista) spostandolo in una cla- teoria delle stringhe, Wahlberg in ostaggio la famiglia, minac- morosa New Orleans esplorata qui corre continuamente sul ciando violentemente la moglie con la solita famelica agitazio- meridiano zero di una assoluta del nostro Chris(t). Ma è come ne nervosa da Barry Acroyd (si manipolazione dei riferimenti se la corsa contro il tempo non guardi ad esempio al possente cronologici e spaziali, allungan- interessasse mai seriamente al incipit notturno con il blitz degli do ed accorciando a piacimento protagonista, perché la propria elicotteri sulla nave al porto), ha tempo e coordinate di posizio- avventura vive comunque a sé l’intuizione vincente di affidare il

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ruolo di Farraday a Mark Wahl- si, Ben Foster e Kate Beckinsale, mestiere al figlio Chris; ma è berg, da sempre attore della so- un dramma passionale a tinte dal suo penitenziario, da dove si spensione (pensiamo ai ruoli af- forti in una notte che, seppur può vedere il porto di New Or- frontati per James Gray, o al The contemporanea al pellegrinag- leans, che il saggio Bud potrà Happening di Shyamalan), un gio action di Wahlberg, pare impartire il perdono, l’espiazio- fighter perennemente between comunque infinita. Contraband ne o al contrario la condanna ai thought and expression: ecco, è un film a cui manca il sen- personaggi su cui cadrà pesan- è come se tutto Contraband si so della misura (a fronte di un te il proprio, silente giudizio alla svolgesse, nel bene e nel male, budget non stratosferico di 25 fine della storia. in uno di quegli stiracchiatissimi milioni di dollari), o meglio che ralenti in bullet time che erano decide di prendere e mantenere la prerogativa, già nel videoga- delle misure tutte sue: è un ci- Interpreti: Mark Wahlberg, Kate me, del poco riuscito Max Payne nema da notte polare, da sole Beckinsale, Giovanni Ribisi, Ben interpretato da Wahlberg sem- a mezzanotte (Kormákur viene Foster, , Caleb Landry pre nel 2008 – dei veri e propri da Reykjavik…), continuamen- Jones, J.K. Simmons standby dentro i quali avviare te al presente. Intrappolato nel Distribuzione: Universal Pictures nuove direzioni, intraprendere passato c’è solo il vecchio Bud Durata: 109’ nuove traiettorie, prima che la Farraday, leggendario contrab- Origine: USA, 2012 velocità raggiunga nuovamente bandiere che ha insegnato il i corpi. Ed allora la Panama raggiunta a bordo della elefantiaca nave- merci di J.K. Simmons si tra- sforma in una sorta di Isola del Giorno Prima dove le poche ore di permanenza in cui compiere il colpo per Chris e la sua banda sono abbastanza per affrontare una serie vertiginosamente cre- scente di ostacoli e situazioni, tradimenti, scontri a fuoco, in- seguimenti e colluttazioni, e poi fare ritorno giusto in tempo per salpare dal porto verso casa. Nel frattempo, a New Orleans si svolge un altro film, con Ribi- 73 Il grande e potente Oz il trailer del nuovo Raimi

Video VIDEO DEL MESE

Prime immagini di Oz: The Gre- non fare. Faccio mille errori e ne cercato di raccontare la nostra at and Powerful, nuovo film di- sono dolorosamente consapevo- storia, visto che non si tratta di retto da Sam Raimi dopo Drag le, ma mi aiuta a andare avanti un remake.” Me To Hell: un prequel del clas- e migliorarmi”. CinemaBlend propone tre inter- sico di Victor Fleming del 1939, viste in cui Raimi spiega la sua tratto dal romanzo di L. Frank Raimi ha elogiato le ambien- decisione di lavorare nuova- Baum. tazioni create dallo scenografo mente con James Franco (che Nel trailer, in originale e in ita- Robert Stromberg (che ha lavo- definisce estremamente matura- liano, vediamo il protagonista rato tanto su atmosfere fantasy, to in questi anni, rispetto ai tem- Oscar Diggs (James Franco) come ne Il labirinto del Fauno e pi di Spider-Man, grazie anche prestigiatore smaliziato che La bussola d’oro, tanto su sce- alle esperienze dietro la macchi- viene trasportato dal Kansas nari d’epoca, come in Il petro- na da presa), Mila Kunis parla al magico mondo di Oz, dove liere, The Way Back e Boardwalk di costumi e make-up e Michelle affronta tre bellissime streghe, Empire) e l’apporto del produt- Williams (che sostituisce Blake Teodora (Mila Kunis) Evanora tore Joe Roth, già responsabile Lively, impegnata in Le Belve di (Rachel Weisz) e Glinda (Mi- di Alice in Wonderland di Tim Oliver Stone) racconta il suo ap- chelle Williams), decise a inse- Burton e di Biancaneve e il cac- proccio al suo personaggio, la gnargli qualche principio mora- ciatore. Strega Buona Glinda. le. L’illusionista si trasformerà in Raimi inoltre assicura che, mal- Nel cast anche Abigail Spencer, un vero mago, oltre che in un grado sia un classico film per Zach Braff, Tim Holmes, Joey uomo migliore. famiglie, il suo Oz non manche- King e Tony Cox. Sam Raimi a San Diego si è of- rà di senso dell’umorismo, che In un cameo compaiono il fratel- ferto senza filtri alle domande secondo il regista è già presente lo del regista, Ted Raimi, e l’eroe della stampa, raccontando di nel testo di L. Frank Baum. “Sia- di Evil Dead Bruce Campbell. mettere sempre in discussio- mo tutti innamorati del Mago di Oz: The Great and Powerful ne il proprio cinema: “Da ogni Oz originale, siamo stati molto uscirà in Italia, USA e UK l’8 film che faccio, imparo cosa attenti a rispettarlo. Abbiamo marzo 2013. (m.p.) 74 EDITORIALE Mark Wahlberg L’attore per caso

di carlo valeri

FACES Come un monolito Mark Wahlberg reagisce al tempo del mondo e a quello del cinema mante- nendo fede alla presenza del corpo, attraversa il film, lo subisce. Uno dei pochi attori del cinema contemporaneo che “sopporta” i film, trascinandoli fino alla fine, che è in grado di reggere l’inqua- dratura senza aver bisogno del montaggio

Tracce di un attore sempre ai margini che si fa normalizzata, sancita definitivamente dall’illumi- modello. In Mark Wahlberg non c’è trasforma- nante intuito del produttore (I padroni della not- zione. Mai. L’immedesimazione riguarda soggetti te, In Treatment, fino al pluripremiato Boardwalk camaleontici che non rientrano nelle potenzialità Empire). Percorso di imborghesimento sociale iconiche dell’attore bostoniano. Wahlberg, che (certo non artistico) che sotto molti punti di vista nel giro di quindici anni (1997-2012) lavora con viene messo a nudo proprio nell’interpretazione i più importanti registi americani su piazza (Paul del pugile irlandese Micky Ward nel The Fighter Thomas Anderson, Jonathan Demme nel sottova- (id., 2010) di David O. Russell, film sullo sport e lutatissimo The Truth About Charlie, Tim Burton, sulla famiglia in cui spetta al personaggio wahl- Kirk Wong, Martin Scorsese, M. Night Shyamalan, berghiano il compito di tamponare le stravaganze James Gray, Peter Jackson, David O. Russell), in- tossiche e recitative del fratello Dicky. terviene nel film con la faccia tosta del ragazzo di quartiere prima e la nettezza adulta dell’uomo cattolico padre di famiglia poi. L’autobiografia fil- La realtà che supera il romanzo. La trata di riflesso – che va dallo psicopatico David di carriera che diventa backstage di una Paura (Fear, 1996) al capitano fragile e “colpito a Vita, questa sì assoluta e intraducibile. freddo” Joe Grusinsky in I padroni della notte (We own the Night, 2007) di James Gray, figlio per- bene che non riuscirà ad agire relegando il gesto Tanto è irregolare, ipercinetico e smisurato della vendetta del padre al fratello Bobby – è quin- quest’ultimo (con la corretta e scontata interpre- di messa nero su bianco, senza l’ossessiva ricerca tazione di Christian Bale inevitabilmente premiata del Mito. Un percorso di redenzione che è scritto con l’Oscar), quanto è saldamente immobile, sen- nel privato ancora prima di farsi cinema. Nessuna timentalmente stabile e passivo il pugile di Wahl- finzione. Nessun trucco. Il teppista galeotto razzi- berg, perno attrattivo apparentemente vuoto ma sta e omofobo, fratello di Donnie Wahlberg icona attorno al quale ruotano come monadi impazzite pop dei ‘New Kids on the Block’, diventa il cantan- tutti i personaggi di un film che nella doppiezza te rap Marky Mark e poi la stella del porno Dirk ambivalente dei due fratelli protagonisti riesce a Diggler in Boogie Nights di P.T. Anderson. Trilogia condensare tutto il privato dell’attore americano. identitaria sull’illegalità in sé conclusa già in que- Prima degli improbabili esperimenti musicali, dei sto film, che invece (paradossalmente?) diventa il contratti da modello e dei debutti hollywoodiani, trampolino di lancio per una carriera tangibile e c’è infatti la “vera” storia, degna di un romanzet- costante, continuamente in bilico tra il passato del to di formazione. La storia del Wahlberg nato nel ghetto e il percorso borghese di un’accettazione Massachussets nel 1971, ultimo di nove figli di 76 FACES

una famiglia cattolica, che trascorre i primi anni può prendersi la rivincita sull’immedesimazione della propria adolescenza tra bande di teppisti, marchiata Actors Studio delle facce di Hollywood. risse, consumo di droghe. Il Wahlberg che viene L’agente Dignam di Wahlberg ricompare nell’epi- arrestato appena sedicenne e rimane in carcere logo come il fantasma di un ragazzaccio capitato per due anni, al termine dei quali decide di rifar- per caso nel film e proprio per questo sconnesso si una vita, come Leo Handler, il protagonista di e memorabile. Wahlberg in The Departed è la tal- The Yards (ancora diretto da James Gray), il ruolo pa del cast. La talpa che sfiora l’Oscar come non probabilmente più personale e sincero tra quelli protagonista, statica presenza senza scene action, finora interpretati dall’attore americano. incentrata solo sulla parola e l’insulto, quasi un ritorno al rapper Maky Mark. La consacrazione post-scorsesiana raggiunge così È l’Attore “per caso” che fa saltare il – dopo la parentesi quasi stalloniana del thriller banco dell’Accademia. L’autodidatta politico firmato da Antoine Fuqua Shooter, in cui che distrugge gli schemi precostituiti Wahlberg recupera la disillusione ideologica anni Settanta nella figura di un cecchino antieroe, “cu- gino” di John Rambo – l’apice di una umile gran- La realtà che supera il romanzo. La carriera filmo- dezza sottrattiva nel capolavoro di James Gray e grafica che diventa backstage di una Vita, questa in E venne il giorno (The Happening, 2008) di M. sì assoluta e intraducibile. È forse per questo che Night Shyamalan. Il compimento di un progetto l’attore Wahlberg non insegue tanto la celebrazio- attoriale fondato sullo spessore etico di un segno ne narcisistica, quanto l’intromissione coatta della che non è mai eccedente l’immagine ma relegato particella esterna al meccanismo, spesso metten- ai margini del testo, oppure al centro dell’inqua- dosi in secondo piano (il ruolo da coprotagonista dratura nei primi piani di impostazione becket- ne I padroni della notte di Gray, ne è forse l’e- tiana del duo Fujimoto-Shyamalan (“Lasciatemi sempio più radicale). Non è un caso che in The pensare? Perché nessuno mi dà un secondo per Departed Wahlberg sia l’unico corpo resistente al pensare?”). Il professor Elliot Moore non sa risol- massacro, proprio perché immune alla cancella- vere il problema dell’apocalisse, né quello del suo zione divistica attuata ai danni di Nicholson, Di matrimonio con Alma. Il dramma del film arriva Caprio, Damon…. Solo il vero uomo del ghetto dopo un dramma privato che è ancora in diveni- 77 FACES

re, non-concluso, come nell’ultimo – peraltro de- Nella pagine precedente: I padroni della notte ludente – Max Payne, dove la vendetta del detec- In alto: The Fighter tive e la sua apocalisse tossica è conseguenza di In basso: E venne il giorno, The Departed una tragedia raccontata in flashback. In tal senso i personaggi interpretati da Wahlberg continuano a essere strettamente legati al Dirk Diggler di Boogie Nights, protagonista magnifico senza spessore, spugna incassatrice di vagine e strisce di coca, in Video balia assoluta di due decenni antitetici (i Settan- ta e gli Ottanta), che vanno da Carter a Reagan, dall’utopia libertaria alla cupezza reazionaria del doping economico-culturale. Il monolito Wahl- berg reagisce al tempo del mondo e a quello del cinema mantenendo fede alla presenza del cor- po, attraversa il film e lo subisce. Senza cambiare. Senza trasformazione, appunto. Wahlberg è uno dei pochi attori del cinema contemporaneo che “sopporta” i film, trascinandoli fino alla fine, uno dei pochi – assieme a Di Caprio – che è in gra- do di reggere l’inquadratura senza aver bisogno del montaggio. I primi piani di Wahlberg resistono sempre (lo straordinario spaesamento di E venne il giorno, che è anche il nostro che vediamo il sag- gio-bluff di Shyamalan; il volto strafatto di cocaina in Boogie Nights sulle note di Jessie’s Girl, insistito e reiterato, che va dal sorriso alla disperazione). È l’Attore “per caso” che fa saltare il banco dell’Ac- cademia. L’autodidatta che distrugge gli schemi precostituiti per rubare l’immagine al mestiere, all’interno di film che – spesso – gli sono superiori. Ovvero la passiva classicità del genio. 78 Ernest Borgnine Vita di un timido

di tonino de pace FACES

La sua faccia rocciosa, una di quelle che non si tata concezione della vita, una lotta per il potere, dimenticano, ha accompagnato la visione di mol- un desiderio di sopraffazione sull’altro. È strano tissimi film, alcuni perduti nella memoria, seconde questo rapporto tra Borgnine e il cinema. Da una visioni, film di serie b, personaggi controversi, bo- parte questa forza da cattivo che lo spingeva a nari, cattivi, bizzarri. Una vita di seconda fila den- diventare personaggio ed essenziale protagonista tro lo star system, con una decina di film davvero di film in cui l’idea di violenza permeava la storia, azzeccati, un Oscar e molte, moltissime partecipa- film nei quali i personaggi si attaccavano alla pel- zioni e collaborazioni. le dello spettatore. Il Mucchio selvaggio, in questa Ernest Borgnine, cognome americanizzato rispetto prospettiva, diventa cinema e film per antonoma- all’italianissimo Borgnino di origine alessandrina, sia, film scardinatore delle belle idee al cinema. è stato un apprezzatissimo caratterista, termine Ma dall’altra parte ci sta Marty, vita di un timido, benevolmente detrattorio che, nel suo caso, diven- messa in scena di una vita sbagliata per troppa ta autorevolmente caratterizzante. paura. Rimbaudianamente sembra davvero che I suoi lineamenti duri lo hanno sempre lombro- lui, Marty, il timido, l’eterno indeciso, per delica- sianamente portato ad interpretare, e pensiamo tezza abbia perso la sua vita. Marty, vita di un ti- soprattutto ai ruoli di protagonista, personaggi i mido, stando alla versione ufficiale della biografia cui risvolti psicologici erano legati ad una spie- di Borgnine, costituisce la punta più alta della sua

79 Un ricordo di Ernest Borgnine scomparso lo scorso 8 luglio a 95 anni

carriera cinematografica. La ragione è semplicis- dopo si ritrovò, ancora una volta, tra le trame di sima: per questo film, nel 1956, gli fu assegnato un dramma di Paddy Chayefsky riscritto da Gore l’Oscar quale migliore attore protagonista. Pre- Vidal, nei panni di un padre di famiglia alle pre- mio tutto meritato e confermato dalla Palma d’oro se con il matrimonio della figlia in Pranzo di noz- al festival di Cannes, anche perché durante tutto il ze (1956) di Richard Brooks. La sua bonaria e film Borgnine porta la propria stazza da macellaio naturale presenza sul set sopravanza il carisma sentimentale come un elefante in una cristalleria. sempre fagocitante di Bette Davis. Solo molti anni dopo avrebbe interpretato un buono a tutto tondo, quando l’età avanzata lo aveva allontanato – non Due film raccontano, più di altri, il si sa per quale ragione – dai ruoli di cattivo per

FACES nostro vero Borgnine: Il mucchio ricondurlo sulla retta via della bontà cinematogra- selvaggio e L’imperatore del Nord fica. Sarà! Ma a noi piace pensare Ernest Borgnine sotto altre vesti nelle quali vedere il suo doloroso È stato probabilmente questo contrasto così imba- sorriso assumere il ghigno malvagio e la cattiveria razzante ad esaltare la sua efficace interpretazio- dello spietato. ne, alle prese con la propria timidezza, il deside- Due film raccontano, più di altri, il nostro vero Er- rio d’amore e la paura della solitudine. Il tre volte nest Borgnine: Il mucchio selvaggio (1969) e L’im- premio Oscar Paddy Chayefsky, autore della sce- peratore del Nord (1973). neggiatura – la regia è di Delbert Mann – ritaglia Sam Peckinpah scompagina e spariglia le regole la storia e il retroterra biografico del personaggio del western, introducendo l’analisi della violen- sulla vera vita del suo interprete, misurando con za come elemento conducente della struttura del sapienza la progressiva presa di coscienza che lo film, guardando ai suoi (anti)eroi come uomini porta, all’inevitabile lieto fine. votati alla morte, realizzando un film come elegia Ma quello di Marty sembrò non costituire un epi- della morte e della violenza, sulla fine dell’illuso- sodio isolato nella carriera di Borgnine. Due anni rietà della frontiera. Il mucchio è un’opera in cui

Video

80 Peckinpah minimizza e annulla ogni epica, all’in- terno di un tragico solipsismo. In questo film, dove John Woo vede l’estetica di Michelangelo, Ernest Borgnine è Dutch, il numero due della banda di Video disperati. Borgnine tornerà a lavorare con Peckin- pah in Convoy - Trincea d’asfalto. Una sincera amicizia legava i due, da quando la precisa volon- tà di avere Borgnine tra gli interpreti di Il mucchio FACES selvaggio ne fece ritardare le riprese, obbligando a varie peripezie il regista e le maestranze a causa di una frattura che l’attore si era procurato sul set di un altro film. Robert Aldrich, in fondo, è forse la figura più im- portante nella biografia di Borgnine, non solo per averlo diretto in sei film, ma, soprattutto, per ave- re realizzato con lui L’imperatore del Nord, uscito quattro anni dopo il film di Peckinpah. Partendo dalle stesse pessimistiche considerazioni, Aldrich compone la sua amara ballata su un Paese che ha definitivamente perduto ogni speranza e che consuma quella residua nel quotidiano scontro tra la onnipresente voglia di selvaggia libertà dell’ho- bos e il duro presente del potere fatto di originaria violenza e testardo sadismo. La virile prova che Aldrich gli offre è sapientemente e magistralmente utilizzata da Borgnine che, perfettamente calato nel ruolo del cattivo capotreno Shack, strapazza fino all’inverosimile un indomabile Lee Marvin, facendoci odiare i treni, il suo personale e il riso malignamente beffardo e feroce del suo antago- nista dentro un’America senza guida ai tempi del- la depressione. Avrebbe meritato almeno una nomination per Video l’Oscar? Quell’anno lo vinse Marlon Brando per Il Padrino, ma l’attore lo rifiutò per contestare la politica degli Usa contro i nativi americani. Ancora con Aldrich: il precedente Vera Cruz (1954), Il volo della fenice (1956), Quella sporca dozzina (1967), Quando muore una stella (1968), Un gioco estremamente pericoloso (1975). Nel 1972 fa parte del cast del corale L’avventu- ra del Poseidon che annuncia il genere, dalla vita breve, ma variegata e trasformatasi nel tempo, del disaster movie. Nel 1981 ha interpretato uno stravagante tassista in 1997: Fuga da New York, con la regia di Car- penter. Questi gli apici nella lunghissima carriera dell’at- tore cominciata nel 1949, dopo avere frequentato varie scuole di recitazione al suo ritorno negli Stati Uniti, dopo il breve soggiorno in Italia, a ricon- 81 FACES

ciliazione dei genitori avvenuta. Furono proprio loro, i due genitori italiani degli anni ‘10 del ‘900, a spingere quell’esuberante e incontrollabile figlio a seguire la carriera di attore. Ernest Borgnine ha segnato quindi una lunga trac- cia nella storia del cinema e di questo, purtroppo, poco si ritroverà nei testi che la raccontano. Resta il piacere di incontrarlo, nonostante le sue cattiverie, ricordandolo sempre con ammirazione perfino nelle finali comparsate accanto a Claudio Bisio in La cura del gorilla (2006) di Carlo Sigon o nel film collettivo 11 settembre 2001 (2002). La storia del cinema, piaccia o meno, l’hanno fat- ta i cattivi: è difficile ricordare un film sui buoni, è facilissimo ricordare quelli sui cattivi. Borgnine in questo era un maestro perché la sua recitazione era sempre venata da un inguaribile pessimismo e forse anche per questo ha primeggiato tra cosid- detti caratteristi. La sua era una figura anomala di caratterista, aveva infatti avuto la possibilità di in- terpretare ruoli da protagonista, senza mai diven- tare una star dell’industria del cinema americano. Ma Borgnine ci terrà ancora compagnia, nono- stante l’8 luglio scorso a 95 anni ci abbia salutati. Restava infatti un combattente e fino all’ultimo è stato sui set a portare il suo carico di due secoli di esperienza nel cinema.

82 FOTO DEL MESE

CiminoI Cancelli torna a Venezia del Cielo

Tra le pellicole restaurate del- solo per la lavorazione trava- zanotte curata da Enzo Ungari. la sezione Venezia Classici alla gliata, ma anche per aver se- Tra gli altri film presenti nella 69° Mostra del cinema di Vene- gnato la fine di un’epoca. Alla sezione Venezia Classici Fanny zia c’è I cancelli del cielo (1980) sua uscita nelle sale venne dura- & Alexander (1982) di Ingmar di Michael Cimino. mente stroncato da buona parte Bergman, Campanadas a me- Il regista, oggi sessantottenne - della critica internazionale, con dianoche (1965) di Orson Wel- da sempre schivo rispetto alle alcune eccezioni: il critico bri- les, American Dreams (1984) di apparizioni pubbliche - sarà tannico David Thomson lo defi- James Benning, Sunset Boule- presente alla proiezione del nì “un mostro ferito”, riferendosi vard (1950) di Billy Wilder, Gli film, nella versione di 219 mi- alla sua gestazione ambiziosa uomini preferiscono le bionde nuti restaurata digitalmente da e complicata, inquadrato però (1953) di Howard Hawks, Il Criterion con la supervisione nella grande tradizione ameri- caso Mattei (1972) di Francesco dell’autore. cana dei Melville e dei Pollock, Rosi, Porcile (1969) di Pier Pa- Il film, interpretato da Kris Kri- e Martin Scorsese lo difese, so- olo Pasolini, La decima vittima stofferson, Christopher Walken, stenendo i suoi “molti pregi sot- (1950) e Indagine su un cittadi- Isabelle Huppert, Jeff Bridges, tovalutati”. no al di sopra di ogni sospetto John Hurt, e da Heaven’s Gate era stato proiet- (1970) di Elio Petri, Stromboli Willem Dafoe alla sua prima tato a Venezia nel 1982, nella (1950) di Roberto Rossellini, Ka- apparizione sullo schermo, è versione integrale di 330 minuti, rumen kokyo ni kaeru (1951) di avvolto dalla leggenda: non nella sezione Mezzogiorno-Mez- Kinoshita Keisuke. (m.p.) 83 Quei bravi ragazzi i Jackal ritrovati di demetrio salvi FUORICAMPO

Il mese scorso, in un locale molto ganzo di Na- una presenza attraente e misteriosa (il cui nome poli, dei Jackal, per la prima assoluta dell’ultima immerge senza indugi nel fluido magmatico del puntata di Lost in google. web: Proxy). Una marea di ragazzi – età media ventidue/venti- Quando, qualche tempo fa, presentammo, a no- tre anni? – lì riuniti a risucchiare i venti minuti circa stra volta, nella nostra sede la – credo – prima della webseries tra le più affascinanti della rete. puntata della serie fu subito chiaro che i Jackal Per cercare di pareggiare – difficile cosa da farsi: avevano perfettamente assorbito – e più di molti parlo dell’età – ho dovuto ricorrere a un artificio altri – lo specifico che internet proponeva/impo- mimetico niente male e, mi sembra, che abbia neva. Lost in google metteva assieme le prezio- funzionato. se innovazioni narrative delle serie americane, il La storia tiene grazie a una regia ormai faraonica piacere donato da un certo cinema che, in modo (‘sto Francesco Ebbasta tocca tenerlo d’occhio), primitivo, cercava di fare il punto sulle alterazioni a certe interpretazioni che stanno maturando in percettive dotateci dalla rete (Matrix), i personag- fretta (Simone “Ruzzo” e Carmine Priello (???)), gi, i generi, gli strumenti che erano propri del web a una sapiente magia dell’ormai mitico Alfredo e che non avevano presenza sostanziale al di fuori Felaco (assoldato tra le fila dei nostri docenti), a dei codici e delle stringhe utilizzabili dai computer

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(quella cosa vecchia che fra non molto qualcuno si do maschile dei ventenni (agguerriti, determina- sentirà costretto a difendere per l’invadenza di al- ti, per nulla impauriti dal mondo del digitale) a tri strumenti più confortevoli, semplici, aggressivi). quello (sempre maschile) dei trentenni, molto più Se a questo aggiungiamo le metamorfosi rivolu- cauti, talvolta rinunciatari, sfiduciati da un mondo zionarie del fare cinema, con macchine e stru- che li ha violentati a furia di una comunicazio- menti sempre più accessibili, sempre più precisi, ne (televisiva) sempre votata al basso, incapace sempre più economici, il gioco è fatto! di stimolare, utile a deprimere, permeata da una È ovvio che Lost in google paga un po’ lo scotto legge del minimo sforzo capace di generare mo- della trovata (le “trovate” sono sempre narrativa- struosità, inabile a far fantasticare, a far emergere mente costose): il tessuto soffre delle interferenze uno spirito generoso e libero dai legami che certo di troppe presenze, di troppi riferimenti, di una gretto marketing impone. marea di anime. Magari il mio sguardo soffre di un’analisi da scienziato del Seicento, ma mi rimane profonda la convinzione che i ventenni, liberati dal berlusconi- Lost in google si presta magnifi- smo, hanno attinto da un mondo più anarchico, camente a riflessioni sul rapporto ancora in costruzione, privo dei vincoli del merca- tra narrazione e web to, capace di produrre spazzatura ma in grado, al contempo, di perforare il reale, di permettere a chiunque (se dotato di talento, of course) di rista- Un’opera d’arte può essere benissimo il punto di bilire nuove coordinate per un concetto di estetica confluenza di molteplici presenze, di più di una e di arte consono al mondo che si andava for- professionalità (ehi, è il cinema, no? Ma non solo, mando. All’appiattimento sistematico della realtà, eh…) Ciò che, invece, deve rimanere unica e uni- il web permetteva la sperimentazione trasversale. taria è la narrazione, il senso sottostante, quella Ora, questo mondo si sta delineando. Con le sue forza mistica e religiosa che indica una direzione meraviglie e le sue anomalie. Le dinamiche del (e una sola). Ma, di questo, ne parlerò con loro, mercato lo penetrano com’è naturale che sia. de visu, appena possibile. Come spettatori/fruitori/facitori/manipolatori sta- Resta il fatto che Lost in google si presta magnifi- remo qui a renderne conto, a proporre riflessioni, camente a riflessioni sul rapporto tra narrazione deviazioni, alternative. La declinazione antropolo- e web – riflessioni che, in questa sede, mi diverte gica ci intriga. E se qualcuno ha da dire la sua, lo tentare con taglio primitivo e scorretto. Ma, nien- faccia liberamente. te paura!, qui mi limito a buttare fuori un’ipotesi Ma per chi non sapesse assolutamente di cosa sto che il mio punto di vista mi permette di partorire parlando, può partire da qui: agevolmente, una riflessione che oppone il mon- lost in google, ep. 0

85 Il pubblico L’uomo in più del testo contemporaneo di federico chiacchiari FUORICAMPO

C’è qualcosa di sottilmente perverso e inconsa- Perché un personaggio pubblico così stimato e pevolmente autolesionistico nella reazione del re- apprezzato, anche internazionalmente, scivola in gista Paolo Sorrentino, alle notizie riguardanti un una reazione così palesemente “superficiale”? suo presunto profilo Twitter, da cui da mesi escono Perché dire che scrivere su Twitter equivale a “scri- fuori tweet con frasi estrapolate dal suo ultimo li- vere cazzate”? Soprattutto quando quelle “cazza- bro “Hanno tutti ragione”. te” in realtà le ha scritte lui nel suo libro e qualcu- La mail che il regista ha scritto a Roberto D’Agosti- no (fan? Ufficio marketing segreto dell’editore?) no, del sito Dagospia, è questa: le sta rilanciando nella rete con un evidente effetto promozionale…. “Caro Roberto so che tu hai semplicemente ripreso Eppure a leggere i tweet di Tony Pagoda, e le ri- L’Espresso, però ti chiedo cortesemente di rettifica- sposte dei followers, si notano “sfumature interes- re così come lo chiederò a L’Espresso. Io non twitto. santi” (per riprendere l’incipit del profilo “Solo una Non ho twitter e a malapena so cos’è. Le frasi che cosa sopporto. La sfumatura.”). avrei twittato sono in realtà citazioni dal mio libro “Hanno tutti ragione”. Estrapolate dal racconto. francesca r elisei @frarom Che ha tirato fuori qualcuno, non io. Io sono una persona seria, lavoro dalla mattina alla sera e non io a te ti denuncio, che per colpa tua rido come ho tempo per scrivere cazzate. una scema mentre leggo agli amici di @TPagoda Ti abbraccio. Paolo Sorrentino” e la gente pensa che sono picchiata in testa

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terario: http://bit.ly/LSY73i . Qui parla Tony Pago- Asia Argento, che invece usa twitter pubblicamen- da, evidentemente. È quasi l’alba, dormo. te scrive Insomma siamo di fronte a un piccolo caso in cui, Asia Argento @Asiaargento23 fan o ufficio marketing che sia, qualcuno si impos- sessa del personaggio di un autore (niente Piran- @TPagoda chi diavolo sei? Un intrattenitore. dello, per carità). Vengono alla mente le imprese di Misery deve mo- E lui risponde : Tony Pagoda @TPagoda rire, dove una fan letteralmente catturava lo scrit- tore famoso per costringerlo a scrivere la storia @Asiaargento23 sono Tony Pagoda, convinci Da- che voleva lei. rio ad aprire il suo account su Twitter. Ciao. Ma soprattutto questo curioso caso dovrebbe farci riflettere su cosa è diventato un autore, un testo, Poi ci stanno i follower che confondono Sorrentino nell’era della “condivisione di massa”. A chi ap- con Garrone (chissà come mai?…) partiene, oggi, il testo? Se sul mio kindle posso estrapolare un brano dell’ebook che sto leggendo FPBallirano @FPBallirano e condividerlo su twitter e facebook, posso fare altrettanto con un volume cartaceo semplicemen- @TPagoda complimenti per Gomorra, un bellis- te…riscrivendolo. simo film! Ma è proprio quel “riscrivere” che appare come l’oltraggio irriverente nei confronti dell’autore. Il E ancora testo è andato, è nelle mani dei lettori, nei cuori gustomela@gustomela

@TPagoda senti sorrentino, ma quando lo scrivi un libro sul tipo “le conseguenze dell’amore”? il toni pagoda letterario numm’è piaciut’

E alla reazione del regista, replica

Tony Pagoda @TPagoda

Leggo solo ora la precisazione del mio autore let- 87 e nelle vene di chi sfoglia le pagine, e a questo qualcuno ha fatto del suo testo. Questo qualcu- punto l’autore non può farci più niente… il suo no è il suo pubblico (se non è il suo agente…ma testo è per sempre, ormai, di altri. Scrivere diventa confidiamo di no!), e il pubblico fa dei testi quello davvero una perdita (del se). Troisi/Postino rubava che vuole. le poesie del Poeta per fare la corte alla ragazza e, di fronte alle rimostranze di Noiret/Prevert, rispon- Forse i nostri autori, i nostri intellettuali, dovreb- de con una frase da scolpire in tutte le librerie: “La bero essere un po’ meno “seri”, lavorare un po’ poesia non è di chi la scrive, ma di chi…gli serve!”. meno e trovare il tempo per dialogare con il mon- E oggi non serve neppure acquistare il libro per do e scrivere, ogni tanto, qualche cazzata. “usarlo”, basta navigare su internet alla ricerca Perché i cineasti italiani non sono su Twitter? Perdi-

FUORICAMPO delle citazioni perdute…. ta di tempo? Cazzate? Eppure i loro colleghi americani usano il mezzo Insomma ancora una volta l’intellettuale italiano per comunicare con il pubblico e i media. Ron dimostra la sua terribile arretratezza culturale nei Howard, ad esempio, non fa che spiegare che confronti del (suo?) pubblico. Chi legge e usa è problematiche vive sul set del suo ultimo film, ar- già avanti. Non tanto, non solo, nel riutilizzo ci- ricchendo i suoi tweet di immagini prese “al volo” tazionistico postmoderno o di stampo situazio- dal suo stesso set. Il film esiste, per il pubblico, nistico, ma nell’idea di un “consumo culturale” prima ancora di essere finito. Ma registi e attori che esce fuori dai circoli e dai salotti bene, dalle non solo dialogano con i fan, ma anche tra di presentazioni ovattate delle librerie, per rilanciarsi loro, fornendo commenti, suggerimenti, notizie. nella rete con un valore nuovo, dove il pubblico diventa, davvero, “l’uomo in più” dell’autore, che “Io non twitto. Non ho twitter e a malapena so permette a quello che era un suo testo di diventare cos’è.” qualcosa che appartiene a tutti, trasformandosi e mutando di segno. Sembra quasi una dichiarazione di resa. Il mondo “Io sono una persona seria, lavoro dalla mattina è cambiato, il consumo (e la produzione) culturale alla sera e non ho tempo per scrivere cazzate.” pure. Alzo le mani. Torno nel mio studio a lavo- scrive un evidente incazzato Autore dell’uso che rare…

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Il pipistrello di Denver

Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno: “... la città era anco- ra illuminata dalla luce del fiume, e la radio del ne- gozio di cancelleria all’angolo diffondeva il ritmo di Goodman e quasi tutti andavano in giro in masche- ra. Sono l’ultimo di una generazione di fumatori accaniti che al mattino svegliava il mondo a colpi... di tosse, si sborniava ai cocktail parties e ballava danze fuori moda, ‘Il pipistrello di Denver’, o il Jo- ker di Arcore, attraversando l’oceano in piroscafo, colmo di nostalgia per l’amore e la felicità: e i suoi Dei erano antichi come i miei e i tuoi, chiunque tu sia”. (parafrasando John Cheever) thief