Stili E Interpreti 2005-2006
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attenzione qui va messa la pagina STILI FERRAGAMO tipografia: ripete soggetto Parsifal INTERPRETI _ Stagione sinfonica 2005_2006 Fondazione Stagione sinfonica ottobre 2005 i Teatro La Fenice di Venezia 2005_2006 luglio 2006 t e r p r e t n i e i l i & St Fondazione Teatro La Fenice di Venezia TITOLO FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA Consiglio di Amministrazione Massimo Cacciari presidente Luigino Rossi vicepresidente Cesare De Michelis Pierdomenico Gallo Achille Rosario Grasso Mario Rigo Valter Varotto Giampaolo Vianello consiglieri sovrintendente Giampaolo Vianello direttore artistico Sergio Segalini Collegio dei Revisori dei Conti Giancarlo Giordano presidente Adriano Olivetti Paolo Vigo Maurizia Zuanich Fischer SOCIETÀ DI REVISIONE PricewaterhouseCoopers S.p.A. 1 Stili e interpreti Stagione sinfonica 2005-2006 FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA REGIONE DEL VENETO Stili e interpreti Stagione sinfonica 2005-2006 Venezia 13 ottobre 2005 – 14 luglio 2006 Sommario 6 Dmitrij Kitajenko Teatro La Fenice giovedì 13 ottobre 2005 10 György G. Ráth Teatro La Fenice martedì 29 novembre 2005 16 Stefan Anton Reck Teatro La Fenice sabato 3 dicembre 2005 24 Friedemann Layer Teatro La Fenice sabato 10 dicembre 2005 34 Bernhard Klee Teatro La Fenice venerdì 16 dicembre 2005 40 Claudio Scimone Basilica di San Marco mercoledì 21 dicembre 2005 48 Gerd Albrecht Teatro Malibran domenica 8 gennaio 2006 60 Jeffrey Tate Teatro Malibran sabato 11 febbraio 2006 68 Gabor Ötvös Teatro Malibran venerdì 10 marzo 2006 78 Kurt Masur Teatro Malibran sabato 8 aprile 2006 82 Sir Andrew Davis Teatro Malibran sabato 6 maggio 2006 88 Gennadi Rozhdestvensky Teatro Malibran domenica 4 giugno 2006 92 Michel Tabachnik Teatro Malibran venerdì 9 giugno 2006 108 Sir Neville Marriner Teatro La Fenice sabato 8 luglio 2006 114 Michail Jurowski Teatro La Fenice venerdì 14 luglio 2006 121 Biografie Teatro La Fenice giovedì 13 ottobre 2005 ore 20.00, Turni S-T Dmitrij SŠostakovicŠ Sinfonia n. 7 in do maggiore op. 60 Leningrado Allegretto Moderato (poco allegretto) Adagio Allegro non troppo direttore Dmitrij Kitajenko Orchestra del Teatro La Fenice 6 Rubens Tedeschi NOTE AL PROGRAMMA Composta fra il 1941 e il 1942, nei mesi più tragici della guerra, la Settima Sinfonia sol- levò, come tutti i lavori di SŠostakovicŠ, entusiasmi ed estrazioni. Sulla cronologia, comunque, il compositore non lascia dubbi. A Leningrado, mentre l’avanzata dei nazi- sti si avvicina alla città, il musicista, pompiere volontario, monta la guardia sul tetto del conservatorio dove insegna durante il giorno. Le sue ripetute domande di arruolamento nell’esercito sono state respinte: si renderà più utile continuando a comporre. ll 19 luglio (1941) prende forma il progetto sinfonico e tosto inizia la stesura. Le pagine si accumulano con febbrile velocità. «La mia esaltazione – confida l’autore – era straordinaria. I prime tre movimenti (cinquantadue minuti di musica) vennero annotati di volo. Temevo che la fretta mettesse in pericolo la qualità della partitura e che questa apparisse raffazzonata. La feci ascoltare agli amici che mi rassicurarono. Ricordo esat- tamente le date: il primo tempo è stato completato il 3 settembre, il secondo il 17, il terzo il 29 settembre. Lavoravo giorno e notte. Capitava che le bombe cominciassero a pio- vere e che la contraerea entrasse in azione, ma io non mi fermavo. Il 25 settembre festeg- giai il mio trentacinquesimo compleanno lavorando anche più del solito. Secondo gli amici, i passaggi scritti quel giorno sono tra i più commoventi». Poco dopo, SŠostakovicŠ viene portato in volo a KujbysŠev dove erano già stati eva- cuati parecchi musicisti. Qui, in dicembre, anche la strumentazione è finita. Il 5 marzo 1942, l’orchestra dei Bol’sŠoj, anch’essa sfollata a KujbysŠev, ne dà la prima esecuzione pubblica. L’esito è trionfale. Un microfilm della partitura è spedito – via Teheran, Cairo, Casablanca, San Paolo – a New York dove, il 19 luglio, la sinfonia di Leningrado è diret- ta da Arturo Toscanini. Il maestro aveva cercato di ottenere la presenza dell’autore: «La vostra visita – telegrafò – avrebbe un grande significato, sia politico, sia artistico, e sareb- be di grande aiuto nel confermare lo stretto legame tra Stati Uniti e Unione Sovietica nella lotta comune». Il viaggio non si realizzò, ma la sinfonia fu ugualmente accolta con enorme successo e ripetuta ben sessantadue volte nella medesima stagione sotto la guida dei massimi direttori presenti in America: Koussevitzky, Stokowski, Ormandy, Rodzinski, Mitropoulos, Monteux e altri. A Leningrado, la Settima fu eseguita il 9 agosto: la città era ancora chiusa nel cerchio di ferro e fuoco che sarebbe stato rotto soltanto nei mesi dopo. In quell’e- poca, e in seguito, mentre l’antica capitale assurgeva a simbolo dell’eroica resi- stenza al nazismo, la Sinfonia si identificò con l’epopea. Solo dopo la morte del musicista, la «Testimonianza», stesa da Volkov, estese il significato alle vittime dello stanilismo. L’ipotesi lascia perplessi: nell’infuriare della guerra, i soli nemici erano gli invasori mentre gli orrori di Stalin scivolavano nell’ombra per riemerge- re poi dopo la vittoria. 7 RUBENS TEDESCHI In realtà, nel 1941-42, quando SŠostakovicŠ completa la monumentale partitu- ra, il martirio di Leningrado è appena iniziato. La tragedia dell’assedio, il milione di morti, i bimbi portati a seppellire sugli slittini, il nutrimento sotto il limite vita- le, tutto questo appartiene ai mesi successivi al compimento dell’opera. Le peggio- ri atrocità stanno per arrivare. Ma ciò che sin d’ora emerge è il crollo di una civil- tà, la fine delle illusioni. L’invasione apre le porte al dramma concentrato negli stu- pendi versi di Pasternak: «Ricordate l’arsura nella gola – Quando sorgeva urlando – La potenza bruta del male – E quando l’autunno recava calamità e calamità». Il senso della sinfonia è il medesimo: non la descrizione realistica della guerra e neppure la grandiosa retorica vista con gli occhi del futuro. L’autore stesso si mostra insolitamente cauto nel formulare un programma: «Il primo movimento – nota – descrive l’irruzione della guerra nella nostra terra paficica. Non ho cercato di riprodurne i rumori (l’urlo degli aerei, lo sferragliare dei carri armati, il tuono dei cannoni), né ho composto una «musica di battaglia» come tante altre. Ho volu- to interpretare il senso profondo degli avvenimenti. Così l’esplosione del primo tempo dipinge la vita felice delle genti pacifiche. In questo mondo irrompe la guer- ra. Un Requiem conclude il movimento, pieno di dolore per coloro che hanno incontrato la morte degli eroi sul campo di battaglia. «Il secondo tempo è uno Scherzo di un delicato lirismo, una successione di moti felici, velati di una tristezza lieve e sognante. «Il terzo è un Adagio patetico in cui si intrecciano i due grandi temi dell’amo- re della vita e dell’adorazione della natura. «Da qui si passa, senza interruzione, al quarto tempo: esso comincia con l’idea di una lotta per la vita e per la morte; l’in- treccio di luce e ombra cresce sino ad una luminosa esaltazione. Si scatena la nostra offensiva, la patria è vittoriosa». Appare chiaro, in questa traccia, il tema di fondo: la battaglia tra il bene e il male, la vita e la morte. Alla «potenza bruta» che incalza nel primo tempo, SŠostakovicŠ contrappone le visioni di pace, il compianto sui valori umani calpesta- ti. Non si tratta però di una contrapposizione astratta, di una battaglia ideale in un tempo mitico. I sentimenti espressi sono quelli dei giorni in cui l’opera è scrit- ta. Discende da ciò la semplicità del linguaggio, tale da venir inteso da ogni russo, da ogni ascoltatore colto o incolto. Non ritroviamo, nella Settima, il tormentato clima della «risposta alla giusta risposta alla critica», tipico della Quinta Sinfonia; né il gelido distacco e la taglien- te ironia della Sesta. Qui la chiarezza nasce dall’esigenza comunicativa che elimina la ‘collosità’ assieme al grottesco corrosivo e all’amarezza pessimistica. Sulle rovi- ne di un passato divenuto ideale in confronto al presente, si eleva una costruzione spoglia di complicazioni. Anni dopo, smorzati gli entusiasmi dettati dalla solidarietà bellica, non manche- ranno le critiche, in Occidente come in patria. Possiamo riassumere le prime nel mor- dente calembour dell’inglese Ernest Newman che, censurando la durata di oltre set- tanta minuti, colloca la sinfonia «between so many degrees longitude and so many degrees platitude», ossia «tra tanti gradi di longitudine e altrettanti di pianitudine». Nell’URSS, dopo l’iniziale apprezzamento, la demolizione sarà la ‘normale’ conseguenza delle condanne zdanoviane. Nel 1948, il servile Tikhon Krennikov, 8 NOTE AL PROGRAMMA assunto all’alta carica di segretario dell’Unione dei compositori, maneggerà la clava: «La Settima Sinfonia di SŠostakovicŠ dimostra che ha maggior talento quan- do impiega la sua intelligenza musicale per descrivere il minaccioso aspetto del fascismo e il proprio mondo soggettivo, mentre ne ha meno quando si sforza di incarnare gli ideali eroici contemporanei. I suoi toni astratti e il suo linguaggio musicale cosmopolita che, anche in tempo di guerra non si preoccupavano di cor- rispondere ai desideri del popolo, riuscirono dannosi a questa sinfonia che, di con- seguenza, non poteva diventar popolare nell’Unione Sovietica». In questi sfoggi di incomprensione o di menzogna burocratica, il punto dolente per eccellenza è il tema del male che avanza nel primo tempo col suo ritmo ostinato, e si ripete undici volte in un crescendo di ossessionante sonorità. Le ultime note di questo tema (fa - mi bemolle - re - do - si bemolle - la bemolle) ricordano la canzonetta del tenente Danilo quando si reca da Chez Maxim per incontrare l’allegra vedova. L’accostamento è voluto? La banalità del motivetto si attaglia alla pittura della bestialità nazista. Ma poi, nella ripetizione ossessiva accompagnata dalla crescente lacerazione strumentale, il temino finisce per acquistare – come afferma Alexander Werth nella sua Storia della guerra – «un senso terribile, inumano: questo tema, ripetuto undici volte e sempre più acuto, può apparire oggi rumoroso, melodram- matico e stucchevole.