San Gennaro Vesuviano
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San Gennaro Vesuviano Centro di pianura le cui origini risalgono ad epoca antica, indirizzato soprattutto verso le attività agricole ma impegnato anche nella valorizzazione del settore industriale e del terziario. I sangennaresi, che presentano un indice di vecchiaia inferiore alla media, vivono quasi esclusivamente concentrati nel capoluogo comunale -di scarsa rilevanza sono i piccolissimi aggregati urbani di Aprile e Ruocco- e risentono dei grossi disagi legati alla crescita edilizia selvaggia: l'abitato si è esteso notevolmente in direzione dei comuni limitrofi di Ottaviano, Palma Campania e Nola, partecipando al processo di intensa urbanizzazione che ha trasformato il volto dell'agro sarnese e dell'area circumvesuviana. Il capoluogo comunale è posto alla convergenza di varie strade, che determinano la sua struttura radiale. Il territorio comunale abbraccia una fetta della pianura circumvesuviana, su cui i vigneti, i frutteti e i residui di macchia mediterranea contendono lo spazio al cemento in inesorabile avanzata. Nello stemma comunale, concesso con Decreto del Presidente della Repubblica, è raffigurato il Vesuvio su una pianura verdeggiante; all'immagine del vulcano è sovrapposta quella di San Gennaro nell'atto di benedire, con le due ampolle del suo sangue, che ogni anno torna a liquefarsi miracolosamente. Situata alle falde orientali del Vesuvio, risente delle proibitive condizioni di traffico di tutta l'area metropolitana partenopea, pur avendo facile accesso ad un fascio di arterie di rilievo regionale e interregionale: è contigua alla variante della strada statale n. 268, tracciato comprensoriale che si snoda intorno al vulcano Somma-Vesuvio, e dista 10 km dal casello di Nola sulle autostrade Caserta-Salerno (A30) e Napoli-Canosa di Puglia (A16). La linea ferroviaria Cancello-Sarno offre uno scalo sul posto, mentre il traffico marittimo fa capo ai porti commerciali di Torre Annunziata e Napoli, distanti rispettivamente 26 e 18 km; l'aeroporto si trova a 32 km di distanza. I sangennaresi si rivolgono a Santa Maria Capua Vetere (CE), Napoli e Nola per le loro esigenze burocratico-amministrative, a Pompei per alcune categorie di beni di consumo e al capoluogo provinciale per il commercio e i servizi di livello superiore. Storia I primi insediamenti nell'area sono antichissimi. Il Comune di San Gennaro Vesuviano occupa il sito della Pianura Campana (anticamente conosciuto col nome di Planum Palmae), oggi meglio noto come il Piano, delimitato dal Monte Vesuvio e dal Monte Sant'Angelo. Il Piano rappresenta quasi un naturale collegamento geologico tra l'agro nocerino sarnese e l'agro nolano. Recenti rinvenimenti archeologici hanno permesso di datare alcuni insediamenti nella piena Età del bronzo, intorno al 2000 a.C., quando un'improvvisa eruzione del Vesuvio devastò le comunità presenti nell'area. Per vari secoli l'intera zona, ricoperta da una fitta vegetazione, è rimasta del tutto disabitata ed ha costituito al più un'occasionale destinazione di caccia per gli abitanti dei primitivi centri limitrofi. Solo secoli dopo, nuove popolazioni cominciarono lentamente ad insediarsi nuovamente. Nel 1631, con rogito stilato dalla curia vescovile di Nola dal Notaio Galeota, Scipione Pignatelli, conte di San Valentino e marchese di Lauro, fa una ricca donazione al Vescovo di Nola, monsignor Fabrizio Gallo a favore dei Padri Minori Riformatori di San Francesco. Il marchese istituì anche la Fiera che ancora annualmente si tiene. La donazione ai Frati Francescani, consisteva tra l'altro, di appezzamento di terreno, nell'allora territorio di Palma Nolana, oggi Palma Campania, per la creazione di un convento e di una piccola comunità annessa. Il nucleo abitato intorno a Cavallerizza e Convento crebbe fino a diventare, prima quartiere di Palma Nolana, poi, dal 1841, autonomo comune per decreto di Ferdinando II di Borbone. Fiera dell'agricoltura e dell'artigianato Risale al diciassettesimo secolo l'istituzione della principale manifestazione culturale del nascente centro vesuviano non ancora autonomo, quando il Marchese Scipione Pignatelli volle creare la fiera quale momento di celebrazione popolare e di scambio economico nell'area, al tempo quasi del tutto priva di insediamenti abitativi ad eccezione del solo Convento dei Frati Francescani. Il lascito dei possedimenti a favore dei frati fu, infatti, condizionato all'impegno di questi ultimi a rinnovare annualmente la manifestazione fieristica, la più antica del meridione. Essa si svolge nella seconda decade del mese di settembre. La Fiera cominciò ad attrarre un numero crescente di pellegrini visitatori attratti anche dal fatto che gli scambi fossero franchi cioè liberi da gabella, ad indicarne la totale esenzione tributaria; altri benefici includevano il diritto di portare armi per difesa personale. Nel tempo fu istituita la figura del "Catapano" (anche detto "Mastro-giurato"), un notabile della zona investito annualmente del compito di partecipare alla inaugurazione formale ed in particolare responsabile della vigilanza. La Fiera era un'occasione di scambio e baratto dove si scambiavano principalmente i prodotti dell'agricoltura e dell'artigianato locale. In particolare si vendevano cavalli ed altro bestiame, i vari prodotti della terra, vini e formaggi, utensili e masserizie largamente impiegati dalla locale economia contadina e terriera (scale, sedie e sgabelli, falci, roncole, zappe e badili, cesoie etc.). Gli scambi commerciali erano del tutto sospesi il giorno 19 per la celebrazione della messa in memoria del santo (San Gennaro) effettuata dal Padre superiore dall'alto del balcone del convento. .