Dimore Storiche Del Lazio Rete Delle Dimore Storiche Del Lazio Premessa

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Dimore Storiche Del Lazio Rete Delle Dimore Storiche Del Lazio Premessa RETE DELLE DIMORE STORICHE DEL LAZIO RETE DELLE DIMORE STORICHE DEL LAZIO PREMESSA Il presente Catalogo intende offrire una delle prime azioni di comunicazione e valorizzazione del vasto patrimonio culturale di dimore, ville, parchi e giardini storici presenti nella nostra Regione, un patrimonio ancora poco conosciuto e visitato. I Beni presentati in questa pubblicazione fanno parte della seconda edizione della Rete regionale delle dimore, ville, complessi architettonici e del paesaggio, parchi e giardini di valore storico e storico-artistico, costituita nel 2017 in attuazione della Legge regionale n. 8 del 2016. La Rete include siti pubblici e privati che hanno presentato domanda e che possiedono i requisiti richiesti in base all’apposito avviso pubblico curato dall’Area Valorizzazione del Patrimonio Culturale della Direzione regionale Cultura e Politiche giovanili. L’insieme dei Beni inclusi nella Rete, pertanto, al momento non è esaustivo dell’intero patrimonio esistente: si tratta di un lavoro di mappatura che verrà aggiornato annualmente sulla base delle candidature che man mano verranno presentate ai sensi dei successivi bandi. PREFAZIONE La valorizzazione del patrimonio storico, artistico e architettonico del Lazio è per la Regione un obiettivo primario. Lo facciamo in primo luogo perché convinti che sia nostro dovere lasciare alle generazioni future quei capolavori e quelle ricchezze che noi stessi abbiamo avuto la fortuna di ereditare e che sono parte integrante della nostra storia e del tessuto civile e sociale delle nostre comunità. Ma non solo: lo facciamo anche perché siamo impegnati nella costruzione di un nuovo modello di sviluppo, nel quale il rilancio del patrimonio culturale assume una centralità inedita rispetto al passato. Tutelare la bellezza e il patrimonio di conoscenze della nostra società significa sapere coniugare tradizione e innovazione, utilizzare le proprie risorse naturali e artistiche come volano per il turismo e come elemento costituente di un sistema economico e sociale vitale, in grado di attrarre persone, idee, investimenti. Per queste ragioni, nel 2016 abbiamo approvato una Legge specifica per la tutela delle ville, delle dimore e dei parchi storici. Uno strumento concreto per sostenere il recupero e la valorizzazione di una parte importante e fino a oggi sottoutilizzata del patrimonio architettonico e artistico del Lazio. Perché le dimore storiche, come insegnano le esperienze positive di altre regioni d’Italia e d’Europa, non hanno solo un valore culturale proprio, che come tale deve essere tutelato, ma possono diventare un volano importante per produrre ricchezza e incentivare il turismo. La Legge ha previsto una pluralità di strumenti per tutelare e far emergere questo patrimonio di bellezza, dando una mano concreta ai privati e alle istituzioni locali. In primo luogo, abbiamo messo a disposizione importanti risorse per la manutenzione e il recupero degli edifici storici che siano aperti e utilizzabili dal pubblico e dai cittadini. In secondo luogo, abbiamo previsto la nascita di una rete delle dimore, ville, complessi architettonici, parchi e giardini di valore storico e culturale con cui sostenere le comunità locali più piccole e riuscire a costruire un mosaico della bellezza in grado di svolgere una funzione di traino per il turismo paesaggistico e culturale di tutto il Lazio. In questo volume presentiamo i primi risultati di questi due anni di attività. Solo un primo passo, possibile grazie alla partecipazione di privati e comunità locali, di cui però siamo orgogliosi e che intendiamo proseguire e perseguire anche nei prossimi anni. Nicola Zingaretti Presidente della Regione Lazio PROVINCIA di FROSINONE COMUNE DI ANAGNI BADIA DI SANTA MARIA DELLA GLORIA La Badia di Santa Maria della Gloria è riconosciuta come bene di interesse storico artistico. Il complesso, costruito tutto in pietra tufacea di colore giallastro, costituisce un importante esempio di struttura monastica fortificata, munita di mura e torri su 3 lati, quasi che si trattasse di un vero e proprio castello forse eretto su preesistenze più antiche. L’Abbazia fu voluta dal cardinale Ugolino Conti, futuro pontefice Gregorio IX, per il tramite dei monaci florensi della Badia di Sant’Angelo di Monte Mirteto, tra il 1226 e il 1231, e assegnata agli stessi monaci dell’Ordine. Ebbe vicende complesse fin dalla sua fondazione: ciò che ne rimane reca i segni del tempo, che ha lasciato le sue tracce e buona memoria di ogni trasformazione subita nella forma e nell’uso. L’ultima è datata 1739, con il complesso ceduto alla famiglia Martinelli, che ne rimase proprietaria fino al 1995, quando fu acquistato dal Comune di Anagni. Il documento più antico che riguarda la Badia è una bolla del 12 giugno 1232, nella quale sono elencati anche i beni del monastero. Questo era abitato da 12 monaci, oltre l’abate, e 24 conversi. L’Abbazia era esente dalla giurisdizione del vescovo di Anagni e di altri eventuali vescovi e soggetta direttamente al Papa; possedeva un ingente patrimonio terriero, in Anagni e nel territorio dell’agro pontino, fra Cisterna e Terracina, che la rendeva pari agli altri maggiori monasteri della regione. Anche prelati e autorità civili d’Inghilterra, per mostrare a Papa Gregorio IX la propria devozione, attribuirono alcuni benefici a Santa Maria della Gloria. Il complesso è stato oggetto di 2 importanti interventi di recupero nel 2000 e nel 2004. RIFERIMENTI E INDIRIZZI: Anagni (FR), Via Vittorio Emanuele, 187 www.comune.anagni.fr.it Modalità di accesso: solo per eventi. FORESTERIA SCHEDA 1 RETE DELLE DIMORE STORICHE DEL LAZIO 9 COMUNE DI ANAGNI CASA MADRE DELLA CONGREGAZIONE DELLE SUORE CISTERCENSI DELLA CARITÀ Il Palazzo di Bonifacio VIII è stata la casa-fortezza dei papi di Anagni, da Innocenzo III allo stesso papa Caetani, tutti giganti della Chiesa basso-medievale. Elegante dimora e al contempo costruzione massiccia e ardita, fu sede di fatti storici memorabili, tra i quali l’incontro di pace tra Gregorio IX e Federico Il di Svevia nel 1230 e, più tardi, l’oltraggio dello Schiaffo, che nel 1303 colpì al cuore la visione teocratica di Bonifacio Vlll. All’interno del Palazzo si segnalano soprattutto le stanze affrescate: in particolare la Sala delle Oche mostra un atlante di aviofauna ispirato al De Arte venandi cum avibus di Federico Il di Svevia. Nella Sala dello Schiaffo, invece, si possono ammirare diverse scacchiere, mentre su un’altra parete sono affrescati uccelli entro ruote, che richiamano i ricami a oro filiforme del piviale di Bonifacio VIII e del “piviale dei pappagalli” conservato a Vicenza. Nella stessa sala corrono anche una cornice a racemi vegetali e uno zoccolo a finti pannelli marmorei rettangolari: alcuni particolari sono simili a quelli di residenze ecclesiastiche romane e di ambienti della torre di Innocenzo III nei Palazzi Vaticani. La partizione è del tutto simile a quella della Domus di Augusto sul Palatino: aspetto di notevole interesse, perché attraverso il richiamo all’antichità si pone l’accento sulla continuità tra la grande Roma imperiale e la grande Roma cristiana, concretizzando il detto canonistico “Ubi Papa, ibi Roma”. Successivamente il Palazzo rimase in proprietà ai Caetani fino al l690 e passò poi agli Astalli. Nel 1764 l’ultimo degli Astalli, Tiberio Junior, morì indebitato. L’Opera delle Suore Cistercensi della Carità, figlie spirituali dell’anagnina Claudia De Angelis (1675-1715), aveva allora mezzo secolo di vita. Il primo nucleo del loro convento si era impostato su una casa ad atrio porticato poco lontana dal Palazzo: le Suore riscattarono anche il Palazzo e lo unirono alla loro Casa Madre settecentesca, creando con il tempo un grandioso complesso. RIFERIMENTI E INDIRIZZI: Anagni (FR), Via Vittorio Emanuele, 240 www.archeoares.it/palazzo-bonifacio-anagni Modalità di accesso: accessibile tutti i giorni con biglietto di ingresso. PALAZZO BONIFACIO, PROSPETTO NORD SCHEDA 2 RETE DELLE DIMORE STORICHE DEL LAZIO 11 COMUNE DI AQUINO CHIESA DI SANTA MARIA DELLA LIBERA La chiesa di S. Maria della Libera sorge in un’area anticamente occupata da una necropoli romana. Ciò sembra confermato dalla presenza di numerosi frammenti pertinenti a monumenti funerari reimpiegati nelle murature della chiesa. Un edificio di culto dedicato a S. Maria doveva essere già presente nell'827, come testimoniato da un documento d’archivio. Secondo Giovanni Carbonara la chiesa attuale risalirebbe agli anni tra il 1070 e il 1090 e alla sua costruzione avrebbero preso parte alcune maestranze provenienti dal cantiere dell'abbazia desideriana di Montecassino. All'esterno il portale della navata centrale è inquadrato da cinque frammenti pertinenti a un grosso fregio a girali d'acanto databile alla prima metà del I secolo d.C. Su di esso si imposta una lunetta con mosaico raffigurante Maria con Gesù Bambino e due donne rappresentate all'interno di sarcofagi. I loro nomi, Ottolina e Maria, sono ancora leggibili al di sopra dei sarcofagi. Le due donne potrebbero essere esponenti della famiglia dei d'Aquino vissute attorno al XII secolo. Nello stipite di sinistra del portale centrale si conserva un'iscrizione della fine del secolo XI che testimonia la costruzione di una nuova chiesa in sostituzione di quella più antica. All'interno della lunetta posta sul portale laterale destro si osserva quanto resta di un affresco del XVI secolo raffigurante una Madonna col Bambino affiancata da due santi. Il portico antistante la chiesa è databile a un rifacimento del XIX secolo, così come il rosone in facciata che ha sostituito le tre originarie finestre ogivali. Restauri e aggiunte alla struttura sembrano stati apportati tra il XII e il XIII secolo. L'interno della chiesa è suddiviso in tre navate: quella centrale, più ampia, è coperta da un tetto a capriate mentre quelle laterali sono caratterizzate da volte a crociera. Quello che oggi appare come uno spazio estremamente disadorno doveva essere, invece, riccamente decorato con un ciclo di affreschi, di cui restano piccoli lacerti sulle pareti. Arredi liturgici, realizzati in marmo con intarsi musivi, e un pavimento di tipo cosmatesco dovevano impreziosire ulteriormente gli spazi interni.
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