Sede didattico residenziale

V corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia

Il rapporto tra Intelligence e forze di Polizia nella strategia nazionale antiterrorismo. Il potenziamento degli strumenti info-operativi nella rete delle Prefetture

Consigliere : Dott. Guglielmo BOR RACCI Anno 2017

Abstract

L’analisi compiuta nel presente lavoro si incentra sul rapporto esistente tra Forze di polizia e Servizi di “intelligence” nell’attività di contrasto al fenomeno del terrorismo interno e internazionale. In questo rapporto, in cui le esigenze repressive si sposano con quelle preventive, la funzione di coordinamento assume una veste di prim’ordine nella prospettiva di un incremento dell’efficienza, allo scopo di eliminare inutili sovrapposizioni. In una logica di sistema, il coordinamento non può prescindere dalle strutture info-operative presenti sul territorio, che trovano, nella rete delle Prefetture, il loro snodo fondamentale.

INDICE

Premessa……………………………………………………………………….…pag.1

Capitolo I

LA STRATEGIA NAZIONALE ANTITERRORISMO

1. L’evoluzione della normativa italiana in materia di terrorismo: dal d.l. 18 ottobre 2001, n. 374 al d.l. 20 febbraio 2017, n. 14...... pag.2 2. I Servizi di Informazione e Sicurezza della Repubblica nell’attività di contrasto al terrorismo interno e internazionale………………..…...…..pag.8 3. Forze di polizia e Autorità giudiziaria nell’attività di contrasto al terrorismo interno e internazionale…...……………………....………..pag.11 Capitolo II IL COORDINAMENTO CENTRALE : “INTELLIGENCE” - FORZE DI POLIZIA 1. Il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica……..………pag.15 2. Il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS)………...... pag.18 3. Il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (C.A.S.A.)………..…...pag.21

Capitolo III IL COORDINAMENTO PERIFERICO : “INTELLIGENCE” - FORZE DI POLIZIA 1. Il ruolo delle Prefetture nella strategia nazionale antiterrorismo…...... pag.23 2. Il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica…………... pag.26 3. Gli altri strumenti di coordinamento info-operativo e il loro potenziamento in prospettiva “de lege ferenda”.…………………………....pag.28

Conclusioni ………………………………………………………………...…. pag.30 Bibliografia …………………………………………………………………… pag.32

Premessa

Gli attentati che hanno insanguinato l’Europa negli ultimi anni hanno mostrato un’evoluzione negli schemi e modalità di attacco. La pianificazione di un evento terroristico, nella misura in cui richiede organizzazione, mezzi e uomini, rende lo stesso per certi versi prevedibile ad un’attenta attività investigativa e di “intelligence”. Diverso è il caso in cui l’azione è posta in essere da individui isolati, i c.d. “lone wolf” o “foreign fighters”, spesso immigrati di seconda o terza generazione perfettamente integrati e con passaporto europeo, che si radicalizzano sul web e adoperano automobili o camion per disseminare morte e terrore. La metamorfosi del fenomeno ha imposto un’attenta riflessione a livello europeo e nazionale circa la necessità di adeguare gli attuali strumenti di contrasto al mutato corso degli eventi. In un contesto normativo caratterizzato dall’aspetto repressivo del fenomeno, si inserisce il d.l. 20 febbraio 2014 n. 17 c.d. “Minniti” che, nel disciplinare la materia della sicurezza in una prospettiva “integrata”, dà la stura alla nuova dottrina di prevenzione antiterrorismo del nostro Paese. Dottrina che si fonda sul concetto di “prevenzione collaborativa” e si attua attraverso il decentramento territoriale degli strumenti di sicurezza attiva e passiva. Ai Comuni, alle Città metropolitane, come del resto a Questure e Prefetture è devoluto il compito di modulare la prevenzione in forme capillari, sia in relazione ai fattori di rischio propri ai differenti contesti ambientali in cui insistono, sia attraverso il potenziamento di opportune forme di coordinamento. Questo mutato approccio mira a intensificare il controllo del territorio attraverso una piena collaborazione tra le Forze di polizia e le Autorità preposte alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, che operano a livello locale, provinciale e statale, in ossequio al principio di sussidiarietà verticale di cui all’art. 118 Cost.

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Capitolo I

LA STRATEGIA NAZIONALE ANTITERRORISMO

1. L’evoluzione della normativa italiana in materia di terrorismo: dal d.l. 18 ottobre 2001, n. 374 al d.l. 20 febbraio 2017, n. 14.

La normativa italiana in materia di terrorismo si è sviluppata a partire dagli anni 70-80 a causa dell’imperversare della violenza di stampo politico eversivo, che ha minato le fondamenta dello Stato democratico e ha tentato di sovvertire l’assetto costituzionale. Pertanto, sul piano delle attività di contrasto, l’approccio che ne è derivato è stato essenzialmente di tipo repressivo, attraverso l’emanazione di leggi speciali che da un lato hanno inasprito il trattamento sanzionatorio per i delitti di terrorismo e di eversione; dall’altro hanno ampliato i poteri di forze di polizia e magistratura con una compressione inevitabile delle garanzie costituzionali.1 E’ con questo bagaglio culturale e giuridico che l’Italia si è apprestata ad affrontare la nuova piaga del terrorismo internazionale. Gli attacchi dell’11 settembre 2001 hanno segnato la cesura con il passato e cioè con una forma di violenza localizzata, espressione di un disagio interno all’assetto statuale del Paese, a favore, invece, di una violenza avente una dimensione de-territorializzata di matrice jihadista.2 In questo mutato scenario viene alla luce il d.l. 18 ottobre 2001, n. 374 convertito nella l. 15 dicembre 2001, n. 438, che introduce la fattispecie penale di cui

1 Cfr. l. 22 maggio 1975, n. 152 “ Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico” c.d. “Reale” che impone poteri speciali alle forze di polizia per la tutela dell’ordine pubblico e inasprisce la legge penale contro i reati di terrorismo e il d.l. 15 dicembre 1979 n. 625 convertito con modificazioni nella l. 6 febbraio 1980, n. 15 concernente “Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica” (Cossiga) 2 V. DAMBRUOSO, Prevenzione e repressione. La via italiana nel contrasto alla radicalizzazione jihadista , in, GNOSIS, 2017, fasc. 1, pp. 73 ss.

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all’art. 270-bis c.p.3 al fine di dotare l’ordinamento di un adeguato strumento di contrasto ai fenomeni criminali ascrivibili al terrorismo internazionale. L’escalation terroristica, purtroppo, non si è arrestata con gli attacchi alle Torri gemelle, ma è deflagrata in Europa con gli attentati di Madrid e Londra. Un nuovo intervento del legislatore non si è fatto attendere e con il d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito nella legge 31 luglio 2005 n. 155 sono stati rafforzati i poteri di indagine degli organi dello Stato e sono state introdotte le fattispecie di cui agli artt. 270- quater e quinquies c.p. ,4 che puniscono rispettivamente le attività di

3 L’art. 270-bis c.p. rubricato “Associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico” espressamente recita:“Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego”. 4 Per agevolare la consultazione, si riporta il testo integrale degli articoli. Art. 270- quater c.p. “Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale” Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da sette a quindici anni.Fuori dei casi di cui l'articolo 270 bis, e salvo il caso di addestramento, la persona arruolata è punita con la pena della reclusione da cinque a otto anni. Art. 270- quinquies c.p. “Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale” Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis , addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata, nonché della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all'articolo 270- sexies. Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto di chi addestra o istruisce è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. Art. 270-sexies c.p. “Condotte con finalità di terrorismo” Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di

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arruolamento e addestramento con finalità di terrorismo e l’art. 270- sexies c.p. che definisce, invece, le condotte aventi finalità di terrorismo. Anche questo intervento normativo reca in sé l’impostazione repressiva che contraddistingue, da sempre, la risposta immediata dello Stato a fenomeni di così elevato allarme sociale. Il potenziamento degli strumenti a disposizione di polizia e magistratura rappresenta sicuramente un aspetto essenziale nella lotta al terrorismo, tuttavia esso perde efficacia nel tempo se non viene affiancato da tutta una serie di misure che guardano alla sfera preventiva. Il radicalismo islamico mostra una capacità di adattamento al contesto sociale che si traduce nell’evoluzione sia delle modalità di reclutamento che di attacco. L’utilizzo di internet e del web per fini propagandistici e di addestramento rende sempre più difficile l’individuazione della minaccia, che non pare più ascrivibile soltanto a gruppi organizzati e ben armati, bensì ad individui solitari c.d. “lone wolf” o “foreign fighters”. I tragici eventi che hanno funestato la Francia nel gennaio 2015 sono espressione di questa metamorfosi, determinando un nuovo intervento del legislatore che si è tradotto nel d.l. 18 febbraio 2015, n. 7 convertito nella l. 17 aprile 2015, n. 43 tramite il quale si è data la stura ad un complesso di norme improntate al contrasto del terrorismo internazionale in chiave preventiva. La novella estende la portata delle disposizioni di cui agli artt. 270-quater e 270-quinquies c.p. a coloro i quali si arruolano e/o si addestrano per compiere atti con finalità terroristica; nonché a chiunque organizzi, finanzi o propagandi viaggi all’estero per le medesime finalità (art. 270-quater.1)5. Inoltre, interviene in tema di misure di prevenzione personali ex art. 4 comma 1, lett. d) d.lgs. 159/2011, estendendo a coloro che, in gruppo o isolatamente,

un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia. 5 Cfr. Art. 270-quater. 1 c.p. “Organizzazione di trasferimento per finalità di terrorismo” Fuori dai casi di cui agli articoli 270 bis e 270 quater, chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi in territorio estero finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270 sexies, è punito con la reclusione da cinque a otto anni;

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pongono in essere atti preparatori diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato per finalità di terrorismo anche internazionale, la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, eventualmente accompagnata dal divieto ovvero dall’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale6. Agli stessi soggetti si applicano, in forza del rinvio operato dall’art. 16 comma 1, lett. a) d.lgs. 159/2011, le misure di prevenzione patrimoniali. Nell’ottica preventiva, invece, il decreto introduce misure per il contrasto delle attività di proselitismo sul web, accentrando nel servizio centrale della polizia postale, l’attività di monitoraggio dei siti internet che inneggiano alla jihad, anche attraverso la costituzione e l’aggiornamento di una “black list”7. Inoltre, sono previsti specifici obblighi in capo agli internet provider, tra cui quello di oscurare e rimuovere i contenuti riconducibili a fatti di terrorismo. Si interviene anche sul piano premiale, rilasciando permessi di soggiorno a fini investigativi a coloro che collaborano con le Forze di polizia nell’ambito di indagini relative a delitti commessi per finalità di terrorismo; consentendo, altresì, agli appartenenti ai Servizi di Informazione e Sicurezza di svolgere colloqui investigativi in carcere, al fine di prevenire i medesimi delitti. Un altro importante intervento legislativo, per certi versi speculare a quello del 2015, è rappresentato dalla l. 28 luglio 2016 n. 153, che, nel ratificare importanti trattati internazionali in materia8, ha introdotto all’interno del codice penale le fattispecie di cui agli artt. 270- quinquies.1 c.p. , 270- quinquies. 2 c.p.9, che in via

6 Cfr. art. 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136” 7 Sul punto v. DI AGOSTA, PACIULLO, Le misure antiterrorismo: profili di competenza del Ministero dell’Interno, in, AA.VV, Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno, a cura di Maria Teresa Sempreviva, Dike, 2017, pp. 220 ss. DAMBRUOSO,Prevenzione e repressione, in, op.cit. , pp.75 ss. 8 Legge di ratifica della “Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo e del relativo Protocollo addizionale”; la “Convenzione internazionale per gli atti di terrorismo nucleare”, nonché la “Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio e sul finanziamento del terrorismo”. 9 art. 270-quinquies. 1 c.p. “ Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo” Chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater.1, raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per il compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies è punito con la

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sussidiaria colpiscono chiunque metta a disposizione beni o danaro per finanziare attività terroristiche di soggetti che, radicalizzatisi autonomamente o addestratisi all’estero in territorio di guerra, colpiscono mediante l’utilizzo anche di mezzi convenzionali. Questa evoluzione, divenuta tristemente nota in seguito ai tragici eventi che hanno colpito Nizza e Berlino, ha determinato un ripensamento delle strategie antiterrorismo realizzate fino ad oggi. La metamorfosi della minaccia, tale per cui alla base non vi è sempre un’organizzazione che pianifica e supporta sul piano logistico l’attacco – rispetto ad individui che si confondono nella società e che decidono di attivarsi in maniera del tutto imprevedibile con l’impiego di mezzi d’uso comune- richiede una conoscenza capillare del contesto territoriale, ottenibile soltanto attraverso il potenziamento delle strutture periferiche preposte alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica. E’questa la sfida di cui si fa carico il d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 convertito nella l. 18 aprile 2017, n. 48 c.d. “ Minniti” nella misura in cui attua una rivoluzione copernicana nell’ambito del contrasto al terrorismo. Il provvedimento normativo si fa portatore di un concetto di sicurezza basato sull’integrazione delle attività tra le diverse Forze di polizia e le Autorità di pubblica sicurezza che operano a livello locale, nell’ambito di una “prevenzione collaborativa” a scopo preventivo10.

reclusione da sette a quindici anni, indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte. Chiunque deposita o custodisce i beni o il denaro indicati al primo comma è punito con la reclusione da cinque a dieci anni; art. 270- quinquies. 2 c.p. “Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro” Chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro, sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270- sexies, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000. 10 Per vero, un primo esempio di integrazione delle politiche di sicurezza si rinviene nella l. 3 luglio 2002, n. 29 della Regione Umbria rubricata “ Politiche per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini”, che all’art.2 definisce la tipologia degli interventi volti a migliorare la sicurezza delle comunità locali riguardanti in particolare: a) la riqualificazione e la rivitalizzazione urbanistica di parti del territorio con interventi finalizzati alla dissuasione delle manifestazioni di microcriminalità diffusa; b) il rafforzamento della prevenzione sociale nei confronti delle aree e dei soggetti a rischio, con particolare attenzione al controllo dei processi che favoriscono l’esposizione ad attività criminose; c) il rafforzamento della vigilanza e della presenza sul territorio degli operatori addetti alla prevenzione sociale e alla sicurezza, al fine di assicurare l’intervento tempestivo dei servizi di

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Il decreto consta di un Capo dedicato alla “Collaborazione interistituzionale per la promozione della sicurezza integrata e urbana”, che a sua volta si divide in due sezioni; e un Capo che introduce “Disposizioni a tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano”. Limitando l’analisi alle disposizioni che afferiscono al concetto di “sicurezza integrata”, che più da vicino sembrano ricondurre alla nuova strategia antiterrorismo, l’art. 1 mira a potenziare le strutture informative sul territorio, attraverso la collaborazione istituzionale tra Stato, Regioni ed Enti locali in materia di politiche pubbliche per la sicurezza, in attuazione dell’art. 118 comma 3, Cost. E’ previsto il rafforzamento della collaborazione tra Forze di polizia statali e locali, a seguito di accordi sanciti in sede di Conferenza unificata e volti a promuovere: lo scambio informativo; l’interconnessione delle sale operative; l’aggiornamento professionale integrato per gli operatori della polizia municipale11. Gli interventi sono volti a favorire la conclusione di specifici accordi nell’ottica di un decentramento degli strumenti di sicurezza, così da riconoscere alle autorità locali maggiori poteri e responsabilità nella vigilanza delle aree più esposte a minaccia, per la presenza di potenziali obiettivi. competenza dell’ente locale; d) il potenziamento della polizia locale, anche mediante l’acquisizione e la modernizzazione delle dotazioni tecniche e strumentali, il miglioramento dell’efficienza delle sale operative e il loro collegamento con le sale operative delle forze di polizia e con altri organismi preposti alla tutela dei cittadini[...]; 11Cfr. art. 2, 20 febbraio 2017, n. 14 conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48, “Linee generali per la promozione della sicurezza integrata”Ferme restando le competenze esclusive dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, le linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata sono adottate, su proposta del Ministro dell'interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Unificata e sono rivolte, prioritariamente, a coordinare,per lo svolgimento di attivita' di interesse comune, l'esercizio delle competenze dei soggetti istituzionali coinvolti, anche con riferimento alla collaborazione tra le forze di polizia e la polizia locale, nei seguenti settori d'intervento:a) scambio informativo, per gli aspetti di interesse nell'ambito delle rispettive attribuzioni istituzionali, tra la polizia locale e le forze di polizia presenti sul territorio; b) interconnessione, a livello territoriale, delle sale operative della polizia locale con le sale operative delle forze di polizia e regolamentazione dell'utilizzo in comune di sistemi di sicurezza tecnologica finalizzati al controllo delle aree e delle attivita' soggette a rischio;c) aggiornamento professionale integrato per gli operatori della polizia locale e delle forze di polizia.1-bis. Le linee generali di cui al comma 1 tengono conto della necessita' di migliorare la qualita' della vita e del territorio e di favorire l'inclusione sociale e la riqualificazione socio-culturale delle aree interessate.

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2. I Servizi di Informazione e Sicurezza nell’attività di contrasto al terrorismo interno e internazionale.

Il terrorismo, sia nella matrice politico-eversiva interna che internazionale, attenta da un lato alla stabilità e integrità delle istituzioni democratiche del Paese, dall’altro alla vita e all’incolumità individuale delle persone, mettendo in relazione beni giuridici diversi. Questa duplicità di aspetti, lungi dal rappresentare una speculazione di carattere meramente teorico, pone sia un problema di “sicurezza nazionale” che di “ordine e sicurezza pubblica”, alla cui tutela sono preposti apparati diversi12. Le attività di contrasto, pertanto, dovranno essere portate avanti sul fronte della prevenzione e della repressione, vedendo impegnati da un lato i Servizi di “intelligence”, dall’altro le Forze di polizia e la Magistratura. Rinviando al successivo paragrafo la disamina delle attività delle Forze di polizia e della Magistratura, in questa sede si esaminerà il ruolo dei Servizi di Informazione e Sicurezza in chiave antiterrorismo. Oggigiorno, l’ordinamento dei Servizi di Informazione e Sicurezza della Repubblica è disciplinato dalla l. 3 agosto 2007, n. 124, che ha profondamente innovato il sistema previgente contenuto nella l. 24 ottobre 1977, n. 801, al fine di dotare il Paese di un apparato informativo efficiente e in linea con il mutato contesto, nel quale emergono interessi politici, economici, scientifici e industriali da tutelare. La nuova legge istituisce l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI) e l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) a cui affida il compito di proteggere questi interessi in relazione alla provenienza della minaccia, se interna o esterna al Paese13.

12 Per un’analisi approfondita del tema v. C.cost. 6 aprile 1976, n. 82 e 24 maggio 1977, n. 86, in, MOSCA, Garanzie funzionali, Rapporti con gli altri soggetti e Regime dei controlli ,in, AA.VV., I Servizi di Informazione e il Segreto di Stato, Giuffrè, 2008, pp. 224 ss. 13 Cfr. l. 3 agosto 2017, n. 124, artt. 6 e 7; VALENTINI, L’ordinamento del sistema amministrativo ed operativo dell’informazione per la Sicurezza, in, AA.VV., I Servizi di Informazione, cit., pp. 126 ss.

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La previsione di due autonome Agenzie non esclude, tuttavia, la loro collaborazione nell’ambito di operazioni congiunte che si svolgono sotto il controllo e l’alta direzione del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS). Nell’ambito del contrasto al terrorismo internazionale, a causa delle peculiarità del fenomeno in esame, è evidente come sia necessaria una collaborazione delle due Agenzie volta a contrastare una minaccia che reca in sé sia aspetti esterni rappresentati dai c.d.“foreign fighters” che interni “lone wolf”, immigrati di seconda o terza generazione aventi nazionalità italiana o europea già presenti sul territorio nazionale. Pertanto, l’attività informativa degli apparati di sicurezza diviene fondamentale, ma necessita di norme che ne agevolino lo svolgimento. A tal riguardo devesi menzionare il d.l. 18 febbraio 2015, n. 7 convertito con modificazioni nella l. 17 aprile 2015, n.43 il quale nell’ottica di affinare il dispositivo di prevenzione e contrasto al terrorismo di matrice internazionale, ha varato un pacchetto di disposizioni a supporto dell’attività degli organismi di “intelligence”. Tra queste si menzionano: l’ampliamento del ricorso alle garanzie funzionali per una serie di condotte ulteriori rispetto a quelle già previste come reato14; la possibilità di richiedere al Questore il rilascio del permesso di soggiorno al fine di implementare la penetrazione informativa nell’attività di contrasto alla criminalità transnazionale oltre che l’infiltrazione terroristica nei flussi migratori; la trasmissione al Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo - da parte dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia - dei risultati delle analisi e degli studi effettuati sulle operazioni sospette riconducibili ad attività di finanziamento al terrorismo; la possibilità in via transitoria per gli appartenenti ai Servizi di informazione di condurre colloqui con detenuti a fini informativi15; l’estensione da cinque a dieci giorni del termine per il deposito del verbale delle intercettazioni

14 Tra i delitti scriminati rientrano l’assistenza agli associati di cui all’art. 418 c.p.; l’arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale di cui all’art. 270- quater c.p.; l’addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale di cui all’art. 270- quinquies c.p.; l’istigazione e l’apologia con finalità di terrorismo di cui all’art. 414 c.p.; la partecipazione ad associazioni sovversive di cui all’art. 270 c.p. e infine la banda armata di cui all’art. 306 c.p. 15 La possibilità per gli appartenenti ai Servizi di Informazione e Sicurezza di svolgere colloqui in carcere con detenuti a fini informativi e di prevenzione, inizialmente prevista fino al 31.01.2016 è stata prorogata al 31.01.2018.

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preventive di comunicazioni; la previsione di idonei strumenti di tutela dell’identità degli appartenenti agli organismi nel caso in cui debbano deporre in giudizio16. Un altro importante strumento di contrasto al terrorismo internazionale è quello contenuto nell’art. 7-bis d.l. 30 ottobre 2015, che autorizza il Presidente del Consiglio dei Ministri, acquisito il parere del COPASIR, ad adottare misure che consentano all’AISI e all’AISE di effettuare operazioni all’estero rilevanti per la sicurezza nazionale, adoperando le forze speciali della Difesa e i relativi assetti di supporto17. Le novità normative introdotte hanno il pregio di potenziare considerevolmente l’attività dei Servizi di “intelligence” in chiave antiterrorismo. E’ tuttavia necessario continuare a lavorare su questa strada, incrementando l’attività informativa di carattere non convenzionale, al fine di intercettare per tempo tutte quelle concrete ed effettive minacce per il Paese.

16 Cfr. SISTEMA DI INFORMAZIONE PER LA SICUREZZA DELLA REPUBBLICA – DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA, Relazione sulla politica dell’Informazione per la Sicurezza, 2015, pp. 12 ss. 17 Cfr. art. 7-bis d.l. 30 ottobre 2015, n. 174 convertito con modificazioni nella l. 11 dicembre 2015, n. 198.

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3. Forze di polizia e Autorità giudiziaria nell’attività di contrasto al terrorismo interno e internazionale.

L’attività di contrasto al terrorismo interno ed internazionale, come è stato anticipato, pone un problema non solo di sicurezza nazionale bensì di ordine e sicurezza pubblica. Se il primo attiene alla tutela ed alla protezione delle Istituzioni e degli interessi politici, economici, scientifici e industriali del Paese in una dimensione info- operativa generalmente rimessa ai Servizi di Informazione e Sicurezza18; il secondo incide sul complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza dei consociati, assieme a tutte le condotte e azioni che lo Stato deve assicurare per garantirne la protezione19. Nel momento in cui si attiva questo dispositivo di carattere repressivo- sanzionatorio, la tutela dei beni diventa appannaggio delle Forze di polizia e della Magistratura ed è finalizzato ad assicurare alla giustizia il responsabile della lesione. Pertanto, la risposta dello Stato al fenomeno del terrorismo si traduce da un lato nel potenziamento degli strumenti normativi, prevedendo numerose fattispecie di reato che anticipano la soglia di tutela agli atti prodromici alla commissione degli stessi, dall’altro attraverso il rafforzamento degli apparati investigativi. L’organizzazione del sistema antiterrorismo, nell’ambito delle strutture che interessano il Ministero dell’Interno e quindi la Polizia di Stato che di esso è divenuta parte con la l. 121/81, è incardinata nel Dipartimento di Pubblica Sicurezza ed in particolare nel Servizio Antiterrorismo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione. La Direzione (acronimo DCPP) è un Ufficio della Polizia di Stato che a partire dal 1991 ha sostituito l’Ufficio Centrale per le Investigazioni Generali e le Operazioni Speciali (UCIGOS), la c.d. “polizia politica”. Essa coordina al vertice

18 Cfr. Artt. 6 e 7 della l. 3 agosto 2007 , n. 124 19 V. art. 159 comma 2 d.lgs. 112/98, in, ROMEO, La definizione dei concetti di ordine e sicurezza pubblica, in, AA.VV., Ordinamento e attività istituzionali, cit., pp. 89 ss.

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l’attività investigativa in materia di terrorismo interno e internazionale svolta dalle DIGOS - uffici periferici presenti in ogni Questura- che altro non sono che delle strutture operative a livello locale. Al fine di ottimizzare l’attività della DCPP in relazione all’incedere del fenomeno in esame, con decreto ministeriale 19 aprile 2017 il Servizio centrale antiterrorismo è stato scorporato in due Servizi, uno con competenze specialistiche in materia di contrasto al fenomeno eversivo interno e l’altro rivolto al contrasto del terrorismo di matrice internazionale20. E’ evidente come le attività investigative poste in essere dalle Forze di polizia si leghino a doppio filo con le funzioni e i compiti svolti dalla Magistratura inquirente, nel momento in cui si configurano le fattispecie di reato. Si è anticipato che la legislazione in materia di terrorismo, susseguitasi a partire dai tragici eventi del settembre 2001, ha sempre mirato, in primis, a rafforzare l’aspetto repressivo- sanzionatorio, anticipando la soglia di tutela, così da consentire alla Magistratura di intervenire in un momento anteriore alla commissione degli illeciti. Questa scelta legislativa rivelatasi vincente, non è stata accompagnata, tuttavia, da un potenziamento effettivo delle strutture e dei mezzi tale da assicurare un efficace coordinamento giudiziario nelle indagini. Infatti, la competenza per i delitti consumati o tentati in materia di terrorismo restava appannaggio delle Procure distrettuali, analogamente a quanto previsto in materia di criminalità organizzata, ai sensi dell’art. 51 comma 3- quater c.p.p.21, ma senza quel necessario coordinamento a livello nazionale. La collaborazione tra uffici giudiziari era, pertanto, rimessa alla spontaneità e sensibilità dei Magistrati, sotto la direzione dei rispettivi Procuratori della Repubblica. L’intervento legislativo contenuto nel d.l. 27 luglio 2005, n. 144 convertito con modificazioni nella l. 31 luglio 2005, n. 155 ha inciso sull’assetto ordinamentale interno alle Procure distrettuali, rafforzando i poteri di coordinamento dei Procuratori

20 Cfr. d.l. 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni nella l. 30 ottobre 2013, n. 125, in CAPPIELLO, PINTUS, La struttura organizzativa preposta al sistema della sicurezza:organi e competenze, in, AA.VV., Ordinamento e attività istituzionali, cit., p. 152. 21 Cfr. art. 10-bis della legge di conversione al d.l. 374/2001

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generali presso le Corti d’Appello, allo scopo di evitare la frammentazione e la dispersione delle indagini in materia di terrorismo. E’ stata attuata quella distrettualizzazione c.d. “debole”, attraverso un rafforzamento delle strutture inquirenti periferiche, senza realizzare però quel necessario disegno unitario. Le ragioni di una tale scelta erano da individuare, forse, nell’incertezza di poter conciliare la struttura di coordinamento centrale del Dipartimento di Pubblica sicurezza e delle altre Forze di polizia in materia di terrorismo con una analoga struttura appartenente all’ordine giudiziario. La novella del 2015 contenuta nel d.l. 18 febbraio, n. 7 convertito nella l. 17 aprile 2015, n. 43 cerca di sopperire a questa lacuna, affidando il coordinamento nazionale delle indagini al Procuratore Nazionale Antimafia22. Egli, ora, può disporre dei servizi centrali e interprovinciali delle Forze di polizia e impartire direttive a fini investigativi23. Inoltre, è previsto lo scambio informativo tra le direzioni distrettuali e la direzione nazionale, attraverso l’interconnessione delle banche dati e dei sistemi SIDDA/SIDNA, così da avere un quadro generale di tutti i procedimenti per delitti di terrorismo a livello nazionale. Ancora, è ammessa la facoltà di applicare i magistrati della direzione nazionale a quelle distrettuali, per la trattazione dei procedimenti di particolare complessità che richiedono specifiche competenze. L’intervento in esame, pur non realizzando una distrettualizzazione c.d. “forte” delle funzioni e compiti delle DDA in materia di terrorismo, a causa della non completa estensione della disciplina prevista in materia di criminalità organizzata e relativa: - all’accesso; al limite temporale di permanenza nell’ufficio; all’obbligo di assicurare completezza e tempestività dell’informazione nonché all’esecuzione delle

22 Per effetto della legge in esame, ora si fa riferimento alla la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. 23 N.d.A. Rimane il dubbio se il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo possa avvalersi della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) per lo svolgimento delle attività d’indagine in materia di terrorismo. Il dubbio persiste a causa del silenzio della legge in ordine all’ampliamento delle competenze della struttura interforze in materia di terrorismo.

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direttive24-, realizza comunque una forma di centralizzazione nel coordinamento delle indagini antiterrorismo in capo ad un unico Ufficio.

24 Sul punto v. ROBERTI, GIANNINI, Manuale dell’Antiterrorismo. Evoluzione Normativa e Nuovi Strumenti Investigativi, Laurus Robuffo, 2016, pp.102 ss.

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Capitolo II

IL COORDINAMENTO CENTRALE: “INTELLIGENCE”- FORZE DI POLIZIA

1. Il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica.

Il coordinamento delle Forze di polizia, nell’ambito dell’attività di contrasto al terrorismo interno ed internazionale e delle conseguenti implicazioni nella sfera dell’ordine e sicurezza pubblica, non può prescindere da una valutazione compiuta in seno al Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Come è noto, la legge 1 aprile 1981, n. 121, di riforma dell’Ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, ha individuato nella figura del Ministro dell’Interno l’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza, rimettendo a costui le funzioni di alta direzione e coordinamento in questa materia. Allo scopo di assolvere compiutamente a questa funzione dal contenuto estremamente tecnico, l’art. 18 della l. 121/8125 ha istituito un apposito organo ausiliario e di consulenza del Ministro. Pertanto, nell’ottica di un riordino della disciplina, si è voluto dare attuazione al principio del coordinamento nel rispetto dell’autonomia funzionale ed organizzativa di ciascun Corpo di polizia. All’interno del Comitato non si realizzano modificazioni sul piano soggettivo ( trasferimenti di competenza, deleghe di funzioni, sostituzioni o avocazioni), ma le attribuzioni dei singoli soggetti sono rispettate al fine di individuare una direttiva unitaria idonea a perseguire i medesimi obiettivi. Sul piano organizzativo, il Comitato si compone del Ministro dell’Interno che lo presiede; del Sottosegretario di Stato per l’interno con funzioni di Vicepresidente; del Capo della Polizia- Direttore Generale di Pubblica Sicurezza; del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri; del Comandante Generale del Corpo della

25 Cfr. CAPPIELLO, PINTUS, La struttura organizzativa preposta al sistema della sicurezza:organi e competenze, in, AA.VV., Ordinamento e attività istituzionali, cit., pp. 139 ss.; CARINGELLA, INANNUZZI, LEVITA, Manuale di diritto di Pubblica Sicurezza, Dike, 2013, p. 744.

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Guardia di Finanza nonché del Direttore Generale dell’Amministrazione penitenziaria e del Dirigente Capo del Corpo forestale dello Stato26. La legge ammette la partecipazione, a seconda della sensibilità delle problematiche trattate, di organi eventuali, tra cui i Dirigenti Generali del Ministero dell’Interno; l’Ispettore Generale del Corpo della Capitaneria di Porto; i rappresentanti di altre Amministrazioni dello Stato e delle Forze armate, nonché i componenti dell’Ordine giudiziario. E’ evidente come in relazione alla materia del terrorismo, in questa sede bene potranno prendere parte il vertice della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo come anche i responsabili delle Agenzie di Intelligence, al fine di adottare direttive comuni e condivise. Il Comitato, in qualità di organo amministrativo collegiale e di consulenza del Ministro, può essere investito di ogni questione attinente l’ordine e la sicurezza pubblica oltre che riguardo l’organizzazione delle Forze di polizia. A tal proposito, è chiamato ad esprimere un parere obbligatorio se pur non vincolante nelle ipotesi di cui all’art. 19 comma 2 , l. 121/8127. Il provvedimento del Ministro emanato in qualità di Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza è un atto di alta amministrazione per tale altamente discrezionale, il cui contenuto è frutto del supporto tecnico qualificato espresso in seno al Comitato stesso. L’attuazione della direttiva ministeriale risulta essere appannaggio del Capo

26 Con riferimento al Corpo Forestale dello Stato, devesi precisare che il d.lgs. 19 agosto 2016, n. 177 recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo Forestale dello Stato” ha disposto l’assorbimento dello stesso all’interno dell’Arma dei Carabinieri. 27 Per agevolare la consultazione, si riporta il testo integrale dell’art. 19, l. 121/81 Art.19 “Attribuzioni del Comitato nazionale” Il Comitato esamina ogni questione di carattere generale relativa alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e all'ordinamento ed organizzazione delle forze di polizia ad esso sottoposta dal Ministro dell'interno. Il Comitato deve esprimersi: a) sugli schemi dei provvedimenti di carattere generale concernenti le forze di polizia; b) sui piani per l'attribuzione delle competenze funzionali e territoriali alle forze di polizia; c) sulla pianificazione finanziaria relativa alle forze di polizia; d) sulla pianificazione dei servizi logistici e amministrativi di carattere comune alle forze di polizia; e) sulla pianificazione della dislocazione e del coordinamento delle forze di polizia e dei loro servizi tecnici; f) sulle linee generali per l'istruzione, l'addestramento, la formazione e la specializzazione del personale delle forze di polizia.

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della Polizia, in qualità di Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza con mansioni tecnico-operative. Da questa breve disamina circa le funzioni del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica emerge come questo consesso rappresenti un modulo organizzativo e di coordinamento flessibile ed adattabile anche alle attività di contrasto al terrorismo, nella misura in cui queste inevitabilmente incidano sulla materia dell’ordine pubblico.

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2. Il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS).

Le attività dei Servizi di Informazione e Sicurezza, al pari di quelle svolte dalle Forze di polizia in materia di “ordine e sicurezza pubblica”, necessitano di un adeguato coordinamento. Come è stato accennato, la l. 3 agosto 2007, n. 124 ha innovato l’intero sistema ridefinendo la struttura interna ai Servizi di “intelligence”, che ora si caratterizza per la presenza di due Agenzie aventi le medesime funzioni ed i medesimi compiti, ma che si differenziano per la proiezione interna o esterna dell’attività. Uno dei pregi della riforma è stato quello di aver superato definitivamente quella antinomia, che vedeva nel Presidente del Consiglio dei Ministri l’Autorità per la Sicurezza Nazionale e nelle figure del Ministro dell’Interno e della Difesa, i responsabili dei due Servizi, rispettivamente il SISDe e il SISMi, incardinati nei rispettivi dicasteri. Un altro problema era rappresentato dal fatto che, con la riforma dell’Ordinamento della Pubblica Sicurezza28, nel Ministro dell’Interno è stata individuata l’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza, sicché era inevitabile una commistione e sovrapposizione di funzioni in materia di “ordine e sicurezza pubblica” da un lato e “sicurezza nazionale” dall’altro. Questa discrasia era alimentata proprio dal fatto che uno dei due Servizi dipendeva dal Ministero dell’Interno. Per queste ragioni, già nel vigore della vecchia l. 801/77 erano stringenti le esigenze di coordinamento delle attività dei Servizi con quelle delle Forze di polizia e pertanto il Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione e Sicurezza (CESIS), era deputato a tale funzione. Il Comitato era composto dal Capo di Stato Maggiore della Difesa; dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri; dal Segretario

28 Cfr. l’art. 1 della l. 1 aprile 1981, n. 121 “Ordinamento della Pubblica Sicurezza” nella parte in cui prevede che : “Il Ministro dell'interno è responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ed è autorità nazionale di pubblica sicurezza. Ha l'alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e coordina in materia i compiti e le attività delle forze di polizia(...)”.

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generale del Ministero degli affari esteri; dal Capo della Polizia; dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri; dal Comandante Generale della Guardia di Finanza; dal Direttore del SISMi e dal direttore del SISDe29. Esso costituiva un organo di elevato profilo tecnico, ma che, in forza della struttura interna agli organismi informativi, si risolveva ad essere un Ufficio deputato a sbrigare attività amministrativa e burocratica piuttosto che di analisi e valutazione. Ciononostante, il CESIS recava in sé l’idea di fondo di avere un organo centrale di raccordo tra l’Autorità per la sicurezza nazionale e i due rami operativi e nel quale accentrare: l’analisi degli elementi; elaborare le situazioni; curare i rapporti con i servizi stranieri e deliberare in materia di risorse e personale. Questa impostazione viene conservata nell’ambito della riforma del ’07, che ora individua nel Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) la struttura preposta al collegamento funzionale delle due Agenzie all’interno di una veste unitaria, che vede l’intero sistema per la sicurezza inquadrato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri. In particolare, l’art. 4 comma 2, della l. 3 agosto 2007, n. 124 colloca il DIS nell’ambito di un’unica cornice assieme all’Autorità delegata e alla Presidenza del Consiglio nella pianificazione e programmazione della ricerca informativa nonché nell’analisi e valutazione delle attività operative. Allo stesso tempo, il comma 3 individua in maniera dettagliata funzioni e compiti del Dipartimento, che possono riassumersi: nel coordinamento dell’attività delle due Agenzie; nella raccolta informativa e nell’analisi comparata dei rapporti provenienti dalle altre amministrazioni dello Stato; nella promozione dello scambio informativo tra le Agenzie e le Forze di polizia; nella funzione di controllo e nella verifica di conformità alle disposizioni di legge dell’operato dei Servizi30. E’ evidente come l’istituzione di un organo di raccordo tra le strutture operative e le Autorità politiche, con poteri e compiti ben definiti e incardinato nella

29 Per una dettagliata disamina cfr. VALENTINI, L’ordinamento del sistema amministrativo ed operativo dell’informazione per la Sicurezza,in, op.cit., p. 95 ss 30 Per l’individuazione di tutte le funzioni e compiti del DIS si rinvia alla consultazione dell’art. 4, l. 3 agosto 2007, n. 124.

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Presidenza del Consiglio dei Ministri, abbia superato le debolezze strutturali che affliggevano il CESIS e che si ripercuotevano nella scarsa capacità di coordinamento. Il DIS rappresenta, ora, quel consesso istituzionale all’interno del quale far confluire le informazioni provenienti dagli altri apparati dello Stato, prima di trasmetterle al vertice politico da un lato e alle agenzie operative dall’altro31. Il tutto senza tralasciare lo scambio informativo con le Forze armate e di polizia, che mai come in questo momento storico assume un ruolo essenziale in settori di attività come quello della lotta al terrorismo.

31 cfr. VALENTINI, L’ordinamento del sistema amministrativo ed operativo dell’informazione per la Sicurezza, in, op. cit., pp. 102 ss.

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3. Il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (C.A.S.A.)

Un ulteriore strumento innovativo per il coordinamento delle attività di contrasto al fenomeno del terrorismo interno e internazionale è costituito dal Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo il c.d. “C.A.S.A”. Esempio unico in Europa a tal punto da rappresentare un modello, costituisce un consesso tecnico permanente istituito presso il Ministero dell’Interno- Dipartimento di Pubblica Sicurezza- Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione preposto al coordinamento e scambio informativo tra gli apparati di intelligence e le Forze di polizia. Si è detto come la lotta al fenomeno in esame non possa prescindere dall’attività informativa appannaggio dei Servizi di sicurezza, i quali, pur operando nell’ambito della prevenzione, lavorano su di un piano diverso rispetto alle Forze di polizia; sicché una proficua collaborazione tra i diversi apparati, sorretta da un costante scambio informativo, oltre che opportuna si rende doverosa. Costituito in via ufficiosa a seguito dei tragici eventi verificatisi in Iraq nel 2003 ai danni del contingente italiano a Nassirya, viene istituzionalizzato con il D.M. 6 maggio 2004 in attuazione dell’art. 6 d.l. n. 83/200232. Esso ha una composizione interforze, è presieduto dal Direttore Centrale della Polizia di Prevenzione e vi fanno parte i dirigenti della Polizia di Stato; gli ufficiali responsabili dei reparti antiterrorismo dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza; gli esponenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento delle Informazione per la Sicurezza DIS; i responsabili delle due Agenzie di intelligence (AISI) e (AISE) e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP)33. Il ruolo cardine svolto dal C.A.S.A., che allo stesso tempo ne fa la punta di diamante nella lotta al terrorismo, è rappresentato dalla condivisione delle

32N.d.A La disposizione detta misure attuative per il funzionamento dell’Unità di Crisi del Ministero dell’Interno preposta alla gestione degli eventi coinvolgenti la sicurezza nazionale e all’attivazione delle conseguenti misure di emergenza. 33 Cfr. DI AGOSTA, PACIULLO, Le misure antiterrorismo: profili di competenza del Ministero dell’Interno, in, op.cit., pp. 222 ss.

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informazioni tra apparati diversi, allo scopo di individuare tempestivamente la minaccia e neutralizzarla prima che questa possa concretizzarsi. Il modulo coordinamentale rappresentato dal C.A.S.A. è sicuramente un esempio virtuoso di collaborazione tra Servizi di informazione e Forze di polizia, che bene si inserisce nell’ambito della nuova strategia di prevenzione e contrasto34 nel settore dell’antiterrorismo. Questo strumento che ha dimostrato tutta la sua validità ed efficienza potrebbe essere potenziato attraverso un riconoscimento normativo espresso che rafforzi il collegamento diretto con i consessi locali preposti alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica35.

34 Cfr.” supra”,Cap I, prg. I, p. 7 ss. 35 Parte della dottrina ritiene che l’art. 12 l. 124/2007, nella misura in cui individua nel comitato di analisi strategica antiterrorismo il luogo deputato alla cooperazione tra Forze di Polizia e Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, avrebbe dato copertura legislativa all’organo in esame.

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Capitolo III

IL COORDINAMENTO PERIFERICO : “INTELLIGENCE”- FORZE DI POLIZIA

1. Il ruolo delle Prefetture nella strategia nazionale antiterrorismo.

La nuova strategia nazionale antiterrorismo contenuta nel d.l. 20 febbraio 2017, n. 42 convertito nella l. 18 aprile 2017, n. 48 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, ha ribaltato il tradizionale rapporto centro-periferia nella gestione dell’ordine e sicurezza pubblica. Le esigenze di unitarietà dell’ordinamento, in uno con la competenza legislativa esclusiva dello Stato, hanno costruito nel tempo degli apparati fortemente centralizzati, in cui le decisioni vengono diramate in periferia attraverso la rete decentrata sul territorio. E’ evidente come un’impostazione del genere, se pur meritoria in termini di unitarietà del sistema della sicurezza, presta il fianco, tuttavia, all’efficienza della risposta preventiva, dinanzi ad una minaccia sempre più destrutturata e atipica. Pertanto, il controllo capillare del territorio, possibile solo attraverso il potenziamento e la responsabilizzazione delle autorità locali, assume una veste essenziale nell’attività di contrasto al terrorismo nelle nuove forme in cui questo si sta manifestando. Questo perché l’ordinario rapporto centro-periferia è caratterizzato dalla presenza di una fisiologica distanza, che rende difficoltoso il contatto con il territorio e rallenta l’individuazione e l’interpretazione dei segnali di allarme. Ne consegue che una opportuna attività di prevenzione necessiti di una maggiore efficienza degli apparati locali, in modo tale da garantire un costante flusso informativo e allo stesso tempo una adeguata capacità di intervento. In quest’ottica si pone il decreto il esame, il quale mira a potenziare strutture e organi preposti alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica nel mutato rapporto periferia-centro.

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Il decreto prevede una parte relativa alla tutela della “sicurezza integrata” (artt. 1-3) in cui lo Stato, le Regioni, gli Enti locali e gli altri soggetti istituzionali concorrono, “(…)ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali 36. In particolare, questi interventi si traducono nel potenziamento delle strutture locali, in primis gli apparati di polizia sotto la guida del Sindaco quale Autorità locale di Pubblica Sicurezza o degli Ufficiali di P.S., anche attraverso la stipulazione di accordi volti, da un lato al sostegno della formazione del personale, dall’altro allo scambio informativo attraverso l’integrazione delle sale operative. Inoltre, Sindaco e Prefetto sono incentivati alla sottoscrizione dei c.d. “patti per la sicurezza” aventi ad oggetto: la riqualificazione di aree degradate; la prevenzione della criminalità organizzata e la promozione del rispetto della legalità; l’affermazione di più elevati standard di coesione sociale e convivenza civile; oltre che l’eliminazione dei fattori di esclusione sociale37. La nuova strategia antiterrorismo, pertanto, si attua attraverso uno schema concentrico, che vede nelle Autorità locali e provinciali di P.S. l’anello più importante della catena, nella quale gli aspetti involgenti l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale si fondono indissolubilmente. Nel mutato assetto, in funzione antiterrorismo, Questure e Prefetture assurgono ad un ruolo di prim’ordine nell’attività di contrasto, sia sul piano tecnico-operativo che su quello politico generale. Le Autorità provinciali di P.S., nell’ambito dei consessi all’uopo deputati, divengono ancor più essenziali nel sistema della sicurezza disegnato dalla legge, in quanto rappresentano i “nodi” di una rete che dalle realtà locali più remote giunge

36 Cfr. art. 1, comma 2 d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 convertito nella l. 18 aprile 2017, n. 48; LUCARIELLO, Novità legislative interne. Sicurezza integrata e Sicurezza urbana, in, Proc. pen. e giust., 2017, fasc. 3, pp. 381 ss. 37 Cfr. art. 5 del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 convertito nella l. 18 aprile 2017, n. 48.

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sino agli apparati di vertice, consentendo la migrazione delle informazioni in entrambe le direzioni. Inoltre, nell’ottica della riforma, queste divengono dei veri e propri centri decisionali autonomi, in grado di individuare i potenziali obiettivi e di gestire eventuali minacce congiuntamente agli apparati di sicurezza dello Stato.

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2. Il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica.

Il consesso principe all’interno del quale vengono analizzate le problematiche locali involgenti la materia della sicurezza pubblica è il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Esso è stato istituito, analogamente a quanto previsto a livello nazionale, dalla l. 121/81, che all’art. 20 riconosce nella figura del Prefetto l’Autorità provinciale di pubblica sicurezza e predispone un organo di consulenza tecnica analogo a quello di cui si avvale il Ministro dell’Interno. Si costituisce presso ogni Prefettura- UTG ed ha competenza provinciale, è presieduto dal Prefetto e vi fanno parte: il Questore; i Comandanti provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza; il Sindaco del Comune capoluogo e il Presidente della Provincia38. Con gli interventi normativi del ’99 ed in particolare del ’01 ad opera della l. 26 marzo, n. 128 è stata allargata la composizione del Comitato ad altre Autorità che il Prefetto può eventualmente convocare in relazione alle peculiarità degli aspetti da trattare. Tra queste si menzionano: i dirigenti dell’Amministrazione penitenziaria; del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco; del Corpo Forestale dello Stato39; della Capitaneria di Porto; delle Amministrazioni locali interessate nonché dell’ordine giudiziario. Il Comitato ha competenza generale e può essere convocato ogniqualvolta il Prefetto lo ritenga necessario. Esso è un organo collegiale presieduto dal Prefetto o in mancanza dal Viceprefetto vicario, che delibera all’unanimità con la partecipazione di tutti i componenti. In caso di dissenso, adeguatamente motivato e messo a verbale, questo va comunicato all’Amministrazione di appartenenza. Nell’ipotesi di infondatezza o disaccordo sul punto, il Prefetto potrà rimettere la

38 Cfr. d.lgs. 27 luglio 1999, n. 279 che ha allargato la componente dei membri effettivi del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica al Sindaco del Comune capoluogo e al Presidente della Provincia. Per vero, il Sindaco del Comune capoluogo di Provincia può richiedere la convocazione del Comitato per la trattazione di questioni attinenti l’ordine e sicurezza pubblica locale. Tuttavia, resta in facoltà del Prefetto procedere con la convocazione. 39 V. “supra” Cap. II, prg. I, nota n. 25 nella parte in cui il d.lgs. 177/2016 ha trasferito le competenze del Corpo Forestale dello Stato con il conseguente assorbimento nell’Arma dei Carabinieri.

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questione in sede di Comitato nazionale dandone comunicazione al Capo della Polizia- Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, nonché ai Comandanti generali. Le decisioni del Comitato sono indirizzate al Questore, il quale ha il compito di darne attuazione sul piano tecnico-operativo. Devesi precisare che, conclusa la seduta del Comitato, generalmente si procede con la c.d. “riunione tecnica di coordinamento”40 alla quale sono ammessi a partecipare in forma ristretta i soli rappresentanti delle Forze di polizia. In questa sede vengono discussi gli aspetti più tecnici di attuazione dei “servizi”, che spesso richiedono l’esame e la valutazione di informazioni classificate o coperte da segreto investigativo. Ora, è evidente come le funzioni che il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica assolve a livello territoriale in materia di “ordine e sicurezza pubblica”, si attaglino perfettamente alla gestione dell’emergenza terrorismo, secondo questa nuova strategia che passa attraverso il potenziamento degli strumenti locali di prevenzione e contrasto. In particolare, i Comitati assurgono a veri e propri centri info-operativi, in grado di mettere in relazione Enti locali, Forze di polizia e Autorità di P.S. attraverso l’implementazione dello scambio informativo e l’approntamento delle opportune contromisure. Rinviando al successivo paragrafo per l’esame di quelle che potrebbero tradursi in concrete proposte di intervento volte a migliorare l’efficienza degli strumenti di contrasto al terrorismo, in questa sede è possibile affermare che l’intervento del legislatore dà comunque la stura all’idea di un progressivo rafforzamento delle capacità decisionali ed operative a livello periferico.

40 N.d.A. La riunione tecnica di coordinamento è uno strumento che trova applicazione nella prassi in forza della previsione di cui all’art. 13 della l. 121/81.; sul punto v. CAPPIELLO, PINTUS, La struttura organizzativa preposta al sistema della sicurezza:organi e competenze, in, AA.VV., Ordinamento e attività istituzionali, cit., pp. 142 ss.;

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3. Gli altri strumenti di coordinamento info-operativo e il loro potenziamento in prospettiva “de lege ferenda”.

Nell’attuale contesto storico, caratterizzato dall’imperversare del fenomeno terroristico, il potenziamento degli strumenti info-operativi assume un ruolo determinante nella strategia di contrasto; strategia che non si limita più soltanto al rafforzamento delle strutture centrali, ma vede un maggiore senso di responsabilità e coinvolgimento di quelle periferiche. In questo quadro, è evidente come nelle figure del Questore e del Prefetto, Autorità provinciali di pubblica sicurezza e nei consessi all’uopo previsti, si individui lo snodo fondamentale di tutta l’attività di prevenzione41. In particolare, si è detto come il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica rappresenti il momento cardine di incontro e scambio informativo tra le Forze di polizia che operano sul territorio e gli Enti locali, coinvolti in prima linea nella gestione della sicurezza. Esso, pertanto, potrebbe costituirsi permanentemente presso le Prefetture e lavorare in funzione antiterrorismo, analogamente a quanto avviene a livello centrale in seno al C.A.S.A. Questo perché a differenza di quanto accade per la materia dell’ordine e sicurezza pubblica, in cui operano organi di coordinamento centrale e periferico, nell’ambito della sicurezza nazionale, invece, non esistono strutture periferiche analoghe a quelle di cui dispone il Ministero dell’Interno42. Sicché, nella rete delle Prefetture bene potrebbero trovare adeguata collocazione questi Comitati Provinciali Antiterrorismo, la cui composizione andrebbe allargata ai funzionari distaccati dei Servizi di informazione e sicurezza. Così facendo, il C.A.S.A. potrebbe dialogare con i suoi omologhi presenti sul territorio e diramare immediatamente le direttive in materia. Per vero, allo stato attuale la riunione tecnica di coordinamento assurge a questa funzione, in quanto consente di trattare informazioni classificate tra i soli

41 Cfr. COZZOLI, L’intelligence del Prefetto e la funzione di governo, in, L’amministrazione pubblica, ANFACI. 42 BUONCRISTIANO,Ricostruire lo Stato, Laurus Robuffo,2005.

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responsabili delle Forze di polizia, anche se rimane pur sempre un consesso riconosciuto dalla prassi e non istituzionalizzato. A questo strumento essenzialmente operativo per la gestione della sicurezza se ne affiancano altri più strettamente informativi e costituiti dalla relazione del Prefetto sulle attività delle Forze di polizia ex art. 13 della l. 121/81 e da quella annuale sullo stato della Provincia. Strumenti tramite i quali si trasmette agli organi centrali un prezioso patrimonio di conoscenze circa i fenomeni che interessano il territorio. A questi si aggiunge la Conferenze permanente, di cui all’art.11 del d.lgs. 300/99, vera e propria “stanza di compensazione” tra le Amministrazioni periferiche dello Stato e gli Enti locali in cui si stipulano intese, protocolli, accordi di programma e da ultimo i patti territoriali per la sicurezza, così come previsto dal decreto “Minniti” dell’aprile scorso. Un altro strumento sicuramente da valorizzare nell’ottica della “sicurezza integrata” è rappresentato dai Consigli territoriali per l’Immigrazione (Cti), per le ovvie implicazioni che il fenomeno in esame produce in materia. Esso rappresenta un vero e proprio osservatorio privilegiato, in grado di monitorare i flussi di immigrati presenti sul territorio provinciale e di gestirne insieme agli Enti locali le problematiche connesse, oltre che di individuare e segnalare i fattori di anomalia In prospettiva “de lege ferenda” si auspica, pertanto, un intervento del legislatore mirato a potenziare questi istituti di carattere info-operativo, anche attraverso l’ausilio di sistemi che siano in grado di mettere in relazione i dati acquisiti e quindi di gestire il problema della sicurezza in tutti i suoi molteplici aspetti.

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Conclusioni

Il presente lavoro vede la luce in un momento in cui purtroppo l’escalation terroristica non accenna a fermarsi. I recenti fatti di Barcellona non possono che innalzare la tensione delle Istituzioni in ordine alla predisposizione di una opportuna strategia di contrasto. La riflessione sulle modalità di attuazione di questa strategia diviene estremamente attuale, ponendo il problema di una costante verifica della loro adeguatezza all’evolversi della minaccia. La necessità di un controllo capillare del territorio, insieme al potenziamento delle strutture locali preposte alla tutela della sicurezza, traccia una strada che sembra essere quella corretta. Essa va potenziata nell’ottica di un disegno unitario, che non può prescindere dalla valorizzazione del ruolo della Prefettura quale centro info-operativo distaccato, in grado di fornire un’informazione tempestiva, ma allo stesso tempo di operare per fronteggiare eventuali emergenze. Inoltre la condivisione e il trasferimento delle informazioni, in uno con la collaborazione sul piano operativo modulata da adeguate forme di coordinamento, rappresentano certamente un valore aggiunto nella lotta al terrorismo. Questo obiettivo passa necessariamente attraverso il rafforzamento degli organi a ciò deputati, quali in primis il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, il quale deve essere messo in condizione di lavorare in funzione antiterrorismo, attraverso la sua convocazione permanente e con la partecipazione estesa ai funzionari distaccati dei Servizi di Informazione e Sicurezza. A questo si aggiunge il rafforzamento degli istituti che da sempre caratterizzano il ruolo informativo del Prefetto, come le relazioni periodiche in materia di sicurezza pubblica e sullo stato della Provincia. Relazioni il cui contenuto è spesso la sintesi delle problematiche emerse in seno alla Conferenza permanente, che rappresenta il punto di fusione tra centro e periferia.

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Pertanto, è solo con il rafforzamento di questi strumenti, in perfetta sintonia con i principi di sussidiarietà e decentramento amministrativo, che si potrà garantire un più efficace controllo del territorio in funzione antiterrorismo.

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