Dottorato Di Ricerca in Letterature Moderne, Comparate E Postcoloniali
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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA DIPARTIMENTO DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE MODERNE Dottorato di Ricerca in Letterature Moderne, Comparate e Postcoloniali Scuola di Dottorato: SC0014 – Scienze Umanistiche Ciclo XXIV Settore Concorsuale: 10/L1 – LINGUE, LETTERATURE E CULTURE INGLESE E ANGLOAMERICANA Settore Scientifico Disciplinare: L-LIN/10 – LETTERATURA INGLESE Dalle ambivalenze della Storia alla “cosmopolitical fiction”: la rappresentazione dell’alterità nel romanzo di Anita Desai Presentata da: Dott.ssa EMANUELA MORINI Coordinatore: Relatore: Prof.ssa Silvia Albertazzi Prof. Roberto Bertinetti ESAME FINALE Anno 2013 The hasty reformer who does not remember the past will find himself condemned to repeat it. Sir John Buchan INDICE Introduzione 1 Capitolo 1: L’alterità: un’identità ribaltata 11 1.1 L’alterità quale prodotto dei confini identitari 11 1.2 La problematicità storico-culturale della contact zone: ambivalenze identitarie e incontro coloniale 29 1.3 Oltre la postcolonialità?: Contact zone transnazionale, umanesimo critico e cosmopolitica 47 Capitolo 2: Le ambivalenze dei confini coloniali nel subcontinente indiano. I processi alterizzanti nei rapporti tra Inghilterra e India 63 2.1 L’Inghilterra e il suo Altro indiano tra idealismo del centro e pragmatismo della periferia: Babu classes e fallimento del progetto imperialista 63 2.2 La costruzione di un’unità politico-geografica in India: le ambivalenze intrinseche al processo di formazione nazionale e di decolonizzazione 83 2.3 La frontiera letteraria indoinglese quale specchio delle ambivalenze identitarie dell’East-West encounter 107 Capitolo 3: L’eredità delle ambivalenze storico-culturali nell’India post-indipendenza di Anita Desai 127 3.1 Spaesamento e ricostruzione identitaria in Cry, the Peacock e Voices in the City 127 3.2 Ai confini del sé: dall’alterità all’identità in Bye-Bye Blackbird 145 3.3 Distanza storica e sguardo interiore in Where Shall we Go this Summer? 157 3.4 Un tentativo di catarsi individuale e storico-culturale: Fire on the Mountain 167 Capitolo 4: L’umanesimo critico di Anita Desai: verso una presa di coscienza dell’alterità attraverso le ambivalenze della Storia 181 4.1 Partition politica, Partition individuale: oltre il muro dell’alterità in Clear Light of Dayc 181 4.2 La riflessione critica sul sé attraverso l’Altro interiore: In Custody 195 4.3 Lo specchio perverso della Storia: Baumgartner’s Bombay 211 4.4 Una visione di mondi contaminati attraverso l’Altro: Journey to Ithaca e Fasting, Feasting 227 4.5 Oltre l’ultima frontiera: l’umanesimo critico di Anita Desai in The ZigZag Way 241 Ringraziamenti 261 Nota alla Bibliografia 263 Bibliografia 265 Introduzione Ho vissuto un momento glorioso per l’India, ne ho visto la liberazione e i successivi decenni di libertà; ma ho anche assistito a tutti i disastri e alle crisi che sono seguiti e che hanno completamente eroso l’idealismo di partenza. Esso è stato sostituito da un più concreto realismo e da molto, molto cinismo. In questo momento sono più interessata alla Storia che alla politica. Mi pare che la politica sia piena solo di ipocrisia e che manchi di quella dimensione prospettica che possiede la Storia. Intervista rilasciata da Anita Desai a Iaia Caputo e Laura Lepri Data la poliedricità dei mondi rappresentati e la sensibilità tecnico-stilistica dalla quale originano i suoi personaggi, l’opera di Anita Desai costituisce per il lettore contemporaneo una sfida importante, anche alla luce dei recenti sviluppi in campi d’indagine apparentemente remoti dal discorso letterario. Se è vero quanto afferma Shubha Tiwari, che la grande scrittrice indoinglese “defies definitions”, 1 allora non sorprendono le molteplici prospettive da cui la sua produzione letteraria è stata appropriata e interpretata fino a oggi. Pur riconoscendo la fondatezza di tanta indagine critica, noi siamo convinti che l’approccio storico-culturale, un ambito ancora poco sfruttato nell’esplorazione dell’universo narrativo di Desai, possa essere un percorso di sicuro interesse, svelando e smascherando dimensioni insospettabili a una prima lettura. Fawzia Afzal-Khan puntualizza che, già a livello stilistico, questa originale e proficua personalità evidenzia una predilezione chiara e netta “of the critical realist mode in which people take responsibility for each other, as opposed to the mythic mode that is essentially isolationist and unhistorical”.2 È proprio dall’idea di dimensione prospettica della Storia da cui scaturisce il senso di responsabilità verso l’alterità, che vorremmo introdurre le tematiche e la struttura del presente lavoro di ricerca. L’ipotesi di partenza si fonda sull’assunto che la Storia, oltre a svolgere un ruolo fondante 1 Shubha Tiwari, «Dimensions of Anita Desai’s Fiction», in Shubha Tiwari (ed.), Critical Responses to Anita Desai, New Delhi, Atlantic Publishers and Distributors, 2004, p. 5. 2 Fawzia Afzal-Khan, Cultural Imperialism and the Indo-English Novel, University Park, The Pennsylvania University Press, 1993, p. 66. 1 all’interno dei mondi creati da Desai, veicoli le ambivalenze responsabili dei processi alterizzanti descritti. Le storie raccontate possono, allora, essere lette come un dialogo tra le alterità prodotte dalla Storia in un’originale eco che, di romanzo in romanzo, apre alle complessità storico- culturali in maniera del tutto a-ideologica e imparziale, grazie a frontiere geografiche, culturali e personali che acquisiscono rilevanza in quanto interdipendenti tra loro. Come nota con grande perspicacia J. Jain: “The world of Anita Desai’s novels is an ambivalent one”.3 A nostro parere, è questa ambivalenza a imprimere progressivamente alla sua produzione letteraria il carattere di progetto intellettuale, rivelandosi al lettore di pubblicazione in pubblicazione, proprio come le intuizioni di Desai (e le nostre insieme a lei) sembrano nascere, illuminarsi e consolidarsi in relazione al più ampio contesto dell’esplorazione lirica tra Storia e storie. Desai non si accontenta di rappresentare un mondo lacerato da contrapposizioni vecchie e nuove, non si limita a una rappresentazione della Storia per se: va oltre il documentaristico, problematizza la Storia, la interroga a tutto tondo, dando così prova di essere una scrittrice di grande spessore intellettuale. Ponendosi il significativo obiettivo di dare voce a una pluralità di punti di vista provenienti beyond borders, le vicende narrate si stemperano poi in una visione sincretica che inserisce l’individuo nelle dinamiche del colonialismo e del postcolonialismo, rientrando, a tutti gli effetti, nel filone di risposta postcoloniale della riscrittura del canone occidentale. Non vi è dubbio che con le loro storie di dislocation e displacement, i personaggi rappresentati vadano a posizionarsi, infatti, in una prospettiva in cui questioni di identità culturale si impongono necessariamente all’analisi. Nel caso specifico, tuttavia, una precisazione è di rigore. Se è innegabile 3 Citato in Rama Kundu, Anita Desai’s Fire on The Mountain, New Delhi, Atlantic Publishers and Distributors, 2005, p. 142. 2 che il tema della frontiera costituisca il leitmotiv che unisce tutta la sua opera, sembrerebbe altrettanto corretto affermare che le frontiere storico- culturali che Desai attraversa sono da intendersi principalmente quale progressivo recupero di voci marginali che la postcolonialità ha spesso trascurato. Inserite nella riflessione letteraria, queste voci stranianti acquisiscono un vero e proprio status di agency discorsiva che proiettano, a nostro giudizio, la scrittura oltre la postcolonialità stessa. Attraverso ciò che abbiamo chiamato la permeabilità della Storia, il materiale narrativo si trasforma in materiale innovativo: le zone d’ombra appaiono alla “chiara luce del giorno”, i processi alterizzanti svelati da nuove prospettive, la nostra coscienza turbata. E la scrittrice può porre al suo lettore, con grande semplicità, e al di sopra di ogni preconcetto, l’interrogativo filosofico-morale che fa appello al nostro grande senso di responsabilità: su quali basi escludere l’Altro diverso da noi? Per indagare le ambivalenze storico-culturali che dominano l’universo narrativo di Desai, abbiamo deciso di avvalerci dell’impianto teorico degli studi culturali e della critica postcoloniale, ambiti privilegiati che ci hanno consentito di contestualizzare culturalmente e storicamente le tracce tematiche dei testi, e di verificarne lo spettro interpretativo in relazione ai complessi processi che conducono alla marginalizzazione e all’esclusione. Senza includere una dimensione più propriamente filosofica, ci è sembrato tuttavia opportuno ricorrere alle riflessioni sulla diversità di Tzvetan Todorov, un intellettuale che ha fatto dell’analisi del rapporto identità- alterità il fulcro delle sue speculazioni, elaborando la teorizzazione dell’umanesimo critico. Non lontane dalle considerazioni di Todorov, ci sono sembrate le analisi di Stuart-Hall, il grande teorico dell’identità diasporica, che abbiamo cercato di accostare, insieme alle precedenti indagini, anche a riflessioni più propriamente storiche. Sono state poi 3 affrontate le più recenti argomentazioni sul cosmopolitismo, proposto nella sua dimensione più politica, ovvero la cosmopolitics, e il suo correlativo letterario, ciò che Bishnupriya Ghosh ha definito “cosmopolitical fiction”, allo scopo di valutare la nostra ipotesi di partenza nel più ampio contesto letterario contemporaneo. Nel primo capitolo, si è ritenuto necessario argomentare l’importanza della diversità culturale,