accademia nazionale di san luca

Quaderni della didattica

serie diretta da Francesco Moschini Angela Cipriani

Materiali per una storia della Galleria dell’

accademia nazionale di san luca Corso Indice Segnare Disegnare Interpretare Un itinerario nella storia a cura di Marisa Dalai Emiliani Accademia Nazionale di San Luca, Roma 20 febbraio - 3 marzo 2012

7 Premessa

9 La Galleria nella sede storica di via Bonella ai Fori Guida per visitare la Galleria e le Sale della insigne Accademia Romana di Belle Arti denominata di San Luca (1882) Regolamento per la Galleria (1902) A. Sartorio, Galleria di S. Luca (1910)

21 Il trasferimento in Palazzo Carpegna V. Golzio, La Galleria e le Collezioni della R. Accademia di San Luca in Roma (1939)

29 Il riordino negli anni Sessanta C. Pietrangeli, Premessa al catalogo della “Mostra di antichi dipinti restaurati delle raccolte accademiche” (1968)

37 La Galleria oggi La riapertura della Galleria. La Sala dei Gessi e il programma 2007-2011 (2008) A. Cipriani e M. Dalai Emiliani, Le nuove sale e le opere esposte (2011)

47 Le opere esposte Schede di: Sergio Guarino, Marica Marzinotto, Paola Picardi, Valeria Rotili

Coordinamento e cura redazionale di Laura Bertolaccini Premessa

Viene qui presentata in sequenza cronologica una prima selezione di documenti, in particolare i testi introduttivi dei cataloghi della Galleria dell’Accademia di San Luca pubblicati ufficialmente in età moderna. Scritte dai soprintendenti delle collezioni storiche, da Sartorio a Golzio fino a Pietrangeli e Faldi, e corredate da immagini fotografiche coeve, le brevi introduzioni alla visita lasciano trasparire le trasformazioni che sono avvenute in poco più di un secolo nel concetto stesso di Galleria accademica, dalle sue iniziali esplicite finalità didattiche alla progressiva apertura a un pubblico più vasto. La storia di questa particolarissima tipologia di “galleria” e del formarsi in oltre quattro secoli delle collezioni accademiche, fino al recente riordino e riallestimento, costituirà la prima parte del catalogo generale che verrà pubblicato a conclusione dei lavori in corso.

Angela Cipriani

7 La Galleria nella sede storica di via Bonella ai Fori

Pagina a fronte: La sede dell’Accademia di San Luca in via Bonella durante i lavori di demolizione. Guida per visitare la Galleria e le Sale della insigne Accademia Romana di Belle Arti denominata di San Luca

1882

Antichissima istituzione è l’Accademia romana di San Luca. Da tempo immemorabile, e molto prima del Consorzio di Firenze, esisteva in Roma un collegio di pittori, che prese poscia titolo di Università delle Arti. Tale Università avea stanza in una chiesetta dedicata a San Luca sull’Esquilino, concessale nell’anno 1371 dal Pontefice Gregorio XI sedente allora in Avignone. Sisto IV ne ampliò gli statuti nell’anno 1478, il codice dei quali conservasi negli archivi accademici. Quando Sisto V volle aprire la grande strada che porta alla Basilica Liberiana, e costruire la villa, che dal suo cognome, fu detta Peretti, atterrò la piccola chiesa di San Luca; ed all’Università delle arti, riformata nell’anno 1577 da Gregorio XIII, e costituita in Accademia mediante l’opera di Federico Zuccari e di Girolamo Muziano, assegnò in cambio la chiesa al Foro Romano, presso la quale l’Accademia tiene tuttora la propria residenza nei locali ricostruiti ed ampliati coll’opera e col danaro de’ suoi soci benemeriti, fin da quell’epoca, raro e forse unico esempio di tolleranza e di fraternità gli Accademici liberamente eletti dall’Accademia stessa appartennero ed appartengono senza distinzione alcuna a qualsivoglia nazione, a qualsiasi confessione religiosa, ed a qualunque sudditanza politica. Questa antica istituzione autorevole e rispettata sempre in Italia e all’estero è riconosciuta autonoma dalle vigenti leggi, ed ha vita propria ed indipendente, bandisce concorsi artistici a premio, distribuisce pensioni a studenti di Belle Arti, cura il progresso e il decoro dell’arte nazionale e la conservazione dei monumenti. Napoleone il grande la protesse e le conferì grandi ed importanti attribuzioni, e la riordinò sopra lo statuto che tuttora la regge, compilato col consiglio dell’immortale Canova. In forza di questo il numero degli Accademici Il portale di ingresso della sede di via Bonella; al centro del fregio il simbolo dell’Aequa Potestas. Residenti in Roma è fissato a 12 per ogni classe della pittura cioè della scultura e dell’architettura, ed a 20 parimente per ogni classe dei non Residenti. Non vi ha numero stabilito per gli Accademici di Onore, che devono essere scelti fra i personaggi più illustri per condizione sociale, e più rinomati nelle lettere, o per protezione e benemerenze verso le Arti Belle.

Galleria Accademica

La Galleria dell’insigne Accademia di S. Luca è proprietà privata della medesima, è stata posta insieme con opere date dai soci al momento della loro adozione, e principalmente colle collezioni di quadri lasciati in legato o donate da Fabio Guida per visitare la galleria e le Sale della insigne Accademia Romana di Belle Arti denominata di san Luca posta in via Bonella numero 44 presso il Foro Romano, Roma 1882. Rosa, Carlo Maratti, Domenico Pellegrini, Gregorio XVI, Wicar ed altri. La Galleria accademica era situata al secondo piano delle sede di via Bonella 44 ed era formata da quattro sale: la “Sala Fu ordinata dallo Zuccari, dal Pussino, da , da Carlo Maratti Prima”, la “Sala di Raffaello”, la “Sala della Fortuna” e la “Sezione Moderna”; allo stesso piano si trovavano anche il “Medagliere” e la Biblioteca Sarti. Al primo piano erano invece collocate le “Sale Accademiche” dove erano esposti i e nel secolo nostro da Tommaso Minardi. doni d’ingresso degli accademici, una “Sala Seconda” con gli esiti dei concorsi, una “Sala Terza” con calchi e busti, e due “Aule per le Adunanze Accademiche”, ornate di lapidi, busti e ritratti di accademici; accanto a queste sale erano è aperta tutti i giorni meno il sabato e i festivi, dalle ore 9 ant. alle ore 3, e collocate la Biblioteca Accademica e l’Archivio. mediante speciale permesso si possono fare copie dei quadri.

11 Regolamento per la Galleria

1902

Norme per il pubblico

Art. 1 - La Galleria delle pitture, disegni ecc., è aperta al pubblico tutti i giorni feriali dalle 9 alle 15, ed i festivi dalle 9 alle 13, dal 16 settembre al 15 luglio. Rimane chiusa dal 16 luglio al 15 settembre e nei giorni di Capodanno, Pasqua, prima domenica di giugno e Natale. Art. 2 - La tassa di ingresso pei visitatori è di Una Lira. Alla medesima tassa è tenuto chiunque, con speciale permesso del professore sopraintendente, visiti la Galleria nei mesi in cui è chiusa al pubblico. Sono esenti dalla tassa di ingresso i signori professori accademici di merito e di onore, gli impiegati dell’Accademia e tutti quelli cui viene rilasciata la tessera a norma dell’art. 12 del presente regolamento. Tali esenzioni sono puramente personali. Il giorno 17 ottobre dalle 13 alle 17, ed il giorno successivo, festa titolare dell’Accademia, dalle 8 alle 17 l’ingresso è libero. Art. 3 - È rigorosamente vietato ai visitatori di fumare nelle sale della Galleria, di portar seco bastoni, parapioggia o ombrellini, d’introdurvi cani, di fermarsi lungamente avanti a un soggetto in modo d’impedire la libera circolazione per le sale, di toccare qualsiasi oggetto, di parlare ad alta voce e di dare mance al personale.

Norme per gli Artisti e gli Studenti

Art. 4 - È permesso agli artisti e agli studenti di Belle Arti, di trarre copie dalle opere originali esistenti nella Galleria. Chiunque desidera tale permesso deve Accademia di Belle Arti detta di San Luca, interno del salone; sullo sfondo il San Luca di Raffaello. farne domanda, in carta libera, al professore sopraintendente, accompagnata da un documento comprovante la propria idoneità, rilasciato da un professore accademico o da un’Accademia o Istituto di Belle Arti del Regno, se italiano; da un’Accademia o Istituto di Belle Arti del proprio paese e dal Console residente a Roma, se straniero. Nella domanda deve specificare il soggetto che intende copiare e, trattandosi di opera d’artista vivente, la domanda deve essere accompagnata anche dal consenso dell’autore. Art. 5 - Spetta al professore sopraintendente accordare il permesso che non può eccedere la durata di trenta giorni ma può rinnovarsi a seconda che questi giudichi il tempo necessario a terminare la copia. Art. 6 - Chiunque ha ottenuto il permesso deve esibirlo al custode della Galleria, apponendovi la propria firma con il domicilio, dichiarando di aver preso cognizione del presente regolamento e obbligandosi di osservarlo; mancando per tre giorni consecutivi, senza giustificare l’assenza, perde il diritto di proseguire il suo lavoro e gli succede nel posto quegli che immediatamente dopo ne ha fatto domanda. Il permesso di copiare rimane sospeso nei giorni in cui l’ingresso alla Galleria è libero.

13 Art. 7 - Le dimensioni delle copie devono essere sempre differenti da quelle dal professore sopraintendente e dal custode. Le chiavi degli oggetti sotto degli originali, almeno di centimetri 5 per lato. cristallo sono esclusivamente conservate dal professore sopraintendente. Art. 8 - È proibito trarre lucidi dai quadri o dai disegni e calchi delle sculture, di accostare il pennello alle pitture per confrontarne i colori, di cedere o cambiare Disposizione transitoria il posto assegnato, di far proseguire o ritoccare da altri la copia incominciata, di È temporaneamente concesso al custode di far eseguire e vendere fotografie delle occuparsi in lavori estranei a quello per cui si è ottenuto il permesso, di tenere opere esistenti nella Galleria, previo il consenso del professore sopraintendente, presso di sé altra copia oltre a quella che si eseguisce e di far mostra nella Galleria salvo di quelle di autori viventi, per le quali deve uniformarsi al disposto dell’art. 4; di copie eseguite, allo scopo di procurarsene la vendita. e ciò finché l’Accademia non stampi e ponga in vendita il catalogo illustrato. Art. 9 - Non è permesso contemporaneamente a più artisti di copiare la stessa opera e non possono essere ammessi a copiare contemporaneamente in Galleria Del Ricevitore più di otto artisti. Art. 17 - Il ricevitore deve trovarsi in Galleria tutte le mattine, almeno quindici Art. 10 - I cavalletti sono forniti gratis; il professore sopraintendente determina la minuti prima dell’apertura. Non può assentarsi durante l’orario stabilito, ma in distanza del cavalletto dall’originale da copiarsi. I copiatori devono sgomberare caso di necessità può essere temporaneamente sostituito da altro impiegato. ogni giorno le sale della Galleria dai cavalletti ed altro, che ripongono da loro Art. 18 - È responsabile del regolare funzionamento del tourniquet, dell’incasso stessi nel locale a ciò destinato. della tassa d’ingresso, che versa ogni giorno all’esattore, notando in apposito Art. 11 - Un quadro che sia collocato in luce poco favorevole, previo il permesso registro il prodotto giornaliero. Ciascuna registrazione deve portare la sua del professore sopraintendente, può essere spostato per comodità del copiatore, firma, quella dell’esattore ed il visto del ragioniere. purché non sia di grande dimensione, o collocato in alto, e lo spostamento non Art. 19 - È rigorosamente vietato al ricevitore di far entrare gratuitamente rechi danno all’opera e grave ingombro alla circolazione per la sala. chicchessia, salvo i signori professori accademici, gl’impiegati e quelli provvisti di tessera, che hanno accesso speciale e separato dal pubblico.

Norme per le tessere di libero ingresso Dell’Usciere Art. 12 - Gli artisti, gli studenti di belle arti, le guide dei forestieri e chiunque Art. 20 - L’usciere deve trovarsi al suo posto tutte le mattine due ore prima desideri la tessera pel libero ingresso alla Galleria, devono farne domanda dell’apertura della Galleria, per eseguire le pulizie, giusta le disposizioni che gli al professore sopraintendente, cui spetta di rilasciarla e stabilirne la durata vengono impartite dal custode. d’accordo con la Commissione di finanza. La tessera è personale; deve portare la firma del professore sopraintendente ed a tergo la fotografia della persona a cui viene rilasciata, con il timbro Deliberato dalla Commissione di Finanza il 30 agosto 1902. dell’Accademia.

Visto: Il Presidente Norme per il personale Prof. E. Guj Del Custode Art. 13 - Il custode della Galleria ne riceve la consegna mediante inventario Il Segretario in doppio originale da conservarsi l’uno presso di sé, l’altro presso Prof. G. Tomassetti l’Amministrazione dell’Accademia, sottoscritto dal ragioniere col visto del professore sopraintendente. Nello stesso inventario vengono annotate, volta per volta, le variazioni e le aggiunte. Art. 14 - Il custode, sotto l’immediata sorveglianza del professore sopraintendente, è responsabile della scrupolosa conservazione di quanto riceve in consegna, della pulizia dei locali, mobili ecc., che fa eseguire dall’usciere nelle ore in cui la Galleria è chiusa al pubblico, e della piena osservanza del presente regolamento, per parte di chiunque spetti. Art. 15 - È rigorosamente vietato al custode, senza il permesso del professore sopraintendente, d’introdurre persone in Galleria nel tempo e nelle ore che rimane chiusa al pubblico, di fare qualsiasi cambiamento di quadri, disegni, mobili ecc., di restaurare o pulire qualsiasi oggetto d’arte, e di tenere esposti nelle Gallerie quadri od altro per procurarne la vendita, non escluse le copie esistenti nella Galleria medesima. Art. 16 - Le chiavi della Galleria sono doppie e contemporaneamente conservate

15 Aristide Sartorio

Galleria di S. Luca

1910

Perché la galleria dell’Accademia di San Luca è la cenerentola delle gallerie Romane? Il tramite ineguale e senza controllo critico, per il quale i quadri le pervennero, la farragginosa mediocrità che si sovrappose alle opere insigni, i donativi ibridi, la decadenza morale che afflisse l’Accademia dopo il nuovo assetto politico, l’hanno discreditata. Ma nulla è più ingiusto, e se fino ad oggi la galleria ebbe per iattura reggitori, i quali ne fecero la rinomea pei quadri falsi e inspirarono la diffidenza con attribuzioni fantastiche, questo volumetto segnalerà agli studiosi, agli intelligenti, le sue numerose gemme. L’Accademia, fondata nella seconda metà del cinquecento, disciplinò attraverso le età difficili l’insegnamento delle arti, e la galleria, formata con i doni degli artisti, dei pontefici, dei privati e con lasciti, commenta, sebbene in modo incompleto, le vicende della pittura da allora a tutt’oggi. Essa è l’unica al mondo che, fondata nell’età gloriosa, si ramifichi nella produzione contemporanea, e se la pittura, che in prevalenza, vi è raccolta, è d’arte seicentesca delle scuole romana, bolognese e napoletana, vi è una collezione varia di ritratti, ed opere fiamminghe, olandesi, inglesi, tedesche, oltre alcuni esemplari rarissimi dell’età dell’oro. Il simbolo dell’Aequa Potestas nella interpretaione di A. Sartorio. In virtù poi dei lasciti Werstappen e Müller, alla galleria è assicurata una considerevole rappresentanza dell’arte contemporanea. Mancano, ed è peccato, opere fiorentine e veneziane del secondo periodo, perché dall’Allori si passa al Luti, da Palma il giovane al Pellegrini. Ma chissà che questa lacuna non sia destinata ad essere colmata? Forse un giorno l’Accademia sarà chiamata, come vollero i pontefici, come volle Napoleone primo, a riprendere l’insegnamento delle arti in Roma, ed allora in questa galleria, completata, gli studenti vi troveranno una preziosa raccolta, siccome una catena i cui anelli si stendono al rinascimento. Di straordinaria importanza storica è la collezione dei ritratti. Pei professori del disegno essa comincia con quelli dei fondatori dell’Accademia ed arriva fino a quelli, otttimi, dei contemporanei, e fra i ritratti pervenuti indipendentemente, vi si trovano opere del Mierewelt, di Isack Mytens, del Finsonio, del Van Mieris, del Gaulli, del Mola, del Varotari, del Wiertz, del Greuze, del Faruffini, del Cremona. A rappresentare quell’arte destinata alle chiese, ai palazzi, alle ville, gli esemplari della galleria sono vari: cominciano con opere del Guercino e del Reni, finiscono con i bozzetti presentati a Pio IX dal Mariani, dal Grandi, dal Fracassini per la trasformazione delle pareti di San Lorenzo extramura, e comprendono opere del Conca, del Baldi, del Batoni, del Chiari, del Cagnacci, del Van Dyck, del Rubens, dell’Albani, del Corvi, dello Scilla, del Mola, del Sassoferrato, del Guarini, dello

Aristide Sartorio, Galleria di S. Luca, Roma 1910. Spagnoletto, del Luti, del Bigari, del Giani, del Gaulli, del Vighi, del Cades, del De Oltre ad una breve storia della istituzione, e alla rapida descrizione della Galleria qui riportata, nel volume sono Troy, del Lenepweu. elencate e brevemente descritte le opere presenti nelle diverse sale che costituivano gli spazi espositivi della Galleria, accompagnate da una selezione di immagini dei dipinti più significativi. Conclude Sartorio: “Tranne pochi quadri La collezione dei quadri di paesaggio infine, pur non essendo importante come generalmente noti, tutte le riproduzioni che adornano questo volumetto sono inedite, e si deve al Ministero della quella dei ritratti, è di singolare pregio, perché commenta a Roma, dove prese vita, Pubblica Istruzione, all’interessamento del direttore delle Belle Arti Corrado Ricci, il quale incaricò il gabinetto fotografico governativo delle riproduzioni, la possibilità di offrire al pubblico questa prima illustrazione della galleria la ricerca del quadro di paese fine a sè stesso, quale fu inteso dalla seconda metà dell’Accademia di S. Luca. 30 settembre 1910”. del cinquecento fino al Turner. La collezione non possiede, è vero, né una tela

17 di Claudio, né alcuna dei paesisti olandesi vissuti in Olanda, ma possiede opere del Dughet, del Van Bloemen, del Pannini, di Salvator Rosa, del Berchem, dello Asselijn, del Molyn, del Manglard, di Giuseppe Vernet, del Vanvitelli, del Parker, e, per mia supposizione, una del Turner. E qui cade opportuna qualche osservazione. Niente è più comune e meno esatto di queste due frasi che si ripetono a proposito della pittura di paesaggio: “Il paesaggio è nato con Claudio da Lorena”, “Il paesaggio è creazione dell’arte moderna”. Il paesaggio, che è la pittura più duttile, più varia, e progressiva che si conosca, è sempre esistito ed invano il Fromentin, il Ruskin, il Blanc, il Müther, hanno asserito che sia nato o in Olanda, o con il Turner, o a Barbizon, o con gl’impressionisti. Se un punto cronologico si dove fissare alla sua emancipazione esso è da ascriversi a quel periodo nel quale la pittura italiana lo escluse dalle pareti: e se in Roma vediamo chiese, palazzi decorati con paesaggi, essi non sono opera di decoratori italiani, ma francesi e tedeschi, Dughet, per esempio, e Manglard, Unterberger, Petter. L’ultimo dei grandi decoratori, italiani, Giovan Battista Tiepolo, il quale per la parentela e l’amicizia che ebbe con il Guardi ed il Canaletto conobbe i problemi della colorazione aerea e l’introdusse con maestria nelle decorazioni, chiuse le sue composizioni fra le architetture, perché, se i grandi riposi murali, i fregi, le volte, esigono le immagini vive, la pittura dove entrare recando fra le architetture lo stile della vita, nell’istesso modo che lo stile delle pietre e delle piante viene creato dalla architettura. Osservando opere e bozzetti decorativi, vicino ad opere di paesaggio pure, come accade in questa galleria di San Luca, l’antitesi fra le due arti è evidente. La pittura decorativa descrive il moto, la pittura di paese gli effetti: una esprime la mimica degli esseri, fissa le casualità dell’anatomia, si basa sulla eleganza della forma in azione; mentre l’altra mostra le condizioni delle cose rispetto alla luce di un momento fuggevole, fissa le casualità dei fenomeni aerei, si basa sulle vicende delle ore e delle stagioni. Per concludere, in questa sede del cosidetto insegnamento accademico, si vede come, contrariamente alla comune opinione che addita le epoche successive al rinascimento come quelle della decadenza, il seicento ed il settecento si intesero eredi dei predecessori, e si vede come con lo studio della prospettiva, con l’incremento del paesaggio, e per la opportunità di decorare larghe superfici, quelle epoche proseguirono ed ampliarono le leggi delle manifestazioni anteriori, contenendole, direbbe il Lessing, entro i limiti propri a ciascun’arte. L’Accademia di San Luca in via Bonella durante la demolizione della sede. Decadenza invece vi fu, quando venne importato fra noi il quadro storico, ibrida estrinsecazione del romanticismo ultramontano, forma eteroclita che pretese essere riassuntiva, sintetica e che volle abbracciare insieme l’arte del ritratto, l’arte del paesaggio, l’arte decorativa. Ma oggi che un soffio vivificatore anima l’arte italiana, e che l’Italia sente con orgoglio d’avere disciplinati i caratteri delle arti, le quali italianamente formano il patrimonio del mondo civile, sia accolto questo volumetto come una prima prova, ad illuminare laddove per trascuratezza vi fu l’oscurità se non il disprezzo. E se coloro che leggendo questo libretto correggessero gli errori nei quali posso essere incorso, aggiungessero delle delucidazioni, io vedrei in questa fortuita collaborazione un ambito premio a questo lavoro inteso a diradare le tenebre.

18 Il trasferimento in Palazzo Carpegna

Pagina a fronte: La nuova sede dell’Accademia di San Luca ufficilamente trasferita in Palazzo Carpegna il 24 aprile 1934. Vincenzo Golzio

La Galleria e le Collezioni della R. Accademia di San Luca in Roma

1939

Nel XV secolo in Roma esisteva una università dei pittori che si riuniva in una piccola chiesa dedicata a San Luca sul monte Esquilino, non lontano da . Nell’archivio dell’Accademia si conservano anche oggi gli statuti di questa Università, che portano la data del 17 dicembre 1478. Il pittore Girolamo Muziano da Brescia ottenne da Gregorio XIII in data 15 ottobre 1577 un breve che costituiva a Roma un’Accademia di Belle Arti sotto la denominazione di San Luca per conservare memoria del piu antico istituto. Una bolla di Sisto V nell’anno 1588 consolidava i già concessi privilegi e donava all’Accademia la chiesa di S. Martina. Al Muziano, nell’anno 1593, successe in qualità di principe dell’Accademia Federico Zuccari, che diede i primi statuti alla nuova istituzione. L’importanza dell’Accademia di San Luca nella Roma del Seicento e del Settecento fu certamente grandissima, non soltanto perché quasi tutti i piu insigni artisti italiani e stranieri del tempo ne facevano parte, ma anche per l’azione formativa che indubbiamente l’Accademia esercitava sui giovani, con l’insegnamento impartito nelle sue scuole, e con i concorsi periodicamente celebrati. Già nel Seicento si tenevano dei concorsi, che invogliavano i giovani artisti a dar pubblica prova del loro valore; salito poi sul trono nel 1700 Clemente XI, pontefice amantissimo delle lettere e delle arti, fu da questo papa stabilito che si assegnassero speciali fondi per il conferimento dei premi. Venne fondato in tal modo il cosiddetto Concorso Clementino, che fu celebrato la prima volta nel 1702, e si ripeté a vari intervalli fino al 1869. In questi concorsi si teneva il seguente procedimento: i concorrenti venivano divisi in tre classi e ad ognuna di esse si assegnava un soggetto di varia difficoltà; i soggetti venivano pubblicati un anno prima del termine fissato per la presentazione dei lavori, ma oltre a questi soggetti assegnati precedentemente, altri erano sorteggiati per una prova estemporanea, che si faceva per meglio accertare il reale valore degli artisti che partecipavano alla gara. Alle terze classi veniva generalmente assegnato come tema disegnare o modellare qualche celebre opera di pittura, scultura o architettura. Alle altre due erano dati per la pittura e scultura soggetti tratti dalla storia romana o dalla storia sacra; per l’architettura si proponeva di delineare un progetto di diverso grado di difficoltà. Esaminare i soggetti assegnati e ricercare quali fossero i proponenti di essi e quali i giudici dei concorsi è cosa che può interessare chi voglia far la storia del gusto del Settecento. Particolare curiosità destano i soggetti dati alle classi di architettura, alcuni dei quali investono problemi di costruzioni e di sistemazioni Vincenzo Golzio, La Galleria e le Collezioni della R. Accademia di San Luca in Roma, Roma, Libreria dello Stato, A. XVIII E.F., Ministero della Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, Itinerari dei di edifici o regioni di Roma, come quelli per la sagrestia della Basilica Vaticana, Musei e Monumenti d’Italia, 1939. per il porto di Ripa Grande, per la facciata di Santa Maria sopra Minerva, per la Ad una breve storia della istituzione e ad un sintetico cenno alla nuova sede accademica nello storico Palazzo Carpegna, segue un itineraio nelle otto sale della Galleria illustrando anche le opere esposte lungo lo scalone, nelle sale Piazza del Popolo, per la facciata di San Salvatore in Lauro. accademiche al primo piano e infine nel vestibolo, nel cortile e lungo la rampa. In chiusura si citano la collezione dei disegni dell’Archivio Storico, dei ritratti e delle terrecotte. Il testo è accompagnato dalla riproduzione di 85 opere. Nel 1763 per lascito di Carlo Pio Balestra fu istituito il concorso che dal fondatore si chiamò Balestra, e fu celebrato per la prima volta nel 1768. Le fotografie che qui accompagnano questo scritto furono in parte pubblicate nel volume La Reale Insigne Accademia di S. Luca nella inaugurazione della sua nuova sede, A. MCMXXXXIV - XII, Roma 1934. 23 Numerose prove presentate dai concorrenti, disegni, pitture, bassorilievi e statue di terracotta, progetti architettonici, si conservano ancora nell’Accademia e costituiscono un materiale interessantissimo per lo studio del gusto del tempo. Dai concorsi suddetti è possibile venire a conoscere l’esistenza di artisti poco noti o addirittura dimenticati, parecchi dei quali, quasi sconosciuti fra noi, sono celebrati in terra straniera, nei paesi dove hanno lasciato opere significative anche in quei secoli che sembrarono meno felici per l’arte italiana. Pure assai notevole è il fatto dell’indiscutibile influenza che l’Accademia romana esercitò su molti stranieri venuti nella nostra città quasi alle fonti dell’arte; ciò che mostra come sia stata sempre grandissima, se non unica, l’importanza di Roma come centro culturale nel mondo. La collezione dell’Accademia di San Luca presenta un carattere molto differente da quello delle altre gallerie più famose. Non è la raccolta di capolavori formata da un ricco mecenate, raffinato cultore dell’arte, come la Galleria Borghese, la Doria, o la Colonna; non è una raccolta di opere di varia provenienza, come chiese, confraternite religiose, raccolte private distrutte; i suoi quadri e le sue sculture sono per la massima parte doni di accademici, che lasciarono alla gloriosa istituzione romana qualche loro lavoro secondo gli statuti sociali, o fecero presente di opere da essi stessi raccolte. La collezione che si vede esposta al pubblico è formata dai pezzi migliori e di più generale interesse: non è pertanto un insieme organico, né molto ricco, ma per contro si trovano in essa opere di artisti che in nessun’altra galleria di Roma sono rappresentati. La Galleria di San Luca, infine, è una raccolta per gli intenditori e i buongustai, che sanno godere anche delle opere d’arte di minore importanza. E del resto non sarà male ricordare che vi sono opere minori, nelle quali si trova uno speciale particolare incanto che invano si cercherebbe altrove. Demolitasi per i lavori di Via dell’Impero la vecchia sede, posta da oltre tre secoli nelle case secentesche di Via Bonella accanto alla chiesa di San Luca e Santa Martina, l’Accademia nel 1934 si trasferì nel palazzo già Carpegna in Via della Stamperia, ben noto per la caratteristica rampa ovale del Borromini, che a cura del presidente Gustavo Giovannoni, coadiuvato da altri membri dello storico istituto, fu felicemente restaurato. Qui le collezioni tutte dell’Accademia ricevettero degna sistemazione, la Galleria venne opportunamente riordinata, mentre per la liberalità del barone Michele Lazzaroni, si accresceva di un gruppo di notevoli quadri, alcuni dei quali di grande pregio, come il Ritratto di Ippolito Riminaldi, ritenuto di Tiziano e la Giuditta, opera giovanile del Piazzetta, pittore finora non rappresentato nelle Gallerie romane.

Sopra, La planimetria della Galleria con la distribuzione delle diverse sale pubblicata da Vincenzo Golzio. Sotto, La Sala V con, in primo piano il dipinto di Anton van Dyck, Vergine con Bambino e angeli musicanti. Si riconoscono anche il bozzetto di Peter Paul Rubens rappresentante le Ninfe che coronano l’abbondanza e Rovine Romane di Giovanni Paolo Pannini.

24 25 Pagina a fronte, dall’alto, La Sala I con in evidenza il Putto reggifestone di Raffaello Sanzio, frammento di affresco; accanto il ritratto di Federico Zuccari. la Sala II con i due frammenti della grande tavola lignea di Agnolo Bronzino, raffiguranti sant’Andrea e san Bartolomeo. La Sala III dedicata al Settecento con il medagliere donato da Gustavo III di Svezia. Sopra, La Sala VI con sopra la porta l’affresco staccato del Guercino raffigurante Venere e Amore; sulla destra, tra le finestre, busti in gesso del Canova (Napoleone Bonaparte in primo piano e, sullo sfondo, Clemente XIII).

26 27 Il riordino negli anni Sessanta

Pagina a fronte: Roma, Palazzo Carpegna, portico e fregio di Francesco Borromini. Carlo Pietrangeli

Premessa in Mostra di antichi dipinti restaurati delle raccolte accademiche

1968

Il recente riordinamento delle raccolte ha mirato non tanto ad una più adeguata presentazione delle opere esposte al pubblico, che sono già decorosamente ordinate nelle sale del terzo piano di Palazzo Carpegna, quanto al miglioramento della sistemazione dei depositi e al completamento degli inventari. Tuttavia qualche cosa s’è fatto anche per la Galleria; rinnovati i pavimenti delle sale, si è ricavato dalla soffitta un nuovo ambiente e si sono create le premesse per sistemarne un altro, appena sarà possibile. In tal modo le sale della Galleria sono diventate nove; in una di esse si è potuto esporre con maggiore decoro un gruppo di terracotte settecentesche mentre nell’altro sono state collocate opere d’arte contemporanea generosamente donate all’Accademia dai suoi membri, ripristinando in tal modo una antica consuetudine che in questi ultimi tempi era caduta quasi in disuso. Al piano terreno sono state adattate due sale, razionalmente deumidificate, nelle quali sono stati decorosamente collocati, previo restauro, i quadri gia esistenti nelle soffitte, distribuendoli sulle pareti uno accanto all’altro in modo da poter essere facilmente studiati. Molti di questi quadri sono stati rifoderati, puliti e verniciati in un piccolo laboratorio di restauro appositamente attrezzato. Nel frattempo il “Putto” di Raffaello è stato inviato all’Istituto Centrale del Restauro per essere sottoposto agli interventi necessari per assicurarne la conservazione mentre a cura della Soprintendenza alle Gallerie di Roma e del Lazio sono stati restaurati tutti i dipinti della chiesa dei SS. Luca e Martina. Oggi tutti i quadri delle raccolte accademiche, situati o nei depositi o nelle sale di Palazzo Carpegna, possono essere facilmente esaminati dagli studiosi; solo un piccolo gruppo di opere di grande formato ma di scarso interesse artistico è rimasto nelle soffitte. Gli inventari sono saliti da 686 a 1023 numeri. Altrettanto s’è fatto per le sculture: quelle non esposte in Galleria e non visibili sono state ordinatamente riunite in un grande magazzino ove possono essere facilmente visibili da parte di chi ne abbia interesse; molte di esse sono state restaurate. L’inventario delle sculture è salito da 8o a 278 numeri. è in corso il restauro di un complesso di disegni di antichi concorsi, di stampe, di fogli a stampa già esistenti nei depositi e che ora vengono sistemati in un apposito magazzino per i disegni, attrezzato con mobili metallici a cassetti. In una sala del primo piano del palazzo è stata esposta tutta la raccolta delle medaglie che comprende anche esemplari rari e il gruppo di medaglie d’argento Testo tratto dalla Premessa di Carlo Pietrangeli al volume di Italo Faldi, Mostra di antichi dipinti restaurati delle svedesi del ’700 donate da Gustavo III all’Accademia nel 1787. raccolte accademiche (Accademia Nazionale di San Luca, 18 giugno - 6 luglio 1968). Le considerazioni svolte da Italo Faldi in questo catalogo costituiscono una importante tappa nella valutazione Infine anche la sistemazione di una sala al piano terreno adibita per le mostre storico-critica della collezione accademica. ha consentito una attività culturale di un certo rilievo; in essa si sono alternate in questi ultimi tempi mostre di Gino Severini, Amedeo Bocchi, Giuseppe Le fotografie che qui accompagnano il testo di Pietrangeli sono state eseguite da Oscar Savio probabilmente verso la Romagnoli, Marino Mazzacurati, Carlo Alberto Petrucci, oltre quella didattica fine degli anni Sessanta. per il centenario di Francesco Borromini.

31 Come è noto la Galleria accademica, sistemata un tempo nella sede di via Bonella 44, fu trasferita nel 1934 a Palazzo Carpegna. Essa si è formata attraverso i tempi coi doni degli accademici, con alcuni lasciti e con le prove dei concorsi. Fin dai più antichi statuti del Sodalizio si prescriveva infatti che “ogni accademico... debba mandare all’Accademia in dono un’opera sua a perpetua memoria” e altrettanto doveva fare il Principe (Presidente) che era obbligato a lasciare “onorevole dono dell’arte sua”. Era anche invalso tra gli accademici l’uso, codificato negli statuti del 1817, di mandare in dono il proprio ritratto. Si costituì così fin dal ’600 una Galleria Accademica che prese forma più concreta nel ’700, della quale peraltro non esistono antichi inventari né vecchie descrizioni. Le guide di Roma del ’700 ricordano la collezione ma non danno una elencazione delle opere ; le prime descrizioni a stampa sono della seconda meta dell’800. Ai doni e ai lasciti degli accademici, tra cui è opportuno ricordare quelli dello scultore Bartolomeo Cavaceppi (1800) e del pittore Domenico Pellegrini (184o), vanno aggiunti quelli di alcuni collezionisti privati quali Fabio Rosa (1753), Maurizio Dumarest (1913), Michele Lazzaroni (1935). Menzione a parte merita il lascito Müller (1901) che consentiva di effettuare periodicamente importanti acquisti nelle mostre d’arte contemporanea; esso si interruppe peraltro con la prima Guerra Mondiale. La Galleria si arricchì anche mediante le prove dei concorsi banditi dall’Accademia — tra cui sono celebri quelli Clementino e Balestra — e mediante un gruppo di undici quadri delle raccolte capitoline, già riuniti in un Gabinetto riservato del Campidoglio perché ritenuti di soggetto sconveniente per una pubblica raccolta, che furono inviati nel 1845 alla Accademia per ordine di Gregorio XVI. Data la origine così diversa delle opere, la Galleria non si può davvero considerare omogenea; essa, oltre che per alcune opere assai notevoli, è preziosa per la raccolta di opere di artisti minori del ’600 e ’700 e per la collezione di circa 400 ritratti di accademici che dal ’600 giungono fino ad oggi. Della collezione è in corso la preparazione di cataloghi scientifici curati rispettivamente dall’Accademico prof. Italo Faldi per le pitture e le sculture e dal marchese dott. Giovanni Incisa della Rocchetta per i ritratti. Si sta anche studiando la possibilità di pubblicare con metodo la raccolta dei disegni; il recente volume di Jack Wassermann su Ottaviano Mascarino ha ancora una volta richiamato l’attenzione su questa preziosa raccolta solo in piccola parte pubblicata.

In questo allestimento si notano, oltre ai busti di Antonio Canova (Autoritratto e Napoleone Bonaparte), i bassorilievi in terracotta, prove degli antichi concorsi accademici, posti in alto come sovrapporte.

32 33 Pagina a fronte, Tre sale con l’allestimento realizzato negli anni Sessanta; nell’immagine in alto si riconosce il Tarquinio e Lucrezia di Bilivert; nella centrale, il Putto di Raffaello; nella fotografia in basso, la nuova saletta delle terrecotte e dei gessi. Sopra, La galleria al piano terreno, oggi destinata a spazio espositivo, allestita al tempo come deposito.

34 35 La Galleria oggi

Francesco Cellini, schizzo per l’allestimento della Gipsoteca, 2008. 37 La riapertura della Galleria La Sala dei Gessi e il programma 2007-2011

2008

Il 18 ottobre 2008, festa di San Luca e apertura dell’anno accademico, si è inaugurata la Sala dei Gessi, una galleria luminosa posta al terzo piano e compresa fra lo scalone principale e la rampa borrominiana di Palazzo Carpegna restaurato agli inizi degli anni Trenta del Novecento da Gustavo Giovannoni, quando l’Accademia vi si trasferì, dopo la demolizione della sede storica a via di Bonella. In questa rinnovata sala sono esposti, dopo un accurato restauro, exempla di una delle collezioni più squisitamente rappresentative della storia dell’Accademia: la raccolta di gessi originali con sculture di Canova, Thorvaldsen, Kessels e Wolff. La Sala dei Gessi è il primo atto di un programma che prevede la riapertura dell’intera Galleria, rimasta chiusa al pubblico per alcuni anni al fine dell’adeguamento funzionale, che si concluderà nel 2009, secondo criteri profondamente rinnovati. Nel corso del 2009-2010 proseguirà l’allestimento di altre sale, per arrivare via via al completamento entro il 2011 dell’intero progetto museologico espositivo, curato dalle soprintendenti Angela Cipriani e Marisa Dalai Emiliani, al termine degli approfondimenti di ricerca, che riguarderanno anche la sistemazione dello scalone e della rampa borrominiana. L’intera Galleria, nel progetto di allestimento curato dall’architetto accademico Francesco Cellini, si articolerà in un percorso che inizia dalla rampa di Borromini dalla quale si accede alla prima sala dedicata alla funzione didattica svolta nei secoli dall’Accademia, arricchita da una scelta di ritratti storici degli Accademici che quell’attività hanno svolto fino all’Ottocento; segue quindi la Sala dei Gessi, centro del nuovo allestimento, sulla quale si aprono gli altri ambienti: una piccola sala dedicata al disegno storico di pittura, scultura e architettura, elemento unificante nella lunga vita dell’istituzione; una sala che ospiterà dipinti provenienti dal “Gabinetto riservato” un tempo in Campidoglio dove erano conservate le opere epurate per censura moralistica dalle altre collezioni pontificie; altre due sale dedicate a una selezione di opere di arte moderna (dal La Sala dei Gessi della Galleria dell’Accademia Nazionale di San Luca riaperta nel 2008 secondo Cinque all’Ottocento) e arte contemporanea (il Novecento) dalle raccolte il progetto museologico espositivo di Angela Cipriani e Marisa Dalai Emiliani e l’allestimento di Francesco Cellini. storiche dell’Accademia. L’ultimo spazio espositivo, piccolo e raccolto, posto in collegamento con il gabinetto di restauro, è destinato ai casi studio che via via emergeranno dalle continue indagini condotte sulle opere conservate.

Presentazione della riapertura della Galleria, Atti 2007-2008, Accademia Nazionale di San Luca, Roma 2010.

39 Angela Cipriani e Marisa Dalai Emiliani

La riapertura della Galleria Le nuove sale e le opere esposte

2011

La Galleria dell’Accademia Nazionale di San Luca, recentemente riaperta al pubblico dopo alcuni anni di chiusura per adeguamenti funzionali, è stata riordinata secondo criteri profondamente rinnovati e riallestita al terzo piano di Palazzo Carpegna, negli ambienti luminosi che si snodano tra lo scalone principale e la rampa borrominiana, restaurati agli inizi degli anni Trenta del Novecento da Gustavo Giovannoni. Fu allora che l’istituzione accademica romana, tra le più antiche d’Europa (1593), vi si trasferì dopo la demolizione dell’antica sede in via di Bonella ai Fori, accanto alla cortonesca chiesa dei Santi Luca e Martina. Le ricchissime raccolte che vi si conservano riflettono oltre quattro secoli di storia artistica e documentano la missione fondamentale dell’Accademia: la formazione nel tempo di pittori, scultori e architetti. Non a caso quindi il tema al centro del nuovo ordinamento (nel progetto espositivo curato dalle soprintendenti Angela Cipriani e Marisa Dalai Emiliani) è il rapporto tra maestri e allievi, testimoniato da opere nel linguaggio delle tre arti. Allestita secondo il progetto dell’architetto accademico Francesco Cellini, la Galleria si articola in un percorso che inizia dalla rampa di Borromini, dalla quale si accede alla Sala dei Concorsi Accademici. Il vasto ambiente raccoglie La Sala dei Concorsi Accademici. una scelta significativa delle prove che, dall’istituzione dei Concorsi Clementini In primo piano, la terracotta di Pietro Bracci, “Iosia Re di Giuda, che consegna il denaro raccolto ad Amasia nel 1702 fino ai Concorsi Canova nel primo Ottocento, furono premiate Governatore della Città ... per far la spesa di ridurre il Tempio al suo perfetto Termine, e compimento...”, con pubblica cerimonia in Campidoglio. Delle tre edizioni dei Concorsi Concorso Clementino 1725. Clementini illustrate, quella del 1725 dimostra l’importanza per la formazione dei futuri architetti del disegno di rilievo, applicato con varianti personali alla chiesa accademica dei Santi Luca e Martina da tre diversi concorrenti, che furono, nell’ordine di premiazione, Vincenzo Silva-Isacchi, Tommaso Asprucci e Giuseppe Doria. I rilievi in terracotta del fiorentino Filippo Della Valle e di Pietro Bracci, ispirati allo stesso tema biblico, Iosia Re di Giuda, che consegna il denaro raccolto ad Amasia Governatore della Città … per far la spesa in ridurre il Tempio al suo perfetto Termine e compimento…, e vincitori ex aequo del primo premio di Scultura, propongono viceversa un altro aspetto cruciale dell’apprendistato artistico, quello dell’emulazione, sottesa anche al confronto tra i tre bassorilievi con lo stesso soggetto che ottennero rispettivamente il primo, il secondo e il terzo premio della prima classe di Scultura al concorso del 1766 – nell’ordine Filippo Tagliolini, Giovanni Battista Bernero e Vincenzo Pacetti, impegnati per quella edizione del Concorso a rendere in bassorilievi di terracotta il tema: Il Re Faraone assiso sul Trono riceve Giacobbe, condotto da Giuseppe suo Figlio. Sia nel 1725 che nel 1766, vincitori del primo premio di Pittura (in realtà con un disegno preparatorio) furono due concorrenti stranieri, Charles Natoire – con il cartone Mosè che nel ritorno dal Monte Sinai si mostra al Popolo con faccia risplendente – e il polacco Francesco Smuglewicz – sviluppando quest’ultimo il tema Abramo che offerisce sacrificio alla presenza di Melchisedec dopo la vittoria dei cinque Rè –, a dimostrazione dell’apertura e della fama internazionale dei corsi Presentazione della riapertura delle nuove sale della Galleria, Atti 2009-2010, Accademia Nazionale di San Luca, Roma 2011.

41 dell’Accademia di San Luca. Nelle prove del Concorso Clementino del 1805 Casini, sono stati guidati principalmente dalla qualità dei dipinti, dalla originalità notevole infine è l’orientamento, riconoscibile sia nel linguaggio pittorico che della presentazione, dall’importanza storica dell’autore o dell’effigiato, anche plastico, verso un nuovo classicismo: ne sono certamente prova la terracotta in rapporto al ruolo svolto nell’istituzione, senza trascurare la provenienza presentata da Claudio Monti – Il Re Assuero assiso in trono co’ i grandi del geografica dei personaggi e, non ultimo, lo stato di conservazione delle opere. regno, al quale si presenta la Regina Ester sua sposa a implorare la liberazione Si è cercato inoltre di rispettare un certo equilibrio tra le varie professionalità del suo diletto Popolo Ebreo – o i disegni preparatori a matita nera e gessetto di rappresentate: pittori, scultori, architetti, individuati in diversi casi dalle modalità Antonio Caliani e di Bartolomeo Pinelli per lo stesso soggetto, Gesù Cristo che di auto-rappresentazione. Una parte di rilievo occupa il corpus di sette ritratti scrivendo in terra assolve l’Adultera. realizzati, tra numerosi altri di sua mano, da Anton von Maron nel secondo Anche il Concorso Balestra, istituito nel 1768 e destinato a prove di architettura, Settecento. Oltre all’autoritratto del fine ritrattista austriaco, sono presenti pittura e scultura ma con soggetto storico o mitologico, permette di seguire le effigi di Francisco Preciado, Antonio Asprucci, Vincenzo Pacetti, Thomas le trasformazioni del gusto e della cultura figurativa attraverso gli esempi a Jenkins, Cristoph Unterberger, Bartolomeo Cavaceppi, qualitativamente tra le confronto di due delle sue edizioni: quella organizzata nel 1786 e qui testimoniata opere più elevate dell’intera collezione. dalle opere di Francesco Manno (un olio su tela raffigurante La fuga della Nel loro insieme i volti degli accademici, divenuti numi tutelari delle generazioni Vergine Clelia con le altre donzelle sue compagne dal campo di Porsenna a quello di allievi che si sarebbero avvicendate negli anni, testimoniano la missione de Romani) e Mario Asprucci (il progetto per una Biblioteca), e l’edizione del culturale dell’Accademia di San Luca, divenuta sempre più complessa nel corso 1801, evocata attraverso le prove per le tre Classi svolte da Arcangelo Michele del tempo. Le loro effigi sono quelle di soggetti della storia, evocatrici non di Migliarini (Atamante Re di Tebe infuriato per opera di Tisifone..., olio su tela), da valori privati, ma di un ruolo civile e culturale di largo respiro. Pietro Finelli (terracotta raffiguranteAlcide dopo aver ferito a morte il centauro Dalla prima sala si accede alla Gipsoteca, cuore del nuovo allestimento Nesso) e da Basilio Mazzoli (progetto di una Scuola militare per l’istruzione della e aperta al pubblico fin dal 2008, dove è possibile ammirare exempla di una Compagnia del Genio). Ma una vera e propria rivoluzione stilistica si afferma delle collezioni più rappresentative della storia dell’Accademia: la raccolta di con le opere dei vincitori dei concorsi voluti, e sostenuti generosamente sul piano gessi originali, non d’après, ma per lo più prove d’artista, con sculture, tra gli economico, da Antonio Canova, il cui ritratto in marmo è esposto in questa sala, altri, di Canova, Thorwaldsen, Kessels, Wolff, Tenerani e Zagari. Fra queste, di nel suo ruolo di Principe dell’istituzione accademica in età napoleonica e nei particolare interesse sono i doni di ingresso nella prestigiosa istituzione romana primi anni della restaurazione. È il celebre scultore il “mecenate anonimo” a di artisti italiani e stranieri al momento della nomina come accademici, secondo cui è intitolato il premio che viene assegnato nel 1813 al grande nudo eroico di le prescrizioni statutarie. Si segnala, in particolare, il bassorilievo Socrate salva Francesco Hayez, come nel 1819 al Sansone del giovane Domenico Pellegrini. E Alcibiade nella battaglia di Potidea di Antonio Canova, accademico di merito dei nuovi ideali civili dell’architettura testimoniano i progetti premiati in quella dal 5 gennaio 1800. Suo è anche il grande modello della testa di Clemente stessa temperie culturale, tra cui quello elaborato nell’edizione del 1817 da XIII, il pontefice veneziano Carlo Rezzonico, per il monumento funebre che Niccolò Muccioli per Un edificio che contenga tutti li comodi necessari per uso sarebbe stato eretto in marmo nella basilica di San Pietro nel 1787; e il busto che di una accademia di Belle Arti a vantaggio della pubblica istruzione. rappresenta La Religione cattolica, parte superstite del modello in gesso per la Nella stessa sala, le prove dei Concorsi sono state affiancate da un gruppo di statua colossale che l’artista avrebbe voluto erigere in San Pietro, a sue spese, dipinti appartenenti alla raccolta dei Ritratti degli Accademici, una delle più per il definitivo ritorno a Roma di Pio VII, nel 1814. Lascito degli eredi dello importanti eredità artistiche conservate presso l’Accademia di San Luca e, nel scultore danese Bertel Thorvaldsen, dopo la sua morte nel 1844, sono invece due suo genere, tra le maggiori in Italia con quella degli Uffizi. Fu avviata a partire grandi bassorilievi in gesso, rispettivamente del 1812 e 1815 e il gruppo Le tre dagli anni iniziali del Seicento dallo stesso Federico Zuccari, primo Principe Grazie (1832), variante tarda di un soggetto più volte riproposto, mentre dono di San Luca, e probabile iniziatore della raccolta proprio con il dono del suo dell’artista è il gruppo di Ganimede e l’aquila (1817), dall’originale elegante autoritratto. L’intenzione, secondo il medesimo programma dell’Accademia iconografia. È entrato poi a far parte del nuovo allestimento della Gipsoteca dell’Arte del Disegno di Firenze, era di dotare l’istituzione romana delle effigi anche il gesso mutilo, identificato per gli attributi, l’attitudine e le vesti in Ebe, degli importanti artefici del passato, attualizzando tuttavia quella particolare la mitica coppiera degli Dei, anch’esso opera di Thorvaldsen e dono dei suoi forma di galleria dinastica con i ritratti di coloro che, nel tempo, sarebbero eredi. Così come sono stati recentemente disposti a concludere il percorso della divenuti accademici e principi dell’istituzione. Nel nuovo allestimento è ora luminosa galleria i due studi per bassorilievi eseguiti dallo scultore e architetto presentata una selezione di ventisette dipinti (degli oltre cinquecento che Saro Zagari (Ercole al bivio e Sposalizio di Ercole con Ebe nell’Olimpo, realizzati costituiscono l’intera raccolta), datati tra l’inizio del Seicento e i primi anni nel 1874 per la facciata del teatro di Santa Elisabetta a Messina); e ancora la dell’Ottocento. La sequenza si apre con l’autoritratto del pittore Orazio Flora, modellata da Pietro Tenerani intorno al 1835. Borgianni e termina con l’autoritratto dello scultore Antonio d’Este che ritrae Dalla Gipsoteca si accede al Gabinetto dei Disegni, che accoglie su una parete probabilmente Canova, accanto al solo esempio di ritratto femminile, quello esempi delle tavole predisposte per le lezioni di Anatomia, Prospettiva e Ordini della miniaturista Sofia Clerk, accademica di San Luca dal 1801, dipinto da Gian architettonici, le discipline fondamentali dell’insegnamento accademico nel Domenico Cherubini. La presenza dell’effigie della pittrice – non l’unica di una XVII secolo. I materiali grafici esposti documentano questi aspetti fondamentali donna nella collezione – è il sintomo di un cambiamento del clima culturale della formazione degli artisti attraverso la scelta di tre serie di fogli, risalenti nel primo Ottocento in sintonia con la grande trasformazione canoviana tutti alla seconda metà del Seicento. Si impongono per la qualità del segno le sei dell’Accademia di San Luca. I criteri della scelta, a cura dello studioso Tommaso Lezioni di Giovanni Battista Passeri dedicate all’anatomia degli arti superiori e

42 43 inferiori, dei quali sono rappresentate sia la struttura ossea che quella muscolare, Capitolina e provengono dalla collezione Sacchetti, di cui vennero acquisiti nella stasi e in movimento. Francesco Cozza costruisce invece spazi geometrici per il Campidoglio i quadri migliori nel 1748. Il 12 marzo 1845 il Presidente applicando diversi procedimenti proiettivi, mentre Gregorio Tomassini, che fu dell’Accademia, Giovanni Silvagni, informava il Camerlengo dell’arrivo delle maestro di Architettura per diversi anni, compone e scompone con sapiente opere, garantendo che i quadri “verranno rigorosamente coperti al pubblico, efficacia, sui fogli a corredo delle sue Lezioni, gli elementi costitutivi e il sistema come ingiunge Vostra Eminenza, affinché la modestia non debba offendersi di rapporti proporzionali che caratterizzano l’ordine dorico, jonico, corinzio e delle nudità di alcune figure”. Malgrado le assicurazioni di Silvagni, dalla Guida composito. della Galleria della insigne e pontificia Accademia di San Luca in Roma del 1864 Sulla parete di fronte, un altro gruppo di disegni di architettura, spettacolari risulta che diversi dipinti erano già esposti*. sotto il profilo progettuale ma anche delle tecniche di rappresentazione grafica, Sono ancora in corso di allestimento le ultime due sale della Galleria, che si documenta la prassi del dono d’ingresso all’istituzione, a norma di statuto, da intendono dedicare a rotazione a opere di arte moderna dal XVI al XIX secolo, parte dei neo-eletti accademici. iniziando rispettivamente con una rassegna di vedute e paesaggi romani e, Nella successiva Sala del “Gabinetto Riservato”, a cura di Sergio Guarino, nell’ultima sala, di dipinti e sculture del Novecento provenienti dalle raccolte sono state esposte tele prestigiose di , Guercino, Palma il Giovane, storiche dell’Accademia. Benedetto Luti e del Cavalier D’Arpino provenienti dalla Pinacoteca Capitolina. Le opere recentemente donate dagli artisti accademici sono attualmente esposte Singolare la loro storia: alla metà del Settecento papa Benedetto XIV, con il nelle sale della Presidenza al primo piano di Palazzo Carpegna. cardinale Silvio Valenti Gonzaga, segretario di Stato e ricco collezionista, aveva istituito la “Galleria de’ quadri in Campidoglio”, l’attuale Pinacoteca Capitolina. L’Accademia di San Luca venne fin dall’inizio coinvolta con le vicende di questa nuova raccolta pubblica, non solo perché gli accademici furono di fatto, per tutto il XVIII secolo, i direttori della galleria, ma soprattutto perché era l’Accademia * Il testo relativo al “Gabinetto Riservato” è debitore in larga misura alla scheda predisposta da a gestire direttamente la Scuola del Nudo, riservata agli allievi dell’Accademia, Sergio Guarino, come al lavoro di ricerca di Tommaso Casini si deve quello riguardante i Ritratti degli Accademici. ospitata in un nuovo ambiente progettato da Giovanni Paolo Pannini e realizzato sul Campidoglio proprio al di sotto della Sala I della Pinacoteca (l’odierna Sala di Santa Petronilla). Era ovviamente inconcepibile all’epoca che nella Scuola del Nudo potessero esservi anche modelle, per cui i giovani pittori, per esercitarsi sul nudo femminile, salivano nei due ambienti in cui allora era ospitata la Pinacoteca per copiare i quadri i cui soggetti richiedevano la presenza di donne svestite, come ad esempio Susanna e i vecchioni, Davide e Betsabea o Bacco e Arianna. Antonio Canova nei primi dell’Ottocento decise di trasferire altrove la Scuola del Nudo e poco dopo si verificò un episodio che si potrebbe definire oggi di intolleranza e censura moralistica, peraltro in linea con la mentalità dell’epoca della Restaurazione post-napoleonica. I quadri con i nudi femminili che a lungo erano rimasti esposti nelle sale capitoline, avendo perso la loro precisa e riconosciuta finalità didattica, improvvisamente vennero percepiti come osceni o meglio, per citare esattamente quel che si diceva all’epoca, “poco decenti di vedersi pubblicamente”. Per questo, all’indomani dell’elezione al soglio pontificio di papa Leone XII (1823), vennero tolti dalle sale – con l’eccezione del grande Bacco e Arianna di scuola di Guido Reni, che rimase esposto fino al 1841 – e sistemati temporaneamente in un “gabinetto riservato” ospitato in una sala terrena del Palazzo dei Conservatori sul Campidoglio (e visibili per alcuni informati visitatori, in cambio di un’adeguata mancia al custode, come riportano le fonti del tempo). Nel 1836 vennero trasferiti all’Accademia di San Luca la Fortuna di Guido Reni e bottega e l’affresco staccato di Guercino (che, conservato nei depositi in Campidoglio, non aveva mai fatto realmente parte della raccolte capitoline). Nel marzo 1845 infine tutte le opere del “gabinetto riservato” venivano definitivamente donate all’Accademia. Il gruppo era formato da dodici dipinti: undici sono tuttora esposti (Bacco e Arianna della scuola di Guido Reni è collocato lungo lo scalone principale della sede accademica), mentre di uno – Lot e le figlie, assegnato all’epoca a Palma il vecchio – si persero le tracce già negli anni seguenti. Con l’eccezione dell’Amore e Psiche di Benedetto Luti, acquistato nel 1771, i quadri appartengono al nucleo originario della Pinacoteca

44 45 Le opere esposte

schede di Sergio Guarino (S. G.) Marica Marzinotto (M. M.) Paola Picardi (P. P.) Valeria Rotili (V.R.) Governatore della Città […] per far la spesa in ridurre il Tempio al Sala dei Concorsi Accademici suo perfetto Termine, e compimento […], 1725 terracotta, cm 57 x 80, inv. 7 Nell’Anno Santo 1725 Filippo Della Valle e Pietro Bracci vinsero ex- aequo il primo premio della prima classe di scultura del Concorso Clementino. Il soggetto è tratto dal Secondo Libro dei Re: Giosia chiede al sacerdote Hilke di raccogliere e consegnare il denaro agli esecutori dei lavori per il restauro del Tempio di Gerusalemme e probabilmente fu proposto dagli accademici nel clima di rinnovamento culturale promosso dal pontefice con l’apertura di grandi cantieri ela conclusione di importanti fabbriche in occasione del Giubileo. L’evento biblico è rappresentato con un rilievo morbido e con la tecnica dello stiacciato negli elementi decorativi e architettonici, mentre i raffinati effetti Pierre Le Gros (Parigi 1666 - Roma 1719) luministici sono stati ottenuti con stecche dentate. Lo scultore giunse Le Arti rendono omaggio a Clemente XI, 1702 a Roma lo stesso anno del concorso accademico, dopo aver iniziato la terrracotta, cm 91 x 63, inv. 44 sua formazione a Firenze presso Giovanni Battista Foggini, con il quale In occasione della sua ammissione tra gli accademici di merito aveva legami di parentela. Della Valle partecipò attivamente alla vita e in ottemperanza alle prescrizioni statutarie, l’8 ottobre 1702 dell’Accademia, dove è documentato a partire dal 4 luglio 1730, quando Pierre Le Gros donò all’Accademia di San Luca questo rilievo, venne ammesso tra gli accademici di merito, mentre nel 1760 fu eletto con cui intendeva celebrare l’istituzione dei Concorsi Clementini, alla massima carica di principe. (V. R.) voluti da papa Albani nello stesso anno come fastose occasioni di promozione culturale e di propaganda politica e organizzati in un luogo simbolico come il Campidoglio. Il pontefice è rappresen- tato in trono accompagnato da Minerva mentre le personificazioni dell’Architettura, della Pittura e della Scultura, riconoscibili dagli attributi consueti, gli rendono omaggio. In alto un angelo con lo stemma della famiglia Albani e con la fiaccola della Divina Sapienza combatte contro la Discordia e l’Ingiustizia, caratterizzate rispettiva- mente dalla torcia e dalle orecchie d’asino. Sia la composizione che la Pietro Bracci (Roma 1700-ivi 1773) tecnica appaiono estremamente accurate, la superficie è stata levigata Iosia Re di Giuda, che consegna il denaro raccolto ad Amasia grazie all’uso di diversi strumenti e di un panno bagnato. Si può parlare Governatore della Città […] per far la spesa in ridurre il Tempio al di un “rilievo gerarchico” visto che lo scultore fa emergere l’immagine suo perfetto Termine, e compimento […], 1725 del pontefice quasi a tutto tondo rispetto alle altre figure, distribuite su terracotta, cm 57 x 79, inv. 8 piani diversi mediante l’utilizzo dello stiacciato, come è evidente anche nell’architettura classica sullo sfondo. (M. M.) Il rilievo di Pietro Bracci, artista romano, è trattato in modo più dinamico ed espressivo, pur se meno rifinito, rispetto all’interpretazione di Della Valle. Le figure del bassorilievo emergono dal fondo in maniera più netta mentre i panneggi abbondanti sono realizzati con profonde Concorso Clementino 1725 pieghe e netti contrasti chiaroscurali, tipici anche delle opere in marmo dello scultore. Bracci, aderente al linguaggio tardo-barocco, dopo un primo apprendistato continuò il suo percorso formativo con Giuseppe Chiari e poi con Camillo Rusconi. Nel 1724, a testimonianza della sua raffinata cultura, entrò in Arcadia con il nome di Gisilio Niddano e il 6 marzo 1740 venne ammesso come accademico di merito alla San Luca, ricoprendo nel 1756 anche la carica di principe. (V. R.)

Charles Natoire (Nimes 1700 - Castel Gandolfo 1777) Mosè che nel ritorno dal Monte Sinai si mostra al Popolo con faccia risplendente […],1725 matita, penna, acquarello, biacca, mm 525 x 760, inv. A 292 L’artista francese Charles Natoire partecipò nel 1725 al Concorso Clementino, vincendo ex-aequo con Domenico Scaramucci e Giovanni Francesco Ferri della Pergola, il primo premio della prima classe di pittura. Il tema assegnato è tratto dall’Esodo e viene risolto dall’artista con una composizione equilibrata e con molteplici citazioni da grandi maestri Vincenzo Silva-Isacchi (Verna, Como) del passato e contemporanei, quali Michelangelo, Raffaello, Bernini e La facciata della Chiesa di San Luca sopra S. Martina, Opera di Giuseppe Chiari, quest’ultimo a quel tempo principe dell’Accademia Pietro da Cortona Celebre Pittore, et Architetto […], 1725 di San Luca. Inoltre la figura di Mosè, tanto per l’attitudine quanto penna e acquarello, mm 550 x 780, inv. 318 per il drappeggio della veste, sembra esemplata su quella del San Pietro L’artista comasco vinse nel 1725 il primo premio della terza classe di eseguita da Pierre-Etienne Monnot in San Giovanni in Laterano. Il architettura del Concorso Clementino, presentando un disegno in disegno di Natoire divenne esso stesso modello, come sembra indicare scala della pianta e del prospetto della facciata della chiesa accademica la richiesta inoltrata dal giovane pittore francese Le Jeune nel 1772 di dei Santi Luca e Martina. Il fronte seicentesco della chiesa disegnato poterne eseguire una copia. In Accademia Natoire è documentato dal da Pietro da Cortona fu riprodotto da Silva nella metà destra del 1751, quando venne accolto tra gli accademici di merito e ricoprì la carica foglio. Nella parte sinistra dell’elaborato grafico l’artista disegnò invece di rettore della chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano. (V. R.) diversi particolari decorativi, cornici, modanature, colonne e capitelli, con la relativa legenda entro un cartiglio. L’architetto è citato nei docu- menti dell’Accademia anche in riferimento al Concorso Clementino del 1728, quando vinse il terzo premio della prima classe con un progetto di Piazza per un porto di mare. (V. R.)

Filippo Della Valle (Firenze 1698-Roma 1768) Iosia Re di Giuda, che consegna il denaro raccolto ad Amasia 49 futura Gerusalemme. Smuglewicz iniziò i suoi studi con il padre Vincenzo Pacetti iniziò probabilmente la sua attività presso la Lucasz, pittore ad affresco. Nel 1763 è documento a Roma dove per- bottega del padre, un incisore di gemme, e successivamente frequentò fezionò il suo percorso artistico presso lo studio di Anton von Maron. l’Accademia del Nudo in Campidoglio e la bottega dell’accademico Nel 1785, ritornato in Polonia, lavorò principalmente per il re Stanislao Pacilli. Con questo rilievo l’artista ottenne il terzo premio della prima Augusto, ottenendo importanti commissioni e aprendo una scuola di classe di scultura al Concorso Clementino del 1766. Pacetti in Acca- pittura a Varsavia. Nel 1800 chiese di essere ammesso tra gli accademici demia è documentato anche tra i concorrenti dei due Concorsi Balestra di San Luca, definendosi pittore dell’Imperatore di Russia. (M. M.) del 1768 e del 1773, nei quali ottenne rispettivamente il secondo e il primo premio. Ricoprì diverse cariche accademiche e nel 1796 venne eletto principe della San Luca, mentre nel 1801 venne accolto nella Claudio Monti (Roma 1783/4) Congregazione dei Virtuosi. Artista di notevole fama, svolse un’intensa Il Re Assuero assiso in trono co’ i grandi del regno, al quale si pre- attività didattica nell’ambito di una riconosciuta carriera artistica che lo senta la Regina Ester sua sposa per implorare la liberazione del suo Tommaso Asprucci rese molto noto in Italia e in Europa come scultore e come restauratore La facciata della Chiesa di San Luca sopra S. Martina, Opera di diletto Popolo Ebreo […], 1805 di marmi antichi. In questa prova giovanile si dimostra, rispetto agli terracotta, cm 63 x 105, inv. 26 Pietro da Cortona Celebre Pittore, et Architetto […], 1725 altri due premiati, più vicino al linguaggio della precedente generazione Figlio di Giovanni Battista, scultore romano attivo nel grande cantiere penna e acquarello, mm 760 x 510, inv. 320 di scultori attivi a Roma. (V. R.) L’architetto romano Tommaso Asprucci partecipò al Concorso Filippo Tagliolini (Fogliano di Cascia 1745-Napoli 1809) di Villa Borghese diretto da Antonio Asprucci, e cugino di Gaetano – Clementino del 1725 con Vincenzo Silva e Giuseppe Doria, vincendo il Il Re Faraone assiso sul Trono riceve Giacobbe, condotto da Gi- quest’ultimo forse lo scultore più noto della famiglia –, Claudio Monti secondo premio grazie a due elaborati che riproducono rispettivamente useppe suo Figlio, 1766 lavorò principalmente tra Roma e Napoli, dove nel 1822 venne nomi- nato professore onorario dell’Accademia di Belle Arti. Unico concor- la pianta della facciata e il prospetto anteriore della chiesa cortonesca al terracotta, cm 50 x 70, inv. 53 Concorso Clementino 1805 rente per la prima classe di scultura al Concorso Clementino del 1805, Foro Romano. A differenza di Silva, Asprucci non si limitò a misurare Il bassorilievo, oggi mancante della testa del personaggio a sinistra, ottenne il primo premio presentando questo rilievo. Lo scultore mette e disegnare la facciata ma riprodusse l’intero edificio sacro ripreso dal ottenne il primo premio della prima classe di scultura al Concorso in scena il momento di maggiore pathos dell’evento biblico narrato nel lato d’ingresso e dominato dalla maestosa cupola. Nel 1728 l’architetto Clementino del 1766. Il giovane autore, Filippo Tagliolini, mostra una Libro di Ester, quello in cui la regina ed eroina ebrea chiede al re As- vinse ex-aequo con Paolo Posi il primo premio della seconda classe di grande abilità nella cura dei particolari, come si nota sia nella testa suero, suo sposo, la liberazione del suo popolo. La regina è sostenuta architettura del Concorso Clementino, progettando un Convento per della Gorgone sullo scudo del soldato sia nel basamento del trono. da due ancelle mentre “per timore del divieto ricevuto sviene”, come trenta religiosi. (V. R.) Quest’ultimo è decorato con una scena di adorazione di un idolo e con il bando espressamente richiedeva. Assuero siede su un trono rialzato, geroglifici, elementi che evocano l’Egitto, dove si svolge effettivamente nel momento che precede la decisione di offrire la metà del proprio l’episodio biblico rappresentato. L’artista umbro arrivò nella città regno agli ebrei. Il momento conclusivo della storia biblica è omesso pontificia proprio nel 1766, entrando nell’atelier di Pietro Pacilli, acca- per privilegiare la rappresentazione dei sentimenti, anche se le attitudini demico di San Luca. Nonostante il riconoscimento del premio, Taglio- Antonio Caliani (Muzzani, Vercelli 1785-Spagna 1824) composte e le tipologie tradizionali dei personaggi conferiscono alla lini lasciò Roma nel 1767 per lavorare a Venezia e per poi trasferirsi a Gesù Cristo, che scrivendo in terra assolve l’Adultera, presenti i composizione un gusto anticheggiante. (M. M.) Vienna in qualità di modellatore di porcellane. Nel 1780, chiamato da Dottori, Scribi, e Farisei che l’avevano accusata, rimanendo sorpresi Ferdinando IV, si stabilì a Napoli continuando la sua attività nella Reale e confusi, e alcuni in atto di partire, 1803-1805 Fabbrica di Capodimonte. (M. M.) matita nera e gessetto, mm 655 x 1000, inv. A 594 Il 12 aprile 1803 fu pubblicato il bando del Concorso Clementino, nel quale, come di consueto, veniva assegnato ai concorrenti un anno di tempo per realizzare un’opera di soggetto sacro. Nel Giuseppe Doria (Messina, doc. 1725-1747) caso specifico – per la prima delle tre classi di pittura nelle quali La facciata della Chiesa di San Luca sopra S. Martina, Opera di era articolato il concorso, corrispondenti a una progressiva Pietro da Cortona Celebre Pittore, et Architetto […], 1725 difficoltà – il soggetto proposto fu Cristo e l’adultera. Di fatto i con- penna e acquarello, mm 750 x 520, inv. 321 correnti consegnarono i lavori solo nel giugno del 1805 quando Pio Giuseppe Marola (Roma) VII, che secondo il cerimoniale, avrebbe dovuto presenziare alla pre- Nel 1725 Giuseppe Doria vinse il terzo premio della terza classe Lot, che fugge dall’incendio di Sodoma in compagnia delle due Giovanni Battista Bernero (Cavallerleone 1736-Torino 1786) miazione, tornò a Roma dopo l’incoronazione di Napoleone a Parigi. di architettura del Concorso Clementino, presentando questo figlie, 1805 Il Re Faraone assiso sul Trono riceve Giacobbe, condotto da Gi- Antonio Caliani, formatosi a Torino presso il cognato Luigi Bernero, disegno. La facciata della chiesa accademica appare qui estrapolata terracotta, cm 64,5 x 99, inv. 49 useppe suo Figlio, 1766 dopo aver eseguito la prova estemporanea, che serviva ad accertare dal corpo dell’edificio, differentemente dall’elaborato di Asprucci, terracotta, cm 56,5 x 81, inv. 11 l’autografia dei disegni presentati, vinse il primo premio sebbene, per Il patriarca Lot, in questo noto episodio della Genesi, fugge dal- anche se viene riprodotta la cupola. Tuttavia, a quest’ultima è data Un anno prima del Concorso Clementino, Giovanni Battista motivi di salute, non avesse rispettato i termini di consegna dell’opera. la città di Sodoma in fiamme insieme alle due figlie, seguito dalla minore importanza, visto che il tratto è più leggero e la porzione Bernero arrivò a Roma grazie a un sussidio di perfezionamento, Il disegno del vincitore si distingue dalle altre prove in concorso per moglie che, per aver contravvenuto all’ordine di non voltarsi in- terminale della lanterna risulta tagliata dalla squadratura dopo aver concluso il suo apprendistato presso la scuola dell’artista l’accentuata plasticità e monumentalità delle figure, esaltata dal punto di dietro, sta per essere tramutata in una statua di sale. Le quattro superiore del foglio. Nel Concorso Clementino bandito nel 1732 francese Claudio Francesco Beaumont. Con questo rilievo, vista ribassato e dal possente fondale architettonico. (P. P.) figure, caratterizzate da un rilievo molto delicato, come in unfre- Doria vinse il secondo premio della prima classe di architettura, Bernero ottenne il secondo premio della prima classe di scultura del gio antico occupano l’intera altezza della lastra di terracotta, con vari elaborati sul tema proposto dall’istituzione: Una città in Concorso Clementino bandito nel 1766 e, nello stesso anno, vinse lasciando poco spazio agli elementi dello sfondo. La posa statuaria mezzo al mare. Si conoscono altre notizie sull’artista, in special il primo premio alla Scuola del Nudo. A Roma rimase fino al 1769 e l’abbigliamento all’antica conferiscono monumentalità ai modo sulla sua formazione sotto la guida di Nicola Salvi e di Luigi frequentando gli artisti ed eruditi della cerchia del cardinale Alessandro personaggi, che avanzano da sinistra a destra con ritmo cadenzato Vanvitelli e sugli apparati che eseguì per la Festa della Chinea a palazzo Albani e continuando la sua preparazione presso Ignazio Collino. ed espressività contenuta. Autore del rilievo è il giovane Giuseppe Farnese in Roma. (M. M.) Nel 1770 ritornò nel nativo Piemonte dove ottenne incarichi Marola, artista di cui non si conoscono altre opere né le notizie ufficiali alla corte Sabauda e dalla Reale Accademia di Torino. Nella biografiche, mentre è documentato in Accademia nel 1805, quan- composizione la figura centrale di Giuseppe assume la funzione di do vinse il terzo premio della seconda classe di scultura del Concorso Clementino 1766 perno della scena, mentre Giacobbe, inginocchiato nell’atto di benedire Concorso Clementino presentando questo rilievo. (V. R.) il sovrano, forma un asse obliquo che taglia le linee verticali del Bartolomeo Pinelli (Roma 1781-ivi 1835) colonnato dello sfondo, in cui si dispongono le figure dei fratelli di Gesù Cristo, che scrivendo in terra assolve l’Adultera, presenti i Giuseppe e delle rispettive famiglie nei piani digradanti del Dottori, Scribi, e Farisei che l’avevano accusata, rimanendo sorpresi Concorso Balestra 1786 bassorilievo. La terracotta presenta una colorazione più intensa degli e confusi, e alcuni in atto di partire, 1803-1805 altri rilievi conservati nelle collezioni accademiche, dovuta a una matita nera e gessetto, mm 795 x 1100, inv. A 600 vernice di polvere di ottone e olio, stesa dall’autore. (V. R.) La Congregazione accademica assegnò a Bartolomeo Pinelli, per questo disegno, il quarto premio della prima classe di pittura del Concorso Clementino, nel 1805. Il taglio compositivo diagonale del colonnato Francesco Smuglewicz (Varsavia 1745-Vilno 1807) corinzio e la disposizione a scalare delle figure ricordano la brillante Abramo che offeriscie sacrificio alla presenza di Melchisedec dopo la prova dell’esordio romano di Giani, con la quale questi si era aggiudicato vittoria dei cinque Rè, 1766 il secondo premio ex-aequo al Concorso Clementino del 1783. L’anno sanguigna e biacca su cartoncino preparato, mm 625 x 880, inv. A 428 successivo al concorso, Pinelli realizzò una seconda versione del tema Nel 1766 l’artista polacco ottenne il primo premio nella prima (Vienna, Albertina) nella quale il colonnato, per tipologia e disposizione classe di pittura del Concorso Clementino con questo disegno. rispetto ai personaggi rappresentati, sembra derivare dalla prova del La scena è divisa in due parti dall’ara dove si sta compiendo il rito Vincenzo Pacetti (Roma 1746-ivi 1820) terzo premiato, il bergamasco Bartolomeo Fumagalli. Negli anni succes- Francesco Manno (Palermo 1752-Roma 1831) sacrificale. Il pittore aderisce perfettamente al tema assegnato, Il Re Faraone assiso sul Trono riceve Giacobbe, condotto da Gi- sivi il pittore romano si distinse in Accademia vincendo il primo premio La fuga della Vergine Clelia con le altre donzelle sue compagne dal rappresentando i due protagonisti affrontati, con l’offerta del pane e useppe suo Figlio, 1766 della prima classe della Scuola del Nudo, nel marzo 1807 e il primo pre- Campo di Porsenna a quello de Romani, 1786 del vino in primo piano e sullo sfondo le mura della città di Salem, la terracotta, cm 50 x 72, inv. 14 mio di scultura nel marzo 1809. (P. P.) olio su tela, cm 70 x 98, inv. 241 51 Avviato dai genitori all’arte orafa, il palermitano Francesco Man- In occasione della congregazione accademica del 3 febbraio 1799, da consentire collegamenti diretti tra i vari spazi in un insieme perfet- no preferì dedicarsi alla pittura, trasferendosi a Roma verso Stefano Tofanelli propose come tema di pittura per il Concorso Balestra tamente organico. Nel 1810 venne proposto come membro di merito il 1786. Nella città pontificia frequentò lo studio di Pompeo un soggetto tratto dalla versione cinquecentesca delle Metamorfosi di dell’istituzione, in cui svolse molteplici incarichi di natura didattica, tra Batoni e quindi la scuola di Francisco Preziado. Oltre a una intensa Ovidio, curata da Giovanni Andrea dell’Anguillara. La commissione cui, a partire dal 1812, l’insegnamento di Architettura Elementare ed carriera pittorica – ottenne nel 1800 da Pio VII la nomina di pittore dei accademica assegnò alla tela del romano Migliarini il primo premio, las- Ornato. (M. M.) Sacri Palazzi –, operò anche come architetto (ricostruzione della chie- ciando non aggiudicato il secondo premio, perché le altre prove presen- sa di Santa Maria d’Itria o di Costantinopoli; tribuna di San Bartolo- tate non erano state ritenute idonee. Migliarini – che era stato allievo a meo all’isola). Proposto accademico nel 1805, venne ammesso l’anno Firenze dell’accademico di San Luca Pietro Benvenuti – si dedicò in successivo. Nell’istituzione rivestì diversi incarichi, dapprima come particolare alla pittura di storia e alla ritrattistica; soggiornò dal 1810 in Concorsi Canova 1813-1819 revisore della chiesa di San Luca, nel 1820, quindi come custode della Russia, per ritornare in Italia nel 1823. In questa prova giovanile scelse Galleria nel 1821, anno in cui venne anche proposto come professore di di raffigurare il re di Tebe, provocato da Tisifone, nell’atto di scagliare pittura e di disegno. Clelia passa il Tevere è il saggio pittorico presen- a terra il figlio mentre inutilmente la sposa Ino cerca di trattenerlo. In tato da Manno al Concorso Balestra del 1786, al quale l’artista aggiunse secondo piano – eludendo le disposizioni del bando di concorso – rap- Francesco Hayez (Venezia 1781-Milano 1882) altre due prove non richieste “fatte con merito”. Il tema è tratto dalla presentò soltanto la Furia con il suo seguito, e non la corte di Atamante, Atleta trionfante, 1813 Prima Decade di Tito Livio: la giovane eroina romana è rappresentata ambientando la scena in un’architettura spoglia ed essenziale ma, a des- olio su tela, cm 225 x 152, inv. 7 mentre, a cavallo, risale la sponda del Tevere per ricongiungersi alla tra, con un’apertura paesaggistica. (P. P.) sua gente. Sulla riva opposta del fiume è l’accampamento etrusco del re Il dipinto entra a far parte delle collezioni accademiche nel 1813, Porsenna. La prova rivela sia l’educazione meridionale del pittore, in come opera vincitrice del Concorso “mecenate anonimo”. Un anon- primo luogo l’esempio di Sebastiano Conca, sia il suo aggiornamento imo benefattore, da identificarsi con Antonio Canova, principe a Roma principalmente su Pompeo Batoni. Pur essendo Manno l’unico dell’Accademia di San Luca, dal 1812 aveva infatti messo a disposizione concorrente, la commissione decise di assegnare ugualmente il premio un’ingente somma di denaro da destinare all’istituzione di due borse sia per la qualità dell’opera sia “per animare la Gioventù a concorrere di studio annuali, per un pittore e per uno scultore. Dell’opera ven- una altra volta in maggior numero”. (V. R.) gono particolarmente apprezzate la “bella resa della mossa, l’ottimo colorito” nonostante qualche “inavvertenza de’ capelli nelle gambe e nel capo”. La scelta del giovane Francesco Hayez quale vinci- tore del concorso è coerente con il sostegno accordato da Canova, in generale, alla colonia degli artisti veneti e, in particolare, al pittore sin dal suo arrivo a Roma, anche in virtù della raccomandazione di Niccolò Muccioli (Roma 1788-doc. ivi 1825) Leopoldo Cicognara. Il grande nudo eroico, d’altra parte, Pietro Finelli (Carrara 1770-Roma 1812) Un edificio che contenga tutti li comodi necessari per uso diuna risente dell’influenza del principe dell’Accademia anche dal Alcide dopo aver ferito a morte il Centauro Nesso, che sta accademia di Belle Arti a vantaggio della pubblica istruzione. Avrà un punto di vista stilistico: suoi diretti modelli infatti posso- giacente semivivo, o morto al suolo col suo ratto della bella magnifico ingresso, sala di trattenimento, con piccola galleria di no considerarsi, oltre all’ del Belvedere, alcuni dei più Dejanira sul dorso, gli sopraviene Alcide medesimo per togliere, e quadri, due locali laterali, uno per disegnare il nudo con piccola camera celebri marmi di Canova, dal Perseo al Palamede e al Napoleone Mario Asprucci (Roma 1764-ivi 1804) condor seco la sua ricuperata Sposa in città, 1801 annessa ed altro per disegnare le pieghe, grandioso cortile con n° 10 Bonaparte come Marte Pacificatore. (P. P.) Una fabbrica per uso dell’Accademia del disegno. Vi sia il comodo per terracotta, cm 79 x 62 x 44, inv. 47 scuole laterali di pittura, scultura, architettura pratica e architettura le adunanze degli accademici, una galleria di statue, una di quadri, una Il gruppo conservato in Accademia venne presentato da Pietro Finelli in teorica, mitologia e costumi, anatomia, ottica ed elementi di geome- libreria, un teatro per l’Accademia del nudo, ed altro per comodo de- occasione del Concorso Balestra del 1801. Il soggetto proposto da Vincenzo tria […], 1817 gli studenti; vi sia un anfiteatro per la distribuzione de’ premj nei con- Pacetti, principe dell’Accademia, era tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. penna e acquarello, mm 630 x 920, invv. 1180, 1186 corsi, un sito per esporre le opere de’ premiati, archivj, abitazione per il Al concorso partecipò, come unico altro concorrente, Giuseppe Si espongono due dei nove disegni presentati dall’architetto romano custode, e tutto altro che si giudicherà convenire ad una fabbrica Pacetti, figlio del noto scultore e nipote di Camillo, entrambi accademi- Nicola Muccioli al Concorso del Pensionato Canova del 1817, che destinata ad animare e perfezionare le Belle Arti, 1786 ci. Canova, da poco entrato in Accademia, avanzò dubbi sulla regolarità gli valsero l’assegnazione di una borsa di studio triennale, istituita per penna e acquarello, mm 630 x 1000, inv. 1096 della procedura concorsuale, visto che lo Statuto dell’istituzione vietava promuovere l’avanzamento dei giovani artisti romani o residenti nello È questo uno degli otto disegni presentati dall’architetto romano espressamente ai familiari di suggerire i soggetti e giudicare le opere. Stato Pontificio. I concorrenti erano tenuti ad eseguire degli schizzi es- Mario Asprucci al Concorso Balestra del 1786. Figlio di Antonio Dopo una disputa interna all’Accademia, Finelli risultò vincitore del temporanei nei locali accademici per elaborare successivamente i propri e nipote di Mario “il vecchio”, noti architetti di casa Borghese, concorso, essendo stato considerato il suo gruppo migliore per compo- progetti lavorando “a casa” dimostrando la conformità tra le prove. Il nonostante la giovane età Mario Asprucci era già un artista sizione ed espressione. La figura possente di Ercole appare fusa a quella primo foglio di Muccioli accoglie la legenda descrittiva delle tavole pre- pienamente formato quando partecipò al concorso, vincendo il primo di Dejanira coperta da una leggerissima veste, mentre il centauro abbat- sentante, inerenti la progettazione di un edificio di Accademia di Belle Domenico Pellegrini (Roma 1794-?) premio. Sono gli anni infatti in cui collaborò al cantiere della Villa Pinci- tuto, che la coppia noncurante scavalca, sembra stato inserito soltanto Arti, mentre nel secondo è disegnata la sezione della fabbrica a pianta Sansone dopo aver ucciso con la mascella d’un asino mille Filistei ana, dove ebbe l’opportunità di conoscere alcuni tra i maggiori artisti ed per adempiere al bando di gara. Pietro Finelli, giunto a Roma all’ inizio quadrangolare con ampio cortile interno su due livelli. Nell’Archivio implorando dal Signore di dissetarsi, si ristora coll’acqua che antiquari coinvolti nell’impresa. Il progetto mostra una notevole qualità del secolo, nel 1801 era già artista di fama, avviato alla professione dal dell’Accademia di San Luca sono ancora oggi conservati i giudizi prodigiosamente scaturisce da un dente della mascella medesima. tecnica e una profonda conoscenza dell’architettura antica, elementi che padre Vitale, che fu uno dei primi insegnanti di scultura all’Accademia espressi dai membri della commissione, tra i quali figurano gli acca- Figura di grandezza naturale […], 1819 permisero all’autore di ideare impianti articolati e perfettamente funzi- di Carrara, inaugurata nel 1770, e allievo di Charles Antoine Bridan demici Pasquale Belli, Girolamo Scaccia, Giuseppe Valadier e Raffaele olio su tela, cm 200 x 150, inv. 2 onali. Al suo ingresso nell’Accademia di San Luca, nel 1802, donò un all’Académie Royale di Parigi. Entrò alla San Luca il 7 marzo 1808 in- Stern. Nonostante Muccioli non avesse rispettato le misure indicate Il 28 novembre 1819 fu dichiarato vincitore del Concorso “me- altro disegno, Fabrica publica ad uso di Dogana su un fiume, che è pure sieme al celebre scultore Thorvaldsen, presentando in quell’occasione il e non avesse risolto in modo soddisfacente le problematiche inerenti cenate anonimo” per una borsa di studio annuale il ventitreenne conservato. (M. M.) modello di una Psiche. (V. R.) la statica e l’illuminazione dei locali, in tutti i giudizi il suo progetto Domenico Pellegrini. Il pittore, il cui profilo è stato parzial- viene valutato come il migliore tra i tre presentati, per la distribuzi- mente ricostruito in occasione dell’apertura della Galleria, è omon- one degli spazi come per la loro funzionalità sotto il profilo didattico. imo del più noto pittore veneto, che donò all’Accademia in las- Concorso Balestra 1801 Nicola Muccioli, avviato alla professione da Giuseppe Camporese, cito un cospicuo numero di tele. Il giovane romano, a giudizio fu “architetto del Governo per i nuovi fabbricati in Roma”, come si dei commissari, rappresentò il tema biblico scelto per il concorso evince dal curriculum presentato nel 1813 per ottenere la patente di (Giudici, 15, 14-19), “seguendo la natura, con stile facile e piano”, anche perito. Nel 1817 chiese l’ammissione al corpo degli Ingegneri Pontifici se i giudici avrebbero preferito che avesse conservato “il robusto carat- di Acque e Strade, mentre l’anno successivo lavorò per la Congregazi- tere del soggetto”, che invece risulta “esile” ai loro occhi e con ombre one dei Catasti. Nell’Accademia di San Luca è tra i concorrenti del troppo scure. Secondo gli accademici, Sansone, “molto in armonia col Concorso Balestra del 1810 e in quelli “mecenate anonimo” e Clem- campo”, è posto però nell’ “atto volgare” di calpestare la testa del nemi- entino del 1816. Vinse il primo premio della prima classe di architet- co. Questa brillante prova di Pellegrini non fu il suo primo successo in Basilio Mazzoli (Roma 1776-ivi 1820) tura nei Concorsi Scolastici annuali del 1812 e del 1813, progettando un Accademia. Allievo di Pozzi nel 1810, nel marzo del 1817 si aggiudicò il Scuola militare per l’istruzione della Compagnia del Genio […], Arco di Trionfo in onore di sua Maestà l’Imperatore e proponendo una premio di seconda classe nel disegno alla Scuola del Nudo. Appena due 1801 Idea di nuova piazza alla Fontana di Trevi. (M. M., V. R.) mesi dopo la premiazione del Concorso “mecenate anonimo”, Pellegrini matita, penna, inchiostro nero e acquarello, mm 650 x 995, inv. 1129 fu al centro di un episodio ‘scandaloso’ verificatosi nella Scuola del Nudo – che coinvolse anche un modello e Wicar – e che comportò la sua espul- Sin da giovane in contatto con l’ambiente dell’Accademia di San Luca, sione dalla scuola. L’anno successivo, a seguito di sua supplica, venne, però, Arcangelo Michele Migliarini (Roma 1785 ca.-?) ove conobbe l’architetto Giuseppe Camporese, suo maestro, Mazzoli riammesso. Dal 1814 al 1824 (tranne che nel 1815 e nel 1822), Pellegrini Atamante Re di Tebe infuriato per opera di Tisifone, dopo di aver partecipò a diversi concorsi, vincendo nel 1795 il secondo premio nella risulta risiedere, insieme allo zio Alessandro ed al fratello pittore strappato dal seno della sua sposa Ino il piccolo suo Figlio Learco, te- prima classe del Concorso Clementino. Nel 1801 con quattro tavole, Gioacchino, in Palazzo Gabrielli. Sono questi gli anni in cui Libo- nendolo per un piede lo gira a guisa di fionda, e lo tira incontro d’un tra cui questa, si aggiudicò il primo premio del Concorso Balestra. rio Coccetti decora il palazzo. Suggestivo sarebbe pensare che anche sasso […], 1801 L’artista organizza il complesso attorno ad una grande corte, dislocando Domenico Pellegrini, insieme al fratello, del quale non si hanno altre no- olio su tela, cm 74 x 100, inv. 14 le funzioni richieste – abitazioni per il presidente, per i maestri e gli tizie, possano aver collaborato col pittore di Foligno. (P. P.) allievi, palestre, scuole e luoghi per le esercitazioni militari – in modo Ritratti degli Accademici

Orazio Borgianni Cavalier d’Arpino Ignoto del XVII secolo Ignoto del XVII secolo Giuseppe Ghezzi Ignoto del XVII secolo Agostino Masucci Luigi Vanvitelli Benedetto Luti Autoritratto Autoritratto Alessandro Algardi Giovanni Battista Mola Gian Lorenzo Bernini Giovanni Battista Gaulli Filippo Juvarra Gaspar van Wittel Autoritratto (1578-1616), pittore (1568-1640), pittore (1595-1654), scultore (1585-1665), architetto e (1598-1680), pittore, detto Baciccia (1678-1736), architetto (1653-1736), pittore (1666-1724), pittore inv. 558 inv. 546 inv. 544 pittore scultore, architetto (1585-1665), pittore inv. 452 inv. 455 inv. 319 inv. 540 inv. 632 inv. 459

Ignoto del XVIII secolo Anton von Maron Marco Benefial Jean-François de Troy Anton von Maron Anton von Maron Anton von Maron Vito d’Anna Domenico Corvi Pompeo Girolamo Batoni Francisco Preciado John Parker Autoritratto Autoritratto Antonio Asprucci Cristoforo Unterberger Autoritratto Autoritratto (1708-1787), pittore (1713-1789), pittore (doc. 1740-1765), pittore (1679-1752), pittore (1733-1808), pittore (1723-1808), architetto (1732-1798), pittore (1718-1769), pittore (1721-1803), pittore inv. 453 inv. 451 inv. 481 inv. 207 inv. 348 inv. 469 inv. 470 inv. 510 inv. 583

Ermenegildo Costantini Anton von Maron Ignoto del XVIII secolo Anton von Maron Giuseppe Cades Stefano Tofanelli (?) Anton von Maron Gian Domenico Cherubini Andrea Pozzi (?) Giuseppe Angelini Vincenzo Pacetti Luigi Vanvitelli Thomas Jenkins Autoritratto Carlo Albacini Bartolomeo Cavaceppi Sofia Clerk Antonio d’Este (1742-1811), scultore (1746-1820), scultore (1700-1773), pittore e (1722 ca.-1798), pittore (1750-1799), pittore (1750-1807 ?), scultore (1716 ?-1799), scultore (1788-1829), pittrice (1754-1837), scultore inv. 58 inv. 248 architetto inv. 477 inv. 467 inv. 471 inv. 447 inv. 52 inv. 509 inv. 454 Gipsoteca

Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 - ivi 1844) Ganimede e l’aquila,1817 gesso, cm 95 x 110 x 346, inv. 104 Emil Wolff (Berlino 1802 - Roma 1879) Questo gesso, di cui si conoscono ben due versioni in marmo, Achille che si arma, 1832 l’una al Museo Thorvaldsen di Copenaghen e l’altra al Chrysler gesso, cm 145 x 67 x 80, inv. 69 Museum of Art a Norfolk in Virginia, fu donato all’Accademia Emil Wolff – dopo aver studiato all’Accademia berlinese dello il 20 novembre 1831: “il Signor commendatore Thorwaldsen ha zio Johann Gottifred Schadow – si trasferì a Roma nel 1822, fatto dono alla galleria accademica del gesso della sua statua del dove rimase fino alla morte. L’Accademia di San Luca lo nominò Ganimede”. Al momento della sua elezione ad Accademico, nel accademico di merito straniero nel 1855 e accademico residente marzo 1808, Thorvaldsen aveva donato all’Accademia, come da nel 1858. Ricoprì, inoltre, la carica di Presidente dal 1874 al 1875. statuto, un bassorilievo in gesso (probabilmente A genio lumen) Il suo gesso, che rappresenta Achille che si arma, è firmato e data- che nel luglio seguente chiede di ritirare per tradurlo in marmo, to. Il rigoroso controllo formale e la compostezza classica della promettendo in cambio un altro gesso più perfezionato. figura derivano da modelli classici, in particolare dal Discobolo. Il dono del Ganimede, a molti anni di distanza, ottempera quella Anche i raffinati dettagli dell’armatura e la capigliatura elegante- antica promessa. (P. P.) mente definita, impreziosiscono l’immagine con misura. D’altra parte Wolff si era specializzato nei soggetti desunti dalle fonti e dalla letteratura antica, che trattò con erudizione archeologica, consolidata anche da un viaggio di istruzione in Grecia e dalla pratica del restauro dell’antico. L’Achille che si arma fu usato come modello nelle scuole d’arte di Berlino e probabilmente, anche in quelle dell’Accademia di San Luca, come sembrerebbe confermare la presenza di tracce di pittura a finto marmo sullo zoccolo che potrebbero ricollegarsi alla pratica di collocare i gessi delle scuole su piedistalli decorati a finto marmo. (P. P.)

Mathieu Kessels (Maastricht 1784 - Roma 1836) Discobolo in riposo, 1830 ca. gesso, cm 93 x 130 x 67, inv. 85 Il 26 dicembre 1829 Kessels venne ammesso all’Accademia di San Luca in qualità di accademico di merito residente. Il 5 novembre 1830, come richiedevano gli statuti, fece dono all’Accademia di un’opera che può essere identificata con questo Discobolo in riposo in gesso. Lo scultore si dedicò più volte a questo tema, quando, già a partire dall’anno successivo al suo Antonio Canova (Possagno 1757 - Venezia 1822) arrivo a Roma nel 1819, dopo il soggiorno parigino e russo, La Religione cattolica, 1814-1815 cominciò a lavorare nello studio di Thorvaldsen, di cui divenne gesso, cm 110 x 116 x 55, inv. 193 allievo. Dell’opera, che mostra evidenti richiami all’arte classica Il busto che rappresenta La Religione cattolica è la parte riman- ed ellenistica, sono conservate in diversi musei europei varie rep- ente del modello in gesso (h 4,10 m) che Canova realizzò in vista liche, riproduzioni parziali e varianti. L’esistenza di numerose dell’esecuzione della statua colossale (h 8 m) che avrebbe voluto versioni sul tema del Discobolo, è confermata dall’inventario erigere a sue spese in S. Pietro per rendere omaggio alla religione delle opere presenti nel suo studio in piazza dei Cappuccini 83 e al definitivo ritorno a Roma di Pio VII dopo la fase francese. redatto alla sua morte, nel quale compaiono numerosi gessi del Canova cominciò a lavorare alla scultura inviando nel 1814 un Discobolo posto in vari atti, nonché una testa in marmo “ricavata modello al pontefice. Nello stesso anno iniziò il gesso ora in dal discobolo giacente”. (P. P.) Accademia e uno corrispondente conservato nella Gipsoteca di Possagno. Il progetto incontrò una serie di difficoltà che ne impedirono il compimento. Da una parte, vennero sollevati dai canonici di S. Pietro problemi di statica, dall’altra, mancarono appoggi per il collocamento in alternativa nel Pantheon o in S. Maria degli Angeli. Lo scultore decise allora di destinare l’ingente somma all’edificazione di un tempio a Possagno e di mutare polemicamente la scultura in Religione protestante per la tomba della contessa Bronlow a Belton. Il gesso colossale, donato nel 1830 all’Accademia dal fratello di Canova, fu collocato nella chiesa dei Ss. Luca e Martina fino agli anni ’70 del secolo Antonio Canova (Possagno 1757 - Venezia 1822) scorso, quando fu gravemente danneggiato, lasciando integro Socrate salva Alcibiade nella battaglia di Potidea, 1797 solamente il busto con chitone e tiara al cui centro vi è “il triangolo gesso, cm 110 x 140 x 6,5, inv. 68 emblema della Trinità” e “un occhio aperto, simbolo della Il 5 gennaio 1800 Antonio Canova venne nominato accademico onniveggente provvidenza”. (P. P.) di merito e l’anno successivo, donò, secondo le prescrizioni statutarie, il bassorilievo che rappresenta Socrate salva Alcibiade adempiere alle norme statutarie che richiedevano ad ogni nuovo nella battaglia di Potidea. Il rilievo in gesso, modello di un suc- accademico di lasciare all’istituzione “un qualche saggio della cessivo marmo, fu realizzato nel 1797. Il soggetto, tratto dal sua abilità”. Zagari era stato accolto tra gli accademici di merito Simposio di Platone (XXXVI c-e), narra un episodio della battaglia nel 1868. Era un artista affermato: dopo una prima formazione di Potidea in occasione della quale Alcibiade ricordò che “nessun in architettura a Messina si era potuto trasferire a Roma grazie al altro mi salvò la vita se non lui [Socrate], che non volle abbandonar- patrocinio della municipalità e si era dedicato alla scultura presso mi mentre ero ferito”. Canova scelse di rappresentare l’episodio l’atelier di Pietro Tenerani. L’alunnato è testimoniato anche su un fondo piatto, privo di qualsiasi elemento ambientale, dalla pressoché totale ripresa della Flora del maestro nella figura con una composizione a fregio, dove le figure dei combattenti si allegorica della città di Messina, inserita nel gruppo monumentale dispongono in due gruppi contrapposti, lasciando al centro un del Tempo che scopre la Verità eseguito da Zagari per coronare il vuoto colmato dal gesto di Socrate che stende il braccio a difesa Antonio Canova (Possagno 1757 - Venezia 1822) frontone del teatro siciliano. I bassorilievi esposti, che costituiscono del compagno ferito. (P. P.) Ritratto di Clemente XIII,1784-1786 parte della decorazione esterna del prospetto del teatro Vittorio gesso, cm 105 x 52 x 70, inv. 80 Emanuele, erano stati giudicati favorevolmente dall’Accademia romana nel 1865, come si legge nella corrispondenza tra il sindaco Nel 1783 Canova ricevette la commissione di scolpire il monumento di Messina e il presidente dell’istituzione. (M. M.) funebre di papa Clemente XIII, da erigersi nella basilica di San Pietro. Promotore ne fu il nipote del pontefice, il principe Abbondio Rezzonico. Canova ideò un impianto dominato dalla figura del pontefice e, a un livello più basso, un Genio funebre, Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 - ivi 1844) l’allegoria della Religione e, al centro, in rilievo sul sarcofago, la Ebe, 1819-1823 ca. Carità e la Speranza. In Accademia è conservato il monumentale gesso, cm 126 x 45 x 38, inv. 208 Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 - ivi 1844) modello in gesso della testa del pontefice che ancora mostra, sulla Il gesso, in cui grazie agli attributi, all’attitudine e alle vesti è pos- Alessandro sul carro, 1812 superficie del volto, l’originaria ceratura finale. Il trattamento sibile identificare Ebe, la mitica coppiera degli dei, appartiene gesso, cm 116 x 200 x 10, inv. 76 del viso – in contrasto con la ruvidezza della superficie della al gruppo di opere donate nel 1844 dagli eredi dello scultore capigliatura e del piviale – contribuisce a rendere ancora Il bassorilievo entrò a far parte delle collezioni accademiche danese Bertel Thorvaldsen all’Accademia di San Luca. più potente la meticolosa analisi del personaggio ritratto. Canova con un lascito degli eredi dello scultore danese che, nel 1844, si Tra i gessi, tutte copie di opere eseguite da Thorvaldsen, figu- realizzò il modello in gesso dell’Accademia nel 1784-86 e iniziò trovarono nella necessità di liberare il suo studio. Il rilievo, che ravano “vari bassorilievi”, un Cristo colossale, le Tre Grazie e a lavorare alla versione in marmo dal 1787. Nella Gipsoteca di rappresenta Alessandro Magno sul carro trionfale guidato dalla appunto questa copia dell’Ebe, marmo scolpito probabilmente Possagno sono conservati un calco del marmo della testa del Vittoria alata, riflette l’ultima redazione del tema che Thorvaldsen tra il 1819 e il 1823 per Samuel Boddington (oggi conservato pontefice e una maschera in gesso. Non si ha memoria dell’ingresso realizzò per Alessandro Torlonia nel 1837, nei bassorilievi oggi a Copenaghen, Museo Thorvaldsen). Nel gesso esposto, la dea dell’opera in Accademia, ad eccezione di una notazione del 1882, a palazzo Torlonia in Borgo. La prima concezione del gruppo è acefala è vestita con un peplo e tiene nella mano destra la piccola nella quale è annoverata tra i doni degli autori. (P. P.) ravvisabile nel fregio con l’Ingresso di Alessandro in Babilonia brocca contenente il nettare per i conviti sull’Olimpo. La mano realizzato nel 1812 per l’aggiornamento napoleonico del Quirinale. sinistra, mutila, doveva reggere una coppa come risulta evidente Le gesta di Alessandro Magno erano congeniali al principe dal confronto con l’originale. Thorvaldsen eseguì due differenti versione dell’opera in marmo, modificando la veste – forse su Alessandro Torlonia che, del macedone, portava lo stesso nome. Pietro Tenerani (Torano, Carrara 1789-Roma 1869) Negli stessi anni, infatti, aveva commissionato per una sala della suggerimento dell’archeologo Georg Zoega – considerata troppo discinta per una divinità, visto che lasciava scoperto il seno destro. Flora, 1835 sua villa sulla via Nomentana anche la riduzione in stucco del gesso, cm 165 x 132 x 45, inv. 229 fregio del Quirinale. Il rilievo, secondo alcuni studiosi, era uti- Raramente presente nella statuaria antica, nel XVIII secolo lizzato in Accademia per fini didattici. (P. P.) l’Ebe divenne un soggetto in gran voga impiegato di preferenza La Flora fu modellata da Tenerani intorno al 1835 ed ebbe da nella ritrattistica mondana. Anche in questo caso lo scultore subito una grande fortuna; se ne conoscono bozzetti, gessi e danese si ispirò all’omonima opera eseguita da Antonio Canova diverse versioni in marmo eseguite per illustri collezionisti, non- una prima volta nel 1796-1798, di cui si conoscono quattro ver- ché riprese da parte di numerosi artisti. Evidenti sono i rimandi sioni. La donazione delle opere di Thorvaldsen se da un lato fu al modello classico (si confronti la Hora degli Uffizi e quella motivata dall’importanza dell’artista e dalla funzione didattica all’epoca conservata nel Casino Ludovisi) e alle opere di Antonio che i gessi avrebbero svolto nell’Accademia di San Luca, dall’altro Canova e di Bertel Thorvaldsen. La dea, con il busto scoperto, trovava giustificazione nello stretto rapporto che aveva legato lo incede leggera e con il volto reclinato in avanti. La veste trattenuta Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 - ivi 1844) scultore all’istituzione. Infatti egli era stato proposto accademico sul ventre accoglie i fiori delle più diverse specie. Il tessuto leggero Le tre Grazie, 1842 nel 1808 e aveva ricoperto importanti incarichi nel ruolo di con- aderisce alle gambe mentre il vento gonfia la stoffa creando gesso, cm 172 x 125 x 50, inv. 123 sigliere, professore di scultura e presidente. (M. M., V. R.) effetti di forte chiaroscuro e movimento. Protagonista della Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 - ivi 1844) scultura dell’Ottocento, Tenerani, giunto a Roma nel 1814 come Priamo supplica Achille per la restituzione del corpo di Ettore, Le Grazie sono un soggetto riproposto nella produzione di Thorvaldsen nell’arco di tutta la vita, a cominciare dal 1804. vincitore del pensionato dell’Accademia di Carrara, fu attivo per 1815 molti anni all’Accademia di San Luca. Nominato accademico di gesso, cm 110 x 200 x 10, inv. 77 Lo scultore ritornò sul tema nel 1817, nel 1819, nel 1821 e, in tarda età, con il gesso dell’Accademia, nel 1842. merito nel 1823, nel 1852 venne eletto vice presidente e, quattro Il bassorilievo di soggetto omerico fu donato all’Accademia nel Riaccostandosi più volte al soggetto, apportò modifiche anni dopo, presidente dell’istituzione artistica, dove si impegnò 1844 dagli eredi di Thorvaldsen. rispetto alle sue stesse composizioni, nonchè al modello attivamente anche a favore della didattica. (M. M.) Il tema, affrontato dall’artista già a partire dal 1804, come dell’arte classica e al gruppo realizzato da Canova già nel attesta l’esistenza di una serie di disegni, fu scelto come pendant 1812-16. Fin dalla composizione del 1817 (Copenaghen, di un’altra composizione omerica che Thorvaldsen realizzò Museo Thorvaldsen), ad esempio, lo scultore danese inserì nel 1815 per il sesto duca di Bedford. La composizione un elemento nuovo, l’Amore con la lira, per suggerire che le dell’Accademia, rispetto alle precedenti elaborazioni grafiche, Grazie, pur concentrate nel loro reciproco rapporto, ascoltano mostra una maggiore attenzione alla resa naturale della narrazione. il suo canto. Nella versione dell’Accademia, il concetto è ribadito Saro Zagari (Messina 1821- ivi 1896) La composizione a fregio si svolge di notte, come sembra anche dalla leziosa variante della freccia d’amore che una delle Ercole al bivio alludere la presenza della lampada a stelo, mostrando, in Grazie saggia con la punta del dito. Le parole dello scultore Sposalizio di Ercole con Ebe nell’Olimpo sequenza ritmata a gruppi di due, a partire da sinistra, una coppia spiegano il motivo dell’introduzione delle varianti nell’esemplare gesso, cm 38 x 130, invv. 171, 172 di troiani che offrono doni, il vecchio Priamo prostrato ai piedi accademico: “venni a dare certamente miglior aggruppamento alle di Achille che mostra accondiscendenza e, infine, Automedonte tre figure e maggior grazia a ciascuna di esse”. Le fanciulle, infatti, Nel 1907 Adele Zagari, figlia dello scultore e architetto messinese ed Alcimo, compagni d’arme dell’eroe greco. Alessandro sono maggiormente distanziate le une dalle altre, accentuando Saro Zagari, donò all’Accademia di San Luca di Roma “due Torlonia commissionò repliche di entrambi i rilievi, che oggi si con leggiadria l’inclinazione delle teste e l’hanchement della bozzetti dei bassorilievi, realizzati dall’artista nel 1847 per la trovano nel suo Palazzo in Borgo. (P. P.) figura centrale. Il gruppo è stato donato dagli eredi Thorvaldsen, facciata del teatro di Santa Elisabetta (oggi Vittorio Emanuele) poco dopo la sua morte. (P. P.) di Messina”. Intendeva così ricordare la memoria del padre e 58 59 Gabinetto dei Disegni Le sei tavole con particolari anatomici esposte in sala, tutte firmate Doni di Accademici François Eugène Nepveu (? - 1877) e datate, sono certamente da ricondurre alla attività del pittore Progetto di basilica dedicata all’Immacolata Concezione, I fogli esposti in questa sala, per motivi di conservazione, sono e incisore Carlo Cesio, insegnante anche di Anatomia, oltre ante 1863 ca. soggetti a rotazione. che di Prospettiva, per i corsi dell’Accademia rivolti ai giovani. penna e acquarello su carta, mm 720 x 870; 720 x 920; 870 x 720, Antonio Valeri (Roma 1648-ivi 1736) inv. 2254-2256 Cesio disegna magistralmente gli arti superiori e quelli inferiori Pianta e sezione di un tempio a pianta centrale, ante 1696 ….due sono gli elementi necessari all’architettura, che tralas- e correda i fogli con una legenda esplicativa, presentando prima penna e acquarello su carta, mm 760 x 490; 760 x 500 ciando le distinzioni di luogo e di tempo, deve appoggiarsi su l’apparato scheletrico, quindi quello muscolare. Gli arti inv. 2106, 2107 vengono disegnati di fronte, di profilo e in rotazione, in modo queste due basi: da una parte gli ordini greci e romani, trattati Tavole per l’insegnamento di Anatomia, da garantire una visione a 360°, indispensabile alla formazione Il progetto di un tempio a pianta centrale di Antonio Valeri con tutta la loro purezza e con le loro proporzioni rigorose; che qui si espone, risulta mancante della tavola del prospetto Prospettiva e Ordini architettonici dei giovani artisti. (M. M.) dall’altro questi medesimi ordini sistematicamente alterati e che sicuramente completava il dono presentato dall’architetto impiegati con proporzioni libere…. all’Accademia nel 1696, quale omaggio statutariamente …ho cercato di riunire in una nuova sintesi concetti principali richiesto dall’ istituzione stessa ai suoi nuovi membri. caratterizzati da sistemi o meglio da stili differenti, anche a L’ingresso tra gli artisti dell’istituzione romana sancisce la giustificare l’epigrafe che ho messo all’inizio di questo scritto: definitiva affermazione dell’architetto che nei suoi primi anni nove non nova. era stato allievo di Carlo Maratti e solo poi allievo del Bernini I disegni che qui si presentano costituiscono un curioso dono sotto la guida di Matthia De Rossi. pontificio di tavole illustranti un Progetto di basilica dedicata all’Immacolata Concezione, presentate nel 1866 al pontefice dall’architetto François Eugène Nepveu. L’architetto, impegnato in riflessioni e battaglie teoriche, aveva elaborato queste tavole acquarellate e un modello in rilievo per illustrare al papa Pio IX i propri raggiungimenti teorici e pratici. Il dono, presentato nel 1863 e accettato nel 1865, fu accompagnato da una piccola pubblicazione con le relative giustificazioni teoriche edita nel 1866. Nello stesso anno Francesco Cozza (Stilo 1605-Roma 1682) l’architetto Nepveu donò all’Accademia di San Luca l’opuscolo Lezioni di Prospettiva di F. Cozza, 1664 ca. illustrativo, che ancora oggi si conserva in biblioteca, mentre penna su carta, mm 460 x 655 Pio IX faceva giungere all’Accademia le tavole acquarellate. L’artista calabrese Francesco Cozza è autore dei tre disegni esposti che sono stati scelti tra le undici tavole superstiti predisposte dal maestro intorno al 1664 come sussidio per l’insegnamento della prospettiva. Presente in Accademia forse già a partire dal 1633, dalla metà del secolo Cozza rivestì diversi incarichi istituzionali – stimatore, censore, paciere e infine maestro di prospettiva –, negli stessi anni delle sue più importanti imprese, tra cui la decorazione del palazzo Pamphilj a Valmontone e la tela con la Pietà per Carlo Antonio dal Pozzo. Le Lezioni sono tutte corredate da definizioni che delucidano i procedimenti della rappresentazione tridimensionale, sviluppata con il medium grafico ma anche con una spiegazione orale, come lo stesso Cozza chiarisce nella sua seconda Lezione: “Si avvertisce […] che in questi fogli non si dà la diffinitione, ma solamente si muove il dubbio; perche questo si aspetta farlo con la voce viva; et a’ questo Gregorio Tomassini (doc. 1660-1698) fine veniamo ogni festa in q[ue]sto luogo all’hora solita”. (M. M.) Lezioni sugli Ordini architettonici di G. Tomassini, ultimo quarto XVII secolo penna, acquarello su carta, mm 435 x 570 ca. Eletto accademico di merito il 20 gennaio 1660, Tomassini ricoprì per diversi anni la carica di maestro di architettura, impartendo le lezioni accademiche dal 1674 al 1678, dal 1680 al 1682 e dal 1691 al 1693. Nei primi anni Ottanta provvide anche alla formulazione dei temi dei concorsi annuali per i giovani allievi. Due delle tavole esposte, impiegate come sussidio per l’insegnamento dell’Architettura, sono dedicate al tema delle colonne: l’una descrive il metodo per costruire una colonna tortile proponendo due differenti procedimenti, l’altra rappresenta l’ordine dorico. In un terzo foglio sono sviluppati la pianta e l’alzato del capitello composito, in un altro il capitello e la base dell’ordine ionico. Nell’ultimo foglio sono disegnati analiticamente la base e il capitello dell’ordine corinzio ed elementi decorativi della trabeazione. Le tavole, che assieme alle altre dello stesso autore conservate in Accademia formano una Carlo Cesio (Antrodoco 1626-Rieti 1686) serie omogenea e consequenziale di quindici fogli, contengono Lezioni di Anatomia di Carlo Cesio, 1673 anche la legenda esplicativa e la scala modulatoria con accurate penna e acquarello su carta, mm 435 x 295 misure di ciascun dettaglio. (V. R.) 60 61 “Gabinetto Riservato”

Copia da Dosso Dossi Palma il giovane Guido Reni (Giovanni Luteri, ? 1489 ca. – Ferrara 1542) (Jacopo Negretti, Venezia 1544 – 1628) Padovanino (attr.) (Bologna 1575 – 1642) e aiuti Satiro e Ninfa Le Tre Grazie (Alessandro Varotari, Padova 1588 – Venezia 1649) La Fortuna olio su tela, cm 71 x 69,5, inv. 138 olio su tela, cm 108 x 116, inv. 229 La Vanità olio su tela, cm 160 x 129, inv. 429 olio su tela, cm 130 x 126, inv. 344 Il quadro appare come una copia del tardo Cinquecento dalla Il quadro, realizzato probabilmente nel secondo decennio del Intorno al 1637, a Bologna, Guido Reni realizzò due diverse è un quadro insolito e per qualche verso sfuggente. Lo stile cosiddetta “Violenza” di Dosso Dossi (oggi nel Dobó István Seicento, testimonia lo stile tardo di Palma, intriso di ricordi versioni della Fortuna, diventate molto popolari e replicate pittorico rimanda dichiaratamente all’area veneta, e negli inven- Vármúzeum di Eger, in Ungheria), databile al 1526-27, che a sua della pittura veneta del Seicento e di suggestioni dalle ricerche numerose volte dalla bottega dell’artista, talvolta con il suo stesso tari dei secoli scorsi era stato fatto il nome dello stesso Tiziano, volta apparteneva a un complesso di nove tavole romboidali – coeve. Il tema delle Tre Grazie era caro al pittore, come testi- diretto intervento. Nella prima versione, dipinta per l’abate che oggi appare del tutto improponibile come diretta autografia, ne sono rimaste sette – conservate a Ferrara nell’appartamento moniano vari disegni e altre versioni pittoriche. Dal punto di Gavotti, la Fortuna regge una borsa da cui cadono monete e mentre non si può escludere una ripresa da un modello tizianesco della “Via Coperta”, forse proprio nella camera da letto del duca vista iconografico il testo di riferimento di Palma era uno dei più nella seconda, realizzata per monsignor Jacopo Altoviti (a sua andato perduto. Il tema moraleggiante della Vanitas combina Alfonso I d’Este. Le allegorie spaziavano dai sensi ai principali celebri libri del Cinquecento italiano, Le Imagini de gli dei degli volta cugino del cardinale Giulio Sacchetti, primo proprietario insieme elementi profani e sacri (le parole “Omnia Vanitas” istinti, ma il senso generale non è chiaro e gli studi non riescono antichi di Vincenzo Cartari pubblicate nel 1556 e in seguito della tela oggi all’Accademia di San Luca), una corona d’oro. rimandano ovviamente al Libro di Qohelet – a lungo detto a concordare – come in questo caso, peraltro – nemmeno più volte riedite. Le tre Grazie – Aglaia, Euphrosyne e Talia – Compaiono, nella struttura dell’immagine, i primi accenni del “Ecclesiaste” – del Vecchio testamento) e gode di una vasta fortu- sull’esatta identificazione (non a caso questa scena viene a volte simboleggiano rispettivamente lo splendore, la gioia e la prospe- cambiamento di stile che caratterizza la produzione estrema di na nel corso del Seicento: questo avvalora la possibilità di riferire descritta come “Satiro e Ninfa”). Come molte opere ferraresi rità; gli attributi della rosa e del dado indicano la spensieratezza Guido Reni. (S. G.) (originali o copie) anche questa tela giunse a Roma in seguito alla e il gioco. (S. G.) la tela a Padovanino, il cui stile era fortemente caratterizzato devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa nel 1598. (S. G.) da una decisa ripresa dei modi pittorici tizianeschi. (S. G.)

Cavalier d’Arpino Palma il giovane Benedetto Luti Guercino (Giuseppe Cesari, Arpino 1568 – Roma 1640) (Jacopo Negretti, Venezia 1544 – 1628) (Firenze 1666 – Roma 1724) (Giovanni Francesco Barbieri, Cento 1591 – Bologna 1666) Perseo e Andromeda Susanna e i vecchioni Amore e Psiche Venere e Amore, 1632 olio su tela, cm 51 x 38, inv. 221 olio su tela, cm 111 x 154, inv. 408 olio su tela, cm 148 x 230, inv. 427 affresco staccato, cm 170 x 171, inv. 430 Il famoso tema mitologico viene ripreso in diversi dipinti dal è con ogni probabilità da identificare con la tela di analogo Acquistato nel 1771 con i fondi del Museo Pio Clementino e Secondo la principale fonte sulla pittura bolognese del Seicento, Cavalier d’Arpino, evidentemente per accontentare la propria soggetto che era stata vista da Ridolfi nel 1648 a Venezia, nella casa destinato in origine alla Pinacoteca Capitolina, il quadro è la celebre Felsina Pittrice di Carlo Cesare Malvasia (1678), folta clientela; in questa versione, replica di un autografo su lavagna di “Bortolo Dolfino” (Bartolomeo Dolfin). Il celebre episodio un bell’esempio dello stile di Luti, che dopo l’apprendistato Guercino realizza questo affresco per la Villa Giovannina di oggi al Kunsthistorisches Musuem di Vienna del 1592-95, è di Susanna – che nella pittura veneta era stato rilanciato da fiorentino si trasferì a Roma nel 1691, godendo di buona fama tra proprietà del conte Filippo Aldovrandi, a poca distanza da Cento, abbastanza probabile un esteso intervento dei suoi collaboratori. Jacopo Tintoretto con alcuni dipinti del 1560 ca. – racconta- committenti e collezionisti – malgrado non fosse un artista molto decorato da alcuni artisti tra il secondo e terzo decennio del Seicento Andromeda, la cui bellezza era stata paragonata alle Nereidi to nel Libro di Daniele: la giovane donna, sorpresa durante il prolifico – e diventando tra l’altro principe dell’Accademia di San con scene tratte da celebri poemi. è un momento particolarmente che, offese, si erano rivolte a Poseidone per vendicarsi, era stata bagno da due uomini, aveva rifiutato le loro profferte e, Luca. Il tema di Amore e Psiche, divulgato dalle Metamorfosi interessante nella carriera dell’artista, che dieci anni prima aveva legata a un scoglio per essere divorata da un mostro; liberata da ingiustamente accusata, era stata poi salvata da un provvidenziale (o Asino d’oro) di Lucio Apuleio, è uno dei soggetti canonici della soggiornato a Roma (durante il breve pontificato di Gregorio Perseo ne diventò poi la sposa. L’arrivo improvviso di Perseo su intervento di Daniele. Emerge chiaramente in questa tela la grande pittura mitologica italiana, anche per la difficoltà di rendere il rap- XV Ludovisi, 1621-1623) e che nel 1630-31 aveva realizzato una Pegaso è una variante del tema introdotta dalle Metamorfosi di capacità narrativa di Palma, che dispiega la vicenda su vari porto luce-ombra; il cuore della vicenda era difatti rappresentato delle sue opere più suggestive, la Morte di Didone oggi nella Ovidio. (S. G.) piani, concentrandosi sul grande nudo centrale di Susanna af- dal momento in cui, con una debole luce, Psiche scopre che il suo Galleria Spada. L’affresco, staccato dalla sede originale in epoca fiancata dall’ancella di spalle, mentre i due “vecchioni”, in un misterioso amante notturno è lo stesso dio dell’Amore. (S. G.) imprecisata (forse nel tardo Settecento), era giunto a Roma nei brano non esente da un certo umorismo, si nascondono dietro primi tempi del secolo XIX. (S. G.) un albero. (S. G.) 62 63 Finito di stampare nel mese di febbraio 2012 da Beniamini GD&P - Roma

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issn 2240-158x isbn 978-88-97610-04-5