ISSN 0028-0658 2 PERIODICO QUADRIMESTRALE DI DIVULGAZIONE NATURALISTICA & dell’Unione Bolognese Naturalisti Natura& Montagna ANNO LXIII, NUMERO 2/2016 . CONV OLOGNA B , MILIA ’E DL 353/2003 ( OSTALE P . RANAROLO DELL BB A IN . . PED 40057 G , – S .A. – P NFERIORE I S. UARTO TALIANE I 12, Q OSTE ADINI B 2016 P VIA

- AGOSTO / DITORE E MAGGIO

ÀTRON 2 – 2 . N LXIII , – P CN/BO – NNO 1) – – A – OMMA 1, C . RT QUADRIMESTRALE . . Orto Botanico Bologna . Geologia e pitture Fiori d’alta quota Affioramenti fossiliferi . Montagna sacra IV 46 A . R

N MONTAGNA – 2/2016 & 27/02/2004 EGGE L NATURA IN BOLOGNA: La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico

GEOLOGIA E PITTURE FIORI D’ALTA QUOTA AFFIORAMENTI FOSSILIFERI MONTAGNA SACRA NATURA & MONTAGNANATURA Pàtron Editore Bologna

COPERTINA NATURA & MONTAGNA 2-2016.indd 1 13/09/2016 12.46.34 Natura Montagna Anno LXIII n. 2/2016

PERIODICO QUADRIMESTRALE DI DIVULGAZIONE NATURALISTICA Sommario Direttore Onorario: FRANCESCO CORBETTA Direttore Responsabile: ELIO GARZILLO Comitato Editoriale: ELIO GARZILLO ROBERTO BERTOLANI, GIORGIO CANESTRI TROTTI, CARLO CENCINI, FIORENZO FACCHINI, MAURO FURLANI, FRANCO PEDROTTI, PAOLO PUPILLO, GIAN Editoriale ...... 3 BATTISTA VAI, ANNA LETIZIA ZANOTTI Redazione, amministrazione, ANNA LETIZIA ZANOTTI abbonamenti e pubblicità: PÀTRON EDITORE La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico VIA BADINI 12, QUARTO INFERIORE 40057 GRANAROLO DELL'EMILIA, BOLOGNA dell’Università di Bologna: piante protette, minacciate e rare .... 4 Tel. 051 767003 - fax 051 768252 e-mail: [email protected] Sito: www.patroneditore.com ALESSANDRO CEREGATO, GIAN BATTISTA VAI Sul sito, nella sessione riviste, sono presenti gli indici di tutte le annate pubblicate. Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Abbonamento cartaceo Italia € 48,00 Abbonamento cartaceo estero € 68,00 Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo Fascicoli singoli cartacei Italia € 22,00 Fascicoli singoli cartacei estero € 29,00 Maggiore, Bologna ...... 18 Abbonamento online Privati € 40 ,00 Abbonamento online Enti, Biblioteche e LUCIANO DI MARTINO Università € 110,00 PDF singoli articoli € 14,00 Una passeggiata tra i fiori d’alta quota della Majella: Per abbonamenti e ordini di arretrati, rivolgersi all’Ufficio Abbonamenti: dalle mughete del Blockhaus ai pascoli sassosi [email protected] o collegarsi al sito www.patroneditore.com/riviste.html. di Monte Amaro ...... 32 I pdf dei singoli articoli e gli abbonamenti online possono essere richiesti solo collegandosi al sito www.patroneditore.com/riviste.html. FRANCESCO NALDI Gli abbonamenti hanno decorrenza gennaio- dicembre, con diritto di ricevimento dei fascicoli già Considerazioni paleoecologiche su di un affioramento pubblicati, se sottoscritti in corso d’anno. I fascicoli cartacei non pervenuti vengono reintegra- fossilifero storico del bacino di Siena ...... 41 ti non oltre 30 giorni dopo la spedizione del numero successivo. Modalità di pagamento: LEONARDO SENNI Versamento anticipato adottando una delle seguenti soluzioni: La “Montagna Sacra”. Il Monte Vigese – Montovolo – c.c.p. n. 000016141400 intestato a Pàtron editore - via Badini 12 - Quarto Inferiore - 40057 Granarolo nella media valle del Reno nell’Appennino bolognese ...... 49 dell’Emilia - Bologna - Italia – bonifico bancario a CARISBO - Agenzia 68 - Via Pertini 8 - Quarto Inferiore - 40057 Granarolo dell’Emilia - Bologna - Italia - BIC IBSPIT2B - IBAN IT 03 M 06385 36850 07400000782T – carta di credito o carta prepagata a mezzo PAYPAL (www.paypal.it) specificando l’indirizzo Recensioni ...... 61 e-mail [email protected] nel modulo di compilazione, per l’invio della conferma Tracce ...... 62 di pagamento all’Editore. L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti riprodotte in quest’opera. Progettazione e impaginazione: Bologna. Stampa: LI.PE. Litografia Persicetana, S. Giovanni in Persi- ceto, Bologna settembre 2016. Natura Montagna Registrazione Tribunale di Bologna n. 2294 del 30/4/1954. Immagine di copertina: La palazzina dell'Orto Botani- co dell’Università di Bologna (foto di Carlo Cencini). Natura Montagna

NATURA MONTAGNA Anno LXIII, n. 2 - 2016

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I contributi vanno redatti in formato Word, corpo 12 e devono essere contenuti entro un massimo di otto cartelle/16.000 battute (spazi inclusi) ed inviati a: [email protected] Gli autori dovranno indicare la propria qualifica e istituzione di appartenenza e il titolo dell’articolo che ritengono preferenziale. Articoli già pubblicati altrove dovranno riportare tale circostanza, con l’eventuale autorizzazione. Ciascun articolo andrà preceduto da un “Sommario” di quattro o cinque righe e potrà essere suddiviso in parti con semplici spaziature, numerazioni o eventuali sotto-titoli (in corsivo). Le figure andranno sempre inviate separatamente dal testo, con l’elenco delle didascalie. L’eventuale bibliografia (in ordine alfabetico per autore secondo le norme internazionali) andrà limitata a quanto ritenuto strettamente necessario e sarà denominata “Letture Consigliate”, con inserimento alla fine dell’articolo. Per le citazioni bibliografiche, è opportuno attenersi ai modelli che seguono: poli g. (2000) – Magia delle Ande. Viaggio in Perù. E.D.T., Torino. CorBetta F. (1968) – Nuovi dati sulla distribuzione di Isoëtes malinvernianum in Lomellina. “Giorn. Bot. Ital.”, 102: 107-112. I materiali inviati non saranno restituiti. In proseguimento di tiratura, gli autori riceveranno copia del fascicolo; eventuali estratti sono a pagamento.

2 Natura Montagna

Cogliere la complessità

Gli articoli che state per leggere – sia pure molto diversi fra loro per forma e contenuto – sembrano tutti, più che descrivere, cercare la radice delle “cose” di cui si occupano. E vogliono affrontare “quelle cose” come fossimo in un vero e proprio romanzo di avventura e di esplorazione: a volte quasi sognan- do ad occhi aperti e creando tagli trasversali, imprevedibili. Gli Autori trala- sciano infatti le abitudini consolidate e cercano nuove connessioni in un mix di fantasia e precisione, utilizzando un cocktail rischioso e apparentemente incompatibile. Le connessioni quindi – l’antica ambizione, cioè, di rappresentare la molteplicità delle relazioni in atto o potenziali – vengono proposte e combinate in modo spesso sorprendente. Tutto sta nell’attitudine a vedere legami fra cose anche lontane e nella capacità di correlarle, con curiositas insaziabile. Vengono perlustrati percorsi diversi, quindi, per poi confluire in uno spazio centrale, come nell’espressione grafica che vedete qui rappresentata. Questo è, per noi Soci dell’UBN, apparentemente facile, vista la grande quantità di discipline, argomenti, interessi e forme di espressione che caratterizzano da sempre Natura&Montagna e che contribuiscono a formare una nostra visione comune ed unitaria. A volte, potrete percepire, in quegli articoli, un continuo appassionante viaggio (in alcuni viene suggerito anche un “viaggio reale”) nella vita simbolica degli oggetti e dei luoghi, tirata fuori con il coraggio e la follia dell’esploratore. Perché il Lettore, ne siamo convinti, deve divertirsi, oltre che acquisire, nella lettura, nozioni di tipo critico documentario e culturale. Deve capire, conoscere, scoprire e, soprattutto, rimanere stupito dinanzi a tattiche e punti di vista ingegnosi che illuminino tutto come un faro sulla costa o come un flash sparato nel buio. Terremo, nella nostra Rivista, sempre aperti i passaggi fra le varie discipline e ogni possibile “commistione”, anche scar- tando pericolosamente da una pista all’altra. Metteremo in movimento ogni possibile acutezza di sguardo per arrivare a conclusioni che, come La Lettera rubata, sono spesso sotto gli occhi di tutti ma che necessitano degli attrezzi giusti per poter essere individuati. Procedendo su questa linea, nel prossimo numero n. 3/2016 (che sarà esclusivamente “monografico” e interdisciplinare), Vi sarà proposto un progetto di “unità culturale” di grande apertura e di inedita elasticità. Con le “scienze” che, attraverso connessioni tanto palesi quanto misteriose, faranno di tutto per declinare ogni voce del verbo “vedere” e per suscitare in “Labirinto cromatico”. Aldo Spizzichi- Voi Lettori un consapevole improvviso piacere estetico. Pro- no, 2005. ducendo inattese interferenze fra arte e scienza, in una sorta di nuova macchina della verità. Sarà un numero con argomenti in cui passeggiare in piena libertà, come in un parco. Si parlerà di giardini e paesaggio attraverso storia, scienza, natura e percezione: saperi che troppo spesso vengono tenuti separati. Si attingerà a un fondo di memoria e d’emozione, cogliendo la sostanza ultima delle cose e unendo ragione e passione con modalità che, spero, vi sorprenderanno.

Elio Garzillo 3 4 Natura Montagna Anno LXIII – N. 2 dell’Università diBologna:piante Già Prefetto dell’Orto Botanico e docente di Conservazione dellaNaturanell’UniversitàdiBologna BotanicoedocentediConservazione dell’Orto Già Prefetto biodiversità nell’OrtoBotanico protette, minacciateerare La conservazione della conservazione La A nnA L etiziA z Anotti La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

Sommario All’Orto Botanico dell’Università di Bologna, in soli due ettari, sono coltivate numerose specie italiane ed esotiche rare e in pericolo di estinzione a livello mondiale o a livello locale e spesso protette in quanto minacciate dalla distruzione e frammentazione dell’habitat in cui vivono, dai cambiamenti climatici e da altri interventi antropici. Per ogni settore in cui è suddiviso l’Orto ven- gono qui descritte sia le specie incluse nelle Liste Rosse (mondiali, italiane e della regione Emi- lia Romagna) con le diverse categorie di rischio, che le specie protette a livello internazionale o locale da Leggi e Convenzioni di protezione della natura. La presenza di un cospicuo numero di specie autoctone ed esotiche segnalate o/e protette meritevoli di conservazione (sia arboree sia erbacee e soprattutto succulente), attesta l’importante ruolo svolto anche dall’Orto Botanico di Bologna sia nella conservazione della biodiversità vegetale che nella diffusione delle conoscen- ze sulle specie a rischio.

Premessa è particolarmente importante perché proprio dalla conoscenza delle specie rare e dei peri- Al Summit sulla Terra di Rio, tenutosi nell’or- coli che queste corrono a causa dell’uomo, il mai lontano 1992, fu firmata da molti Stati una pubblico può essere sensibilizzato e stimola- Convenzione sulla Biodiversità che aveva co- to sia ad appoggiare le iniziative di protezio- me scopo la conservazione della biodiversità ne delle specie e degli ambienti in cui queste del pianeta, la promozione del suo uso soste- vivono, sia ad adottare comportamenti eco- nibile e la giusta ed equa ripartizione dei be- logicamente sostenibili nei consumi, negli ac- nefici derivanti dall’uso delle riserve genetiche. quisti e nelle abitudini quotidiane. In tale contesto fu messo a punto un piano strategico per la conservazione delle pian- te (Global Strategy for Plant Conservation = Introduzione GSPC) per “arrestare l’attuale e continua per- dita di diversità vegetale” e scongiurare la de- Gli Orti Botanici sorgono nel XVI secolo quan- finitiva scomparsa di tante specie vegetali rare do, in seguito ai viaggi e alle scoperte geogra- e minacciate, scomparsa causata dalla defo- fiche, nasce un nuovo interesse per la botanica restazione, dalla riduzione dell’habitat, dallo e per la coltivazione in orti e giardini di nuove sfruttamento, dal prelievo in natura a scopo piante, arrivate in Europa da Asia, Africa e poi commerciale, dall’invasione di specie aliene dalle Americhe. Già Aldrovandi, a Bologna, competitive con le autoctone e dal cambia- nel suo “Orto dei Semplici” sorto nel Palazzo mento climatico globale. del Cardinal Legato nel 1568, pare coltivasse Gli Orti Botanici sono stati chiamati a svolgere 800 specie di piante sia italiane sia esotiche, un ruolo fondamentale nell’attuazione e nello soprattutto officinali, a fini didattici per gli stu- sviluppo del GSPC. Poiché, com’è noto, nei denti di medicina del vicino Archiginnasio. Ma circa 1800 Orti Botanici di tutto il mondo sono nel corso dei secoli successivi, negli Orti bo- conservate quasi 80.000 specie, pari a circa il tanici (come nei giardini) si manifesta e si af- 25-30% della flora mondiale, essi costituisco- ferma sempre di più anche la tendenza al col- no sia aree dove attuare la conservazione ex- lezionismo di specie d’interesse ornamentale. situ (cioè in condizioni artificiali e controlla- Già dal loro sorgere quindi gli orti botanici te) di specie a rischio di estinzione (e anche la hanno avuto inconsapevolmente la vocazione loro eventuale riproduzione e moltiplicazione alla conservazione della biodiversità del pia- al fine di reinserirle successivamente nell’am- neta, quando ancora questa era una locuzio- biente naturale), sia istituzioni che svolgono ne sconosciuta. ricerche di tipo tassonomico, che mettono a Inoltre nel corso del XX secolo negli orti bota- punto protocolli per la conservazione e l’uso nici si mettono in atto progetti volti a ricreare sostenibile delle risorse e che svolgono compi- in miniatura ambienti naturali, specialmente ti educativi (Davis, 2008). Quest’ultimo ruolo quelli tipici del territorio circostante e in via di 5 2/16

Fig. 1 – La parte anteriore dell’Orto con la Palazzina Collamarini, sede dell’Istituto Botanico, in una foto di archivio degli anni ’30. (fo- to Archivio Storico Università di Bologna).

scomparsa, al fine di farli conoscere a un pub- Agrario. blico che, nella maggior parte dei casi, vive in Tra gli studiosi che diressero l’Orto Botani- ambiente urbano. co nel XIX secolo e cui si deve l’introduzione L’Orto Botanico di Bologna riassume in sé in coltivazione di tante specie esotiche ci fu- questi tre aspetti: la coltivazione di specie of- rono ANTONIO BERTOLONI (1775–1869), ficinali, il collezionismo di specie esotiche e che lasciò un importante erbario e fu autore la ricostruzione di ambienti naturali (costituiti di una monumentale “Flora Italica” e FEDE- da uno stagno, da un bosco di pianura, da un RICO DELPINO (1833 –1905), scienziato di bosco submontano e da un piccolo lembo di fama internazionale tanto da essere il più im- macchia mediterranea). portante interlocutore italiano di Charles Dar- L’Orto Botanico dell’Università di Bologna si win e che divenne famoso per le sue tesi di trova nel centro della città, nei pressi di Porta sistematica vegetale delle gimnosperme che S. Donato: è costituito da un’area verde di cir- solo in seguito vennero confermate dalle os- ca due ettari che accoglie i visitatori all’ombra servazioni microscopiche. Molte delle specie di alberi monumentali ed è miracolosamen- annose ancora presenti in Orto un po’ parti- te scampato (sinora!) all’espansione edilizia colari (come Ginkgo biloba, Torreya califor- universitaria di inizio Novecento, al secondo nica, Cunninghamia lanceolata, Cryptomeria devastante conflitto mondiale e al miserevo- japonica, Taxodium distichum, diverse specie le stato di abbandono del dopoguerra, da cui di Cycadaceae ecc.) furono oggetto di studio si è lentamente risollevato solo a partire dagli soprattutto da parte di Delpino. anni Sessanta. La superficie destinata ad Orto Botanico, ora La storia di questa istituzione, tanto impor- molto più ampia dell’originaria, è attualmen- tante per la città di Bologna, ha inizio nel XVI te scandita in due parti (una anteriore e una secolo ed è stata già ampiamente racconta- posteriore) dalla presenza della Palazzina di ta sia in questa che in altre sedi (Zaffagnini, Collamarini (Fig. 1), edificata nel 1916, sede 2006, 2007, 2013; Zanotti e Mossetti, 2008). dell’ ex Istituto di Botanica (ora parte del Di- La sede attuale, in via Irnerio 42, risale al partimento BIGEA). 1803. Per volere di Napoleone una grande La parte anteriore dell’Orto è di fatto un giar- area verde attorno alla “Palazzina della Vio- dino ornamentale moderno (Figg. 2 e 3). Nella la”, nei pressi di Porta S. Donato, fu destinata parte posteriore che si estende fino alla cer- in parte ad Orto Botanico e in parte ad Orto chia muraria della città, vi sono le serre e una 6 La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

regionale (considerando qui solo la Regione Emilia-Roma- gna) a cura del WWF e del- la Società Botanica Italiana (Conti et al., 1997; Marconi, 2007). Una sigla indica la ca- tegoria di rischio della specie e cioè se questa corre un cre- scente rischio di estinzione nel breve o medio termine: VU = “vulnerabile”, EN = “in peri- colo”, CR = “in pericolo criti- co”. Un asterisco accanto al binomio specifico indica se il grado di rischio è elevato op- pure se la specie è “estinta in natura” = EW. Sono inoltre ci- Fig. 2 – Il vialetto di accesso e la Palazzina Collamarini. tate anche le specie conside- rate “quasi minacciate” (NT) vasta area a parco d’alberi d’alto fusto ed ar- o “a rischio minore” (LR), in quanto molto busti esotici (“bosco-parco”) (Fig. 4), testi- prossime a rientrare in una delle categorie monianza del gusto ottocentesco per il col- di minaccia citate e quelle “a minor preoc- lezionismo di specie legnose ornamentali e cupazione” (LC) che non rischiano l’estin- officinali. Nella seconda metà del XX secolo, zione nel breve o medio termine, ma che so- sempre nella parte posteriore, alcune aree so- no ugualmente elencate nelle Liste. Occorre no state destinate a ricreare gli ambienti natu- tener conto che il grado di minaccia varia rali di cui si è già detto e, in tempi più recenti, dalla situazione globale a quella nazionale o anche un “Orto dei Semplici” di specie offici- locale. Così può capitare che alcune specie nali e medicinali, sul modello di quello antico considerate minacciate o addirittura estinte di Aldrovandi. in Regione Emilia-Romagna, siano invece Se nell’Orto Botanico di Bologna, date le sue considerate a nessuno o a minore grado di ridotte dimensioni, non è possibile attuare col- rischio a livello nazionale o a livello mon- tivazioni ex-situ di specie da reintrodurre in natura, tutta- via numerose sono le specie qui coltivate, sia esotiche sia appartenenti alla flora italia- na, che: – sono segnalate nelle Liste Rosse. Citeremo qui in par- ticolare le specie presenti in Orto Botanico incluse nel- le diverse categorie di ri- schio nelle Liste Rosse: o in quella mondiale dell’IUCN (INTERNATIONAL UNION FOR THE CONSERVATION OF NATURE AND NATU- RAL RESOURCES - http:// www.iucnredlist.org) o in quella italiana o in quella Fig. 3 – Il giardino anteriore. 7 2/16

Fig. 4 – Il bosco-parco del giardino posteriore.

diale. Inoltre la categoria di rischio può va- specie acquatiche e palustri sono poi tutte riare nel tempo e nelle successive edizioni indirettamente protette a livello mondiale delle Liste generalmente verso categorie a dalla Convenzione di Ramsar (1971), che rischio maggiore, ma, in rari casi, anche tutela gli ambienti umidi. verso categorie a rischio minore. Non esistendo una legge nazionale italiana per – sono incluse negli elenchi allegati a Leggi o la protezione della flora, e quindi un elenco Convenzioni e quindi sono protette a livello nazionale di specie protette, ma solo elenchi internazionale o locale. Tra le convenzioni regionali, in questo contributo consideriamo internazionali che prendono in considera- solo le specie protette dalla Regione Emilia- zione le piante ci sono, a livello mondia- Romagna, che si è dotata di una Legge di Pro- le, la CITES (Convention on International tezione della Flora già nel 1977. Per l’elenco Trade in Endangered Species of Wild Fauna delle specie protette a livello regionale ci sia- and Flora cioè Convenzione sul Commercio mo riferiti a Alessandrini e Bonafede (1996) Internazionale delle specie di fauna e flora e a Conti et al. (2005). selvatiche minacciate di estinzione nota an- che come “Convenzione di Washington”) del Occorre precisare che, poiché i criteri che 1973 e, a livello europeo, la Convenzione hanno ispirato la stesura e i tempi in cui so- di Berna (1979) relativa alla conservazione no state stilate le Liste Rosse differiscono da della vita selvatica e dell’ambiente naturale quelli che hanno ispirato le Liste di protezione in Europa e la Direttiva Habitat (1992) per delle diverse Leggi e Convenzioni, non sem- la conservazione degli habitat naturali e la pre le specie segnalate sono anche protette o tutela di fauna e flora selvatiche nel territorio viceversa: può accadere infatti che specie in- dell’Unione. Citeremo quindi in particolare cluse come minacciate nelle Liste Rosse non le specie che sono incluse nelle appendici rientrino negli elenchi delle specie protette e e negli allegati delle convenzioni citate. Le invece specie non incluse nelle Liste Rosse 8 La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

abbiano una qualche forma di tutela. un arbusto mediterraneo delle Buxaceae tipico Per le date d’importazione in Italia delle specie delle Isole Baleari, ma presente anche in Sar- esotiche abbiamo fatto riferimento a Manie- degna, dove è al limite orientale del suo areale ro (2015). Per la localizzazione in Orto della distributivo ed è rarissimo e a rischio. L’esem- maggior parte delle specie citate si può fare plare attuale compare già nelle foto dell’Orto riferimento a Mossetti e Bolelli (1997). Botanico risalenti al 1919.

Le specie incluse nelle Liste Rosse Le specie esotiche e/o protette del giardino anteriore Sul lato destro del giardino si trova il nord- Nel giardino anteriore sono coltivate numerose americano Albero dei tulipani (Liriodendron specie ornamentali con esemplari di alto fusto tulipifera L.), magnoliacea delle foreste cadu- sia italiane che esotiche. cifoglie dei Monti Appalachi, che, in prima- vera, si copre di fiori giallo-verdi screziati di arancio e ha infruttescenze a pigna; conside- Le specie della flora italiana rata “a minor preoccupazione” perché ampia- mente coltivata (LC), pare tuttavia sensibile A destra del cancello d’ingresso s’incontra il alle alte concentrazioni di ozono. grande pino calabrese Pinus brutia Ten *. Si La specie più interessante del lato destro del tratta di una specie affine al Pino d’Aleppo, dif- giardino anteriore è Metasequoia glyptostro- fusa nel Mediterraneo orientale e in Asia mi- boides Hu et W.C. Cheng * - EN, taxodiacea nore e segnalato in Calabria, ma attualmente diffusa nel Mesozoico e nel Terziario e rite- considerata estinta in natura in Italia (EW). nuta estinta fino al 1945, quando ne furono Al confine con l’area dell’ex Istituto di Fisica, scoperti alcuni esemplari nelle foreste della si trova una serie d’individui vetusti maschi- Cina occidentale. Interessante il fatto che la li e femminili di Tasso (Taxus baccata L.* se- descrizione delle caratteristiche della specie, gnalato come VU a livello regionale), o Albero dedotta dai paleobotanici solo in base ai suoi della morte, di cui uno centenario, con i ca- resti fossili, fu trovata corrispondere a quella ratteristici semi circondati da un rosso arillo della pianta viva. Le foglie aghiformi, decidue, carnoso. Questa specie euroasiatica, relitta assumono in autunno una colorazione bruno- dal Terziario, è presente in natura nei boschi rosata. Risulta importata in Italia nel 1950; montani di faggio e abete bianco. Anche se il suo areale è ridotto a una zona di 800 mq comunemente coltivata, è diventata ovunque nella Cina meridionale e per questo motivo è rarissima in natura a causa della ceduazione ritenuta in pericolo. dei boschi. È specie protetta della Regione Sul lato sinistro è presente un grande esem- Emilia-Romagna. plare femminile di Ginkgo (Ginkgo biloba L.* Attiguo a questi si trova un altro relitto Ter- - EN), l’Albero dalle chiome di fanciulla. È l’u- ziario, ugualmente protetto in regione, che è nica specie superstite della classe delle Gin- l’Agrifoglio (Ilex aquifolium L.), aquifoliacea kgoatae, gimnosperme primitive che ebbero subatlantica, di cui qui sono presenti due no- massima diffusione nel Giurassico superio- tevoli esemplari. Specie sempreverde che in re. Sopravvissuta solo in una regione mon- inverno è coperta da rosse drupe, è tipica di tuosa del Sud-Est della Cina, quindi a rischio climi oceanici, ad elevata piovosità e si tro- in natura, anche se da noi ampiamente colti- va sporadica nei boschi di faggio. È divenu- vata, è una pianta dioica, con fiori femminili to anch’esso raro a causa della ceduazione e e maschili portati da individui diversi. Le fo- della raccolta. glie, dalla tipica forma a ventaglio, in autun- A destra, alla fine del vialetto di ingresso, è no assumono una colorazione giallo-oro. Su da citare anche la presenza di un esemplare un esemplare di Gingko che sorgeva accanto di Buxus balearica Lam.* - CR, il Bosso delle a questo Federico Delpino aveva compiuto i Baleari (in Fig. 1 e, seminascosto, in Fig. 2), suoi studi di biologia fiorale 9 2/16

prugna cinese C. fortunei Ho- ok. Entrambi hanno semi di aspetto drupaceo.

Le specie incluse nelle Liste Rosse e/o protette del giardino posteriore

Nel giardino posteriore sono presenti le serre (Fig. 5), due vasche per le piante acquati- che, l’“Orto dei Semplici” e al- cune ricostruzioni ambientali: uno stagno (Fig. 6), un bosco planiziario (Fig. 7), un bosco appenninico (Fig. 8) e un pic- Fig. 5 – Panoramica delle serre nel giardino posteriore. colo lembo di bosco mediter- raneo. Tra le nord-americane è da citare anche, sul lato sinistro, una maestosa Magnolia centena- ria (Magnolia grandiflora L.), specie con fio- Le specie della flora italiana ri grandi e profumati delle Magnoliaceae, con frutti a pigna e semi rossi, presente già nelle Nel bosco-parco sono presenti specie segna- foto storiche dei primi del ’900. Nonostante sia late come minacciate in Italia come, a destra ampiamente coltivata è tuttavia inserita nella delle serre, la rara Periploca graeca L. *-VU, Lista Rossa mondiale, anche se nella catego- asclepiadacea lianosa volubile di boschi umi- ria LC, in quanto sensibile a siccità e malattie di litoranei mediterranei, con corimbi di fiori nel suo ambiente naturale. rossastri e lunghi follicoli e, nei pressi del bo- A fianco di questa troviamo un esemplare di sco mediterraneo, Ephedra distachya L. *-VU. Cryptomeria japonica D. Don., taxodiacea Quest’ultima è una gimnosperma arbustiva sempreverde nota anche come Cedro rosso appartenente alle Gnetatae, di aspetto equi- del Giappone, per la corteccia rosso-bruna fibrosa. Distribu- ito in Estremo Oriente e con- siderata specie “quasi minac- ciata” in natura per la defo- restazione e il cambiamento climatico (NT). A sinistra entrando dal via- letto centrale si trovano due specie arbustive ornamen- tali sempreverdi provenienti dall’Estremo Oriente e appar- tenenti alle Cephalotaxaceae considerate “a minor preoc- cupazione” (LC), ma in de- clino a causa della deforesta- zione: il Tasso prugna giappo- nese Cephalotaxus harrigtonii K.Koch v. drupacea e il Tasso Fig. 6 – Lo stagno e l’esterno del bosco planiziario. 10 La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

e frutti a capsula rigonfia e la felce con fronda a lamina in- tera dei boschi umidi Phylli- tis scolopendrium Newman * -VU (la Scolopendria). Coltivato in Orto e oggetto di recenti studi di biologia fiora- le è il raro frutice Dictamnus albus L. * - VU (in Regione), il Dittamo, dei boschi collinari e montani. Minacciate a livello regiona- le a causa della raccolta de- gli organi ipogei (bulbi, tube- ri e rizomi) a fini commercia- li sono le geofite di ambiente nemorale presenti nell’area Fig. 7 – L’interno del bosco planiziario. di ricostruzione dell’ambien- te montano Sternbergia lutea setiforme, rarissima, delle steppe e aree sab- L. * (lo Zafferanastro giallo) (EN) e Galan- biose mediterranee ed asiatiche; è segnalata thus nivalis L. * (il Bucaneve) (VU) entram- anche dalla Lista Rossa mondiale IUCN (LR) be incluse anche nell’appendice II della CI- perché minacciata dal sovrapascolo. Nella ri- TES. Anche le geofite Convallaria majalis L. costruzione del bosco appenninico è presente * VU (il Mughetto), Scilla bifolia L., la Scilla., anche Acer cappadocicum subsp. lobelii Mur- Erythronium dens canis L., il Dente di cane, ray, l’Acero di Lobelius, specie endemica dei sono considerate a rischio in Regione, come boschi montani dell’Italia meridionale a basso le due specie legate ad ambienti umidi del rischio in Italia (LR). genere Leucojum (L. aestivum L.* - EN e L. Le specie che seguono sono tutte protette dal- vernum L. * - VU), le Campanelle, che alli- la Legge Regionale dell’Emilia Romagna in gnano nei pressi dello stagno. Infine citiamo quanto minacciate. Si tratta di specie rare in Vinca minor L., la Pervinca minore, specie ne- regione, per la rarità e frammentarietà dell’ha- morale d’interesse medicinale, situata sia nel bitat in cui vivono, anche se altrove assai diffuse. Nell’ambiente di bosco medi- terraneo, in fondo all’Orto, su un terrapieno a ridosso del- le mura cittadine, troviamo le specie di ambiente mediter- raneo come Phillyrea latifolia L. * e P. angustifolia L.*, le Filliree, Arbutus unedo L.*, il Corbezzolo, Pistacia tere- binthus L. *, il Terebinto. e Rhamnus alaternus L., l’Ala- terno. Nella ricostruzione del bosco appenninico si segnalano Staphylea pinnata L.* - EN, (il Falso pistacchio), albero con foglie pennato composte Fig. 8 – Il bosco appenninico (sullo sfondo). 11 2/16

Giardino dei semplici che nella ricostruzione foreste montane cinesi. Specie ornamentale e del bosco planiziario. largamente coltivata è considerata specie “a minor preoccupazione”(LC). In mezzo al bosco-parco, a sinistra, è presen- Le specie esotiche te un’altra specie di categoria LC e cioè Dio- spyros lotus L., ebenacea parente del Kaki Nel giardino posteriore, su una collinetta rial- (Diospyros kaki L.) chiamata Legno santo per zata a sinistra del cancello di ingresso, è pre- via dell’ottima qualità del legno. Specie asiati- sente un grande e raro Tasso californiano (Tor- ca e mediterranea, con frutti gialli poi bluastri reya californica Torr. *). Questa specie, appar- è di antica introduzione in Italia (1550). tenente alle Taxaceae presenta semi simili a Accanto al muro di recinzione occidentale, drupe con arillo carnoso ed è in declino (VU) a sulla sinistra, si trova Sequoia sempervirens causa del taglio delle foreste umide in cui vive. Endl. *, taxodiacea tipica delle foreste neb- A destra delle serre troneggia un maestoso biose nordamericane, a rischio (EN) a causa esemplare di Liquidambar styraciflua L., lo del taglio e dell’urbanizzazione. Storace, del Nord-Centro America, della fam. Hamamelidaceae, che è ritenuto uno dei più antichi alberi dell’orto. Le sue foglie, simili Le specie acquatiche e palustri a quelle di un platano, assumono in autun- no diverse colorazioni. In natura questa spe- Si calcola che nel mondo siano scomparse cie è minacciata dal taglio di legname e dallo metà delle zone umide dal 1900 e che in Eu- sfruttamento della resina ottenuta per incisio- ropa ne siano scomparse i 2/3 negli ultimi 50 ne della corteccia e impiegata in profumeria anni a causa delle bonifiche. Inoltre stagni, oltreché dalla deforestazione per agricoltura paludi e ambienti umidi in generale sono sog- e pascolo. getti anche ad eutrofizzazione, inquinamento A fianco, sorretto da un pilone, si trova un e a introduzione di specie esotiche, tutti fattori grande Taxodium distichum Rich., taxodia- che ne minacciano il fragile ecosistema, tra i cea delle pianure inondate del sud degli Stati più ricchi in biodiversità. Conseguentemente Uniti, detta Cipresso calvo perché in autunno tutte le specie acquatiche sono da considerar- perde interi rametti di foglie di colore bronzeo. si minacciate. Le specie acquatiche e palustri È usato per il legname e segnalato nella Lista qui citate sono quasi tutte incluse nella Lista IUCN anche se nella categoria LC. Rossa globale, anche se sono ancora consi- Nei pressi sono presenti due specie sempre- derate a rischio relativo (LC), a parte Aldro- verdi ornamentali: un esemplare di Caloce- vanda vesiculosa L., già estinta in natura in drus decurrens Florin., il Cedro bianco del- Italia e considerata ad alto rischio di estinzione la California usato per il legname e per far- a livello mondiale (EN). Per quanto riguarda ne matite, taxodiacea con strobili femminili i dispositivi di protezione, la Convenzione di oblunghi e bruni, particolarmente sensibile ai Ramsar che tutela gli ambienti umidi, proteg- cambiamenti climatici, ma non a rischio nel ge indirettamente tutte le specie acquatiche breve e medio termine (LC), e Chamaecypa- e palustri. In un caso, tra le specie citate, in- ris lawsoniana Parl., Il Cipresso di Lawson o terviene anche la protezione della Legge Re- Falso Cipresso, cupressacea nord-americana gionale e, in un altro, quella delle Convenzioni usata anche in ebanisteria, che, anche se lar- Habitat e Berna. gamente coltivata, è ritenuta tuttavia in decli- Nell’Orto Botanico le piante acquatiche sono no in natura e considerata “quasi minacciata” coltivate in due vasche e in uno stagno. dalla ceduazione degli individui annosi per il Nella vasca tonda sono da notare tante specie commercio del legname. acquatiche considerate a basso rischio a livel- A sinistra del vialetto che s’inoltra verso le mu- lo globale (categoria LC), ma ormai rare in re- ra, a sinistra, si può ammirare in primavera la gione come il Ranuncolo capillare (Ranuncu- bianca e copiosa fioritura di Magnolia denu- lus trichophyllus Chaix.), il Millefoglio d’acqua data Desr., la Magnolia yulan, endemica delle (Myriophyllum verticillatum L.), la Calta (Cal- 12 La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

tha palustris L.), dai vistosi fiori gialli, la Pian- taggine acquatica, (Alisma plantago-aquatica L.) e la Gamberaja maggiore (Callitriche sta- gnalis Scop.). Minacciata in Italia (CR), ma considerata estinta in natura in regione (EW) è l’Erba coltella dei fossi (Stratiotes aloides L. *). A rischio in Regione Emilia-Romagna (VU) è anche il Trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata L. *) (Fig. 9) con fiori bianco rosei e petali orlati di ciglia bianche. A rischio sia in Italia (VU) che in Regione (EN) è il rarissimo Hippuris vulgaris L. *, la Coda di cavallo ac- quatica, dall’aspetto simile ad un Equisetum. Da segnalare la Felce acquatica radicante Marsilea quadrifolia L. * - VU, il Trifoglio ac- quatico, specie minacciata su tutto il territorio nazionale e che è protetta sia dalla conven- zione Habitat che da quella di Berna. Anche l’africana Cyperus papyrus L. * è considerata “vulnerabile” in Italia perché presente solo in una stazione relittuale in Sicilia. Da notare infine la presenza della sopracita- ta Aldrovanda vesiculosa L.* e di Utricularia vulgaris L, specie rara, come le congeneri. Entrambe sono specie “carnivore” in quanto hanno trappole costituite da vescicole, pre- senti sui rami di ancoraggio al fondo, che si aprono quando un piccolo animale urta con- Fig. 9 – Il trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata) nella vasca tonda. tro i peli di cui sono dotate.

Nello stagno è stato ricostruito l’habitat delle zone umide della Pianura Padana, ecosistema salicaria L.), l’Euforbia palustre (Euphorbia naturale che sta anche qui attualmente scom- palustris L.), la Felce palustre (Thelypteris pa- parendo (Fig. 6). Le specie acquatiche e palu- lustris Schott) e il comune Giunco da stuoje stri, anche se non espressamente citate dalle (Schoenoplectus lacustris Palla). Liste Rosse (a parte Carex riparia come LC) Tra le severamente minacciate, sia in Italia sono tuttavia, come si è già detto, indiretta- (EN) che in Regione (CR), è da citare Senecio mente protette dalla Convenzione di Ramsar. paludosus L. *, il Senecione palustre, specie Intorno allo stagno, su suolo imbibito d’ac- euro-siberiana che in Italia è tipico delle paludi qua, vivono specie igrofile, amanti dell’umi- oligotrofe della Pianura Padana e delle vallate dità, quali le Carici (Carex pendula Hudson, alpine. Inoltre sono presenti le rare Typha mi- C. riparia Curtis) e la Canapa acquatica (Eu- nima Hoppe - LC, T. laxmannii Lepechin * (a patorium cannabinum L.). rischio in tutto il territorio nazionale come VU Sulle sponde, dove l’acqua è profonda meno di e soprattutto in regione come EN) e Il Giunco un metro, è presente una cintura di specie“a fiorito, Butomus umbellatus L. * - VU, minac- minor preoccupazione” a livello globale (LC) ciata solo a livello regionale. con la base del fusto sommersa (elofite), come Dove l’acqua è più profonda si trovano le spe- la Cannuccia di palude (Phragmites australis cie idrofite, tra le quali spiccano per le a lo- L.), la Tifa (Typha latifolia L.), il Garofanino ro fioritura la Ninfea comune (Nymphaea al- d’acqua (Epilobium hirsutum L.), l’Iris giallo ba L. *) unica ninfea spontanea in Italia (LR) (Iris pseudacorus L.), la Salicaria (Lythrum (e protetta a livello regionale dove è ritenuta 13 2/16

Fig. 10 – La piccola serra delle specie carnivore. America e Cephalotus (C. follicularis Labill. * “vulnerabile”) e la Ninfea gialla (Nuphar lu- - VU) dell’Australia, sono dotate di trappole tea SM.). passive a forma di brocca o anfora. Tutte le specie di Nepenthes e Sarracenia sono inclu- se nell’appendice II della CITES. Le specie dei Le specie carnivore generi Drosera e Pinguicula , rappresentate qui da diverse specie, hanno invece trappole Una piccola serra fredda (Fig. 10) e la parte semi-attive dove gli insetti restano invischiati semi-interrata della serra tropicale ospitano da sostanze adesive presenti sulle foglie. le cosiddette specie “carnivore”. Si tratta di La nord-americana Dionaea muscipula Ellis *- piante che vivono in ambienti poveri di azoto VU, protetta dalla CITES, è una droseracea come torbiere, paludi e altri substrati; sono in che ha invece trappole attive costituite dal- grado di integrare la loro dieta procurandosi le lamine fogliari divise in due lobi e dotate le sostanze azotate direttamente da piccoli or- di peli sensibili che, se sollecitati, li fanno ri- ganismi (soprattutto insetti, ma anche ragni o chiudere. piccoli crostacei), grazie a foglie modificate in trappole. Esche e guide attirano la preda verso la “trappola” che contiene ghiandole specia- Le specie succulente lizzate secernenti enzimi digestivi. Le specie qui presenti sono tutte esotiche: molte sono In una serra calda e asciutta (Fig. 11) è ospi- rare e protette, data la peculiarità e la rarità tata la collezione di piante grasse iniziata e cu- dell’ambiente in cui vivono che è, in genere, rata per anni da Giuseppe Lodi (1896-1989), di limitata estensione e soggetto a bonifiche professore di Botanica Farmaceutica nell’Ate- o a escavazioni di materiali vari. I meccani- neo Bolognese, che comprende esemplari di smi di cattura sono diversi nei diversi generi. tutte le principali famiglie di piante succulen- Le specie dei generi Nepenthes (N. clipeata te, taluni molto rari e a rischio di estinzione in Danser * - CR) del sud-est Asiatico, Sarrace- natura. Le succulente sono specie adattate a nia (S. purpurea L., S. rubra Walter) del nord- climi aridi e desertici in quanto dispongono di 14 La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

Fig. 11 – L’Interno della serra delle piante grasse intitolata a Giuseppe Lodi. particolari caratteristiche, sia anatomiche che visa in due settori. fisiologiche, atte a superare la scarsa dispo- Un settore è destinato alle specie originarie di nibilità d’acqua. Stati Uniti meridionali e Messico: tra queste ci Molte specie succulente sono inserite nella Li- sono notevoli esemplari di cactacee come Ne- sta Rossa IUCN, anche con grado di minaccia obuxbaumia polylopha Backeb.* - VU, Margi- elevato. Infatti il collezionismo di piante gras- natocereus marginatus Backeb., Opuntia mi- se, specie caratterizzate da lenta crescita, è crodasys Pfeiff. e Myrtillocactus geometrizans molto diffuso e, in natura, viene fatto un con- Cons. Interesse anche “storico” ha un grosso tinuo prelievo, a fini commerciali, di esempla- esemplare di Echinocactus grusonii Hildm.* ri anche annosi, col risultato di fare diminu- - EN (il Cuscino di suocera), che fu la prima ire sensibilmente le popolazioni. Moltissime pianta portata da Lodi in collezione quasi cen- specie crassulente quindi sono incluse nelle to anni fa. Tra le Agavaceae si trovano Agave appendici della CITES: in particolare vi vie- victoriae-reginae T. Moore e Agave parviflora ne elencata l’intera famiglia delle Cactaceae Torr., incluse nelle appendici CITES. e quella delle Didiereaceae così come sono Il secondo settore è destinato alle specie ori- inserite tutte le specie succulente del genere ginarie del Sudamerica, a loro volta distinte in Euphorbia e tutte le specie del genere Aloe. specie di pianura e specie di quota. Tra le pri- Nella serra sono presenti due aiuole in cui le me citiamo il Gymnocalycium saglionis Brit- piante sono inserite in un ricreato ambiente ton et Rose e, tra le seconde, un bell’esem- subdesertico e due bancali, in cui sono rag- plare di Espostoa ritteri Buining., entrambi ap- gruppate secondo le caratteristiche di succu- partenenti alle Cactaceae. lenza (caulinare o fogliare). Non essendo pos- Una aiuola a forma rettangolare comprende sibile citarle tutte, indichiamo qui quelle più piante succulente provenienti da Africa conti- significative. nentale, Madagascar e Canarie anche di note- Una aiuola a pianta quadrata contiene pian- voli dimensioni. Vi si trovano numerose specie te succulente distribuite in America centrale di Aloe (A. ferox Mill., A. jacksonii Reynolds, e meridionale; l’aiuola è ulteriormente suddi- A. microstigma Salm-Dyck) e di Euphorbia 15 2/16

(E. ammak Schweieinf. * VU, E. balsamifera cale di sinistra, è stata infine riservata a Aiton, E. candelabrum Trem., E. ramipressa Welwitschia mirabilis Hook. f., una gimno- Croizat, E. resinifera A.Berger, E. tirucalli L., E. sperma dioica appartenente alle Gnetatae, stenoclada Baill., E. cylindrifolia Marn.-Lap.et protetta dalla CITES; questa specie, pur vi- Rauh* - EN ed E. decaryi Guillaumin *- EN). vendo nel deserto costiero del Namib, non Tra le Didiereaceae, famiglia endemica del Ma- presenta nessuno degli adattamenti tipici delle dagascar, citiamo Alluaudia adscendens Dra- piante succulente. Possiede un fusto legnoso ke e A. procera Drake. Infine sono da notare breve e tozzo dal quale prendono origine due l’apocynacea Pachypodium lamerei Drake sole foglie opposte, perenni, che continuano con tronco a bottiglia e la vitacea dalle lar- ad accrescersi lentamente (fino a tre metri) ghe foglie decidue Cyphostemma juttae Desc. dalla base, mentre si seccano all’estremità. Nei due bancali laterali le piante sono state In questa serra è conservata anche una colle- disposte in accordo con le loro strategie adat- zione di Cycadacee, gimnosperme ornamen- tative per illustrare il fenomeno della conver- tali simili nell’habitus a piccole palme e tutte genza morfologica evolutiva. protette, come le specie asiatiche Cycas circi- Il bancale di destra contiene piante grasse ca- nalis L. * - EN proveniente dall’India e C. revo- ratterizzate da “succulenza caulinare”. Esem- luta Thunb., dal Giappone. Motivo principale pio sorprendente è la convergenza evolutiva di del loro declino è la distruzione dell’habitat, specie di Cactaceae con specie di Euphorbia- la raccolta dei semi (eduli in C. circinalis) e ceae succulente come, rispettivamente, Astro- quella delle foglie per uso ornamentale. Sono phytum capricorne Britton et Rose ed Euphor- presenti anche le Zamiaceae, ugualmente tut- bia horrida Boiss. te protette dalla CITES, tra cui la sudafricana Tra le Cactaceae sono da citare, per la loro ra- Encephalartos villosus Lem. e l’americana Ce- rità, Mammillaria geminispina Haw., M. magni- ratozamia mexicana Brong * - VU. mamma Haw. M. prolifera Haw., Astrophytum asterias Lem.* - VU e A. myriostigma Lem. In- teressante è anche la cactacea Leuchtenber- Le specie tropicali gia principis Hook. che apparentemente pre- senta foglie crassulente: in realtà si tratta di Nella serra tropicale (che ha anche una par- fusti che assumono questo aspetto, mentre le te semi-interrata) è ricostruito, in miniatura, foglie sono trasformate in lunghe spine. l’ambiente delle foreste pluviali tropicali, dove Tra le specie a succulenza caulinare occorre il tasso di umidità è elevato per le abbondanti citare anche la mediterranea sud-occidentale precipitazioni e la temperatura è costante tutto Caralluma europaea N.E.Br. * - CR, il Fiore di l’anno. Le foreste sono pluristratificate, con alberi tigre, unica specie di aspetto cactiforme pre- sempreverdi di diverse altezze che, con le loro sente in Italia e rarissima perché presente in chiome, formano un tetto pressoché continuo, ambiente rupicolo solo sulle isole di Linosa e lasciando il sottobosco in ombra densa. Que- Lampedusa. sti ambienti, in cui la diversità è altissima, sono Il bancale di sinistra contiene piante grasse ca- pesantemente minacciati dalla deforestazione e ratterizzate da “succulenza fogliare”. In questo dal cambiamento climatico globale. caso i fusti sono in genere fortemente accor- In questa serra sono presenti numerose pian- ciati e portano foglie carnose, ricche di pa- te esotiche di rilevante interesse economico, renchimi acquiferi e spesso disposte a roset- come piante alimentari, produttrici di spezie, ta. Tra queste sono presenti numerose specie ornamentali o medicinali (Fig. 12). di Aloe, tra cui le rare e protette A. descoingsii Tra le specie rare e minacciate sono presenti Reynolds e Aloe rahuii Reynolds. Una parte del numerose epifite (Orchidaceae, Bromeliaceae bancale ospita piante con anomalie della cre- e Felci), specie che vivono sulle chiome de- scita, le cosiddette “forme mostruose”, come gli alberi, per assicurarsi un ambiente di cre- la cactacea Myrtillocactus geometrizans Cons. scita privo di concorrenza e condizioni di luce f. cristata ed Euphorbia lactea Haw. f. cristata. più favorevoli di quelle che avrebbero al suo- Una posizione a parte, in prossimità del ban- lo. Sono qui coltivate su corteccia di pino o 16 La conservazione della biodiversità nell’Orto Botanico dell’Università di Bologna…

Fig. 12 – L’interno della serra tropicale. Fig. 13 – Il bancale delle piante tropicali epifite.

su sughero (Fig. 13). Allo scopo di approvvi- Conti f., MAnzi A., Pedrotti f. (1997) – Liste Rosse gionarsi di acqua e di nutrienti sono dotate di regionali delle piante d’Italia. WWF e SBI, Camerino. adattamenti anatomici e fisiologici particolari. dAvis K. (2008) – A CBD manual for botanic gardens. Un Nelle Orchidaceae come nell’orientale Dendro- manuale per gli orti botanici sulla Convenzione sulla bium nobile Lindl. o nelle varie specie del ge- Biodiversità. Versione italiana a cura della Società nere centro-sudamericano Cattleya, le radici Botanica Italiana - Informatore Botanico Italiano aeree libere e pendenti sono dotate di un parti- (2010), 41. colare tessuto di assorbimento dell’acqua, il ve- MAniero f. (2015) – Cronologia della flora esotica italiana, lamen. In altre orchidee epifite come Oncidium Leo S. Olschki, Città di Castello (PG). (O. ampliatum Lindl e O. varicosum Lindl) del MArConi G. (2007) – Piante minacciate di estinzione in centro-sud America e Bulbophyllum (come in Italia. Il “Libro Rosso” fotografico. Perdisa Editore, B. pulchrum J.J. Smith), sud-orientale, i bulbi Bologna. sono trasformati in strutture per la riserva d’ac- Mossetti U., Bolelli G. (1997) – Orto Botanico dell’Uni- qua, di cui si riempiono durante le piogge. Le versità di Bologna. Guida per il visitatore. CISMA, Orchidee, molto ricercate dai collezionisti o dai Bologna. coltivatori specializzati, che le prelevano in na- zAffAGnini f. (2006) – Memorie degli antichi Orti botanici tura, sono tutte protette dalla CITES. di Bologna. Natura e Montagna, LIII, n. 2, 11-29. zAffAGnini f. (2007) – Due secoli di vita dell’Orto Botanico di via Irnerio. Strenna storica bolognese, LVII, 424- Letture consigliate 449. zAffAGnini f. (2013) – Un edificio settecentesco poco AlessAndrini A., BonAfede f. (1996) – Atlante della flora conosciuto: la “Fabbrica delle stufe” del vecchio Orto protetta della regione Emilia-Romagna. Bologna. Botanico di via S. Giuliano. Strenna storica bolognese, Conti f., ABBAte G., AlessAndrini A., BlAsi C. (2005) – LXIII, 421-432. An annotated checklist of the italian vascular flora. zAnotti A.l., Mossetti U. (2008) – Guida all’Orto Botanico Palombi, Roma. dell’Università di Bologna. Grafis Polycrom, Bologna.

17 18 Natura Montagna Anno LXIII – N. 2 pittorica allecappelleBentivoglio e S.AntonioneltempiodiSan Sullo sfondo: visitageologica Sullo sfondo: Giacomo Maggiore,Bologna La paladelFranciaLa dallaCappellaBentivoglio nelcentenariodell’autore.Foto diPaolo Ferrieri (copyrightMGGC). Museo Geologico Giovanni Capellini, Dipartimento BiGeA, Museo GeologicoGiovanniCapellini,Dipartimento Istituto diScienzeMarineISMARCNR,SedeVenezia Alma Mater Studiorum UniversitàdiBologna, Alma MaterStudiorum [email protected] A LessAndro G iAn B AttistA C ereGAto v Ai Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

Sommario C’è sempre stato, ricorrente, un connubio potenziale tra arte e scienza, ma quello fra pittura e geologia si è rivelato tanto efficace e fecondo durante il Rinascimento italiano da portare alla na- scita stessa della parola geologia nel testamento olografo di Ulisse Aldrovandi nel 1603. Ne vie- ne segnalata una prova esemplare nell’arredo pittorico di due cappelle del tempio agostiniano di San Giacomo Maggiore a Bologna.

C’è sempre stato un connubio potenziale tra L’epoca bizantina-islamica-orientale arte e scienza, ma quello fra pittura e geolo- gia si è rivelato tanto efficace e fecondo du- Con la caduta dell’Impero Romano d’Occiden- rante il Rinascimento italiano da portare alla te (476 d.C.), praticamente tutto il mondo co- nascita stessa della parola geologia nel testa- nosciuto, dal lontano Oriente giapponese, co- mento olografo di Ulisse Aldrovandi nel 1603 reano, cinese, ai principati indiani e persiani, (Vai 2003, Vai & Cavazza 2006). La pratica all’Impero bizantino e all’Europa occidentale, e la teorizzazione della prospettiva nella sue diventa sede di un’arte e, in particolare, di una varie forme, consente alla pittura di fare con- pittura che non ha più bisogno di prospettiva o correnza all’architettura e alla scultura. Analo- vi rinuncia a priori. È una pittura spesso subli- gamente lo scienziato fisico e naturalista, che me ma esclusivamente bidimensionale, svuo- prima si limitava a fare della geografia occu- tata del volume, tutta concentrata nell’icona, pandosi della superficie della Terra, ora potrà nel simbolo, nella grafica nell’ideogramma. esplorarne l’interno con l’aiuto di una scien- Lo spiritualismo, la religiosità, la metafisica, za tanto nuova da richiedere un nuovo nome, la trascendenza, l’astrazione sono i suoi tratti geologia appunto. dominanti, a prescindere dalle marcate diffe- renze fra le varie religioni interessate. Altra caratteristica di quest’epoca è la stati- L’antichità cità, quasi l’inerzia evolutiva, e la radicalizza- zione, tutti fattori di persistenza da un lato e Eratostene sa perfettamente che la Terra è di dogmatismo dall’altro. Ne è esempio l’Or- sferica, e ne misura e calcola con grande ap- todossia orientale e russa in particolare. Altro prossimazione il raggio. Ma la cultura diffusa esempio è la rapida perdita di elementi figu- e il sentimento popolare si accontentano di rativi nella pittura e decorazione islamica, fi- una Terra piana, in cui l’esperienza e la co- no all’ossessione puramente geometrica, che noscenza umana si limita alla superficie. An- ha visto il fiorire della matematica algebrica che lo scavo minerario metallico e di pietre e il precoce isterilimento di ogni altra scien- da taglio avviene in affioramento o in cava za e filosofia. a cielo aperto: mai nel sottosuolo in pozzi e In tempi non sospetti, uno che sarebbe stato gallerie. La geografia è scienza a due dimen- tra i fondatori di questa rivista, il geologo Mi- sioni, facilmente rappresentabile e proietta- chele Gortani (1932, p. 33–34) scriveva: bile sulle carte, pure a due dimensioni. Basta quindi con i suoi principi e le sue conoscen- “La scienza araba, procedente da fonti greche e ze a inquadrare le attività naturali e umane da fonti asiatiche sotto l’impulso di energie pro- (la storia). Greci e romani conoscono bene prie, era cominciata a prosperare fin dalla metà la prospettiva (come testimoniano la pittu- del secolo VIII. Essa continuerà a svilupparsi ri- ra romana e ellenistica); ma non hanno vere gogliosamente fino alla metà del secolo XI, e pur esigenze di applicarla allo studio dell’interno declinando si affermerà ancora nei due secoli della Terra. E così dànno un nome alla scien- successivi. … … Certamente l’Europa occiden- za dei minerali, la mineralogia, ma non an- tale, dalla fine dell’ottocento al mille, attraversò cora alla geologia. uno dei suoi più foschi periodi per dilagare d’in- 19 2/16

a) b)

Fig. 1 – Ravenna a) e il porto di Classe b) nel VI secolo (mosaici in S. Apollinare Nuovo).

vasori, per corrompersi di istituzioni, per irrepa- premazia sempre più decisa della civiltà cristia- rabili perdite negli incendi delle più celebri e ric- na, che assimila e produce con lena crescente, in che biblioteche abbaziali; ma prima era divam- confronto con la civiltà islamica, che, refrattaria pata la fiamma carolingia, e lo stesso “secolo di ad evolversi, non suscettibile di ulteriore svilup- ferro” sentì affermarsi vigorosamente la scuola po, via via si isterilisce e declina.” giuridica di Roma e vide prosperi gli studi alla corte di Sassonia, nei chiostri di Francia e di Ger- Ritornando all’arte bizantina, il fascino indici- mania, nella Campania dove già comincia ad bile dei mosaici di Ravenna, scampati al fana- aver fama la scuola medica Salernitana (di de- tismo ideologico degli iconoclasti per trovarsi rivazione Cassinese), in Calabria e Sicilia dove lontano dal centro degli imperi, non impedisce comincia una fioritura greco-italica tutt’altro che di accertarsi della mancanza di prospettiva e effimera. E nel secolo XI, mentre la produzione della smaterializzazione di ogni figura. Gli edifici araba comincia ad affievolirsi, in tutta l’Europa del Palazzo di Teodorico in S. Apollinare Nuovo civile la cultura si ravviva di un afflato potente, (493–526), per esempio, sono tutti inesorabil- e non soltanto nelle scienze giuridiche e morali, mente piatti, senza profondità, neanche dietro storiche e filologiche, ma anche nella geografia e alle arcate protette dai tendaggi, neanche per nella medicina; ne solo vi contribuiscono le abba- effetto di improbabili tetti (Fig. 1a). E ancor zie, con Montecassino alla testa, ma vi coopera- meno prospettiva mostrano le tre navicelle nel no le scuole e vi contribuisce il rapido affermarsi porto della città di Classe, che più che giustap- delle nostre repubbliche marinare; e tale era la poste appaiono accatastate in mare (Fig. 1b). sete di cultura, che da essa e per essa gli ultimi Lo splendore delle vesti di Giustiniano I e della decenni del secolo XI vedono sorgere a Bologna sua corte in S. Vitale (547) distingue l’impera- la prima università, come libera associazione o tore dai suoi consiglieri e dal vescovo. Ma tutti corporazione scientifica, seguita da quelle di Pa- si trovano sullo stesso piano bidimensionale rigi, Montpellier e Oxford nel secolo successivo. del mosaico. I loro volti sono ben caratterizzati … … Il “tenebroso medioevo” splende di fulgida ed espressivi nei grandi occhi, ma non hanno luce nei secoli XII e XIII, nei quali l’Occidente e un corpo, e appaiono come degli elegantissi- l’Oriente, impegnati un contro l’altro in lotta ac- mi manichini (Fig. 2). canita, sembrano quasi gareggiare fra loro nella conquista del sapere; e la civiltà europea lenta- mente ma ininterrottamente viene a conoscere i Umanesimo, tridimensionalità e migliori frutti della scienza araba, e ne trae vital prospettiva geometrica nutrimento per la sua ulteriore ascensione. Con- quiste intellettuali lente e faticose, trasmesse len- Fino al primo Duecento lo stile non cambia. Poi, tamente e con lentezza ancor maggiore diffuse, con Cimabue (?1240–1302), Giotto (?1267– dati i tempi ed i mezzi, ma positive e feconde; su- 1337), Masaccio (1401–1428), e altri in Italia 20 Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

Fig. 2 – Particolare del corteo imperiale di Giustiniano I (mosai- co in S. Vitale, VI sec.). e poi in Europa avviene una rivoluzione pitto- rica nella tecnica e negli obiettivi. Si vogliono Fig. 3 – S. Francesco in preghiera nel Miracolo della fonte, affre- rappresentare corpi e masse materiali median- sco di Giotto del 1298–1300. te l’ombreggiatura e la prospettiva, per otte- nere effetti tridimensionali realistici. La rivolu- zione è ispirata a un Cristianesimo incarnato e La rivoluzione giottesca si rafforzerà con più popolare, in cui il corpo umano e il mondo l’Umanesimo neoplatonico di Brunelleschi naturale sono rivalutati quali componenti fon- (1377–1466), Alberti (1404–1472), Paolo damentali della Creazione e specchio di Dio, Uccello (1397–1475), Piero della Francesca dopo le paure millenaristiche (S. Francesco e (1416–1492), tutti cultori di matematica, ge- S. Domenico). Si voleva rinnovare, riequilibra- ometria, prospettiva lineare e punti di fuga re, e arricchire la cultura iconica e spiritualisti- singoli nel primo Rinascimento, a prescindere ca troppo statica e puramente teocentrica del dalle loro marcate differenze stilistiche e co- mondo orientale ortodosso bizantino e russo. municative (Fig. 4). Tutta l’opera di Giotto è esemplare in que- In Piero della Francesca la struttura della con- sto senso. Ci limitiamo al Miracolo della fon- chiglia (oggetto naturale) e l’architettura della te (1298–1300) ad Assisi (Fig. 3). Le figure cappella (oggetto artificiale) che inquadrano sono uomini e rocce che esprimono masse, la scena della Vergine con il Bambino angeli e volumi, pesi, e slancio nell’azione, nella pre- santi della Pala Montefeltro di Brera del 1472– ghiera, anche nella meditazione della scena, 1474 rasentano la perfezione prospettica e ge- a cui pare partecipi docile pure l’asinello. La ometrica per dare profondità allo spazio in cui roccia è possente, spoglia, stratificata in mo- l’uovo (oggetto naturale e vitale) sta sospeso do coerente in primo piano, ornata di pochi a rappresentare il punto di fuga e a neutraliz- alberelli, sparute matricine del far legna quo- zare assorbendole tutte le tensioni costruttive, tidiano. L’Italia di Francesco e dei secoli suc- psicologiche, e spirituali della scena. cessivi era un libro di geologia ante litteram, Ma la prima evidenza di quanto sia ormai ef- aperto alle grandi menti per esplorare i segreti ficace la lezione di Giotto appare da Masaccio dell’interno della Terra. che, prima di morire a soli 27 anni, compie un 21 2/16

Fig. 4 – Particolare dalla Pala Montefeltro di Piero della France- sca del 1472–74 (Pinacoteca di Brera).

ciclo di affreschi stupefacente con le Storie di San Pietro della Cappella Brancacci a Firenze. Poi nella Trinità di S. Maria Novella, sempre a Firenze, lascia un saggio della nuova erme- neutica cristiana d’Occidente, tutta radicata nell’incarnazione del Dio trino sulla croce della sofferenza, nello splendore prospettico dell’ar- chitettura classica, cooptata nella storia dalla fede cristiana e proiettate insieme nell’eternità con la fisicità corporea dei santi e dei commit- tenti, testimoni del tempo (Fig. 5) L’analisi comparata della quasi contempo- ranea Trinità di Andrej Rublev (1360–1430) (Fig. 6), capolavoro della pittura orientale e tutta giocata sull’allegoria biblica antica dei tre Fig. 5 – La Trinità di Masaccio del 1425–26 in S. Maria Novel- angeli all’ombra della quercia di Mambre, mo- la a Firenze. stra quale sia la distanza fra le due religiosità e l’arte in cui si esprimono. In Oriente, l’idea, pur ornata di splendide vesti, prevale sulla re- tutte le scuole pittoriche del paese e in Europa, altà concreta e complessa nelle sue contrad- in particolare nella pittura fiamminga. In questa dizioni e nella sua ricchezza. atmosfera di rinnovamento, nelle ultime decadi del Quattrocento e nelle prime del Cinquecento, cominciano ad apparire e si fanno sempre più Rinascimento, naturalismo e frequenti, chiari e dettagliati nei quadri degli ele- geologia menti geologici, con i relativi corpi e strutture. Essi sono in genere inseriti nel paesaggio sullo Giotto opera in tutta Italia e la sua rivoluzione sfondo o nelle quinte di inquadramento delle esce presto dai confini toscani espandendosi a scene o personaggi principali, o nel basamento 22 Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

Di Leonardo e di quanto la sua pittura sia espressione della geologia discussa nei suoi manoscritti, si è scritto molto. Fra tanti altri artisti, meritano particolare attenzione i casi di Mantegna e Costa. Molti quadri di Andrea Mantegna contengono assai evidenti strutture geologiche anche nei piani frontali dei dipinti (Vai 1986, 2009). Po- trebbe sembrare sorprendente se non si ricor- dassero due aspetti biografici. Mantegna è ve- ronese, una regione ricca di cave (e del famo- so Rosso Ammonitico) e che con la Toscana di Stenone e l’Appennino Tosco–Romagnolo di Leonardo è stata una delle culle della geo- logia, anche per ospitare una delle più famose località fossilifere del globo, la “pesciara” di Bolca, che è anche la prima citata in un libro a stampa (Pier Antonio Mattioli 1550). Man- tegna è anche un geologo esperto minerario ante litteram, che si occupa di cave di pietra ornamentale e da costruzione. Si capisce allora perché uno dei suoi dipin- Fig. 6 – Trinità di Andrei Rublev del 1422–27 alla Galleria Tret’ja- kov, Mosca). ti porti il nome di Madonna delle cave (Fig. 7), oggi alla Galleria degli Uffizi a Firenze. La stretta piramide tematica del soggetto princi- delle composizioni. Ne sono esempi Mantegna pale del quadretto – la Vergine e il Bambino – è (1431–1506), Pollaiolo (1432–1498), Botticelli iscritta in un’altra stretta piramide posta subito (1445–1510), Perugino (1450–1523), Giovan- dietro ma ancora in primo piano; il suo tema ni Bellini (?1430–1516), Lorenzo Costa (1460– è strettamente geologico. È costituita da stra- 1535), Cosmè Tura (1430–1495), Ercole de’ ti rossicci tabulari in basso sotto i piedi della De Roberti (1451–1494), Marco Palmezzano Vergine e fino alle spalle del Bambino, seguiti (?1460–1539), Bartolomeo Montagna (1449– poi, dove la piramide si restringe, da un pacco 1523) e tanti altri. Contemporaneamente nasce roccioso marron, vibrante e fratturato, perva- anche la pittura di paesaggio (Brown 1998). Ma so come per effetto tettonico e sismico da cli- la chiave di comprensione di questa nuova mo- vaggio ad alto angolo, quasi per annunciare da geologica è Leonardo (1452–1519) che pro- alla Madre fanciulla, meditabonda sul Figlio, prio all’inizio del Cinquecento, primo al mondo, la prossima passione. Quel Bambino, appog- nei suoi taccuini manoscritti dà soluzione alla giato sul grembo e proteso nello spazio, non questione dell’origine dei fossili marini che si ha nulla della grazia gioiosa del Natale, ma, trovano negli strati delle montagne e formula i a ben guardare, è l’antesignano prospettico e principi della nuova scienza che un secolo dopo semantico, se non cronologico, del mirabile Ulisse Aldrovandi nel 1603 chiamerà geologia Cristo Morto di Brera dello stesso Mantegna. (Vai 1986, 1995). Anche gli altri pittori e artisti Il soggetto secondario del quadretto sono ap- prima di lui e con lui esprimevano un’esigenza punto le cave, in particolare quella con gli ope- già sentita e discussa nella società: capire la rai al lavoro su due diversi piani, alla destra del- natura e i processi della storia della Terra co- la Vergine (Fig. 8). Bancate orizzontali suddivi- sì come si mostravano ai loro occhi smaliziati se in strati accessori, fratturati in blocchi sono nelle tre dimensioni del paesaggio geologico ben marcate, così da facilitare la preparazione normale dell’Italia di quei tempi, e non solo nel- diretta in cava di rocchi di colonne, di prismi e le casistiche traumatiche dei terremoti e delle lastre costruttive, di capitelli. Sullo sfondo scuro eruzioni vulcaniche. si evidenzia la transizione fra le bancate tabulari 23 2/16

Fig. 7 – Madonna delle cave (1488–1490) di Andrea Mantegna (Galleria degli Uffizi, Firenze, foto P. Ferrieri & G.B. Vai, per cor- Fig. 8 – Particolare della Madonna delle cave (Fig. 7) (Galleria tesia del già Direttore Antonio Natali). degli Uffizi, Firenze, foto P. Ferrieri & G.B. Vai, per cortesia del già Direttore Antonio Natali).

e il pacco fratturato ad alto angolo. È interes- sante notare che Mantegna riproduce questa la della nobile famiglia Bentivoglio, annessa al struttura geologica (passaggio da strati orizzon- tempio monumentale agostiniano di S. Giaco- tali a roccia massiccia con fratturazione o cli- mo Maggiore. A fine Quattrocento la cappel- vaggio ad alto angolo) più volte nei suoi quadri, la, di ascendenza brunelleschiana, si trovava come per esempio nella famosa Crocefissione a pochi passi dal mitico palazzo di famiglia, a del Louvre. Era quindi una configurazione che detta delle cronache quello “che fu estimato il aveva ben osservata in natura e su cui rifletteva. primo palagio d’Italia di pietra cotta” (Ghirar- L’osservazione e la resa non potrebbero essere dacci 1595), distrutto dalla furia del popolo, più accurate. Questo è il più antico documento l’unica volta in cui i bolognesi si sono ribellati pubblico che ci attesti le modalità secondo cui (il famoso “guasto” del maggio 1507). Nella si coltivava in passato una cava di materiale Cappella Bentivoglio c’è un altro capolavoro, la lapideo, anticipando di oltre 60 anni i primi di- pala del Maestro bolognese Francesco Francia segni scientifici sullo scavo minerario pubblica- (1450–1517) alla destra della quale sta appun- ti nel De Re Metallica (1556) di Agricola. Così to la parete in cui si glorifica la famiglia Benti- l’artista detta i primi passi allo sviluppo di una voglio prima della caduta. Ma a noi qui interes- scienza e della tecnologia relativa. sano di più le duplici tele della parete sinistra, L’altro caso che esaminiamo si verifica pochi che trattano due dei temi tradizionali e centrali anni dopo a Bologna per mano del ferrarese della pittura e della cultura medievale e rinasci- Lorenzo Costa (1460–1535), il principale arte- mentale in una continuità sostanziale: il Trionfo fice dei dipinti a tempere parietali nella Cappel- della Morte a destra, contemperato dal Trion- 24 Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

fo della Fama, a del Creato, gli sinistra (Fig. 9). stretti rapporti, I due tondi che quasi una con- animano i cie- nessione evolu- li dei due trion- tiva fra mondo fi sono più arti- minerale ina- fici compositivi nimato, geolo- (senza esclude- gico, vegeta- re un certo hor- le, animale e ror vacui) che umano non po- debito medie- trebbero essere vale e/o nor- più espliciti. Ma dico (stilistica- Adamo e Eva mente ammis- sono gli unici a sibile per la Vi- guardare Dio, sione Paradisia- rivolgendo- Fig. 9 – Trionfo della Fama e Trionfo della Morte (dex) tempere su tela alla parete si- ca a destra, ma nistra della Cappella Bentivoglio, S. Giacomo Maggiore, Bologna di Lorenzo Costa si a lui grati in oggettivamente (datate 1490) (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). preghiera, con precluso per le le mani giun- Storie della Ge- te. Proprio da- nesi e greco-romane a sinistra). Il giovane pit- vanti a Adamo un candido unicorno, simbolo tore ferrarese, da poco arrivato a Bologna, si è dell’incarnazione verginale) guarda lo scorrere ben documentato non solo della geografia del dell’acqua, in attesa dei tempi della Redenzio- sito e dei suoi dintorni (i colli, la montagna, ne. Dovevano essere ben ferrati in storia sa- le valli, visti da vicino e schizzati da lontano, cra e teologia gli artisti del Rinascimento, e sia verso monte che verso valle, ma anche sui pur non mancava loro il tempo per osservare dettagli minuscoli e sugli elementi macrosco- il territorio e studiarne la geologia. pici della sua geologia. Le rocce più comuni Ma ritorniamo al riquadro sinistro nel suo insie- del bolognese sono le argille e le arenarie, in me concentrandoci sul paesaggio sotto il tondo realtà poco cementate, quasi sabbie; le pri- (Fig. 10). Qui Costa guarda la città di Bolo- me sono massicce, senza accenni di lamine gna, come era solito fare quando vi arrivava in o strati all’interno; le seconde invece sono più carrozza o a cavallo da Ferrara. Raffigura sullo o meno marcatamente stratificate. sfondo dal lato sinistro la transizione fra prime Detto fatto, il tondo in alto nel primo riquadro colline e la montagna. Abbozza a tutta destra a sinistra acquista una originalità geologica la città turrita, e delinea sullo sfondo lontano il assoluta. Le Storie della Genesi e greco-roma- profilo inconfondibile di Monte Vigese. Questa ne, così ricche e varie, vengono ambientate cima caratteristica è possibile a vedersi solo e dislocate in una serie di collinette argillose dopo una bufera di tramontana da una torre alternate, come quelle che si vedono alla base o in modo spettacolare anche da un aereo di delle valli calanchive, che nel Bolognese allo- linea che atterri al Marconi dalla rotta orienta- ra e fino a 50 anni fa erano assai più estese e le. Eppure Costa da grande osservatore e na- spoglie di oggi (Fig. 9, 10, 11). turalista non ha voluto privarne la sua opera Originale e geologica in modo speciale è la e i bolognesi. Mi conforta in questa diagnosi Creazione di Adamo ed Eva (Fig. 12). Ada- l’aver notato un’immagine ancor più evidente mo prende forma dal volere di Dio proprio sul dello stesso Monte Vigese sullo sfondo dell’A- limitare del fiume dell’Eden (ogni tipo di vita dorazione dei Magi dello stesso Costa, oggi a si origina nell’acqua), ma è radicato letteral- Brera, ma in origine predella della chiesa di S. mente su un monticello di argilla (secondo il Maria della Misericordia a Bologna. Poco più racconto letterale biblico, Gen. 2, 7; Is. 64, 7), a sinistra, prima del corno della Fama (Fig. come Eva è radicata sul fianco di Adamo sopi- 10) Costa segue Mantegna e rappresenta ni- to su un altro monticello di argilla. La corposità tidamente pareti verticali e ponteggi lignei di 25 2/16

Fig. 10 – Particolare del Trionfo della Fama, con le Storie della Genesi e greco-romane, e dettagli sui dintorni di Bologna, compreso il profilo a due cime del Monte Vigese in basso a dex (foto P. Ferrieri & G.B. Vai).

una cava di arenaria (forse quella di Varigna- comune lungo le medie valli bolognesi. Invece, na). Sarà utile ricordare che Costa succederà lungo il versante orientale della valle appaio- a Mantegna come pittore ufficiale alla corte no pareti arenacee quasi verticali, giallastre o di Isabella d’Este a Mantova nel 1506. Ancor arrossate, in banchi più spessi, come quelle più a sinistra, la coda del corteo della Fama che si vedono nella parte terminale delle valli si snoda ai piedi di ripide pareti di arenaria in bolognesi da Sasso Marconi a Livergnano, a grosse bancate. Se ci volgiamo a destra, an- Monterenzio, nel cosiddetto Contrafforte Plio- che nel Trionfo della Morte appaiono partico- cenico o Bacino Intra Appenninico Bolognese lari eloquenti nel paesaggio ampio e luminoso, (Fig. 14). Sono le Arenarie di Monte Adone questa volta visto da monte verso valle lun- ben visibili anche a Monte Mario e a Brento e go il Setta e il Reno fino allo sbocco in pianu- nei tratti terminali del Savena, Setta e Reno ra. Uno è assai curioso, perché rappresenta il prima della collina di San Luca e dei suoi equi- sedile estemporaneo di un personaggio della valenti a Est. Ed è proprio il paesaggio che, lunga processione di mortali (Fig. 13). Il se- a dispetto della Morte e della sua nera falce, dile è costituito da uno spuntone affiorante di quasi in continuità col Paradiso sovrastane, si arenarie fini, di colore chiaro, stratificate sottil- dispiega in una visione estiva del largo fondo- mente, come talora appare nella Formazione valle del Reno e del suo fianco orientale pun- di Bismantova del Miocene medio, che è assai teggiato dai rilievi arenacei del Contrafforte Pliocenico, come si vedono percorrendo da Firenze verso Bologna l’Autostrada del Sole.

Fig. 11 – Particolare del Trionfo della Fama, con le Storie della Fig. 12 – Particolare del Trionfo della Fama, con le Storie della Genesi e greco-romane (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). Genesi e greco-romane (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). 26 Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

Fig. 13 – Particolare del Trionfo della Morte (Fig. 8). Arenarie ben stratificate (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). Fig. 14 – Particolare del Trionfo della Morte (Fig. 8). Arenarie di Monte Adone (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). La visione è serena, idilliaca, con passaggi di colori pastello che sfumano in una fascinosa prospettiva aerea (Fig. 14). I bagliori aranciati del Creato e l’armonia fra natura e arte (sim- che dalla sinistra in fondo invadono il fondo- boleggiata dall’arco etereo) ci farà da ponte, valle distale sono l’effetto della rifrazione della oltre la morte, verso il Paradiso, che rimane luce padana del tramonto che da occidente si imprevedibile (Fig. 15). propaga anche verso la valle del Reno orien- L’ultimo atto di questa visita ci porta nella tata prevalentemente a Nord. Questo angolo Cappella di S. Antonio dominata dalla pala di di Paradiso in Terra, sospeso per un attimo Bartolomeo Passerotti (1529–1592). fra tempo e eternità, incuneato da sinistra fra La Madonna con Bambino in trono, Sant’An- il corteo letale sotto e la visione beatifica che tonio Abate, San Nicola di Bari, Sant’Agostino, supera la nostra capacità d’immaginazione so- Santo Stefano, San Giovanni Battista e i com- pra, sembra volerci rassicurare che la bellezza mittenti coniugi Brigola fu dipinta da Barto-

Fig. 15 – Particolare del Trionfo della Morte (Fig. 9). La valle del Reno con Monte Adone a sinistra dell’arco classico e la collina di San Luca a sinistra dell’asta del vessillo (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). 27 2/16

Fig. 17 – Allegoria della Filosofia Naturale con Ulisse Aldrovan- di e mostri sullo sfondo, opera di Bartolomeo Passerotti intorno al 1560 (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna) (foto P. Fer- rieri & G.B. Vai).

della Madonna di San Giorgio del Correggio, suo ispiratore. Fig. 16 – Pala della Cappella di S. Antonio opera di Bartolomeo Passerotti del 1565 in S. Giacomo Maggiore, Bologna. Si noti l’uc- Ai piedi di San Girolamo si notano una cam- cellino come firma in basso a sinistra (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). panella e una fiamma dal significato simbolico e una passera mattugia (Passer montanus Lin- naeus, 1758) perfettamente riconoscibile, che lomeo Passerotti (o Passarotti) tra il 1560 e evidentemente rappresenta la firma di Passe- il 1565 per la Cappella di Sant’Antonio Aba- rotti. All’altro lato, ai piedi di Santo Stefano te, detta poi de’ Gargiolari, (i lavoratori del- protomartire, i simboli del martirio: le pietre la canapa) (Fig. 16, 18), allorché passò dal- con cui fu lapidato (Fig. 18). Un ciottolo di fiu- la famiglia Brigola a questa corporazione nel me sotto il suo piede sinistro, una pietra non 1673. Pochi anni prima Passerotti dipingeva identificata e un’altra strana pietra triangolare un originale e curioso ritratto di Aldrovandi raffigurata leggermente obliqua. oggi nelle collezioni della Fondazione Cassa Quest’ultimo apparentemente insignificante di Risparmio in Bologna (Fig. 17), a confer- dettaglio del dipinto, è in realtà un’altra ac- ma degli stretti rapporti di amicizia fra i due. curata raffigurazione di un oggetto reale così Il dipinto raffigura i coniugi Brigola alla base di come il passero all’angolo opposto. La pietra un ideale triangolo con i santi ai lati e la Ma- triangolare è in effetti un dente fossile appar- donna con il Bambino al vertice della compo- tenuto a Charcharocles (= Charcharodon) me- sizione, la cui altezza e mediana è segnata dal- galodon (Agassiz, 1843), gigantesco squalo la figura del Battista che richiama l’attenzio- che seminava il terrore nei mari fino a circa ne dell’osservatore rivolgendogli lo sguardo, 1,6 milioni di anni fa (Fig. 19). Denti di que- figura che ricorda significativamente il santo ste dimensioni, databili tra il Miocene e il Plio- 28 Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

Fig. 18 – Particolare di Fig. 16 (in basso a destra). Il piede sinistro di S. Stefano poggia su un grosso sasso, simbolo della lapidazione. Al- la destra del sasso è chiaramente dipinto un grosso dente di squalo (foto P. Ferrieri & G.B. Vai). cene si trovano in Italia lungo l’Appennino e ne, meno ispirato a Michelangelo, che ai più nel Veneto, ma sono abbondanti ad esempio a familiari Correggio e Parmigianino, aderì ra- Malta, da cui potrebbe provenire questo esem- pidamente al nuovo corso tracciato per le arti plare. L’esemplare in questione in particolare, figurative, ma era forse inevitabile: come Al- somiglia significativamente a quello apparte- drovandi e altri in città era collezionista di co- nuto a Ulisse Aldrovandi (1522–1605), espo- se naturali (la sua bottega, diversamente dalle sto in prestito nella sala a lui dedicata presso collezioni Aldrovandi, era una vera e propria il Museo di Palazzo Poggi (ma ancora inventa- Wunderkammer) e frequentava spesso il na- riato formalmente nel Museo Geologico dove scente Museo nell’abitazione del naturalista al lo stesso Capellini lo volle nel 1907 per il tri- Vivaro dei Pepoli (oggi via de’ Pepoli) (Olmi & centenario aldrovandiano, come aveva fatto Prodi 1986). Dovette restare particolarmen- Bianconi nel 1852 dopo il furto napoleonico te impressionato ad esempio dal pesce palla e la faticosa restaurazione). (anch’esso a Palazzo Poggi) e dalle conchiglie Tra Passerotti e il fondatore del primo museo esotiche collezionate da Aldrovandi e da lui di storia naturale al mondo aperto al pubbli- stesso, quando dipinse con tanta precisione co i contatti furono frequenti e proficui. Assai il negozio del pescivendolo nel 1580. più importante, Aldrovandi, amico di infanzia All’epoca della Pala di San Giacomo Maggio- di Gabriele Paleotti accompagnò il prelato al- re, l’attenzione di Aldrovandi era però rivol- le sedute del Concilio di Trento e verosimil- ta ai fossilia, parola che si estendeva a rocce mente la funzione di “vera imitatione delle co- e artefatti litici, tanto che prima del termine se di Natura” dell’arte sacra controriformata, giologia che egli coniò e adottò nel suo te- fu ispirata anche dalle passeggiate che i due stamento (Vai 2003, Vai & Cavazza 2006), lo amici condivisero tra la Val di Non e l’Adige studio delle rocce e della loro origine era det- (Olmi & Prodi 1986). to semplicemente de fossilibus. Fossili erano Passerotti, manierista di seconda generazio- dunque tanto quelli che noi definiamo come 29 2/16

Fig.19 – a. Dente di Charcharocles megalodon (Agassiz, 1843), probabile Miocene, località sconosciuta. Collezione Ulisse Aldrovandi, Museo Geologico Giovanni Capellini e Museo di Palazzo Poggi, Università di Bologna (foto P. Ferrieri); b. Xilografia dello stesso dente di squalo di Fig. 18 riprodotta sul Musaeum Metallicum (p. 611), con la scritta Cerauniorum seu lapideum fulmineorum Differentiae septem.

Fig. 20 – a. Mandibole di squalo recente fittamente dentate riprodotto in De Piscibus di Aldrovandi (1618, p. 382) con la scritta Canis Carchariae dentium senis ordinibus expressorum imago à D. Fabio Deodulis; b. Denti di squalo dipinti nelle Tavole Acquarellate di Al- drovandi come Glossopetrae variae (fine ‘500), Tavole di animali, VII, c. 53. Disegno di Cornelius Schwindt (foto G.B. Vai, cortesia del- la Biblioteca Universitaria di Bologna). 30 Sullo sfondo: visita geologica pittorica alle cappelle Bentivoglio e S. Antonio nel tempio di San Giacomo…

resti o tracce di ex vivi, quanto i minerali e le Letture consigliate forme bizzarre che possono assumere anche semplici ciottoli, e perfino i manufatti litici, Brown d.A. (1998) – Leonardo da Vinci: Origins of a purchè effossi, raccolti scavando. Aldrovan- Genius. New Haven, Connecticut, Yale University di nel Musaeum Metallicum aveva adottato Press, 240 p. CereGAto A. (2007) – I fossili nell’armadio. In: Alessandrini la desinenza -ites per indicare la somiglianza A., Ceregato A. (cur.) Ulisse Aldrovandi – Natura ma non l’identità con forme viventi, anche se picta. Editrice Compositori Bologna, 107-109. nei manoscritti spesso e volentieri ‘se ne di- Gessner C. (1566) – De Omni Rerum Fossilium Genere, menticava’ aggiungendo al nome del vivente Gemmis, Lapidibus, Metallis, Et Huiusmodi, Libri più affine l’aggettivo petraefactus (Ceregato Aliquot. Tiguri 1565, Digitale Fassung der Sächsischen 2007): evidentemente il dogma della vis pla- Landesbibliothek – Staats-und Universitätsbibliothek stica aristotelica cominciava a scricchiolare ... Dresden, 169 p. (Vai & Cavazza 2006, Vai 2011). GhirArdACCi C. (1596–1933) – Della historia di Bologna. I Così, il dente di squalo, che Aldrovandi, in Heredi Giovanni Rossi Bologna 1596, II Monti Bologna accordo con l’amico Gessner (1566), sem- 1657, III Città di Castello 1933. bra riconoscere come tale confrontando alcuni GortAni M. (1932) – La scienza medievale e l’opera di esemplari (non però questo, che nel Musaeum Alberto Magno. Mem. R. Acc. Sc. Istituto di Bologna, Metallicum chiama Glossopetra o Ceraunia) Cl. Sc. Fis. Nat., s. 8, t. 9 (1931-32), 31-37. (Fig. 19b, 20b) con le mandibole di un pe- oLMi G., Prodi P. (1986). Gabriele Paleotti, Ulisse scecane recente (Fig. 20a), era all’epoca co- Aldrovandi e la cultura a Bologna nel secondo munemente incluso tra le Ceraunias (fulmini Cinquecento. In: AA.VV. Nell’Età di Correggio e dei pietrificati) o Glossopetrae (lingue pietrificate), Carracci. Pittura in Emilia dei secoli XVI e XVII. Nuova meteoriti secondo Plinio, oppure denti o lingue Alfa Editoriale Bologna, 213-235. ottAni CAvinA A. (1967) – La Cappella Bentivoglio. In: di serpente pietrificati, secondo la tradizione AA.VV. Il tempio di San Giacomo Maggiore in Bologna, del miracolo di S. Paolo Apostolo a Malta: in Poligrafici Bologna, 117-131. entrambi i casi a questi fossili venivano attri- vAi G.B. (1995) – Geological priorities in Leonardo buite virtù medicinali. Da Vinci’s notebooks and paintings. In: G. Giglia, Il Cinquecento vede la transizione tra l’eru- C. Maccagni, N. 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Altri al contrario ne esalteranno l’o- Glen E. Caldwell (eds). The Origins of Geology in pera, come Linneo e Darwin, ma solo in tem- Italy. ISBN: 10 0-8137-2411-2. Boulder Co USA: pi assai recenti altri ancora coglieranno final- Geological Society of America Special Paper 411, mente il connubio virtuoso tra arte e scienza. 43-63. 31 32 Natura Montagna Anno LXIII – N. 2 mughete delBlockhausaipascoli Una passeggiatatraifiorid’alta quota dellaMajella:dalle sassosi diMonteAmaro Biologo PhD, Ufficio Botanico, Ente Parco NazionaledellaMajella, Botanico,EnteParco Biologo PhD,Ufficio loc. Badia Morronese, Sulmona(AQ) loc. BadiaMorronese, L UCiAno d i M Artino , Una passeggiata tra i fiori d’alta quota della Majella: dalle mughete del Blockhaus ai pascoli sassosi…

Sommario L’articolo descrive con un taglio didattico e divulgativo la flora e la vegetazione dell’alta quota della Majella, “la montagna madre” degli abruzzesi nel cuore dell’Appennino, per gli appassio- nati di botanica e di escursionismo in montagna. Il Parco Nazionale della Majella negli ultimi anni ha incrementato e migliorato la rete sentieristica del proprio territorio, pubblicando anche qualche mese fa la nuova carta dei sentieri 1:25.000. Una proposta d’itinerario che vuole essere uno stimolo ad avventurarsi nelle alte quote del mas- siccio.

Introduzione sulla ricchezza Descrizione botanica dell’itinerario vegetazionale e floristica del Parco nazionale della Majella L’escursione prende il via dal piazzale alla ba- se del Monte Blockhaus, dove sono presenti La flora e la vegetazione del Parco Nazionale un altare con statua della Madonna e tabello- della Majella si caratterizzano per la loro note- ni illustrativi del Parco Nazionale della Majel- vole ricchezza, frutto delle complesse vicende la. La segnaletica orizzontale bianca e rossa, geologiche, climatiche e, negli ultimi diecimila integrata con una P, indica che ci si trova in anni, umane che hanno caratterizzato questo un tratto del Sentiero del Parco, percorso che territorio fino ai nostri giorni. attraversa gran parte del Parco stesso lungo il Le entità vegetali censite (specie e sottospe- suo asse longitudinale, per uno sviluppo com- cie) ammontano ad oltre 2100, corrispondenti plessivo di circa 80 Km. Fig. 1 a oltre il 65% della flora abruzzese, quasi il 30% Il dislivello di circa 1000 m fino alla vetta di di quella italiana e circa il 17% di quella euro- Monte Amaro si sviluppa su un percorso di ol- pea. Una flora “originale”, con un elevato nu- tre 10 km: almeno 8 ore di cammino per an- mero di entità ristrette ai territori dell’Appen- data e ritorno, per i più allenati! nino abruzzese, centrale, o dell’Italia (142), Con circa 4 ore (sempre andata e ritorno) è di cui 6 esclusive del territorio dell’area pro- possibile raggiungere il Monte Focalone, svol- tetta, tra cui la Soldanella sannitica e l’Erba gendo in giornata un’accurata osservazione unta del Fiori, che incontreremo lungo il no- floristica e vegetazionale dell’itinerario. stro percorso. Il primo tratto di sentiero costeggia la mughe- Le formazioni vegetali a carattere zonale, cioè ta, attraversando la parte alta dei “Prati della coerenti con il macroclima, che si osservano Majelletta”, ricchi di fiori molto vistosi, in vi- durante l’escursione, sono riconducibili per il sta delle mura esagonali dello Stazzo di Ca- piano subalpino dai 1900 m ai 2300 m slm ramanico e del Rifugio “Marcello Di Marco” agli arbusteti prostrati, rappresentati dalla mu- gheta e dai ginepreti a ginepro nano, e per il piano alpino, oltre i 2300 m slm, alle prate- rie primarie; le rupi ed i ghiaioni annoverano sia specie euriterme che stenoterme, con ag- gruppamenti di specie a carattere termofilo ed eliofilo che hanno un optimum distributivo nei piani montano e subalpino, ed altri esclusivi della sola fascia alpina.

Fig. 1 – Majella all’alba dal Block-Haus. 33 2/16

Fig. 2 – La tavola dei briganti e sullo sfondo le rupi del Focalone.

sporadicamente, l’uva orsina (Arctostaphylos uva-ursi) ed altri bassi arbusti quali le dafni (Daphne oleoides, D.mezereum) e i cotogna- stri (Cotoneaster integerrimus, C. tomentosus); le mughete, quasi del tutto assenti lungo l’Ap- pennino, si sono conservate in modo così evi- dente ed esteso solo sulla Majella ed in piccole porzioni del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Fig. 3 A mosaico con la mugheta si localizzano pa- scoli a dominanza di paleo genovese (Bra- chypodium genuense), tenace graminacea dalle foglie grandi e verde brillante, che con- tribuisce al corteggio floristico della mugheta stessa, affiancata da ricche fioriture di iperico di Richer (Hypericum richeri subsp. richeri), pulsatilla alpina (Pulsatilla alpina subsp. mil- lefoliata), anemone narcissino (Anemone nar- cissiflora), piroletta soldanina (Moneses uni- flora). Alla fisionomia del pascolo, nei tratti di pendii liberi dall’intricata mugheta, contribui- sce un’altra graminacea dalle foglie glauche, la festuca mediterranea (Festuca circummedi- terranea), ravvivata dalle delicate fioriture del lino capitato (Linum capitatum serrulatum) e posizionati circa duecento metri più in basso. del lino celeste (Linum alpinum). Addentrandosi nella fitta mugheta, sul lato oc- Quasi alla fine del lungo crinale di Monte Ca- cidentale del Blockhaus, a un certo punto si vallo si può ammirare la famosa “Tavola dei incontra una grande lastra di roccia orizzon- Briganti” (Fig. 2), lastroni di roccia con iscri- tale che si affaccia a strapiombo sulla Rava zioni lasciate da briganti, pastori, viandanti, dell’Avellana, e da qui lo sguardo può abbrac- memoria storica del periodo strettamente suc- ciare l’intera Valle dell’Orfento con gli abitati cessivo all’Unità d’Italia. Alla fine del crina- di Caramanico e Decontra. le si giunge alla “Selletta Acquaviva”, dove è Il crinale Blockhaus - Monte Ca- vallo si caratterizza per la presenza di una densa mugheta, formazione arbustiva primaria (climax) del pia- no subalpino, dove al pino mugo (Pinus mugo), specie che qui sul- la Majella raggiunge il proprio limi- te meridionale di distribuzione, si consocia il ginepro nano (Junipe- rus communis subsp. communis), dominante nei settori più caldi, e,

Fig. 3 – Le dense mughete tra Block-Haus e Mon- te Cavallo. 34 Una passeggiata tra i fiori d’alta quota della Majella: dalle mughete del Blockhaus ai pascoli sassosi…

Fig. 4 – Carduus chrisacanthus. presente, grazie alle captazioni idriche, l’unica te comunità di brecciaio, differenziate sia per fontana in quota di tutto il massiccio. quota che per stabilità e grandezza dei clasti: La salita lungo il sentiero che porta dalla ba- romice scutato (Rumex scutatus), ciombolino se alla cima del Monte Focalone si caratteriz- abruzzese (Cymbalaria pallida) (Fig. 6), gla- za per la presenza di brecciai e rupi: da qui affrontando una “dura” salita tra pini mughi, ghiaioni e l’attraversamento di rupi umide, si raggiunge il crinale dal quale ci si affaccia sull’Anfiteatro delle Murelle; con una piccola deviazione di pochi metri si raggiunge il Bi- vacco Fusco. Appena superata la “Sella Acquaviva” si os- serva una comunità che insiste sui brecciai mobili con clasti minuti, frequentemente in un intervallo altitudinale che va dai 1600 ai 2300 m s.l.m. circa, dominata dalla graminacea fe- stuca dei macereti (Festuca dimorpha) e dal caglio della Majella (Galium magellense). Le specie adattate a questo ambiente vengono dette “glareicole”: sono dotate di rizomi molto lunghi e sono in grado di allungare il fusto ed emettere getti nuovi in continuo, nella peren- ne lotta col detrito che tende a sommergerle; altre specie caratteristiche sono il cardo ap- penninico (Carduus chrisacanthus) (Fig. 4) e la viola di Eugenia (Viola eugeniae) (Fig. 5), ma la comunità si arricchisce per la presenza sporadica di altre entità glareicole che, a loro volta, definiscono la fisionomia di altrettan- Fig. 5 – Viola eugeniae. 35 2/16

Fig. 6 – Cymbalaria pallida.

Fig. 8 – Papaver alpinum subsp. ernesti-mayeri.

ritorio del Parco della rarissima orchidea nigri- Fig. 7 – Isatis apennina. tella (Nigritella widderi) (Fig. 10), dal tenue profumo di cioccolata. sto di Allioni o dell’Appennino (Isatis apenni- Continuando la salita si abbandona la mughe- na) (Fig. 7), millefoglio di Barrelier (Achillea ta e ci si inerpica tra pietraie e rupi umide, do- barrelieri), radicchiella dei ghiaioni (Crepys ve l’accumulo di neve si protrae a volte anche pigmaea), ed arricchita dal delicato papave- per tutta l’estate, tra splendidi ciuffi di sassi- ro alpino (Papaver alpinum subsp. ernesti-ma- yeri) (Fig. 8), dai candidi fiori bianchi, gialli o aranciati. Proseguendo lungo il sentiero, la base delle rupi a ridosso della mugheta è colonizzata dal camedrio alpino (Dryas octopetala) (Fig. 9), piccola e tenace rosacea dai fiori bianchi, clas- sico esempio di relitto glaciale a distribuzione artico-alpina (ad esempio a NordKapp vegeta sulle spiagge del Mare del Nord) ampiamente diffuso sulle alte vette appenniniche.

Proprio sotto le vertiginose balze del Monte Focalone si localizza l’unica stazione nel ter- Fig. 9 – Dryas octopetala. 36 Una passeggiata tra i fiori d’alta quota della Majella: dalle mughete del Blockhaus ai pascoli sassosi…

Fig. 11 – Ranunculus magellensis.

Fig. 10 – Nigritella widderi. fraga gialla (Saxifraga aizoides) e il ranuncolo della Majella (Ranunculus magellensis) Fig. 11, che si alternano a compatti tappeti di sali- ce retuso (Salix retusa). In prossimità di sgrot- tamenti e fessure delle rocce, con percolazione di acque di scioglimento dei sovrastanti ne- vai, è facile osservare le comunità dominate da: silene delle fonti (Silene quadridentata), Veronica aphylla, Pritzlago alpina, sassifra- ga verdazzurra (Saxifraga caesia), sassifra- ga ascendente (Saxifraga adscendens), dal- le endemiche puntiformi del massiccio della Majella pinguicola del Fiori (Pinguicula fiorii) Fig. 12 e soldanella del calcare della Majel- la (Soldanella minina subsp. samnitica) Fig. 13, e sporadicamente dalla sassifraga d’Italia (Saxifraga italica), rara ed endemica dell’Ap- pennino centrale. Altre importanti specie di questi ambienti sono il poligono viviparo (Bi- storta vivipara), il giunco delle Dolomiti (Jun- cus trifidus subsp. monanthos) e la parnassia (Parnassia palustris). Fig. 12 – Pinguicula fiorii. 37 2/16

Fig. 13 – Soldanella minina subsp. samnitica.

Fig. 15 – Alyssum cuneifolium. Giunti all’ampio crinale che si affaccia sull’an- fiteatro delle Murelle, a pochi metri dal Bi- vacco Fusco, si possono osservare i pascoli praticamente finite , ma non i circa 4 chilome- primari a dominanza di piccole graminacee, tri che ci separano dalla vetta di Monte Amaro. ciperacee e pulvini di emicriptofite legno- Poco sotto la vetta del Monte Focalone si attra- se, quali la festuca violacea (Festuca viola- versano i ghiaioni consolidati con clasti medio cea subsp. italica), la poa alpina (Poa alpi- grandi dominati dall’alisso a foglie di cuneo na), l’erba lucciola d’Italia (Luzula italica), la (Alyssum cuneifolium) (Fig. 15), dalla linaiola carice di Kitaibel (Carex kitaibeliana subsp. alpina (Linaria alpina), Viola dei brecciai (Vio- kitaibeliana), l’eliantemo rupino (Helianthe- la magellensis) (Fig. 16), dall’arenaria gran- mum oleandicum subsp. alpestre), l’astragalo diflora (Arenaria grandiflora), dall’erba-storna dei Pirenei (Oxytropis pyrenaica), lo spillone appennina (Thlaspi stylosum) e dalla peverina della Majella (Armeria majellensis subsp. ma- di Thomas (Cerastium thomasii). jellensis) (Fig. 14), il trifoglio norico (Trifolium Il pianoro di vetta (Fig. 17) ospita la classica noricum subsp. praetutianum), la campanula “vegetazione a cuscini della tundra alpina”, graminifolia (Edrajanthus graminifolius subsp. soggetta ad intensi fenomeni periglaciali, con graminifolius), la vulneraria (Anthyllis vulne- cicli di gelo-disgelo e temperature notturne raria subsp. weldeniana). inferiori allo zero per tutto l’anno, con la pre- Da qui una salita sui prati dell’ampio crinale senza massiccia e costante di silene a cusci- porta ai pianori sommitali, e quindi alla cima netto (Silene acaulis subsp. bryoides) (Fig. del Monte Focalone, dove le difficoltà sono 18), vera specie pioniera in grado di modi- ficare il substrato rendendolo più ospitale fi- no a permettere la crescita di altre specie ai bordi e all’interno dei pulvini stessi. Le specie più frequenti dei pianori pietrosi d’alta quo-

Fig. 14 – Armeria majellensis subsp. majellensis. Fig. 16 – Viola magellensis. 38 Una passeggiata tra i fiori d’alta quota della Majella: dalle mughete del Blockhaus ai pascoli sassosi…

Fig. 17 – Piano Amaro da Grotta Canosa, a 2500 m di quota.

ta sono le festuche (Festuca violacea subsp. italica, Festuca alfrediana, Festuca laevigata subsp. crassifolia), la sassifraga a foglie op- poste (Saxifraga oppositifolia subsp. speciosa) (Fig. 19), l’androsace appenninica (Androsa- ce villosa), la vitaliana abruzzese (Androsace vitaliana subsp. praetutiana), la potentilla di Crantz (Potentilla crantzii subsp. crantzii), il dente di leone montano (Leontodon monta- nus), la valeriana saliunca (Valeriana saliun- ca), il millefoglio di Barrelier. In tutti i piano- ri sommitali della Majella vegetano la stella alpina dell’Appennino (Leontopodium niva- le) (Fig. 20), specie sub-endemica distribuita anche sui Balcani, lo spillone della Majella, il ranuncolo di Seguier (Ranunculus seguieri); meno frequente la radicchiella della Majella (Crepis magellensis), nuova specie endemi- ca puntiforme del massiccio, descritta solo tre anni fa ed in passato erroneamente identifica- ta come Crepis bithynica (pianta che vive in Turchia sull’Olimpo bitinico, segnalata su po- che montagne della penisola Balcanica e più recentemente sulla Majella). Le creste e le selle ventose, ospitano densi pascoli a elina (Kobresia myosuroides) che costituiscono la vegetazione climax del pia- no alpino per l’Appennino Centrale. Esempi di elineti, sempre di ridotta estensione, sono Fig. 18 – Silene acaulis subsp. bryoides. a Cima tre Portoni e a Piano Amaro nei pressi 39 2/16

Dalla cima del Monte Focalone si segue la lar- ga cresta sommitale verso Cima Pomilio, dove sulla sinistra si apre la Valle delle Mandrelle. Da Cima Pomilio si giunge al passo denomi- nato “Tre Portoni”, spartiacque delle tre valli dell’ “Orfento”, del “Ferro” e “Cannella” (che indica la parte alta della Valle di Fara San Mar- tino), e costeggiando il bordo di quest’ultima si affronta l’ultima salita per Monte Amaro, la cui cima è sormontata dalla rossa cupola del Bivacco Pelino. Tutto il percorso vanta un panorama mozzafia- to delle più alte vette dell’Appennino centrale, che spazia dalla cima delle Murelle e all’omo- nimo anfiteatro, passando per Monte Acqua- viva, al Morrone, al Gran Sasso, al gruppo del Fig. 19 – Saxifraga oppositifolia subsp. speciosa. Sirente-Velino, ai Monti del Parco Nazionale d’Abruzzo, etc. della grande dolina di crollo. Tale vegetazio- ne si presenta normalmente come un pascolo chiuso in cui predominano specie emicriptofite Letture consigliate e camefite, che riflettono le caratteristiche di xericità dell’habitat. Dal punto di vista ecolo- Conti f., (1998) – An annotated checklist of the Flora of gico, l’elineto si sviluppa prevalentemente a the Abruzzo. Bocconea, 10: 1-276. quote maggiori di 2500 m (fascia alpica), in Conti f., ABBAte G., ALessAndrini A., BLAsi C. (Ed.) – stazioni semipianeggianti, spazzate dai venti e 2005. An Annotated Checklist of the Italian Vascular caratterizzate da scarsissima copertura nevo- Flora. Palombi Editori (Roma). sa e microclima continentale alpino. In pros- Conti, f. & d. UzUnov (2011) – Crepis magellensis F. simità di impluvi superficiali si osserva invece Conti & Uzunov (Asteraceae), a new species from il contatto con la vegetazione delle vallette ni- Central Apennine (Abruzzo, Italy). Candollea 66: vali, testimoniata dalla piantaggine nera (Plan- 81-86. tago atrata subsp. fuscescens) e dal trifoglio di di fABrizio A., ferroni e., tAffetAni f., (2006) – Cenni Thal (Trifolium thalii). floristici e vegetazione d’alta quota della Majella. In: Di Cecco e Andrisano (Eds.) “La biodiversità vegetale nelle aree protette in Abruzzo: studi ed esperienze a confronto”. Documenti tecnico-scientifici del Parco Nazionale. di MArtino L., CiAsChetti G., di CeCCo M., di sAnto M.,, (2015) – Parco Nazionale della Majella: biodiversità vegetale, strutture ed azioni per la conservazione. Edizioni Menabò, Ortona (CH). Pirone G., (2006) – La biodiversità vegetale in Abruzzo: stato delle conoscenze. In: Di Cecco e Andrisano (Eds.) “La biodiversità vegetale nelle aree protette in Abruzzo: studi ed esperienze a confronto”. Documenti tecnico-scientifici del Parco Nazionale. stAnisCi, A., PeLino, G., BLAsi, C., (2005) – Vascular plant diversity and climate change in the alpine belt of central Apennines (Italy). Biodiversity and Fig. 20 – Leontopodium nivale. Conservation 14, 1301-1318. 40 Molluschi Fossili. Considerazioni paleoecologiche su diunaffioramentofossilifero storico delbacinodiSiena Scuole diScienze,UniversitàBologna f rAnCesCo n ALdi

41 Natura Montagna Anno LXIII – N. 2 2/16

Sommario Siena ed i suoi affioramenti hanno costituito – e continuano a costituire – una delle aree fossilife- re più importanti d’Italia ed una delle principali zone per lo studio della biodiversità italiana nel Pliocene, con pubblicazioni al riguardo esistenti già dal XVIII e XIX secolo (Caluri, 1767; De Stefani & Pantanelli, 1878). Il recente impulso da parte di paleontologi e zoologi, nell’analisi della biodi- versità e dei rapporti filogenetici all’interno del phylum sia nelle successioni plioceniche che nei mari attuali (fra gli altri Chirli, 1997; Della Bella & SCarPoni, 2007; BouChet et al., 2011) ha stimolato un rinnovato interesse per le località ormai storiche del territorio: in questa prospettiva è stato avviato questo primo progetto di descrizione e catalogazione di un affioramento all’inter- no di un’area classica per le analisi sulla diversità malacologica durante il Pliocene. Il progetto inoltre è volto alla valorizzazione del patrimonio fossile rinvenuto nelle successioni sedimentarie. Questa ricerca verte sull’analisi tassonomica e relative considerazioni paleoambientali di un af- fioramento situato in un areale considerato classico per lo studio della biodiversità del Pliocene italiano.

Inquadramento geologico- (Terzuoli, 1997). stratigrafico La sedimentazione marina nel bacino di Sie- na termina nel Gelasiano (Pleistocene infe- L’affioramento in esame è incluso nel Bacino riore, 2,6 – 1,8 Ma) quando l’area è oggetto di Siena, una depressione tettonica (graben) di un generalizzato sollevamento tettonico; di localizzata ad est della Dorsale Medio Toscana conseguenza, l’ambiente deposizionale ritor- e delimitata da due alti strutturali (horst): la na gradualmente di tipo continentale, inizian- Dorsale del Monte Amiata ad ovest, e la Dor- do da depositi fluvio-deltizi. Si riferiscono a sale dei Monti del Chanti-Monte Cetona ad est. questo periodo i depositi alluvionali terrazzati Il graben di Siena ha una forma allungata e fa (“DAT”), un insieme di conglomerati e are- parte di una serie di bacini formatisi durante narie poco cementate databili al Quaternario il Tortoniano superiore (circa 10 – 7,2 Ma) in superiore. regine distensivo. I rilievi che delimitano tali bacini hanno avuto importanza fondamenta- le nella definizione dei processi deposizionali La sezione “Terre Rosse” all’interno dei bacini stessi (Lazzarotto & San- drelli, 1979; Bossio et al., 1993; 1999). L’affioramento in esame rientra in quelle li- La successione sedimentaria marina del baci- tofacies sabbioso-siltose ricche in molluschi no di Siena poggia su depositi fluvio-lacustri note nei dintorni di Siena col nome di “Cre- (alternanze fra conglomerati e arenarie) risa- te Senesi” (Manganelli & Spadini, 2001). Es- lenti al Messiniano (7,2 – 5,3 Ma). Durante lo so è situato nel comune di Castelnuovo Be- Zancleano ed il successivo piano Piacenziano rardenga in provincia di Siena alle coordina- (3,6 – 2,6 Ma), nella zona di studio si deposi- te 43°19’51’’N; 11°35’11’’E (Fig. 1). La se- tarono, con contatto discordante rispetto alle zione esaminata è spessa 8,6 metri e mostra formazioni continentali appena citate, potenti due unità litologiche sopra citate: le Sabbie di successioni marine. Si possono così ritrovare S. Vivaldo (SVV), alle quali si sovrappongo- dapprima argille marnose localmente fossili- no con contatto erosivo i depositi alluvionali fere (“Argille Azzurre”), mentre successiva- terrazzati quaternari (“DAT”). All’interno del- mente appare un membro transizionale com- la sezione sono inoltre riconoscibili un certo posto da argille sabbiose o limi che passa a numero di litofacies (Fig. 2). litareniti feldspatiche poco cementate di co- La porzione basale della sezione (0 – 1 m) è lor giallo-ocra, ricche in fossili e notevolmente costituita da un deposito sabbioso massivo, a bioturbate (“Sabbie di S. Vivaldo”), ritenute di grana medio-fine, caratterizzato da una dimi- ambiente marino poco profondo e/o lagunare nuzione di ganulometria verso l’alto. Il conte- 42 Considerazioni paleoecologiche su di un affioramento fossilifero storico del bacino di Siena

Fig. 1 – Area di studio e localizzazione dell’affioramento “Terre Rosse”. nuto macrofossilifero è essenzialmente rap- za fining upward e riccamente fossilifero co- presentato da Glycymeris sp. in posizione fi- stituisce la porzione centrale della sezione. In siologica; purtroppo il pessimo stato di con- questo intervallo stratigrafico sono stati pre- servazione non ha consentito il prelevamento levati 4 campioni volumetrici (1-4). Tutto l’in- di alcun campione volumetrico. tervallo arenaceo non presenta tracce di stra- Tra 1 e 5,2 m, un intervallo arenaceo debol- tificazione e le uniche variazioni apprezzabili mente cementato, massivo, con lieve tenden- sono relative alla densità dei molluschi fossili, 43 2/16

Fig. 2 – Log della sezione “Terre Rosse” (da Naldi et al., 2013). 44 Considerazioni paleoecologiche su di un affioramento fossilifero storico del bacino di Siena

Fig. 3 – Parte superiore della sezione. La linea indica la base dei DAT quaternari. peraltro ben conservati. dali). Le peliti siltose passano gradualmente Tra 5,2 e 5,5 m si presenta un’arenaria silto- verso l’alto a granulometrie più grandi fino a sa cementata, senza macrofossili, alla qua- divenire arenarie medie, ricche in frustoli e le si sovrappone uno strato di circa 0,5 m di macrofossili e dello spessore di 0,3 m, dalle pelite siltosa, completamente bioturbata ed quali è stato prelevato l’ultimo campione vo- assai fossilifera, dalla quale è stato prelevato lumetrico (6). un campione volumetrico (5). Nella porzione Tra 6,8 e circa 7 m è presente una siltite de- sommitale si nota un sottile (0,1 m) orizzon- bolmente cementata ricca in frustoli ma senza te a cogoli (concrezioni diagenetiche sferoi- malacofauna, possibilmente la base dei DAT 45 2/16

quaternari (Fig. 3). I DAT si ritrovano nell’in- ne (trattasi per la quasi totalità di molluschi) tervallo tra circa 7 ed 8,6 m ed al loro interno è stato determinato – se le condizioni del re- si possono riconoscere due litofacies: quella perto lo consentivano – fino al livello di spe- basale (7-8 m) prevalentemente costituita da cie. Alla fine di questo processo si è compi- livelli ciottolosi alternati a sabbie e peliti la- lata una lista di taxa appartenenti al Phylum minate ricche in frustoli vegetali. La parte su- Mollusca con relativa abbondanza di questi periore presenta una granulometria più fine e nei diversi campioni. rappresentata da alternanze di sabbie e peliti, Tale lista faunistica è stata oggetto di analisi quest’ultime sempre ricche in frustoli vegetali. univariate al fine di risalire alla diversità tas- Nei DAT non si è rinvenuto nessun resto ma- sonomica complessiva e dei singoli campioni. crofossilifero. Inoltre è stata utilizzata una tecnica di statistica multivariata detta analisi delle corrisponden- ze detrendizzata (Detrended Correspondence Campionamento ed analisi Analisys, DCA, Hill & Gauch, 1980), una tec- nica molto impiegata dagli ecologi e paleo- Il prelievo dei 6 campioni (Fig. 2) è stato pre- ecologi in quanto permette di individuare le ceduto da delimitazione e descrizione nell’af- principali direzioni di variazione all’interno di fioramento di intervalli sedimentari con carat- insiemi di dati che, in casi come questi, sono teristiche litologiche e paleontologiche uni- interpretabili come gradienti paleoecologici formi (volume omogeneo). Per queste unità, più o meno complessi (cioè influenzati in ma- un singolo campione volumetrico è stato con- niera preponderante da più o solo un fattore siderato rappresentativo dell’insieme di asso- ambientale). ciazioni fossili presenti all’interno del volume La DCA è stata condotta a livello di genere, omogeneo. I campioni volumetrici hanno un per tale motivo tutte le specie congeneriche volume di circa 3.5 dm3. In laboratorio si è sono state raggruppate, mentre tutti i taxa so- proceduto ad eliminarne l’umidità tramite es- pragenerici non sono stati considerati. Inoltre, siccatura, a disgregarli con acqua ossigena- seguendo una prassi consolidata in ambito pa- ta a circa 10 volumi al fine di separare i re- leoecologico (Patzkowsky & Holland, 2012; sti fossili dalla matrice. Il contenuto fossilife- Wittmer et al., 2014) dalla matrice di dati so- ro così ottenuto è stato setacciato attraverso no stati esclusi tutti i generi presenti in un solo maglie da 1 mm ed essiccato nuovamente, campione ed i valori di abbondanza dei singoli dopodiché il materiale fossile di ogni campio- taxa sono stati log-trasformati.

Tab. 1 – Specie più abbondanti e valori di dominanza per ciascun campione.

46 Considerazioni paleoecologiche su di un affioramento fossilifero storico del bacino di Siena

Fig. 4 – Risultato della DCA.

Considerazioni (defrAnCe), permette di restringere l’interval- lo cronologico della porzione di depositi qui Il campionamento della sezione Terre Rosse studiati all’unità MPMU 1 così come definita ha consentito di ottenere un dataset costitu- in Raffi & Monegatti (2001). ito da 120 specie, raggruppate in 88 generi, La DCA suggerisce che l’asse principale (axis per un totale di 1832 esemplari appartenenti 1 in Fig. 4) sia da interpretare come un gra- al Phylum Mollusca. Altri phyla sono rappre- diente relativo alle condizioni del substrato. sentati, ma con un numero trascurabile di re- Tale considerazione è basata sulle caratteri- perti, per tale motivo non sono stati conside- stiche autoecologiche dei generi presenti nel rati. All’interno del dataset le specie ad elevata dataset e tuttora distribuiti nell’area mediter- dominanza sono soprattutto Bittium latreillii ranea. (PAyrAUdeAU) e Spisula subtruncata (dA Co- L’estremità in basso a destra contiene generi stA) (Tab. 1). Le associazioni si presentano quali Alvania, Gibbula, Rissoina, Striarca, Tri- molto ricche per numero di specie e con valori colia, che sono tipici di ambiente detritico con di equitabilità elevati in quasi tutti i campioni un certo grado di copertura vegetale, perlopiù prelevati. Questo probabilmente sta ad indi- relativa a praterie di Posidonia e/o ad alghe care che l’ambiente deposizionale non presen- verdi. La porzione sinistra del grafico inve- tava parametri fisico-chimici stressanti per lo ce contiene generi quali Acanthocardia, Cha- sviluppo delle biocenosi a molluschi (Tab. 2). melea, Spaniorinus, che caratterizzano am- I depositi arenacei della sezione hanno per- bienti con substrati di sabbie fini ben classate messo il ritrovamento di un nutrito stock di o sabbie fangose, senza copertura vegetale. specie aventi affinità subtropicale, presen- In definitiva, i fattori di gradiente individuati ti nel bacino del Mediterraneo fino all’inizio sono orientati orizzontalmente e sono relativi del deterioramento climatico (~3,0 Ma; Raffi alla copertura vegetale ed alla granulometria & Monegatti, 2001): in effetti il ritrovamento del substrato. Applicando il concetto ai no- di Persististrombus coronatus (defrAnCe), Cir- stri campioni, possiamo vedere che i valori comphalus foliaceolamellosus (diLLwyn), Me- “estremi” sono rappresentati dal campione 5 gaxinus ellipticus (Borson) e Callista italica ed 1, rispettivamente indicatori di un paleo- 47 2/16

Tab. 2 – Valori di dominanza ed equitabilità relativi a ciascun campione.

ambiente detritico e/o con buona copertura 129 pp. vegetale, e di un paleoambiente a substrato della Bella G., ScarPonI d. (2010) – Molluschi Marini del più fine e con copertura vegetale ridotta o del Plio-Pleistocene dell’Emilia-Romagna e della Toscana, tutto assente. I rimanenti campioni si colloca- . Vol. 3. Conidae II. Museo Geologico G. no come valori intermedi all’interno di questo Capellini; L’Informatore Piceno, Ancona, 128 pp. intervallo (Fig. 4). de SteFanI c., PantanellI d. (1878-1880) – Molluschi La distribuzione batimetrica, al contrario, non pliocenici nei dintorni di Siena. Bollettino della società sembra un fattore importante nell’ordinazione malacologica italiana 4: 5-32. dei generi lungo i principali assi di variazio- hIll M.o., Gauch Jr h.G. (1980) – Detrended ne. I litotipi riscontrati nell’intervallo inferiore e Correspondence Analisys, an improved ordination medio della sezione (più antichi quindi) sono technique. Vegetatio 42: 47-58. generalmente riconducibili ad un ambiente di lazzarotto a., SandrellI F. (1979) – Stratigrafia ed assetto transizione alla piattaforma; le caratteristiche tettonico delle formazioni neogeniche nel bacino del ecologiche/paleoecologiche dei generi qui ri- Casino (Siena). Boll. Soc. Geol. It. 96: 747-762. trovati sembrano indicare un ambiente infra- ManGanellI G., SPadInI v. (2001) – I molluschi marini litorale inferiore. pliocenici dei dintorni di Siena negli scritti di Carlo De Stefani e Dante Pantanelli. (Volume 8 di Memorie). Accademia delle scienze di Siena detta de’ fisiocritici, Letture consigliate 366 pp. naldI F., della Bella G., ScarPonI d. (2013) – Bossio A., CostAntini A., LAzzArotto A., LiottA D., pseudoappeliusi n.sp. (: ) MAzzAnti r., MAzzei r., sALvAtorini G., sAnDreLLi F. from the Plio-Pleistocene of Italy. Bollettino della (1993) – Rassegna delle conoscenze sulla stratigrafia Società Paleontologica Italiana 52 (2): 71-79. del Neoautoctono toscano. Mem. Soc. Geol. It. 49: PatzKowSKY M.e., holland S.M. (2012) – Stratigraphic 17-98. paleobiology: understanding the distribution of Bossio A., MAzzei r., sALvAtorini G., sAnDreLLi F. (1999) fossil taxa in time and space. Chicago, University of – Carta geologica dell’area compresa tra Siena, Chicago Press, 259 pp. Poggibonsi e Castellina in Chianti (Provincia di Siena). raFFI S., MoneGattI P. (2001) – Taxonomic diversity and Computergrafica D. Graziosi, Siena. stratigraphic distribution of Mediterranean Pliocene Bouchet P., Kantor Y.I., SYSoev a., PuIllandre n. (2011) Bivalves. Palaeogeography, Palaeoclimatology, – A new operational classification of the Conoidea Palaeoecology 165: 171-193. (). Journal of Molluscan Studies 77: 273- terzuolI a. (1997) – Sedimentologia, icnologia e 308. stratigrafia di alta risoluzione in ambienti marini calurI F. (1767) – Congetture ed osservazioni sopra una marginali: A) Le sabbie conglomeratiche costiere del conchiglia marina fossile non alterata, creduta di un Bacino di Siena (Italia), B) I depositi d’estuario del nuovo genere, ritrovata dentro un’altra conchiglia Bacino dell’Alberta (Canada). Università di Siena. fossile non alterata della campagna Senese. Atti Tesi di Dottorato, 99 pp. dell’Accademia delle Scienze di Siena, detta de’ wIttMer J.M., dexter t.a., ScarPonI d., aMoroSI a., KowalewSKI Fisiocritici 3: 262-275. M. (2014) – Quantitative Bathymetric Models for late chIrlI c. (1997) – Malacofauna pliocenica Toscana, Quaternary Transgressive-Regressive Cycles of the Po Volume 1: Superfamiglia Conoidea. B.M.B. Firenze, Plain, Italy. The Journal of Geology 122 (6): 649-670. 48 Il MonteVigese –Montovolo nella mediavalledelReno nell’Appennino bolognese La “MontagnaSacra”. La WWF Italia–SocietàStudiNaturalisticidellaRomagna email: [email protected] L eonArdo s enni

49 Natura Montagna Anno LXIII – N. 2 2/16

L’erta montagna gemina del Montovolo.Vigese, con le sue pareti dirupate e la sua imponente al- tezza nel panorama delle colline della media valle del reno, ha certamente ispirato i sentimenti religiosi delle antiche genti che vi hanno lasciato tracce delle loro civiltà e le attuali chiese del decimo-tredicesimo secolo. Ma ciò che preesisteva all’arrivo dell’uomo rimane tuttora, e sta ricon- quistando gli spazi occupati dalle colture abbandonate: è la splendida natura appenninica qui rappresentata da una grande ricchezza floristica e zoologica, ora protetta nel Sito di Importanza Comunitaria e nell’Oasi del WWF Italia.

L’evidenza morfologica e paesistica comunale da Campolo conduce fin sulla cima del Montovolo. A chi da Bologna sale verso l’alto Appennino Il suo aspetto la impone all’attenzione di chi percorrendo la strada statale 64 “Porrettana”, segua ogni percorso in quella media valle del cioè verso Sud-Ovest, subito prima del paese Reno caratterizzata da colline generalmente di Vergato, appare l’erta montagna del Mon- più basse e più arrotondate: la cima pirami- tovolo-Vigese che, con due cime gemelle, si dale del Vigese, alta 1089 metri, interamente colloca tra le valli del Setta e del Limentra di ricoperta dal bosco, rimane separata da una Treppio, alla destra idrografica del Reno; la sella, a quota 830, dalla cima del Montovo- strada provinciale che parte da Grizzana Mo- lo, formata da un altopiano inclinato che ha randi, raggiungibile da Vergato, e che prose- la sua vetta a 938 metri al bordo del “balzo di gue per la sua frazione di Campolo e poi per S. Caterina”. gli abitati di Vigo e Greglio, ne percorre i fian- Questa morfologia ha da tempi lontani con- chi alla quota dei 600-650 metri; una strada dizionato le abitudini culturali delle genti che

50 La “Montagna Sacra”. Il Monte Vigese – Montovolo nella media valle del Reno nell’Appennino bolognese

hanno abitato questo territorio e che vi hanno tale a danno di flora e fauna: basti pensare al- lasciato tracce ed opere. la rarefazione dei siti di riproduzione di anfibi Ma molto prima che ciò avvenisse le forme come il Tritone alpestre appenninico e la Ra- della montagna hanno generato le condizio- na rossa italica. Oggi, in una fase pluriennale ni per la distribuzione di una vegetazione e di di prolungate siccità estive, queste captazio- una fauna piuttosto differenziate: così le pareti ni hanno perduto molto della loro importanza dirupate sui fianchi Est-Sud Est, sia del Vige- strategica ed i serbatoi delle sorgenti debbo- se che del Montovolo, accolgono belle flore no spesso essere ricaricati tramite autobotti. casmefitiche e le nidificazioni dei grandi Uc- Litologicamente la “pietra del Montovolo” si celli rapaci. presenta come un’arenite di colore grigio-ro- sato, o giallo-bruno se alterata, ben cementa- ta per un forte contenuto carbonatico (Peddis, La formazione geologica 2000), e abbastanza resistente all’erosione, come appunto testimoniano le pareti subver- La morfologia del complesso discende dal- ticali della montagna; ciò ha generato nei se- la sua struttura geologica riconducibile a due coli passati una industria estrattiva destinata principali matrici: a fornire materiali da costruzione sia per un la prima di esse si sarebbe originata nell’antico uso locale sia per località vicine e la stessa “oceano ligure” collocabile più a Ovest della Bologna. posizione attuale, in un periodo attribuibile già Questa “industria”, che sfruttava come mate- all’inizio dell’era terziaria o cenozoica (ca. 70 riali di cava prevalentemente le grandi frane - 40 milioni di anni fa), per poi compiere una generate da fattori naturali e che si era instau- “migrazione” verso Est dell’ampiezza di molte rata grazie a maestranze “comacine” già nei decine od anche centinaia di chilometri; que- secoli XIV-XV, è proseguita fino a tempi re- ste antiche deposizioni, dette anche “liguridi” centi con l’attività artigianale dei locali “scal- per la loro zona d’origine, sono oggi rintrac- pellini”: oggi rimangono solo poche persone a ciabili nelle “argille scagliose” che formano detenere questa “sapienza” artigianale, e delle lo “zoccolo di base” del complesso, ed ove si antiche cave rimangono tracce sempre meno originano ampi fenomeni di calanchizzazione decifrabili. e scivolamento; la seconda matrice è costituita dalle imponenti rupi arenacee classificate come “formazione La vegetazione e la flora di Pantano” e costituite da calcareniti (sabbie cementate) depositatesi in periodo oligo-mio- Una descrizione del paesaggio vegetale è, co- cenico (ca. 30 - 10 milioni di anni fa) sopra me per la gran parte dei luoghi del nostro pa- le “basi argillose liguri” e pertanto chiamate ese, un compito reso difficile dai rimaneggia- anche “epiliguridi”. menti antropici che qui sono particolarmente Questa stratificazione coinvolge anche un im- estesi. portante aspetto idrologico: le bancate di are- La prima percezione è di una montagna che naria e le loro sabbie di disfacimento presen- ha conservato sulla massima parte della sua tano una elevata permeabilità e l’acqua del- superficie la copertura forestale, ma da vicino le precipitazioni di pioggia e neve raramen- la situazione appare un complesso mosaico te scorre in superficie, ma le attraversa fino riconducibile alle seguenti tipologie: all’incontro con le formazioni argillose imper- – aree relitte, di modesta ampiezza, dove per meabili che sono sotto di esse, dando allora impossibilità ad imporre colture o pascolo origini alle sorgenti e a modesti corpi idrici. si sono conservati nuclei della vegetazione Da diverse decine di anni la gran parte del- originaria: ciò è accaduto per lo più nelle pa- le sorgenti è stata captata a scopo idropota- reti rocciose ed alla loro sommità, in suoli bile, spostando quindi a valle la nascita ed il di frana costellati da grandi massi, o in co- percorso dei modesti rii di superficie; ciò si è late argillose facilmente destabilizzabili; tradotto anche in un impoverimento ambien- – aree che coinvolgono la maggior superfi- 51 2/16

cie della montagna, ove da molti secoli era nio hanno rarefatto le componenti meno ter- stata estesa la coltura del castagno ma da mofile di queste bordure, come l’Orniello, fa- decenni in stato di abbandono e che ora vorendo un futuro maggior dominio del Lec- stanno più o meno velocemente evolvendo cio; verso le formazioni boschive spontanee; i querceti termofili dominati dalla Roverella – piccoli lembi di vecchi rimboschimenti, pre- (Quercus pubescens), che sono protagonisti valentemente a Pino nero (Pinus nigra), delle basse e medie colline romagnole, tendo- Douglasia (Pseudotsuga menziesii), Abe- no, man a mano che si procede verso Ovest, a te rosso (Picea excelsa) ed Abete bianco posizionarsi in stazioni più calde e soleggiate: (Abies alba) che, nonostante una modesta nella sommità del Montovolo ed in altre posi- propagazione e grazie all’assenza di succes- zioni favorevoli si associa alla Roverella anche sivi interventi, stanno per essere riassorbiti l’Acero minore (Acer monspessulanum) e la dal bosco autoctono. Silene bianca (Silene italica); sui suoli più fre- Rimangono poi da considerare le aree urba- schi e maturi il consorzio boschivo si arricchi- nizzate – in genere vecchi abitati che sono fra- sce della presenza del Carpino nero, dell’Op- zioni dei Comuni di Grizzana Morandi e Camu- pio, dell’Asparago pungente (Asparagus acu- gnano nei cui territori ricade la montagna –, tifolius), dell’Agazzino (Pyracantha coccinea). gli ex coltivi e prati - pascolo in abbandono, e le vaste superfici calanchive dei fianchi della La fascia medioeuropea o dei querceti mesofili: montagna alle quote inferiori, in parte in fase procedendo, nella nostra regione, verso occi- di colonizzazione da parte di arbusteti a Gine- dente i querceti semi-mesofili e mesofili ten- pro comune (Juniperus communis), Perastro dono ad affermarsi a spese di quelli termofili: (Pyrus pyraster), Prugnolo (Prunus spinosa), ne divengono protagonisti il Carpino nero, il Orniello (Fraxinus ornus). Cerro (Quercus cerris) prevalentemente sul- Per quanto alla vegetazione naturale questa le pendici argillose, ed, oltre all’Oppio, an- parte dell’appennino emiliano si può collocare che l’Acero di Monte (Acer pseudoplatanus), nel settore più meridionale della zona fitoge- l’Acero campestre (Acer campestris) e, con ografica medio-europea, in contatto sfumato esemplari sporadici, l’Acero riccio (Acer pla- con la zona fitogeografica mediterranea (To- tanoides); maselli, 1997) che può ritenersi instaurata a nei versanti più luminosi vi si associa l’Erba Sud della valle riminese del Marecchia, ma che trinità (Hepatica nobilis), il Giglio di S. Giovan- penetra anche più a Nord lungo la costa fin ni (Lilium bulbiferum ssp croceum), l’Anemo- presso la parte meridionale della foce del Po. ne dei boschi (Anemone nemorosa) che nelle In funzione della quota e della esposizione la penombre forma in aprile vaste bianche chiaz- vegetazione spontanea dà luogo alle fasce ve- ze; nei versanti a minore insolazione, in poche getazionali: submediterranea o dei querceti stazioni del Montovolo e del Vigese, compare termofili, medioeuropea o dei querceti meso- il Carpino bianco (Carpinus betulus). fili, subatlantica o dei faggeti (Ferrari, 1997). La fascia subatlantica o dei faggeti: La fascia submediterranea o dei querceti ter- la fascia vegetazionale dei faggeti, in que- mofili: sta parte dell’appennino emiliano, si estende le espressioni più xerotermofile di queste ve- all’incirca dagli 800 ai 1800 metri di altitudine: getazioni sono rappresentate dalle bordure a il limite inferiore del Faggio (Fagus silvatica) è Leccio (Quercus ilex) delle pareti rocciose di abbastanza rispettato nella nostra montagna, cui si è detto: esse sono immediatamente per- anche se posizioni favorevoli a quote inferiori cepibili come fasce verde scuro che incorni- ne accolgono esemplari e piccoli gruppi, men- ciano le sommità degli strapiombi rupestri, tre il suo limite superiore coincide qui con la spesso i medesimi che accolgono, più o me- massima altitudine disponibile; no regolarmente, le nidificazioni di importanti il Faggio appare attualmente in espansione Falconidi e Accipitridi; nei fianchi e sulla cima del Vigese che già, nel i cambiamenti climatici di quest’ultimo decen- periodo vegetativo, ne ostentano il caratteri- 52 La “Montagna Sacra”. Il Monte Vigese – Montovolo nella media valle del Reno nell’Appennino bolognese

deperimento, non tanto provocato dal “can- cro”, ridottosi in virulenza grazie ad un iper- parassitismo virale, quanto da un’altra pato- logia fungina, il “mal d’inchiostro” o “marciu- me radicale”, sostenuto dal fungo oomicete Phytophthora cambivora, che colpisce l’ap- parato radicale; questo regresso del Castagno, combinato con l’assenza di cure colturali, ha favorito il pro- cesso di rinaturalizzazione di questi boschi, oggi in buona parte riconquistati dalle facies forestali autoctone cui si è accennato prima; stico verde intenso; recentemente, sotto la spinta di un rinato inte- stante l’utilizzo del passato e la coltivazione resse economico, di una “nostalgia” culturale del castagneto non possiamo ammirare oggi e, non ultimo, della possibilità di accedere a faggete mature e imponenti, ma egualmente contributi comunitari, alcuni cedui sono sta- sul Vigese, e in piccoli relitti sul Montovolo, ne ti recuperati a castagneto da frutto: su que- possiamo trovare alcune ricche di specie, col ste onerose operazioni incombe ora il crollo Frassino maggiore (Fraxinus excelsior), l’Ol- produttivo provocato dall’imenottero cinipide mo montano (Ulmus glabra), il Tiglio nostra- Dryocosmus kuriphilus contrastato dall’im- no (Tilia platyphyllos), spesso accompagnate missione del suo parassita imenottero torimide da splendidi popolamenti della Felce cervina Torymus sinensis; dopo il massiccio attacco (Asplenium scolopendrium); del Dryocosmus negli anni 2013, 2014, l’anno al riguardo va citata la presenza nel fianco del 2015 ne ha registrato una sensibile flessione; Montovolo, all’interno della proprietà-oasi del entrambe queste specie entomologiche sono WWF, di un grande Tiglio che sta disseminan- di origine orientale e fanno parte di quella on- do la sua progenie nei castagneti in declino, data ormai incontrollabile di esotismi biologi- e, purtroppo, la morte a causa della graffiosi ci che sono una delle conseguenze, e non la – la malattia causata dal fungo Graphium ul- minore, del mercato globalizzato. mi e veicolata da coleotteri Scolitidi – dei po- Nella nostra montagna rimane il bel casta- chi, ultimi grandi esemplari di Olmo montano gneto presso la frazione di Greglio, tuttora in sulle alte pendici del Montovolo. coltivazione, con diversi alberi che superano il secolo di età; ma quello davvero monumen- Castagneti da frutto: tale è presso la località Serrara nel Montovolo, anche al tempo attuale il Castagno (Castanea collocata ora all’interno della proprietà Oasi sativa) è presente nella maggior parte della del WWF: pochi dei castagni plurisecolari, con superficie boschiva, pur se gli antichi frutte- circonferenze del tronco fino a otto metri, so- ti sono stati per la quasi totalità o semplice- no tuttora vegeti, e di quella che era una selva mente abbandonati o convertiti in boschi ce- castanile in produzione sino all’ultimo conflit- dui da paleria; to non rimangono che decine di grandi alberi l’abbandono di questa importante economia morti o deperienti, sparsi tra gli Aceri di monte montana si è verificato nel dopoguerra sia per ed i Carpini neri della nuova foresta, ma che la virulenza del “cancro corticale”, malattia tuttavia assolvo a ruoli importanti per lo svi- fungina sostenuta dal fungo Cryphonectria luppo ed il ricovero di molte specie biologiche. parasitica che si ritiene introdotto accidental- La “conca dei castagni”, una pendice a dolce mente con legno infetto, sia per un travolgente inclinazione presso la casa di Serrara, dotata mutamento dell’economia e per la migrazione di grande fertilità di suolo, è protagonista nel- di una quota significativa delle genti montane la primavera di fioriture spettacolari: scioltasi verso le città ed i poli industriali; la neve il suolo rimane bianco per l’incredibi- oggi sia i superstiti castagneti da frutto che i le densità del Bucaneve (Galanthus nivalis), cedui di castagno sono in una fase di nuovo poi diviene giallo per la fioritura del Cipollac- 53 2/16

cio giallo (Gagea lutea) e rosa per quella della La distribuzione corologica, in accordo alla Colombina (Corydalis cava). fauna entomologica di questa parte del bas- Una anche sommaria citazione della flora, ol- so-medio appennino, rileva una preponderan- tre alle specie già citate per una, anch’essa za di specie ad ampia distribuzione olartica sommaria, descrizione della vegetazione, non (48,4 %), seguita da quelle a distribuzione eu- può qui essere affrontata: un censimento degli ropea (36.3 %), con poche specie a distribu- anni ’90 (Eugenio De Martino, in verbis) ha zione mediterranea (4.0 %), ed un significati- portato a contare 721 entità attribuibili ai clas- vo numero di endemiti della penisola italiana sici corotipi secondo una distribuzione aderen- (11.3 %). te alla situazione normalmente rinvenibile per Casi di endemismo assoluto per quest’area queste quote e questa parte dell’Appennino montana potrebbero essere forse rilevati con- settentrionale: citiamo tra le altre 48 circum- ducendo una indagine sulla fauna ipogea-in- boreali, 88 euroasiatiche, 232 mediterranee in terstiziale dei litosuoli ampiamente fessurati senso lato, solamente 10 endemiche italiane, delle antiche frane. e ben 75 cosmopolite. Per i Vertebrati non si prende in considerazio- Tra le cose che tuttavia possono essere segna- ne una fauna ittica, stante l’assenza di corsi late, a conferma dei cambiamenti climatici in d’acqua perenni, ad esclusione dei fiumi di atto, è la scomparsa, negli anni successivi al fondovalle, fuori dall’area. 2000, delle due stazioni conosciute nel Vigese La povertà idrologica penalizza anche i popo- della Genzianella cigliata (Gentiana ciliata) e lamenti di Anfibi che però mantengono mode- la forte rarefazione, valutabile forse attorno al sti effettivi grazie alle poche raccolte d’acqua 70%, del popolamento, presente sul versan- che si formano presso le sorgenti e nelle zone te Nord dello stesso Vigese, della Genziana di argillose, sempre insidiate dalla pesante ma- Esculapio (Gentiana asclepiadea). nomissione dei cinghiali che le usano come Altre specie appariscenti come la Speronel- bagni di fango o “insogli”: sono tuttavia pre- la (Delphinium fissum), il Dittamo (Dicta- senti tutte le specie potenziali, come il Tritone mus albus), pur severamente danneggiato crestato (Triturus carnifex), il T. punteggiato dai cinghiali, il Doronico (Doronicum hirsu- (Lissotriton vulgaris), il T. alpino appenninico tum), sembrano mantenersi per ora stabili nel- (Mesotriton alpestris apuanus), la Rana verde le stazioni esistenti. minore (Pelophylax esculentus cpl.), la Rana agile (Rana dalmatina), la Rana appenninica (Rana italica), il Rospo comune (Bufo bufo). Fauna Non si conoscono rinvenimenti né locali né prossimi della Salamandra pezzata (Salaman- Una indagine sistematica sulla fauna inver- dra salamandra) e della Salamandrina dagli tebrata è stata condotta solamente su alcune occhiali (Salamandrina perspicillata) che pure principali famiglie entomologiche dell’Ordine sono diffusamente presenti nella vicina cresta dei Coleotteri (Senni & Senni, 2005): Cara- principale appenninica. bidae (26 specie), Dytiscidae (3 sp.), Cleri- Notevole la diffusa presenza, nei versanti fre- dae (3 sp.), Elateridae (10 sp.), Buprestidae schi e ombrosi, del Geotritone appenninico (12 sp.), Curculionidae (30 sp.), Apionidae (Speleomantes italicus), “specie di interesse (1 sp.), Rhynchitidae (1 sp.), Attelabidae (1 comunitario”, avvantaggiato, nei confronti del sp.), Cerambycidae (29 sp.), Geotrupidae (3 disturbo dei rari corpi idrici, dalla sua parti- sp.), Aphodidae (2 sp.), Scarabeidae (3 sp.), colare biologia riproduttiva che vede la depo- Melolonthidae (5 sp.), Dinastidae (1 sp.), Ce- sizione delle uova e lo sviluppo delle larve in tonidae (5 sp.). profonde ed umide fessurazioni; adulti della L’elenco, certamente ed ampiamente incom- specie possono essere rinvenuti, nei periodi pleto, ha rivelato un buon livello di ricchezza di inizio primavera ed autunno, anche all’im- biologica, in accordo alla varietà degli ambien- bocco di piccole tane nel bosco, in cavità e ti presenti, e molto altro si sta aggiungendo biforcazioni di grandi alberi anche ad oltre un grazie ad indagini successive. metro dal suolo (come rilevato per la monta- 54 La “Montagna Sacra”. Il Monte Vigese – Montovolo nella media valle del Reno nell’Appennino bolognese

non lontano. La presenza dei piccoli uccelli silvani è qua- si completa, e vale la pena segnalare i buoni contingenti del Picchio muratore (Sitta euro- pea), un Sittide altrove in declino. Dei veri Piciformi è costante la presenza “ri- danciana” del Picchio verde (Picus viridis), del Picchio rosso maggiore (Dendrocopus major), e, più rara, del Picchio rosso minore (Dendro- copus minor). Dei Mammiferi si può anche “esagerare” di- cendo che manchino solo l’Orso e la Lince gna sammarinese)… e persino nel pozzetto dei (di cui pur si contano alcune fantasiose se- contatori dell’acqua potabile della mia casa gnalazioni in zone non lontane). È stata velo- estiva, a 800 metri sul fianco Nord del Vigese. ce, dagli anni ’90, la ricolonizzazione da parte I Rettili non contemplano specie di partico- dei Cervidi reintrodotti in foreste appenniniche lare interesse: oltre ai comuni Lacertidi co- prossime: del Capriolo (Capreolus capreolus), me il Ramarro (Lacerta bilineata), la Lucer- del Daino (Dama dama) avvistabile in piccoli tola muraiola (Podarcis muralis) e l’Orbettino branchi in spazi aperti marginali, e del Cervo (Anguis fragilis), i Serpenti contano la Vipera nobile (Cervus elaphus), i cui maschi fanno comune (Vipera aspis) solo nelle esposizioni risuonare dall’inizio di Settembre i “terribili” calde e poco disturbate, la Biscia dal collare richiami dalle aree di bramito, talora anche (Natrix natrix) anche assai lontano da raccolte vicine alle case. d’acqua, il Biacco (Hierophis viridiflavus), ed Facilmente osservabili, per lo più in ore serali, il bellissimo Saettone o Colubro di Esculapio la Volpe (Vulpes vulpes) (da due anni una gio- (Zamenis longissimus), specie anche questa vane femmina raggiunge i dintorni della mia di “interesse comunitario”. casa sul Vigese ed accetta il cibo dalle mie Tra gli Uccelli vale la pena solo citare la note- mani con atteggiamenti di grande “confiden- vole abbondanza di specie predatrici: za”), il Tasso (Meles meles), la Faina (Martes tra gli Strigiformi ha alte densità l’Allocco foina), la Donnola (Mustela nivalis), raramen- (Strix aluco), e questa è anche concausa del- te la Puzzola (Mustela putorius). la scarsa presenza del Barbagianni (Tyto alba) E ancora comuni il Ghiro (Glis glis), specie nei e della Civetta (Athene noctua); tra gli Acci- castagneti dei versanti freschi, e, nei querceti pitriformi nidificanti comune la Poiana (Buteo dei versanti caldi, lo Scoiattolo (Sciurus vul- buteo), lo Sparviere (Accipiter nisus), forse garis) che compare sia nella forma rossa “al- anche l’Astore (A. gentilis) e il Pecchiaiolo pina” che, più frequente, in quella quasi nera (Pernis apivorus) entrambi di frequente avvi- “appenninica”, e la Lepre (Lepus europaeus) stamento; tra i Falconiformi il Gheppio (Fal- con le sue corse così piene di vita ! co tinnunculus), e con regolarità il Falco pel- Tra i “micromammiferi” un altro gliride, il Mo- legrino (Falco peregrinus) il cui nido da anni scardino (Muscardinus avellanarius), poi il viene posizionato nelle cavità della falesia del Topo selvatico (Apodemus sylvaticus) ed al- Montovolo, presso al “balzo di S. Caterina”, il cune specie di arvicole (gen. Microtus e Chle- Lanario (F. biarmicus) che ha qui, nel “sas- trionomys). so di Vigo’, uno dei siti di nidificazione italiani I Chirotteri meriterebbero una indagine più più settentrionali, in passato minacciato dalle approfondita di quella sinora condotta con il attività di scalata. posizionamento ed il monitoraggio – solo per Infine citiamo l’Aquila reale (Aquila chrysa- qualche tempo – di rifugi artificiali, nell’ambito etos) che dopo molti anni di assenza ha al- del progetto LIFE “Pellegrino”: la presenza di levato con successo in un sito storico del Vi- numerose cavità naturali in roccia ed in alberi gese nell’anno 2001 e poi nel 2003, prima di deperienti favorisce ben probabilmente la pre- delocalizzare nuovamente il nido ad altro sito senza anche di poco comuni specie forestali. 55 2/16

Una citazione a parte merita il Cinghiale (Sus il Montovolo, riferisce che i lavori di scavo mi- scrofa) che, introdotto come di frequente per sero in luce una modesta cavità naturale ove scopi venatori e con esemplari alloctoni, ha furono trovati frammenti di vasellame, ossa generato dense popolazioni e vasti danni non animali ed altri resti che la Soprintendenza ai solo alle colture ed ai prati, ma anche all’am- Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna attri- biente forestale, a specie floristiche e faunisti- buì al periodo neolitico; ma essi, così come la che della lettiera. stessa rientranza rocciosa, andarono perduti Unico merito del suide è, anche qui, l’aver fa- nel proseguimento dei lavori (Gentilini, 2011). vorito la ripresa del Lupo (Canis lupus) che Al periodo del “bronzo antico” sono da attribu- ha il Montovolo-Vigese come parte di un vasto ire le 14 asce bronzee scoperte nel “deposito” territorio controllato da un “nucleo familiare’, in località Burzanella, alle pendici del Vigese, già oggetto di studi e ricerche genetiche anche e prova della presenza di comunità locali vi- da parte della Provincia di Bologna. sitate da artigiani itineranti (Tamarri, 2011). Talora il Lupo ha scelto proprio siti della nostra I resti ceramici rinvenuti nella località Serra dei montagna per l’allevamento della prole: nel Coppi, posta nella sella di separazione delle 2012 ho soccorso alimentarmente una cuc- cime del Montovolo e del Vigese, testimonia- ciolata affetta da una scabbia “totale” e poi, no un luogo cimiteriale attribuibile alla civiltà col Servizio veterinario della AUSL di Porretta etrusca villanoviana dell’VIII secolo a.C., ri- Terme e con gli Agenti della Provincia di Bo- feribile a insediamenti collocabili su vie che logna, ho collaborato alla somministrazione connettevano le comunità dell’Etruria tirreni- nel cibo dell’Ivermectina ai tre superstiti dei ca a Sud con quelle dell’area padana a Nord cinque iniziali, completamente glabri, tranne (Tamarri, 2011). rari peli nella coda. È rimasta non conferma- È da ritenersi credibile che in epoca etrusca ta la speranza che siano potuti sopravvivere la montagna avesse assunto un qualche ruo- e rientrare nel branco. lo cultuale; ad una modesta distanza, al som- Per effetto della predazione del canide sui cin- mo di un rilievo presso la frazione Monteacu- ghialotti la densità e la “sedentarietà” del Cin- to Ragazza del comune di Grizzana, è stata di ghiale si sono sensibilmente ridotte, ma que- recente ben sistemata un’area circostante un sta “competizione venatoria” non ha manca- “pozzo-santuario” dal quale sono state estrat- to di innescare casi di bracconaggio ai danni te in passato statuette votive bronzee, alcune del Lupo. in forme stilizzate, altre di pregevole fattura, ora al Museo Civico Archeologico di Bologna. La città etrusca di Misa, nel fondovalle pres- Storia umana e vestigia so Marzabotto, cui il recente rinvenimento di frammenti fittili consente di attribuire più pro- È probabile che la nostra montagna, dalla for- babilmente il nome di Cainua, era nel pieno ma così emergente in questo territorio di me- sviluppo nel VI secolo a.C., ma con l’arrivo dia collina, abbia esercitato su antiche popo- nel IV sec. a.C. delle invasioni celtiche, e pri- lazioni una attrazione mistica e, in tempi suc- ma che subentrasse una forma di più pacifi- cessivi, sia stata utilizzata come luogo di culto ca convivenza con i nuovi arrivati, gli inse- e di rifugio. diamenti delle pianure subirono una fase di Tuttavia di questi tempi remoti assai poche so- regresso e, al posto dei percorsi viari di fon- no le prove testimoniali, dovendo per onestà dovalle, presero importanza quelli di crinale scartare tutte le fantasiose ricostruzioni sup- (Tamarri, 2011). È in questa fase che va pro- portate unicamente dalla interpretazione arbi- babilmente collocato un maggior sviluppo abi- traria di toponimi o dalla rilettura di racconti tativo e cimiteriale in aree collinari. Il nostro leggendari neppure autoctoni. “pozzo santuariale” fu abbandonato e delibe- Il Geom. Gentilini, progettista e direttore dei ratamente richiuso forse per l’approssimarsi lavori della strada che nei primi anni ’50 del di minacce. ’900 si è sostituita, in parte intersecandola ed Che la parola Montovolo derivi da “mons ovo- in parte sovrapponendosi, alla antica via per li”, e che l’ovolo sia un “omphalos” signacola- 56 La “Montagna Sacra”. Il Monte Vigese – Montovolo nella media valle del Reno nell’Appennino bolognese

re, ora smarrito, simile a quelli che “marcano” le – il Vigese – era sotto il dominio di “signori” la posizione delle tombe nelle aree sepolcrali longobardi (Palmieri, 1913), presenti nel pa- etrusche di Cainua, è gratuita teoria: più pro- ese di Vigo cui si deve il nome del Vigese (da babile che il toponimo derivi da “mons Jovis” Vicus, monte Viciese): sembra che un piccolo per una antica dedicazione a Giove Appenni- fossato che nasce presso la Serra dei coppi, no, mentre contemporaneamente a questo, e che più a valle diviene il Rio Bono, ne mar- ancora in epoca medioevale, appare citato il casse la separazione, ed alcuni ritengono di nome di “monte palense”, cioè dedicato alla poter riconoscere anche nelle forme dialetta- dea Pale protettrice delle greggi. li attuali, di borgate come la splendida Scola Il lungo periodo romano non ha lasciato in zo- e lo stesso Vigo, differenze spiegabili con la na tracce inequivocabili, tranne resti di forna- lunga diversa appartenenza politica, etnica e ci per laterizi rintracciate in località prossime linguistica. al fondovalle. Quando verso l’inizio del nuovo millennio, da La storia ci lascia tracce e tradizioni credibili tempo scomparso il potere di Bisanzio e quel- dal periodo bizantino-longobardo: dopo la ca- lo longobardo ridotto ormai solo alle egemo- lata dei Longobardi e la loro occupazione del- nie di famiglie locali incastellate, il Comune la Tuscia, il territorio che dal VI sec. d.C. era di Bologna iniziò a prendere il controllo della sotto il controllo esarcale bizantino di Raven- montagna, il nuovo potere si affermò per via na, ed in cui era ricompresa l’etrusca Felsina, civile, anche coi “capitani della montagna” e la Bononia dai Galli Boi, attestò uno dei suoi l’eliminazione dei feudi longobardi, e per via confini, fin all’VIII sec., proprio al Montovolo religiosa attraverso l’edificazione di pievi non (Zagnoni, 2011). più soggette al “patronato dei castelli”: è for- Più esattamente, mentre la metà settentriona- se tra queste la pieve dell’XI sec. di cui si pos- le della montagna – il Montovolo – rimaneva sono ammirare i resti sotto il piano dell’altar sotto il controllo esarcale, la metà meridiona- maggiore del Santuario di S. Maria della Con-

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solazione sul Montovolo. si sono stati distaccati nel 1966 e, dopo il re- Tali resti sono costituiti dai muri e da parte stauro, collocati nella vicina chiesa di S. Maria dei catini di tre piccole absidi di cui sono as- dove possono essere ammirati. solutamente degni di ammirazione i capitelli In quelli della parete di fondo, absidale, due preromanici con decori bizantineggianti: sono pregevoli tondi con l’Angelo annunciante e la affiorati grazie ad uno scavo attuato nel 1925 Madonna Annunziata, inoltre ciò che rimane e sono visitabili, grazie ad una sistemazione della figura della Santa, ed un medaglione con del 1975, scendendo le scale di una impropria un volto che si ritiene possa essere quello di “cripta” sotto il presbiterio della attuale pieve. Basilio Bessarione, monaco basiliano, Arcive- La chiesa attuale, sovrapposta alla preceden- scovo di Nicea, poi Cardinale di S. R. Chiesa, te, è una ricostruzione databile al 1211, co- definitivamente fuggito dall’Asia Minore poco me inciso per traforo nella lunetta del por- prima della caduta in mano ottomana di Co- tale in facciata, che reca anche la scrit- stantinopoli nel 1453, che perorò presso i papi ta “A MCCXI ROIP”, interpretata attendibil- del suo tempo (ed in particolare Pio II Picco- mente: R(egnate) O(thone) I(m) P(erator), lomini, Paolo II Barbo, Sisto IV Della Rovere), con riferimento ad Ottone IV di Brunswick. ma senza che ciò potesse trovare attuazione, La pieve di S. Maria assume solo nel XVIII se- l’indizione di una crociata per la riconquista colo la funzione di Santuario, ma la sua cen- della capitale d’oriente. tralità religiosa per il territorio bolognese era Bessarione, uomo di grandi doti politiche e da tempo confermata da numerosi atti eccle- culturali, si era intensamente adoperato per siastici, emanati dal Capitolo della Cattedrale la ricomposizione dello “scisma d’oriente” e bolognese che ne aveva la giurisdizione. quindi per una riunificazione della Chiesa Or- Di poco posteriore, forse della metà del sec. todossa con quella Cattolica romana; questo XIII, è l’edificazione dell’Oratorio di S. Caterina obbiettivo pareva quasi raggiunto dopo i Con- d’Alessandria, collocato poco sopra la chie- cili di Ferrara e Firenze del 1438, ma la Chiesa sa, lungo la salita che porta al “balzo di S. orientale non lo volle, forse ancora memore Caterina”. della IV crociata del 1204, sostenuta da Ve- L’oratorio fu probabilmente voluto dai crociati nezia, che si era tradotta nel saccheggio di bolognesi che, di ritorno dai luoghi santi, dopo Costantinopoli (da lì vengono anche i quattro la crociata di Damietta del 1217-19, li volle- antichi cavalli greci della basilica di S. Mar- ro “ricostruiti” anche in patria, come fu fatto co in Venezia) e nello smembramento di ciò anche in altri luoghi della stessa Bologna: il che restava dell’Impero romano d’oriente: se Montovolo-Vigese, con le due “cime gemelle” la ricomposizione dello scisma fosse stato rag- si prestava all’accostamento col Monte Oreb giunto, forse l’Europa sarebbe andata in soc- del Sinai sulle cui cime avvenne la dettatura corso dell’antica Bisanzio contro gli Ottoma- delle Tavole della Legge ed il trasporto ad ope- ni e, forse, tutta la sua storia sarebbe stata ra di angeli, dopo il martirio e la decollazione, diversa. del corpo della Santa coronata, e dove, nel VI Alcuni ritengono possibile (D’Amico, 2011) secolo al tempo dell’imperatore Giustiniano, che Bessarione, che fu anche Cardinal Lega- fu fondato il più antico monastero della cri- to a Bologna sotto Pio II e che, vecchio e ma- stianità a noi pervenuto. lato, morì a Ravenna nel 1472, possa essere L’oratorio, diviso in due campate coperte da stato il committente degli affreschi dell’ora- volte a crociera, accoglie un ciclo di affreschi torio dedicato a S. Caterina, una santa forse del XV secolo; nelle lunette della prima sono “ricostruita” da più figure di martiri ma molto raffigurati l’inferno ed il paradiso e, nella con- celebrata nella Chiesa orientale. trofacciata, scene del giudizio universale, di Salendo oltre l’oratorio, si incontra una picco- fattura tutt’altro che banale. la edicola dedicata alla Santa Croce, a pochi Negli affreschi della seconda campata i lunet- metri dal “balzo di S. Caterina”, splendido e toni laterali mostrano scene della vita e del panoramico strapiombo naturale da cui due martirio (la ruota dentata fermata dalla spada donne, una all’inizio del ’900 ed una in tempo dell’angelo) e decapitazione della Santa: es- recente, si sono lanciate per suicidio. 58 La “Montagna Sacra”. Il Monte Vigese – Montovolo nella media valle del Reno nell’Appennino bolognese

Il panorama esibisce la valle del fiume Reno messa in sicurezza. con le sue anse, la cittadina di Vergato, e, all’o- All’interno vi è una casa in sasso su tre livel- rizzonte, la collina di S. Luca col suo Santua- li che dà il nome alla località di Serrara ed in rio; subito alla sinistra di questo belvedere si cui il WWF di Bologna sta lavorando, in forte erge, separata da una sella, la cima di Can- economia, per realizzare un centro per visita taglia, con i suoi pinnacoli rocciosi che han- e studio dell’Oasi e della montagna. no fatto favoleggiare per un antico castello, La nostra Montagna inoltre è inclusa nel SIC e che sono utilizzati dai rapaci, come il Falco – Sito di Importanza Comunitaria “Monte Vi- pellegrino, come sosta per termoregolazione. gese” col codice IT4050013 esteso per 617 La cima, così come tutta l’area immediata- ettari e quindi parte della “Rete Natura 2000” mente sottostante, è inclusa nella proprietà della Comunità Europea. del WWF Italia. Questa misura di conservazione non ha, ov- viamente, una efficacia assoluta, ma ha il me- rito di sottoporre progetti di impatto signifi- Gestione e tutela cativo a procedimento di “valutazione di inci- denza”: nel 2002 è stato bloccato il progetto Dei 617 ettari inclusi nel SIC “Monte Vigese” di una cava di prestito dei massi di arenaria alcune decine sulla vetta del Montovolo sono alla base della rupe del Vigese che ospita il proprietà demaniale del Comune di Grizzana nido dell’Aquila. Morandi e della Provincia di Bologna che vi La montagna è stata beneficiata fino a tempi ha istituito un “Parco Provinciale”; un’altra su- recenti da una fase di abbandono delle pres- perficie di alcuni ettari sulla cima del Vigese è sioni economiche e colturali, ma sono diverse del demanio comunale di Camugnano. Que- le minacce che ora si affacciano come possi- ste aree dovrebbero essere sufficientemente bili fonti di alterazione ambientale: un rinno- garantite contro forme di sfruttamento ed al- vato interesse per il taglio dei boschi, salvati terazione. sinora anche dall’estremo frazionamento ca- L’Associazione Italiana per il WWF possiede tastale, azioni di bracconaggio che non rispar- poi circa 80 ettari del fianco Est-Nord Est del miano il Lupo, ritenuto un competitore della Montovolo: questa proprietà è stata acquisita caccia al cinghiale, il percorso dei sentieri da con tre rogiti successivi grazie a lasciti (Geom. parte di moto enduro, con disturbo della fau- Gustavo Voltolini di Rimini) e donazioni (tra na e degli escursionisti, una capillare e spa- cui quella del Dott. Giuseppe Boschi di Ore- smodica ricerca dei funghi, che si traduce in lia), la prima delle quali fu fatta dai genitori un calpestio paragonabile al sentieramento dei ragazzi che il 6 dicembre 1990 morirono da pascolo e che non risparmia la tranquillità nel Liceo “Salvemini” di Casalecchio di Reno neppure degli angoli più remoti, potenziali siti colpito da un areo militare in avaria; alcuni dei di rifugio della grossa fauna, ed altro ancora. dodici ragazzi (undici erano ragazze), che sono ricordati sul Montovolo anche in un “sentiero della memoria”, avevano partecipato a fine Le opportunità di visita anni ’80 ai campi di sorveglianza – organiz- zati dall’allora delegato regionale WWF Prof. L’abitato di riferimento per visite brevi o lun- Mario Chiavetta cui io subentrai nell’incarico ghe è Campolo, nel comune di Grizzana Mo- – del nido del Falco pellegrino, specie allora randi, raggiungibile da Grizzana tramite la pro- in pauroso declino, che subiva la depredazio- vinciale che, come si è detto, fa da confine ne dei nidiacei da parte dei falconieri. Al mo- all’area SIC, ma anche direttamente dalla sta- mento attuale questa minaccia è tramontata, tale “Porrettana” e poi, dalla località Carbo- anche a seguito delle sopravvenute pratiche na, con una provinciale che supera il Reno e di allevamento in cattività. risale, in modo abbastanza tortuoso, fino alla Le falesie e i bei boschi di latifoglie, inclusi i precedente. castagneti plurisecolari, sono gestiti dal WWF Vicino alla località non mancano buone trat- in forma di tutela assoluta, salvo interventi di torie, ma sono scarse le possibilità di alloggio, 59 2/16

se si eccettua una locanda in località Chiosi, Parma, Parma (113 pp.): 25-41. presso Campolo. GentIlInI o., (2011) – Montovolo, monte sacro. Riola di Gruppi fino ad una decina di persone possono più – Amici per lo sviluppo del paese. Bologna (192 alloggiare, in modo spartano, nella foresteria pp.): 21-35. sulla cima del Montovolo, a poca distanza dal la Greca M., (1963) – Le Categorie Corologiche degli Santuario, inoltrando la domanda al Comu- elementi faunistici italiani – in: Simposio su “Le ne di Grizzana che la gestisce per conto della Categorie Corologiche degli elementi faunistici Provincia di Bologna, proprietaria. italiani”. Atti Accad. Naz. Ital. Entom.,Rend., Roma, La visita dei luoghi descritti può facilmente es- 11: 231-253. sere integrata con la visita alle splendide bor- MazzottI S., StaGnI G., (1993) – Gli Anfibi e i Rettili gate di Scola, Sterpi, Predolo, Vigo ecc. che dell’Emilia-Romagna (Amphibia, Reptilia). Quad. sorgono sui fianchi del monte ed accolgono della Staz. Di Ecol. Del Civ. Museo di St. Nat. Di numerosi edifici del XIV-XV secolo. Ferrara, 5: 147 pp. La percorrenza a piedi dei sentieri, in parte se- PalMIerI a., (1913) – Un probabile confine dell’Esarcato gnati dal CAI, è libera e non coinvolge alcu- di Ravenna nell’Appennino bolognese (Montovolo- na responsabilità civile dei proprietari; questo Vimignano). Atti e Mem. Della R. Deputazione di vale anche per la proprietà-Oasi WWF dove, storia patria per le Romagne, s.4, 3: 38-87. per ragioni di conservazione, non è consentito PeddIS F., (2000) – La pietra di Montovolo (Formazione uscire dai percorsi marcati, né procedere alla di Bismantova). Studio petrografico, caratterizzazione raccolta di flora e fauna, né alterare in alcun fisico-meccanica. Area di Grizzana Morandi – Relatore modo lo stato dei luoghi. Prof. G. Bargossi, Correlatore Prof. L. Paganelli. Tesi I volontari del WWF – Bologna Metropolitana di laurea Univ. Di Bologna. A.A. 1999/2000. possono essere contattati chiamando il nu- PIGnattI S., (1978) – Evolutionary trends in Mediterranean mero telefonico 051 467817 o scrivendo a flora and vegetation. Vegetatio, 37(3): 175-185. [email protected], emiliaromagna@ SennI F. a., SennI l., (2005) – Analisi biogeografica di wwf.it o [email protected] per conoscere le alcune cenosi coleotterologiche nel sito di interesse iniziative programmate e gli appuntamenti per comunitario “Monte Vigese” (Appennino bolognese). le visite guidate. Quad. Studi Nat. Romagna, N. 20: 21-62. La diffusione della conoscenza del valore pae- taMarrI M., (2011) – Montovolo e la valle del Reno: un sistico, biologico, storico di questa montagna quadro sintetico del più antico popolamento. In: è la migliore garanzia perché si mantenga l’o- Zagnoni R., 2001 - Montovolo: il Sinai bolognese. rientamento alla sua rigorosa tutela. Ass.ne Nueter, Ed. Fondazione del Monte. Bologna (215 pp): 11-19. taSSInarI clò o., (1987) – Terra e gente di Vimignano. Letture consigliate Parrocchia di S. Lorenzo di Vimignano. Bologna (306 pp.). d’aMIco r., (2011) – Il ciclo dell’oratorio di Santa Caterina: viGnA tAGLiAnti A., AUdisio P.A., BeLfiore C., Biondi M., storia e leggende tra Oriente e Occidente. In: Zagnoni BoLoGnA M.A., CArPAneto G.M., de BIaSe a., de FelIcI R., 2001 - Montovolo: il Sinai bolognese. Ass.ne Nueter, S., PIattella e., rachelI t., zaPParolI M., zoIa S., (1991) Ed. Fondazione del Monte. Bologna (215 pp): 161-182. – Riflessioni di gruppo sui corotipi fondamentali FaBBrI r., (2002) – Ricerca sui Coleotteri Carabidi della fauna W-paleartica ed in particolare italiana. del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M. Biogeographia, Atti Soc. Ital. Biogeogr., N.S., 16: Falterona, Campigna: relazione intermedia anno 2001 159-179. – 2002. Lestes / Museo Civico di Storia Naturale di zaGnonI r., (2011) – Le chiese di Montovolo nel medioevo. Ferrara: 29-39. In: Zagnoni R., 2011 – Montovolo: il Sinai bolognese. FerrarI c., (1997) – Le Fasce di vegetazione dell’Emilia Ass.ne Nueter. Ed Fondazione del Monte. Bologna. Romagna. In: Tomaselli M., 1997 – Guida alla (215 pp): 21-24. vegetazione dell’Emilia Romagna. Annali facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali Università di Le foto sono dell’autore e scattate a luglio 2015

60 Natura Montagna Recensioni

Centro Culturale “M. Guaducci” Zattaglia Carlo Ferrari e Giovanna Pezzi

Hemionitis –Storie intorno alle felci della “Ecologia del paesaggio”, Vena del Gesso. 80 pp. Il Mulino Universale Paperbacks, 143 pp., 2013

È bello e confortante che un gruppo di appassionati e di esperti si sia dedicato a uno studio capillare delle felci del- la Vena del Gesso romagnola, quale è riportato su questo elegante e illustratissimo libretto curato da Sergio Monta- Dire paesaggio in Italia è quasi pronunciare un luogo co- nari. La rinomanza di questo territorio, oggi Parco regio- mune. L’Italia più bella coincide col suo paesaggio detto nale, non si deve solo alle formazioni gessose e alle grotte, “naturale” - in realtà anche armoniosamente umano e di ma anche alla sorprendente scoperta, a metà ottocento, origine culturale; il Rinascimento pittorico nasce in sim- della felce Cheilanthes persica, che – lo dice il nome stesso biosi con il paesaggio (si veda la notevole tavola di artista – era nota solo per il vicino Oriente. A proposito di questa tedesco a p. 96); il benpensante difende il paesaggio (non felcetta, è noto che il naturalista forlivese Pietro Zangheri necessariamente la Natura), così come fa esplicitamente lanciò su “Natura e Montagna” un grido d’allarme (1964) la nostra Costituzione. Il paesaggio per ognuno di noi è la per la sua presenta scomparsa, per poi ricredersi anni do- nostra storia e la nostra identità, è un concetto propria- po (sempre su questa rivista, 1981): ma per fortuna la C. mente umanistico. Ma in questo snello volumetto Carlo persica nei Gessi ha sempre goduto di discreta salute, ca- Ferrari e Giovanna Pezzi, entrambi docenti all’Alma Ma- ve permettendo, ma la si andava cercando nei posti sba- ter (il primo è stato anche direttore di questa rivista), af- gliati. E come per questa, così troviamo nel libro tante al- frontano il problema del paesaggio in modo radicalmente tre storie di felci dei Gessi romagnoli, 22 specie. Alcune diverso, partendo da un punto di vista scientifico e strut- sono assai diffuse, ma altre sono specie relitte di epoche turale: il paesaggio naturale, o seminaturale, o antropico, più fredde e prossime a estinguersi o forse già estinte per ma sempre inteso come espressione propriamente ecolo- il cambiamento climatico (“piccoli punti di bellezza e fra- gica, mosaico e interazione di elementi territoriali e biolo- gilità, incastonati come gemme (nel) contesto più am- gici (di “habitat”, “ecosistemi”, “patches”). Un paesaggio pio (della) Vena del Gesso”, scrive bene il curatore); altre che si può dunque scindere e studiare nelle sue compo- ancora sono le punte avanzate di ambienti mediterranei. nenti ecologiche in ordine gerarchico, soprattutto al fine di Fra queste l’Asplenium sagittatum, che è appunto la “He- interpretarlo per poi tentare di migliorarlo; benché poi gli mionitis” che dà il titolo al volumetto, una felce che si sta autori stessi tengano molto alla ricerca dell’insieme, della tentando di reintrodurre nel Parco. E infine vengono ricor- Gestalt, all’approccio olistico: non a caso essi richiamano date le figure degli studiosi che si occuparono di piante più volte la filosofia di Bertalanffy in contrapposizione al dei Gessi, da Giuseppe Tassinari, allievo di A. Bertoloni, metodo riduzionistico cartesiano (che peraltro è alla base a Lodovico Caldesi, fino a Pietro Zangheri, l’ineguagliato della scienza moderna). studioso della sua Romagna che per primo invocò l’isti- Le pagine scorrono piacevolmente dense in una continua tuzione di quel Parco della Vena del Gesso che fu poi re- sfida intellettuale, il lettore troverà molti esempi di inte- alizzato solo nel 2005. Più di recente si sono occupati di resse attuale, dalle vicissitudini del castagno all’invasio- piante dei Gessi molti altri studiosi, accademici e non, in ne dell’ailanto o a quella più modesta della Chamaesyce una brillante riviviscenza di iniziative. In un libro così accu- (una euforbietta specializzata in binari ferroviari), dalla rato stonano alcune note erronee, quale l’idea che duran- Rete Ecologica Europea Natura 2000 alle rappresenta- te le glaciazioni l’Adriatico arrivasse al piede delle colline zioni cartografiche del “paesaggio” e alla fotointerpreta- di Romagna (tutto il contrario), o che le piante con semi zione da satellite. Il lettore attento così troverà in questo siano proliferate dopo il probabile impatto meteoritico a libro molteplici spunti d’interesse in tante direzioni di- fine Cretaceo (dominavano le terre da 200 milioni anni). verse e una buona bibliografia, che lo guiderà ad appro- Ma queste pecche non guastano la festa di descrizioni e fondire ciò che più lo può attrarre nel campo smisurato colori che è la vera novità di questo volumetto. dell’ecologia.

Paolo Pupillo Paolo Pupillo 61 Natura Montagna Natura Montagna Tracce

che dallo smembramento sarebbe derivato un danno ambientale e sarebbe venuto il discredito motivato del VALERIO ZANONE mondo della scienza e della protezione naturalistica. Andreotti ci ascoltò attentamente e alla fine disse che Quando nel 1987 iniziai l’esperienza parlamentare co- l’avevamo convinto: ci chiese di mandargli, l’indomani nobbi personalmente Valerio Zanone del quale in pre- stesso per le vie brevi a Palazzo Chigi, un promemoria cedenza avevo apprezzato, dall’esterno e da lontano, alla sua diretta attenzione. l’attività legislativa sui Parchi del Piemonte, promossa Il Presidente mantenne l’impegno e l’unitarietà del Parco nel periodo in cui, prima di diventare deputato, egli era nazionale dello Stelvio fu allora assicurata. stato assessore all’ambiente di quella Regione. Senonché oggi gli attuali governanti hanno ceduto al- In Parlamento trovai Zanone sempre sollecito nel colla- le mire localistiche tradendo le aspirazioni, fondate su borare positivamente per una corretta e rapida appro- esigenze scientifiche, degli esponenti della ricerca e vazione della legge generale sui Parchi nazionali e le dell’ambientalismo più genuino. riserve terrestri e marine di cui avevo presentato, a mia prima firma, la proposta legislativa nell’autunno del Gianluigi Ceruti 1987 con l’adesione di altri 37 deputati dei varii grup- pi tra cui Natalia Ginzburg, Antonio Cederna, Giuseppe Galasso, Alfredo Biondi, Franco Bassanini, Piero An- gelini che da sottosegretario all’ambiente avrebbe dato FABIO CASSOLA poi un forte impulso alla sua applicazione. Una legge che fu sostenuta con particolare impegno È con profondo dolore che ricordiamo oggi, nel trigesi- dalle associazioni ambientalistiche più rappresentative mo della sua scomparsa (14 gennaio 2016), la figura lu- e dalla comunità scientifica e in questo ambito mi fu di minosa di un amico con cui negli anni migliori avevamo grande ausilio Francesco Corbetta che mi accompagnò vissuto la passione per la natura, per la montagna e per nelle visite del Cilento inserito, su sua proposta, nell’e- la ricerca entomologica. Con l’avvocato Fabio Cassola, lenco delle nuove aree protette di interesse nazionale. esperto giurista e convinto ambientalista fin dagli albori Durante quella decima legislatura (1987-1992) che fu del movimento ecologico sorto circa mezzo secolo fa in contrassegnata da un fervore competitivo tra i gruppi Italia, avevamo condiviso le prime esplorazioni nel Par- parlamentari per le problematiche ambientali e culturali, co Nazionale d’Abruzzo, alla Maiella e nei Monti della furono approvate normative fondamentali (Parchi, dife- Laga, nel Matese e nei Monti Lattari, alle Isole Tremiti e sa del suolo, dismissione dell’amianto, disciplina delle in Sardegna. Avevamo quindi percorso insieme itinera- attività venatorie, provvidenze per le ville venete ed al- ri culturali e naturalistici in Francia, Andorra, Spagna, tre ancora) accadde un episodio che non ho mai avuto e con le nostre consorti in Gran Bretagna. E poi i viag- occasione di ricordare prima d’ora. gi avventurosi, sempre più ispirati alla natura, sia nel Quale promotore della legge sui Parchi ero riuscito a Mezzogiorno d’Italia, come al Massiccio del Pollino, sia stabilire una effettiva e leale trasversalità su alcuni temi all’estero: in Jugoslavia, Grecia, Turchia, Corsica, Spa- di interesse generale per la conservazione del patrimo- gna e Tunisia, con le rispettive famiglie, in campeggi e nio naturale e culturale. bivacchi tra foreste e deserti, verso i mari più incante- In questo clima mi fu facile proporre a Zanone e a Bas- voli e le montagne sempre sognate, fino alla conquista sanini di chiedere e concordare un incontro con il Pre- della sommità del Monte Olimpo, in una giornata inten- sidente del Consiglio del tempo Giulio Andreotti che ci sa e indimenticabile. ricevette prontamente a Montecitorio nella stanza riser- Nella campagna per la protezione del Bel Paese, Fabio vata al Capo del Governo, durante l’intervallo di una era stato uno dei primi sicuri alleati, e le sue pubblicazio- partita di calcio della Roma di cui Andreotti era tifoso e ni di diritto ambientale, come “Battaglie giudiziarie per che, disse, non voleva perdere. il Parco Nazionale d’Abruzzo” (1976), rappresentarono Fu Zanone che già era stato Ministro dell’Ambiente vere pietre miliari per la formazione di una coscienza a preparare l’incontro e a introdurre il colloquio con collettiva del bene comune. Con lui avevamo elaborato Andreotti. anche la prima “Proposta per un sistema di Parchi e Ri- Era allora attuale e prossima all’attuazione la prete- serve Naturali in Sardegna” (1973), che è stata la base sa localistica di smembrare il Parco nazionale del- su cui poi sono state realizzate le Aree protette pioniere lo Stelvio. dell’isola. Memorabili anche le sue battaglie contro gli Bassanini ed io spiegammo al Presidente Andreotti le eccessi della caccia (1981), e la forte mobilitazione per ragioni militanti a favore dell’unitarietà di composizione salvare la splendida Val di Farma (1979) e le Colline e gestione di quell’area protetta che abbracciava territori Volterrane (2004) in Toscana, regione da cui proveni- del Trentino, dell’Alto Adige e della Lombardia. vano il padre Mario, avvocato, e lo zio Carlo, ben noto Zanone caldeggiò con fervore la richiesta ricordando scrittore del dopoguerra. 62 Note Natura Montagna Natura Montagna Tracce

IN MORTE DI UN “ITALIANO CARDINALE”

Fabio Cassola riceve dal Ministro dell’Ambiente Valdo Spini il Premio “Benemerito del Parco”. Si riconoscono in primo piano il Presidente Michele Cifarelli, e in fondo gli organizzatori Franco Tassi e Flavia Caruso.

Molto rilevante il suo ruolo nel faticoso cammino della Il Card. Giacomo Biffi nell'atrio del Museo Geologico Giovanni “sfida del 10%”, per tutelare almeno un decimo del Bel Cappellini il 12 dicembre 2003 dopo aver benedetto la lapide Paese: sua la relazione giuridico-istituzionale di base al commemorativa per il quadricentenario della parola "Geologia" Convegno di Camerino che lanciò l’iniziativa (1980), coniata da Ulisse Aldrovandi. suoi i moltissimi interventi successivi contro la deva- stazione, la burocratizzazione e la regionalizzazione dei Rimarrà nella storia dei grandi cardinali arcivescovi sul- Parchi. Fino al rapporto sulla pianificazione e gestione la cattedra petroniana Giacomo Biffi (1928–2015). Ri- dei Parchi, presentato al terzo Convegno di Camerino marrà col primo arcivescovo e campione della Riforma (2000), quello che celebrò la vittoria quasi insperata Cattolica Gabriele Paleotti (1522–1597), con Prospero nella ”impossibile” sfida del 10%. Molto del suo im- Lambertini (1675–1758) poi Papa Benedetto XIV mece- pegno veniva espresso anche attraverso le Associa- nate delle Scienze e delle Arti e alfiere dell’illuminismo zioni ambientaliste, di cui fu importante attivista co- cattolico, con Giacomo della Chiesa (1854–1922) poi me esponente di Italia Nostra, e soprattutto per lungo Benedetto XV primo a definire la Grande Guerra “un’inu- tempo come Consigliere prima, e poi Vice Presidente, tile strage”, e con l’altro Giacomo, Lercaro (1891–1976), del WWF Italia. autore della riforma liturgica e moderatore del Concilio Poderosa l’opera di Fabio Cassola anche nel campo en- Vaticano II. Rimarrà per aver previsto lucidamente con tomologico, con decenni di indagini, studi e attività di ri- decenni d’anticipo l’assedio islamico fondamentalista cerca, descrizione e divulgazione. La sua ingente collezio- all’Europa e per aver laicamente suggerito una strategia ne di Coleotteri Cicindelidi, comprendente circa 50.000 politica, filosofica e religiosa di salvaguardia, nel più pu- esemplari con oltre 2.000 specie, raccolta in più di 200 ro e schietto linguaggio evangelico. Ciò che Biffi dice- scatole, era stata da lui molto opportunamente e gene- va allora alla città e all’Italia valeva e vale per il mondo. rosamente ceduta, insieme al corredo di mobili, acces- Se per una rivista culturale insediata a Bologna ricordarlo sori e documentazione, al Museo Civico di Zoologia di è doveroso, per i docenti universitari dell’Alma Mater le Roma. Ma il suo interesse faunistico spaziava ben oltre, annuali tre lezioni del prof. Biffi erano occasione unica per fino a occuparsi con grande competenza del Muflone in amichevoli club interfacoltà in cui si stringevano amicizie Sardegna (1976-1985), e poi di uno dei Mammiferi ita- e si trovava e ritrovava, volta a volta, un Amico sagace, liani più minacciati, la Lontra (1976-1985), e a produr- autoironico, sapiente e laicissimo, pronto alla battuta e re importanti contributi, sui temi ambientali di maggior all’illuminazione fulminea, tanto popolare quanto patri- rilievo internazionale, sulla autorevole rivista Biological stico, come lo sa essere un milanese innamorato di S. Conservation, del cui Comitato di Redazione aveva pure Ambrogio (non ricordo di aver ascoltato mai un discorso fatto parte (1975-1989). Una persona impegnata, ada- del card. Biffi senza una citazione pertinente del titolare mantina e rigorosa come oggi è raro incontrare, un amico della più grande diocesi del mondo). e collega certamente indimenticabile per molti di noi, che È stata di Biffi la più originale rievocazione dell’Unità d’I- con lui avevamo percorso trasognati e pieni di speranze talia nel 150° sulla falsariga della interpretazione della sto- la strada maestra della vita: quel cammino che segnava ria collodiana di Pinocchio come parabola e allegoria del- il nostro tempo migliore, anche se forse ancora non ce la storia recente della Chiesa in Italia e, più in generale, ne rendevamo conto. dell’uomo. Lo invitai al Museo Geologico Giovanni Capel- Franco Tassi lini della Alma Mater per le celebrazioni del 4° centena- 63 Natura Montagna Tracce

rio del conio della parole geologia ad opera di Ulisse Al- all’evento, naturalmente a modo suo. Candidamente mi drovandi nel 1603. In quel museo Capellini aveva posto confidò in privato, e poi ripetè al pubblico nell’Aula Ma- come fondamento e identità storica della nuova geologia gna michelucciana di Geologia stracolma, che le sue co- risorgimentale le “reliquie geologiche” degli antichi musei noscenze di storia naturale forse si limitavano a Lazzaro di Aldrovandi, Cospi, Marsili e Monti (tutti beneficiari del Spallanzani (1729–1799), per il semplice motivo che la mecenatismo dei papi bolognesi), già illustrati dall’abate sua modesta casa natale si trovava casualmente in pros- Camillo Ranzani (1775–1841) e salvati dalla dispersio- simità della via a lui dedicata a Milano. Ma di Aldrovandi, ne da Giovanni Giuseppe Bianconi (1809–1878) ultimo pur dopo vent’anni di permanenza a Bologna, lui sapeva professore dimissionario di Storia Naturale nell’Universi- poco o nulla, ed era ben lieto di poterne imparare qual- tà papalina, a cui Capellini aveva soffiato la cattedra di cosa. Ecco, questa mi sembra la morale sostanziale del- Geologia. La professione monarchica sabauda e anticle- la storia. Nel contesto della conoscenza carente di storia ricale non aveva impedito a Capellini di rivalutare il pa- della scienza Biffi era, e è un campione rappresentativo trimonio residuo di quell’ateneo pontificio che era stato degli italiani acculturati. Gli dobbiamo quindi essere grati inviato a svecchiare. Gli sarebbe succeduto un cattolico per averci dato un’opportunità tanto esemplare e since- integerrimo, Michele Gortani (1883–1966), cofondatore ra per affermarlo. Quasi tutti sapranno chi erano Croce di Natura & Montagna, uno dei due soli geologi italiani e Gentile (e naturalmente Carducci e Pascoli). Meno sa- accolti nella Geological Society di Londra nel Novecen- pranno che a fine Ottocento nel mondo, Capellini era più to, e poi Raimondo Selli (1916–1983) che, dopo aver co- famoso di Carducci (fra l’altro i due erano buoni amici). struito il secondo nuovo edificio nell’Alma Mater del do- Perché uno squilibrio così madornale? Per un pregiudizio poguerra, aveva chiamato a inaugurarlo il card. Giaco- nefasto dell’idealismo imperante per oltre 150 anni in Ita- mo Lercaro nel Settembre 1963. L’architetto era l’ormai lia e per la discriminazione culturale (una sorta di fatwa famoso Giovanni Michelucci (1891–1990) che poco pri- laica) rinnovata proprio un secolo fa dai due suddetti fi- ma della guerra aveva firmato l’edificio di Geologia della losofi a Bologna. Naturalmente il card. Biffi, sorridente e nuova sede della Sapienza a Roma. Evidentemente, con sornione, annuiva e si scusava. tali precedenti anche il card. Biffi fu lieto di partecipare Gian Battista Vai

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