LUCKY regia di John Carroll Lynch (tit.or. id., Usa, 2017) Trama. Alla soglia dei novant’anni Lucky (Harry Dean Stanton) tiene fede al suo nomignolo. Pur fumando un pacchetto di sigarette al giorno e bevendo alcolici, gode di una salute di ferro. Ma dopo una caduta comincia a temere la morte e la solitudine. Gli rimarranno vicini un barista confidente (Harry Shabaka Henley) e un amico triste per la fuga di un animale domestico (David Lynch) che discute con l’avvocato Lawrence (Ron Livingston) le sue disposizioni testamentarie. Durata: 88’.

Il film. John Carroll Lynch, noto come attore non anche da David Lynch (con il quale il regista non ha protagonista in numerosi film statunitensi, passa per la nessun legame di parentela), altro attore e nume tutelare prima volta alla regia con questo film il cui personaggio del film che eccelle nell’interpretare la figura di un principale è interpretato dall’attore Harry Dean Stanton eccentrico depresso. In una recente intervista Lynch ha (1926-2017) nel suo ultimo ruolo (è morto poco dopo la infatti dichiarato: «Siamo scintille della fiamma divina, siamo conclusione delle riprese). Lucky è dunque un omaggio ad usciti e ci siamo persi, e ci è piaciuto, ma sappiamo che il nostro un attore che ha recitato in ruoli secondari, tra i più obiettivo finale è trovare la strada di casa – il figliol prodigo torna diversi, in più di 200 film, un interprete molto stimato dai sempre, e quando riappare si fa festa. Tornare a casa vuol dire suoi colleghi per versatilità, modestia e generosità. Carroll illuminazione suprema, scoprire chi siamo davvero». Per Howard, Lynch e i due sceneggiatori (Logan Sparks e Drago il personaggio interpretato da David Lynch, il significato Sumonja) hanno organizzato un dispositivo che si muove della morte è, prima di tutto, espirazione, capacità di su un doppio binario: quello propriamente narrativo, lasciare andare. È lui a porre l’accento sull’importanza volto a raccontare il personaggio della loro storia e dell’accettazione, dell’abbandono. Infatti, inizialmente l’universo che gli ruota attorno, e un secondo, in cui la disperato per l’improvvisa scomparsa dell’amata trama sembra quasi un pretesto per offrire a Stanton tartaruga con cui viveva, Howard si rassegna infine alla l’opportunità di un one man show in cui l’attore, attraverso separazione e al superamento dell’egoismo da i paradossi e l’eccentricità di Lucky, ripercorre i tanti attaccamento, condizione necessaria per affrontare la personaggi interpretati. Davanti allo spettatore c’è Lucky dipartita dal mondo. A condensare tutto, nella scena più e c’è Harry Dean Stanton veramente nudo, allo specchio, bella e struggente, ci pensa la flebile voce del protagonista con i suoi novant’anni, in un rimando continuo tra che si libra leggera mentre intona Volver Volver di racconto e realtà. Così nel film si ripercorre la vita Fernando Maldonado: «È arrivato il momento di perdere… io dell’attore: il tabagismo e la giovinezza nel Kentucky so perdere/io so perdere/Voglio tornare, tornare, tornare». quando, a 13 anni, percepì l’angoscia del nulla, esperienza Buddhismo, sincretismo, ateismo, ma anche una biblica che lo condusse in seguito a professare uno scetticismo allusione al Paradiso perduto (il controcampo nel pre- di fondo, affermando che sia il vuoto a caratterizzare la finale), sono tutti ambiti interpellati in Lucky a suggerire realtà dell’essere, quel nucazz italo-americano evocato nel forse proprio questo cammino verso una meta comune, film. Attore e personaggio da lui interpretato al di là delle nostre credenze individuali. Un cammino condividono la coscienza dell’inutilità di ogni sforzo che, Lucky ci suggerisce, quando siamo fortunati non umano di fronte a una comune predestinazione, la facciamo da soli, ma con amici, che ascoltano le nostre consapevolezza che il mondo non ha inizio né fine, che storie mille volte senza (quasi) lamentarsi, ci invitano a l’identità individuale sia solo un’illusione, che l’uomo sia una festa, si preoccupano per noi, dovunque sia l’uscita un nulla e che di conseguenza si debba vivere il presente verso la quale siamo diretti. Il viaggio interiore di Lucky è nel disincanto ma con ironia e il sorriso nel volto. Harry dunque anche questo: la riscoperta delle relazioni con gli Dean Stanton era ateo, come il suo personaggio in Lucky, altri, imperfette, arricchenti: gli amici da prendere per che saluta Joe l’amico barista con la frase «You’re nothing», quello che sono, che ci prendono per quello che siamo, un modo per ricordarsi che siamo esseri di passaggio sulla anche se siamo niente, e dal niente cantiamo per Terra, e accettarlo significa trovare quiete e mettere le poi congedarci con un mezzo inchino. Il film, però, cose in prospettiva. Significa anche trattare gli altri allo giunge a questa consapevolezza dopo aver illustrato la stesso modo, perché siamo tutti niente, tutti ugualmente crisi interiore di un uomo che, giunto a tarda età, non può importanti. Tuttavia l’espressione «You’re nothing» usata da che confrontarsi drammaticamente con il limite della Stanton nel film e nella vita è curiosamente simile al propria finitezza. Dall’alto dei suoi novant’anni Lucky ha concetto di disidentificazione che i buddhisti chiamano l’aspetto e l’andatura del vecchio cowboy in pensione. Con “non sé”, o anatta. Semplificando, tutto è impermanente, una flemma quasi comica cammina per le strade non solo la realtà ma anche quello che illusoriamente polverose di una cittadina, la sua, che sorge in mezzo al consideriamo il nostro sé individuale, e accettarlo può nulla del deserto, e sembra che non abbia fatto altro per confondere e fare paura, ma è anche la strada per il tutta la sua vita. In queste ricorrenti scene di cammino nirvana. Una filosofia che l’attore aveva ricavato dalle sue per le vie Stanton appare da solo, perduto nello spazio frequentazioni del Buddhismo, ma che contaminava con dell’inquadratura, come un’anima errante. È evidente il la Cabbala, il trascendentalismo americano, il pensiero di richiamo al personaggio che interpretava nel film Paris, Einstein e di Jung, e soprattutto con l’opera Shakespeare Texas di Wim Wnders (1984, film che l’ha visto (Otello e Macbeth in particolare), in una combinazione protagonista), come se Travis (il suo ruolo) non avesse sapienziale tipicamente americana. Filosofia condivisa mai smesso di camminare in mezzo al deserto texano per arrivare fino al luogo in cui lo ritroviamo in Lucky. Il film un luogo che resterà fuori campo per gran parte del film inizia con una serie di campi lunghi che ritraggono un e che solo alla fine sarà rivelato essere l’ingresso di un arido deserto e che non hanno l’unico scopo di ritrarre locale che evoca il paradiso terrestre della Genesi. Il l’ambiente della vicenda. Essi in realtà introducono regista rimarca così simbolicamente un senso di mistico simbolicamente il tema fondamentale del film: lo sguardo abbandono al non-senso del tutto da parte del suo eroe e che si spinge al di là dell’apparenza visibile ed evoca la la sua riconciliazione nei confronti della vita quando condizione umana nella sua mortalità. La tartaruga mostrerà infine questo misterioso luogo in controcampo. domestica in piena evasione che viene ripresa sembra L’ultima interpretazione di Harry Dean Stanton è una rompere l’immobilità dell’inquadratura e con la sua commedia tenerissima e umana e quindi anche un estrema indolenza prepara lo spettatore al ritmo lento dramma, tanto metafisico ed esemplare quanto concreto della storia che sta per essere narrata. Questa creatura, e universale, perché ha il coraggio di mettere in scena la che può vivere fino a 200 anni, diviene così, anche vecchiaia e parlare della fine apertamente, oltre i tabù, con quando è assente, un richiamo centrale alla nozione e alla tutta la paura e lo smarrimento che questo comporta, ma percezione del tempo che (tra)passa che è il tema centrale anche di quanto la vita sia preziosa. Lucky è anche un film del film. Evoca le domande ultime che ogni essere umano metaforico in cui lo spettatore è libero di offrire la sua si pone sulla propria condizione esistenziale e sul senso interpretazione, non tanto sulla storia che è semplice e della vita. Ambizioso progetto questo di cui Lucky è una manca di colpi di scena, quanto sui discorsi sottointesi attuazione tenera e poetica grazie al suo protagonista. suscitati dai dialoghi, dalla regia e dagli attori. Dialoghi Fumatore accanito quanto fedele ginnasta yoga, Lucky pronunciati da personaggi che non sono altro che doppi prende coscienza dopo una caduta senza conseguenze finzionali di loro stessi. Harry Dean Stanton e David che, nonostante la sua salute di ferro, gli resta Lynch in testa. Le scene di discussione nel bar (luogo (relativamente) poco da vivere a causa della sua età simbolico che potrebbe essere interpretato come legame avanzata. Deve accettare l’angoscia derivante da tale tra i tempi del racconto e quelli della realtà) tra loro due presa di coscienza e la solitudine che ne deriva. Non cerca sono in questo senso appassionanti: due amici e due quindi di trasformare la sua vita quotidiana con gesti artisti entrambi impegnati in una ricerca spirituale. Molte straordinari, ma al contrario decide di aspettare la propria le allusioni al mondo del cinema: il cinema western (John morte con serenità e senza infingimenti. Una delle scelte Huston), i film di David Lynch (Una storia vera, Twin più pregevoli della sceneggiatura è appunto quella di non Peaks), dei f.lli Coen, di Wim Wenders. Dal punto di drammatizzare il racconto con amplificazioni emotive: vista formale, il film si regge tutto sull’interpretazione invece di trattare il tema della fine della vita in maniera magistrale di Harry Dean Stanton sul cui volto il regista triste mostrando la malattia o il declino dello stato di fa emergere il passare del tempo. I primi piani lasciano salute, il film resta sempre centrato sulla considerazione trasparire autenticamente i suoi intimi pensieri attraverso filosofica e sapienziale della morte. La narrazione resta lo sguardo, in cui si possono intuire sia la paura e la centrata sul quotidiano del protagonista ritratto nella tristezza di un uomo arrivato al crepuscolo della sua vita ripetizione dei suoi riti giornalieri senza tuttavia cadere quanto la determinazione a vivere pienamente il tempo nella monotonia. La religione non è mai esplicitamente che resta. Inoltre, la fotografia di Tim Suhrsted, con i suoi nominata nel film ma sono numerose le allusioni e i toni frequentemente caldi, è accurata; la direzione riferimenti alla Bibbia. Nei primi minuti del film Lucky dell’esordiente regista, già eccellente attore comprimario, apre una porta per uscire di casa e si ritrova trasfigurato John Carroll Lynch è funzionale, discreta, sempre al di una potente luce bianca che fa pensare a una servizio degli interpreti; il montaggio è sobrio e ben rappresentazione dell’ingresso in paradiso. Il seguito ritmato, come una sonata. Il film, nel suo prefinale, ci rivelerà che Lucky è un ateo convinto, ma non è un caso mostra Harry Dean Stanton che scruta un alto cactus, che egli finisca per adottare una colonia di cavallette, uno ancora più secco di lui, poi guarda lo spettatore dei flagelli dell’Apocalisse, in realtà destinati a nutrire i lungamente, sorride e se ne va per la sua strada polverosa serpenti di un negozio di animali. Durante le sue nel deserto. Un bel finale che ci invita a meditare sui peregrinazioni rivolgerà più volte insulti in direzione di nostri destini e sui nostri deserti.

Il regista John Carroll Lynch è nato a Boulder (Colorado) il 1° agosto 1963. Dopo gli studi in scuole rette da gesuiti a Denver e la laurea in teatro presso la Catholic University of America di Washington intraprende la carriera di attore partecipando alla situation comedy The Drew Carey Show (1997-2004) e alle serie tv Carnivàle e Close to Home - Giustizia ad ogni costo. Debutta in campo cinematografico nel film Due irresistibili brontoloni (1993) con Jack Lemmon e Walter Matthau, nel corso degli anni recita in film come The Fan - Il mito, Vulcano - Los Angeles 1997, Face/Off - Due facce di un assassino, Codice Mercury. Nel 2007 recita nel film di David Fincher Zodiac, dove interpreta Arthur Leigh Allen, primo sospettato di essere il killer dello Zodiaco. Nel 2014 viene scelto nel cast della quarta stagione di , interpretando “Twisty the Clown” mentre nella quinta interpreta il serial killer John Wayne Gacy. Recita anche in Gran Torino, Shutter Island, e nella parte di Maurice Mc Donald, cofondatore della Mc Donald’s. Nel 2017 debutta alla regia con il film Lucky con protagonista Harry e compare nella settima stagione di American Horror Story, reinterpretando il personaggio di Twisty.