IL TEMA DELL’ADOLESCENZA IN ALBERTO MORAVIA ED ALCUNI ASPETTI DELLE OPERE AGOSTINO E L’ISOLA DI ARTURO

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Aleida J. Veneberg Studentennummer: 01411964

Promotor: Prof. dr. Teodoro Katinis

Masterproef voorgelegd voor het behalen van de graad Master of Arts in de richting Taal- en Letterkunde: Duits – Italiaans

Academiejaar 2016-2017

Indice

1. Introduzione ...... 5

2. Lo status quaestionis, sette approcci recenti ...... 7 2.1 Tre approcci ad Agostino...... 7 2.1 Quattro approcci a L’isola di Arturo...... 11

3. Alberto Moravia ed Elsa Morante, rapporti e scelte ...... 15 3.1 Alberto Moravia ...... 15 3.1.1 Il primo rapporto letterario: Alberto Pincherle e Amelia Rosselli .....15 3.1.2 Amicizie letterarie ...... 19 3.1.3 Posizioni e scelte ...... 25 3.2 Elsa Morante ...... 29 3.2.1 Primi rapporti letterari...... 29 3.2.2 Rapporti letterari con Alberto Moravia e i suoi referenti editoriali.....30 3.2.3 La coppia letteraria fino al 1957...... 33

4. Agostino e L’isola di Arturo, corrispondenza tematica...... 39 4.1 Corrispondenza tematica ………………………………………………………………...... 39 4.1.1 La forma, lo stile …………………………………………...... 39 4.1.2 Il protagonista ………………………………………………………..41 4.1.2.1 Alcuni aspetti paratestuali rispetto al protagonista.....41 4.1.2.2 La posizione iniziale del protagonista……….……..….44 4.1.2.2.1 Agostino ...... 44 4.1.2.2.2 Arturo ...... 48 4.1.3 Il processo di maturazione ...... 52 4.1.3.1 Agostino ...... 52 4.1.3.2 Arturo...... 59 4.1.4 Somiglianze e differenze tra le due opere...... 64

5. Conclusione …………………………………………………………………………………...... 69

Bibliografia Fonti primarie Fonti secondarie

Mediagrafia

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1. Introduzione

In questa tesi mi propongo di studiare il tema dell’adolescenza in due opere letterarie di una coppia di scrittori italiani del Novecento, ossia Alberto Moravia (1907-1990) ed Elsa Morante (1912-1985). Negli anni 1944 e 1957 uscirono due loro opere che tematizzano l’adolescenza di un ragazzo: Agostino1 e L’isola di Arturo2. Questi due lavori si situano nella prima parte della produzione letteraria dei due scrittori, che per entrambi è durata fino agli anni Ottanta del Novecento. Agostino (1944) fu il secondo grande successo di Moravia dopo Gli indifferenti del 1929. Il libro vinse il primo premio letterario del dopoguerra, istituito dal “Corriere Lombardo”, e la sua trasposizione cinematografica di avvenne nel 1962. Nato come uno scrittore che voleva unire il romanzo con il teatro, Moravia continuò a scrivere delle opere da cui vennero tratti degli adattamenti cinematografici che furono celebri3. Inoltre scrisse lavori per il teatro, sceneggiatture per il cinema e molti altri lavori ben conosciuti, come La romana (1947), I racconti (1952) e La Noia (1960) e numerosi lavori saggistici, fino alla sua morte avvenuta nel 1990. Analogamente per Elsa Morante L’isola di Arturo (1957), che conquistò il Premio Strega, fu il secondo grande successo, dopo Menzogna e sortilegio del 1948 che vinse il Premio Viareggio. La trasposizione cinematografica di L’isola di Arturo di Damiano Daminiani avenne nel 1962. Elsa Morante ha poi scritto una raccolta di poesie Alibi (1958) e lavori celebri come Il mondo salvato dai ragazzini (1968), La Storia (1974) e infine Aracoeli (1982). Inoltre ha partecipato ad alcuni film di (1922- 1975) e ha scritto saggi sulla letteratura, come Sul romanzo (1959) e Pro o contro la bomba atomica (1965 e 1987). Durante le loro vite Alberto Moravia ed Elsa Morante hanno goduto dell’attenzione continua della critica e del mercato. Poi, dopo la morte, si è manifestata una specie di silenzio che finì solo prima dei centenari della nascita 2007 e 2012. Dei risultati recenti delle nuove ricerche biografiche e critiche fanno parte anche alcuni studi sul tema dell’adolescenza in Agostino e ne L’isola di Arturo, che in questa tesi comporranno il nostro status quaestionis. Si tratta di tre studi su Agostino e quattro su L’isola di Arturo.

1 Moravia, Alberto, Agostino, Bompiani RCS/Libri S.p.A., Milano, 2014 (or. Garzanti, Roma, 1943). 2 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2014 (or. Einaudi, Torino, 1957). 3 Da ricordare sono Gli indifferenti (1929, film 1964), La Ciociara (1957, film 1960), Il disprezzo (1954, film Le mépris 1963), Il conformista (1951, film 1970). 5

L’obiettivo in questa tesi è di scegliere una prospettiva che studia Agostino e L’isola di Arturo dando rilievo al loro legame tematico e al loro specifico contesto culturale, letterario e biografico. La domanda di ricerca che orienta il metodo è la seguente: quali aspetti dello sviluppo, dei rapporti e delle scelte di Moravia e Morante, nel loro specifico contesto culturale, letterario e biografico, potrebbero spiegare il loro rispettivo trattamento narrativo del tema dell’adolescenza in Agostino e L’isola di Arturo? Il metodo in questa tesi consiste di tre passi. Il primo passo è una ricostruzione introduttiva dello sviluppo degli scrittori Moravia e Morante, e dei loro rapporti e scelte nel contesto culturale, letterario e biografico del loro tempo, ossia del periodo tra il 1920 e il 1957. In questo passo mi baso su fonti culturali, letterarie e biografiche recenti, la maggioranza di cui è stata prodotta dopo il 2009. Il secondo passo è una descrizione di alcuni aspetti significativi della corrispondenza tematica in Agostino e L’isola di Arturo, che si basa su una lettura dettagliata dei due lavori in edizioni recenti (2014) in cui i testi originari del 1944 e del 1957 si ripropongono. La lettura si concentra sui parametri del romanzo di formazione, ossia sul protagonista e il suo processo di maturazione attraverso un percorso di formazione. Si intende di delineare le differenze e le somiglianze caratterizzanti del trattamento narrativo del tema dell’adolescenza tra le due opere – e quindi tra i due scrittori – tramite l’identificazione dei motivi e degli stili utilizzati. Nel terzo passo si mettono in relazione i risultati dei due poli della ricerca, ossia i dati culturali, letterari e biografici e quelli dell’analisi testuale delle due opere, per formulare la risposta sulla domanda di ricerca. Nel capitolo 2 si presentano i risultati delle sette nuove ricerche biografiche e critiche menzionate sopra. I capitoli 3 e 4 contengono rispettivamente la ricostruzione storica, culturale e biografica degli scrittori e l’analisi dei testi di Agostino e di L’isola di Arturo. La conclusione nel capitolo 5 formula la risposta sulla domanda di ricerca. Alla fine seguono la bibliografia con fonti primarie e secondarie, e la mediagrafia.

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2. Lo status quaestionis, sette approcci recenti

Il termine “recenti” del titolo di questo capitolo si riferisce al fatto che gli approcci che verranno qui presentati, sono stati pubblicati tra il 2005 e il 2014 e rappresentano quindi gli ultimi aggiornamenti in materia. I sette saggi descrivono un ventaglio variegato di molti aspetti dell’adolescenza rappresentata da Moravia e Morante. Riguardo alla novella di Moravia i risultati delle ricerche divergono rispetto ai motivi distintivi, alla concezione dell’adolescenza e alla spiegazione per la scelta tematica. Riguardo al romanzo di Morante i risultati delle ricerche mostrano qualche consenso, soprattutto rispetto all’unità del personaggio-narratore, l’affabulazione, la metanarratività e la relazione tra madre e figlio. Nelle sette ricerche le opere analizzate sono spesso contestualizzate con riferimento ad altre opere sia dell’autore stesso sia di autori diversi. Nelle spiegazioni della scelta tematica Parisi e Paino si riferiscono allo scrittore stesso e la sua prospettiva della vita o della letteratura.

2.1 Tre approcci ad Agostino.

Il primo approccio che si prenderà qui in esame è quello proposto da Valentina Mascaretti. Nel saggio Agostino e i suoi fratelli. Una ricerca tematica sull’adolescenza nella narrativa del Novecento4 la studiosa sottolinea la centralità degli adolescenti nelle opere di Moravia e considera Agostino come il ”cuore della narrativa moraviana dell’adolescenza”5. Mascaretti inquadra l’opera non solo nel suo “dittico” con La disubbidienza del 1948, ma pure nel più ampio contesto italiano ed europeo del romanzo di formazione6. Con riferimento alla comune adesione alla forma narrativa breve si crea, secondo Mascaretti, una linea che collega una serie di opere da I turbamenti del giovane Törless (1906) di Robert Musil al Lanciatore di giavellotto (1981) di Paolo Volponi7. I temi connessi all’adolescenza evidenziati da Mascaretti sono la sessualità, la casa di tolleranza e l’omosessualità. L’incestuosa ambiguità dei rapporti familiari è secondo

4 Mascaretti, Valentina, Agostino e i suoi fratelli. Una ricerca tematica sull’adolescenza nella narrativa del Novecento, in ”Poetiche. Rivista di letteratura” Nuova serie, anno 2005, n. 2, vol. 7, pp. 221-255. 5 Ivi, p. 221. 6 Ivi, p. 222. 7 Ibidem. 7

Mascaretti “una delle cifre distintive del romanzo di formazione moraviano”8, ma l’angoscia edipica e il tabù dell’incesto sono motivi comuni dei romanzi menzionati. Mascaretti osserva pure che la casa di tolleranza è un motivo letterario “ben codificato”9 e che l’omosessualità in Agostino svolge una funzione iniziatica. Nel finale di Agostino non viene raggiunta la maturità, e Mascaretti connette questa scelta con la brevità della forma del romanzo. Dalla serie delle analogie fra i romanzi presi in esame Mascaretti deduce una codificazione “delle modalità di rappresentazione letteraria dell’adolescenza e di svolgimento del tema dello sviluppo della personalità nell’ambito della narrativa europea del Novecento”, e “di un compatto sistema di stilemi e dell’interesse per i medesimi nodi esistenziali”10. Il secondo approccio è quello di Luciano Parisi nel saggio L’archetipo di Moravia11, che conferma la centralità dell’adolescenza attribuita da Mascaretti alla narrativa di Moravia, ma non la sua definizione secondo cui lo scrittore è un fenomenologo dell’adolescenza. Secondo Parisi a Moravia “non interessa l’adolescenza in tutte le sue manifestazioni, come età di un generico sviluppo umano, ma un suo modo specifico: l’adolescenza sofferente, [...] quasi inevitabilmente corrotta”12. Tuttavia Parisi riprende anche la prospettiva esternata dallo scrittore stesso, secondo cui i “«veri romanzieri»” somigliano a certi “«uccelli solitari che ripetono senza posa, con fedeltà significativa, sempre lo stesso verso»”13. Per tale ragione Parisi vuole concentrarsi sull’intreccio di temi essenziali all’interno dell’opera di Moravia “che va considerato come un unico discorso”, rilevando che “il modo e molti aspetti di quella centralità” devono ancora essere analizzati14. Secondo Parisi questo “unico discorso” di Moravia è spesso visto come espressione di una critica della borghesia o dell’angoscia esistenziale, ma la critica “non ha cercato di individuare con precisione gli elementi narrativi che ricorrono più insistentemente nei suoi testi”15. Parisi intende mostrare che i protagonisti delle storie di Moravia “dal 1928 al 1958, sono giovani, che vengono traditi dagli adulti

8 Ivi, p. 230. 9 Ivi, p. 235. 10 Ivi, p. 255. 11 Luciano Parisi, L’archetipo di Moravia, in “Studi e problemi di critica testuale”, anno 2009, n. 78, pp. 147-174. Parisi ha pure pubblicato Uno specchio infranto. Adolescenti e abuso sessuale nell’opera di Alberto Moravia, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2013. 12 Ivi, pp. 168-169. 13 Ivi, pp. 147-148. 14 Ivi, p. 148. 15 Ibidem. 8

e che si corrompono a contatto con la società”16. Parisi cerca pure di chiarire i punti di “questa storia archetipica” di Moravia e di dimostrare che, dal 1960 in poi, tale storia “viene raccontata in modi nuovi che ne alterano profondamente il senso”17. In base a non meno di dieci testi narrativi di Moravia, Parisi conclude che “a danneggiare i più giovani personaggi” di Moravia non sono solo gli adulti “che ne abusano sessualmente”, ma anche i “familiari [che] ignorano i bisogni, le paure e la presenza dei giovani”18. Sembra secondo Parisi che i personaggi adolescenti vivano nella miseria e non riescano a scorgere una via d’uscita19. Parisi ritiene che la descrizione della società e gli aforismi di Moravia sulla negatività dell’esistenza siano sfondi allestiti per la storia, che dimostrano come l’attenzione dell’artista sia “assorbita dalle delusioni e sofferenze dei protagonisti”20. Per offrire qualche spiegazione per la scelta tematica moraviana, Parisi pensa tra l’altro alla sofferenza infantile causata dalla malattia e alla cosiddetta “nostalgia della malattia”21. Pensa inoltre alla visione di Moravia secondo cui:”«l’animale che è in noi conosce solo il desiderio»” e la vita “«scaturisce in principio da uno stato d’animo urgente e oscuro»”22. Nella conclusione Parisi sottolinea che Moravia ha saputo descrivere “i sogni, le illusioni e disillusioni della giovinezza e dell’adolescenza”23, e che Moravia debba essere ricordato soprattutto per la sua espressione del “dolore per la brutale e forse inevitabile cancellazione” di questi sogni e illusioni24. Il terzo approccio alle opere di Moravia è fornito da Gian Piero Brunetta nel saggio Agostino e la perdita dell’innocenza25, che si concentra sull’adattamento cinematografico di Agostino (1962) di Mauro Bolognini e . L’intenzione di Brunetta è quella di affrontare un singolo film osservandone le variazioni rispetto al testo originale da più punti di vista, includendo anche le reazioni dei critici

16 Ibidem. 17 Ivi, p. 148. 18 Ivi, p. 153. 19 Ivi, p. 154. 20 Ivi, p. 155. 21 Ivi, pp. 155-160. 22 Ivi, p. 160. 23 Ivi, pp. 173-174. 24 Ivi, p. 174. 25 Brunetta, Gian Piero, Agostino e la perdita dell’innocenza, in “Studi novecenteschi”, anno 2013, n. 86, pp. 283-298. 9

dell’epoca26. Agostino si presenta secondo Brunetta come “un caso ideale di confluenza e interazione di forze che rendono egualmente produttiva l’analisi del paratesto e del contesto rispetto a quella della traduzione, variazione dal testo letterario a quello cinematografico”27. Secondo Brunetta il riposizionamento spazio-temporale del film rappresenta un processo “di addizione e disseminazione di tracce che rendono più visibile la presenza degli interpreti ed esecutori”28. Brunetta vede nel film due prospettive accentuate: l’una è quella descritta attraverso gli occhi di Agostino, con cui Bolognini coglie “la natura precipua di Venezia di acqua e di aria”, quindi di “elementi puri, quasi immateriali”29, l’altra è quella degli occhi della madre in cui confluiscono ”segni autobiografici” di Parise e i “suoi omaggi pesonali” a Venezia30. Brunetta nota pure la presenza di Pasolini, che “si avverte nella scelta della frontalità nella riprese di ragazzi e personaggi popolari, nei modi di rappresentazione del corpo” [...] “nel riso come arma e forma di insulto in primis”31. Secondo Brunetta le “diverse rappresentazioni dei corpi e degli abiti [...] accentuano le percezioni delle differenze di classe” e mostrano un mondo “saturo di eros [...] degradato, vissuto come colpa”32. La maturazione di Agostino segue nel film un percorso connesso alla capacità “di vedere le cose e gli altri in modo diverso” e concepito come una liberazione dello sguardo del ragazzo “dal senso di divieto e soggezione, soprattutto riguardo alla madre”33. Brunetta identifica nel crollo dell’innocenza di Agostino a contatto con la realtà il tema cardine del romanzo Agostino, ma aggiunge che questa innocenza è doppia, perché il ragazzo non soltanto non sa nulla del sesso, ma neanche delle classi sociali34. La cosiddetta “morte dell’innocenza” si traduce secondo Brunetta in “un’idea aperta di amore passione [...] perfettamente calato nella realtà e nella forma di Venezia”, che riesce “a prolungare in uno spazio senza tempo il senso di essere

26 Ivi, p. 284. 27 Ivi, p. 285. 28 Ivi, pp. 286-287. Si tratta della “dislocazione dell’azione da Viareggio a Venezia, e dell’ambientazione al presente”, ossia al 1962, cfr. ibidem. 29 Ivi, p. 288. 30 Ibidem. 31 Ivi, p. 289. 32 Ivi, p. 290. 33 Ivi, p. 290 e p. 292. 34 Ivi, p. 296. 10

traghettati da una dimensione all’altra” e “a non abbassare lo sguardo per affrontare in piena autonomia il proprio futuro”35. Riassumendo questi tre approcci si può constatare che nella visione di Mascaretti solo il motivo dell’incestuosa ambiguità dei rapporti familiari è un tratto distintivo di Agostino, e che gli altri motivi adolescenziali rappresentano caratteristiche specifiche di un genere. Inoltre la forma breve spiega secondo Mascaretti la concezione dell’adolescenza come crisi e senza conclusione nella maturità. Parisi vede i motivi delle opere di Moravia come un unico discorso che distingue lo scrittore: si tratta di giovani che vengono traditi dagli adulti e che a loro volta si corrompono. La visione dell’adolescenza è una vita miserabile e senza alcuna prospettiva. Ciò che serve a spiegare questa scelta è la visione e la biografia dello scrittore stesso. Nell’approccio di Brunetta il motivo dello sguardo nel percorso iniziatico è visto come il veicolo della liberazione dell’adolescente, che poi affronta in autonomia il futuro. In questa visione si tratta di un’adolescenza non più specificamente moraviana, causata dalla distanza temporale e culturale tra il testo originale e il suo adattamento cinematografico.

2.2 Quattro approcci a L’isola di Arturo.

Riguardo al tema dell’adolescenza nelle opere di Elsa Morante il primo approccio qui presentato è quello di Francesca Pilato nel saggio La voce delle «creature» nella narrazione di Elsa Morante36. Pilato evidenzia in tre romanzi di Elsa Morante la “condizione di stupore creaturale, di innocenza perfetta”37, e che pure emerge nell’Isola di Arturo. In base al personale codice d’onore di Arturo “nessun affetto della vita uguaglia quello della madre”38. La morte della cagna del ragazzo lascia un vuoto che viene colmato da un’altra creatura, “innocente e primitiva, quanto lei, ma umana: Nunziata, la sposetta sedicenne del padre di Arturo, [...] che condividerà con il figliastro [...] quel mondo incantato [...] e che nel contempo ne determinerà la fine”39. Secondo Pilato “quello che potrebbe essere soprattutto un Bildungsroman” basato su un percorso

35 Ivi, p. 297. 36 Francesca Pilato, La voce delle «creature» nella narrazione di Elsa Morante, in “Strumenti critici”, anno 2013, n. 1, pp. 135- 144. 37 Ivi, p. 138. 38 Ibidem. 39 Ivi, p. 139. 11

di Arturo, diventa pure il romanzo di Nunziata che percorre “tutti i gradi del mistero della vita”40, e pertanto questo personaggio ha un influsso determinante sul viaggio interiore di Arturo in quanto personaggio adolescente e sulla memoria dell’Arturo narratore adulto. Pilato sottolinea il senso profondo della ricerca autobiografica del personaggio e pure della funzione stessa della sua scrittura41. Il secondo approccio qui preso in esame è quello di Marina Paino nel saggio Gli alibi dell’io narrante: Elsa Morante, Narciso e Sheherazade42. Paino osserva che ne L’isola di Arturo il protagonista è un personaggio-narratore e, in base al progetto originario del romanzo, prigioniero in un interno da cui narra “per se stesso e per salvare in qualche modo se stesso”43. Pertanto Paino sostiene che Arturo “sia un doppio di Sheherazade”44, e che l’immaginario orientale è la cifra della metanarratività di Elsa Morante45. Paino coglie nelle situazioni e nei personaggi del percorso di formazione di Arturo un certo esotismo favoloso46. L’isola di Arturo rappresenta secondo Paino un momento di maggiore gioia narrativa della Morante, perché da qui in poi la speranza “di una narrazione salvifica, di un Eliso posto al di là del limbo, sembra non trovare più posto”47. Il terzo approccio è fornito da Graziella Bernabò nel libro La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura48. Bernabò descrive la percezione ambigua di Arturo nei confronti della madre, che non ha mai conosciuto e la matrigna Nunziata. Il ragazzo può desiderare Nunziata “nell’impossibilità di averla, ma non può amarla concretamente”49. Due altri motivi sono rappresentati dalla fuga verso “il mondo maschile e mitizzato della guerra“ e “quel sottofondo malinconico che serpeggiava fin dall’inizio nella narrazione”50. Bernabò conclude che l’ultima immagine di Arturo che parte dall’isola e non vuole voltarsi indietro è una

40 Ivi, pp. 139-140. 41 Ivi, p. 144. 42 Marina Paino, Gli alibi dell’io narrante: Elsa Morante, Narciso e Sheherazade, in “Rivista di letteratura italiana”, anno 2014, n. 2, pp. 145-154. 43 Ivi, p. 152. 44 Ibidem. 45 Ivi, p. 153. 46 Ivi, pp. 151-152. 47 Ivi, p. 154. 48 Graziella Bernabò, La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura, Carocci, Roma, 2012. 49 Ivi, p. 132. 50 Ivi, p. 133. 12

sintesi dei temi di fondo del romanzo: la solitudine e l’incanto di un fanciullo, l’angoscia e il fascino per il materno e dell’amore, il desiderio e il timore della maturità, il senso del divenire e della morte51. L’ultimo approccio al tema dell’adolescenza in Elsa Morante qui presentato è quello di Cristina Della Coletta in The Morphology of Desire in Elsa Morante’s L’isola di Arturo52. Cristina Della Coletta riflette sulle interpretazioni critiche di L’isola di Arturo “as the archetypical story of a fanciullo divino, the pure narrative of a universal child’s coming of age”53. Della Coletta non conferma queste interpretazioni e preferisce invece una definizione delle strategie narrative nel romanzo come”mimicry”54, ossia della ripetizione di un modello “in a self-conscious manner in order to expose the citational, distorted nature of the repetition”55. Secondo Della Coletta “Arturo’s island freely borrows from the generic models of the epic and the Bildungsroman, repeating and intermixing them with an ironic slant”56. Della Colletta coglie il paradigma temporale-spaziale ne L’isola di Arturo come il disegno della morfologia di un genere, ossia l’epica, in cui non Arturo, ma suo padre Wilhelm rappresenta il centro57. Il desiderio mimetico di Arturo rispetto al padre “frames Arturo’s identity-building process”58. Secondo Della Coletta solo l’introduzione del personaggio di Nunziata “charts the young protagonist’s identity-formation process along the Bildungsroman’s contrastive paradigm, based on progress, evolution and change”59. Il progresso delle percezioni mentali di Arturo causa l’erosione del codice epico60, e solo alla fine del romanzo Arturo capisce “le leggi relative del desiderio”61. Dunque, secondo Della Coletta, L’isola di Arturo racconta la costruzione e la risoluzione del mito personale di Arturo e rivela la rinascita del desiderio62.

51 Ivi, pp. 133-134. 52 Della Coletta, Cristina, The Morphology of Desire in Elsa Morante’s L’isola di Arturo, in AA.VV., Under Arturo’s star, The Cultural Legacies of Elsa Morante a.c.d. Stefania Lucamante e Sharon Wood, Purdue University Press, West Lafayette, Indiana, 2006, pp. 129-156. 53 Christina Della Coletta, The Morphology of Desire in Elsa Morante’s L’isola di Arturo, p. 129. 54 Ivi, p. 130. 55 Ibidem. 56 Ibidem. 57 Ivi, p. 132. 58 Ivi, pp. 136-137. 59 Ivi, p. 141. 60 Ivi, p. 149. 61 Ibidem. 62 Ivi, p. 154. 13

Riassumendo i quattro approcci rispetto alla narrativa di Morante si può constatare che nell’approccio di Pilato i motivi distintivi delle opere vengono visti nell’innocenza perfetta dell’infanzia e il dolore della vita, connessi alla relazione tra madre e figlio. Questi motivi constituiscono una ricerca autobiografica e la funzione stessa della scrittura. La concezione dell’adolescenza è quella di un viaggio interiore del personaggio-narratore su cui la figura materna ha un effetto determinante e definitivo. Paino identifica l’unità del personaggio-narratore e l’immaginario orientale come i due tratti distintivi delle opere di Morante, e come cifra della metanarratività. La concezione dell’adolescenza è quella di un percorso di crescita, visto in modo favoloso. Secondo l’approccio di Bernabò la concezione dell’adolescenza è quella della trasformazione dell’amore tra madre e figlio, che causa la fuga del figlio verso il mondo maschile e mitizzato della guerra. Della Coletta vede la successione delle fasi di sviluppo dell’identità del protagonista come un’infanzia secondo il codice statico dell’epica e un’adolescenza secondo il codice dinamico del romanzo di formazione. In questa successione le figure del padre e quella della matrigna orientano il desiderio del protagonista. La concezione dell’adolescenza è quella di una trasformazione del desiderio e di un dinamismo di esso. Della Coletta vede le strategie narrative nel romanzo come la ripetizione di un modello in modo consapevolmente distorcente.

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3. Alberto Moravia e Elsa Morante, rapporti e scelte

3.1 Alberto Moravia

3.1.1 Il primo rapporto letterario: Alberto Pincherle e Amelia Rosselli

Il primo rapporto da analizzare è quello tra il giovane Alberto Pincherle e la zia Amelia Rosselli a Firenze. Questo rapporto ha una decisiva rilevanza per chiarire la formazione letteraria di Alberto Pincherle ossia il futuro scrittore Alberto Moravia. Le lettere scritte dal giovane Alberto alla zia Amelia dal 14 aprile 1920 al dicembre 1928, che fanno parte del corpus composto da Simone Casini, Alberto Moravia Lettere ad Amelia Rosselli. Con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951),sostengono questa ipotesi63. Pure nel 1924, nella scelta della terapia per la tuberculosi ossea del nipote, che ha determinato “l’intera adolescenza, dagli otto ai diciassette anni”, la zia ha avuto un ruolo decisivo e positivo: nel sanatorio a

Cortina d’Ampezzo la guarigione si realizzò in sedici mesi64. La zia Amelia Rosselli nata Pincherle (1870-1954) era la sorella di Carlo Pincherle, padre di Moravia, e autrice di lavori teatrali65, di una raccolta di novelle, di racconti per bambini (Toponino, 1905) e di un lavoro “su guerra e dopoguerra dal punto di vista di bambini e adolescenti” (Fratelli minori, 1921)66. Toponino è stato il primo libro letto dal piccolo Alberto Pincherle, e Fratelli minori lo aveva letto già prima della stampa67. Amelia Rosselli era pure la madre dei fratelli Carlo e , che nell’agosto 1929 furono fondatori del movimento antifascista Giustizia e Libertà e che nel 1937 furono assassinati in Francia68.

63 Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosseli, con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), Bompiani, Milano, 2009. 64 Ivi, pp. 15-17 e p. 25. La malattia di Alberto Pincherle è durata dal 1915 al 1925, cfr. ivi, p. 16. 65 Sono i lavori teatrali Anima (1898), Illusione (1901), El refolo (1909), El socio del papà (1911), San Marco (1913. Cfr. Amelia Pincherle Rosselli (Venezia, 1870-Firenze, 1954), in “Nuovo Monitore Napoletano”, 26 Agosto 2013; http://www.nuovomoni torenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=821:amelia-pincherle-rosselli-venezia-1870-firenze-19 54&catid=38:storia&Itemid=28 (ultima verifica 5-7-2016). 66 Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosselli, con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), p. 13. 67 Ivi, p. 13. 68 Giustizia e Libertà nacque come “movimento politico antifascista clandestino [...] per l’insurrezione immediata”. Dopo i processi del 1930 “elaborò un programma a lunga scadenza ispirato al liberalsocialismo. Dominato dalla personalità di Rosselli, pose sempre 15

Simone Casini descrive la Firenze dei Rosselli come “un ambiente culturale coeso, vivace e moderno, all’interno di una città che nei primi decenni del secolo, com’è noto, si presentava particolarmente ricca di esperienze e suggestioni culturali. Alle relazioni dell’ambito familiare e di quello ebraico si aggiunsero, soprattutto e sempre più nel dopoguerra, rapporti e amicizie di tipo intellettuale, letterario, accademico e politico”69. In questo ambiente si potevano incontrare persone ben conosciute come la famiglia Ferrero-Lombroso, Eleonora Duse, Ada Negri, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini. Nella primavera del 1923, in un periodo apparentemente privo di sintomi della malattia, il sedicenne Alberto Pincherle fu ospite di questa famiglia per quindici giorni. Secondo Simone Casini questo soggiorno rivelò al giovane “una dimensione nuova della politica e [servì] a educare in lui un’attenzione critica che nella sua famiglia mancava o era di altro orientamento”70. Casini osserva la maturazione in senso politico di Alberto Pincherle, ad esempio “seguire un dibattito elettorale, documentarsi sui libri e chiedere al padre che cosa fosse il sindacalismo”, esprimere un giudizio politico come “«Papà deve essere filo-fascista»”71. Anche riguardo alla percezione della letteratura si manifesta una chiara scelta, ossia l’opinione che gente come Guglielmo Ferrero “che ha ormai perso contatto con la vita moderna e le nuove correnti del gusto non dovrebbe mettersi a scrivere romanzi”72. Si coglie nelle lettere di Alberto Pincherle ad Amelia Rosselli l’importanza della zia come interlocutrice73. Questa figura, che rappresenta l’affidabilità personale, l’attenzione stimolante e la professionalità letteraria, ha rappresentato una ancora di salvezza per l’adolescente isolato, sofferente e imprigionato da condizioni fisiche e sociali estreme. Nella descrizione retrospettiva negli anni Ottanta di Moravia saltano agli occhi la mostruosità della solitudine e la disperazione del ragazzo nel sanatorio a

più netta l’istanza non di una restaurazione della vita democratica prefascista, bensì di una nuova democrazia sociale”. Cfr. Giustizia e Libertà, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/giustizia-e-liberta/ (ultima verifica 5-7-2016). 69 Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosselli, con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), p. 13. 70 Ivi, p. 23. 71 Ibidem. ”Anche l’antipatia istintiva verso la retorica fascista, nei piccoli episodi scolastici che caratterizzarono nel 1923 l’avvento della riforma Gentile” fu espressa, ad esempio nella lettera del 15 dicembre 1923: “«Una riforma non cambia gli uomini«”, cfr. ibidem. 72 Ivi, p. 93. 73 Ivi, p. 216. (Lettera del 6 marzo 1925). “A dirti la verità sono, specialmente oggi, molto contento d’averti per corrispondente. Infatti, se tu non ci fossi a chi potrei confidare tante piccole cose che mi stanno sull’anima? Quando sei stata qui ti ho parlato di tutte quelle piccolezze che non mi fanno amare la vita in famiglia; presentemente io sono a letto e malato; ma benché lontano da casa, ho lo stesso da lamentarmi”, cfr. ibidem 16

Cortina. Moravia si riferisce al suo stato d’animo di allora e descrive se stesso nei seguenti termini: “non pensare, [...] cadere in una specie di trance”, essere ” selvatico, scontroso,[...] fuori di me dalla solitudine”, vivere ”una esperienza lugubre”, cercare ormai ”volutamente le cose tristi”, essere ossessionato dalla “presenza della morte”74. Però, la passività forzata dalla situazione fisica suscitò non solo una condizione depressiva ma fortunatamente e grazie alla zia anche la scelta di fare lo scrittore. Ad Amelia Rosselli Alberto mandò nel 1925 la sua prima novella da giudicare e appena ricevuta la risposta di lei, che gli diede “le ali”75, cominciò a preparare il suo primo romanzo Gli indifferenti. Nel luglio 1927, mentre era sul punto di iniziare la pubblicazione di questo romanzo Alberto scrisse ad Amelia: “Tu sei stata in un certo modo la mia inspiratrice: ancora quand’ero piccolo tu mi hai incorraggiato a continuare per questa via – e se ho fatto qualche progresso lo debbo in gran parte a te”76. Negli anni Ottanta Moravia ha precisato il suo affetto per Amelia Rosselli: ”Le ero grato”77. In alcune lettere alla zia si presentano dei temi soprattutto psicologici e anche qualche tratto dello stile del futuro scrittore. Alberto si esprime ad esempio sulla vacanza a Viareggio e il tema in questi riferimenti è l’esperienza della solitudine78. Si possono legare questi ricordi tra l’altro con l’ispirazione per il romanzo breve Agostino. Un altro esempio è la lettera del 31 ottobre 1924 che descrive un’inettitudine particolare. Si tratta dell’esperienza della neve a Cortina: “Io ho ammirato tutto, ma lo strano è che non l’ho toccata la neve: stava lì, a due passi, come una tentazione di Tantalo e mi sarebbe molto piaciuto di mettere le mani in quella freschezza; invece le tenevo sotto le coperte al caldo”79. Nella lettera del 2 Aprile

74Maraini, Dacia, Il bambino Alberto, Milano, Bompiani, 2000 (or. 1986), pp. 93-101. “Un giorno per la rabbia di stare sempre solo ho buttato giù il vassoio con il tè, le tazze e tutto per terra. Il professore mi disse che ero uno schizoide. Da quel momento ho capito che il mio destino era di stare solo. Un giorno ho scritto su un vetro appannato: solo col sole. Era una specie di motto”, cfr. ivi, p. 93. 75 Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosselli, con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), p. 236. 76 Ivi, p. 5. 77 Maraini, Dacia, Il bambino Alberto, p. 40. “Ma le sue idee sulla vita [...] Erano le idee di una borghese liberale nella tradizione mazziniana […] Aveva la casa piena di libri. Era molto gentile, molto civile. Il fascismo ha distrutto tutto questo”, cfr. ibidem. 78 Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosselli, con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), p. 141 e p. 222. “Io quest’anno mi sono molto annoiato a Viareggio, stando tutto il giorno inchiodato sopra una sedia o a leggere o a scrivere”, cfr. ivi, p. 142; “[…]del resto ora non soffro meno o più di quel che ho sofferto altre volte, a Viareggio ad esempio, dove per tre mesi d’estate quasi sempre solo, in una di quelle odiose case che i villeggianti non usano che per dormire: aveva allora 11 anni e m’annoiava terribilmente, seduta sopra una sedia, nel vestibolo; tutta la mia famiglia se ne stava di giorno sulla spiaggia, ai bagni”, cfr. ivi, p. 222. 79 Ivi, p. 204. 17

1925 Moravia descrive la perdita della capacità di indirizzarsi verso una prospettiva stimolante ma offerta da un fattore esterno, esprimendosi sulla guarigione: “a dirti la verità la notizia della mia alzata non mi ha fatto caldo né freddo; ormai dopo 13 mesi ero anche abituato al letto”80. Però, nella stessa lettera si legge che farà lo scrittore: “ho preso per la mia vita quella direzione”81, e una settimana dopo: “sto anche meditando un romanzo […] Io ci trovo una consolazione alla mia infermità, ed una ragione di più per non tagliarmi le vene dei polsi […] Queste parole non significano che io sia stanco di qualcosa, […] no… sono un poco disgustato”82. Nella lettera del 4 maggio 1925 si leggono alcune indicazioni del tema della prima novella spedita alla zia una settimana prima, vi si tratta di un marito tradito e della sua indifferenza e del suo suicidio. Il giovane scrittore difende la scelta di questi temi in base alla realtà, ma riconosce “subito che non basta questo per dimostrare la naturalezza di un racconto” e confessa pure l’assimilazione di Dostoevskij nel suo “modo di scrivere e pensare”, sottolineando però che per lui “moltissime delle cose” che ha scritte le ha “pensate e sentite”83. Riguardo al suo stile Alberto scrive: “il mio più grande difetto […] è la secchezza schematica del mio modo di scrivere: per non cadere in quel eccesso che è l’ampollosità retorica, sono incorso in un altro eccesso che spero però di correggere facilmente”84. Esprime la paura continua “di fare dei miei protagonisti dei duplicati di me stesso come hanno fatto Anatole France e D’Annunzio”, ma dichiara pure che “fissate le grande linee di una psiche, tanta la vita esterna che quella interna del soggetto debbano svolgersi in logica e correlazione stretta con quelle linee”85. Riguardo ai rapporti tra Moravia e i Rosselli, Simone Casini considera il problema dell’azione, contrapponendo l’attitudine di Moravia alla passione e il dovere dei Rosselli per l’azione politica vista come conseguenza logica “di una matura riflessione intellettuale e di una tensione civile”86. Per Moravia la prospettiva è diversa e si esprime nella scelta dei protagonisti delle sue opere letterarie. Secondo Casini il “personaggio moraviano, che ha il suo prototipo nel Michele degli Indifferenti, nasce dalla consapevolezza di un’esistenziale […] incapacità di vivere quelle forti passioni che giustificano l’azione, la lotta adulta”87. Questo personaggio è affetto da “un vuoto di motivazioni – sentimentali o ideologiche –

80 Ivi, p. 225. Una settimana dopo scrive:”è un anno e tre mesi che sono in letto”, cfr. ivi, p. 226. 81 Ivi, p. 226. 82 Ivi, p. 227. 83 Ivi, pp. 235-236. 84 Ivi, p. 224. 85 Ivi, p. 236. 86 Ivi, p. 99. 87 Ivi, p. 96. 18

tra il pensiero e l’azione”88. Inoltre per lo scrittore l’azione non ha delle caratteristiche politiche, “ma vale come rottura di una situazione claustrofobica, come gesto di ribellione e di liberazione”89, e “le convinzioni ideali e ideologiche non contano tanto per il loro contenuto quanto per la loro funzionalità psicologica”90. Riassumendo si può notare che il rapporto di Alberto Moravia con Amelia Roselli non solo ha avuto una funzione determinante per la sopravvivenza dell’adolescente alla tubercolosi, ma pure ha fornito il nutrimento vitale per l’organismo mentale da svilupparsi nella direzione dell’arte letteraria. Il rapporto ha favorito l’espressione scritta di esperienze, sentimenti, opinioni, pensieri e visioni del giovane Alberto, suscitando in lui i primi tentativi letterari. I temi del futuro scrittore riguardano la solitudine, la disperazione, l’indifferenza connessa all’inettitudine, alla compiacenza e al disgusto. Questi temi sono motivati psicologicamente e in base all’esperienza, e rappresentano le verità di un mondo soprattutto interiore. Da ricordare sono pure le scelte seguenti: il contatto con la vita moderna e le nuove correnti del gusto, la distanza tra il personaggio e l’io dello scrittore, la secchezza schematica dello stile, l’asciuttezza stilistica.

3.1.2 Amicizie letterarie

Nei diciasette anni tra il 1927 in cui La cortigiana stanca uscì e il 1944, l’anno della prima pubblicazione di Agostino91, si realizza la prima parte della carriera di Alberto Moravia, con amicizie letterarie e rapporti amorosi che fin dall’inizio esprimono l’orientamento internazionale dello scrittore. Cominciano già negli anni Venti i molti viaggi che caratterizzeranno la sua esplorazione continua del mondo esterno in base a motivazioni diverse, ad esempio quella della necessità di compensare la mancanza di esperienza durante gli anni della malattia e quella del desiderio di acquistare nuovi materiali biografici per i progetti letterari, inoltre quella della volontà di evitare la noia e le difficoltà causate dal

88 Ibidem. 89 Ivi, p. 99. 90 Ivi, p.101. Secondo Simone Casini un altro aspetto è il seguente: ”Nei Rosselli Moravia identificò un modello della borghesia altrettanto e forse più intollerabile della borghesia vuota e sradicata dei Pincherle, proprio perché consapevole e solido, “ideologizzante” e morale”, cfr. ivi, p. 94. 91 Ivi, pp.32-33. La pubblicazione di Agostino, scritto nell’agosto del 1942, “fu progettata e forse messa in cantiere sin dal ’43, ma interrotta comunque dalla guerra”, e si realizzò due volte: la prima nel 1944 dalle Edizioni Documento a Roma, la seconda nel 1945 in base alla reclamazione dei diritti sulle opere moraviane da Bompiani a Milano, cfr. ibidem. 19

regime fascista. Alberto Moravia visita Parigi, Londra, Berlino, Praga, Olanda92, gli Stati Uniti (otto mesi), Messico (un mese), Cina (due mesi), Grecia (sei mesi)93. Cresce il suo amore di conoscere il mondo e le sue culture diverse, ed escono non solo saggi critici, racconti, novelle e romanzi ma anche pubblicazioni del genere della scrittura di viaggio e di reportage. Nel campo sentimentale si sviluppano alcuni rapporti amorosi e nel 1936 succede il primo incontro con Elsa Morante, che nel 1941 diventerà la prima sposa dello scrittore. Ne Alberto Moravia. Se è questa la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere (1926-1940)94 Alessandra Grandelis ha cercato di restituire “una parte importante dell’esistenza e del laboratorio intorno alla messa in forma dell’opera” dell’autore e di proiettarlo “nel panorama letterario coevo, italiano ed europeo, con lo svelamento del sostrato culturale del periodo”95. In base al lavoro di Grandelis si può presumere che le amicizie di Alberto Pincherle Moravia sono motivate dalle sue ambizioni e coincidono con i suoi interessi letterari e pubblicitari. Si presentano in questo paragrafo due esempi che rendono plausibile questa supposizione. Il primo esempio è l’amicizia con Andrea Caffi96, che ha permesso l’ingresso di Moravia nell’ambiente

92 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia. Se è questa la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere (1926-1940), Milano, Bompiani / R.C.S Libri S.p.A., 2015, pp. 212-213. “Il viaggio olandese ha una grande importanza: il primo scritto sull’arte, che risale proprio al 1934, è dedicato a Rembrandt”, cfr. ibidem. 93 Siciliano, Enzo (a.c.d.), Alberto Moravia, Viaggi. Articoli 1930-1990. Milano, Bompiani, 1994, pp. XIV-XVI. 94 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia. Se è questa la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere (1926-1940), cit. 95 Ivi, p. V. 96 Ivi, pp. 24-25 (Lettera del 1. Luglio 1927, nota 58). Alberto Pincherle aveva quindici anni quando nel treno incontrò un giovane russo in fuga del nome italiano Cenerini (in verità Popov), che lo fece conoscere Andrea Caffi, che a Mosca lo ha aiutato a ottenere un passaporto per l’Italia, Andrea Caffi (1887-1955) nacque a San Pietroburgo da genitori italiani, partecipò al movimento rivoluzionario del 1904-1905, frequentò l’università di Berlino e ha viaggiato molto. Essendo fidele al socialismo ha dovuto lasciare Italia. Aderì a Giustizia e Libertà. Intorno al 1927 e 1929 fu a Parigi come curatore della rivista “Commerce”. Dopo il 1948 lavorava per Gallimard a Parigi. Cfr. ibidem. 20

internazionale di “900”97 e in quello di “Commerce”98 a Parigi, in cui lo scrittore, all’età di ventuno anni, “ha modo di conoscere Malraux, Paulhan e Crémieux”99 e Aldous Huxley100. René de Ceccatty, in Alberto Moravia precisa che Caffi presenta Alberto Pincherle a 101 della rivista “900”, e che a sua volta Alvaro lo raccomanda al direttore di “900”102. Poi si realizza l’esordio letterario di Alberto Pincherle Moravia con Lassitude de courtisane (La cortigiana stanca), nel terzo numero di “900” nella primavera del 1927, accompagnato da nomi come Filippo Tommaso Marinetti, Corrado Alvaro, , Ilja Ehrenburg e Léon-Paul Fargue103. Però, “900” e “Commerce” rifiutano Gli indifferenti. Il romanzo esce il 2 maggio 1929 per le edizioni Alpes104 a Milano, a spese del padre dell’autore e con la risonanza critica che è ormai ben nota105.

97 Nel 1927 il racconto di Alberto Moravia La cortigiana stanca uscì in lingua francese nella rivista “900”. Cfr. Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, pp. X-XI. La rivista “Novecento”, o ““900", Cahiers d'Italie et d'Europe”, bilingue (francese/italiana), uscì per la prima volta nel novembre del 1926 e fu poi dal 1927 al giugno 1929 pubblicata soltanto in italiano. “900” fu diretta da Massimo Bompiani (inizialmente pure da Curzio Malaparte) e “s’ispirava all’omonimo movimento artistico”, rappresentando “la tendenza di gusto più in sintonia con i settori modernizzanti della cultura fascista”. Cfr. Novecento, s.n., s.l., s.d., http://www.trecca ni.it/enciclopedia/novecento/ (ultima verifica 7-7-2017). 98 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, pp. X-XI. La rivista internazionale “Commerce” (1924-1932) fu diretta da Paul Valéry, Léon-Paul Fargue e Valéry Larbaud. Il responsabible per la letteratura italiana fu Giuseppe Ungaretti; il quale riferisce nel settembre/ottobre 1928 ad un manoscritti di Moravia. Moravia fu invitato nella Villa Romain, Versailles, da Marguerite Caetani, principessa di Bassiano e animatrice della rivista, cfr. ivi, p. 85, nota 157. 99 Ivi, p. XI e pp. 85-86, “tutti questi scrittori [...] hanno al posto del cuore un pezzo di ghisa [...] donde la mia noia”, cfr. ibidem. (Lettera del 23 novembre 1929 da Parigi). 100 Ivi, p. 87 (Lettera del novembre 1929 da Parigi). 101 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, Milano, Bompiani, 2010 (or. Parigi, Flammarion, 2010), p. 106. Corrado Alvaro fu un giornalista politico e scrittore di origine calabrese, che firmò nel 1925 il manifesto antifascista di Benedetto Croce, apparso il primo maggio su “Il Mondo”, cfr. ibidem. 102 Ivi, p. 106. 103 Ivi, pp. 109-110. 104 Ivi, pp. 112-114. “Le edizioni Alpes erano state fondate nel 1921 da Franco Ciarlantini, un socialista diventato fascista, e si erano arricchite grazie alla collusione con l’organo del Partito nazionale fascista, “Il Popolo d’Italia”. Ciarlantini era il presidente della Federazione nazionale fascista dell’industria editoriale. I discorsi di Mussolini venivano stati pubblicati dalle edizioni Alpes. Il fratello del Duce, Arnaldo, era a sua volta presidente della società ( a partire dal maggio 1929)”, cfr. ivi, p. 114. 105 Ivi, p. 112. De Ceccatty osserva che il successo librario fu inferiore alle vendite di altre opere di Moravia. Edizioni Alpes ristampò il romanzo quattro volte prima di chiudere, un totale di 6500 copie. Dopo il trasferimento del contratto alle edizioni Corbaccio nel 1933 ancora 15.000 copie furono vendite. Bompiano ha voluto ristampare il romanzo nel 1934 ma non riuscì in base 21

Riguardo a questa scelta di editore, De Ceccatty, riferendosi a Guido Bonsaver, afferma la probabilità che Alberto Pincherle Moravia seguì “un consiglio dello zio Augusto De Marsanich”, fratello della madre e fascista – benché non figura di primo piano nel regime -, quando “pensò ad Alpes”106. Finita la scrittura del romanzo, Alberto scrive già nella lettera del 14 agosto 1927 ad Amelia Rosselli:”comincia il pantano – e questo io non voglio, […] in casa mia mi sento schiacciato […] vorrei passare un anno o due all’estero – ma come si fa?”107. Nel gennaio 1929, ancora prima della pubblicazione de Gli Indifferenti, sta preparando un viaggio negli Stati Uniti “dapprima come `visiting student` alla Columbia University e poi come `assistant Manager all´Italy America Society` sotto la tutela di Adolfo Lauro De Bosis”, però, il progetto viene spostato ad altro tempo108. Sarà Curzio Malaparte, condirettore di “900” e dal 11 febbraio 1929 direttore di “La Stampa”, a dare a Moravia la prima possibilità di “recarsi a Londra per il primo di una lunga serie di reportage”, accompagnato “per la prima volta dalle lettere di Berenson […] che dischiudono le porte dei salotti di Lady Colefax e Lady Ottoline Morell, i «più importanti» […] del Bloomsbury set”109. Si può concludere che l’amicizia con Andrea Caffi ha avuto una notevole importanza per l’inizio del successo pubblicitario di Alberto Moravia. Questa amicizia è durata fino alla morte nel 1955 di Caffi, omosessuale, antifascista e “modello di libertà e giustizia”110. De Ceccatty sostiene che dopo il 1955 l’amicizia con Pier Paolo Pasolini occuperà lo stesso posto nella vita di Moravia111.

alla cessione dei diritti. Colpisce in questo contesto il contrasto: Alpes fu connetta al regime mussoliniano, anzi Bompiani fu editore di Mein Kampf , Corbaccio fu un’editore anti-fascista e costretto all’esilio in Svizzera, cfr. ivi, p. 116. 106 Ivi, p. 114. Augusto De Marsanich, fratello della madre cattolica, non solo fu un giornalista per “La Stampa” e per riviste fasciste, ma pure membro del Gran Consiglio del Fascismo e della Camera dei Deputati, ed ebbe pure alcune posizioni nella Repubblica di Salò dal 1943 al 1945. Fu inoltre Presidente del Banco di Roma e di Alfa Romeo. Cfr. Setta, Sandro, De Marsanich, Augusto, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, anno 1990, vol. 38, http://www.treccani.it/enciclopedia/augusto-de-ma rsanich_%28Dizionario-Biografico%29/ (ultima verifica 7-7-2017). 107 Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosseli, con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), pp. 281- 282.. 108 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. .XXXIII. ”A causa di ragioni che rimangono sconosciute, pur avendo ottenuto il passaporto Moravia deve rinunciare al viaggio, che si concretizza anni dopo, nel dicembre 1935”, cfr. ibidem. 109 Ivi., p. XXX. Su “La Stampa” del 9 dicembre 1930 appare l’articolo di Moravia Il gruppo di Bloomsbury, in cui loda lo stile, l’ingegnosità e l’intelligenza dei componenti dei Bloomsbury, ma attribuisce ai salotti pure la lontananza dalla vita, cfr. ibidem. 110 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, pp. 104-105. 111 Ibidem. 22

Il secondo esempio è l’amicizia con Umberto Morra di Lavriano. Alessandra Grandelis presenta questa figura come una “guida intellettuale e umana”112. Morra, ha introdotto il giovane Pincherle negli ambienti della cultura e l’ha coinvolto “in un intreccio di legami di grande interesse, sia per la sfera privata che per quella pubblica”113. Umberto Morra, di nobili origini piemontesi, fu il figlio dell’ambasciatore d’Italia alla corte dello zar a Pietroburgo114. Dopo un lungo viaggio negli Stati Uniti nel 1919 per raccogliere destinati agli orfani di guerra, si è legato nel 1922 in Italia a Piero Gobetti, uomo politico e scrittore115. Grazie a Gobetti Morra participa a “La Rivoluzione Liberale” e a “Il Baretti”, in base a cui può stringere “rapporti fruttuosi con Giacomo Debenedetti, Alessandro Passerin d’Entrèves, e Guglielmo Alberti”116. La villa di famiglia di Morra a Cortona diventa un ritrovo per intellettuali e scrittori e un rifugio per gli oppositori al regime fascista117. L’amicizia di Umberto Morra con Alberto Moravia, fin dal primo incontro ad Assisi nel 1926, mediato dai fratelli Rosselli118, si basa sulla lettura dei classici e dei contemporanei, “grazie all’attività critica di Morra su “La Fiera Letteraria”, “Solaria”, “Pegaso”, “Letteratura” e su altri periodici, rivolta in particolare alla letteratura straniera”119. Le amicizie di Morra diventano le amicizie di Moravia, ad esempio quella con Guglielmo Alberti, “antesignano della critica cinematografica”120. Morra ha pure “un legame di grande confidenza” con Bernard Berenson, storico e critico d’arte121, e fa da intermediario per metterlo in

112 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. XIII. 113 Ivi, pp. XV-XVI. 114 Ivi, pp. XIII-XIV. 115 Gobetti “fu precoce e acuto ispiratore dell’antifascismo di matrice liberale e radicale, interpretando il regime fascista come «rivelazione» dei mali storici dell’Italia”. Cfr. Gobetti, Piero, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/piero-gobetti/ (ultima verifica 22-07-2016). 116 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. XIV. 117 Ivi, pp. XIV- XVI. 118 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 136. 119 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. XIII e p. XVI . 120 Ivi, p. XVIII. 121 Ivi, p. XIV. Bernard Berenson (1865-1959), nato Valvrojenski di famiglia ebrea lituana presso Vilna, emigrò nel 1875 a Boston, studiò a Harvard University, si stabilì nel 1900 a Firenze e si dedicò allo studio della pittura italiana. Berenson scrisse “opere fondamentali nel campo della critica d’arte”, e “si avvalse di una vastissima cultura pittorica, letteraria e archeologica e di un’eccezionale sensibilità critica. Raccolse nella propria villa a Settignano (“I Tatti”) opere di pittori italiani primitivi e del Rinascimento, bronzi cinesi e una preziosa biblioteca di arte, lasciati per testamento, insieme alla villa, alla Harvard”. Cfr. Berenson, Bernard, s.n., s.l., s.d, http://www.treccani.it/enciclopedia/bernhard-berenson/ (ultima verifica 22-07-2016). 23

contatto con Moravia122. De Ceccatty osserva che l’amicizia con Berenson sarà molto importante per Moravia, “poiché gli procurerà contatti sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti”123. Nell’agosto 1930 Moravia viene quasi tutti i giorni da Berenson, al quale legge Gli indifferenti ed esprime la sua necessità di trovare “una famiglia che sia disposta a prenderlo come ospite pagante a Londra”[…]”nella direzione di Bloomsbury”124. Grazie a Morra si realizza pure il contatto di Moravia con Pietro Pancrazi, critico della letteratura contemporanea, autore di celebri antologie e segretario di redazione della rivista “Pegaso” di Ojetti125. Pancrazio ha letto Gli indifferenti come fenomeno del nuovo orientamento del romanzo europeo, in base alla visibilità in controluce delle “fonti prestigiose” di Freud e Joyce126. Escono le pubblicazioni in “Pegaso” di Una domanda di matrimonio, Inverno di malato, Morte improvvisa127 di Moravia. Nel 1990 Moravia afferma retrospettivamente che Pancrazi fu capace di “creare uno scrittore”128. Riguardo alla “mappa delle frequentazioni moraviane” degli anni Venti e Trenta Alessandra Grandelis coglie pure la mediazione di Umberto Morra per l’accesso di Alberto Moravia al salotto della coppia Bracci/Papafava a Montepulciano che, “come Villa Morra, è un’altra roccaforte dell’antifascismo”129, e a quello nella villa La Rufola a Sorrento, proprietà dei genitori di Giuliana Benzoni, donna antifascista130 e connessa attraverso il fidanzato Milan Štefánik al fondatore e primo presidente della repubblica cecoslovacca Tomáš Garrigue Masaryk131. Si può constatare che l’amicizia di Alberto Moravia con Umberto Morra, originata dall’intermediazione dei fratelli Rosselli, fu un fattore determinante per l’espansione del campo letterario,

122 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p.136. 123 Ibidem. 124 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. XIX. 125 Ivi, p. XVI. 126 Ivi, p. XVI-XVII. 127 Ivi, p. XVI. 128 Ibidem. 129 Ivi, p. XXI-XXII. “Margherita Papafava [...] appartiene a una delle più antiche famiglie venete”. Il padre del marito Lucangelo Bracci fu “deputato e poi senatore del Regno accanto a Giolitti”, cfr.ibidem. I cognomi delle due persone sono rispettivamente Papafava dei Carraresi e Bracci Testasecca. Cfr. Mogavero, Valeria, Papafava dei Carraresi, Novello, s.l., s.d. http://www.trec cani.it/enciclopedia/papafava-dei-carraresi-novello_(Dizionario-Biografico)/ (ultima verifica 13-7-2017). Le fonti scrivono il nome Papafava con una ‘p’ sola, cfr.ibidem. 130 Ivi, p. XXII. Giuliana Benzoni ebbe “un ruolo attivo nella politica italiana accanto al nonno, Ferdinando Martini, letterato toscano e ministro delle Colonie durante il governo Salandra”, cfr. ibidem. 131 Ivi, p. XXIII. 24

culturale e politico dello scrittore e per la sua realizzazione di progetti letterari. Inoltre le introduzioni a Bernard Berenson e a Guglielmo Alberti danno incentivi alle passioni di Moravia per la pittura e per il cinema. Riassumendo occorre sottolineare la rilevanza delle amicizie letterarie per il lancio di Alberto Pincherle nella sua carriera. Le amicizie con Caffi e Morra hanno fornito l’accesso ad altre amicizie e concoscenze con numerose ramificazioni nell’ambito letterario, culturale e politico, che permettono pubblicazioni e viaggi dello scrittore al livello nazionale e internazionale. Non meno importante è il fatto che Alberto, a causa della malattia, non ha potuto seguire il curriculo scolastico per ragazzi tradizionalmente accessibile dal punto di vista della sua posizione sociale132. Il suo riuscire nell’ambito letterario è quindi necessario. Questo spiega la funzionalità strategica delle amicizie. Si presenta poi il fattore dell’ambiente familiare, dato che i fratelli Rosselli hanno introdotto l’adolescente Alberto a una figura chiave come Umberto Morra, e che il primo romanzo ha potuto uscire per le edizioni Alpes in base a un prestito monetario dal padre e probalbilmente con l’aiuto dello zio Augusto de Marsanich. Colpisce la combinazione delle sfere antifasciste e fasciste in cui il giovane Moravia ha potuto muoversi, utilizzando i suoi viaggi come valvola di liberazione temporanea dalle tensioni politiche e personali. Alla sua produzione di racconti e romanzi si aggiungono nummerosi articoli di viaggio133, in cui il giovane scrittore dà le sue opinioni e impressioni su un ventaglio di temi letterari, sociali, culturali, geografici, antropologici, politici, storici.

3.1.3 Posizioni e scelte

Alberto Moravia ha fin dall’inizio rapporti con editori (Alpes, Bontempelli), la critica (Morra, Alberti, Pancrazi), il giornalismo (Malaparte, De Marsanich), il cinema (Alberti) e l’università134, inoltre partecipa

132 Per qualche indicazione della posizione sociale della famiglia di Moravia cfr. , Il bambino Alberto, p. 6 e p. 128 e cfr. Casini, Simone, Alberto Moravia, Lettere ad Amelia Rosselli con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), p. 12. 133 Siciliano, Enzo, Alberto Moravia. Viaggi. Articoli 1930-1990, pp. 1827-1829. La maggioranza degli articoli uscì nella “Gazzetta del Popolo”. Nel 1915 questo quotidiano ”patrocinò l’intervento dell’Italia in guerra e sostenne poi il fascismo”, cfr. Gazzetta del popolo, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/gazzetta-del-popolo/ (ultima verifica 22-07-2016). 134 Siciliano, Enzo, Alberto Moravia Viaggi. Articolo 1930-1990, p. XVI. Nel 1935 Moravia ha lavorato alla Casa Italiana della Cultura della Columbia University di New York, cfr. ibidem. 25

a movimenti culturali (salotti, galerie) e attività riguardo a riviste letterarie135. Grazie al successo del suo primo romanzo e alle sue amicizie letterarie Moravia ha assunto una posizione di un certo rilievo nel microcosmo letterario del suo tempo. La stima guadagnatasi non vale però automaticamente nell’ambito familiare, sociale e politico. Per estendere la sua autorità anche in questi campi c’è bisogno dell’intervento della volontà e dell’azione esterna, implicando l’uscire dalla fase della gioventù136 ed entrare in quella della maturità. In questo paragrafo si presentano due esempi di tale tendenza in Alberto Moravia negli annni Trenta. Si tratta di tentativi di sposarsi e del comportamento politico. Inizialmente Alberto Moravia tenta di inserirsi in un ambiente superiore al proprio. Conduce “una certa vita mondana e notturna” e frequenta salotti letterari come quelli celebri della coppia Cecchi137, di Margarita Sarfatti e di Mimì Pecci Blunt, “moglie del banchiere e grande collezionista americano Cecil Blumenthal”138. Cerca donne anticonformistiche per rapporti sessuali, per un rapporto amoroso o per il matrimonio. Già nel novembre 1929 a Parigi ha chiesto la mano della richissima svizzera France Bellanger139, diciasettenne, incontrata qualche mese fa a Zermatt140. Alcuni aspetti dell’episodio con questa ragazza verranno trasferiti nel racconto Quella strana ragazza che recita Dostoevskij141 del 1982. Nel 1930 chiede in una lettera personale la mano di Silvia Piccolomini, cugina di Guglielmo Alberti, di discendenza nobile senese, e findanzata di un giovane uomo “della casata Borghese”142. Ricevuta la risposta positiva da

135 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. XLVI. Insieme a Moravia fonda “Caratteri”, una rivista “quasi clandestina”, che vivrà per soltanto quattro numeri tra il marzo e il giugno-luglio 1935, cfr.ibidem. 136 Si definisce la ‘gioventù’ come “Una delle età della vita umana, compresa tra l’adolescenza e la maturità”. Cfr. Gioventù, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/gioventu/ (ultima verifica 28-6-2017). 137 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 133. Leonetta Cecchi Pieraccini, pittrice e moglie di , fu l’insegnante di pittura di Adriana Pincherle, sorella di Alberto Moravia, cfr. ibidem. 138 Ivi, pp. 133-134. 139 Ivi, p. 122. France Bellanger (1911-1974) nacque a Founex, Svizzera. La nonna non permette il matrimonio di France con Moravia. France sposserà nel 1934 George William Frederick Fitzgeorge, conte di Tipperary, barone di Culloden, duca di Cambridge, che ha pubblicato Mauvais oeil (1947), una raccolta di poesie, cfr.ibidem. 140 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. 85, n. 155. In questa Lettera del 23 novembre 1929 da Parigi Alberto scrive: “colla ragazza che sai ho rotto ogni cosa en senza alcuna violenza”, ma retrospettivamente nel 1990 dice:”Persi la testa, anche per la febbre, le diedi un pugno nelle costole e, senza supplicarla oltre, me ne andai”, cfr. ibidem. 141 Siciliano, Enzo (a.c.d.), Alberto Moravia. Romildo, ovvero racconti inediti, perduti e d’autobiografia, Milano, Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S.p,A., 1993, pp. 419-423. Il racconto uscì nel “” del 24 dicembre 1982, cfr. ibidem. 142 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, pp. XXIV-XXV. 26

Silvia, Moravia tenta di ottenere “una collaborazione al “Corriere della Sera” in vista del matrimonio”; però la relazione dura soltanto tre mesi143. Nel 1933 comincia la relazione di sei mesi con la pittrice svizzera Lélo Fiaux, donna sposata, che finisce dopo l’aborto affrontato da lei; benché, lo scambio di lettere tra i due ex amanti dura dal 1934 al 1947144. Nel 1936 Moravia incontra Elsa Morante ma non la sposa prima del 1941. In alcune delle lettere a Lélo Fiaux, Moravia dà la sua visione sul ruolo dell’arte nella sua vita di giovane adulto e di artista maschile. Sottolinea il prezzo dell’indipendenza dalla casa paterna nei seguenti termini:”si je voulais gagner de l’argent e vivre hors de ma famille […] l’art veut un sacrifice continuel de soi”145. Si riferisce anche al lavoro duro:”l’art n’est pas une question d’ateliers e de bohème, c’est une question de très dure labeur”146. Inoltre definisce la sua scelta di vita:“l’homme n’est pas né pour faire l’amour mais pour créer”147. René De Ceccatty, riferendosi alla definizione dello scrittore secondo cui la letteratura è “un sistema di traduzione del mondo”, discute la percezione retrospettiva di Moravia riguardo alla “verità di una persona”148. Secondo De Ceccatty questa verità, nella percezione di Moravia, consiste “nella sua conformità a un modello mentale e non nella massima vicinanza possibile alla vita”149. De Ceccatty constata che le molte storie d’amore di Moravia, sono spesso “modellate sull’identico schema, inspirate più o meno a precise esperienze vissute”150. La conclusione di De Ceccatty è che la ricerca amorosa di Moravia è connessa alla sua “concezione dell’arte”, ossia il procedere nel modo di attingere “dalla realtà quanto serve al suo progretto artistico”151.

143 Ivi, p. XXIV-XXV. La ragione per il fallimento della relazione non è chiarita. Secondo le figlie di Silvia Piccolomini “la donna ha chiesto in punto di morte che venisse bruciato l’intero carteggio con lo scrittore”, cfr. ibidem. 144 Ivi, pp. XXVI-XXVII. Nelle lettere a Lélo Moravia si rende conto della sua durezza rigguardante l’aborto. Negli primi anni cinquanta Moravia e Fiaux si vedranno ad Anacapri e a Ischia. Nel 2014 il museo Jenisch Vevey e le edizioni Zoé hanno pubblicato 30 lettere inedite di Alberto Moravia a Lélo Fiaux (1909-1964) in francese, sotto il titolo Lettres d’amour à Lélo Fiaux, cfr. http://www.museejenisch.ch/docs/MJV_comm_press_Moravia_production.pdf (ultima verifica 11-07-2017). 145 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, pp. 348-349. 146 Ibidem. 147 Ibidem. 148 De Ceccatty, Alberto Moravia, pp. 128-129. 149 Ibidem. 150 Ivi, p. 128. 151 Ivi, pp. 128-129. 27

Negli anni Trenta la polizia perquisisce la casa di Moravia e arresta la sorella Adriana Pincherle in base alla sua amicizia con i cugini Rosselli152. In attesa dell’evento Moravia ha dovuto bruciare delle lettere e dei libri153. Tra il novembre e il dicembre 1934 Moravia scrive a Guglielmo Alberti: “la questione mia famigliare è diventata insostenibile, molte cose cambierebbero penso se potessi vivere fuori di casa”154. Nel 1935, uscito il romanzo Le ambizioni sbagliate, la critica ignora il libro per ordine del Ministro della Cultura Popolare155. Segue fin dal 1935 il periodo in cui Alberto Moravia scrive quattro lettere a per cercare una soluzione per le sue difficoltà giornalistiche con il regime156. In queste lettere lo scrittore chiede aiuto ed esprime la sua approvazione per la persona e per i risultati politici del dittatore; chiede il permesso di riprendere la collaborazione alla “Gazzetta del Popolo”; nega di essere ebreo “dal punto di vista religioso” e sostiene che il padre è ebreo ma che la madre è “di sangue puro” ed è la sorella del Sottosegretario alle Comunicazioni; e rivolge al Duce “la preghiera di poter riprendere” l’attività giornalistica “anche perché” tra poche settimane si sposerà157. Nel maggio 1937 , un mese prima del suo assassinio, pubblica un articolo in “Giustizia e Libertà”, in cui discute lo spirito caratteristico della nuova generazione fascista, “di cui Moravia resta il rappresentante più espressivo”158. Rosselli definisce lo stato d’animo del cugino come uno “scetticismo disincantato,[…] un realismo amaro”159. Riassumendo questo paragrafo si può constatare che il giovane Alberto Moravia, per mezzo del matrimonio, tenta di ottenere uno status sociale marcato dal successo letterario e dall’indipendenza individuale. Moravia reagisce a valori esterni al suo profilo artistico con durezza. Dal momento che il regime fascista minaccia l’autonomia relativa del campo letterario e i campi vicini a cui, le scelte e le decisioni dello scrittore di carattere artistico e personale assumono un valore politico. Moravia usa due strategie per mantenere la sua autonomia artistica. Al livello personale esclude il valore dell’amore e al

152 Maraini, Dacia, Il bambino Alberto, pp. 130-132. 153 Ibidem. 154 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. 233. 155 Siciliano, Enzo, Alberto Moravia Viaggi. Articolo 1930-1990, p. XVI. 156 Ajello, Nello, Moravia e il Duce, in “La Repubblica”, 28-11-2007, cfr. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/re pubblica/2007/11/28/moravia-il-duce.html (ultima verifica 23-7-2016). Le lettere di Moravia a Mussolini sono datati 26 marzo 1935, 9 luglio 1936, 28 luglio 1938 e tra il 13 febbraio e il 11 aprile 1941, cfr. ibidem. 157 Ibidem. 158 Ibidem. 159 Ibidem. 28

livello politico fa la scelta di adeguarsi alla simulazione necessaria per ricevere un favore dal dittatore del regime fascista.

3.2 Elsa Morante

3.2.1 Primi rapporti letterari

Prima dell’incontro con Alberto Moravia nel novembre 1936 qualche rapporto letterario di Elsa Morante le ha già aperto le porte di alcune riviste. Per lanciare Elsa nella carriera di scrittrice la madre Irma Poggibonsi introduce la figlia e le sue favole alla rivista “I diritti della scuola”160. Ne risulta la collaborazione di Elsa Morante a questa rivista dal 1935 al 1941. Un altro rapporto letterario importante di Elsa, già iniziato nel 1930 con una lettera di lei161, è quello con Guelfo Civinini (1873-1954), uno scrittore crepuscolare e redattore del “Corriere della Sera”, che ha scritto tra l’altro sulla propria infanzia e la prima giovinezza162. Grazie al suo aiuto Elsa inizia a scrivere favole e filastrocche che fin dal 1933 vengono pubblicate sul “Corriere dei Piccoli” e sul “Cartoccino dei Piccoli”163. Alcune di queste storie furono create da Elsa a quattordici anni, ad esempio La storia dei bimbi e delle stelle, che esce in puntate sul “Corriere dei Piccoli” nel 1933164. Nel 1938 Elsa scrive Civinini di parlare “al Bianchi” per farle “lavorare un po’di più” o di suggerirle “qualche rivista o giornale che paghi”, e lei promette di scrivere “storie e figure di ogni genere”, perché deve e vuole “contare per vivere sulle [sue] sole forze”165.

160 Bernabò, Graziella, La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura, Carocci, Roma, 2012, p. 31. 161 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2012, pp. 10-11. 162 Cfr. Civinini, Guelfo, s.n, s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/guelfo-civinini/ (ultima verifica 27-07-2016). 163 Rosa, Giovanna, Elsa Morante, Il Mulino, Bologna, 2013, p. 165 (Cronologia). 164 Bernabò, Graziella, La fiaba estrema. Elsa Morante tra vita e scrittura, p. 32. 165 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp.14-15. (Lettera del 28 novembre 1938). 29

3.2.2 Rapporti letterari con Alberto Moravia e i suoi referenti editoriali

Dopo l’incontro di Elsa con Alberto Moravia segue quello con Giacomo Debenedetti, che risulta nella pubblicazione di alcuni racconti sul “Meridiano di Roma”166. Debenedetti ha inizalmente creduto con fiducia alla promessa letteraria della Morante del 1938. In una lettera a Debenedetti del 5 agosto 1948, quando Menzogna e sortilegio è uscito ma non ha già vinto il premio Viareggio, Elsa Morante si riferisce ad una specie di “panico” connesso al giudizio negativo di Debenedetti rispetto ai “primi racconti e alle cose” che lei ha scritto dopo il 1938167. Più tardi lei osserva retrospettivamente che Debenedetti fu il primo critico che si interessò a lei168. Elsa Morante comincia pure “a frequentare la società letteraria romana” e conosce ad esempio , Carlo Lodovico Bragaglia, Giorgio Vigolo, Anton Giulio, Renato Guttuso169. Durante il periodo tra il 1933 e il 1941 Elsa sviluppa un’attività publicistica “che comprende più o meno 125 collaborazioni tra racconti, fiabe, fantasie, articoli di costume, racconti storici, aneddoti infantili, con una media, a conti fatti, di un racconto ogni venticinque giorni per nove anni filati – a tacere dei racconti e abbozzi di racconti rimasti in editi o andati perduti”170. De Ceccatty osserva che Moravia fa “di tutto per convincere i propri referenti editoriali […] a pubblicare la prima raccolta di racconti di Elsa”171. Si tratta della raccolta Il gioco segreto. Il 12 gennaio 1939 Moravia scrive a Valentino Bompiani una lettera in cui sottolinea “molto interesse umano e virtù narrativa” nella “signorina Morante”, soprattutto in confronto ad

166 Rosa, Giovanna, Elsa Morante, p. 165 (Cronologia). 167 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp.183-184. “un giorno, molti anni fa Lei [...] mi disse «Lei ci ha proprio tradito»”, cfr. ibidem. 168 Cecchi, Carlo, e Garboli, Cesare (a.c.d.), Elsa Morante. Opere. Volume primo, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, 1988, p. XLIV. Elsa Morante dice retrospettivamente che “solo oggi capisco quale fortuna sia stata per me d’incontrarlo allora”, cfr. ibidem. Però, De Ceccatty menziona l’impressioni del figlio Antonio Debenedetti secondo cui Elsa a casa Debenedetti, “con la gonna troppa corta”, cfr. De Ceccatty, René, Alberto Moravia, pp. 281-282. Sembra quindi che Elsa abbia calcolato il potere di Debenedetti rispetto alla propria fortuna. La coppia Moravia/Morante percepisce Debenedetti nei suoi tre ruoli di amico, critico e giudice del Premio (quello Viareggio del 1948 o quello Strega del 1950), cfr. ivi, p. 187. 169 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 283. Nel 1937 inizia la lunga frequentazione di Morante e Moravia di Capri e “la simpatizzazione” della coppia con “l’entourage di Debenedetti, formato perlopiù da pittori”, cfr. ibidem. 170 Babboni, Irene, e Garboli, Cesare (a.c.d.), Elsa Morante. Racconti dimenticati, Einaudi, Torino, 2002, p. VI. 171 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 289. 30

Anna Maria Ortese “che è lirica”172. Però, Bompiani rifiuta la pubblicazione, e Il gioco segreto esce due anni dopo nella collezione “Il delfino” di Garzanti173. Dal giugno 1939 al gennaio 1940 Elsa collabora con “Oggi”, su cui pubblica spesso con pseudonimi174. Pure in questo caso Moravia fa da intermediario, adesso tra Elsa e Mario Pannunzio, amico letteario di Moravia e condirettore della nuova rivista “Oggi”175. Elsa sta lavorando e pubblicando continuamente per guadagnare il denaro necessario ai bisogni della vita. Deve limitarsi a testi brevi di un genere specifico, ossia quello della letteratura per bambini e adolescenti. Il rapporto letterario di Elsa Morante con Alberto Moravia è un rapporto di amore e di rivalità al tempo stesso. Si può trovarsi d’accordo con De Ceccatty quando osserva che si tratta “dal punto di vista della notorietà, della visibilità, di una coppia per lungo tempo squilibrata”176. Un punto di vista aggiuntivo è quello che tiene conto dell’aspetto soggettivo della relazione da parte di Elsa. Per dare un esempio si presentano qui alcuni momenti del suo diario inedito del 1938. Si tratta del quaderno, Lettere ad Antonio, pubblicato solo postumo, con il titolo Diario 1938177. Il quaderno contiene pensieri, sogni e riflessioni per analizzare e comprendere la propria dinamica psichica. Il tema della relazione con Alberto Moravia ritorna spesso, e non manca un riferimento alla solitudine e povertà di Elsa in contrasto con il “celebre e ricco” Alberto, che va a Parigi “per il suo trionfo attuale”178. In questo anno Alberto vuole finire la relazione, dopo un anno in cui “non abbiamo avuto l’uno dall’altro che dolori”179.

172 Ivi, p. 289. Si tratta del lanciare un autore nuovo:“Evidentemente non è facile lanciare un autore nuovo ma ho l’impressione che la Morante possa alla fine riscuotere un successo anche di pubblico”, cfr. ibidem. De Ceccatty si basa su Caro Bompiani. Lettere con l’editore, a cura di Gabriella Dína e Giuseppe Zaccaria, Milano, Bompiani, 1998, ried. 2007, p. 457. 173 Cecchi, Carlo, e Garboli, Cesare (a.c.d.), Elsa Morante. Opere. Volume primo, p. XLIV. Aldo Garzanti ha ottenuto “l’appoggio del regime, tanto che la Garzanti fu da subito fra le case editrici che ricevettero ricche commissioni dalla Direzione generale accademie e biblioteche”. Garzanti iniziò le sue attività editoriali nel 1938 con l’acquisto di Treves di Milano. Cfr. Garzanti, Aldo, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, anno 1999, vol. 52, http://www.treccani.it/enciclopedia/aldo-garzanti_(Dizionario- Biografico)/ (ultima verifica 20-07-2016). 174 Cecchi, Carlo, e Garboli, Cesare (a.c.d.), Elsa Morante. Opere. Volume primo, p. XLIV. Le cosidette “fantasie infantili”, pubblicate tra il 17 giugno 1939 e il 20 gennaio 1940 sul settimanale “Oggi” nella rubrica “Giardino d’infanzia”, sono state raccolte e ripubblicate in Elsa Morante, Aneddoti infantili, Giulio Einaudi s.p.a., Torino, 2013, cfr. ibidem. 175 Grandelis, Alessandra, Alberto Moravia, p. 363. Si tratta di un P.S. della lettera del 15 marzo 1939 di Moravia a Pannunzio:“Invita per favore a collaborare alla signorina Morante […] se lo fai mi fai un piacere personale AM”, cfr. ibidem. 176 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 264. 177 Andreini Alba (a.c.d.), Elsa Morante. Diario 1938, Torino, Giulio Einaudi, s.p.a., 1989, p. X. 178 Ivi, p. 34. (Testo del 17 Febbraio 1938). 179 Ivi, p. 55. (Testo del 5 Aprile 1938). 31

Ma questa rottura sembra impossibile. Elsa scrive nel diario:”Era tutta una storia. A. non voleva affatto finirla”180. Adesso, a sua volta, lei vuole finirla e scrive: ”Ricominciare? […] Madonna mia, che mi hai aiutato. Fa’ che il mio libro vada bene subito, e che intanto io me ne vada per […] un bellissimo viaggio, finché è primavera e sono giovane”181. Sembrano intervenire nel rapporto tra Elsa e Alberto i sogni di Elsa e il peso attribuito ad essi. Nei sogni si presentano ad esempio due figure diverse nella mente di Elsa, entrambe amate da lei. La prima è un figlio di qualche mese, “quel bimbo che…”182, ossia il soggetto dell’aborto di Elsa183. L’esperienza dell’incontro (nel dormiveglia) con questo figlio morto viene descritta come “uno strano miscuglio di felicità e di agoscia […] la certezza di non averlo e la sensazione di stringerlo”184. La seconda figura è Alberto Moravia, avendo mangiato un veleno per morire185. Allora Elsa fa la parte della salvatrice:“gli metto un dito in gola […] e subito è guarito, […] è piccolo come un ragazzino, […] dorme sulle mie ginocchia, […] sono felice che dorma così su me”186. In queste descrizioni si possono cogliere la forza della presenza del bambino morto nella vita interiore di Elsa Morante e il meccanismo "mediante cui caratteristiche tipiche di […] persone appaiono trasferite su altre”187, ossia il

180 Ibidem. (Testo del 22 Aprile 1938). 181 Ivi, p. 58. (Testo del 27 Aprile 1938). 182 Ivi, pp. 56-57. (Testo del 27 Aprile 1938). 183 Ivi, p. 57. (Testo del 27 Aprile 1938). Nell’imagine di Elsa il bimbo è biondo e grasso:”Quel bambino già grande, che c’era e non c’era, era lui. Infatti Coppens era biondo. Ho paura [...] paura di te? è un angelo, e forse mi ha perdonato e prega per me”, cfr. ibidem. Il fatto che Elsa parla di una nascita potrebbe implicare che lei fosse in uno stato di gravidanza avanzato nel momento dell’aborto. Nel testo del 16 marzo 1938 lei menziona la morte del figlio “che fosse il mio, il figlio di Willy Coppens”, cfr. ivi, pp.50-51. Nel 1935-1936 Willy Coppens (1892-1986) fu il belgico adetto militare a Roma, cfr. http://www.vieillestiges.be/files/me morials/MABCoppens-NL.pdf (ultima verifica 11-07-2017). Nel 1936 avviene pure la separazione di Elsa e l’amante Richard T.M. Nel 1940 R.T.M. riflette in una lettera a Elsa sulla “grave malattia” del 1936 e sull’appartamento in cui Elsa, già essendo in rapporto con Alberto Moravia, faceva, secondo lui:“la vita più abominabile con vecchi e puttane come te”, cfr. Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp. 84-85. Seguono all’aborto del 1936 una crisi religiosa di Elsa e il suo contatto con il prete della sua infanzia. Il prete la fa ricordarsi “la candida innocenza della sua infanzia” e il “virgineo suo cuoricino”, ma sapendola adulta vorrebbe pure “lo spirito” di Elsa “adulto”; ciò nonostante il prete approva il desiderio “di credere” di Elsa e la fa vedere che Iddio “potrebbe senza dubbi [darle] un raggio interiore [...] da [renderla] in un subito e credente ed amante”, ma che questa non è “la via ordinaria dell’operazione divina” e, quindi, vuole da Elsa il “Confiteor”, cfr. ivi, pp. 17-19 (Lettere da don Pietro a Elsa Morante 17.IX.1936-XIV e 25.X.1936.XIV). 184 Andreini, Alba (a.c.d.), Elsa Morante. Diario 1938, p. 57. (Testo del 27 Aprile 1938). 185 Ivi, p. 60. (Testo del 15 giugno 1938). 186 Ibidem. 187 Cfr. Psicanalisi, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/psicanalisi/ (ultima verifica 28-07-2016). 32

desiderio di fare reincarnare il bambino nel partner amato. Nel testo del 14 marzo 1938 del diario Elsa discute il fatto che per lei la forza dei personaggi sognati è più grande di quella delle immagini della realtà. Lei osserva che “le visioni del sogno sono per me dei sentimenti”188. Nelle lettere a Moravia datate in questo periodo si coglie pure che Elsa vorebbe avere i trenti anni di Moravia e avere scritto quello che lui ha scritto; lei ha paura di “diventare brutta, povera, stupida” e lamenta che Moravia corre dietre le donne189. D’altra parte, già nel 1942, Elsa sa bene come consigliare la moglie tradita nel caso di Renata Debenedetti:“l’hai sposato per quello che era [...]. Perciò non devi ribellarti e soffrire troppo”190. Difende la dicotomia tra amore e passione nel matrimonio:”La moglie ha per sé l’amore del marito [...] e invidia la passione che lui dà ad altre. Queste invece invidiano la moglie”191. Parafrasando l’opinione del marito Debenedetti, Elsa Morante presenta alla moglie in crisi la vita autonoma dei sentimenti:”i nostri sentimenti più forti e più durevoli verso le altre persone, hanno un loro ciclo e una loro vita autonoma dentro di noi, [...] questi sentimenti [...] sono vivi in noi e in fondo noi viviamo in funzione di essi. Perché si accade qualche cosa che li turba [...] essi balzano di nuovo dal di dentro di noi. [...] Ci accorgiamo insomma che sono proprio questi sentimenti la sorgente e il fine della nostra vita”192.

3.2.3 La coppia letteraria fino al 1957

L’insuccesso del romanzo Le ambizioni sbagliate del 1935, l’assassinio dei fratelli Rosselli nel 1937 e l’emanazione delle leggi razziali fasciste del 1938193 introducono un periodo di marginalizzazione crescente

188 Andreini, Alba (a.c.d.), Elsa Morante. Diario 1938, p. 49. (Testo del 14 marzo 1938). 189 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp. 137-139. 190 Ivi, p. 179. 191 Ivi, p. 175. 192 Ivi, p. 178. 193 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 302. In generale “i legami tra Italia e Germania si sono fatti più stretti” nel corso del 1938; “all’inizio di maggio Hitler ha compiuto una visita ufficiale a Roma […] Mussulini, con Hitler ha deciso di «cambiare la carta del mondo», ha promulgato le leggi razziali, ha ordin ato il censimento degli ebrei e la loro immediata rimozione da ogni impiego pubblico e privato”, cfr. ibidem. 33

di Alberto Moravia nel campo letterario. Deve pubblicare con pseudonimo194 e inizia pure a scrivere sceneggiatture cinematografiche senza firma e “con fini strettamente alimentari”195. Elsa Morante entra nella vita di Moravia proprio in questo periodo di “incertezze relative al suo futuro letterario”196. Dopo il soggiorno a Parigi a cui allude Elsa nel diario del 1938, e dopo alcune settimane ad Anacapri con lei, Moravia visita Verona e l’isola d’Elba197 per qualche reportage. Poi segue il suo viaggio per sei mesi in Grecia, su cui escono gli articoli sulla “Gazzetta del Popolo”198. Secondo De Ceccatty, i viaggi di Moravia sono tentativi di risolvere una crisi personale nel suo rapporto con Elsa199. Ma esiste pure il desiderio di Moravia di scappare dall’Italia fascista e godere della funzione “terapeutica” del “risveglio di attenzione”200. Entrambi scrivono, accanto a Sandro Penna, Alberto Savinio, , Ezra Pound, André Breton e Paul Èluard, sulla rivista “Prospettive” (1937-1943) fondata da Curzio Malaparte201. La coppia vive negli anni 1940202 e 1941 spesso a Capri “in condizioni più che decenti”203. Grazie alla familiarità di Moravia con Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri e “habitué dei ricevimenti di Mimì Pecci Blunt”, il nuovo romanzo satirico La mascherata di Moravia sfugge “miracolosamente alla censura a dispetto del contenuto metaforicamente antifascista”204.

194 Ivi, p. 305 e p. 311. Moravia pubblica “alcuni articoli con lo pseudonimo Renzo Diodati”, soprattutto sulla rivista “Oggi”. Sulla “Gazzetta del Popolo” pubblica temporaneamente con lo pseudonimo “Pseudo”. Altri pseudonimi di Moravia sono Tobia Merlo e Trasone, cfr. ivi, p. 312. 195 Ivi, pp. 283-284. 196 Ivi, p. 294. 197 Ivi, pp. 301-302. Esce il racconto Il cancello chiuso di Moravia sul penitenziario di Porto Longone d’Elba, che esprime uno sguardo affascinato dal “condizionamento psicologico” della prigione, cfr. ibidem. 198 Ivi, p. 285. 199 Ivi, p. 301. Moravia ha un contratto con la “Gazzetta del Popolo” per pubblicare due articoli al mese. Gli articolo sulla Grecia escono nel periodo dal marzo all’agosto del 1939, cfr. Siciliano, Enzo, Alberto Moravia. Viaggi. Articoli 1930-1990. Milano, Bompiani, 1994 (Indice). 200 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 285. 201 Ivi, p. 311. “la rivista di pregio” fu fondata “con l’avallo delle autorità fasciste”, però, “prenderà in seguito le distanze dall’ideologia del regime”, cfr. ibidem. 202 Nel 1940 sarà Elsa a contattare l’ex amante Richard T.M., che propone a lei di salvarla dalla guerra imminente, ma Elsa sceglie la vita con Moravia e la letteratura. Cfr. Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp.81-88. 203 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 314. 204 Ivi, pp. 312-313. 34

Nel 1941 Elsa e Alberto si sposano a Roma; testimoni sono tra l’altro Umberto Morra di Lavriano e gli editori e direttori di riviste e Mario Pannunzio205. Secondo De Ceccatty la coppia non ha mai dormito insieme e lo fa solo “per forza di cose”206 durante i nove mesi della fuga a Fondi, ossia dal settembre 1943 al maggio 1944. Ancora nel 1948 Elsa Morante giura che in sei anni non è stata più vicino al proprio marito207. Morante e Moravia continuano la scrittura ad Anacapri “fuori dal mondo per due anni, tra l’estate del 1941 e l’estate del 1943”208. Escono di Elsa Morante nel 1941 Il gioco segreto da Garzanti e nel 1942 Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina da Einaudi, ma i due libri non cambiano la sua vita in senso di notorietà209. Moravia scrive Agostino nel agosto 1942, ma l’opera esce nel luglio 1943, a tiratura limitata e senza il nihil obstat della censura210. Nel settembre 1941 il fratello Gastone e nell’inverno 1943-1944 il padre di Moravia muoiono211. Ritornata da Anacapri a Roma nell’estate del 1943 la coppia si trova dopo poco in una città occupata dai tedeschi e, venuta a conoscenza del possibile rischio di deportazione, deve fuggire verso gli alleati a Napoli. Seguono i nove mesi nella campagna di Fondi. L’esperienza fondamentale di questo periodo viene rievocata da Moravia tra l’altro nel romanzo La ciociara (1957) e da Morante nell’opera La Storia (1974). Dopo la guerra Agostino viene ripubblicato presso Bompiani e poi tradotto in inglese, svedese e francese. De Ceccatty osserva che la notorietà di Moravia “inizia a consolidarsi anche all’estero”, e si riferisce alle traduzioni di L’amante infelice, L’imbroglio, La mascherata, I sogni del pigro, La romana212. Nel 1952 segue il Premio Strega per I racconti 1927-1951. Per Elsa Morante la notorietà arriva nel 1948, quando

205 Ivi, p. 320. 206 Ivi, p. 270. 207 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp. 88-89. Si tratta della lettera del 28 aprile 1948 dell’ex amante Richard T.M., di cui l’identità è sconosciuta, e con cui Elsa Morante ha avuto una “relazione intensa e passionata”, testimoniata dalle lettere del periodo 1934-1948. Richard T.M., nato nel 1911 e appartenendo a una “«grande famiglia» inglese”, fu “di cospicui mezzi e di bell’aspetto”. Connesso all’ambiente diplomatico brittanico in Italia, R.T.M. soggiornò in Italia negli anni ’30, cfr. ivi, p. 75. In base a una delle sue lettere si mettono in luce che Elsa Morante si è prostituita negli anni trenta, e che Moravia l’ha considerata “come uno spirito umano e di artista”, cfr. ivi, pp. 84-87, (Lettera del 7 giugno 1940). 208 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 328. 209 Ivi, p. 335. 210 Ivi, p. 337 e p. 332. 211 De Ceccatty ipotizza “una sorte di regressione all’infanzia” di Moravia, cfr. ivi, pp. 328-329. La sorella Adriana Pincherle ricorda l’effetto della morte del fratello su Moravia:“L’unica volta che l’ho visto piangere”. Cfr. Maraini, Dacia, Il bambino Alberto, Bompiani, Milano, 2000 (or. 1986), p. 129. 212 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, pp. 353-354. 35

Natalia Ginzburg fa pubblicare da Einaudi Menzogna e sortilegio, e Giacomo Debenedetti “le fa vincere il Premio Viareggio, garantendo così il successo” del suo libro213. Moravia e Morante godono negli anni Cinquanta di una vita agiata tra Roma e Anacapri, che “li pone al centro di una mondanità letteraria i cui attori si conoscono e si frequentano tutti: un crocevia di ambienti editoriali, giornalistici, cinematografici e artistici”214. Inizia pure la prima delle tappe della rottura tra i due sposi distinte da De Ceccatty e connessa alla liaison di Elsa con Luchino Visconti215. Elsa sta creando L’isola di Arturo in condizione di delusione. Nel 1953 lei osserva che Visconti era per lei “la ragione di vivere” e che i due “eravamo d’accordo” di fare “un figlio insieme”216. Nel 1957 l’insoddisfazione di essere una donna la fa presentare al Debenedetti “la sola ragione” per raccontare la vita di un ragazzo ne L’isola di Arturo, ossia il suo “antico e inguaribile desiderio di essere un ragazzo”, immaginatosi già nella sua infanzia217. Già nel 1953 l’ha scritto il suo punto di vista rispetto a questo desiderio, ossia che “in realtà” si tratti della “nostalgia di non aver messo al mondo un ragazzo”, e che lei lo cerca nell’arte perché non l’ha voluto “nella sua fisicità”218. Il consiglio di Saba a Elsa Morante fu inoltre che lei debba ceccarsi in “questo eterno rapporto tra la madre e il fanciullo”, specie “dalla parte della madre”, e “almeno” nella scrittura219. De Ceccatty riflette sul problema di una persona che viene definita dal marito più una scrittrice che una donna, ossia una persona per cui l’esito letterario conta “più di qualsiasi altra forma di realizzazione personale”220. Secondo la stessa fonte “sono rari gli scrittori che accettano […] un verdetto che implica il sacrificio della loro esistenza privata, affettiva, sessuale”221. In altre parole, secondo De Ceccatty Elsa ha

213 Ivi, pp. 376-377. 214 Ivi, p. 406. 215 Ivi, p. 422. La liaison con Visconti è durata dal 1949 al 1953. Cfr. Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, p. 235, nota 106. 216 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, pp. 263-264. (Lettera di Elsa Morante a Luchino Visconti, gennaio 1953). 217 Morante, Daniele (a.c.d.), L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, p.190. (Lettera a Giacomo Debenedetti, 18 febbraio 1957). 218 Ivi, pp. 127-128. (Lettera da Umberto Saba a Elsa Morante, 30 giugno 1953). 219 Ibidem. 220 De Ceccatty, René, Alberto Moravia, p. 447. 221 Ibidem. 36

cercato e trovato in Alberto un compagno che rispetta “la sua identità di artista”, ma deve pagare caro, ossia “con un’insoddisfazione sentimentale e sessuale, malgrado l’affetto e l’ammirazione”222. Alla fine della relazione della coppia intorno al 1961 si ripeterà l’argomento che già nel 1942 è stato presentato da Elsa a Renata Debenedetti. Allora sarà Elsa a trovarsi nel ruolo del recipiente dell’opinione del marito:”Quello che ti fa quasi impazzire [...] non è altro che l’impossibilità di quei sentimenti assoluti che invece sono possibili nell’arte ossia in una superiore realtà”223. L’isola di Arturo esce nel 1957, vince il Premio Strega ed entra nel mercato statunitense.

222 Ibidem. 223 Grandelis, Alessandra (a.c.d.), Alberto Moravia. Quando verrai sarò quasi felice. Lettere a Elsa Morante (1947-1983), Bompiani, Milano, 2016, p. 162 (Lettera post 6 novembre – ante dicembre 1961). 37

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4. Agostino e L’isola di Arturo, corrispondenza tematica

4.1 Corrispondenza tematica

In questo capitolo si presentano alcuni aspetti tematici di Agostino e L’isola di Arturo. La forma e lo stile dei due lavori sono esaminati brevemente nel paragrafo 4.1.1. Alcuni tratti stilistici e linguistici del paratesto, che permettono una prima caratterizzazione della posizione del protagonista nella struttura dei due lavori, sono trattati nel paragrafo 4.1.2.1. La posizione iniziale dei due protagonisti prima dell’entrare nel processo di maturazione e la visione di essa sono presentate nel paragrafo 4.1.2.2. Nel paragrafo 4.1.3 segue l’analisi del processo di maturazione dei due protagonisti, e nel paragrafo 4.1.4 si presentano delle somiglianze e differenze rispetto al tema dell’adolescenza tra le due opere.

4.1.1 La forma, lo stile

Per approcciare Agostino e L’isola di Arturo si presenta in primo luogo l’aspetto della loro appartenenza a una specifica forma codificata. Mettendo le due opere in relazione con i criteri di appartenenza a una tale forma si può considerare Agostino come una novella di formazione e L’isola di Arturo come un romanzo di formazione224. Per quanto riguarda il contenuto si tratta infatti di due storie dello sviluppo di un giovane protagonista in direzione della maturità, di un percorso della scoperta della propria identità e dell’integrazione sociale allo stesso tempo. Il processo di maturazione dei due protagonisti si realizza

224 Gutjahr, Ortrud, Einführung in den Bildungsroman, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 2007, p. 7. Ortrud Gutjahr vede il romanzo di formazione come un gruppo di testi che si contradistinguono tramite sia costanti transtoriche che profili specificamente relativi ad un’epoca, cfr.ibidem..È vero che Franco Moretti ne Il romanzo di formazione (1999) dichiara la morte definitiva della forma alla fine della prima guerra mondiale, in base alla crisi della funzionalità della categoria dell’esperienza nel romanzo e la sostituzione di essa con il trauma, il che favorisca le forme breve di short story e di Bildungsnovelle, cfr. Moretti, Franco, Il romanzo di formazione, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 1999, pp. 257-258. La tesi di Moretti fu abbandonata nel 2007 dal Convegno omonimo organizzato dalla Mod (Società italiana per lo studio della modernità letteraria) dell’Università di Firenze, ad esempio nel contributo di Guido Baldi, Alla ricerca del romanzo di formazione nell’ottocento italiano, che sottolineò “la viarietà multiforme delle manifestazioni fenomeniche” dei romanzi di formazione. Cfr. Papini, Maria Carla, Fioretti, Daniele e Spignoli, Teresa (a.c.d.), Il romanzo di formazione nell’Ottocento e nel Novecento, EDIZIONI ETS, Pisa, 2007, pp. 39-55. 39

tramite esperienze di conflitto e di crisi in un contesto sociale. Il percorso di formazione riguarda sì l’adolescenza, ma rispetto all’esplorazione del mondo tramite il viaggio si tratta di due modi diversi. In Agostino il viaggio offre le prime possibilità per testare nel mondo sociale la soddisfazione dei bisogni del protagonista e la realizzabilità del suo piano di vita, ossia diventare un uomo. Però, la fine allude alla continuazione dell’adolescenza in famiglia. Ne L’isola di Arturo il viaggio comincia alla fine del romanzo225, e soltanto prelude a una vita militare durante la seconda guerra mondiale appena scoppiata. La prospettiva del narratore Arturo, che in prima persona sta raccontando le memorie della sua fanciullezza e della sua adolescenza, implica che il romanzo stesso è un progetto realizzato dal protagonista diventato narratore, mentre non dà indicazioni chiare sul destino del protagonista in guerra. Dal punto di vista formale l’Enciclopedia Treccani distingue la novella dal romanzo per “l’intreccio meno complesso e più lineare” e per ”la tendenza a una rappresentazione vivida e concreta”, mentre il suo interesse “si fonda sulla novità del fatto narrato”226, ma conclude pure che oggi la novella “sembra aver perso caratteristiche formali ben definite”227. Visto che Agostino fu scritto nel 1942, le caratteristiche formali della novella e le sue consequenze per lo stile non sembrano irrilevanti, nonostante la presentazione dell’edizione del 2014 come romanzo breve228. Si potrebbe aggiungere che le poco più di cento pagine di Agostino indicano una delle forme brevi, però, al tempo stesso si constata la debolezza dell’argomento quantitativo, visto che esistono novelle lunghe e romanzi brevi229. Le più di trecento pagine de L’isola di

225 Giovanna Rosa in Tre adolescenti nell’Italia del dopoguerra: Agostino, Arturo, Ernesto, riconosce ne L’isola di Arturo due viaggi durante l’adolescenza, ossia quello oltre le colonne d’Ercole e quello dentra la Terra Murata. Però, questi viaggi non introducono nuovi contesti sociali, ma nuove scoperte sessuali, ossia “conducono il ragazzo alla scoperta della femminilità” e “della virilità matura”. Cfr. Papini, Maria Carla, Fioretti, Daniele e Spignoli, Teresa (a.c.d.), Il romanzo di formazione nell’Ottocento e nel Novecento, p. 115. 226 Cfr. novella, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/novella/ (ultima verifica 2-3-2017) 227 Ibidem. 228 Moravia, Alberto, Agostino, Bompiani/RCS Libri S.p.A., Milano, 2014 (or. 1944). 229 Ivi, pp. 175-182. L’edizione di Agostino discussa in questa tesi è stata accompagnata da un Appendice che contiene i testi Il caso Moravia di Umberto Saba, e“Agostino”di Alberto Moravia, di (pubblicato per la prima volta ne “Il Mondo” del 3 dicembre 1945). Gadda usa i termini “romanzetto” (p. 175), “romanzo” (p. 179 e p.180) e “racconto” (p. 175, p. 177 e p.182) per riferirsi ad Agostino. Mentre Moretti nel 1999 considera I turbamenti del giovane Törless (1906) di Musil una novella, l’edizione tedesca del 2013, contenendo poco più di duecento pagine, si chiama - sul frontespizio - un romanzo, cfr. Musil, Robert, Die Verwirrungen des Zöglings Törleß, Deutscher Taschenbuch Verlag GmbH & Co KG (DTV), München 2013. 40

Arturo230 invece non lasciano dubbi che si tratta di un romanzo, e che ci si possono aspettare in questo lavoro un intreccio complesso e prolisso e uno stile elaborato.

4.1.2 Il protagonista

4.1.2.1 Alcuni aspetti paratestuali rispetto al protagonista

In Agostino alcuni tratti stilistici e linguistici del paratesto indicano la prominenza del protagonista. In primo luogo, il titolo della novella e il nome del protagonista sono identici, annunciando che il protagonista domina gli altri elementi narrativi della novella. In base al titolo non è già da determinare se il nome Agostino sia semanticamente neutro o no231. In secondo luogo, la suddivisione del contenuto in cinque capitoli enumerati rassomiglia a un dramma in cinque atti secondo l’Ars Poetica di Orazio232. La convenzione del dramma in cinque atti implica uno schema piramidale233 dello sviluppo dell’azione per sistemare i cinque atti in direzione di uno scopo alla fine, basandoli sul destino del protagonista234. Si tratta in Agostino pertanto di una scelta per la centralità del protagonista e per l’analogia con una struttura drammatica del teatro che supporti bene e in modo consistente un aspetto convenzionale del romanzo di formazione che già situa lo scopo dello sviluppo dell’azione alla fine.

230 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2014 (or. 1957). 231 Moravia vede retrospettivamente nei suoi libri “di volta in volta”[…]“una ricerca, che io dico di ‘voce’, e che in pratica è stilistica”[…]”Spesso quel che mi divertiva era doppiare uno scrittore, rifarlo a modo mio”. Cfr. Siciliano, Enzo, Alberto Moravia. Vita, parole e idee di un romanziere, Bompiani, Milano, 1982, p.66 e 69. In questo senso si potrebbe pensare a una connessione tra Agostino e le Confessioni (397-398) di Sant’Agostino (354-430), opera autobiografica nello stile di una preghiera, in cui Agostino d’Ippona descrive la sua adolescenza, cfr. Sant’Agostino, Le Confessioni, RCS Libri S.p.A (Grandi classici BUR), Milano 2015. 232 Quinto Orazio Flacco (65-8 a. C.), Ars poetica (o Epistula ad Pisones) nelle Epistole, II.3.189, s.d., 13 a. C. Cfr. http://www.gutenberg.org/files/14020/14020-h/14020-h.htm#HORACES_BOOK_ UPON_THE _ART_ OF_ POETRY , (ultima verifica 21-3-2017). Una struttura alternativa in Agostino sarebbe la tripartizione secondo Aristotele: inizio, fine e la parte interposta tra cui, però tale struttura è spostata al livello testuale in Agostino. 233 Wilpert, von, Gero, Sachwörterbuch der Literatur, Alfred Kröner Verlag, Stuttgart, 1989 (7.Ed.), p. 208. 234 Ivi, p. 208. Lo scopo alla fine distingue questo tipo di dramma da quello “analitico”, che si sviluppa retrospettivamente. 41

Ne L’isola di Arturo235 il titolo esprime un rapporto tra due elementi narrativi: lo spazio e il protagonista. Da un punto di vista linguistico Arturo è stato subordinato due volte agli altri termini del titolo236, e solo nell’ultimo passo dell’analisi linguistica Arturo è percepibile come indipendente dalla sua funzione di postmodificatore. Il sottotitolo Memorie di un fanciullo aggiunge una distanza doppia, ossia quella temporale e personale: l’isola di Arturo si è trasformata in memorie e Arturo è diventato un anonimo proprietario di queste memorie. Si ripete nel sottotitolo la subordinazione linguistica del personaggio agli altri termini, ossia di “un fanciullo” alle sue memorie. La giustapposizione di titolo e sottotitolo prefigura uno sviluppo del protagonista - dal personaggio Arturo al narratore Arturo, o dall’esperienza alla scrittura - che secondo le convenzioni del romanzo di formazione dovrebbe essere un processo di maturazione. Però, il sottotitolo non impedisce che il narratore sia ancora un fanciullo. Una citazione dal poema Il fanciullo appassionato237 (1910-1912) di Umberto Saba accompagna l’insieme di titolo e sottotitolo, sottolineando l’immaginazione autobiografica del romanzo:”Io, se in lui mi ricordo, ben mi pare…”238. Un tale procedimento intertestuale si realizza pure in connessione con i titoli dei capitoli I, VI, VII, e VIII, che intensifica in modo poetico e musicale l’invasione di qualche io lirico che interferisce con la voce narrante. Le citazioni sono prese dal poema Era l’alba su i colli e gli animali239 della raccolta Poesie (1939) di Sandro Penna (Cap. I)), dall’aria di Cherubino240 nell’opera buffa Le Nozze

235 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, cit. Il titolo fa pensare all’isola di Graziella, protagonista del romanzo Graziella (1849) dello scrittore francese Alphonse de Lamartine, che contiene le sue memorie del rapporto idillico con la povera corallaia procidana,. Il poeta francese Alphonse de Lamartine (1790-1869) fu un “esponente del romanticismo”. Cfr. Trompeo, Pietro Paolo, s.l., 1933, Lamartine, Alphonse-Marie-Louis, de, http://www.treccani.it/enciclopedia/alphonse-marie-louis-de-lamartine_(Enciclopedia- Italiana)/ (ultima verifica 14-7-2017). 236 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, cit. La testa del sintagma nominale del titolo è “L’isola”, e il complemento è “di Arturo”, poi, nel complemento la testa del sintagma preposizionale “di Arturo” è “di” e il complemento è “Arturo”, cfr. ibidem. 237 Saba, Umberto, Il Canzoniere (1900-1954), Giulio Einaudi Editore, s.p.a., Torino, 1961 (quinta ed.def.), pp. 104-105. 238 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 7. Nel contesto originario la citazione fa parte del testo seguente:“Io, se in lui mi ricordo, ben mi pare che il suo cuore non debba ancor sapere quella che in ogni nostra cura è ascosa, malinconia amorosa”, cfr. Saba, Umberto, Il Canzoniere (1900-1954), pp. 104-105. 239 La combinazione di titolo e citazione è rispettivamente: Re e stella del cielo / …Il Paradiso altissimo e confuso…. Cfr. Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 11. 240La combinazione di titolo e citazione è rispettivamente: Il bacio fatale / Ricerco un bene fuori di me, Non so chi’l tiene non so cos’è, (atto II, scena II), cfr. ivi, p. 259. 42

di Figaro (1786) di W. A. Mozart (Cap. VI), dal poema Le coeur supplicié241 (1871) di Arthur Rimbaud (Cap. VII) e dall’aria di Figaro242 ne Le Nozze di Figaro (Cap. VIII)). La citazione del poema di Penna, che accompagna il titolo del primo capitolo è stata modificata in modo rigoroso. Nel poema di Penna si legge:”Altissimo e confuso, il paradiso della mia vita non aveva ancora volto. Ma l’ospite alla terra, nuovo, già chiedeva l’amore, inginocchiato”243, e nel romanzo di Elsa Morante si legge: “…il Paradiso altissimo e confuso …”244. Colpisce nella citazione la cancellazione dell’unità di forma e contenuto, elemento costitutivo del significato del poema originale245. Il risulato di ciò è un nuovo ordine delle parole e la rilevanza della metafora “Paradiso”, che ha perso le connotazioni profane dell’originale. La citazione di Penna, che ha soltanto valore per il primo capitolo, ripete il motivo dell’annuncio dell’adolescenza maschile, che è già visibile nella citazione di Saba con valore per l’insieme del romanzo. Si tratta infatti di una caratterizzazione del ragazzo come un “non […] ancor” (Saba)246 e un “non […] ancora” (Penna), che riferisce alla preadolescenza. Il valore semantico del nome Arturo non è ancora determinabile in base al titolo o in base al sottotitolo. Sarà il titolo del primo capitolo Re e stella del cielo ad introdurre un legame letterario e astrologico del nome, che allude ad Artù, figura leggendaria247 e ad Arturo, stella principale della

241 La combinazione di titolo e citazione è rispettivamente: “La Terra Murata” / “O flots abracadabrantesques”, cfr. ivi, p. 297. Il poema di Rimbaud consiste di tre strofe di otto versi, da cui Elsa Morante ha preso il quinto verso della seconda strofa, ossia quella iconica, cfr. s.n., s.l., s.d., http://abardel.free.fr/petite_anthologie/le_coeur_panorama.htm (ultima verifica 21-4-2017). 242 La combinazione di titolo e citazione è rispettivamente: “Addio”/“Non più andrai, farfallone amoroso notte e giorno d’intorno girando, delle belle turbando il riposo”...”Coi guerrieri, poffarbacco!” Cfr. ivi, p. 319.. Si tratta di atto I, scena VIII dell’opera mozartiana. La citazione è stata modificata e modernizzata da Elsa Morante. Nell’originale l’aria ha cinque strofe. Morante ha usato i tre primi versi della seconda strofa e il primo verso della quarta strofa. La quarta strofa contiene otto versi, di cui il primo è:”Tra guerrieri poffar Bacco!”. Cfr. Da Ponte, Lorenzo, Le nozze di Figaro, redazione Intra Text, s.l., 2007 (orig. 1786) http://www.intratext.com/IXT/ITA1755/_INDEX.HTM (ultima verifica 21-4-2017). 243 Genna, Giuseppe, Sandro Penna (e una nota di Cesare Garboli), s.l., 2012. Cfr. https://giugenna.com/2012/10/02/sandro-penna- poesie-e-una-nota-di-cesare-garboli/ (ultima verifica 14-7-2017). 244 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2014 (or. 1957), p. 11. 245 Nel poema di Penna il punto principale della frase si trova alla fine, quindi solo dopo un tempo di sospensione si spiega l’argomento. Cfr. Morante, Elsa, L’isola di Arturo, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2014 (or. 1957), p. 9. 246 Saba, Umberto, Il Canzoniere (1900-1954), Giulio Einaudi Editore, s.p.a., Torino, 1961 (quinta ed.def.), pp. 104-105. 247 Artù è una “Figura leggendaria di sovrano (6°-7° sec.) della Britannia merid. (Inghilterra del SO e Galles meridionale). A. avrebbe resistito con i suoi sudditi, di civiltà romana, agli invasori sassoni [...]. Alla sua figura fa capo il ciclo di leggende della cd. Tavola Rotonda”. Cfr. artù, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/en ciclopedia/artu/ (ultima verifica 28-3-2017). 43

costellazione Boote248. Inoltre due altri titoli di capitoli, Regina delle donne (Cap. IV) e La Terra Murata (Cap. VII), riferiscono alla stessa classe di connotazioni connesse al mondo leggendario di una figura come Artù. La suddivisione del contenuto di L’isola di Arturo in otto capitoli numerati e titolati, che a loro volta si suddividono in paragrafi titolati, è preceduta da una dedica. Questa dedica è un poema di Elsa Morante249, in cui l’io lirico parla con e su un suo ragazzo, promettendo che lui non saprà “la legge”, che all’io lirico “ha spezzato il cuore: fuori del limbo non v’è eliso”250. Pare che una profonda desolazione del mondo giustifichi l’isolamento assoluto del ragazzo, tale da escludere la sua maturazione in un contesto esterno a quello originario.

4.1.2.2 La posizione iniziale del protagonista

4.1.2.2.1 Agostino

In Agostino la posizione del protagonista prima dell’entrare nel processo di maturazione è descritta nelle prime pagine della novella. Si tratta dell’episodio ancora prima dell’arrivo dell’uomo che diventerà l’amante della madre. La prima frase in questa parte del testo comunica subito informazioni chiavi della visione rispetto al protagonista. Il testo della frase è il seguente: “Nei primi giorni d’estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in patino”251. Salta agli occhi l’unità di tempo, spazio e azione. Due indicazioni di

248 Arturo è la “Stella principale della costellazione del Boote (α Bootis), di grandezza 0,2, spettro K0, colore giallo rossastro, distanza 33 anni luce. È una stella gigante, con diametro pari a 23 volte quello del Sole, e luminosità 80 volte il Sole”. Cfr. arturo, s.n., s.l., s..d., http://www.treccani.it/enciclopedia/arturo/ (ultima verifica 28-3-2017). 249 Elsa Morante dedica il poema “a Remo N”, cfr. Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 5. L’anagramma assomiglia all’inversione di N. Omera, ossia un Omero al femminile che si chiama N(essuna). Da questo punto di vista l’anagramma sia un gioco allusivo con l’episodio dell’Odissea (IX) in cui Ulisse si chiama Nessuno per garantire il suo uscire dalla grotta del ciclope Polifemo, e pure un’allusione all’unità di autore e protagonista (Nessuna/Nessuno). Inoltre il motivo della grotta si presenta esplicitamente al livello narrativo del romanzo morantiano, ossia alla fine de L’isola di Arturo, cfr.ivi, p. 359. 250 Ivi, p. 5. 251 Moravia, Alberto, Agostino, Bompiani/RCS Libri S.p.A., Milano, 2014 (or. 1944), p. 47. Nelle citazioni seguo la critica recente rispetto al lessico di Moravia del testo del 1945 che si ripropone nell’edizione del 2014. Simone Casini ha motivata questa scelta della critica nell’introduzione di questa edizione. Si tratta perciò nelle citazioni del patino (e non del settentrionale pattino). Le stesso vale per l’uso da parte di Moravia di altre parole come ad esempio mozzone e mozzicone (che si presentano entrambi sulla stessa pagina: p. 72), e per il suo uso del voi fascista (e non del lei postbellico). Cfr.ivi, pp.39-40. 44

tempo “nei primi giorni d’estate” e “tutte le mattine” sottolineano la specifica qualità del tempo, ossia l’annuncio di uno spazio di tempo: quello dell’estate e del giorno. Questo spazio di tempo è ancora aperto e vuoto. La terza indicazione di tempo, l’imperfetto del verbo uscire, situa le scene nel passato, che aggiunge la distanza temporale tra voce narrante e l’oggetto narrato alla distanza già creata dal narratore che racconta in terza persona con punto di vista limitato. Il soggetto della frase non è Agostino, ma la coppia “Agostino e sua madre”. Questo motivo dell’unità di due elementi si ripete nella forma specifica del pattino che è costituito da “due galleggianti paralleli”252. L’azione della coppia è “uscire sul mare”, che aggiunge il motivo dell’invasione di uno spazio geografico aperto e vuoto, che implica la ripetizione degli attributi del tempo menzionati sopra. L’assenza di dettagli rispetto alla percezione visuale o all’attitudine emozionale dei personaggi nella frase iniziale permette una percezione del protagonista come marcato dall’essere una parte di una coppia. Dalla caratterizzazione di tale condizione del protagonista in questa prima frase la novella prende spunto. Nella seconda frase il motivo della coppia viene specificato e si presenta un primo aspetto dell’attitudine dei personaggi. Il testo è il seguente:“Le prime volte la madre aveva fatto venire anche un marinaio, ma Agostino aveva mostrato per così chiari segni che la presenza dell’uomo l’annoiava, che da allora i remi furono affidati a lui”253. L’attitudine della madre si distingue da quella del figlio per il grado di interesse all’unità con lui e per il grado di autonomia rispetto alla difesa di tale interesse. Agostino da sua parte si limita alla resistenza passiva, espressa dalla noia. In questo modo indiretto il figlio cambia la situazione e diventa la guida della barca, ottenendo senza altro merito specifico l’attributo del ruolo di uomo adulto, simbolizzato dai remi del pattino. La terza frase chiarisce l’interesse di Agostino all’unità con la madre. Il testo consiste di due similitudini:“la madre discorreva pianamente lieta e serena come il mare e il cielo,”[…] “come se lui fosse stato un uomo e non un ragazzo di tredici anni”254. Le due similitudini e le due forme del verbo essere, “fosse” e “stato”, sanzionano una percezione illusoria del figlio. Negate vengono l’età come criterio di demarcazione tra le generazioni e la necessità di un processo di maturazione per diventare un uomo adulto. Nelle frasi seguenti si aggiunge alla percezione illusoria un comportamento artificiale e teatrale del figlio. Qui si focalizza l’attenzione sulla contraddizione tra il ruolo esibito (adulto) e la persona segreta (immatura)

252 Cfr.pattino, s.n., s.l, s.d. http://www.treccani.it/vocabolario/pattino1/ (ultima verifica 9-4-2017). La forma del pattino simbolizza una simbiosi. 253 Moravia, Alberto, Agostino, Bompiani/RCS Libri S.p.A., Milano, 2014 (or. 1944), p. 47. 254 Ibidem. 45

del protagonista. La teatralità si esemplifica ripetutamente in frasi come le seguenti:“Gli pareva che tutti i bagnanti della spiaggia li osservassero ammirando sua madre e invidiando lui”, ”convinto di avere adosso tutti gli sguardi”, “sotto gli occhi attenti di centinaia di spettatori”,”con desiderio segreto che altri lo udisse”,”prolungare sia pure di pochi momenti lo spettacolo della loro partenza”255. Alla fine di questa sezione del testo la voce narrante definisce la condizione mentale di Agostino come ”il turbamento e l’infatuazione di questa sua filiale vanità” e prelude al tempo stesso a una lunga durata di essi256. Nell’ultima sezione si fissa l’attenzione del figlio sulla sensualità e sull’intimità del rapporto con la madre, già anticipata dal narratore tramite le parole “grande e bella donna” e “costume”257 nelle sezioni precedenti, ma adesso per la prima volta esplicitata con la ripetizione di elementi del campo semantico “corpo”258. La sezione consiste delle cinque scene seguenti. La prima scena è il bagno di madre e figlio. La madre prende due volte l’iniziativa e Agostino la segue tutte e due volte. La prima volta la madre inizia un gioco sportivo, talvolta sfidando il figlio a raggiungere un “pezzo di sughero galleggiante a qualche distanza”259. La seconda volta non viene descritta in termini di sfida da parte della madre ma in termini di desiderio del figlio. Quando la madre si inabissa il figlio non continua a giocare indipendentemente, ma percepisce la madre come l’oggetto da raggiungere:”Agostino vedeva il corpo della madre inabissarsi”, ”subito le si slanciava dietro, con desiderio di seguirla ovunque”,”si gettava nella scia materna”,”gli pareva che […] l’acqua […] serbasse la traccia del passaggio di quel corpo amato”260. La parola “traccia” e le forme dei verbi usati in questa scena esprimono l’aspetto dell’attività da parte del figlio, con connotazioni della caccia come vedere, seguire, slanciarsi dietro, gettarsi nella scia. La scena dimostra un tratto pertinente alla tendenza motivazionale del figlio, ossia l’assenza dell’impulso di progettare e seguire uno scopo esterno alla madre. La seconda scena contiene due riflessioni dei personaggi sul pattino rispetto alla bellezza del mare e del cielo, in cui riecheggia al livello del conscio lo schema della prima scena. La madre invita il figlio a

255 Ivi, p. 48. 256 Ibidem. Questa definizione del narratore esemplifica in modo letterario il pensiero psicoanalitico di Sigmund Freud nel saggio Zur Einführung des Narzissmus del 1914 rispetto alla megalomania del narcissismo. Cfr. Freud, Sigmund, Kleine Schriften II - Kapitel 9, http://gutenberg.spiegel.de/buch/kleine-schriften-ii-7122/9 (ultima verifica 12-5-2017). 257 Ivi, p. 47 e p. 48 rispettivamente. Si tratta del costume di bagno della madre e il corteggiamento del figlio:”Talvolta la madre si presentava in un costume nuovo; e lui non poteva fare a meno di notarlo ad alta voce”, cfr. ivi, p. 48. 258 Ivi, pp. 48-50. 259 Ivi, p. 48. 260 Ibidem. 46

godere della bellezza del mare e del cielo, ma il figlio non risponde perché “il godimento di quella bellezza”[…]”egli lo doveva soprattutto all’intimità profonda in cui erano immersi i suoi rapporti con sua madre”261. Anzi, Agostino si domanda “che sarebbe rimasto di questa bellezza” se non ci fosse stata “questa intimità”?262. La scena focalizza l’attenzione sulla persona privata e chiusa del figlio, e sulla sua impotenza a modificare il suo schema di azione. Nella terza scena la madre pare assopirsi e il figlio “si guarda intorno e guarda la madre” e non fiata “per timore di turbare quel sonno”263. Questa terza scena non solo funziona come pausa tra le due prime e le due ultime scene ma introduce pure il motivo del senso di soggezione da parte del figlio. Nella quarta scena la madre apre gli occhi e parla del piacere nuovo di sentire l’acqua ondeggiare sotto la schiena264, lei pure domanda al figlio di accendere una sigaretta per lei e poi fuma in silenzio. Il figlio gira la testa di fianco per seguire le nuvolette di fumo che indicano il luogo dove la madre si trova. In questa scena si tratta per la prima volta di due inviti espliciti al figlio a farsi coinvolgersi nel godimento fisico della madre. Qui riecheggia la prima scena in una forma passiva, e adesso ambientata non nell’acqua ma nell’aria: il seguire delle nuvolette di fumo sostituisce il seguire della traccia del passaggio del corpo della madre nell’acqua. Nella quinta scena la madre prega il figlio di remare e di non voltarsi, visto che lei sta esponendo tutto il corpo al sole, “tolto il reggipetto e abbassato il costume sul ventre”265. La scena si conclude con la percezione del figlio remante, chiarita per mezzo di due similitudini. Agostino “si sentiva fiero di questa incombenza come di un rito a cui gli fosse concesso di partecipare”, e “sentiva il corpo, là dietro di lui, nudo al sole, come avvolto in un mistero cui doveva la massima venerazione”266. Con questa rappresentazione narrativa di un tabù d’incesto267 si conclude l’introduzione della posizione iniziale del protagonista.

261 Ivi, p. 49. 262 Ibidem. Il testo cambia lo stile in una singola frase che produce ambiguìtà. La frase nell’originale è la seguente: “Non ci fosse stata questa intimità, gli accadeva talvolta di pensare, che sarebbe rimasto di questa bellezza?” Cfr.ibidem. 263 Ivi, p. 49. La seguenza delle parole “si guarda intorno e guarda la madre” sottolinea ancora una volta la tendenza retrocessiva della percezione del figlio, cfr. ibidem. 264 La schiena è “l’equivalente di dorso, ma d’uso più fam. e pop.”. Cfr. schiena, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/vocabolari o/schiena/ (ultima verifica 12-4-2017). 265 Moravia, Alberto, Agostino, p. 50. 266 Ivi, p. 50. 267 Il tabù in ”psicanalisi [...] indica ogni atto proibito, oggetto intoccabile, pensiero non ammissibile alla coscienza, come nel caso emblematico dell’incesto”. Cfr. tabù, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/vocabolario/tabu/ (ultima verifica 13-5-2017). 47

4.1.2.2.2 Arturo

Ne L’isola di Arturo la posizione del protagonista prima dell’entrare nel processo di maturazione si trova nel primo degli otto capitolo del romanzo. Si tratta di circa sessanta pagine che rappresentano circa un quinto del totale e che contengono l’episodio prima dell’arrivo di Nunziata, la nuova sposa del vedovo Wilhelm Gerace, padre del protagonista Arturo. In questo capitolo il narratore presenta, prevalentemente in prima persona e alternando l’imperfetto con il presente, la visione di Arturo di se stesso, della sua storia e del suo ambiente. Sono state narrate la consapevolezza di sé del tredicenne Arturo e le certezze personali del ragazzo, che compensano la sua solitudine e il suo abandono, inoltre la genealogia della famiglia, la storia della casa e la geografia dell’isola di Procida. Il titolo del capitolo Re e stella del cielo introduce i modelli mentali del protagonista, che fungono da componenti della sua consapevolezza di sé. La prima frase presenta l’unità di essi – il nome - in modo lodante:”Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome”268. Contrario al titolo il primo modello menzionato è la stella Arturo con “la luce più rapida e radiosa della figura di Boote”, e il re Arturo, “comandante a una schiera di fedeli” e dal re trattati “come fratelli”269 è il secondo. Inoltre, dopo la scoperta che il re Arturo è “soltanto leggendario”, il protagonista lo lascia per orientarsi verso i “re più storici”270. Si innalza allora il terzo modello, che è la madre morta durante il parto all’età di diciotto anni, e di cui il ragazzo in realtà sa poco, ma che è “più che una sovrana” per lui, e la cui scelta del nome Arturo gli dà un “valore araldico”271. La lode per il nome Arturo si basa quindi su un ordine dei modelli con cui il ragazzo si identifica e in cui si intravvede la trinità di figlio, padre e madre. Dal punto di vista dello sviluppo mentale del protagonista, solo rispetto al modello del re sembra che si sia consolidata la preferenza per il principio della realtà nella mente del protagonista. Però, il sottotitolo “...il Paradiso altissimo e confuso...” apparisce di nuovo nel testo, indicando “il premio” per la fede di Arturo dedicata al padre, ma questo premio è “tanto lontano” che il ragazzo non riesce a “raggiungerlo nemmeno in sogno”272. Gli altri due modelli – la stella come l’io ideale, e la madre morta – non sono ambigui. L’insieme indica una posizione iniziale che è più o meno divisa in compartimenti stagni.

268 Ivi, p. 11. 269 Ibidem. 270 Ibidem. 271 Ibidem. 272 Ivi, p. 68. 48

La costellazione delle tre rappresentazioni mentali qui descritte prefigura le possibilità dello sviluppo dell’intreccio del romanzo. In primo luogo, rispetto all’io ideale, le leggi astronomiche non impediscono la caduta di una stella o l’apparizione di una nuova stella; poi, rispetto alla figura paterna, il figlio sarà capace di lasciarla per modelli “più storici”273; e terzo, rispetto alla figura materna, il protagonista possa sviluppare l’arte del suo trovare conforto nella memoria. Il motivo della figura di Boote non si limita alla descrizione del cielo notturno, ma ritorna pure in quella dell’ex proprietario della casa, ossia il ricco spedizioniere Romeo l’Amalfitano. Questa figura, alla fine di una vita di omosessualità esuberante nella sua Casa dei guaglioni – un altro aspetto del motivo del re e della sua schiera - lasciò questa casa e una grande fotografia con una dedica al suo protetto Wilhelm Gerace, diciannovenne e futuro padre di Arturo. Nella fotografia di Romeo (con due cani e un bastoncino) Arturo vede la somiglianza con la figura di Boote, che secondo una delle rappresentazioni tradizionali è un pastore con due cani e un bastone274. Alcuni altri aspetti del motivo sono l’immagine pastorale nella descrizione delle case dell’isola:”le case [...] appaiono da lontano proprio simili a un gregge sparso ai piedi del castello”275, e il latte di capra con cui il quattordicenne Silvestro ha fatto sopravvivere l’infante Arturo276. Salta agli occhi pure di per sé la somiglianza tra le immagini di un pastore con un gregge e di un re con una schiera di fedeli. A queste immagini assomiglia inoltre la forma economica del podere ereditato dal nonno Gerace che è tenuto a mezzadria dai coloni e che permette alla famiglia Gerace uno stile di vita indipendente dalla necessità pratica, conducendo padre e figlio all’arroganza e causando il loro isolamento sociale277. Il testo del primo capitolo focalizza l’attenzione tra l’altro sulla qualità asimmetrica del rapporto tra le due figure di una coppia maschile, soprattutto dal punto di vista del partner più giovane. In questo senso il motivo astronomico - Boote e Arturo - si ripete nella coppia Romeo e Wilhelm, nella coppia Wilhelm e Arturo, e nella coppia Silvestro e l’infante Arturo. I due primi rapporti danno rilievo al carattere di Wilhelm, rispettivamente nel suo ruolo di diciannovenne che gioca crudelmente con l’amore tirannico

273 Ibidem. 274 Ivi, p. 26. Il narratore chiama Romeo pure “Romeo-Boote”, cfr. ivi. p. 43 e p. 47. Boote “is traditionally depicted as a herdsman with two hunting dogs on a leash and a club in his other hand”, cfr. Constellation Guide, Constellations: a Guide to the Night Sky, s.n., s.l., 2017., http://www.constellation-guide.com/constellation-list/bootes-constellation/ (ultima verifica 29-6-2017). 275 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p.14. Il narratore si riferisce ai suoi libri, che descrivono in questo modo le case delle antiche città feudali, cfr. bidem. 276 Ivi, p. 26. Questi esempi non sono gli unici, in cui la capra gioca il suo ruolo. Arturo confronta ad esempio qualche volta l’espressione della faccia del padre con quella di una capra, cfr. ivi, p. 41. 277 Ivi, pp.19-20 e p. 36. 49

del già cieco e vecchio protettore Romeo, e nel suo ruolo di padre che abbandona il figlio Arturo, che a sua volta è ancora mentalmente cieco in base alla sua eroizzazione del padre. Il ruolo di balia asciutta del ragazzo napoletano Silvestro, che rimane a Procida per non dovere “fare il soldato”, e che sostituisce il ruolo materno nei primi anni della vita di Arturo, ritornerà soltanto alle fine del romanzo come deus ex machina per ancora una volta salvare il protagonista da una crisi connessa alla perdita della figura materna, adesso della seconda figura materna. La prima volta Silvestro ha nutrito Arturo e gli insegnato a parlare, cantare, leggere e scrivere. La seconda volta Silvestro lo condurrà alla seconda guerra mondiale. Il motivo della coppia Silvestro e Arturo e quello della seconda guerra mondiale inquadrano quindi il percorso di formazione del protagonista ma non riguardano il suo processo di maturazione durante l’adolescenza in famiglia. Questa scelta isola l’adolescenza di Arturo dalla realtà storica, corrisponde al titolo del romanzo, e rappresenta una visione specifica sulla relazione tra adolescenza e realtà storica. Una quarta coppia maschile è quella di Wilhelm e un amico che gli regalò un orologio anfibio, sul quadrante di cui c’è stampata la parola amicus278. Per mancanza di un nome di questo amico del padre, Arturo lo chiama Pugnale Algerino279. L’amico e l’orologio del padre rappresentano la sua vita segreta e dal figlio fantasticata come “quei gloriosi orienti a cui mio padre sempre ritornava”280. Nel primo capitolo il padre promette che Arturo, in futuro, potrà partire con lui per tali orizzonti e, secondo Arturo, diventare “uomo” e pari al padre281. I motivi della promessa e dell’orologio individuano quell’arco dell’intreccio del romanzo che riguarda il processo di maturazione di Arturo rispetto al padre. Nella posizione iniziale di Arturo il padre è il fondamento282 delle sei leggi personali del figlio, la prima di cui è:“l’autorità del padre è sacra”283. Le lunghe assenze del padre e i libri284 in casa spiegano il carattere compensatorio

278 Ivi, p.41. 279 Ivi, pp. 42-43. 280 Ivi, p. 43. 281 Ivi, p.45. La consapevolezza di sé di Arturo include il sentirsi “moro” in base alla stigmatizzazione da parte del padre. Pure in questo senso il protagonista sa che non può ritrovarsi mai pari al padre, che ha i capelli biondi e gli occhi “viola-celesti” della sua madre tedesca, cfr. ibidem. 282 Ivi, p. 32.”Infatti, lui era l’immagine della certezza, e tutto ciò che lui diceva era il responso di una legge universale dalla quale io dedussi i primi comandamenti della mia vita", cfr. ibidem. 283 Ivi, pp. 33-34. 284 Ivi, p. 33. Si tratta di romanzi “polizieschi e di aventure” e di “opere classiche, o di un genere scolastico o istruttivo: atlanti e vocabolari, testi di storia, poemi, romanzi, tragedie e raccolte di versi, e traduzioni di lavori famosi”. Arturo li ha “riletti tante volte” e li ricorda “quasi a memoria”. Cfr. ibidem. 50

dell’immaginazione del figlio e il fatto che le sue leggi personali rappresentano per lui “la sola realtà possibile”285. Il motivo della coppia Boote e Arturo e le differenziazioni di esso implicano la marginalità di donne. Romeo non ha tollerato delle donne in casa, la madre e la sposa di Wilhelm sono morte, e Arturo vede nella realtà non le “donne splendenti, sovrane dell’amore” dei libri ma soltanto le donne reali, che vanno come “animali intristiti”286. Le due donne morte nella famiglia perdono gradualmente la loro rilevanza per l’immaginazione di Arturo, nonostante le fotografie che hanno inizialmente suscitato la sua fantasia287. La piccola biografia della cagna Immacolatella ripete il motivo della tragica inferiorità del sesso femminile dal punto di vista biologico. Le leggi personali di Arturo non danno attenzione esplicita alla realtà della morte. Il narratore presenta tale “reticenza” come un “segno di eleganza e di sprezzo verso questa cosa odiata”288. Il protagonista vede nel suo orrore per la morte un indizio della sua immaturità vergognosa, comparabile con la paura del buio289. Fino al giorno della maturità il ragazzo si stimerà “un inferiore” e compensa questo status di ragazzino con il disprezzo del pericolo290. Il motivo che preannunzia e riassume simbolicamente la sua condizione e il suo destino, è quello del gufo della caffetteria del porto di Procida, che è legato per una catena a un asse “che sporge in alto dal muro”291. Il gufo ha “un’ala sempre sanguinante, perché lui stesso continua a straziarsela col becco”, e alla sera “prova a staccarsi a volo, e ricade, ritrovandosi qualche volta starnazzante a testa in giù, appesa alla sua catenella”292. Il punto di partenza del romanzo e l’introduzione del suo tema sembrano la rappresentazione narrativa del meccanismo psicologico della compensazione del sentimento di inferiorità293, che motiva le ambizioni del protagonista e che è connessa alla sua percezione della morte.

285 Ivi, p. 34. 286 Ivi, pp. 49-50. 287 Ivi, pp. 51-53 e p. 48. Si trattano rispettivamente dell’immagine della madre nella tenda orientale nell’aria, e dell’“Orchessa, o altra peste simile”, che rappresenta la nonna. Cfr. ibidem. 288 Ivi, p. 34. 289 Ivi, p. 35. 290 Ivi, p. 33 e p. 35. 291 Ivi, p. 13. 292 Ibidem. 293 Fu Alfred Adler (1870-1937) a cogniare nel 1911 il “sentimento di minorità” nella sua teoria psicologica dell’unità del soggetto umano e la sua orientazione in direzione di obiettivi. Nel 1920 Adler aggiunse il concetto “piano di vita” come la “vera e propria 51

4.1.3 Il processo di maturazione

4.1.3.1 Agostino

In Agostino la madre causa l’inizio del processo di maturazione del protagonista. La sua accettazione dell’invito per una passeggiata in mare da parte di un giovane, che diventerà il suo amante, crea la prima di una serie di nuove sfide per Agostino. Nel percorso che ne segue si possono dinstinguere cinque episodi con esperienze del protagonista in nuovi contesti sociali. Si accompagna all’azione un discorso riflessivo rispetto allo sviluppo mentale del protagonista. Nel primo episodio Agostino viene espulso dall’unità simbiotica con la madre. Il futuro amante della madre arriva come un’ombra parando il sole davanti ad Agostino, e si presenta alla madre come un giovane bruno con un pattino bianco294. L’immagine del nuovo personaggio allude non soltanto al topos del principe sul cavallo bianco della fiaba e della narrativa sentimentale, ma rappresenta pure un aspetto dell’iconografia cristiana, introducendo in questo modo un chiaroscuro simbolico295. La funzione del giovane è l’allontanamento degli attributi del ruolo materno che bloccano la sessualità della donna, il che per consequenza offende il figlio. Abbandonato, Agostino sente che il suo ruolo teatrale di fronte a “tutti i bagnanti” non funziona più296. Segue il periodo in cui il ragazzo non può sottrarsi alle passegiate sul mare297, durante cui la “curiosa e serrata conversazione” per Agostino è

finalità psichica della personalità sana e malata”, e nel 1933 produsse “un’ampia disamina della compensazione, riuscita e non, del sentimento d’inferiorità”. Cfr. s.n, s.l., s.d., Adler, Alfred, http://www.treccani.it/enciclopedia/alfred-adler/ (ultima verifica 10-7- 2017). Il paradigma di Adler si oppone all’ipotesi di Freud, secondo cui “un’attività psichica inconscia indipendente dai processi volitivi coscienti e tendente alla soddisfazione di esigenze istintuali dette pulsioni” preoccupa la psiche umana e la personalità. Cfr. s.n., s.l., s.d., Psicanalisi, http://www.treccani.it/enciclopedia/psicanalisi/ (ultima verifica 10-7-2017). 294 Moravia, Alberto, Agostino, p. 50. 295 Si tratta in primo luogo del corpo scuro del diavolo, cfr. diavolo, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/enciclopedia/diavolo/ (ultima verifica 15-7-2017), e, secondo, della luce nel senso dantesco, che è “il mezzo sensibile più adatto a esprimere la perfezione e gli esseri spirituali”. Rispetto all’ombra, Dante ha “intuito la potenza figurativa dell'ombra”, cfr. Buffano, Antonietta; Mellone, Attilio; Di Pino, Guido, luce, s.l, 1970, http://www.treccani.it/enciclopedia/luce_(Enciclopedia-Dantesca)/ (ultima verifica 15-7-2017). 296 Moravia, Alberto, Agostino, p. 51. 297 Ivi, p. 59. 52

impossibile da decifrare298. Il testo presenta degli elementi del campo semantico “oscuro”, come “allusiva”, “insinuante”, “nascondevano”, “non in grado di afferrare”299. Nelle scene del bagno Agostino vede l’effetto infantilizzante del giovane sull’atteggiamento della madre300. Il figlio sente due volte contro la guancia il ventre della madre, che produce in lui “un’ostinazione dolorosa”301, e la sua mente ricerca il senso del comportamento della coppia dietro di lui. Agostino vede, ascolta, pensa e si arrabbia, sentendosi come “un oggetto”302, e non vede “come è bello qui”303. La sua partecipazione alla comunicazione è quasi assente. Il testo contiene non più di dieci dialoghi di cui le frasi contengono soltanto tra le quattro e sette parole304. Dopo un manrovescio dalla madre “sulla guancia”, Agostino si rifugia nella cabina per piangere305. L’episodio finisce con la riflessione del ragazzo. Liberandosi con “un pianto abbondante”, Agostino quasi capisce “quelle oscure vicende”306 nelle gite in mare, e pensa alla sensazione sgradevole del ventre della madre contro la sua guancia307. “Oscure” gli sono “le ragioni della tenace sopravvvivenza” della sensazione del punto di contatto fisico308. Alla fine Agostino si perde in una fantasia del ritorno della madre affettuosa. La tendenza retrocessiva del protagonista si continua quindi al livello della memoria, la cui oscurità è sottolineata simbolicamente dal buio dello spazio. Si vede nella riflessione tra l’altro la traduzione letteraria di qualche aspetto del discorso psicoanalitico, come la voluta perdita dell’autocensura, l’attenzione per le percezioni psichiche e l’interesse conoscitivo che le guida309. Perciò sembra che la

298 Ibidem. 299 Ivi, pp.54-55. 300 Ivi, pp. 56-57. “Ma Agostino [...] attribuì quella richiesta di aiuto e quei dimenamenti del corpo che pareva compiacersi in femminili goffaggini, al nuovo spirito che aveva già operato in lei tanti e così sgradevoli cambiamenti”, cfr. ibidem. 301 Ivi, p. 58. 302 Ivi, p. 55. 303 Ivi, p. 56. 304 Ivi, pp. 49-66. 305 Ivi, pp. 63-64.. 306 Ivi, p. 65. 307 Ivi, pp. 65-66. La coppia “guancia” e “ventre”, e le parole che riferiscono a essa, appariscono sette volte in un contesto di soltanto sei frasi. La combinazione delle parole “ventre” e “bruciore” contiene gli elementi chiavi del titolo della pochade Le ventre brûlé ou la mère folle di Antonin Artaud (1896-1948), con cui nel 1927 fu inaugurato il Teatro Alfred Jarry a Parigi, cfr. Cromez, Thomas, Artaud the Parodist? The Appropriations of the Théâtre Alfred Jarry,1927-1930, 2005, [PDF]Artaud, the Parodist? The Appropriations of the Théâtre ... - zombrec p. 1, (ultima verifica 30-5-2017). 308 Moravia, Alberto, Agostino, p. 66. 309 Freud, Sigmund, Die Traumdeutung, Fischer Taschenbuch Verlag GmbH, Frankfurt am Main, 2011 (or. 1900), p. 115. 53

visione dell’adolescenza fin qui sia quella di una fase di sviluppo in cui il soggetto rivive il conflitto paradigmatico del “complesso di Edipo”310. Il secondo episodio comincia quando non la madre affetuosa ma il ragazzo Berto entra nella cabina dove Agostino, in uno stato di dormiveglia, si è nascosto311. L’incontro con Berto introduce il viaggo di Agostino dal bagno Speranza al bagno Amerigo Vespucci, e il suo entrare nel gruppo di ragazzi con il loro capo pedofilo Saro. La descrizione del primo giorno di Agostino in compagnia di questi nuovi personaggi prende lo spazio di due capitoli della novella. Durante la mattina, si tratta del primo incontro (Cap. II). Nel pomeriggio inizia l’episodio terzo che contiene la gita in barca di Agostino e Saro, seguita dalle attività sessuali nel canneto (Cap. III). Dopo questo giorno Agostino visita il bagno Vespucci regolarmente, il che conduce all’episodio quarto in cui avvengono l’incontro con un uomo e suo figlio, e la passeggiata sul mare di Agostino con loro (Cap. IV). Il quinto episodio, alla fine d’estate, racconta l’esperienza di Agostino nella casa di tolleranza, seguita dal ritorno definitivo alla madre (Cap. V). I tre episodi in mezzo all’insieme dei cinque rappresentano il mondo maschile del bagno Vespucci come la controparte del mondo femminile del primo e dell’ultimo episodio, e sono per questa ragione discussi in sintesi. Nell’insieme dei tre episodi si concentrano alcune indicazioni chiavi per una riconsiderazione del contenuto e dello stile del testo. In primo luogo si intravvede in cui il modello di qualche parte della Commedia Divina di Dante Alighieri312. I motivi che sostengono il rapporto tra Agostino e il testo dantesco sono cospicui. Alcuni esempi nel secondo episodio sono: l’oscurità della memoria del protagonista in combinazione con la “rada e afosa oscurità” della cabina in Agostino e “la selva oscura ché la diritta via era smarrita” (Inf.I v.2-3)313, la porta “socchiusa” della cabina in Agostino e il “fesso che muro diparte” che si dimostra una porta (Purg.IX v.75-76), la scaletta della cabina in Agostino e “i tre gradi” (Purg.IX v.76), il tacere imposto da Berto e il “portier ch’ancor non facea motto” (Purg.IX v.78), la richiesta di Agostino di far parte del gruppo di Berto e “mi girrai a’santi piedi; misericordia chiesi e ch’el m’aprisse,” (Purg.IX v.109-110), le due

310 Freud, Sigmund, Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, Fischer Taschenbuch Verlag GmbH, Frankfurt am Main, 2016 (or.1916-‘17), pp.306-341. Freud ha usato Edipo re (415-412 a.C.) di Sofocle, integrando aspetti metaforici e finzionali nei suoi concetti teorici, cfr. ivi, pp. 321-323. 311 Moravia, Alberto, Agostino, p. 66. 312 Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel I, Inferno, Deel II, Purgatorio, Deel III, Paradiso, Primavera Pers (edizione bilingue italiano/olandese, traduzione Rob Brouwer, introduzione Ronald de Rooij), Leiden, 2005, cit. 313 Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel I, Inferno, pp. 1-3. 54

scattole di sigarette in Agostino come prezzo dell’amicizia e le “due chiavi” che “fece alla porta sì ch’i fu contento” (Purg.IX v.117-120), il quasi strangolare e le vertebre scricchiolanti del collo del protagonista in Agostino che riferiscono agli “spigoli di quella regge sacra” che producono un suono che “non rugghiò sì né si mostrò sì acra Tarpea, come tolto le fu il buono Metello” (Purg.IX v.133-138)314. In secondo luogo il nome del nuovo personaggio Berto fa cenno al nome dell’autore Alberto Moravia stesso, e riecheggia il cenno dell’autore Dante rispetto al contenuto e allo stile nella Commedia Divina (Purg.IX v.70-72), quando il poeta indirizza la strofa iniziale al “Lettor”315. Si tratta dell’arrivo di Dante e Virgilio alla porta del Purgatorio, dove i due personaggi incontrano la guardia della porta316. Mentre Dante trasforma lo stile con l’applicazione di “più arte”, perché leva più in alto la sua “matera”317, Moravia fa lo stesso, ma nella direzione opposta318. Rimanendo nella metafora spaziale del poeta della Commedia, in Agostino l’autore, mascherato come Berto, introduce l’abbassamento della “matera” e il passaggio stilistico dalla descrizione di riflessioni all’immediatezza del dialogo e all’accelerazione dell’azione. Quando non la madre ma Berto entra nella cabina, il motivo spaziale della porta socchiusa mantiene con la sua inquadratura il senso di continuità della sequenza delle immagini contrastanti di questi due personaggi, e il ritorno dell’autocensura in Agostino a sua volta dirige la sottomissione del ragazzo alla rappresentazione della sostituzione della madre. Con questo intervento Moravia unisce la prospettiva freudiana rispetto al sogno319 con la selezione e ricomposizione di elementi del materiale della Commedia Divina320. Allora si presenta in Agostino per la prima volta l’impulso di seguire uno scopo esterno alla

314 Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel II, Purgatorio, , pp.154-161 (tutte le citazioni del Purgatorio IX).. 315 Ivi, p. 154. “Lettor, tu vedi ben com’io innalzo la mia matera, e però con più arte non ti meravigliar s’io la rincalzo”. (Purg.IX v.70-72). Cfr. ibidem. 316 Ibidem. 317 Dante va in alto sulla montagna (Purg. IX v.70-72), cfr.ibidem. 318 Agostino è ruzzolato “giù da un’illusione come da una montagna”, entra nell’oscurità e poi nell’altro mondo, cfr. Moravia, Alberto, Agostino, p. 53 e pp. 65-70. 319 Freud, Sigmund, Die Traumdeutung, pp. 482-486 (Kap. VI.I, Die sekundäre Bearbeitung). “Es ist unzweifelhaft, daß die zensurierende Instanz, deren Einfluß wir bisher nur in Einschränkungen und Auslassungen im Trauminhalte erkannten, auch Einschaltungen und Vermehrungen desselben verschuldet”, cfr. ivi, p. 483. “Es kommen so Träume zustande, die [...] gehen von einer möglichen Situation aus, [...] und bringen es [...] zu einem nicht befremdenden Abschluß”, cfr.ivi, p. 484. 320 Rilevante è l’analogia tra Agostino e la Commedia Divina rispetto allo stato liminale dei protagonisti prima del viaggo, cfr. Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel I, Inferno I v.10-12, p. 74. 55

madre. Per curiosità e per “l’istinto”, che gli suggerisce che Berto è “un’occasione”, Agostino richiede di participare al gruppo del ragazzo321. Al livello allegorico si riconosce nella scena una variante del topos di morte e rigenerazione del protagonista, però, il testo presenta l’istinto di Agostino come l’opportunismo della razionalità economica, introducendo il concetto di classe sociale nella rappresentazione psicologica del protagonista. La narrazione dello scontro tra l’istinto opportunistico del ragazzo borghese e l’avidità crudele del ragazzo popolano, la novità del concetto stesso di “istinto”, inoltre il passaggio stilistico menzionato sopra, indicano che Agostino è entrato in una realtà diversa, in cui le forze, le leggi e il linguaggio sono quelli dell’istinto, della crudeltà, dei sensi e della carne. Questa realtà si manifesta subito durante il viaggio dal bagno Speranza al bagno Vespucci322. I tratti della guida Berto323 riecheggiano le tre fiere e il ruolo di Virgilio (Inf.I v.32-90)324. La scritta Bagno Amerigo Vespucci325 ratifica la fine dell’efficacia del bagno Speranza e riferisce in modo indiretto alla scritta “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate” (Inf.III v.1-11)326. Il campo semantico della parola tana include sì il luogo a cui i ragazzi corrono secondo il loro gioco, ma pure il luogo di rettili e malviventi come i corrotti, ipocriti e ladri di Malebolge327. Nella punizione della corruzione di Berto da parte di Tortima si riconosce l’adattamento dell’Inferno XXI v.29-105328. Allora i personaggi Saro e Sandro adottano il ruolo di guida, mettendo in luce due modelli di identità

321 Moravia, Alberto, Agostino, pp.67-68. 322 Moravia, Alberto, Agostino, pp. 70-73. Berto schiazza Agostino “con forza la sigaretta ascesa sul dorso della mano”, faccendo “un salto di gioia”. Nella lotta che segue Agostino riceve “due soli colpi allo stomaco” che lo fanno “quasi tramorito”, cfr.ibidem. 323 Ivi, pp. 67-74. 324 Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel I, Inferno, pp.76-80. 325 Moravia, Alberto, Agostino, p. 73. 326 Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel I, Inferno, p. 104. 327 La parola tana apparisce due volte (Inf.XXI v. 125-126 e Inf. XXIV v. 124-126), il che suggerisce una specie di inquadratura delle tre bolge connese, cfr. Alighieri, Dante, De Goddelijke Komedie, Deel I, Inferno, p.374 e p. 418. 328 Ivi, pp. 368-372, e Moravia, Alberto, Agostino, pp. 76-77. Un dettaglio dell’adattamento è la doppia prospettiva della punizione di Berto, che, da un lato, è motivata dalla corruzione del ragazzo rispetto al gioco e, dall’altro, dal contrapasso dantesco, in quanto il testo sottolinea che Berto è maltratato da Tortima nello stesso modo in cui il ragazzo aveva maltrattato Agostino. Però, la ripetizione di un motivo è pure un aspetto dello stile laconico in Agostino. L’ispirazione dantesca in Agostino merita un’indagine da più punti di vista. Il confronto dei due testi offre un materiale più ricco che quello utilizzabile nello spazio limitato di questa tesi. 56

maschile329, rispettivamente quella omosessuale e quella eterosessuale330. Si introduce con cui il motivo anfibio - “dalla doppia vita”331 – che integrerà pure gli aspetti mentali del pendolarismo di Agostino fra il mondo della madre e quello della banda. All’efficacia del motivo contribuisce l’ispirazione tratta dalla commedia Le rane di Aristofane332. Il primo esempio di cui è l’imbarcazione333 di Saro e Agostino per Rio, che esclude il nordafricano Homs, e che richiama l’imbarcazione del nocchiero Caronte e il dio del teatro Dioniso per l’Ade, che esclude il servo Xantia334. Le dodici dita di Saro, che paiono “tentacoli”335, ossia attributi della medusa e della Medusa mitica, intensificano il senso di minaccia di morte, che qui in Agostino è associata con una prematura e forzata iniziazione omosessuale. L’aspetto orientale di Dioniso ritorna nella narrazione della gita in barca secondo la storia-cornice Mille e una notte, in cui Agostino fa la parte di Shahrazād336. Però, in Agostino non sarà la recitazione di Carducci a raggiungere la mente subliminale di Saro, ma solo la realtà

329 I nomi Saro e Sandro sono composti di “S + aro” e “S + andro”. La S è l’elemento diabolico dei composti, in quanto “la S maiuscola è il simbolo chimico dell’elemento chimico zolfo”, cfr. S, s.n., s.l., s.d. http://www.treccani.it/enciclopedia/s/ (ultima verifica 22-7-2017). Il suffisso nominale “aro” che “serve a formare nomi di mestiere” e il sostantivo “andro”, dal greco “ἀνήρ ἀνδρός «uomo»”, comunicano due altri aspetti dei modelli maschili. Cfr. rispettivamente aro, s.n., s.l.., s.d., http://www.treccani.it /vocabolario/aio/ (ultima verifica 22-7-2017) e andro, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/vocabolario/a ndro/ (ultima verifica 22- 7-2017). 330 I tratti fisici di Sandro comunicano un ideale di bellezza maschile, e la conoscenza sessuale del ragazzo è illuminante in quanto basata sull’esperienza, cfr. Moravia, Alberto, Agostino, risp. p.75, p. 83, e p.84, p.118. In Sandro confluiscono pure i tratti del triestino, tipo “bello di corpo come un san Sebastiano” e di una “frivolezza austroungarica, galante”, che “sapeva di piacere e ne approfittava”, del sanatorio a Codivilla, che ha condotto Moravia alla sua prima esperienza sessuale con una prostituta “dolce”, cfr. ibidem, pp. 96-99, pp. 103-106. 331 Cfr. Anfibio, s.n., s.l., s.d, http://www.treccan i.it/vocabolario/anfibio/ (ultima verifica 22-7-2017). . In Agostino il testo traduce in narrazione il concetto evoluzionistico – pure presente in Freud - della sequenza pesce, anfibî, rettili come un percorso di formazione fascista che risulta nella schiavitù personificata dal personaggio Homs, il protetto del capo Saro. 332 Aristofane, Le rane, 405 a.C, cfr. http://www.filosofico.net/aristofrane42.htm (ultima verifica 24-7-2017). 333 La tecnica dell’immaginazione rispetto alle vicende in Agostino segue la logica dei meccanismi del sogno suggerita da Freud, tra cui la “condensazione”, che vuol dire che il sogno è conciso, povero e laconico in confronto alla ricchezza del pensiero che lo motiva, cfr. Freud, Sigmund, Die Traumdeutung, p.285. Un esempio di cui è la ripetizione del motivo del litorale deserto “a perdita d’occhio”, che, secondo la doppia possibilità della zona litoranea di essere ora scoperta e ora coperta dalle acque, prima ha alluso all’Antinferno ma adesso lo fa all’Acheronte, cfr. Moravia, Alberto, Agostino, risp. p. 74 e p. 105. 334 Cfr. Aristofane, Le rane. Prologo. Cfr. Moravia, Alberto, Agostino, p. 109. 335 Moravia, Alberto, Agostino, p.78. 336 Moravia, Alberto, Agostino pp. 110-112. 57

dell’interruzione e della “forsennata ripugnanza” nel viso del ragazzo337. Visto che il nome della barca – Amelia - riferisce al mondo letterario e culturale, e distrutto dal fascismo, della borghesia “liberale nella tradizione mazziniana”338, la deviazione dal modello Mille e una notte in Agostino è il secondo esempio dell’ispirazione tratta da Le rane, perché dimostra l’adattamento del significato metapoetico e politico della commedia339. Il terzo esempio è la scena dei “grossi ranocchi” e i giochi omosessuali dei ragazzi nudi e sorvegliati da un Saro “simile a un enorme batrace”340, che rievocano i cori delle rane e degli iniziati ai culti misterici nell’opera di Aristofane341. Dopo la gita in barca Agostino è associato con il “fratello”342 Homs, l’altro favorito di Saro, ma si ritrae da lui come da un “rettile”343. Seguono per Agostino un “tempo oscuro e pieno di tormenti”344, e uno stato “confuso e ibrido”345. Il testo riflette sul problema dell’integrazione delle nuove esperienze e delle visioni divergenti della feminilità della madre. Mentre la curiosità sessuale di Agostino è diretta alla madre, perché lei è la sola donna “che gli fosse dato di avvicinare”346, il ragazzo vuole al tempo stesso che lei gli aiuti a distaccarsi da lei e dall’intimità del suo corpo troppo visibile nel “teatro ristretto”347 della casa. Risultano da cui un conflitto irrisolvibile per lui e le sue fughe per il bagno Vespucci, che lo trasformano e lo rendono inadatto al mondo della madre. Una nuova gita in barca, adesso con un uomo e suo figlio, conferma il comportamento esteriore di Agostino come quello di un figlio di bagnini348.

337 Ivi, pp. 111-112. 338 Moravia vede in Amelia Rosselli una rappresentante di quel mondo, cfr. Maraini, Dacia, Il bambino Alberto, p. 40. 339 Aristofane, Le rane (Commento), s.n., s.l., s.d., cfr. http://enricia.altervista.org/AgonPolymatheias/Le_rane.pdf. (ultima verifica 24-7-2017). 340 Moravia, Alberto, Agostino, p. 120. 341 Aristofane, Le rane. Prologo. 342 Moravia, Alberto, Agostino, p. 114. Con il personaggio Homs, visto come “fratello” o doppio di Agostino, il testo sembra alludere al fratello minore Gastone di Alberto Moravia, caduto per il fascismo nella seconda guerra mondiale (1941) in Libia. Cfr. Maraini, Dacia, Il bambino Alberto, p. 128. Il nome Agostino è un anagramma quasi completo di Gastonino, o piccolo Gastone. 343 Si effettua la scelta di Agostino per l’eterosessualità, cfr. ivi, p. 125. 344 Ivi, p. 129. 345 Ivi, p. 132. 346 Ivi, p. 133. 347 Ibidem. 348 Ivi, p. 138. 58

Il quinto episodio comincia quando la nuova guida Tortima conduce Agostino alla casa di tolleranza per una donna “dolce e quasi materna”349. Ma Tortima lo tradisce e Agostino è “scacciato”350. Ritornato a casa Agostino percepisce che l’immagine della prostituta non funziona da “schermo” tra lui e la madre, ma come confermazione della femminilità della madre351. La metafora “schermo” richiama l’associazione con la Medusa del mito e prelude alla conclusione della voce narrante, che molto tempo infelice sarebbe passato primo che Agostino sia un uomo. Lo stile fiabesco di questo riferimento al tempo connette la fine della novella con il suo inizio e così la chiude.

4.1.3.2 Arturo

Ne L’isola di Arturo l’arrivo della matrigna causa l’inizio del processo di maturazione di Arturo. Il nome Nunziata riferisce in forma letteraria352 alla sua funzione di annunziatrice dell’adolescenza del protagonista. La sua presenza interrompe la continuità delle relazioni astronomicamente fisse dei personaggi fin qui descritte. Nunziata prende la posizione intermedia tra padre e figlio, e pure la posizione della prima donna che sopravvive il parto e che diventa la padrona della Casa dei guaglioni, aprendola per le donne del paese e per la nuova nonna Violante da Napoli. Rispetto alla seguenza “madre morta, cagna morta” nella biografia affettiva di Arturo, Nunziata rappresenta la forza regenerativa della vita. Visto che il padre non cambia l’abitudine delle sue assenze, sarà la coppia della sedicenne Nunziata e il quatordicenne Arturo ad tentare di trovare insieme un modus vivendi rispetto ai ruoli familiari di matrigna e figliastro. L’arco dell’intreccio che abbraccia questo tema e lo sviluppo mentale di Arturo connesso a cui, si aggiunge a quello che riguarda la promessa del padre, ossia di partire insieme con il figlio quando Arturo sarà diventato “uomo”. Ci sono quindi due binari nel percorso di formazione di Arturo che guideranno la sua maturazione. Prima della riemersione di Silvestro, che segnala la partenza per la guerra, c’è una durata di due anni per il processo di maturazione del protagonista. Si distinguono in essa due episodi che durano ciascuno un anno, e che sono divisi dalla svolta che include il tentativo di suicidio, il sopravviverlo, e il primo bacio del protagonista (Cap.V).

349 Ivi, p. 162. 350 Ivi, p. 164. 351 Ivi, p. 168-169. 352 Cfr. nunziare, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/vocabolario/nunziare/ (ultima verifica 27-7-2017). 59

Nel primo episodio si stabilisce la nuova vita famigliare dei Gerace, segnalata dal primo contatto tra Nunziata e Arturo, la prima notte di nozze di Nunziata e Wilhelm, la nascita di Carmine Arturo, e la marginalizzazione di Arturo, che culmina nel suo tentativo di suicidio (Cap.II-V). Nella svolta del quinto capitolo si vede di nuovo il topos di morte e rigenerazione. Il secondo episodio riguarda il cambiamento nel comportamento del padre, che è motivato dal suo rapporto omosessuale con un detenuto del penitenziario di Procida, e che risulta nell’apparizione dell’evaso Stella, amante del padre e antagonista di Arturo. Inoltre si continua l’innamoramento di Arturo rispetto alla matrigna, che alla fine necessiterà la partenza del figliastro da casa (Cap. VI-VIII). Nell’intreccio dei due episodi si inseriscono delle pause concesse all’azione principale. Tre esempi di queste pause sono le rappresentazioni dell’immaginazione del protagonista intorno ai riferimenti letterari che gli offrono modelli e punti di vista rispetto al suo io ideale353, le conversazioni e i monologhi furiosi del padre354, e le descrizioni che aggiungono un certo couleur locale, ad esempio nei casi della “mammàna” Fortunata Emanuella di Procida355 e della madre di Nunziata, la napoletana Violante356. Da un lato queste pause motivano e arricchiscono le prospettive dei personaggi, dall’altro esse producono l’effetto di una lunga durata, una quasi staticità del tempo e un senso della prepotenza dello spazio. Nel loro insieme le pause dimostrano la prolissità dello stile del romanzo, e illuminano l’aspetto dell’autonomia dell’immaginazione di Arturo-protagonista e di Arturo-narratore rispetto alla realtà. Il primo contatto tra Nunziata e Arturo è decisivo per la classificazione della nuova sposa nell’ordine marziale della mente del protagonista. Non volendo chiamarla “mà”, e rispetto agli sguardi “sottomessi ma molto franchi” di lei, Arturo pensa a Immacolatella. Evita pure di chiamarla con il suo nome, e dirà “dì” o “tu”, o semplicemente la fischierà357. Il narratore Arturo continua questa evitazione, chiamando Nunziata “ella, o essa, o lei, o la sposa, o la matrigna, [...] N,.[...] Nunz”358. Il testo accentua la “grande capigliatura nera, tutta di riccioli e boccoli naturali, come una pelliccia selvaggia” intorno al viso

353 “mi domando se, che un grande comandante, o un poeta, non mi piacerebbe, piuttosto, di diventare un musicista”, cfr. Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 241; “facevo sogni da Mille e una notte [...] d’essere un signore magnifico [...] o un gran monarca arabo”, cfr. ivi, p. 265. 354 Ivi, pp. 137-148. 355 Ivi, pp. 193-200. 356 Ivi, p. 205-223. 357 Ivi, pp. 79-80 e p. 85. 358 Ivi, p. 130. 60

della ragazza359. Nella lunga scena della discussione dei due adolescenti, Arturo presenta il suoi progetti dei molti viaggi per le meraviglie del mondo, mentre Nunziata presenta Napoli come una città che è già in possesso dei castelli e dei re delle Due Sicilie, che per Arturo a sua volta sia solo “un atomo trascurabile”360. Dopo le risate e il doppio giuramento Arturo è sorpreso dalla sua scoperta che già conosce Nunziatella. Il ragazzo pensa pure alla parte di lei nei futuri viaggi dei “Gerace padre e figlio”, e decide che lei li “aspetterà sola a Procida”, ma lei non sembra pensare al suo proprio destino361. La descrizione della conversazione e i dialoghi stessi dei due personaggi prendono trenta pagine del testo362, e riguardano temi familiari, la monarchia come utopia e contenuti dei libri di lui e della religione di lei. Arturo percepisce Nunziata come “un devoto specchio”363, ma lei conferma il suo Codice - “il massimo di tutto: non bisogna importarsene della morte” - con una delle sue certezze religiose364. Dopo la confidenza della “più difficile” delle sue Certezze Assolute, che è pure la “più segreta incertezza”, Arturo prova subitamente la cucina come una prigione e reagisce a cui con una serie di salti ginnastici, applauditi da lei365. Segue la sua presentazione della sua consapevolezza di se stesso in base a uno dei suoi libri. Il protagonista dice che ha fatto la “vera vita” di un marinaio che, al posto delle mani perdute in combattimento, porta sempre due pistole cariche366. La scena finisce con la convinzione da parte di Nunziata di vedere in lui “un principino”367. Il motivo del destino di Nunziata si dimostra inevitabile e ritorna quando il padre rientra nella camera per cenare. Padre e figlio discutono in allegria la bruttezza e la bellezza delle donne in genere e di Nunziata in modo particolare. Nunziata è grata per la lode di Arturo e a sua volta risponde piano che Arturo è bello. Il testo fa il passaggio dalla discussione all’immaginazione di Arturo, che vede i tre personaggi in una “foresta toccata dall’incanto”, mentre l’isola nasconde “sepolte in letargo [...]creature fantastiche” e “serpi” riposanti in “tane”, e la famiglia Gerace nella cucina – “la nostra tana meravigliosa” - fa la parte

359 Ivi, p. 82. 360 Ivi, pp. 100-102. 361 Ivi, pp. 102-104. 362 Ivi, pp. 92-120. 363 Ivi, p.116. Il riferimento al mito di Narciso è chiaro. 364 Ivi, pp. 117-118. 365 Ivi, p. 118-119. Si dimostra il paradigma di Adler della compensazione del sentimento di inferiorità, che in Arturo deriva dal fatto della morte della madre, e che è la parte più intima della sua personalità. Nunziata tocca in lui questa parte. Cfr. s.n, s.l., s.d., Adler, Alfred, http://www.treccani.it/enciclopedia/alfred-adler/ (ultima verifica 29-7-2017). 366 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 119. 367 Ivi, p. 119-120. 61

dei “signori della foresta”368. Segue la scena in cui Wilhelm intimidisce e approccia fisicamente la ragazza paurosa, che trema visibilmente, che non l’ha voluto come marito, e che negli occhi di Arturo sembra “una bestiola selvatica [...] presa nella tagliola a tradimento”369. Poi, durante la notte, Arturo ha il sentimento di ricevere “un’offesa impossibile a vendicarsi”370. Il giorno seguente Arturo percepisce la ragazza come degradata e si vergogna d’avere parlato con confidenza con lei. Trattandola come un inferiore il ragazzo la offende e sfugge la sua presenza. Poi, dopo quindici giorni il padre si annoia e voglia lasciare l’isola. Arturo vede nella noia del padre - espressa come “un peso amaro e tragico, non meno di una sventura” – una delle leggi misteriose del padre, che già una volta l’avevano fatto “quasi svenire [...] per l’insulto di una medusa“371. Nella discussione tra i due sposi Wilhelm recita un monologo contro l’immagine del marito come un “traditore” che va “di girare per le vie”, mentre la sposa vorrebbe tener[lo] “sempre con sé” e isolarlo dall’universo372, e poi contro le madri, ossia “l’inferno” essere amati da “chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto [lui]!” Il padre accentua furiosamente il diritto di, “sposati o no”, essere sempre libero di andere e venire, senza “nessun obbligo né dovere”373. Si rivela che Wilhelm ha sposato Nunziata proprio perché era certo che lei non teneva sentimento per lui374. La coppia non dorme insieme, perché Wilhelm vuole il suo letto per se stesso375. Arturo riconosce nel padre in primo luogo la sua perfezione e poi l’enfasi con cui si diverta a provocare i morti376, ma per lui stesso pensa, che sarebbe “la massima soddisfazione” avere qualcuno che lo “stimasse merviglioso, insuperabile, imperiale”377. Dopo il monologo Nunziata ricopre il marito, ormai addormentato, e Arturo percepisce questo atto come una dichiarazione diritto di possesso. Questa lo offende, e suscita in lui il desiderio per l’affetto del padre. Il nuovo sentimento della gelosia in Arturo motiva la sua antipatia fiera, anzi, odio per Nunziata, che si esprime in umiliazioni. Un esempio di cui è la scena in cui il ragazzo vede che la matrigna dorme nella

368 Ivi, p. 126. 369 Ivi, p. 127. 370 Ivi, pp. 129-130. 371 Ivi, p. 138. 372 Ivi, p. 143. 373 Ivi, p. 140. 374 Ivi, p. 141. 375 Ivi, p. 87. 376 Ivi, p. 143. 377 Ivi, pp. 146. 62

sua camera, perché non ha mai dormito sola ma sempre in compagnia e, in assenza del marito, ha pauro del buio nella grande casa. Il protagonista grida:“Perché non ti scopri, schifosa?[...]Voglio che ti vergogni di me!”378. Segue un periodo durante cui Arturo gode in isolamento l’albero del firmamento, il nido della casa e il mare, “anch’esso mio”379, e durante cui Nunziata invita le donne del paese, in attesa della nascita del secondo figlio Gerace. La nascita di Carmine Arturo produce nuovi sentimenti in Arturo. Da un lato il protagonista è felice perché la matrigna ha sopravissuto il parto, dall’altro lato la sua gelosia si intensifica, adesso rispetto al piccolo fratellastro. Il ragazzo vede in un tentativo di suicidio l’ultimo mezzo per punire Nunziata e costringerla a interessarsi a lui, invece che al fratellastro, “almeno per un giorno, per un’ora”380. L’esempio di un suo pianto finto, qualche tempo fa, gli dà la convinzione del successo. Non intende di morire sul serio. Il metodo riesca e Arturo sopravvive un’assenza di circa diciotto ore, che produce silenzio e nausea, ma pure l’occasione di vedere le lagrime di Nunziata e l’impulso di baciarla. Ma il ragazzo non ha la forza. Solo quattro giorni dopo avviene la “catastrofe” del bacio seguito dalla negazione feroce di Nunziata. Nella descrizione di queste scene emergono tratti fiabeschi. Esempi di cui sono il motivo del sonnifero, dell’assenza come “incantesimo”, della crescita di Arturo durante la sua “assenza”, e della combinazione sveglia/bacio. Il secondo episodio contiene due storie di segrete visite di padre e figlio. La prima riguarda il rapporto sessuale di Arturo con la ragazza Assunta, che introduce il topos della divisione tra due concetti di donna nella mente del protagonista. Il rapporto con Assunta deve discacciare l’immagine di Nunziata, ossia la “grande Padrona bianca, fulgente di disprezzo”381. Arturo, allora quindicenne, fa con la ragazza quello che vuole, non la bacia ma si vergogna d’essersi “trattenuto con una misera schiavetta”382. La seconda storia è la scoperta delle segrete visite del padre al Penitenziario di Procida, dove cerca di contattare un detenuto. Arturo riconosce gelosamente i segni dei fischi del padre, perché sono quelli inventati dal padre e lui insieme “ai tempi felici”383. La risposta fischiata dal personaggi in carcere al padre di Arturo è

378 Ivi, p. 155. 379 Ivi, p.179. 380 Ivi, p. 242. 381 Ivi, p. 295. 382 Ivi, pp. 295-296. 383 Ivi, p. 315. 63

“Vattene, parodia!”384. Sarà poi la presenza di questo detenuto – Stella - in casa Gerace a causare le desillusioni di Arturo rispetto ai grandi viaggi del padre e alla sua promessa di partire insieme con il figlio, ormai sedicenne. Seguono l’addio di Arturo dal padre e dalla matrigna, e la sua fuga in una grotta, dove Silvestro lo trova per portarlo al piroscafo.

4.1.4 Somiglianze e differenze tra le due opere

Le somiglianze e differenze fra Agostino e L’isola di Arturo qui presentate riguardano in primo luogo i motivi e in secondo luogo gli stili utilizzati nelle due opere. Somiglianze generali rispetto ai motivi sono i due protagonisti che, all’inizio delle storie, sono entrambi ragazzi unici di tredici anni, inoltre orfani di padre o di madre, e che in ambedue i casi incontrano il nuovo partner del loro genitore. Il leitmotiv spaziale in ambedue le opere è il mare, che ha tra l’altro una funzione simbolica. Una differenza generale riguarda il motivo del tempo, perché la durata dell’adolescenza descritta in Agostino è qualche mese e ne L’isola di Arturo due anni. Più specificamente ci sono somgilianze rispetto al comportamento dei protagonisti e alle loro motivazioni psicologiche. Esempi di cui sono la vanità filiale dei due ragazzi, la loro gelosia, e la loro creazione di due concetti di donna. Dal punto di vista dell’intreccio si identificano alcuni motivi che sostengono un rapporto più complesso tra le due opere. In primo luogo il motivo della fuga di Agostino nella cabina assomiglia alla fuga di Arturo nella grotta. Mentre la fuga di Agostino è sequita dall’arrivo di Berto, che lo guida per la nuova realtà, la fuga di Arturo è seguita dall’arrivo di Silvestro, pure lui la guida per una nuova realtà. In Agostino la nuova realtà è la parte centrale dell’opera, ne L’isola di Arturo la nuova realtà è spostata nel futuro, fuori dell’opera. In secondo luogo un motivo comune rispetto all’intreccio è il desiderio dei protagonisti di diventare “uomo”. In Agostino questo motivo inizia e conclude la novella, inquadrando il processo di maturazione del ragazzo e dandogli l’aspetto di una missione. Ne L’isola di Arturo si ripetono questo motivo e la sua funzione di inquadratura. Mentre il punto di partenza è la prima notte di Nunziata in casa Gerace, quando il padre porta la ragazza nella sua camera e Arturo è lasciato nella cucina, la conclusione è il momento in

384 Ivi, p. 316. 64

cui Arturo dice al padre che è diventato uomo385 in base alla sua età di sedici anni, e il padre rompe la sua promessa. Si presenta un rapporto intertestuale tra i pensieri di Arturo386 nella cucina e quelli della voce narrante387 alla fine di Agostino, che connette l’inizio del percorso di Arturo alla fine del percorso di Agostino Il motivo della fuga nella cabina/grotta suggerisce una seguenza opposta. Il processo di maturazione di Arturo ha una doppia tendenza. Il ragazzo diventa “uomo” in associazione con il padre sì, ma al tempo stesso sta recuperando il diritto di essere amato dalla figura materna, il che pospone il momento dell’espulsione definitiva da questa figura. In terzo luogo il motivo della medusa, che in Agostino rappresenta una minaccia di morte rispetto allo sviluppo della mascolinità del ragazzo, apparisce ne L’isola di Arturo in due modi. Da un lato il motivo si presenta metonimicamente388 nella capigliatura di Nunziata, focalizzata dal padre come oggetto da prendere in possesso389, e dal figlio come “pelliccia selvaggia”390, ossia attributo di un animale non (ancora) domesticato391. In questo modo il motivo dimostra, all’inizio del processo di maturazione di Arturo, i filtri percettivi di padre e figlio rispetto alla nuova figura femminile nelle loro vite. Dall’altro lato il motivo di una medusa nel mare, che ha fatto il padre “quasi svenire”, è contestualizzato dai motivi della noia e del violento ressentimento, espressisi nel monologo del padre rispetto all’amore delle madri e donne nella biografia maschile in genere. Poi, durante l’assenza del padre, si ripete in Arturo il motivo della difesa della mascolinità della percezione visiva della femminilità della figura materna in modo analogo a quella in Agostino, in quanto che ad ambedue i ragazzi serve che la figura materna togliesse il suo corpo alla loro vista392.

385 Ivi, p. 342. 386. “Solo io, Arturo, [...] un ragazzino di quarttordici anni; e dovevo aspettare ancora molte stagioni, avanti di essere un uomo”, cfr. ivi, p. 129. 387 “Ma non era un uomo; e molto tempo infelice sarebbe passato prima che lo fosse”, cfr. Moravia, Alberto, Agostino, p. 169. 388 Si intende la relazione di contiguità rispetto al simbolo e la cosa designata da cui, cfr. metonimia, s.n., s.l., s.d. http://www.trec cani.it/vocabolario/metonimia/ (ultima verifica 2-8-2017). 389 Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 81. 390 Ivi, p. 82. 391 Cfr. selvaggio, s.n., s.l., s.d., http://www.treccani.it/vocabolario/selvaggio/ (ultima verifica 2-8-2017). 392 Moravia, Alberto, Agostino, p.130 e p.168; Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p.155. 65

Alcuni altri motivi comuni delle due opere sono l’orgoglio del genitore rispetto alla bellezza del figlio come attributo di se stesso e presentato al nuovo partner393, la tana con i suoi rispettivi abitanti (i ragazzi della banda vs signori/serpenti)394, la schiavitù sessuale (Homs vs Assunta)395, e l’asimmetria degli attributi fisici biondo e moro. Le metafore tentacoli e tagliola connesse alla prematura e forzata iniziazione sessuale396, danno ruoli identici alle coppie Agostino/Saro e Nunziata/Wilhelm, ma cambiano il contenuto e la distribuzione dell’aspetto animalesco. In Agostino il trasgressore Saro rappresenta questo aspetto, ne L’isola di Arturo la vittima Nunziata lo fa. In Agostino la vittima focalizza l’attributo del trasgressore, ne L’isola di Arturo il punto di vista è quello di un terzo personaggio, ossia dell’osservatore Arturo. Nonostante le somiglianze dei motivi toccati sopra, le due opere si contraddistingono fortemente tra di loro rispetto ad alcuni altri motivi costituenti, ad esempio quelli della classe sociale, del viaggio, dello spazio (spiagga vs isola), dell’età della figura materna (trentenne vs sedicenne), e dello status del sostituto del genitore morto (amante vs matrigna). La differenza tra la madre biologica in Agostino e la ragazza adolescente ne L’isola di Arturo, che sacrifica la propria sessualità per fare la parte della matrigna per un altro adolescente, è illuminante. Infatti, la presenza di una matrigna adolescente mina l’assolutezza del tabù d’incesto, e pone al tempo stesso un complesso problematico rispetto alla sessualità dell’adolescente femminile. Questo complesso consiste dell’ubbidienza della ragazza, della brutalità del vedovo e dell’esercizio del potere della religione. Rispetto allo stile occorre accentuare le differenze tra le due opere. Il narratore in Agostino racconta i fatti in terza persona con una focalizzazione interna, ossia dal punto di vista del protagonista. Però, si vede due volte la scelta del narratore di cambiare il punto di vista. All’inizio e nelle frasi ultime della novella il narratore assume un atteggiamento descrittivo e neutrale come quello del narratore di una fiaba. Nella parte intermedia, che comincia con l’entrata del personaggio Berto – riferimento all’autore stesso - e che introduce il dialogo e l’accelerazione dell’azione, il punto di vista è interno. Il fatto che Agostino non contiene sottotitoli è un secondo esempio della scelta per la riduzione dei “[veicoli] di un commento

393 Moravia, Alberto, Agostino, pp.152-153; Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p.125-126. Questo motivo rispecchia quello della vanità filiale, e focalizza l’attenzione sull’aspetto narcisistico degli adulti come attributo della maturità. 394 Moravia, Alberto, Agostino, pp.73-74; Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 126. 395 Moravia, Alberto, Agostino, pp. 127; Morante, Elsa, L’isola di Arturo, pp. 295-296. 396 Moravia, Alberto, Agostino, p. 78; Morante, Elsa, L’isola di Arturo, p. 127. 66

extradiegetico”397. Ne L’isola di Arturo il narratore racconta i fatti nella prima persona. Il punto di vista del protagonista domina nella focalizzazione, mentre si inserisce pure sottilmente, ma regolarmente, la focalizzazione extradiegetica del narratore, non sviando da quella interna. Pieno di enfasi invece sono i più di duecento sottotitoli, che aggiungono emblematicamente la presenza del punto di vista esterno. La seconda differenza rispetto allo stile riguarda il criterio della complessità. In Agostino si dimostra un principio di economia stilistica che fa pensare all’eleganza di una formula o di un concetto scientifico. La scelta tecnica per la logica dei meccanismi del sogno secondo Freud, e pure l’uso del simbolismo freudiano398 del sogno, producono una complessità specifica del rapporto tra uno stile semplice, preciso, chiaro e leggero, e la sua carica massimale con significati simbolici e riferimenti intertestuali. Ne L’isola di Arturo lo stile è prolisso e molto sinuoso ed elaborato, e assomiglia allo stile barocco, il che accorda al contenuto in quanto connesso ai motivi aristocratici e religiosi, e al motivo della grandiosità. La complessità e abbondanza dello stile includono pure una carica simbolica e intertestuale.

397 Analogo al film sonoro il dialogo dell’autore con il lettore è sostituito dalle voci dei personaggi, mentre la voce narrante - o voice over in termini del cinema – funziona ancora da veicolo del punto di vista extradiegetico, cfr. Boschi, Alberto, didascalia, in “Enciclopedia del Cinema”, s.l., 2003, http://www.treccani.it/enciclopedia/didascalia_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/ 398 È sottinteso che secondo Freud il motivo delle sigarette e molti altri motivi rappresentano pulsioni sessuali. L’uso del ‘dizionario’ freudiano fa parte dei molti rapporti intertestuali mentre non sostituisce delle indicazioni più esplicite della sessualità, cfr. Alberto Moravia, Agostino, p. 114. Il motivo del fumo, in quanto respiro intossicato, può connotarsi alla concezione greca dell’anima “che lascia il corpo del morente attraverso la bocca”, e al folklore germanico secondo cui “l’anima di un re” gli esce “in modum reptilis”, cfr.Pincherle, Alberto e Mazzantini, Carlo, anima, in “Enciclopedia Italiana”, s.l., 1929, http://www.treccani.it/enci clopedia/anima_(Enciclopedia-Italiana)/ (ultima verifica 4-7-2017). Lo storico del cristianesimo Alberto Pincherle pubblicò nel 1925 e nel 1930 due dei suoi quattro studi su Sant’Agostino. Lo pseudonimo di Alberto Moravia si connette con l’omonimia fra le due persone, e forse questo vale pure per il titolo Agostino. Cfr. ALBERTO Pincherle, in “Enciclopedia Italiana”, s.n., s.l., 1961, http://www.treccani.it/enciclopedia/alberto-pincherle_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (ultima verifica 4-7-2017). 67

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5. Conclusione

Questo capitolo contiene la risposta alla domanda di ricerca, ossia: quali aspetti dello sviluppo, dei rapporti e delle scelte di Moravia e Morante, nel loro specifico contesto culturale, letterario e biografico, potrebbero spiegare il loro rispettivo trattamento narrativo del tema dell’adolescenza in Agostino e L’isola di Arturo? Si mettono quindi in relazione i risultati dei due poli della ricerca. Da un lato si tratta della ricostruzione introduttiva dello sviluppo degli scrittori Moravia e Morante, e dei loro rapporti e scelte nel contesto culturale, letterario e biografico del loro tempo. Dall’altro lato l’analisi testuale delle due opere ha, tramite l’identificazione dei motivi e degli stili utilizzati, mostrato qualche somiglianza e differenza del trattamento narrativo del tema dell’adolescenza tra le due opere.

Rispetto alla ricostruzione dello sviluppo di Alberto Moravia, e i suoi rapporti e scelte, le fonti hanno illuminato il fatto che la sua scrittura è nata in primo luogo dalla disperazione adolescenziale in vista della morte onnipresente nel sanatorio, e con l’aiuto indispensabile di una guida letteraria. In secondo luogo l’esperienza della consolazione della scrittura, come alternativa per il suicidio, ha attaccato l’adolescente al percorso letterario. Poi i rapporti e le scelte del giovane scrittore riaffermano il carattere di necessità della scrittura per la sopravvivenza, non solo in senso esistenziale ma pure in senso economico e politico. Infatti, le amicizie del giovane scrittore sono motivate fortemente da ambizioni e interessi letterari e pubblicitari, e questo vale pure per il suo pendolarismo tra gli ambienti antifascisti e fascisti degli anni Trenta e primi anni Quaranta. Inoltre, le scelte politiche sono caratterizzate da una simulazione necessaria per mantenere l’autonomia artistica, e l’amore ha un valore secondario rispetto alla missione primaria del “creare”. Analogamente, già dall’inizio la visione dello scrittore rispetto allo sviluppo del personaggio narrativo è rigorosa. Il punto di partenza è la fissazione di una psiche, in base a cui la vita esterna e interna del soggetto si svolge “in logica e correlazione stretta” con questa fissazione. Rispetto allo stile si presentano una “secchezza schematica” per non duplicare se stesso nella narrazione, e la volontà di correggere questo tratto. La ricostruzione dello sviluppo di Elsa Morante, e i suoi rapporti e scelte, dimostra la nascita della scrittura all’età di quattordici anni, ma un suo esordio pubblicitario otto anni dopo. Le fonti non menzionano una guida letteraria. La necessità della sua scrittura è principalmente economica, e l‘alternativa non sarebbe la morte ma la prostituzione. I rapporti e scelte dopo l’incontro con Moravia seguono quelli di lui, e le amicizie sono motivate parimenti da ambizioni e interessi letterari e pubblicitari, e quindi, in questo senso 69

Moravia fa la parte della guida per la Morante. L’asimmetria tra i due scrittori, rispetto alla notorietà, mette Elsa in una posizione di inferiorità risentita, e concede ad Alberto la libertà del viaggiare. L’immaginazione della scrittrice è dualistica, in quanto lei preferisce i “personaggi sognati” alle immagini della realtà, e inoltre in quanto lei contrappone l’amore alla passione. Con la dualità amore-passione la scrittrice favorisce consapevolmente l’interesse maschile rispetto alla coesistenza pacifica dell’amore matrimoniale e la passione extraconiugale. Inoltre la dualità esprime la sua visione dell’autonomia dei sentimenti come “la sorgente e il fine” della vita umana. Le fonti non caratterizzano lo stile di Elsa Morante, ma indicano che la sua scrittura per molti anni ha dovuto limitarsi alla letteratura per bambini e adolescenti.

La relazione tra i risultati riassunti sopra e quelli dell’analisi testuale riguarda da un lato la concettualizzazione del protagonista e il processo di maturazione, e dall’altro lato il carattere dello stile. Rispetto alla concettualizzazione del protagonista e il processo di maturazione si distinguono due aspetti primari dello sviluppo dei due scrittori e i loro rapporti e scelte, che confluiscono in Agostino e L’isola di Arturo, e che potrebbero spiegare il rispettivo trattamento del tema dell’adolescenza nelle due opere. Questi aspetti sono l’asimmetria come tratto dominante dei rapporti sociali, e le strategie di sopravvivenza durante il fascismo, ossia il pendolarismo e la simulazione. In Agostino l’asimmetria si esprime nel ventaglio dei modi di inferiorità del protagonista, e si ripete pure nelle relazioni fra gli altri personaggi. L’asimmetria sostiene la missione dell’adolescente di diventare “uomo”, in quanto tentare di farsi emozionalmente indipendente dalla madre. Il pendolarismo e la simulazione come strategie di sopravvivenza si mostrano nel processo di maturazione. Il protagonista si muove tra due mondi contrastanti, senza possibilità di affermarsi in uno dei due. La simulazione diventa straniamento quando il protagonista si fa passare per un bagnino popolano. Ne L’isola di Arturo l’asimmetria determina fin dall’inizio l’inferiorità del protagonista nella relazione con il padre, progettando un premio alla fine dell’adolescenza: il viaggo insieme di padre e figlio. In questo modo il processo di maturazione di Arturo, come quello di Agostino, si definisce come diventare “uomo”. Però, L’isola di Arturo non connesse il pendolarismo e la simulazione al protagonista Arturo, ma al padre Wilhelm, creando quindi un parallelo tra i personaggi Agostino e il padre di Arturo, che alla fin fine e oltrepassando i limiti fra finzione e realtà, sembra esprimere una chiara scelta della scrittrice. Riguardante il carattere dello stile si può concludere che Agostino e L’isola di Arturo si distinguono fortemente tra di loro. La “secchezza schematica” del Moravia del 1925 è diventata precisione e leggerezza. La sinuosità dello stile di Morante crea un senso di lunga durata.

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Bibliografia

Fonti primarie

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