Lo studio dei processi di approvvigionamento della pietra come ausilio alla conoscenza dell’architettura. Le cave dell’area aquilana, con particolare attenzione a quelle di Lucoli

Rossana Mancini

La ricerca parte dalla consapevolezza che la storia e disponibilità dei materiali. L’indagine dei documenti la critica dell’architettura, così come la disciplina del ha permesso di conoscere gli artisti coinvolti e di in- restauro, non possano prescindere da un’approfondi- serirli in un più ampio contesto culturale. ta conoscenza della ‘materia dell’opera’ e che questa La scelta dell’area aquilana quale ambito di analisi passi anche per lo studio dei luoghi di provenienza e è il risultato di diverse osservazioni, non ultima la di produzione quali cave, calcare, fornaci, etc. necessità di implementare la conoscenza, anche ma- In un’area geografica limitata e in un ambito cro- teriale, dei monumenti presenti, in vista dell’ingente nologico definito, si sono effettuati riscontri e veri- opera di restauro, a seguito del disastroso terremoto fiche fra documenti d’archivio, bibliografia e osser- del 2009, che ci si auspica di vedere presto avviata. Il vazione diretta dei monumenti e del territorio, volti territorio si presta a tale tipo di indagine per la sua a ricostruire il processo produttivo che dall’estra- posizione geografica. Situati al centro dell’Appenni- zione della pietra giunge alla realizzazione dell’ar- no Abruzzese, ai piedi del Gran Sasso d’Italia, L’A- chitettura. Ciò ha comportato la necessità di ritrova- quila e i suoi dintorni occupano una conca lontana re gli antichi siti estrattivi descritti nei documenti, dal mare e da importanti corsi d’acqua e, nonostante per riconoscere il materiale che vi veniva estratto e la presenza delle valli dell’Aterno e del torrente per individuare modalità di escavazione e di tras- Raio, hanno evidenti difficoltà di approvvigionamen- porto. to. Per questa ragione i materiali, specialmente quelli Il riconoscimento delle cave è funzionale anche a pesanti come marmi e pietre, giunsero, in passato, da eventuali processi di conservazione che possono es- luoghi vicini alle fabbriche e solo in casi particolari sere posti in atto. Interessante, a tal proposito, la pos- alcuni elementi lapidei di pregio, di limitate dimen- sibilità di assimilarle, in molti casi, a manufatti archi- sioni, provennero da cave più lontane.1 tettonici allo stato di rudere, posti all’aperto e privi di Nell’architettura aquilana è assai frequente l’uso protezione, facendole rientrare nell’ambito della di pietre bianche e rosa per creare effetti decorativi landscape archaeology (Marino 2007, 11). bicromi. È il caso di due fra i più noti monumenti Dopo il ritrovamento dei siti estrattivi sono stati aquilani, la trecentesca Fontana della Rivera, conos- individuati alcuni elementi architettonici, prevalente- ciuta anche come ‘Le 99 cannelle’, con la sua addi- mente tramite atti notarili, dei quali è nota la prove- zione cinquecentesca, e la facciata della Basilica di nienza delle pietre, per confrontarli con il materiale Santa Maria di Collemaggio di datazione ancora in- estratto dalla cava. Ciò ha agevolato, fra l’altro, la certa. L’utilizzo di pietre bianche e rosa continuò ne- comprensione di alcune scelte figurative che si sono lla fase di ‘modernamento’ dell’architettura aquilana, rivelate conseguenti anche a problemi di effettiva durante la quale, a partire dagli Sessanta del Seicen- 834 R. Mancini to, molti edifici, prevalentemente religiosi, ricevette- lavorabili e lucidabili, che si rinvengono nei territori ro negli interni una facies Barocca. di «Lucoli, Gensano e Cavallaro». Le cave vengono La ricerca ha inteso indagare in particolare il pro- indicate come molto antiche ma ormai in disuso, tan- cesso estrattivo e l’utilizzo della breccia di Lucoli nei to da mostrare appena tracce di «secolari cavamenti secoli XVII e XVIII. La scelta di questo materiale perché alterate dalla forza edace del tempo». Signori- non è stata fatta a priori, ma vi si è giunti a seguito di ni ricorda anche i travertini di San Gregorio nei pres- indagini archivistiche, dell’analisi dei testi a stampa si di Paganica, di , e Santo Ste- sette-ottocenteschi e di ricognizioni sul territorio che fano, oltre a rilevare la presenza di alabastro calcareo hanno dimostrato come questa pietra sia la meno (Signorini 1868, 1: 17).3 nota fra quelle in uso nel Barocco aquilano. Teodoro Bonanni nel 1888 descrive il «marmo giallo, arancio, cedrino» di Lucoli, il rosso e il giallo, simile a quello di Siena, di Casamaina di Lucoli,4 LO STATO DEGLI STUDI quello bianco «nel locale dell’Impretatoia presso Aquila», il marmo rosso di e quello grigio di Le fonti documentarie, relative alla città dell’Aquila Roio (Bonanni 1888, 137-138). e ai suoi dintorni, che riguardano il ciclo produttivo dei materiali lapidei, sono assai scarse sino al medio- evo. In epoche più recenti, invece, e certamente nei LE CAVE IN TERRITORIO AQUILANO secoli XVII e XVIII, la documentazione archivistica disponibile fornisce alcune interessanti informazioni Le indagini bibliografiche e documentarie hanno pre- sui luoghi di estrazione, sulle misure dei pezzi, sulle messo di ricavare un quadro generale, pressoché modalità di lavorazione e indica talvolta i nomi degli completo, dei luoghi di provenienza delle pietre, da scalpellini e il costo dei marmi e delle pietre impie- cui risulta una disposizione delle cave entro un rag- gati nelle fabbriche. gio di circa 20 chilometri intorno alla città dell’Aqui- Il materiale lapideo utilizzato come pietra da ta- la (tavola 1). glio è prevalentemente calcare marmoreo. Oltre alle Sono stati rinvenuti sul territorio, oltre ai più co- colorazioni rosa e bianche sono presenti anche, seb- muni fronti di cava, numerosi segni di estrazione a bene più raramente, quelle gialle e verdi. Alcuni do- fossa, come quelli in località La petrara a Poggio Pi- cumenti descrivono manufatti (cappelle, altari, ba- cenze, costituiti da una serie di scavi effettuati a poca laustre, paliotti, etc.) realizzati assemblando pietre di diverse colorazioni, provenienti da cave non lon- tane dal manufatto, a costituire, di fatto, piccole li- toteche locali nelle quali, solo raramente, si inseris- cono materiali provenienti da zone più lontane, a conferma dell’esistenza di un’area abbastanza cir- coscritta nella quale si faceva uso prevalentemente di pietre locali. A partire dal XVIII secolo sono disponibili testi a stampa che nel descrivere, con diversi tagli, geografi- co, geologico, storico, artistico, il territorio aquilano e la valle dell’Aterno, fanno menzione delle cave e dei materiali da costruzione disponibili. Nel 1789 ne- lla Nuova descrizione geografica e politica delle Si- cilie, Giuseppe Maria Galanti cita, nel territorio aqui- lano, solo una cava, quella di Lucoli, come luogo di provenienza dei «marmi2» utilizzati in «quasi tutte le chiese dell’Aquila» (Galanti 1789: 3, 255). È certa- Tavola 1 mente più completo il quadro proposto da Angelo Distribuzione delle principali cave di pietra nel territorio Signorini che fa riferimento alle brecce, ottimamente aquilano (indicate con poligoni neri) Lo studio dei processi di approvvigionamento della pietra 835 profondità. Non mancarono cave a trovanti che sfrut- Le maestranze coinvolte nei procedimenti di estra- tavano la presenza di massi lapidei già distaccati da- zione e lavorazione della pietra, già nel Cinquecento, lla parete rocciosa. erano prevalentemente lombarde, come dimostrano, Le cave principali, per quantità di materiale estrat- fra gli altri documenti, i registri di contabilità dei la- to, sembrano essere quelle di Poggio Picenze, dalle vori per la realizzazione del Castello spagnolo. Mu- quali proveniva un calcare tenero biancastro detto ratori, scalpellini, fabbricanti di calce, di mattoni ol- pietra gentile.5 I siti estrattivi si trovano in prossimità tre a cavatori di pietre e marmi giunsero in città del centro abitato di San Gregorio, a circa tredici chi- richiamati dalla necessità di manodopera.8 lometri dall’Aquila e si estendono ad oriente della fe- rrovia, prevalentemente il località ‘La petrara’ (oltre che, genericamente, come cave di Poggio Picenze o LECAVEDILUCOLI del Poggio, sono note anche come cave di San Gre- gorio e di Rio Petraro). Il loro utilizzo è testimoniato A fronte di una discreta documentazione archivistica con continuità durante tutto il periodo indagato relativa all’uso delle pietre di Lucoli, mancano riferi- (XVII-XVIII secolo) e i documenti d’archivio per- menti cartografici (topografici, geologici, catastali) mettono di conoscere con certezza molte delle opere che permettano di risalire all’ubicazione delle cave. realizzate con questo materiale a partire dal XV sino Il di Lucoli è abbastanza esteso, ed è com- al XIX secolo.6 posto da molti nuclei abitati distribuiti su entrambi i Fra le cave presenti nel territorio di Sassa (il topo- versanti del torrente Rio. Nel 1662, negli atti relativi nimo sembra derivare proprio da saxa), alcune erano al passaggio di Lucoli dalla proprietà dei Colonna al in funzione già dalla fine del Quattrocento, se ne ha Fisco Regio, esso risulta composto da 14 «ville». I notizia tramite un catasto dei beni del monastero di luoghi citati nei libri e nei documenti d’archivio per Santa Maria di Collemaggio, redatto nel 1491, da cui la presenza di cave sono Casamaina e la contrada risultano possedimenti di terreno fra cui «unam pe- Croce-Prata fra Santa Croce e Peschiolo, tutte frazio- trariam de qua petraria extrahuntur lapides rubei» e ni di Lucoli. un’altra «in qua cavatur lapides albi». La pietra di Casamaina si trova a 1387 metri di altitudine, ad est Genzano di Sassa (tracce di escavazioni sono presen- del torrente Rio, e rappresenta l’ultima propaggine del ti sul colle Roale) venne utilizzata nel 1920 nel res- territorio lucolano verso Campo Felice. Santa Croce e tauro della facciata di Santa Maria di Collemaggio. Il Peschiolo si trovano sul versante opposto del torrente. costo della pietra, in quell’occasione, fu così elevato da far supporre che la cava fosse già quasi esaurita (Bartolomucci 2004, 116). Datazione e localizzazione delle cave Anche a Vigliano si estraeva un buon calcare mar- moreo. In particolare dalle cave di San Silvestro, Una conferma al testo di Signorini, che nel 1868 des- dove Rodolico ha rintracciato i segni delle antiche criveva le cave come dismesse da tempo, insieme a escavazioni, provenivano pietre rosa annuvolate e quelle di Genzano e di Cavallari di Pizzoli (Signorini brecciate (Rodolico 1953, 309). È ancora attiva la 1898, 17), sembra giungere dall’esito negativo della cava chiamata ‘Tana del lupo’ che fornisce pietra perizia redatta dall’ing. Filippi nel 1873, relativa al calcarea bianca. Altri antichi siti estrattivi, sempre a restauro della facciata di Santa Maria di Collemag- Vigliano, sono quelli di Monte Sant’Angelo e del gio, nella quale si indicavano le cave di Casamaina Colle Ciarrocco. come luogo da cui trarre eventuali pietre di colore Dalle cave di Cavallari di Pizzoli proveniva un rosa. La perizia venne respinta «perché troppo som- calcare marmoreo bianco e rosa facilmente levigabi- mariamente compiuta». In una lettera del 10 novem- le.7 Calcari rosa compatti erano estratti a Preturo e bre 1875 il Genio Civile fa osservazioni «sulla pietra nelle vicinanze del passo delle Capannelle mentre ad da taglio, prelevata dalle montagne di Casamaina, Arischia è presente un calcare rosso venato e retico- senza aver prima stabilito con esattezza la cava di lato. provenienza», un’indeterminatezza che probabilmen- Meno note sono le cave di Lucoli, da cui si estrae- te è da ricollegarsi al fatto che all’epoca le cave fos- vano brecce rosa e gialle. sero già da tempo in disuso. Dall’intera vicenda sem- 836 R. Mancini bra emergere, seppure non è mai documentato espli- citamente, che anche le altre cave di pietra rosa nelle vicinanze dell’Aquila fossero esaurite, in via d’esau- rimento o dismesse, come sembra confermare il cos- to molto elevato richiesto per la fornitura (Bartolo- mucci 2004, 116)9. Nel 1873, lo stesso anno della redazione della pe- rizia Filippi, le pietre di Lucoli furono presentate all’Esposizione Internazionale di Vienna fra i «mar- mi» italiani con cinque diverse qualità (giallo, rosso, simile a quello di Siena, a occhio di pavone e semen- zato rosso). Ne seguì un tentativo di ripresa dell’atti- vità estrattiva nel corso del 1876 su iniziativa del sin- daco dell’epoca, Massimo Cialente, il quale, dopo aver riferito la notizia relativa all’Esposizione vien- Figura 1 nese, fece approvare in Consiglio Comunale l’offerta Lucoli, Casamaina, la strada di accesso alla cava di agevolazioni per chi fosse stato interessato a ri- prendere le escavazioni.10 Evidentemente l’attività dovette essere considerata antieconomica in quanto l’iniziativa non ebbe seguito. Se è possibile fissare tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento l’abbandono delle cave, l’inizio delle attività estrattive è incerto. Il documen- to più antico, fra quelli consultati, che cita il marmo di Casamaina, porta la data del 1642. Non aiuta la ri- cerca bibliografica che ha permesso di risalire solo al 1789 con la pubblicazione della già citata descrizione del Galanti che riferisce della presenza di una cava nel territorio di Lucoli (Galanti 1789, 3: 255). La ricerca del luogo di estrazione ha comportato numerosi sopralluoghi fra le montagne di Casamaina fino al suo ritrovamento al termine di un’antica stra- da, ridotta a poco più di un sentiero, che prende l’av- Figura 2 vio dalle vicinanze della Fonte Fontizio ad est dell’a- Lucoli, Casamaina, il fronte di cava bitato. L’ampia sede stradale dovette essere realizzata per il trasporto della pietra dalle cave ai la- boratori degli scalpellini o, più raramente, diretta- mente ai cantieri. Il trasferimento avveniva con carri terno del Comune, quella che si trova tra le frazioni trainati da cavalli, asini, muli o buoi (figura 1). Il di Santa Croce e del Peschiolo, in località Croce-Pra- percorso si conclude in un pianoro artificiale prospi- ta. In una relazione del 1875 L’Ufficio Provinciale di ciente un fronte di cava dall’altezza massima di cin- Statistica rileva nel comune di Lucoli, oltre a quelle que metri e largo circa venti (figura 2).11 presenti a Casamaina, due generi di pietre, uno di co- La breccia presente è prevalentemente di colore lore giallo e l’altro arancio cedrino (Officio di statis- rosa molto intenso e si rinvengono, staccati dalla pa- tica provinciale 1875, 9). rete, rari massi di colore giallo. Allo stato attuale la Il riconoscimento del sito è stato possibile grazie cava appare pressoché esaurita. Il materiale lapideo, alla presenza dei resti di una cava a fossa lungo la infatti, si presenta eccessivamente fratturato, a meno strada sterrata che conduce a Santa Croce.12 Il mate- di una limitata porzione al centro della parete. riale lapideo che si è potuto rilevare sul posto è costi- Meno documentata è l’altra cava presente all’in- tuito da brecce di colore giallo arancio. Lo studio dei processi di approvvigionamento della pietra 837

Opere realizzate in breccia di Lucoli maena », al pari delle quattro più belle presenti nella cappella degli eredi del Barone Pompeo Cappa nella La pietra di Lucoli è stata molto utilizzata nelle vici- chiesa aquilana di San Francesco.14 Poiché si fa men- nanze delle cave, all’interno del territorio comunale. zione della breccia di Casamaina solo per i fusti ros- Altari e balaustre realizzate con questo materiale si si, è certo che la pietra gialla giunse da un’altra loca- rinvengono in gran parte delle numerose chiese e lità. Questa scelta trova un preciso riscontro con la cappelle distribuite nelle diverse frazioni. Il suo uso è situazione della cava dove, come già osservato, è frequente anche nell’architettura aquilana seicentes- presente molta pietra rosa e poca gialla. Quest’ulti- ca, precedente il grande terremoto del 1703, e in que- ma, infatti, in tutti gli esempi indagati, è molto rara e lla settecentesca, ricollegabile alla grande opera di ri- limitata a elementi di piccole dimensioni. costruzione post-sismica, e nell’Agro Forconese. A Lucoli le opere principali si trovano all’interno Il documento più antico, fra quelli visionati, in cui della chiesa di San Giovanni Battista.15 Si tratta dei è citata la pietra di Casamaina, è un contratto stipula- fusti delle colonne di cinque altari (il maggiore dedi- to nel 1642. Riguarda la realizzazione della cappella cato a San Giovanni Battista, quello della Famiglia nella chiesa aquilana del Collegio della Compagnia Mosca e quelli dedicati alla Madonna del Rosario, a del Gesù, voluta dal rettore Giambattista Rosa, per la Santa Maria del Monte Carmelo e al Santissimo quale è richiesta la breccia per realizzare la cornice Nome di Gesù,) dotati di basi e capitelli in pietra della pala d’altare. Le altre pietre che dovranno esse- bianca. re utilizzate sono quelle provenienti da Poggio Picen- L’altare maggiore, realizzato nel 1693, può essere ze, da Pizzoli, da San Silvestro, con l’aggiunta del attribuito con certezza a Giuliano Pedetti, che aveva broccatello di Spagna e il diaspro di Sicilia. Il rettore utilizzato la breccia rosa di Casamaina già nella cap- s’impegna ad ottenere la licenza per cavare la pietra pella Alessandri in San Bernardino, che vi lavorò in- di Casamaina. Gli scalpellini, romani, sono Benedet- sieme a suo nipote Pietro (figura 3). Lo riporta un to Russo e suo figlio Adriano (Colapietra 1992, 199). documento, datato 11 ottobre 1692, con il quale la Il più noto fra gli edifici aquilani in cui è certo l’u- Confraternita del Santissimo Sacramento incarica i so di questa pietra è la Basilica di San Bernardino. due scalpellini di realizzare l’altare utilizzando quat- Nella vicenda del complesso si possono distinguere tro colonne in marmo di Casamaina, due porte in tre fasi principali: la prima quattrocentesca (1451- marmo di Cavallari, piedistalli e basi in pietra bianca 1471 circa) di completa edificazione della chiesa e di Pizzoli con l’aggiunta di marmi forestieri. Dai libri del convento (al 1472 risale la traslazione della sal- delle spese emerge che l’estrazione della breccia era ma del Santo), la seconda cinquecentesca (fra il 1506 stata affidata ad un altro lombardo, Francesco Bol- e i primissimi anni del secolo successivo) alla quale drini, residente a Lucoli (Mancini 2001, 54). appartiene la facciata della chiesa ad opera di Cola dell’Amatrice e continuatori. Una terza fase, succes- siva al terremoto del 1703, comprende la ricostruzio- ne di buona parte della chiesa, con l’intervento di ar- chitetti barocchi quali Giovan Battista Contini, Sebastiano Cipriani e Filippo Barigioni (Bartolini Salimbeni 1993, 128-136). Fra la seconda e la terza fase di sviluppo della fabbrica, si pone la realizzazio- ne della cappella Alessandri, dedicata a Santa Rosa da Viterbo, il cui altare è sopravvissuto alla vasta opera di ricostruzione seguita al terremoto del 1703. Un documento notarile del 1667 tratta della cos- truzione della cappella per la quale i maestri Giulia- no Pedetti e Domenico Nolli, entrambi lombardi, si impegnarono a realizzare quattro colonne, due in 13 marmo giallo e due in marmo rosso . Di queste ulti- Figura 3 me si specifica che proverranno dalla cava di «Casa- Lucoli, chiesa di San Giovanni Battista, altare maggiore 838 R. Mancini

Sono riconducibili alla famiglia Pedetti anche gli altari delle cappelle di Santa Maria del Monte Car- melo (figura 4), della Madonna del Rosario (figura 5), della Beatissima Vergine del XVII secolo e del Santissimo Nome di Gesù del 1702 (figura 6). Con la stessa pietra furono realizzate anche alcune delle balaustre presenti nella chiesa. Quelle prospi- cienti gli altari di Santa Maria del Monte Carmelo e del Santissimo nome di Gesù sono opera di maestri della famiglia Ferradini, anch’essi di origine lombar- da, la cui attività in è documentata fra la pri- ma metà del XVII e la metà del secolo successivo.16 Alcuni dei suoi membri parteciparono ai due maggio- ri cantieri aquilani dell’epoca, Santa Maria di Colle- maggio e San Bernardino, nell’ambito del gruppo di maestranze che aveva realizzato gran parte dell’opera di ricostruzione successiva al terremoto del 1703. Bernardo e Baldassarre Ferradini furono incaricati in momenti diversi (il primo nel 1706 e il secondo vent’anni dopo) di realizzare due balaustre, di cui una

Figura 4 Lucoli, chiesa di San Giovanni Battista, altare della cappe- lla di Santa Maria del Monte Carmelo

Figura 5 Figura 6 Lucoli, chiesa di San Giovanni Battista, cappella della Ma- Lucoli, chiesa di San Giovanni Battista, cappella del Santis- donna del Rosario simo Nome di Gesù Lo studio dei processi di approvvigionamento della pietra 839 in pietra gialla e rosa, per la chiesa di San Giovanni di mente isolato fra tutti quelli citati nei documenti visio- Lucoli (Mancini 2001, 29). Sono riconducibili con nati, editi e inediti. certezza alla famiglia Pedetti le balaustre dell’altare 2. Le fonti, sia quelle bibliografiche che quelle archivisti- maggiore e della cappella del Rosario. che, utilizzano indifferentemente il termine pietre o Fra gli edifici delle frazioni che compongono Lu- marmi, in realtà si tratta prevalentemente di calcari marmorei. coli la breccia di Casamaina è riconoscibile, fra gli 3. Del territorio aquilano si occupa anche Fabi nel suo di- altri, nella chiesa della Beata Cristina nella frazione zionario storico, geografico e statistico d’Italia (Fabi denominata il Colle. Fuori dal territorio comunale, 1852, 2: 308). ma nelle sue immediate vicinanze, è stata utilizzata 4. Casamaina è una delle frazioni che concorrono a costi- nel Santuario della Madonna della Croce a Poggio di tuire il Comune di Lucoli. La formazione del Comune Roio, costruito a partire dal 1625. come aggregazione di siti abitati ha origine altomedie- Nell’Agro Forconese, il versante sudorientale vale e continua sino ad oggi. dell’agro aquilano, a Sant’Eusanio, è documentata, 5. «Il calcare miocenico di Poggio Picenze costituisce uno nel 1667, la costruzione di un altare, nella cappella dei più importanti materiali litoidi della città», si tratta, della Madonna, dotato di colonne alte una canna in in particolare, di un «calcare tenero biancastro ricco di fossili (denti di pesci, molluschi, soprattutto pecten, fo- pietra di Casamaina, capitelli corinzi e basi in pietra raminiferi, soprattutto Heterostegina). Facilmente lavo- bianca di San Silvestro. Vi lavorarono Domenico No- rabile e scolpibile, e perciò detto pietra gentile, tuttavia lli, lombardo, che, come si è detto, nello stesso anno regge agli spigoli e resiste alle intemperie. È molto era stato incaricato di realizzare, con la stessa pietra, adoperato quale pietra da taglio: conci, stipiti, architra- la cappella Alessandri in San Bernardino, e Giacomo vi, balaustre, ecc.» (Rodolico 1953, 308). Lambruzzi, romano, che operò insieme al Bedeschini 6. Fra le numerose opere realizzate in pietra del Poggio si nel San Francesco, a L’Aquila, dove i documenti rife- ricordano il cortile del cinquecentesco palazzo Bene- riscono di fusti in breccia di Casamaina nella cappella detti, quello di palazzo Fiore (sec. XV), la decorazione Cappa. Il contratto prevede che le colonne vengano di palazzo Centi (1766) e di palazzo Mancinelli (sec. lavorate a L’Aquila, nelle botteghe degli scalpellini, e XVIII), palazzo Quinzi (sec. XVIII), palazzo Pica-Al- solo successivamente condotte a Sant’ Eusanio. fieri (sec. XVIII), palazzo Antonelli (sec. XVIII), pa- lazzo Rivera (1770), la facciata della chiesa settecen- Le informazioni raccolte nel corso della ricerca tesca del Suffragio e la facciata del Duomo (sec. XIX). sono lontane dall’essere esaustive. Quanto si è appre- 7. A L’Aquila sono in pietra di Cavallari di Pizzoli, se- so può rappresentare il punto di partenza per fornire condo Rodolico (1953, 310), le facciate di Santa Maria un contributo all’interpretazione di alcune opere su- del Soccorso (1465), di San Bernardino (1524-40) e gli lle quali esistono ancora alcune ombre, fra le quali inserti bianchi di quella di Santa Maria di Collemaggio Santa Maria di Collemaggio rappresenta solo il caso (costruzione compresa fra il 1506 e i primi anni del se- più noto, ma anche per affrontare alcuni problemi di colo successivo). In realtà la pietra della facciata di San restauro. Un avanzamento sostanziale nella conos- Bernardino sembra diversa da quella utilizzata in Santa cenza di questa pietra, anche attraverso un censimen- Maria di Collemaggio (Bartolomucci 2004, 115). to complessivo delle opere realizzate, si potrà effet- 8. Archivio Comunale Aquilano, n. 65, Registri di conta- tuare solo quando il grande patrimonio architettonico bilità dei lavori eseguiti per la costruzione del Castello Spagnolo, sec. XVI, U. 36/2, U. 37 (pezzi 3), Inv. 20, aquilano, ora solamente messo in sicurezza, sarà citato in Gizzi (1988, 161). nuovamente visitabile, almeno a scopo di studio.17 9. La storia della basilica e le vicende relative ai suoi res- tauri sono indagate approfonditamente nella monogra- fia di Carla Bartolomucci (2004). NOTE 10. Archivio di Stato dell’Aquila, Prefettura, serie I affari generali, categoria 6, III versamento, 1873-1880, busta 1. Nel 1729, per la realizzazione di due cappelle presso la 13b, fasc. 710. chiesa aquilana di San Basilio, la vicaria del monastero 11. Si ringraziano il geologo dott. Donato Lancellotti e il sig. delle Celestine, Maddalena Franchi, si impegnò a paga- Luciano Quartaroli per l’aiuto nella ricerca delle cave. re 100 ducati a Donato Rocco Cicchi, scalpellino di 12. Testimonianze dirette hanno confermato l’esistenza, , per recarsi a Roma ad acquistare i mar- prima della costruzione della strada, di tre fosse simili mi (Colapietra 1992, 196), ma il caso appare decisa- a distanza ravvicinata. 840 R. Mancini

13. La pietra di Casamaina viene indifferentemente defini- Bartolomucci, Carla. 2004. Santa Maria di Collemaggio. ta, nei testi e nei documenti, rosa o rossa. Trattandosi di Roma. una breccia, infatti, il suo colore è poco omogeneo e va Bonanni, Teodoro. 1872. La Provincia del Secondo Abruz- dal rosso intenso al rosa. zo Ulteriore con la sua descrizione fisica-topografica- 14. Archivio di Stato dell’Aquila, Archivio Notarile, vol. 5, geologica-mineralogica. L’Aquila. Busta 792, vol. 39, carte 43 r. e v., 44 r., 1667 aprile Bonanni, Teodoro. 1888. Le antiche industrie della Provin- 13. cia di Aquila. L’Aquila. 15. Le fasi più antiche della chiesa sono ancora poco note. Colapietra, Raffaele. 1992. «Per l’arte dello scalpellino È certo che fu abbazia benedettina fino al 1462 quando all’Aquila; regesti di documenti d’archivio (1570- divenne una commenda collegiata. Vi si rintracciano 1770)». Napoli nobilissima: rivista di topografia ed arte importanti lavori eseguiti nel Settecento, anche a segui- napoletana. 31: 178-205. to del terremoto del 1703. Dal 1793 fu aggregata alla Fabi, Massimo. 1868. Corografia d’Italia. Ossia Cran Di- Diocesi dell’Aquila. zionario storico-geografico-statistico delle Città, Borghi, 16. Un contratto di locazione 1636 riferisce la presenza, a Villaggi, Castelli ecc. della penisola. Milano. L’Aquila di «magister Bartholomeo Ferradini mediola- Galanti, Giuseppe Maria.1789. Nuova descrizione geografi- nensi» (Archivio di Stato dell’Aquila, Archivio Notari- ca e politica delle Sicilie. Napoli. le, vol. 26, b. 701, carte 267 r. e 268 r.). Gizzi, Stefano. 1988. Le reintegrazioni nel restauro. Una 17. Purtroppo le gravi condizioni in cui versano gli edifici verifica nell’Abruzzo Aquilano. Roma. a seguito del sisma ne hanno reso difficile, e talvolta Mancini, Renzo. 2001. San Giovanni Battista di Lucoli. impossibile, l’accesso. Solo la chiesa di San Giovanni Storia, Cronologia, Restauro. L’Aquila-Roma. Battista di Lucoli è interamente visitabile, di quella de- Marino, Luigi (a cura di). 2007. Cave storiche e risorse la- dicata alla Beata Cristina al Colle e della Basilica aqui- pidee. Documentazione e restauro. Firenze. lana di San Bernardino si sono potute avere solo viste Murri, Filippo. 1983. Lucoli. Profilo storico. L’Aquila- molto parziali dell’interno mentre per gli altri edifici, Roma. quando disponibile, si è dovuto supplire con documen- Officio di statistica provinciale. 1875. Quale fu, qual è, tazione fotografica, sempre molto scarsa e spesso in quale potrebbe essere la provincia del 2° abruzzo ulte- bianco e nero. riore. L’Aquila. Rodolico, Francesco, 1953. Le pietre delle città d’Italia. Fi- renze. Signorini, Angelo. 1868. La Diocesi di Aquila descritta ed LISTA DE REFERENCIAS illustrata. L’Aquila. Tenore, Michele. 1864. «Sui minerali e rocce utili del se- Bartolini Salimbeni, Lorenzo. 1993. Architettura francesca- condo abruzzo ulteriore». Annali dell’Accademia degli na in Abruzzo dal XIII al XVIII secolo. Roma. aspiranti naturalisti. Napoli.