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Hal 4-4 4- T. 3

FROM THE

BAYARD CUTTING FELLOWSHIP FUND

By the terms of the gift one-half the income of this Fund in any year when the Fellowship is not assigned is to be used for the purchase of books for the College Library, preferably in French or Italian Literature.

CENNI STORICI

sul

DI

CBOTI STMICI

SUL

COMUNE DI ROFRANO

DEL

CAN. TEOL. DOMENICANTONIO RONSINI

SALERNO Stabilimento Tipografico Nazionale 18T3.

/- ■ 'i Steward Collegre Li> rary Noveraber 29 . ip r

f HARVARD^ (UNIVERSITY LIBRARY JuL 26 Vìr ALLA

SUA CARA PATRIA

QUESTO TENUE LAVORO

CHE DELLA PATRIA

SVOLGE L' ORIGINE

E NARRA LE PROSPERE ED AVVERSE VICENDE

PERCHÈ LA MEMORIA DI GLORIE E DI SVENTURE

ED I MONUMENTI DELL' ETÀ PASSATA

SIANO SPRONE ALLA VIRTÙ

FRENO AL VIZIO E RASE AL PROGRESSO

DOMENICANTONIO RONSINI

SPINTO SOL DA CARITÀ DEL LOCO NATIO

OFFRE

RICONOSCENTE ED OSSEQUIOSO

In una lite Demaniale , che verte da secoli, e ferve ancora tra Rofrano ed i Comuni limitrofi al suo mezzogiorno, il Con siglio Municipale Rofranese mi addossò l' incarico di studiar le Produzioni , ed illustrar la controversia. Per ravviare il ban dolo dell' avviluppata matassa , fui costretto a spolverare volu minosi Processi , e frugar nei pubblici e privati Archivii , per trovare all' uopo altri titoli, e scritture vetuste. Frutto di tali indagini son le copiose notizie, che pubblico in questa Memo ria a solo fine, che non ricadano nelT obblio, e posson sommi nistrare le prime fila, con cui qualche altro più valoroso, ch' io non sono, possa tessere l' istoria patria.

I.

Corografia e Topografia '

Rofrano è di 3." classe del Circondario di Vallo Lucano, del Mandamento di . Dipende dal Tribunale Ci vile e Correzionale di Vallo, dalla Corte di Assise di , e dalla Gran Corte di Napoli. È tra' gradi 33°, T 12" di lon gitudine Est dal Meridiano dell' Isola di Ferro, e di latitudine Nord 40° 12', 13". Confina a Sud con Rocca Gloriosa, da cui dista otto mi glia , e con Torre Orsaja , e ne dista sei miglia ; ad Est con , da cui dista otto miglia, e con Sansa, e ne dista sette miglia, a Nord con , e , da cui di sta dodici miglia , ad Ovest con Novi Velino, che è in distanza di 12 miglia ed a Sud-Ovest con Laurito ed , distando miglia quattro dal primo , e due dal secondo. Dista dal Golfo di Policastro , e Porto di Scario dieci' miglia , si eleva sul li vello del mare metri 450. 6 Si addossa ad un colle isolato di roccia stratificata al con fluente del Faraone , che lo bagna a ponente , e del Cardilo , che lo bagna a mezzogiorno : le abitazioni occupano tutte le pen dici meno la settentrionale : sul colle siede cavaliere, e gli so vrasta eminente la Chiesa, per ricordare che Dio dev' essere il centro , e 1' apice de' nostri pensieri : ha straripevole balza al Nord, ed all' Ovest, men difficile accesso al Sud, facile all' Est, dove gli si annette un Borgo, che allargasi nel piano, ed or ne forma la parte principale. Situato in mezzo a due diramazioni opposte di monti che al Sud si arrestano a breve distanza e lasciano un vano a tra verso del quale si scorge il golfo di Policastro, ha un Orizzonte angusto, e limitato dalle cime de' monti , ma la sterilità , e la monotonia vi sono stranieri. Prospetta monti di svariate altezze, figure, tinte, e vegetazione, prospetta colline , convalli , selve, campi,, oliveti, vigne, case rurali numerose, fiumi, ruscelli, bur roni, ed al Sud Alfano, Rocchetta, Rocca Gloriosa, il mare. Chi voglia sostenere la fatica di salire sul Centaurino , o sul Gal- bison, spazierà la vista in un panorama immenso, ed incante vole. Perciò gli Uffiziali Topografi han prescelto questi monti per le loro Geodetiche operazioni, erigendo sull'uno, e sull'al tro piramidi di pietra, ad uso di punti Trigonometrici.

n.

Origine

Rnfra ricorda- j.a desinenza del nome Rofrano accenna ad una derivazione silio! lì?ì! ! cai da un' altro luogo ; ed il riscontro io trovo nelT antica Rufra, tone, e da'due o Rufrio ricordata da' Latini scrittori. l4Pidi- Virgilio nel VII0 dell' Eneide ci fa assapere, ch' Ebalo fi glio della Ninfa Sebetide, e di Telone Re di Capri, non con tento del paterno retaggio , aggiungeva a' suoi dominii Rufra , ed altre conquiste late jam ditione premebat Sarrasteis populos, et quae rigat aequora Sarnus, Quique Rufras, Batulumque tenent atque arva Gelemnae, Et quos maliferae despectant moenia Abellae Teutonico ritu soliti torquere cateias, Tegmina queis capitum raptus de subere cortex, Aerataeque micant peltae, micat aereus ensis. Rufras, non Rufas leggo nell'Edizione di Bonelli col Comento di Senio, Venezia 1574: e così lesse e tradusse Annibal Caro

_ 1 delle genti , Che irriga insignorissi appresso Di Batulo, e di Rufra, e di Celenne, E de' campi fruttiferi di Avella Mezze picche avean queste alla Tedesca Per avventarle, e per celate in capo Suveri scortecciati, e di metallo Brocchieri alla sinistra, e stocchi a lato. La stessa Rufra è ricordata da Silio Italico L. Vili v. 564, dove facendo la rassegna de' guerrieri intervenuti alla battaglia di Canne, dopo i Campani specifica i Sanniti, a' quali sieguono i Bruzii, i Lucani, e gl'Irpini. Adfuit et Samnis, nondum vergente favore Ad Poenos, sed nec veteri purgatus ab ira, Qui batulum, Mucrasque colunt, Boviania quique Exercent lustra, aut Caudinis faucibus haerent, Et quos aut Rufrae, aut quos Esernia, quosque Obscura incultis Herdonia misit ab agris.= Venne il Sannita anch' esso, non ancora Chiaritosi in favor degli Africani, Ma neppur terso il cor dall' ira antica, L' abitator di Batulo, e di Mucra, Ed i cultor de' boschi di Bojano, E quei che alle Caudine fauci annidano, E quei che Rufra, o Isernia, o che spedio Dalle campagne incolte Erdonia oscura. La ricorda Livio , Dec. l.a L. 8. Eodem tempore ( 429 della città) etiam in Samnio res prospere gestae: tria oppida in potestatem venerunt, Allifae, Callifae, Rufriumque, Ager primo adventu Consulis (Lucio Cornelio) longe lateque devastatus. Il Nardi lesse non Ruffium , ma Rufrium, e così tradusse — « Nel medesimo tempo anche nel Sannio successero le cose pro « speramente: e tre città vennero in potere de' Romani, Alife, « Calife , e Rufrio , e l' altro contado nella prima giunta del tt Console fu per tutto saccheggiato, e guasto. » Anche qui Rufrio è situato nel Sannio, e tra città di qualche considerazione, cui per sicurezza di Roma L. Cornelio stimò occu pare, venendo appaiata ad Alife, città al Sud-Ovest di Boviano decorata di Teatro, Circo, Anfiteatro, Aquidotto, Terme, mura. Ne parla Catone il vecchio ancora De Re Rustica c. 134 intitolato — Ubi utensilia emantur. Edizione di Benedetto Ettore, Bologna 1504 Trapeti Pompeiis. Nolae ad Rufrim Ateriam (1) (1) So di una legge chiamata Ateria da Gellio, o Tarpeja da Festo, fatta 8 Claves , clostra Romae , ac Hamae. Urinae (1) oleariae urcei aquarii, vinariae v/rnae, et alia vasa aenea Capuae. Nolae fr stime. Campanicae caniae utiles smt. GÌ' infrantoi di olive si comprino a Pompei. I campanelli nelle vicinanze di Rufra Ateria. Le chiavi, e le serrature a Roma, e ad Hama. I vasi d' olio da becco sottile, gli orciuoli da acqua , l' urne vinarie, e gli altri vasi di metallo a Capua. Di Nola son da usarsi le fiscelle urticee della . Infine due lapidi rinvenute sur un braccio della via Lati na, presso l'Osteria di Tora, parlano espressamente di Coloni Rufrani, e Vicani Rufrani. Dalla descritta Rufra, o Rufrio opino col1' ab. Troili, che abbia a ripetersi l' etimologia di Rofrano, e l' origine di Rofrano . Vetere. Rufra nei sannio Sg]i è vero che questo Comune è nella Lucania, mentre non solo Livio, e Silio apertamente, ma ancora gli altri Scrit tori citati, se vadano bene intesi, metton Rufra nel Sannio. Ma non è a dubitarsi , che la Lucania ripete l' origine da una di quelle grandi Colonie, che il Sannio per cresciuta ed esuberante Colonia San P0P°lazione era s0^0 sbandire, ed obbligare a prendere stanza, nitica°condo*tà ove meglio lor convenisse. Lo attestano gli Storici chiaramente. daLucioneii'E- Secondo Strabone L. V. Antiquissima Sabinorum gens est, et delta° Lucania', indigena. Ab his originem duxerunt Picentes, atque Samnetis (2). Ab his porro Lucani, et ob istis Brutii. Lo ripete nel L. VI. Lucani a Samnitibus genus trahunt generis (dei Lucani) auctores ipsi. Samnites. Lo conferma Plinio. L. III. c. 5. Lucani a Samnitibus orti duce Lucio. Ed il Traduttore di C. Sempronio in Descrip. Or- bis a Da Velia al Silaro fiume abitato da Lucani così nominati « da Lucio principe de' Sanniti. » Da' quali testi si rileva, che la Lucania non solo ebbe l' origine da' Sanniti, ma ancora il no me dal loro Induperatore Lucio (3). Perchè prima si chiamava

sotto il Consolato di Aterio, e di Tarpejo, la quale tassava e riduceva la multa di una pecora ad assi dieci, e di un bue ad assi cento. So di una Gente Ateria, a cui appartenevano i Fontinali. So di un Aterio, che a' tempi Tibenani , se condo Tacito , marcio nel sonno , ed in vigilie libidinose fra le bircbe ed il lupanare meditava trabocchetti a' più nobili cittadini. So di un Aterio Antonino persona nobile , alla cui povertà sovvenne Nerone col donargli un' entrata di molti scudi annui. Ma non so, perchè Catone ha dato l'aggiunto di Ateria a Rufra. Forse un' Aterio era Patrono de' coloni Rufrani, o nella Colonia aveva una villa ? (1) I vasi d'olio a becco sottile sono usati tuttor da noi. Da Catone son chiamati urine, donde urnae, perchè ne schizza il liquore' a foggia di piscio. (2) Da Sabini deriva Sabinites, qnindi Savnites, o Samnites. (3) Niebuhr non soddisfatto di quel Lucius di Plinio andò all' idea di un Eroe per nome Lucus , sol perchè 1' analogia meglio legittima i derivativi di 9 Enotria, — ora seu regio Tarentum inter et Poestum protensa, — forse anche Ausonia, Italia, e da'Greci Esperia, prendendo que sti nomi nel primitivo loro stretto senso, che poi fu ampliato a tutta la penisola dall'arbitrio de' conquistatori. Non dissimulo, che Servio, chiama Rufra oppidum Cam- paniae, e dietro lui i Comentatori di Virgilio , gì' Istorici più celebri della Campania, ed i Geografi metton Rufra nella Cam pania , e circoscrivono le conquiste di Ebalo alla parte Orien tale della Campania verso il Promontorio di Minerva, a' Picen- tini, ed ag1' Irpini. Per uscir da questo imbarazzo possono farsi due ipotesi, ammettendo o due Rufre, una nel Sannio, ed un'al tra nella Campania, o una sola, ma che appartenne in un tem po alla Campania, ed un' altro al Sannio. Non vi è ra_ La prima ipotesi è adottata dall' Ab. Antonio Racioppi (Re- gìone di fam- gno delle due Sicilie descritto, ed illustrato). Egli mette la a^Vra prima nel Sannio de'Pentri, e propriamente, seguendo il Trutta nella Campania (Antichità Allifane), presso la terra di S. Angelo Raviscanino cinque miglia al Nord di Allife, dove si trovano infatti rimar chevoli avanzi di Antichità. Ragiona dell' altra nel modo se guente. « Sull'Autorità di Virgilio, e di Servio, che dice ca- « stelli della Campania questi due Villaggi, Nicola Corcia (Sto- « ria delle Due Sicilie ) crede Rufra nell' odierno Casale di Ci « sterna, e Ratulo nella contrada detta Molara di Brusciano a « poca distanza dalla stessa Cisterna : v' ha nel sito di quella « una cava di pietre molari, e ciò giustifica quel che dice Ca- « tone delle macine di molino, di aversi cioè le medesime da a Rufro nell' Agro di Nola » . Io nella mia edizion di Catone, ch' è del 1504, non trovo nè le pretese macine di molino, nè il preteso Agro di Nola, nè Batulo. Nolae ad Rufrim Ateriam vuol dire, che i campanelli (1) si compravano presso Rufra Ate-

Lucania, e Lucano. Sento, quanto esiguo sia il mio giudizio ; ma quando mai l'eufonia, e l'indole de' Dialetti tenne conto della perdita, o della giunta di un jota ? Major ratio habita sonitus , quam regulae a scriptoribus , neque ra- tionem verbi, neque consurtudinem, sed solam aurem sequuti sunt (Gellio Vili. 19. ) Da Lavinia Virgilio ha formato Lavinus : Lavinaque venil littora : Altri però deduce tal nome a lucis sacris, vel quod in luco primo consederint. Altri a luce, che riverbera da' suoi monti coperti di neve nell' Inverno. Quindi Ora zio L. 2. Sat. 3. In nive Lucana dormis ocreatus, ut aprum Coenem (go Altri dall' Etrusco Lucumo, che importa possessore, di boschi , di cui abbonda la Lucania. Altri a Luca bive, cioè dall' elefante, perchè in Lucania si videro da 'Romani i primi elefanti cordoni da Pirro. Miri da Xs'jvios, altus, onde in Greco s»n detti non Lucani , ma Lcucani, perchè bianchi di carnagione. Altri finalmente da Xuxos, lupus, sia perchè un lupo servì di guida alla colonia, idea augurale, sia perchè 1' immagine di un lupo era cella bandiera, idi a blasonica. (1) Campanelli, e forse anche le campane, sotto nome di pelvis , lebei 1 10 ria. Se si prende Nolae per la città, le parole non hanno al cun senso , o direbbero , che Nola è vendibile presso Rufra. Veggo bene, che il Corcia abbia letto Molae (triisatiles, et Asi- nariae ) cioè macine , nè ricuserei tal variante de' Critici ; ma in tal caso dal testo di Catone non si rileva l'aggiunto, ch' è base a tutto l'argomento, cioè, che avevansi dall' Agro Nolano. Indi il Racioppi soggiunge tt A dir vero due lapidi rinvenute « presso l' Osteria di Tora sulla via Latina nelle quali sono « espressamente nominati i Coloni Rufrani, ed i Vicani Rufrani « darebbero qualche peso all' opinione contraria , che la crede « in Presenzano, se il luogo di Virgilio, in cui Rufra è posta (t tra le pianure irrigate dal Sarno, ed Avella non togliesse ogni « ombra di dubbio ». A me, debbo confessarlo , resta tutto il dubbio, e mi fa più peso il luogo dove furon trovate le lapidi, che il luogo che vuol dedursi sol dall' ordine delle parole di Virgilio. Se vale l' argomento dedotto dall' ordine, con cui Vir gilio nomina i luoghi, potrà con altrettanto dritto conchiudersi, che i Bruzii son tra i Sanniti, ed i Lucani ; perchè Silio Ita lico così li dispone nella citata rassegna. Questo sarebbe un granchio preso a secco. Non parmi valevole a basar Geografi che, ed Istoriche verità una favola poetica relativa a tempi, in cui i Re eran dominatori di un sol paese, le Regine erano Ninfe del Sebeto, e le cortecce di suvero scusavano le celate , ed i cappelli. Ben altro valore ha la pruova somministrata dal luogo ove furon trovate l' Epigrafi , anche perchè l' Osteria di Tora poco dista" da Allife, dove Livio mette il teatro delle prodezze di L. Cornelio, e questo braccio della via Latina riusciva a Ru fra, come avvisa lo stesso Racioppi: va1 dire, che si accorda no la Storia , ed i monumenti a favor di Presenzano , o piut tosto di S. Angelo Raviscanino del Trutta. aes, aeramentum codon, tinlinnabulum erano io uso presso gli antichi. Ne parla Giovenale Sat. VI, Marziale 14, Plauto nel Trinammo Aci. IV, se. 2, Plutarco Lib. IV Simpos , e Straboue narra questo lepido fatto : Un sonatore di cetra mentre nell' Isola di lasso compiacevasi della serrala folla degli uditori, ad un segno che chiamava alla compra de' pesci, spulezzò ad un tratto tutta la bri gata, eccetto un solo. Egli lodava il rimasto uditore, perchè non aveva seguito il cattivo esempio; ma questi, ch'era sordastro, forse squillò, disse, il cam panello? e udito di sì, fuggi pur esso. Tre campanelli si trovarono nella casa di Argo ad Ercolano. Si usavano in Villa? Luciano ci fa assapere, che con essi si dava il segno del lavoro alla turba dei servi, e degli operai. La cosa è dunque anti ca : che sia antico ancora il nome Nola varrebbe a provarlo quest' esempio di Catone, se tale lellura non fosse sospetta a molti , che perciò leggon Molae , macine. Del resto antico è il significato di aes per campanello, antica del pari la rinomanza dell' aes Campanum, o Nolanum, metallo, che Plinio crede infe riore solo al Corintio, quindi ha potuto derivar Nola io senso di Campana. Ma che S. Paolino sia stato il primo ad introdurne 1' uso nella Chiesa, e le abbia dato il nome, è opinione rigettata dal Baronio, dal Bona, e da Bingam. 11 Adunque non parmi plausibile la prima ipotesi, ed inclino alla seconda. Parmi che dagli autori si accenni ad una sola Ru- fra col divario, che in verso è detta Rufra o Rufa, ed in prosa Rufrio o Rullìo, parmi pure che in un'epoca potè appartenere al Sannio, ed in un' altra alla Campania. É innegabile, che gì' Istorici nel riferire i limiti del San- t£,°"afinàéi\an- nio, ed i Geografi nel descriverli discordano tra loro, e spesso nio. con se stessi. La ragione è nelle vicende del Sannio. Pòpoli bellicosi, com' erano i Sanniti , or acquistavano , or perdevano in estensione territoriale, secondo la volubile fortuna delle armi. Quindi han variato gli Storici, perchè han variato le vicende , ed i confini del paese. Ma nel colmo di sua potenza il Sannio, come dice Cantù, superava Roma per popolazione, e territorio, allargandosi dal mare Inferiore al Superiore, dal Liri alle Mon tagne Lucane nei paesi, che ora diciamo Principato Ulteriore, Abruzzo Citeriore e Terra di Lavoro. Vi fu tempo , che inva sero la Volturnia, cui applicarono il nome di Campania, cioè, pianura ( ) e presero il nome di Sanniti Campani, e Ma ni ertini, o soldati di Marte. Che più? Nola stessa, presso cui si mette la Rufra Campana, fu prima collegata co' Sanniti, quando insieme presidiarono Palepoli e Napoli , e poi a' Sanniti sotto posta, e secondo il Capaccio L. II, pag. 462 Nolam in Sam- nio constauit Epitome Livii. I popoli Sarrasti e le rive del Sarno un dì conquistate da Eba1o, furon poi soggette a' Sanniti, che sulla dritta si mantennero a Pompeja sino all' anno 308 avanti l' Era volgare , e sulla sinistra nell' anno di Roma 444 posse devano l' Agro Nucerino. Adunque dato pure che Rufra in qualche tempo appartenne alla Campania , potè in altr' epoca essere in potere de' Sanniti. Veramente non si sa con precisione il tempo in cui la Lu- Quando u co- ciana o Lucana colonia fu dedotta. Sembra naturale, che i San- JfJU^ u con" niti occupassero prima Volturno e Capua, lo che avvenne nel- l' anno 331, e poi si slargassero nella nostra regione. Ma tre anni prima. , cioè nel 328 di Roma si erano avanzati sino al fiume Lao, quando già si eran resi padroni di Posidonia. Neppure si sa con precisione da quale delle otto regioni ,°aol^na'® ? ^7 del Sannio fu distaccata. Il Corcia , crede che la colonia, la dei°slanneio'°fn quale formò il gran popolo de' Lucani , si distaccò dal paese distaccata, de' Pentri, ove trovansi la Liviana Rufra, ed Allife : poggia la sua opinione sull' Omonimia che vede tra il fiume Calore del Sannio Pentro, ed il Calore della Lucania, ripetuto nella Valle di Diano, e di S. Angelo Fasanello. L' opinione dell' Illustre Scrittore è avvalorata da altri omo- I

12 nomi. Il monte Rotondo controforte del Matese nel Sannio Pen- tro è replicato nel Monte Rotondo sito sopra Rofrano Vetere. Sepino centro del Sannio Pentro fu fondata nel sito detto Attilia ed esso medesimo chiamato Altilia. Giacchè non si veggono che in Altilia le torri, e le fortificazioni, che diedero tanto da fare a Papirio Cursore Achille de' Romani. Tale opinione è confermata dal Freccia. L. II. che dice; legitur apud aliquos exemplum ve- tusiae inscriptionis, quae est in janua Sepini , antiqua urbe Sam- nitum, dieta Altilia a nonnullis, corrosum et diminutum « ( an che il Romanelli dice (p. II. p: 448): altre iscrizioni trovate nel sito di Altilia, e riportate dal Galanti non ci lasciano dubitare che questo sia stato il sito dell' antica città. ) » Ora quattro miglia lungi da noi sorge tra Laurito, e Montano una ben alta montagna chiamata Antilia, ove alcune abitazioni furono un tempo: ora di esse appena picciolissime vestigia si vedono: la ricorda Bernardino Rota in que' versi. Teque etiam , Antilie, passis te maesta capillis , Quam Pan erudiit susceptara Molpide Nympha. L' Alife del Pentro è accennata in Alfano , quasi Alifano, paese che dista da noi due miglia. Nella tavola Peutingeriana è segnata la stazione ad Pirum nel Sannio Pentro forse presso Campolieto: ed a 10 miglia da Rofrano è S. Giovanni a Piro. Tante omonimie non possono attribuirsi a mera casualità, se altri pria non adotti il sistema atomistico. Esse dimostrano almeno la persuasione dei nostri antenati di essere oriundi del Sannio Pentro. In qualunque supposizione non perde forza un mio dilem ma. Se i Sanniti condotti dal Principe Lucio sciamarono sulle nostre regioni quando Rufra faceva parte del Sannio, il mio ar gomento non va soggetto a difficoltà. Se avvenne quando faceva parte della Campania, ciò neppur mi nuoce ; perchè queste on date di popoli migranti , come una valanga , che rotolando in grossa , avvolgevano quanto lor si presentava nel cammino , e però si cacciarono innanzi i limitrofi Rufrani, che alla nuova patria diedero il nome dell' antica. Rufra dine- Neppur dissimulo, che l' annotator di Virgilio ad uso del eX Rud^r°' Delfmo ed n Cluverio confonde Rufra con Ruvo. Ma questo è chiamato Rubi, non Rufra da Orazio serra. 1. 1. Sat: 5. Inde Rubos lassi pervenimus utpote longum Carpentes iter, et factum corruptius imbrì Dopo un lungo cammino , e dalla pioggia Renduto più malvagio, a Ruvo alfine Lassi giugniamo. Ed è non già nel Sannio, o nella Campania, ma nella Pu 13 glia Peucezia, secondo Filippo Ferraro, in additi: ad Calepinum, Rubi Rubus quoque, vulgo Ruvo, urbs non Cawpaniae, ut scri ba Calepinus, sed Apuiiae Peucetiae: Populi Rubustini Plinio. Nò Rufra poi nò Ruvo devon confondersi con Rudia patria di Ennio, che secondo il Ferraro nel luogo citato è nella Calabria di Sallentini distante due miglia da Lecce, (Aletium) Rudiae urbs Calabriae Salentinorum excisa apud Alctium, vulgo Ruje 2. m. p. litlus versum. E così volle provare in una dissertazione l' abate Domenico De Angelis. Ma secondo il giudizioso Tafuri è in vicinanza di Grottaglie otto miglia al di là di Taranto nel luogo delle Rugge. Perchè Tolomeo pose Rudia come città primaria de' Sallentini , . e la Sallenzia aveva principio al di là di Taranto. Ivi, dice il Tafuri sono i ruderi, ed il nome di una Rugge, che deve per ciò riconoscersi come la patria del più antico Epico Latino, il quale è detto Tarenlino da Eusebio, non per altro che per la vicinanza di Rudia a Taranto. Potrebbe dedursi l' etimologia di Rofrano, o Roferano, co- origine di Ro me è pur detto in antiche scritture, dalle roveri di cui abbonda; {j£°r°a ■ p^|"e" quasi Roverano cambiando l' F nell' affine V, ma le ragioni fin trìa^de^Rofra- quì esposte mi sembran sufficienti a conchiudere che da' San- nesi. niti Rufrani abbia avuto il nome , e l' origine Rofrano Vetere. Questo era sito circa quattro miglia al Nord-ovest del Nuovo sotto il monte Rotondo. Era in piedi, almeno il suo Cenobio, a' tempi di Teodosio, ed Onorio, e forse anche a tempi di S. Renedetto, come può raccogliersi dalla vita di S. Eliena. Nunc seges est ubi fuit: vi germoglia il grano, onde nella vita di detta Santa è chiamato Horreum Rofrani. Ne avanza il nome conservato nel linguaggio comune, ed in molti antichi documenti, e sul luogo i ruderi del Cenobio , e della Chiesa, e sparsi rottami di mat toni, embrici, e creta cotta. Gli diedero un tal nome per quel naturale pendio, che hanno le nazioni migranti d' imporre a' novelli, luoghi da essi posse duti un qualche nome, che loro rammenti quelli che furono ab bandonati, e dove pur tante memorie carissime lasciarono. Così da Ippocle capo degli Eritreesi nato in Cuma di Eubea ebbe il iDome la nostra Cuma. Così la nostra Trecchiana sopra Maratea ftbbe il nome di Trechina vicina alle Termopile. Così il fiume paleso presso Taranto fu chiamato Eurota da quello che scor reva presso Sparta. E di tal' uso abbastanza esempì ricorrono | nostri giorni nell' America. 0rigine di Ro- Egli è naturale che Rofrano nuovo sia derivato dall'antico, frano nuovo. Esso si formò intorno ad un Cenobio di Basiliani sito presso la 14 Chiesa di Grotta Ferrata, dove ora torreggia il palazzo Baronale. Quivi si ridussero gli abitanti di Rofrano Vetere, e vi forma rono una mediocre agglomerazione con altri avveniticci di un paese , sito su di una balza tra Rofrano , e Laurito che vien chiamato Fugento in Diploma di Ruggiero (Antonini, Lucania). Si serbò memoria del fatto nell' antico suggello di Rofrano, che ha l' effigie della SS. ma Vergine con un Basiliano prosteso ai suoi piedi , ed all' esergo il nome del Comune. È innegabile , che i conventi furon dovunque focolajo d' istruzione , di com mercio -, e di vita industre, ed ospita1 capanna , dove i nostri poveri padri ricoverarono la testa minacciata dal Barbaro, e dal Barone. Così nacquero nella Svizzera Sangallo e Dissentis, così Zurigo e Lucerna, così Appenzel Glaris, e ScialFusa. Così nella Toscana Castellonuovo dell' abate, Gello dell' abate , Vico del l' abate , e tanti altri nomi consimili ricorrenti segnano luoghi nati per opera di monaci. Così molte città nel titolo di un Santo conservano l' impronta di simile origine. Quindi l' antichità di Rofrano Nuovo si riduce a quella del Basiliano Cenobio. Or in qual' anno questo fu fondato ? Cenobio de'Ba- Ruggiero II. primo Be di Sicilia con suo Diploma dato dal re a'NormannT **ea^ ^a^azz0 ^ Palermo concede la Badia ed il Feudo di Ko re a ormarmi. jrano a^ un jieonzj0 ajj^e Basiliano, che a tal uopo si era re cato in Palermo. ( Documento A ) La data è di Aprile Indizione IX che corrisponde, secondo il Muratori ed altri eruditi, all' an no 1131 e dell'anno del Mondo 6639, che secondo il computo or dinario, cade, nell' istesso 1131. Ma con siffatto Diploma conferma al detto abate concessioni allo stesso fatte dal suo antecessore Guglielmo e prima da Ruggiero suo Cugino. Questo ultimo suc cesse al Ducato di Puglia e Principato di Salerno a' 27 Luglio 1085 al padre Roberto, che tale l'aveva nominato nell' 1081, e dichiarato suo successore a discapito di Boemondo. Dunque il Cenobio di Rofrano esisteva già nella seconda metà del Se colo XI. Si vede poi agevolmente , che cotesti Normanni non fecero, che legalizzare, e consolidare l' autorità di tali Basiliani Toparchi sul paese nato per opera loro. Ciò risulta dal tenore del Diploma stesso, e ne risulta ancora, che la Badiale Chiesa di Rofrano era fiorente , e con giurisdizione amplissima sopra undici Grancie , e che fiorente era il feudo . di Rofrano stesso , di cui descrive gli estesi confini. Or la condizione della Chiesa e del Feudo fanno argomentar la data del Paese: si sa, chei fedeli fondano , e dotano le Chiese : il feudo ordinariamente è posteriore al Paese , e nel caso nostro il paese suppone ante riore l' esistenza del Cenobio. Dunque bisogna indietreggiare la 15 fondazione del Cenobio almeno nell' antecedente Secolo X. E ce ne porge ragione un' altro plausibile Documento. S. Nilo ( Vita S. Nili, interprete Sirleto penes Marten Vet. Anteriore a Script. Col1. 1. VI c. 715. Salmon t. XXIII.) nato in Rus- s' N,1°- sano nel 906 dalla nobilissima famiglia Malena volgendo le spalle al secolo si ascrisse all'ordine di S. Basilio : ' fuggì dalla patria perchè que' cittadini spettatori delle sue virtù volevano a viva forza, toglierselo a Vescovo. Per non farsi conoscere, pellegri nando entrava nei luoghi abitati con una pelle di volpe avvolta al capo, e la tonaca sospesa al bastone, onde i monelli gli cor- rean dietro gridando: Heus Bulgare Calogere ! Fu tra noi in que sta contrada, ed ebbe stanza in Rocca Gloriosa nel Cenobio dei Benedettini detto di S. Mercurio, e vi fabbricò un Romitaggio, et ibi cellulam in rupe praecelsa delegit. ( Santorio in Hist: Caibon. Monast. f. 29 ) Abitò pure nell' altro Cenobio di Be-1 nedetlini in S. Nazario. Indi fu trionfalmente accolto in Mon- tecasino, dove riformò i monaci di quel celebre Monastero, trat tenne 15 anni tra Benedettini di Casaluce. Era in Roma nel 997 , quando Gregorio V privò degli occhi, degli orecchi del naso, e menò a strapazzo per Roma l'Anti-papa Giovanni File- gato già Vescovo di Piacenza , e grande intrigante , poichè al lora , come riferisce Cantù, egli adoprò i suoi buoni uffizii a prò di quello sciagurato , benchè invano , e però predisse l' ira di Dio al Papa, che in falti morì ben presto. Egli fu il fondatore della celebre Badia di Grotta Ferrata in Frascati, presso l'an tico Tuscolo, 15 miglia distante da Roma. Chiuse i suoi giorni in paterno di nel 1002. Di passaggio qui rifletto. Se fiorì nel Secolo X., è palpabile l' Anacronismo di coloro che lo confondono col1' altro S. Nilo , che prima Prefetto di Costanti nopoli, poi Monaco ed Abaie fu discepolo di S. Giovan Criso stomo, e fiorì sotto Teodosio il giovane circa l' anno 440 ( Na tale Alessandro Stor: Eccl: tom. X. p. 294 ). Or dalla vita di S. Nilo si rileva che fabbricò un Remi- torio in Rocca Gloriosa , e fondò la celebre Badia di Grotta Fer rata in Frascati. Inoltre dal Diploma di Ruggiero si rileva, co me ho accennato , che amplissima era la giurisdizione del Ro- franese Abate: si estendeva sopra undici Grande descritte nel modo seguente. 1. Grancia di S. Maria De Vita nel territorio di Laurino Grande di 2. Di S. Zaccaria nel territorio di Diano (1) Grotta Ferrata 3. Di S. Pietro del Tomusso nel territorio di Montesano (1) II territorio ora appartiene a che una volta si considerava co me casale di Diano, essendo soggetti alla stessa Giurisdizione. 16 4. Di S. Arcangelo nel territorio di Camperà 5. Di S. Matteo nel territorio di Policastro 6. Di S, Pietro nel territorio di Ri vello I. Di S. Nicola De Saracusa nel territorio del villaggio chia mato Didascalea (1) 8. Di S. Nicola di Benevento nella città di Salerno. 9. Tutte le case, che sono in Salerno stesso a Portanova. La contrada ritiene ora la stessa denominazione. 10. La casa di Salerno alla Giudaica. Era dov'è ora la Par rocchia di S. Lucia, perciò detta S. Lucia in Giudaica. II. La Grancia di S. Maria de Siripi nel territorio di Sansa. La contrada ritiene l'antico nome. Si rileva in secondo luogo che il Romitorio di Rocca non avea relazione colla Badia di Rofrano , perchè non compreso nella lista delle Dipendenze o pertinenze del medesimo. Lo stesso dicasi della grande ed antica Badia Basiliana , ch' era in Pat tano, dell' altra antica Badia, ch' era in , e dell' anti chissima, ch'era in S. Giovanni a Piro , dov'è sepolto il ce lebre letterato Teodoro Gaza di Tessalonica, che vi fu Vicario del Commendatario Abate Cardinal Bessarione. Si rileva in terzo luogo, che le undici Grancie erano an nesse a Rofrano, non a Frascati ; il Feudo apparteneva al Pre side della Chiesa di Rofrano, il dritto di Asilo, e gli altri pri- vilegii al Cenobio di Rofrano. Frascati non v' è neppur nomi nato, perchè fuori del Reame e della Giurisdizione di Ruggiero. Forse Leonzio era Abate di Rofrano , perchè nella serie degli Abati di Frascati non trovasi un omonomo sincrono di Ruggie ro, come mi assicura il celebre D. Giuseppe Cozza Basiliano di Grotta Ferrara editore del Codice Biblico Vaticano. Penso che la Badia di Rofrano prima indipendente fu poi assoggettata a quella di Frascati. Costa in fine che la Chiesa di Rofrano, ed il suo Abate hanno sempre avuto lo stesso titolo di Grotta Ferrata. Quindi naturalmente sorgono i seguenti dubbii. S. Nilo fondò egli il nostro Cenobio, allorchè fu in queste contrade, o lo trovò già fondato ? La Badia di Rofrano ebbe il titolo di Grotta Ferrata da quella di Frascati, o viceversa? A me pare che lo trovò già fondato : primo perchè il greco Biografo di S. Nilo, che narra le altre fondazioni, tace di que sta, secondo perchè altrimenti la nostra Badia nel breve spazio

(1) Si noti che Scalea o Didascalea era città Vescovile distrutta da' Sa raceni nel 931: venne da Alfano Arcivescovo di Salerno aggregata a Polica stro, onde a tempi di Ruggiero era un semplice villaggio. Balla Alfani in Axch: Salem. A. 1079. 17 di una ottantina di anni (quanti ne corron da S. Nilo al Duca Ruggiero ) non poteva giungere al grado di grandezza, che de- scrivesi nel Diploma. Quindi panni ancora , ch' essendo poste riore la fondazione di Frascati potè solo ricevere non già dare Etiraolo ia di il titolo di Grottaf errata. La fondazione Apostolica, o i Martiri Grotuferrfu. rendevano insigne una Chiesa ne' primitivi tempi ; ma nel me dio evo, quando la divozione delle Reliquie, poggiata per altro sull' antica tradizione Ecclesiastica , arrivò sino alla smania , eran le Reliquie che distinguevano una Chiesa. Nella nostra Radiale son depositate le reliquie di due martiri, il nome è registrato nel libro della vita. Son quasi intieri : due teschi , ossa bra chiali, crurali, costole, capelli, sangue. Riposavano in una Cripta con ferriata innanzi, e sulla Cripta era l' Altare secondo il mo-' dello dell' Apocalisse. Da questa Cripta può ripetersi il titolo di senz'andare a cercarlo nella lontana Frascati. Così dallo Speco di S. Renedetto ebbe il nome la Chiesa del sacro Speco. Se mi appongo, sia d' altri il giudizio; ma qualunque questo sia, risulta, che se la fondazione fu di S. Nilo, quella di Rofrano nuovo rimonta al X secolo, se fu anteriore, bisogna indietreggiare ancora. A tal fine benchè scarso di libri , e di aiuti in un paesello , mi fo lecito di proseguir le indagini in tempi, nei quali si procede a tentoni tra scarsissimi ricordi, e per dirla con Dante, in secoli muti di luce. In Rofrano Vetere esistono i ruderi di un Monastero, che frX>biNuoYo°f- è ricordato ancora nella vita di S. Elena, o Eliena di Laurino, dentico col Ce» Secondo la leggenda del suo Uffizio visse in una Grotta sopra nobio di Rofra- Rofrano Vetere : il pio Abate di quel Cenobio offriva qualche n0 Vetere- cibo alla parca mensa dell' austera Anacoreta, che lo retribuiva cucendo o rattoppando le tonache de' Monaci nell' ore che rise cava alle sue sante occupazioni. Mori in quella Grotta or con vertita in Oratorio sacro al suo nome. Il corpo fu deposto nella Chiesa di Laurino sua patria , e dopo varie vicende traslatato in Auxerre. Ibique tandÀu quievit, donec varios post casus Au- tisiodorum translatum, uti ex Martyrologio R. 11 Ra1: Junii: La traslazione delle reliquie secondo il Volpi ( Cronologia dei Vescovi Pestani p. 234 ) (1) avvenne circa l' anno 534. Or sot tratti gli anni necessarii allo sviluppo delle molte vicende ac cennate nella leggenda, e sottratti gli anni, che Jla Santa passò (1) Di questa Santa parlati pure Monsignor D' Asti , Note al Martirologio R... L' Abate Pacicchelli, Regno in Prosp. P. I. pag. 219, Costantino Gatta Lu cania Illustrata P. II. c. I. Niccolò Politi Fortezza Trionfante. Girolamo Bascapè Efemeridi sacre. Rosario Riccio Popoli , Pratica Curiale , Ottavio Beltrano ia verbo Laurino. P. Sisto delle Piaggine. Officio, e lezioni in Pergamena, con an tifone, Capitolo, Versiculi, Respensorii, ed orazione. Sinodi Diocesani di Ariano* 2 18 presso quel Cenobio, deve conchiudersi , che quel Cenobio di Ro- frano Vetere esisteva già prima del 480, in cui nacque S. Bene detto. Dunque il Cenobio non era di Benedettini, la culla de'quali fu Montecasino fondato nel 529, ma sibbene di Basiliani, che dal l' Oriente ben presto si diffusero in queste Meridionali Provin cie allor soggette al Greco Imperatore. Anzi il Baronio nelle note al Martirologio R. scrive che S. Elena fiorì a'tempi di Teodosio il Grande, e di Onorio 379 a 4 2 3. De eadem Helene Virgine item hac die Beda Vsuardus , Ado, et Petrus in Catalogo L. II. Mentio habetur de eadem in rebus gestis S. Amatoris. Vixit temporibus Theodosii Senioris , et Honorii ejus filii, ut ex iisdem actis colligitur. Ho qui contraria la leggenda dell' uffizio , e molti valenti scrittori di Laurino, tra quali Niccolò Politi, che attribuiscono^ a' Benedettini quel Cenobio. Non amo di cozzare se non come* i flutti , che ricadono congiunti. Mabillon nella Prefazione agli annali Benedetti assicura « che sino a S. Benedetto , nel Se colo VI, spesso ad arbitrio del superiore si adottava una nuova Regola, e spesso nello stesso Cenobio erano in vigore più Re- i gole , e si aggiungeva , e toglieva ciò che richiedevano le di- j verse circostanze di tempo , e di luogo. Quindi era facile , e promiscuo il passaggio da un Cenobio all'altro non solo de'La- tini fra loro, ma anche tra Latini, e Greci » Anzi mi pare che il costume vigeva anche dopo S. Benedetto; altrimenti non può spiegarsi quel che narra lo stesso Mabillon, cioè che verso l'an no 720 in Montecasino officium faciebant Graeci, et Latini, cioè Basiliani, e Benedettini. E neppure può spiegarsi la dimora di S. Nilo Basiliano tra Benedettini di Rocca Gloriosa, di S. Na- zario di Montecasino, e di Casaluce. Può dunque dirsi, che i Cenobiti di Rofrano Vetere erano Basiliani in origine , ma al l' apparir del Celebre S. Benedetto o ne adottarono per qual che tempo la Regola, o l' unirono all' altra di S. Basilio. 0 se assolutamente si vogliono Benedettini di origine, potrà dirsi, che un maggior numero di Basiliani lor si soprappose nel Cenobio. Sappiamo , che nel 980 sessanta Basiliani da Calabria fuggiti colla scimitarra de' Saraceni alle spalle occuparono il Benedet tino Cenobio di Casaluce , e lo resero rifugio a' Benedettini di più austera disciplina. Sappiamo, che nel 762, dopo i decreti dell' Iconoclasta Conciliabolo di Herea ( Lebean Storia del Basso Impero ) i Basiliani ripararono a Roma in si gran numero, che il Papa Paolo fece della sua casa paterna un monastero , ed or dinò che l' officiatura si facesse quivi in Greco. Adunque senza moltiplicar Cenobii, può senza grave ostacolo ammettersi che i 19 medesimi Basiliani di Rofrano Vetere migrarono col popolo nel Nuovo, spinti da motivi, che non si sanno con precisione, ma che spinsero tanti altri abitanti di luoghi piani, come Rofrano Vetere, a ridursi in Rocce per arte o per natura inaccessibili, gua1' è Rofrano Nuovo. Nei secoli VII. Vili, e IX, in cui ca der dovrebbe la migrazione, i paesi della Lucania furono scher mo infelice de' Greci, de' Longobardi, e de' Saraceni : presi or dagli uni, or dagli altri, per sottrarsi al ferro nemico cercavano asilo, come le aquile sulle creste de' monti, ed in luoghi inaccessibili. Ma non sappiamo determinar l' anno con precisione : l' orma del san dalo impresse sul nostro suolo da' Basiliani furon cancellate dal tempo : e si avvera qui pur una volta, che un mistero avvolge come la generazione, così tutte le origini.

III.

Storia (1)

Gli Abati Basiliani da' Normanni investiti del feudo, e della Dinastia degli Badia di Rofrano lo governarono nel temporale e nello spirituale, Abat' Bs,lhan, e preser cura delle dipendenti Grancie pel corso di 400 anni. I loro affari sul principio prosperarono. Perchè a' tempi di Gu glielmo il buono l' Abate di Rofrano era padrone ancora di Ca selle , vedendosi dal Registro pubblicato dal P. Borrelli , che per essa e per Rofrano offrì nella seconda spedizione di Terra Santa, cioè nel 1187, sei soldati, e quindici servienti. Ma poi, secondo il corso delle umane vicende, le cose andarono in de chino. La Badia, giusta l'andazzo di que' calamitosi tempi , fu Badia data in data in Commenda, tra gli altri al Cardinal Giovanni Colonna. Commenda- La Commenda produsse i soliti effetti, la rovina de' commendati. Sotto gli Abati Commendatarii il Feudo di Rofrano nel 1476 Dinastia di agli 1 1 Gennaio fu venduto con Pontificio permesso in un Breve £rcda™Fond^onó de' 2 Gennaio ad un Anello , o Antonio Arcamone di Napoli al Borreiio. ' Conte di Fondi. Così narra una Cronachetta, che serve di Pream bolo ad un Privilegio, con cui la nostra. Chiesa fu esentata da tasse, ed imposizioni Curiali nel 1583. È premessa ancora con la giunta delle posteriori notizie ad una rappresentanza del Clero contro un Decreto di Monsignor Brancacci con cui nel 1652 provvedeva al servizio della Badiale Chiesa. Ma l' Arcamone dall' Antonini è invece chiamato Conte di Borrello. Potrà così essere intitolato solo per anticipazione ; perchè in Banca Fi- (1) La storia civile, ed Ecclesiastica di Rofrano è la storia della Badia , per questa ragione non bo creduto di separarle. 1

20 gliola f. 454 si legge , che Anello Arcamone nel 1466 fu fatto Presidente della Camera , e solo nel 1483 fu fatto Conte di Borrello. Gli vien contrastato- anche il titolo di Conte di Fondi ; perchè il Conte di Fondi , il Duca di Melfi , ed il Principe di Taranto non presero le armi cogli altri Baroni nel 1485, come assicura il Muratori, contro il Re Ferrante ed in tanto l' Arcamone Conte di Borrello fu arrestato , e punito co gli altri ribelli. Dal che potrebbe dedursi, che l' Arcamone non era Conte di Fondi. La difficoltà svanisce , riflettendo , che il Re Ferrante, come riferiscefil Sunmonte, fece proditoriamente ai 13 Agosto 1486 prendere l' Arcamone, e molti altri suoi cor tigiani , e gli fece processare non come insorti cogli altri Ba roni, ma sotto pretesto, che avessero avuto intelligenza co' Ba roni ribelli. Ad alcuni fu mozzato il capo, come all' Arcamone, iISSd dwSiilo a tutti fu tolta roba e feudi di sommo valore- alia Corte. Neppure è vera la notizia dataci dall' Antonini, che l' Ar camone comprò non per conto proprio, ma per1 suo cognato Pe- trucci Conte di Policastro , il quale Petrucci ne fece prender possesso da un Commissario del Re Ferrante. In un' istrumento del 14 TI per Notar Masello De Leo , di cui ho copia legale , Tommaso Allegro di Alessio di Rofrano , Erario dell' Eccel lentissimo Signore Antonio Arcamone di Napoli utile padrone della detta Terra di Rofrano compra un' orto nel luogo detto S. Brancato, o Capizzi, che tuttor si possiede come Burgensa- tico da' nostri Baroni, agens nomine , et prò parte dicti excel- lentissimi domini, haeredum, et successorvm. In un' altro istru mento per lo stesso Notaro de' 27 Ottobre 1477 si riferisce , che l' Arcamone teneva qui in tale anno per Capitanio un suo Fratello a nome Giovan Francesco. Di questo titolo trovasi co pia in un processo dell' Università di Rofrano per la buonate- nenza contro il Conte di Policastro , ed un' altra nel processo Pro Julia Ruffo ( moglie di Federico Carafa ) et aliis credito- ribws cantra Federicum Carafa comitem Policastri. Banca Figliola f. 454. Nel 1497 v' era qui per parte dello stesso Arcamone Rinaldo Longo in qualità di Governatore, come dimostrerò qui appresso. Adunque il titolo per cui il Feudo di Rofrano per venne a' Carafa non fu la pretesa compra per procuratorem. Dinastia di jj feuc[0 ricaduto alla Corte per la fellonia dell' Arcamone cara a. ju concesso ^ r6 Ferrante a Giovanni Carafa Conte di Poli- castro a' 13 Marzo 1490 con Alberano registrato Q. 55 f. 221. Q. 58 f. 62-172. Q. 77 f. 270. Ferrante II. a 4 Feb. 1.496 confirmò la concessione ed aggiunse altre spoglie de' ribelli, co me il feudo di Alfano e di Sanza. La confirmò pure il Re Fe 21 derico a' 5 Ottobre 1496 con Privilegio, che si trova presso il S. R. G. nell' atto intitolato Processus Originalis Universitatis et hominum Rofrani cum spettàbili Comite Policastri utili Do mino ipsius Terme Banca Longo , poi detta di Palermo , Scri vano Califano p. 30. Ma in quei torbidi tempi il possesso del Feudo non fu tran quillo. Ho già accennata la congiura de' Baroni contro Ferrante, e la barbara vendetta, che questi prese nel 1486 de' suoi cor tigiani. Peggio trattò nell' 8-7 i congiurati dopo che aveva loro accordato piena perdonanza. Si potrà leggere presso gli storici (1) come il Re ed i Baroni gareggiarono di mala fede, in un se colo di famose perfidie, come la Mandella Gaetana moglie del tradito Girolamo Principe di Bisignano salvò i figli Bernardino primogenito, Giacopo, ed Onorato, trafugandoli in Roma : Anto nello Sanseverino Principe di Salerno travestito da mulattiere fuoruscì, lasciando sulla porta del suo palazzo in Napoli la scrit ta : Passavo vecchio non entra in gaolia: insieme col detto Ber nardino Principe di Bisignano nel corso di 10 anni si adoprò per infiammare Carlo Vili Re di Francia, ed i grandi di quel Reame alla conquista del nostro Regno , ed alla rovina degli Aragonesi : di ritorno in Italia si trovò in tutte le fazioni del l' esercito francese e fu ripristinato ne' suoi stati : il Re Carlo, al cui cospetto eran fuggiti in Sicilia Alfonso di Aragona , e Ferdinando suo figlio, partì dal Regno « Qual nembo, e turbo di volanti arene « Corse, e vinse l' Italia, e '1 volo ardente « Fermò del regno alle contrade amene : « Laddove l' ire intepidite, e spente, « Si volse, e per la via di gloria impressa* « Fuggio, temendo la vittoria istessa. » L' esercito qui da lui rimasto fu pienamente sconfitto sotto Atella della Lucania per lo valore del Gran Capitano Consalvo , dopo tal disfatta iì Principe di Bisignano con altri Baroni tornò all' obbedienza di Ferdinando II: morto questo il succedutogli Zio Federico assicurò i Baroni con generale indulto, e col: motto impresso in una famosa medaglia : Recedant velerà , nova sint omnia : il Principe di Bisignano non solo perseverò nella di vozione al nuovo Re, ma per secondarne gli ardenti desideri, si adoprò per farvi tornare ancora il Principe di Salerno ostinato

(1) V. Summonle storia di Napoli, Muratori Annali, Porzio Congiura de'BaT roni, Ammirato Scipione, famiglia Sanseverino Monsignor Gioviu, Storia de' suo1 tempi, Giov: Albino Lucano de bello intestino, Costantino Gatta, Memorie della Lucania ed altri. 22 a non fidarsi degli Aragonesi : non vi riuscì , perchè uscendo eglino una sera dal Castellonuovo di Napoli , ove il Re dimo rava, un perfido Greco avventossi con un ferro sulla persona del Principe Bernardino, che ne rilevò una gran ferita: il Gre co, ch' era servo di Bernardino, nella medesima anticamera Reale incontanente fu preso , ed imprigionato , confessando di aver ciò eseguito non per ordine del Re, come già si bucinava, ma per privata ingiuria ricevuta dal suo padrone : di ciò restò per suaso Bernardino, ma crebbero i sospetti nell'animo di Anto nello : quindi non pensò che ad armarsi, ed andò a fortificarsi nella Rocca di Diano, che reputavasi inespugnabile: dopo varii avvenimenti di fortuna venne ad onorata capitolazione, con patto di uscir dal Regno, e ritirossi in Sinigaglia. Ora un episodio di sì lunga tragedia trovo in un processo intitolato: Laurae Monteporte cum Matthaeo Pacone in Banca Figliola. Vi figuran testimonii i Rofranesi Notar Giovanni D'A lessio , D. Bartolomeo De Leo, Giov. Paolo Losinno , e Notar Nardo Antonio De Leo. Dalle loro deposizioni a pag. 578, 579, 580 , 582 , e 583 si attingono queste notizie — Nel mese di Luglio 1497 , quando si aspettava Re Federico all'assedio di Diano, dov' era il Principe di Salerno Antonello confederato con Guglielmo Conte di Capaccio , questi , il Conte , dimorava in Rofrano da padrone, vi si divertiva alla caccia, vi teneva Giu lio Di Lucca da Sanza per Governatore ed Officiale: il Di Lucca aveva fatto carcerare Rinaldo Longo Governatore per parte di Antonio Arcamone: aveva seco cento fanti , il soldo e foraggio a carico, di Rofrano, ben s' intende, col braccio de' quali pose a , e fuoco la casa di Notar Guglielmo D' Alessio, come parteggiale degli Aragonesi. Rofrano, preda del più forte, al veder sullo sdrucciolo i Sanseverino, ed udir le minacce che il Conte di Policastro lo darebbe in balia dell' esercito Regio, de cise di rendersi al Carafa , ed il Sindaco cogli Eletti andarono a prestargli V ubbidienza. Partito da Diano il campo, il Conte venne tra vassalli e li compose, cioè, multò in ducati 400, di cui imborsò la maggior parte, condonò il resto. Quante soffe renze del popolo mentre i tre si disputavano il Feudo ! Gugliel mo Sanseverino Conte di Capaccio, insorto sotto la bandiera del Papa supremo Signore del Regno non riconosceva le concessioni Aragonesi. Carafa Conte di Policastro riponeva in queste il suo dritto. Arcamone prima cortigiano degli Aragonesi , e poi so spetto di complicità co' loro nemici , riceveva colpi dall' uno e dall' altro. 23 I Basiliani , alienato il Feudo , erari rimasti nel Convento pel governo spirituale del luogo. Ma il Carafa prese a malme- Basiliani espulsi narli per tutte le vie, e gli obbligò finalmente a sloggiarne. Per accennar qui le altre loro vicende. Fissaron la sede nella vicina Grancia di Montesano, donde vegliavan sulle rima nenti Grancie, e dove l' Abate D. Nilo Morangi compilò nel 1710 Legale Platea de' loro beni , alla quale va premesso il Privile gio di Ruggiero tradotto dal Greco in forma 'probante : la con fezione della stessa fu accordata dal Vicerè Card. Grimani a' 17 Agosto 1709, e munita di exequatur, et publicetw a' 6 Giugno 1710. Ma non molto dopo la data della Platea la Badia trovasi passata in potere de' Certosini di . Quel Priore dipinse alle Autorità come deserto il Cenobio de' Basiliani, ch' era nel perimetro del suo Feudo di Montesano, e n' ebbe sia per com pra, sia per donazione le pingui rendite, ed il titolo di S. Pie tro di Montesano allungò la filatessa degli altri titoli suoi (1). Ecco come racconta il fatto Costantino Galla ( Memorie P. I. c. x. ) che stampava le sue memorie nel 1732, cioè 22 anni dopo la compilazione della Platea. « Montesano gloriavasi di aver pure nel suo tenimento un « opulente Grancia di PP. Basiliani sotto il dominio del loro tt Monistero di Grotta Ferrata, ch' era situata in un luogo ameno « e delizioso , inaffiato da perenni rivoli di cristalline acque ; « ma non è guari, è stata essa venduta da quei PP. al Moni- « stero di S. Lorenzo , che quivi con tal compra ha fondato « un' altra propria Grancia. Ed allora, che il Priore Certosino « prese il possesso di tal luogo, accadde quivi un memorabile « avvenimento, che avvisa quanto sia potente la turbazione del tt l' animo in togliere subitamente la vita. Imperciocchè nell'im- « provviso possesso, che il menzionato fè di tal luogo, l' Abate « Basiliano , ch' era in custodia del medesimo , e che di ciò « nulla sapeva ( destrezza di un Priore ! ) spaventato di una « tanta novità esprimendo queste singolari parole. Siamo dun- « que noi altri ridotti a partirci colle bisacce in collo !! senza- « più cadde tramortito, e terminò tra poche ore la vita ». Così ' l' infelice vecchio Eli all' annunzio dell' Arca Santa perduta , colto come da fulmine svenne, rovesciò dalla sedia , morì. Or tu, Priore ! in si luttuoso spettacolo vedi il primo effetto de' tuoi

(1) Priore di S. Lorenzo, Abate di S. Maria di Cadossa , di S. Nicola del Tirrene, di S. Maria del casale di Pisticcio, c di S. Pietro al Tomusso, Supe riore Ordinario della Terra di Casalnuovo con quasi Episcopale Giurisdizione, utile Padróne dello stato di Padula , Montesano , e de' feudi di S. Basilio , e S. Demetrio ec. 24 tranelli , e godi delle fraterne spoglie , finchè ti è dato. Ma i Francesi destinati da Dio a renderti la pariglia non son lontani. Espulsi i Monaci, il Carafa ridusse il Convento in propria abitazione, ch' è l' attua1 Palazzo Baronale, dove tuttor si veggon mattoni colle iniziali C. P. Conte Policastro , convertì in uso proprio i beni della Chiesa compresi nel Feudo, e , quel ch' è peggio, usurpò anche la spirituale Giurisdizione, cosa non estraor dinaria per altro in quei secoli, quando anche Archidiocesi im portantissime, come Milano, si lasciavano in Commenda a Prin cipi secolari : si vegga Van Espen art. Congrua, e Commende. Delegava un' Ecclesiastico col titolo di suo Vicario Generale so pra proposta del Clero ad esercitare la spirituale Giurisdizio ne. Uno di questi fu D. Rugiero di Napoli, un'altro l'Arci prete D. Pompeo D' Alessio. Essendo la Badiale Chiesa rimasta sfornita di Ministri, e di rendite angariava ad ufilziarvi il Clero cura c*e^e ^n*ese Curate- Giacchè fin da quel tempo due ne aveva te di T Nicola Rofrano, una sotto il titolo di S. Nicola di Mira, e l' altra di e s. Giovanni. S. Giov. Battista. Eran Ricettizie Familiari, cioè divise non per territorio , ma per famiglie. Ciascuna fin, da que1r epoca aveva duc. 150 di rendita equivalenti forse a 450 de' nostri. I Preti vi si ordinavano a titolo della Chiesa, ed essendo duc. 25 la tassa del Patrimonio, ciascuna poteva avere sei partecipanti in cardinati. L" Abate, o per esso il Vicario ogni mese sopra pro posto del Clero Ricettizio vi destinava un Prete ad esercitar la cura. Questo costume di Curati amovibili era generale nelle no stre Ricettizie, come si rileva da un rapporto di Silvio Galasso Vicario Apostolico di Capaccio diretto a Boma, e dalla risposta della Sacra Congregazione riportata nella Collezione de' Dispacci (P. 1. Tom. 1. Tit. 27, n. 1. ) Quale sia stato il governo del Carafa può dedursi dal già detto, ma con più chiarezza rilevasi dalla lunghissima serie di gravami, che, come dal processo che ho citato, l' Università pro dusse nel S. R. C. contro Federico Carafa. Pur debbo confes sare che Rofrano, mal soffrì sempre anche il moderato giogo de' Baroni Laici, e rimpianse il governo de' Basiliani, forse non a torto. Le giurisdizioni signorili riuscirono meno vessatorie in mano di Abati e Vescovi, che di Conti e Baroni : il Prete era obbligato ad alcune virtù, da cui il Laico si teneva dispensato. Chiudo le notizie di Carafa con una leggenda che non è fuor di tempo, nè potrei tacere senza svisare la storia. Un servo del Carafa vivente ancora a' tempi del mio Cronista, ma curvo sotto il peso degli anni ebbe la franchezza di presagire al Padrone 1' esito delle sue prepotenze : gli narrò la favoletta dell' aquila: 25 « La quale ghermì all' altare di Giove le arrostite carni , le portò agli aquilotti nel nido, e riprese il volo per cercar qualche al tra preda. Ma un carbone ardente ch' era rimasto attaccato alla carne, appiccò il fuoco al nido , e l' incendiò con gli aquilotti non ancora idonei al volo. » Senza esser profeta potè indovi nare, che i beni Ecclesiastici vanno in crusca, e gli usurpatori finiscono per restar più poveri. Non andò guari , ed i Carafa furono costretti a vendere il Feudo di Rofrano , e quasi tutto lo stato, che oltre Policastro ed i suoi casali allor comprendeva altri nove feudi. La Giulia Ruffo moglie di Federico si unì coi creditori per far salva la dote, come dal processo che ho citato. Si ha documento autentico, che a' 26 Settembre 1562 Federico Carafa vendè Rofrano a Scipione Scondito per ducati 10, 500 con R. assenso per verbvm fiat, ma col patto de retrovendendo. Ciò vuol dire, che non fu vera vendita , ma censo per aver danaro ad interessi con cautela del Creditore sul Feudo. Questo fu veramente esposto venale dal S. R. C. nel 1576. Dinas iadiCo Si licitò senza apprezzo : nelT asta pubblica restò a Lucrezia monte contessi Comonte Contessa di Rarletta , per ducati 11, 630, e con R. Barletta, assenso preverbum fiat ne fu stipulato istruraento per Notar Do nato Antonio Guariglia. Ma per nuove offerte presentate da Giov: Battista Minutolo il S. R. C. ordinò nuova subasta , ed infine dopo varie vicende liberò il feudo alla detta Camonte per du cati 13, 400, ed a' 4 Giugno 1576 se ne rinnovò l' istrumento con nuovo R. assenso dallo stesso Notar Guariglia. La compra, e T assenso furon registrati Q. 92 f. 126. La Camonte ch' era una virtuosa signora , per la lite dei gravami pendente in S. R. C. venne a convenzione col1' Uni versità. Il Capitolato che costituì la legge municipale, si stipolò a 5 Dicembre 1576 per Notar A relio Panzuto di Laurito. Ho letto oltre questa legge diversi parlamenti di que1r epoca , in cui votavano i capicasa sugli affari dell' Università a proposta del Sindaco, e di due eletti, e col1' intervento del Luogotenente del Governo, e per quanto permettono i tempi, ne ho ammirata la pratica prudenza. Ogni quattro anni si destinavano i luoghi per lo pascolo , e per la semina con molta precisione , ed in modo, che l' agricoltura non riusciva a discapito della Pastori zia o viceversa: la terra non era svigorita da lunga coltivazione, ed i numerosi armenti davano abbastanza d' ingrassi. I fondi vi cini al paese erano appadronati: appadronati quelli alle, falde dei monti, ma soggetti all' uso civico di pascolo per beneficio del moltissimo bestiame, che si nutriva su' monti. Il pascolo, e la raccolta de' frutti ne' demanii dell' Università erano comuni in 26 . guisa che ciascuno poteva mandarvi il bestiame, o raccoglierli. Bisogno di danaro specialmente per liti co' Baroni, o per opere pubbliche , come pel ponte sul Faraone , e per lo mulino del l'Università, consigliò agli amministratori il ripiego di vietar quel- l' uso in alcuni Demanii, per venderne l' erba, ed i frutti: e origine delie così di mano in mano si costituirono le Difese Comunali. Con fes.Corau.ial! ^ y Uniyersita avm l& rendita di ducati 1300 ( ed i privati eran ricchi di animali , e di danaro come osservava il Tavolano Nicola Majone. La legge de' Francesi, savia e giusta in se stessa, applicata a noi non produsse benefici effetti. Dis sodati i monti si resero calvi , ed inetti al pascolo , ed i tor renti rovinarono it sottoposti campi a danno della Pastorizia, e dell' Agricoltura. È sempre vero, che gì' individui conoscono, e - fanno meglio i proprii interessi, che le filosofiche teorie di lon tano governo : per assicurar la pubblica felicità non occorre l'in tervento della legge dapertutto, ma basta l' accorgimento del pri vato interesse. Or tornando alla buona Camonte, Ella sul principio seguendo l' orme del Carafa elesse o confirmò piuttosto a suo Vicario nello spirituale l' Arciprete D. Pompeo D' Alessio. Costui funzionava in Rofrano, qual Abate Nullius, come apparisce da una sua Di- scessoriale che ho sott' occhio rilasciata a' 13 Marzo 1375 al Sacerdote D. Leone Di Morra andato in Roma per guadagnar le indulgenze dell' Anno Santo. Vi si firma Arciprete , e Vicario Generale, ed ha per Cancelliere Notar Giov: Salvio Ronsino. Ma nel 1583 la Contessa rinunziò alla, Giurisdizione Spirituale su Rofrano. A tempi della Comonte la Sede di Capaccio era occupata da Monsignor Lorenzo Belo. Questo al primo arrivo in Diocesi ammalossi in modo che per consiglio de' medici si trasferì a mu tar' aria in Salerno, dove restò poi per tutta la vita. Governava in sua vece la Diocesi il suo fratello Lelio in qualità di Vica rio Generale, e l' altro fratello Pompeo Vescovo di Bisignano vi teneva le Ordinazioni. Lelio abusò dell' uffìzio con sì poca de licatezza, che pervenuta a Roma la notizia della divolgata ve nale ingordigia sua, il Papa destinò in suo luogo varii Vicarii Apostoli, cioè, Orazio Fusco nel 1580. Silvio Galasso nel 1582, a'quali seguirono Girolamo Moricone, Riccardo Ricicotto, e Ga spare Nuzziarello (Volpi Cronologia, de'VescoviPestanipag: 120). Silvio Galasso persuase la buona Comonte a rinunziare alla Santa sede la sua assurda spirituale Giurisdizione, indusse il no stro vicario D'Alessio ad un viaggio a Roma, per sottomettere al giudizio della stessa il caso di sua missione ; e progettò l'u r

27 nione della Badia nullius alla Diocesi di Capaccio. Il Clero as sentì, ma perchè memore de' soprusi Leliani chiese cautele ed esenzioni , e l' ottenne in parte. Gregorio XIII con Breve del Badia di ho- 1583 diede il governo spirituale di Rofrano al Vescovo di Ca- frano .unita a paccio, e fece immune il Clero da ogni tassa , imposizione , o Capacc'°- sussidio, che imponer volessero i futuri Vescovi. Degli atti ema nati nel rincontro fu rogato istrumento (V., Documento B). L' Antonini vorrebbe dare il merito di quest' opera a Farao successore di Comonte. Egli non ebbe sott' occhio i documenti. Il Decreto di Silvio Galasso ha la data de' 16 giugno 1583. La compra di Farao avvenne cinque mesi dopo. Lucrezia Dinastia di f«- Camonte, ed il suo figlio Ottavio Cognetti a 26 novembre 1583 rao- con istrumento per notar Giov : Pietro Origlia, e con R. assenso registrato Q. 77 f. 2. venderono a Giov: Battista Farao il feudo di Rofrano. Stimo l' Antonini, da cui molto appresi : solo l' amor del vero mi fa notarne alcune inesattezze. La divota Comonte banchettava splendidamente il Clero uf- fiziante nelle feste della Badiale Chiesa, ed in fin del suo go verno, facendosi scrupolo de* mal percepiti frutti, ne compensava la Chiesa corredandola di sacri arredi. Non pare però, che ab bia restituito i beni alla Chiesa usurpati dal Carafa ; ma vi è ragione di credere che gli trasmise a Farao. Infatti alla prima comparsa, che fece Giov : Battista Farao nella Chiesa, l'Arciprete D'Alessio colse il destro di ricordar gli, che il culto e la manutenzione della stessa era a carico del Barone. Come questo peso senza la trasmissione de' beni e dei frutti ? La recisa negativa del Barone fu eseguita da lui, e dal figlio e successore D. Ettore, arnese peggior del Padre secondo il mio Cronista , al quale D. Ettore successe D. Michele nel feudo , e nel! usanza di caricarsi di debiti. Perciò il loro go verno terminò come quello di Carafa. Ad istanza de' creditori di Ettore e Michele il feudo fu esposto venale dal S. R. C. e ne fu ordinato l' apprezzo, che a' 10 giugno 1632 si fece in du cati 24,000 dal Tavolano Niccolò Maione. Nel 1650 fu libe rato a Girolamo Capece per due. 16,000, avendo consentito i DinastiaCapece creditori alla diminuzione del prezzo. A Girolamo successe D. Pie tro col titolo di Marchese. Onde Y abate Troili nella descrizione della Provincia di Salerno segna — Rofrano Marchesato di casa Capece. Ma il Capece non pagò il prezzo a' creditori. Quindi dal S. R. C. fu ordinata nuova vendita in damnum emptoris dietro nuovo apprezzo eseguito nel 1678 dal Favolarlo Gennaro Pinto con intervento del Consigliere D. Pietro Cortes Commissario della causa, e degli avvocati e procuratori de' creditori. Nel 1682 il 28 SOne'nastia T°" feudo all' asta pubblica fu liberato a D. Placido Tesone o To sone per due. 10,100 con diminuzione di sesta consentita, dai creditori. Tosone col feudo ebbe il retaggio di numerose liti. Lo molestò Capece, che continuava a tenersi intestato il feudo, pre tendendo invalida la vendita. Lo molestò il Fisco per pagamenti di pesi già soddisfatti dal Predecessore. Per chimeriche preten sioni sulla montagna di Centaurino, e S. Leo lo vessò M. De Rosa vescovo di Policastro, e colla scomunica durata otto anni, arma terribile una volta a' Monarchi stessi, lo costrinse ad una incauta convenzione , con cui nel 1697 gli accordò il preteso dritto di decima , ch' era del Comune. Solo con tal ripiego si tolse di mezzo, lasciando noi sulle male peste, perchè la seco lare lite ferve ancora. Lottò col Principe di Bisignano Barone di Sansa per controversi confini nel luogo chiamato Lago di Le vano, e vinse. Ma nelle molte liti che mosse all'Università di Rofrano sia per la privativa de' molini, sia per voluti dritti su beni Comunali, presso la Sommaria, ed il S. R. C, ebbe sem pre torto. Sì perchè le pretensioni erano ingiuste, e per dritti usurpati dalla prepotenza degli antecessori, sì perchè le idee av verse al sistema feudale già si avean fatto strada anche presso i Tribunali. Il feudalismo aveva fatto il suo tempo, era al ter mine posto ad ogni umano abuso, ed a' 2 aprile 1806 bastò un tratto di penna per rovesciarlo totalmente. Allora a Scipione To sone, Signore di miti costumi , del feudo non restò che il ti tolo, che fu trasmesso al figlio D. Giuseppe, e dopo al nipote D. Scipione, che tra noi sen vive nel suo privato decoro. Privilegi! La tradizione ricorda il dritto di essere, spazzata la piazza di Rofrano in ogni Domenica dagli Alfanesi. È certo che Alfano surse nel territorio Rostro, giusta i confini segnati nella Conces sione di Ruggiero. E certo pure che nelì' epoca, in cui tutto era feudale, anche i Comuni esercitar volevano su altri Comuni i feu dali dritti. Ma non trovo tal tradizióne garentita in antiche scrit ture., Risulta però da documenti autentici, che aveva il Giudice delle seconde cause, va1 dire che nelle seconde cause o appel lazioni, omesso il Giudice Baronale, ricorreva a' supremi Tribu nali, al S. R. C. ed alla Gran Corte. Dunque le Dinastie de' nos tri Baroni furon sette. 1. Gli abati di Grottaf errata. 2. Arcatone. 3. Carafa. 4. Comonte. 5. Farao. 6. Capece. 7. Tosone). Non debbo tacere, che, coalro l' asserto della mia Cronaca, ammettersi° ,* Scipione Mazzella nel descriverò i nobili del Seggio Capuano dinastìe di Mor- segna tra feudi posseduti nel 1.369 da D. Giacomo Morra — éaeuaTa8Da 6 Sanseverino, , Foria, Poderia, Morra, Casella, Rofrano, 29 Rocca Gloriosa. E Camillo Tutino segna tra feudi posseduti nel 1445 dal signor Alemagna Conte di — Bulcinum, Ro- franum, Lavianum , Riciglianum , Balbanum et S. Laurentium, e nella seguente pag. 81 dà Rofrano al Conte Giacomo Gaetani. Come conciliarsi ? Forse, attesa la poca affinità tra il Pastorale, e la spada, gli abati eran Signori nel Civile, e que' Laici nel Criminale ? Forse i primi avevano un quartiere, od una gabella, ed i secondi un' altra ? Conosco bene, ch' ebber luogo simili ri partizioni fra due o più padroni , che questi dritti s' impegna vano, si appaltavano, si staggivano, e che gli Archivii son pieni di queste vendite e donazioni parcellari. Ma so pure che ave vano luogo ne' feudi divisibili all' uso de'Longobardi, non in quelli ad uso de' Franchi, in cui era tolto di spezzare il possesso. Ora abbiam veduto che in Rofrano il possesso passò sempre intero, ed indiviso da un Signore all' altro. So pure che la Giurisdi zione Criminale nel 1369 non apparteneva affatto a' Baroni, ai quali più tardi cominciò a darla Alfonso I, privandosi di una R. prerogativa Forse a' tempi di Giovanna P torbidi co me quelli di Ferrante si avverò un' occupazione militare simile a quella, che ho riferito , dal Conte di Capaccio ? . . . Forse a' tempi di Alfonso I. gli abati Commendatarii fecero una ven dita col patto de retrovendendo simile a quella, che ho riferito di Carafa ? . . . L' indagine è difficile. Io secondo le regole cri tiche ho creduto, che il mio Cronista, che scriveva sopra luogo, conversava con vecchi, che nei primi loro anni eran vissuti coi Basiliani, e precisa l'epoche, i contraenti, l'assenso Pontificio, debba preferirsi ad Autorità lontane di tempo e di luogo, che parlan della cosa per incidenza, di cui l' ultimo par che si con tradica dando il feudo di Rofrano al Conte di Buccino , ed al Conte Gaetani nell'istesso anno, e quasi nella stessa pagina. Queste notizie del Feudalismo ho raccolte per la maggior ponti istorici parte da varii istrumenti, che sono nell' Archivio Comunale, ed in ispecie dall' istrumento del 1728 per N. Mansione. I registri repertorii e quinternioni furon verificati verso il 1690 dal Ba rone D. Paolo figlio e successore immediato di D. Placido To sone in occasione della lite col vescovo di Policastro , e tra scritti nel suo Libro di memoria. Il suo erede D. Scipione me l'ha gentilmente esibito, di che gli rendo pubbliche e distinte grazie (1). (1) Del Feudalismo tacuissem libenter nisi haec quoque prò patria essent (Livio) La Storia Baronale da lume per risolvere alcune controversie Demaniali tuttor vive, e poi la storia della civiltà non è eie il quadro del progresso successivo è graduale che fa 1' umanità nella via del perfezionamento. 11 Feu dalismo or tanto odioso fu certo un progresso al tempo suo, ed un anello al l' attuale incivilimento. 1

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Per non interrompere la serie de' Baroni , ho spezzato il Quando dai fi10 delle notizie Ecclesiastiche : ora è tempo di rannodarlo. uto°ii rito* u- H nostro Clero educato da' Basiliani seguiva senza dubbio tino. il Greco rito. Vestigii del greco sono nel dialetto, ma si pos- son riportare ad un' età anteriore. Della grecità del rito Eccle siastico si hanno documenti nei privati archivii. Dal testamento di Giansalvo Ronsini per Notar Giovannetto de Geronimo si ri leva che il Venerabile ( sic ) D. Nicola Ronsini avo di Giansalvo era prete Greco, e viveva nel 400. D. Francesco Ronsino figlio del detto Giansalvo e marito di Gilisonna Grosso fu pure prete , . greco, e viveva tuttora nel 1626, come da' capitoli e quietanza di dote di una sua figlia a nome Giulia. Quando dunque adottò il rito Latino ? Panni, che ciò avvenne nel 1583, quando Gre gorio XIII F aggregò alla Diocesi di Capaccio. Non si rileva dagli atti dell' unione ; ma può dedursi da un fatto posteriore. Monsignor Morelli nel 1592 in S. Visita trovò , che i nostri Preti continuavano ad offrire all' uso Greco una sol astia grande, per poi spezzarla, e distribuirla tra il sacrificante, ed il popolo: 10 vietò, e prescrisse l' uso Latino dell' ostie singole a' singoli. Ma se non mutarono allora il rito, certo vi furono obbligati da Monsignor Bonito verso il 1680. Questi in S. Visita brugiava i Menologii gli Eucologii e tutti i Libri , e Scritture Greche. Non so perchè tant' odio contro un rito così maestoso , e sim bolico nelle sue funzioni, e le cui liturgie furon dettate da un Crisostomo , e da un Basilio. Certo per mano di cotal Barbe rino i libri della nostra chiesa furon consegnati alle fiamme ; perchè nessuno ce ne avvanza. V'ha solo nella Sacristia di S. Ni cola un Crocifisso Greco. La Croce non è a braccia uguali co me dapprincipio si faceva, ma già allungata, come si usò dopo 1l terzo secolo, quando vi si appose il Crocifisso: l' asta verti cale superiore è corta, come nelle monete di Costantino. La Badiale Chiesa spogliata de' suoi beni non più riacqui- stolli. Abbiam veduto che la stessa religiosa Comonte trasmise l' usurpato a' successori. Ma leggendo la perizia fatta dal Ma- jone nel 1632 e dal Pinto nel 1678 non ve li trovò descritti, o apprezzati. Quindi può dedursi che il S. R. C. incaricato di liquidare i beni del feudo ne sceverò quelli della Chiesa non compresi nella Concessione. Ma non per questo tornarono al l' uso primiero. Ce ne assicurano i decreti de' Vescovi in S. Vi sita Monsignor Nicolai a' 27 Febbraio 1708 decretò che si to gliesse il SS. Sacramento dalla Chiesa, o si facesse all' altare dote sufficiente per la messa quotidiana. L' Università addisse allo stipendio della messa quotidiana le rendite di tre luoghi pii 31 siti nella stessa Chiesa in ducati 62, e si addossò le spese del culto con istrumento degli 8 Marzo 1708 per Notar Ludovico Lancuba. Si stanziò in tal modo da' Capicasa e perchè l' Univer- il Comune suc- sità si considerava succeduta al Patronato della derelitta Chiesa °ea^ deli Jcm£ e perchè il popolo ha serbato sempre la più tenera Divozione sa derelitta, verso la Vergine di Grotta Ferrata e le insigni Reliquie ripo ste nella Cripta. Si crede per antica tradizione, che furon quì traslatate dal-. TransiaZj0ne l' oriente per opra de' Greci Basiliani , sopraggiunti nel nostro delie reliquie Cenobio, quando dall' empietà armata dell' Isaurico, e del Copro- noslre- nimoi monaci nell'oriente erano esiliati, spogliati, tormentati, e martirizzati , e da un frenetico popolo Eretico si gareggiava a strappar da' Santuarii le Reliquie de' Martiri, che gettavano nelle Cloache , o ne' fiumi , o le facevano ardere insieme colle ossa de' bruti, affinchè non se ne potessero distinguere le ceneri. Di tal tradizione era memoria in una Greca iscrizione laterizia con servata dentro la Cripta, secondo mi narrano alcuni Vecchi Ec clesiastici nella mia fanciullezza. Carlo Rosini , che fu quì nel tempo, ch' era Canonico della Metropolitana, Interpetre de' Pa piri nell' Ercolanese, e di Scrittura nell' Università, per visitare nelle ferie Autunnali l'annoso suo Zio D. Francesco, la lesse, e spiegò con agevolezza. Ma un vescovo quì venuto in S. Vi sita la menò seco verso la fine del passato Secolo , per aver agio di studiarla, e non più la rimandò al suo luògo. Io trovo nell' urna solo un frammento Laterizio , su cui è graffito il Triangolo , simbolo della SS. Trinità , ed il mono gramma di Cristo. Fin da' primi tempi della Chiesa segnavasi il nome del Redentore nelle lapidi, ne' vetri , nelle gemme , nelle pitture, e nell' urne Sepolcrali : l' indicavano con due Let tere Greche cioè col X e col P iniziali della voce Cristo, o col solo X : l' univano più spesso in modo che il X decassasse il P colle sue aste, £,per figurar la croce, ed attorniavano il mo nogramma di una corona, o diadema segno della vittoria della Croce. In questo frammento è indicato col solo X. Ma vi son pure graffiti tre Tau, simbolo della Croce , e della Chiave del Cielo, e la Sigla 1^. B. B. cioè Ioannes 2. 2. È a proposito il testo dell'Epistola 2a v. 2. Propter veritatem, quae ferma- net in nobis et nobiscum erit in aetermm. Al proposito fa pure l'apocalisse c. 2. v. 2. Scio opera tua, et laborem, et patien- tiam tuam. Nella cripta trovai pure un' Arca antica delle Re liquie, in fronte alla quale son le stesse sigle [colla differenza < che i tre Tau sono uniti così 3* per significar il segno della salute , e l' unità della Divina natura nella Trinità delle per- 32 sone : vi è in oltre graffito il Delfino. Quest' animale , per la buona, e dimestica indole che gli si attribuisce, fu grandemente onorato dagli antichi, e soprattutto da' Greci, si facili ad esser tocchi da soavi impressioni. Questi non dubitarono di ornarne i templi ed improntarne l' immagine sulle monete , ed i Greci Cristiani sull' urne sepolcrali. Secondo l' insegnamenti di dotti archeologi, sulle monete di una città il Delfino è simbolo di li bertà di commerci o di posizione marittina, o fluviale, sull'urne come quì è simbolo, del tragitto delle anime verso una riva ospitale ; Infine le figure tutte ad incavo son ripiene di minio, colore de' trionfanti, che quì dinota un nuovo genere di vittoria. Tutti questi simboli non sarebbero sufficiente pruova di martirio. Ma non lascia ombra di dubbio l' ampolla col sangue. Nella Badiale Chiesa il servizio de' ministri era precario. I Vescovi diedero de' provvedimenti , ma vessatorii , che non ap prodarono a nulla. Qualcuno ordinò di chiuderla , e mandò i preti alle loro parrocchie, e se ne indegnò il popolo divotissi- mo alla imagine vetusta di Maria, ed alle reliquie de' Martiri. Altri vi obbligò gli Estrapartecipanti, ma con poco frutto. Altri tolse l' amministrazione de' Sacramenti alla Curata di S. Gio vanni, e ne stabilì il Battistero a Grotta Ferrata; ma ne ven nero non solo gozzaje, ma scandali. Monsignore Brancacci, Y im mortale Fondatore della Brancacciana in Napoli , fu quegli, che vi stabilì definitivamente il servizio de' Ministri. Egli nel 1652 la dichiarò Chiesa Matrice, vi stabili per capo l' Arciprete, unì l' Arcipretura alla Cura di S. Nicola in modo, che, chi riesce Parroco di S. Nicola è Arciprete e Capo in Grotta Ferrata, e determinò i giorni in cui ambo i Cleri uffiziar debbano nella Matrice. Le sue disposizioni furon sempre norma a' Vescovi suc cessori , ed al nostro Clero sino al dì presente. Questo però sul principio si oppose al Decreto, e presentò ben dieci eccezioni in Curia in un foglio inutile allo scopo, ma che mi ha fornito molte notizie del tempo. In ispecie mi è pruova che il Clero a que' dì era addottrinato, qual' è comparso poi sempre ne' secoli seguenti. Ma ben altrimenti andavano le cose a' tempi del Ba ronale Vicario D' Alessio , la cui Biblioteca era composta della Bibbia e dell' Epistole familiari di Cicerone in volgare. Prima della stampa piccola cosa eran le Biblioteche, e Re e Papai erano scarsi di libri, quant' oggi un chierichetto. Ma il testamento del Sere per Notar Giovanni Geronimo che ho sott' occhio , ha la data de' 6 Luglio 1592. I beni della Chiesa occupati col fondo, ma non compresi nella vendita dello stesso fatta a Capece, nè restituiti all' uso 33 primiero , si trovano in seguito , non posso precisar l' epoca, costituiti in dote di un Beneficio Laicale col titolo di Badia di Grotta Ferrata. La celebre Badia de' Normanni, trasformata così, ed assottigliata, ad istanza dell'Abate Fuscella , fu nel 1803 dichiarata di nomina Regia con Decreto del Cappellano Maggiore ( Mazza?). Sotto l' ultimo Titolare, che fu il Canonico D. Gae tano Passarelli di Vallo, riacquistò una parte dell' antico splen- Momentaneo dorè per estinguersi in breve, e per sempre. Soppressi nel De- suo lu9tro cennio i Certosini di Padula, fu esposto in vendita il loro Pa trimonio. Il Governo fatto accorto, che una parte de' loro beni non eran Patrimonio Regolare, ma della Corona, perchè appar tenuti una volta alla R. Badia di Grotta Ferrata, e passati alla Certosa senza R. assenso, vietò la ulteriore vendita, e dichiarò nulle le già fatte, ordinando di restituirne il prezzo. Il Passa relli si occupò di liquidare, e sceverare i beni della R. Ba dia, di cui era Titolare. Aveva già liquidato 4700 ducati di rendita, e n' era in possesso, ma restava a liquidare poco meno di un' altra metà , quando l' operazione gli fu troncata dal se guente decreto de' 29 Luglio 1822. a Art. 1. I beni un tempo te dell' Abazia di Grotta Ferrata, indi posseduti dalla Certosa di K S. Lorenzo di Padula , de' quali l' Abate Passarelli ebbe il K possesso in virtù di Decreto del dì 11 Agosto 1814, saranno « restituiti e passeranno sotto l' Amministrazione della Commis « sione Diocesana del luogo, dove sono i beni suddetti. Art. 2. « Seguita la restituzione sarà lecito ad esso Abate Passarelli « di sperimentare i suoi dritti , se crede averne , sulla peni « nenza , e reintegrazione de' beni suddetti della Badia , della « quale egli è titolare, in un giudizio regolare, ed innanzi al te l'Autorità competente. » Il Passarelli aveva tutte le cure rivolte alla revindica dei beni presso i Tribunali, quando fu sorpreso dalla morte. Quest' onorevole Ecclesiastico amò il decoro della Chiesa, di cui era Titolare : fece un vistoso assegnamento al Clero, che l' uffiziava, e maggiori cose prometteva, come dalla Bolla, che trascrivo nelle Note ( V. Doc. C ). Il Consigliere Giuliani dall'In tendente della Provincia incaricato della consegna de' Beneficii alla Diocesana Amministrazione riteneva nel suo Verbale l' asse gnamento fattoci dal Passarelli. Il Ministro delle Finanze ordi nava al R. Procuratore di Capaccio a' 16 Novembre 1822 n. 809. k Io non veggo ragione a divergere da ciò che trovasi costan « temente praticato a favor del Clero della Badia di S. Maria t( di Grotta Ferrata , e consacrato ne' Verbali del Consigliere 3 34 s « Giuliani, com' Ella enuncia. nel rapporto dell' otto corrente , « provocato dal ricorso di Tambasco »•. Costui compratore invalido di alcuni beni della Badia aveva sfogato la sua rabbia contro il Clero — Ma la Commissione, dir voglio il Segretario , sotto pretesto che il Clero era fornito di congruo sostentamento dalle Ricettizie, dopo diverse successive falcidie ridusse l' assegnamento al solo stipendio delle Messe, e mantenimento della lampada in ducati sessantatrè. Questo stesso fu da me ottenuto a stento , dopo aver dimostrato gli obblighi di Messe con tre Decreti dei Vescovi in S. Visita, registrati in. un vetusto Libro di Sacristia. Beni della Ba- ^otto cota^ amministratori i beni della Badia furono in dia di nuovo breve distratti. I Certosini di Padula ripristinati col Decreto distratti. fe' 9 Agosto 1819 chiesero ed ottennero dal Re una metà della rendite, e n' ebber due terzi colla solita loro destrezza. Al Tam basco, di cui soprà, e al socio Novelli eran dovuti ducati 1800, prezzo di compre dichiarate nulle. Non bastando a ciò 4700 ducati di annua rendita, si progettò da M. Barone un taglio di cerri nel bosco Salandro nel territorio di Laurino. Fu eseguito a tempo del successore, ma il prezzo ritrattone in ducati 3000 fu invertito ad altr' uso. Quindi si fu nella necessità di vendere all' asta pubblica il querceto Santoro nel territorio di Rofrano, e la vigna Giovanni Caro nel territorio di Alfano. Dopo tanto naufragio avanzavano alla Badia ducati mille di rendita. Ne fu sgravata ancora colla Bolla Pontifìcia. Ex quo inscrutabili de' 20 Settembre 1830, per la quale furono assegnati per dote al nuovo Vescovato di Diano. Il Ministro dichiarava l' assegnamento sog getto agli onori, ed agli oneri, come lo stipendio delle messe, e l' olio per la lampada ; ma la dichiarazione restò sulla carta. Un Vescovo chiuse la scena , come l' aveva aperta un Barone, serbando per sè i frutti, ed al Clero i pesi, il Municipio Intanto il vetusto edificio della Badiale Chiesa minacciava riedifica a prò- rovina. Il Comune in vista delle ricchezze ricuperate dalla Ba- cwesaSpese la aveva assottigliate le spese promesse per la manutenzione. iesa' La Diocesana per verità aveva fatto alcuni restauri, ma solo nel tetto, ed insufficienti all' uopo. Ben presto non bastarono i pun telli, per assicurarvi il popolo congregato, e fu necessità d'in terdirla. Ciò non ostante i fedeli accorrevano in folla a piedi della Protettrice, ed innanzi alle reliquie de' martiri, che ricor dano le mille grazie, e i mille favori dalla fede, ' e dalla pietà ottenuti. La divozione crebbe nelle pubbliche calamità: il colera nel 1854 cessò tra noi, dopo 16 vittime, il giorno che comin ciò la novena della Vergine di Grotta Ferrata : il tremuoto de' 16 35 dicembre 1857 ci fu cagione sol di timore, non di danno. Quindi per tramandare ai posteri la memoria de' beueficii, fu presa la risoluzione di rifar la Chiesa da' fondamenti, ed i cittadini , che, a dispetto del secolo , considerano le Chiese come monumento non solo di Religione , ma di civiltà , e di patriottismo , inco minciarono il lavoro nel 1864. Su bel disegno del Cav. Pecori , aula a Croce Greca ta gliata negli angoli dalla Croce S. Andrea, l' edificio già sorge maestoso : il più è già fatto. Ma pure occorre non lieve spesa per completar le fabbriche, e maggiore per l' ornamento. Se il Governo , cioè il R. Economato , che ha ritenuto l' importanza Storica della Badia , rompendo in fine gì' indugi apre la mano ad un sussidio , ne sarà benedetto , e Rofrano schiverà il van- gelico rimprovero caepit aedificare , et non potuit conswmmare. Nel 1557 la peste desolò Rofrano, dove sopra 4000 abi- dìAR„fr^c0eode tanti fece 3000 vittime, e si ebbero i maggiori danni nel luogo Piedilorti , il quale fu così dalla moria malconcio , che ne ri mase deserto. Sotto il Militare Governo fu saccheggiato, e guasto da' bri ganti. Il Capitano Nicola Domine nostro cittadino fu da quel Go verno incaricato di difendere l' intero Distretto di Vallo colla sua compagnia di militi quasi tutti Rofranesi. Il suo zelo sti molò contro noi la vendetta di que' brutali. Capitanati da Pa squale Rosa in numero di 400 furono bravamente respinti; ma dopo varii tentativi inutili Michelangelo Luongo alla lor testa sorprese Rofrano disarmato, e lo pose a sacco, e ruba. Allora fu involta nell' incendio la ricca Biblioteca dell' Arciprete Dioda to Ronsini, molte schede Notarili, e l'Archivio Parrocchiale di S. Nicola. Nel 1819 lievi furono i danni della carestia; ma il tifo Petecchiale troncò la vita di un centinajo di; persone. Dopo il 1862 i briganti, bruzzaglia del male, che vuole aonestarsi con nomi di partiti, fatto nido nei boschi de' vicini Comuni, ne sbucarono due volte gettandosi con audacia su varii paesetti: da Rofrano furono respinti, e se in breve andaron di spersi, si deve in gran parte al coraggio della nostra Guardia Nazionale. Nulladimeno avverassi allora, come dice Scipione Am mirato nel suo Tacito, che i privati sostengon due pene de' falli altrui. Ci vessò quella canaglia col terror della sua barbarie , co' furti, e co' ricatti. Nè furon rose per noi i militari alloggia menti, l' assurdo stato di assedio più volte rinnovato, e l' insano dispotismo della legge Pica. Necdum finitus.Orestes ! Nel 1871 circa trenta periron di vajuolo : agli altri fu scudo 36 l' inoculazione di Ienner, che i diligenti nostri medici rinnova rono opportunamente a mille e duecento persone.

IV.

Abitato

Mura Era murato, ed avea tre porte chiamate Porta di S. An- tuono, Porta-Vallone, Porta dell' Elce con tre Torri cilindriche a difesa delle Porte, ed una quarta quadrata, e di più solida struttura a difesa del Cenobio. Questa smantellata di un piano, perchè bersaglio de' fulmini, è tuttora in piedi, come l' altra di S. Antuono. Un tal nome l' indicherebbe posteriore al S. di Pa dova. Ma quì per S. Antuono va inteso il S. Abate, e poi fin dal 1275 Rofrano aveva il nome di castello castrum cioè luogo fortificato; giacché nel Q. G. della R. Camera f. 120 tra co loro che prestarono l' omaggio agli Angioini vien registrato Mo- nasterium Graecorum Castri Rofrani. Case Le case non si elevano, che a due piani oltre il terreno, perchè la pietra da costruzione è pesante, e raro il tufo. Son coperte ad embrici, che si hanno sul luogo, come la calce , ed il legname. Quasi gareggianti nel pendio al alzare il vertice l' una snll' altra son bene illuminate , ed arieggiate , e nel Borgo son cinte da gìardini ìn modo, che per questa parte l' igiene resta contenta. Non così per le strade. strade Perchè ristretti nella cerchia delle mura, ciascuno invase quel che potè dello spazzo pubblico, sporgendovi e scale, e ca valcavie, per lo che le strade ne rimasero anguste. Di buon' ora, è vero, si uscì a fabbricare nel Borgo : ma con ciò fu scemato non tolto l' abuso. Sono inoltre irregolari, disagiate per frequenti gradoni , e sempre coperte da branchi di majali. Manco male , ch'essendo tutte acciottolate, son rimonde dalle pioggie del Cielo, e dagli abitatori tesaurizzanti concime. Più malvagie sono le strade esterne, alpestri, anguste, sca bre di sassi , percorse e intersecate da torrenti con rare ecce zioni. chiese I- La Badiale , e Matrice Chiesa di Grotta Ferrata si sta riedificando (1). Al vantaggio di una posizione singolare unirà i pregi architettonici. Aveva dieci altari , che saran conservati.

(1) V Arciprete Michelangelo Ronsini usando il beneficio della carità dei suoi concittadini, ed operoso facendosi incontro ad esso , non trascura mezzo pel decoro della casa di Dio: e l'esito, sperasi, consolerà infine il suo perseve rante volere, ed il desio, che i fedeli affatiga continuo. 37 L' Addolorata è della famiglia Sofìa giusta l' iscrizione D. Gio vanni Sofia Fondatore, e Compatrono A. D. 1131 — S. Anto nio Abate è della famiglia Del Vecchio. Il Buon Consiglio è della famiglia Tosone, come dall'Iscrizione — Deiparae Boni Con stiti Sacellum hoc nuncupatum vetustate squalidun, ed cariosum, Ferdinando II. adnuente, Iacobus, fraterque Joseph Tosone E- ques, Rofrani Dynastes, ejusque uxor Hijeronima lattar a ex 3Iar- chionibus Nomi de suo expoliri, ara instrui, ac dote augeri cu- ramnt An. 1835. Il SS. Sacramento, il Rosario, il Purgatorio, e S. Pasquale appartengono alla Beneficenza, o Congrega di Ca rità. Merita qualche attenzione la Statua di Maria di Grotta Fer rata in atto di raccomandare al figlio Gesù il popolo, opera re cente del .Citarelli, il Mezzo busto di S. Elia, che par viva, e parli, opera di antico non mediocre scultore , ed il Sacro Ci borio lavorato ad oro zecchino. L'altare Maggiore, come ho detto, è sopra la Cripta de' Martiri secondo il Modello dell' Apo calisse e ad oriente della Chiesa. II. La Chie/a Curata di S. Nicola di Mira fu dì recente restaurata , ed ampliata in proporzione del popolo a spese del Clero Ricettizio , come ricorda l' iscrizione sulla porta — Divo Nicolao Myrensi Sacrum Michaelangelus Archipresbyter, et Domi- nicus Antonius Ronsini fratres ex Semisse, Nicolaus Sofia Can- tor, Fortunata Carbone, et Franciscus Lettieri Sacèrdotes qui- sque ex sextaute fere e fundamentis erexere An. D. 18S0 — Ha tre navi, il pavimento a mattoni impatinati, le mura a stucco, la soffitta di legno ornata di pitture , il coro di noce con 17 stalli ricchi d' intaglio , ed un alto e solido Campanile , eh' e- retto nel passato secolo con molto dispendio della Chiesa at tende una Cupola architettonica corrispondente al disegno. Vi sono otto altari. S. Caterina è della famiglia Domini, S. Giu seppe fondata da Carlo Ronsini ora appartiene al ramo Rosini : ne fu Cappellano Carlo Rosini poi Vescovo di Pozzuoli. La Pietà una volta della famiglia Guglielmini ora appartiene a Ron- sini-Speranza. Merita qualche attenzione il quadro di S. Nicola in atto di sottrarre S. Diodato al Saraceno di cui era schiavo, e dell' Annunciata, entrambi di non infelice pennello. Il Simu lacro del S. di Padova fu ritoccato, e guasto da mano inesperta. Il Crocifisso di grandezza naturale non disonora l' artista. Nella Cupola del Coro erano gli affreschi de' quattro Evangelisti coi loro simbolici animali, che nel risarcirla non poterono salvarsi. III. La Chiesa Curata di S. Giov. Battista venne eretta in un sito alpestre. L' artefice per guadagnare un po' di piano 'voltò sull'attigua strada un arco sostenuto da robuste mura. Sullo 38 spianato, che potè ottenere, venne edificata, onde riuscì angusta r irregolare, ed incapace di miglioramento. Ha cinque altari. La Madonna delle Grazie una volta della famiglia de Caro ora ap partiene alla famiglia Domine. Ha l' altare maggiore di marmo, un Coro di noce con industri lavori, e la statua di S. Giovanni di non ignobile scultore. IV. S. Maria de' Martiri appartiene alla Beneficenza, da cui fu rimodernata nello scorso secolo , come dice V iscrizione sulla porta — Ex antiqua, ad modernam redacta est formano, Notorio Rosario loca Rectore An. D. 1 74-8 — Ha una sola nave non sufficiente al popolo : il disegno è bello , come i lavori a stucco nelle mura, nella volta finta, e nella facciata. L'Organo è della scuola del nostro Carelli con Orchestra a fregi di Oro zecchino. Ha cinque altari, ed il maggiore di marmo, a cui so prasta una bene architettata nicchia similmente di marmo, che racchiude il simulacro della Titolare , ed una graziosa Statua della Concezione. Il Campanile con Orologio aveva una Cupola architettonica coperta di mattoni impatinati di vario colore. Col pita anni sono dal fulmine aveva bisogno di lieve ristauro. Si giudicò meglio di smantellarla con doppia spesa. Ebbe conti guo un Nosocomio, ed una ruota pei projetti, pietose istituzioni sconficcate dalla tristizie de' tempi. Altre due Cappelle erano nel recìnto del Paese. L'Annun ciata è al suolo. S. Rocco serve di Scuola Pubblica. Sparso di Cappelle era l' agro a tutela de' campi. S. Vito presso il ponte di Faraone , e l' Annunciata al Sorbatello son dirute. S. Leo, S. Silvestro, S. Carlo, Tre Santi han lasciato il nome alle contrade, dov' erano. La sola famiglia Ronsini, e De Luca han privato Oratorio. Il Camposanto , ultima permanente dimora dei cittadini , inaugurato nel 1837, quando alla prima invasione del colera per disposizione Sovrana si chiusero le sepolture ed i cimiteri, non risponde al fine di rinnovare, ed onorare la rimembranza de' tra passati. La località scelta sconvenevole , ed assurda obbligherà forse il Comune , dopo non lieve sciupo di danaro , ad intra prendere una nuova opera di tal genere. La casa Comunale è una meschinità : una stanza di udienza, un' altra per l' archivio , una terza incompleta , e scoperta da tanto tempo, i bassi ad uso di granile, ecco tutto. Il Corpo di Guardia Nazionale si prende in affitto. Il Largo presso il Palazzo Baronale, dove si tenevano gli antichi Parlamenti, ha il nome di Poggio. E un parallelogram mo lungo pai. 262 e largo pa1. 25 livellato sopra archi, e ter 39 rapieni. Un' altro largo col nome di Piano Corto è innanzi la vicina Chiesa Badiale, e due altri innanzi a S. Nicola, e S. Ma ria de' Martiri. Il Palazzo Baronale è rimarchevole pel sito elevato , per Edifizii privati mura robuste di otto palmi, e per vaste sale, alcune delle quali or son suddivise , e rimodernate. Vi son varie case pivate co mode specialmente nel Borgo, e da. qualche tempo s'insinuala vaghezza di migliorarle con mattoni impatinati, balconi, loggie, e carte di Francia. Nella campagna son frequentissime le case rurali per lo bestiame, pe' contadini, e pe' villeggianti.

Fontane, Fiumi, Monti.

Di acque sotterranee e superficiali Rofrano abbonda: le pri Fontane me son chiamate agli usi della vita per mezzo di pozzi : il Bor go ne ha trenta, dove l' acqua si trova alla profondità di 2 5 a 30 palmi tra l' arena e tra ciottoli di formazione arenaria più o meno grandi. Presso l' abitato son tre fontane perenni , ma scarse, se non sopperissero i pozzi: frequentissime, limpide, fresche, e salubri sono nelle campagne, dove rendon deliziosa l'està. L'unico, che nel nostro territorio meriti il nome di fiu Fiumi me, è il Faraone, che ha preso forse il nome da' nostri Baroni Farao. Nel Diploma di Ruggiero è chiamato magnum flumen re lativamente al Cardilo, che in altre carte antiche si chiama flu men flumicellum. Ha la prima origine sopra Rofrano Vetere dalle gronde de' monti che gli sono a Nord-Òvest : in Rofrano Vetere riceve dalla sinistra l' acqua di un' abbondante sorgiva, che alla Latina è detta Fistula, e poco sotto pur dalla sinistra ne riceve un' altra, di maggiore abbondanza al Ponte della Pietra , dove un grande macigno caduto di traverso sul fiume serve di ponte naturale. In poca distanza, e sulla stessa sponda alle falde del Pedale più rimarchevoli son altre due fistule , che gorgo gliano, e quasi bollono, ed appena sorte spiegano tra sassi un volume di acque cristalline e freddissime, da pareggiare il fiu me. Dopo breve corso riceve da dritta il Pernise , fiumicello , che ci divide da Piaggine , e sorge al nord del G-elbison. Vi cino Rofrano Nuovo v' influisce Vallone Cupo dalla sinistra spon da. Questo formasi dalle gronde del Pedale e del Centaurino: scarso di acque perenni nelle pioggie è gonfio torrente che si varca con un ponte di legno. Il Faraone al nord di Rofrano ha 40 un alto e solido ponte di fabbrica (1) , ed al sud riceve il Car dllo. Questo fiumicello sorge alla falda occidentale del Centau- rino, ed è cavalcato da un ponte di fabbrica, che due volte è crollato a memoria mia, perchè il fondamento schistoso sarà sem pre soggetto a corrosione, finchè non si copra di una platea. Mezzo miglio sotto Rofrano riceve il Fiume freddo, o di Molino Vecchio , che ha un volume d' acqua poco minore del primo , sorge al sud del Gelbison, ed ha due ponti di legno. Quindi dalla sinistra riceve il Vallone delle Trave lungi due miglia da Rofrano, il quale pur sorge alle falde di Centaurino, ed altri confluenti da' monti di Laurito, Abbate Marco, e Rocca Gloriosa. Onde ne' temporali travolge ghiaia, sassi, e tronchi di alberi, corrode le ripe, ma non trabocca in campi, perchè scorre quasi sempre impedito, ed in livello sottoposto al suolo. Ne1l' uscire dal territorio di Rofrano, ed avvicinarsi al mare prende il no me di Mingardo, si apre profondo letto tra S. Severino e Bul garia, e dopo 15 o 16 miglia di corso si scarica nel golfo della Molpa tra Palinuro e Capo Morice. Erroneamente il monografo di Camerota fa sorgere questo fiume alla parte occidentale del Monte di Novi, e l' Antonini lo confonde col Fiume freddo. L'acqua chiamata da Orazio, vilissima rerum, per la ra gione, ch' è ovvia, divien preziosa col1' industria dell' uomo, ne son pruova i portenti del Vapore. I nostri fiumi gua1 più, qual meno giovano all' irrigazione degli orti e de' campi, e Carcillo, Fiume freddo, e Faraone animano Ferriere, Guelchiere, Molini, e Trappeti. Se vi fossero specolatori, capitali, e commercio, po trebbero dar moto ad altre macchine idrauliche, e divenire gran sorgente di ricchezze. Rofrano è quasi trincerato da monti. Ad oriente sorge il Centaurino, (alto m. 1432 sul livello del mare) che gli pre senta un lato curvilineo, di cui nascondon le scabrosità Ondani e Cerri. A Nord sorge a forma di piramide il Pedale ( base del l' alto e nevoso Cervato ) dove ricoperto di alaterni , ginestre, al vani , dove di prati più rigogliosi degli artificiali. Al Pedale sieguono il Colle Rosso, e poi il Rotondo , che gli presentano un lato a cilindro brullo di vegetazione, e di roccia me bianca, ove rossastra. Il Rotondo si abbassa in una gola detta Vesoli ( Vae soli ! ) per cui s' immette il ponente maestro da noi chia mato Salernitano. Quindi comincia l' opposta diramazione del Monte di Novi , che in un semicerchio s' innoltra sino a Lau rito, e presenta svariate cime, vegetazione, figure. Vi son no ti) Il ponte è metri 320 sul mare onde dal ponte a Rofrano vi sono 130 m. di djsvello. 1

41 tabili il Gelbison ( da Gebel mons, ed omo? sacer, Monte Sacro ), su cui è il santuario di M.a SS." da me descritto in altro opu scolo, e> Fugento, dove si osservan grotte e castelli diruti. Le Grotte non son Trogloditiche, nè Ciclopici gli edificii , ma ne fanno argomentare, come osserva l' Antonini, che in rimoti tor bidi tempi i popoli vi cercarono schermo dall' intemperie, e dai nemici. Dopo Fugento il Monte si arresta per dar la prospet tiva del Golfo di Palinuro ad alcune nostre casino di campagna, e la fronte opposta del Centaurino piega ad Oriente , per la sciarci libera la veduta del mare, e liberi i suoi sbuffi allo scirocco.

VI.

Clima, Atmosfera, Meteore,

Del Clima temperato son pruova gli agrumi, che vi alli- clima gnano. L' aura del mare tempera la troppo rigida influenza dei monti, e questi calmano la furia de' venti, e la rabbia di Sirio. Ma nelle vallate impervie al Ponente la piena del grano fallisce. L' atmosfera è pura , e rare volte offuscata da nebbie ad Atmosfera onta de' fiumi, perchè questi han rapido corso. Il paese per la sua elevata posizione è asciutto , e scevri di crittogama son i suoi tetti, e le sue mura. Il borgo non è in tutto esente di u- midità, cagionata sia dal sito basso, sia dall' irrigazione degli orti, sia da un torrentuolo, che lo traversa, benchè coverto in gran parte. È naturale, che i vapori elevati dalle nostre valli, o che Meteore porta dal mare lo scirocco, trovando più bassa la temperatura de' monti, si ammassino in nubi, e che queste, se cariche di di versa elettricità, che le acuminate punte de' monti attirano con tinuamente, si sciolgano in pioggie, lampi, tuoni, ec. Gli alberi de' nostri colli spesso son colpiti dal fulmine , e V incauto contadino, che vi ha cercato scampo all' ombra, tal volta vi ha trovato la morte : ma le loro aguzze punte son pa rafulmine al paese, tranne i campanili, e le torri, dove ha pure tal volta spiegato la sua bizzarra azione. La neve vi fiocca di raro, e vi dura poco, se non soprag giunga gelata: più durevole è sul Pedale, e sul Centaurino , e molto più sul Gelbison, in cui per tal motivo non si apre il San tuario, che nelle feste di Pentecoste. Il giorno 17 novembre 1872 verso le 10 pomeridiane una bolide a forma di trave infocata si slanciò dall'Est verso l'Ovest, Bolide cioè dal Centaurino verso il Gelbison: la sua altezza nell' atmo- 42 sfera di poco oltrepassava la cima di un Pino , ch' è sull' in gresso del paese , e sembrò si vicina , che la sentinella della Guardia Nazionale, se ne reputò avvampata : percorse in

! VII.

Suob, Minerali

Secondo la Perizia del Tav. Gennaro Pinto il territorio ha 24 miglia di perimetro. Ma i limiti segnati nella prima Conces sione de' Normanni l' indicano assai più esteso, e dimostrano le serie usurpazioni, che abbiam sofferte da' Comuni vicini. Quasi profano in queste scienze debbo con dispiacere con iatolo tentarmi a poche indicazioni empiriche e triviali. Stando a giu- Mioeraiog?» 6 dizio altrui i monti di Rofrano son di formazione sedimentaria, come il resto degli Appennini, modificata sotto l' influenza di fe nomeni che violentemente agirono sulla scorza del nostro pianeta. Il suolo delle valli, e de' piani è composto di materiali di tra sporto per l' azione di meteore, e di alluvioni. La pietra è varia. La calcarea bianca o paglina forma il Pedale ed il Rotondo, è sparsa sulla superficie de' sottoposti campi, e trasportata da' fiu mi fin presso l' abitato. Una calcarea men pura, e cinerizia si trova errante nelle rimanenti contrade. Fra la calcarea bianca si trova una pietra dello stesso colore, che macinata fa le veci di stucco, spato calcareo ? In qualche grotta de'suddetti monti calcarei s' incontra una pietra lucida e venata somigliante al mar mo. N' ho un pezzo sulle mie lettere. Parmi una stalattite , o stalagmite formata dal gemizio delle acque cariche di materie in soluzione. Il colore rossastro del Colle perciò detto Rosso par- mi indizio di sostanze ferruginose. I torrenti che scendono dal Pedale travolgono, o scavan dalle ripe una specie di cristallo: una grande agglomerazione se ne trovò anni sono scavando una 43 fossa per fornace di calce: presenta tutti i caratteri della Pietra specolare o Selenite: è un solfato di calce idrato, cristallizzato in foglie sottili romboidali, divisibile in lamine trasparenti, che talora possono essere adoperate come il vetro sopra piccole im magini (cristalli di Maria, specchio d'asino ), ,è scalfìtto agevol mente dall' unghia. Si chiama selenite dal greco, selene, luna, perchè la luce del sole, passando a traverso le lamine traspa renti, si affievolisce in modo da somigliare alla luce della Luna. Un' altra pietra ovvia quì è detta viva: dura, laminosa, piombina, ad ampie lastre, stratificata in piani inclinati al sud, od errante tra schisto friabile. Serve di base, e nucleo al colle su cui è fondato Rofrano, ed agli altri controforti del Centaurino, e del Monte di Novi. É ritenuta per marna compatta più arenosa, che argillosa, o calcarea ; ma sulle sue lastre si veggono d'ordinario quasi intarsiati filoni e vene di carbonato di calce cristallizzato ( volgarmente dette pietre saline ). Più abbondante è un' altra pietra, che costituisce il Centaurino ed il Monte di Novi, ed è chiamata morta, e vuolsi dire, che resiste al fuoco. Si usa per murare. Alcune sue varietà assai solide sono impiegate, per la vorar soglie di balconi, e di finestre, e pezzi per ediflcii ; al tre più dure e commiste di breccia servono per macine di mo lino e frantoi di olive, ed altre per ruote da lisciare ed aguzzare. Il Gelbison somministra la pietra focaja bianca, ed il Cen taurino la rossa ; ma l' uso se ne va sempre più limitando dopo l' introduzione delle polveri fulminanti. Ad una ripa del Faraone si è scoperta una piccola cava di tufo calcare: bianco traente al giallo smorto, spugnoso, inquinato di avanzi organici, rassomi glia al travertino di Pesto, e di . Si son pure scoverte altre cave di simil travertino nel bosco Salice ; ma scarse, e lontane. Si forma dal depositarsi del carbonato cal cico disciolto nell' acqua de' ruscelli. AH' Uffiziale tecnico Camillo Napolitano nel 1871 parve di aver trovato nella contrada del Centaurino detta Ranauro, cioè, Rena Aurea , indizii del prezioso metallo , e ne mandò saggio alla Direzione. Sono ovvie anche altrove alcune pietre rilucenti di grani micacei ; ma non tutto che luce è oro. Il cavalier Giu stino Pecori scoprì conchiglie marine, ovvie quasi a fior di terra nella vallea tra il Pedale e il Centaurino detta Barra, son mi ste a solfato di soda , ed a vene di scisto arenoso , sul quale han lasciato le loro impronte. È questo pur uno degli innume revoli, ed innegabili fatti, che si osservan anche sulla cima dei monti più alti, e dimostrano quelle contrade sottoposte una volta all' acque del mare. De' molti sistemi ideati a spiegare questo, 44 e simili fenomeni son plausibili quelli , che si accordano colle bibliche tradizioni. Perchè certo Dio sapeva l' opera , che uscì dalle sue mani, e Mosè dà pruove, ch' egli da tanti secoli già sapeva tutto quello , che sì tardi e fatigosamente va scoprendo la scienza. La Bibbia fa emergere dalle acque i monti, aseen- < d/unt Montes, et descend/unt campi in locum, quem fundasti eis, Sa1. 103, e noi nel 1831 vedemmo l'Isola Ferdinandea, che surse e disparve nel mar di Sicilia ; nelle sei epoche telluriche ammette graduali gli sviluppi degli esseri terrestri, il globo più antico dell' uomo, e sconvolgimenti più antichi del Diluvio. Nel cataclismo del Diluvio le acque elevate 1 5 cubiti sulle più alte montagne vi restano a quest' altezza centocinquanta giorni, dopo cinque mesi introduce i venti ad agitarle, e produce una specie di flusso e riflusso , dopo tre mesi di agitazione e di abbassa- : mento comincia a ricomparir la cima de' monti, ed occorron tre altri mesi prima che la terra resti asciutta. Queste bibliche tra dizioni bastano a spiegar la disposizione , e la varietà de' fos sili, il trasporto, il miscuglio, la confusione di tante cose uscite dal sen dell' acque, e se altri fenomeni chiedono spiegazioni la " Bibbia lealmente interrogata saprà rispondere alla scienza, come ha fatto sempre (1). Vario come le pietre è il terreno. Quello di alcune con trade è chiamato forte, perchè argilloso, tenace, e diffìcile a la vorarsi, ma all' azion del Sole dopo la pioggia diviene friabile, ed è reso fecondo dal detrito calcare, e dal terriccio vegetabile, di cui l' acque spogliano i monti. Altrove è detto fogliwrino , perchè lamelloso , e scistoso , ed è adattato pe' cereali, per le viti, e gli.olivi. Altrove chiamasi cretoso, (dovrebbe dirsi ar gilloso ). È di colore giallogno , o verdognolo : è buono per mattoni, embrici, e stoviglie, ma non si presta utilmente che alla vegetazione della Quercia, del Cerro, del Pero, e del Fico. Al trove è arenoso di color gialliccio sempre con uno strato di ar gilla, e di terriccio sulla superficie. Più di tutti abbonda il ter reno detto Pullo alla Latina, cioè nero, detto pure di felci, o di castagni, sia perchè formato, come credo, datali vegetabili, sia perchè la felce, ed il castagno vi vegetano rigogliosi.

(1) Secondo Beudaot (Geologia § 286 ) son puri Romanzi, ed aberrazioni mentali degne di perpetuo oblio i sistemi immaginati per ispiegare l'origine del Mondo, e della Terra in particolare. La sola degna di attenzione è la Geo- gonia di Mosè, che dopo più di tremila anni si presenta ancora come 1' appli cazione più netta delle teorie meglio stabilite, e come il riassunto più succin to de' grandi fatti Geologici. 1 particolari, che l'osservazione induce ad ag giungere al racconto dell' Istorico sacro, sono in armonia generale co' fatti da lui brevemente esposti, e de' quali non sono, che lo sviluppo. 4S . Si reputa fiacco , leggiero, e freddo ; ma siccome ha sot toposto a poca profondità sempre uno strato di arena, se si mi schiano insieme, ne risulta un terreno atto ad ogni coltura. Ma in qual proporzione son composti i nostri terreni ? Del problema si aspetta risposta da' Geologi per bene dell' agricoltura.

Vili. i Vegetabili Tra le piante graminacee si coltiva 1. il grano nelle sue Agricoltura varietà, la carosella, la rosciola (triticum sylvestre) la russia, il grosso (triticum tomentosum) , il serpentino, lo spagnuolo, la teminia o treminia a granelli minuti, (triticum aestivum) , la quale si semina alla fine di marzo, o più tardi, ed oltre il ri colto fa guadagnare, col riposo della terra per otto mesi, l'erba vernotica, od altra coltura : sol da pochi son coltivati il Cice- rello, il grano a grappoli, e la saragolla. 2. il granone nelle varietà Quarantino ed Americano , che ha minuti granelli. 3. la germana o segala sulle montagne. 4. il panico o miglio, b. la saggina o melica. Si trebbiano col ruzzolone tirato da buoi, o si battono co' correggiati. L' aie ordinariamente non sono sel ciate : quindi i grani pria di usarli debbonsi lavare. Fra le leguminose si coltiva 1. la fava, la grande, la mez zana, la favetta. 2. il faggiuolo bianco, rosso, giallo, della Re gina, e di rado quello ad occhio di pernice. 3. il pisello. 4. il cece. 5. la lenticchia ( qui detta limmiccola, lemma minor di Lin. ) 6. la cicerchia. 1. la veccia. 8. i dolichi. 9. il lupino volgare. Tra le tuberose la patata o pomo di terra. Tra le tigliose il lino. Vi vegeterebbe ugualmente il ca nape, ed il cotone ancora nella parte meridionale. Anni sono vi è prosperato il Sorgo per fare il Rum. Di tutti questi prodotti non superano al consumo, che gra- Prodotto , ed none in poca quantità, e patate in buon dato, che si vendono 'mmegiiamenti agli avventori di Rocca Gloriosa, , e paesi vicini. La raccolta mal risponde alle speranze , dando negli anni fer tili quattro sementi, ed al più sei ne' migliori fondi. La colpa non è del terreno, che in contrade più infelici delle nostre si mostra grato e benigno a' popoli, che lo pongono a cimento con longanime fatica. Sono in colpa i coloni, che ignorano, o vo gliono ignorare le tre norme dell' agricoltura antiche quanto Co- lumella e Catone. Queste sono 1. coltivare opportunamente. 2. 46 coltivare bene, 3. concimar meglio. All'opposto il nostro con tadino si ostina a coltivar terreni pendinosi, e non fatti per la coltura, e guasta ciglioni, limiti, e siepi, dove il passaggiero van taggio di poco terriccio vegetale produce durevoli danni. L'a rato è quel di Trittolemo, che nella sua veneranda semplicità, fa perder la lena a' bovi, ed a' bifolchi, la zappa un piccone di 5 rotoli, che squarcia bene il terreno, ma non ben lo sovvolge al Sole. Si ha una smania di seminar molto, e poi si trascura, o non si può coltivar bene. Non si purga il terreno de' ciot toli, degli sterpi, e dell' erbe nocive, ma tutte senza distinzione si sotterrano, dal che avviene, che le gramigne, quasi propa ginate per tal pratica, mettono più rigogliose. Mal s' intende la concimazione, la rotazione, le mischianze di terre diverse, e gli altri metodi proclamati dalle scienze agronomiche. Il concime si ammonticchia sul campo, e si lascia esposto ad ogni intem perie, adoperandolo, quando i più profìcui elementi si sono già volatilizzati. I campi stessi stabbiati dal bestiame non si sar chiano a tempo. Vi è rimedio a questi mali? L' unico è l'esem pio : bngum iter per praecepta : per exerrvpla breve et efficax. D. Francesco Ronsini il primo introdusse il trifoglio per prato artificiale, D. Antonio Domini il sovescio delle veccie, e dei do- lichi nelle vigne, e l' uso si è propagato, e si propaga di giorno in giorno. I proprietarii adunque rimettano in onore un' arte , alla quale i nostri antenati non isdegnarono di applicar quella mente che regolava i destini delle nazioni, ed abbassare quella mano, che stringeva lo scettro del mondo, imitino i grandi signori Inglesi che appena chiuso il parlamento si recano sulle loro terre, . per passarvi buona parte dell' anno. Si persuadano che i capi tali più fruttuosi pe' nostri luoghi sarebbero quelli, che investiti fossero a rialzar l' agricoltura. S' istruiscano essi i primi nei me todi agrarii , e lo potranno agevolmente in un secolo , che le dottrine si propagano colla celerità del vapore, e del telegrafo elettrico. Usino la campagna, facciano eseguire i saggi sotto gli occhi proprii, non lascino in lor balia i coloni, dirigano, prov vedano. orticoltura Ije ortensi qui coltivate sono 1 . il cavolo nelle sue varietà, cappuccio, cappuccella, verzotto, broccolo, fiore, di Siam o tor- selle, di Milano o riccio ec. 2. le rape, 3. la lattuga romana, cappuccina, crespa ec. 4. l' indivia o scarola, 5. la cicoria, 6. la carota, 7. il ravanello bianco e rosso, 8. il finocchio, 9. il sedano o aedo a picciuolo pieno, ed a picciuolo vuoto, IO. il prezzemolo, 11. la bieta, 12. la borragine, 1 3 . la cipolla, l'a glio, l'aglio porro, lo scalogno ( allium Ascalonicwm), 14. ipe 47 peroni dolci e ceraselli, 15. il pomidoro, 16. il cetriuolo, 17. i melloni ( d'acqua ), ed i cocomeri o angurii ( melloni di pane), 18. la zucca indiana o tonda, genovese o comune, lunga, pe< retta, fiasca, saracinesca, 19. la petronciana, 20. il carcioffo', 21. per insalate mischie la ruchetta, il nasturcio, ed il cerfoglio. Il territorio irrigabile in più luoghi prestasi a questa col tura , ed i nostri furon mezzanamente istruiti nel mestiere da Napolitani e Sorrentini. Quindi il prodotto esubera, e potrebbe raddoppiarsi, se vi fosse smercio. I nostri Ortolani hanno co noscenza delle ventiere , delle caldine, e de' letti caldi. Vorrei che ne facessero maggior uso, per aver le verdure primaticcie. Nel numero di queste son la cicoria campestre molto sa- ortensi spon- lutare, i cardoncelli , l' aspraina, la boragine, la pastinaca , il tanee- ramolaccio (Rafano), la portulaca (porchiacca ), il finocchio, l' asparago nella primavera , nel mese di luglio il carcioffo di montagna, cioè la boccia della' Carlina, che rassomiglia al car cioffo, e potrebbe introdursi nei giardini, a giugno e luglio le fragole. Queste abbondano nelle nostre campagne , le quali al lora presentano la figura di un panno rosso. Arboricoltura, La vite si coltiva o col metodo delle vigne basse alla La- Vite- tina, sposandola a pali di quercia, o col metodo degli arbusti, sposandola agli oppii Occhiani , ( acer campestris). L'uve mo- stacee sono Glianico, Pugliese, Malvasia bianca e nera, Passo- la ja ( uva di passi ) , Canino , Vernaccia bianca e nera, Arvi- no, Rosa, Mondonica, Longobarda ec. L' uve mangereccie sono Moscadella bianca e nera, Sanginella, Odoraca, Pane, Fragola, Corniola, Roia (Rhtdia di Vir. ). Con un breve processo si han vini non molto robusti, ma gentili e spiritosi. Si potrebbe averli migliori, se le uve, che son confuse nelle vigne, e non giungono a maturità nelT istesso tempo, si scegliessero, e non si confondessero nei tini. Ma la crittogama, che, son già venti anni, invase le no stre viti, ha quasi distrutti gli arbusti , e malconcie le vigne : l0 specifico del solfo non compensa la spesa e la fatica. Onde 1l vino, ch' esuberava, or manca. Questa preziosa pìanta è in moltiplicazione , ed all' antica olivo specie, ch' è piccola , si sostituisce di giorno in giorno la Pi- sciottana di alto fusto, che vi vegeta bene. Il ricolto in breve sarà esuberante. Ma vorrei che si adoperasse meglio intesa po- tazione, la quale, giusta il proverbio, sforza la pianta alla fer tilità. Vorrei pure tolto il costume di abbacchiarla, che ci ras somiglia in parte ai selvaggi, i quali per cogliere il frutto, ta gliano l'albero. La pertica intristisce, e rende ronghiosa la pianta. 48 Alberi a fruì- Fra questi sono 1 . il melo nelle sue varietà , limoncello, I to gentile. lappio rosso e bianco, lappiuolo, ghiacciato, raajatico, cetriuolo, cotogno, ec. 2, il pero, gentile, spino, mastrantuoni, buoncri- stiano, spadone di està e d'inverno, bergamotto (pyrus odora), butiro C balsamica J, angelico, del carpio, ec. 5. il cirieggio, acquaruolo , cannamele , majatico , barone , petronciana , amare na ec. 4. il fico dottato, lombardelle, lattaruolo, troiano, tro- ianello, albinero, paradiso, gentile, melognana ec. 5. il nespolo, indigeno, e del Giappone, 6. il pesco bianco, sanguigno, di Spa gna, nocepesco, percoco, albicocco ec, 7. il susino di svariata specie, grandezza, e colore. Si distingue per dolcezza il fran cese, 8. il giugiolo, 9. il sorbo, 10. il granato, 11. il man dorlo, che qui è poco fertile, 12. l'arancio, il mandarino, ili limone. Il prodotto di questi alberi esubera , moltiplicandosi con i ogni specie d' innesto, ad occhio, a zufolo, a corona, ed a spacco, I e potrebbe dar guadagno, se vi fosse commercio. Alberi boschi- Tutto l' agro è coperto di castagni, noci, quercie, e Cerri, . Abbondava in alrri tempi l'Abete, e ne son pruova i travi, ej le tavole degli antichi edifici, ed il nome di Betinella restato ad una contrada. Abbondavano gli Aceri , e ne resta il nome ad un colle, come l' elci, da cui prese il nome una porta del paese. Abbondavan pure i faggi nel luogo detto Desolato, cioè depilato, calvo. Son parte della nostra Flora l' ondano, o l' A- verno, il pioppo, l' alvano , o pioppo bianco, l'agrifoglio , il carpino, il corniolo maschio, (cornale), il corniolo sanguine, (san giolo), il frassino, il perastro, il meloagreste, il silvestre, o trigna, il rovo da more, e da frambose, l'Alaterno, l'erica, il mirto, la ginestra, il corbezzolo, il viburno, il salcio, ec. Abbiamo varie selvette di nocciuoli avellani , ed una se1- vetta di allori. A memoria mia si permise a' calabresi di reci derla , per preparare l' estratto di liquirizia : ora si è già ri prodotta. Sebbene non ricchi, come un tempo, di legname combu stibile, e di costruzione ; pure ne abbiamo d' awanzo. Ma non si cura , tollerando , che il vandalismo de' contadini prosiegua l' opera di destruzione. Si dovrebbe però volgere un' occhiata al l' avvenire : quandochessia una strada rotabile ne aumenterà il valore, aprendone il commercio co' vicini. Un altro sguardo do vrebbe volgersi al passato : l' agricoltura abusata non ci ha dato, nè ci dà la ricchezza, che a' nostri padri dava la pastorizia. Micetologia V' ha il Si1lo qui detto monetola (boletus edulis ) lo spo- gnuolo, l' uovolo sotto il nome di vilwzzo : e viluozzo pur si 49 chiama il tuorlo dell' uovo (vitulus), perchè lo rassomiglia per la forma, pel colore, e per l' albume in cui nasce involto, e da cui sviluppandosi poi col rapido crescere mette fuori un ombrello ranciato. Superiore a tutti questi per odore e sapore è il fungo ordinato, che nel mese di dicembre nasce in fila , ed in deter minate fungaie. Diverse altre specie di funghi si hanno dalle ceppaie del pioppo, dell' orno, ec. Quelli che nascono dal faggio , e dal cerro infracidito prendono il nome di pennelle. Abbiamo ancora la pietra fungifera denominata anticamente Linguria , perchè la si credeva surta dall' orina del Linge , o Lupo Cerviero. Essa produce un fungo sicuro grato alla vista, ed al palato. Trasportasi dalle montagne nei giardini, e nell' està, irrigandosi di tanto in tanto, produce come nella montagna. La materia di tal pietra è un terriccio misto ad argilla, e residui tufacei. Si reputa un grande tartufo, su cui nascon funghi pa rassiti. Onde pare da inferirsi, che scavandosi in vicinanza, po trebbe trovarsi anche il tartufo, del quale non abbiamo altro in dizio. Opportunamente qualche forastiere mi assicura di aver tro vati nel nostro territorio i tartufi ; ma da' nostri contadini non si conoscono. ' La luccamuffa (croton tintorium), la rubbia spontanea, lo t^etali Tin" zaffarano, la galla di guercia, l'erba ruzza così detta, per tinte giallognole, varie cortecce d' alberi, ec. Il nostro medico Nicola Domine mi narrava ne' miei primi Medicinali anni di avere accompagnato sul nostro Pedale un distinto Bo tanico (fu D. Ferdinando Giordani, Gasparini, o Barbarita, colla boratori alla Flora?) , e che vi riconobbe quasi tutti gli utili semplici della Maiella. Fra l'erbe, che qui sorgono spontanee, segno le seguenti soltanto, che possono sopperire l' esotiche, e le compre da' farmacisti. Per preparar la tisana abbiamo la Salsa paesana , la Fu- ras*]§fd?cdi .FjT maria, la Dulcamara, la Bardana, e la corteccia di Olmo. gena* 'cain '" L' Elleboro nero, l' Elleboro bianco, la Catapuzia, l' Ebolo, Catartici la Ginestra, la Mercorella, il Rabarbaro bastardo, il Ricino. La Parietaria , l' Ononide , comunemente detto Cessabove, D>»retici attivissima nelle malattie nefralgiche , il Colchico , o Zaffarano buono per le idropisie , per la podagra , e come espettorante, la Dulcamara contro le impetigini, e il salso, l'Aglio, l'Aglio Porro, l'Alchekengi, l'Altea o bismalva, l'Appio, l'Asparago, la Borrana, la Carlina Comune, la Genziana bianca, la Lattuca selvatica, la Malva, la Pastinaca selvatica, il Pomidoro, il Prez zemolo, il Rafano selvatico, la Scilla, il Semprevivo. 4 50 Diaforetici D Sambuco, la Bardana, la Carlina, il Bosso, la Fumaria. Espettoranti La Tussillagine nelle affezioni catarrali , e tossi ostinate , l' Enula Campana da amministrarsi a' pituitosi, l' Altea nelle rau cedini, e tossi secche, la Poligola. Emmenagoghi La Camamilla, la Salvia, l' Elleboro bianco, la Melissa o ne pitella, la Menta Piperita, la Nepeta, l' Origano comune, la Ruta, il Tanaceto, la Valeriana, la Segala cornuta. Antelmintici La Felce maschia, le corteccie delle radici di granato at tissime per le tenie, l' Elleboro nero. Tonici La Centaura minore o fiele di terra, antifebbrile, l'Assenzio antifebbrile e corroborante lo stomaco, il Camedrio o Querciuola, l'Alloro, la Betonica, il Finocchio, l'Issopo, la Robbia, la Salvia. Astringenti II Cotogno, V Ellera, l' Enula Campana, il Mirto, il Noce, il Salcio, il Sorbo, la Verbena, la Piantaggine, o cinquenerva. Antisettici La Senape antiscorbutico, l' Acetosella idem , e contro le febbri biliose e putride. Eccitanti dif- La Valeriana antiepilettica, nervina, vermifuga , il Rosma- fusivi corroi)0railte j nervi e le gengive , la Lavandola o Spigo Nardo Celtico, il Serpillo, la Menta, la Melissa. Narcotici La Cicuta deostruente nello Scirro, uel Cancro, ed in tutte le affezioni glandulari , il Giusquiamo calmante freddo, lo Stra monio più attivo del Giusquiamo, il Papavero, la Belladonna, la Cinoglossa o lingua di Cane , la Lattuca Virosa , la Merco- rella, l'Aconito Nappello, la Nicoziana, il Solatro, la Viola. Rinfrescanti II Lauro calmante nelle flogosi. Emeotici La Catapuzia, il Cocomero Asinino, la Digitale Purpurea, la Nicoziana, l' Ebolo, l'Elleboro bianco, la Scilla.

IX.

Animali

Pastorizia In gran quantità vi si nudriscono i maiali ; ma bisogna comprarne altri nella Basilicata pel consumo delle ghiande esu beranti. Le carni, e specialmente il fegato, son di esquisito sa pore : in questo ramo non siamo degeneri dagli antichi Lucani, che diedero il nome di Lucmica alla salsiccia sia per l' abbon danza, che ne mettevano in commercio, sia perchè essi i primi conobbero il modo di così conservare la carne porcina. In buon dato vi si nutriscon pure capre, pecore , e vacche ; ma la ci fra del bestiame non raggiunge il quarto di quello, che vi si numerava ne' passati secoli : e nell' inverno dimagrano, la pelle si attacca alle ossa, non danno latte, e muoiono per mancanza 51 di foraggi. Questi mali aumenteranno, finché l' agricoltura, e la pastorizia non si mettono in equilibrio, restaurando la legge di proporzione. Se l' Agricoltura usurpatrice contenta di un tèrzo del ter ritorio restituisse all' altra il resto, ne risulterebbe scambievole vantaggio. Non va1 più un moggio ben coltivato, che tre ne gletti ? Almeno le restituisca i luoghi in pendio , e migliore ranno le valli sottoposte : le restituisca i luoghi non fatti dalla natura per la coltivazione, da cui non raccoglie, che una semente e mezzo, al più due. Moltiplichi i prati artificiali, e sarà pa gata con abbondante concime. So che nel nostro territorio i luo ghi piani son pochi, ma possono ben altri ridursi a piani coi ciglioni, o co' muricci a secco , al qual' uopo abbondan dovun que le pietre. Alcuni coloni accorti han cominciato ad usar questi mezzi : bisogna proseguire con longanime costanza ; ed intro durre e le colmate, e le zone salde del Ridolfi. Son metodi di cui l' esperienza ha posto in sicuro la riuscita. In quanto a' prati artificiali, la sulla, Y erba medica, la lu pinella, non sono ancora esperimentate ; ma la veccia, i doli- chi, la loglierella , o loiessa , il trifoglio, la panicastrella , ed inoltre tant' erbe, che sul Pedale vegetano spontanee, rigogliose, e nutritive sino a produrre troppo sangue, non lasciano alcun dubbio sulla favorevole riuscita. Se ne coprano i campi irriga bili dopo la mietitura , e si avrà buon foraggio per l' inverno. Sono infine persuaso che, se mettansi a prati artificiali le sole Difese sode de' privati, basteranno non solo a migliorar l' at tua1 bestiame; ma ancora a nudrirne il doppio. Di grandi conseguenze sarebbe l' immegliamento . Perchè il solo bestiame è il campo del nostro commercio : esso solo fa sentire il suono de' preziosi metalli , o piuttosto veder la cor rente carta-moneta. Altronde poi per l'* agricoltura scarso be stiame porta scarso concime, e scarsa raccolta. In prolisso elogio il Tavolano Maione descriveva la nostra Caccia caccia, e la nostra pesca. Ma la selvaggina allora era alimen tata dalla Riserva di Bisignano nel Centaurino, di Spinelli nel Pruno, e del Re a Persano. Ora son quasi scomparsi i cinghiali, ed i caprii : a pochi, ch'esercitano la caccia per passatempo, non per industria, restano soltanto lepri, volpi, tassi, qui dette Milogne (wsus meles), ricci, ghiri, poche faine, e martore pre giate per la pelle, rari gatti selvaggi, e tra volatili molte per nici, e colombi. Tra gli uccelli minori v'ha il tordo, il merlo, la beccaccia, il beccafico, la quaglia, il pettirosso, il capinera, il fringuello, la pica, la passera, il passero solitario , la ron- 52 dine, il rondone, l' usignuolo, il cardillo , il cucolo , il pizzo- ferro ( merops apiaster ) la parrella, la coditremola, o cutrettola. I pescosi fiumi anche a tempo mio scusavano il mare. Ab bondanti le trote , o trutte , grandi di un rotolo , e saporose, perchè d' acque fredde, e scorrenti tra sassi. Abbondanti le an guille, pur grandi fin di un rotolo, e tutte di squisito sapore. Fra queste alcune dette di camizzo, specie di nassa, in cui re- stan prigioniere alle prime acque di settembre, non fanno in vidiare le Sibaritiche. La pesca ne' mesi di cova, e di alleva mento, la calce, i succhi velenosi , come il mallo di noce, ed il tasso barbasso, e più le alluvioni da' monti, e specialmente dal dissodato Pruno, l' hanno spente. Quest' anno ne son ricomparse alcune dopo che le forestali leggi furono osservàte un pò meglio. Per terminar la la nostra Fauna, tra gli animali domestici è il coniglio, il cavia , o porcello d' India , la gallina , il tac chino, l' oca. Tra nocivi si conta il lupo, l' avoltojo, la puzzola, il corvo, il gufo, la civetta, la talpa, il topo, la donnola, la vipera , il Guardapasso. Innocui sono gli Oscorzoni ( Oscorum gwoyss ), ed i cervoni, che purgan di topi le campagne.

X.

hó/ustrìa, Manifattwre, e Commercio

Vi è antica Y industria delle api, ed ora praticata secondo il sistema del P. Tannoja introdotto dal benemerito farmacista D. Biagio Arenare; ma il prodotto è di scarsa entità pel com mercio. Non vi è nuova l' industria de' filogelli ; ma languisce per le malettie di recente sopravvenute, onde i gelsi in vece di mol tiplicarsi si troncano. Ha una Ferriera, che dava ferro di ottima qualità , e lu cro molto, ad onta delle gravi spese di trasporto. Ora non è più in attività non per mancanza di combustibile ; ma perchè dopo il 60 non reggeva alla concorrenza prodotta dalla legge del libero commercio. Ha dieci molini or tutti chiusi, tranne un solo aperto di uffizio. Perchè costruiti senz' arte , e pur sottoposti alle teorie generali del contatore , invece di lucro, cagionavano a' padroni perdite, e vessazioni. Sei trappeti, de' quali due Idraulici, ed uno, che col fran toio separa U nocciuolo deli' oliva dalla polpa, secondo U me 53 todo, che dicesi nuovo , ma è molto antico , essendosi trovata negli scavi di Pompeja la macchina per estrarre l' olio di pri ma qualità, quella, cioè, la quale si ottiene dalla sola polpa dell' oliva senza romperne l' osso. In tutti lo strettojo è all'an tica, o, come dicesi, alla Genovese, ed aspetta riforma. Due Guelchiere per sodare i. panni. Una Fabbrica di Potassa grezza. Diverse fornaci temporanee per mattoni, embrici, e vasi fi gulini: i prodotti muojono nel paese. Diverse fornaci pur temporanee per calce. Il metodo di cuo cerla è migliorato, formando il forno in modo, che, tolto il bi sogno di estrarne la brage, si aumenta sempre il grado di ca lore. Così risparmiando combustibile si ha la calce non dopo otto giorni, come un tempo, ma dopo quattro. Tre fucine per zappe, vomeri, ed utensili rurali, ed urbani. Due Farmacie porgono quanto sia necesserio alla cura de gli ordinarli morbi. Due vendite di Sale, e Tabacco. Due Botteghe da Caffè , e liquori , dove anche il conta dino vuol prima di andare al lavoro bere la tazzolina della de liziosa bevanda. Diversi rivendugliuoli di minuterie, panni, tomai, ed altre piccole merci. Un' Osteria poco agiata. Due Fiere, una al S. Giovanni , ed un' altra alla Conce zione. Il Decreto de' 12 dicembre 1813 può dirsi rimasto sulla carta; perchè non si è saputo, o non si è potuto affollarle. Da rimoto tempo v' eran tre Monti Frumentarii. Perchè su- istituzioni u- penon al bisogno, ed il grano restava in ozio, si penso bene di vendere l' esuberante, e si formò, non è molto, un bel Monte Pecuniario. Essi sono il sollievo di una classe operosa , come quella de' coloni, ed il freno all' egoismo e monopolio de' ricchi. Ma la loro vistosa dote va sempre diminuendo per molte incaute condonazioni del capitale. Vi son due Confraternite , e varii stabilimenti Pii sotto il nome di Cappelle riunite, ed ora dirette dalla Congrega di Carità. Da questi il Comune nel nuovo sistema non ritrae altro che ducati 30 per farmachi ai poveri, e nove per elimosine. Le rendite lasciate da nostri antenati sono sperperate altrove. 5*

XI.

Popolazione, m stato Economico, Fisico, Morale, ed Intellettuale

La popolazione secondo V ultimo Censo è di 237 S abitanti presenti, gli emigrati son oltre 400 e da gennaib sino all' at tua1 mese di giugno ne sono emigrati altri 70. Vi sono undici Preti, tra quali due Parrochi, ed un Canonico della Cattedrale, quattro Medici, due Legali, due Notai, due Farmacisti, ed un Agrimensore. Gli Artieri, come Calzolai , Sarti ec: sono appena sufficienti al servizio del paese : pochi addetti alla mercatura : i più sono Agricoli, e Pastori. Pauperismo La proprietà è sminuzzata, quindi nè ricchi eccessivi, nè Capitecensi. Anche nell' ultima classe ognuno possiede il suo pezzetto di terra, che rende fitto di piante per la smania di a- vere un pò di tutto, e la sua casuccia, che spesso divide col suo majale, e con molti animali domestici a scapito dell' Igiene. Non abbiamo a rigor di termini accattoni, o pezzenti, tran ne un qualche cieco , storpio , o vecchio inabile alla fatica. Ma indebitati, e poveri son quì, come altrove, perchè come al trove, vi son coloni, a cui la gragnuola diserta il campo, Ar tigiani a cui per lo bassar de' commerci vien manco l' opera, e la mercede, pigri, che tengon nascoste le mani sotto le ditelle ed han difficoltà di portarle sino alla bocca , dissipatori , che nel dì festivo gittan nelle bettole, e nelle bische il frutto di un intera settimana, onesti cittadini, a cui falliscono i debitori, o dà crollo una lite ingiusta, una malattia protratta, una catastrofe inopinata. V ha chi crede i poveri inevitabili, e parte integrante del sistema dell' universo, come sono i giovani, ed i vecchi. Altri pensa, che ciascun è fabbro del proprio destino, che non vi è miseria senza colpa , che son poveri quelli Che trasgrediscono ■ 1' ordine divino di faticare. Quel che a me sembra certo è, che i rimedii di un si gran male sono a cercarsi non già nelle u- topie de' Socialisti, ma nelle massime dell' uomo-Dio. Questi vuol, che l' abnegazione prenda il luogo dell' incoercibile brama delle ricchezze, vuol che si faccia uguaglianza, scemando al ricco il fardello della superfluità, ed al povero il difetto dell'indigenza, e colla reciprocanza de' bisogni, e de'servizii si conservi l'unione e la pace del corpo sociale. Non la secca, e gonfia filantropia, ma solo la carità Cristiana indulgente, operosa, e magnanime, che ha tolta col più prudente sistema la schiavitù, potrà rime diare a' mali del Pauperismo, trasformazione della schiavitù. Il Mondo abbisogna di Cristo. 55 Il suolo, ed i proprietarii offrono lavoro a tutti, e finóra Emigrazione ne han qui trovato anche i paesi vicini. Malgrado tutto ciò ora vi è una smania di migrar nell' America. Ne ritornano alcuni, è vero, con qualche somma di oro, ma nessuno per questo mutò stato. Perduta la semplicità de' costumi, han rossore di ripigliar l' antico mestiere, ed in breve sprecano nell' ozio, e nelle bet tole i guadagni. Il Rofranese è di valida salute , perchè l' aria dentro , e Qualità fisiche fuori l' abitato gode di tutto l' ossigeno della montagna , e del bosco, l' acque sono salubri , semplice il vitto. È vigoroso, e capace di portar sulle spalle grossi tronchi, e gravi pesi. È agi lissimo a salir sugli alberi più alti. Nulla di straordinario nella statura .* la carnagione è bianca , come ne' Montagnari, e nelle donne suffusa di vermiglio. Le donne , oltre la spola , l' ago , il fuso , e le cure do mestiche, son capaci di virili fatiche : sopperiscono a' mezzi di trasporto quì scarsi per mancanza di strade rotabili, e son com pagne all' uomo in tutti i lavori campestri. Dalle variazioni atmosferiche , e dal rapido passaggio dal Malattie caldo al freddo , e viceversa , a cui la vita del contadino non può sottrarsi , risultano catarri , e diarree : cutis densitas, alvi laxitas: alle diarree contribuisce l'abuso di frutti. L' acque fredde delle nostre montagne bevute a corpo sudato producono pleuri- sie, e coliche. Alle stesse cagioni debbono attribuirsi le febbri terzane, reumatiche, e biliose, come pure all' umidità delle notti, ed a' miasmi, che si sviluppano dalle stalle, dalla concimazione, e dal terreno dissodato. Le frequenti antraci si attribuiscono al contatto delle carogne per guadagnar la pelle, ma non i soli pastori vi son soggetti. Pe' vermi usano paste affrittellate con corallina, o felce ma- Farmachi po- schia : nelle terzane il decotto di camedrio, o querciuola, nelle po an' risipole i fiori, e le fronde di sambuco : nello sbigottimento dei ragazzi dan loro a bere dell' acqua immediatamente. Per pur garsi usan tal volta la catapuzia con grave lor danno. In tutte le malattie si pascon di latte, che non manca, ma non sempre fa a proposito. Il contadino smette di giorno in giorno il cappello a cono Usi e Costumi tronco, i calzoni corti, ed i calzari a cordelle ( Peroni , o con- tigie ). Le contadine serban la loro tovagliuola bianca ripiegata in modo, che copra la testa, e gli omeri, il lor busto allacciato in nanzi al seno, e la pezzuola colorata detta pettiglia per coprire il petto ; ma all' antiche gonne di lana bleù , p turchina nel $6 l'està sostituiscono con minore spesa i tessuti di cotone colo rato, o i pannilini bianchi. Ne' matrimonii de' ricchi asserragliano le strade con archi trionfali, o con un nastro chiudono il passo agli sposi, ed alla brigata, finchè non paghino per cortesia il pedaggio. In occasione di morte i congiunti portano alla dogliosa fa miglia il pranzo, e la cena per qualche giorno. Non parmi re miniscenza delle funebri cene de' gentili, ma naturale effetto di amorosa attenzione verso persone care, che nel duolo non son disposte a prepararsi i cibi. La notte di capodanno girellano strimbellando un qualche musico strumento, ed augurando a' benestanti il buon dì, ed il buon anno, per aver poi nel giorno la strenna in frutti secchi. Portano a' Santuarii alcuni trofei di cera architettati a for ma cilindrica, quadrata, a sfera, a vascello, ec. Con essi ac crescono la pompa delle Processioni nelle feste de' Santi, por tandosi da giovinette vestite alla meglio, e co' capelli sciolti. A tali trofei si dà il nome di Cinte, o Cente, perchè son cinti , ed ornati di nastri, o perchè sono un centone di varie offerte que stuate. Vi è un altro costume comune alla Diocesi. Il popolo nella Messa all' Agnus Dei, al Domine non sum Dignus, ed all' ele vazione si percuote il petto. Questo costume per noi edificante in alcuni stranieri saccenti ha destato la maraviglia, ed il riso. A ciascun popolo piaccion le usanze sue , e pajon le altrui o ridicole, o non comode.,, o men conveneveli. Io non saprei ri provare un uso rigorosamente Vangelico. Il Pubblicano presso S. Luca si picchiava il petto dicendo : Propitius esto mihi pec catori. I testimoni della Crocifissione, al vedere i miracoli, che la seguirono, reverkiantur percutientes pectora sua. Ed un' i- stinto di natura spinge gli occhi alle lagrime per lavare il cuore, e la mano a percuotere quel petto, unde exeunt cogitationis ma- lae. All' Agnus Dei ed al Domine non sum dignus il popolo imita il Sacerdote , ed il pubblicano , e all' Elevazione i reduci dal Golgota. Il suon del campanello in occasione dell' incruento Sa crificio, al dir di Cesario , tra gli altri fini ha questo , ut ad elevationem hostiae omnis populus in Ecclesia ad sonitum No- lae Yeniam peteret. Il costume di battersi il petto era comune tra' Greci a' tempi del Nazianzeno Or. 11. Templum cum ciliciis ingrediamur , et dfu noctuque inter templum et altare pectora tundamus , e nella Chiesa Africana ai tempi di S. Agostino. Perchè questi riprova non il costume, ma l'abuso, che consi steva in questo. I fedeli avvezzi a percuotersi il petto nella con- 59 fessìon de' peccati, facevan lo stesso all'udir le Parole di G, C. Confiteor. Ubi, Pater, quia absconasti. etc. parole che non son confession di peccato in bocca di Cristo impeccabile. Quindi dice il Santo, Serm. Vili, de Verbis Domini. Sequutus est sonus tun- sionis pectoris vestri audito scilicet quod Dominus ait , Confiteor Ubi, Pater. Tundere autem pectus quid est, nisi arguere quod latet in pectore, et evidenti putsu occultum castigare peccatum? Confiteor audistis , qui confitetur non attendistis, Lo stesso po trebbe dirsi a' nostri scandalezzati. Audistis.... non attendistis. Pitagora si riconosceva debitore alla filosofia di un gran guada gno; ed era quello di non maravigliarsi. Il nostro volgo in parole sa dileggiare Pregiudizii Sogni, tregende, incantamenti, streghe, Larve, prodigi, e Tessali portenti. Vi dirà, che i morti son morti , e solo i vivi son capaci di far male: che l' occhio (il fascino) a temersi è quello del l'accetta: che i maghi mirano a vuotar le borse delle monete nuove, non a riempirle dell'antiche, ed altre massime apprese dal Clero : ma nella pratica rassomiglia ad Hobbes, che non am metteva gli spiriti, e pur gli temeva. Appena lor venga rubata qualche cosa , viaggiano per consultare maliardi , ed indovini. Per amuleto contro il fascino sospendono al petto de' bamboli un cornicello incastrato in argento, o in oro, e se mai si am malano, chiaman certe vecchie Befane, che mormorando insen sate parole inalan loro l' aglio, e se gli eccita al vomito, si ha per dileguato il fascino. Le false opinioni che adescan le più costanti affezioni del cuore, l' amor della vita, delle ricchezze, del dominio, difficilmente si svelgono. La magia sale alla pri ma età del mondo, e non ancora è estinta. Sono religiosi ed onesti al modo de' popoli agricoli. Il cat- virtù e vizn tivo esempio non valse a distorglierli dalle usate pratiche di re ligione. Nella prima Messa è una serrata folla in Chiesa ; i tri bunali della penitenza non son deserti : contribuiscono volentieri alle feste ; ma le voglion chiassose, e restano scontenti, se manca un' assordante musica, il fragore de' mortaletti , i fuochi artifi ciali, e gli areostatici : la loro fisica energia ha bisogno di vio lente sensazioni. Il venditore può abbandonar le sue merci sulla piazza, «che le troverà salve al ritorno. Le Chiese aperte ed in custodite non hanno a temer pe' sacri arredi. Ma in campagna son danneggiatori incorriggibili, non bene usando della sinistra, usando male della Vandalica scure lor fida, ed indivisibile com pagna , e nulla rispettando nè pascoli nè campi cogli animali. Son laboriosi, e di braccia instancabili, e spesso, per se- 88 renar là dove faticano , come soldato sul campo di battaglia , rinunziano al riposo della festa. Ma non son frugali nel vitto, come gli antichi Lucani : mangiano e beono assai nella mensa propria, e più nell'altrui. Ma sono in voce di ospitali, come gli antichi Lucani , ai quali questa virtù era prescritta dalla legge. L' ospitalità si re puta indizio di barbarie ; ma non l' è sempre. Vi son popoli barbari , e nel tempo stesso inospitali : vi son popoli ospitali senza esser barbari. Se all' aumentar del commercio , l' ospita lità diminuisce , egli è perchè si renderebbe troppo gravosa. Era proverbiale la gelosia de' Lucani, quando presso Roma non avea un nome. Un' esempio ne reca Costantino Gatta ( Memo rie p. 30 ) in persona di due Rofranesi Raffaele Di Sevo , ed un tal Barile. Nel 1684 toccati in questa parte delicata del cuore trucidarono non solo il Barone immerso nel sonno ; ma an cora l'innocente Baronessa, e l'infame fantesca, che gli aveva introdotti nel palazzo. I loro teschi esposti al pubblico furono di spettacolo memorabile a' Rofranesi, ed anche ai Baroni, per chè non più si arrogassero schifosi dritti , che abbiam ribrezzo a ridire. Ma dopo il Governo francese le contadine non son mo dello di castimonia. In fine qui , come dovunque son figli di Adamo, si ama, si odia , si encomia , si vilipende : l' invidia, e l' ambizione consigliano a sopraffarsi scambievolmente : la col lera, la miseria, e la vendetta sono incendivo al delitto, istruzione Non mancano di perspicacia e di attività : la classe civile manda i figli allo studio in Napoli, e si riduce a vivere sottil mente per mantenerveli, ma talvolta vi fanno il noviziato de'vi- zii, e tornano con un' inutile Laurea comprata ad enormi spese della famiglia. I contadini amano di sgozzonar l'ingegno, e nella primi metà del secolo n' ebber mezzi nelle scuole serotine : allora erac rarissimi gli analfabeti, che ora van crescendo. Non rimpiango il passato, ma voglio spronare i padri di famiglia, e gì' Istrut tori elementari cogli esempi passati a meglio rispondere allo mire del Governo, che ha migliorato i metodi d'insegnamento, e generosamente retribuisce le fatiche colle rendite de' traditi municipii. Proverbi! Il discorso de' nostri vecchi contadini è rimpinzato di pro- verbii comuni : mi son familiarizzato con uno di cotali OfeUi , ed in un terzo d'ora me n'ha sciorinato una buona dozzina. 1. Il sazio non crede al digiuno. All'opposto « É legge di na tura che a compatir ci muove chi prova una sventura, cheiì^acd provammo ancor. » 2. L' Asino non torna dove cadde una volta. 69 3. Piscia sincero, e farai le fiche al medico. 4. Il bue vecchio poggia più fermo il piede : è di S. Girolamo. 5. Messa e vino non tolgon cammino. 6. Chiacchiere innanzi al forno , perdita di pane: e Yage quod agis. 7. Più in alto vai, maggior la botta pigli. È il tolluntv/r in altum, ut lapsu graviore ruant di Claudiano. 8. Va alla fiera, chè il pazzo è ito. 9. Non toccare il cane che dorme. È ì'ignem gladio ne fodito di Pitagora. 10. Il vino è buon servo, ma cattivo padrone. 11. Il malva gio misura dal proprio l' animo altrui, cioè , malus mala cogi~ tot. 12. Fa bene e scordati, fa male e pensaci. 13. A te fi* gliano i galli, ed a me la gallina si becca l'uovo. I villani pizzicano di poesia, e la sfogano in canzonacce, canti popolari o satire colla Cantilena del . Abbiamo adesso uno, che merita attenzione. È un uomo alto, e robusto, e di voce insi nuante, che narra un suo viaggio a' Regni di PlutO, per diver tire le brigate dei bracciali. Le sue immagini sono Romantiche, e Gigantesche. Il portone dell'Inferno è pari all'Arco Baleno, il porticato a proporzione più vasto : il martello con cui si bussa dagli avventori è un maglio di Ferriera : i suoi colpi superano il fragore del Tuono, ed assordano col rimbombo in quegli an tri immensi. I tormenti sono ingegnosi, e secondo le colpe, mette, per esempio , le cortigiane in una schifosa cloaca. Ma neìT in dividuare i tormentati ha offeso qualche suscettibilità, per lo che gli son toccate delle busse, che gli han cavato la voglia di toc car lo stesso tasto. II Dialetto ha molti termini Latini, molti Greci, e gli al- Dialetto tri sono Italiani storpiati. Latini mi sembrano 1. Sruscare per balenare da corusco, onde srusco per baleno di cui col suono esprime la celerità, e la violenza. 2. GUmba per zolla cioè Gle ba. 3. Tata per padre. 4. Mamma per madre. 5. Scrofa per troja in senso proprio, e metaforico. 6. Lloco -per in loco. 7. Hoi per hodde. 8. Crai per cras. 9. Pisvrai per bis eros. 10. Di sterza per Nudius tortius. 11. Egu per ego. 12. Av/ri per Audi si dice al bue. 13. Un creddo per un eredo, cioè un momen to, quanto bisogna a recitare un credo. 14. Sartagine è abla tivo di sartago, vaso lungo, e basso per fritture con manico lun go. 15. Trasire per transire. 16. Tricare per tricari indugia re. 17. Genga per juvenga. 18. Aifo, cioè poggio sulla scala esterna della casa, per Ambo, od Umbo, pulpito. 19. Amma- sonarsi, cioè appollajarsi , per andare ad Mansiones. 20. Fu- miero per letame da fimus, onde pure fumier francese, o da foveo nudrire, alimentare. 21. Cugno, o Cugnolo, strumento per fen dere il legno, e le pietre, per Cmeus. 21. Saccio, so, per sa 60 pio. 23. Nnwcare, cioè indolcirsi, e si dice del tempo, e dei dolori , per edulcare posto da Gellio fra termini nuovi : qua- propter edulca/re convenit vitam, curasque acerbas sensibus guber nare. 24. Astelle e stelle, cioè assicelle per hastellae, ab ha- sta. 25. Lavine, cioè acque piovane che scorrono in abbondan" za, a labendo quasi labinae. 26. Da Labine, o labendo viene allainato, che si dice del suolo coperto di frutti caduti, quasi allavinato, inondato. 27. A bizzeffio, in quantità, quando il som mo Magistrato Romano faceva una grazia senza limitazione , se gnava i memoriali con due ff. cioè fiat, fiat. Onde io ho avuto la grazia a bis effe, cioè piena, ed intera. 28. Avoito si dice un figlio abbandonato a se stesso, e che fa di se quel che vuole, non avendo chi n' abbia cura , un animale senza custode , un fondo mal difeso, per ad volitum, a libito suo, od altrui. 29. Gru- gnolare, o grugnare si dice di chi maltrattato sen va brontolan do, da grunnio, che significa lo strider de' porci. 30. Guappo in significato di smargiasso, bravaccio, spaccone da Vappa, vino svanito, e fig. uomo di costumi guasti e degenerati, nebulo. 31. Mi abaca, e non mi abaca, cioè ho tempo, o non ho tempo, è il mihi vacat, o non vacat impersonale, che vale lo stesso. 32. Vie- do in significato di pane a foggia di cerchio detto Vicciatu dai Calabresi, e Urtano da' Napoletani ; da vincio legare, e circon dare, o pure a vice, vicenda, quasi avvicendato, ed alternato. Alcuni de' molti termini, che sembran Greci, son questi. 1. Un luogo, dove il Faraone si scava profondo letto in mezzo a due colli, è detto Emmisi da fa»», medium. 2. Un colle espo sto a' fulmini Ceraano da nspawos fulmen. 3. Un torrente, che travolge ciottoli, e melma , Scirapotolo da ^«s, colluvies com miato coeno , e «omy.ot, fluvius potabilis. 4. Un torrente , che giunto al piano scorre pigramente, Presbiterio da tafa calo- rem extinxit, è chiamato pure Legerio da My* quiesco. 5. Una rupe quasi segata dal monte Arapita da «p*™® amputo. 6. Una contrada adattata alla coltura del grano Pirretta da *upos tri- ticum. 7. Un'altra sita a bacio, e di terra e pietra fosca. Co rnee da uopo; niger. 8. L'opposta sita a solatio, e di pietra, e terra bianca Pollarito da*o),!os albus. 9. Un torrentuolo adia cente al paese, al di là del Carcillo, è chiamato Parascino da «'apa ad, e vietai jaceo , o da *apa trans e xsui** flumen , trans flumen, o piuttosto da tempus , vallone a tempo. 10. Cozzummalo è chiamato il mallo della noce, ed in generale un pomo colto immaturo da vumutf^Xov pomum praecox. 11. Casa Cafaro si chiama una famiglia ricca da w*.

62 cui si dà fretta alla pecora. Intende l' alterazione chi sappia , che i Dori sogliono aggiungere « , e da «(>«<*» fanno apsww. 42. Ncegnare per mettersi un abito nuovo addosso da syxamaj , in novano, dedicatio e fig. per cominciare. 13. Zito e zita in si gnificato di sposi da £uyos , jugum ; quindi ««;«yos, • corvjux , la stessa idea si trova nel conjugium latino. 14. Zenga , nsegna nsenga di pane e. g. per atomo ha origine secondo alcuni da za» vivo, quasi dicasi quanto basta per vivere : io credo che valga insegna, segno, perchè da segno e segnato si fa sengo , e sengato, o piuttosto è il symbola de' latini, onde secondo l'idea del symbolam conferre e asymbolus varrebbe date ancor voi la vostra rata, il vostro obolo al poverello. 15. Mimorchio per uomo da nulla da solus , ed opxti testiculus , di un sol testicolo ; all' opposto, per esprimere un uom di vaglia, si di ce che n'abbia due paia. 16. Cute cutima per letame, e cur- taglia per fieno da %ofw foenum, herba. 11. Centra, centrella, piccol chiodo, da stirmlus, calcar. 18. Luffole per i fian chi verso la cresta dell'ileo da x0z, spira funis , perchè si avvolge a spira , o da <**og>, traho, quia potest flecti et trahi ; donde spago , cordella sottile. Storpia l' Italiano in varie guise 1 . Cambia l' 0 finale in U, vino vinu, e talvolta anche nel mezzo, forra furra: aliquot Italiae civitates, teste Plinio, 0 non habebant, sed loco ejus po- nebant D ( Prisciano L. 1 ). Lo stesso or si avvera in alcuni paesi della Lucania, nella Calabria, e nella Sicilia. 2. L'E fi nale in I, pane pani, e talvolta anche nel mezzo, aceto acito: propter cognationem E et I Utterarum non dubitavermt antiqui 63 herì et here ddcere, marne et moni, vespere et vesperi ( Donatus in Phorm. Act. 1. Sc. 1 ). 3. L'E in IE, verso vierso. 4. PI Latino in Ch, planctus, chianto. 5 La l , in d , cappella cap- pedda : delta e lambda simili si scambiano nella scrittura , e quindi nella pronunzia. 6. La b in m, tambellone, tammalone, gamba gamma , per questa affinità da scamnum si fa scabello. 7 . La d in r, madonna màronna : nelle antiche iscrizioni tro viamo curiali pro adlabi, arfinis pro adfmis. 8. La l in r, palma panna, salma sarma. La b in v, e viceversa, barba varva, av viare abbiare : la beta simile nella figura all'omicron-ipsilon si scambia con questo, e nelle antiche iscrizioni troviamo bibus prò vivus, ohe pro ave, baie pro vale. 10. La g in j, digiuno, dijuno, giubbone juppone : lo scambio si può ripetere dalla somiglianza tra il gamma e l'ipsilon. 11. L'I inu, alto auto, caldo caudo, calce cauce. Secondo queste norme spiego alcuni termini del dialetto , altri ne indovino. 1. Arientidda vale aurettilla : è un diminu tivo di diminutivo degno del poeta Meli. 2. Screare significa l' opposto di creare. Creare è cavar dal nulla, screare è ridur re al nulla distruggere : la stessa idea è nella voce cria che vale il niente il non ente l'oggetto della creazione. 3. Zuca per fune è soga alterato. 4. Asciare, ed acchiare per trovare è Y occhiare, come acchiale sta per occhiale. S. Addesa sta per adesso. 6. Chiù- mera sta per chimera, vana immaginazione 1. Fusilli si chia mano i maccheroni casarecci che hanno la figura del fuso. 8. An che dalla figura han preso il nome i trailli , maccheroni più grossi quasi travilU o travicelli, o dal greco "ei°Y, libum 9. Sca fare vale dividere la pasta nella madia, da seana voce anti quata di Dante in significato di sanna, onde importa dividere la pasta in pezzi bislunghi simili a grossi denti. Quindi scanate si chiamano i pezzi bislunghi non i rotondi. 10. Stare all' Ab- biento, cioè in ozio, e senza lavoro, equivale a stare all' abbien te, avente, che ha, ossia da benestante. 11. Avietta per pre sto è un' avetta, quanto occorre per la recita di un' Ave Maria. 12. Nsorarsi per ammogliarsi vale incuorarsi, cioè prendere una suora, o sorella, che quì si dice Sore, è una modesta espres sione, e nella cantica si dice Soror mea, Sponsa. 0 viene da soro savorra , che si pone sulle galere : il matrimonio è un peso: senza di cui non cammina il genere umano. 13. Lota rio, affare depo di decidersi con un lodo , o sentenza di ar bitri. 14. Forticillo cioè vor titillo strumento che fa girare in vortice il fuso. 15. Affidare per compire il matrimonio colla benedizione del Parroco vale giurarsi fede. 16. Parruozzo chia 64 masi il pane, che si dà ai cani, cioè 'pati-rozzo. 17. Attassare per turbarsi è voce arcaica usata da Guido Guinicelli. 18. In- sembra per insieme, che si adopra cogli animali, che si sbran cano , è similmente voce arcaica usata da Guido delle Colonne. 19. Inciarmare, ed incannare v. g. i cani, i lupi, vale cal mare i cani i lupi, ec. con carmi con incantesimi. 20. Sacre- dere , e sacreduto , significa scredere, non credere più ciò che si credeva una volta. 21. Juncata, cioè edulium quoddam la dani operis, quod iunceae fiscellae incluso lacte fiat. 22. Lin- nine per lendine, uovo di pidocchio. 23. lemma per genia 24. Stella Poddare , cioè Polare. 25. Zanfanoso per asmatico, da anfanare. 26. Le caccole , o cacca degli occhi si chiama scaccia, cioè scaccazzio, scacazzamelo. 27. Gregna, termine dei mietitori vale bracciata di spiche, cioè quanto può stringersi tra il gromio ed il braccio, come manipolo vale manata cioè quanto può stringersi in mano. 28. Più fasci di spiche ammontic chiati forroan la borrella quasi bicarella, o quasi oreola da op0S mons. 29. Mottoso dicesi il tempo ed il terreno , cioè motoso da mota , terra fatta liquida dall' acqua, fango. Quindi il pro verbio nostro Palma mottosa, gregna gravosa. 30. Andare, o mangiare a guffo , cioè senza spesa , corrisponde all' a ufo od auffo de' Toscani. Il Minucci ne ricava Y origine dalle lettere di Commissione de' Magistrati di Fireaze ai Magistrati forensi , che si facevan gratis, quando si mandavano di uffizio. Allora la soprascritta portava ex ufficio ed abbreviandolo ex uffo che letto così diede origine a questa maniera di favellare. Altri dicono che sia derivato dalla iscrizione sulla porta della città A. V. F. F. che letta diceva auff ed interpretata Alexander Quintus Fran- cam Fecit. Ed il passare per la porta Auff, era lo stesso che passar esente da gabella, e senza spesa. 31. Intronare v. g. i noci, i cerri, vale percuoterli col bacchio dal rumore assordante che fa il bacchio, ed il frutto che cade. 32. Fraganare per git- tare, o cadere a terra con impeto ha origine dal fragore, o fra casso che produce la caduta. 33. Arrimolarsi o arringhiolarsi. per irritarsi è il ringhiare , che dicesi de' cani quando irritati digrignando i denti e quasi brontolando, mostrano di voler mor dere, e fig. si dice anche degli uomini. 34. Guagnone per mo nello o valletto da vagellare andare vagando , quasi vagellone , così da Vangelo si fa Gnagnelo Potrebbe corrispondere a Gal- Mone, cioè cappone mal capponato, o meglio al ganeo ganeonis latino che ha cattivo senso. Bla qui tanto guagnone, quanto bar daselo ( in francese bardache ), bardassa , esprimono solo T età giovanile, non i pravi costumi, ed hanno la stessa forza che il puèr de' latini. 35. Co&urso, quasi Coda-dorso vale la schiena, quindi scodursare cioè rompere la schiena,. 36. Vum voce pue rile è storpiatura di bua, male, usata a Firenze. 37. Rocchia per adunanza è storpiatura di crocchio. 38. Simpia, cioè sve nimento, è storpiatura di Sincopa. Ma forse quì mi son trattenuto troppo: i dialetti per altro sono elementi della storia, riducendo allo studio delle invasioni, e dominazioni. Almeno i miei concittadini vi apprenderanno i termini Italiani, che corrispondono agli alterati del dialetto ^ se bramano cacciare la domestica barbarie. Se poi ho stiracchiato, e indovinato, vuol dire che ho seguito l' uso degli Etimologisti. Nativo di Napoli ma oriundo di Rofrano fu Carlo M.a Ro- uomini degni sini Vescovo di Pozzuoli, e Presidente di tutte e quattro le Ac-di onorevole ri- cademie di Napoli. Il suo nome è un elogio. Messo dal Botta, membranza- e dal Gioberti nel numero de' letterati viventi dopo morto ebbe a Biografi il Canonico Nicola Lucignani, ed il Commendatore Prospero De Rosa. Potrà leggerli, chi voglia avere idea di un sommo Letterato, e di un Vescovo degno de' primitivi tempi della Chiesa. Aggiungo sol questo. Scrisse cinque Commedie Latine nell' ore che risecar poteva a' gravi affari , per dare un' onesto divertimento alla Gioventù studiosa. Questi lavoretti da lui te nuti in poco conto, e dati in luce ultimamente dall'illustre Ge suita Luigi Palumbo gli hanno riscosso gli applausi del Vallauri, del Cantù, e della dotta Germania. So che gli elementi natu rali, che forman la parte costitutiva dell' uomo, il clima, i cibi, la terra , van posti a pregio del luogo , che vide sorgere un grande ingegno. Ma vi son degli altri elementi particolari, che lo riguardano, i quali riverberano sugli antenati una parte di luce. Carlo ebbe le prime cure, ed i primi rudimenti dal padre Vincenzo Rosini di Rofrano, che gì' insegnava a leggere il Greco sopra un libro, nel quale poi riconobbe Galeno: ebbe l'educa zione dal Zio Sacerdote D. Francesco Rosini pur di Rofrano: ebbe il sostentamento dalla famiglia, ch' è delle più antiche e distinte di Rofrano, dove ha le sue possessioni. Per tradizione si vogliono oriundi di Rofrano i Ruziwi di Venezia. A tempi de'Basiliani Toparchi fu proditoriamente tru cidato Antonio Ronsino in un fondo di famiglia tuttora denomi nato Le Pantane: due suoi figli, fattane virile vendetta , fuor uscirono , e si trasportarono uno a Vico Equense , e l' altro a Venezia. Il ramo di costui fortunò di uomini illustri, tra quali Marco Ruzzini, che per mare diè pruove di gran valore, e Carlo Iluzzini, che nel 1132 giunse al supremo posto di Doge. A que sta tradizione non davasi molto credito, e si pensava originata 66 dal trovarsi il detto Casato e nella pronunzia del Dialetto, ed in carte antiche alterato in Runzino, Ruzino e Rusino. Ma verso la fine del passato secolo D. Giulio Cafasso uomo di molte let tere, dopo essere stato ospite de'Ruzini in Venezia, al ritorno tra noi assicurò, che presso quella famiglia viveva la stessa tradizione. Il Cavaliere Domenico Sofia figlio del Giureconsulto D. Ni cola nacque in Rofrano Fu Segretario della Camera Reale, po sto per lo addietro occupato da' primi letterati di Napoli, indi fu Consigliere, e vicepresidente della Gran Corte de' Conti. Morì in Napoli a' 27 Gennaio 1831. Padovano Guglielmini fu anche da Rofrano, e per la peri zia nella Medicina è celebrato da Raimondo Greco, e da altri autori di quella professione. La sua famiglia delle più antiche e distinte del paese si trapiantò a . Tra Medici, ch'esercitarono la professione in Napoli è a lodarsi Vincenzo Rosini padre del Vescovo di Pozzuoli. Egli era di tale levatura, che alla morte del Medico Gioacchino Poeta potè presedere all' Accademia Medica, che quegli teneva in casa. Esercitò del pari in Napoli la professione di Medico Mi chelangelo Domine figlio, e Nipote di Medici. Tradusse dal Francese l'opera di Potier: promosse col Petruccelli l'uso del Joduro: pubblicò varie memorie, tra le quali una sopra un vo mito orinoso. Ne scrisse la vita un Socio del Congresso Scien tifico. Morì in Napoli a Febbraio 1866. Francesco Rosini fu buon Teologo, ed educatore della Gio ventù. Formò l' Indice Generale alla Storia di Natale Alessan dro, che col suo nome è aggiunto all' edizione Muziana del 1789. Antonio Rosini esercitò in Napoli la professione di Avvo cato. Si han di lui diverse Memorie in istampa. Carlo De Luca fu il primo Giudice di Pace del Circonda rio di Laurito nel Decennio. Valente Teologo , e Canonista fu Diodato Ronsini Arcipre te di Rofrano, Professore di Teologia e Storia Ecclesiastica nel Seminario di Marsico, e Vicario Generale del celebre Monsignor Rernardo Della Torre nella Diocesi di Marsico, e poi di Lette re. Si raccomanda alla posterità non solo per le cognizioni , ma ancora per la illibata Morale. Morì nel 1834 a 14 Ottobre. Nicola Ronsini discepolo del Falconieri, e del Fergola valse nell' Arte del Disegno , e fu Poeta piacevole. Di lui corre ma noscritto un volume di poesie giocose. Nel Decennio gli fu pa rato un trabocchetto da' nemici, che pose a rischio colla sua la vita di quattro fratelli. Fatta la luce, e datigli in balia i de 67 latori dal Generale Compere, si vendicò perdonando tutti. La sua memoria sia in benedizione. Morì nel 1827 a 7 Dicembre. Il Cavaliere Gennaro de' Baroni Tosone fu Ajutante di Cam po del Generale Colletta, e Capitano Quartier Mastro del Depo sito generale. Morì Maggiore a' 24 Marzo 1865 in Napoli. Valenzio Retta fu sacro Oratore capace di supplire nella Cappella Reale il Quaresimalista infermo, e di farsi sentir con piacere. Morì nel fiore degli anni a' 30 Settembre 1801. H Sacerdote Pasquale di Napoli bastava a molte cose ; ma la virtù nascosta è come la ricchezza sepolta nel forziere del l' avaro. Morì ad Ottobre 1796. L' Arciprete Silvestro Morra, ed il Sacerdote Vincenzo Verta meritarono di essere scelti da Monsignor Carafa Esaminatori del Clero. Il Sacerdote Domenico Sofia nella prima metà del passato Secolo lasciò nella Curia Napolitana pruove della sua perizia nella ragion Canonica, e nella Pratica Curiale , e della sua integrità. Istruiti ad esemplari Ecclesiasti per edificazione del popolo si mostrarono nel passato Secolo gli Arcipreti Girolamo Sofia, Michelangelo Rosini, ed Antonio Salerai. ■

CONCLUSIONE

Un Comune, che si presta a svariata coltura, che nulla riceve, e tutto può dare di quanto è essenziale alla vita, do vrebbe dirsi agiato ; eppure depongono il contrario la popolazione ognor decrescente, e l' emigrazione in America sempre in aumen to, emuntorio non salutare, ma spossante. Chi ha bisogno di pane , di' miglior fortuna, di lavoro , o d'altro, emigra per tro varne. La principal cagione, a mio giudizio , è la mancanza di strade non dico rotabili , ma praticabili. Le strade son causa del commercio , ed il commercio dell' agiatezza. In un paese impervio il trasporto delle derrate assorbe il prodotto , e però ritarda l' industria. Imperciocchè sian pure abbondanti le ricolte, quando il prezzo non copre le spese occorse per ottenerle, un languore colpisce le braccia , che si negano all' usate fatiche. Insomma il commercio è quello, che anima tutte le industrie , n' estende il consumo, accresce la produzione, ed assicura l'a giatezza del produttore. Rofrano adunque non potrà fortunare , finchè non gli si apra il commercio con Salerno e Napoli sia per terra, sia per mare. Non gli osta la catena de' monti, che lo circondano. Verso la marina è libero il varco, breve la di stanza, non molta l' elevazione sopra il livello del mare. Verso w Salerno il Rotondo gli apre in Vesoli una gola , per la quale se nel passato Governo si fosse drizzata la linea Salerno-Regio, la Provincia non avrebbe subito la spesa, che sbalordisce, di oltre ottanta ponti nel Cilento , avrebbe avuto l' arteria prima delle vene, e la strada non si sarebbe arrestata a Cuccaro, ma da tanto tempo sarebbe a Regio , ed in communicazione colla Sicilia. Ma per nostra sventura le strade Nazionali , e Provin ciali corrono, girano, s'incrociano per Vallo, Cuccaro, Sanza, , e sempre lungi da noi. A' Baroni despoti delle antiche strade son succeduti Signorotti egualmente Egoisti, di cui non abbiamo la protezione, ed il favoritismo. Il Prefetto della Provincia, è vero, ha promosso la Con sorziale tra noi e Sanza , di cui ha già fatto lo studio il Ca- valier Giustino Pecori. Benchè non sia questa tortuosa linea, e questo sbocco che si richieda a preferenza dal nostro commer cio, l' ascriviamo a gran guadagno , e gliene rendiamo pubbli che e distinte grazie. Il Ministro progetta un' arteria Provincia le tra Cuccaro, e Sanza per agevolar le vene consorziali dei vicini comuni. Se n'abbia maggiori, e più distinti ringrazia-- menti. Ma bisogna attendere 1' approvazione delle Camere , e l' esecuzione di tale arteria prima di pensare alle vene Consor ziali. Bisogna raccomandare agi' Ingegneri che ne faranno lo studio, che cerchino di avvicinarla al possibile ag1' intermedii Comuni, Montano, Laurito, Alfano, e Rofrano ; altrimenti l'ar teria non otterrà il fine inteso dal Ministro di agevolar le con sorziali vene, ma la prima spesa delle stesse, la loro manuten zione, e i debiti di risulta prepareranno nuovi e peggiori im pacci alle meschine finanze di detti paesi , e ne compromette ranno V avvenire. Se queste mie voci perverranno all' orecchio del Governo; chiameranno la sua attenzione su nostri mali , e ne provoche ranno il rimedio, avrò raccolta ampia mercede del mio lavoro.

69 Documento A

Copia. Privilegium concessimi a Me Pio , et Potente Ro- gcrio Rege datum Venerabili Abbati Sanctae Dei Genitricis Cry- ptae Ferratae mense Aprilis Indictione nona an. 6639. Quantum ad ipsas autem literas tenor eiusdem interpetra- tionis sequitur, et est talis, videlicet. Piae Mentis, et Regiae liberalitalis proprium est, ut eos, qui animarum curas habent, et in ìpsis sacrosantis templis nocturnis stationibus, assiduisque orationibus pro Christiano genere, et pro Nostra divino Numine custodita potestate incessanter orant , sincera profundaque per Nos data tranquillitate frui concedatur, eosdemque nullo pacto a quoquam perturbari, aut laedi, aut quovis modo molestari. In- super omnium quaecunque a nostris Praedecessoribus pro anima- rum suàrum salute illis dicata, et a Nobis donata, aut quovis modo ab iisdem acquisita , seu possesssa, obtenta , aut in usu habita corrobora tionem, securitatemque curare, et providere, non mediocriter facit ad salutem. Quocirca Nos in Palatio Nostro Panormitano moram habentes Tibi honorando Religioso Domino Leontio Abbati Sanctae Dei Genitricis Cryptae Ferratae ad Nos profecto, ac supplicanti, nec non aliis Abbatibus futuris huius Monasterii Praesidibus concessimus Ecclesiam Sanctae Mariae Ro- frani sitam in partibus Policastri cum omnibus Granciis, villis, et pertinentiis suis : aures praeterea benignas tuis praecibus in- clinantes, ac supplicationes dignas ducentes, tuas petitiones ad- implevimus. Itaque ut sacrosanctum praefatum Monasteriura in futurum omnibus possessionibus, et hereditatibus, vassallis, prae- diis, reliquisque omnibus, quae apertius infra dicentur , domi li etur, ac sine molestia et perturbatione , impedimentoque sae- culari, stabile, ac flrmum dominium habeat ; nec non et hono- rabiles Monaci in tranquillitate vitam ducant, ac sine perturba tione, impedimentoque saeculari, pro potentatu, et felici Statu Nostro, perpetuo Deum orent ; (non enim convenit, eos qui se mel elegerint Christi optimo jugo colla subjicere , et eius leve onus ferre, mundanis vexationibus gravari ) Nostro aurei sigilli Privilegio corroboramus, firmamusque Sanctae praefatae Eccle- siae, eiusque Praesidi honorando Abati omnia, et quaecumque a Nostro l'elicis recordationis Consobrino Rogerio, necnon eius Alio Duce Gulielmo , ei data , et dicata vel quovis modo attri buita sunt ab illis, et a Nobis et aliis quibusque ipsi Monaste ri o, Tel eius Granciis, et membris, seu pertinentiis, aut in po- sterum donanda, et dicanda erunt , videlicet Fontes , Gampos , Sylvas, nemora, aquaeó/uctus, molenddm, vassallos, et omnia alia 70 quibuscumque dominatur idem Sacrosanctum Monasterìum, et in futurum dominabitur, ut nemini eorum , qui sub nostro Domi nio sunt, cuiuscumque dignitatis, offlcii, aut potestatis sint, ut- pote Militi, Vicecomiti, Marchioni, Cwatili, aut quibuscumque aliis, liceat auferre, aut novitatem aliquam facere in iis, quae possidet, aut dominatur, et ad usumfructum habet, vel in po- sterum habebit praedictum Monasterium. ' Praefata autem Ecclesia iis fmibus terminatur — In primis ab Oriente incipit a Fonte Centawini veluti defluit aqua eius- dem fontis, et ad fluvium tendit ubi lapis designatus nuncupa- tur, et it per quamdam viam, et ferit Timpani quae Marsicana dicitur, et venit ad magnani viam, et ferit Vallonem, qui dici- tur Cmtrvm , et descendit ex ipso Vallone ad pedem Campi , qui de Oliva dicitur, et conjungitur Xerapotamo ; et rursus il- linc ascendit, et ferit alium Vallonem , qui dicitur Praesbyterii Legerii, et cum ascendit per illuni vallonem ferit alium vallo nem qui dicitur Zyngala, et rursus illinc ascendit ad viam pu- blicam Policastri, et extenditur recte per illam viam usque ad suprascriptam lapidem, ab eodemque lapide tendit usque ad Ec- clesiam Vallae, deinceps illinc progredito per Timpas usque ad lacum , qui quidem lacus tempore hyemis aut currit, aut stat, et descendit per aquam ejusdem laci usque ad Magnum fluvium ; in de ascendit per magnum fluvium usque in Vallonem qui dicitur Aqua Sparsa et ascendit rursus usque ad vadum antiquum, et ite- rum revertitur recte usque ad lapidem, qui Cavallaria dicitur, et ab eodem lapide Cavalla/ria scilicet pergit recte per timpam usque ad Campum , qui dicitur Monacorum , illinc vengit ad campum Castagneti, qui dicitur de Pissotanis, inde recte pergit, et ferit timpam nuncupatam de Laurito, ascenditque per eamdem timpam, quae est prope Fugentum per situm Fugenti ex parte, qua aqua descendit, et defluit per spinam usque ad ejusdem Fugenti La- vandaram , et ascendit per eamdem Lavandaram ad timpam , quae de Serra Nigella dicitur et de Serra Nigella pergit ad Pen tium, inde progreditur per pedes Rupis Sanctae Mariae, inde pergit recte usque ad decollatam Castaneolam. Inde progredi tur per Timpam usque ad rupem, quae dicitur de Manzolla. Il linc progreditur ad locum , qui dicitur Fracta ; deinde pergit per timpam deorsum ad vallonem Stirrvpanata nuncupatum , et rursus descendit per eumdem Vallonem,' et ferit fontem, qui di citur De Ortiquita, inde ascendit per eumdem Vallonem, et fe rit Limbricatam , pergit per eumdem montem , et transit per timpam De Oculo , et a timpa De Oculo per marginem . Campi Longi, et ferit Rotmdwm, qui est supra Rufranum Antiquum, 71 a Rotimelo, autem tendit ad Spoleachid, inde ascendens transit ad rupem De Garmentana, Illincque recte per rupem progredi- tur, et ferit ad Despilatum ; et descendit ad viam De Yallibo- na , et per eamdeni viam descendit in spelungam Comitelli , exinde descendit ad stridimi De Sambuco, exinde per capita agrorum Joannis De Villanova , ferit ad illam rupem, quae di- citur De krapito, et descendit in Cruce, quae dicitur Sansae , et inde ascendit usque ad lacum qui dicitur Libanorum, et inde progreditur per medium montem usque ad fontem Centaurini , et sic concluditur, ut dictum est. Granciae vero hujus praesentis Monasterii hae sunt. In pri mis Grancia Sanctae Mariae De Vita , quae est in tenimento , seu territorio Laurini : et Grancia Sancti Zaccheriae, quae est in territorio Diani, et Grancia S. Petri De Tomusso, quae est in territorio Montissani. Insuper Grancia S. Arcangeli, quae est in territorio Camporae, et grancia S. Matthaei, quae est in ter ritorio Policastri, et alia grancia S. Petri in territorio Rebelli, et alia grancia S. Nicolai de Saracusa in territorio Villae Di- dascaliae et grancia S. Nicolai De Benevento, et domus quae- cumque sunt in Porta Nova Salerai, et alia domus in Judaica ejusdem Civitatis Salerni , et Grancia S. Mariae De Siripi in territorio Sansae. Insuper concedimus, confirmamus, ut omnia armenta prae- dicti Monasterii ejusque Granciarum, et omnium absque impedi mento pascantur et sine ulla decimatione vel erbatici vel glan- datici in dicto Dominio Nostro, veluti etiam in Ducis Gulielmi Privilegio continetur. Insuper et hoc confirmamus, sancimus, ut si quis servitor, vel Vassallus a Domino suo saeculari, vel Ecclesiastico aufuge- rit, et in hanc sacram Sedem se contulerit Criminalis, aut cu- jusvis delicti reus a nemine, neque a Domino suo, neque a quo- cutnque Officialium Nostrorum, neque ab aliquo eorum, qui no stra gubernant , extrahi ultionis causa ab ipso monasterio pos- sit ; sed in ipso Monasterio a Venerabilibus Abate, et Monachis ejus delictum examinari debeat, et cum justitia judicari. Haec autem omnia non solum nos sancimus , et firmamus , verum et nostros haeredes successoresque id facere hortamur, ut potè pium, et justitiae consentaneum. Si quis autem reperietur contemnens aut dispiciens nostra jussa, et ea quae superius asseruimus, vel constituimus , aliquo modo vel ratione , nostrani indignationem incurret, et condemnabitur unciis aureis mille, quorum medie- tatem praedicta sacra Sedes habeat, aliam vero medietatem no strum aerarium , et ad pleniorem fidem , et robur horum ora 72 nìura Privilegium hoc Àureo Sigillo mimitum fieri jussimus , et eidem Sacrae Sedi, ejusque Venerabili Abati D. Leontio mense et indictione soprascripti anni 6639 , existentibus nobis in Pa- norme. i Deinde quoad subscriptionem ipsarum litterarum, quae gios- sioribus litteris scripta erat , tenor interpetrationis talis est — Rogerius Pius et Potens in Christo Domino Rex, et Christimo- rum Adjutor — Subsequenter quoad dictiones Graecas in eo la- tere Bullae , seu Sigilli praedicti existentes , in quo Dominus Noster Jesus Christus sedere praedicitur, ejusdem interpretatio- nis tenor hic est — Jesus Christus — postremo quoad dictiones alterius lateris ipsius, talis extat verborum series — Rogerius Pius et Potens in Christo, Christianorum Adjutor.

Questa concessione è ricordata in un' Epigrafe mezzo cor rosa in ghirigori Longobardi apposta nel 1187 alla nicchia che racchiudeva il vetusto simulacro della SS. Vergine sotto il ti tolo di Grotta Ferrata. Fu tradotta dal Greco in Roma ed in serita in nuova pubblica scrittura, ed autenticata nel 1465 In dizione XIII a' 16 Novembre giorno di Sabato, nell'An. II. del Pontificato di Paolo II. La copia conservata nell' Archivio Co munale per Notar Ottone Francesco Martelli di Padula exem- plata est ob originali Instrumento Concessionis factae Venerabili Monasterio Cryptae Ferratae, injuncto, et ligato in principio Pla- teae Venerabilis Monasterii de Montesano.

Documento R

Copia. Die prima mensis Julii Undecimae Indictionis Mil lesimo Quingentesirao Octuagesimo Tertio Rofrani , etc. In no stri praesentia personaliter constitutus Rdus D. Pompeus De Ales sio dictae Terrae, Presbyter, et Archipresbyter Terrae eiusdem, et sponte coram nobis recepit et habuit a manibus et posse Rmi Domini D. Sylvii Galassii U. J. D. Virarti , et Commis- sarii Apostolici Dioecesis Caputaquensis Privilegium Exemptionis Cleri dictae Terrae Rofrani scriptum in Gharta Pergamena con- tinens tenoris sequentis. V. Sylvius Galassus Presbyter U. J. Do- ' ctor in Episcopato et Dioecesi Caputaquensi Generalis Vicarius et Commissarius Apostolicus — Sanctissimus Dominus Noster D. Gregorius XIII Pontifex Maximus super universum Dominicum gregera eius vigilantiae divinitus concreditum Pastoris Vigilan tissimi, et Optimi exercens munus, quod perierat requirit, quod abjectum erat reducit, quod confractum fuerat alligat, et quod

.,Li':. 73 infirmum fuerat consolidai;, et quod pingue et forte custodit, ut pascat oves suas in iudicio. Propterea nihil quidquam praeter- misit , ut Terrae Rofrani Caputaquensis Dioecesis Clerus , qui multis abhinc annis sine capite ab proprio Pastore et Praelato desit , et quod gravius est , et contra divina et fiumana iura , saecularibus Potestatibus, et Dominis subjectus extitit, ad pro- prium suum Pastorem et Praelatum, nempe ad Episcopum Ca- putaquensem (1) rediret, eiusque vocem agnosceret, abususque tam perniciosus et absurdus oranino tolleretur , quemadraodum Dei gratia est sublatus prorsus, a Saecularium Dominorum idem Clerus liberatus fuit. Cum igitur eius Sanctitas ex nostris lit- teris ad Ulmos et Rroos Gardinales Episcoporum iurisdictioni Praepositos superioribus proximis diebus intellexerit V.t Rdos Presbyteros, Diaconos, Subdiaconos et Clericos eiusdem Terrae Rofrani una cum mag. universitate , et hominibus post tot an- nos proprii, et peculiaris Pastoris vocem audivisse, Nobis, uti Ordinario Caputaquensi, et per nos Reverendissimo Domino Lau- rentio Belo , moderno Episcopo Caputaquensi , eiusque Vicario pro tempore existenlibus , omnem reverentiam , et obedientiam pluries exhibuisse, iurasse, et praestitisse, ac omnis bumilitatis, benevolentiae, ac humanitatis signis Nos excepisse, et tamquara suum Ordinarium, et Superiorem recogfiovisse, uti Glementissi- ruus et benignissimus omnium Pastor , et Princeps praestitam obedientiam in primis laudavit, et commendavit, deinde voluit quoque illam singularibus gratiis, et favoribus prosequi, ut sci- Jicet ullo unquam tempore Clerus praedictus Rofrani Caput.sis Dioec. praefato Rmo moderno Episcopo Cap. si , cui subjacet , neque aliis eiusdem successoribus Episcopis teneatur solvere ali- quam impositionem, vel subsidium in futurum imponendum, sed omnino ab huiusmodi impositionibus, et subsidiis in futurum im- ponendis liberum, exemptumque esse, nobisque injunxit, et man- davit, ut super gratia , et exemptione huiusmodi publicum de cretimi interponamus , illudque in publicam formam redigi fa- ciarmas , prout patet ex litteris Illmi et Rmi Cardinalis Maffei ad nos Sanctitatis Suae nomine scriptis, quorum tenor talis est. Foris al Rdo Signore Vicario Apostolico di Capaccio — Capac cio — Intus vero — Rdo Signore , è stato molto caro a questi (1) Rofrano era stato sotto la giurisdizione spirituale degli Abati di Grot- tafetra ; ma la collazione degli Ordini Maggiori, la consacrazione delle Chièse la benedizione del sacro Crisma , ed altre facoltà oltre le dette Ordinis Epi scopali* eran riserbate al Vescovo di Capaccio ed in questa Badia e nelle al tre dieci e dodici , eh' eran dentro la Diocesi. Gli Abati mitrati per segno di soggezione pagavano alla Mensa Vescovile un certo annuo censo, ed eran tenuti ad. assistere al Pontificale , che il Vescovo celebrava in Capaccio Vecchio nel secondo giorno di Pasqua, e le loro Chiese soggette alla S. Visita. 7» miei Signori Itimi d' intendere, che si sia fiuto così bene il ne gozio di Rofrano, ed hanno voluto dar parte a Sua Beatitudine M quanto ci scrivete, la quale ha parimenti sentito volentieri, che sia levato affatto quell' abuso sì grande, che vi era, e si è maravigliata, che sia stato tanto tempo sopportato dal moderno Vescovo, e suoi Antecessori, ed in ricognizione dell' ubbidienza, che quel Clero vi ha data , vuole Sua Santità, che facciate un Decreto, che mai sia tenuto di pagare al Vescovo presente, né a quelli che saranno di Capaccio alcuna imposizione , o sussi dio, che si volesse mettere per l' avvenire , così dunque esegui rete facendone atto pubblico, e state sano — Di Roma li 10 mag gio 1583 — Di V. Sig.a Rda Come Fratello il Cardinal Maffei. Quopropter Nos Sylvius Vicarius, et Commissarius Aposto- licus, qui supra , volentes , ut par est , Apostolicis Sanctitatis Suae parere mandatis , auctoritate nobis vigore supradictarum litterarum commissa decernimus, et declaramus praefatum Rdum Clerum Terrae Rofrani non teneri, neque obligatum esse ad sol- vendum, vel praestandum Rmo praesenti Episcopo Caput. i, nec aliis futuris Episcopis Caput.bus, eiusque successoribus aliquam impositionem, vel subsidium in futurum imponendum , sed di- ctum Clerum esse oranino liberum, et exemptum a quacumque impositione, et subsidio de coetero imponendo, prout illum non teneri, neque obligatum esse ad aliquam impositionem, vel sub sidium in posterum imponendum, solvendum, aut praestandum moderno Episcopo Caputaq.si eiusque successoribus, sed libe rum, et exemptum esse ab huiusmodi impositione , et subsidio decernimus, et decretamus omni meliori modo. In quorum om nium et singulorum fidem praesens publicum Decretum, ut su pra, propria manu subscriptum Sigilloque Nostro munitum per infrascriptum nostrum Cancellarium fieri, et subscribi fecimus. Datum Diani A. D. Millesimo Quingentesimo Octuagesimo ter- tio, Indictione undecima, die vero decima sexta m.s Junii. Pon- tificatus in Christo SSmi Patris et Dni Nostri D. Gregorii Di vina Providentia Papae XIII : Anno eius Duodecimo — Sylvius Galassus Vicarius, et Commissarius Apostolicus Caputaquensis. Lucas Antonius Rubeus Cancellarius. Fidem fa cio, et testor Ego Lucas Antonius Rubeus de Prae- cepto status Forentilli publicus Apostolica auctoritate Notarius et Cancellarius supradicti Rmi Domini Sylvii Galassi Vicarii, et Commissarii ApostoUci Caputaquensis praedictum Decretum fuisse ab ipso Rmo Vicario, et Commissario Apostolico sub die decima sexta m.s Junii 1583 Diani latum, prout in praesenti Privile gio exemptionis, et per me Notarium et Cancellarium supradic 75 tum sub die vigesima dicti m.s Junii in piena, et publica Sy- nodo Dioecesana Caputagnensi de' ordine et commissione eiusdem Rmi Domini Diani celebrata, et praesentibus pro testibus Rev- dis Dominis Claudio Blanco Arcidiacono, Mattia Troisio Terrae Laureni Cantore Cathedralis Ecclesiae Caputaquensis, Abate Bar tolomeo Helio Terrae Cuccari , Fabio Marresio Archipresbytero Dianensi, ac Thoma Pirrone Archipresbytero Pattani , lectum , latum et publicatum frisse , et esse propria ipsius manu Rmi Domìni subscriptum, eiusque soliti sigilli appensione munitum. Datum ut supra, et ad maiorem cautelam Ego Lucas Antonius Ru- beus Notarius, qui supra, meum solitum signum et consuetum apposui. Locus Signi. Lucas Antonius Rubeus Cancellarius. Lo- cus signi, et sigilli pendentis. Quod quidem praeinsertum Privilegium, ut supra consigna- tum et receptum, dictus Reverendus Dominus Pompeus promis- sit tenere, custodire, et conservare bene, fideliter, et legaliter ad opus et instantiam dicti Reverendi Cleri, et successorum, et quorum, et cujuslibet interest, et interesse poterit quomodolibet in futurum , et dictum Privilegium consignare cui , vel quibus fuerit ordinatum. Pro quibus omnibus observandis dictus Reve rendus Dominus Pompeus consentiens prius in nos etc. sponte coram nobis, et dicto Reverendo Domino Sylvio, ut supra, Vi cario et Commissario Apostolico obligavit se etc. bona sua om nia dicto Clero praesenti etc. sub poenam et ad poenam uncia- rum auri vigintiquinque etc. Reverendo etc. Cum potestate ca- piendi etc. Constitutione precarii, etc. renunciavit, et juravit — Praesentibus Petro Antonio del Garzo Regio ad Contractus Ju- dice Reverendo Domino Quintiliano Della Crita, Domino Andrea Corona Terrae Sansiae, Augustino Carello Terra e Roccae Glorio- sae, magnifiois Petro Antonio, et Alfonso Guglielmino , et Ma gnifico Santoro Nadeo Terrae Rofrani. Extracta est praesens copia a Protocollo quondam Notarii Michaelis Vallone Terrae Rufrani, Provinciae Principatus Citra Dioecesis Capataquensis , qui penes me conservatur , cum quo facta collatione concordai;, melìori salva semper, etc. Et in fidem Ego Notarius Franciscus Barbella Terrae Casellarum de eadem Provincia hic meum solitum apposui signum rogatus. Locus signi.

Documento C.

Gaetano Passarelli, Dottor di ambe le leggi, Professor di Sacra Teologia, Canonico Cantore, seconda Dignità della Chiesa Cattedrale di Capaccio, ed Abate della Real Badia di S. Maria I

di Grottàferràta di Bofranó. All'Arciprete, e Clero di Rofrano salute nel Signore. Fin dal momento, che per Sovrana Clemenza ci fu confe rita la Real Badia di S. Maria di Grottaf errata di Rofrano, non isfuggì alla nostra conoscenza tutta l' estensione de' doveri, che la Dignità c'imponeva. Fra le nostre cure le prime furon di rette a ripristinare la Chiesa nel suo antico splendore, e ven dicarla da quegli oltraggi, che per l'ingiuria de' tempi con suo grave detrimento aveva sofferto. Non ignorate, che lasciando sem pre a beneficio della Chiesa quella parte di rendita, che in co testo Comune esisteva promettemmo di aumentarla in momenti più favorevoli, senza trascurare intanto de' soccorsi, che le cir costanze ci permisero. In questo stato di cose i Beni apparte nenti alla detta R. Badia per effetto di alcune straordinarie com binazioni riceverono diversa destinazione. Privati per lungo tempo delle rendite , che ci appartenevano restammo con nostro gran dolore inabilitati ad un bene maggiore. Ma Dio che mortifica, e vivifica, e vuole sempre adorati i suoi imperscrutabili Decreti, dispose che dall' istessa mano, che ci vennero tolti, ci fossero stati in parte restituiti. Appena dopo tale restituzione, sistemato quanto ci riguardava in ordine all' amministrazióne, e percezione della rendita, abbiamo creduto proprio di occuparci della piena ese cuzione delle nostre prime intenzioni col provvedere per l' av venire in una maniera sicura, e stabile al decente mantenimento della Chiesa, e compensare il Clero del servizio, che alla me desima presta, e dal peso per la celebrazione delle Messe an nesse alla già detta R. Chiesa. A tal' effetto tenendo presente l' attuale stato della rendita, e li principii di moderazione in di versi rincontri manifestatici, ci siamo determinati a confermare il godimento di quelle rendite, che si sono finora percepite, ed a farvi ancora altro assegnamento, per quanto da noi dipende, di tutti li beni e rendite restituite, ed esistenti in Rofrano, Al fano, Torre Orsaia, Policastro, e casali di S. Marina, , S. Cristoforo, non che Bosco e Rocca Gloriosa, come quelle che son più vicine alla detta R. Chiesa, e perciò di più facile Am ministrazione e percezione , all'oggetto di essere percepite , e dedotti li pesi fiscali , addirne una parte pel decoroso mante nimento della R. Chiesa , come conviene alla casa di Dio , e l' altra per egualmente ripartirsi tra il Clero , laddove egual mente ancora, come finora si è praticato , ne sodisferà i pesi, e presterà l' assistenza a tutte le sacre funzioni, che nella me desima si celebrano , e vi si trovano stabilite. Lasciamo sola mente a nostro carico per particolare divozione Y occorrente per 77

la festività della Beatissima Vergine di S. Maria di Grottafer- rata titolare di detta R. Chiesa , che si celebra nell' 8* giorno di settembre di ciascun anno. Ed affinchè l'Amministrazione di dette rendite sia nella maniera , che desideriamo e possa sempre più vantaggiarsi, ci riserbiamo di affidarla, quando lo crederemo convenire, ad una Commissione composta per dritto dall'Arciprete della sudetta R. Chiesa, da un Sacerdote, che sarà eletto dal Clero per se greti suffragi , e da un' altro , che dallo stesso Clero sarà no- mitato da noi, ed intanto sarà amministrato dal Procuratore del Clero attualmente in esercizio. La durata delle loro funzioni sarà quattro anni , ad eccezione dell' arciprete. Uno dei due eletti Ecclesiastici n' eserciterà per un' anno la procura a vicenda , cominciando dal più degno, coli' obbligo di rendere in fine del l' anno a Noi un conto Morale della loro amministrazione , e darci conoscenza de' migloramenti fatti, e di quelli che si pro porranno di eseguire sulli fondi assegnati. Siccome ci riserbia mo di migliorare l' assegnamento, e di occorrere a delle spese da casi estraordinarii prescritte ; così ci riserbiamo ancora ogni altra disposizione e per bene della detta R. Chiesa , e per la gloria di Dio. Concediamo a tale effetto tutte le facoltà , che son necessarie, e che godiamo noi stessi per tale amministra zione di beni, e percezion1 di rendite da decorrere da Agosto 1816 in poi per }' uso indicato, e nel modo stabilito. E perchè costi ove convenga, ne abbiam dato la presente nelle forme le gali , e sottoscritta di nostra propria mano. Dato in Napoli li 24 Giugno dell'anno del Signore 1817. Gaetano Passarelli Abate di Rofrano. Assegnazione di rendita come sopra. Reg. a Laurito li 10 Gen. 1828, al Reg. 2. vo1. 4. fol. 36 retto N.° prog. 1. casel. terza — Dritto grani 20. Ric. Speranza. Visto del Giudice Lombardi. I

I Errori Correzioni

8 Linea 9 posson possan 6 18 Galbison Gelbison 7 18 batulum Batulum 7 ultima linea Note 0 Tarpeja e Tarpeja 8 quarta linea Note birche bische 8 Iin. undici Note urine urinae 8 linea 23 Saranetis Samnites 8 » 24 ob ab 11 » 42 Fasanello Fasanella 13 » 11 delle detto 15 » 27 paterno Paterno 15 » 34 Remitorio Romitorio 22 » 13 Pacooe Paccone 23 » 17 Galla Gatta 24 » 24 proposto proposta 26 » 20 preverbum per verbum 25 » 23 Gamonte Comonte 25 •> 30 A relio Aurelio 27 » 41 Favolarlo Tavolano 29 » 20 dal del 30 » 17 astia ostia 32 » 38 Papai Papa 34 » 26 1830 1880 29 » 6 pivate private 80 » 26 emeotici emetici 60 » 36 Pollarrito Polarrito 63 » 28 seana scana 64 » 15 gromio greraio 64 » 23 Fireaze Firenze