DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

I GIUDICI ITINERANTI

La creazione di queste figure inizia con Enrico I (1100-1135)

e la costituzione di un gruppo di giudici – che si contrapponevano a quelli delle Contee – che facevano parte della Curia Regis e potevano amministrare la giustizia in tutto il Regno. Prendono perciò il nome di Justitiarii regis totius Angliae o capitales Justitiarii o Justicarii errantes o itinerantes

Dopo il Regno del normanno Stefano (1135-1154), caratterizzato da una guerra di successione con la cugina Matilde e dalla cessazione delle visite del Re nelle contee, DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Si accumularono le cause relative alla proprietà di terre e si moltiplicano i ricorsi al Sovrano per ottenere una giustizia definitiva.

Enrico II, il Plantageneta (1154-1189) nella Costituzione (Assize) di Clarendon, del 1166, e composta da 16 articoli,

-rafforzò le competenze dei tribunali regi centrali e dei giudici che si spostavano per le contee

-introdusse la “Giuria di presentazione” (Jury of Presentment) – composta da dodici giurati per ogni centena – che doveva denunciare i reati cui venivano a conoscenza e gli imputati venivano sottoposti all’ordalia dell’acqua e anche nel caso si fossero salvati, venivano condannati all’esilio.

Nel 1176, Enrico II, durante il Gran Concilio di Northampton, divide per le questioni giudiziarie e fiscali in sei circuiti, a ciascuno dei quali sono assegnati tre giudici itineranti.

Con la Magna Charta (clausola 18), due giudici vengono inviati in ogni contea quattro volte all’anno, che si riduce a una visita annuale con Enrico III, riducendosi a una sola DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 volta ogni sette anni per poi cessare sotto il regno di Edoardo I (1272-1307) Fin dalla costituzione, i giudici itineranti si riunivano a Westminster.

IMPORTANZA PER LO SVILUPPO DEL COMMON LAW delle decisioni che i singoli giudici adottavano e che venivano discusse come soluzione di casi per il futuro. una comune ispirazione giuridica

Alla medesima inclinazione della Corona verso una politica di riduzione degli spazi giuridici dei poteri feudali

I numerosi parliamenta locali, riuniti dal sovrano nel corso dei suoi circuiti per amministrare gli affari del regno, erano gli antesignani dell’assemblea che, dal tardo XIII secolo in poi, avrebbe tenuto le proprie adunanze nelle adiacenze dell’abbazia di Westminster dando vita al Parlamento nazionale.

Per quanto concerne le carte delle libertà, quelle emanate da Enrico Beauclerc nel 1100 e da re Stefano alla fine del XII secolo preparavano la ben più celebre Magna Charta libertatum del 1215, destinata a trasformarsi nell’archetipo di tutte le carte dei diritti inglesi ed europei.

L’affermazione delle libertà e lo sviluppo dell’istituto parlamentare procederanno di pari passo per circa sei secoli dopo la scrittura della Magna Charta.

Se il 1265, anno in cui l’assemblea parlamentare fu riunita in assenza del re per iniziativa di Simon de Montfort, è convenzionalmente considerato la data di nascita del Parlamento inglese, di certo più indicativa e scevra da ogni DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 mitizzazione celebrativa è la data del 1297, allorché il riformatore Edoardo I (1272-1307) I emanava la Confirmatio Chartarum che richiamava i numerosi cataloghi dei diritti emanati dalla Magna Charta in poi.

Il medesimo monarca inoltre fissava definitivamente la composizione «modello» del Parlamento in due cavalieri per ogni contea (unità amministrativa posta sotto il diretto controllo della Corona) e due borghesi per ogni città che fosse dotata della franchigia derivante dalla concessione di un royal charter e si obbligasse a versare tributi al sovrano.

Inoltre, per ribadire il collegamento tra la rappresentanza parlamentare e la capacità contributiva, con lo Statutum de tallagio non concedendo lo stesso Plantageneto dichiarava il principio del No Taxation without Representation,

I. - Nessuna taglia o contributo sarà imposta o prelevata da noi e dai nostri successori, nel nostro regno, senza la volontà e il comune assenso degli arcivescovi, vescovi ed altri prelati, conti, baroni, uomini d'arme, borghesi ed altri uomini liberi del regno nostro.

II. - Nessun ufficiale sia nostro sia dei nostri eredi potrà confiscare grano, lane, cuoi ed altri oggetti da chiunque, senza la volontà ed il consenso di colui al quale questi oggetti appartengono.

III. - Nulla sarà prelevato sui sacchi di lana a titolo di angheria o qualsiasi altro.

IV. - Vogliamo inoltre, ed accordiamo per noi ed i nostri successori, che tutti i chierici e i laici del nostro regno DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 godano di tutte le loro leggi, libertà, libere consuetudini, così pienamente e interamente come hanno fatto allorquando questo godimento è stato il più pieno e il più intiero. E se noi e i nostri successori avremo a fare statuti o ad introdurre usi contrari a queste libertà, o a qualche articolo del presente statuto, noi vogliamo e decidiamo che tali statuti ed usi siano nulli e senza effetto per l'avvenire.

il medesimo principio invocato dagli Americani della seconda metà del che, ignorato dai Britannici, sarebbe stata fra le cause della rivoluzione nelle colonie.

Il Seicento fu il secolo in cui si verifica il trionfo politico e costituzionale del Parlamento.

Sebbene non fossero mancate in precedenza sanguinose contese feudali (infine sfociate nel dissanguamento dell’antica aristocrazia baronale con il conflitto dinastico delle Due rose), la guerra civile del 1642-51 fu l’evento che impresse una radicale cesura a una evoluzione costituzionale nel decennio che separò lo scoppio delle ostilità (1642) dall’instaurazione di un effimero regime repubblicano (1649) si possono distinguere invero due fattori di destabilizzazione delle istituzioni del regno inglese: la prima (1642-46) oppose direttamente il Parlamento alla Corona la seconda (1646-49) culminante con il processo e l’esecuzione di Carlo I, cui fece seguito il colpo di mano di Cromwell che decimò il «Lungo Parlamento» mai sciolto dal 1640.

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Influenza dell’utopismo politico e del movimento puritano che si opponeva al potere del Re e della Chiesa anglicana sorta dall’Act of Supremacy emanato nel 1534 da Enrico VIII,

Le premesse della Rivoluzione trovano fondamento in alcuni avvenimenti di interesse costituzionale

La decisione del King’s Bench sul Case of Proclamation del 1610, durante il Regno di Giacomo I (1603-1625) che definì alcune limitazioni delle PREROGATIVE REALI, fra cui il potere di fare le leggi soltanto attraverso il Parlamento.

la Petition of Right del 1628 (con cui il Parlamento tentava di impegnare il re a un definitivo rispetto delle antiche libertà del regno) e il Triennial Act del 1641 (che fissava per la prima volta la durata della legislatura nell’intento di sottrarla all’arbitrio dello Stuart).

La seconda e non meno traumatica tappa del conflitto sfociava nell’abbandono della forma monarchica e nell’instaurazione del Commonwealth repubblicano (1649), vera e propria forma di governo a carattere presidenziale – ma in realtà una dittatura della parte del Parlamento posto sotto il diretto controllo di

Oliver Cromwell (1599 – 1658), Lord Protector della Repubblica del Commonwealth of England, dal 1653 sino alla morte

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e garantito dal New Model Army, primo esercito professionale organizzato nel 1644-45 in forza di un’apposita ordinanza parlamentare – la cui forma scritta sarebbe stata infine sanzionata con l’Instrument of Government prima e unica carta con valore costituzionale mai adottata in Inghilterra e in vigore dal 1653 al 1660 (anno in cui, con l’avvento al trono dello Stuart Carlo II, si inaugurava la Restaurazione).

Dopo il puritanesimo, la seconda delle rivoluzioni seicentesche era invece espressione della ricomposizione del paese nel bipolarismo dei tories e dei whigs, fazioni unite nella comune accettazione della monarchia quale base del potere DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 pubblico, ma distinte, e spesso contrapposte ferocemente in dure contese non più armate bensì parlamentari, per la rispettiva preminenza della potestà regia e del potere del Parlamento.

Con la denominazione di tory, nella vita politica e parlamentare dell'Inghilterra si distinse la corrente dei partigiani del re, della chiesa anglicana, delle tradizioni della proprietà fondiaria e del ceto rurale, in contrapposto con la corrente whig rappresentante la resistenza al sovrano, il principio di tolleranza religiosa, la città di Londra, le ambizioni e gli interessi di carattere commerciale, marittimo e coloniale.

Sulle sorti del sistema parlamentare seicentesco avevano del resto vegliato per l’intero secolo i giudici, ormai indiscussi custodi della common law:

se nel corso della prima rivoluzione emergeva la grande figura di Edward Coke, magistrato delle più alte corti, legista e autorevole esponente del partito parlamentare, estensore della Petition of Right e autore nel 1628 degli Institutes of the Laws of England, allo snodo di fine secolo le magistrature dichiaravano, non senza una vistosa forzatura giuridica che comunque aveva lo scopo di agevolare il processo di definitiva istituzionalizzazione del potere parlamentare, l’abdicazione del fuggitivo Giacomo II.

Questa pronuncia scongiurava una nuova guerra civile DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 e attribuiva fluidità alla grande svolta costituzionale che poneva fine alla Restaurazione degli Stuart. gli eventi del 1688-89 costituzionalizzavano il medesimo tipo di conflitto che qualche decennio addietro aveva prodotto la «Grande ribellione», realizzando la Gloriosa rivoluzione.

Alle due fasi rivoluzionarie si accostavano due importanti momenti di sintesi intellettuale, dei quali i maggiori interpreti furono rispettivamente il

Thomas Hobbes autore di spregiudicate analisi dei rapporti tra individuo e istituzioni (De Cive), dell’obbligazione politica come origine del potere supremo (Leviathan) e dei drammatici effetti della guerra civile (Behemoth),

John Locke dei Two Treatises of Government, opera che alla svolta del secolo rivelava uno spirito contrattualistico orientato verso le prospettive del governo misto.

Un diffuso spirito contrattualista dominava pertanto la lunga transizione parlamentare del Settecento, secolo per la gran parte privo di evidenti accelerazioni costituzionali ma non per questo meno vitale per lo sviluppo delle istituzioni parlamentari perché è in questo lungo torno di tempo che la monarchia costituzionale si trasformava in monarchia parlamentare e, con il lungo periodo di potere

(1721-42) del whig Robert Walpole, esprimeva la moderna figura del premier.

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Nel 1688 un accordo politico tra i tories e i whigs aveva portato sul trono il protestante olandese Guglielmo d’Orange, che si impegnava a sottoscrivere il Bill of Rights.

Con ciò le due fazioni parlamentari vincolavano il nuovo re all’osservanza dei diritti dei suoi sudditi e, su tale base, davano forma ad alcuni fondamentali documenti costituzionali della storia inglese, tutti invariabilmente di natura pattizia. così, appunto, il Bill of Rights

(ultimo e definitivo riepilogo delle libertà sanzionato dal Parlamento e non più assoggettato alla grazia sovrana del monarca: contemporaneamente anche la Scozia presbiteriana si dava un Claim of Right, tuttora vigente) e, nel 1701, l’Act of Settlement che fondava una nuova forma di governo basata -sulla successione protestante al trono, -sui privilegi parlamentari -sull’inamovibilità dei giudici.

Prodotti di analoghi contratti politici erano il Bank of England Act (1694) che siglava il patto fra Parlamento e alta finanza; il Treaty (o, secondo i parlamentaristi di Westminster, Act) of Union del 1707 e il Septennial Act (1716) che elevava la durata della legislatura consolidando l’immagine di un Parlamento autoritario e privo di freni. DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Il fondamentale quesito costituzionale posto dall’instaurazione del contrattualistico revolution settlement emerso dagli eventi rivoluzionari e destinato a seguire le linee di una lunga evoluzione che si protrarrà fino alla grande riforma elettorale del 1832 e alla svolta pienamente liberale delle istituzioni, concerneva la collocazione della sovranità quale corollario della nuova organizzazione del potere.

Luogo della sovranità diventava definitivamente il King in Parliament, figura complessa che derivava da antiche configurazioni medievali e che, in epoca moderna, si proponeva come una corporation giuspubblicistica o come un trust nel quale l’autorità della Corona si riuniva virtualmente, ma con effetti costituzionali di suprema concretezza, con i due rami del Legislativo di Westminster.

Molto più tardi, in alcuni memorabili passaggi della sua Introduction to the Study of the Law of the Constitution (apparsa in diverse edizioni tra il 1885 e il 1915), il costituzionalista oxfordiano Albert Venn Dicey avrebbe definitivamente sciolto la riserva a favore dell’asse parlamentare: senza disconoscere l’effettualità giuridica dell’antico trust, che tuttora occupa uno spazio concreto nell’ordinamento costituzionale del Regno Unito,

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Dicey consacrava infatti la dottrina della sovereignty of Parliament.

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Con questa autorevole sintesi di fine Ottocento, che traghettava la percezione costituzionalistica verso la svolta del vittorianesimo e tentava di poggiare su basi stabili una dottrina che si apprestava a far fronte alle molteplici dimensioni della crisi edoardiana (di fatto, le categorie diceyane hanno condizionato l’intero pensiero dei constitutional lawyers britannici del XX secolo) si gettavano le fondamenta del diritto costituzionale contemporaneo. Ma prima di Dicey gli sviluppi del sistema erano stati descritti con molta efficacia argomentativa da Walter Bagehot, al quale si deve la distinzione fra dignified ed efficient Constitution: la prima luogo della tradizione e, se si vuole, dell’antiquariato istituzionale, la seconda sede della trasformazione e della novità. Nel sistema di governo medio-vittoriano, che era l’oggetto dell’imperitura opera di Bagehot The English Constitution (1867), ancora molte erano le persistenze costituzionali di antica origine ereditate dalle precedenti generazioni, ma alcuni forti dinamismi già avevano determinato profonde metamorfosi. Questi mutamenti epocali erano prodotti dalle riforme elettorali (dapprima il Great Reform Act del 1832, promosso dal whig Lord Grey; e quindi i Reform Acts del 1867 e del 1884, voluti rispettivamente dai conservatori populisti ispirati da Disraeli e dai liberali guidati da Gladstone, fino a giungere nel 1919 al suffragio universale maschile), dalle prime legislazioni sindacali e sociali (nel 1876 il Trade DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Union Act legalizzava i sindacati), dai ripetuti fallimenti dei progetti di legge elaborati dai liberali per l’autonomia (home rule) dell’Irlanda, dalle grandi riforme del sistema giudiziario di common e di Scots law (Judicature Acts del 1873 e del 1875). Queste e altre riforme mutavano il volto dell’ordinamento britannico, ma l’evoluzione per l’intero secolo della forma di governo «di gabinetto», focalizza to intorno alla figura del premier e della sua squadra di governo, era l’autentico formante dell’intero sistema e l’elemento più genuinamente evolutivo del sistema costituzionale britannico (nessuna statuizione di legge ha mai previsto né formalizzato la premiership, tant’è vero che ancora in piena età vittoriana si tendeva a negarle, contro ogni evidenza, la natura di istituzione del sistema costituzionale del Regno Unito). Oggi la sopravvivenza delle forme istituzionali della dignified Constitution ha subìto gravi colpi non per via evolutiva bensì per effetto di una sequenza di interventi di diritto positivo. Con la devolution si è creato un sistema di assemblee decentrate (in Scozia, Galles, Irlanda del Nord e nella Greater London) delle quali almeno una, il Parlamento scozzese istituito con lo Act 1998, legifera regolarmente ed esprime una posizione normativamente dialettica rispetto a Westminster. La storica figura del Lord Chancellor, che un tempo era il confessore del monarca e in seguito un influente ministro DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 di Stato (e che per diversi secoli ha operato quale organo a fisionomia ibrida assommante in sé i ruoli di autorevole membro dell’Esecutivo, di esponente di vertice delle magistrature del regno e di attivo presidente della Camera dei Lords), è stata abolita con un semplice tratto di penna governativo per effetto del Secretary of State for Constitutional Affairs Order 2003. Con lo House of Lords Act 1998 la stessa Camera dei Pari, a esito di un dibattito ultrasecolare che alla fine del Settecento era stato inaugurato dai riformisti giacobini inglesi e che si era significativamente rinforzato nell’ultimo snodo del vittorianesimo a causa di alcuni memorabili scontri con la Camera dei Comuni, è stata radicalmente riformata nella sua composizione, risultando oggi ridotto a un esiguo quel vistoso retaggio del passato che era costituito dai Pari ereditari. Con il recente Constitutional Reform Act 2005 ha preso corpo l’istituzione di una Supreme Court quale altra istanza di giurisdizione costituzionale. E, volgendo a questo punto lo sguardo ai dinamismi del convenzionalismo costituzionale, nonostante la sopravvivenza di alcuni poteri di Royal Prerogative (che sovrintendono, tra l’altro, al regime giuridico del pubblico impiego), lo stesso ruolo della Corona, del quale nel pieno fulgore DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 dell’età vittoriana Walter Bagehot non esitava a svelare la natura prevalentemente cerimoniale, è oggi poco più che simbolico: molti atti di alto profilo costituzionale o che non si esiterebbe a definire «di indirizzo politico», come lo scioglimento della Camera dei Comuni, la nomina dell’Esecutivo e la lettura del Royal Speech all’inaugurazio del paese, ma le fondamentali opzioni politiche che li presuppongono e che ne formano il contenuto sono inesorabilmente nelle mani del premier. Per quanto riguarda l’efficient Constitution, di certo la crescente personalizzazione del ruolo del primo ministro e lo sviluppo del sistema dei partiti sono stati i grandi motori dello sviluppo di tipo convenzionale dell’intero sistema di governo. Essi hanno prodotto i loro effetti dapprima nell’età liberale e nel quadro della grande transizione post-vittoriana, ossia nell’arco di tempo che, partendo dalla riforma elettorale del 1832, si considera idealmente concluso con l’aspro scontro sorto fra la Camera dei Comuni e la Camera dei Lords sulla questione del bilancio proposto nel 1909 da Lloyd George, e dal quale scaturirono il e con esso l’instaurazione di un bicameralismo non più paritario. In seguito, altri effetti evolutivi si sono concretizzati negli anni dello Stato sociale e della c.d. «collettivizzazione» della sfera pubblica, nonché dell’affermazione di un ferreo bipolarismo partitico. Punto di snodo fra questi grandi scenari epocali è stata la fase di rapido mutamento dell’identità DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 costituzionale che s’era aperta con il trapasso dell’età vittoriana (1901) e che sfociava infine nel coinvolgimento britannico nel primo conflitto mondiale (1914), nel declino dell’Impero e in una crisi degli equilibri tradizionali del Cabinet system che si sarebbe risolta solamente nel secondo dopoguerra con l’avvento del party government retto da un rinnovato bipolarismo politico. Se l’Ottocento liberale e l’epoca vittoriana erano stati caratterizzati dagli effetti d’onda lunga della rivoluzione industriale che aveva mosso i suoi primi passi nella metà del XVIII secolo (e della quale l’Adam Smith autore nel 1776 della Wealth of Nations aveva osservato i primi effetti sul sistema economico), il Novecento britannico si pone sotto l’egida del welfare state, vera e propria forma complessa di organizzazione del potere che configura una vera e propria forma di Stato la cui realizzazione demarca il definitivo superamento del liberalismo. Se considerata sotto il profilo dell’apparato di governo, una estrinsecazione peculiare del welfare state britannico è la crescita della struttura dipartimentale dell’Esecutivo (nuovi ministeri come quello della sanità, dell’industria e commercio, delle politiche occupazionali, dell’ambiente ecc., si sono aggiunti a quelli tipici degli essenziali gabinetti liberali) e, più in generale, del civil service o pubblico impiego DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

(oggi sotto il controllo amministrativo e politico dell’Esecuti vo). Come conseguenza, infine, del maggior attivismo governativo, il welfare state ha registrato un considerevole incremento della legislazione parlamentare e, come sua pragmatica integrazione, della legislazione delegata e degli Orders in Council prodotti dall’Esecutivo.

FORMA DI STATO Constitution conservano tuttora la loro validità soprattutto nei punti in cui esse individuano i meccanismi che animano dall’interno un sistema di governo nel quale la forma costituzionale è la risultante delle trasformazioni politiche, e non il contrario. Manca tuttavia nel pensiero costituzionalistico di matrice inglese una dottrina dello Stato: operazione intellettuale, questa, che evidentemente era considerata superflua in un sistema che aveva realizzato i propri equilibri nazionali e che, con l’ingresso nella modernità liberale, si incardinava entro le coordinate della statualità minima. È a partire dalla grande sintesi operata da Albert Venn Dicey nella Introduction to the Study of the Law of the Constitution che gli elementi della forma di Stato si possono considerare enucleati nella loro più autentica fisionomia costituzionalistica e come tali oggetto di indagine da parte della cultura giuridica: non a caso, infatti, Dicey è considerato il fondatore del moderno diritto costituzionale britannico e il suo pensiero forma DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 tuttora una preziosa eredità per i constitutional lawyers del Regno Unito. Il «dominio della legge» (rule of law) e la sovranità parlamentare (sovereignty of Parliament) sono i due fondamentali principi su cui, secondo Dicey, si regge l’ordinamento costituzionale: sul loro riconoscimento così come sulla loro confutazione si basa l’intera dottrina giuspubblicistica britannica dell’ultimo secolo. Solamente con una certa approssimazione la nozione di rule of law può essere resa ricorrendo alle formule, più familiari al costituzionalista europeo-continentale, dello «Stato di diritto» o del Rechtsstaat: le quali peraltro ne condividono alcuni presupposti valoriali. Infatti, nonostante non si possa ignorare che nel Regno Unito sussista di fatto e di diritto una statualità dai caratteri politici ben delineati (per esempio, prima che vi trovasse realizzazione la devolution, il Regno Unito era definito uno Stato fra i più centralizzati dell’Unione Europea; e ben evidenti vi erano le tendenze stataliste nei decenni del welfare state), la mancanza nel pensiero anglo- britannico di una accreditata dottrina dello Stato, e pertanto di un’idea giuri categorie del governo misto e dell’ordinamento a formazione progressiva o con le riflessioni sui singoli corpi politici che concorrono alla formazione dell’edificio pubblico, è alla base del culturale impedimento a che l’idea della legalità sia collegata alla volontà, e perfino all’esistenza, di una singola persona giuridica suprema. Il tratto distintivo DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 fra il concetto britannico di rule of law e quello continentale di Stato di diritto risiede appunto nell’assenza, nel Regno Unito, di un’autonoma soggettività statuale che sia punto di riferimento e di produzione della concretezza del sistema giuridico. Il «dominio» o «primato della legge» che forma uno dei pilastri del costituzionalismo britannico è il prodotto non già dell’imperio dell’autorità statale, ma della vigenza, gradualmente costruita attraverso il sovrapporsi di innumerevoli stratificazioni giuridiche, di una legalità che ha molte fonti e pertanto anche numerosi ed eterogenei artefici. Procedendo a ritroso nella collocazione ideal-temporale di queste sfere di produzione della nozione pervasiva di rule of law, di certo la più recente ha origine nel contesto dell’Europa comunitaria. Importante anello di congiunzione tra la legalità europea e la legalità domestica sono, oggi, lo Human Rights Act 1998, e prima di esso lo European Communities Act 1972 (che fu definitivamente messo in opera con il referendum del 1975), entrambe leggi che rinviano a un’altra dimensione normativa che non si esiterebbe a definire aliena. L’Atto parlamentare del 1998 ha portato a compimento, introducendo nel sistema britannico un significativo meccanismo di adeguamento ai valori garantistici dell’Unione Europea mediante l’incorporation nell’ordinamento domestico della Convenzione europea DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 per i diritti dell’uomo, il percorso dei diritti che era iniziato nel lontano 1215 con la Magna Charta libertatum ed era stato sanzionato in via definitiva con il rivoluzionario Bill of Rights di fine Seicento (a sua volta capostipite di numerosi bill of rights inseriti nei testi costituzionali delle democrazie di lingua e cultura inglese). Con l’Atto del 1972 il legislatore britannico apriva la porta alle fonti di produzione esterna, che dalla manualistica sarebbero state prontamente definite community sources, e in tal modo segnava una tappa in avanti verso la trasformazione di un ordine giuridico ancorato agli stilemi della common law e verso l’attualizzazione di un sistema costituzionale tradizionalmente autoreferenziale. Una fondamentale fonte del diritto costituzionale britannico è la legislazione parlamentare. Affermatosi come moderno legislatore solamente con la rivoluzione del 1688-89 e con l’Act of Settlement del 1701, il Parlamento di Westminster è da oltre tre secoli il grande artefice del diritto nelle Isole britanniche, ovvero il Legislativo nel senso pieno e moderno del termine, produttore di quella nuova branca della statute law (famiglia delle fonti scritte e formalizzate che si differenzia dalla common law, e che la integra e talvolta di fatto le si contrappone) che si estrinseca negli Acts of Parliament. Nel novero DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 dei law-makers il Parlamento è tuttavia un protagonista di origine relativamente recente. Il suo ruolo di elaboratore di precetti supremi non è storicamente esclusivo perché sullo sfondo della positivizzazione legislativa opera infatti un substrato giuridico che si radica nella pratica della juris prudentia e del quale sono autori i giudici, autentici «signori del diritto» delle Isole britanniche. Nella common law, ovvero (storicamente assente la codificazione) nel diritto pronunciato dalle Corti attraverso le sentenze, si ravvisa lo strato della giuridicità anteriore all’avvento della legislazione parlamentare. Il ruolo fondante delle Corti si è manifestato non solo nell’ordinaria produzione del legal system di matrice giurisprudenziale, ma anche sul piano costituzionale ove non è mai venuta meno la funzione dirimente della giurisdizione: così, per esempio, nel celebre Case of Proclamations che nel 1611 fissava i limiti del legittimo esercizio della prerogativa regia contribuendo a demarcare anche i confini del privilegio parlamentare, o nelle sentenze Bowles v. Bank of England (che nel 1911, dichiarando il primato del budget sulle altre leggi, si inseriva nella grave controversia infraparlamentare che opponeva i Comuni alla Camera dei Pari) e Anisminic v. Foreign Compensation Committee (che nel 1969 contribuiva a dare fondamento alla giurisdizione amministrativa) DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Non sempre il rapporto tra common law (diritto giurisprudenziale) e statute law (diritto parlamentare) è stato armonico. Almeno per l’intero XVIII secolo giudici e legislatori sono stati protagonisti di schermaglie giuridiche di considerevole entità, i primi forti del loro potere di interpretazione delle leggi e del discernimento che ha spesso offerto loro l’opportunità di «creare il diritto» anche sul piano costituzionale (dal che la consueta espressione judge-made law, la quale peraltro va considerata con una certa cautela), e i secondi consapevoli della suprema imperatività di leggi giammai disapplicabili dalle Corti. In realtà sia il Parlamento sia la Corona (la quale prima delle grandi svolte rivoluzionarie era stata la principale autrice della legge del regno) hanno incontrato nei valori e nelle garanzie della common law un oggettivo argine alla loro onnipotenza normativa. Ma a questo punto si rende necessario un ulteriore passo a ritroso verso più antiche preesistenze giuridiche: anche la common law, che le Corti del re iniziarono a produrre fin dall’immediato indomani dell’instaurazione della monarchia normanna, s’era innestata su una dimensione di giuridicità dai contenuti sovente indefiniti e indefinibili, che si condensa nella lex Angliae, nella lex terrae e in concetti analoghi. In questo caso è evidente che la ricerca del diritto inglese DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 si avventura verso un ulteriore substrato che può sembrare metagiuridico, ma che tale non era considerato dai legisti medievali e dai costituzionalisti dell’età moderna maggiormente impegnati, più che nell’estatica laudatio dell’ordinamento ereditato dalle passate generazioni, nella ricerca e nella definizione della fundamental law del regno d’Inghilterra. In tal caso la rule of law, i cui caratteri sono tracciabili con certezza finché si discorre di adeguamento ai principi garantistici dell’Unione Europea, di produzione parlamentare del diritto e di attività creativa delle Corti, si stemperano nell’immemorabilità e nell’antiquariato, per cui alla base dell’odierna nozione di rule of law va posta non l’autorità di uno Stato concettualmente inesistente bensì The Law, coacervo giuridico che al giurista continentale imbevuto di positivismo può risultare erratico e tendenzialmente insondabile. Ma più che di fonti, la rule of law è questione di valori costituzionali: essa infatti si costruisce ponendo tra loro in rapporto armonico le dogmatiche, in primo luogo, della supremazia della legge sull’arbitrio, un tempo del monarca e oggi del potere esecutivo organizzato intorno a premierships sempre più potenti; in secondo luogo, della sostanziale eguaglianza dei cittadini innanzi alla legge alla quale non si sottraggono neanche coloro i quali esercitano il potere DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 pubblico; e, in terzo luogo, della tutela giurisdizionale dei diritti che è assicurata, mancando una carta costituzionale scritta, dalle Corti e dalla common law (e, nel nord del paese, dalla Scots law). La seconda delle coordinate entro cui si colloca la forma di Stato del Regno Unito è la sovereignty of Parliament, principio che secondo l’ortodossia costituzionalistica risalente a Dicey regola l’intero edificio giuspubblicistico del quale forma l’architrave politica e istituzionale. Secondo la percezione comune, l’affermazione della sovranità parlamentare verrebbe fatta risalire ai burrascosi eventi della prima rivoluzione, ma in realtà scarsa traccia – se non nelle dichiarazioni delle frange più radicali del repubblicanesimo puritano – se ne troverebbe nel clima costituzionale della prima metà del Sei cento e del Commonwealth cromwelliano, ovvero in una fase di frenetica trasformazione istituzionale nella quale la questione dell’attribuzione di sovranità, e pertanto dell’organizzazione del potere nelle sue forme supreme, sarebbe rimasta per larga parte insoluta e il Parlamento stesso ridotto a un barlume istituzionale. Né d’altra parte l’assemblea parlamentare di Westminster, per effetto della Gloriosa rivoluzione definitivamente trionfante sull’assolutismo stuartiano ed emergente come moderno Legislativo del paese, ha mai esplicitamente interpretato se stessa come titolare della sovranità: molto lontana dall’approccio intellettuale dei tories e dei whigs autori del Bill DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 of Rights (che dichiarava categoricamente che giammai l’operato del Parlamento potesse essere posto legittimamente in discussione in sedi esterne al Parlamento stesso), né tanto meno di quelli che formularono l’Act of Settlement del 1701 (con il quale il Parlamento regolava la successione al trono per linea protestante e sanciva l’indipendenza del potere giudiziario), era infatti qualsiasi concezione di una sovranità attribuita a un legislatore autoreferenziale. Più direttamente aderente alle moderate categorie costituzionali dello snodo settecentesco era piuttosto la figura composita del King in Parliament, complesso soggetto giuspubblicistico risultante dall’unione fra la Corona, la Camera dei Comuni e la Camera dei Pari, ovvero dalla sintesi fra il principio monarchico e il principio parlamentare. Su tali basi, ovvero sulle basi della metamorfosi della monarchia costituzionale e del conseguente sviluppo della forma di governo a base parlamentare, la sovereignty of Parliament si affermava piuttosto in via di prassi mediante la giuridicizzazione di un potere supremo in costante dialettica dapprima (ma per breve periodo) con il contropotere regio, quindi dal Settecento in poi con l’emersione della premiership, e da sempre con i suoi più tradizionali interlocutori: le magistrature, la società civile e le autorità del local government. La tesi diceyana della sovereignty parlamentare si fonda su un poderoso impianto dogmatico che invero, se posto a confronto con la DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 realtà delle cose istituzionali, rivela diversi punti deboli. Se, da un lato, la svolta rivoluzionaria e la prassi invalsa nei due secoli successivi hanno dimostrato in modo inequivocabile che la statute law approvata dal Parlamento è la suprema legge del paese (e che pertanto il Parlamento stesso esprime una volizione sovrana rispetto alla quale per convenzione consolidata il veto della Corona non è più attivato in via di fatto né la disapplicazione delle Corti esercitata), dall’altro lato l’affermarsi del potere fattuale della premiership e, nel grande snodo po st-vittoriano, l’avvento dei moderni partiti politici hanno effettivamente imposto significativi limiti all’autonomia del Parlamento quale istituzione sovrana. La trasformazione della forma di governo parlamentare in forma di governo «di gabinetto» e l’emersione del forte potere personale del primo ministro hanno infatti spostato sensibilmente l’asse potestativo a tutto favore dell’Esecutivo. Già Walter Bagehot, ribaltando le tradizionali versioni dei laudatori della costituzione parlamentare e dei legal historians che documentavano l’evoluzione della sfera potestativa del Legislativo di Westminster, aveva osservato che il Parlamento rappresentativo, un tempo supremo legislatore, era in sostanza diventato il comitato elettorale dell’Esecutivo e il suo bacino politico-informativo. E d’altra parte non è chi non veda come, sotto l’influsso delle poderose premierships dell’età liberale (dapprima Palmerston, quindi Disraeli, DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Aberdeen e Gladstone, e infine Asquith e Lloyd George), lo sviluppo del potere di governo avesse grandemente condizionato lungo l’intero XIX secolo l’autonomia istituzionale della Camera dei Comuni e ridimensionato il ruolo storico dei Lords. La nascita del partito laburista (1905) e la realizzazione del suffragio universale (solo maschile nel 1918 e anche femminile qualche anno più tardi) avrebbero impresso poderosi impulsi alla trasformazione dell’economia costituzionale del parlamentarismo, tant’è vero che già tra il 1885 e il 1915 lo stesso Dicey, pur nella sua posizione di strenuo assertore della sovranità del Parlamento, ammetteva senza perifrasi come sullo sfondo di questa suprema istituzione operasse ormai, quale autentico «sovrano politico» del paese, il corpo elettorale. L’affermazione del bipolarismo partitico (laburista e conservatore) della seconda metà del Novecento, che favoriva la riunione in una singola soggettività della premiership costituzionale e della leadership di partito e, di conseguenza, determinava la nascita della convenzione per cui la seconda si tramuta automaticamente, in caso di vittoria elettorale, nella prima, ha configurato un’ulteriore fase del processo di ridimensionamento dell’autonomia parlamentare. E infine, in tempi più recenti, il delinearsi delle corrosive premierships della conservatrice Margaret Thatcher (1979-90) e del neolaburista Tony Blair (tuttora DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 in corso dal 1997) ha aggiunto nuovi motivi a una condizione di erosione dell’autorità parlamentare che ha indotto gli studiosi del government britannico a porre la più recente fase di evoluzione costituzionale sotto l’egida della «presidenzializzazione» della funzione di governo; il quadro dell’erosione si completa con l’introduzione di un interlocutorio sistema parlamentare nella Scozia devoluta e di assemblee concorrenti in Galles e nell’Irlanda del Nord. Nonostante tutto ciò, la supremacy of Parliament continua tuttora a essere dogmaticamente formulata, esattamente come ai tempi di Dicey e dei suoi epigoni più fedeli, come un cardine della forma costituzionale del Regno Unito. Sebbene promosse pressoché esclusivamente dal gabinetto che elabora i progetti di legge (bills) e determina l’agenda dei lavori parlamentari, e circoscritte «a monte» dall’incremento della delegated legislation, le leggi approvate dalla Camera dei Comuni e da una Camera dei Lords oggi fortemente riformata continuano tuttora a dare forma all’ordinamento del paese e a regolarlo con una autorità che talvolta crea seri problemi alla stessa premiership esercitata da un leader che esercita il comando maggioritario, ma i cui orientamenti politici e legislativi non sono sempre al riparo da infortuni parlamentari talvolta clamorosi.

DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

II PARTE – RUOLO COSTITUZIONALE DEL SOVRANO

Nel Regno Unito a capo dello Stato vi è un Monarca ereditario (la Regina Elisabetta dal 1952) che rappresenta la Nazione.

Ha un ruolo costituzionale subordinato al Parlamento, al Governo e alle corti, anche se, nonostante la graduale erosione dei suoi poteri, molte funzioni costituzionali richiedono il suo intervento diretto. DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Assetto dei partiti e sistema elettorale La modernizzazione dell’azione parlamentare che si realizzò nel corso delle accelerazioni costituzionali seicentesche aveva trovato una delle sue maggiori premesse nella formazione di schieramenti assembleari che rispecchiavano gli orientamenti politici e religiosi degli strati portanti della società. Una volta depurate le fazioni parlamentari dai radicalismi monarchisti e repubblicani che avevano dato luogo agli eventi della guerra civile, nel corso della Restaurazione (1660-68) le forze politiche attive in Parlamento avevano assunto le sembianze dei tories e dei whigs, i primi attestati su posizioni giuridicamente tradizionalistiche e di conservazione di un ruolo forte della monarchia, i secondi più esplicitamente favorevoli al potere parlamentare e al suo attivismo normativo espresso attraverso la statute law. Tories e whigs si sono spartiti la scena della politica britannica fino alla prima metà dell’Ottocento: era un whig il «primo Primo ministro » Walpole, tories il Lord North che nel 1782 fu sfiduciato dalla Camera dei Comuni e Pitt il Giovane, protagonista della resistenza antinapoleonica, e nuovamente un whig quel Lord Grey che nel 1832 sostenne la causa della storica riforma elettorale. Ma già nella prima metà dell’Ottocento lo sviluppo del movimento liberale, effetto di onda lunga della rivoluzione industriale e nel DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 contempo suo volano moltiplicatore, produceva uno schieramento parlamentare verso il quale si convogliavano le istanze e i programmi politici di numerose formazioni radicate in una attiva società civile. La struttura federativa del Liberal Party (che in Parlamento prendeva il posto dei whigs) era presto imitata dal partito «dei Conservatori e degli Unionisti», l’erede dei tories che almeno fino alla nascita del Labour Party (1906) concorse alla formazione di un sistema partitico bipolare. Entrambi gli schieramenti che si dividevano la scena della politica britannica operavano come meri parliamentary parties, ovvero come formazioni la cui attività si esplicava pressoché esclusivamente nelle aule di Westminster. In entrambe, alla lunga assenza di un’organizzazione stabile e garante di collegamenti permanenti con la società civile che andassero al di là dell’attivazione di comitati elettorali in vista delle elezioni generali o di una elezione suppletiva, fu posto rimedio con le riforme organizzative realizzate dal tory Benjamin Disraeli e dal liberale Joseph Chamberlain, veri promotori della forma-partito nelle vetuste formazioni politiche dell’età vittoriana. Tuttavia solamente con il formarsi del laburismo prendeva corpo un partito dichiaratamente classista che in origine (1900), con il nome di Labour Representation Commitee, era nato anch’esso come semplice DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 formazione parlamentare dimostrando di accettare e voler praticare le regole della rappresentanza liberale. Di fronte alla prospettiva del conseguimento di importanti successi elettorali la sinistra britannica si dava una struttura partitica autonoma caratterizzata da una genetica multiformità di componenti e di anime politiche che avrebbe costituito la sua forza ma anche, in presenza di particolari congiunture della politica nazionale, un fattore di intrinseca frammentarietà che non avrebbe giovato alla coesione del partito: confluivano infatti nel Labour Party – i cui luoghi d’origine erano nella Londra intellettuale, nello Yorkshire manifatturiero e nella Scozia dei grandi impianti industriali – le potenti organizzazioni sindacali (trade unions), importanti movimenti cooperativistici e altri gruppi di settore, organizzazioni politiche di matrice socialista, sodalizi intellettuali come la Fabian Society, formazioni del radicalismo marxista. La nascita del Labour Party induceva anche gli altri partiti a dotarsi di un’organizzazione stabile che perfezionasse i modelli del comitato tory e del caucus liberale. Inoltre l’ascesa laburista e la riduzione, in controtendenza, delle forze parlamentari del partito liberale causavano una temporanea sospensione del bipolarismo politico d’eredità vittoriana e un clima di difficile governabilità del paese nel DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 quale, contrariamente alle consolidate tradizioni della politica ottocentesca (che solamente nel 1852-55, ovvero all’epoca della crisi di Crimea, aveva conosciuto con Lord Aberdeen l’esperienza della coalizione), si avvicendavano numerosi governi di solidarietà nazionale. All’inizio e alla fine di tale arco di fluttuazione partitica si ponevano le parabole di due war Cabinets (Lloyd George, 1916-18; Churchill, 1940-45). L’instabilità interbellica era il prolungamento della crisi edoardiana, nella quale entravano a confronto poderose risorse costituzionali e politiche: da un lato, le forze della conservazione che trovavano le loro più evidenti espressioni nel partito tory e nel costituzionalismo diceyano, e, dall’altro lato, le pressioni della grande trasformazione che nella dialettica tra Liberali e Laburisti e nel costituzionalismo di Harold Laski e di Ivor Jennings trovavano i loro più evidenti punti di affioramento politico e intellettuale. Alla grande riorganizzazione del partito laburista operata alla fine degli anni Trenta da un suo leader storico, il Clement Attlee che nel 1945-51 sarebbe stato il premier fondatore del welfare state britannico, si deve la nascita dell’Opposizione di Sua Maestà, tipica invenzione del sistema parlamentare di Westminster alla quale era dato riconoscimento nel Ministers of the Crown Act 1937 (legge che fissava una scala di emolumenti dovuti al premier, ai ministri del gabinetto e al Leader DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 of the Opposition, attribuendo a quest’ultimo uno status costituzionale) e del «gabinetto-ombra». Altra conseguenza del determinarsi della funzione di opposizione costituzionale (e pertanto «responsabile», concorrente seppure per contrasto alla determinazione degli indirizzi politici del paese) era la restaurazione del bipolarismo, e anzi di un bipolarismo portato a conseguenze estreme quanto a capacità di produrre effettive alternanze politiche e, di conseguenza, periodi di stabile governabilità. Il two-party system operativo dalla seconda metà del Novecento in poi ha infatti prodotto periodi di governo laburista (1945-51: gabinetti Attlee; 1964-70: gabinetti Wilson; 1974-79: gabinetto Wilson- Callaghan; dal 1997: gabinetti Blair) e conservatore (1951- 64; gabinetti Churchill, Eden, Macmillan e Douglas-Home; 1970-74: gabinetto Heath; 1979-90 gabinetti Thatcher; 1990-97: gabinetti Major), ma che postulano una notevole stabilità delle posizioni di Esecutivi monopartitici e degli orientamenti di combattive Opposizioni, ma non senza alcuni interessanti incidentalità costituzionali che hanno confermato la consistenza di alcune peculiarità britanniche: la breve lib-lab coalition del 1977-78, due avvicendamenti di Primi ministri al vertice del potere di governo senza che ciò abbia comportato l’indizione DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 di nuove elezioni generali (particolarmente eclatante, in parti colare, l’allontanamento di Margaret Thatcher ordito dai dissenzienti interni al partito i quali, costringendo la «lady di ferro» a rassegnare le dimissioni dalla leadership, ottenevano anche l’effetto della sua rimozione costituzionale dall’alto ufficio) e infine, come sintomi di una condizione di crisi delle basi parlamentari del potere di governo, gli episodi referendari del 1975 (sull’ingresso definitivo nella Comunità Europea) e del 1979 (sulla devolution in Scozia e in Galles), e nel 1979 la caduta del gabinetto Callaghan per esplicito voto di sfiducia alla Camera dei Comuni. Le condizioni di rigida alternanza dei due maggiori partiti alla funzione di governo non esclude che, in realtà, lo scenario politico del Regno Unito sia molto più articolato e che queste articolazioni, al di là della selva di formazioni partitiche che si è formata in un tessuto di società civile tra i più vitali, abbiano trovato espressione anche in sede parlamentare condizionando sensibilmente, in presenza di particolari congiunture politico-istituzionali, la stessa politica di governo. Così si è verificato nel caso dello Scottish National Party e del Plaid Cymru, schieramenti regionali molto attivi in Scozia e Galles, i quali nella seconda metà del Novecento hanno operato con successo per la realizzazione della devolution nelle rispettive aree substatali; DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 del partito dei Liberal Democrats, «terza forza» parlamentare erede del partito liberale e degli scissionisti socialdemocratici che nei primi anni Ottanta abbandonarono il laburismo (e che oggi fiancheggia criticamente l’azione del New Labour del corso blairiano), e la galassia periferica dei partiti nordirlandesi le cui opzioni politiche si distribuiscono attraverso le profonde discriminanti del nazionalismo separatista cattolico (Sinn Féin), dell’unionismo protestante moderato (Ulster Unionist Party) o oltranzista (Ulster Unionist Democratic Party) o della mediazione, sistematicamente frustrata dal sopravvento delle passioni politiche estreme, fra gli opposti radicalismi (considerevole l’impegno profuso in tale prospettiva dal Social Democratic and Labour Party e dal piccolo Alliance Party). Un quesito ricorrente fra i riformatori di ogni paese, che siano tentati dai reali o presunti vantaggi del metodo maggioritario applicato nelle sue forme pure, è fino a che punto il tradizionale sistema elettorale britannico, che dal gergo delle competizioni ippiche è detto del first past the post, abbia determinato la fondamentale bipolarizzazione della politica britannica. Se posto a confronto con gli artifici matematici dei sistemi proporzionali o misti, il sistema elettorale maggioritario che è tuttora impiegato per l’elezione dei deputati (Members of Parliament) della Camera dei Comuni si presenta come un sistema grossolano e ben lontano dalla perfezione democratica, ma all’atto pratico si rivela DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 estremamente efficace nel produrre condizioni di concreta governabilità del paese. L’intero territorio nazionale è suddiviso in tanti collegi elettorali o constituencies quanti sono i parlamentari (645, dopo l’ultima riforma che per effetto della devolution ha ridotto il numero dei rappresentanti provenienti dalla Scozia), in ciascuno dei quali è eletto un solo deputato: trattasi pertanto di collegi uninominali nei quali, come in una sfrenata corsa di cavalli, risulta vittorioso solamente chi taglia per primo l’ambito traguardo del maggior numero di voti rispetto a quelli dei suoi avversari considerati singolarmente, e pertanto non necessariamente chi consegue la maggioranza assoluta bensì, molto più spesso, la più alta delle minoranze. Sotto questo riguardo il first past the post system si differenzia dal maggioritario francese, nel quale il seggio è immediatamente assegnato a chi ottiene almeno il 50 per cento dei suffragi salvo, nel caso che ciò non si realizzi in prima battuta, ricorrere al ballottaggio fra i due candidati che abbiano ottenuto le percentuali più elevate. Entrambi i sistemi compongono la famiglia maggioritaria, ma il britannico (detto anche plurality system) garantisce un risultato più immediato del francese (o majority system) e contribuisce fortemente alla polarizzazione del suffragio e pertanto, pur non essendone l’unica causa, all’aggregazione delle formazioni politiche. DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Per sfruttare al meglio le possibilità di affermazione offerte dal first past the post system, ciascun partito aggiorna costantemente il conto delle proprie posizioni nei collegi, e pertanto forma una sua graduatoria dei collegi di sicuro successo (safe constituencies), dei collegi di incerto orientamento e dei collegi in cui si hanno ben poche o nulle speranze di vittoria: il che è di grande significato sotto i profili dell’intrattenimento di rapporto costante con la società civile (i sondaggi d’opinione, o polls, sono altamente eloquenti per misurare il consenso medio tempore dell’elettorato) e della messa a punto delle tattiche elettorali soprattutto nei collegi «intermedi» o con elettorato fluttuante ove spesso si decide la vittoria globale. Per lunga tradizione il Labour Party ha i suoi collegi più affidabili nelle aree industriali (Yorkshire, Midlands inglesi), nel Galles e in Scozia, e nei distretti suburbani londinesi, mentre tipiche aree di fede tory sono l’Inghilterra residenziale del Sud e i distretti centrali della vasta metropoli di Londra. Non mancano le constituencies di antica fedeltà liberale e progressista ove il «terzo partito» riscuote i propri consensi. I partiti nazionalisti, a loro volta, mietono consensi in Scozia e in Galles. Ma dal 1997 in poi (anno della «valanga neolaburista») DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 questo complesso equilibrio radicato nella tradizione si è considerevolmente alterato: in tale occasione numerosissimi collegi di tradizione tory sono stati conquistati di slancio dal partito di Tony Blair che ha conseguito la più alta maggioranza di seggi a Westminster della storia britannica, sicché la formazione dei tories si è sostanzialmente trasformata in un partito nazionalista inglese la cui base elettorale è confinata entro limiti geopolitici molto angusti. Il sistema elettorale maggioritario è di antica e non scritta origine, ed è singolare notare come il termine impiegato in Gran Bretagna per definire il collegio elettorale, constituency, riveli un storica, intrinseca connessione tra l’esercizio del voto o della cooptazione politica e la «produzione» dell’ordine costituzionale da parte degli elettori, o constituents. Attraverso i secoli questo sistema si è gradualmente affermato nell’area inglese per via di prassi e pertanto non se ne troverà mai alcuna traccia in fonti di statute law, se si eccettua il già menzionato statuto di Edoardo I che alla fine del Trecento codificava la composizione dell’assemblea parlamentare, ma senza per questo definire le modalità di elezione dei rappresentanti delle contee e dei boroughs ovvero delle entità di governo territoriale che, in ragione del loro sviluppo socio-economico, erano poste sotto l’amministrazione di uno sceriffo o ottenevano una patente reale, e pertanto accedevano con propri portavoce all’istituzione parlamentare. DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

Verso la fine del XVIII secolo, allorché i progetti di riforma costituzionale concepiti dai «nuovi» whigs si identificavano con la questione della rappresentanza parlamentare, l’attenzione dei circoli progressisti si diresse verso la riforma del suffragio, ma il metodo elettorale non era sostanzialmente posto in discussione anche perché, in un’epoca politica ancora governata dall’equazione tra proprietà terriera ed esercizio dei diritti politici, nessun sistema elettorale era ancora applicato uniformemente nell’intero territorio nazionale. Né il first past the post system, che nel corso dell’Ottocento si andava dappertutto omogeneizzando secondo uno spirito relativamente più democratico, è mai stato messo sostanzialmente in discussione: a fronte delle prime sortite di inascoltati circoli di riformatori proporzionalisti, l’evoluzione in senso pluriclasse del suffragio risultava infatti sufficientemente garantita non dall’introduzione di metodologie proporzionali bensì dall’allargamento delle possibilità di partecipa zione politica a nuove classi economicamente produttive, il che sarebbe avvenuto dapprima con il già menzionato Great Reform Act del 1832, e quindi con i Representation of the People Acts del 1867, 1884-85 e 1918, e infine con l’Equal Franchise Act 1928 che accordava il voto alle donne. Importanti riforme introducevano in seguito la segretezza del voto (Ballot Act 1972), regolavano la propaganda politica e la sanzione dei reati in materia elettorale (con il Corrupt DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 and Illegal Practices Act 1883, capostipite di una sequenza di analoghi strumenti normativi adottati lungo l’intero secolo successivo) ed eliminavano i collegi plurinominali e i collegi universitari: tutte queste trasformazioni si sono nondimeno realizzate a sistema elettorale invariato e non hanno mai inciso sulla materiale operatività dello schematico ma efficace metodo del first past the post. Più di recente, sebbene sostenute con relativa convinzione dai governanti del New Labour, le nuove ipotesi di riforma del first past the post system (una riforma che dovrebbe realizzarsi a vantaggio di un sistema misto assimilabile all’additional member vote di matrice tedesca: metodo che nel Regno Unito è considerato il più idoneo a coniugare gli esiti stabilizzatori della formula maggioritaria con la maggior rappresentatività democratica del meccanismo proporzionale) non hanno finora avuto alcun corso e il prospettato referendum popolare in materia non è mai stato indetto. Con il Political Parties, Elections and Referendum Act 2000, infine, la strumentazione legislativa in materia di campagne elettorali (la cui applicazione è stata posta sotto la vigilanza di una Electoral Commission indipendente, nella cui composizione intervengono l’Home Secretary e alcuni backbenchers della Camera dei Comuni) e referendarie è stata considerevolmente aggiornata.

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Parlamento ed Esecutivo: strutture e rapporti I caratteri costituzionali del welfare state britannico si sono delineati nella seconda metà del Novecento attraverso una crescita esponenziale degli apparati di governo e della produzione di statute law da parte del Parlamento. Si è determinato in tal modo un sistema in cui a forme e istituzioni di antica derivazione se ne sono affiancate, e spesso sovrapposte, di radicalmente nuove. Nel rapporto fiduciario tra il Parlamento (o, più specificamente, la Camera dei Comuni) e la premiership di governo si ravvisa uno dei tratti peculiari del sistema di governo britannico, regolato dalla convenzione che dichiara la coincidenza tra premiership di governo e lea dership del partito maggioritario. Infatti il circuito del potere costituzionale in una forma di governo a base parlamentare quale è la britannica si esaurisce oggi non tanto nell’esistenza separata di un Parlamento che legifera e di un Esecutivo che amministra, bensì nel circuito di relazioni cooperative che si realizza tra essi. In altri termini, la forma di governo parlamentare del Regno Unito si risolve pressoché esaustivamente nel rapporto di diretta compenetrazione che, pur nella netta distinzione delle rispettive funzioni, sussiste tra Legislativo ed Esecutivo: un rapporto che è regolato da un complesso di norme non scritte, ma non per questo meno codificate attraverso la reiterazione DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 di ben precise prassi istituzionali e l’applicazione di regole che nascono da intese politiche (o understandings) che rientrano nel novero delle conventions of the Constitution. L’identificazione del primo ministro con il leader del partito maggioritario, l’esercizio fattuale dei potere di scioglimento (dissolution) parlamentare, la pratica del patronage alle cariche di Stato, la regolazione del rimpasto (reshluffle) governativo o della rimozione (sacking) di singoli ministri o segretari di Stato, la formazione e il mantenimento della responsabilità collettiva del governo nei riguardi della Camera dei Comuni, il concreto esercizio della leadership politica sulla maggioranza della Camera rappresentativa, l’attività e il ruolo «responsabile» dell’Opposizione di Sua Maestà: queste le aree di organizzazione del potere costituzionale che sono pressoché integralmente rette da regole convenzionali, le quali – come è evidente – informano di sé i gangli più vitali e caratterizzanti dell’apparato costituzionale dell’odierno Regno Unito. Anch’essa esistente per antica convenzione, la corporation nota come King (oggi: Queen) in Parliament è tuttora la fondamentale istituzione complessa che riassume in sé i caratteri di una sovranità che in Europa continentale è attribuita piuttosto allo Stato o al popolo: in tal modo, ovvero con una finzione giuridica carica di concretezza, si risolvevano a fine Seicento le questioni dell’organizzazione DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 del potere e dell’attribuzione della sovranità. Nella sua composizione duale il Parlamento di Westminster forma pertanto l’ampia base di una piramide alla cui sommità si pone la Corona: in realtà, sempre più ristretti e superati dalle prassi politiche sono le posizioni patrimoniali e i poteri di prerogativa che (soprattutto in materia di politica estera, di patronage alle cariche pubbliche, di scioglimento della Camera dei Comuni, di nomina del premier, di regolazione dello status giuridico del personale del pubblico impiego) risultano di diritto propri dell’istituzione monarchica, ma che di fatto un ruolo simbolico di capo di Stato (non solo del Regno Unito, ma anche, sulla base dello Statute of Westminster 1931, di paesi associati nel Commonwealth come l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda e altri), dalla prima metà del Settecento la forma di governo britannica è regolata esaustivamente dalla dialettica instauratasi fra il Parlamento e la premiership maggioritaria. Si tratta di una dialettica evolutiva che ha determinato la metamorfosi da forma parlamentare pura a sistema di gabinetto e, con l’accentuarsi della leadership, «a primo ministro». Per secoli formalmente paritario ma di fatto egemonizzato dalla Camera elettiva, il bicameralismo anglo-britannico si organizza storicamente nella Camera dei Comuni e nella Camera dei Lords. DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017

La Camera dei Comuni è il ramo elettivo del Parlamento dapprima inglese e quindi britannico. In quanto titolare del «potere della borsa» o purse power, essa sovrintende all’approvazione del bilancio governativo e di ogni altro money bill, la cui elaborazione è compito dell’Esecutivo e in particolare del cancelliere dello Scacchiere che è a capo del Tesoro. Il controllo delle leve finanziarie è una funzione originaria del Parlamento, pressoché coeva a quelle del dare assistenza al sovrano e del pronunciare la giustizia che erano proprie di molti parliamenta medievali e prima ancora del witenagemot sassone, e per secoli egemonizzata di fatto dalla Camera dei Comuni sebbene le due assemblee di Westminster operassero in regime di giuridica parità. Con il Parliament Act 1991 il purse power è stato formalmente attribuito in esclusiva alla Camera elettiva. Altra fondamentale funzione del Parlamento nei suoi due rami è la legislativa. Allo stato attuale il processo legislativo nella Camera dei Comuni, collocato in una agenda dei lavori i cui tempi sono di fatto dettati dalla premiership, si articola in quattro fasi: una prima lettura meramente formale nella quale è data notizia della presentazione del bill; una fase di commissione (o committee stage) nella quale il disegno normativo è analizzato dettagliatamente; una seconda DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 lettura in cui è preso in analisi e discusso il report della commissione; e infine un approfondito e spesso vivace dibattito parlamentare (terza lettura) al quale fanno seguito la votazione e, in caso di approvazione, il trasferimento alla Camera dei Lords, che delibera con procedimento analogo. Per effetto di tre importanti riforme succedutesi nel corso di circa un secolo, ossia i due Parliament Acts del 1911 e 1949 e il recen te House of Lords Act 1999, poteri e composizione del ramo «alto» del Legislativo di Westminster, raro residuo di medievalismo nello scenario parlamentare dell’epoca contemporanea, sono stati considerevolmente modificati e con essi anche i suoi rapporti di forza con la Camera dei Comuni. A ulteriore conferma del fatto che nel Regno Unito il sistema costituzionale è determinato dagli eventi della politica, il Parliament Act 1911 scaturiva da uno degli episodi più traumatici della transizione post-vittoriana, ovvero il grave conflitto sorto fra le due Camere sull’approvazione del people’s budget del liberale Lloyd George. Lo scontro intercamerale aveva prodotto, tra il 1909 e il 1911, una grave crisi parlamentare, e si sarebbe infine risolto con l’esautoramento dei Pari ai quali era sottratto il potere di deliberare in materia di bilancio e su ogni altro money bill (o legge finanziaria). Con l’analogo atto del 1949, che limitava ulteriormente gli spazi di intervento della Camera alta nel procedimento legislativo, DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 si compiva il processo di ridimensionamento del potere dei Pari: senza che fosse sostanzialmente posta in discussione la partecipazione della Camera dei Lords allo scrutinio dei progetti di legge (il che determinerebbe la dissoluzione del fondamentale trust costituzionale della Queen in Parliament), rispetto alla tre fissate nel 1911 se ne circoscriveva a una sola sessione parlamentare la possibilità di esercizio del delaying power, ovvero del potere di respingere un atto già approvato dai Comuni. E da ultimo, con l’House of Lords Act 1998, sembra essersi portato a conclusione il bisecolare dibattito sulla materiale composizione della Camera alta: conservata la presenza di alcune storiche componenti dell’assemblea, ossia dei tradizionali Lords Spiritual (alti prelati della Chiesa anglicana) e dei Law Lords (esponenti superiori delle magistrature), e dato pieno risalto ai Life Peers di designazione governativa, l’abolizione della tradizionale componente dei Pari ereditari è stata la prima fase di un processo di riforma, ancora in corso, che prospetta differenti soluzioni: una seconda Camera che sia più rappresentativa della società civile, o che sia formata da rappresentanti delle entità regionali e di devolution, o – se condotta integralmente sotto il patronage del primo ministro – che risulti più vicina agli orientamenti politici della premiership di DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 governo. Per il momento, della fluttuante categoria storica dei Lords ereditari resta una rappresentanza elettiva nel novero di questi ultimi: per una ironia della sorte, invero non rara nel sistema costituzionale britannico che anche stavolta si conferma essere il pragmatico produttore di contraddizioni, i Lords ereditari rappresentativi della propria classe sono oggi l’unica componente elettiva, e pertanto in una certa misura «democratica» ove si tenga per fondata l’equazione «elettività-democraticità», della Camera alta. Se la riforma della Camera dei Lords è un episodio rivelatore della crescente influenza della leadership di governo sulle istituzioni parlamentari, nessuna riforma di particolare rilievo – che non fosse un Representation of the People Act estensivo del suffragio – ha finora coinvolto la Camera dei Comuni. Si registra tuttavia una innovazione, introdotta sotto il primo ministero Thatcher (1979) e da questo finalizzata a incrementare il controllo della Camera dei Comuni sull’operato dell’Esecutivo. L’innovazione consiste nell’istituzione di alcune commissioni speciali (Select Committees) esercenti la vigilanza sull’attività degli spending ministers, ossia sui titolari di dicasteri governativi responsabili di quote di spesa pubblica. Si evidenzia in questo caso l’esistenza di un ulteriore potere del Parlamento (e specificamente della Camera dei Comuni), ovvero il potere DIRITTO COSTITUZIONALE COMPARATO 11 APRILE 2017 di scrutinare l’attività politica del gabinetto non solo attraverso il sindacato sul budget, il dibattito sui bills legislativi e il question time gestito dall’Opposizione e dagli altri partiti di minoranza, ma anche mediante apposite commissioni di controllo specializzate per settore funzionale che dovrebbero sottoporre ad attento sindacato il policy- making dei singoli dicasteri e riferire in merito all’assemblea (il «dovrebbero» è, in questo caso, formula volutamente dubitativa: sebbene sulla carta esse siano dotate di poteri inquirenti, ben di rado commissioni parlamentari che sono formate in maggioranza da esponenti dello schieramento di governo superano, con le proprie indagini, quei limiti oltre i quali di solito viene fatta valere la lealtà o la disciplina di partito).