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Copertina e progetto grafico Gabriele Camillucci

Fotografie Flavio Maestrini

Collaborazione redazionale Marta Dellavedova

Edizione digitale 2016

ISBN 978-88-942284-0-3 • 17

grandi capacità, chirurgo presso l’O- spedale Maggiore di Milano, aveva fama di medico capace, ma anche di guaritore in quanto, spesso, usava me- todi e terapie non riconosciute dalla medicina ufficiale. Per molti malati senza speranza, essere visitati dal dottor Paletta, rappresen- tava l’estrema possibilità di guarire. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1832, fiorirono svariate leggende e l’espres- sione nanca se ven giò Paletta, che Motti e detti significa “neppure se viene giù (dal Paradiso) il dottor Paletta”, incominciò

Vegnì giò con la pièna Nel 1800 Milano era attraversata da parecchi torrenti, oggi sono quasi tutti spariti, ricoperti. Di molti si è persa persino la memoria, per esempio del torrente Nirone si conserva il ricordo solo perché la via Nirone ne indica esi- stenza e la copertura. I torrenti, soprattutto dopo una piena, portavano giù di tutto: alberi, masseri- zie e… fessacchiotti. Quando si aveva a che fare con una persona poco sve- glia, impacciata, un po’ lenta a capire le cose e non avendo l’intenzione e lo spirito per offenderla, il detto più ap- ad essere usata per sottolineare situa- propriato e divertente era: te se propri zioni impossibili, non solo per quanto vegnù giò con la piena. Di solito non riguarda la salute, ma in tutti i fatti c’era bisogno di aggiungere altro, se della vita. ancora non capiva era meglio chia- Gian Battista Paletta è sepolto al cimi- rire il concetto con un bel: salamm in tero Monumentale di Milano. barca.

Anda’ a Bagg a sonà l’orghen Nanca se ven giò el Paletta Per molti questo detto significa vai Di solito indica un fatto molto im- a fare una cosa che non si può fare, probabile, che difficilmente potrà perché si dice, che a Baggio l’organo accadere. È un po’ come se dovesse fosse solo dipinto. intervenire un miracolo capace di Ma la realtà non è questa: l’organo a risolvere una situazione altrimenti Baggio c’è eccome, anzi si tratta di impossibile da concretizzarsi. Gian un organo di qualità. La domanda che Battista Paletta era un medico di sorge spontanea è: qui c’è qualcosa che 18 • Per i milanes non funziona, come è possibile usare sti, era l’unica bevanda disponibile e, a mo’ di scherno una frase che invece forse, rinforzata dalla grappa, non era racconta una realtà e il suo bel signi- poi così cattiva. ficato? Probabilmente è uno dei tanti Pestà i genoeucc ha anche un altro si- detti che la tradizione orale modifica gnificato: si riferisce a quando, al mo- senza neppure rendersene conto. mento del pagamento di un conto un La storia dell’organo di Baggio è un po’ alto, si ha quell’attimo di manca- po’ diversa. mento e le ginocchia sbattono contro il In effetti l’organo c’è ancora anche se banco della cassa. avrebbe bisogno di un restauro appro- fondito. La chiesa di Baggio dipendeva da Mi- lano e quindi anche l’organo e, di so- Dàghela al Borèlla lito, un professore del Conservatorio aveva l’incarico di andare, ogni giorno Il signor Borella rappresentava una festivo, a suonare l’organo. vera istituzione, non era uno stracci- La distanza, oggi ridicola, fra Milano vendolo come i molti che percorrevano e Baggio non trovava molti volontari le vie di Milano raccogliendo stracci, e allora spesso veniva mandato un carta, ecc. allievo del conservatorio. Il tutto era Lui, il Borella, raccoglieva cose vec- considerato una punizione, una sorta chie delle quali smontava le parti che di penitenza. ancora forse potevano essere utilizzate, È ovvio che nessuno andasse volentieri lui era più affine al rottamàtt: quasi a Baggio e quindi il detto popolare si una nobiltà rispetto allo strascee. è impossessato di questa espressione A Milano aveva il magazzino dietro per togliersi di torno una persona fasti- l’Arena, era piuttosto famoso tanto da diosa, mandandola a suonare l’organo. entrare nel linguaggio comune: quando si voleva indicare qualcosa di asso- lutamente inutilizzabile la frase era: dàghela al Borèlla. El cafè del genoeucc A Milano, quando alla sera chiudevano i negozi, compariva, di fianco al Duomo, Animal del presepi un carrettino che vendeva caffè. Non doveva essere un caffè particolarmente A volte si incontrano dei detti molto buono, perché era ottenuto dalla ribol- garbati sia per come sono espressi, sia litura dei fondi di caffè raccolti nei per il loro significato. bar e ristoranti. La ricetta era sem- Animàl del presèpi, mi sembra proprio plice: acqua, fondi di caffè e un po’ un modo molto bonario per dare dello di grappa, il tutto fatto bollire in una stupido, lasciando però al destinatario piccola caldaia posta su un carrettino. la scelta fra il bue e l’asino. Il rubinetto era sistemato in basso e Questo detto è stato ripreso dalla scrit- quindi per avere il caffè bisognava ab- trice Mimi Zorzi che nel suo Olimpo bassarsi, quasi inginocchiarsi e spesso lombardo, lo fa pronunciare a donna a batterci le ginocchia. Mina nei confronti dell’autista, ag- Non era un granché buono, ma per co- giungendo poi, per essere più chiara: loro che facevano tardi la sera, magari asen, asino. In questo libro la Zorzi aspettando un cliente come i brumi- inserisce spesso frasi in milanese, so- Motti e detti • 19 prattutto pronunciate dalla resgiòra, Andà al Teater de la Cannobiana, padrona di casa, donna Mina, che per sòtta i covert de lana giustificare un suo mancamento dice: Il teatro deve il suo nome al fatto che “l’è sta on moment de nebbia in testa, fu costruito sulle rovine di una vecchia ma adess l’è passàa”. scuola a suo tempo voluta da Paolo Donna Mina era, come spesso capita da Cannobio. Purtroppo si guadagnò ai milanesi, piuttosto determinata nelle subito la fama di teatro della noia, gli sue affermazioni e non mancava mai spettacoli erano soporiferi, e quindi era di ricordare che gli ariòs respiravano facile che fra gli spettatori ci fosse sem- l’aria di Milano, ma venivano dalla pre qualcuno che, incapace di rimanere provincia. Anche nelle preghiere per sveglio, incominciasse a russare. i defunti le conclusioni erano un po’ La fama di questo teatro si sparse ra- frettolose: oh Signòr, salvè la gent de pidamente ed entrò nei modi di dire, mia conoscenza. tanto che alla domanda: cosa fate sta- sera? Anzicché rispondere stiamo a casa a dormire, era più facile che la risposta fosse: andemm al teater dela Alimorta e aliviva Cannobiana, sòtta i covert de lana. Da bambini per anni abbiamo usato una formula che aveva la capacità di bloccare i nostri giochi prima di arri- vare al “mi arrendo”. Fa minga el dritton d’Olanda Arimorta bloccava la disputa e Ariviva Già Francesco Cherubini nel suo vo- la faceva ripartire, era una espressione cabolario Milanese-Italiano pubblicato accettata da tutti anche se non ne cono- nel 1814, traduceva dritton con: furbac- scevamo bene il significato. cio, drittaccio, fognone. Oggi sappiamo che la frase corretta Gli Olandesi, formidabili commer- avrebbe dovuto essere Aliviva e Ali- cianti venivano spesso in Italia per i morta, e il vero significato fa riferi- loro affari. Era soprattutto Milano la mento ai soldati di Roma che quando città nella quale erano particolarmente erano di guarnigione a Milano, nel operativi. Nelle trattative sembrava tempo dell’ozio, giocavano a dadi, dado che non ci fosse mai un prezzo defini- in latino si dice “alea” e quando nella tivo, perché quando l’affare sembrava partita sorgeva qualche contestazione, il concluso, interveniva qualche ulteriore giocatore interessato urlava “alea mor- modifica di prezzo, e poi qualche ulte- tua” e la partita si bloccava, chiarito riore aggiustativa. Fino a: adess basta, il dubbio si poteva riprendere al grido fa minga el dritton d’Olanda. “alea viva”, cioè il dado è vivo e si può Di questo detto fu poi ampliato l’uso ricominciare a giocare. ed era facile sentirlo anche quando Nonostante questa dotta e precisa spie- nella trattativa gli olandesi non c’en- gazione, nei giochi dei bambini la for- travano proprio niente. mula sempre usata è “arimorta” o addirittura “arimortis”. Nariggiàt con su el zuccher Una famosa pasticceria del centro di Milano specializzata nella produ- Motti e detti • 21 zione di biscotti e soprattutto, di “ve- imminente. Si racconta che un giorno neziane”, aveva in vetrina un cartello l’uomo scivolasse finendo sotto il tram che intendeva essere promozionale, il che gli amputò la gamba. testo era semplice e immediato: bam- Qualche tempo dopo l’uomo riprese bini piangete, mammine comprate. il suo lavoro con un arto artificiale, in La prima parte del messaggio veniva legno. puntualmente seguita e i bambini pren- Facile quindi intuire il motivo per il devano alla lettera l’invito. quale il Milano-Magenta divenne per Quanto resisteva la mammina al pianto tutti El gamba de legn. disperato del suo bimbo? Di solito poco, giusto il tempo necessario per- ché, oltre le lacrime, ci fosse anche il moccio al naso. El perdon l’è a Melegnan La “veneziana” è una sorta di pagnot- Ci sono diverse interpretazioni di que- tella, poco saporita, guarnita con gra- sto detto, la più probabile è quella che nelle di zucchero trattenute dall’albume si riferisce all’indulgenza plenaria con- che veniva spalmato sulla parte alta. Fatto l’acquisto, il bambino dava il cessa agli abitanti di Melegnano dal primo goloso morso… il risultato era Papa Pio IV, e che, ancora oggi, viene che una parte dello zucchero rimaneva ricordata come Festa del Perdono con attaccato al moccio, cioè alle narici. lo svolgimento dell’annuale fiera po- polare. Quando si subisce un torto, per il quale le scuse non bastano, è facile che El Gamba de legn venga ricordato che il perdono non è qui, ma a Melegnano. Non è detto che Uno dei pochi elementi caratteristici debba trattarsi di una colpa grave e in- sui quali non ci sono dubbi è El gamba fatti l’espressione può avere anche un de legn, forse il primo tram a vapore carattere giocoso. che poteva viaggiare a una velocità Rimane però la “consuetudine” che se ben superiore a quella dei tram a ca- vuoi ottenere il perdono e comunque valli. godere dell’indulgenza, devi andare a Il percorso era Milano-Magenta con Melegnano il giovedì santo e rendere partenza dall’attuale piazza Baracca, devozione all’esposizione della Bolla si trattava di un servizio molto apprez- Papale. zato, anche se un po’ rumoroso, in par- ticolare era quel ritmico tu tum, tu tum, che caratterizzava il trenino e che, in una certa misura, poteva sembrare la Fà la fin del Prina camminata di uno zoppo. Per alcuni El gamba de legn era pro- Giuseppe Prima fu ministro delle fi- prio riferito al rumore fatto dal tram, nanze durante il Regno Italico. per altri invece la storia era ben di- Nato a Novara nel 1766, laureato in versa. Eccola. giurisprudenza a Pavia dopo un breve Nei giorni di nebbia e ancor più in periodo di libera professione, entrò quelli di nebbia fitta, la scighera, il nell’amministrazione sabauda. Se- regolamento imponeva che ci fosse guentemente e dopo diverse vicende un incaricato con fischietto e lanterna incominciò a collaborare con la neo- che avvertisse i viandanti del pericolo nata Repubblica Italiana accettando 22 • Per i milanes

L’uga Sono tanti i detti che mettono in evi- denza le caratteristiche di lavoro e di tenacia di Milano o meglio dei mila- nesi. Mi sembra inutile elencare tutti quelli che conosco, mi limiterei a quattro che pur con formule molto diverse hanno l’unico scopo di “vantare” Milano. Chi vòlta el cuu a , vòlta el cuu al pan. È un invito specifico per gli artigiani e commercianti a non allontanarsi dal mercato rappresentato da Milano, pena la perdita di lavoro. L’altro detto che voglio ricordare ri- la difficile carica di Ministro delle Fi- guarda la capacità dei milanesi di nanze. mettere nel proprio lavoro tutta la la- Inflessibile ed onesto fu costretto a boriosità e la fantasia. creare nuove tasse, indubbiamente fu A Milan, anca i moron fan l’uga. un uomo molto odiato, ma riuscì a ri- I moron sono le piante del gelso nero, sanare il bilancio anche con la vendita i frutti sono appena un po’ dolci e non di beni per lo più confiscati al clero. hanno un sapore particolare eppure a Tra la notizia dell’abdicazione di Na- Milano tutto è possibile, perfino che il poleone (1814) e una situazione in- gelso possa dare l’uva. Questo è uno terna confusa e divisa fra chi chiedeva dei tanti detti che non vanno tradotti un re italiano e chi sperava in un ri- alla lettera, ma ne va evidenziato il va- torno dell’Austria, era facile che tro- lore per iperbole. vassero spazio episodi di saccheggio C’è da dire però che negli anni alcuni sapientemente indirizzati verso il mini- detti hanno subito un processo di mo- stro delle Finanze. Fu assaltata la casa dificazione e proprio di quello riferito di Giuseppe Prina che fu denudato e ai gelsi viene fornita una versione op- gettato dalla finestra, poi finito a colpi posta: i moron han mai fa l’uga. Non di ombrello. sono riuscito a individuare le motiva- In casa sua non fu trovato nessun tesoro, zioni di questi due detti di valore op- nella sua vita di amministratore non si posto, posso solo riferire dell’usanza era affatto arricchito. Era stato onesto, di piantare i moron (i gelsi) a sostengo ma questo non gli ha salvato la vita. delle viti. Il detto: fà la fin del Prina, fu per molto Il quarto detto da citare in questo tempo la sintesi di una atroce minaccia breve elenco sulle caratteristiche di di morte. Milano, è anche quello più semplice Molti anni dopo, forse quando non era e immediato: Milan e poeu pu’. Qui più di moda trovare degli amministra- le interpretazioni possono essere le tori onesti, Milano dedicò una via a più svariate, quella più immediata Giuseppe Prina. è: Milano è il massimo e non serve altro, è un po’ come dire: vedi Na- poli e poi muori, perché tanto non ti serve altro. Motti e detti • 23

Al temp de Carlo Codega un detto, spesso non c’è nessuna me- moria, capita però qualche volta che Interessante questo modo di dire la l’attribuzione sia assolutamente certa. cui origine ha due diverse spiegazioni, anche se entrambe finiscono con indi- Se troeuvom sòtta el liter in quatter, care il codino che gli uomini si lascia- che significa ci troviamo in Piazza vano crescere come segno di distinzione. della Scala sotto il monumento a Leo- Per alcuni codega era riferito al grasso nardo da Vinci. Il monumento è molto di maiale che veniva usato per mante- caratterizzato perché nella parte bassa nere compatto e lucido il codino. sono situate le statue di quattro allievi Il codino come simbolo di uno stato di Leonardo: Cesare da Sesto, Gio- sociale, andò in disuso dopo il Con- vanni Antonio Boltraffio, Andrea Sa- gresso di Vienna. lario e Marco d’Oggiono. Il codino cessa di essere un sostantivo La cronaca vuole che Giuseppe Ro- per diventare un aggettivo col signifi- vani, giornalista e scrittore milanese, cato di conservatore, reazionario. vedendo il monumento da lontano, gli È molto probabile che in origine il venne da dire: un liter in quatter, cioè detto fosse: al temp de Carlo V, per una bottiglia da un litro (di vino) da di- poi diventare popolare come Carlo videre in quattro. Codega.

L’inguent del dodes Un liter Ecco un modo di dire usato in molte È quasi sempre molto difficile se non occasioni, era un unguento capace impossibile identificare la paternità di di risolvere molti problemi, veniva Motti e detti • 27

Te fumet come el caminon inevitabile: dàghela nò ch’el fa el ma- del Meani gutt. Ovviamente il nostro consiglio era La famiglia Meani era proprietaria, da rivolto alla ragazza, cosa non doveva generazioni, di una fornace che produ- dare era sufficientemente chiaro, e il ceva, per lo più, mattoni pieni. L’ar- magut era il muratore. Allora non era- gilla entrava nel cortile della fabbrica vamo molto interessati a conoscere il che era ancora notte, veniva rapida- vero significato della parola magut, mente scaricata, rifocillato il cavallo e aveva un bel suono, ci faceva ridere poi via prima che venisse giorno. e per noi era sufficiente. Chissà come La fornace era poco distante dalla Ba- silica di S. Ambrogio e la ciminiera avremmo reagito se avessimo saputo era ben visibile in una vasta zona di la storia che, addirittura, risaliva alla Milano. La caratteristica più signifi- Fabbrica del Duomo. Eccola: tutti i cativa era il fumo che, giorno e notte, lavoratori erano censiti per specializ- segnalava che la fornace era sempre zazione che spesso era la stessa per in funzione, in effetti veniva spenta lunghi elenchi: due volte all’anno per la pulizia e la cognome e nome: manutenzione. I fumatori più accaniti magister carpentarius venivano paragonati alla ciminiera cognome e nome: del Meani che però, almeno due volte magister carpentarius all’anno, smetteva di fumare. cognome e nome: mag (per magister) ut (come sopra, cioè carpentarius) cognome e nome: mag.ut Dàghela nò e quindi nei registri della Fabbrica del Duomo, molti erano qualificati magut, Era una delle espressioni che noi ra- anche se invece erano specialisti. gazzini usavamo con maggior diverti- mento negli anni ’60, gli anni del miracolo italiano. Anni nei quali a Milano, come in molte altre città, l’edilizia era in Ufo - Ad Usum Fabricae pieno sviluppo. Non c’era quartiere, soprattutto in periferia, dove le gru non La nascita di questa espressione la si fossero fitte come gli alberi dei boschi. deve a Gian Galeazzo Visconti che, ac- Molti degli operai che lavoravano a cogliendo il pressante invito dell’Ar- queste costruzioni provenivano dalla bergamasca e vivevano a Milano nelle baracche-dormitorio allestite all’in- terno del cantiere. Erano un po’ come i militari che, lontani da casa, cercavano improbabili approcci con le ragazze del luogo. Spesso alla domenica si vedevano que- sti ragazzotti “eleganti” nel loro “altro” vestito, cioè quello della festa, che ten- tavano approcci con qualche ragazza per instaurare un minimo di rapporto. A quel punto il nostro intervento era Motti e detti • 35

Quèlla lì l’è ona slandra El de denter l’è per i padron, Anche se qui è al femminile, el de foeura l’è per i mincion vale per entrambi i sessi. La slandra È un detto su misura per i milanesi non solo non ha voglia di lavorare, ma che preferiscono non mostrare il lusso va in giro a perdere tempo, insomma è (oggi forse non è più così). una lazzarona. La traduzione potrebbe essere: l’in- Qualche vecchio dizionario allarga il terno è per i padroni, l’esterno è per significato di slandra a prostituta. Io gli stupidi. non sarei d’accordo, anche perché mia È noto che a Milano esistono giardini mamma ogni tanto, quando facevo interni e cortili, lussuosi e non messi tardi, mi chiamava slandrone e io sono in mostra, mentre gli sciocchi pre- certo di non aver mai battuto i marcia- feriscono mostrare l’esterno, magari piedi. dando poca attenzione agli interni.

Paròla torna indree Fa nò el ciolla Era un’espressione che usava mia nonna Non fare lo stupido, non ne conosco la Caterina soprattutto nei confronti di provenienza, ma è molto usato soprat- suo marito. Il significato è: come non tutta in maniera bonaria. detto. Spesso veniva usata in forma scher- zosa, per esempio quando veniva chie- sto di fare qualcosa che poi non veniva Brusà el pajon fatta e allora anziché dire grazie, che non sarebbe stato opportuno, veniva Bruciare il materasso, mancare la pa- detto paròla torna indree, come non rola data, non rispettare l’accordo. chiesto. Interessante la derivazione: il paglie- riccio veniva bruciato davanti alla casa della ragazza per dare a tutti il messag- gio che le nozze erano andate a monte. La par la fabbrica del Dòmm È un’espressione per qualcosa che va per le lunghe, che non è mai finita. In Barabitt effetti la Fabbrica del Duomo è sempre in attività. Da Barabba, erano così chiamati i ragazzi mandati al riformatorio Mar- chiondi di Milano.

Anda al duu Andare in galera cioè in Piazza Filan- Fà nò el San Peder geri 2, è l’indirizzo delle carceri di Mi- lano. Sembrerebbe strano dire a qualcuno di non fare come San Pietro, il pesca- tore. Solo che in questo caso è colui che pesca nelle cassette delle elemo- sine. • 59

Filastrocche, storielle e scioglilingua Poche le filastrocche che ricordo e che noi, quattro fratelli, facevamo a gara a chi le recitava più rapidamente e senza errori. Spesso il tutto finiva in risata e, nei momenti migliori, cioè quando eravamo soli in casa, anche in zuffa giocosa. Ho avuto qualche perplessità sul fatto di tradurre in italiano questi testi che in milanese risultano così “saltellanti”, poi ho deciso che per una miglior compren- sione, qualcuna doveva essere tradotta, le altre no, avrebbero perso gran parte del loro fascino.

La città che sale È il titolo originale di un quadro di Umberto Boccioni, che vuol rappresentare la crescita di Milano con le nuove costruzioni che creano l’emozione di una città dinamica e moderna. Lo stesso titolo per questa installazione di Mimmo Paladino esponente della transavanguardia, realizzata a Milano in Piazzetta Reale. Scopo dichiarato di questa opera effimera è quello di celebrare la fratellanza fra Nord e Sud. Questa montagna di sale è appoggiata su una struttura lignea e i cavalli sono un invito a interagire con la montagna, il tutto protetto con resine idrorepellenti e atossiche. 62 • Per i milanes

Barbapedana Meneghina del 1933. Iniziare citando il Caravaggio mi sembra un po’ esage- Barbapedana el gh’aveva on gilè, rato, ma la faccenda andò proprio così. ròtt denanz, con senza el dedree, La cronaca si apre, per l’appunto, con cont i oggioeu long ona spanna, l’era el gilè de Barbapedana. un episodio che rivela subito il carat- tere del grande artista. Il Barbapedana era un cantastorie molto “Fatemi largo, ritiratevi, lasciatemi il amato dai bambini che, spesso, canta- passo o vi sbudello tutti quanti siete.” vano assieme a lui. Erano le voci che risuonavano la notte del 6 gennaio 1581. “Dagli, Dagli! È un birbone che ha ten- tato di rapire la Peppa.” Pinpin cavallin A forza di grida, di schiamazzi e di Pinpin cavallin minacce intervenne una pattuglia di sott al pèe del tavolin, Spagnoli che frenò i clamori permet- pan poss, pan fresch, tendo al Caravaggio di far perdere le induvina che l’è quest! sue tracce. Nelle frasi concitate riportate dal testo Ritengo che, come spesso succede, le originale, troviamo il nome del prota- parole non abbiano un particolare si- gonista: il Michelangelo Merisi e la gnificato, probabilmente sono state Peppa, sorella di quei ruvidi abitatori scelte per cadenzare la strofa. della Comasina che avevano suscitato Era comunque un sistema di tirare a tanto putiferio contro il pittore. sorte, di solito i bambini si mettevano Il Caravaggio, da tempo aveva ac- in cerchio e veniva canticchiata que- quisito larga fama come geniale ri- sta strofetta passando da un bambino trattista, era innamorato di una certa all’altro, a chi toccava l’ultima parola: Peppa della Comasina, la quale aveva quest! era prescelto per un gioco, una tre fratelli violenti che si opponevano penitenza, una gara o altro. alle nozze dei due. Costoro, rozzi mu- L’aspetto più divertente era il modo di ratori, ben conoscevano il carattere del contare le parole che spesso venivano Merisi e non volevano assolutamente “allungate” per essere o non essere che la sorella frequentasse uno scape- scelto, per esempio inserendo propri strato inaffidabile come il Caravaggio. prima di quest! E la baruffa appena raccontata, si ri- Così da guadagnare una battuta. feriva proprio a un incontro con i tre fratelli. Nel frattempo il Caravaggio fu allonta- nato da Milano, per un bando causato Crapa pelada dalle sue varie malefatte. È sempre difficile, se non impossibile, La povera Peppa si consumò di pas- identificare il contesto nel quale nasce sione e si ammalò, fra l’altro perse la una filastrocca, può succedere però di sua nera e bellissima capigliatura e la trovare un racconto, più o meno reale, testa così denudata le aveva procurato della storia che ne ha determinato la il nomignolo di “crapa pelada”. nascita e la notorietà. Qualche tempo dopo il Caravaggio Questa che propongo mi sembra molto tornò a Milano e subito si recò a casa fantasiosa, ma è stata pubblicata come della sua Peppa e costei, accoltolo con “vera” sull’Almanacco della Famiglia gran gioia, per fargli festa gli preparò Filastrocche, storielle e scioglilingua • 63 dei tortelli, dei quali il suo Michelan- Oggin bèll gelo era ghiottissimo. Sul più bello, Oggin bèll e sò fradèll mentre l’artista proponeva alla sua oreggia bèlla e soa sorella bella di abbandonare la casa e i fratelli, bocca di fraa, campanin de sonà. ecco entrare costoro avvinazzati e mi- nacciosi, ma il Caravaggio fu abile a È una filastrocca per i piccini che portar via la Peppa sottraendola all’ira viene recitata toccando gli occhietti, le dei fratelli. orecchie, la bocca per poi concludere Per quel giorno non si parlò più di tor- toccando il nasino con una lieve scam- telli e comunque la Peppa certamente panellata. non li avrebbe dati ai fratelli. E la storia sarebbe finita se un codicillo non ci avvertisse che i fratelli usarono lo stesso trattamento verso la Peppa. Se gh’inn Infatti costei dopo un breve volger di Se gh’inn gh’inn, tempo ritornò in famiglia, perché Mi- se gh’inn minga, chelangelo Merisi aveva dovuto la- s’cìao. sciare Milano. Uno dei fratelli, Luca, nella fausta È riferita ai soldi: se ci sono, ci sono, occasione delle proprie nozze, invitò se non ci sono, pazienza. tutti, parenti e amici, a mangiar una lacciada da lui preparata per la circo- stanza, non ne offrì neppure un pez- zetto alla povera Peppa che rimase in Sant’Antòni un angolo a sospirare mentre gli altri Sant’Antòni da la barba bianca mangiavano a quattro palmenti e si famm trovà quel che me manca, aiutavano con copiose bevute. sant’Antòni varda giò Fra la gioia dei bicchieri, e mangiando famm trovà quel che gh’hoo nò. la focaccia quel crudele di Luca venne È una filastrocca, ma è anche una fuori con questo strambotto a far ridere sorta di preghiera beneaugurante. la brigata: Crapa pelada l’ha fàa i tortei Ghe n’ha daa minga ai so fradei I so fradei han faa la lacciada Tì che te tacchett Ghe n’han daa minga a crapa pelada. Tì che te tacchett i tacch taccom i tacch a mi. A me è sembrata una storia un po’ Mì taccat i tac a ti che te tacchet i tacch? sconclusionata oltre che poco credi- Tacchet ti i to tacch, ti che te tacchet bile, ma così era sull’almanacco e così i tacch. l’ho riproposta. Poi, in fondo, poco importa: in mancanza di altre versioni Questa è troppo bella, non posso tra- teniamoci questa per buona. durla. 66 • Per i milanes ciao, moròsa tencia, Era un modo un po’ scorretto perché a scola ghe vegni pù il conteggio doveva andare dall’uno l’è ora de fa corr a trentuno senza chiamare in aiuto la maester e direttor, Madonna di Loreto. e se l’è minga asee bidel e cartolee. Oggi è l’ultimo giorno Matrimoni domani è la partenza ciao, morosa tencia El primm ann a brazz a brazz, a scuola non vengo più. el second pattej e fass, È ora di far correre el terz ann a cu a cu maestro e direttore, el quart ann e, se non è abbastanza quantè mai t’ho conossuu! bidello e cartolaio. Il primo anno a braccetto, La mia difficoltà nel capire questa fi- il secondo anno pannolini e fasce, lastrocca era riferita a ciao moròsa il terzo anno schiena contro schiena, tencia, ho poi scoperto che tencia vuol il quarto anno quanto mai ti ho cono- dire, scura di pelle, condizione tipica sciuto! di chi lavorava all’aria aperta e si abbron- zava quindi una popolana, non una signora che doveva avere l’incarnato bianchissimo.

Ciappa ‘l tram Ciappà ‘l tram balurda Ciapel ti che mi sun sorda Tric e trac lasel andà Tric e trac lasem andà. Di traduzione non se ne parla proprio. La filastrocca scandiva i tempi di un gioco fatto seduti in cerchio, passando un piccolo oggetto, chi sbagliava o non stava a tempo veniva eliminato.

Vun duu Vun duu trii quatter cinch ses sètt La madonna de Luret la cuntava Vintisètt vintott vintinoev trenta e trentun. Era la conta per dare il tempo ai bam- bini di nascondersi per poi essere in- dividuati da chi comandava la “tana”. Filastrocche, storielle e scioglilingua • 67

Aulì, ulè la domanda a la padròna, la padròna l’è in de la stalla Aulì, ulè che ta musee la domanda a la cavalla, che ta profita lusinghee la cavalla l’è in giardin tulilèm, blèm, blam la domanda al Giovanin tulilèm, blèm, blum. el Giovanin l’è sul tecc È una specie di conta fatta per indivi- tirèmel giò per i urecc. duare chi doveva essere il primo a fare Non mi sembra il caso di tradurla, lo un gioco o a pagare una penitenza. scopo è solo quello di fare delle rime giocose al di là di un eventuale signi- ficato. Trenta Trenta quaranta La pegora la canta, Pan la canta sul surè Pan poss la domanda al pecurè pan fresch el pecurè l’è a Roma mi induvini che le pròpri quest. È uno dei tanti modi che usano (usa- vano) i bambini per fare la conta e stabilire chi doveva, o non doveva, fare qualcosa, un gioco, una peni- tenza, ecc.

Venditore di noci e il cliente francese Comment s’appellet-ils? Se pelen minga, se schiscen Comment? No, minga con i man, cui pee Je ne comprends pas Se te voeuret minga comprài, lassa pùr sta.

I giardini delle case milanesi Belli, ma tendenzialmente, poco esibiti. In questo caso un’immagine di una casa in una zona centralissima. Fa sempre un po’ effetto e sorpresa trovare una pianta di agrumi in piena fruttificazione in città. • 73

La cucina meneghina Quando si parla della cucina milanese, il più delle volte, si citano quei pochi piatti da tutti conosciuti e sui quali tanto è stato scritto. Mi sembra, però, che sia mancata una ricerca più approfondita che avrebbe potuto evidenziare piatti inte- ressanti, gustosi in grado di sostenere un intero menù. I cuochi, da quando hanno deciso di farsi chiamare chef o, peggio ancora, maestri, sono sempre più alla ricerca di ricette nuove, complicate, con ingredienti poco conosciuti per cercare di aumentare il mistero e il fascino delle loro realizzazioni culinarie. E allora, le ricette vengono stravolte, altre se ne inventano perdendo di vista i sapori più genuini che per anni ci hanno accompagnato. Uno chef piuttosto conosciuto che doveva tenere una lezione in un istituto alber- ghiero, mi ha voluto al suo tavolo perché anch’io portassi un breve contributo. Io fui l’ultimo a parlare dopo interessanti interventi sull’aspetto artistico della cucina che, come tutte le arti, deve evolversi e quindi consentire alla creatività di dare il meglio. Io non ero e non sono completamente d’accordo perché lo spazio della creatività deve tener conto di alcuni paletti entro i quali è giusto sperimentare, quando però non si riconoscono più i sapori allora, forse, preferisco tornare a una cucina più semplice e meno spettacolare. Ho sempre poco amato la cucina francese perché sembra impegnata a coprire i sapori con altri sapori e, alla fine, è difficile capire quale avrebbe dovuto essere il gusto di partenza. Il mio intervento non è stato molto apprezzato soprattutto quando ho accennato che gli chef sacrificherebbero qualsiasi cosa per avere una stelletta o anche solo l’attenzione dei media. I piatti della tradizione meneghina sono stati spesso considerati squisitamente in- vernali, ciò in parte è vero, ma non bisogna dimenticare che, con qualche piccolo intervento, si può ampliare notevolmente la stagionalità. Basta volerlo. Le eccellenze e le specialità gastronomiche milanesi spesso hanno una storia e, quando la storia non c’è o non è significativa, basta un po’ di fantasia per renderla più interessante e raccontarla. Magari qualcuno potrà lamentarsi perché non ha tempo, forse l’ospite ha fretta, o siamo noi incapaci di interessarlo con un racconto. Anche se così fosse c’è sempre un’altra soluzione, quella di dare un cartoncino con la storia di un ingrediente o di una ricetta. La cucina meneghina • 81

I piatti della cucina milanese

Risòtt giald Risotto alla milanese Risòtt al salt Risotto al salto Minestron de ris di riso Minestron frègg Minestrone freddo Risòtt bianc Risotto bianco Ris e corada Riso e polmone Ris in cagnon Riso in cagnone Suppa de pell de patati e lard Zuppa di bucce di patate e lardo Minestron a la milanesa Minestrone alla milanese

Busecca Trippa alla milanese Rostin negàa Gamber del navili Gamberi del naviglio Mondeghili Coteletta a la milanesa Cotoletta alla milanese Cassoeula Ossbus Ossibuchi alla milanese Sparg a la milanesa Asparagi alla milanese Scisger con la tempia Ceci con la tempia Scartozzitt a la milanesa Involtini alla milanese Pollin cont el pien Tacchino ripieno Nervitt Nervetti Vitèll tonnè Vitello tonnato Fritt mist a la milanesa Fritto misto alla milanese Brasàa a la milanesa Brasato alla milanese Less mist a la milanesa Bollito misto alla milanese Lumach a la milanesa Lumache alla milanese Scaluppitt al vin bianch e erborin Scaloppine vino bianco e prezzemolo Uselitt scapàa Uccellini scappati Scartozzitt de verz Involtini di verze Suppa de baccalà Zuppa di baccalà Cardoni a la milanesa Cardi alla milanese Baccalà cont i patati Baccalà con le patate Polenta comodada a la milanesa Polenta alla milanese

Panetton Panettone Barbajada Oss de mord Biscotti duri da mordere Torta Meneghina Paradell Pan de mein Pane di miglio Cavolat Sciarlòtt a la milanesa Charlotte alla milanese Ris dolz e latt Riso dolce al Colomba Bertolda Le ricette • 85

Ris e corada striscioline, fate soffriggere, poi riem- Riso e polmone pite d’acqua la pentola, salate e lasciate cuocere alcune ore. Dire buon appetito In abbondante acqua salata aggiungete può sembrare una presa in giro. sedano, carota e cipolla e portate a bollore. Pulite bene il polmone e fatelo cuocere per circa 30 minuti, scolatelo e lasciatelo raffreddare. Tagliatelo a pezzettini privatelo delle parti bianche. Minestron de ris In una casseruola fate soffriggere nel Minestrone di riso burro una cipolla tagliata fine, aggiun- Uno dei piatti meglio riusciti della cu- gete il polmone, fatelo ben insaporire e cina milanese è certamente il minestrone poi aggiungete il riso. di riso, in particolare nella variante Nel frattempo filtrate il brodo del pol- estiva, cioè il minestrone freddo. Che mone che verrà usato come brodo di poi sia nato per una dimenticanza o, vi- cottura. Non sarebbe prevista una bella ceversa, per una scelta, poco importa. spolverata di grana, ma io la consiglio. Il minestrone tradizionale, quello da consumare caldo, prevede l’uso del lardo e delle cotenne, che sono bandite nella versione estiva. Ris in cagnon In effetti ci sono altre differenze im- Riso in cagnone portanti. Vale la pena di dare due elen- La ricetta è così semplice che quasi chi di ingredienti, il primo riguarda il non vale la pena di darla. Comun- minestrone freddo. que eccola. Gli ingredienti sono: riso, Soffriggere in olio extravergine d’o- burro, uno spicchio d’aglio, salvia e liva, aglio e sedano, aggiungere, in formaggio grana grattugiato. acqua fredda, fagioli borlotti freschi, Cuocete il riso in abbondante acqua sa- patate, zucchine, fagiolini, carote, po- lata. Nel frattempo schiacciate l’aglio e modori, il tutto a tocchetti. Salare e friggetelo con burro e salvia. Scolate il lasciar cuocere per 90 minuti, aggiun- riso e versatelo nella padella del burro gere riso Arborio, continuare la cottura e salvia, dopo aver tolto l’aglio, pochi per altri 15 minuti. Lasciar raffreddare minuti poi versatelo nei piatti con una e poi aggiungere un filo d’olio e ab- generosa spolverata di grana. bondante grana grattugiato. A questo punto devo proprio ricono- scere che il minestrone invernale è pro- prio un altro piatto, magari altrettanto Suppa de pell de patati e lard buono, ma certamente più calorico e di Zuppa di bucce di patate e lardo gusto meno delicato. Ecco gli ingredienti. I fagioli sono Questa è una ricetta molto particolare sempre necessari, ma questa volta sa- in uso in una mensa popolare. Nono- ranno da usare quelli secchi lasciati a stante la stranezza degli ingredienti, ve- bagno per 12 ore. niva apprezzata e mangiata volentieri. Tritate salvia, rosmarino, tagliate a Le patate devono essere spazzolate e piccoli pezzi il lardo e le cotenne. Ta- lavate molto bene, vanno pelate e la gliate a tocchetti tutte le verdure: zuc- buccia deve essere tagliata a strisce chine, patate, sedano, pomodori e una sottili. In una pentola capiente buttate cipolla piccola. Prendete una piccola le bucce di patate e il lardo tagliato a verza e tagliatela a strisce. In poco olio 94 • Per i milanes

Scartozzitt de verz proponeva abbastanza spesso nella sta- Involtini di verze gione dei cardi. Gli ingredienti sono: cardi, un limone, Anche per questa ricetta, come per i grana grattugiato, burro e salvia. I mondeghili, è previsto l’uso di carne cardi devono essere privati delle parti già cotta, probabile avanzo del giorno prima. più fibrose, lavati e puliti accurata- La carne va tritata aggiungendo sal- mente. Tagliati a pezzi di 10 cm circa e siccia, uova, mollica di pane bagnata fatti lessare in abbondante acqua nella nel latte e parmigiano grattugiato. quale sarà stato aggiunto il succo di un Amalgamate il tutto. Nel frattempo limone. Per la cottura ci vuole minimo fate scottare in acqua bollente le fo- un’ora, poi scolateli, asciugateli e al- glie di verza, asciugatele e poi stende- lineateli in bell’ordine in una pirofila tele. A questo punto, fate delle palline con abbondante burro fuso, salvia e del ripieno e avvolgetele nelle foglie grana grattugiato. Bastano 10 minuti di verza, legatele con filo da cucina e col forno a 150 gradi. Sfornate e co- friggetele in olio. priteli con una ulteriore spolverata di grana grattugiato.

Suppa de baccalà Zuppa di baccalà Baccalà cont i patati Baccalà con patate La cucina tradizionale milanese è sem- pre stata povera di pesce, per lo più ri- Il baccalà sarà stato ammollato e pu- servato al precetto del venerdì. Ciò non lito dalle spine, tagliato a pezzi, infa- toglie che alcuni piatti siano davvero rinato e messo a friggere in una teglia squisiti, come questo. con l’olio già in temperatura. A parte Gli ingredienti sono: baccalà ammol- avrete preparato le patate sbucciate e lato, aglio, conserva di pomodoro, mezzo tagliate a piccoli pezzi, aggiungetele al bicchiere di vino bianco, olio d’oliva e pesce, poi un bicchiere di vino bianco sale. In una padella fate soffriggere l’olio e una foglia di alloro, dopo 20 minuti e due o tre spicchi d’aglio, aggiungete il aggiungete un trito di prezzemolo, un baccalà a pezzi e fatelo rosolare per cin- bicchiere di passata di pomodoro e que minuti, aggiungete il vino bianco. completate la cottura. Poi versate la conserva di pomodoro e l’acqua. Lasciate cuocere per 20 minuti, ag- giustate di sale. Nel frattempo abbru- Scaloppitt al vin bianch e erborin stolite alcune fette di pane sulle quali Scaloppine vino bianco sarà stato strofinato dell’aglio, ponete e prezzemolo le fette di pane sul piatto e coprite con È una ricetta piuttosto facile, ma non la zuppa fumante. così semplice come parrebbe. E allora ecco l’elenco degli ingredienti e la ricetta per 4 persone: 600 gr. di fettine di vitello; Cardoni a la milanesa 80 gr. di burro; Cardi alla milanese 40 gr. di farina; È una ricetta semplice che mia madre 1 limone;