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88068 (Cz) GAGLIATO Pittoresco centro collinare che si affaccia a terrazza sul mare

di Vincenzo Pitaro

A due passi dalla riviera ionica chi privilegiati. Basti pensare soveratese e dalle Serre splen- che, nel 1691, padre Giovanni dide e incontaminate. Dalla Fiore da , nella sua collina su cui sorge, Gagliato «Calabria Illustrata», esaltava si affaccia a terrazza sul mitico Gagliato per le «buone como- mare di Ulisse, tanto decantato dità quanto al vivere, abbon- da Pindaro, dominandone tut- dando di molte cose», definen- to il golfo di fino a dola, peraltro, «terra di gran lambire le aride marne di Pun- civiltà, posta in bel sito molto ta Stilo. vistoso et in aere molto per- Una vista panoramica davve- fetto». ro incantevole, esaltata da E il marchese Sanchez de un’aria tersa e luminosa, tipi- Luna, alla cui famiglia questo camente mediterranea. La ve- marchesato apparteneva fin getazione è ricca e multifor- dal 1627, dopo aver lasciato la me, grazie al suggestivo con- vita movimentata di Napoli per trasto marino e, nello stesso rifugiarsi nella quiete di tempo, montuoso che avvolge Gagliato, così scriveva: «Per l’intero territorio collinare. C’è ritrovare me stesso, preferisco un’aria diversa a Gagliato, ora ritirarmi nella quiete delle mie viva, ora ritemprante. terre e quivi immergermi nello Celebrato anche da eminenti studio e nella letteratura dei studiosi, il clima di Gagliato classici antichi, e di tutto ciò (450 metri di altitudine) è ide- che germoglia dagli alberi eru- ale per chi cerca relax e di- diti dello Stoa e del Peripato». stensione. In effetti il marchese Sanchez Già i latini definivano questo de Luna amò sovente ritirarsi luogo «Salubri loco situm». fra i suoi possedimenti di Gagliato, infatti, sin da secoli Gagliato, presso il mare Ionio, lontanissimi, è sempre stata per ritrovare serenità di spiri- una località climatica per po- to, diletto e saggezza che mol-

 ti suoi parigrado concittadini sempre un’avventura restare ignoravano. «Qui vivo in grem- a contemplare lo spettacolo bo all’innocenza», scrisse in della natura e meravigliarsi di una sua pubblicazione. Una quanti altri fiori, che nascono meraviglia della natura, insom- spontaneamente, colorano ma. Uno spettacolo da sem- l’ambiente e di quanti uccelli pre incantevole. Un angolo di lo rendano più allegro. Calabria davvero bello, esal- Il turista scoprirà l’amena e tato da tutto ciò che una natu- romantica bellezza di un pae- ra, suggestiva e generosa, ha saggio d’altri tempi. Un pae- saputo dispensare a piene saggio vario e ricco di fascino, mani: la serenità della collina dove i colori si accendono, al- (tra l’argento degli ulivi e il ver- l’improvviso, come in una de degli aranci), la sfida dei scenografia e si spalancano monti circostanti, il suono rit- per scoprire l’incantevole oriz- mico e scrosciante dell’An- zonte ionico. cinale (l’antico fiume Cecino Sarebbe davvero un peccato descritto da Plinio il Vecchio non poter visitare e conoscere nella sua Naturalis Historia, più a fondo questo centro del ai tempi del quale era naviga- Catanzarese, autentica testi- bile o, meglio ancora, il fiume monianza di una storia e cul- Kaikinos degli antichi Greci dal tura millenaria. Oltre alla zona quale trasse ispirazione anche archeologica, ai ruderi della Omero). Grangia Certosina, ci sarebbe Ed ancora: il riflesso del mare da incamminarsi per i suoi ar- Ionio, lo stupore di inattesi pa- tistici vicoli, dove è possibile norami dove i raggi del sole, ammirare i portali di antichi liberati da ogni impurità, irra- palazzi signorili, il caratteristi- diano più luce e calore, ren- co balconcino secolare in fer- dendo più mite l’atmosfera, più ro battuto e... tanti altri grandi limpido il ciclo e più colorato, tesori architettonici che sicu- con attorno un profumo di fio- ramente non mancheranno di ri (acacia, zagara, mandorlo, affascinarvi. Perché questo ginestra, magnolie, oleandri, centro pittoresco conserva, da ecc.) sempre più inebriante. secoli, un ricco patrimonio an- Nasce cosi il clima salubre di cora tutto da scoprire. Ed è Gagliato, dove la primavera, anche per questo motivo che, l’estate, l’autunno e l’inverno a Gagliato, l’emozione ogni hanno sempre la loro tipicità giorno soffia più forte! tutta mediterranea. Vincenzo Pitaro Da queste parti, dunque, è Calabria Letteraria n. 7, Luglio 1998 Storia Luogo ideale per un corroborante soggiorno estivo (e non solo)

«Piccolissimo castello, di qua- secolo, allorché era un feudo si appena quaranta fuochi; della famiglia dei Morano che però con buone comodità in lo ebbe in proprietà fino a tut- quanto al vivere... Vi è gran to il ’400. Passò poi ai Borgia, civiltà in questa terra posta in principi di Squillace, che lo ave- bel sito molto vistoso et in aere vano sottratto ai Morano con molto perfetto». la forza. Protagonista di que- Con queste parole, padre Gio- sto fatto d’arme era stato vanni Fiore da Cropani descri- Goffredo Borgia, fratello di veva Gagliato nella sua Della Cesare, il Valentino, e di Lu- Calabria illustrata più di tre crezia, sorretto da un secoli fa. gabellotto del luogo, tale Situato su una collina a 450 Gironda. In seguito il feudo metri di altitudine, questo pic- tornò ai legittimi proprietari in colo centro a metà strada tra forza di un modus vivendi, con Soverato e le Preserre, si pre- l’usurpatore Goffredo. senta al visitatore come una ri- Nel 1494 Ferdinando I re di dente terrazza affacciata sul Napoli espropriò tutti i beni dei mare Ionio. Luogo ideale per Morano e li assegnò a Luca un corroborante soggiorno Sanseverino, barone di San estivo, per chi ama trascorre- Marco, elevato al rango di re un’estate lontano dai fra- principe di Bisignano da Ferdi- stuoni e al tempo stesso tro- nando I d’Aragona. Nel 1626, varsi a poca distanza dal lito- per vincolo matrimoniale, pas- rale che da Soverato si esten- sò ai Sanchez de Luna i quali de fino a Copanello, e dai mon- acquisirono il titolo di marche- ti che costeggiano Serra san se. Bruno. Infine, nel 1714, a questi suc- cedettero i Sanseverino. Un Un po' di Storia decennio dopo fu riacquistato dai Sanchez de Luna che Di questo paese si hanno no- incardinarono il titolo di duca. tizie storione a partire dal XV A distanza di alcuni anni, que-  sta famiglia di origine spagno- la lo alienò in favore dei Casti- glione Morelli che lo trasfor- marono in baronia. Nel 1806 ebbe inizio l’eversione della feudalità a opera di Giuseppe Bonaparte e l’antico feudo di Gagliato fu trasformato in luo- go appartenente al «governo» di .

La Chiesa Parrocchiale

La chiesa di Gagliato risale al XVI secolo allorquando occu- tervenire a riparare i danni pro- pava la parte più alta del cen- vocati dall’incendio (a causa tro abitato. Si presenta al- di una candela dimenticata ac- l’esterno con una facciata in cesa sul presepio) di tre anni stile barocco; all’interno con prima. una navata centrale e una La Grangia Certosina

Dell’antica grangia certosina di Gagliato resta ben poco. Quell’antico insediamento mo- nastico ha sempre rivestito per la comunità gagliatese, ma an- che per quelle dei paesi limi- laterale. I terremoti del 1783, trofi, una grande importanza. 1905, 1908 la danneggiarono Con un piccolo sforzo di fan- grandemente. In essa si con- tasia è possibile immaginare servano affreschi e tele che come tra quei monaci e la gen- sono opera del pittore Felice te del luogo fosse in atto un Fiore, di San Benedetto Ul- reciproco rapporto di laborio- lano. Fu più volte restaurata. sità e di preghiera. Tempi re- L’ultimo rifacimento avvenne moti, di cui oggi non giunge al- nel 1938 quando si dovette in- tro che un’eco lontana, quan-  to suggestiva e toccante. fasi diverse, dapprima ne so- Ancor vivo è invece il disap- spendevano l’attività religiosa punto per l’insipienza di quan- e poi lo sopprimevano assor- ti permisero che i ruderi del bendone tutti i possedimenti. vecchio convento passassero in mani private, e quindi ma- Mitico Ancinale nomessi e irrimediabilmen-te deturpati. II sito su cui sorgeva la gran- La data di fondazione è al- gia certosina sovrasta la valle quanto problematica. Esiste dell’Ancinale, un grosso tor- tuttavia un documento che fa rente che per molteplici aspetti supporre che essa dovette es- è legato alla storia dei paesi i sere costruita a partire dal XII- cui territori attraversa: Satria- XIII secolo. Si tratta di un atto di donazione, datato 14 novem- bre 1191, per mezzo del quale si assegnava al monastero di Santo Stefano del Bosco un podere nel territorio di Gagliato (pradium positum in agro Galliati). La grangia dovette essere molto fiorente dal pun- to di vista economico. Essa in- fatti amministrava un vasto feudo che ricadeva nei comu- ni, oltre a quello di Gagliato, di no, Gagliato, , Chiara- Satriano, San Sostene, valle Centrale, Cardinale, e Argusto. , Serra San Bruno. Tra le sue mura, fra l’altro, si Notizie storiche lo vogliono te- spense padre Saverio Canniz- atro di memorabili avvenimen- zari, priore della certosa di Ser- ti. Plinio il Vecchio lo riporta ra San Bruno dal 1766 al 1774, con il nome di Caecimis e lo nonché profondo studioso di classifica tra i fiumi navigabili matematica e astronomia. Ciò del Golfo di Squillace. avvenne il 10 gennaio 1784, Lo storico greco Tucidide scri- quasi esattamente un anno ve che «Lachete e gli ateniesi, dopo il catastrofico sisma che scesi dalle navi... presso il fiu- devastò l’intera Calabria. Co- me Cecino, catturarono circa minciò da quell’infausto even- trecento locresi che accorre- to la decadenza del cenobio: vano per contenere la forza, la Cassa sacra e i francesi, in con con Prosseno, figlio di  Capatone, e sottratte le armi bito una drastica metamorfosi andarono via». Si vuole anche in seguito alla costruzione di che, risucchiato dalle acque, vi una diga destinata ad alimen- avesse dimora il citaredo tare una centrale idroelettrica. locrese Eunomo. Leggende, sia chiaro. Di certo è che le L'area sue acque, visitate e percorse archeologica fin dall’antichità, costituirono di Gomeno per secoli fonte di benessere. Padre Fiore dice che «i primi L’Ancinale, nel tratto in cui se- a popolare quelle riviere» fu- para i territori di Satriano e rono gli enotri. Altri, per lungo Gagliato, potrebbe nasconde- tempo, credettero di ravvisar- re un segreto. Una città sepol- vi la Sagra, il fiume su cui in- ta? Presunti rinvenimenti di torno al 580 a.C. diecimila frammenti fittili farebbero pen- locresi sbaragliarono più di sare all’esistenza di un qual- centomila crotoniati. È proba- che insediamento umano risa- bile che, grazie a questa infon- lente al Neolitico. Come dire data interpretazione, la pianu- ra antistante venne chiamata Sagrianium. Da qui il nome di Satriano, l’antica Cecinia, che sorge sull’altro costone so- vrastante l’Ancinale. A riguardo, il già citato storico cappuccino di Cropani scrive: «Ritrovo che molti lo deriva- no dal vicino fiume, giusta il loro intendimento detto Sagra, ossia ne formano Saggiano, o Statere del V sec. a.C pur Satriano. Ma con aperto rinvenuto in località Gomeno errore, conciossiaché il fiume ad almeno tremila anni fa. È Sagra, già famoso per la rotta un’ipotesi tutt’altro che pere- de’ Crotoniati, egli è sotto grina dato che da queste parti Castelvetere». E più avanti sorgeva la colonia greca di prosegue asserendo che Cecinia, progenitrice di Satria- Satriano trae nome «non già no. Ne fanno menzione fior di dal vicino fiume Sagra, ma scrittori dell’antichità (Tucidi- piuttosto dal paese all’intomo, de, Strabone, Plinio il Vecchio, detto volgarmente Saynaro». Pausania) ma se ne son perse Oggi il mitico Ancinale ha su- le tracce. Con molta probabi-  lità essa fu distrutta dal tiran- ancorché insistenti, che noi ri- no di Siracusa, Dionisio, nel IV portiamo per semplice dovere secolo a. C. di cronaca. Illazioni, queste, Qualche scoperta più o meno tutte da verificare alla luce di importante fa risvegliare l’en- una metodologia rigorosa e tusiasmo in quanti credono di inappuntabile dal punto di vi- riesumare le tracce di un lon- sta scientifico. tano passato. È il caso della Ma non per niente inverosimili necropoli venuta alla luce ne- o bislacche se si ripercorre il gli anni Sessanta in località passato di questo corso d’ac- Petraro nel comune di Satriano qua ricco di storia e di insedia- o di uno spezzone di opera menti monastici, come il mo- muraria lungo la balza di San- nastero basiliano di Sant’An- t’Angelo nel territorio di Ga- gelo della Pietra, nell’omonima gliato. località. Intorno a questo sito certa Servano, queste brevi note, vulgata vorrebbe che siano a stimolare l’interesse delle i- state rinvenuti monete greche, stituzioni preposte, affinché si uno statere, utensili e vasella- apra ufficialmente un sito ar- me attribuibili al periodo ma- cheologico e si avviino i lavori gnogreco E perfino anfore, di ricerca per verificare la con- un’oinochoe, una punta di lan- sistenza oggettiva di certe... cia... Sono ipotesi, beninteso. leggende che ogni tanto capita Nient’altro che dei «si dice», di ascoltare in giro. grande richiamo, spiccano per importanza due centri. Il pri- Le coste mo è Soverato, che con oltre 10.000 abitanti è la più grande località balneare della provin- dello Ionio cia catanzarese, l’altro è Copanello di . soveratese Soverato, divisa in una parte interna più antica (Soverato Su- periore) e in una marina che II mare, nel tratto costiero che vanta ben quattro chilometri di comprende i centri turistici arenile sabbioso, offre ai visi- della provincia di Catanzaro, tatori l’incanto di meraviglie ar- ha i colori e il fascino del Gol- tistiche e la contagiosa vitalità fo di Squillace, lingua litoranea della cittadina di mare, fatta di che alterna ampi lidi sabbiosi intrattenimenti e vita notturna a zone scogliere. Tra i molti in discoteche. Non lontana dalla comuni che si affacciano su spiaggia, una cinquecentesca questa incontaminata parte di torre di avvistamento (una del- Ionio, tutte mete turistiche di le moltissime costruite lungo

SOVERATO

 questo braccio di terra, ogget- periore è possibile anche visi- to di frequenti assalti da parte tare una cinquecentesca for- dei pirati turchi) introduce ai mella con «Ecce Homo» (an- capolavori architettonici di ch’essa attribuita a Gagini), Soverato Superiore, completa- collocata alla parete della na- mente ricostruita dopo il deva- vata di destra e un grande cro- stante sisma del 1783 (del nu- cifisso ligneo seicentesco, pro- cleo originario rimangono sol- babilmente opera di fra Ange- tanto rovine). Ne è esempio lo di Pietrafitta. paradigmatico la Chiesa della Copanello, ai piedi del promon- Santissima Addolorata, che cu- torio noto come Costa di Sta- stodisce al proprio interno una lettì (alte pareti rocciose a stra- «Pietà» di Antonello Gagini in piombo sul mare, disseminate marmo carrarese, proveniente da grotte, un tempo abitate da da un monastero agostiniano (a monaci eremiti) è invece un tutt’oggi visitabile nel comune trionfo di bellezze naturali, che di , in un podere che, si possono comodamente go- per l’appunto, porta ancora il dere dalla sua lunga e attrez- nome di «Pietà»). Sempre nel- zata spiaggia sabbiosa. la stessa chiesa di Soverato Su- Vincenzo Pitaro

La «Pietà» di Gagini Itinerari Serra San Bruno [790 m]

Già casale di Spadola, fu fon- data da Bruno di Colonia (fon- datore anche del primo eremo certosino, nei pressi di Grenoble), che nel 1091 rice- vette dal gran conte Ruggero il Normanno l’atto ufficiale di donazione di un appezzamento di terra tra i boschi della Ser- ra. Da allora, è uno dei centri Santa Maria della Certosa spirituali più importanti in Ita- lia e nel mondo. Molte case da spartire con quella iniziale, dell’abitato hanno portali in distrutta dal terremoto del granito lavorato, loggette di le- 1783. I resti della facciata de- gno scolpito e artistiche rin- notano linee e strutture attri- ghiere in ferro battuto che te- buite a Palladio. Nel monaste- stimoniano la maestria degli ro (visitabile il mercoledì e il artigiani locali, la cui tradizio- sabato dalle 16,15 alle 19) sono ne si può far risalire all’etica ammessi solo gli uomini, se- del lavoro manuale tipica dei condo una regola ferrea impo- Certosini. Meta principale del sta da San Bruno. Altro edifi- visitatore è, senza dubbio, la cio religioso degno di attenzio- Certosa, che sorge in un bo- ne è la Chiesa di San Biagio, sco alla periferia della cittadi- che custodisce quattro statue na. Il luogo, di mistica bellez- in marmo del XVII secolo con za, è meta di un continuo pel- bei rilievi di David Muller legrinaggio. (1611). Poco lontana, di fron- Le acque sorgive, chiare e fre- te al Monumento ai Caduti, c’è sche, abbondanti proprio da- la Chiesa dell’Addolorata, del vanti l’ingresso del monaste- 1721.All’interno, l’ottocente- ro, si raccolgono in una bellis- sco altare maggiore ingloba sima fontana con al centro la parti di un ciborio - in marmi statua di San Bruno. policromi, pietre dure e statue Il complesso monastico pre- in bronzo dorato - realizzato nel senta oggi una struttura in gran 1631 da Cosimo Fanzago. parte ricostruita, che poco ha (© Vincenzo Pitaro) Scatti d'Autore

Costumi Gagliatesi Curiosità A due passi da qui, dove nacque il nome Italia In epoca greca, prima delle colonizzazioni, la Calabria era abitata da più comunità, tra cui gli Enotri (coltivatori della vite), i Coni, i Morgeti, gli Itali. Pro- prio dal mitico sovrano Italo, la regione - che prima ancora si chiamava Enotria - fu detta «Italia» dai colonizzatori ellenici. Il nome, poi, si estese a tutta la penisola. Fu, dunque, la Calabria a dare il nome al- l’Italia. Molti dizionari enciclo- pedici - taluni anche voluta- mente - lo ignorano. Aristotele, il grande filosofo greco, nel 384 a.C. scrive che Italo era il re degli Enotri e che «da lui questi presero in segui- to il nome di Itali, come pure venne chiamata Italia la regio- ne da loro abitata, quella propaggine di coste delimitata a nord dai golfi di S. Eufemia Lamezia e di Squillace, così vi- cini tra loro che distano solo una giornata di cammino». Vi.P Personaggi Gagliatesi nel tempo

Sono tanti i gagliatesi che nel lavoro, nelle professioni, nelle arti si distinsero egregiamente e fecero onore alla loro terra. Alcuni operando fuori dalla Calabria. Vorremmo poterli enumerare tutti, così come me- riterebbero. Ma l’impresa è piuttosto ardua. Avessimo avu- to più tempo e spazio ci sarem- mo soffermati sulla vita e le o- pere di uomini come il parroco di estrazione liberale e filopa- triottico Fortunato Coda, il sottotenente Guglielmo Gareri, Il prof. Grazio Pitaro durante don Emanuele Calabretta, lo un colloquio con Padre Pio, nel 1950 scrittore e insegnante Grazio Pitaro, l'architetto e pittore zo a noi. Quel poco spazio di Giovanni Malafarina, e molti cui disponiamo in questa pagi- altri, fra amici e conoscenti, na, vogliamo dedicarlo a quat- che popolano con tanta com- tro personalità gagliatesi che mozione la nostra mente e che maggiormente fecero parlare purtroppo non sono più in mez- di sé, in Calabria e fuori. I pri- mi due vissero molto addietro nel tempo: Giovanni Girolamo Morano, barone di Gagliato, e Giovanni Sanchez de Luna, marchese di Gagliato. Gli altri due appartennero alla nostra epoca: il poeta Domenico Vi- tale e il pittore Giovanni De Luca, noto cartoonist. All’opera di questi uomini, al loro amore per la propria ter- ra, guardano e si ispirano quanti operano per far sì che Gagliato, vezzoso paese al li- mitare delle Serre, sopravviva. Archeologia Nel territorio di Gagliato I resti di una polis greco-romana?

L’archeologo Ermanno Arslam, diversi lustri addietro, dopo aver portato a termine un approfondito studio sulla Calabria, si disse convinto che oltre alla mitica Skilletion (distrutta nel 390 a.C.) e alla Scolacium romana del 122, ve ne fu un’altra (forse divisa in due frazioni, con più civiltà sovrapposte), nell’ambito del golfo di Squillace. La stessa tesi, alcuni anni dopo, venne sostenuta anche da Sabatino Moscati, in un articolo pubblicato sul «Cor- riere della Sera» finì per indicare persino il punto esatto su cui bisognava iniziare un’accurata campagna di scavi. L’area archeologica in questione sarebbe quella ricadente nel comune di Gagliato, che va dalla località «Sant’Angelo», sottostante al costone de «’U monacu», a «San Nicola» fino a «Gomeno». Una zona attraversata dall’Ancinale, l’antico fiume Cecino de- scritto da Plinio il Vecchio nella sua «Naturalis Historia» e dal quale avrebbe tratto ispirazione finanche Omero. Lì, secondo il parere degli esperti, esisterebbe una città sommer- sa di epoca greco-romana ancora del tutto inesplorata. Peraltro, anni addietro, proprio in questa zona, durante alcuni lavori di sbancamento, vennero alla luce due «aribaloi» del VI secolo a.C. (ora esposte in museo) che già d’allora costituivano, per gli archeologi, una scoperta di grandissima portata storica. Eppure quel ritrovamento, dovuto all’opera appassionata del prof. Giu- seppe Maria Pisani, studioso ed artista di notevole valore, passò (inspiegabilmente) sotto silenzio. «Purtroppo, non ci sono finanziamenti per avviare una vera e propria campagna di sca- vo», si limitò a dire la Sovrintendenza. E, da quel giorno, del- l’area archeologica gagliatese, tutti – almeno apparentemente - si sarebbero dimenticati. Ora, il sito archeologico di «Gomeno» torna di nuovo alla ribalta per la notevole presenza di materiale protostorico, ma anche di epoche successive, che dimostra di possedere nel suo sottosuolo. Proprio in questi giorni, infatti, in un podere vicino, denominato «San Nicola», sono affiorate del- le necropoli protostoriche con materiale databile al periodo prece-  dente il VII secolo avanti Cristo. Ma c’è di più. Si parla perfino di monete in argento del V secolo prima di Cristo che testimo- nierebbero l’esistenza di una civiltà magnogreca. Adesso la convinzione è più forte di prima. Secondo molti esperti del settore, in località «Gomeno», oltre ad alcune necropoli, potrebbero esserci i resti di una delle polis greco-romane che in Calabria mancherebbero all’appello. Tutto, infatti, lascia pensa- re che da queste parti fosse esistito un centro indigeno che si pensa abbia continuato a vivere anche in epoca greca. Un popo- lo, quindi, che successivamente si sarebbe ellenizzato. Notizie storiche, fra l’altro, vedrebbero questa zona teatro di avveni- menti memorabili come l’epica battaglia che si combattè intorno al 480 a.C. tra locresi e crotoniati sul corso d’acqua (allora navi- gabile) del fiume Ancinale, che dai greci era detto Kaikinos e dai romani Caecinus. Fatto sta che la pianura antistante venne in seguito chiamata Sagrianum (l’attuale «Sajnàru») e il paese so- vrastante prese il nome di Satriano. Che dire? La storia, in questa zona, a quanto pare, avrebbe lasciato tracce indelebili, facili da decifrare. Anche se, fino ad oggi, a farla da padrone sarebbe stato solo il silenzio. Un silen- zio, per dirla con eufemismo, davvero inaudito. (Vincenzo Pitaro, Gazzetta del Sud, pag. Cultura, 1985)

A Gagliato

Da le querce ombreggiata e dagli ulivi, aprica e silenziosa ti distendi; il cielo abbracci, i poggi, i fuggitivi jonici remi, e d’alto amor mi accendi.

Pietra su pietra, dominante ascendi come un altare pei tuoi dolci clivi, e da prossime tombe l’eco intendi dei trapassati, ammonitor dei vivi.

Oh, gloria a te se di un Gareri hai l’armi; se dal mare di Pindaro gli alati numi, presaghi, vegliano ai tuoi marmi!

Rapsodo ultimo, io, dei miei penati porgo alloro agli aratri, e ascolto i carmi tra i salmi degli ulivi e i campi arati.

Domenico Vitale

Metro: sonetto. Schema: ABAB, ABAB, CDC, DCD

«Domenico Vitale», come scrive il giornalista Vincenzo Pitaro su Calabria Letteraria, «fu il cantore, l'aedo di questo paese. Gagghjàtu, li Madùanni / passàru tutti 'e ccà: / a ttia restàru 'i sùanni / e a ricca povertà, così egli lo decanta nel suo poemetto dialettale di maggiore spessore poetico, I Zzippuli». Gagghjàtu

O chjanùra ‘e Gagghjatu chi ti spìecchji supa ‘u mara, chidhu Ddiu chi t’ha criàtu fhortemente t’avìa amara!

Ti trattàu cu’ tantu amuri, pua ti dezza ‘u sorrisu, misa a l’oleandru ‘u fhjuri, vozza ‘u fha ‘nu Paradisu.

Fhicia ‘i stidhi u su’ brillanti, dissa o' sula 'mu caddija, 'nzignàu ê cìedhi i mìegghju canti, ogni fruttu penzàu u crija.

'E janéstra o bruvéra 'u profhumu è sempa ‘ntùornu, ca ‘u vìernu è primavera e ‘a notta adhùcia ‘e jùornu. Vincenzo Pitaro

© 1987 Metro: quartine di ottonari piani. Schema: ABAB Vincenzo Pitaro, giornalista e scrittore, è iscritto all’Albo professio- nale dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti dal 1985. È anche iscritto alla S.I.A.E. con la qualifica di Autore della parte letteraria, all’U.C.S.I. (Unione Cattolica Stampa Italiana), al Sindacato Nazionale Scrittori e all’Unione Stampa Medica Italiana, gruppo di specializzazione in giornalismo medico-scientifico della F.N.S.I. - Federazione Naziona- le Stampa Italiana. È altresì specializzato in Comunicazione istitu- zionale. Dirige la «ViP Italia Srl», società di Uffici Stampa nazionali. 21 Geografia

Il comune di Gagliato domina il golfo di Squillace e la baia di Soverato. L'abitato è arroccato su di un poggio alla sinistra del fiume Ancinale. Il suo territorio ha un'altezza che varia dai 350 ai 450 metri dal mare. Dista appena sette minuti dal mare di Soverato e quindici dalle Serre. Confina con i comuni di Petrizzi, Satriano, Argusto e Cardinale. La superficie è pari a 6,99 kmq. Dal capoluogo di regione (Catanzaro) dista circa 40 km. Website e Social Media https://gagliatonews.wordpress.com https://facebook.com/gagliato https://instagram.com/gagliato_news https://twitter.com/GagliatoNews https://issuu.com/gagliatonews

Grazie a Internet ha ritrovato le sue radici gagliatesi. È accadu- to a un discendente di emigrati in America che, tramite la Gran- de Rete telematica, ha potuto rintracciare alcuni suoi parenti, sparsi tra Calabria e altre regioni italiane. Joseph P. Fodero (questo il suo nome), affermato cardiochirurgo nato settantacinque anni fa nel New Jersey (stato degli Usa nord-orientali) giorni addietro aveva lanciato un appello al popo- lo dei cybernauti, fornendo le sue coordinate e una parola chia- ve. Cosicché, la richiesta del professionista italo-americano ha fatto sì che Google, il più famoso motore di ricerca nel campo informatico mondiale, lo portasse immediatamente sul website «Gagliato in the World», ospitato all’interno del quotidiano on line www.laltracalabria.it. Di Gagliato infatti era suo nonno, emi- grato in America nell’Ottocento. È così il dott. Fodero ha potuto dapprima contattare i suoi congiunti - oggi residenti tra Catanzaro, Roma e Pisa - e poi poterli riabbracciare. (Gazzetta del Sud)

https://twitter.com/GagliatoNews Curiosità Lo «Jus primae noctis» dell'intrepido marchese (tra storia e leggenda)

La figura di un certo Marchese Sanchez, molto probabilmente un antenato dell’autore delle Fantasie capricciose, è circonfusa da un alone di leggenda che a Gagliato si tramanda di padre in figlio e di generazione in generazione. Si tratta beninteso di leg- genda, nel senso che non si hanno riscontri oggettivi nelle documentazioni storiche. Ma avendo tutte le leggende qualche indiscutibile documento storico, vale la pena esporla così come viene narrata dagli anziani di questo centro. In epoca medievale Gagliato era infeudata ad un certo Marchese Sanchez, al quale le giovinette che intendevano convolare a nozze dovevano pagare il tributo del «jus primae noctis». La consuetudine si protrasse alquanto nel tempo; senonché giunse in età da prender marito una graziosa fanciulla appartenente alla famiglia di ben precisati Codispoti. Malauguratamente - per il Marchese, s’intende - la promessa sposa aveva quattro robusti fratelli i quali, armati di tutto punto, attesero in casa l’arrivo dei birri che la dovevano prelevare e condurla al Palazzo. Giunti a destinazione, i tre bravi furono assaliti dai fratelli Codispoti, uccisi e fatti a pezzi. I loro corpi furono esposti nei pressi di Porta San Carlo ad un albero di olivo (che, per l’appun- to, ancora oggi porta il nome di «olivara ‘o quartu», a significare i quarti in cui erano stati ridotti quei corpi) spacciandoli per car- ne macellata di fresco. Il Marchese, a sua volta braccato dagli animosi fratelli, riuscì a salvarsi nascondendosi in un materasso imbottito di paglia che fu fatto trasportare dai domestici, fuori paese, al sicuro. Del singolare Marchese non si sa se sia più tornato o meno nei suoi possedimenti, o che fine abbia fatto in seguito a quello epi- sodio. Di certo si sa che da quel giorno nessun altro feudatario osò più in Gagliato e nei dintorni avanzare richieste di tal genere. Vincenzo Pitaro «Calabria Letteraria», nn. 7-8-9, Luglio-Agosto-Settembre 1986 Proverbi

I proverbi e le sentenze popolari in dialetto gagliatese sono pres- soché quelli in uso in tutta la regione, e quindi omettiamo qui di farne menzione. Ne riportiamo alcuni che riguardano particolar- mente il paese di Gagliato. Quello che è il più conosciuto per tutta la Calabria, e che, per la sua seconda parte, fa venire la mosca al naso a più d’uno (spe- cialmente fra i giovani) è il seguente: Si vua 'mu ti mariti va’ a Gagghjiatu, / ammìenzu Chjiaravadhi e Santu Vitu. Fin qui nulla di grave, si direbbe. Se non che il seguito appare irriguardoso e, ahinoi!, lesivo della buona reputazione di cui invece godono le ragazze da marito gagliatesi. I versi successivi quasi certamente aggiunti da qualche buontempone di un paese vicino, chissà?, forse perché non corrisposto da qualche fanciulla dei tempi an- dati, è la seguente: All’ùottu jùorni scindi a Suvaratu, ti pigghji la patenti di curnutu. Ciò che non rispecchia per nulla lo stato d’animo e la predi- sposizione umana del gagliatese, nel momento in cui gli si chiede qualcosa, è l’altro proverbio che dice: Gagghjiatu, nemicu di Cristu, mancu lavàtu trùovu mu mi prìestu. Nel comprensorio di Serra San Bruno, infine, ad una ospite che freme di prender cappello, gli viene ingiunto: E chi? Venisti cùomu lu suli di Gagghjiatu? Locuzione che deriva dalla convinzione popolare (piuttosto erra- ta) che il sole a Gagliato avrebbe una eclittica breve; nel senso che esso sorgerebbe e tramonterebbe in un brevissimo intervallo di tempo. Il Santo Patrono di Gagliato

San Nicola di Bari è il patrono di Gagliato. Si festeggia la prima domenica di agosto e il 5 e 6 dicembre. Un tempo, in occasione di quest'ultima ricorrenza, si svolgeva una fiera imponente; una delle più rilevanti della regione, perché l'ultima dell'anno e in prossimità delle feste natalizie. Sicché, accorrevano venditori ed acquirenti da ogni parte della Calabria, dalla Sicilia e dalla Puglia. Artigianato d'altri tempi Quando a Gagliato si lavorava il «fior gentile»

Le attività artigianali, unitamente a quella agricola e bracciantile, erano le sole risorse economiche che un tempo costituivano gli unici mezzi di sostentamento, per la maggioranza della popola- zione, a Gagliato. Fra gli artigiani non mancavano muratori (‘nzalarmacàri), falegnami e sarti (custurìeri); c’era persino qualche fuochista (maschjàru) ed alcuni scalpellini. Ma le attivi- tà artigianali più redditizie, per la ricercatezza del prodotto, che si esercitavano pressoché in tutte le famiglie, erano la coltura del baco da seta e la lavorazione e tessitura della ginestra. Il baco da seta II baco da seta (‘u sìricu) lo si custodiva in casa, frequentemen- te nell’assito del sottotetto. Si allestivano, su graticci, gli oppor- tuni giacigli cosparsi di felci e vi si depositavano le provviste di foglie di gelso bianco (‘a frunda), vigilando che nell’ambiente ci fosse una temperatura ideale perché le uova potessero dischiudersi e facessero uscire le larve. Quando queste erano cresciute e ben satolle, si sistemavano penzoloni su un sostegno e dormivano le cosiddette «tre dormite». All’ultima delle quali, quella che pre- cedeva la formazione del bozzolo (‘u cucùdhu), e che è detta «la grossa», si diceva che «’u sìricu dorma a mundu», cioè profon- damente, della grossa, appunto. Ancor oggi, nel linguaggio dialettale corrente, di una persona tardigrada o lenta di comprendonio, si dice che «dorma a mundu cùomu ‘u sìricu». Infine, dopo le tre mute, fuoruscivano i boz- zoli che venivano venduti ai setaioli degli opifici di Catanzaro e Reggio. La ginestra La raccolta della ginestra, il «fior gentile» caro al Leopardi, av- veniva nei mesi di giugno-luglio; negli altri mesi, o era tenera, o troppo legnosa. Il lavoro, così come per il baco da seta, era completamente demandato alle sole donne. Esse si partivano all’alba a tagliare l’odoroso arbusto, e, raccolto in fascine, lo

 portavano a valle in prossimità di un corso d’acqua (‘u fhjuma, ‘a Prisa, ‘Ncinàla, ecc,). Qui, le fascine, assicurate per bene a delle grosse pietre, venivano lasciate nell’acqua corrente per qual- che giorno. Dopo di che si allestiva un grande paiolo (‘u caddarùni) e, a fuoco intenso, le si mettevano a macerare. Dopo alcune ore di bollitura nel ranno (‘a lissìa), le fascine venivano lasciate raffreddare; quindi, depositate nella gora (‘a cìebbia) perché fosse portato a termine il processo di macerazione. Pas- sata una settimana, si procedeva alla battitura ed alla scorticatu- ra. Le fibbre venivano strofinate su delle grosse pietre fin a che la parte interna, lanosa, non fosse fuoruscita. Dopo tutto questo po’ po’ di procedimento, era la volta della cardatura e della fila- tura. Finalmente si passava ai telai azionati a mano. Racconta qualche persona anziana del paese, che un tempo non c’era rione che non risuonasse dei gemiti dei telai. Uscivano, così, mirabilmente, tovaglie, asciugamani, coperte, vancàli, e persino indumenti intimi. Delle vecchie tessitrici di ginestra, una delle ultime fu mia nonna, Caterina Sestito. Alcune coperte trapuntate a mano e ricamate, che ella forgiò con amore e maestria, non- ché con duro lavoro, le custodiamo in famiglia con religiosa cura. Analogo procedimento si usava per la lavorazione del lino e del cotone. da «Gagliato, Radiografia di un paese di Calabria» pp. 195, luglio 1989 GAGLIATO

L'inizio del centro abitato Calvario in località «Frustìa»

Scorcio di corso Margherita Una scalinata interna

Veduta panoramica Centro gagliatese

Corso Margherita di sera Monumento ai caduti https://instagram.com/gagliato_news Info  Utili

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