I caduti di Oglianico Ecco alcuni volti della Resistenza Canavesana documenti tratti dai testi della sezione ANPI di Favria - Oglianico A pochi giorni dalla ricorrenza del XXV Aprile, vogliamo ricordare i caduti civili e partigiani del che una volta comprendeva Favria e Oglianico. Fermiamoci a riflettere e ricordiamoci che la libertà di cui oggi godiamo, la giustizia e la democrazia sono il risultato di vite sofferte e perdute.

Antonio APPINO partigiano Nato a Favria il 5 agosto 1924 da Domenico e Anna Massa Trucat Orfano di madre all’età di otto anni, lavorava giovanissimo come meccanico all’officina Tournour di Favria. A diciassette anni si arruola nel Corpo dei Vigili del Fuoco di Torino. Chiamato alle armi in fanteria, l’otto settembre torna a casa e, ricercato dai Carabinieri per renitenza alla leva, piuttosto che arruolarsi nelle truppe di Salò, sale in montagna e si unisce al gruppo partigiano “Monte Soglio”, operante nella zona di Forno. L’otto dicembre 1943 cade combattendo sul Monte Soglio colpito da un proiettile al fronte. Aveva 19 anni.

Domenico Carlo CATTANEO partigiano Nato a Favria il 13 agosto 1924 da Domenico e Teresa Battuello Comincia a lavorare come tornitore poi come centometrista al cotonificio Vallesusa di Rivarolo. A diciassette anni si arruola volontario nei Vigili del Fuoco di Torino. Chiamato alle armi nel 1943, arruolato nel Battaglione San Marco a Pola, poi a la Spezia e in seguito a Castellamare di Stabia, dopo l’otto settembre riesce a tornare a casa e decide di andare assieme ai partigiani della VI Divisione Alpina Giustizia e Libertà. All’alba del 3 maggio 1944, in una casina di Santa Maria di Agliè, dove pernottava con il suo distaccamento, viene ferito dai fascisti ed è finito con il calcio dei fucili sul terreno del cortile. Aveva 19 anni.

Bartolomeo Lenin SORMANO partigiano Nato a Favria il 1 gennaio 1921 da Giavanni e Maria Gambotto Meccanico in un’officina di Favria, chiamato alle armi in fanteria, l’otto settembre si trovava i licenza e ne approfitta per arruolarsi nelle formazioni partigiane della VI Divisione Alpina Giustizia e Libertà. All’alba del 1944, nella cascina di Santa Maria ad Agliè viene ferito dai fascisti. Viene trascinato in strada, gli vengono prima spezzate le gambe ed è poi finito con un colpo di pistola al cuore. Aveva 23 anni.

Antonio VALLOSIO partigiano Nato a Favria il 22 settembre 1922 da Giovanni Battista e Domenica Costantino Lavora a Favria come fucinatore nella ditta Bersano e Data. Chiamato alle armi nel 1941, alla data dell’otto settembre si trovava in licenza di convalescenza. Invece di rientrare in caserma, si arruola come partigiano nella VI Divisione Alpina Giustizia e Libertà. Anche lui, all’alba del 3 maggio 1944, si trovava nella cascina di S. Maria ad Agliè e viene ferito dai fascisti che salgono alla frazione grazie ad una spiata. È finito a pugnalate. Aveva 22 anni. Pietro CATTANEO partigiano Nato a Favria il 4 gennaio 1923 da Antonio e Domenica Cavallo Abita in borgata S. Giuseppe alla cascina Siena. Lavorava come meccanico. Chiamato alle armi presta servizio militare nei carristi. L’otto settembre riesce a tornare a casa, ma ben presto sceglie di unirsi ai partigiani e si arruola nella Brigata di manovra “Moro”, di stanza a Corio . Il 9 ottobre 1944 durante un’azione in pianura, cede nella rete di un gigantesco rastrellamento che sta avvenendo intorno a Rivarolo e Favria. Nello scontro a fuoco con una pattuglia tedesca cade combattendo davanti alla chiesa della frazione S. Anna. Aveva 21 anni.

Gianni CHIARABAGLIO partigiano Nato a Favria il 15 novembre 1919 da Matteo e Maria Costantino. Viene congedato per aver contratto la malattia della malaria durante la guerra in Dalmazia. Partigiano nella III Brigata Matteotti, dopo aver superato i rischi della guerra e delle azioni contro fascisti e tedeschi, dopo aver dato prova di grande coraggio in spericolate iniziative, muore accidentalmente cadendo da un mezzo che si avvia, incolonnato fra gli altri camion carichi di partigiani, alla volta della pianura, per quella che sarà la battaglia finale con cui Torino verrà liberata. Muore il 27 aprile 1945, a poche ore dalla fine della guerra. Quasi una beffa del destino. Aveva 25 anni.

Giacomo CAT BERRO civile Nato a Favria il 25 giugno 1922 da Antonio e Margherita Foriero Militare sul fronte russo, vive la disastrosa ritirata dell’inverno 1942-43, riuscendo a tornare a casa con un mulo, compagno e valido aiuto nelle tremende marce nella neve. Non risponde agli appelli della repubblica di Salò e riprende la sua attività nella sua cascina. Il 9 ottobre 1944, durante un rastrellamento nelle campagne di Favria – Rivarolo, viene catturato dai tedeschi insieme a molti altri giovani delle cascine circostanti. Condotto con i compagni di sventura alla frazione Mastri, viene creduto un partigiano a causa del suo abbigliamento: una camicia a quadri e scarponi militari. Durante la sosta sulla piazza intuisce la propria sorte ascoltando le conversazioni tra i soldati di guardia, poiché durante la guerra in Russia ha imparato un po’ di tedesco. Prega allora un amico, Guido Mautino, un ragazzo lasciato libero dai tedeschi per la sua giovane età, di avvisare i familiari perché vengano a raccogliere le sue spoglie. Inutili i tentativi delle sorelle di salvargli la vita. Avvertite dalla sua cattura, una di loro accorre ai Mastri, ma viene allontanata con la minaccia delle armi dai soldati che stanno portando Giacomo al luogo dell’esecuzione. Nel frattempo l’altra sorella si precipita in bicicletta al cotonificio Vallesusa dove lavora per chiedere al direttore, di origine tedesca, di intervenire a favore del fratello. Nonostante l’immediato intervento del direttore che si reca personalmente ai Mastri per chiarire l’equivoco, per Giacomo è ormai troppo tardi. Mentre gli altri giovani rastrellati sono condotti a Torino con la triste prospettiva di essere deportati in Germania, Giacomo viene fucilato insieme ad alcuni partigiani sulla provinciale - . A guerra finita, quando il Comune propose alla famiglia di usufruire della pensione per i partigiani caduti, il padre decise di non avvalersene in quanto il figlio non apparteneva alle formazioni partigiane. Aveva 22 anni.