l’inchiesta Dopo Wojtyla, il candidato Ratzinger La ORAZIO LA ROCCA e MARCO POLITI Domenica il protagonista Dior, l’uomo che cambiò la moda NATALIA ASPESI e GIAMPIERO MARTINOTTI DOMENICA 16 GENNAIO 2005 di Repubblica

Il 27 gennaio del 1945 il soldato dell’Armata Rossa Yakov Vincenko spalanca il portone con la scritta “Arbeit macht frei” e scopre l’orrore. Ecco il suo “Laracconto notte e le testimonianze dei sopravvissuti che ho liberato Auschwitz”

FOTO GETTY/RONCHI

GIAMPAOLO VISETTI pravvissuti dell’Armata Rossa sovietica. Raggiunse il campo di sterminio con la divisione di fanteria numero 322, Fronte ucrai- i luoghi MOSCA no. Aveva 19 anni. Venti mesi prima era stato ferito nella batta- glia di Kursk, quasi due milioni di soldati russi uccisi dai nazisti. Beirut, il giro del mondo in una notte ell’ombra, avvertii una presenza. Stri- «Ho passato il primo filo spinato alle 5 di mattina — rac- GABRIELE ROMAGNOLI sciava nel fango, davanti a me. Si voltò e conta — : era buio, sabato 27 gennaio 1945. Non era gelido, apparve il bianco di occhi enormi, dilata- solo tracce di neve marcia. La sera prima, nella notte, il com- ti. Tacemmo: da lontano ci investiva l’e- battimento aveva preteso molte vite. Temevo i cecchini la- cultura «co smorzataN degli scoppi. Tra i due, solo io sapevo che erano i sciati di guardia. Al riparo di un bidone ho visto il maggiore colpi dell’artiglieria tedesca in fuga. Pensai ad uno spettro, mi Shapiro, un ebreo russo del gruppo d’assalto della centesi- Il noir mediterraneo che racconta la vita assalì il dubbio di essere stato colpito, magari ucciso. Non so- ma divisione, spalancare un grande cancello. Dall’altra par- CONCITA DE GREGORIO e MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN gnavo, ero di fronte ad un morto vivente. Dietro a lui, oltre la te un gruppo di vecchi minuti, ma erano bambini, ci ha sor- nebbia scura, intuii decine di altri fantasmi. Ossa mobili, te- riso». Solo dopo anni ha appreso di aver assistito allo schiu- nute assieme da pelle secca ed invecchiata. L’aria era irrespi- dersi dell’ingresso dell’inferno, sotto la scritta “Arbeit macht l’incontro rabile, un misto di carne bruciata ed escrementi. Ci sorprese frei”. «Mi sono alzato per avanzare. Ho guardato nel bidone: la paura di un contagio, la tentazione di scappare. Non sape- era colmo di cenere, emergevano frammenti di ossa. Non ho Renzo Piano: la rinascita della città vo dove fossi sbucato. Un commilitone mi disse che eravamo capito che erano resti di chi era stato là dentro». CURZIO MALTESE ad Auschwitz. Abbiamo proseguito, senza una parola». segue nella pagina successiva Yakov Vincenko ha 79 anni ed è uno degli ultimi liberatori so- SERVIZIO DI PAOLO RUMIZ 26 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 la copertina Poco prima dell’alba, il giovane militare russo Memoria dei liberatori Vincenko entra in un campo di prigionia in Polonia. Nel buio gli viene incontro un gruppo di “scheletri viventi”. Per un attimo teme di essere morto, di stare già all’inferno. Pensa di scappare. Non lo fa, va avanti e scopre l’orrore di Auschwitz Gli spettri del soldato Yakov

GIAMPAOLO VISETTI Scopro sui libri attimi che ho vissuto e fino alla disfatta di Stalingrado, sem- Ho sperato per anni di riuscire a di- mi sorprendo. L’emozione però non brava inarrestabile. Yakov Vincenko menticare: poi ho capito che sarebbe accetta di liberarmi. È la seconda vol- sparò il suo primo colpo a Voronezh stato comportarsi da colpevole, di- (segue dalla copertina) ta che riesco a tornare nel campo, non nel 1942, agli ordini del generale Vatu- ventare complice. Così, ricordo. Non è un viaggio che si esaurisce in una vi- tin. «Nessuno mi aveva spiegato come sono riuscito a comprendere come akov Vincenko, ses- sita. Un’ex internata ebrea mi ha scrit- comportarmi. Il Fronte ucraino era sia potuto succedere, ma a chi nega sant’anni dopo, è seduto to di lasciare un sasso per lei: non ha un’armata di bambini, spinta avanti l’Olocausto dico: credete a me, che Ho aperto la porta delle ad un tavolo nella sede mai trovato la forza di rivedere la ba- per localizzare i nemici e consumare quando ero lì ho cercato di convin- baracche, all’interno uomini del comitato dei veterani racca e il forno crematorio che hanno le munizioni dei tedeschi. Dopo otto cermi che non fosse vero». ‘‘ di guerra, nel centro di inghiottito la sua famiglia». mesi di resistenza nel sud della Rus- Le truppe di Stalin non sapevano moribondi pregavano, Mosca. Sopra di lui i ri- Il vecchio soldato, una pensione di sia, siamo avanzati verso l’Ucraina. cosa fosse un campo di sterminio. So- trattiY di Marx, Lenin, Stalin e del gene- guerra da 60 euro al mese, sul fronte Dai tre ai venti chilometri al giorno: a lo gli alti comandi, a Cracovia, erano temevano li ammazzassi. rale Zhukov. «Un tipo con cui era me- occidentale russo ci finì per caso e Kursk, a Kiev nel 1943, in Galizia e in- stati informati di trovarsi sulla strada Quando ho detto loro che glio non discutere — dice — . Stalin gli quasi bambino. Sorte e adolescenza fine a Sandomir in Polonia. Nell’au- del Lager di Auschwitz-Birkenau. Il 18 aveva ordinato di non risparmiare rubata, incoscienza, hanno condotto tunno del 1944 ormai il morale era gennaio, alla vigilia dell’offensiva, gli erano liberi, non percepivo soldati. Lui ha onorato l’impegno». È i suoi passi nel labirinto dell’Olocau- cambiato, i nazisti erano in rotta. ufficiali sovietici appresero che dal ancora un uomo asciutto, rigido ed sto, ancora ignorato. «Era l’estate del Quando abbiamo conquistato Craco- campo era stata fatta partire una co- felicità. Li vedevo sollevati eretto sopra stivaletti con un certo 1941 — racconta — e vivevo a Mosca. via, ai primi di gennaio del 1945, i ge- lonna di 80mila prigionieri, scortata ma non avevano la forza tacco: quando cammina è costretto a Finita la scuola, fui mandato dai geni- nerali ci dissero che se riuscivamo a dai nazisti verso la Germania. Da di- procedere spedito. Veste come un po- tori a Vinnitza, in Ucraina, il nostro sopravvivere ancora pochi mesi, sa- cembre, Himmler aveva ordinato di per reggere la gioia vero, gli abiti lisi sembrano non ap- villaggio natale. Avrei dovuto aiutare remmo tornati a casa». cessare le esecuzioni e di demolire le partenergli. Tra pochi giorni sarà a il nonno in campagna. Due settimane camere a gas. «Tra noi e le baracche — Cracovia e tornerà alla polacca dopo, per non lasciare ai tedeschi Il ritorno a casa racconta Yakov Vincenko — si frappo- Oswiecim. Alla commemorazione nemmeno i ragazzi, mi precettò l’Ar- Non finì così. L’Unione Sovietica neva una tripla linea di difesa tedesca. della liberazione del campo di stermi- mata Rossa. Giochi, sogni, progetti, aveva perduto tra i 25 e i 30 milioni di Dovevamo superare la Vistola e il fiu- nio, assieme a 48 capi di Stato e ad una sono crollati in un giorno: a 15 anni mi persone, l’esercito era decimato. me Sola, i ponti e i campi erano mina- folla di anonimi, andrà con gli ultimi sono ritrovato soldato, una baionetta Vincenko, ormai un uomo ferito ti. Il 25 gennaio il generale Fiodor Kra- due compagni d’armi: uno vive a San del 1891 in spalla e le granate che ci quattro volte, il 9 maggio apprese di vasin fece avanzare fucilieri e carristi, Pietroburgo, l’altro a Minsk, in Bielo- stavano nelle tasche. Ero fortunato: essere un vincitore a Praga: ma a ca- rinforzati da un gruppo d’artiglieria. russia. l’esercito sovietico era così sguarnito sa è tornato sette anni dopo, non tro- Sono morti a centinaia, costruendo Non è la storia dalla parte dei libe- che solo uno su quindici aveva il fuci- vando più qualcuno ad aspettarlo. ponti di legno nella corrente. Una re- ratori: l’orrore piuttosto, osservato le. Per questo, mi sono salvato». «Quel giorno ad Auschwitz — dice — sistenza tanto accanita, da parte dei con gli occhi stanchi e spaventati di Quattro anni tragici, tra disperazio- è diventato centrale nella mia vita nazisti in ritirata, ci sembrava insen- Yakov Vincenko soldati che non poterono riconoscere ne, fame e attesa della fine. L’armata solo quando anche il mondo ha ela- sata». I vertici delle “SS” avevano dato durante la guerra, a 19 anni la sua dimensione. «Mi hanno chiesto nazista avanzava verso il cuore del- borato una coscienza della verità e ordine di distruggere le prove del ge- di ricordare ancora — dice — ma in- l’Urss. L’assedio a Leningrado, il mas- della vergogna. Nemmeno noi, che nocidio, di sterminare gli ultimi testi- vecchio e il mio passato si confonde. sacro alle porte di Mosca: e Hitler che, abbiamo visto, ci volevamo credere. moni della “Soluzione Finale”.

I SOPRAVVISSUTI Furono 2.091 gli ebrei della comunità romana deportati nei lager nazisti, ne tornarono solamente 98. In queste foto, sei dei sopravissuti. Giuseppe e Marisa Di Porto sono marito e moglie, entrambi internati ad Auschwitz

Marisa Di Porto numero A5361, a Birkenau dai 14 ai 15 anni, 23.05.44 -27.01.45 “Va bene, fatemi la foto ma io non posso, non voglio dire niente, essere costretta a ricordare niente di quei giorni” Alberto Mieli Giuseppe Di Porto numero 180060, ad Auschwitz dai 18 ai 19 anni, 03.44 - 05.05.45 n. 167988, a Monowitz dai 20 ai 22 anni, 11.12.43 - fuggito il 18.01.45 “Io non auguro a nessuno, mai, neppure di sognare ciò che accadde “Ma è vero? Ciò che ricordo è successo realmente? in quei lager, e ciò che i miei occhi furono costretti a vedere” Poi guardo il numero sul mio braccio, e quella è storia”

ell’aprile del 1945, Simone Veil e la sorella vengono li- una forma di quarantena, per via del tifo? Non ne ho idea. Quello che so, berate a Bergen-Belsen. Ritrovano la libertà, la Fran- è che mia sorella non è morta laggiù solo perché io ero là per occuparmi cia… E anche l’incomprensione di un paese indiffe- di lei. I prigionieri di guerra sono rientrati direttamente: noi ci abbiamo rente al dramma degli ebrei. messo cinque giorni per tornare in Francia, ammassati dentro a dei ca- Simone Veil: Per lungo tempo, la voce degli ebrei tornati dai cam- mion. L’indifferenza delle autorità francesi era già allora assoluta- pi di sterminio non è stata ascoltata. Perché? mente straordinaria. E poi siamo arrivati in Francia. Quello che ave- N«Questa indifferenza, per lo meno apparente, è cominciata ancora vano subito gli ebrei, lo sterminio della maggior parte di loro, non su- prima del nostro ritorno. Nell’aprile del 1945, gli inglesi hanno liberato scitava nessun interesse. L’altra mia sorella, invece, deportata a Ra- il campo di Bergen-Belsen dove eravamo arrivate al termine delle “mar- vensbrück in quanto membro della Resistenza, è stata festeggiata. Era ce della morte”, da Auschwitz, ma siamo rimaste sul posto diverse setti- un’eroina — cosa incontestabile — tutti si interessavano a lei, le face- noi scampati mane. Il campo è stato bruciato coi lanciafiamme dagli inglesi, per ra- vano domande sulla Resistenza, su quello che era successo nel campo gioni sanitarie, e noi siamo state trasferite in una ex caserma delle Ss. di concentramento. Forse era un modo, da parte della gente, di ap- Molte di noi sono morte dopo la liberazione del campo, per il tifo, per propriarsi della Resistenza? Noi? Non valeva neanche la pena di pro- un’alimentazione inadeguata o per mancanza di cure. Penso che mol- vare a parlare: ci interrompevano subito! Cambiavano argomento. te di queste donne avrebbero potuto essere salvate, ma non era una prio- Certi, quando vedevano il tatuaggio che ho ancora sul braccio, dice- rità. Fortunatamente, dei prigionieri di guerra francesi provenienti da vano: “Ah, ce ne sono ancora, di ebrei? Credevamo che fossero tutti uno stalag lì vicino, tra i quali c’era un medico, venuti a sapere che tra i morti…”. E per i nostri cari era troppo doloroso parlare di quelle cose. uccisi due volte deportati c’erano delle donne francesi, sono venuti a soccorrerci. Le au- Noi raccontavamo delle cose spaventose, loro vedevano in che stato torità francesi, dal canto loro, hanno deciso di rimpatriarci solo un me- eravamo tornate: per loro, che ci amavano, era insopportabile. E lo è AGATHE LOGEART se dopo. Forse perché si voleva dare la priorità al rimpatrio dei prigio- ancora oggi, peraltro, sessant’anni dopo. Una mia cognata è stata de- nieri di guerra, che erano internati da cinque anni? O forse si trattava di portata anche lei, quando vogliamo parlarne ci vediamo da sole». DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 27

L’IDEA DI HIMMLER I TRE LAGER L’ANNIVERSARIO Il campo di concentramento di Del complesso facevano parte Il 27 gennaio 1945 il campo di Auschwitz fu costruito nel 1940 tre lager: Auschwitz I, dove sterminio veniva liberato dalle FOTO GAMMA su ordine di Heinrich Himmler furono uccise 70mila persone, truppe sovietiche. Saranno ad nei pressi della cittadina Auschwitz II o Birkenau, il Auschwitz in occasione del 60° polacca di Oswiecim (in campo di sterminio dove anniversario numerosi capi di tedesco Auschwitz), a 60 km persero la vita più di un milione stato e di governo europei, da Cracovia. Vi furono uccise di persone, la maggior parte tra cui Putin, Chirac, tra un milione e 100mila nelle camere a gas, e infine il il presidente tedesco Koehler e un milione e 500mila persone campo di lavoro di Monowitz e Silvio Berlusconi

«Sapemmo poi — prosegue Vin- avvertendo della sua incertezza: 1 mi- mazzassi. Sulla tuta a righe, esibivano abituale di un’espiazione, aggiunge cenko — che la notte prima dell’assal- lione e 300 mila morti, o 3 milioni, o 6 la scritta “Ost”, o la stella di Davide. che però non esistono parole per de- to un ufficiale tedesco, dopo la cattu- milioni, ancora non sa. Nove su dieci Uno mi mostrò un numero tatuato scrivere, che non l’aveva mai fatto ra, aveva confessato ai nostri che il erano ebrei: gli altri zingari, omoses- sull’osso di un braccio. Le assi erano prima. E che l’esultanza, la sicurezza forno crematorio di Birkenau era suali, prostitute. Fino a 5 mila vittime coperte di stracci ed escrementi, si degli eroici liberatori sovietici, la ri- pronto per saltare in aria. Il maggiore al giorno, con i forni a pieno regime. I soffocava. Non posso dire di aver per- conoscenza dei sopravvissuti libera- Malenko, con due artificieri, due elet- 600 evasi in quattro anni, 400 dei qua- cepito felicità, mentre dicevo loro che ti, l’ha scoperta soltanto nei film. «La tricisti e una pattuglia di esploratori, li ripresi, impiccati davanti ai compa- erano liberi. Li vedevo sollevati, gli oc- verità è che quel 27 gennaio nessuno Nemmeno noi che abbiamo evitò che esplosioni e fiamme cancel- gni dopo essere stati costretti a mar- chi si riaccendevano: ma non avevano di noi soldati si rese conto di aver var- visto ci volevamo credere. lassero forni, camere a gas, baracche ciare a ritmo di musica sotto il cancel- la forza di reggere una gioia». cato un confine da cui non si rientra, ‘‘ e fosse comuni». Non è stata invece lo principale. Al collo un cartello: «Ev- Fu uno dei mattini più disperati del e che i prigionieri non seppero rac- Ho sperato per anni di riuscire eroica la liberazione di Auschwitz del viva, sono tornato». «Ma io — dice mondo. Solo la vaghezza contingente contare. Era chiaro che su Auschwitz soldato semplice Yakov Vincenko. Vincenko — ho incontrato solo spet- della realtà salvò i liberatori dall’abis- incombeva qualcosa di terribile: ci a dimenticare, poi ho capito «Dopo la mezzanotte del 27 gennaio tri. Quando siamo entrati, nel campo so della Shoah. «Non avevamo tempo chiedevamo a cosa fossero servite che sarebbe stato da complice, fui svegliato e buttato avanti. Cammi- restavano 17 mila prigionieri». per sostare, i sopravvissuti erano allo centinaia di baracche, quelle cimi- navo alla cieca, spinto da sonno e stremo, la maggioranza non parlava niere, certe stanze con le docce che da colpevole. Così adesso paura: non mi sono nemmeno accor- I bambini nelle baracche russo. Alcuni francesi mi hanno se- emanavano un aroma strano. Pensai to di essere entrato nei 40 chilometri «Donne, bambini, malati: erano inca- guito per scappare, un gruppo di a qualche migliaio di morti, non allo ricordo, anche se non sono quadrati occupati dai 39 campi di la- paci di muoversi, per questo erano ebrei polacchi si è dileguato tra gli al- Zylkon B e alla fine dell’umanità». riuscito ancora voro, detenzione e sterminio del stati abbandonati nelle baracche. I te- beri, accennando una corsa. Una Era mezzogiorno quando il coman- complesso di Auschwitz, Birkenau e deschi non avevano avuto il tempo di bambina mi si attaccò ai pantaloni, dante Lebedev alzò la bandiera rossa a comprendere Monowitz». ammazzarli tutti. C’era una puzza credo per cercare cibo. Il tenente sopra il cancello di Birkenau. Yakov L’ordine ufficiale era di non fermar- asfissiante, l’odore dolciastro e acre maggiore Subotin mi avvertì che po- Vincenko era già lontano, sette chilo- si, si inseguire i tedeschi per farli arre- della morte che ancora mi pare di sen- tevo contrarre qualche virus, ero spa- metri più avanti, alle porte della citta- trare. «Il comandante della prima tire. Sono passato davanti a scheletri ventato. Sapevo che stavano arrivan- dina di Oswiecim per braccare i tede- compagnia, Maksim Ciaikin — ricor- accovacciati nella melma gelata. Non do gli ufficiali medici e le cucine da schi e strappare loro i prigionieri. «So- da il vecchio reduce — fu centrato da parlavano, mi seguivano con sguardi campo: la lasciai lì, mi vergogno. An- lo allora — dice — un gruppo di bam- una raffica esplosa da una torre di av- di terrore. Gli ultimi giorni, per fare in cora la penso, mi chiedo se sia stata bini sciamò da una baracca che sem- vistamento. Seguì un sanguinoso fuo- fretta, i nazisti li fucilavano a migliaia salvata, come altri 2.819 detenuti, se brava vuota e osò gridare “libertà, li- co a corta distanza. Poi il silenzio, sul bordo delle fosse comuni. Poi bru- sia vissuta e come, se l’esistenza le ab- bertà” nel campo semideserto. La sera quasi fossimo penetrati nel vuoto. Per ciavano tutto. Così sono stati incene- bia riservato un risarcimento: e se ri- me lo raccontò un compagno, ucciso mezz’ora, passati i reticolati e fino al riti anche 29 su 34 depositi di beni se- corda il soldato sovietico, poco più poi sull’Oder, al mio fianco. Ma io cancello, ho camminato da solo e nel questrati ai deportati. Ho aperto le grande di lei, che non ha avuto il co- quelle grida non le ho sentite, ad Au- fango. Non era giorno quando ho in- porte di quattro baracche: in ognuna raggio di prenderla in braccio». Yakov schwitz non ho incontrato vita, o la Yakov Vincenko contrato il primo morto vivente ed è 24 persone, polacchi, russi, francesi, Vincenko si ferma e tace, restando a speranza. E nella notte mi sono lavato oggi, all’età di 79 anni stato meglio così». Ora cita a memoria tutti ebrei. Erano stesi, moribondi: guardare con un sorriso ambiguo. la divisa. L’unica volta, da quando mi i numeri dell’Olocausto di Auschwitz, qualcuno pregava, credevano li am- Dopo una pausa, simile alla ricerca sono svegliato in guerra».

IL GHETTO DI ROMA Fu creato nel 1555 da Paolo IV che costrinse 3mila ebrei a vivere in un’area ristretta tra piazza Giudea, il Portico d’Ottavia e l’isola Tiberina. Lo scorso anno la Sinagoga di Roma ha commemorato i suoi 100 anni FOTO LUCA MONTI

Mario Limentani numero 42230, a Mauthausen dai 20 ai 22 anni, 11.01.44 -0 6 .05.45 “Gli americani non sapevano dove mettere le mani. Vedevano noi camminare come scheletri, non sapevano come prenderci per paura di spezzarci” Ida Marcheria Shlomo Venezia numero 70142, a Birkenau dai 14 ai 16 anni, 11.12.43 - 01.05.45 numero 182727, ad Auschwitz dai 19 ai 21 anni, 11.04.44- 06.05. 45 “Lì ho conosciuto il male più assoluto, “Ho sceso l'ultimo gradino dell'inferno, io lavoravo erano tutti senza alcuna pietà, non ci sono discussioni” al Sonder Kommando di Birkenau, i forni crematori”

Esistevano quindi due tipi di deportazione? Una valorosa, quella dei ro di Berlino e dell’implosione dell’Unione Sovietica, in tutti quei pae- raccontare quella tragedia. Era necessario che qualcuno sopravvivesse partigiani, e l’altra quasi disonorevole, quella degli ebrei? si dell’Est, da cui provenivano la maggior parte delle vittime della per poter dire che cosa era successo e perché non avvenisse più una ca- «È vero che c’era una grossa differenza. I partigiani si erano battuti Shoah, gli ebrei ritrovano un’identità che era stata soffocata. E la me- tastrofe simile. Oggi, a ogni incidente, o anche per semplici fatti di cro- contro i nazisti. Si erano assunti grossi rischi. Spesso erano stati tortura- moria della Shoah fa ormai parte di questa identità». naca, si proclama “mai più questo”, a ogni pié sospinto e senza alcuni ti. Gli ebrei erano stati deportati per la sola ragione di essere nati ebrei. A che serve questa memoria? E che cosa significa «dovere di discernimento. Il pericolo, più che il negazionismo, è comparare cose Questo atteggiamento nei loro confronti è durato a lungo. Negli anni Set- memoria»? che non c’entrano niente fra loro. La banalizzazione, in altre parole». tanta, ho partecipato a un dibattito alla Sorbona sull’esistenza delle ca- «Non mi piace molto questa espressione. In questo campo, il con- La memoria può impedire la riproduzione del crimine? mere a gas, in risposta ai negazionisti. Mi avevano chiesto di fare un in- cetto di obbligo non ha cittadinanza. Ciascuno reagisce secondo i «In realtà no. L’esperienza lo ha dimostrato: in Cambogia come in tervento. Lo storico che doveva dirigere il dibattito era reticente, ma la si- propri sentimenti o le proprie emozioni. La memoria è lì, si impone Ruanda. Ciononostante, è necessario continuare a parlare, non tanto gnora Ahrweiler, che aveva organizzato la manifestazione, insistette da sola, oppure no. Esiste — se non viene occultata — una memoria del lager, di quello che abbiamo vissuto, ma di quello che costituisce perché partecipassi. Al momento della redazione degli atti del dibattito, spontanea: è quella delle famiglie. Qualche anno fa, quando ero al Mi- la specificità della Shoah: voglio parlare dello sterminio sistematico, lo storico di cui sopra mi informò che il mio discorso non sarebbe figu- nistero della sanità, sono venuta a conoscenza di ricerche sul bassis- scientifico, di tutti coloro che dovevano scomparire fin dal loro arrivo rato fra i contributi degli storici, ma solamente fra gli allegati. Stupefatta simo tasso di natalità di alcuni paesi dell’Africa. La sola spiegazione nel lager, perché erano troppo giovani, troppo anziani, perché non di un simile disprezzo, rifiutai. Nello stesso periodo, ci si interessava al- che quelle ricerche offrivano, soltanto come ipotesi, era che le don- c’era più posto per loro, o semplicemente perché l’ideologia nazista le testimonianze e agli archivi dei carnefici, le Ss. Ma si rifiutava di inte- ne, possedendo la memoria della schiavitù, limitavano spontanea- aveva deciso che tutti gli ebrei dovevano essere eliminati. Sì, bisogna ressarsi a quelli delle vittime, che non erano giudicate credibili». mente il numero delle nascite. La memoria è anche questo: qualcosa che questo si sappia. Ci sono ancora tante persone che non sanno. Ed I tempi sono cambiati… che torna non si sa come, perché è lì, nel profondo di sé. Altra cosa è il è così difficile concepire che una cosa del genere sia potuta accadere «Sì, ma la memoria a volte arriva molto in ritardo… La Romania e dovere di insegnare, di trasmettere. In questo caso sì, c’è un dovere». in pieno XX secolo, in un paese tanto fiero della propria cultura». l’Albania hanno riconosciuto il genocidio solo poco tempo fa. Gli slo- Che significato ha per lei la frase «Mai più questo»? Simone Veil è stata presidente dell’Europarlamento veni hanno chiesto al Museo di Auschwitz di poter apporre una targa «“Mai più questo” è quello che dicevano i deportati. Avevamo molta ed ora guida la Foundation pour la Mémorie de la Shoah commemorativa nella loro lingua. Dal momento della caduta del Mu- paura di scomparire tutti e che non rimanesse nessun sopravvissuto per (Traduzione di Fabio Galimberti) 28 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 la copertina In mostra a Londra le foto inedite della comunità ebraica Memoria degli scampati di Lodz, scattate da Henryk Ross. Sono gli anni della Shoah eppure in quelle immagini si colgono brandelli di serenità e speranza strappati alla tragedia che incombe. Come racconta una testimone straordinaria: Lala Lubelska, che da Lodz è finita ad Auschwitz e a Mauthausen. Ed è riuscita a sopravvivere

PAOLO RUMIZ

BADIA POLESINE o dato il mio primo bacio ad un ragazzo nel vagone piomba- to per Auschwitz. «AvevoH diciott’anni, era l’agosto del ‘44. Non so che nome avesse, ma era bion- do e aveva un dente storto. Venivamo entrambi dal ghetto di Lodz, lui era por- talettere e mi faceva la corte. Eravamo magri e incoscienti. Il coraggio di toc- carmi gli venne allora, in mezzo a tutta quella gente, in un viaggio senza ritor- no. Non ho più saputo niente di lui». Ha 78 anni Lala Lubelska, ebrea po- lacca e testimone-chiave della Shoah per gli archivi Spielberg. Alla sua età ac- cetta la fatica della memoria a una sola condizione. Insegnare ai giovani che la vita è bella. Per questo va a parlare nelle scuole, e per questo, come Benigni, non narra solo Auschwitz, ma anche l’amo- re al tempo della morte; nel lager o nella trappola per topi del ghetto. Perché è stato proprio l’amore, rubato in un cam- po di lavoro, a cambiarle la vita nel ‘45. Amore di un veneziano, un prigioniero che le ha sorriso e donato un pane. L’uo- mo che poi ha sposato, per restare da al- lora nella nebbia della Padania. Piccola, serena nella voce, occhi az- zurri affamati di vita, oggi Lala è la non- na delle fiabe. «Ebrea fifty-fifty si auto- definisce, per aver sposato un cattolico. Le piace ancora ballare, cucinare per gli ospiti una zuppa detta Czulent o le pol- pette di pesce alla gelatina, nella tradi- zione israelita di Polonia. Scodella una torta all’amaretto, versa del moscato. è una sera di fantasmi e brina, tabarri e grappini, con la nebbia pesante del Po- lesine che bussa sui vetri, ma nonna La- la ha il sole dentro. Sorride e racconta il suo straordinario «c’era una volta». Erano note per la loro bellezza le tre sorelle Lubelska. Arrivarono insieme ad Auschwitz e quando le altre due, Kika e Kuka, che erano pure gemelle, furono convocate davanti al dottor Mengele per i suoi sadici esperimenti nell’infer- meria degli orrori, questo le mandò via infastidito perché troppo «ariane». Era- no alte, bionde e con gli occhi chiari: non rientravano nei suoi schemi. «Voi non siete ebree», disse l’uomo che torturava i gemelli e sognava di rendere eterno il Reich clonando l’uomo ariano. Guardiamo insieme le foto di Henryk Ross. Mostrano vite normali, coppie che si baciano nei giardini, feste di compleanno. Lala è allibita. «No, no, tutto questo non c’era. Almeno io non l’ho mai visto. Io non ho conosciuto al- tro che miseria. Per andare al lavoro al mattino camminavo cinque chilome- tri nella neve scavalcando i morti per la L’amore al tempo strada. Cucivo selle per i cavalli dei te- deschi e avevo le mani sanguinanti. Com’era possibile far festa con i tede- schi che potevano portarti via in qual- siasi momento? Con la gente impicca- Dickens. Padroni e operai divisi anche uno sterminio che fu prima di tutto mo- Perché c’era vita nei ghetti. In quello di ta per le strade? Con le camionette mu- di fronte alla morte. «Magari quei ric- rale. Lala spiega: «La nuova generazio- Vilna si tennero festival di musica, nel nite di camera a gas che ti rapivano per chi si illudevano di sopravvivere, e in- ne che si batte per ogni metro di terra in ‘43 vinse tale Katchergisky con un tan- farti sparire per sempre?». vece… Anche Rumkowski, il dio, ha Israele, non può capire. Ci imputano di go da brivido per la moglie appena mor- Una foto di bimbi che giocano ai po- avuto il suo capolinea a Birkenau. Di- non esserci ribellati, ma io rispondo che ta. Faceva: «Primavera, sulle tue ali blu, liziotti, forse figli degli agenti del servi- cono che sia impazzito, e che qualche fummo vittime di una demolizione prendi con te il mio cuore e fammi feli- zio d’ordine interno, quelli che faceva- ebreo si sia vendicato infornandolo vi- scientifica della personalità. Non era- ce». A Terezin si misero su orchestre e no il lavoro sporco per i tedeschi. Un’al- vo nel fuoco tedesco». vamo persone, ma automi». compagnie teatrali, e il cast si reintegra- tra foto di ragazzini ben nutriti davanti Miserie, egoismi. I quali tuttavia non La ribellione era impensabile a Lodz. va ogni volta che gli attori finivano allo a una tavola imbandita. Lala capisce il incrinano, ma accentuano la realtà di Ma la vita resisteva, motori al minimo. sterminio. A Varsavia si teneva in piedi tranello, il rischio che quelle immagini facciano il gioco dei negazionisti. «No, non è possibile. Bambini grassi, senza la paura negli occhi… Doveva essere agli inizi, nel ‘40, prima che ci chiudes- sero lì dentro… Sicuramente era prima del ‘42, quando tutti i bambini furono deportati perché improduttivi…». «Guardi, non mi indigno nemmeno. Sono solo infastidita. Queste immagini mi danno ai nervi. Capisco che siano uscite fuori dopo la morte del foto- grafo». Lala proletaria si ribella. Forse Ross stesso era un privilegiato, magari per questo è riuscito a sopravvivere. «Sapevo che c’erano situazioni parti- colari. Il capo del Judenrat, delegato dai tedeschi, Chaim Rumkowski, girava con la sua amante in carrozza a cavalli e si faceva omaggiare come un dio. At- torno a lui c’era gente ricca. Ricordo una signora che aveva un cane, cui da- va da mangiare meglio che agli umani. Quando un poveraccio rubò la ciotola per sfamarsi, ebbe il coraggio di mal- trattarlo in pubblico». Non sempre c’era solidarietà nel LE FOTO SEGRETE ghetto di Lodz. «Di quei tempi chiun- È una minoranza privilegiata di que avrebbe dato tutto per una scorza di patata», ammette Lala. «Io stessa so- ebrei quella immortalata nelle foto no riuscita a farmi trasferire in un uffi- scattate da Henryk Ross durante i cio quando una mia parente ha sposa- primi anni di vita nel ghetto di to un responsabile dell’amministra- zione dei trasporti». Ma le foto svelano Lodz. Molte foto furono nascoste, altro: le divisioni di classe della città in- seppellite e, solo dopo l’arrivo dei dustriale che si riproducevano in catti- vità come nella Londra spietata di sovietici, portate in Israele DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 29

LAVORO FORZATO Il ghetto di Lodz fu il più al lavoro forzato come grande, il più organizzato e manodopera a costo zero nelle quello rimasto più a lungo in fabbriche: 40mila morirono di funzione: creato tra il stenti e retate. Gli altri finirono dicembre del ’39 e l’aprile nei campi tra il ’42 e il ’44. I del ’40 vi vennero trasferiti superstiti furono liberati dai oltre 200mila ebrei, costretti sovietici il 19 gennaio 1945

more della vita è quello che ti comanda e dice: non lasciarti andare. Mai». Ancora una foto, un gruppo in posa sorride con candele accese. Forse è la fe- sta di Hannukkah. Gente ben nutrita, anche qui. «Ma alle candele — spiega Lala — nemmeno mio padre cercava di riunciare il venerdì. Erano il segno del- la vita che continuava. Lui le procurava, mamma le accendeva. Non so come papà ci sfamasse. Finché ha potuto ac- cedere al mercato nero ha venduto il poco oro rimasto. Poi ha fatto marmel- FOTO HENRYK ROSS/ARCHIVE OF MODERN CONFLICT/CONTRASTO late di buracki, le rape rosse. Ma negli ultimi mesi, quando mancava tutto, è un mistero come riuscisse a farcela». Esiste gente speciale, «luminosa» sottolinea Lala. «Ricordo una cecoslo- vacca, lavorava nel mio ufficio. Ci tene- va su. Diceva: vedrete, finirà, ho sogna- to una colomba, vuol dire che arriva la pace. Con lei riuscivamo a scherzare, a ridere dei ragazzi che ci piacevano, a prenderci in giro. Di una sola cosa non parlavamo mai: il cibo. Faceva troppo male. Era una gran donna. è sopravvis- suta e ci ha aiutato a sopravvivere. Con lei ho visto l’arrivo degli americani a Mauthausen, dove ci avevano portato nell’estate del ‘45. Il trasferimento era durato due settimane, e per tutto il viag- gio lei non aveva mai smesso di cocco- lare una bambina indifesa. Anche que- sta si è salvata». Altri si lasciavano andare. Li chiama- vano «musulmani». Erano gli sfortuna- ti, i più colpiti dalla sorte, o magari quel- li che accettavano il destino senza rea- gire. «Ho sentito quella parola la prima volta proprio a Mauthausen, non so chi l’avesse coniata. Ma indicava i morti vi- venti, gli scheletri ambulanti coperti di pelle violacea. Lì ho visto montagne di cadaveri, ma le assicuro che i vivi face- vano molta più impressione». Le donne hanno più capacità di so- pravvivere? «Forse — risponde Lala — ma è anche vero che i nazisti ammaz- zavano prima gli uomini. Erano una forza lavoro più temibile, organizzata. E meno sottomessa». Figurarsi a Lodz, la Manchester della Polonia, dove un indomito proletariato socialista già da un secolo piantava i suoi scioperi in muso ai padroni. Ci si sposa nel ghetto; lo stesso Ross prende moglie nel ‘41, ci sono le foto della cerimonia. «Un’amica — raccon- ta Lala — sposò un ufficiale della polizia ebrea del ghetto. Erano giovani, una bellissima coppia. Quando nel ‘44 li portarono ad Auschwitz, si accordaro- no di cercarsi a guerra finita in un posto preciso. Così avvenne, ma lei trovò lui già risposato. Non assorbì mai il colpo. Emigrò in Israele, sposò un ufficiale ebreo, sembrava non ci pensasse più. Invece dopo anni si uccise. Si fece bella, del ghetto si ingioiellò come una regina, salì sul tetto di casa e si buttò di sotto». Lala sor- ride teneramente: «È difficile reggere alla memoria di Auschwitz, se non hai un grande equilibrio. Lì non c’era dio, la canzone yiddish. Si tenevano diari, si una tirata a una sigaretta o di avere un schwitz, quando l’ufficiale col frustino non c’era niente». disegnava. I bambini esorcizzavano sapone buono. Qualcuno mise su per- lo separò da noi per mandarlo a morire, Nel ghetto anche si nasce, e quelle na- l’orco rappresentandolo. Mille modi sino una scuola di galateo per i più pic- lui ci salutò con un sorriso facendo ciao scite sono un grido di speranza. «Una per inventare la normalità dal nulla. coli. Il superfluo contava più dell’essen- con la mano. Disse: voi ce la farete, lo so. coppia — ricorda Lala — ebbe un bim- A Sarajevo, nei quattro anni d’asse- ziale, faceva la differenza tra la dignità e Era un ottimista, quell’ottimismo è il bo di nome Mosé e ne parlava come del dio dopo l’aprile ‘92, poteva mancare il la liquidazione di se stessi. suo regalo. Io sono felice ogni volta che nuovo condottiero, colui che per la se- pane, ma il teatro funzionava e si eleg- Lala: «Di questo non sapevo, ero una respiro. Lo dico ai ragazzi delle scuole. è conda volta avrebbe strappato gli ebrei gevano miss. Il rito dell’incontro al caffé ragazzina. Ma capivo che in giro c’era- la voglia di vivere che ti salva. Certo, ser- alla schiavitù». 2300 sono i bambini na- continuava anche se il caffé non c’era. no adulti che davano a tutti lezioni di di- ve anche la fortuna. Io ho scampato la ti nell’inferno di Lodz a partire dal ‘41. Si rinunciava a mangiare pur di dare gnità. Mio padre era di questi. Ad Au- morte tre volte, per puro caso. Ma l’a- Dal ‘42 i tedeschi portarono via tutti. Anche il piccolo Mosé che doveva cam- biare il mondo. Si salvarono in pochis- simi, nascosti dalle madri nei sottosca- la o in buchi sotto il pavimento. «Conobbi mio marito in un campo di lavoro vicino a Dresda, che rispetto ad Auschwitz era un paradiso. Giancarlo si chiamava. Faceva il muratore nella fabbrica dei carri armati. Non so cosa vedesse in me, ero tutta pelle e ossa, calva con la divisa. Ricambiai gli sguar- di, e le mie compagne favorirono i no- stri incontri. Pochi minuti per baci ne- gli armadietti dello spogliatoio, persi- no nei gabinetti. Fu meraviglioso. Poi ci siamo persi, lui mi credette morta. E nel ‘45, quando stavo per imbarcarmi per la Palestina con le mie sorelle, sol- dati israeliani di origine polacca mi aiutarono a trovarlo». «Tutte le volte che parlo alle scuole e nella mia mente torna a girare il film dell’inferno, lo sbarco sulla Judenram- pe ad Auschwitz, con gli ucraini che ci bastonano per farci uscire dai vagoni pieni di escrementi, morti e moribon- di, allora dico ai giovani: gioite, gode- LA MOSTRA A LONDRA tevi la bellezza della vita, imparate da- Si tiene oggi presso la National gli uccelli che si posano liberi sui rami. Benedite il pane che mangiate. Pensa- Portrait Gallery una mostra sul te che ogni respiro è un miracolo. So- ghetto di Lodz: per un giorno prattutto non odiate, l’odio non porta l’archivio con l’intera collezione di da nessuna parte, guardate cosa suc- cede in Palestina. Nel ‘46 ho ospitato Henryk Ross (sono 3000 foto) qui la mamma di un tedesco morto. Era viene aperto al pubblico venuta a cercare il suo corpo. Per me era solo una mamma disperata». 30 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 l’inchiesta Da un quarto di secolo è il braccio destro del Papa, il “custode Dopo Wojtyla del dogma”. Ma non si sente “il grande inquisitore”, coltiva una religiosità “colorata, barocca, mozartiana” , pensa ai cattolici come a una “minoranza creativa”. E oggi è il numero uno in vista di un pontificato di transizione capace di avviare a sorpresa la stagione di una Chiesa più democratica

Ratzinger, il candidato segreto

MARCO POLITI il miglior modo di preparare l’avvenire». no nel XXI secolo. Se il nodo irrisolto del Ma c’è uno sgomento a pensare al doma- Sue le proposte di un cattolicesimo è l’iper-accentramento di CITTÀ DEL VATICANO ni ed è diffuso il timore di una scelta che potere in Vaticano, il cardinale bavarese ingorghi improvvisamente la Chiesa di brain storming dei ha fatto sapere che si può pensare a «fo- i là dal Tevere, nei palazzi riforme (come accadde con l’imprevedi- rum sovraregionali (a livello continenta- apostolici al riparo delle bile Giovanni XXIII) oppure che blocchi le) che si facciano anche carico di funzio- mura leoniane, spira aria tutto nella paurosa difesa dell’identità. vertici ecclesiastici ni finora svolte da Roma». Mi ha detto an- di bonaccia. Non si cam- Nasce in questo clima l’aspirazione ad che di più durante la lunga conversazio- bia,D non si progetta, non si propone. Ogni un papato di transizione. Ma un papato invece di un concilio ne nella Sala Rossa del Sant’Uffizio: volta che si apre la finestra dello studio di peso, che non faccia rimpiangere l’au- «Sempre più si vede che una Chiesa papale, la folla in piazza San Pietro assi- torità mondiale di Wojtyla. Perché tutti e di una Sacra Rota dalle dimensioni mondiali, ed in ste allo spettacolo straziante di un uomo sono convinti che il papato è fondamen- questa situazione del pianeta, che cerca, lottando, il respiro per le paro- tale sul palcoscenico della globalizzazio- decentrata non può essere governata in mo- le. Un combattente prigioniero del suo ne, specialmente a fronte della disper- corpo, fiducioso in Dio e ignaro di ciò che sione dei protestanti e della frammenta- riservano le stagioni a venire. zione degli ortodossi. C’è disorientamento nel grande corpo La vicenda dell’Iraq, che ha reso visibi- della Chiesa universale. Incertezza sul le la superpotenza spirituale cattolica a futuro, inquietudine per l’immenso vuo- confronto con il gigante militare degli to che sarà da riempire. Lui, papa Wojty- Usa, è stata un test. «Giovanni Paolo II — la, ha già squarciato il velo. Un giorno — spiega il cardinale — è ha scritto nel suo poema Trittico Roma- emerso come capo morale della cristia- no — tornerà a riunirsi nella Sistina «la nità. Lo hanno riconosciuto anche le stirpe cui è affidata la tutela del lascito Chiese non cattoliche… il Papa ha inter- delle chiavi… quando se ne presenterà pretato la coscienza cristiana del mondo». l’esigenza, dopo la mia morte». Una leadership così preziosa non deve Joseph Ratzinger, il settantasettenne andare persa. porporato che presiede il collegio dei car- I papati di transizione (e un candidato dinali, ha confidato con emozione l’at- quasi ottantenne garantisce un pontifi- mosfera del conclave del 1978, da cui sca- cato decisamente più breve di quello turì il nome del pontefice polacco: «Era- wojtyliano) hanno spesso avuto nella vamo esposti alle immagini michelan- storia della Chiesa una funzione essen- giolesche nelle ore della grande decisio- ziale per aprire il varco ad altre prospetti- ne… insinuavano nella nostra anima la ve. Giulio Andreotti, da storico, è convin- grandezza della responsabilità». to che persino quelli brevissimi (si veda Adesso è lui, sussurra la vox populi papa Luciani) siano provvidenziali come d’Oltretevere, a essere in gara per il trono «passaggi obbligati» a grandi novità. più antico del mondo. Da piccolo, quan- Joseph Ratzinger sembra offrire alcu- do tutti noi sogniamo di fare il giardinie- ne carte, risparmiando traumi tra l’era re, il pompiere o il pilota, lui s’immagina- Wojtyla e i cambiamenti che interverran- va un futuro da imbianchino. Invece poi fu la vocazione di prete, divenne teologo conciliare nelle fila dei riformisti più ri- belli, ma subito dopo sterzò fra gli allar- misti frenatori e fu scelto da Paolo VI co- me arcivescovo di Monaco, finchè ap- prodò con Karol Wojtyla alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio. Anno del Signore 1981: da allora è sempre rimasto al timone, vi- gilando sulla “dottrina della fede”, ispe- zionando e condannando, spargendo veti e istruzioni. Braccio destro di totale fiducia di Giovanni Paolo II. In Vaticano e nel mondo la sua figura è ormai familiare. Il custode del dogma ha occhi azzurri da cui emana uno sguardo timido, sorriso appena accennato, ciuffo bianco sotto la mozzetta rossa, pronun- cia scandita che rivela volontà inflessibi- le. Ha processato fior fiore di teologi criti- ci e combattuto la teologia della libera- zione, ha detto no al sacerdozio delle donne, condannato irrevocabilmente l’omosessualità, negato il carattere pie- no di Chiesa alle confessioni protestanti, vietato la comunione ai divorziati rispo- sati, respinto un ruolo attivo dei laici nel- la guida della comunità dei fedeli. E tuttavia rifiuta l’immagine arcigna. «Io non sono il Grande Inquisitore né mi sento una Cassandra, quando esamino i fattori negativi nella Chiesa», ama dire di sé stesso. Semmai, insiste, si sente vicino ad una religiosità «colorata, barocca, mozartiana» come quella della sua natia Baviera. Però ammette (succede tra mu- ra ben protette) di andare talvolta in «col- lera» per le cose che non vanno. «Sì, ora è nella lista dei papabili», con- fermano prelati notoriamente prudenti. Mentre pochi anni fa il suo nome era im- pensabile perché simbolo di una polariz- zazione eccessivamente conservatrice (così come quello del cardinal Martini era scartato come troppo liberal). Succe- de perché papa Wojtyla sta regnando tal- mente a lungo da scompaginare tutte le liste. Certi candidati sono persino tra- passati come il porporato brasiliano Lu- I PAPABILI ca Moreira Neves. Altri nomi sono fermi nella lunga marcia: Tettamanzi di Mila- DIONIGI TETTAMANZI ANGELO SCOLA CHRISTOPH SCHOENBORN ANGELO SODANO no o il suo confratello viennese Schoen- born o il “candidato dell’Africa” Arinze. Arcivescovo di È il Patriarca di Arcivescovo Segretario di Stato dal Tra i nuovi ingressi, il patriarca di Vene- Genova e poi di Venezia, dopo aver di Vienna, 1990, è stato ed è il zia Scola, mentre resiste tra gli eminen- Milano, è esperto di ricoperto la carica di è un raffinato più stretto tissimi latino-americani Hummes di San morale e attento ai rettore dell’Università teologo, abile collaboratore di Paolo e si profila silenzioso un figlio del- problemi della pace e Lateranense. Proviene nel gestire il confronto Giovanni Paolo II l’India, Ivan Dias di Bombay. della globalizzazione. da Comunione con la cultura nella stagione aperta In Curia la parola d’ordine è business as Nel lavoro pastorale e liberazione. odierna. In Austria dalla caduta usual. «Lavoriamo come se fosse il primo ha sempre prediletto Ha collaborato a ha mostrato grande del Muro di Berlino. giorno del pontificato — mi ha confidato il rapporto umano alcune encicliche capacità nel trattare Dice che la Chiesa il patriarca di Lisbona da Cruz Policarpo con i fedeli di Papa Wojtyla con i cristiani di base è sempre da riformare — concentrarsi sugli impegni presenti è DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 31

do monarchico e col tempo si troverà an- Un momento di riflessione straor- che il modo di creare realmente una dinaria? profonda collaborazione tra i vescovi e il «Non ho un’idea precisa. Forse po- Papa. Perché solo così possiamo rispon- trebbe essere preparato a livello conti- Intervista a Benny Lai dere alle sfide di questo mondo». nentale o di conferenze episcopali. Ini- Accettava l’idea del cardinal Martini, ziative del genere devono maturare. Ma- gli ho chiesto, di un altro concilio sui no- gari sarebbe utile cominciare anche da Le sorprese di della Chiesa? La replica è stata sor- un gruppo non troppo grande per poi al- prendente, una contro-proposta: una largare l’iniziativa. Serve uno scambio «riunione non troppo istituzionalizzata» realmente fruttuoso ma è necessario che del Conclave per cominciare. «Si dovrebbe cercare — avvenga in un clima spirituale e non co- sostiene — di individuare una rappre- me in un parlamento». ORAZIO LA ROCCA sentanza di tutti i principali soggetti ec- Un brain storming sul futuro della clesiali. Ma senza creare strutture giuri- Chiesa. Una carta affascinante che i suoi ROMA diche. Io direi di cominciare così…». sostenitori portranno giocare al futuro conclave. Altrettanto innovativa sarebbe «Ma chi entra Papa in Concla- la riforma degli annullamenti dei matri- ve, quasi sempre ne esce cardinale. È moni religiosi, che potrebbe togliere dal- successo in passato. Potrà succedere l’angoscia milioni di cattolici divorziati e ora, anche se i papabili si chiamano Rat- risposati. «In futuro — è la sua proposta zinger, Ruini o Tettamanzi». L’avverti- — si potrebbe anche arrivare ad una con- mento arriva da uno che se ne intende, statazione extragiudiziale della nullità Benny Lai, ottant’anni ben portati, de- del primo matrimonio». Deciderebbe cano dei vaticanisti, unico giornalista «chi ha la responsabilità pastorale sul vivente ad aver seguito quattro Concla- luogo». Cioè i vescovi nelle loro diocesi. vi, da quello che elesse «a sorpresa» Gio- Un colpo di spugna sui macchinosi pro- vanni XXIII, fino a papa Wojtyla. cessi della Sacra Rota. Benny Lai, perché i papabili in gene- Perché Ratzinger ha in uggia le buro- re non vengono eletti? crazie. Essenzializzare è il suo motto, «Difficile indicare un perché. È nei enucleare «ciò che costituisce la trave fatti, è nella tradizione dei Conclavi portante della nostra dottrina, della no- quella di entrare papa e uscire cardina- stra fede», concentrarsi sulle questioni le, almeno stando a quelli più vicini a fondamentali. «Di sicuro la Chiesa non noi. Credo che sia una “regola” non ha ancora effettuato fino in fondo il bal- scritta legata ai meccanismi, alle intese,

FOTO CONTRASTO/GAMMA zo nel presente», ha ammesso con il suo alle alleanze e a tutti quei momenti im- interlocutore di fiducia, lo scrittore te- prevedibili che concorrono a creare il desco Peter Seewald. «Dobbiamo pren- particolare clima di mistero che caratte- dere atto dell’assottigliarsi delle nostre rizza ogni Conclave. Anche se non sem- fila», gli ha confidato, capire che la Chie- pre è andata così. Ad esempio, l’elezio- sa di massa sta tramontando, ammette- ne di Pio XII nel 1939 fu ampiamente re «la diminuzione della percentuale di scontata. Meno prevedibili furono le cristiani battezzati nell’Europa di og- elezioni dei successori». gi… I dati statistici mostrano tendenze In un futuro Conclave quale altra re- inconfutabili… Si riduce la possibilità di gola non scritta potrebbe influenzare identificazione tra popolo e Chiesa in le scelte dei cardinali? determinate aree culturali». A chi si fa il- «Credo che non sarà eletto Papa un lusioni replica: «A Magdeburgo la per- cardinale che non abbia avuto espe- centuale dei cristiani di tutte le confes- rienze pastorali, in parrocchia, in dioce- sioni è solo dell’otto per cento». Se si. Immagino, quindi, che nessun cardi- Toynbee afferma che il destino delle so- nale di curia sarà papabile. L’ultimo Pa- cietà è affidato alle minoranze creative, pa non pastore è stato Pio XII, che era «i cristiani devono considerarsi una tale stato nunzio e poi segretario di Stato. minoranza». Perciò sono importanti i Tutti i pontefici che sono venuti dopo movimenti. Anche una Chiesa piccola hanno avuto esperienze pastorali». deve essere aperta: «Non possiamo ac- Ma quali sono le dinamiche che scat- cettare tranquillamente che il resto del- tano in un Conclave? l’umanità precipiti nel paganesimo». «Intanto va detto che di Conclave tra i Ratzinger sul soglio di Pietro. Èuna pro- diretti interessati si parla con grande an- spettiva che affascina e spaventa. A se- ticipo. Anche quando il Pontefice è vi- conda delle idee dei singoli prelati. Sareb- vente. E specialmente quando un pon- be il primo pontefice tedesco dai tempi del tificato è piuttosto lungo. Ad esempio, Medio Evo, un papa venuto dal cuore del- non è un mistero che tra vescovi e cardi- la storia europea. Poco tenero con l’unila- nali già da tempo si stanno svolgendo teralismo americano e non per pacifismo incontri riservati, conciliaboli ristretti, a oltranza: «Per impedire che la forza del analisi di gruppi sullo stato di salute del- diritto non si trasformi in arbitrarietà, es- la Chiesa. Questo pontificato è stato sa deve sottostare a criteri rigidi ricono- contrassegnato da tanti grandi eventi, il sciuti da tutti», ha ricordato nell’annver- dialogo interreligioso esploso con Assi- sario della seconda guerra mondiale. Fau- si, i mea culpa della Chiesa, il rapporto tore di un’economia sociale di mercato a con gli ebrei, ma ci sono anche molti livello planetario: «Il crollo del comuni- porporati che lamentano che papa smo non ha confermato la bontà del capi- Wojtyla non ha governato la sua Chiesa, talismo in tutte le sue forme». Felice della altri avvertono la mancanza di collegia- Breccia di Porta Pia: «Lo Stato Pontificio ha lità. In un Conclave queste tematiche certo comportato molte insane commi- conteranno». stioni… crollato nel 1870: grazie a Dio». Quali altri aspetti potrebbero in- Ma anche inflessibile nel difendere fluenzare le scelte dei cardinali? l’idea di una verità unica detenuta dal- «Sembrerà strano, penso alla logisti- la Chiesa cattolica e la concezione di ca. Si voterà nella Sistina, ma i cardina- Gesù Cristo “Salvatore unico”. Su que- li alloggeranno in un albergo di lusso, la sto resta un cardinale di ferro: «Una Casa di Santa Marta in Vaticano. Qui i sorta di anarchismo morale e intellet- porporati potranno socializzare me- tuale — ama ripetere — porta a non ac- glio che in passato, quando agli eletto- cettare più una verità unica». E ciò non ri venivano assegnati angusti alloggi e può essere. Così il dialogo interreligio- precari servizi. Immagino che si po- so non deve diventare un «movimento tranno formare vere e proprie cordate, nel vuoto» e non va incoraggiata la de- “partiti” in base a influenze geopoliti- riva di molto occidentali verso il buddi- che. Ma un ruolo importante questa smo, bollato di autoerotismo spiritua- volta sarà svolto dalle pressioni dei mo- le. «Andare controcorrente e resistere» vimenti, penso all’Opus Dei, a Cl, ai Fo- agli idoli della società contemporanea colarini. Immagino anche che gli elet- FRANCIS ARINZE IVANO DIAS CLAUDIO HUMMES fa parte della missione della Chiesa. tori provenienti dalle aree più povere, Se gli si chiede qual è il suo desiderio, l’Africa, l’America Latina, l’Asia, non si Nella sua qualità Se la Chiesa vuole Arcivescovo di San la riposta è ritirarsi presto a Frascati, scorderanno degli aiuti economici ri- di presidente aprire nel XXI secolo Paolo, in Brasile, anche per riguardo alla salute fragile. cevuti in opere di carità». del Consiglio il confronto con i è un francescano Se si domanda che tipo di papa si im- Previsioni? per il dialogo popoli emergenti delle esperto di filosofia magina, risponde: « Un uomo di fede e «Difficile farne. Se sarà un italiano, inter-religioso nazioni asiatiche, e molto sensibile che ama Dio e perciò ama gli uomini». come credo, immagino una corsa tra ha avuto modo di lui è l’uomo giusto. ai problemi della La partita è aperta. Tutti gli ricono- Ruini e Tettamanzi, forse Ratzinger sviluppare fitti Arcivescovo giustizia sociale scono una grande personalità. «Chia- avrà chance. Ma questo oggi. Tra un rapporti con l’Islam di Bombay, ha servito e a quelli del roveggente e coerente… e assai meno anno sarà tutto diverso. Ma, poi, chi e le altre fedi del per anni nella rinnovamento rigido di quello che appare», commen- entra Papa...». mondo. È nigeriano Segreteria di Stato della Chiesa ta il cardinale Etchegaray. Anche lui outsider fra i papabili. 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 il protagonista Cento anni fa nasceva in Normandia lo stilista che Segni di stile inventò il New Look e cambiò le sorti dell’alta sartoria francese. I suoi figurini, ispirati ad un estetismo pittorico e un po’ retrò, fecero in pochi anni il giro del mondo e condizionarono per sempre la vita e il guardaroba delle donne

NATALIA ASPESI cristiani, che ogni tanto e sbadatamen- Christian Dior ed io. Di questa visione smo), al rigore di Balenciaga, all’ironia MODELLO te si rimpiangono anche oggi. Fu Carmel che risaliva agli anni precedenti, non la di Schiaparelli: i loro sogni andavano COCKTAIL Snow, direttrice della rivista americana seconda ma addirittura la prima guer- oltre, cioè indietro, a una voglia di vita Un modello omincia spesso così la sto- Harper’s Bazaar, a trovare il nome folgo- ra mondiale, evidentemente le donne così forte da limitarla, a una immagine da cocktail ria di un esteta, di un arti- rante e imperituro per tutto quell’on- erano assetate, in Europa soprattutto, di femminilità sontuosa da riservare a della collezione sta, soprattutto se si scopre deggiare sibaritico di stoffa: New Look. dopo le devastazioni e le privazioni e i uomini purtroppo scarsi o inesistenti. autunno-inverno omosessuale. All’inizio c’è Infatti anche allora, come sempre nella lutti. Anche in guerra la moda si era ar- Perché milioni non erano tornati dalla presentato a una madre bella, elegante moda e nelle mode, solo quello che è rangiata, cappellini di carta, suole di guerra e perché comunque bisognava Londra nel e profumata che occupa vecchio appare davvero nuovo. sughero, e con i tessuti razionati aveva ricominciare tutto da capo, rimboccar- giugno del 1956 tuttiC i suoi pensieri di bambino solita- «Venivamo da un’epoca di guerra e inventato le fogge della penuria, gonne si le maniche più che allungare gli orli. Cappello rio. Se poi questo bambino nasce all’i- di uniformi, con le donne simili a sol- strette al ginocchio e spalle imbottite Invece andò così: gli uomini si rim- in persiano nizio del secolo scorso, in una famiglia dati e con spalle da pugile. Io disegnai per sostenere stoffe povere. boccarono le maniche e si ripresero an- e abito doviziosa, porta per sempre con sé le donne come fiori, con le spalle morbi- Ma con la pace e il lento ritorno alla che il più miserevole dei poteri, e le in seta blu immagini di stupende dame dipinte da de, il busto pieno, la vita sottile come normalità non bastava alle donne ri- donne, che durante la guerra si erano Boldini o suoi imitatori, che rimpian- una liana e gonne a corolla», scrisse an- pensare alla modernità di Chanel (del accorte di poter sostituire benissimo gli gerà per sempre: donne illanguidite ni dopo il couturier nelle sue memorie resto deprecata per collaborazioni- uomini in tutti i lavori, allungarono gli sotto grandi miste- riosi cappelli, il corpo svenevole dalla vita sottile, il busto imperioso, i fianchi opulenti, gli scarpini che si affacciano erotici dalle gonne lun- ghe sino a terra. Cominciò così anche per Chri- stian Dior, che na- sceva cent’anni fa, il 21 gennaio 1905, secondo dei cin- que figli del ricco industriale chimi- co Alexandre Dior e di Madeleine Le- febvre, bella si- gnora adusa alle eleganze di Deau- ville; in una bella casa con grande parco a Granville, sul mare di Nor- mandia. I primi fi- gurini di moda, di- segnati per Le Fi- garo nel 1938, al- l’alba della guerra, erano goffi e incer- ti, ma già non tene- vano conto dei tempi: si ispirava- no a Chardin e a Winterhalter, ed erano tutta una nostalgia per cri- noline, strascichi e bustini, immagi- nati per imperatri- ci o grandi etere, come non se ne vedevano da decenni. Cominciò a vendere suoi disegni al- le case di moda, come usava allora, a Patou, a Piguet, ma anche a Balenciaga e persino a Schiaparelli, che a lui dove- va far senso con i suoi avanguardismi: ma intanto procedeva imperterrito con il suo gusto retrò, vestendo, in pie- na guerra e sotto l’occupazione tede- sca, dive oggi dimenticate come Odet- te Joyeux o Marcelle Derrien, per i film di schermaglie Belle Époque consenti- ti dai nazisti, tipo Lettera d’amoredi Au- tant-Lara o Scacco al re di Paulin e poi, già nel ’46, Il silenzio è d’orodi Clair. Ma siccome la vita è incongrua e riserva Dior sorprese appassionanti, e poiché le donne sono ottimiste e capaci di ogni efferatezza, Christian Dior e il suo idea- le femminile, astratto, infantile, atem- E fu subito moda... porale, pleonastico, gay, conquistaro- no il mondo nel momento più assurdo e in un giorno solo: mercoledì 12 feb- braio 1947, in un palazzetto ridotto a GLI EREDI bomboniera nei toni del grigio, in ave- nue Montaigne, in uno dei più eleganti arrondissement di Parigi, l’ottavo. Era l’inverno più freddo dal 1870, la città era coperta di neve, riscaldamen- FOTO AFP to ed elettricità erano ancora razionati, FOTO AFP FOTO AFP pochi i mezzi di trasporto. Ma c’era nel- Dino Buzzati l’aria una specie di attesa, di eccitazio- Si faceva‘‘ presto ad ne, la certezza che dalla celebre moda francese sarebbe nato un nuovo incan- applaudire i modelli to che avrebbe dato inizio alla vera pa- ce. E infatti: le brutte e potenti giornali- portati in giro ste americane che assistevano raggela- te a questa prima mitica sfilata con in da quei ragnetti di testa i loro tamburelli di pelliccia, gri- darono al miracolo, osarono persino la “mannequin”. Che parola rivoluzione: si trattava invece di pura e semplice restaurazione. Era il cosa ne sarà quando dopoguerra e stava accadendo ovun- que e in tutto, a cominciare dalla politi- a indossarli saranno le ca internazionale che entrava nella contrapposizione della guerra fredda. donne normali, per non Spettò quindi a questo signore timido parlare di quelle che e riservato, che a 42 anni sembrava un buon parroco di campagna, glabro e indulgono ai YVES SAINT LAURENT GIANFRANCO FERRÉ JOHN GALLIANO grassoccio, completamente privo del È l’assistente prediletto di Dior, Dal 1989 al ’96 viene chiamato Anglo-spagnolo di Gibilterra, glamour che oggi si pretende da uno sti- farinacei? entrato giovanissimo nella alla guida della Dior con lui da Dior si impone uno lista di successo, vestire il ritorno al pas- Maison, a raccoglierne uno dei più famosi stilisti stile irriverente: abiti scollati sato, dare un’immagine indimenticabi- l’eredità. La prima collezione, a italiani: è una rivoluzione per la fino alle natiche e Dal Corriere della Sera gennaio ’58, è un successo per Maison. Moltissime le critiche microgonne. La sua prima le a quegli anni ‘50 classisti e fervidi, cru- gennaio 1962 deli e creativi, conservatori e sospettosi la linea a trapezio per la scelta collezione è del 1997 e, almeno in Italia, devotamente demo- DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35

IL PRIMO ATELIER Alle dieci e mezzo di un freddo pagina accanto) resta mattino d’inverno, il 12 l’emblema di quella collezione. febbraio 1947, in un piccolo Dior già nel 1939 aveva atelier di Parigi, aperto l’anno disegnato il cappello indossato FOTO GETTY IMAGES precedente in avenue da Vivien Leigh nel ruolo di Montaigne, Christian Dior Rossella in Via col Vento, ma è presentava la sua prima tra il ’47 e il ’57 che il suo stile si collezione chiamata Corolla: impone in tutto il mondo. Dieci era nato il New Look, come lo anni che cambiarono la moda, battezzò subito la giornalista di fino a quando il 24 ottobre 1957 moda Carmel Snow e il tailleur Dior morì d’infarto, a 52 anni, in Bar (il quarto da sinistra nella un hotel di Montecatini

orli e rientrarono a casa; infelicemente perti come Corolla o Chérie o Pompon o Nei dieci anni in cui Dior imperò nei felici, preda di quella “mistica della il celeberrimo Bar (giacchino di seta guardaroba milionari e nei sogni di casa- femminilità” che solo il femminismo, bianca sostenuto da stecche di balena e linghe e dattilografe, dettando imperio- anni dopo, avrebbe lapidato e demoli- coi fianchi imbottiti, gonna nera a ruota samente ad ogni collezione la lunghezza to. Fu il New Look, opprimente, sdolci- lunga a 36 centimetri da terra, larga al- delle gonne (giù sino a terra, nel ’47; sot- nato, bugiardo rispetto ai bisogni delle l’orlo 23 metri, assurdo cappello) siano to il polpaccio, nel ’48; su sotto il ginoc- donne, a imbellire la loro prigione, a oggi antipatici, se non nelle fotografie di chio, nel ’53), vestirono le sue collezioni consolarle della perduta libertà del cor- Horst o Blumenfeld o Penn. Ma quella di dai nomi enigmatici, Envol, Zig Zag, Ai- po, stretto dentro dolorose guêpière, Christian Dior era alta moda, non esi- mant, Libre, oppure le sue linee Oval, immobilizzato sotto gonnelloni che stendo allora quella pronta: si rivolgeva Oblique, Tulip, H, A, tutto il “monde” e impedivano di salire sul tram, a inco- solo a una élite di denaro e di celebrità. Le “demi-monde” internazionale: la Be- raggiarle a diventare luminosi, noiosi altre donne potevano solo sognare e co- gum e Rita Hayworth, la principessa stereotipi decorativi. piare, senza conoscere i segreti dei tes- Margaret e Brigitte Bardot, Zsa Gabor e la Ogni volta che fanno una mostra su suti preziosi, delle lavorazioni segrete, duchessa di Windsor, la principessa di quegli anni o addirittura sullo stesso della costruzione che faceva di ogni mo- Rethy moglie del re del Belgio, Ava Gard- Dior, si rimane stupiti da quanto certi re- dello un progetto quasi architettonico. ner, Marlene Dietrich. Alle sue sfilate nel- l’atelier, seduti anche sui gradi- ni della scalina- ta, assistevano Jean Cocteau e Andrè Maurois. Elisabetta d’In- ghilterra, non ancora regina, in una visita uf- ficiale a Parigi, non potendo vestire france- se, aveva un in- tero guardaro- ba del sarto in- glese Moly- neux, che ave- va però dovuto tener conto del tirannico dio- rismo. Christian Dior era stato un ricco ragaz- zo di provincia, con un padre che lo voleva laureato in scienze politi- FLASH SULL’ELEGANZA che. Ma la sua Una carrellata di modelli Dior passione erano da giorno, pomeriggio e sera le arti e soprat- tutto gli artisti, e fu accolto subito nel mondo gay della Pa- rigi tra le due guerre come un dilettante incolore ma dovizioso e garbato. Amico del pittore e scenografo Christian Bé- L’antropologo e docente di Moda, Bruno Remaury rard, sfiorava musicisti come Les Six e scrittori come Cocteau, che lo evitava come la peste, si inorgogliva a incrociare Picasso o Satie, Honegger o Léger. Con “Esaltò la nostalgia un socio e i soldi di papà, cui aveva pro- messo di non usare il suo nome per non infangarlo, aveva aperto una galleria che divenne un luogo d’incontro mondano del vivere borghese” dove si potevano ammirare le opere di Paul Klee, di Otto Dix, di Max Ernst. Vita GIAMPIERO MARTINOTTI stupenda, amori gentili e labili, elegan- temente sottaciuti. Nessuno poteva im- PARIGI maginare che quel giovanotto bruttino, ntropologo, professore all’Istituto francese della Moda, troppo morbido, un po’ noioso, che non Bruno Remaury ha curato, tra l’altro, la pubblicazione di un faceva nulla senza consultare una maga ADizionario della moda novecentesca. di sua fiducia, sarebbe diventato nel do- Qual è l’impatto di Dior sulla società francese del dopoguerra? poguerra, dopo un attacco di tubercolo- «Èduplice e preferisco parlare di un impatto più internazionale che si, il richiamo alle armi, il tentativo di col- non strettamente francese. Da un lato, Dior fa eco a un’ispirazione tivare fiori per venderli, i primi contatti che già circola nella società e che può essere riassunta in una nostal- con il mondo della moda attraverso il gia dell’Ottocento. È il lato passatista nella moda di Dior, che esalta compagno Jean Ozenne, il più celebre l’idea di una femminilità oggettualizzata, affettata, un po’ Secondo couturier del mondo. Impero. Ci sono altri esempi nella moda, penso a Charles James ne- Lavorava, assieme a Pierre Balmain, gli Stati Uniti o alle fotografie estremamente nostalgiche di Cecil da Lucien Lelong quando, rassicurato Beaton. C’è in giro un’idealizzazione del modo di vivere ereditato dalla sua maga, ottenne dall’industriale dall’Ottocento e scomparso con l’avvento della modernità. Dior, in- tessile Marcel Boussac i soldi per met- somma, non è solo: c’è una collezione di Balenciaga del 1939 che è tersi in proprio: il creatore vagheggiava già il New Look prima del New Look e si potrebbero citare altri esem- una moda ricca e pomposa, l’industria- pi. Dior incarna perfettamente questo lato nostalgico, ma non è l’u- le si leccava i baffi pensando ai chilome- nico a farlo: il New Look sarebbe arrivato anche senza di lui, sia pur tri di tessuto che avrebbe potuto vende- in maniera diversa, meno fortemente e meno rapidamente». re se il colpaccio di una moda eccezio- Questo è il primo impatto, rivolto al passato. Qual è il secondo? nalmente rococò fosse riuscito. Il colpo «Èil formidabile effetto creato da Christian Dior sui media, che riuscì appieno, malgrado le manifesta- viene gonfiato in particolare da quelli americani: all’improvviso c’è un zioni di protesta delle donne che non tornado Dior e il suo impatto è internazionale. Fra il 1947 e il 1955 le sue potevano rinnovare il loro guardaroba e collezioni sono avvenimenti mediatici, esattamente come le starlette, dei governi che tuonavano contro l’im- i film, gli avvenimenti culturali. Lui trae beneficio dai sistemi di infor- moralità di uno spreco assurdo in tempi mazione e di comunicazione costruiti e pilotati dagli americani ed è ancora miseri: in cui, per esempio in In- bravissimo a mettere in scena la sua moda. Inoltre, è affiancato dal fon- ghilterra, il sapone era ancora raziona- datore e presidente della sua casa di moda, Jacques Rouet, che sa come to, i disoccupati erano quasi due milio- sfruttare i nuovi media e trasforma la prima collezione di Dior in un ni, ed era delittuoso pensare a vestiti che successo planetario. La nostalgia e la modernità, dunque, due aspet- richiedevano anche 50 metri di tessuto. ti dell’air du temps, che Dior rappresenta con il suo talento». Dieci anni dopo Dior era diventato Diciamolo un po’ provocatoriamente: Dior è progressista nelle un impero, si era insediato anche negli tecniche di comunicazione e reazionario nelle collezioni? Stati Uniti per evitare dazi, lanciando «È molto nostalgico. La sua moda, quando arriva negli Stati Uniti, profumi e accessori aveva aperto la fa scandalo, ci sono manifestazioni di donne per le strade, Dior è ac- strada a quella che sarebbe diventata, colto all’aeroporto di New York con dei cartelli che dicono “Christian anche in Inghilterra, anche in Italia, la Dior go home”. Oggi ci sembra inimmaginabile, ma il New Look venne nuova industria della moda. Il 24 otto- accolto molto male». bre 1957, a Montecatini dove stava cu- Come mai? randosi, il più innovativo e conservato- «In primo luogo, perché era costoso e l’Europa era ancora in un re dei couturier morì d'infarto: aveva 52 periodo di restrizioni. Ma anche per un altro aspetto, poco analizza- anni, quell’anno Timegli aveva dedica- to dagli storici, che preferiscono mettere Dior sul piano della mo- to una copertina, la Maison aveva assi- dernità: le donne, che durante la guerra avevano acquisito un certo curato il 50 per cento delle esportazio- numero di libertà, videro chiaramente che il New Look le faceva as- ni dell’alta moda francese, alla sua ulti- somigliare alle loro madri. Ed è vero che la femminilità degli anni ma collezione aveva dato il nome di Fu- Cinquanta è abbastanza retrograda rispetto a quella degli anni Ven- seau, e persino la sua lussuosa casalin- ti e Trenta. La donna s’imborghesisce e si oggettualizza: non è certo ga si era liberata dai gonnelloni e, per- colpa di Dior, ma lui incarna questo processo alla perfezione». plessa, si stava scoprendo ragazza. Dior era ormai così forte da poter proseguire senza Dior. 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 i luoghi Dodici ore, dal tramonto all’alba, da Est a Ovest. Città nascoste Un viaggio nel tempo e nello spazio per parlare tutte le lingue, per soddisfare ogni possibile desiderio e la sua negazione, per pregare qualsiasi religione. Un viaggio dentro un’ illusione ottica, parentesi tra una distruzione e l’altra

Beirut, il mondo in una notte

GABRIELE ROMAGNOLI n’è). Adesso la nonna del negozio di to le sorelle maggiori ballano poco America. Lasciò la sua Cadillac dora- lampadine (tre bulbi e la foto del pa- lontano, in locali come l’Element. Da ta parcheggiata sotto casa e quindici pa) domanda a chiunque si affacci fuori, una scatola con feritoie. Da anni di guerra non osarono graffiar- con l’aria da straniero: «Vuoi com- dentro: stessa impressione (più una la. Divenne il re di Las Vegas. Assi- BEIRUT prare ’sto loculo e farci un bar?». doccia di musica). La luce non sareb- curò per un milione di dollari «i baffi Hanno dato venticinque licenze in be altrettanto generosa, probabil- su cui si può posare un’aquila». Si fe- l mondo può essere girato in un anno: Louie che importa jazzisti mente. La marea di donne post-fab- ce fare i vestiti dal sarto di Elvis. Cam- dodici ore, dal tramonto all’al- da Manhattan, Bread, Le Rouge, Dra- bricate non apparirebbe così ipnoti- biò auto come calzini. Spese e regalò ba, con uno spostamento mini- gon Fly, gli altri che verranno e il pri- ca mentre ondeggia sopra i tavoli, su tutto quel che guadagnò. Poi, una mo eppure immenso: basta an- mo che arrivò: Caffè Torino. Andreas, dozzine di torri gemelle fissate alle mattina del ’93, si alzò e sparì. Tornò dareI da Beirut Est a Beirut Ovest, in che l’ha aperto, è nato a un incrocio suole delle scarpe metallizzate, sfi- al suo Paese, deciso a non suonare senso orario. Tutto in una notte: ogni tra Libano e Germania, con nonni dando la gravità del momento con la più, perché più non si divertiva. Eléf- lingua e ogni fede, ogni possibile de- brasiliani e, di chirurgica fer- teriades lo ha convinto a tornare fa- siderio e la sua castrazione, il proget- conseguenza, mezza dei seni, cendogli ascoltare la banda gitana to di essere altrove e l’orgoglio di tro- una curiosa “sau- avendo pagato la dei film di Kusturica. Tony ci sentì varsi qui (esistere è, in parte, resiste- dade” per tutti i tassa al modello passione e quella canta con loro. A re), la guerra che continuerà finché luoghi che ancora unico di presunta chiudere il sipario, alle tre del matti- un locale ne sfrutterà il ricordo e la non ha avuto l’oc- bellezza con ri- no, è Mousbah, l’unico danzatore del pace come un oggetto di lusso effi- casione di scopri- strutturazioni ventre maschio del Medio Oriente. mero e trasferibile, Dio e il teorema re e abbandona- orali e nasali am- Musulmano sunnita e gay, non un fa- del seno perfetto, lo sceicco dei cor- re. Ha chiamato FOTO LAIF/CONTRASTO piamente condo- cile accostamento da indossare. È ridori e il distratto santo protettore di così il bar perché nate. Sono le don- una bella storia, ma non è un bello tutti quelli che si sono imbarcati con la macchina per il ne che commuo- spettacolo. Una volta danzava, ora fa il talento che avevano e, yalla!, han- caffè era Torino vono i membri scena. Da qualunque parte del mon- no fatto rotta verso gli scogli. express, perché dell’associazione do, bisogna arrendersi, ha spazio chi Per compiere questa circumnavi- ha una foto della scrittori alcolisti, è un caso, non un talento. gazione bisogna seguire due avver- Mole, perché non presidente Pierre E allora si esce, mentre le vasche a tenze. La prima: quando qualcuno sa bene come sia Mérot che ne idromassaggio dello Sky Bar spengo- vede la morte e le sopravvive, di soli- Torino. Nel ba- osanna la specie no le bollicine e dalle scale mobili to o la butta in religione o la butta in gno risuona un in Mammiferi: dell’hotel Phoenicia scendono le di- vacca. E così, moltiplicato per quan- nastro con la voce «Sono quelle che ve a gettone, ingaggiate per spettaco- te sono le persone che l’abitano, fa di Malcolm X. portano il perizo- li a porte chiuse. Ancora poco e nel una città (o le sue due metà). La se- Dietro il bancone, ma per dispera- cielo scuro si alzerà il richiamo del conda: quelli che se ne sono andati e talora in divisa, zione, quelle che muezzin alla preghiera mattutina. I poi rientrati non sono più gli stessi, sta un ex capitano Dio ha creato per gaudenti si ritirano, si alzano i cre- non sono mai tornati veramente, di navi che ha sol- ultime un sabato denti. A volte sono gli stessi, in forma stanno solamente aspettando un al- cato gli oceani in- sera in qualche di penitenti. tro biglietto. Quel che fanno nel frat- torno all’Ameri- bar malfamato e Il capitano del caffè Torino all’alba va tempo è soltanto un esperimento a ca. Davanti, il re- rendono il piane- spesso a dormire a occidente, al terzo cui non danno importanza. Per que- sto del mondo, ta quasi sopporta- piano sopra l’Università americana, al- sto, sovente, riesce la cosa migliore senza esclusione bile, quelle che si l’altezza di un minareto. Quando pog- della loro vita. Senza queste chiavi è di provenienza: dibattono con gia la testa sul cuscino ascolta il grac- impossibile capire veramente i luo- una ciurma di fianchi lisci e chiare della puntina sul vinile prima ghi di “Beirut dal tramonto all’alba”, esuli e rimpatria- sprezzanti, per- che venga proclamata al mondo la i malinconici patron che ne hanno le ti, fuggitive o di- ché più di ogni al- grandezza di Dio. Usano ancora i di- chiavi, gli artisti che qui si arenano e vorziate. A ognu- tra creatura vole- schi: è l’Islam tradizionalista. tutto il pubblico di passeggeri in no si è spezzato vano restare in- transito per questo non-luogo, pura un sogno: ameri- create». 6 a.m-9 a.m. illusione ottica che da secoli a inter- cano, francese o Ma il predicatore più acclamato nel valli appare a frapporsi tra l’ultima (lo crediate o no) 2 a.m-6 a.m. giorno che sorge è lo “Sceicco dei cor- distruzione e la prossima. rumeno. Andreas Altro giro d’orolo- ridori”. Sale su una panchina del lun- li riassume in una gio, altro regalo gomare, guarda le migliaia di perso- 9 p.m.-12,01 a.m parola: «Naufra- della notte: il Mu- ne che si radunano lì, senza che un Ci sono una mappa e un’agenda del- ghi. Cercano il lo- sic Hall, giù vicino appello le abbia convocate, ogni l’itinerario da percorrere in una qua- ro posto ideale. Al al mare, è come la giorno. Vengono per fare ginnastica, lunque notte a Beirut. Sono più selet- momento è que- Banana Republic per correre verso il faro. Lo Sceicco ha tive e continuamente aggiornate di sto, come lo è per che cantavano quasi novant’anni, si è attribuito il ti- quanto potrebbe esserlo a New York, me. Ma nessuno è Dalla & De Grego- tolo da sé stampandoselo sulla ma- Londra o Parigi. Quelle attualmente qui per restarci. Io ri: «Gli americani glietta. Annuncia che «giorno verrà in vigore me le sono fatte dare da un potrei chiudere che espatriano si in cui tutta Beirut correrà sul lungo- ragazzo che si chiama Shahid (tra- domani e andare ritrovano tutti mare e il mondo le andrà dietro». dotto: martire), ha fatto il pubblicita- a Città del Messi- quaggiù… tutti a Considera i suoi corridori come rio a Londra, è tornato per ridisegna- co. Senza nessun caccia, una donna un’unica entità, un corpo, un’anima. re sorrisi che contano, ha accettato rimpianto». e via». Appena en- Ma loro sono individuali riscosse, si un incarico in Arabia Saudita, strac- trano, frainten- salutano soltanto se si conoscono, ciato il biglietto quando si è reso con- 12,01 a.m - 2 a.m. dono. Vedono le non si sentono affratellati dal solo to, rimasto fermo un giro. Ora di gior- Per proseguire donne appollaia- fatto di essere lì in pantaloncini e ma- no riscrive la storia di Abramo e di non occorre an- te sul chilometri- glietta alle sei. E forse non ci sono notte esce, dando la linea. dare lontano, ba- co bancone del davvero, sono un’altra apparizione, Depennati da tempo locali come sta salire due strade sopra Gemmay- bar e vanno per ordinarne una, ma di certo passeggera. La prova è che, Crystal (residuo per “arabi”, tradot- zee. Dietro una porta da garage a co- non è così che funziona: sono qui per benché sembrino migliaia, nessuna to: sauditi), Central (buono per foto- lori c’è la seconda tappa obbligata: LE GUERRE lo spettacolo. L’uomo che l’ha messo ditta di abbigliamento sportivo ha grafie scontate) e B 018 (che il maca- Club social. L’uomo che lo ha inven- E LA RICOSTRUZIONE insieme è Michel Eléfteriades: sedi- comprato uno spazio pubblicitario bro trash sia sepolto in terra sconsa- tato si chiama Ahmed Husseini. Di- Tra il 1975 e il 1990 Beirut, fino ad cente poeta, gitano, comunista. Il lo- sul loro percorso. Sono i fantasmi crata). C’era una volta rue Monot, co- scende in linea diretta dal nipote di allora considerata la Parigi o la cale gliel’ha passato papà, tuttavia. della notte svanita, fuggono bianco- sì superata che l’ultimo locale inau- Maometto che fu decapitato a Ker- Montecarlo d’Oriente, viene Lui lo percorre vestito di bianco, ap- vestiti disperdendosi nella luce del gurato si chiama 1975, come l’anno bala, creando lo scisma sciita. Men- distrutta dalla guerra civile tra i poggiato a un bastone, dondolando sole nascente, strizzi gli occhi e non in cui iniziò la guerra civile. Proclama tre ristrutturava il locale ha fotogra- musulmani di sinistra e la destra la lunga chioma nera. Ha evitato la ci sono più. Al loro posto, figure scu- la nostalgia demenziale appendendo fato trecento croci tatuate sui muri nazionalista a maggioranza guerra civile ed è finito in Bosnia: re. Tanto la notte è il regno delle fem- al soffitto manichini cecchini ma col- del quartiere. Le esporrà a Manhat- cristiano-maronita. La città viene ognuno ha la sua Samarcanda. Pro- mine, quanto il giorno lo è dei ma- pisce soltanto reporter pigri. La stra- tan. Gli sono evidenti le analogie tra divisa dalla “linea verde” che pone l’eutanasia obbligatoria per schi. La proporzione è più o meno la da da cui ricominciare è Gemmay- sciiti e cattolici: l’etica del martirio, separa la zona est, cristiana, da tutti a cinquant’anni. Scrive: «Dio è stessa: quattro a uno. Maschi si ar- zee. Ancora un anno fa era un sonno- l’estetica del sangue. Possiede un quella ovest, musulmana. morto nel mio cuore e se resuscitasse rampicano sugli scogli per pescare o lento pre-cimitero cristiano: madon- manichino elettronico per boxare, lo Quindici anni di scontri armati, lo ammazzerei di nuovo». È soddi- tuffarsi, maschi ciondolano intorno nine sul marciapiede e vecchiette usa come finto dj, gli mette le cuffie incursioni e bombardamenti sfatto della musicale armata Branca- ai carrettini della colazione, maschi sulle soglie, due fratelli armeni sul- sulla testa, la musica è preseleziona- israeliani lasciano il Paese in leone che ha messo insieme. Quella si sdraiano sulle panchine. Femmine l’ottantina di guardia a un negozio ta al computer. Ha una casa immen- condizioni disastrose: il cuore di che scalda la platea è una cantante velate verranno a riprenderli, bambi- che esponeva da sempre le stesse tre sa, sul terrazzo c’è un campo da ba- Beirut un immenso cantiere con i che ha passato l’ottantina. Se n’era ni e adulti. Misteriosamente riporta- cipolle, un detersivo e l’insegna “Qui sket. Coltiva sedici varietà di basilico palazzi sventrati dalle bombe, andata negli Anni Sessanta, per amo- no tutti quanti a casa dal viaggio al si vende tabacco inglese” (ma non ce e una di inquietudine. Da bambino interi quartieri completamente re di un fazendero brasiliano. Quan- termine della notte. ha puntato un fucile contro Arafat distrutti. Finita la guerra, il governo do arrivarono in Sudamerica scoprì per difendere suo padre, che fu pre- avvia un progetto di ricostruzione che le fazendas non esistevano, ma sidente del parlamento. Da grande urbana: vengono ricostruite restò comunque. È tornata da vedo- se ne andrà, tempo due mesi, a vive- strade, autostrade, banche ed va. Non credeva di saper ancora can- re a New York. La maggior parte dei edifici amministrativi, abitazioni. tare. Lo zingaro di papà le ha dato un giovani tritati nel Club Socialvorreb- Ma dal nuovo centro della città palco. Fa un brano solo, dura un be seguirlo. Hanno già il taglio di ca- scompaiono le botteghe e i quarto d’ora. La sala di trentenni e pelli e i vestiti opportuni, cammina- laboratori artigiani, sostituiti da quarantenni la segue in piedi, con i no sul filo teso sopra quella terra di negozi di lusso, caffè e ristoranti, brividi di una nostalgia senza fonda- nessuno che è la cultura popolare grattacieli, alberghi d’élite, tanto mento. Lei uscirà portando uno stra- contemporanea, globale e asimme- da far sembrare la città una Hong scico d’applausi. trica: Shooting Star Academy, la fab- Kong sulle rive del Mediterraneo Di meglio c’è solo Tony Hanna, che brica delle stelle cadenti. di anni ne ha pochi in meno. Lui se ne I loro grandi fratelli, ma soprattut- andò nel ’73, prima a Londra poi in DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37 FOTO WENDY SUE LAMM/CONTRASTO NON SOLO DISCO L’entrata della discoteca sotterranea B018 e, a destra, giovani passeggiano sul lungomare di Beirut alle prime luci dell’alba.

LA FOLLA NEI CAFFÉ Tavoli all’aperto nel centro della città, vicino a place l’Etoile. In basso uomini pescano in spiaggia e, a destra, due donne fumano shisha, pipe d’acqua, in un locale del centro 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005

Andrea Camilleri dice che per capire Marsiglia bisogna leggere Jean-Claude Izzo, per Barcellona Montalbán, per Atene Màrkaris. Ed è proprio lo scrittore greco che ci guida da una città all’altra, da un autore all’altro in un pellegrinaggio tra immaginazione e realtà per scoprire che il giallo ha ormai sostituito il romanzo sociale. Tanto che “se Zola fosse vivo, adesso seguirebbe questa strada”

Dal 20 al 22 gennaio a Barcellona: primo appuntamento europeo sulla Novela negra, intitolato alla memoria di Manuel Vázquez Montalbán. Due le tesi: che esista uno specifico “giallo mediterraneo” diverso da quello nordeuropeo e americano; e che il giallo sia il nuovo romanzo sociale. “Se Zola fosse vivo, scriverebbe un giallo”, dice Petros Màrkaris nell’incontro con cui ci accompagna nel viaggio. Con lui saranno a Barcellona Andrea Camilleri, Francisco Gonzalez JEAN CLAUDE IZZO Ledesma , Donna Leon, Nato a Marsiglia nel 1945 Henning Mankell, Alexandra e morto nel 2000, ottiene il successo con la trilogia Marínina, Filippa Melo, noir di cui è protagonista Barbara Nadel, Thierry il poliziotto Fabio Montale: Casino totale Jounquet, Antonio Lozano, (1993), Chourmo (1996) Jakob Arjouni e Solea (1998)

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN Nato a Barcellona nel 1939 e morto d’infarto a Bangkok nel 2003, deve la sua fama all’invenzione del detective Pepe Carvalho, protagonista dei suoi oltre 20 romanzi gialli. Il primo Ho ammazzato J. F. Kennedy, del 1970, è Noir uscito in Italia solo nel 2001 Il Mediterraneo che racconta la vita

CONCITA DE GREGORIO la fine delle grandi ideologie e con la una festa dell’Unità, Camilleri chiese a sua vita. Chi ha conosciuto gli anni di dakia, moussaka. La cucina, diceva. globalizzazione, eccoci di nuovo a par- Montalbán: cosa resta ai comunisti og- Franco, Mussolini, Salazar, della Giun- «La cucina è l’altro grande denomina- lare di società ma in termini diversi: gi? E Montalbán: la cucina. «Straordi- ta no». Molti di voi, lei stesso, siete sta- tore comune del giallo mediterraneo. ATENE una società che è intreccio di finanza naria, questa storia. È proprio così. Gli ti militanti. «È vero. Clandestini sotto le We have a mother sindrom. Abbiamo internazionale, economia mondiale, ingredienti comuni del giallo mediter- dittature, disillusi oggi. I partiti politici vissuto in società e in tempi dove la ma- asseggia in maniche di cami- grandi ingiustizie e malaffare su scala raneo sono questi: la politica, la cucina. usano le persone più che servirle. Vi- dre accudiva: curava e cucinava. La cia ai piedi del teatro di Ero- planetaria. Un’apparenza legale, una E l’assenza di brutalità». Partiamo dal- viamo in un’epoca che ha 37 e 2 di tem- Madre, la società delle donne silenzio- de Attico, si parla di Sofocle e sostanza illegale. Ecco il nuovo noir: la la politica. «Allora osservi: l’Italia, la peratura: non è del tutto sana, non è se e padrone. Il piacere carnale della vi- di Zagorakis, della dea del so- trama criminale è un pretesto». Spagna, la Grecia, il Portogallo hanno completamente malata». È il clima del ta. Osservi. L’ispettore Wallander di leP e di comunismo («E Bertinotti, da Camilleri dice che per capire Marsi- vissuto nel secolo appena finito l’espe- suo ultimo libro, Si è suicidato il Che. La Mankell veste male, mangia peggio, voi?»), di pomodori ripieni e di omicidi. glia bisogna leggere Jean Claude Izzo, rienza delle dittature. Nei romanzi del- corruzione, e la disillusione di chi ha non fa l’amore e non dorme. La crimi- Omicidi letterari, certo, ma qui lungo la per Barcellona Montalbán, per Atene lo svedese Mankell non c’è traccia di in- combattuto una vita e poi si ritrova vec- nologa Anastasia Kameskaya della rus- passeggiata dell’Acropoli non c’è nes- Màrkaris. «E per capire che cosa sono treccio politico. C’è in Camilleri, in chio e tiepidamente impotente. sa Alexandra Marínina fuma soltanto, suna differenza tra finzione e realtà: gli italiani, oggi, la politica e la vita quo- Montalbán, nel superlativo Fernando Màrkaris ride: tiepidamente impoten- consuma alcol da due lire. Al contrario Medea e il delitto passionale sul gior- tidiana bisogna leggere Camilleri: non Gonzàlez Ledesma, catalano costretto te, sì. Il sole declina dietro l’Acropoli, il l’ispettore Méndez di González Lede- nale di stamani, Teresa Raquin di Zola, è così? Il romanzo giallo non ha più a pubblicare in Francia negli anni della nuovo selciato olimpico riflette il tra- sma, Salvo Montalbano di Camilleri, è lo stesso. «La Grecia ha questo, vede?, niente a che vedere con l’eleganza for- dittatura. C’è politica nei miei libri, in monto arancione. «L’ho detto quest’e- Guido Brunetti di Donna Leon, Fabio tutto è eternamente presente, vivo nel- male e sterile di Agata Christie, e nem- quelli della portoghese Filippa Melo. state a Paco Ignazio Taibo II, che orga- Montale di Izzo, Pepe Carvalho di le pietre». Edipo re, il commissario meno con la sensibilità piccolo bor- Nei giallisti turchi, nei libri del mio ami- nizza la “Settimana nera” di Gijon. Gli Montalbán e Charìtos mangiano bene, Charìtos, il derby di calcio che si gioca ghese di Simenon che pure è stato il co algerino Mohamed Moulessehoul, ho detto: se il Che fosse vivo, oggi si sa- bevono. Amano le donne. La cucina è stasera, Zeus in cima alla collina e la maestro di tutti noi, ma in un’altra epo- un tenente dell’esercito che per scrive- rebbe suicidato. La corruzione ha una grande consolazione quando non gente qui ai tavoli che beve frappè di ca». La politica. Sa che Camilleri e Váz- re ha dovuto prendere il nome della mangiato tutto. Il denaro ha vinto». Sia c’è più da fare la rivoluzione. Anche il caffè. Sono i giorni di Alcione, ad Atene: quez Montalbán avevano immaginato moglie, Yasmina Khadra. Non avrebbe lei che Montalbán avete scritto di cor- sesso, del resto». E niente brutalità, nel- primavera a gennaio. «Alcione era la fi- di scrivere un romanzo insieme? Un potuto, senza pseudonimo e senza in- ruzione olimpica, nei vostri romanzi: la novella nera del mare. «Può sembra- glia di Eolo, aveva il potere di calmare le dialogo in forma di romanzo: Camille- fine lasciare l’Algeria, scrivere ciò che Barcellona ’92, Atene 2004. «La realtà. re un dettaglio ma no. Patricia tempeste. Ogni anno, dal dieci al venti ri avrebbe raccontato la sua infanzia scrive. Un americano, un francese, un Nel mio prossimo vorrei parlare di Cornwell racconta storie sanguinarie. gennaio, arriva e porta il sole». sotto il fascismo, Montalbán la sua gio- inglese può vivere senza la sensazione pubblicità, la nuova padrona». Si cena Noi non abbiamo serial killer. Abbia- Petros Màrkaris è nato a Istanbul nel vinezza sotto Franco. Si incontrarono a che la politica riguardi direttamente la in una taverna della Plaka. Dolma- mo un modo più sofisticato di essere ’37. Istanbul, che qui si dice Costanti- nopoli: nazionalismi, antiche ferite. «Ma Istanbul non è una parola turca: viene dalla contrazione delle parole greche “verso la città”. È la città. Noi la Le signore in nero chiamiamo così: la Città, con la maiu- scola. Politiki. L’unica, la sola». Ha vis- suto in Germania, ha tradotto Goethe e Sotto mentite spoglie Brecht, ha scritto per il teatro e per il ci- nema con Angelopoulos. «Anch’io, co- Se la signora del giallo è stata senz’altro me Camilleri, ho avuto fortuna da vec- Agata Christie non è altrettanto facile in- chio», ride. Fortuna con le storie del dicare la più sapiente mano femminile del commissario Kostas Charìtos. Parlia-

FOTO GAMMA nuovo noir. Forse la francese Fred Var- mo del Mediterraneo e del giallo, gas, che si firma con uno pseudonimo Màrkaris? «Siamo qui per questo. Il più maschile, ma i suoi romanzi sfuggono a geniale dei giallisti greci è stato Sofocle: in Edipo re l’ispettore è lui stesso l’as- una così netta classificazione. Curioso sassino, ma non lo sa. Ci ha mai pensa- che la più nota giallista del mediterraneo, to?». Non in questi termini, in effetti. Si Yasmina Kadra, sia un altro pesudonimo, diceva di Zola, poco fa. «Certo, Émile questa volta di un uomo - tenente dell’e- Zola. Teresa Raquin è un vero noir. Se Fred Vargas sercito algerino - che si nasconde dietro Zola vivesse oggi, scriverebbe romanzi al nome della moglie. Donna Leon, ame- gialli. Il giallo oggi è del resto il solo ro- ricana del New Jersey, non pubblica in Italia. Alexandra Marínina, cri- manzo sociale. Dickens, Stendhal, Do- minologa che ha collaborato anche con la famosa Petrovka 38, ha ven- stojevskij, Tolstoj. Siamo arrivati a Tho- mas Mann, poi basta, il romanzo socia- duto più di 18 milioni di copie in Giappone, Corea e Cina. Filippa Melo, le è finito. Dopo la seconda guerra portoghese, autrice dell’unico romanzo Questo è il mio corpo, è stata mondiale, con le nouveau roman, la molto amata da Izzo, che l’ha consacrata. In Inghilterra è molto segui- letteratura è diventata personale. Psi- ta la psichiatra Barbara Nadel, in Spagna Alicia Gimenez Bartlett: dal- cologia. La società è finita sul fondo, le avventure di Petra Delicado è stata tratta una popolare serie tv. l’uomo sulla scena». Sarà stato Freud. «Anche, certamente. È stato il secolo della psicanalisi, il Novecento. Poi, con DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39

il noir Il noir non esiste e se esiste non va cercato nello schema dei generi ma ovunque non te lo aspetti ORESTE DEL BUONO da Courmayeur noir in Festival

ILLUSTRAZIONE DI GABRIELLA GIANDELLI

PETROS MÀRKARIS Nato a Istanbul nel 1937, è ANDREA CAMILLERI uno degli scrittori greci di Nato a Porto Empedocle maggior successo. Come il 6 settembre 1925, ha romanziere, ha esordito con esordito nella narrativa Ultime della notte (2000), con Il corso delle cose seguito da Difesa a zona (1978), ma il successo (2001) e Si è suicidato il Che è arrivato nel 1994 con (2003): protagonista il l’invenzione del commissario Charìtos commissario Montalbano

l’inedito FOTO CORBIS Nel Sahara con Carvalho

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

arvalho desiderava salire sulla loro ospitalità, latte, acqua e datteri, jeep e intraprendere nuovi autentici prodigi in quel deserto to- Cpercorsi terrestri assoluti in tale. Anche se non si trattava di un cerca di ambulatori e di malati che viaggio politico, i membri del Poli- giustificassero la logica del viaggio. sario non evitavano le fortificazioni Biscuter era inquieto, temeva non si che ricordavano la loro guerra con- avverassero i piani di accesso in Ma- tro l’invasore marocchino e la diffi- rocco convenuti, e la pazienza sorri- coltà di inserirsi in un territorio dif- dente delle guide lo convinse che ficile da inquadrare all’interno del tutto era in buone mani. Non aveva- Marocco, del Sahara occidentale o no tanti malati di Aids da mostrare, dell’Algeria. Ricevettero le ultime ma una serie di misure preventive indicazioni sulla giustizia della cau- crudeli. L’abbandono, la distanza. Il si no, hanno avuto Conan Doyle. I de- per rapide diagnosi e un esiguo ser- sa del Polisario e le ristrettezze in cui piacere individuale di produrre soffe- tective americani corrono continua- vizio assistenziale. I tre malati che si si muovevano le loro rivendicazioni renza è dei paesi molto grandi, o molto mente, sono dentro un videogame. Noi presentarono occultavano le caren- osteggiate dal Marocco e dai suoi al- freddi: allora la perversione è un’affer- invece stiamo fermi: seduti a un caffè ze dei loro corpi sotto palandrane eccessive e non leati, e in particolare dalla sicurezza garantita al mazione di sé, il sangue è calore. I mor- sul porto. Ci sono già il mare e il vento comunicavano i messaggi di degrado e morte che Marocco dall’appoggio degli Stati Uniti e dalle ti di Mankell, in una Svezia dove la tor- ad agitare i pensieri, bastano». Marsi- avevano colto nel Mali. Talvolta, addirittura, evasive posizioni spagnole. tura non esiste, muoiono torturati. Noi glia, Barcellona, Mondello. Se stasera si quando rimanevano fermi, con gli zigomi promi- «Sappiamo che il popolo spagnolo spalleggia la no- abbiamo abbastanza carnalità nella vi- può passeggiare al Pireo, difatti, è solo nenti, gli occhi infossati e la bocca chiusa sulle lo- stra libertà, ma i suoi governi, non importa di quale ta, invece». Fa caldo anche di notte, ad perché Alcione ha placato la tormenta. ro gengive prive di denti, sembravano cadaveri vi- colore politico, temono il confronto con il Marocco». Atene. «Quando parla delle radici del L’Aek ha appena vinto il derby, i clac- venti avvolti frettolosamente nei sudari. Di tanto (Da Millennio 2 — Agli antipodi giallo come romanzo sociale non di- son suonano, i ragazzini corrono nei vi- in tanto apparivano tende isolate, e all’interno di Traduzione di Hado Lyria per gentile mentichi Chandler e Hammet. In Italia coli vestiti con una maglietta di cotone. esse, c’era sempre una donna robusta che offriva concessione dell’editore Feltrinelli) Gadda, poi il neorealismo. Oggi amo L’ouzo non ghiaccia le mani nel bic- molto Fred Vargas, la migliore, una chiere. Ancora qualche giorno così, poi donna con un nome di uomo. Gli ingle- tornerà l’inverno. DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41

“Attrazione per i temi scabrosi”, quasi un pornografo: questo il motivo che indusse alcuni accademici di Stoccolma a negare il premio per la letteratura al romanziere italiano, che lo seppe e ne soffrì. La rivista “Belfagor” pubblica documenti e testimonianze inediti sull’atteggiamento dei giurati “Moravia voyeur”, il Nobel negato

NELLO AJELLO protagonista una cento in poi. Essi parola voyeur». prostituta, che sono apparsi in Ecco dunque l’autore degli Indif- ROMA esercita in epoca due numeri della ferenti ridotto alle patetiche dimen- fascista e che i cri- FOTO AGF rivista Belfagor sioni di un “guardone”. Moravia lo lberto Moravia veniva tici accostano a (datati giugno e seppe e ne soffrì. Ma il capo dell’Onu, considerato dagli acca- una sua celebre novembre scor- destinato a una tragica fine, non era demici di Stoccolma, di- omologa, la si), in un saggio a persona incline ai pentimenti. spensatori del premio “scandalosa” puntate di Enrico Quando Moravia andò a trovarlo Nobel,A qualcosa di molto simile a un Moll Flanders di Tiozzo, docente nella sede delle Nazioni Unite in pornografo. A quindici anni dalla Daniel De Foe - gli di letteratura ita- compagnia del critico Paolo Milano, morte dello scrittore romano, è pos- ha assicurato un liana a Göteborg, più per conoscerlo che per ottenerne sibile affermare con sicurezza che fu notevole consen- che ha potuto un chiarimento, quell’austero diplo- questo, schiettamente moralistico, il so di pubblico. compulsare car- matico accolse i due «con estrema motivo per il quale gli fu negato quel Comincia a esse- te finora segrete. freddezza» ritenendo, così riferisce il riconoscimento. Di simili remore a re ciò che lui stes- A sostenere che professor Tiozzo, che lo scrittore «si far prevalere la sua candidatura nel- so definirà una Moravia fosse fosse recato lì espressamente per l’assegnazione del Premio, Moravia “public figure”. scarsamente pietire il Nobel». aveva avuto - come vedremo - qual- I diciotto “im- “idealista” era, Fra varie alternanze di umori, negli che sentore. Ma non amava parlarne. mortali” di Stoc- nel concistoro di anni successivi il giudizio sul candi- Ogni qualvolta, in sua presenza, si colma riconosco- Stoccolma, so- dato Moravia non mutò in maniera toccava l’argomento, egli assumeva no al candidato prattutto un giu- decisiva. Il poeta svedese Anders quell’atteggiamento fra brusco e Moravia «un po- rato di grande in- Johan Österling, raffinato italianista noncurante che gli era naturale, e che sto di rilievo nel fluenza politica: e membro della Giuria, ha tracciato gli serviva per attenuare, agli occhi gruppo di testa il segretario ge- un compendio dei giudizi prevalenti anche degli amici, ansie e animosità. degli scrittori del nerale dell’Onu a suo riguardo a Stoccolma. Nel 1961 Che al premio aspirasse, non si può suo paese», e ne Dag Hammar- egli veniva considerato «senza dub- escluderlo. Che provasse un certo elogiano le attitu- skjöld. Fu lui a far bio il maggior talento narrativo ita- grado di delusione nel vedere scarta- dini di «descritto- precipitare, in liano». E appariva innegabile che «la to, alla scadenza prevista, il suo no- re di costume del- senso negativo, la sua instancabile produttività degli me è più che verosimile. E quando la società post- decisione dei col- ultimi anni» avesse segnato «un indi- Mino Maccari rispolverava ciclica- naturalista». Ma leghi. Ed è come menticabile trionfo nel romanzo di mente, anno dopo anno, sulla rivista qui, a loro giudi- se il veto a Mora- guerra La ciociara». E siamo nel 1957. L’Antipatico, da lui diretta, una sua zio, emerge una via portasse la Ancora un passo, e si torna all’ostra- celebre battuta, «Rassegnato il Nobel pecca di natura tale che già all’epoca LO SCRITTORE SENZA PREMIO sua firma. In una lettera che egli inviò cismo. Nell’Attenzione, che è del ‘65, ad Alberto Moravia», si può avanzare poteva apparire un po’ retrograda: Alberto Moravia (nella foto): a un altro accademico, Par Lagerkvist appare evidente il contrasto fra «il l’ipotesi che l’interessato non ne go- nella sua opera, osservano, manca l’ostracismo degli “Immortali” (e che Belfagor trascrive), gli addebiti virtuosismo tecnico e l’attrazione desse poi tanto. quella «tendenza idealistica che si ri- verso le sue opere nei riguardi del romanziere italiano si per i temi scabrosi». Torna qui quello Il Nobel e Moravia. Fra i due, l’isti- chiede per il premio». precisano. «C’è in lui un tratto spiace- sfondo «maniacalmente erotico» già tuzione e l’artista, i rapporti sono In definitiva, l’Accademia «decide vole», osserva Hammarskjöld, «che io disegnato nella Noia (1960). In defi- lunghi e agitati. Cominciano nel di riprendere il discorso in futuro». stesso ho descritto nel mio interven- nitiva, «il grande talento di Moravia si 1949. A quarantadue anni, Moravia è Così si legge nel minuzioso resocon- to in Accademia e che Eyvind Johnson è dedicato a un’impresa dubbiosa». un narratore maturo. L’ultimo suo to dei dibattiti che si sono svolti, fra i (un altro Immortale, ndr), in seguito A Stoccolma, sembra di capire, non romanzo, La romana, che è del 1947 - giurati del Nobel, dai primi del Nove- ha giustamente caratterizzato con la c’è posto per i guardoni.

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Da Karachi a Lahore insieme al compositore italiano Luigi Cinque e al gruppo rock locale Fuzon. Per scoprire un Paese ricco di ritmi che l’Occidente ha solo cominciato ad ascoltare grazie a Nusrat Fateh Ali Khan. Una terra povera e in gran parte ancora feudale che cerca di parlare con Dio attraverso un’arte che nasce anche e soprattutto nei quartieri a luci rosse World music Viaggio in Pakistan dove nascono i suoni

GIUSEPPE VIDETTI zione di qawwali si tiene a casa del pittore Mir, quotato e ricchissimo astrattista di LAHORE Karachi che colleziona quadri di Rothko. Nella sua villa da mille e una notte, un’oa- arsanga ha 55 anni, ne dimo- si nel caos di una metropoli di 15 milioni di stra venti di più. Entra in sce- persone, organizza un concerto di benve- na con l’abito tradizionale, nuto con un gruppo-famiglia di cui fanno casacca e pantaloni finemen- parte anche due bambini, a ribadire che teZ ricamati con fili d’oro, e sul capo uno questa è un’arte che si tramanda di padre scialle prezioso. Non guarda mai il pubbli- FOTO JONATHAN BLAIR/CORBIS in figlio; Nusrat apparteneva a una casta di co, è distante, canta in perfetta solitudine. sei generazioni di qawwalisti, e Shafqat La platea è in adorazione, lei però, in un to- (che è stato in Italia nel 1999, invitato dal tale senso di straniamento, non tradisce Ravenna Festival) è l’ultimo di nove. Come emozioni. Li tiene in pugno con la sua vo- vuole la tradizione di questa setta di sufi, i ce, potente, penetrante, ricca, il suo cari- suonatori e i cantanti si esibiscono seduti. sma è tutto in quel riverbero naturale che Un colpo basso per l’ascoltatore occiden- mette i brividi. Arriva da Peshawar, ai con- tale abituato a situazioni di palco più di- fini con l’Afghanistan, si è esibita anche al- namiche. Le due ore di concerto, spetta- l’estero, è una stella di Radio Pakistan, re- IL FESTIVAL DELLA CONTAMINAZIONE colo raffinatissimo che ha tradizioni mille- gina delle melodie pashtun, ma continua In alto, un suonatore con uno strumento tradizionale pakistano. narie, sono invece un crescendo di emo- a vivere nella sua casa di fango e lì preferi- In basso, il Sufi Festival di Lahore dove si mischiano la musica popolare zioni; voci maschili che non hanno nulla sce tornare alla fine di ogni concerto. Poco pakistana e il rock occidentale da invidiare alla Callas. importa se sono centinaia di chilometri. A Islamabad, Luigi Cinque e i Fouzon si Zarsanga, dalla pelle scura e dalla voce esibiscono in una serata di beneficenza d’acciaio, la notte preferisce dormire nel per The Citizens Foundation, organizza- suo letto. Tornerà a Peshawar anche dopo zione che già da anni costruisce scuole questa fulminante apparizione al World nelle aree più disagiate del paese. «La rac- Performing Festival di Lahore, l’evento colta di fondi procede bene e di scuole ne musicale (con una sezione di teatro, cine- abbiamo già costruite molte», racconta ma e marionette) più grande di tutto il sud Tasnim A. Jaffer, che coordina gli eventi asiatico. Ma questa volta, per fortuna, ca- FOTO ED KASHI/CORBIS benefici. «Poi, però, bisogna convincere i sa non è troppo lontana. genitori a mandarci i figli, che qui sono Un viaggio in torpedone da Karachi a manodopera già in età scolare, e soprat- Lahore, con musicisti e strumenti, tra can- tutto le bambine. È proprio per superare ti qawwali e tarantelle, sulla GT Road che questo genere di diffidenza che preferia- collega Delhi a Kabul, è un’esperienza più mo insegnanti di sesso femminile. Il no- istruttiva del giro del mondo in tournée stro scopo è anche quello di fornire un’e- con i Led Zeppelin. A bordo ci sono i Fu- ducazione laica in quei luoghi dove il fon- zon, gruppo rock di Lahore con solide ba- damentalismo fa proseliti attraverso le si nella tradizione (Shafqat, voce potente scuole coraniche». in un fisico alla Demetrio Stratos, è figlio Nelle regioni più remote e nelle barac- del grande cantante di musica classica copoli il regime familiare è ancora feudale pakistana Ustad Amanat Ali Khan, morto e i matrimoni combinati sono all’ordine nel ’74 quando lui aveva due anni) e l’en- la tournée del giorno. A Lahore, dove Luigi Cinque e i semble di Luigi Cinque, veterano del folk Fouzon sono tra gli animatori del World made in con il Canzoniere del Lazio, Performing Arts Festival, incontriamo tre ingordo ricercatore di suoni, artista sma- LAHORE — «È questo ora l’ombelico del mondo», esclama chirurghi dell’associazione Smile Again, nioso sempre in vena di contaminazioni Luigi Cinque dopo l’esibizione del suo gruppo (Andrea Bion- volontari che visitano periodicamente il (come dimostra il suo ultimo Tangerine di al vibrafono, Gavino Murgia al sax e launeddas, Rodolfo paese per ridare sorriso a donne che mari- Café) e abile suonatore di sax, clarino, or- Maltese alla chitarra e Lucilla Galeazzi alla voce) al World ti crudeli o promessi sposi rifiutati hanno ganetto e gaita. Per uno come lui che si è Performing Arts Festival di Lahore. Al formidabile laboratorio sfigurato col vetriolo. Una pratica della appassionato alla trance dei tarantolati e teatrale, cinematografico, musicale e di spettacoli di mario- quale il dottor Francesco Bellezza del ha studiato i raga indiani a Benares, questo nette partecipano anche altri italiani, come Elisabetta Potas- Sant’Eugenio di Roma racconta particola- è il paese delle meraviglie. so e Teatro Tages Company. Cinque e i suoi non sono sol- ri raccapriccianti. Il Pakistan di Musharraf mette in chiaro tanto tra i protagonisti dell’evento, ma anche ascoltatori en- Della musica del Punjab, la regione di le sue regole già all’uscita dell’aeroporto tusiasti dei musicisti che ogni mezz’ora si alter- Lahore, non sappiamo quasi nulla, se non della capitale, dove su un’aiuola bene in vi- nano sul palcoscenico. «Musica e voci stupefa- il ritmo reso popolare dall’anglopakistano sta è stata ricamata con la falciatrice la centi», commenta estasiata la cantante Lucilla Panjabi MC con Mundian to Bachke, un hit scritta «Fede, unità, disciplina». Ma la di- Galeazzi, una che di tecnica vocale se ne inten- da discoteca di due estati fa. Misera cosa, sciplinata Islamabad, tutta viali e amba- de e ha stupito anche i pakistani con la sua rispetto ai tesori della zona. «Scusate se sciate, è solo una città di rappresentanza estensione. «Non me l'aspettavo, l’energia è a l’accoglienza è modesta, facciamo quel costruita per ospitare i palazzi del governo. mille, la mia emozione cresce proporzional- che possiamo con i nostri poveri mezzi», Il resto del paese sarà anche unito, chiara- mente all’intensità della musica. Nessuno di noi, esordisce Saadaan Peerzada, vicepresi- mente credente, ma per sua fortuna non rapiti come siamo, ha mai sofferto per l'assenza dente del Festival, una delle menti illumi- disciplinato e creativamente sterile come Luigi Cinque di qualsiasi azione scenica. In alcuni momenti, nate (insieme al fratello Faizan e al resto la sua capitale. Basta spostarsi di venti chi- nei recitativi, i cantanti qawwali mi hanno fatto della famiglia) che vent’anni fa ha realiz- lometri, nella vicina Rawalpindi, l’antica pensare ai vecchi cantastorie siciliani che pas- zato il sogno di Rafi Peer, l’illustre genito- capitale, per una full immersion nell’India savano senza interruzione dal parlato al cantato». re morto nel 1974. Nei primi anni Trenta, caotica, polverosa, caliginosa e affascinan- Luigi Cinque e i Fouzon si sono esibiti a Karachi, Islama- Rafi studiò arte drammatica in Germania te che ci si aspetta. E lì, con il popolo che vi- bad e Lahore. Prima l’ensemble italiano, con un jazz di gran con Max Reinhard e conobbe Bertolt Bre- ve per strada, cencioso quanto si vuole, ma classe che sconfina nella musica totale, unito a tarante e cht, cosa di cui tutta la famiglia va fiera. Al dignitoso e mai questuante, la musica in- ninnananne; poi il rock del gruppo pakistano, musica di ritorno in patria diventò il padre della comincia la sua opera di seduzione. chiara derivazione angloamericana, ma con una perla al- drammaturgia urdu e punjab nel subcon- Il Pakistan è un paese pieno di musica. l’interno, la voce di Shafqat. Alla fine, per venti minuti, gli ita- tinente indiano. Non l’avremmo mai scoperto se Nusrat liani e i pakistani improvvisano una jam session, in cui la Ga- L’accoglienza, in realtà, è calda e gene- Fateh Ali Khan (1948-1997), il maestro del leazzi, il cantante dei Fouzon e il personalissimo scat del rosa, e l’AlHamra Cultural Complex non canto qawwali, non fosse stato scritturato sassofonista Gavino Murgia fanno miracoli. ha nulla da invidiare alle nostre strutture. da Peter Gabriel e trasformato in uno dei «Una qualità musicale altissima», esclama Luigi Cinque Ma si capisce che i Peer Brothers, come li più grandi miti della world music, per me- alla fine di ogni esibizione, «e allo stesso tempo contempo- chiamano tutti, hanno fatto sforzi titanici rito di alcuni straordinari compact disc ranea e trendy. Gruppi come questi, in una situazione più per mettere in piedi il loro teatro-work- pubblicati dalla Real World e diventati, a metropolitana, farebbero indubbiamente tendenza. Quel shop, in un paese dove ancora si parla di loro modo, dei successi planetari. Qui i ta- che mi ha sorpreso di più? Le voci straordinarie, il ritmo, la uno «scandaloso» film prodotto a Bol- lenti sono così tanti e il livello così alto da teatralità, la grande capacità narrativa che oggi solo pochi lywood e uscito l’estate scorsa in cui «una far pensare al Pakistan, più che all’intera rapper hanno». (g.v.) coppia si bacia sulla bocca». Al Festival ci Asia o alla più esplorata Africa, come alla sono 600 artisti di oltre 33 paesi, ma una nuova frontiera della musica. La prima le- volta tanto c’è poco da essere esterofili, so- DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43 FOTO ZAHID HUSSEIN/REUTERS

Parla Ry Cooder, padre di Buena Vista “La passione di esplorare le note di altri mondi”

ERNESTO ASSANTE L’ARTE D’ORIENTE y Cooder è, assieme a Peter Gabriel, il più celebre, il A lato, un’illustrazione tratta dal libro più amato, il più appassionato e coerente tra i “viag- Qajar di Robinson e Guadalupi edito Rgiatori” della musica di oggi. Nel suo lungo viaggio da Franco Maria Ricci. In alto, un lungo i confini della musica del mondo ha dato vita al Bue- na Vista Music Club, facendo conoscere a tutti alcuni dei suonatore di tamburo a Karachi più leggendari musicisti cubani, ha attraversato l’Africa, realizzando con Ali Farka Toure, uno dei grandi personag- gi della musica del Mali, un disco carico di blues come Talking Timbuktu, e l’India con Vishwa Mohan Bhatt, con no le risorse musicali del paese il piatto for- il quale ha inciso A meeting by the river, altro piccolo gran- te della manifestazione. Immerse in una de gioiello. E ha percorso in lungo e in largo l’America, ri- realtà non diversa da una di quelle felici, trovando la musica messicana, il jazz, il blues e il gospel, ultime corrispondenze di Tiziano Terzani riempiendo di suoni diversi i suoi dischi da solista come le per il Corriere della Sera, «una città dove sue colonne sonore. «Non mi stanco mai di cercare», ci ha una medioevale folla di uomini barbuti e detto Cooder qualche tempo fa, presentando il disco Mam- inturbantati, avvolti nella moderna fo- bo Sinuendo, il suo più recente progetto “cubano”, «con- schia azzurrognola delle esalazioni di au- frontarsi con altri suoni e altre culture, con musicisti gran- tobus e motorini, si mescola ai ciuchi, ca- dissimi che dalle nostre parti sono po- valli, barrocci e carretti», con sintomi co conosciuti, è una delle cose più bel- sconcertanti di modernità cheapche si so- le del mio mestiere di musicista». vrappone alla rinfusa alle gloriose vestigia Lei è riuscito, come solo Peter Ga- del passato. I giardini di Shalimar, poi lì a briel era riuscito a fare prima di lei, a due passi un orripilante palazzo tutto vetri portare la world music in classifica, a e specchi che è un istituto di bellezza per farla conoscere al grande pubblico.

signore facoltose. FOTO CARLO SPERATI «Non è stato facile per me lavorare in Ogni città nasconde i suoi segreti, ma questo modo. All’inizio quando propo- Lahore ne cela uno inconfessabile, consi- nevo musiche particolari tutti mi pren- derato vergogna dai fondamentalisti. Una devano per un pazzo. Poi hanno co- trasgressione che nessuna grande città minciato ad ascoltare, a capire, hanno islamica, Istanbul a parte, si è mai conces- iniziato a comprendere che il nostro so, un quartiere a luci rosse. «Sarebbe mondo non è “il” mondo ma uno dei scoppiata la guerra civile a Lahore se lo molti mondi musicali possibili. E han- avessero tolto», ci dicono. Sì, ma che c’en- no scoperto, come ho scoperto io, che tra con la musica? C’entra moltissimo, ogni musica è collegata all’altra, che perché Shahi Mohalla, la città del piacere IL FENOMENO BUENA VISTA tutte le musiche del mondo si “parla- racchiusa dentro le antiche mura, si anima Ry Cooder è il padre dei Buena no”, si sono nel corso dei secoli mesco- solo dopo il tramonto e attira gli avventori Vista social Club diventati famosi in late, in alcuni casi fuse, dando vita a con danze, performance teatrali e musica. tutto il mondo grazie anche al film musiche sempre nuove e diverse». Anche qui di altissimo livello. Ogni prosti- documentario del regista Wim Quella della musica del mondo è tuta ha il suo personale peep show, ognu- Wenders una moda o una qualcosa che ha con- na ha il suo gruppo di intrattenitori, Più tribuito a cambiare il mondo della bravi sono gli artisti della casa più ricerca- musica occidentale? ta è la donna che la abita. «Non è una moda. È parte integrante della nostra cultu- «Shahi Mohalla non è solo un ghetto di ra, della nostra musica. Non c’è suono che non sia “conta- prostitute e travestiti, ma una riserva di ar- minato”, non esiste musica “pura”, soprattutto oggi. E i ra- tisti. Solo queste donne possono fare me- gazzi hanno nelle orecchie una varietà di suoni e di musi- stieri che qui sono considerati da meretri- che molto più ampia di quella che avevo io da ragazzo. Ma ce, come l’attrice o la ballerina», spiega non basta. Sono i musicisti che si devono incontrare, che Fouzua Saeed, pakistana laureata all’uni- devono mettere insieme le loro conoscenze, al di la della lo- versità di Minnesota, che ha riportato in un ro cultura o della loro lingua. Ho inciso dischi con musici- libro, Taboo!, la sua esperienza di cronista sti con i quali non riuscivo a parlare, ma ci capivamo suo- e psicologa a Shahi Mohalla. Non sappia- nando». mo quanti dei musicisti incontrati al Festi- Si aspettava il successo che ha ottenuto con Buena Vista? val siano transitati o provengano dai bor- «Un successo che francamente non mi aspettavo, ma che delli della città, ma certamente non hanno ho compreso qualche tempo dopo, alzandomi la mattina e seguito quel percorso le dozzine di cantan- suonando il disco. Ascoltavo la musica e mi sentivo bene. E ti sufi che in quei giorni ci hanno deliziato, la musica dovrebbe far sempre questo. La musica orienta- stupito e trascinato con la loro musica. I le fa questo, la musica indiana, molta di quella dell’Africa. Peer Brothers li reclutano negli shrines, pa- E ascoltare queste cose fa bene all’anima». ragonabili ai nostri santuari, dove sono se- polti santi uomini a cui il popolo si rivolge con devozione per chiedere grazie. «Lì ogni giovedì sera sufi delle varie congregazioni cantano fino allo sfinimento, anche sei ore senza sosta, mentre delle pie donne si preoccupano di porger loro dell’acqua e di detergere il sudore di quelle creature che dal canto sono passate alla trance mistica», ci racconta Saadaan Peerzada, indicando dietro le quinte uno dei campioni della sua squadra, Sain (che sta per santo) Zahoor, occhi nerissimi incastonati in una trucida faccia da gitano, dita cariche di anelli, sguardo minaccioso. Ma il suo canto è più dolce di quello di un usignolo. Non c’è solo musica devozionale sul palco dell’AlHamra. Quando il presenta- tore invita in scena Arif Lohar, tra il pub- blico si scatena il delirio. Mai visto un can- tante che riassuma in sé i caratteri di Ma- rio Merola, Camaron de la Isla, Liberace e Renato Zero. Fa il suo ingresso con un abi- to lungo di velluto satinato e scarpe di ver- nice. L’introduzione strumentale è ricca di percussioni, trascinante, pronta a soste- nere la voce potente che alla prima nota manda in tilt il sistema di amplificazione. Canta da dio, arringa il suo pubblico, alla fine, stremato, cade in ginocchio e con le braccia tese implora qualcosa d’incom- prensibile che tutti sono pronti a conce- dergli. Lo adorano, è il cantante più popo- lare della zona. Lo sa questo Elvis del Punjab che se trovasse il suo Peter Gabriel farebbe un mucchio di soldi? 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005

i sapori Filoni, baguette, ciambelle, michette: nel nostro Italia a tavola Paese la tradizione artigianale ha ancora la meglio sui prodotti industriali. Compriamo itinerari dal fornaio oltre 1500 varietà di pani, Pierangelo Forti, terza generazione ne consumiamo 200 grammi a testa al giorno. di olivocultori, E non siamo disposti a rinunciare alla qualità è proprietario insieme al fratello Mario di una delle più stimate aziende italiane di produzione di olio extravergine, con sede a Noci, in provincia di Bari. È un gourmet appassionato e gran ricercatore di pani, che considera compagni insostituibili per le sue Pane spremute d’olive pugliesi La fragranza della vita LICIA GRANELLO

uono come un tozzo di pane”, si diceva un tempo. Con l’intenzione di fare un complimento, riconoscere una virtù importante, attestare una benemerenza. E oggi? Pensiamo un attimo alle formine gommose o pronte a sbriciolarsi, che troviamo sempre più spesso sugli scaf- fali di panetterie e supermercati: buono come un tozzo di“ pane?B Più che un complimento, un insulto. Eppure, il buon pane lo riconosciamo tutti. Intanto perché ci appartie- ne così intimamente che chiunque debba fare i conti con la bilancia tre- ma alla sola idea di essere costretto a mangiare “senza pane”. Niente pa- nini imbottiti, niente bruschette, niente scarpetta per raccogliere il sugo dal piatto: come non deprimersi? E poi, perché la tradizione italiana del pane di qualità è radicata, diffusa, e persistente, tanto che l’Istituto di Sociologia Rurale quattro anni fa ha censito 200 tipolo- gie principali e oltre 1.500 varianti. Di più: malgrado il tempo che manca e i supermer- cati tentatori, continuiamo a frequentare i panifici artigianali, e a volere solo pane fre- sco. Soprattutto, lo mangiamo, poco o tanto, tutti i giorni, senza distinzioni di età, stagio- Gesù vide che una grande ni, luogo di residenza. Così, la ventiseiesima edizione del Sigep folla veniva‘‘ da lui e disse: (Salone internazionale gelateria, pasticceria «Dove possiamo comperare e panificazione artigianali), in programma a il pane perché costoro Rimini a partire da sabato, quest’anno dedi- ca due interi padiglioni a fornai e fornarine, abbiano da mangiare?»[…] con tanto di lavorazioni “dal vivo”, degusta- Allora Gesù prese i pani e, zioni per i visitatori, forum di discussione e concorso. Tema: dal campo di grano al pane, dopo aver reso grazie, ovvero come riscoprire l’importanza della fi- li distribuì liera e renderne partecipi i consumatori. IL NUOVO TESTAMENTO Vogliamo parlare di farine? Dal Piemonte VANGELO SECONDO GIOVANNI alla Sicilia, i mulini doc — che macinano gra- ni coltivati in zona, spesso in regime di bio- Tu proverai sì come sa logico — faticano a vendere un prodotto considerato troppo “vivo”. La maggior parte di sale lo pane altrui dei fornai, infatti, ha imparato a prescindere DANTE ALIGHIERI dal tempo meteorologico e da quello scandi- LA COPPIA FERRARESE IL PANE DI GENZANO IL PANE DI ALTAMURA LA DIVINA COMMEDIA to dall’orologio. È formata da due pezzi di pasta È stato il primo pane in Europa a È stato il primo prodotto in IL PARADISO Quindi, via libera alle farine addizionate di uniti nella parte centrale, ottenere il riconoscimento Igp. La Europa a fregiarsi del marchio chimica, i cosiddetti “miglioratori”, che ga- ciascuno con le estremità ritorte sua storia è legata alla tradizione Dop nella categoria “pani e Alberto dice che la fame e il rantiscono sfornate insensibili all’umidità e in modo da formare un ventaglio contadina della zona: preparato prodotti da forno”. Si ottiene soprattutto di rapida fattura. In pochi rac- a quattro punte, le cui estremità in famiglia con farina di grano dal rimacinato di semola di pane in tasca sono due contano che l’allergia alla farina è diventata sono dette crostini. Pane Igp tenero, acqua, lievito naturale e grano duro (varietà Appuro, addendi di segno contrario, a tutti gli effetti una malattia professionale di consistenza dura e croccante, sale, lasciato riposare in casse di Arcangelo, Duilio e Simeto) dei fornai, costretti in centinaia, ogni anno, può essere conservato per legno con teli di canapa, dopo prodotta nel territorio delimitato che si elidono a vicenda ad abbandonare il mestiere. diversi giorni. Prodotto nella essere stato spolverato con dal disciplinare di produzione PRIMO LEVI Certo, i riconoscimenti dell’Unione Euro- provincia di Ferrara, era già cruschello, veniva poi cotto nei (Altamura, Gravina di Puglia, SE QUESTO È UN UOMO pea e i presidi dello Slow Food hanno messo presente negli statuti comunali forni a legna. Si confeziona a Poggiorsini, Spinazzola e al sicuro una decina di pani super-artigianali, medievali. È preparato con farina forma di pagnotta o di filone Minervino Murge) e lavorata protetti da disciplinari che non ammettono di grano tenero tipo “0”, strutto di lungo, ha crosta di colore scuro, con lievito madre o pasta acida, scorciatoie: dalla farina all’acqua, dai tempi di suino, extravergine, lievito, sale, mollica soffice e spugnosa. sale marino e acqua. lievitazione alla modalità di cottura, tutto è codificato, controllato, verificato. E acqua e malto. gli altri? E dire che basterebbe davvero poco, non tanto per ampliare il numero dei pani “eletti”, ma per far riconquistare la giusta dignità a quelli correnti. La rivincita del buon pane passa sicuramente dalle scelte dei consumatori. Si comincia, lasciando sugli scaffali i pani superlavorati. Che costano di più e so- no meno sani. Si prosegue imparando a comprarlo magari solo una volta o due la settimana: basta privilegiare quelli a lievitazione naturale, meglio se cotti nel forno a legna. Se poi nulla vi soddisfa, compratevi uno dei mille ricettari in cir- colazione o andate su uno dei tanti siti internet dedicati e scoprite il piacere di farvi il pane in casa (è molto meno difficile e lungo di quanto si pensi). Sarà il vo- stro fiore all’occhiello delle prossime cene in società. Senza contare che, mes- so in tavola con una ciotola di extravergine serio, vi risolverà il problema del- l’antipasto: chiedere referenze ad Aimo & Nadia, ristorante-culto di Milano, do- ve è vietato cominciare a mangiare senza prima aver fatto scarpetta con pane di Castelvetrano e olio del Belice. Nessun cliente si sottrae al sacrificio. DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 45

Ferrara Genzano Altamura La città degli Estensi A un passo dal lago di Nemi, Nel cuore delle Murge, Altamura ha una doppia vocazione in paese si vanta una solida vanta un’agricoltura di gastronomica: tradizione di floricoltura, primissimo livello (dalle rinascimentale ed ebraica. celebrata durante la festa lenticchie, alle olive, alle cime di Nella zona si allevano suini primaverile dell’Infiorata. rapa). A una manciata di straordinari (la cui summa Il pane Igp è perfetto per le chilometri, Gioia del Colle gastronomica è la celebre carni (dalla porchetta in giù) integra l’offerta con le sue celebri salama da sugo) e le anguille e i funghi. In stagione, mozzarelle. Imperdibili le comacchiesi. da provare nella zona i piatti orecchiette fatte in casa con le con gli asparagi. cime “strascicate”.

DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE LOCANDA DELLA TAMERICE (con camere), Via Argine ENOTECA LA GROTTA, via Belardi 31, Genzano I TRE ARCHI, Via San Michele 28, Altamura (Bari). Mezzano 2, Ostellato (Ferrara). Telefono 0533-680795. (Roma). Telefono 06-9364224. Chiuso il mercoledì, Telefono 080-3115569. Chiuso il mercoledì, Chiuso martedì e mercoledì, da 50 euro, vini esclusi menù da 35 euro, vini esclusi menu da 25 euro, vini esclusi

DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE CHARMING HOTEL DE PRATI, via Padiglioni 5, HOTEL MIRALAGO, via dei Cappuccini 12, MASSERIA SAN GIOVANNI, Contrada San Giovanni, Ferrara. Telefono 0532-241905. Camera doppia Albano Laziale, (Roma). Telefono 06-9322253. Altamura (Bari). Telefono 080-3140078. a 70 euro, colazione inclusa Camera doppia a 95 euro, colazione inclusa Camera doppia a 70 euro, con colazione

DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE PANIFICIO PERDONATI, Via San Romano 108, PANIFICIO DA SERGIO, Via Belardi 11, PANIFICIO FRATELLI DI GESU’, Via Pimentello 17, Ferrara. Telefono 0532-761319 Genzano (Roma). Telefono 06-9396113 Altamura (Bari).Telefono 080-3141213

68cent 200gr 12,3% La spesa media quotidiana Il consumo quotidiano È la percentuale di consumo per il pane fresco è di 68 di pane in Italia è di del pane sul totale centesimi pro capite 200 grammi a persona dei consumi alimentari FOTO OLYCOM

L’esperto: non solo re degli alimenti ma simbolo della civiltà L’ASSOCIAZIONE acci oggi il nostro pane quoti- attribuito al pane non si comprendereb- L’Associazione Città del Pane diano». Potrebbe sembrare be senza una reale eccellenza del manu- (www.cittadelpane.it) ha come «Dun abbandono alla provvi- fatto. L’ampiezza e l’importanza dei va- obbiettivo il riconoscimento e la denza divina, ma ciò che si implora non Millenni di saperi lori assunti dal pane nella nostra cultura valorizzazione dei pani di qualità è la manna, è il pane. La manna scende non sarebbero state possibili senza un legati ai territori di produzione. I dal cielo, il pane si costruisce col lavoro. alto valore “intrinseco” del prodotto. Tanto lavoro: coltivare la terra, semina- Senza un gusto, un sapore, un profumo, comuni associati sono oltre 40. re il grano, attendere che cresca, racco- una qualità alimentare e gastronomica La sede è ad Altopascio (Lucca), glierlo. Batterlo, per isolare il chicco dal- per un rito quotidiano impareggiabili. Prima di diventare altro, che nel Medioevo si guadagnò la paglia. Preparare un luogo appropria- il pane è stato davvero il re degli alimen- grande fama di ospitalità, grazie to (asciutto, fresco) per conservare il MASSIMO MONTANARI ti, e ha potuto esserlo perché su di esso gli all’opera dei Cavalieri del Tau, chicco, e ogni tanto macinarlo, con abili uomini hanno investito tutte le loro una confraternita di medici gesti manuali o con macchine comples- energie fisiche e mentali. e volontari laici. se, mosse dall’acqua o dal vento o, più re- valore primario del pane come è servito all’uomo per nutrirsi Pregare Dio di assicurarci il pane vuol centemente, da un motore elettrico. Sti- cibo di base. Tutte le lingue di ma si è anche caricato di valori dire chiedergli (chiunque Egli sia) di far- vare la farina in sacchi grandi e piccoli, radice latina la conoscono. simbolici. Articolandosi nelle ci essere noi stessi, di conservarci quella mantenendola, anche lei, in luoghi adat- La quantità di cultura, cioè forme, nel sapore, nei modi di identità umana, quella dignità, quella ti. Impastarla con l’acqua, far lievitare la di sapienza e di lavoro, che cottura, ha assunto una quan- capacità di pensare e di fare che faticosa- pasta con minuscoli enzimi, per loro na- questo procedimento contie- tità infinita di varianti, utili mente abbiamo saputo costruire e tra- tura pericolosi, ai quali abbiamo inse- ne in sé ha dell’incredibile. Pa- non solo a spezzare l’unifor- smettere dall’una all’altra generazione. gnato a comportarsi bene, costringen- re quasi la somma delle abilità mità del quotidiano ma a defi- Davvero una bellissima preghiera, an- doli a lavorare per noi. Attendere un po’ umane, delle tecniche e dei sa- nire spazi, tempi, identità col- che per un laico. «Dacci oggi il nostro pa- e mettere in forno, dosando sapiente- peri messi insieme in un po’ di lettive: ogni regione, ogni co- ne quotidiano». mente il calore della fiamma. millenni. Il pane non esiste in munità ha il suo pane, e il ca- Il pane è pronto, e accompagnerà le al- natura, è un’invenzione di cui l’uomo è lendario è scandito da pani speciali che L’autore è docente di Storia medioevale tre vivande: il “companatico”, ovvero “ciò sempre andato orgoglioso, rappresen- segnano le feste. Il pane è servito anche a e Storia dell’alimentazione che sta col pane”. Parola che presume un tando se stesso come “mangiatore di pa- costruire e intrattenere rapporti, con al- all’Università di Bologna ne” (così si legge nei poemi omerici) in- tri uomini e talvolta con l’aldilà. tendendo quel manufatto come segno Come ha fatto notare Jean-Louis Flan- rivelatore della propria identità. Il pane drin, lo straordinario spessore simbolico DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 47 il corpo 250 milioni43,6% 53,4% IL GIRO D’AFFARI GLI ACQUISTI IN PROFUMERIA IL BOOM DELLE CREME Vanità maschile Il consumo di prodotti Quasi un prodotto su due, fra È sempre più coinvolgente, la maschili copre quasi un terzo quelli da uomo, e cioè il 43,6 corsa alla bellezza maschile. del consumo globale di per cento del totale, viene Secondo dati diffusi cosmetici. In un anno sono acquistato in profumeria. dall’Unipro, le creme e i stati venduti prodotti di linea Non si delegano più mogli, trattamenti uomo hanno maschile per oltre 250 milioni sorelle, madri o fidanzate subito un incremento del di euro, con una crescita A comprare sono sempre 53,4%. Entro dieci anni un del 6,4 per cento: un mercato più spesso gli uomini in uomo su due userà in continua espansione prima persona regolarmente un antirughe La carica dei nuovi narcisi

LAURA LAURENZI toabbronzati e magari anche liftati. Con ma tinta, ma l’effetto è lo stesso. Non c’è più, con un aumento significativo del Combattono contro un buon rapporto con lo specchio. Virili nulla di femmineo nel prendersi cura di 6,4 per cento. La tendenza è apprezzabi- sempre, qualche volta col trucco. Non sé, fanno sapere (indirettamente) David le anche in altre grandi nazioni europee anità, il tuo nome è uomo. rughe e calvizie, c’è sacrificio che possa sembrare troppo Beckham, che è un habitué del rimmel, come la Francia, il Regno Unito, la Spa- Il nuovo target è decisa- grande. A indicare la strada è stato il pre- John Kerry, che si fa iniettare il botox sul- gna. Una fascia ormai consolidata, alla mente esigente, anche se sidente del Consiglio: «I miei capelli la fronte per spianarsi le rughe, Brad Pitt, quale le grandi aziende guardano con non sempre esperto. Però alimentano stanno crescendo meravigliosamente e che non disdegna lo smalto per unghie, offerte sempre più mirate. Il consumo di si informa, si documenta, penso di aver fatto bene a sottopormi a Johnny Depp, che frequenta l’eye-liner prodotti uomo copre in Italia quasi un entra in profumeria a testa il mercato queste pene», ha annunciato Silvio Ber- non soltanto quando recita travestito da terzo del consumo globale di cosmetici; alta,V nessun impaccio, nessun imbaraz- lusconi durante la rituale conferenza pirata: «Deriva — spiega il sex symbol — soltanto le creme per il trattamento viso zo. L’imperativo non è più Belli dentro dei cosmetici come stampa di fine anno, alludendo al suo dalle tribù nomadi del deserto dell’Afri- hanno fatto un balzo in avanti di oltre il ma è Belli fuori, e gli uomini — anche i trapianto di capelli. ca. È una protezione dal sole per gli occhi, 53 per cento. macho men — già da varie stagioni si mai era accaduto Non si bada a spese, per piacersi e per lo usano anche i giocatori di football». Si curano soprattutto i giovani: i più stanno adeguando. piacere. Secondo le previsioni degli Secondo un’indagine realizzata dal- grandi consumatori di prodotti per la Tramonta definitivamente «l’uomo esperti, nel 2015 un uomo su due userà l’istituto Directa di Milano per la Vichy pelle sono compresi nella fascia tra i 25 e che non deve chiedere mai», come sot- Così gli uomini un antirughe. La popolazione maschile Laboratoires, l’uomo italiano dedica il i 44 anni. Una corsa alla bellezza che se- tolinea l’image maker Diego Dalla Pal- investe massicciamente in bellezza, an- 26 per cento di tempo in più alla cura del mina stress. Innumerevoli, esattamente ma, sostituito dall’uomo che chiede ec- hanno riscoperto che se etichettata nella campagne di co- proprio corpo rispetto a dieci anni fa e come accade fra le donne, sono gli uo- come: alla profumiera, al farmacista, al municazione con la parola «benessere», un sette per cento in più per migliorare mini in crisi di inadeguatezza di fronte ai dermatologo, all’estetista, al parruc- la cura di se stessi a rendere la vanità degli uomini un po’ il proprio aspetto esteriore. Un popolo modelli di quasi perfezione propagan- chiere, alla moglie, alla fidanzata, e se oc- meno civettuola. Comincia a diffondersi di maschi vanesi. Scorrendo gli ultimi dati da giornali e tv: attori, indossatori, corre anche al chirurgo plastico. anche il trucco da uomo. C’è ma non si dati Unipro della spesa legata alla bel- campioni sportivi, bamboccioni da rea- Tutti, o quasi, narcisi: massaggiati, vede. Ha nomi diversi e più ipocriti: per lezza, il segmento del consumo maschi- lity show, molto ma molto diversi dal- idratati, tonificati, levigati, esfoliati, au- esempio il fondotinta si chiama unifor- le è senza dubbio quello che cresce di l’uomo medio italiano.

BELLI SENZA SOLE Essere abbronzati tutto l’anno, senza sole. Come appena scesi dal surf. Alessandro Gassman Sylvester Stallone Idratanti e protettivi, gli Con il mio corpo ho un rapporto rilassato. Cerco da sempre di tenermi in forma. autoabbronzanti di ultima generazione sono meno gialli L’attenzione del pubblico femminile Mi piace l’idea di essere il più fresco e soprattutto non macchiano. è piacevole ma non è il mio ambito possibile sia fisicamente Il problema è solo spalmarli specifico. La bellezza può ghettizzare sia mentalmente. Credo che in modo uniforme in uno stesso ruolo, se funziona. a invecchiare si perda soltanto, meglio Un simbolo di stile per me? Cary Grant giovani e incoscienti che anziani e saggi UNA TAGLIA IN MENO Contro l’accumulo dell’adipe soprattutto nella zona dell’addome e dei fianchi, ci sono gel, creme e impacchi che tonificano, rassodano e promettono una taglia in meno. Sono prodotti ad assorbimento rapido, dopo la doccia, con effetto levigante

CAPELLI DA INVIDIARE Fiale urto, lozioni, spray, shampoo rinforzante e multivitaminico. Al polline, alla pappa reale, all’ortica, al tè verde, al luppolo, alla cheratina, alle proteine della soia, al ginseng. Sono innumerevoli i preparati contro l’indebolimento dei capelli

IL RITO DELLA BARBA Esfolianti granulari, lozioni prive di oli, creme per pelli aride, emulsioni anti radicali liberi. Boom dei prodotti che rendono più gradevole la rasatura, che nella vita si ripete in media 10 mila volte e cui gli uomini dedicano dieci minuti al giorno FOTO CORBIS/CONTRASTO CREME ANTIRUGHE NOTE PROFUMATE Non più rubate a mogli e Sulle fragranze unisex fidanzate, le nuove creme prevalgono quelle anti-age sono studiate tipicamente maschili, che specificamente per la pelle giocano sulla freschezza maschile, più spessa del 16 e sulla sensualità con note per cento di quella femminile inattese e possibilmente e dal Ph decisamente più originali, ma mai acido troppo cariche FOTO CORBIS/CONTRASTO 48 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 le tendenze Al plasma o a cristalli liquidi ma soprattutto supersottile: il televisore Visioni hi-tech è tornato ad essere l’oggetto del desiderio. Le vendite sono raddoppiate, nel periodo natalizio c’è stato un vero boom. E secondo una ricerca per avere un nuovo modello gli italiani sono disposti a rinunciare allo shopping, ai peccati di gola e persino a fare l’amore

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LA TECNOLOGIA SPOSA L’AMBIENTE Con Philips Lcd 37PF9986 a 37 pollici immagini nitide e dettagliate. La tecnologia Ambilight crea una luce d’atmosfera nell’ambiente: 5.000 euro Tv, l’invasione degli ultrapiatti

MARINA CAVALLIERI

stato l’unico prodotto a cono- scere un boom in un periodo di consumi scarsi, di risparmio Quel compagno ideale ferreo, di prudenza negli acqui- sti. Le televisioni al plasma o a IMMAGINI PIÙ LUMINOSE cristalli liquidi, schermi ad alto Toshiba Stasia Lcd 27WL46P: immagini luminose, tassoÈ tecnologico ed estetico, sono stati tra che ti riempie la casa alto livello di contrasto e angolo di visione a 176°. gli oggetti più venduti nel periodo natalizio, Altoparlanti stereo integrati: 27 pollici, 1.790 euro in un anno in cui il mercato era già più che raddoppiato. Piatto, elegante, visibile ma non ingombrante, centrale ma discreto. Un ANTONIO DIPOLLINA punto di visione totale che coinvolga ma non invada: è questo lo schermo dei deside- ogliete tutto agli italiani, ma non il televisore. Anzi, di solito ne vogliono un ri, la televisione che gli italiani vogliono e nuovo modello. Per sostituire il vecchio o per aggiungerlo in punti impen- che presto tutti avranno. Che sia in cima al- Tsabili della casa, o — ultima tendenza — per affiancarne due, vicini. Frui- la lista ideale degli acquisti lo rivela anche zione tipo: su uno schermo c’è il reality show o il film o il varietà, sull’altro c’è una una dettagliata ricerca internazionale com- partita di calcio senza audio, che serve fino a un certo punto. In certi casi è il con- missionata dalla Philips: per il 70 per cento trario, ma lì siamo dalle parti della patologia. degli italiani, il sogno consumistico, la vi- La tv non è in crisi e non c’è aria di dismissione per i prossimi decenni. Anzi. Per- sione da realizzare, è un televisore a scher- ché la tv non è certo solo quella della stantia programmazione delle reti in chiaro. mo piatto, in media di 40 pollici, «bello da È satellite — con il calcio e i film senza pubblicità — è fruizione di vecchie cassette vedere anche quando è spento». Per averlo e moderni dvd, magari i divx scaricati illegalmente dal computer, è playstation, è molti rinuncerebbero ad un guardaroba fir- guardare le proprie foto e i propri filmati, è Televideo con la Ultima ora e anche l’o- mato, ad un Rolex, qualcuno anche al sesso. roscopo. Mediaset sta già offrendo in digitale terrestre i giochi per i bambini (im- «I televisori tradizionali, tempo dieci an- para l’inglese: “Where is the book?” The book is on…). Al tg di Sky, quello all-news, ni, verranno sostituiti dagli schermi piat- a giorni si potrà schiacciare un bottone del telecomando e scegliersi il servizio da ti», prevede Roberto Lisot, capogruppo guardare, o guardare del tg solo la parte sport, o spettacoli. Roba da grandi e fin dell’elettronica di consumo dell’Anie, l’as- troppo sofisticata, ma futuro incalzante: tanto che Bill Gates, per vedere l’effetto sociazione legata alla Confindustria. «Nel che fa, manda da mesi in giro per il mondo il suo totem per la clientela di fascia al- 2004 il mercato delle televisioni è aumen- ta, il Windows media center che è un computer ma fa capo al televisore in salotto. tato, si sono venduti 3,8 milioni di pezzi, di Oppure, per la maggioranza, il televisore è facile, facilissimo da usare. E questi circa il 12 per cento sono televisioni questo fa premio su tutto. È friendly, amichevole, come nient’altro, moglie a schermo piatto, una vendita più che rad- compresa. È come il telefonino. E dalla commistione tra telefonino e televi- doppiata». Gli analisti di mercato preve- sore le aziende stanno lucrando, ogni programma ormai ti invita a spedire un dono una crescita sempre maggiore, an- sms per votare su qualunque idiozia sia venuta in mente agli autori. Beh, fun- IDEALE PER OGNI AMBIENTE che del 50 per cento ogni anno fino al 2007. ziona. Quelli della tv, e quelli dei telefoni stanno scorrendo i fatturati con oc- Angolo di visione ottimale, perfetto da appendere, Tutto dipenderà dalla capacità delle Bang&Olufsen Beovision 6 è il più avanzato Lcd. aziende di abbattere i prezzi, già notevol- Il modello da 26 pollici costa 5.100 euro mente ridimensionati, e di rendere più sta- DOMENICA 16 GENNAIO 2005 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 49

DALLE FOTOCAMERE AI DVD, ECCO I PIÙ VENDUTI

Lettori dvd, televisori a schermi schermi a cristalli liquidi per piatti, fotocamere digitali: sono computer. In calo invece televisori stati i tre prodotti dell’elettronica al a tubo catodico (-9%) consumo più venduti nel periodo e videoregistratori (-34,5%), natalizio. Seguono nella classifica prodotti destinati a diventare degli acquisti l’iPod, le obsoleti col passaggio alla videocamere digitali, i palmari, gli tecnologia digitale S S FOTO CORBI

PIÙ SOTTILE NON SI PUÒ Sony KE-P42M1, 42 pollici con schermo al plasma Wega Engine assicura una perfetta risoluzione VGA in formato 16:9. Supersottile: 4.199 euro plasma La tecnologia al plasma si basa sulla luce fluorescente. In ogni cella del display si trova il gas, normalmente una miscela di Neon e Xenon: applicando una tensione il gas ionizza e diven- ta plasma che cede luce ultravioletta non visibile. La tecnolo- gia al plasma è più adatta a monitor di grande dimensioni, dai 42 in pollici in su. I monitor al plasma hanno un ottimo contra- sto, non sono sensibili alla luce ambientale ma hanno ancora un alto consumo energetico.

SI APPENDE COME UN QUADRO Hurricane RZ42PX11 è l’ultima novità al plasma di LG. Design accattivante, è 10 volte più sottile di una tv tradizionale: 42 pollici, 3.490 euro

bile il prodotto. «C’è una forte richiesta da parte del pubblico», dice Carlo Alberto La- sagna, amministratore delegato di Expert Italia, catena di distribuzione. «I prezzi stanno calando, la tecnologia cambia mol- to velocemente, oggi non si rischia più la visione laterale distorta o consumi troppo dispendiosi. La flat tv segna anche il pas- saggio alla casa multimediale con la televi-

FOTO CONTRASTO/CORBIS sione come centralina che immagazzina dati, punto di comunicazione globale». Case non più dominate dalla tv-focolare ESPERIENZA VISIVA SUPER ma dalla “personal television”, uno scher- Samsung PS50P4H al plasma, alta definizione, chi lucidi: si è scoperta un’Italia costituita soprattutto da persone davanti alla mo centrale in salotto e tante tv satelliti più straordinaria luminosità, tecnologia DNIe3 per tv con il telefonino a portata di mano, un click qui e uno là e il gioco è fatto. Li- piccole nelle varie stanze. Perché la fun- immagini superbe. Il 50 pollici da 3.899 euro bertà è partecipazione, ma non agli utili. zione storica del tubo catodico è finita, sia Totem e tivù, si diceva. L’oggetto che troneggia al centro della casa e ai tempi quella estetica, troppo ingombrante, che eroici veniva definito in toto “la televisione”. Oggi, linee sempre più accattivanti, di contenuto, di puro intrattenimento. «Il telecomandi come prolunghe falliche, lcd, plasma, videoregistratori incorporati catodico ha dato tutto quello che poteva e tutto confluisce verso quello schermo e tutto da quello schermo esce. offrire, noi abbiamo smesso di produrlo, E in futuro uscirà sempre di più. Provate a chiedere ai distributori cinemato- l’anno scorso per noi è stato l’anno della grafici se non sono già pronti oggi (ma si parla dell’inizio del 2006) a far saltare a morte del catodico come produzione», di- una certa fascia di film la costosa e quasi sempre inutile uscita nelle sale e far ar- ce Andrea Pilon, product manager della rivare il prodotto — pagando il giusto — direttamente nelle case. Oppure qual- Sharp. Aggiunge Andrea Mimun, manager cuno pensa che il digitale terrestre servirà solo a far pagare il calcio? Il vecchio della Sony: «Non sono solo oggetti belli da computer? Certo, è un’alternativa. Ma bisognerebbe spiegarlo a quel colosso vedere, sono funzionali alle recenti inno- mondiale che sta pubblicizzando il lussuosissimo nuovo modello: si vede la vazioni nel campo della comunicazione, schermata di Windows? Per niente, nella pubblicità si vede che a destra in basso dal dvd alla diffusione del digitale e dell’al- nel monitor c’è un rettangolo magico, ed è il televisore: “Guarda la tv mentre la- ta definizione». vori al computer”. Appunto. In attesa gli italiani aspettano pazienti Oppure lavori al computer mentre guardi la tv, oppure fai lo spettatore-pata- che i prezzi si abbassino, che il mercato si ta, quello tradizionale incorporato nel divano. Oppure aspetti il digitale terre- stabilizzi, che il prodotto maturi. Il tempo stre obbligatorio (2006, anche qui) e a quel punto avrai il decoder, ma allora tan- è dalla loro parte. Secondo lo studio realiz- to varrà gettare un occhio ai nuovi modelli di tv, che avranno il decoder incor- zato dalla Philips, condotto dall’istituto di porato, e si cambierà televisore ancora, magari a Natale. Perché sì, perché se bi- ricerca Harris Interactive su un campione sogna spendere meglio farlo per qualcosa di cui ci si fida, perché fa compagnia della popolazione dai 20 ai 55 anni, pur di ed è comunque il divertimento meno oneroso. Perché uscire di casa costerà avere un televisore il 52 per cento degli ita- sempre di più, perché in casa ti porteranno sempre più cose. E passeranno tut- liani sarebbe disposto ad una rinuncia te da lì, dal televisore. quotidiana per un mese intero, di questi il IL CINEMA IN SALOTTO 17 per cento rinuncerebbe allo shopping, Panasonic al plasma TH50PV30, 50 pollici, sottile e il 27 ai peccati di gola e il 4 per cento sta- leggero, si distingue per la profondità delle rebbe anche senza fare l’amore. immagini. Ottima la resa sonora: 6.799 euro 50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 16 GENNAIO 2005 l’incontro Rinascimento urbano Ama l’idea di città, l’architetto che per primo ha visitato Ground Zero e che lavora a New York con quattro progetti simbolo: il museo, l’università, la biblioteca e il giornale. Ama l’idea di città per lo stesso motivo per cui i terroristi la odiano, perché è la più grandiosa invenzione della nostra civiltà. E ora racconta i segreti Renzo Piano del suo progetto più ambizioso: restituire la voglia di vivere alla metropoli diventata il simbolo dell’Occidente

CURZIO MALTESE banità, il senso di civitas. Tutte paro- fortezza non mi sembrava l’ideale se- ficio di Bill Clinton». magari geniale come quelle di Gehry o le, concetti, valori che nascono con e de di un giornale. Un giornale deve È un’America da sogno quella vista Libeskind, convinto che l’impronta ai dalla città, la più straordinaria inven- calarsi nelle strade, dove passano le da Renzo Piano, intelligente e dubbio- suoi palazzi la darà il tempo, la vita che zione della civiltà. Quella che i terrori- notizie e la vita. Alla fine sono stati i sa, colta e creativa. Ma i conti non tor- GENOVA scorre. sti odiano di più» proprietari, la famiglia Sulzberger, i nano. Per esempio il conteggio dei vo- Gli chiedo quale sia, fra le tante do- nche le città più È un nuovo umanesimo della città più entusiasti dell’idea di trasforma- ti. «Nelle grandi città dove lavoro non ve vive e lavora, la sua città. «Continuo infelici hanno un che s’affaccia nei progetti di New re la lobby in uno spazio aperto al ho incontrato uno che avesse votato ad amare Genova e a stupirmi come angolo felice». È York. Ed è forse la ragione per cui è sta- pubblico, una galleria di passaggio Bush. I democratici hanno fatto il pie- da bambino davanti ai suoi contrasti. una frase delle to chiamato un europeo, un italiano per chiunque attraversi Broadway». no dei voti. L’America profonda è vis- Questa città solida come una roccia Città« impossibiliAdi Italo Calvino che con la fama americana di «moderno L’anima liberal è ancora più evi- suta come lontanissima e il presidente ma con l’instabilità del mare che la Renzo Piano ama ripetere. L’angolo Brunelleschi» per ridisegnare il profi- dente nel progetto di una nuova sede è considerato una specie di alieno». È tempera e la illumina. Sono affeziona- felice della periferia di Genova è il suo lo della città mito fra mare e cielo. «Noi della Columbia University nel cuore paradossale che la campagna di Bush to a Parigi, in particolare al Marais, studio. Dal mare sembra un porto di europei veniamo ancora considerati di Harlem, in un’area piena di fascino sulla sicurezza nazionale abbia con- dove abito, ho studio, tutto nato in- vetro arrampicato fin sulle colline. Si dagli americani maestri di civitas. Ed per un ex ragazzo degli anni Cinquan- quistato il MidWest o le zone rurali, do- torno a quel progetto del Beaubourg sale su un ascensore trasparente e al- è la voglia d’Europa il sentimento più ta e poi sessantottino non pentito. «È ve un attacco in forze di Al Qaeda è che da giovane architetto mi ha cam- la fine del volo c’è lui. Con gli anni as- forte a New York oggi. Il ritorno ai va- il quartiere dov’è stato girato West Si- piuttosto improbabile, mentre sia sta- biato la vita. Fra le città dove ho lavo- somiglia sempre di più a un capitano lori fondanti. La migliore risposta alla de Story e negli anni Sessanta era di- ta respinta dall’America metropolita- rato negli ultimi anni ho amato più di rinascimentale. Dal suo porto di vetro follia del terrorismo, anche se non è ventato il regno delle Pantere Nere. na. «È un fatto che l’Occidente più tutte Berlino e la gentilezza dei berli- dirige il traffico dei progetti che salpa- stata la prima e non è la stessa dell’A- La volontà del nuovo rettore, Lee Bol- odiato dai terroristi sia anche quello nesi, figli della tragedia. Mi diverto no verso i cinque continenti e oggi so- merica profonda». La prima risposta è linger, era aprire l’università alla cul- che ha votato contro Bush e contro l’i- molto a lavorare a New York e a Lon- prattutto verso l’America. Los Ange- stata la paura, lo “state of fear”, l’ansia tura della strada. Se vogliamo, l’esat- dea di uno scontro di civiltà. La realtà è dra e ho imparato moltissimo in Giap- les, San Francisco, Chicago, Boston, permanente che corrode la nostra ci- to contrario dell’università perfetta, che il contrasto fra città e campagne ri- pone». E la prossima città quale sarà? Atlanta e naturalmente New York. È viltà urbana ed è un pericolo quanto per ricchi, con campus paradisiaci mane nonostante tutto, nonostante Perché non una del nuovo mondo, Pe- stato il primo architetto a visitare le l’attacco del terrorismo. Nei giorni nella campagna della Nuova Inghil- internet e le tecnologie. Del resto, vale chino, Shangai oppure, perché no, macerie del Ground Zero tre anni fa, a dell’ira e della paura, Piano era a terra. Il recupero dei ghetti è diventa- per tutto il mondo, Islam compreso. Bagdad da ricostruire. «I cinesi sono poche ore dallo schianto. Sarà il pri- Manhattan a parlare di progetti, di fu- to il primo obiettivo dell’America li- Esiste un Islam dei porti, dei fiumi e affascinanti ma stanno copiando il mo a mettere il suo segno sulla skyline turo. «Ma l’ossessione della sicurezza beral. A cento metri dal mio cantiere, delle città e un Islam del deserto e in peggio dell’Occidente. Mi cercano di Manhattan mutilata dai kamikaze era quasi l’unico argomento. Negli in- in Martin Luther King avenue, c’è l’uf- mezzo c’è un abisso culturale. Istanbul per la firma non per un progetto vero. dopo l’11 settembre. Una volta finita, contri pubblici, con gli studenti, nelle non è stata forse, dopo New York, la Bagdad mi piacerebbe moltissimo ma fra un anno o due, la torre del New conferenze stampa o nei meeting di città più martoriata dal terrorismo?». noi siamo esclusi dal gioco. È tutto in York Times diventerà la seconda della lavoro mi facevano la stessa doman- “Non si supera Si torna all’amico Calvino, forse l’ar- mano a grandi multinazionali ameri- città («L’ho voluta un piede sotto da: è possibile costruire grattacieli a tista al quale Piano è più affine, a quel- cane con qualche spicchio di torta per l’Empire State Building, per rispetto») prova d’attentato? La risposta che po- la paura blindando l’idea di città impossibile. O forse no. gli inglesi. Falchi che puntano agli af- e una delle più belle, un monumento tevo dare era deludente ma onesta: «Era un elogio della città, il migliore mai fari e basta, con l’arroganza di chi ha alla luce e alla trasparenza destinato a no, non è possibile. Non esistono tor- scritto. Bisogna allargare gli angoli di distrutto e quindi vanta l’esclusiva simbolo della rinascita. ri o aeroporti inattaccabili. La nostra i nostri quartieri felicità, scacciare la solitudine, il deser- della ricostruzione. Nei paesi in via di Nello slancio quasi post bellico del- civiltà è magnifica quanto fragile, per- to affettivo. In fondo il mio lavoro è tut- sviluppo si stanno formando città la Grande Mela, il nome di Piano ri- meabile alla follia. Noi europei sap- o magari tornando to qui. Il Beaubourg come l’aeroporto mostruose e tremo all’idea di come ri- corre in altri tre grandi progetti, le piamo che cos’è il corpo fragile della di Osaka, l’Acquario di Genova oppure costruiranno nelle aree dello tsuna- nuove sedi della Morgan Library, del città. Gli americani no, non hanno nelle caverne, dove l’Auditorium di Roma o Postdammer- mi. Sono quelle le aree del mondo do- Whitney Museum e della Columbia avuto i bombardamenti, le guerre, le platz sono il tentativo di creare piccole ve ci sarebbe bisogno di costruttori di University, come dire il centro nervo- invasioni. Si sono precipitati a rico- abita Bin Laden. città dentro le città, dove la gente più di- urbanità e invece sono città proibite so della cultura newyorkese. «Sono struire le Torri. Ma io resto dell’idea versa possa incontrarsi, vincere la soli- per gli architetti internazionali, ri- quattro luoghi iconici della città, l’u- che fosse meglio aspettare». tudine, scambiare esperienze. Perché dotte a feudi della peggiore specula-

niversità, la sede del giornale, la bi- Alla Columbia ha avuto un quarto Sarebbe la sua anche nell’era del virtuale nulla può so- zione. È il nostro fallimento di archi- blioteca più importante e un grande d’ora d’applausi quando ha detto: stituire la magia del luogo fisico d’in- tetti e forse anche il nostro fallimento museo. Hanno un filo che li lega, l’ur- «Spero che l’architetto destinato a ri- vittoria definitiva” contro, dell’agorà». di occidentali» . costruire su Ground Zero non sia an- Sulla parete dello studio di Genova cora nato». «Alla cultura americana sono appesi i modelli di queste città in manca un po’ della consapevolezza miniatura. Piano si alza di continuo, li del limite che è l’insegnamento della porta sul tavolo, sposta palazzi con le

storia europea. Hanno questa logica, dita, aggiunge piazze, devia le strade dove c’è un problema si deve trovare con un tratto di pennarello sotto lo la soluzione definitiva. Bene, la solu- sguardo incuriosito di qualche giova- zione radicale, definitiva, contro il ne di bottega. Una volta, a pranzo in terrorismo fondamentalista sarebbe una brasserie parigina, l’ho visto pro- smettere di viaggiare, fortificare le gettare un colosso di trenta piani a città come nel Medioevo e meglio an- partire da un tovagliolo, uno stuzzica- cora tornare alle caverne. Le caverne denti e un bicchiere. La leggenda e il ‘‘ dove vive Bin Laden. Ma allora sareb- suo amico Beppe Grillo sostengono be la sua vittoria». che l’idea di costruire la torre ferro- Passato il tempo dell’ira, oggi New viaria di Londra, oltre trecento metri York è più che mai città aperta, con d’altezza, il più alto grattacielo d’Eu- una nuova speranza nel futuro. Con il ropa, gli sia venuta contemplando la carattere ostinato che le ha permesso forma di una scheggia di parmigiano. di rimarginare sempre le ferite, le cri- Grillo lo racconta anche nei suoi spet- si del porto nel Settecento come la tacoli, mettendosi le mani nei capelli. Guerra Civile, la Grande Depressione È un gioco incredibile quello di creare e ora l’11 settembre. «Ho visto il clima spazi dove la gente passerà la vita. «La mutare, tornare positivo. Ha vinto l’a- verità è che non saprai mai come verrà nima liberal di New York. Al principio il tuo lavoro finché non ci vedi dentro le riunioni sul Times erano tutte sulla la gente che gli dà un’anima». Forse è sicurezza. Ho chiarito che, con tutto il la ragione per cui Piano non cerca un ‘‘ rispetto per i timori giustificati, una tratto, non è un architetto da griffe,