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Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVIII A cura di Giuditta Romiti – [email protected]

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Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Rassegna del 29/10/2018

FABI 28/10/2018 Gazzetta del 9 Finanza, così le banche insegnano come muoversi La campagna ... 1 5.14.00 Mezzogiorno di sensibilizzazione a Bari 26/10/2018 Quotidiano di Sicilia 2 Riscossione Sicilia, futuro ancora incerto Raffa (Fabi): "Certezze R.p 2 7.56.00 occupazionali ai lavoratori" SCENARIO BANCHE 29/10/2018 Corriere della Sera 5 Il retroscena - Banche, il piano anti spread - Da Palazzo Chigi al Galluzzo Marco 3 4.11.00 Tesoro La rete di sicurezza per vigilare sulle banche 29/10/2018 Foglio Inserto 3 Ricchezza italiana Onorati Onelia 4 1.50.00 29/10/2018 Giornale 4 Patto Salvini-Di Maio: ok agli aiuti alle banche Tensione sul de Feo Fabrizio 5 1.00.00 condono 29/10/2018 Giorno-Carlino-Nazione 9 Contro corrente - Riformare la Bce: ecco l'anti-spread Preatoni Ernesto 6 3.50.00 Economia&Lavoro 29/10/2018 Giorno-Carlino-Nazione 11 Il colosso compra Nextam Partners «Per gestire il Telara Andrea 7 4.06.00 Economia&Lavoro risparmio servono grandi operatori» 29/10/2018 Giorno-Carlino-Nazione 15 Intervista ad Ugo Biggeri - Il microcredito all'occidentale Come Gerardi Francesco 8 4.11.00 Economia&Lavoro funziona la banca etica - Un'esperienza bancaria diversa «Equità e fiducia nelle persone: così funziona il microcredito» 29/10/2018 L'Economia del 3 Banche e Btp, chi discute e chi va a caccia di incidenti Giavazzi Francesco 9 0.11.00 Corriere della Sera 29/10/2018 L'Economia del 6 Lo spread e il rating: l'ultimo anno difficile di Draghi Saldutti Nicola 10 0.15.00 Corriere della Sera 29/10/2018 L'Economia del 24 La stanza dei bottoni - Banche e giornali Cinelli Carlo - De Rosa 11 0.33.00 Corriere della Sera Federico 29/10/2018 L'Economia del 25 In pochi mesi perduto un anno: da Mps a Carige torna la paura Righi Stefano 12 0.38.00 Corriere della Sera sulle banche - Un anno vissuto pericolosamente Mps bruciato dallo spread 29/10/2018 L'Economia del 25 Carige, l'aggregazione e il testacoda di Malacalza S. Rig. 13 0.39.00 Corriere della Sera 29/10/2018 L'Economia del 31 Sussurri & Grida - punta sui tecnici riparte con i Righi Stefano 14 0.51.00 Corriere della Sera liceali 29/10/2018 L'Economia del 54 Si risparmia l'80% se sono online quanto costa aprirli all'estero - Puato Alessandra 15 0.45.00 Corriere della Sera Conti correnti, online si paga l'80% in meno 29/10/2018 L'Economia del 55 Aprire un deposito all'estero? È caro e alle tasse non si scappa Gadda Pieremilio - Puato 16 0.41.00 Corriere della Sera Alessandra 29/10/2018 L'Economia del 55 La tedesca N26 ne approfitta Qui l'Iban è targato Berlino P.Gad. 17 0.41.00 Corriere della Sera 29/10/2018 L'Economia del 9 Mukki e SeSa, i nostri campioni sottovalutati ... 18 4.11.00 Corriere Fiorentino 29/10/2018 Mattino Napoli 23 BancoNapoli, Fimmanò non molla «Stop al rinnovo degli organi Iuliano Valerio 19 1.36.00 sociali» 29/10/2018 Messaggero 2 Venerdì arrivano gli "stress test" il nodo degli aumenti di capitale A.Bas 20 3.28.00 29/10/2018 Messaggero 2 Salva-banche, patto nel governo - Salvini e Di Maio: «Nessuna Pirone Diodato 21 1.55.00 banca sarà in difficoltà» 29/10/2018 Messaggero 3 Il retroscena - I vicepremier trovano l'intesa: fondi per il piano anti- Conti Marco 22 3.35.00 spread 29/10/2018 Repubblica 3 Il retroscena - Su grandi opere e banche Salvini si smarca da Di Lopapa Carmelo 23 4.35.00 Maio E lo sconfessa su Draghi 29/10/2018 Repubblica 6 Banche e asta dei Bot, il mercato giudica la manovra Petrini Roberto 24 4.45.00 29/10/2018 Repubblica 1 Il commento - Una Maastricht 2 per rianimare l'Unione - Maastricht Masera Rainer 25 1.52.00 Affari&Finanza 2 una necessità 29/10/2018 Repubblica 1 L'editoriale - Luigi è vigile e Matteo fa il whatever - Il whatever it Bogo Fabio 26 1.48.00 Affari&Finanza takes di Matteo 29/10/2018 Repubblica 6 Intervista a Carlo Cimbri - "Scudo per lo spread e Poste scelga Bogo Fabio 27 2.06.00 Affari&Finanza italiano" - "Uno scudo contro lo spread Rc auto, Poste stia con l'Italia" 29/10/2018 Repubblica 7 Affari in piazza - Il paradosso delle compagnie con gli occhi puntati Bonafede Adriano 28 2.09.00 Affari&Finanza sui tassi 29/10/2018 Repubblica 20 L'analisi - Stress test e Btp da rifinanziare altro allarme per le Greco Andrea 29 2.55.00 Affari&Finanza banche - Stress test e Btp in scadenza Banche, un nuovo allarme 29/10/2018 Repubblica 21 Bluebell: "Su Mps non siamo in conflitto d'interessi" ... 30 2.57.00 Affari&Finanza 29/10/2018 Repubblica Torino 12 Gros Pietro, partita a scacchi sull'ultimo sabaudo in Intesa Longhin Diego 31 6.26.00 29/10/2018 Sole 24 Ore 1 Il click cancella la banca e un giudice la resuscita - Il Banconapoli Busani Angelo - Deponti 32 1.58.00 cancellato da un click (e resuscitato) Franca 29/10/2018 Stampa 5 Retroscena - Salvini elogia Draghi e pressa Di Maio: "Tuteleremo Lombardo Ilario 33 2.44.00 le banche" 29/10/2018 Stampa Tuttosoldi 18 Banca aperta, come risparmiare con i dati sensibili Goria Fabrizio 34 5.27.00 Gazzetta del Mezzogiorno 28-ott-2018

Finanza, così le banche insegnano come muoversi La campagna di art sensibilizzazione a Bari

La trasparenza, il linguaggio e le parole nel settore del credito nell'era della digitalizzazione dell'informazione: le innovazioni e i nuovi scenari. Questo il tema al centro del seminario organizzato dalla FABI di Bari coordinata da Paolo Baldassarra, e da Assonova, in collaborazione con la Camera di Commercio di Bari, dove si terrà l'incontro il 29 ottobre. L'iniziativa rientra nella campagna di sensibilizzazione promossa da ministero dell'Economia e Banca d'Italia in occasione del mese dell'educazione finanziaria. Nel corso della sessione saranno affrontati temi di cultura finanziaria, fiducia e vendita responsabile, senza mancare un approfondimento sul linguaggio del settore del credito e la trasparenza. Lo scopo è avvicinare quanto più possibile la società alla conoscenza del mondo finanziario e offrire gli strumenti necessari a prendere scelte consapevoli. Durante l'incontro saranno trasmessi anche i sei video di «Parla con me» la web serie targata FABI che illustra il rapporto tra cliente e bancario, aiutando a comprendere i meccanismi interni delle banche e spiegando in modo semplice i vari prodotti bancari: dai servizi agli investimenti, dal risparmio ai prestiti. Ad intervenire al dibattito il Presidente della Camera di Commercio e il vice Sindaco di Bari, il segretario nazionale FABI e presidente di Assonova, Giuliano Xausa e Francesco Moliterni, professore associato di Diritto dell'Economia all'Università degli Studi Aldo Moro di Bari. Il dibattito sarà moderato da Francesco Pepe, dipartimento nazionale Formazione FABI.

FABI 1 Quotidiano di Sicilia 26-ott-2018

Riscossione Sicilia, futuro ancora incerto Raffa (Fabi): "Certezze occupazionali ai art lavoratori"

La Giunta di Governo si è riunita a Catania lo scorso mercoledì, ha nominato i vertici di Riscossione Sicilia, la partecipata regionale che si occupa della riscossione dei tributi in Sicilia, mentre nel resto d'Italia se ne occupa l'Agenzia delle Entrate. I due nominativi approvati dalla giunta sono quelli del commercialista Ettore Falcone e dell'avvocato Ketty Favazzo. Due nomi si aggiungono a quelli di Vito Branca, che ha avuto il via libera in commissione di merito. Ora anche queste nomine dovranno passare dalla commissione Affari Istituzionali dell'Ars affinché la partecipata, possa tornare ad avere pieni poteri. Parzialmente soddisfatto il sindacato Fabi, sindacato che rappresenta i lavoratori del settore del credito, che attraverso una nota del coordinatore Carmelo Raffa, si augura che i nuovi amministratori posseggano i requisiti necessari. "Speriamo che la commissione Ars li esami scrupolosamente, ma senza cercare il pelo nell'uovo anche perché Riscossione Sicilia si ritrova priva di amministratori da parecchi mesi. Oggi i sindacati incontreranno a Caltanissetta Alessandro Pagano, Vice Capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati e componente della Commissione Finanze. All'incontro di domani seguirà nei prossimi giorni l'appuntamento con Steni di Piazza, Senatore del Movimento Cinque Stelle e componente della Commissione Finanze del Senato della Repubblica. "L'impegno dei sindacati proseguirà con incontri con gli altri gruppi politici regionali e nazionali - e ciò per dare certezze occupazionali e contrattuali ai lavoratori a cominciare dall'attuazione della legge regionale dell'agosto 2017 che prevede il passaggio delle competenze e dei lavoratori al Servizio Unico di Riscossione presso l'Agenzia delle Entrate"

FABI 2 Corriere della Sera 29-ott-2018

Il retroscena - Banche, il piano anti spread - Da Palazzo Chigi al Tesoro La rete art di sicurezza per vigilare sulle banche

Marco Galluzzo A Palazzo Chigi sono fiduciosi sulla settimana che si apre, parlano di «segnali positivi dagli Stati Uniti», alcuni movimenti ben precisi di grandi hedge funds americani sui nostri titoli di Stato, fondi che hanno libertà massima di investimento (e di speculazione) e che in questo momento starebbero dando una mano al nostro Paese. Ma non per questo gli uffici che stanno di fronte la colonna di Marco Aurelio, su indicazioni precise del capo del governo, hanno smesso di lavorare a varie ipotesi di prevenzione e intervento, di carattere legislativo e finanziario, in stretto contatto con la Ragioneria dello Stato, gli uffici del Mef, e anche il Quirinale, nel caso in cui la situazione economica italiana dovesse peggiorare. E una rete di contatti istituzionali, che ovviamente include Bankitalia, a monitorare da vicino la situazione. L'indicazione di Conte è stata quella di preparare diversi scenari e diversi tipi di piani di intervento nel caso in cui fosse necessario. In primo luogo per salvaguardare le banche italiane: le misure di cui ha parlato senza scendere nei dettagli il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, sono già abbozzate in numerose scrivanie, ventagli di ipotesi su cui il presidente del Consiglio ha un'interlocuzione costante sia con il Mef che con la presidenza della Repubblica. Se lo spread dovesse salire a livelli insostenibili sono possibili ricapitalizazioni con prestiti obbligazionari o con altri strumenti, su autorizzazione di Bruxelles, o anche senza, se si manifestasse una crisi di sistema grave e urgente. Per le coperture le strade sono diverse: usare diversi fondi dormienti che attualmente stanno nei conti della Ragioneria generale dello Stato, o addirittura i conti dormienti privati, che attualmente ammonterebbero a più di un miliardo di euro. Esistono simulazioni anche a costo zero, come l'attivazione di una garanzia dello Stato su tutti i depositi bancari, per 12 mesi, una misura che fu presa, senza poi usarla, da Tremonti, nel 2008: uno strumento pubblico di garanzia eccezionale per ristabilire la fiducia e aiutare il riassorbimento di capitali da parte degli istituti di credito. Anche la leva fiscale è entrata nel ventaglio di ipotesi: basterebbe una norma che cambia, anche di una piccola percentuale, il prelievo sulle banche, per consentire una rivalutazione dei loro asset, una misura che potrebbe essere presa subito per essere attuata anche nel medio periodo. Non è solo il governo a muoversi, anche Bankitalia nelle ultime settimane ha effettuato stress test e monitoraggi sulle prime dieci banche italiane: la situazione più delicata è quella del , che non reggerebbe a lungo con uno spread che supera i 370 punti base, quella più solida di , che potrebbe addirittura reggere uno spread, ovviamente in modo provvisorio, ma persino di 820 punti base. Ovviamente tutto questo dipende anche dall'andamento dei mercati, dall'interlocuzione in corso con la Commissione di Bruxelles. Anche in questo caso, sul fronte della manovra, Conte ha dato indicazioni precise ai suoi uffici: alcune norme della legge di bilancio potrebbero diventare dei collegati legislativi, essere espunte, sparire dal confronto con la Commissione, o essere approvate per entrare in vigore più tardi di quanto deciso. Una distribuzione temporale degli interventi per non creare oneri immediati e/o per sottrarli al giudizio in corso della tie, in modo da evitare la procedura di infrazione. Insomma la ricerca di un punto di caduta che riporti in equilibrio la situazione.

SCENARIO BANCHE 3 Foglio Inserto 29-ott-2018

Ricchezza italiana art Concentrata nelle case, lasciata sui conti correnti o investita nel mercato azionario. Questo è "l'alto livello di ricchezza delle famiglie" italiane che per Moody's costituirebbe "un importante cuscinetto contro futuri choc e anche una sostanziale fonte di finanziamento per il governo". Vediamo com'è distribuita. Pillole di Onelia Onorati sui dati della Banca d'Italia elaborati da Unimpresa, a pochi giorni dalla 94esima Giornata mondiale del risparmio, che si ricorderà anche in Italia, il 31 ottobre a Roma. 4.300 miliardi. In euro, il livello raggiunto dalla ricchezza delle famiglie italiane negli ultimi dodici mesi, con un aumento del 4,22 per cento rispetto al 2016, un ritmo di 14,4 miliardi in più al mese. 884 miliardi. La somma dei conti correnti e delle riserve in contanti, con una crescita del 6,77 per cento sul 2016. Un aumento che va a scapito degli investimenti, forse a causa delle paure legate alle incertezze economiche e politiche ma anche a una forte ignoranza sui meccanismi che regolano i prodotti finanziari. 1.000 miliardi. All'incirca la quota degli investimenti in titoli azionari in Italia, in aumento del 10 per cento, come avviene per gli acquisti di fondi comuni (+9 per cento). Le famiglie preferiscono comunque tenere i risparmi nei salvadanai, infatti investono meno in obbligazioni, che diminuiscono del 14 per cento. 50 per cento. Gli intervistati da Unimpresa che dichiarano di sapere cosa siano inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, mutui e interesse composto, mentre solo il 20 per cento ha risposto correttamente su temi come relazione prezzoltassi di interessi delle obbligazioni e rischiosità delle azioni. 10 per cento. La quota dello stipendio degli italiani che viene messa da parte ogni mese, in caduta libera visto che nel 2004 era il 15 e nel resto d'Europa il 12 per cento. Eppure, secondo la Consob, la ricchezza dei connazionali è pari a 9 volte il loro reddito, quota più alta dell'Eurozona. 70 per cento. La quota di ricchezza concentrata negli immobili secondo la Consob. Il resto si trova nei conti in banca e non in titoli o altri investimenti. Nove famiglie su dieci hanno un libretto di assegni. Solo il 29 per cento di famiglie sceglie di fare investimenti finanziari ma non a beneficio del sistema produttivo, bensì in conti di deposito o in libretti postali, ben lontani dal mercato.

SCENARIO BANCHE 4 Giornale 29-ott-2018

Patto Salvini-Di Maio: ok agli aiuti alle banche Tensione sul condono art Fabrizio de Feo Nel governo scatta l'allerta banche. E prende quota l'idea di rifinanziare il fondo di garanzia interbancario e aumentare la garanzia statale. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si vedono a Palazzo Chigi per offrire all'esterno un'immagine di compattezza dopo la bufera del condono e della «manina». E decidono di lanciare almeno un primo segnale ai mercati, di fronte alla persistente crisi dei nostri istituti di credito. Se sullo sfondo si lavora a una mediazione con Bruxelles (con un possibile incontro tra Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker il 5 novembre e una minima limatura del deficit) per allentare la tensione, la questione banche continua a preoccupare l'esecutivo. I messaggi di allarme dei principali istituti sono stati recepiti forti e chiari nei giorni scorsi all'esecutivo. Da giugno in poi banche e cittadini italiani, detentori di titoli pubblici, hanno visto svalutare i propri asset di circa 230 miliardi. Una discesa insostenibile soprattutto se il quadro complessivo, dopo i downgrade delle agenzie di rating, dovesse ulteriormente aggravarsi andando a inceppare il motore fondamentale del credito. Queste istanze sono state subito raccolte dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria. La Lega ha iniziato ad alzare il pressing sui Cinquestelle. E ieri anche da Luigi Di Maio è arrivata una apertura con presa d'atto che «un conto sono i banchieri, un conto i risparmiatori» sui quali rischiano di scaricarsi le tensioni dei mercati. Tra le ipotesi una riedizione dei Tremonti Bond, ovvero di quelle obbligazioni bancarie emesse dagli istituti di credito quotati in condizioni finanziarie sane che hanno come obiettivo il rafforzamento del capitale di vigilanza. Alla fine Salvini dichiara che «nessuna banca sarà in difficoltà». E anche Di Maio assicura che ci sarà il «sostegno alle banche, senza però che a rimetterci siano i cittadini». Quasi contemporaneamente il viceministro all'Economia Massimo Garavaglia, a Sky Tg24 da Maria Latella, si dice convinto che «un intervento non sia necessario e speriamo che la febbre passi presto. Ove fosse necessario intervenire, lo si farà e in fretta». E sotto traccia si inizia anche a parlare di possibili piani di aggregazione per i soggetti in difficoltà. Confronto ancora aperto anche sul Dl Fiscale dove i Cinquestelle chiedono di togliere ogni riferimento a uno scudo per capitali detenuti all'estero. Richiesta che la Lega non avrebbe difficoltà ad accogliere. Sul fronte Rai «è una questione che stanno risolvendo, com'è giusto che sia, Salini e Foa», dice Salvini. Sulle nomine la quadratura del cerchio ancora non è stata trovata ed è possibile che i due leader tornino a sentirsi oggi prima della partenza del ministro dell'Interno verso il Qatar. La casella del Tg1 resta da riempire e bisogna individuare un nome condiviso entro questa sera o al massimo entro domani mattina, a meno che non si decida di far slittare ancora la pratica. Ieri era spuntato il nome di Francesco Piccinini, direttore di Fanpage.it. Probabile, però, che invece di un tg gli sia affidato un programma. I due leader avrebbero consegnato all'ad una rosa di nomi da cui pescare il futuro direttore del telegiornale nazionale. Lo schema resta quello basato sull'alternanza, che ha contraddistinto l'assegnazione dei ministeri nel governo gialloverde.

SCENARIO BANCHE 5 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 29-ott-2018

Contro corrente - Riformare la Bce: ecco l'anti-spread art SE l'Europa vuole sopravvivere deve partire dalla riforma della Bce consentendole di finanziare il debito pubblico dei singoli Paesi. La mia potrà apparire una provocazione ma vedo che non sono solo. Paolo Savona (nella foto), che prima ancora di essere un ministro della Repubblica è un valente economista, lo sostiene da tempo. ll problema è questo: se vogliamo che lo spread vengafermato bisogna avere una banca centrate che intervenga sul mercato e compri l'inoptato. Ma siccome così non è bisogna partire dalla Bce se vogliamo evitare che il sogno dell'Europa unita venga distrutto a colpi di spread. Per farlo vanno liberalizzati gli interventi della banca centrale. Questa opportunità in forme più o meno automatiche esiste in tutto il mondo e contribuisce a tenere bassi i tassi d'interesse. Esisteva anche in Italia fino al 1981, prima che una sciagurata decisione del ministroAndreatta, d'intesa con il governatore Ciampi, sancisse il divorzio fra Tesoro e Banca d'Italia. Da allora sono stati pagati circa duemila miliardi di interessi. La montagna del debito pubblico nasce anche da qui. Con la moneta unica il problema è diventato europeo e quindi serve una soluzione condivisa che segua l'esempio delle grandi banche centrali comeFed, Banca d'Inghilterra o of Japan. La Bce, invece, è paralizzata. E questo i mercati lo sanno bene. Ecco perché si accaniscono sui più deboli del branco: prima la Grecia e oggi Malta. Emerge così tutta la debolezza della costruzione europea com'è stata disegnata dal Trattato di Maasticht. I MERCATI ci hanno messo un po'di tempo a capirlo come dimostra il fatto che il problema dello spread è emerso solo a partire dal 2011. Adesso siamo all'emergenza. Tanto più che la soluzione del qe, peraltro osteggiata dai tedeschi che hanno fatto anche ricorso alla Corte Costituzionale per fermarlo, si dimostra parziale. La Bce, infatti è costretta a ripartire gli acquisti anche a vantaggio di Stati che non ne hanno bisogno invece di concentrarsi sui pazienti piu bisognosi come l'Italia.

SCENARIO BANCHE 6 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 29-ott-2018

Il colosso Banca Generali compra Nextam Partners «Per gestire il risparmio art servono grandi operatori»

Andrea Tetara CARLO GENTILI, fiorentino, nell'ambiente finanziario è stato sempre considerato un pioniere della gestione indipendente. Ben 17 anni fa, dopo più di un decennio di esperienza in Banca Euromobiliare, decise infatti di mettersi in proprio e fondare assieme ad Alessandro Michahelles e Nicola Ricolfi la Nextam Partners, società che ha sedi a Firenze, Londra e Milano e che, nel gergo degli addetti ai lavori, viene definita solitamente una "boutique finanziaria". Si tratta cioè di un gruppo attivo sia nella gestione del risparmio (Sgr), sia nell'advisory, ovvero nella consulenza indipendente (tramite la Sim). La società è stata fondata da un team di money manager che si conoscono da tempo. LA SCORSA settimana, pem, Gentili e soci hanno deciso di dare una svolta alla loro storia professionale. Hanno ceduto il loro gruppo, che gestisce circa 1,3 miliardi di euro e offre consulenza finanziaria su altri 5,5 miliardi di euro di patrimoni, a un gruppo ben più grande. Si tratta di Banca Generali, società guidata da Gian Maria Mossa che gestisce oltre 58 miliardi di euro e che, tra i professionisti della finanza italiana, non ha certo bisogno di presentazioni. Perché è avvenuta questa operazione? «Ci siamo convinti che la gestione del risparmio sia ormai un business riservato sempre più ai grandi operatori e Banca Generali è un'eccellenza nel settore» dice Gentili. Oggi, infatti, l'arrivo della direttiva Mifid 2 e di altre regolamentazioni molto stringenti nel settore finanziario costringe le boutique a sostenere una gran mole di costi per le attività di compliance, cioè per assicurare la conformità legale dei loro prodotti e delle loro procedure. Si tratta di attività complesse e impegnative, che le società finanziarie non possono sostenere da sole, per non correre il rischio di trascurare il loro business principale di gestione dei patrimoni. Per questo gli operatori di piccole e medie dimensioni hanno bisogno di unire le forze e aggregarsi tra loro o di entrare in realtà meglio posizionate per cogliere le rinnovate sfide del private banking. E' PROPRIO quello che ha fatto Nextam Partners, che ha scelto come meta di destinazione Banca Generali, soprattutto per due motivi. «Innanzitutto perché ho stima di Mossa — dice ancora Gentili — «In secondo luogo abbiamo apprezzato la volontà di Banca Generali di conservare il nostro marchio e la nostra identità per farne un ulteriore punto di forza del proprio modello di offerta e servizio». GENTILI resterà dunque nell'organico della società anche dopo il matrimonio con la nuova controllante (che, come da prassi, è in attesa delle dovute autorizzazioni degli organismi di vigilanza per completare l'acquisizione, n.d.r). Il business di Nextam Partners e di Banca Generali sono infatti molto vicini e complementari. La prima è una società di gestione e consulenza specializzata nell'amministrare la ricchezza dei clienti di fascia alta, con almeno 5 milioni di patrimonio a disposizione. Banca Generali ha una base clienti ben più ampia ma da tempo punta anch'essa sui risparmiatori e sugli investitori di un certo livello.

SCENARIO BANCHE 7 Giorno-Carlino-Nazione Economia&Lavoro 29-ott-2018

Intervista ad Ugo Biggeri - Il microcredito all'occidentale Come funziona la banca art etica - Un'esperienza bancaria diversa «Equità e fiducia nelle persone: così funziona il microcredito»

Francesco Gerardi "ANNI FA ho scoperto un mondo dove i numeri ci sono, ma meno teorici e più vicini alle cose di tutti i giorni, e mi ci sono appassionato". I casi della vita: dalla microfisica al microcredito. Il salto, quasi quantico, è stato breve per Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica con tanto di laurea, dottorato e postdottorato in fisica. «La ricerca mi piaceva, ma a un certo punto ho iniziato a occuparmi più di finanza etica. Di quel periodo mi è rimasta la passione per l'insegnamento: da una decina d'anni, infatti, tengo un corso di finanza etica e microcredito all'università di Firenze». Da sempre impegnato nel mondo del volontariato con l'associazione Mani Tese, oggi Biggeri si ritrova a guidare il cda di un istituto che si propone come un'esperienza bancaria diversa, che offre tutti i prodotti di una banca ma ispirandosi esplicitamente a principi di equità e attenzione alle conseguenze non economiche delle azioni economiche. Il credito come diritto umano, insomma. Presidente, da poco si è tenuto la giornata europea della micro-finanza. Le indagini parlano chiaro: la domanda e molto cresciuta in Europa. Ma facciamo un passo indietro. Cos'è il microcredito? «E opportuno fare educazione finanziaria in questo campo, perché si fa troppa retorica. Il microcredito moderno nasce in Bangladesh con Yunus e la sua Grameen Bank. Lui per primo ha parlato di diritto alla fiducia. Ecco, il microcredito è l'opportunità del credito anche per chi non avrebbe le caratteristiche di affidabilità e solvibilità». È un diritto nel senso che spetto a tutti? «E come il diritto al lavoro: è sancito dalla Costituzione, ma non vuol dire che tutti lo abbiano automaticamente. Significa che la società si deve organizzare per dare un'opportunità di ottenerlo. Senza uno sforzo per costruire garanzie relazionali e un rapporto fiduciario fra chi ha bisogno del credito e chi lo eroga, non è vero che i poveri restituiscono sempre i soldi. La storia è piena di esperienze fallimentari in cui questi meccanismi di fiducia non hanno funzionato». Ci voleva un'idea nato in Bangladesh per farlo nascere in Europa? «In realtà avevamo già una storia di microcredito. In origine le banche di credito cooperativo erano quello: servivano per dare credito dove non arrivava. Queste metodologie mutuate dal sud del mondo ci hanno però aiutato a capire che in paesi finanziariamente maturi c'erano ancora sacche prive di accesso ai servizi finanziari». Nel concreto come si fa l'accompagnamento al microcredito? «Se uno in Italia ha bisogno di 2.500 euro, non è solo quello il problema. Questa piccola esigenza implicitamente implica l'assenza di relazioni sociali o l'incapacità di gestire il denaro, ad esempio. Paradossalmente deve essere molto più seguito di chi chiede 250mi1a euro. Ma una banca normale non può farlo, anche perché, applicando il tasso d'interesse, ne ricava pochissimo». Ci vuole ben altro organizzazione... «Sì, occorrono alleanze con le associazioni e le reti del terzo settore, come Caritas, Arci, eccetera, che facciano intermediazione relazionale. Questo fa sì che la persona non sia sconosciuta e il microcredito si fondi su una fiducia costruita nel tempo». Quanto rappresenta la microfinanza nell'attività di Banca Etica? «Alcuni milioni all'anno, qualche centinaio di progetti. Rispetto a quasi un miliardo di prestiti erogati, si tratta dello 0,5%. Ma nel panorama italiano è rilevante. Poi sosteniamo finanziariamente realtà che fanno microcredito. Abbiamo anche costituito tramite la nostra Etica Sgr, che fa fondi d'investimento, un fondo di garanzia di 2,5 milioni di euro».

SCENARIO BANCHE 8 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

Banche e Btp, chi discute e chi va a caccia di incidenti art Francesco Glavazzi L'Eurozona è più fragile oggi di quanto non fosse nella crisi del 2011-2012. Allora non furono le istituzioni a salvarci: non c'erano, non esisteva l'Omt, (Outright monetary transactions, acquisti di titoli di Stato a breve emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata, ndr) e non c'era ancora il Qe (Quantitative easing): furono 7 parole a salvarci «Whatever it takes, and I mean it». Ma le parole valgono solo una volta. Oggi non sarebbero più sufficienti. Quindi ci vogliono nuove istituzioni perché il Qe è finito e l'Omt non a caso non è mai stato attivato: richiede un voto del Bundestag. Al vertice europeo dello scorso giugno il tema era in agenda e anche qualche proposta condivisa da Francia e Germania, in particolare sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità e sul completamento dell'unione bancaria. Poi il tema della Brexit prese tutto il tempo (ma quanti danni sta facendo il Regno Unito all'Europa!) e la discussione sull'Eurozona fu rimandata. Tornerà in agenda nel vertice di dicembre. Questa volta il problema non è la Gran Bretagna, ma l'Italia. Alcune delle proposte in discussione, in particolare il modo in cui far fronte all'esposizione delle banche ai titoli pubblici nazionali, possono essere molto pericolose per l'Italia. Abbiamo due strade: sederci al tavolo e partecipare in modo costruttivo alla preparazione delle proposte. Sin d'ora, non aspettando dicembre: il gruppo di lavoro franco- tedesco sulla riforma è attivo da un anno e mezzo. Oppure disinteressarcene aspettando una vaga «Grande Riforma dell'Europa», magari condivisa con Orban anziché con Francia e Germania E arrivati a dicembre cercare di bloccare tutto con il veto. Non è così che si negozia, e temo sfideremmo la pazienza dei nostri partner europei. Così rischiamo odi dover accettare regole per noi pericolose, oppure di non aver altra scelta che abbandonare il tavolo adducendo i rischi di proposte alle quali non abbiamo voluto contribuire, come scusa per lasciare l'unione monetaria. Forse è proprio «l'incidente» che cerca questo governo.

SCENARIO BANCHE 9 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

Lo spread e il rating: l'ultimo anno difficile di Draghi art Nicola Saldutti quando giovedì il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha indicato le principali fragilità del sistema Italia, la risposta del governo, dal vicepremier Luigi Di Maio al ministro degli Affari Europei, Paolo Savona, è stata molto forte. Arrivando persino all'accusa di «avvelenare il clima». I toni, ogni volta che la Bce interviene, sono sempre molto forti. Eppure è proprio alla politica del Quantitative easing decisa da Draghi — con l'acquisto dei Btp (oltre che dei titoli degli altri Paesi euro)— che si deve gran parte della tenuta del sistema Italia. Una premessa quasi necessaria per provare a immaginare quali sono le fasi che porteranno alla successione dello stesso Draghi al vertice della Banca, alla conclusione del suo mandato. Il dossier Italia è naturalmente legato all'evoluzione del quadro politico ma poi sono alcuni i punti sui quali il ruolo di Francoforte, anche sotto il profilo della Vigilanza sulle banche, potrà essere decisivo. La forte caduta delle quotazioni dei titoli di Stato sta già avendo impatto sugli assetti patrimoniali degli istituti di credito. Un esempio: una banca che avesse X5 miliardi di Btp in portafoglio, deve contabilizzare nel suo bilancio una minusvalenza di 3 milioni di euro per ogni punto di spread che sale. Cento punti vogliono dire 3oo milioni. E dunque, al di là della battaglia politica, bisognerà vedere quali saranno le conseguenze anche sullo scenario delle banche. Alcuni analisti ipotizzano aggregazioni, che potrebbero vedere coinvolte Monte dei Paschi, Ubi, Banco-Bpm, Bper. In ogni caso molti di questi dossier avranno la supervisione tecnica, in base alle regole che hanno previsto uno schema di controllo sovranazionale, proprio di Francoforte. Poi è inutile girarci intorno: i 2.300 miliardi di debito pubblico rappresentano un punto di fragilità non solo per l'Italia, ma anche per l'Europa, dal momento che sono espressi nella valuta comunitaria, l'euro. E Draghi non a caso lo ha sottolineato nel suo intervento di giovedì La decisione di chiudere il paracadute dell'acquisto dei titoli, presa come prevedono le procedure decise dalla Bce, dove sono rappresentate tutte le banche centrali nazionali, costringe gli Stati ad adottare misure in grado di convincere mercati della loro capacità di far fronte agli impegni. Vale per la Germania, perla Francia, perla Spagna e per l'Italia. Non è un mistero che nei mesi scorsi Draghi sottolineasse come i fondamentali del Paese fossero più solidi di quando lo spread esprimesse. Questo numero però è fatto di dati e di percezioni, che anche l'ultimo giudizio delle agenzie di rating dovrebbe aiutare a farci correggere.

SCENARIO BANCHE 10 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

La stanza dei bottoni - Banche e giornali art Carlo Cinelli e Federico De Rosa Eppur si muovono: sotto tiro le une e gli altri, per i più svariati motivi, banche e giornali possono trovare terreni comuni di impegno per i rispettivi settori d'attività e perla società civile? Domani ci provano il presidente dell'Associazione bancaria, Antonio Patuelli e il presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti. Firmeranno un protocollo d'intesa per «promuovere iniziative per valorizzare la diffusione di quotidiani e periodici favorendo il dialogo tra editori e banche, nel comune interesse di tutela della libertà di informazione e di diffusione dell'educazione societaria, finanziaria e al risparmio».

SCENARIO BANCHE 11 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

In pochi mesi perduto un anno: da Mps a Carige torna la paura sulle banche - Un art anno vissuto pericolosamente Mps bruciato dallo spread

Stefano Righi A un anno dalla riammissione alla contrattazione di Borsa delle azioni Monte dei Paschi di Siena, il bilancio peri titoli della banca toscana è pesantissimo. Era mercoledì 25 ottobre 2017 quando, dopo una sospensione durata 10 mesi e tre giorni (durante i quali successe di tutto), le azioni Mps tornarono ad essere trattate sul listino milanese con una importante novità: lo Stato italiano e non più la Fondazione Mps era il primo azionista, allora con il 52 per cento del capitale. L'esordio avvenne a 4,10 euro per azione e nelle prime ore di contrattazione il titolo arrivò a sfiorare quota 5,3 euro, prima di chiudere la seduta a 4,55 euro, con una capitalizzazione (valore dato dal prezzo del singolo titolo moltiplicato per l'insieme dei titoli in circolazione) di 5,2 miliardi di euro. Il top, in chiusura, si toccò un paio di giorni dopo, il 27 ottobre 2017, a quota 4,77. Venerdì scorso, 26 ottobre 2018, Mps ha chiuso a Milano a 1,417 euro. Dai massimi si sono bruciati oltre 3,6 miliardi. Salvataggi. Lo Stato italiano, quindi le casse pubbliche a cui tutti noi contribuiamo, il 17 novembre 2017 concluse un'offerta di scambio con gli ex obbligazionisti retail che subirono il famigerato burden sharing, portando la sua partecipazione all'attuale 68,247 per cento, in cambio di un investimento di 5,4 miliardi complessivi. Oggi tutta Monte dei Paschi vale secondo i prezzi di Borsa poco più di 1,6 miliardi di euro, la quota pubblica, il 68,247 per cento, viene valorizzata appena più di un miliardo. In un anno lo Stato italiano ha perso circa 4,3 miliardi di euro. Cos'è successo? In un anno sono cambiate molte cose. Anche il presidente, nella tormentata assemblea del dicembre 2017, con l'indisponibilità all'ultimo momento del numero uno uscente, Alessandro Falciai, che lasciò il posto all'attuale chairman Stefania Bariatti. Ha lasciato, nella primavera scorsa, anche il responsabile dell'area Finanza, Francesco Mele, ma dopo che il Monte era stato messo in equilibrio ed era stata avviata la più massiccia opera di cessione di Non performing loans mai realizzata in Europa. È invece rimasta al proprio posto buona parte della struttura, ad iniziare dall'amministratore delegato Marco Morelli. Risultati Arrivato al Monte per volontà di Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia del governo Renzi che lo chiamò urgentemente a sostituire Fabrizio Viola, Morelli dopo il salvataggio di Stato del luglio 2017 ha presentato i seguenti risultati: terzo trimestre 2017, utile netto di 241,9 milioni; quarto trimestre 2017 perdita di 501,6 milioni (consuntivo 2017 chiuso a -3.502,3 milioni di euro); primo trimestre 2018, utile netto di 187,6 milioni; secondo trimestre 2018, utile netto di 100,9 milioni. La prossima settimana, venerdì 9, è atteso il rendiconto al 30 settembre. Difficile, comunque, sostenere siano i risultati economici ad affossare il Monte in Borsa. La banca non è più quella di un tempo, è uscita da una tempesta devastante, ma produce utili. Cosa dunque ne comprime i valori? Probabilmente lo spread. Un anno fa il differenziale di rendimento dei titoli di Stato italiani (Btp), rispetto al Bund tedesco di durata decennale era inferiore ai 100 punti base (1 per cento). Oggi si è ampiamente superata quota 300 e secondo alcuni il prossimo obiettivo è 400. Inoltre, gli accordi presi dal governo italiano con le autorità di Vigilanza europee al momento del salvataggio pubblico del Monte dei Paschi, prevedevano una «partecipazione a termine» del ministero dell'Economia nel capitale della banca senese. Il termine è fissato entro il 2021. Ogni giorno che trascorre, questa clausola, al momento ineludibile, pesa sulla banca e sul suo maggiore azionista. È passato più di un anno infatti, ma il dossier sulla cessione della maggioranza del capitale di Banca Mps, è vuoto, di proposte e di contatti E più si avvicina la scadenza più aggio ha la parte potenzialmente acquirente. A questi due aspetti oggettivi, va aggiunta una generale visione critica da parte dei governi europei nei confronti dell'esecutivo di Roma, con critiche puntute dopo la presentazione della legge di Bilancio anche da parte di ritenuti possibili partner di una parte del governo italiano, come è apparso evidente la scorsa settimana con le dichiarazioni provenienti da Vienna. Vigilanze. Il Monte ha un percorso operativo estremamente vigilato. Ogni sua mossa è sottoposta a vigilanze incrociate e deve rispondere ai criteri operativi fissati a Francoforte nell'estate 2017. L'azione di Morelli e del suo staff è rispettosa degli impegni presi dal governo italiano. I conti, per di più, tornano e tutto questo lascia intendere che la pessima performance borsistica del Monte negli ultimi dodici mesi sia determinata da cause esogene. Lo spread non è un mostro, ma misura la posizione dei mercati internazionali nei confronti di un Paese, dà un prezzo a valori quali credibilità, fiducia, solidità. Se l'Italia paga il 3 per cento in più della Germania per

SCENARIO BANCHE 12 finanziare il proprio debito sui mercati internazionali, quel conto finisce col gravare nelle tasche delle aziende italiane e dei cittadini italiani. Tanto più che lo spread italiano è aumentato nei confronti della Germania, ma anche rispetto a Francia e Spagna, aumentando le difficoltà di chi si ostina a fare impresa in Italia. Sottovalutare le regole e i meccanismi di funzionamento dei mercati genera rischi che, per essere pienamente valutati, andrebbero prima compresi. Non sempre nel corso degli ultimi dodici mesi si ha avuto questa percezione.

SCENARIO BANCHE 13 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

Carige, l'aggregazione e il testacoda di Malacalza art Fino all'assemblea dello scorso 20 settembre i candidati a governare si distinguevano per due diverse prospettive. Da un lato lo sfidante Raffaele Mincione, che proponeva una rapida aggregazione, in caso di vittoria, con qualche grande gruppo finanziario, italiano o più probabilmente internazionale. Dall'altro lato era invece Vittorio Malacalza, primo azionista con la sua Malacalza Investimenti (27,5 per cento del capitale) che, dopo aver investito oltre 40o milioni nella banca, prospettava un futuro stand alone, di piena autonomia, al punto di sacrificare su questo altare anche l'allora amministratore delegato, Paolo Fiorentino, che a questo giornale aveva invece prospettato una soluzione aggregativa. In assemblea la lista di Malacalza ha vinto agevolmente e il nuovo consiglio di amministrazione si è composto senza l'ingombrante Fiorentino e senza rappresentanti della famiglia Malacalza, che con eleganza avevano preventivamente deciso di fare un passo indietro, nonostante Vittorio in precedenza fosse stato vicepresidente. Ma al primo faccia a faccia con i vertici della Bce a Francoforte, sostenuto dal neo amministratore delegato Fabio Innocenzi con il nuovo presidente dell'istituto, Pietro Modiano, la realtà è apparsa diversa da come taluni la disegnavano. Carige «deve» trovare un solido partner finanziario su cui appoggiare il proprio futuro. E il diktat di Francoforte non sembra avere margini di trattativa. Così al ritorno a casa, con buona pace del primo azionista, Carige ha dato mandato alla banca svizzera Ubs, di cui lo stesso Innocenzi è stato top manager in Italia fino alla chiamata di Malacalza, per individuare un partner con cui definire, rapidamente, unprogetto aggregatiro. Deve essere stato un brutto colpo per il primo azionista, Malacalza. Ma non ci sono margini per trattare. Altri problemi vanno infatti rapidamente risolti. Infatti, al fianco del mandato finalizzato a «esplorare eventuali aggregazioni», Carige ha affidato a Ubs anche il tratteggio dell'operazione di finanziamento attraverso l'emissione di un prestito obbligazionario da 200 milioni di euro, indispensabili per colmare il gap patrimoniale che caratterizza la banca. Il progetto del nuovo bond dovrebbe approdare al consiglio il 12 novembre, quando Carige approverà anche la trimestrale al 30 settembre. Entro la fine di novembre, invece, la Bce attende il nuovo piano di conservazione del capitale, dopo la bocciatura del precedente. Un'agenda fitta, in mezzo alla quale Innocenzi è già riuscito a piazzare a Bain Utp (Inadempienze probabili) per 366 milioni, ricavandone 170 milioni. Un risultato utile, ma il calendario incalza con una serie di top match. S. Rig.

SCENARIO BANCHE 14 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

Sussurri & Grida - Unicredit punta sui tecnici Allianz riparte con i liceali art Stefano Righi Unicredit punta sui giovani tecnici. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier ha firmato un accordo con l'Associazione rete fondazioni Its Italia che raggruppa gli Istituti Tecnici Superiori, costituiti da scuole ad «alta specializzazione tecnologica», nate per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche. Nati nel 2010, sono 101 gli Its presenti in Italia e correlati a sei aree tecnologiche considerate «strategiche»: Mobilità sostenibile; Efficienza energetica; Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali - Turismo; Tecnologie dell'informazione e della comunicazione; Nuove tecnologie della vita; Nuove tecnologie per il Made in Italy (Sistema meccanica, Sistema moda, Sistema agro alimentare, Sistema casa, servizi alle imprese). UniCredit mette a disposizione competenze e moduli formativi in ambito finance; oltre a Job Fair tra studenti e imprese del territorio, incentrati su argomenti di rilevanza strategica e Open Day a livello territoriale. IL part time di Allianz. Si è conclusa la prima edizione del Progetto Dualità Scuola-Lavoro di Allianz Italia, la compagnia assicurativa guidata dall'amministratore delegato Giacomo Campora e presieduta da Claudia Parzani. I primi 30 giovani, studenti e studentesse delle scuole secondarie superiori, assunti a ottobre 2016 con un contratto di apprendistato part-time di due anni, dopo aver conseguito il diploma di maturità, hanno completato il percorso di formazione duale in Allianz Italia. Il progetto prevede l'inserimento ogni anno di 3o giovani. Il i° ottobre 2018 sono stati assunti perla terza edizione del progetto studenti e studentesse del quarto anno delle scuole secondarie superiori, aggiungendosi a quelli di quinta superiore, per un totale di 60 giovani presenti in azienda Il progetto verrà illustrato il 5 novembre (9:45, palazzo del Lavoro, via 4 Novembre, Milano), in un convegno. Rimborsi e proroghe. Polis Fondi sgr ha deliberato il ricorso alla proroga straordinaria della durata del Fondo «Polis» in liquidazione per un periodo non superiore a 2 anni. Il ricorso alla Proroga Straordinaria, comporta la proroga della durata del Fondo fino al 31 dicembre 2020, oltre alla riduzione della provvigione di gestione percepita dalla Sgr di due terzi rispetto all'importo previsto; il divieto di prelevare dal Fondo le provvigioni di incentivo, nonché la distribuzione ai partecipanti, con cadenza semestrale, del 10o% dei proventi netti realizzati nella gestione, fermo restando il rispetto delle obbligazioni assunte. È stato altresì deliberato di procedere ad un rimborso parziale pro-quota di importo pari a 125 euro per ciascuna delle 129 mila quote del Fondo, per un controvalore complessivo pari a 16,125 milioni di euro. Mastagni entra in Dgpa. Emmanuele Mastagni entra come partner - responsabile della divisione Capital Market - in DgpaeCo, la società di consulenza fondata da Maurizio Dallocchio e Luciano Avanzini nel 1991 e attiva nella finanza straordinaria. A dispetto della giovane età (31), Mastagni, che proprio con il professor Dallocchio si era laureato alla Bocconi nel 2011, vanta già una carriera di tutto rispetto nella finanza. Nel 2012, Mastagni ha fondato Mazars restructuring e evaluation, societàdiconsulenzaoggiBdo Italia e nel 2016 è entrato nel gruppo Ambromobiliare fondando la Ambromobiliare ReE. Massiah guarda le Stars. Crescita, dimensione e sviluppo sui nuovi mercati. Con questi obiettivi Ubi ha identificato circa mille aziende mid-corporate, denominate Stars, da servire ciascuna con un vero client team dedicato, vera novità del gruppo, che incorpora tutte le specializzazioni. Continua quindi l'azione di Ubi per stimolare la crescita delle filiere produttive più competitive. Il piano industriale 2019-2020 lo ha sottolineato: supportare lo sviluppo economico nazionale rimane uno dei principali obiettivi della banca guidata da Victor Massiah. Già nel corso del 2017 il team di Frederik Geertman, vice direttore generale e chief commercial officer del gruppo, aveva avviato una strategia per servire in maniera mirata determinati settori industriali del Paese. Il risultato non si è fatto attendere. Nel corso del 2018 sono stati sottoscritti u ulteriori accordi di filiera e 3 sono in fase di stipula. Le aziende capofiliera, con fatturato superiore a 250 milioni di euro, vanno dall'industria metalmeccanica all'agroalimentare, dai mobili alla moda. Fiduciarie a otto mani. Quattro big delle fiduciarie Italiane: Filippo Cappio direttore generale di Unione Fiduciaria, Paolo Di Felice amministratore delegato di servizi fiduciari, Rodolfo Ortolani amministratore delegato di Cordusio Fiduciaria (Unicredit Group), Simonetta Parravicini direttore della filiale di Milano di Servizio Italia, gruppo Bnp Paribas, hanno scritto il libro: Le fiduciarie nel private banking edito dall'Associazione italiana private banking con la prefazione di Fabio Marchetti presidente di Assofiduciaria. La pubblicazione ha l'obiettivo di presentare il ruolo centrale delle società fiduciarie all'interno della gamma di servizi che il private banking mette a disposizione della propria clientela.

SCENARIO BANCHE 15 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

Si risparmia l'80% se sono online quanto costa aprirli all'estero - Conti correnti, art online si paga l'80% in meno

Alessandra Puato Un punto fermo c'è, nell'incertezza odierna sulle banche: l'online conviene sempre. Negli istituti di credito digitali puri (o diretti, comunque alternativi a quelli tradizionali) il costo annuo di un conto corrente è un sesto rispetto a quello classico in filiale. È di 22 euro infatti, anziché di 142, l'Indicatore sintetico di costo (Isc) delle otto maggiori banche che lavorano sul web, per una famiglia con operatività media (228 operazioni all'anno). Le più convenienti, nell'indagine dell'Economia del Corriere della Sera (dati al 23 ottobre scorso, vedi tabella) sono Webank (gruppo Bpm) e l'olandese Ing (Conto corrente Arancio) con un cartellino del prezzo indicativo (l'Isc, appunto) di zero euro spaccato. Il divario. Seguono Iw Bank (gruppo Ubi) con 3,80 euro l'anno, quindi Widiba (gruppo Monte dei Paschi) con 24 euro e Fineco (Unicredit) con 24,61. Dal sesto all'ottavo posto ci sono Web Sella con 33,70 euro, il conto Yellow di CheBanca! (gruppo ) con 36 euro e HelloBank! (gruppo Bnl) con 52 euro (prezzo rivisto al ribasso la settimana scorsa). È evidente il divario con gli istituti di credito classici, dove un conto corrente per la famiglia media varia tra gli 86 euro di Mps agli oltre Igo di Unicredit e Intesa. Dietro i costi minori delle banche web o dirette ci sono commissioni diverse. Innanzitutto, quella sui prelievi di contante allo sportello automatico. Attenzione perché spesso si paga. Alcune banche online o alternative hanno aperto filiali fisiche: ne ha no CheBanca! (più 75 negozi finanziari) e 17 Ing. Qui il prelievo Bancomat costa zero. Sempre zero è per Ing anche fuori dal proprio circuito (non all'estero, però) e Webank. Ma negli altri casi c'è una commissione, anche se si preleva in una banca (fisica) dello stesso gruppo (fa eccezione Websella: zero euro in tutte le 300 filiali del gruppo Sella). La media è di 90 centesimi, comunque la metà rispetto al costo dei prelievi su altra banca dei conti correnti tradizionali. Si sfiorano i 2 euro in Websella (1,81 euro) e Iw Bank (1,90), ma entrambe offrono alcuni prelievi gratis al mese, rispettivamente quattro e tre. In Widiba e Fineco conviene prelevare più di 100 euro perché sotto questa soglia si paga. Per il resto, le condizioni degli istituti via Internet sono sempre convenienti. Il bonifico online su altra banca è sempre gratuito. E la carta di credito ha un canone medio di 17 euro, cioè meno della metà rispetto ai 4o delle banche tradizionali (gratis in Ing e Websella). Scordatevi però i rendimenti d'un tempo sulle giacenze, perché ormai il tasso attivo è zero anche qui. In compenso il passivo (per chi sconfina senza fido) è più basso delle altre banche (17,8% contro 19,2%), così come la commissione d'istruttoria veloce giornaliera sullo sconfinamento (i4 euro anziché 24). L'indagine CheBanca! Non stupisce perciò che i clienti delle banche online stiamo crescendo. Ing Italia ne dichiara 1,3 milioni. Nei primi nove mesi di quest'anno ha aperto, dice, 100 mila nuovi conti correnti (+15%) e ha visto scaricare 2,5 milioni di app. Perché l'accesso preferito è ormai dal telefonino, per tutti, con gli accordi con le fintech delle app di pagamento, come Apple e Google. Secondo l'ultimo Digital Banking Index Italy di CheBanca (dati a marzo 2018), ancora non diffusi, sono 19,5 milioni i correntisti online (+9% in un anno). E 19,2 milioni sono attivi ogni mese. Quasi quattro correntisti web su dieci, il 38%, accedono al conto con un'app: il doppio di tre anni fa (22%). Ma sette su dieci sono stati in una filiale fisica negli ultimi tre mesi. Il modello è infatti ormai la banca multicanale, dove all'offerta online si affiancano spesso i negozi fisici per la consulenza finanziaria (Widiba, per esempio, ne ha no). Dice Fineco: «Le banche nate come online hanno dovuto far evolvere i1 proprio modello, offrendo da un unico conto l'accesso a tutti i servizi perla clientela retail. E oltre al canale fisico ha un ruolo di primo piano il dispositivo mobile». «La maggioranza degli accessi avviene dallo smartphone — conferma Marco Marazia, direttore commerciale di Widiba che in quattro anni ha toccato i 350 mila clienti e dichiara 230 addetti e 600 consulenti finanziari —. Apriamo un centinaio di conti al giorno, anche per la contrazione, in generale, delle filiali fisiche. Investiamo sull'interfaccia unica per tutti i dispositivi del cliente, dal pc al cellulare. L'Internet banking cresce perché sta cambiando il comportamento delle persone». Ma più della metà degli utenti Internet, il 54% secondo l'Osservatorio Nielsen Fintech di Lorenzo Facchinotti, chiede che i servizi di base della banca del futuro siano gratuiti. Niente aumenti, quindi.

SCENARIO BANCHE 16 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

Aprire un deposito all'estero? È caro e alle tasse non si scappa art Pieremilio Gadda e Alessandra Puato Crescono le richieste dei privati cittadini di aprire conti correnti all'estero, motivate dai timori sulla situazione economica italiana e la stabilità del sistema finanziario. Lo dicono le fiduciarie, lo conferma la ritrosia a parlarne delle banche italiane. L'operazione è legittima e non troppo complicata. Ma conviene? Non è detto. Per dirla con Fabrizio Vedana, vice direttore generale di Unione Fiduciaria: «Fate bene i conti, non è tutto oro quel che luccica». Perché i costi possono essere alti — 5 euro per un prelievo allo sportello automatico, per esempio, in Francia, io euro a Monte Carlo — e, comunque, la tracciabilità fiscale rimane. Inoltre può esserci il problema della soglia d'ingresso. Non sempre bastano poche migliaia di euro per aprire un conto. «Se l'obiettivo è tutelarsi dall'eventuale patrimoniale, che il denaro sia in Italia o altrove non sarà possibile aggirare l'ostacolo», dice Leo De Rosa, managing partner dello Studio Russo De Rosa. A meno di spostare davvero la residenza. Come si fa. Partiamo dal metodo. Per trasferire i soldi legalmente all'estero, si può aprire il conto in una banca estera, anche online: ci si fa dare l'Iban e si dà l'ordine alla propria banca italiana di trasferivi il denaro. Oppure si può prelevare i soldi e portarli fisicamente oltreconfine. In entrambi i casi le somme vanno dichiarate al Fisco. L'alternativa è affidarsi a una fiduciaria perché li depositi all'estero. In questo caso il cliente dà disposizione alla propria banca affinché trasferisca i soldi su un conto intestato alla fiduciaria in Italia. Che a sua volta, sempre su disposizione del cliente, sposta il denaro su un conto estero a lei intestato. Così il trasferimento resta Italia su Italia e non servono dichiarazioni fiscali. Poi sarà la fiduciaria, che agisce da sostituto d'imposta, a occuparsi di applicare le imposte previste sui capitali all'estero: il 2 per mille sul deposito titoli (è l'Ivafe, Imposta sul valore delle attività finanziarie estere); i 34,20 euro di bollo; il 26% sugli interessi attivi dei conti di deposito. A quest'ultima aliquota va aggiunta quella alla fonte su dividendi e interessi, prevista dal Paese in cui si ha aperto il conto. In Svizzera è il 35%, in Francia il 30%, in Lussemburgo il 15%. Si può chiedere il rimborso, ma non è semplice fare da sé ( l'unione fiduciaria dice di avere inviato in un anno richieste di rimborso per oltre 30 milioni). Vediamo ora la convenienza. Innanzitutto, se il timore è l'arrivo di una tassa patrimoniale, il denaro sarebbe soggetto al prelievo comunque. Le tasse sono legate al cittadino residente in Italia e il trasferimento è tracciato, per la normativa sul monitoraggio fiscale. La segnalazione deve partire sia dalla banca sia dal contribuente. La banca italiana deve infatti segnalarlo, tanto più se si va in un Paese nella black list, la «lista nera», e Monte Carlo c'è. «La banca fa segnalazione per possibile sospetto di riciclaggio o auto-riciclaggio all'Ufficio italiano cambi della Banca d'Italia. Poi la segnalazione arriva alla Guardia di Finanza che farà accertamenti ulteriori», dice Vedana. Il titolare del conto inoltre, e chi il conto lo movimenta (per esempio un familiare), deve indicare in dichiarazione dei redditi (il famoso quadro RW) il valore del conto (e del dossier titoli), pena la multa del 3-15% di quanto non dichiarato che raddoppia nei Paesi black list. L'obbligo dichiarativo scatta sopra i 15 mila euro, la compilazione del quadro RW va fatta sempre. Ma quanto costa aprire un conto all'estero? Avere informazioni dall'Italia è difficile, la trasparenza è scarsa. Il caso francese. A titolo orientativo, ecco qualche valore sul Principato di Monaco. Qui le banche più economiche sono quelle francesi Per un deposito di 50o mila euro il libretto degli assegni è gratis, la carta di credito costa massimo 4o euro all'anno (poco più dei circa 3o della media italiana), il costo di tenuta conto è di 4o euro all'anno e i diritti di custodia sul deposito titoli sono lo 0,10%. Però il prelievo di contanti all'Atm costa 5 euro, contro i circa 2 dell'Italia. E può capitare di vedersi rifiutare il libretto degli assegni se non si depositano almeno 20 mila euro. A Monte Carlo invece in una banca come Edmond De Rotschild, focalizzata sul private banking, il costo annuo di tenuta conto può essere di 300 euro, quello della carta di credito 80, il prelievo di contanti all'Atm può costare come detto io euro e i diritti di custodia per il deposito titoli sono dello 0,40% per patrimoni sotto il milione di euro. La consulenza per chi ha più di due milioni costa in più lo 0,20%. Nessun vantaggio quindi? Uno, si: un conto in euro aperto all'estero da un cittadino italiano rimane denominato in euro anche se l'Italia uscisse dall'Unione europea. Ma l'ipotesi è ritenuta ancora lontana dagli osservatori. Quanto ai consigli, quattro. Primo, diversificate gli investimenti con valute forti, come il franco svizzero (o il dollaro). Secondo: non tenete più di ioo mila euro su un solo conto, perché il fondo interbancario di tutela dei depositi salva i capitali fino a questa soglia. Terzo: un conto corrente all'estero è per parcheggiare parte dei soldi, non va usato per la spesa di tutti i giorni Infine, non fateci conto per i rendimenti sulle giacenze, perché sono zero.

SCENARIO BANCHE 17 L'Economia del Corriere della Sera 29-ott-2018

La tedesca N26 ne approfitta Qui l'Iban è targato Berlino art Per aprire un conto estero, non occorre recarsi fisicamente allo sportello di una banca francese o svizzera. Con N26 basta uno smartphone. La «mobile bank» nata a Berlino nel 2015 da un'idea di due giovani austriaci, Valentin Stalf e Maximilian Tayenthal, opera con licenza bancaria tedesca in 17 Paesi europei. Operativa a Milano dal gennaio 2017, lo scorso luglio dichiarava 100 mila clienti italiani, su un totale di un milione in Europa: + 50% in ottobre, a quota 1,5 milioni i conti dichiarati, 5 mila in più al giorno. «In Italia stiamo crescendo più velocemente, lo stesso vale per Spagna e Francia», dice Alexander Weber, capo dei mercati internazionali di N26. Secondo il quale «l'aumento d'interesse da parte dei risparmiatori italiani per questa banca «non riflette un rischio politico, ma la richiesta di un accesso semplice e veloce ai servizi bancari». Chi apre un conto N26 comunque diventa a tutti gli effetti titolare di un Iban tedesco. I depositi di N26 Bank Gmbh sono tutelati dal fondo di garanzia dei depositi delle banche private tedesche (Entschädigungseinrichtung Deutscher Banken Gmbg), con un limite di 100 mila euro per cliente, previsto dalle norme europee: la stessa soglia infatti è garantita ai correntisti italiani dal fondo interbancario domestico. Il servizio base di N26 è completamente gratuito: canone annuo, commissioni sui prelievi da qualsiasi sportello Atm, bonifici e trasferimenti istantanei. Rispetto a un conto tradizionale, ci sono però alcune limitazioni. Non c'è la carta di credito e non è possibile andare in rosso sul conto. «Non abbiamo registrato una significativa domanda di accesso a linee di credito», dice Weber. La mancata disponibilità della credit card, però, può essere un problema. Ad esempio, se si vuole noleggiare un'auto, in Italia come all'estero. P. Gad.

SCENARIO BANCHE 18 L'Economia del Corriere Fiorentino 29-ott-2018

Mukki e SeSa, i nostri campioni sottovalutati art Sono i campioni di Piazza Affari, ma sono sottovalutati. Pmi in crescita, solide, trasparenti e con il valore del titolo troppo basso rispetto alle potenzialità. Insomma, azioni che vale la pena comprare. L'elenco è stato stilato da Banca Imi (gruppo Intesa Sanpaolo) e per la Toscana ha messo in evidenza la Centrale del latte e la SeSa. Le azioni della Centrale del latte adesso valgono circa 2,7 euro ma secondo il rapporto il prezzo obiettivo è di 3,3 euro: per la società che controlla il marchio Mukki la capitaliziazione di mercato è di 38 milioni di euro e gli analisti stimano un Ebitda 2018 pari a 12,1 milioni. Altra impresa toscana sottovalutata dagli attuali corsi di Borsa è la SeSa, empolese, gruppo leader in Italia nella distribuzione di soluzioni IT per le imprese che nel solo 2018 ha fatto 300 assunzioni. Gli analisti di banca Imi — che etichettano con «buy» le azioni della SeSa — indicano un prezzo obiettivo di 34,6 euro ad azione, a fronte del valore attuale pari a 24,5 euro. La SeSa ha una capitalizzazione di mercato di 380 milioni e le stime indicano un Ebitda 2018 pari a 5,8 milioni. Le caratteristiche comuni sono una forte leadership nel mercato di riferimento, grandi potenzialità di crescita e una valutazione del mercato ancora contenuta: caratteristiche che ne fanno società da tenere d'occhio.

SCENARIO BANCHE 19 Mattino Napoli 29-ott-2018

BancoNapoli, Fimmanò non molla «Stop al rinnovo degli organi sociali» art Valerio luliano Francesco Fimmanò non si arrende. È fissata per domani una tappa forse decisiva della sua battaglia per entrare a far parte del Consiglio Generale della Fondazione BancoNapoli e, nello stesso tempo, per bloccare, di fatto, le elezioni già fissate per il 21 novembre. Ma i suoi avversari ribattono punto su punto alle sue tesi. Sarà la settima sezione civile del Tribunale di Napoli a stabilire se le richieste del cassazionista - che mette in discussione l'opportunità dello svolgimento delle elezioni- siano legittime o meno. A pochi giorni dall'ultima seduta dell'assemblea che ha sancito di fatto la prossima elezione alla presidenza dell'imprenditrice Rossella Paliotto, unica candidata rimasta in campo, la Fondazione diventa nuovamente oggetto di scontro. L'UDIENZA È prevista per domani l'udienza presso il Tribunale che dovrà pronunciarsi sul ricorso all'articolo 700 da parte di Fimmanò. In un ricorso d'urgenza depositato oltre un mese fa l'attuale vicepresidente della Corte dei Conti chiedeva sostanzialmente il reintegro in Consiglio Generale. Mentre in una successiva integrazione allo stesso ricorso Fimmanò bollava come «illegittima» la decisione di «provvedere al rinnovo degli organi sociali» senza il plenum dell'assemblea. Una vicenda che parte da lontano e che ha le sue origini nella mancata ratifica, nella seduta del 27 aprile 2017, della nomina dello stesso Fimmanò in Consiglio Generale, dopo la designazione da parte della Regione Campania. LA RICHIESTA «Chiedo di sospendere nuovamente nell'integrazione al ricorso ex articoli 669-ter e articolo 700 del codice di procedura civile - la deliberazione del Consiglio Generale della Fondazione Banco di Napoli di mancata ratifica (o comunque di esclusione dallo stesso Consiglio) del professor Francesco Fimmanò, di cui al verbale del 27 aprile 2017 e accertare l'avvenuta ratifica dello stesso quale componente del Consiglio Generale della fondazione medesima ed ordinare la sua partecipazione all'organo». In sostanza Fimmanò punta ad essere reintegrato nel board e definisce poi «illegittima« la convocazione delle elezioni senza un Consiglio a pieno organico. «Si è appreso solo dai giornali- scrive il ricorrente - che il Commissario avrebbe fissato per il prossimo 21 Novembre 2018 l'adunanza del Consiglio Generale, che dovrebbe provvedere al rinnovo degli organi sociali, con la conseguente scadenza un mese prima - 22 ottobre 2018- del termine per la presentazione delle candidature che vanno, per statuto e regolamento, sottoscritte ed avallate da un certo numero di consiglieri: un terzo per il presidente, cinque per il Vice ed una per gli altri componenti degli organi. Orbene è evidentemente illegittimo e lesivo dei diritti del ricorrente e dei consiglieri non ancora ratificati - prosegue Fimmano'- che ció avvenga senza la integrale ricomposizione del Consiglio Generale oggi composto da soli 16 membri su 21. Ciò è aggravato dalla circostanza che ci sarebbe stato modo e tempo per ratificare i Consiglieri mancanti, già designati». LA REPLICA Alle tesi sostenute da Fimmanò si oppongono con decisione i consiglieri che fanno capo alla presidente in pectore. «Fimmano'- sostiene il gruppo di Rossella Paliotto - non ha nessun elemento nuovo per chiedere un provvedimento d'urgenza. Lui dice che, siccome non c'è il plenum, non si pub votare. Ma il consiglio generale, essendo composto da soggetti designati da differenti organismi, non è un organo a rinnovo simultaneo. Ogni consigliere scade dopo 5 anni dalla sua nomina cosicché è normale che il consiglio Generale non sia integralmente costituito e difatti lo statuto non lo richiede per il suo funzionamento. Inoltre il Consiglio, negli ultimi due mesi, è stato integrato con 5 nuovi consiglieri ed altri due saranno votati nella prossima adunanza del 5 novembre». Il gruppo della Paliotto, in ultima analisi, ritiene che «la tesi di Fimmano che si dovrebbe bloccare l'elezione non ha alcun fondamento né statutario né legislativo». Sarà il Tribunale di Napoli a dire l'ultima parola nell'udienza di domani.

SCENARIO BANCHE 20 Messaggero 29-ott-2018

Venerdì arrivano gli "stress test" il nodo degli aumenti di capitale art Quella che inizia oggi per le banche italiane sarà una settimana cruciale. Venerdì 2 novembre, il giorno che in Italia si commemorano i morti, l'Eba, l'autorità europea di controllo, ha fissato l'appuntamento con i nuovi «stress test». Un passaggio cruciale che servirà, soprattutto al mercato, a capire qual è il grado di resistenza dei principali istituti italiani nei possibili scenari di crisi. Gli stress test 2018 condotti dall'autorità europea, pur se più duri rispetto a quelli del 2016, non dovrebbero riservare grandi sorprese per le banche italiane. La situazione economica italiana e i singoli bilanci (fine 2017) sui quali simulare le due situazioni di difficoltà (scenario avverso e normale), rispetto ad allora, sono infatti molto migliorati anche se, nelle ultime settimane, il quadro è cambiato in peggio. L'anello debole della catena sono soprattutto Mps e Carige. Per Credit Suisse uno spread a 338 punti sarebbe tollerabile per le prime cinque banche italiane (Unicredit, Intesa, Ubi, Banco Bpm e Bper) ma non per il Monte, che vedrebbe il suo Cet1 - l'indice di solidità patrimoniale - sotto i minimi richiesti dalla Bce. Rocca Salimbeni, comunque, ritiene che «anche con un incremento dello spread a 315 punti base, il Cet1» dell'istituto «si manterrebbe ben al di sopra dei requisiti minimi srep» (fissati al 9,44%). Un "range" in cui presumibilmente potrebbe rientrare anche Carige. Il governo, anche per voce del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si è detto pronto ad intervenire in caso di necessità. Tria non ha però voluto rivelare in che modo Palazzo Chigi e Tesoro potrebbero ricapitalizzare le banche che si dovessero trovare a corto di fiato. IL PASSAGGIO Il passaggio per il governo è comunque stretto. Anche perché tra Movimento Cinque Stelle e Lega ci sono visioni diverse su come eventualmente intervenire a sostegno del sistema bancario. Il Carroccio sarebbe orientato ad utilizzare i circa 15 miliardi di euro residui del fondo di salvataggio delle banche attrezzato dal precedente governo. L'allora ministro Pier Carlo Padoan, aveva finanziato il fondo con 20 miliardi, ma circa 5 sono già stati utilizzati per il primo salvataggio del Monte dei Paschi. Ma il fondo non può essere utilizzato nel 2019, perché le risorse sono impegnate e a fine anno quello che rimane andrà, con apposito decreto ministeriale, destinato al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Se dunque il governo volesse mettere in campo un intervento simile per supportare eventuali nuovi istituti in difficoltà dovrebbe partire da zero, trovando le risorse necessarie e, soprattutto, un accordo con l'Europa. Ma il problema principale è politico. Il Movimento Cinque Stelle è contrario all'utilizzo di quei soldi per aiutare ancora una volta gli istituti, dopo che per un'intera legislatura ha gridato contro i salvataggi dello Stato riservati ai «banchieri». I grillini preferirebbero battere la via delle fusioni, magari mettendo in gioco anche società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, come il Bancoposta. IL PARACADUTE Dunque, siccome le parole pesano, il mercato guarda con curiosità non senza scetticismo ai «tanti modi per ricapitalizzare le banche» evocati da Di Maio, dopo che Salvini aveva fatto intendere che fosse pronto un paracadute pubblico ad ampio raggio. Ieri è toccato al viceministro dell'Economia, Massimo Garavaglia intervenire: «Siamo convinti che il sistema sia molto solido, e che quindi l'intervento non sia necessario e speriamo che la febbre passi presto. Ove fosse necessario intervenire, lo si farà e in fretta». Secondo gli analisti di Equita, il framework normativo da utilizzare per le banche potrebbe essere quello della ricapitalizzazione precauzionale evitando il bail-in con il ricorso alla direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) che consenti di far fronte a deficit patrimoniali risultanti dallo stress test degli istituti greci. Non proprio il migliore dei precedenti. A. Bas.

SCENARIO BANCHE 21 Messaggero 29-ott-2018

Salva-banche, patto nel governo - Salvini e Di Maio: «Nessuna banca sarà in art difficoltà»

Nessuna banca italiana sarà in difficoltà, assicura il vicepreier leghista Matteo Salvini al termine di un vertice sulla manovra con l'alleato pentastellato Luigi Di Maio. La preoccupazione per il futuro degli istituti bancari resta però alta nel governo, in attesa di verificare la risposta dei mercati dopo il verdetto emesso da Standard and Poor's lo scorso venerdì. L'obiettivo del vertice, per il quale Salvini ha rinunciato ad un passaggio televisivo pomeridiano, è quello di inviare un segnale distensivo anche alle istituzioni europee e in questo quadro l'esecutivo non escluderebbe l'ipotesi di rivedere il deficit limandolo di uno o due decimali e far scendere così l'asticella tra il 2,3- 2,2%. Una strategia che al momento convincerebbe di più la Lega rispetto ai 5Stelle, sui quali si starebbe esercitando da giorni il pressing alleato. E che non è escluso possa essere oggetto del faccia a faccia fra il premier Conte e il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, probabilmente in agenda il prossimo lunedì 5 novembre. Di Maio non si è sbottonato più di tanto dichiarando che il contratto resta il faro dell'azione di governo. I TIMORI Gli occhi dunque continuano ad essere puntati sullo spread, che se si impennasse - come ha osservato anche il ministro dell'Economia Giovanni Tria - potrebbe mettere a rischio la stabilità finanziaria del Paese, banche comprese. Le vie per arginare una nuova crisi non vengono dichiarate ufficialmente ma in casa cinquestelle, secondo fonti parlamentari, vi sarebbe chi ragiona della possibilità di affidarsi al fondo europeo salva-stati. Ma proprio lo scontro tra Roma e Bruxelles ha congelato il dibattito sulla riforma dell'Esm. L'interconnessione fra i sistemi bancari viene d'altro canto evidenziata anche dal ministro francese dell'Economia, Bruno Le Maire, che ha ricordato l'esposizione degli istituti d'oltralpe in Italia «per 280 miliardi di euro», aggiungendo quindi che «nessuno ha interesse che Roma sia in difficoltà» e ha esortato al dialogo fra Roma e Bruxelles. Tra le altre opzioni sul tavolo per andare in soccorso del settore bancario vi sarebbe quella di rieditare i Tremonti e Monti-bond che, oltre a dover avere il via libera della Ue, avrebbero però il "difetto" di venir poi calcolati ai fini del deficit e del debito; inoltre (ma convince meno e dipende dall'evolversi dalla situazione monitorata da Bankitalia) si potrebbe agire sulla liquidità attraverso obbligazioni emesse dalle banche ma garantite dallo Stato, sulla falsa riga di quanto fatto in passato per gli istituti veneti. C'è chi come il viceministro dell'Economia Massimo Garavaglia (Lega), intervistato da Maria Latella su Skytg24, sostiene però che si tratti di una «febbre» che passerà «presto» e così in attesa si continua a lavorare alla manovra che nonostante sia stata "depurata" dalle misure bandiera su pensioni e reddito, affidati a due disegni di legge ad hoc, ancora non è stata presentata in Parlamento, dove è attesa per metà settimana. Stessi giorni in cui si avvierà l'esame del decreto legge sul condono, al quale già si annunciano ritocchi dopo il nuovo allarme di Di Maio su uno scudo bis per i capitali all'estero: «Se ci sono dettagli da affinare - assicura sempre Garavaglia - ci si mette al tavolo». Questo punto è stato confermato da Salvini in una intervista a La7. «Il vertice è andato bene - ha detto Salvini - Abbiamo parlato di manovra, tasse, lavoro, e anche di Equitalia perché va affinato discorso sulla pace fiscale». Da registrare sempre su La7 un segnale di netto apprezzamento da parte di Salvini sul presidente della Bce Mario Draghi «Che ha fatto tanto per l'Italia e per il sistema economico italiano. E spero che continui a fare tanto», ha detto il leader della Lega. Diodato Pirone

SCENARIO BANCHE 22 Messaggero 29-ott-2018

Il retroscena - I vicepremier trovano l'intesa: fondi per il piano anti-spread art Se la "febbre" dello spread non scenderà in maniera consistente nei prossimi giorni, l'allarme rosso è pronto a scattare. Ieri pomeriggio ne hanno parlato di nuovo a palazzo Chigi Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Un faccia a faccia nel quale i due hanno ripreso a ragionare su cosa fare della manovra e, soprattutto, su come arginare, o prevenire, i rischi di una possibile crisi del sistema bancario. IL SISTEMA Di Maio, fortemente scosso per le contestazioni ricevute sulla Tap, si sarebbe mostrato con l'alleato più sensibile a valutare i rischi che corre il sistema bancario. Soprattutto per le ricadute che la crisi di alcuni istituti avrebbe sull'economia. Dal «nemmeno un euro alle banche», ieri il vicepremier M5S sarebbe passato a considerare l'esigenza di rafforzare il fondo salva banche puntando a dare certezze a risparmiatori e correntisti che in questi giorni, in alcuni istituti, stanno ritirando i propri depositi. Quando Salvini dice che «il governo tutelerà e aiuterà chiunque ne abbia bisogno, siano banche o imprese», ragiona sul sistema Paese composto da una serie di fattori che a Di Maio sembrano sfuggire nella loro complessità e interdipendenza. La stessa che il ministro dell'Economia francese Le Marie evidenzia quando ricorda i 280 miliardi di esposizione che hanno in Italia gli istituti di credito francesi. In buona sostanza Salvini sarebbe pronto ad alzare il piede dall'acceleratore, ma attende che anche Di Maio si convinca dei grossi limiti che ha una strategia "donchisciottesca" che attacca ora la Commissione Ue, ora Mario Draghi e la Bce. Nel frattempo - e in attesa di una possibile trattativa con l'alleato sulle misure da sterilizzare - il leader leghista continua a tenere alta l'asticella reclamando lo "smontaggio" della Fornero. Dopo il verdetto di venerdì di "StandardePoor" - clemente nel rating ma devastante nel bocciare la manovra - si attendono per oggi segnali dai mercati. Nella spasmodica ricerca di messaggi rassicuranti da offrire a risparmiatori e investitori, non c'è però solo l'aumento della disponibilità del fondo "salva banche", ma si è cominciato a ragionare se è opportuno seguire le indicazioni del ministro dell'Economia Giovanni Tria e far scendere di qualche decimale quel 2,4% che sta rappresentando il principale motivo che tiene in alto lo spread. Il pressing su Di Maio è fortissimo e, prima dell'incontro di ieri, sia Tria che Conte hanno provato a smuovere il vicepremier grillino che sa di rischiare molto in caso di dietrofont, ma di rischiare ancora di più se la situazione dovesse divenire ingestibile per l'attuale governo. Forte dei consensi ottenuti sui temi della sicurezza e spuntato dall'alleato l'ennesimo via libera sul decreto-immigrati, Salvini si è sempre mostrato più duttile sulla manovra che dovrebbe arrivare in settimana in Parlamento ma priva sia del reddito di cittadinanza che della revisione delle legge Fornero. I due temi, come noto, viaggeranno in due distinti disegni di legge che attendono di essere modulati proprio in attesa di vedere se scenderà «la febbre», come si augura il viceministro Garavaglia. IL SOCIALE D'altra parte tutti i segnali mandati sinora dal governo sia sulla fedeltà all'euro che sulla volontà di modulare le riforme in base alla crescita, sono falliti e le scomposte dichiarazioni di Di Maio contro la Bce e Draghi non hanno aiutato. Ieri, nel tentativo di metterci una toppa, è intervenuto anche il sottosegretario grillino Stefano Buffagni che in un post ha rassicurato di voler «garantire la stabilità economica e sociale del nostro paese all'interno del quadro Ue». Rassicurazioni ancor più nette potrebbe offrirle il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che lunedì della prossima settimana, dopo la missione in India, dovrebbe incontrare il presidente della Commissione Jean Claude Juncker. Conte, che ieri ha offerto il petto alle pesanti critiche sulla Tap di attivisti e parlamentari M5S, è pronto a fare altrettanto sulla manovra. L'incontro con Juncker sarà quindi decisivo per comprendere il destino della manovra e del 2,4% perchè avverrà dopo aver atteso per un'altra settimana la discesa dello spread e conosciuto i risultati che venerdì Bankitalia darà sulla solidità del sistema bancario. Solo allora Conte deciderà se e quali margini in più concedere a Bruxelles in cambio del via libera della Commissione alla manovra. Marco Conti

SCENARIO BANCHE 23 Repubblica 29-ott-2018

Il retroscena - Su grandi opere e banche Salvini si smarca da Di Maio E lo art sconfessa su Draghi

CARMELO LOPAPA Sul gasdotto in Puglia ha dovuto alzare bandiera bianca. Anzi, a volerla dire tutta, ha dovuto pure assistere al rogo della bandiera del M5S ad opera dei loro elettori no-Tap. Ma sull'alta velocità Torino-Lione Luigi Di Maio non firmerà un'altra resa. Lo ha detto chiaro a Matteo Salvini, nel faccia a faccia lungo un paio d'ore, a pranzo. Vertice domenicale a Palazzo Chigi, perché troppe mine insidiano il percorso, troppe incomprensione rischiano di deflagrare tra i due partiti, dalle opere pubbliche allo scudo fiscale, dall'occupazione delle poltrone in Rai alle banche da salvare. Una cosa tiene a chiarirla subito il vicepremier grillino al cospetto del "collega": «Sono tranquillo, il Movimento è con me, sono false tutte le voci sulla mia tenuta interna». Col vicepremier leghista che però lo implora: si faranno i correttivi al decreto, «ma basta con la storia delle manine sullo scudo fiscale». Il premier Giuseppe Conte è nel suo studio, per incontrare il generale libico Khalifa Hafta in vista della Conferenza di pace di Palermo del 12-13 novembre sulla quale l'esecutivo sta investendo parecchio. Il pranzo "magro" dei due plenipotenziari Salvini-Di Maio invece vira su emergenze tutte nazionali, se si può considerare tale anche il braccio di ferro ancora insoluto sui direttori Rai, Tgl in testa, col cda che mercoledì deve chiudere la partita. Sono le grandi infrastrutture però che dividono come poco altro i due azionisti di maggioranza. Il capitolo Tap è archiviato, ormai, con la resa 5 stelle siglata sull'altare delle penali miliardarie. La storia Tav in Piemonte, invece, è tutta da scrivere. Per Salvini «quel che c'è da fare va fatto», difficile tomare indietro, anche lì le penali sarebbero stratosferiche. Ma stavolta su quel terreno l'alleato Di Maio non lo segue. «Abbiamo pagato un prezzo in Puglia, sulla Torino-Lione però il Movimento non capirebbe», quella No-Tav è una battaglia storica del mondo grillino. Il compromesso tra i due al momento riporta al contratto: attendere l'analisi costi-benefici sull'opera e a quella attenersi. Qualunque sia il risultato però, sottolinea il capo del Viminale. L'ala governativa 5 stelle, ministro Toninelli in testa, è intenzionata comunque a sostituire il commissario della Tav Paolo Foietta, in scadenza a dicembre e pronto a denunciare il governo per le omissioni accumulate finora. Nel menù del pranzo finisce inevitabilmente l'altalena delle borse e la lievitazione dello spread, dopo la battaglia ingaggiata dal governo gialloverde con l'Europa sulla manovra. I due sono i pasdaran della linea dura, del "non molliamo" sul 2,4 per cento di deficit, nessuna revisione al ribasso. Ma è anche vero che i tecnici del governo sono al lavoro per rivedere i coefficienti di penalizzazione per chi vorrebbe andare in pensione prima dei 67 anni per usufruire della famosa quota 100, pur di risparmiare rispetto al budget stanziato (circa sette miliardi). Molto dipenderà dalla curva dello spread e dall'eventuale procedura di infrazione Ue. E a tal proposito Salvini ha incalzato Di Maio sulle banche. Per il 5stelle non bisognerebbe «mettere un euro» per aiutarle. Il leghista la pensa diversamente e glielo dice de visu: qui non sono a rischio i banchieri, ma i correntisti e le imprese che vivono di credito. Dunque, se sarà necessario, bisognerà provvedere. I due sono d'accordo sull'utilizzo eventuale del fondo salvabanche da circa 15 milioni di euro (5 già utilizzati per Mps). Potrebbero non bastare e occorrerà rimpinguarlo. Ma se gli stress test bancari dei prossimi giorni dovessero richiederlo, è allo studio anche un piano di aggregazione tra istituti in difficoltà. «Se fosse necessario interverremo in fretta» conferma il viceministro all'Economia Massimo Garavaglia a L'Intervista di Sky. Unimpresa ancora ieri sottolineava come «la bufera può avere effetti su oltre 3.650 miliardi di euro, con ripercussioni sul motore del credito». Stare in guardia, è stato il monito del leader della Lega prima di partire oggi in missione in Qatar. Con un ultimo suggerimento al "socio" Di Maio. Attaccare il presidente della Bce Mario Draghi, come lui ha fatto, forse non è la cosa più saggia da fare in un momento come questo: non è lui il «nemico del Paese e del nostro governo». Qualche ora più tardi, intervistato a "Non è l'Arena" su La7, lo stesso Salvini dirà chiaro quel che pensa: Draghi «per l'Italia e il nostro sistema economico ha fatto tanto e spero riesca a fare ancora tanto».

SCENARIO BANCHE 24 Repubblica 29-ott-2018

Banche e asta dei Bot, il mercato giudica la manovra art ROBERTO PETRINI Continua a camminare sotto il rischio permanente di burrasca la manovra del governo. Come è avvenuto lunedì scorso, 22 ottobre, dopo il declassamento da parte di Moody's nel week end, anche oggi, dopo le prospettive negative certificate da Standard e Poor's, l'attesa cresce. Lo spread, ormai stabilmente sopra quota 300, potrebbe aver già scontato il nuovo giudizio, ma la situazione è stata descritta con efficacia dallo stesso ministro del Tesoro Tria che, sabato alla festa del "Foglio" ha dato ragione a Draghi definendo «dannoso» l'attuale livello dello spread e ha detto che il governo è in stato di allerta sulle banche. Due punti vulnerabili, debito e sistema bancario, che avranno in settimana due test: il primo è l'asta dei Bot di oggi per 6 miliardi (i tassi sono raddoppiati alla precedente asta); il secondo - ben più importante - è costituito dagli stress test sulla solidità delle banche di venerdì da parte dell'Eba, l'autorità bancaria europea. Un cammino ad ostacoli che vede al centro della questione la ricucitura dei rapporti con Bruxelles che da più parti viene auspicata. Ieri Salvini e Di Maio si sono visti a Palazzo Chigi per fare in punto: «Abbiamo parlato di manovra, contratto pietra angolare, nessuna banca sarà in difficoltà». Conferma dello stato di massima attenzione anche da parte del viceministro all'Economia Garavaglia: «Il sistema è solido, ma se serve interverremo». Nessun accenno alla strategia del governo: non è escluso che i gialloverdi continuino a tenere duro sul 2,4 per cento e riescano a spuntarla. Ma il vero problema resta quello di disinnescare reddito di cittadinanza e quota 100 per il loro effetto sui conti pubblici. Così Tria lotta contro il tempo e ritiene indispensabile ricucire con Bruxelles. La legge di Bilancio, che la normativa prevede arrivi in Parlamento per il 20 ottobre, è in ritardo mentre il 13 novembre per quando Bruxelles pretende un nuovo schema di manovra, dopo aver rimandato al mittente, il Draft Budgetary Plan, si avvicina. Torna dunque il tema della exit strategy dalla manovra, per svincolarsi dai rilievi della Commissione europea e al tempo stesso non rinunciare alle due bandiere gialloverdi che hanno tenuto banco durante al campagna elettorale. L'idea è quella di collocare i due provvedimenti in disegni di legge collegati alla "Finanziaria", appostando in due fondi le risorse come "garanzia", avere così il tempo necessario per chiudere la sessione di bilancio entro il 31 dicembre e approvare in gennaio le norme su pensioni e reddito anche per avere il tempo tecnico per implementarle.

SCENARIO BANCHE 25 Repubblica Affari&Finanza 29-ott-2018

Il commento - Una Maastricht 2 per rianimare l'Unione - Maastricht 2 una art necessità

RAINER MASERA Le gride manzoniane rammentano che in Italia per lunga consuetudine le regole spesso non sono rispettate. Non stupisce che da sinistra, da destra e dagli stessi governi tecnici sia stato argomentato che i limiti di Maastricht richiedono flessibilità. Anche Prodi, che li aveva accettati con l'ingresso della lira nella moneta unica nel 1998,1i ha successivamente definiti stupidi. Il peccato originale dell'Unione economica e monetaria concepita da Delors nel 1989 sta nell'errore di esecuzione che portb Kohl e Mitterrand a far entrare prima del tempo Paesi con debolezze fondamentali. Prodi e Ciampi avevano promesso che l'Italia con la disciplina esterna del cambio rigido avrebbe rapidamente rispettato i requisiti. Così non è stato. Kohl e Mitterrand avevano ben chiaro che l'Ume andava consolidata con l'unione politica. Avevano chiesto nel 1990 di definire una roadmap alla Presidenza europea di turno. Il mancato rispetto degli impegni presidi ridurre il rapporto debito/Pil in diversi paesi ha affievolito lo spirito comunitario: oggi la prospettiva di un'unione politica non è realistica. L'impianto di Maastricht richiede comunque una riflessione critica. Il limite del 60% nel debito/Pil è nato in anni in cui l'Europa cresceva al 2-3% e si confidava sul fatto che la moneta unica avrebbe rappresentato un rilevante impulso positivo sulla crescita, non realizzato. Questo limite e quello del 3% non erano particolarmente restrittivi. La caduta dei tassi di crescita, il cattivo funzionamento dell'unione monetaria e la crisi finanziaria hanno reso i vincoli sempre più stringenti, sfociando nelle politiche di austerity. Gli obiettivi di crescita e di inflazione sono stati disattesi, anche perché è mancato - e manca - il sostegno alla domanda nell'eurozona che sarebbe derivato dal rispetto, questa volta da parte dei paesi virtuosi, dei vincoli successivamente introdotti per evitare avanzi eccessivi di-parte corrente. Chi scrive, come molti economisti ma diversamente dal mainstream, è convinto - e ha cercato di dimostrare - che l'impianto e il mix delle politiche economiche nell'Ume (e l'applicazione adottata in Europa degli standard di Basilea) andrebbero riconsiderati, proprio per rafforzare gli obiettivi di stabilità finanziaria e di crescita sostenibile e inclusiva. Proprio per rendere possibile un dialogo con i partner europei e riacquisire una credibilità gravemente logorata, l'Italia non pub però sottrarsi a scelte precise. Il nostro debito deve essere abbassato in modo credibile, non tanto per i rimproveri di una Commissione che dovrebbe invece sollecitare e avviare il processo di rivisitazione di Maastricht sopra descritto, ma soprattutto per le reazioni dei mercati e delle agenzie di rating. Se lo spread e i Cds dovessero ancora salire il sistema bancario e finanziario italiano ritornerebbe in risonanza, nonostante gli sforzi e i risultati conseguiti; il credito ne risentirebbe, così come la crescita. La discesa del rapporto price to book delle banche è un segnale forte e chiaro. Ma le correlazioni negative si estendono all'Europa, segnalando rischi sistemici: il problema non sta solo negli Npl: i bilanci delle banche europee non sono immuni da rilevanti rischi di mercato. Il repricing simultaneo delle asset class obbligazioni e azioni, al di qua e al di là dell'Atlantico, è uno scenario pericoloso. Occorre saggezza e cautela da tutti. Sta all'Italia compiere mosse corrette. La credibilità è fondamentale, non appare coerente perseguire simultaneamente pensionamenti anticipati, reddito di cittadinanza, estensione dell'aliquota del 15% dell'imposta sul reddito delle persone, forti aumenti degli investimenti pubblici. I programmi di spesa per il 2019 sono elevati. Non vi è viceversa alcun impegno a disboscare le nove autorità con potere normativo e le connesse burocrazie, delineandone chiaramente gli ambiti di azione e evitando le rilevanti e paralizzanti sovrapposizioni. Ne soffre la produttività del sistema, la cui dinamica è ormai nulla, la più bassa dell'eurozona. È una fondamentale concausa della crescita del rapporto debito/Pil. Bisogna scegliere i tempi e i modi di intervento lungo linee credibili e efficaci La spesa per buone infrastrutture - materiali e immateriali, in capitale fisico e capitale umano, nel triangolo della conoscenza, nella scuola e nell'università - è prioritaria. Il track record dell'Italia è carente non solo in termini di quantità degli investimenti in infrastrutture nel passato decennio, ma soprattutto in termini di efficienza e redditività. L'Italia dovrebbe condividere con la Bei, il Feis, l'Epec - e affidare a un Cipe rafforzato nelle strutture tecniche - il vaglio dei nuovi investimenti, assicurandone il controllo in tutte le fasi successive. Occorrono modelli di partnership pubblico-privato allargate con revisione del sistema dei controlli e delle responsabilità. Le sfide della conoscenza con il salto tecnologico in corso impongono in tutta Europa spese importanti. Anche la salvaguardia del territorio, il

SCENARIO BANCHE 26 risanamento di infrastrutture fisiche spesso obsolete, il rispetto degli impegni ambientali richiedono grandi risorse: mobilitazione di risparmio pubblico e privato. Usa e Cina si stanno muovendo rapidamente lungo queste linee. La Germania non può non affrontare con rinnovato impegno anche finanziario gli obiettivi appena delineati. Su questa direttrice l'Ue non può sottrarsi al confronto. Non si tratta di flessibilità, le regole vanno rapidamente riscritte.

SCENARIO BANCHE 27 Repubblica Affari&Finanza 29-ott-2018

L'editoriale - Luigi è vigile e Matteo fa il whatever - Il whatever it takes di Matteo art FABIO BOGO Agli occhi che il ministro dello Sviluppo economico e vicepremier Luigi Di Maio ha detto di avere sempre attenti e vigili nell'esaminare la situazione dei mercati, deve essere sfuggito qualcosa recentemente. Qualcosa che invece hanno percepito perfettamente le agenzie di rating, ultima tra tutte StandardePoor's venerdì scorso; che hanno decifrato gli investitori internazionali, come BlackRock; che hanno realizzato quelli più tradizionali, come le famiglie che chiedono titoli di Stato. Che, infine, è ben chiaro nella mente del presidente della Bce Mario Draghi . Il comportamento ondivago e lontano dalla realtà dei provvedimenti economici del governo sta generando una crisi di fiducia senza precedenti. U na crisi che solo la supponente sicumera di alcuni governanti non vuole vedere. Una crisi che non si cancella e non si esorcizza con le reazioni ai giudizi delle agenzie di rating, ne tantomeno con gli attacchi, al limite dell'insulto, rivolti a Mario Draghi ed alla Bce, accusati di remare contro l'Italia e di avvelenare il clima. Non è Draghi ad avvelenare ilclima. Lo impestano di vapori tossici l'atteggiamento contraddittorio sul salvataggio di Alitalia, dove le Ferrovie un giorno sono il cavaliere bianco della compagnia di bandiera e il giorno dopo il semplice taxi che scarrozza qualche passeggero sceso dall'aereo. Lo alimentano le polemiche interne al Movimento 5 stelle sul decreto fiscale, che a giorni alterni è motivo di scontro odi convergenza con l'alleato leghista. Lo appesantiscono gli attacchi alle banche e alle assicurazioni viste prima come il male assoluto, espressione della finanza senza anima e come tali da colpire con le parole e i provvedimenti; e poi come un patrimonio da salvare, con proclami che farebbero sorridere se non fossero invece rivelatori di una tragica confusione. Ha detto il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini: "Nessuna banca salterà, se qualcuno pensa di speculare sappia che c'è un governo che difenderà le sue banche e la sua economia. Costi quel che costi". Anche Salvini lancia il suo whatever it takes, insomma. Ma a tutti pare solo la parodia di quello salvifico di Draghi. E così nella gigantesca commedia, emerge la realtà dei fatti. Eccone alcuni. Il gigante del risparmio gestito BlackRock ha sospeso le trattative per rilevare una quota di Eurizon da Intesa Sanpaolo: troppo incerta la situazione italiana, differenti valutazioni sul prezzo. L'asta dei Ctz biennali e dei Btp decennali di venerdì scorso ha registrato una forte impennata dei rendimenti dei titoli destinati alle famiglie: il rischio Italia continua a salire. Dall'inizio dell'anno la capitalizzazione dei titoli bancari in Borsa è scesa di 40 miliardi, e qualche istituto, come il Monte dei Paschi, ha dimezzato il suo valore. Ma agli occhi attenti e vigili del governo tutto questo sfugge. Come anche sfugge che, in un mercato volatile e quindi permeabile dalla speculazione (quella che Salvini dice di voler combattere) sarebbe magari il caso di ricordarsi di nominare il presidente della Consob, che, per inciso, manca da 45 giorni.

SCENARIO BANCHE 28 Repubblica Affari&Finanza 29-ott-2018

Intervista a Carlo Cimbri - "Scudo per lo spread e Poste scelga italiano" - "Uno art scudo contro lo spread Rc auto, Poste stia con l'Italia"

FABIO BOLO Il mondo della finanza sta cambiando radicalmente, e Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol, fotografa la situazione usando due parole chiave: ibridizzazione e migrazioni. La prima a significare che oggi ognuno fa anche cose diverse da quelle che tradizionalmente faceva prima; la seconda che ognuno cerca la redditività inseguendo nuovi territori di profitto. Cimbri, cosa sta accadendo al vostro mondo? Generali si lancia nelle boutique finanziarie, Intesa SanPaolo vende polizze, Zurich si concentra nei servizi. Il nostro settore è interessato da una forte ibridizzazione, e io credo che i confini tra le diverse attività di banche e assicurazioni diventeranno in futuro sempre più labili. Prima noi distribuivamo solo attraverso le nostre reti, adesso lo facciamo anche con le banche. Prima vendevamo solo polizze, ma, considerando che siamo il numero uno in Italia nell'Rc auto, abbiamo la consapevolezza di essere per 10 milioni di clienti anche un protagonista della mobilità. E quindi stiamo esplorando il noleggio a lungo termine di auto, cercando un partner. E un domani magari, anche se adesso noi non ci stiamo pensando, il car sharing potrà diventare un campo in cui cimentarsi. Ecco quindi il concetto di migrazione Sì, io paragono questa fase a quella in cui i popoli si muovevano, spinti dalla necessità, alla ricerca di territori più fertili. Quando i margini si riducono devi cercare di migrare, perché il capital charge ad esempio richiesto alle banche per fare credito è enorme. E quindi ci si sposta in territori contigui, come ha fatto Intesa. Anche Unipol una migrazione recentemente l'ha fatta, entrando nel capitale di Bper. Avete il 15% e annunciato di poter salire fino alla soglia del 20%. Quale obiettivo vi siete posti nel settore bancario? Ci siamo mossi in due direzioni. La prima era quella di consolidare il rapporto esistente di distribuzione dei nostri prodotti. Visti i bassi valori che oggi tutti i titoli hanno in Borsa, ci siamo mossi a fini difensivi. La seconda di ottenere vantaggi da un investimento finanziario. Noi pensiamo che Bper abbia un potenziale di sviluppo, in parte compresso dagli Npl, su cui sta lavorando e sui quali auspichiamo più intensità. Una banca che pulisce i suoi crediti può crescere e diventare un potenziale attore nelle aggregazioni che inevitabilmente ci saranno. Pensate di fondere Unipol banca con Bper? Unipol Banca, ripulita dal peso degli Npl, è un'ottima banca, e ho sempre detto che potremmo venderla o farla confluire in un altro gruppo bancario. Stiamo perseguendo la seconda strada, perché vogliamo dare alla gente che ci lavora una prospettiva solida. Oggi Unipol Banca è un contributore positivo di qualunque gruppo in cui possa confluire, e grazie alla pulizia degli Npl è tra gli istituti coni migliori indicatori di solidità. Bper è una delle possibili opzioni. Nel qual caso Bper diventerebbe tutta vostra No, perché il nostro ruolo rimarrà quello di essere azionisti importanti ma non oltre. Non intendiamo consolidare integralmente Bper, per intenderci. Ci possono essere sinergie nel reciproco interesse, ma non vogliamo ricreare un conglomerato finanziario di banca e assicurazione. La pulizia degli Npl di Unipol Banca ha funzionato. Vi proponete come gestori degli Npl degli altri ? Se siamo più bravi lo vedremo, per ora ci concentriamo sudi noi. Nei primi sei mesi dell'anno abbiamo "smontato" 200 milioni di posizioni, a fine anno arriveremo a quota 300, con percentuali di recupero crediti che in alcuni casi arrivano al 35-40%. Abbiamo lavorato per costruire una squadra specializzata ed eterogenea, fatta da gente che, fra l'altro, sa come valorizzare i beni immobiliari (ne gestiamo per oltre 4 miliardi), con un forte sistema incentivante: paragono la nostra squadra ai cacciatori di taglie del Far West. Programmi e obiettivi che ora si trovano davanti a uno spread che schizza verso l'alto e a-tassi dei Btp che salgono. Che danni state subendo e cosa pub cambiare? Lo spread che sale danneggia il sistema Italia e noi, essendo una compagnia totalmente domestica, siamo legati all'andamento del Paese, anche in termini di percezione degli investitori. II vero problema è il danno legato al capitale regolamentare e su questo fronte dobbiamo cercare di proteggerci. Oggi le norme sulla Solvency sono europee, ma i meccanismi non funzionano correttamente e provocano effetti distorsivi. In più vediamo con preoccupazione alcune proposte nordeuropee che vorrebbero centralizzare la vigilanza e penalizzare la possibilità di investire in titoli di stato italiani differenziandone il rischio in rapporto ad altri Paesi emittenti. Bisogna quindi prestare attenzione e contrastare manovre regolatone europee che in realtà nascondono misure di politica economica. Per le assicurazioni fortunatamente il regolatore resta quello nazionale, bisogna resistere e difendere la nostra sovranità. In concreto cosa si pub fare per evitare

SCENARIO BANCHE 29 una crisi come quella del 2011? Credo che la questione meriti la massima attenzione da parte del Governo e dei regolatori. La stabilità del sistema finanziario italiano dipende dalla solidità del capitale regolamentare di banche e assicurazioni e dalla fluidità, soprattutto per le banche, di accedere ai mercati di capitali II deprezzamento dei nostri titoli di stato, oltre un certo limite, pub creare criticità all'equilibrio del sistema. A primavera presenterete il nuovo piano industriale. Che novità ci saranno? La nostra strategia non cambierà, ma dato lo scenario attuale magari ci vorrà un supplemento di prudenza. Insisteremo sulla relazione con gli agenti e la clientela. Implementeremo la multicanalità: agenti, internet, banca. Sarà il cliente a scegliere. Poi la tecnologia: già oggi grazie alla scatola nera in caso di incidente il segnale arriva alla centrale, che chiama l'assistenza e "cristallizza" il sinistro. Così la liquidazione è più veloce. Sulla scatola nera siamo la prima compagnia europea per sviluppo. Possiamo profilare il cliente sulla base di comportamenti effettivi, fare tariffe pay per use, rilevare i flussi di traffico delle auto, cosa che ha generato interesse da parte di molte amministrazioni locali. E nel settore delle polizze intendiamo accelerare su vari fronti: ad esempio stiamo lavorando sull'instant insurance, una copertura per un singolo avvenimento come un evento, un concerto, una partita. Pensate di accordare la catena di controllo del gruppo? No. Da un'architettura complessa abbiamo costruito una struttura semplice: una holding che ha l'SO % del gruppo assicurativo UnipolSai, Unipol Banca e la società di recupero crediti. Struttura chiara, valore intellegibile. L'accorciamento non ci dà particolari vantaggi in termini di chiarezza. Avete avviato un dialogo con le Poste, che vogliono distribuire prodotti assicurativi Rc Auto? Se un altro player vuole entrare nel settore non possiamo opporci e dire che non si gioca nel nostro giardino. Vediamo se possiamo fare cose assieme e chi sarà più bravo: ricordandosi che è sempre la qualità che fa la differenza. Però dico che troverei singolare che un operatore come Poste, che ha il contributo dello Stato per svolgere il suo servizio, distribuisca prodotti di compagnie straniere. E poi siete diventati anche albergatori. Che farete con Atahotel e Una? Oggi c'è un gruppo che si chiama Una e che lavora con professionalità e entusiasmo. Prevediamo l'equilibrio economico dal prossimo anno. Poi ogni strada potrà essere percorsa: crescita, cessione, consolidamento con altri partner, saranno i risultati ad indicarla. Big data sempre più presenti nella vita di tutti grazie alla Rete. Temete la concorrenza di Google, Apple, Amazon e della loro presa sui millennials? Il mondo è in evoluzione e dobbiamo dialogare con le nuove generazioni. Ma quei soggetti che ha citato partono da vantaggi di competitività clamorosi. E' un problema che qualcuno dovrà porsi, perché ci sono concentrazioni di conoscenza e capacità di influenza che recenti scandali hanno messo in evidenza. Potrà capitare anche di fare partnership con loro: oggi non ce ne sono ma non si pub escludere in futuro.

SCENARIO BANCHE 30 Repubblica Affari&Finanza 29-ott-2018

Affari in piazza - Il paradosso delle compagnie con gli occhi puntati sui tassi art ADRIANO BONAFEDE Le compagnie di assicurazione, così come le banche, stanno soffrendo per la risalita dello spread. Questo va a impattare direttamente sui requisiti di capitale e non a caso si è parlato in questi giorni della possibilità che alcune sia delle une che delle altre finiscano prima o poi per essere costrette a effettuare aumenti di capitale. Paradossalmente, però, alcune compagnie adesso "tifano" per un'ulteriore crescita dello spread: se proprio non possono averlo più basso, cosa ovviamente di gran lunga preferibile, che salga almeno. Che cosa significa tutto questo? Per capirlo bisogna ricollegarsi a un istituto che esiste ma che al momento non può essere applicato, il "volatility adjustment". Potrebbe essere usato dalle compagnie per sterilizzare gli effetti sui ratio patrimoniali della crescita dello spread soltanto se quest'ultimo salisse ancora un po'. Insomma, tanto peggio tanto meglio. La questione è ben conosciuta dai regolatori. È un paradosso eliminabile solo se l'aggiustgmento fosse possibile fin dai primi segnali di salita.

SCENARIO BANCHE 31 Repubblica Affari&Finanza 29-ott-2018

L'analisi - Stress test e Btp da rifinanziare altro allarme per le banche - Stress art test e Btp in scadenza Banche, un nuovo allarme

ANDREA GRECO Le banche italiane stanno entrando nella fase due della "crisi politica" che le scuote. La annuncia lo stress test europeo, focalizzato sulla liquidità che dal 2019, con la fine del Qe e le tensioni finanziarie sui mercati, tornerà importante: ma la fuga degli investitori da Piazza Affari e dal rischio Italia la possono pregiudicare. L'appuntamento con lo stress test dell'Eba, venerdì, farebbe sonidere se non si trattasse di cose serie. Perché le banche italiane il loro stress test lo vivono senza simulazioni da maggio, da che il rischio paese è salito di 200 punti base, il crollo delle azioni (circa 40 miliardi per il settore) ha minimizzato le commissioni sul risparmio gestito, e la congiuntura sembra fermarsi, acuendo una contrazione degli impieghi che Unimpresa valuta in 40 miliardi dall'agosto 2017 (-5,29%), equidivisi tra fidi a breve e a medio lungo termine. Finora tuttavia gli istituti hanno sperimentato solo un aspetto del problema, legato all'erosione che lo spread produce sul loro patrimonio investito in titoli di Stato (364 miliardi). Ma c'è dell'altro, che spiega perché il settore sia sceso il doppio dei rivali europei da giugno e non sappia rimbalzare alla Borsa milanese, dove i veterani dicono che a un certo punto "rimbalza anche il gatto morto". La norma che impone alle banche di valutare a prezzi di mercato le riserve su una fetta dei titoli governativi ha impattato per circa 4 miliardi sul patrimonio primario Cet 1 delle banche, ossia 50 punti base del capitale di vigilanza. E' un decimo della capitalizzazione persa: il resto è un anticipo dei maggiori costi di raccolta e dei minori utili che le tasse del governo gialloverde e la congiuntura stinta imbarcano. L'analista bancario di Equita Giovanni Razzoli, in un lungo report titolato "Le prossime sfide", ha calcolato come solo un decimo del calo borsistico (circa i137%) sia legato allo spread: un 6% è legato alla nuova tassazione sulle perdite su crediti e sulla deducibilità degli interessi, con un aggravio stimato sui 4 miliardi, un altro 6,2% arriva dai maggiori costi di fmanziamento, e il restante 20% dai nuovi accantonamenti su crediti per il ciclo in peggioramento, e che Equita stima in 4 miliardi in più (+30%). Delle quattro componenti, le più volatili riguardano la futura marcia del Pil e le novità fiscali. La tensione sui tassi di raccolta invece è già nei prezzi, come notato anche da altri studi di e Credit Suisse: e più lo sarà considerata l'agenda delle scadenze finanziarie del settore in Italia. A partire dal 2019, e per tre anni, vanno rifinanziati bond in scadenza per 86 miliardi, e una cinquantina di miliardi almeno serviranno per rimborsare le ultime aste "Tltro", che proprio per agevolare il credito all'impresa nella crisi la Bce ha disposto per trasmettere meglio il denaro all'economia reale. Gli italiani ne furono tra i principali beneficiari: l'ultima asta Tltro 2, in quattro chiamate concluse nel marzo 2017, ha prestato loro 237 miliardi, al tasso ufficiale che è negativo per lo 0,4%. La restituzione è prevista in tranche, dal giugno 2020. Ma gli astri, sul mercato del debito, nel frattempo si sono disallineati. I tassi mondiali sono ripartiti negli Usa, e prospetticamente anche in Europa, dove sta terminando il Quantitative easing: proprio a novembre la Bce ricalcolerà, dopo cinque anni, il criterio usato per acquistare miliardi di titoli sovrani dei Paesi membri in proporzione alla quota che ognuno detiene nella vigilanza. Benché Mario Draghi abbia più volte rassicurato che la discesa a zero degli acquisti di Francoforte avrà una certa flessibilità, un'analisi del Financial Times notava che scegliere se smettere di comprare prima i titoli dei Paesi zelanti, odi quelli fiscalmente riottosi come l'Italia, costituirà «una decisione difficile in un momento in cui i rapporti tra Roma e Bruxelles sono tesi». Il contesto nostrano è ancora peggiore: il caro spread rende difficile più costoso e incerto vendere titoli del Tesoro alle aste, e impossibile emettere bond bancari da sei mesi, fatta eccezione per un senior di Intesa Sanpaolo (a tasso raddoppiato) e tre piccoli covered bond sui mutui di istituti concorrenti. Vero è che non tutta la montagna dei 323 miliardi in questione andrà riemersa: gli operatori stimano che circa metà delle aste Tltro sarà rifinanziata a livello centraler e che la cospicua cassa pari a una cinquantina di miliardi potrà essere usata dagli istituti per il rimborso. Restano comunque da coprire circa 130 miliardi, con un previsto mix di obbligazioni sénior e covered bond immobiliari, ma con un aggravio che sul prossimo triennio Equita stima in 1,44 miliardi sui tassi (sempre che lo spread si stabilizzi, e il mercato si riapra). Questa contrazione prospettica della liquidità, che preoccupa la vigilanza e ne intensifica i monitoraggi ormai su base settimanale, è la seconda lama di rasoio che limita le ambizioni operative dei banchieri italiani: dove lo spread mina il patrimonio e la capacità di fare più credito (e di

SCENARIO BANCHE 32 riportare a livelli fisiologici il rapporto tra attivi i crediti deteriorati, attività incompiuta per Mps, Carige, Banco Bpm, Bper, Ubi, Bari e altre), una liquidità costosa intacca la redditività e pone rischi di funzionamento. Per motivi nessuno coltiva illusioni sulla stagione dei conti avviata. L'anno scorso tra giugno e settembre le 10 maggiori banche italiane fecero 3,55 miliardi netti di utili, in quel che pareva il prologo del rilancio. Oggi Equita le "vede" sui 2 miliardi nel terzo trimestre, il 43% in meno, e un 15,6% sotto agli utili del secondo.

SCENARIO BANCHE 33 Repubblica Affari&Finanza 29-ott-2018

Bluebell: "Su Mps non siamo in conflitto d'interessi" art Giuseppe Bivona non intende far passare l'idea che l'operato di Bluebell Partners sia in conflitto d'interesse. Due settimane fa AffarieFinanza aveva raccontato della sua lettera al governo in cui chiedeva di mandare a casa l'amministratore delegato Marco Morelli e l'intero cda del Monte Paschi. La lettera seguiva un carteggio fra i due nel quale Bivona attaccava Morelli su alcuni aspetti del suo passato operato come direttore finanziario della banca e Morelli ricordava che, nei 2010, si era dimesso da quell'incarico in disaccordo coni vertici del Monte, guidato al tempo da Giuseppe Mussari. In una delle sue lettere, Morelli notava come l'attacco di Bluebell Partners - che da tempo chiede un'azione di responsabilità nei confronti dell'ex presidente Alessandro Profumo e dell'ex ad Fabrizio Viola - risponda a interessi diversi da quelli della banca, visto che Bluebell lavora come advisor del fondo Alken, che ha citato il Monte per danni. Letto l'articolo, Bivona ha scritto a AffarieFinanza sostenendo che «l'azione legale intrapresa dal fondo porta la data del 20 novembre 2017» mentre «oltre un anno prima, il 17 ottobre 2016, Bluebell si era offerta di assistere Mps sulle medesime questioni a titolo assolutamente gratuito. Pertanto è da respingere qualunque accusa di conflitto d'interessi».

SCENARIO BANCHE 34 Repubblica Torino 29-ott-2018

Gros Pietro, partita a scacchi sull'ultimo sabaudo in Intesa art DIEGO LONGNIN La partita che conta si sta giocando tra Milano (e dintorni) e Roma, ma gli effetti nel felpato mondo delle finanza e delle banche si sentiranno in tutto il Nord. Un quadro che si sta delineando e si chiarirà nei prossimi sei mesi. (.'ultimo atto potrebbe essere l'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo senza un presidente espressione della gamba torinese dell'istituto di credito nato dalla fusione di Banca Intesa e Sanpaolo più di dieci anni fa. Sono appena partite le scaramucce iniziali, ma c'è chi immagina che l'agnello sacrificale che qualcuno vorrebbe porre sull'altare della Lega di governo sia quello di Gian Maria Gros Pietro, presidente da due mandati, fiero rappresentante dello stile sabaudo. Che i rapporti tra Gros Pietro e il consigliere delegato non siano tra i migliori è cosa nota, ma entrambi all'interno dell'istituto hanno trovato il loro modus vivendi senza interferire. Messina però viene considerato inamovibile, Gros Pietro no. E tutto questo succede nell'indifferenza di chi governa gli enti locali, dalla sindaca pentastellata Chiara Appendino che non sembra mai essere entrata nelle partite dell'alta finanza, al presidente della Regione, Sergio Chiamparino, che nella stanza dei bottoni della Compagnia di San Paolo c'è stato, conosce i meccanismi, è un mondo che non ama e il sentimento pare essere ricambiato anche dagli altri big del settore. «Questa è la cosa più strana - sottolineano a Torino - né a Palazzo Civico né in piazza Castello c'è qualcuno che si interessi delle sorti di una banca che ha sede qui». Gros Pietro rappresenterebbe l'anello più debole, quello che potrebbe essere sostituito dal vice bocconiano Paolo Andrea Colombo che potrebbe non dispiacere al Carroccio e all'uomo della finanza di Salvini, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. La partita è molto complessa e forse Giorgetti ha già sbagliato il primo passo, cercando prima un'alleanza poi tradita con il presidente di Cariplo. Già perché l'anticipo della tornata elettorale delle province da gennaio al 31 ottobre è sembrato un modo per mettere lo zampino nella definizione delle terne da indicare il Comitato della Fondazione Cariplo, organo che poi elegge il numero uno della fondazione socia di Intesa Sanpaolo. Guzzetti, anche se lascerà la Fondazione dopo averla governata senza interruzioni dal 2000 e la poltrona di numero uno dell'Acri, l'associazione delle fondazioni, non ha gradito l'atteggiamento ostile e sta preparando le contromisure. Per questo la partita sarebbe molto aperta e non sono esclusi colpi di scena. Tra i nomi si fanno quelli di Giovanni Gorno Tempini, presidente della Fondazione Fiera, e Paolo Maria Vittorio Grandi, presidente di Fideuram del gruppo Intesa-Sanpaolo, Claudio Costamagna ex numero uno di Cdp. La questione ora è come si comporterà Guzzetti nei prossimi mesi, se sarà rottura con la Lega, oppure se Giorgetti riuscirà a rinsaldare i rapporti. E poi capire come ci si muoverà sul tavolo torinese, dove non a caso il presidente della Compagnia, Francesco Profumo, dopo la gestione non lineare della successione di Pietro Gastaldo con Anfossi, è dato di nuovo in pole position per la poltrona dell'Acri. Profumo potrebbe spingersi a sostenere Colombo (o un altro candidato in linea con i desiderata odi Guzzetti o della Lega) per arrivare ad essere il numero uno dei numeri uno delle fondazioni bancarie. Posizione che era ambita anche dal Giovanni Quaglia, presidente dell'altra fondazione bancaria torinese, la Crt, che sarebbe anche il "preferito" da Guzzetti, ma sconta sempre l'eccessiva vicinanza con Fabrizio Palenzona. Non è detta però l'ultima parola. Quaglia è un uomo che ha capacità e risorse. E Profumo, visto come è andata con la pratica del segretario generale, deve vedersela con la coppia rosa del suo consiglio, Licia Mattioli e Anna Maria Poggi. Di solito se Profumo dice bianco, loro pensano al nero, anche se si raccontano dei tentativi di moral suasion esterni sulla "professoressa" per evitare un clima di guerra sulle nomine in Intesa. «In tutto questo - sottolineano negli ambienti finanziari - non si è tenuto conto che Gros Pietro non starà fermo a guardare». C'è chi definisce il presidente di Intesa-Sanpaolo il più "darwiniano" di tutti, capace ad adattarsi alle situazione. E magari potrebbe essere lui ad uscire vittorioso da tutta la partita e all'Acri potrebbe finire un outsider come Matteo Melley di , senza considerare che Quaglia potrebbe tornare in pole bruciando Profumo. In alternativa, Torino conserva un asso da giocare: Domenico Siniscalco, ex ministro del Tesoro evicepresidente di Morgan Stanley. In fondo, il suo nome era già stato lanciato nel 2010. Ma allora non ci fu convergenza sul suo nome. Stavolta le cose potrebbero andare diversamente.

SCENARIO BANCHE 35 Sole 24 Ore 29-ott-2018

Il click cancella la banca e un giudice la resuscita - Il Banconapoli cancellato da art un click (e resuscitato)

Angelo Busani e Franca Depond Un'intera banca sparisce in un click e un giudice la "resuscita" in tutta fretta. È successo al Banco di Napoli, nell'ambito di un complesso percorso di incorporazione in Intesa Sanpaolo. L'atto di fusione - che avrà effetto il 26 novembre - viene stipulato il 10 ottobre e iscritto nel Registro imprese il 16. E proprio il 16 ottobre accade il pasticcio: a prescindere dal termine di fine novembre, il Banco di Napoli viene cancellato dal Registro imprese ed è quindi estinto. Non esiste più. Che fare? Si corre dal giudice del Registro imprese che 1124 ottobre cancella la cancellazione. E il 25 ottobre la banca torna in vita ulto risolto, in pratica. Ma la vicenda non è così facile "in diritto". Il Registro delle imprese, a differenza dei Registri immobiliari, non è stato appositamente strutturato per pubblicizzare condizioni e termini di efficacia (ad esempio, si trasferisce la sede sociale dal 1° gennaio dell'annoventuro, eccetera). Ne fa le spese anche la procedura di fusione. Nessun problema quando la fusione ha effetto dall'ultima delle iscrizioni nel Registro imprese cui l'atto di fusione deve essere sottoposto (articolo 2504-bis del Codice civile). Quando però la fusione è impostata con efficacia posteriore a questa data, occorre procedere con cautela: l'atto di fusione si deposita mediante il «modello S2», quello che serve a pubblicare nel Registro imprese gli «atti societari modificativi»; si deve con pazienza aspettare che arrivi la data in cui è stabilitoche la fusione abbia efficacia e dopo si deposita il «modello S3», quello che serve a cancellare dal Registro imprese le società "morte" (come la società incorporata). Nel caso Intesa-Banco Napoli qualcosa evidentemente è andato storto. Nonostante la precisa indicazione del termine di efficacia del 26 novembre - debitamente segnalato nel campo «effetti differiti» del Quadro 2 della visura camerale - un diavoletto si è impadronito del modello S3 che doveva rimanere "nel cassetto" fino al 26 novembre e l'ha introdotto nel Registro delle imprese il 16 ottobre (protocollo 146662/2018). Con il risultato dirompente che il Banco di Napoli è stato cancellato (ed estinto) più di un mese prima del previsto. Cosa, questa, non tanto simpatica: l'articolo 2495 del Codice civile afferma infatti che la cancellazione provoca l'irrimediabile estinzione della società, anche se vi siano rapporti giuridici pendenti (sul punto, un celebre trittico di sentenze della Cassazione a Sezioni unite: 4060, 4061 e 4062 del 2010; replicato in altro, successivo, trittico: 6070, 6071 e 6072 del 2013). Ci sarà rimedio a questo guaio(avrà pensato chi si è accorto della frittata)? In effetti, l'articolo 2191 del Codice civile consente - mediante decreto del giudice del Registro imprese - la cancellazione della cancellazione se «un'iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge». In questo caso, tuttavia, non si trattava di cancellare un'iscrizione qualsiasi, poiché occorreva conciliare questa norma con l'intervenuta estinzione della società: ecco in aiuto, allora, la Cassazione (Sezioni unite, 8426 e 8427 del 2010) che spiega come la cancellazionedella cancellazione di una società di capitali dal Registro imprese abbia efficacia meramente dichiarativa, sicché rende soltanto opponibile ai terzi la conseguente "riviviscenza" della società indebitamente cancellata, pur restando la stessa ormai estinta. Insomma, si apre uno spiraglio, anche se angusto. Corsa a rotta di collo dal Giudice del registro imprese di Napoli e corsa contro il tempo. Detto fatto: il giudice provvede con decreto 7698-3394/2018 de124 ottobre, che viene depositato il giorno successivo al Registro delle imprese (protocollo n. 47053). Prassi e diritto hanno trovatopace, ma la vicenda resta paradigmatica: prima un modulo e un click cancellano una società assolutamente viva, poi un altro caso di resurrezione nella Storia. E chissà se ci sarebbe stato lo stesso (rapido) esito se la fusione fosse stata tra un elettrauto e un carrozziere.

SCENARIO BANCHE 36 Stampa 29-ott-2018

Retroscena - Salvini elogia Draghi e pressa Di Maio: "Tuteleremo le banche" art ILARIO LOMBARDO L'apparenza dice che non hanno parlato di JRai, come fa sapere Matteo Salvini. Ma a sentire il M5S e chi si è messo in contatto con Luigi Di Maio, di Rai si è parlato eccome durante il vertice a due a Palazzo Chigi. Ed è stato l'argomento che più ha diviso i leader, costretti ad apparire coesi per consegnare ai mercati un'immagine di compattezza che si sfalda quando si entra nella carne viva di diversi temi. In mattinata Salvini era atteso su Sky. Intervista annullata all'ultimo, in vista dell'incontro con Di Maio, per evitare di sbilanciarsi sulle questioni aperte. In oltre due ore di faccia a faccia, il leghista e il grillino mettono a punto la strategia settimanale su manovra e banche, anche per provare a tenere da parte le tante differenze che si stanno accumulando. In questi giorni i grillini hanno compulsato con ansia un report di Goldman Sachs datato 12 ottobre in cui si definisce «improbabile» la sopravvivenza di questo governo alla metà del 2019 - quindi subito dopo le Europee - e dove si profetizza la rinascita della maggioranza di centrodestra. Uno scenario che inquieta Di Maio, non a caso più bellicoso di Salvini. Di fatto, i due leader hanno capito di dover abbassare i toni e hanno cercato di sanare le divergenze. Il grillino vuole garanzie di non trovarsi altre sorprese sul condono, dopo la sanatoria dei capitali all'estero rispuntata nel decreto fiscale. Salvini chiede a Di Maio certezze sul decreto sicurezza che il capo politico del M5S non può dare del tutto. E infatti è infuriato, pronto a mettere alla porta i ribelli grillini che al Senato si oppongono alla sua richiesta di ritirare gli emendamenti al dl Salvini. Ma è sulle banche e sulla legge di Bilancio che i due vicepremier provano a rimarginare le ferite. Ed è il leghista a chiedere più cautela su Bce e istituti di credito. «Draghi ha fatto tanto per l'Italia» ripete in serata, e dopo gli attacchi scomposti di Di Maio anche il M5S chiede al pontiere Stefano Buffagni di spendere parole su Facebook che sono carezze per il presidente della Bce. Lo spread fa paura. E nel governo si sono convinti che se gli investitori mollano l'Italia le banche vanno a strapiombo. E «le banche non sono solo i banchieri» ha ribadito Salvini a Di Maio che pure su questo agli occhi dei leghisti è stato sgrammaticato quando ha detto che non darà un euro per salvarle: «La banche sono risparmiatori e imprenditori» e , promette, «le tuteleremo». La stessa rassicurazione che aveva dato qualche ora prima il viceministro Massimo Garavaglia, incaricato di sostituire all'ultimo Salvini su Sky: «Se si interverrà, lo faremo in fretta». Garavaglia non dice come, ma si dà per scontato che parta in automatico il meccanismo di salvataggio già previsto. Quel fondo salva-banche criticato dal M5S quando era opposizione. Ma è Viale Mazzini a tenere alta la tensione durante il confronto tra i due vicepremier. Il nodo della lottizzazione della tv pubblica, a due giorni dal cda sulle nomine, resta Raiuno, sia per la direzione di rete sia per il tg. È un risiko a incastro, spiega una fonte del M5S, dove un pezzo muove tutti gli altri. L'ad Fabrizio Salini è in comunicazione continua con i leader e sta cercando di imporre una linea: usare il più possibile personale interno. Così è stato quando si è detto scettico sulla nomina di Andrea Bonini, volto Sky, per il Tg1, proposto dai 5 Stelle: «Preferirei qualcuno già in Rai». E ora è sempre Salini a confessare di essere perplesso sul nome indicato dalla Lega per la direzione di Raiuno: un profilo di un'altra azienda, che piace a Foa ma «con troppe criticità per il M5S». Da quello che filtra, si tratterebbe di un uomo Mediaset, troppo vicino alla galassia imprenditoriale e politica di Silvio Berlusconi. Ma senza un direttore di rete gradito, Salvini non vuole lasciare ai grillini il principale telegiornale. I 5 Stelle vogliono Giuseppina Paterniti, il leghista è tornato a insistere su Gennaro Sangiuliano (dato in pole per il Tg2) e in alternativa propone di spostare Luca Mazzà, dal Tg3 al Tg1. «Uno del Pd, renziano, amico di Salvini? No grazie», è stata la risposta. Lo stallo tiene in bilico altri nomi. Se dovesse sfumare il Tg1, Paterniti potrebbe finire al Tg3 facendo saltare Mazzà. Mentre per Federica Sciarelli non ci sarebbe mai stato all'orizzonte il Tg della prima rete bensì la possibile direzione di Raitre.

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Banca aperta, come risparmiare con i dati sensibili art FABRIZIO GORIA Niente più sistemi chiusi per le banche europee in materia di dati di pagamento. In sostanza è questa l'innovazione introdotta dalla nuova direttiva europea sui pagamenti digitali Psd2, emanata nello scorso gennaio e in via di sviluppo presso i maggiori gruppi bancari continentali. Una direttiva che sta portando alla nascita della cosiddetta «banca aperta», o «open banking». Per inserire nel suo contesto quello che afferma la direttiva Psd2 bisogna fare riferimento a quanto accaduto, pochi mesi fa, con il nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati dell'Unione europea, anche noto come Gdpr, l'acronimo che ha intasato le caselle email europee per settimane. Ebbene, insieme al Gdpr ha visto la luce anche il Psd2, che elimina le barriere all'accesso ai dati di pagamento bancari da parte delle società terze, come quelle del comparto fintech. In breve, dietro esplicito consenso da parte del cliente, una banca potrà condividere i dati del cliente stesso con altre società finanziarie, al fine di cesellare intorno a lui i prodotti finanziari più adeguati. Un esempio di applicazione della direttiva Psd2 è rappresentato da Yolt, un progetto di Ing Bank, la banca di Conto arancio, che permette di avere sotto controllo tutti i conti correnti, e le carte collegate, in un'unica app sul telefonino. Anche se non si tratta di conti con Ing. Questo si traduce in più sicurezza, perché i dati del cliente sono protetti da Gdpr e Psd2, ma anche più flessibilità e semplicità. Invece di avere una app diversa per ogni conto corrente, se ne potrà avere soltanto una. Una soluzione che potrà fare comodo sia ai clienti più giovani sia a quelli più maturi. Piattaforme di gestione. Il concetto di «banca aperta», tuttavia, ha anche altri sbocchi. Uno di questi è rappresentato da Beesy, ecosistema nato grazie agli sforzi di Finleap e Fabrick, piattaforma creata da Banca Sella nel 2017, anticipando la Psd2. Presentato nello scorso luglio, Beesy punta a essere uno strumento cruciale per liberi professionisti e piccole imprese, tramite soluzioni di gestione finanziaria integrata. Tradotto: attraverso la Psd2 sarà possibile monitorare lo stato finanziario della società in modo veloce, sicuro e meno complicato. E per risparmiare? Anche in questo caso, ci sono delle applicazioni interessanti della nuova direttiva europea. Come Oval Money, start-up creata fra gli altri da Benedetta Arese Lucini, ex numero uno di Uber Italia. Intesa Sanpaolo ne ha valutato le potenzialità e ha deciso di entrare nel capitale. Oval Money permette di monitorare in tempo reale le nostre abitudini di spesa, tramite carta di debito o di credito, al fine di consigliarci dove possiamo risparmiare. Ed è possibile anche chiedere prestiti o donazioni fra privati. I rischi operativi di questa innovazione, come spiega la gran parte degli addetti ai lavori, sono molto pochi. Perché da un lato la più stringente normativa europea sulla gestione dei dati personali e dall'altro il sempre maggiore utilizzo di database distribuiti, cioè la blockchain, garantiscono un livello di sicurezza da attacchi informatici mai sperimentato prima. —

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