Gilbert Rogers, The Dead Stretcher Bearer, 1919

A terrible beauty is born… Anche l’arte va alla guerra Paul Nash

Il 10 settembre 1914 Paul Nash si è arruolato con qualche riluttanza negli Artists’ Rifles, nell’agosto del 1916 è stato nominato istruttore e nel febbraio 1917, col grado di sottotenente, ha raggiunto il fronte occidentale a St. Eloi nel saliente di Ypres. Il periodo è tranquillo: non mancano i bombardamenti ma si combatte poco e, pur nella consapevolezza delle distruzioni occorse, egli osserva con piacere la rivincita della primavera in arrivo. La notte del 25 maggio 1917 cade in una trincea, si rompe una costola e dal 1° giugno torna a Londra. Pochi giorni dopo, la maggior parte dei suoi ex commilitoni viene uccisa nell’assalto alla Collina 60. Mentre è in convalescenza, Nash lavora sui bozzetti fatti al fronte e realizza una serie di venti tavole in inchiostro, gesso e acquerello. Alcuni pezzi risentono dell’influenza del movimento vorticista, ma la maggioranza riguarda i paesaggi primaverili, non discostandosi dai lavori precedenti. Chaos Decoratif, per esempio, mostra un pezzo di trincea e un albero distrutto in una scena di calma pastorale. A giugno del 1917 queste opere vanno mostra alla Goupil Gallery e tre mesi dopo a Birmingham, accolte con favore, tanto che Nevinson consiglia a Nash di rivolgersi a Masterman per tentare la via dell’official war artist. Nash sta per essere rispedito in Francia quando riceve la notizia che la sua richiesta è stata accolta. In Novembre perciò, con attendente e autista, Nash ritorna a Ypres, dove la Terza Battaglia infuria da tre mesi e i bombardamenti sono molto frequenti. Il paesaggio invernale che trova è molto diverso da quello lasciato in primavera: il caratteristico panorama campestre di canali e argini è stato devastato dalle granate e mesi di pioggia incessante hanno prodotto estesi allagamenti, con una distesa di fango profondo. Nash si sente offeso dalla profanazione della natura, convinto che questo ambiente non sarebbe stato più capace di sopportare la vita o di rigenerarsi con la primavera. In breve crescono in lui rabbia e disillusione nei confronti della guerra e rende manifesto questo suo sentimento nelle lettere alla moglie. In una di queste, il 16 novembre 1917, racconta «sono appena tornato da una visita la notte scorsa al Quartier generale di Brigata sulla linea del fronte e non me lo scorderò finché vivo. Ho visto l’incubo più spaventoso degno più di Dante o di Poe che della realtà, del tutto indescrivibile. Nei quindici disegni che ho fatto posso dare un’idea del suo orrore, ma solo stando lì se ne può eventualmente percepire la natura tremenda e capire che cosa devono affrontare i nostri uomini in Francia. Tutti noi abbiamo una vaga nozione del terrore di una combattimento, e con l’aiuto dei più ispirati corrispondenti di guerra e le immagini del Daily Mirror, possiamo anche farci un’immagine del campo di battaglia. Ma nessuna penna nessun disegno possono descrivere lo svolgimento continuo della guerra, giorno e notte, mese dopo mese. I padroni di questa guerra possono essere solo il male e il demonio incarnato: non si vede nessun barlume della mano di Dio. Tramonti e albe sono blasfemi, solo pioggia sporca che cade giù da nuvole nere e gonfie per tutta la triste notte, come si addice all’atmosfera di un posto simile. La pioggia continua a cadere, il fango puzzolente diventa di un giallo malvagio, le buche di granata traboccano di acqua verdognola, le strade e le piste sono coperte da uno strato di melma, gli alberi neri e morenti colano e sudano e le bombe non smettono mai. Le granate piovono sulle teste, smantellano i tronconi putrefatti, rompono le assi stradali, abbattono cavalli e muli, annientando, spianando, esasperando. Si tuffano nella tomba e tirano fuori il povero morto. Indescrivibile, senza Dio, senza speranza. Paul Nash, Ruined Country, 1917

La rabbia è per Nash un grande stimolo creativo che lo spinge a produrre una dozzina di disegni al giorno, lavorando freneticamente e affrontando gravi rischi per avvicinarsi il più possibile alle trincee. Ma a dispetto di ciò, quando si presenta l’occasione di allungare la visita di una settimana, lavorando per i canadesi nel settore di Vimy, Nash rinuncia per tornare infine a Londra il 7 dicembre. In sei settimane Nash ha completato quelli che chiama “cinquanta disegni di posti fangosi” e inizia a svilupparli in pezzi finiti per la sua mostra personale prevista per il maggio 1918. Nelle Fiandre ha lavorato prevalentemente con penna e inchiostro, spesso su acquerello, ma ora vuole fare litografie, sulle orme di Nevinson. Rain, Zillebeke Lake, 1918

Il disegno del 1917 Nightfall, Zillebecke District, che mostra soldati che camminano su una passerella zigzagante diventa la litografia Rain. After the Battle, 1918 The Landscape–Hill 60, 1918 Wire, 1919

Fra questi disegni, uno dei più grandi e più potenti è Wire (in origine Wire-The Hindenburg Line) in cui Nash raffigurare la catastrofe della guerra usando ancora la distruzione della natura, sotto forma di un tronco d’albero incartato nel filo spinato come una corona di spine. All’inizio del 1918 Nash inizia a lavorare per la prima volta con la pittura ad olio. Il primo dipinto è The Mule Track in cui nel bel mezzo di un bombardamento delle minuscole figure di soldati tentano di fermare i loro muli che scappano su una malferma passerella. Nel passaggio all’olio Nash si allarga con i colori e le esplosioni sono gialle, arancione e senape. The Ypres Salient at Night, 1918

The Ypres Salient at Night cattura il disorientamento causato dai cambi di direzione delle trincee difensive, con cui Nash aveva familiarità ed erano esasperate la notte da costanti esplosione di granate e razzi. Sunrise Inverness Copse, 1918

Durante il soggiorno francese Nash ha fatto un disegno intitolato Sunrise: Inverness Copse, il sito nell’estate 1917 di pesanti combattimenti nel corso della terza battaglia di Ypres, di cui Nash raffigura il paesaggio come spezzoni d’albero piantati nel fango sotto un pallido sole giallo. All’inizio del 1918 Nash decide di realizzare un grande dipinto a olio a partire da questo disegno e anche quella piccola speranza racchiusa nel pallido sole scompare. We are Making a New World è il titolo amarissimo, che deride in modo evidente gli obiettivi della guerra con un riferimento universale, come la scena, che potrebbe essere un punto qualunque del fronte occidentale. Non ci sono persone, neppure i dettagli di The Mule Track, a distrarre la vista dai tronconi d’albero, dai fossi e dai mucchi di terra. Il sole è una fredda orbita bianca e le nubi marroni del disegno originale sono diventate rosso sangue. Un critico nel 1994 lo ha paragonato a un inverno nucleare, sebbene una delle prime persone a vederlo nel 1918, Arthur Lee, il censore ufficiale degli artisti di guerra, pensò di trovarsi di fronte a uno scherzo alle spalle del pubblico e dell’ambiente artistico. Orpen

Entra nell’orbita della propaganda anche , prolifico ritrattista irlandese con conoscenze altolocate che ottiene l’incarico nel gennaio 1917, direttamente da Haig, forzando la mano al Department of Information. Mentre agli altri pittori viene concesso il grado di sottotenente e un viaggio di tre settimane al fronte, Orpen diventa maggiore ed è libero di scorrazzare per il fronte, con automobile, autista e aiutante, mentre lui si paga altri due assistenti. William Orpen, “brillante disegnatore, consumato acquarellista e pittore virtuoso” chef prima della guerra può riscuotere cifre a quattro zeri per I suoi ritratti della ricca e potente società edoardiana. Orpen

Nell’aprile del 1917 raggiunge la Somme e si stabilisce ad Amiens, tre settimane dopo che i tedeschi si sono ritirati dietro la Linea Hindenburg. Ogni giorno gira per il fronte disegnando e registra la devastazione lasciata dalla battaglia in mezzo a un panorama freddo e desolato, ma senza inviare nulla al Dipartimento o alla censura militare. Quando viene rimproverato, ottiene il trasferimento dell’ufficiale che ha preso l’iniziativa. In maggio fa i ritratti di Haig e del comandante del Royal Flying Corps Sir Hugh Trenchard, ampiamente riprodotti su giornali e riviste. Orpen

Orpen va in giro per la Somme sfornando “ritratti spacconi” di svariati ufficiali (sono ritratti in cui, secondo Gough, il soggetto è mostrato “a figura intera, in atteggiamento esibizionista e compiaciuto) Orpen

In giugno raggiunge infine il saliente di Ypres e all’Hotel Sauvage di Cassel si fa l’autoritratto conosciuto come Ready to Start. Orpen William Orpen, The Great Mine, La Boiselle 1917

Orpen ritorna sulla Somme ad agosto e trova un paesaggio completamente trasformato. Nel 1921 scriverà: «Avevo lasciato fango, nient’altro che acqua, buche di granata e fango, il più cupo e triste abominio di desolazione che la mente possa immaginare; e ora non c’erano parole per descriverne la bellezza; il fango tetro e scuro si era seccato, diventando bianco e puro, di un bianco accecante». Orpen William Orpen, A Grave in a Trench, 1917 «Margherite bianche, papaveri rossi e fiori blu, in gran massa si estendevano per miglia e miglia. Il cielo era blu intenso e tutta l’aria fitta di farfalle bianche che ti ricoprivano perfino i vestiti. Era come una terra incantata: ma al posto delle fate c’erano migliaia di piccole croci bianche, per la maggior parte segnate con la scritta soldato britannico sconosciuto». Orpen William Orpen, Thiepval, 1917

Orpen sa di percorrere un gigantesco cimitero. Durante quella estate del 1917, oltre al pittore e alla sua squadra, le sole persone sul campo di battaglia deserto attorno a Thiepval sono le squadre che lavorano a identificare e seppellire le migliaia di corpi lasciati in terra o nelle trincee abbandonate e Orpen s’imbatte frequentemente in cadaveri e resti umani, spesso poco più che “teschi, ossa, indumenti”. The Schwaben Redoubt (1917)

Orpen cerca la strategia pittorica più adeguata alla situazione. Smette di usare mezzi toni e adotta una nuova paletta di colori, con largo uso di porpora chiaro, malva e verde lucente, con larghi spazi bianchi a rappresentare l’effetto solare su un terreno di gesso, sotto un cielo blu cobalto. Nelle trincee abbandonate Orpen talvolta trova anche soldati traumatizzati e sconvolti dai combattimenti e da questi incontri trae due potenti opere: A Man with a Cigarette and Blown Up, Mad Orpen

Alla fine del 1917, mentre è in ospedale per un’intossicazione, Orpen conosce Yvonne Aubicq, una giovane volontaria francese con cui avrà una relazione decennale, e inizia a farle alcuni ritratti. Ne sottopone due alla censura, all’inizio del 1918, intitolandoli Una spia. A marzo viene convocato dal tenente colonnello Lee che lo pone di fronte a un’alternativa: se il titolo è uno scherzo, è di cattivo gusto, specialmente dopo l’esecuzione di Mata Hari, se invece è vero, gli toccherebbe la corte marziale. Orpen

Orpen s’inventa una mirabolante storia cui nessuno crede. Richiamato a Londra, presso lo War Office, per essere redarguito, egli ritratta le sue bugie, ma ugualmente gli viene vietato di tornare in Francia. Orpen se ne infischia e rientra illegalmente in continente, dove viene raggiunto da una telefonata di Haig, che lo invita a pranzo per discutere su cosa gli piacerebbe dipingere. Lee ritira allora le sue obiezioni e in cambio Orpen accetta di rinominare i due quadri come La Rifugiata. Orpen

Nel maggio del 1918, presso le Agnew’s Galleries vengono esposti con grande successo (novemila ingressi in un mese) i lavori di Orpen sulla guerra, tra cui nove dei suoi khaki portraits e parecchi riguardanti la Somme come Highlander Passing a Grave e Thinker on the Butte de Warlencourt. Orpen Dead Germans in a Trench (1918)

Si discute molto sul perché il censore abbia fatto passare il suo Dead Germans in a Trench due mesi dopo aver rifiutato Paths of Glory di Christopher Nevinson. Orpen In effetti Arthur Lee ha rifiutato il permesso di esposizione per quasi tutti i dipinti in mostra alla Agnew’s ma Orpen lo ha aggirato appellandosi al Generale Macdonogh, Direttore della Military Intelligence. Gallerie e musei, anche negli Stati Uniti, fanno a gara per ospitare l’artista ma Orpen annuncia di voler donare i dipinti al governo britannico, a patto che restino nelle loro cornici bianche e siano considerati come un corpus unico (ora sono all’Imperial War Museum di Londra). Nell’estate del 1918, il giorno del compleanno del Re, Orpen viene insignito del titolo di Cavaliere dell’Impero Britannico. Orpen 25 agosto 1918, Orpen in una strada di Amiens.

Orpen ritorna in Francia in luglio e trascorre l’estate del 1918 ancora sul campo di battaglia della Somme, con frequenti viaggi a Parigi. Più tardi dipinge il campo di William Orpen, Zonnebeke, 1918 Orpen Harvest, 1918

A Orpen piace lavorare nelle città appena liberate, ma è mentalmente esausto e le sue opere diventano sempre meno realistiche e più teatrali, quasi allegoriche. In Harvest (1918), che mostra delle donne su una tomba coperta dal filo spinato, usa una gamma di colori sgargianti per enfatizzare la natura irreale della scena. Orpen The Mad Woman of Douai, 1918 The Mad Woman of Douai è l’immagine straziante della scena dopo uno stupro. I due soldati sono figure prese da altri suoi dipinti. Quando la guerra entra nella fase finale Orpen testimonia scene che trova sempre più macabre. Pur essendo di larghe vedute, resta sorpreso da tre giovani prostitute francesi che si offrono durante un funerale. Orpen Verso la fine della guerra, dipinge una manciata di “parabole”, la maggior parte delle quali non furono mai esposte come Armistice Night, Amiens e The Official Entry of the Kaiser, che reinterpretano ironicamente l’incipiente vittoria. Nel novembre 1918 Orpen si ammala e Yvonne passa due mesi ad accudirlo prima che egli si sposti a Paarigi nel gennaio 1919 per iniziare un nuovo lavoro. Orpen William Orpen, To the Unknown British Soldier in France, 1921 l’Imperial War Museum gli ha infatti affidato due grandi tele sulla Conferenza di pace di Versailles. Orpen le completa in modo non soddisfacente e ne inizia una terza, in cui, senza avvertire il Museo, dipinge tutt’altro: cancella con pazienza trentasei figure di statisti e dipinge al loro posto, negli ambienti sfarzosi di Versailles, una bara coperta con la Union Jack, due soldati seminudi che la vegliano e due cherubini che volteggiano. Orpen

Esposto alla Royal Academy nel 1923, il quadro piace al pubblico, ma la postura dei soldati, le nudità, l’amara ironia dei simboli scatenano i giornali di destra, che lo bollano come un atroce scherzo che offende dignità e buon gusto. La stampa di sinistra invece lo elogia: il Daily Herald lo definisce «un magnifico omaggio allegorico agli uomini che hanno realmente vinto la guerra», ma l’Imperial War Museum rifiuta l’opera e il pagamento del saldo. Orpen Cinque anni dopo, nel 1928, Orpen contatta il Museo, offrendosi di ritoccare il quadro: toglie le figure dei soldati fantasma, i cherubini e le ghirlande, e lascia nella sala marmorea solo la bara drappeggiata. «Non c’è più niente, se non un soldato morto senza nome in una gelida solitudine» scrive un osservatore «È un quadro inquietante». Colin Gill Heavy Artillery, 1919, by Colin Gill

All’inizio della guerra, Gill entra nella Royal Garrison Artillery e resta sul fronte occidentale fino al 1916, soffrendo di geloni, per passare poi al camouflage. Avvelenato dai gas, torna in Inghilterra nel marzo 1918 e trascorre molti mesi in un ospedale sull’isola di Weight. Its intricate imagery—a battery of camouflaged 9.2-inch howitzers, infantrymen resting upon their return from the line, a soldier lying on a sheet of corrugated iron—highlights the chaotic themes of war