Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 509/1999) in Lingue e Culture dell’Asia Orientale

Prova Finale di Laurea

Il Grande Balzo in Avanti delle donne cinesi: retorica, propaganda e limiti di una Liberazione (1958-1961)

Relatore Chiar.ma Prof.ssa Laura De Giorgi Correlatore Chiar.ma Prof.ssa Sofia Graziani

Laureanda Enrica Bovetti Matricola 818951

Anno Accademico 2011 / 2012

Ringraziamenti

Arrivata alla fine del mio lavoro, desidero, innanzitutto, ringraziare la professoressa Laura De Giorgi, per gli insegnamenti che mi ha impartito durante il mio percorso universitario e per il tempo dedicato alla mia tesi. Un sentito ringraziamento, in secondo luogo, alla professoressa Sofia Graziani, che mi ha aiutato, in questi mesi, nella ricerca del materiale e nella stesura della tesi, dandomi sempre utili consigli e supportandomi nei momenti di difficoltà. La mia riconoscenza va poi, alla professoressa Luisa Prudentino che, durante il mio periodo di studi a Parigi nell’ambito del progetto Erasmus, ha chiarito molti dubbi e mi ha fornito materiale filmico fondamentale per il mio lavoro. Sono altresì riconoscente al personale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università di Leiden per avermi aiutato a reperire i numeri della rivista Zhongguo Funü (Donne Cinesi) dal 1958 al 1961, indispensabili nella realizzazione della tesi. Nel ripercorrere il mio iter universitario, il mio pensiero non può non andare ai miei genitori, Rere e Gian Carlo e ai miei fratelli, Mario, Alberto e Clara, che mi hanno sempre sostenuto, aiutato, supportato e sopportato con molta pazienza, in particolare nei mesi di scrittura della mia tesi di laurea magistrale. Ringrazio Alessandra, amica e compagna di studi a Parigi che, nei mesi dedicati alla mia ricerca, ha saputo consigliarmi e ha partecipato attivamente al mio entusiasmo o al mio sconforto. Un sentito grazie anche a Carlotta che, nello stesso periodo, mi è stata vicina aiutandomi moltissimo. Rivolgo un affettuoso pensiero alla mia migliore amica Anna che, laureanda come me, è stata un’importante compagnia nelle ore passate davanti allo schermo del computer. Infine, ringrazio con tutto il cuore Stefano, per il suo appoggio, per la sua comprensione e per la forza che ha saputo infondermi in questi mesi, soprattutto quando dicevo che non sarei mai riuscita a …tagliare il traguardo.

前言 中国妇女的“大跃进”

本文分析讨论中国在转型为现代“新”强权国家的过程中,女性地位的转变与 革新也是不可忽视的,尤其是女性在社会里所扮演的角色。 中国女性的地位演变与中国在经济和政治上的变化,有极深切的关联。

在经历了 1895 年甲午战争、1900 年义和团运动的压迫和一连串西方列强的入 侵,在满清政府中诞生了改革的需求。“女权”一词就是在此种社会背景下出 现的,与“人权”、“民权”同时并行着。而女性主义运动的领导人,更是坚 持倡导着“男女平等”的思想理念。 在二十世纪初,追求女性平等受教育、经济独立和参与政治等权力,不仅 是女权运动的拥护者,更是许多知识份子与改革者极力倡导的。

因为为了使中国能够逾越殖民势力统治和清帝国崩塌 (1911) 造成的政治危机, 就要从西方模式中汲取灵感并向令人垂涎的现代化国家发展,而儒家模式则无 法保证。“新女性”,正是产生在这样的一个历史环境下,成为新中国的标志, 完全不同于那个曾经只有儒家思想但毫无国际竞争力的旧中国。这样的思想一

直延续到新文化运动 (1915-1924)与五四运动的爆发(1919),这一系列思想与 文化思潮,孕育了许多在 1921 年创立中国共产党的重要领导者. 第一章介绍了,中国共产党自建党以来以及到后来建立中华人民共和国以 后,中国共产党的领导者从一开始,就展现出他们对女权主义思想的重视。中 国共产党始终坚持提倡男女平等,以及共同享有参政、议政的权利,因此许多 女性积极地加入支持这一党派。 二十年代末期,中共向马克思主义思想的转变,使中国共产党领导人以社会主 义的角度重新审视女性在当时社会中所扮演的角色,并进而认定女性解放是阶 级斗争的组成部分。因此对于那些女权运动的反对者,大多数均被视为有罪的 “资产阶级”。因此,很快地很快产生所谓的“资产阶级女权运动”和“无产

I

阶级妇女解放运动”的区别。因为对于中国共产党而言,女性如果想获得到真 正的解放,须要为无产阶级而革命:任何反对为无产阶级革命的思想,都是错 误的。 自此之后,中共的关于女性议题的政策就朝着集中追求男女平等的方向发展。 在重新整理马克思、恩格斯的思想后,党内领导更加坚定地主张,女性只有能 为社会服务并得到经济上的独立自主能力后,才能得到真正的解放。在中华人 民共和国建国以后,1949 年十月,在中国共产党的领导下创立了中华全国民 主妇女联合会(ACDWF),联会目标是为追求男女平等以及女性追求自身在社会 的权利。在毛泽东领导的中国共产党时期,过去中国女性在婚姻里的不自由被 解放了,而且中华全国民主妇女联合会与中国共产党在政治和经济方面给予很 大的支持。 1958 年,中国共产党为了在短时间内赶超西方世界资本主义国家的目标开 展了大跃进运动(1958-1961)。为了达成目标,中共动员了全中国人民,尤其 是在具有大部份劳动力与大量生产力的农村地区,为发展中的工业国家打下了 重要的基础. 在大致描写了五十年代中国在经济和政治的情况后,第二章中,我叙述了女性 在城市与农村中劳动工作的情况。大跃进运动初期,约有百分之九十的中国女

性走出家庭,参与了原先只允许男性可作的工作。根据 1958 到 1960 年间中 国共产党的大跃进宣传海报,我们可以看到大量在工厂中工作的女性。而在农 业生产中,她们甚至都拥有在经济上独立的能力,这象徵着真正的女性解放。 特别是在详读与分析了大跃进期间所出版的“中国妇女”中的文章,及中华全

国民主妇女联合会(1957 年正式更名为中华全国妇女联合会;ACWF)出版的会 刊,我从中注意到妇女联合会向女性传达的思想,与党在经济及政治上的策论 是相当契合的。在中国共产党的领导之下,中国妇女终于解放了,随着大跃进 运动展开,中国妇女参与并成为社会主义的一份子,随着中国一同进入了共产 主义世界。

II

中国劳动妇女在全国工农业和其他各经济环节,做出了巨大的贡献。但在这样 的运动下,中国共产党也极力坚持着传统女性在身为人妻及母角色上的重要性 主张着女性先天的母性与生育能力,仍是建造社会的根本。 基于根深蒂固的中国传统文化,中国共产党也对全国人民提出推广这样的 一个规模典范。在第三章中指出了中国社会对富有中国文化传统美德人的重视 尤其在毛泽东执政时期更是被推崇的女性劳动模范天的人民公社中,许多妇女 团体丰盛的劳动成果,成为更多其他女性劳动者的模范。 在不少出版刊物关于妇女的文章中指出,每位女性劳动者都能达到不同劳动计 划中的目标,并不断地超越自我,为了使自己能不断的为正在成长的中国共产 党目标服务,尽心尽力。中共同时在平民文学中,极力赞扬这些劳动者,并宣 传此范例。李准于 1959 年创作的故事中女主人公李双双,在大跃进运动期间 就非常炙手可热。 她嫁给了一个思想守旧、认为女性在社会经济与政治中毫 无地位的传统男人,李双双把握了大跃进运动所带来的机会,积极地在当地集 体食堂服务,反抗丈夫的旧思想,大力带动其他妇女投入社会劳动,并忠诚地 追随着终于解放了女性的中国共产党。 在大跃进运动期间,中国共产党所描绘的美好蓝图却渐渐与现实产生了巨 大的冲突与矛盾。虽然毛泽东创建人民公社的目的是为了保障温饱与粮食充裕 创造了共产主义的巅峰状态,但大跃进运动,却是人类文明史上造成严重大饥 荒的原因之一。在第四章中的第一部分,对照比较出共产党领导人所作的诺言 与官方报刊所呈现出人民实际的生活情况,证实了大跃进运动一连串的失败以 及政治或经济的错误动机所带来的惨痛教训。在对宣传政策与真实状况之间的 矛盾分析后,我描绘了在劳力动员和食物的缺乏情况下,对妇女在无论是于身 体或生育健康所带来的严重影响。过长时间的农产劳动工作、对女性劳动者健 康的忽视,和医疗服务的不完善,都造成了无法保障妇女仍保有对家庭生活与 家庭工作的掌握,而这都违背了中国共产党和全中国妇女工商联会所宣传的宗 旨。但这样的信念,却使毛泽东和大跃进运动的政治家的思想更加盲目,并更 激进地组织了生产队。不断地超越自我的极限、不择手段地达到中央政府所下

III

达的目标,以及对女性劳动者身体状况的极度不重视等,都是这类政策的恶果 也正因如此,它们进而给许多妇女们带来了痛苦不堪的生活。 我的研究特别专注于,在大跃进运动期间中国共产党关于妇女议题的政策、 宣传以及真实民间情况的联系,和大跃进运动对中国妇女生活所产生的影在仔 细详读在“中国妇女” 和“人民日报”中出 版的文章和中国共产党及中华全 国妇女联合会官方文件后,我开始分析中共对妇女的宣传用语,并了解党内对 妇女解放运动的相关政策。根据可搜集到的资料研究,在深入认识社会主义的 建构机制过程后,更使我进而探讨更偏僻的农村生活。 事实上,关于大跃进运动的西方研究均从七十年代开始,更多是集中在对农村 居民生活情况上的研究上。首先,这是因为大多数中国居民都是定居在农村地 区,并都是以务农为生,而农业则是中国最根本的资源与经济基础。 举例来

说, 从由 Gail Hershatter 和 Kimberley Ens Manning 所主导的访问中,能够帮 助我们更加了解在毛泽东执政期间,农村妇女的生活情况。同样地,从其他关 于谈论大跃进运动的失败,及西方国家在八十和九十年代、最近十年中国对大 饥荒时期的研究,我们可发现几乎都显示出在农村的悲剧影响。

其中,我将张乐天于 1998 年,对于人民公社的制度和中国共产党政策的有限 的分析、杨济生在 2008 年对大饥荒状况所造成后果的调查,部分段落翻译成 意大利文。 原先在中国大陆被列为禁论议题的大饥荒与大跃进运动严重的影响,现今 却是许多中国研究者和记者讨论的话题。许多当年被封禁的与大跃进运动相关

的文件资料,如今却可从不同角度观点审视。2012 年六月出版的“中国大饥 荒”一书中,周逊将许多从 1957 年到 1961 年间、由地方党部所编写,关于 大饥荒时期偏僻乡村地区,百姓无止尽的痛苦磨难生活写照的相关政府文件地 方资料,译成英文。这些资料给了我们机会,以更精确的角度来看待和评论当 时的政策宣传与真实状况间的差异,并更了解中国共产党在“解放”中国妇女 显而易见的局限之处。

IV

Indice

Il Grande Balzo in Avanti delle Donne Cinesi: retorica, propaganda e limiti di una Liberazione (1958-1961)

Introduzione p. 1

1. La politica di genere del Partito Comunista Cinese dalle origini alla fondazione della RPC

1.1 La “questione femminile” all’indomani della nascita della Repubblica p. 7 1.2 La formazione della politica di genere del PCC p. 16 1.3 Il PCC e le donne nella Cina rivoluzionaria: l’esperienza nel Jiangxi e a Yan’an p. 21

2. un Grande Balzo in Avanti: le donne cinesi, protagoniste attive della costruzione socialista

2.1 Economia e società dal 1949 al Grande Balzo in Avanti: un quadro d’ insieme p. 33 2.2 La Federazione Nazionale Democratica delle Donne Cinesi: verso un coinvolgimento di massa delle donne nel socialismo p. 46 2.2.1 La nascita della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi 2.2.2 La Federazione Nazionale delle Donne Cinesi, il PCC e la costruzione socialista: dai primi anni Cinquanta al Grande Balzo in Avanti

2.3 Le donne e il lavoro durante il movimento di collettivizzazione e il Grande Balzo in Avanti p. 60 2.3.1 Le donne e il lavoro nelle aree rurali 2.3.2 Le donne e il lavoro nelle aree urbane

2.4 Essere donna, moglie e madre durante il Grande Balzo in Avanti p. 69

V

3. Il grande balzo in avanti e i modelli di ruolo nella propaganda del PCC

3.1 Modelli di ruolo nella cultura cinese: il periodo maoista e l’eredità confuciana p. 79 3.2 Le donne e i modelli di emulazione: dal “Lienü Zhuan” alle “nüjie diyi” p. 92 3.3 Modelli di emulazione femminili durante il Grande Balzo in Avanti p. 104

4. Il disastro del Grande Balzo in Avanti: Illusioni e limiti di una Liberazione

4.1 Il fallimento del Grande Balzo in Avanti: una tragedia umana p. 117 4.2 Essere donna e madre durante la grande carestia p. 138 4.3 Il lavoro, la liberazione e la partecipazione politica delle donne durante il Grande Balzo: dove finisce l’utopia e inizia la realtà p. 148

Conclusione p. 162

Glossario p. 166

Bibliografia p. 171

Documenti tratti dalla rete p. 184

Filmografia p. 186

VI

Introduzione

Nell’analizzare il percorso della nazione cinese verso la trasformazione in un paese moderno forte e “nuovo”, è impossibile trascurare l’evoluzione della figura della donna e, soprattutto, del suo ruolo nella società. Le discussioni riguardo ai diritti delle donne furono, alla loro nascita, profondamente legati alla situazione economica e politica della Cina. L’oppressione delle potenze straniere, la guerra contro il Giappone del 1895 e la repressione della Rivolta dei Boxer nel 1900, portarono alla nascita di esigenze riformiste in seno al governo della dinastia Qing. Il termine nüquan, “diritti della donna”, emerse proprio in tale ambito, insieme alla promozione dei “diritti naturali”(tianfu renquan) e dei “diritti civili”(minquan). I movimenti femministi formatisi in questo periodo, si fecero portavoce di tali diritti e del concetto di “uguaglianza tra uomo e donna” (nannü pingdeng). Nei primi decenni del Novecento il diritto all’educazione, all’indipendenza economica e alla partecipazione politica per le donne, si presentava come obiettivo comune sia delle attiviste legate ai gruppi femministi, sia di molti intellettuali e riformisti. Perché la Cina potesse superare la crisi politica causata dal dominio delle potenze colonialiste e dal crollo dell’impero (1911), si doveva trarre ispirazione dall’esempio occidentale e progredire verso la tanto agognata modernità, che il modello confuciano non poteva garantire. La figura della “donna nuova” (xin nüxing) nacque in tale ambito, come emblema di una nuova Cina opposta alla vecchia Cina confuciana, considerata inadeguata a rappresentare un paese competitivo a livello internazionale. Questo genere di idee fu portato avanti dal Movimento di Nuova Cultura (1915-1924) e dal Movimento del Quattro Maggio scoppiato nel 1919, da cui emersero molti intellettuali che nel periodo successivo divennero attivi nel Partito Comunista Cinese (PCC), nato nel 1921. Come messo in evidenza nel primo capitolo introduttivo, dedicato alle politiche di genere del PCC dalla sua nascita fino alla fondazione della Repubblica

1

Popolare Cinese (RPC), i leader comunisti inizialmente mostrarono un genuino interesse verso le istanze femministe. Molte donne aderirono con entusiasmo al nuovo partito, che sosteneva l’uguaglianza tra i sessi e l’importanza della partecipazione delle donne nella politica e nell’economia. La conversione al Marxismo alla fine degli anni Venti, portò la leadership del partito a leggere in chiave socialista i dibattiti sul ruolo della donna nella società, e a identificare l’emancipazione del sesso femminile come parte integrante della lotta di classe. Le attiviste che si opponevano alla convergenza degli interessi delle donne con quelli del partito venivano, nella maggior parte dei casi, accusate di tendenze “borghesi” (zichan jieji). Si venne ben presto a tracciare una forte linea di demarcazione tra il “movimento borghese femminista” (zichan jieji nüquan yundong) e il “movimento proletario di emancipazione femminile” (wuchan jieji funü jiefang yundong). Secondo il PCC, dunque, la rivoluzione proletaria costituiva il presupposto essenziale per raggiungere la vera liberazione della donna: nessuna idea in contrasto con queste condizioni poteva essere accettabile. Da quel momento le politiche che il PCC portò avanti riguardo alla questione femminile si concentrarono sul raggiungimento dell’uguaglianza tra uomo e donna. Rifacendosi al pensiero di Engels e Marx, la leadership del partito sosteneva con fermezza che la donna sarebbe stata liberata diventando parte attiva della società e raggiungendo l’indipendenza economica. La Federazione Nazionale delle Donne Cinesi (Zhonghua quanguo minzhu funü lianhehui ;ACDWF1) istituita pochi mesi dopo la nascita della RPC nell’ottobre del 1949, si presentava come un’organizzazione di massa sotto la guida del PCC, con lo scopo di promuovere la partecipazione delle donne nella costruzione del socialismo e l’uguaglianza tra i sessi. I successi ottenuti dalle donne grazie al PCC come l’abolizione del sistema tradizionale di matrimonio che prevedeva una completa sottomissione della donna, furono accompagnati, durante tutto il periodo maoista, da un totale appoggio da parte dell’ACDWF alle politiche economiche e alle campagne sociali promosse dal partito.

1 D’ora in poi per indicare la Federazione Democratica delle Donne Cinesi sarà utilizzato l’acronimo ACDWF (All-China Democratic Women Federation).

2

Nel 1958 il PCC lanciò il Grande Balzo in Avanti (1958-1961), con l’obiettivo di trasformare la Cina in una forte potenza industriale socialista e superare, nel giro di pochi anni, la produzione delle più avanzate nazioni occidentali. Per raggiungere tale obiettivo l’intera popolazione cinese fu mobilitata in particolare nelle campagne, dove si concentrava la maggior parte della manodopera e dove un aumento massiccio della produzione agricola doveva fornire il surplus fondamentale per lo sviluppo industriale del paese. Nel secondo capitolo, dopo aver inquadrato a grandi linee la situazione economica e politica della Cina negli anni Cinquanta, ho descritto il rapporto tra le donne e il lavoro sia nelle città che nelle campagne. Con l’inizio del Grande Balzo in Avanti, circa il 90 percento delle donne cinesi fu coinvolto in attività e lavori fuori dalle mura domestiche, andando a ricoprire ruoli in precedenza di competenza esclusivamente maschile. Secondo la propaganda diffusa dal PCC tra il 1958 e il 1960, l’entrata di massa delle donne nel settore industriale e in particolare in quello agricolo, poteva garantire loro indipendenza economica e, dunque, una vera emancipazione. Analizzando gli articoli pubblicati in quegli anni su “Donne Cinesi” (Zhongguo Funü), la rivista ufficiale dell’ACDWF (che nel 1957 cambiò il proprio nome in Federazione Nazionale delle Donne Cinesi; ACWF), ho potuto notare come il messaggio lanciato alle donne dalla Federazione fosse in perfetta armonia con quello delle politiche economiche promosse dal partito. Sotto la guida del PCC, le donne erano state finalmente liberate, e con il Grande Balzo in Avanti potevano, insieme alla nazione intera, entrare nel comunismo e partecipare alla costruzione socialista. Frequenti sono, sul mensile, i riferimenti al contributo della manodopera femminile nell’agricoltura, nella fusione dell’acciaio e in ogni ambito dell’economia del paese. Nonostante il forte appello al lavoro, però, i discorsi ufficiali del PCC continuarono a sostenere l’importanza del ruolo tradizionale di mogli e madri, ponendo la maternità e la protezione della salute procreativa della donna al centro della costruzione socialista. Seguendo una tradizione consolidata nella cultura cinese, il partito promosse la pubblicizzazione di modelli che, a seconda del messaggio politico che si voleva trasmettere, dovevano fungere da esempio per la popolazione intera o per un

3 determinato gruppo sociale. Il terzo capitolo è, dunque, dedicato all’importanza dei modelli di emulazione nella cultura cinese fin dall’antichità e, in particolare, a quelli proposti alle donne in epoca maoista. Durante il Grande Balzo in Avanti, nelle comuni popolari, istituite nel 1958 e divenute il simbolo della nuova campagna economica, numerosi team di produzione femminili si distinsero per i risultati ottenuti e divennero degli esempi per molte lavoratrici. Leggendo gli spazi dedicati dalla stampa alle donne, ogni lavoratrice poteva apprezzare i traguardi raggiunti dalle diverse brigate di produzione e mettersi in competizione con esse per servire gli obiettivi del PCC in un crescente clima d’isteria e fermento politici. Anche la letteratura popolare contribuì alla creazione di personaggi nei quali il popolo potesse identificarsi e di cui potesse ammirare le virtù. Li Shuangshuang, la protagonista del racconto scritto da Li Zhun nel 1959, divenne molto popolare durante gli anni del Grande Balzo in Avanti. Sposata con un uomo di mentalità arretrata, contrario alla possibilità per le donne di dare un contributo alla società e all’economia cinese, Li Shuangshuang coglie le opportunità offerte dal Grande Balzo in Avanti. Promuove attivamente il servizio di mensa collettiva nella propria comune, si ribella all’autorità del marito e spinge le altre donne a lavorare per la costruzione socialista e a seguire fedelmente il PCC, che le avrebbe finalmente guidate verso la vera emancipazione. Il sogno di prosperità e ricchezza delineato dal PCC durante il Grande Balzo in Avanti, però, andò a scontrarsi con la realtà. Sebbene l’entrata nel comunismo auspicata da Mao Zedong con la costruzione delle comuni avrebbe dovuto garantire cibo in abbondanza, il Grande Balzo in Avanti fu la causa di una delle più terribili carestie della storia dell’umanità. Il quarto capitolo, nella prima parte, ponendo a confronto le promesse fatte dalla leadership comunista e dai media ufficiali con le effettive condizioni vissute dalla popolazione, mette in luce le conseguenze del fallimento del Grande Balzo in Avanti e le motivazioni politiche ed economiche che portarono ad una simile tragedia. Proseguendo nell’analisi delle discrepanze tra propaganda e realtà, ho descritto gli effetti che la mobilitazione nel lavoro e la diffusa mancanza di cibo hanno avuto sul fisico delle donne e sulla loro salute procreativa. Le lunghissime ore trascorse nei

4 campi, le scarse attenzioni dedicate alla tutela della salute delle lavoratrici e l’inadeguatezza dei servizi collettivi che avrebbero dovuto garantire alle donne la liberazione dai lavori domestici, si posero in netto contrasto con i messaggi lanciati dal PCC e dall’ACWF. La fede cieca nel pensiero di Mao e nelle politiche del Grande Balzo in Avanti, poi, contribuì alla formazione di episodi di radicalismo politico tra diverse attiviste a capo di squadre di produzione. Il superamento dei propri limiti, il raggiungimento ad ogni costo dei target di produzione imposti dal governo centrale e il disinteresse per la tutela del corpo femminile, erano alla base di questo tipo di idee, che portarono patimenti e sofferenza a moltissime donne. Il mio studio si focalizza, in particolare, sulla propaganda del PCC riguardo alla questione femminile durante il Grande Balzo in Avanti, sul rapporto tra retorica e realtà e sulle conseguenze che la campagna economica promossa in questi anni ha avuto nella vita delle donne cinesi. Basandomi sulla lettura diretta in lingua cinese della rivista “Donne Cinesi”, del “Quotidiano del Popolo” e di documenti ufficiali del PCC e dell’ACWF, ho potuto analizzare direttamente il linguaggio della propaganda destinata alle donne e comprendere le politiche di genere adottate dal partito nel movimento di emancipazione femminile. Nell’approfondire i meccanismi di partecipazione nella costruzione socialista, le fonti cui ho potuto accedere mi hanno permesso di dedicare maggiore attenzione alle condizioni di vita nelle aree rurali. Gli studi principali condotti in Occidente sul Grande Balzo in Avanti dagli anni Settanta, infatti, si concentrano soprattutto sulla situazione della popolazione contadina Prima di tutto, la maggior parte dei cinesi risiedeva nelle aree rurali ed era dedita alle attività agricole e contadine, da sempre una risorsa fondamentale della nazione. In secondo luogo, nelle campagne cinesi le innovazioni e i terribili effetti del Grande Balzo in Avanti furono vissuti con maggiore intensità. Le interviste condotte da Gail Hershatter e Kimberley Ens Manning, ad esempio, aiutano a comprendere la situazione delle donne residenti nei villaggi rurali durante il periodo maoista. Allo stesso modo, anche gli studi sul fallimento del Grande Balzo in Avanti e sulla carestia compiuti in Occidente negli anni Ottanta e Novanta e in Cina negli ultimi dieci anni, si focalizzano quasi esclusivamente

5 sugli effetti della tragedia nelle comuni rurali. Ne sono un esempio, l’analisi di Zhang Letian del 1998 sul sistema delle comuni popolari e sui limiti della propaganda del PCC e quella dedicata alle conseguenze della carestia condotta da Yang Jisheng nel 2008, di cui ho riportato alcune parti in traduzione italiana. La carestia e i gravi effetti del Grande Balzo in Avanti, in precedenza argomento tabù nella Cina continentale, hanno cominciato a diventare dunque oggetto di discussione da parte degli studiosi e dei giornalisti cinesi. La possibilità di accedere a documenti prima impossibili da consultare, ha permesso, inoltre, di analizzare gli anni del Grande Balzo in Avanti da diversi punti di vista. In “The Great Famine in China”, pubblicato nel giugno del 2012, Xun Zhou rende disponibili in traduzione inglese documenti provenienti da numerosi archivi locali, relativi al periodo compreso tra il 1957 e il 1961. Si tratta, per lo più, di rapporti compilati da quadri di partito locali sulle condizioni di profonda sofferenza vissute dalla popolazione rurale durante la carestia. Fonti come queste ci danno l’opportunità di commentare con maggiore precisione le profonde contraddizioni esistenti tra propaganda e realtà e di individuare i limiti evidenti della “liberazione” della donna cinese promessa dal PCC.

6

Capitolo Primo

La politica di genere del Partito Comunista Cinese dalle origini alla nascita dei grandi movimenti di massa degli anni Cinquanta

1.1 La “questione femminile” all’indomani della nascita della Repubblica

Nel 1905 Zhu Zhixin (1884-1920), uno studente che apparteneva al gruppo di rivoluzionari di Sun Yat-Sen (1866-1825) in esilio in Giappone, fu il primo a tradurre in lingua cinese una parte degli scritti di Karl Marx. Si trattava di alcuni passaggi presenti nella seconda parte del Manifesto del Comunismo, che Zhu utilizzò come introduzione per uno dei suoi due articoli intitolati “Brevi biografie di rivoluzionari sociali tedeschi”.1 Sebbene già nel 1903 fossero stati introdotti in Cina alcuni saggi giapponesi sulla storia del socialismo in Europa e vicini al pensiero marxista, solamente dal 1905, anno in cui la prima Rivoluzione Russa raggiunse il suo apice,2iniziarono a diffondersi influenze di tipo socialista nei circoli rivoluzionari Cinesi.

1 Maurice MEISNER, Li Ta- Chao and the Origins of Chinese Communism, Cambridge, Mass: Harvard University Press, 1967, pp. 53-54. 2 La cosiddetta “prima Rivoluzione Russa” può essere fatta risalire all’autunno del 1904. I primi a ribellarsi all’opprimente sistema zarista furono intellettuali borghesi liberali, poi seguiti nella protesta da altri gruppi sociali che aspiravano a un profondo cambiamento politico. Dalla fine del 1904 a quella del 1905 l’atteggiamento dell’impero zarista oscillò tra accordi e repressioni nei confronti dei rivoltosi, uscendo sempre più indebolito dall’esperienza. La rivoluzione, che raggiunse il culmine della violenza nell’ottobre del 1905 e terminò solo nel 1907, non permise ai gruppi in lotta di ottenere una caduta del regime zarista, tuttavia compromise irreparabilmente il sistema. Qualcosa si era rotto nella macchina assolutista dell’impero, e la prima rivoluzione, secondo l’interpretazione che in seguito Lenin darà dell’avvenimento storico, costituì una “prova generale” per il successo della celebre Rivoluzione d’Ottobre del 1917. (segue nota) Cfr. Abraham ASCHER, The Revolution of 1905: a Short History, Standford, Standford University Press, California, 2004.

7

Molti rivoltosi esuli in Giappone come Zhu Zhixin, iniziarono ad avvertire una sorta di profondo legame con i protagonisti della rivolta russa, la cui lotta contro l’assolutismo zarista era messa a confronto con la loro personale avversione nei confronti del governo mancese. 3 Appare perciò evidente come fossero considerati necessari cambiamenti e riforme nella società cinese dell’inizio del Novecento. Dopo la caduta dell’impero avvenuta nel 1911 emersero nel paese nuovi fermenti sociali e culturali che culminarono nei movimenti di Nuova Cultura4 e del Quattro Maggio: di essi furono protagonisti gli intellettuali che nel luglio del 1921 avrebbero fondato il Partito Comunista Cinese. L’avvio del Movimento di Nuova Cultura coincise con la pubblicazione nel 1915 del primo numero della rivista Xin Qingnian (Gioventù Nuova), fondata da Chen Duxiu, intellettuale e futuro primo segretario del PCC. Dalle pagine del neonato periodico molti intellettuali lanciarono messaggi che contribuirono a forgiare il pensiero di tanti studenti universitari. Iniziava a farsi strada la convinzione che i valori confuciani ormai da secoli radicati nella cultura cinese fossero obsoleti e non potessero permettere alla Cina di competere con le altre nazioni moderne. A poco a poco l’idea dominante negli ambienti intellettuali ed accademici

3 Meisner descrive l’influenza che la Rivoluzione Russa ebbe sugli intellettuali cinesi del periodo e percorre le tappe dell’introduzione della dottrina marxista in Cina negli anni immediatamente precedenti alla caduta dell’Impero Qing e al Movimento del Quattro Maggio. I rivoluzionari cinesi nel periodo tra la Rivoluzione Russa del 1905 e la Rivoluzione Bolscevica del 1917 si dimostrarono più attratti dalle teorie anarchiche che dal pensiero marxista. Quest’ultimo non forniva una risposta immediata a quella che per essi era la priorità di quel momento storico: il rovesciamento dell’impero mancese. La dottrina del filosofo tedesco si rivolgeva ad una società in cui fosse presente una classe capitalista e un proletariato urbano. Non era questa la condizione dell’impero cinese agli inizi del Novecento. La fine della Prima Guerra Mondiale contribuì a minare l’immagine di un Occidente stabile e democratico diffusa tra gli intellettuali cinesi. Con il trattato di Versailles del 1919 e l’umiliazione subita dalla nazione cinese, molti studenti ed intellettuali iniziarono a guardare con maggiore interesse alle idee anticapitaliste e anti imperialiste del marxismo-leninismo. MEISNER, Li Ta- Chao…, cit., pp. 53-54; Maurice MEISNER, Mao e la Rivoluzione cinese, Torino, Einaudi, 2010, pp. 39- 40.

4 Il Movimento di Nuova Cultura, sviluppatosi tra il 1915 e il 1919, vide la radicalizzazione del pensiero di giovani studenti attivisti di quegli anni, come Mao Zedong. Nato dopo la caduta dell’impero costituì la fase iniziale del movimento del Quattro Maggio e “rappresentò un momento di occidentalizzazione del pensiero e di iconoclastia intellettuale”(MEISNER, Mao…, p. 9). E’ curioso notare come il motto del movimento lanciato dalle pagine della rivista “Gioventù Nuova” fosse “distruggere prima di costruire”, più celebre come parola d’ordine maoista ai tempi della Rivoluzione Culturale. MEISNER, Mao…, cit., p. 9.

8 divenne quella che la sopravvivenza del sistema di valori tradizionale non poteva far altro che impedire la realizzazione e la libertà dell’individuo.5 Il trattato di Versailles del 1919 stabilì la cessione al Giappone dei possedimenti tedeschi in Cina; un avvenimento che fu accolto dagli intellettuali cinesi come un vero e proprio tradimento da parte delle potenze occidentali e fu il motivo scatenante della rivolta del 4 maggio 1919, giorno in cui circa tremila studenti universitari protestarono nella città di Pechino. Era iniziato quello che ancora oggi è conosciuto come il Movimento del Quattro Maggio, che per circa un decennio portò a trasformazioni soprattutto di orientamento anti-tradizionale.6 In questi anni, studenti e professori che aderirono alla protesta del Quattro Maggio, si orientarono verso teorie socialiste, accantonando quelle anarchiche e portando avanti un pensiero che contrastava sia l’imperialismo occidentale, sia la società tradizionale.7 Il simbolo principale del sistema di valori confuciano era la famiglia cinese, che poteva essere considerata come una rappresentazione in scala minore della società e nella quale la donna aveva da sempre rivestito un ruolo di subordinazione e inferiorità. La tendenza a valutare la posizione della donna come un modo per valutare il grado di progresso di un paese si affermò durante il movimento di Nuova Cultura e del Quattro Maggio, ma affondava le sue radici in tarda epoca Qing. Celebri riformisti come Liang Qichao (1873- 1929) e Kang Youwei (1858-1927) avevano sostenuto che fosse necessario per le donne accedere all’’istruzione e ricoprire un ruolo più importante nella società.8 La donna doveva dunque riscattarsi, sciogliere le catene che da secoli la opprimevano e divenire il simbolo vivente di una riscossa della Cina. Allo stesso tempo il corpo della donna ridotto in schiavitù da pratiche barbare, come quella

5 Ibid., pp. 10-11. 6 Ibid., p. 27. 7 Ibid., p. 28. 8 Laura DE GIORGI, “La società cinese tra l’ultima parte del XIX secolo e il 1949”, in Guido SAMARANI e Maurizio SCARPARI (a cura di), La Cina Vol. III: Verso la modernità, Torino, Einaudi, 2009, p. 540. Questo tipo di pensiero trovava senza dubbio un riscontro in un’influenza occidentale: vennero conosciute nuove tipologie di figure femminili, portate da intellettuali e viaggiatori che erano entrati in contatto con le nazioni europee o dalle stesse donne straniere che vivevano in Cina. Requisito indispensabile per permettere alla nazione cinese di trasformarsi in una potenza moderna e competitiva era quello di permettere alle donne di uscire dalla loro condizione di subordinazione e partecipare alla vita attiva della società. In questo modo la liberazione della donna diveniva come uno strumento per raggiungere un obiettivo, non un vero e proprio obiettivo di per sé.

9 della fasciatura dei piedi, 9 diveniva l’incarnazione della nazione cinese, schiacciata dal giogo delle potenze capitalistiche sin dal tardo periodo Qing.10 Gli attivisti del movimento del Quattro Maggio cominciarono una critica forte e spietata del sistema di valori cinese, ponendo la questione femminile spesso al centro del dibattito sulla modernizzazione. La liberazione della donna, ideale che percorrerà la storia della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e che fa ancora discutere ai nostri giorni, divenne in quegli anni il punto di separazione fra la Cina arretrata e feudale e la Cina moderna. Studenti e intellettuali protagonisti della scena politica e culturale nei primi vent’anni del XX secolo e che saranno poi attivi nella vita del PCC, iniziarono a formare un proprio pensiero sulla questione femminile e a produrre molti scritti che “ponevano una sfida alla cultura dominante e invocavano una trasformazione sociale dei valori e delle relazioni interpersonali”.11 Chen Duxiu sulle pagine di Xin Qingnian, rivista che continuava a essere un punto di riferimento per studenti e intellettuali, criticava la famiglia confuciana, considerata per la donna una vera e propria prigione in una società arretrata. Come egli stesso scrisse nel 1916:

Le donne non hanno libertà e conducono una vita miserabile. Anno dopo anno queste promettenti giovani donne hanno vissuto

9 Per un approfondimento sulla pratica della fasciatura dei piedi in Cina: Laura DE GIORGI, “Costume tortura? La fasciatura dei piedi in Cina”, DEP, (Deportate, esuli, profughe) Rivista telematica di studi sulla memoria femminile n.16, 2011, pp. 50-62.

10 Cfr. Dorothy KO, WANG Zheng (a cura di), Translating Feminism in China, Oxford, Blackwell, 2007. Il riferimento al corpo della donna, durante tutto il XX secolo è emerso come tema centrale in Cina nelle discussioni sui diritti delle donne e sulla loro liberazione (p. 9). Simbolo della sofferenza della nazione “violentata” dalle potenze occidentali, ma anche emblema di una volontà di riscatto e forza morale: il governo nazionalista negli anni Trenta incoraggiò le donne a fare attività sportiva e rinvigorire il proprio fisico per far fronte al periodo di crisi dovuto alla guerra contro il Giappone. Allo stesso tempo si lanciava un messaggio di purezza e moralità, poiché, con il movimento Nuova Vita, Chiang Kai-shek voleva mostrare una donna forte ma integra e legata alle tradizioni. Cfr. GAO Yunxiang, “Nationalist and Feminist Discourses on Jianmei (Robust Beauty) during China’s ‘national crisis’ in the 1930s”, in KO, WANG, Translating Feminism…, cit., pp. 104 -137. 11 Christina GILMARTIN, “The Politics of Gender in the Making of the Party”, in Tony SAICH, Hans VAN DE VEN (a cura di), New perspectives Chinese on the Communist Revolution,, New York, M. E. Sharpe , 1995, p. 33.

10

un’esistenza menomata nel fisico e nello spirito. Tutto questo non è che il risultato dell’insegnamento del decoro confuciano[…]. Le donne occidentali scelgono la loro professione, come quella di avvocato, fisico, impiegato. Ma nella dottrina confuciana il marito è lo standard che la donna deve perseguire. In questo modo la donna è supportata dal coniuge e non può gioire di un’esistenza indipendente. In Occidente genitori e figli solitamente non vivono insieme e le nuore, in particolare, non hanno l’obbligo di servire i suoceri. Nella dottrina confuciana, invece, la donna non deve disobbedire, non deve essere pigra nell’eseguire gli ordini dello sposo, dei genitori o dei suoceri. Questo è il motivo per cui la tragedia delle crudeltà subite dalle nuore non è mai cessata nella società cinese.12

Le nuove generazioni, cui la rivista di Chen Duxiu si rivolgeva, erano chiamate alla ribellione e alla lotta contro la “moralità schiavista” confuciana. L’invito dell’autore a essere “progressisti, non conservatori, indipendenti, non servili” doveva far presa anche sulle donne la cui condizione di “schiavitù” familiare non era più tollerabile.13 Anche il futuro “Grande Timoniere” della Cina, Mao Zedong (1893-1976), si fece in quegli anni che precedevano la fondazione del PCC e una sua vera e propria conversione al comunismo, portavoce di istanze sulla cosiddetta “questione femminile”. Nel 1919 egli fondò a Changsha il settimanale “Rivista del Fiume Xiang”, il cui primo numero fu pubblicato il 14 luglio.14 Sebbene il periodico fosse stato soppresso dopo la pubblicazione di appena cinque numeri, ebbe molto successo e gli scritti di Mao vennero apprezzati dagli intellettuali più influenti che collaboravano a Xin Qingnian, come Hu Shi (1891-1962) e Li

12 CHEN Duxiu 陈独秀, “Kongzi zhi dao yu xiandai shenghuo” 孔子之道与现代生活 (The Way of Confucius and the Modern Life), in Xin Qingnian, 2, no 4, 16 dicembre 1916 pubblicato e tradotto in Elizabeth CROLL, Feminism and Socialism in China, London, Routledge and Kegan Paul, 1978, pp. 82- 83.

13 CHEN Duxiu 陈独秀, ”Jinggao qingnian”, 警告青年 (Call to Youth), 1915, tradotto in Ssu-yu TENG e John K. FAIRBANK (a cura di), China’s Response to the West, A Documentary Survey, 1839- 1923, New York, 1967, p. 240. 14 MEISNER, Mao…, cit., p. 29.

11

Dazhao (1888-1927). Per questo motivo, i suoi articoli continuarono a essere pubblicati su molte riviste, tra cui il periodico Dagongbao, molto importante a Changsha. Tra questi, rivelano grande coinvolgimento emotivo e passione i dieci scritti dedicati alla condizione della donna cinese, pubblicati sullo stesso Dagongbao nel novembre 1919. 15 Mao diede il via alla riflessione sulla questione femminile partendo da un episodio specifico che si verificò all’inizio di novembre, e che utilizzò per formulare la sua critica alla società confuciana e in particolare alla pratica dei matrimoni combinati. La signorina Zhao, ventitré anni, era stata costretta dal padre a sposare un uomo anziano che non conosceva e di cui sarebbe dovuta diventare la seconda moglie. Durante il tragitto che stava compiendo sulla portantina nuziale, la donna si tagliò la gola con un rasoio e pose fine ai suoi giorni in un gesto di disperazione. Mao scelse questo caso, tra i moltissimi di donne che si tolsero la vita in circostanze simili, per la “spettacolarità” dell’atto commesso dalla giovane, la cui vicenda ben presto divenne celebre nell’intero paese.16 In due settimane il giovane Mao compose ben dieci articoli riguardanti la tragica fine della ragazza e che rientravano nella denuncia della condizione femminile da parte degli intellettuali legati al movimento del Quattro Maggio.17 Il 16 novembre del 1919, nel primo dei suoi dieci articoli, Mao affermava:

Quando qualcosa succede nella società, non dobbiamo sottovalutarne l’importanza. I retroscena di ogni avvenimento ne contengono i diversi motivi che l’hanno causato. Per esempio, la morte di una persona può essere spiegata in due modi. Uno è biologico e fisico, come nel caso di una morte in età avanzata, in “tempi maturi”. L’altro va contro fattori di tipo biologico e fisico, come nel caso di morti “premature” o “innaturali”. Il suicidio di una persona è determinato interamente dalle circostanze. L’intento originario della Signorina Zhao, era quello di trovare la morte? No, era quello di ricercare la

15 Ibid., p. 34. 16 Christina GILMARTIN, Engendering the Chinese Revolution: Radical Women, Communist Politics and Mass Movements in the 1920s, Berkeley: University of California Press, 1995, p. 26. 17 Ibid., p. 27.

12

vita. Se, alla fine, ella ha scelto la morte è stato perché le circostanze l’hanno portata a ciò. Esse comprendevano: (1) la società cinese, (2) la sua famiglia che viveva nella residenza Zhao a Changsha, (3) la famiglia Wu del Giardino degli Aranci di Changsha, famiglia del futuro marito che ella non voleva. Questi tre fattori costituivano tre reti d’acciaio, che possiamo immaginare come una sorta di gabbia. In queste tre reti, in qualunque modo la signorina Zhao cercasse di vivere, non c’era per lei alcuna possibilità di farlo. Fu costretta a morire. Se una di queste reti si fosse aperta, la donna non sarebbe certamente morta. (1) Se i genitori non avessero fatto eccessiva pressione, ma avessero accettato la sua volontà, non sarebbe morta. (2) Se i genitori della ragazza le avessero permesso di esprimere la propria opinione alla famiglia dello sposo per spiegare il suo rifiuto e se, alla fine, i genitori di lui avessero accettato il suo punto di vista e rispettato la sua libertà, la signorina Zhao non sarebbe morta. (3)Anche se i suoi genitori e quelli dell’uomo non avessero accettato la sua libera scelta, se ci fosse stata nella società una opinione pubblica in grado di appoggiarla senza considerare il suo atto disonorevole, la signorina Zhao senza dubbio non sarebbe morta. Se la signorina Zhao è morta, oggi, è perché si trovava avviluppata in tre reti d’acciaio(la società, la sua famiglia, la famiglia dello sposo). Ha cercato la vita invano, e infine, è stata portata a cercare la morte.18

Mao Zedong dedicò al tema molta attenzione, ed è stato notato come esso lo coinvolgesse con “forza e intensità emotiva”.19 Ciò era probabilmente dovuto al fatto che egli, come altri intellettuali impegnati nel movimento, si sentiva personalmente vicino a situazioni di questo genere. Da poco era venuta a mancare l’amata madre di Mao, la quale, secondo il futuro Grande Timoniere, era stata trattata sempre ingiustamente dal padre. Inoltre, egli non poteva

18MAO Zedong, “Commentary on the suicide of Miss Zhao”, tradotto in Stuart R. SCHRAM (a cura di), Mao’s Road to Power: Revolutionary Writings, 1912-1949, Vol.I, New York, M.E. Sharpe, 1992, pp. 421. 19 MEISNER, Mao…, cit., p. 34.

13 dimenticare il matrimonio che, all’età di quindici anni, gli era stato imposto dalla famiglia con una donna più vecchia di lui, la quale aveva finito con il diventare una concubina del padre.20 Negli ultimi anni Dieci e nei primi anni Venti del XX secolo, la nascente ideologia di genere espressa nei primi scritti dei fondatori del PCC, non era ricalcata interamente sulle teorie europee, ma si presentava come il frutto di cambiamenti politici interni e influenze esterne. Le fonti principali cui si attinse furono l’esperienza di femministe come Qiu Jin (1875-1907), Zhang Zhujun (1876-1964) e He Zhen, 21che in tarda epoca Qing si batterono per i diritti delle donne, e le opere di filosofi europei, in primo luogo Engels e Marx.22 “L’origine della famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato” di Friedrich Engels, di cui in Cina comparve una traduzione completa solamente nel 1929, percorreva l’evoluzione dei rapporti tra i sessi arrivando a identificare la famiglia come il luogo principale di oppressione della donna. Gli attivisti cinesi trovarono in tali riflessioni un appoggio alle loro feroci critiche verso la famiglia di stampo confuciano che continuava a perpetuare pratiche come matrimoni combinati, la già citata fasciatura dei piedi e arretrate pratiche di concubinato e schiavitù.23 Secondo la teoria di Engels il degenerare del sistema familiare andava di pari passo con la formazione delle classi sociali che si riflettono anche tra le mura

20 Ibid., p. 35. 21 Una delle prime femministe cinesi, considerata ancora ai nostri giorni “martire” per la causa delle donne, Qiu Jin, nata nel 1875 e morta nel 1907, era una sostenitrice della parità di diritti tra uomo e donna. Esule in Giappone e fondatrice della rivista Zhongguo nübao (Giornale delle donne cinesi), Qiu Jin chiamava le sue connazionali a ribellarsi all’oppressione subita dal genere femminile e ad affermare i propri diritti sostenendo i “diritti naturali” che rendevano l’uomo e la donna identici. Zhang Zhujin, affermando la necessità per le donne di ottenere gli stessi diritti degli uomini, si fece portavoce di un movimento impegnato nella lotta per garantire alle donne cinesi la possibilità di un’educazione e di una tutela che solo organizzazioni femminili potevano garantire. Cfr. SUDO Mizuyo, “Concept of Women’s Rights in Modern China”, in KO, WANG, Translating Feminism…, cit., pp. 13-34. He Zhen, della cui vita privata molti sono ancora i punti oscuri, coltivò un pensiero più radicale e vicino alle idee anarchiche. I tre principali bersagli delle sue critiche erano il Confucianesimo, l’idea Occidentale dalla He considerata ipocrita di uguaglianza tra uomo e donna e le idee progressiste cinesi nate da un punto di vista esclusivamente maschile. Cfr. Peter ZARROW, “He Zhen and Anarcho-Feminism in China”, The Journal of Asian Studies, 47, no. 4, Novembre 1988, pp. 796- 813.

22 GILMARTIN, “The Politics of Gender…”, cit., p. 34. 23 Ibid.

14 domestiche: l’uomo rappresenta la classe borghese, la donna la classe proletaria. L’uomo dev’essere colui che guadagna, che alimenta la famiglia e per tali motivi si trova in una posizione di comando in ogni ambito, soprattutto economico. Questa situazione permette a Engels di affermare che “l'emancipazione della donna ha come condizione preliminare la reintroduzione dell'intero sesso femminile nella pubblica industria”, la quale, all’epoca in cui Engels scriveva, era aperta solamente alle donne della classe proletaria che comunque non godevano di pari diritti giuridici.24 Il pensiero di Engels riguardo alla famiglia era dunque compatibile con le tendenze del movimento del Quattro Maggio, e fu accolto anche da intellettuali che non si sarebbero poi convertiti al comunismo ma che avvertivano comunque un bisogno di modernizzazione.25 Nell’analisi e nella critica della società contemporanea trovava posto anche una messa in discussione dell’istituzione del matrimonio, che doveva finalmente basarsi sulla parità di doveri e diritti dei coniugi e, soprattutto, sull’amore.26 Nel periodo di maggiore radicalizzazione del pensiero, diversi intellettuali, però, mostrarono un particolare interesse verso la comparazione fatta da Engels tra il matrimonio e la prostituzione: la differenza tra le due condizioni era vista semplicemente nella durata dei servizi sessuali prestati all’uomo da parte della donna. Il fratello minore di Mao Dun (1896-1981), Shen Zemin (1902-1933), fu un sostenitore di tale punto di vista e nel 1922 scrisse:

Il sistema attuale ha la tendenza a trasformare le donne in prostitute[…].Il denaro, certamente, non è l’unica ragione per cui le donne raggiungono questo deplorevole stato, dal momento che le donne non sono costantemente alla ricerca di denaro[…]. Per evitare la solitudine causata dal rimanere single o per soddisfare il bisogno di

24 Friedrich ENGELS, L’origine della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, Roma, Editori Riuniti, 1963, p. 76. 25 Tra essi possiamo ricordare Lu Xun che, ispirandosi al racconto di Nora, protagonista di “Casa di Bambole”di Ibsen immagina cosa può essere accaduto alla donna dopo l’uscita dalla casa. Senza la possibilità di una indipendenza economica per il sesso femminile, il futuro di una donna che decida di ribellarsi all’autorità familiare non può essere che tragico. Cfr. Christina GILMARTIN, “The Politics of Gender…”, cit., p. 35. 26 DE GIORGI, “La società cinese…”cit., p. 543.

15

diventare madri, le donne spesso sposano uomini che non amano. Emotivamente il loro stato è simile all’esperienza della prostituzione, perché devono dolorosamente sottomettersi al proprio coniuge[…].27

Discorsi di questo genere portarono molti studiosi non necessariamente legati alle idee socialiste a invocare l’abolizione del matrimonio, basato fondamentalmente sugli interessi della famiglia e destinato, nella maggior parte dei casi, “a sfociare in unioni infelici”.28 Pertanto, come si evince da quanto finora esposto, in questi anni di fermento sociale e di transizione, furono poste le basi per una discussione della questione femminile di cui iniziarono a farsi protagonisti gli intellettuali che si sarebbero convertiti al comunismo. Il marxismo arrivò di fatto in Cina dopo il 1917, anno della rivoluzione bolscevica russa, suscitando tra il 1919-20 l’interesse e l’adesione degli intellettuali radicali del Quattro Maggio.

1.2 La formazione di una politica di genere nel Partito Comunista Cinese

Il fascino che le teorie socialiste, diffuse alla fine degli anni Dieci del Novecento, esercitavano su molti intellettuali come Mao Zedong, era legato all’avversione sempre più forte di questi ultimi nei confronti della tradizione. Il pensiero marxista, che dopo il 1917 iniziò a destare l’interesse degli attivisti cinesi, permetteva, infatti, di condannare il passato e opporsi, al contempo, all’imperialismo occidentale. Le teorie di Marx davano modo di rinsaldare l’opposizione nei confronti di tradizioni considerate arretrate e rifiutavano il sistema oppressivo delle democrazie occidentali capitaliste.29 Dopo il crollo delle speranze cinesi con il trattato di Versailles nel 1919, alcuni intellettuali radicali, tra cui, coloro che il primo luglio del 1921 avrebbero

27 SHEN Zemin, ”Nüzi jinri de diwei”, 女子今日的地位 (Women’s status today), 1922, tradotto in GILMARTIN, “The Politics of Gender…”, cit., p. 35. 28 Ibid. 29 MEISNER, Mao…, cit., p. 35.

16 fondato il PCC, subirono il fascino del pensiero socialista. Essi, a differenza dei membri dei partiti comunisti europei che avevano alle spalle una militanza politica tra le file dei gruppi socialdemocratici, avevano una scarsa conoscenza della dottrina marxista.30 Erano stati, come già accennato, più attratti dalle dottrine anarchiche, e avevano in molti casi aderito al bolscevismo senza una piena consapevolezza.31 Durante il primo Congresso Nazionale del PCC, tuttavia, fu dichiarato che il principio guida della neonata forza politica dovesse essere il Marxismo-Leninismo e che il modello imprescindibile da cui trarre ispirazione dovesse essere la Russia bolscevica. Inizialmente, quindi, nell’affrontare la questione femminile, l’influenza di Marx, Engels e, soprattutto, dell’esperienza dell’organizzazione femminile nell’Unione Sovietica, furono fondamentali.32 Negli stessi anni in Russia la questione femminile era di grande interesse e il nuovo governo dava particolare attenzione ai diritti delle donne e alla loro organizzazione. Nel novembre del 1918 a Mosca si tenne il primo Congresso delle donne contadine e operaie, cui parteciparono circa mille delegate.33 Fu durante il Congresso che Lenin dichiarò: “ […] è stato osservato nell’esperienza di ogni tipo di movimento di liberazione che il successo della rivoluzione dipende dal grado di partecipazione delle donne”.34 Nel 1918 in Unione Sovietica era stata promulgata una legge che garantiva alle donne la libera scelta del coniuge, pari diritti con quest’ultimo e la possibilità di divorzio. Perché tutte le donne potessero comprendere i loro diritti e fossero in grado di rivendicarli, in occasione del congresso fu istituito un comitato speciale che le guidasse e le istruisse.35 Sulla scia dell’esperienza russa, il neonato PCC creava uno spazio di discussione sulla questione femminile. Nel giugno del 1922, infatti, nel Manifesto “sulla

30 Ibid., p.48. Per la questione della diffusione della dottrina marxista in Cina, la sua particolare interpretazione nel paese e la nascita del comunismo cfr. MEISNER, “Comunismo e marxismo”, in Mao…, cit., pp. 39-62. 31 Ibid. 32 CROLL, Feminism…, cit., pp. 117-118 33 Ibid., pp. 118- 119. 34 Vladimir Ilych LENIN, Women and Society (Discorso tenuto al Primo Congresso delle donne contadine e operaie, 19 novembre 1918), citato in CROLL, Feminism…, cit., p. 119. 35 Ibid.

17 situazione attuale” si indicava come obiettivo fondamentale quello di garantire uguaglianza di diritti e doveri tra uomini e donne.36 Un mese dopo, in occasione del Secondo Congresso Nazionale del PCC, si fece poi per la prima volta riferimento alla necessità di organizzare un gruppo femminile e si creò un dipartimento che costituisse una guida per l’attività politica e rivoluzionaria delle donne.37 Il bisogno di inserire le donne in un ampio progetto di rivoluzione derivava dalla struttura sociale ed economica della Cina dei primi anni Venti, da cui dipendeva la posizione di inferiorità del sesso femminile. Come già avevano fatto Marx e Engels, i primi membri del PCC rivolsero la propria attenzione alla situazione economica, mettendo a confronto la lotta del proletariato contro il capitalismo e quella della donna contro il proprio sfruttamento nella società e nella famiglia. 38Tra questi vi era Chen Duxiu, il quale, nel 1920, aveva fondato a Guangzhou la rivista comunista Laodong yu funu (Donne e Lavoro), dove ampio spazio era dedicato allo studio dello sfruttamento di genere e di classe.39 Nel primo ventennio del Novecento in Cina era andato emergendo un ceto operaio e nei maggiori centri urbani, in particolare a Shanghai, la forza lavoro nell’industria annoverava tra le sue fila numerose donne. La città, infatti, fin dalla fine dell’Ottocento aveva conosciuto un fiorente sviluppo industriale. Nel 1895 Shanghai si presentava come il maggiore centro industriale cinese, attivo in particolar modo nel campo della tessitura e della filatura.40 Fino al 1949 le donne costituirono la maggior parte della forza lavoro nell’industria tessile, tanto che nel 1932 la percentuale di donne impiegate nei cotonifici raggiunse il 72.9 %.41 Era necessario, perciò,

36 “First Manifesto of the CCP on the current situation, June 10, 1922” tradotto in Conrad BRANDT (a cura di), A documentary History of Chinese Communism, London, Routledge, 1952, p. 63. 37 Kay Ann JOHNSON, Women, the Family and Peasant Revolution in China, Chicago and London, University of Chicago press, 1985, p. 41. 38CROLL in Feminism…, cit. p.118 cita alcuni articoli composti nel 1919 da Li Dazhao, mostrando come certe idee fossero già presenti nel pensiero dei teorici comunisti e come vennero sviluppate negli anni immediatamente successivi alla fondazione del PCC. 39 Christina GILMARTIN, Engendering the Chinese Revolution, cit., p. 33. 40Per una panoramica sul lavoro femminile nelle industrie tessili a Shanghai fino al 1949 cfr. Emily HONIG, Sisters and Strangers: Women in the Shanghai cotton mills,1919-1949, Stanford, Stanford University Press,1986 . 41 Gail HERSHATTER, The Workers of Tianjin, 1900-1949, Stanford, Stanford University Press, 1993, p. 55.

18 creare una stampa che si rivolgesse alle donne operaie e che, come faceva la rivista fondata da Chen Duxiu, invitasse le donne a organizzarsi e a prendere coscienza dei loro diritti. 42 Iniziava così a emergere l’idea di “liberazione”(jiefang), che in Cina ha, ancora ai nostri giorni, un particolare significato nella retorica del PCC.43 Ogni lotta che il Partito, fin dai primi anni dopo la sua nascita, lanciava contro un determinato bersaglio, comportava una “liberazione” da un certo tipo di vincolo o schiavitù. 44 Nel caso delle donne la “liberazione”, nei discorsi del PCC dagli anni Venti fino agli anni Cinquanta, consisteva in un aspetto della lotta che la nazione intera doveva perseguire per emanciparsi dall’imperialismo e dall’arretratezza feudale. La donna cinese doveva liberare se stessa “da” qualcosa: dall’analfabetismo, dallo strapotere e dall’oppressione della famiglia patriarcale, dall’immobilità sociale. 45 In una visione di questo genere si può collocare la celebre “Inchiesta sul movimento contadino dello ” di Mao Zedong. In questo scritto, composto nel marzo del 1927, egli affermava:

Gli uomini in Cina sono normalmente soggetti al dominio di tre sistemi: il sistema statale(potere politico): gli organi del potere statale, provinciale, e distrettuale; il sistema tribale(potere dei clan): templi degli antenati, templi di ogni ramo della famiglia, capi della famiglia; il sistema delle forze sovrannaturali (potere religioso) rappresentato da forze degli inferi e forze celesti. Quanto alle donne, oltre a essere soggette a questi tre sistemi, sono anche dominate dagli uomini (autorità del marito). Le quattro autorità (politica, di clan, religiosa e maritale) costituiscono l’incarnazione di tutta l’ideologia e dell’intero sistema feudo-

42 CROLL, Feminism…, cit., p. 121. 43 Harriet EVANS, “The Language of the Liberation: Gender and Jiefang in early Discourse”, in Jeffrey N. WASSERSTROM (a cura di), Twentieth-century China: New Approaches, London and New York, Rouletdge, 2003, pp. 193-220. 44 Ibid., p. 191. 45 Ibid., p. 201.

19

patriarcale. Sono le quattro forti corde che legano il popolo cinese ed in particolare i contadini. […] Riguardo al potere maritale, esso è sempre stato più debole tra i contadini poveri perché, a causa delle necessità economiche, le loro donne devono compiere più lavoro manuale delle donne delle classi più abbienti; di conseguenza hanno più voce in capitolo e un maggior potere decisionale nelle questioni familiari. Negli ultimi anni, la recente rovina dell’economia rurale ha già minato la base del dominio dell’uomo sulla donna. Con il sorgere del movimento contadino molte donne hanno ora cominciato in diverse località ad organizzarsi in associazioni rurali femminili; è venuto per loro il momento di alzare la testa e il potere maritale vacilla ogni giorno di più.46

Il patriarcato è descritto da Mao come un concetto in cui confluiscono l’oppressione di classe e quella di genere che il neonato PCC aveva intenzione di combattere. 47 Secondo la prima generazione di comunisti, attraverso il raggiungimento dell’indipendenza economica, la donna avrebbe potuto finalmente “liberarsi” e godere di tutti gli altri diritti che finora le erano stati negati. Tra questi di capitale importanza era poter scegliere indipendentemente il proprio partner. In questo senso si attivarono molte organizzazioni femminili che si andarono a formare nel corso degli anni Venti nelle aree rurali, dove il tasso di analfabetismo tra le donne era più elevato e l’accesso a mezzi, come le riviste che circolavano nelle città, era pressoché nullo. Queste associazioni derivavano dalla breve alleanza tra Guomindang (GMD) e PCC e costituirono un importante precedente per i gruppi femminili che negli anni successivi si sarebbero diffusi in tutto il paese con lo scopo di organizzare il lavoro, rivendicare i diritti delle donne all’eredità, al divorzio e all’istruzione.48

46 MAO Zedong, “Report on an Investigation of the Hunan Peasant Movement”, in C. BRANDT (a cura di), A Documentary History …, cit., pp. 77-88.

47 EVANS, The Language of the Liberation…, cit., p. 198. 48 Delia DAVIN, Woman-work: Women and the Party in Revolutionary China, Oxford, Clarendon Press,1976, pp. 14-15.

20

1.3 Il PCC e le donne nella Cina rivoluzionaria: l’esperienza nel Jiangxi e a Yan’an

La sezione femminile del PCC che era stata creata nel 1923, fin dalla sua nascita aveva cominciato a collaborare con il corrispettivo organo del GMD. In quell’anno, infatti, era nata un’alleanza tra il PCC e il GMD, nota come “il primo fronte unito”. Dovuto alla situazione di instabilità politica e imposto dal Comintern, l’accordo ebbe breve durata, ma, riguardo alla questione femminile, vide un notevole sviluppo delle associazioni di donne a livello nazionale.49Nel 1924, in occasione del primo congresso nazionale del GMD che si svolse a Canton, molte donne presero parte al comitato esecutivo centrale del Partito Nazionalista.50 Tra queste la più celebre fu senz’altro la moglie di Sun Yat-sen, Song Qingling (1890-1981) che si dimostrò particolarmente attiva nella lotta per i diritti delle donne cinesi. Aveva preso parte all’azione femminista a Shanghai tra le operaie e sosteneva che queste ultime dovessero partecipare alla rivoluzione per “lavorare con gli uomini cinesi nella costruzione di una nazione indipendente“ e per ”la propria libertà”.51 Grazie all’azione di attiviste come Song Qingling, fu possibile una crescita dei movimenti femminili e, addirittura, la creazione nel 1926 di particolari scuole in cui giovani ragazze potessero essere istruite per prendere parte a gruppi che affiancavano la Spedizione verso il Nord dell’armata nazionalista. Furono proprio questi nuclei originari a costituire, come già accennato in precedenza, il primo esperimento rivoluzionario nell’organizzazione delle donne, che porterà alla formazione da parte del PCC di leghe femminili e giovanili nelle cosiddette “basi rosse”.52 Il Fronte Unito tra PCC e GMD si ruppe definitivamente nel 1927 e, l’anno successivo, Mao Zedong pose le basi per la creazione di un’ Armata Rossa, che avrebbe poi portato il Partito Comunista alla vittoria. L’Armata, che in questa fase iniziale era piuttosto sguarnita e senz’altro meno preparata e forte di quella nazionalista, nel 1927 stabilì la sua prima base sui monti Jinggang, al confine tra

49Citato in CROLL, Feminism…, cit., pp. 121-122. 50 Ibid. 51 Ibid., p. 123. 52 Ibid., p. 127; Delia DAVIN, Woman-work…, cit., p. 15.

21

Hunan e Jiangxi.53 Nello scontro con il GMD, l’esercito di Mao subì una pesante sconfitta, tuttavia il nucleo dell’Armata resistette e permise ai comunisti nel 1929 di spostare la propria base nel Jiangxi. Qui l’esercito comunista fece nuove reclute tra i contadini e tra i disertori delle milizie dei signori locali e acquisì una maggiore forza. Nell’estate del 1930 le basi controllate dal PCC raggiunsero il numero di quindici, disseminate sui territori delle diverse province.54 I loro confini erano molto instabili, a causa della situazione di guerra civile costante, tuttavia esse permisero al PCC di sperimentare i cambiamenti sociali di cui la Cina aveva necessità e che avrebbero condizionato la futura storia del paese.55 Nasceva la Repubblica Sovietica Cinese, o “Soviet del Jiangxi”, in cui furono lanciate diverse politiche sociali che coinvolsero la popolazione del luogo. Tali misure includevano certamente anche particolari politiche destinate a modificare lo status delle donne includendole nella produzione.56 Il PCC, pur continuando a sostenere l’importanza del coinvolgimento delle donne nel lavoro come presupposto per il raggiungimento di una vera “liberazione”, trovava le proprie motivazioni più nella necessità di organizzare le donne nello sforzo bellico che in un’effettiva volontà di migliorare la loro posizione.57 I documenti redatti nel soviet del Jiangxi riguardanti l’organizzazione femminile contenevano sempre disposizioni lavorative atte ad affiancare l’attività dell’esercito:

Il compito principale del Movimento Femminile è la mobilitazione delle masse di donne nella rivoluzione per resistere all’attacco imperialista e del Guomindang contro l’Armata Rossa e per espandere il potere dei Soviet. Dobbiamo far comprendere alle donne che solo una consolidazione dei confini del Soviet e l’intensificarsi

53 Per un approfondimento su questa fase della storia cinese cfr. “La rivoluzione contadina e Nazionalismo e rivoluzione sociale”, in MEISNER, Mao e la rivoluzione cinese, cit., pp. 63-155. 54 Delia DAVIN, Woman-work…, cit., p. 21. 55 Ibid. 56 JOHNSON, Women, the Family …, cit., p. 51. 57 Ibid.

22

dell’attacco al nemico può proteggere gli interessi acquisiti e ancora da acquisire da parte delle donne nelle nostre basi.58

Il PCC era convinto che il movimento femminile, oltre a divenire parte integrante della rivoluzione, fosse anche indispensabile per lavare e cucire divise, confezionare calzature e preparare cibo per i soldati: erano questi inizialmente i principali compiti delle organizzazioni femminili nel Soviet del Jiangxi.59La difficile condizione di guerra e il continuo bisogno di arruolare nuovi giovani nelle aree rurali, poi, rendeva necessario che le donne sostituissero gli uomini nel lavoro nei campi e in quelle attività che in precedenza erano state di competenza maschile. 60 Nelle aree del Jiangxi occupate dal PCC tale attività non risultò difficoltosa, dal momento che tradizionalmente in queste zone il tasso di partecipazione delle donne alla produzione agricola era più alto rispetto a quello delle regioni settentrionali e, in alcune contee, la fasciatura dei piedi da tempo non era più praticata. 61 Ciononostante anche per questo compito fu richiesta la partecipazione di leghe femminili affiliate al PCC. Formalmente, nei territori della Repubblica Sovietica Cinese, esistevano due tipi di organizzazioni femminili: si trattava del Comitato per il miglioramento della condizione femminile e il Congresso rappresentativo delle donne operaie e contadine che dovevano avere una sezione in ogni distretto. In pratica in molti distretti tali gruppi esistevano solo formalmente, o non esistevano affatto. Questa mancanza era probabilmente dovuta alla resistenza di quella che era chiamata “ideologia feudale”, ancora dilagante tra i quadri del PCC e che guardava con diffidenza a molte riforme sociali destinate alle donne nelle zone rurali.62

58 “Plan for Work among Women” tradotto in Marinus Johan MEIJER, Marriage Law and Policy in the Chinese People’s Republic, Hong Kong, Hong Kong University Press, 1971, p. 38. 59 DAVIN, Woman-work…, cit., p. 23. 60 Ibid. 61 JOHNSON, Women, the Family…, cit., p. 52.

62 DAVIN, Woman-work…, cit., p. 24.

23

I Comitati femminili avevano come compito quello di organizzare delle squadre che diffondessero tra le donne di estrazione contadina le nuove politiche del Soviet e che, soprattutto, permettessero a queste ultime di esprimersi liberamente sulla propria vita per far valere i propri diritti. Grande merito di queste istituzioni fu anche quello di allestire classi per alfabetizzare le donne che, nella larga maggioranza dei casi non erano in grado né di leggere né di scrivere. Non è da mettere in discussione, però, che le varie attività cui le donne dovevano dedicarsi fossero rese necessarie più dalla condizione di guerra che dall’impegno politico della leadership nel garantirne l’emancipazione dall’oppressione nella società tradizionale. Tuttavia le richieste che prima del 1927 erano state portate avanti da molte attiviste impegnate nella lotta per i diritti delle donne non furono ignorate nella legislazione del soviet del Jiangxi e le politiche che il PCC attuò in questi anni di guerra civile contribuirono ad aumentare le simpatie di molti giovani nei confronti della forza politica in lotta col GMD.63 La costituzione provvisoria promulgata in occasione del primo Congresso della Repubblica Sovietica Cinese nel novembre del 1931, ad esempio, si proponeva di “garantire l’emancipazione delle donne”, riconosceva “la libertà di matrimonio” e metteva in atto “varie misure per proteggere le donne e permettere loro di raggiungere le basi materiali richieste per la liberazione dalla schiavitù domestica e per una partecipazione nella vita sociale, economica e culturale”.64In questa fase di sperimentazione le misure politiche adottate dal PCC che toccavano in particolare gli interessi delle donne erano la Legge agraria, la Legge del lavoro e i codici matrimoniali del 1931 e del 1934. La legge agraria del soviet promulgata nel 1931, prevedeva la distribuzione ai contadini poveri delle terre confiscate ai latifondisti senza distinzione di sesso, e permetteva anche alle donne appartenenti agli strati sociali più bassi di raggiungere una certa indipendenza economica poiché nelle campagne la principale risorsa era costituita dal possesso della terra. A livello teorico la legge

63 JOHNSON, Women, the Family…, cit., p. 53.

64 “Constitution of the Soviet Republic, November 1931”, tradotto in BRANDT (a cura di) A documentary History…, cit., p. 223.

24 agraria conteneva una fondamentale informazione: la concezione di classe doveva trascendere quella di sesso. Tuttavia la situazione della donna complicava in una certa misura la questione delle classi sociali, poiché, dopo le nozze, la moglie, unendosi alla famiglia del marito, poteva cambiare la propria classe. Nel caso di matrimoni contratti dopo la nascita del Soviet del Jiangxi, ad esempio, la sposa, anche se apparteneva ad un’altra classe, si vedeva assegnata la classe sociale del marito. Per quanto riguarda nozze avvenute prima di tale avvenimento, donne di strati sociali più bassi, anche se maritate con un uomo legato ad una classe elevata, riacquistavano il proprio status originario. Donne provenienti da famiglie abbienti sposate con un uomo di modesta estrazione sociale potevano perdere la loro condizione di “borghesi”, qualora avessero lavorato per cinque anni. Per tale motivo molte furono le ragazze provenienti da famiglie ricche che per salvare le proprie proprietà sposarono poveri contadini e braccianti.65 La legge sul lavoro, sempre del 1931, prevedeva provvedimenti favorevoli per le donne ma aveva un’utilità pratica piuttosto ristretta poiché, traendo ispirazione dal codice del lavoro dell’Unione Sovietica promulgato nel 1922 e rivolto in particolar modo ad una classe proletaria urbana, era essenzialmente destinata ai lavoratori nelle industrie, peraltro quasi inesistenti nelle basi rosse. 66 La legge garantiva alle donne “uguale paga per uguale lavoro”, vale a dire la medesima retribuzione degli uomini, numerosi servizi , come quello degli asili nido, ore concesse alle donne per l’allattamento e otto settimane di maternità pagata, ma proibiva ad esse di lavorare nelle miniere, in diversi tipi di industria chimica e metallurgica e di trasportare pesi eccessivi.67 I provvedimenti giuridici che condizionarono e influenzarono maggiormente la vita delle donne furono, tuttavia, quelli riguardanti l’istituzione matrimoniale. Il 28 gennaio 1931, in occasione della prima sessione del Comitato Esecutivo Centrale del PCC, fu promulgata una regolamentazione provvisoria dei rapporti matrimoniali che poneva la “libertà” come “principio base di ogni tipo di

65 DAVIN, Woman-work…, cit., p. 27. 66 Ibid., p. 30. 67 Ibid., pp. 30-31.

25 matrimonio”. 68 In linea con la volontà di combattere le tradizioni passate l’apertura del documento recitava: “Sotto la dominazione feudale, il matrimonio è un’istituzione barbara e inumana. L’oppressione e la sofferenza delle donne è nettamente più elevata di quella patita dagli uomini”.69 La donna, dunque, a causa di gravi sofferenze e del ruolo di inferiorità che ancora ricopriva, era la maggiore beneficiaria della nuova legge che fu promulgata nella sua versione definitiva nel dicembre del 1931. Essa proibiva le nozze combinate o l’interferenza di una persona esterna al legame matrimoniale, permetteva la possibilità di divorzio, sanciva che il principio base di ogni unione dovesse essere la libertà di scelta e che l’età minima per contrarre un matrimonio fosse di 20 anni per l’uomo e 18 per la donna. Inoltre il Codice aboliva la pratica dell’adozione di una sposa bambina,70 la poligamia, la vendita delle donne come future mogli, ogni tipo di matrimonio infantile e le unioni tra consanguinei. Il divorzio, infine, poteva essere richiesto sia dalla donna, sia dall’uomo e la procedura standard consisteva semplicemente nel registrare il divorzio presso la propria contea (xian) o presso il proprio soviet (Art. 10). La maggior parte delle responsabilità, dopo il divorzio, ricadeva sulle spalle del marito il quale aveva solitamente maggiori possibilità economiche in una società in cui la donna stava muovendo ancora i suoi primi passi per raggiungere un’indipendenza lavorativa.71 Un secondo Codice Matrimoniale fu redatto nel

68 Citato in CROLL, Feminism…, cit., p. 194. 69 Ibid. 70 Nella società confuciana i genitori sceglievano per la figlia il futuro compagno di vita quando questa era ancora bambina e, al momento delle nozze, la sposa si trasferiva a casa del marito. Da questo momento in poi era di “proprietà” della nuova famiglia e, nella maggior parte dei casi, rompeva completamente i rapporti con la famiglia d’origine. Il matrimonio costituiva solitamente una spesa elevatissima per la famiglia della sposa: per questo motivo molto di frequente la nascita di una bambina non era gradita e culminava nell’infanticidio. Per evitare di pagare una cospicua dote, in alcuni casi le famiglie più povere ricorrevano a quello che Arthur Wolf ha definito “matrimonio minore”, in cui la bambina era adottata dalla famiglia del futuro marito. Ciò permetteva di evitare le spese eccessive di una cerimonia di nozze e quelle necessarie per allevare una figlia, considerata nei nuclei familiari meno abbienti come un peso più che una gioia o una ricchezza. Una scelta di questo tipo trovava le sue ragioni anche nella volontà da parte della famiglia adottiva di creare un rapporto più stretto con la futura nuora, che avrebbe considerato la suocera come una madre e non sarebbe stata per essa una minaccia nel rapporto con il figlio. Cfr. Arthur WOLF, Marriage and Adoption in China, 1845-1945 Stanford, Stanford University Press, 1980, pp. 82-83. 71 “Marriage Regulations of the Chinese Soviet Republic, December 1, 1931” tradotta in MEIJER, Marriage Law…, cit., pp. 281-282.

26

1934, in un periodo di aspre lotte tra il PCC e il GMD che preludeva alla caduta del Soviet del Jiangxi. 72 Due novità caratterizzavano il nuovo Codice Matrimoniale e rispecchiavano le priorità di una Repubblica Sovietica sull’orlo del collasso: le unioni de facto e il divorzio militare. La situazione di guerra rendeva sempre più necessario il reclutamento di uomini nell’Armata Rossa. Molte erano quindi le donne che rimanevano a casa in una condizione di quasi vedovanza. Le notizie dal fronte erano rare e la sicurezza di avere ancora un marito in vita molto labile. L’articolo 11 della legge consentiva ad una donna di chiedere presso il proprio distretto il divorzio che sarebbe stato concesso dopo due anni di mancate notizie da parte del marito nelle zone in cui le comunicazioni risultavano più semplici, e dopo quattro anni nelle zone in cui le comunicazioni risultavano più difficoltose. L’articolo 9, invece, era dedicato alle unioni de facto e prevedeva che un uomo e una donna dovessero essere considerati coniugati nel caso di coabitazione, anche se non avevano formalmente contratto il matrimonio.73 Dopo l’accerchiamento e la sconfitta inflitta dall’esercito nazionalista, l’Armata Rossa abbandonò la base del Jiangxi e stabilì la propria nuova sede a Yan’an, nello Shaanxi settentrionale. Nella sua nuova roccaforte il PCC perfezionò e sviluppò le tecniche di coinvolgimento di massa che erano state sperimentate nella base del Jiangxi, preparando la strada alla vittoria comunista nel 1949. Tali tecniche riguardavano anche la questione femminile: fin dagli inizi le attiviste e il PCC cui erano legate si mobilitarono per creare un movimento femminile in questa regione e coinvolgere le donne locali. Il compito, però, in queste aree si rivelò più arduo: le regioni dello Shaanxi e dello Shanxi erano caratterizzate da un’estrema povertà, la fasciatura dei piedi era largamente diffusa e il 95% delle donne nelle aree rurali era analfabeta.74 La regione di

72 Tra il 1930 e il 1935 l’esercito del GMD attaccò con cinque cosiddette “campagne di annientamento” l’Armata Rossa. Le prime tre furono contrastate con efficacia dall’esercito comunista, ma la quarta e la quinta ebbero un esito disastroso. L’ultima in particolare , iniziata nel 1933,vide l’utilizzo di un milione di uomini da parte del GMD e costrinse i comunisti ad abbandonare la base del Jiangxi per intraprendere quella “Lunga Marcia” che sarebbe entrata nella leggenda della storia cinese moderna. Cfr. MEISNER, Mao…, cit., pp. 104-106. 73 “Marriage Regulation of the Chinese Soviet Republic, April 8, 1934” tradotto in MEIJER, Marriage Law and Policy, cit., pp. 283-284. 74 CROLL, Feminism…, cit., p. 199.

27 confine Shaanxi-Gansu-Ningxia, era storicamente l’obiettivo di attacchi e teatro di molti conflitti tra signori della guerra. Le donne venivano “protette” dalla violenza dei nemici e dei briganti con l’obbligo di rimanere segregate tra le mura domestiche. Questo costume aveva senza dubbio portato alla posizione di totale subordinazione delle donne, che, abituate da secoli a dover patire ogni tipo di sopruso, inizialmente si mostrarono diffidenti e ostili nell’accogliere l’esercito comunista e i messaggi di emancipazione femminile di cui quest’ultimo si faceva portavoce. Inizialmente, dunque, il PCC invece di lanciare campagne contro le tradizioni feudali, preferì utilizzare metodi di persuasione incoraggiando le donne a capire la grande innovazione che il partito stava portando e, ad esempio nel caso della fasciatura dei piedi, a togliersi le bende senza che la cosa fosse imposta dall’alto.75 Le donne a poco a poco furono convinte a uscire dalle proprie dimore, partecipare ai meeting, esprimere le proprie idee e avanzare le proprie richieste. La sezione femminile del PCC sponsorizzò le pratiche di “raccontare le proprie sofferenze” e “scambiare le proprie esperienze” che permisero alle abitanti dei diversi villaggi di capire che i loro vissuti erano molto simili a quelli di altre donne.76 Dopo che la base di Yan’an ottenne un riconoscimento ufficiale e fu definitivamente stabilita nel 1937, molte donne istruite provenienti dal mondo urbano si recarono in questa regione e promossero riforme matrimoniali, l’indipendenza economica e la parità tra i sessi.77 Fu fondata l’Università Femminile di Yan’an, dove furono ammesse circa quattrocento studentesse provenienti da differenti classi sociali e motivate nella lotta per l’emancipazione. L’Università addestrava le giovani donne nella partecipazione politica per permettere loro di guidare le organizzazioni femminili locali.78 Tuttavia, quando le attiviste provenienti dalle aree urbane

75 Jack BELDEN, China Shakes the World, London, Gollacz, 1951, p. 82. 76 CROLL, Feminism…, cit., p. 201. 77 WEI Xu, From Marriage Revolution to Revolutionary Marriage: Marriage Practice of the Chinese Communist Party in Modern Era, 1910s-1950s (2011). Electronic Thesis and dissertation paper 232, p. 158.

78 CROLL, Feminism…, cit., p. 208.

28 furono mandate nei villaggi a promuovere le riforme matrimoniali, si scontrarono con la mentalità di molti contadini locali che potevano accettare una maggiore partecipazione della donna all’economia o l’abolizione della fasciatura dei piedi, ma non condividevano le idee di uguaglianza tra i sessi pubblicizzate dalle giovani intellettuali.79 Per questo motivo il PCC si trovò in una posizione ambigua: da una parte incoraggiava le donne del luogo a combattere l’oppressione delle famiglie patriarcali e a cercare di ottenere un’indipendenza economica, dall’altra doveva andare in contro agli interessi dei contadini che costituivano la principale forza di reclutamento per l’esercito comunista.80 Per questo motivo, agli inizi degli anni Quaranta e con l’inasprirsi della Guerra sino-giapponese (1937-1945), il PCC limitò lo sviluppo delle politiche in favore delle donne con quella che è stata chiamata “Campagna di Rettifica”, iniziata nel 1941. L’opinione pubblica, in questo periodo, si fece molto conservatrice riguardo ai rapporti tra i sessi, il matrimonio e l’amore, tanto che la società che si stava venendo a creare a Yan’an risultò piuttosto “puritana”. Fu per questo motivo che l’attenzione si spostò dalle questioni matrimoniali e dai rapporti tra i sessi alla partecipazione delle donne alla produzione e al reclutamento militare.81 Le attività economiche in cui esse potevano essere coinvolte erano senza dubbio l’agricoltura e la tessitura. Per questo ultimo compito l’associazione femminile del PCC istituì delle piccole cooperative in cui le donne confezionavano abiti, soprattutto divise e calzature per l’esercito. 82 Il lavoro e la produzione divenivano, dunque, il principale obiettivo da raggiungere e ogni altra problematica che coinvolgesse le donne e la questione femminile cadeva in secondo piano. Nel febbraio 1943 il Comitato Centrale del PCC promulgò una risoluzione sul lavoro femminile nelle basi di guerriglia anti-giapponese che perseguiva in maniera risoluta questo tipo di politica. La produzione doveva essere l’unico obiettivo dei diversi gruppi: piccole cooperative andavano a sostituire le associazioni femminili nei villaggi e diventavano le uniche forme di

79 WEI Xu, From Marriage Revolution…, cit., p. 160. 80 Ibid. 81 Ibid., pp. 164-170. 82 CROLL, Feminism …, cit., p. 203.

29 organizzazione e incontro per le donne locali. La propaganda e l’educazione dovevano avvenire attraverso la produzione e le canzoni che parlavano di lavoro erano caldamente sponsorizzate (punto VII). All’oppressione del sesso femminile nella società feudale si faceva riferimento solamente per ricordare che essa sarebbe finalmente cessata con il coinvolgimento della donna nella produzione e pratiche “barbare” come quella della fasciatura dei piedi erano citate solamente come “pericolose sia per la salute sia per la produzione”.83 Per giustificare questo tipo di approccio alla questione femminile si sottolineava, ancora una volta, come il lavoro e la produzione fossero il mezzo di emancipazione più efficace per la donna:

Con l’avvicinarsi della vittoria[…] abbiamo di fronte a noi tre principali compiti da affrontare: il combattimento, la produzione e l’educazione. Tra questi, quello della produzione è il compito in cui le donne possono maggiormente eccellere. La loro partecipazione è gloriosa tanto quanto la lotta dei soldati al fronte. Inoltre i progressi fatti nell’emancipazione della donna attraverso un miglioramento del loro livello di educazione, della loro posizione politica e dei loro standard di vita deriva dall’indipendenza economica e dalla raggiunta prosperità. Se producono e sono parsimoniose, le donne, con le loro famiglie possono assicurarsi una vita migliore. Non solo ciò costituisce una parte importante nella costruzione dell’economia nelle nostre basi, ma dà alle donne anche le condizioni materiali che possono loro permettere di emanciparsi dall’oppressione feudale.84

L’enfasi posta dai discorsi ufficiali del PCC sul contributo delle donne alla produzione scatenò le proteste di molte femministe che condannavano queste misure come limitate. Secondo questo punto di vista ben poco era stato fatto per permettere alle donne di raggiungere una vera e propria “liberazione”

83 “Decision of the Central Committee of the Chinese Communist Party on the present orientation of woman-work in all the anti-Japanese base areas, 1943”, tradotto in DAVIN, Woman-work…, cit., pp. 198-199. 84 Ibid.

30 dall’oppressione feudale. Molte donne subivano ancora violenze da parte dei propri mariti i quali, nella maggior parte dei casi, non accettavano la partecipazione delle mogli ai gruppi di lavoro, che toglievano loro tempo da dedicare alla casa.85 Le critiche all’operato del PCC da parte delle attiviste durante il periodo di Yan’an non furono solamente ignorate, ma punite con decisione. Il caso più celebre è senz’altro quello della scrittrice Ding Ling(1904- 1986). Studentessa a Shanghai, vicina alle idee anarchiche prima e legata al PCC poi, si spostò a Yan’an nel 1937, dopo essere stata catturata e tenuta prigioniera dal GMD. Dimostrò fin da subito grande interesse per la causa delle donne e ben presto si trovò a contestare le politiche del PCC nei confronti del sesso femminile. I leader comunisti sostenevano che la donna sotto il nuovo sistema avesse raggiunto finalmente la libertà ma Ding Ling, nei suoi racconti, descriveva la vita di giovani donne locali ancora completamente schiacciate dalle ingiustizie e dalle discriminazioni. L’episodio che formò specifico oggetto della denuncia verso la scrittrice, avvenne l’8 marzo del 1942, quando la stessa pubblicò sul quotidiano di Yan’an, Liberazione, un articolo fortemente critico nei confronti del PCC e delle sue politiche.

Se le donne non si sposano- così scrisse la Ding- sono ridicolizzate; se si sposano e hanno dei figli, sono criticate perché si occupano di questioni politiche invece di restare a casa con la propria famiglia; se rimangono a casa con la propria famiglia sono condannate come retrograde. Mentre nella vecchia società le donne erano compatite, nella nuova società sono condannate per una condizione infelice che loro non hanno contribuito a produrre.86

La risposta del Partito arrivò poco dopo la pubblicazione dell’articolo. Ding Ling fu attaccata aspramente da molti membri del PCC, tra cui persino Cai Chang,

85 JOHNSON, Women, the Family…, cit., pp. 72-73. 86 DING Ling, “Toughts on March 8”, in Jiefang Ribao (Liberazione), 9 marzo 1942, citato in CROLL, Women and Feminism in China, cit., p. 213. Testo consultato anche in traduzione in Tani E. BARLOW (a cura di), I Myself Am A Woman: Selected Writings of Ding Ling, Boston, Beacon Press, 1989, pp. 316- 321.

31 direttrice del Dipartimento femminile e l’unica donna presente nel Comitato Centrale. La scrittrice fu condannata per le sue idee legate a un femminismo intellettuale e borghese che, creando ostilità tra i due sessi, distoglieva l’attenzione da quella che in quel momento era la vera minaccia della Cina: il Giappone.87

87 Ibid., p. 214.

32

Capitolo secondo

Un Grande Balzo in Avanti: le donne cinesi attive protagoniste nella costruzione socialista

2.1. Economia e società dal 1949 al Grande Balzo in Avanti: un quadro d'insieme

La riforma agraria che era stata lanciata durante la guerra di resistenza contro il Giappone prevedeva, in una prima fase, delle leggi più moderate, che potessero ottenere l’appoggio non solo dei contadini poveri, ma anche dei proprietari terrieri che condividevano con il PCC un sentimento patriottico e di rivalsa. La fine della guerra sino-giapponese e la ripresa della guerra civile tra PCC e GMD causarono, però, un profondo inasprimento della politica agraria comunista, tanto che essa sfociò in violente repressioni in cui persero la vita moltissimi proprietari terrieri e contadini ricchi. Molti quadri del partito furono poi accusati e condannati per aver aizzato e permesso ai contadini poveri di compiere indisturbatamente le loro vendette personali. Da ciò derivò un arresto della riforma agraria, che fu ripresa poi solo con il consolidamento al potere del PCC alla metà del 1950. Le lotte di classe che avevano insanguinato le campagne cinesi erano state tutt’altro che positive per la produzione agricola e, se Mao voleva garantire una ripresa dell’economia rurale nella neonata RPC, doveva promuovere delle politiche non distruttive ma in grado di sfruttare al meglio l’attività già avviata dei contadini ricchi.1 Dal punto di vista economico, infatti, gli anni dal 1949 al 1952 furono particolarmente positivi per la Cina: il PCC era riuscito a sconfiggere la pesante inflazione degli ultimi anni del regime Nazionalista e aveva poco alla volta messo in sesto molte fabbriche che durante

1 MEISNER, Mao…, cit., p. 173.

33 la guerra civile avevano interrotto la loro produzione.2 Nonostante la fragile ripresa che il neonato governo della RPC era riuscito ad ottenere, un forte colpo all’economia era stato inferto dalla guerra di Corea, scoppiata il 25 giugno del 1950. La Corea del Nord, sostenuta dall’Unione Sovietica, aveva intentato un’invasione su larga scala della Corea del Sud, portando la guerra fredda in Estremo Oriente. Mao Zedong inizialmente non intervenne, avendo compreso i danni che un conflitto poteva infliggere alla RPC ancora in fase di consolidamento. Tuttavia la necessità di difendere i confini cinesi minacciati dalle truppe americane fece sì che il Grande Timoniere prendesse la decisione di portare le sue truppe in Corea del Nord nell’ottobre del 1950. Furono così inviati a combattere circa settecentomila “volontari” dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL).3 Le truppe americane si ritirarono dalla Corea del Nord nel 1951, dopo una schiacciante sconfitta subita da parte dell’esercito cinese continuando però una dura guerra di logoramento lungo il confine tra Corea del Nord e del Sud. Le conseguenze del conflitto furono pesanti per entrambe le parti e, nel caso della Cina, portarono anche, oltre al costo in vite umane4, ad una dipendenza dall’ Unione Sovietica. Anche se gli aiuti militari ed economici forniti da quest’ultima alla RPC erano stati piuttosto miseri rispetto a quello che Mao si aspettava, la Cina si indebitò fortemente con la Russia di Stalin. Inoltre si trovò a dover fronteggiare l’embargo economico imposto dagli Stati Uniti, che riconoscevano, come unico governo rappresentativo di tutta la Cina, il governo Nazionalista di Taiwan, dove al termine della guerra civile si era ritirato Chiang Kai-shek (1887-1975) a capo del GMD. Nel 1953, l’anno che segnò la fine della guerra di Corea, fu portata a termine la grande rivoluzione agraria lanciata dal PCC. La legge che in questi anni era stata promossa dal PCC prevedeva che non fossero confiscate proprietà e terre dei latifondisti che si erano impegnati in attività commerciali utili per la ripresa economica del paese. Nella realtà la violenza dei contadini faceva poca

2 Adrian CHAN, Chinese Marxism, London and New York, Continuum, 2003, p. 142.

3 Mario SABBATINI, Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, Roma, Biblioteca Storica Laterza, 2007, p. 612. 4 Il numero delle vittime cinesi in Corea ammonta a centocinquantamila morti e circa trecentomila feriti gravemente. Cfr. MEISNER, Mao…, cit., p. 171.

34 distinzione tra una tipologia e l’altra di proprietari terrieri e moltissimi contadini ricchi e latifondisti furono uccisi, mandati nei campi di lavoro o spogliati completamente delle loro proprietà, pur continuando a conservare l’etichetta di “proprietari terrieri”, ormai un “marchio d’infamia politico e sociale ereditario”.5 Terminata questa prima fase di completa distribuzione delle terre, il PCC aveva ottenuto l’appoggio dei contadini, che costituivano la maggior parte della popolazione cinese. Tuttavia questa poteva essere solo una breve e transitoria tappa della ripresa economica auspicata da Mao. La produzione agricola doveva aumentare nettamente, soprattutto perché dai surplus derivanti dal settore rurale dovevano provenire gli investimenti per rilanciare con decisione l’industrializzazione della Cina. 6 A tale scopo fu annunciato il primo piano quinquennale, che si riferiva al periodo compreso tra il 1953 e il 1957. Il piano, guardando all’esperienza in campo economico dell’Unione Sovietica, prevedeva l’avvio della collettivizzazione nelle campagne, al fine di aumentare la produzione agricola e finanziare il piano di industrializzazione. Nel dicembre del 1952, il governo centrale aveva già cominciato ad incoraggiare la formazione di “squadre di mutuo aiuto” (huzhuzu), corrispondenti alla prima fase di collettivizzazione delle aree rurali. Si trattava di piccole organizzazioni, composte di quattro o cinque nuclei familiari che condividevano lavoro, attrezzi agricoli e animali da tiro. La maggior parte delle squadre era organizzata in questa maniera su base temporanea, e la condivisione del lavoro era una pratica portata avanti in particolare nei mesi della semina o del raccolto.7 Nel 1953, circa il 40 percento degli agricoltori cinesi aveva aderito alle squadre di mutuo aiuto.8 La fase successiva del processo di collettivizzazione previde la formazione di cooperative di livello inferiore che, nel 1954, raggiunsero il numero di 663 mila,

5 MEISNER, Mao…, cit., pp. 174-175. 6 CHAN, Chinese Marxism, cit., p. 143. 7 HUANG Yiping, Agricultural Reform in China. Getting instituition right, Cambridge, Cambridge University Press, 1998, p. 27. 8 Franz SCHURMANN, Ideology and Organization in Communist China, Berkeley, University of California Press, 1966, p. 439.

35 sparse sull’intero territorio cinese.9 In esse le terre erano condivise dai diversi nuclei familiari, così come gli attrezzi da lavoro e gli animali. Tuttavia la proprietà privata non era ancora abolita, poiché gli appezzamenti e gli strumenti agricoli appartenevano ai lavoratori, che li mettevano a disposizione per la propria comunità. Il reddito era distribuito sulla base del lavoro svolto e del contributo in mezzi e denaro che il lavoratore dava alla cooperativa.10 La risposta dei contadini alla nuova politica economica e in particolare alle cooperative, però, non fu completamente positiva. Nel 1955, il PCC aveva concesso, agli agricoltori che lo avessero desiderato, il permesso di ritirare la propria quota di partecipazione al lavoro collettivo. Moltissimi furono quelli che approfittarono di tale opportunità, tanto che, in seno alla leadership del partito, si venne a creare un dibattito in cui si affrontarono idee contrastanti riguardo al processo di collettivizzazione e alla velocità con cui portarlo a termine. Mao Zedong, guardando con ammirazione all’esperienza sovietica, sosteneva fermamente la necessità di accelerare i tempi della collettivizzazione, di modo che si potessero creare unità produttive più grandi in grado di poter fornire un maggiore surplus agricolo. La formazione di appezzamenti e terre coltivabili sempre più ampie e produttive avrebbe, secondo il pensiero di Mao, spinto i contadini a partecipare volontariamente e attivamente al lavoro nelle cooperative. Il lavoro collettivo e la volontà dei contadini di contribuire alla costruzione del socialismo, avrebbero portato ad un miglioramento continuo delle tecniche di coltivazione e all’introduzione di macchinari sempre più moderni capaci di aumentare notevolmente la produzione.11 Liu Shaoqi, invece, era convinto che, per ottenere dei risultati positivi dall’agricoltura, fosse necessario procedere in primo luogo a una meccanizzazione delle aree rurali. In questo modo i contadini avrebbero aderito volentieri alle cooperative che potevano rendere il loro lavoro meno faticoso e più produttivo. Le idee di Mao prevalsero, spianando la strada a una collettivizzazione massiccia che, a detta del Grande Timoniere, sarebbe stata

9 HUANG Yiping, Agricultural Reform…, cit., p. 28. 10 Ibid. 11 Kenneth LIEBERTHAL, Governing China: from Revolution Through Reform, New York, W.W. Norton & Company, 2004, p. 95.

36 completata in due anni.12 Il processo di collettivizzazione che avrebbe dovuto essere graduale, subì quindi un’accelerazione, e fu portato a termine già nel 1956, grazie all’atmosfera di frenesia sociale che Mao aveva causato rivolgendosi direttamente ai contadini e ai quadri di livello inferiore del partito nell’appello alla costruzione di un’economia socialista.13 Allo stesso tempo anche le aree urbane furono toccate dalla nuova politica: la “campagna socialista di trasformazione dell’industria e del commercio” diede la possibilità ai capitalisti delle città di cedere a prezzi favorevoli le proprie attività allo Stato. Furono in molti a farlo, soprattutto per il clima di repressione politica nei confronti della classe borghese capitalista. 14 La corsa alla collettivizzazione era necessaria per aumentare il surplus agricolo in grado di fornire i mezzi per lo sviluppo dell’industria, in particolare di quella pesante, che in Cina era quasi del tutto inesistente. L’attenzione data a questo settore prendeva ispirazione dall’esperienza in campo economico dell’Unione Sovietica, che continuava a costituire un aiuto indispensabile, sebbene meno consistente di quello che la RPC si aspettasse. Tra il 1953 e il 1957, infatti, il settore industriale in Cina crebbe circa del 16 per cento, raddoppiando la produzione, in particolare di ghisa, acciaio ed energia elettrica.15 La situazione nelle aree rurali non era però così positiva poiché era stato a spese della produzione agricola e del lavoro di una classe contadina sempre più impoverita che l’industria aveva raggiunto questi traguardi. D’altro canto Mao considerava l’industrializzazione come il mezzo principale per fare della Cina una nazione ricca e competitiva a livello internazionale.16 Una forte economia industriale

12Ibid. 13 Il 31 luglio del 1955 Mao Zedong, scavalcando i canali formali del PCC, convocò un raduno informale di capi regionali, in cui fece un appello per accelerare i tempi della collettivizzazione. Nel discorso (“Sulla trasformazione cooperativa dell’agricoltura”) Mao accusava la formazione di forme di capitalismo nelle campagne cinesi, e invocava un radicale mutamento dell’economia agricola. Egli si fece portavoce dei contadini, e attribuì a questi ultimi il desiderio di una rivoluzione agraria e di un passaggio repentino alla collettivizzazione, contrapposti al “conservatorismo” del PCC. Cfr. MEISNER, Mao…, cit., pp. 184-185. 14 Ibid., p. 96. 15 Ibid., p. 181. 16 La nascita del nazionalismo cinese può essere fatta risalire alla sconfitta subita da parte dell’Inghilterra durante la prima guerra dell’oppio (1939-1942). Durante quello che è stato considerato il “secolo delle umiliazioni”, numerose potenze straniere si sono contese molti territori cinesi che ormai sfuggivano al controllo dell’impero celeste. La volontà di riscattare il

37 costituiva, poi, il presupposto fondamentale, secondo la teoria marxista cui Mao traeva ispirazione, per fare della Cina una nazione socialista. Nell’idea del Grande Timoniere, però, la RPC, per raggiungere un tale obiettivo, doveva percorrere una strada diversa rispetto a quella propugnata dal pensiero di Marx. Mao era convinto che la Cina potesse attingere le forze dalla sua situazione di povertà e arretratezza per superare le potenze occidentali più all’avanguardia evitando gli stadi più complessi dello sviluppo capitalista.17Marx sosteneva fermamente una teoria secondo la quale la storia progredisce attraverso fasi differenti, caratterizzate da particolari condizioni economiche chiamate “modi di produzione”. Nonostante la feroce critica fatta al capitalismo dal filosofo tedesco, questa fase storica costituiva il prerequisito fondamentale per lo sviluppo del socialismo. Il capitalismo, infatti, contribuiva alla formazione da una parte di grande ricchezza materiale, e dall’altra del proletariato, classe sociale destinata a portare a termine il processo di trasformazione della società in senso socialista.18 Mao si distanziò notevolmente dalla dottrina marxista, pur consapevole che una riorganizzazione socialista della nazione cinese si dovesse basare su un notevole sviluppo industriale che il paese ancora non aveva raggiunto. Egli, convinto che la volontà e l’energia del popolo nell’appoggiare la rivoluzione fossero fondamentali nel progresso storico, arrivò a credere che si potesse raggiungere il socialismo senza il passaggio attraverso il capitalismo, tipico delle potenze occidentali.19 L’impazienza di Mao e la sua volontà di forzare le tappe previste da Marx, sono chiaramente visibili in questi anni e si riveleranno, in maniera eclatante, con il

(segue nota)paese dalle umiliazioni subite fu un tema ricorrente , da quel momento, della politica cinese. La rivolta dei Boxer nel 1900 aveva un forte carattere anti-occidentale, e si oppose all’influenza delle nazioni straniere sulla Cina. Il trattato di Versailles portò alla nascita del Movimento del Quattro Maggio, l’occupazione giapponese causò la reazione patriottica sia del partito nazionalista sia di quello comunista, che volevano affermare l’autonomia di un paese dalla storia millenaria. Nel Ventesimo secolo ogni leader, come Sun Yat-Sen, Chiang Kai-Shek, Mao Zedong, Deng Xiaoping ha cercato di fare in modo che la Cina si riappropriasse del suo ruolo di grande potenza. Cfr. Paul ESCHENHAGEN, Nationalism in China- Implications for Chinese International Relations, Munich, Grin Verlag, 2007, pp. 3-4.

17 MEISNER, Mao…, cit., p. 182. 18 Ibid., p. 130. 19 Ibid., p. 184.

38 lancio del Grande Balzo in Avanti. La collettivizzazione nella metà degli anni Cinquanta, fu portata avanti molto velocemente, senza tenere conto delle reali condizioni delle aree rurali e, soprattutto, prefiggendo degli obiettivi particolarmente ambiziosi nella produzione agricola. Il “programma di sviluppo agricolo per i prossimi dodici anni”, ad esempio, prevedeva per la regione dello Henan, un raddoppiamento della produzione di cotone tra il 1956 e il 1958 e auspicava altrettanto per la produzione cerealicola tra il 1956 e il 1962.20 Il programma rientrava in quello che è stato definito “il primo balzo”, che accelerò in modo consistente il processo di produzione sia industriale sia agricola. Tuttavia questa iniziativa economica produsse risultati negativi e causò una situazione caotica, che andava risolta dal punto di vista istituzionale con un cambiamento repentino di politica.21Si arrivò quindi ad un’inversione di rotta della politica del PCC verso destra, che vide un coinvolgimento maggiore degli intellettuali, fino a quel momento rimasti ai margini del sistema. La leadership del partito si rese conto che per fare in modo che la Cina si industrializzasse, erano necessari la competenza e il sostegno di tecnici e intellettuali. La “Campagna dei Cento Fiori”, iniziata ufficialmente nel Maggio del 1956, classificava gli intellettuali come “parte della classe lavoratrice”, e costituiva un tentativo di colmare la distanza che si era creata tra il PCC e molti studiosi e intellettuali cinesi.22 Mao Zedong, in occasione di questa campagna, pensò di utilizzare gli intellettuali soprattutto per scopi politici, e si rivolse in particolare a quelli che non erano all’interno del partito, invitandoli a esprimere le proprie

20 L’importanza durante il movimento di collettivizzazione e il Grande Balzo in Avanti dello Henan è nota: la regione si pose come modello dello sviluppo economico cinese, vantando il maggior numero di risulati raggiunti in ambito produttivo. Per un’analisi del ruolo dello Henan in questi anni e della figura del governatore Wu Zhipu, ex studente di Mao presso l’accademia di Guanzhou, cfr. Jean-Luc DOMENACH, Aux origines du Grand Bond en Avant: le cas d’une province chinoise, 1956-1958, Paris, Editions de l'Ecole des hautes études en sciences sociales et Presses de la Fondation nationale de sciences politiques, 1982. Dati riportati a p. 48. 21 Roderick MACFARQUHAR, The Politics of China: the Eras of Mao and Deng, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, p. 69. 22La “campagna dei Cento Fiori” fu in realtà concepita da Mao e Zhou Enlai nel gennaio del 1956. La morte di Stalin e il discorso di Chruscev che aveva apertamente denunciato le atrocità del defunto dittatore, interruppero la campagna e posero molti interrogativi sulle lodi a Stalin che fino a quel momento erano state fatte in Cina e sul culto della personalità. Nel maggio dello stesso anno Mao riprese in mano la campagna, non solo per utilizzare gli intellettuali per uno scopo economico, ma anche e soprattutto per uno scopo politico. Cfr. MEISNER, Mao…, cit., pp. 189-190.

39 critiche. Ne risultò un pesante attacco da parte degli intellettuali alla leadership comunista e ai quadri di partito che avevano soppresso il pensiero di molti scrittori e scienziati. Tra il mese di maggio e quello di giugno sui giornali nazionali cinesi furono pubblicate moltissime critiche di studenti e intellettuali alla dirigenza comunista, di cui Mao poté servirsi per attaccare i suoi oppositori all’interno del PCC. Ben presto però alla campagna fu posta fine con una netta inversione di rotta: il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo), su indicazione di Mao stesso, iniziò a diffondere forti accuse contro gli intellettuali che avevano osato criticare il sistema socialista e il Partito. In questo clima di terrore più di un milione di membri del PCC furono espulsi o criticati o mandati nei campi di lavoro per essere “rieducati” e Mao ebbe modo di ritrovare il controllo della situazione e procedere nuovamente verso le politiche economiche radicali che aveva sostenuto nel “primo balzo”.23 Era l’inizio del “Grande Balzo in Avanti”, che fu utilizzato come slogan per la prima volta dal Quotidiano del Popolo in un editoriale pubblicato nel novembre del 1957 e che, secondo una formula elaborata in occasione del Terzo Plenum del PCC nel settembre dello stesso anno, esortava a produrre “di più, più velocemente, meglio e a minor prezzo”.24 La strategia economica concepita da Mao era però agli inizi piuttosto vaga e si basava essenzialmente sull’idea di “sviluppo simultaneo”: seguendo il modello sovietico si dava particolare enfasi all’industria pesante ma, allo stesso tempo si prestava attenzione anche all’industria leggera e all’agricoltura in un meccanismo in cui ogni settore avrebbe dovuto agire da “stimolo” per gli altri due.25 Ciò su cui Mao però si basava essenzialmente per arrivare al tanto desiderato sviluppo economico era la mobilitazione delle masse e la capacità lavorativa del popolo cinese. La nuova politica sembrava rievocare lo “spirito di Yan’an”, poggiando sul volontarismo, l’egalitarismo, le sperimentazioni e il fervore ideologico. Mao era convinto che la mobilitazione completa dei lavoratori, mediante incentivi ideologici, avrebbe

23 Ibid., p. 198. 24 Frederick TEIWES Warren SUN, China’s Road to Disaster, Mao, Central Politicians, and Provincial Leaders in the Unfolding of the , 1955-1959, M.E. Sharpe, 1998, p. 71.

25 MEISNER, Mao…, cit., p. 204.

40 permesso loro di dare libero “sfogo” alla creatività e di mettere in atto quella volontà che, unita ad una adeguata organizzazione, consentiva di raggiungere anche obiettivi “impossibili”.26 E davvero impossibili erano quelli che, dagli inizi del 1958, Mao si proponeva per l’economia cinese: raggiungere in quindici anni i livelli di sviluppo economico delle potenze industrializzate occidentali. La Cina doveva compiere un grande balzo economico che, però, doveva essere accompagnato da una “rivoluzione sociale comunista”. Fu per realizzare questa idea che Mao, nel mese di agosto del 1958, fece un appello affinché fossero istituite le comuni popolari (renmin gongshe).27 La comune fu concepita come l’unità economica di base della RPC, in grado di adempiere direttamente i compiti di una comunità rurale: produzione agricola e, in alcuni ambiti, industriale, mensa, servizio di asili nido e istruzione, ecc. In meno di sei mesi furono create ventiquattromila comuni, dove lavorava gran parte della popolazione contadina cinese (500 milioni di persone).28La comune popolare diventò il vero e proprio simbolo dell’utopia comunista di cui Mao, figura ormai quasi deificata a livello popolare, si faceva portavoce. Egli aveva annunciato che dopo qualche anno di duro lavoro sarebbe arrivato finalmente un lungo periodo di abbondanza economica e prosperità. Gli obiettivi che la dottrina marxista teorizzava come raggiungibili ma in un futuro non definito, diventavano, secondo quanto annunciato dalla propaganda, molto vicini. Perché tutto questo fosse realizzato, era necessario però, che ogni individuo fosse coinvolto nel lavoro e nella produzione sia agricola sia industriale. Dal mese di agosto del 1958, dunque, milioni di persone iniziarono un ritmo estenuante di lavoro che prevedeva una scansione di tipo militaresco delle giornate. L’attenzione del governo posta alla produzione industriale e in particolare alla produzione di acciaio obbligò molti contadini, nelle comuni, a trascurare in parte il lavoro agricolo causando a poco a poco un calo del raccolto nelle campagne. Il Grande

26 LIEBERTHAL, Governing China, cit., p. 104. 27 Le comuni popolari volute dal PCC erano il risultato dell’unione di diverse cooperative rurali che, in alcuni casi, erano considerate dai contadini che vi lavoravano già fin troppo estese. Nella prefettura di Weinan, ad esempio, 4.200 cooperative molto grandi furono unite per dare vita a 280 comuni. Cfr. Gail HERSHATTER, The Gender of Memory. Rural Women and China’s Collective Past, Berkeley, University of California Press, 2011, p. 238. 28 Ibid.

41

Balzo, poi, coinvolgeva non solo il settore agricolo, ma anche quello militare. Il PCC abbandonò la strategia di stampo sovietica sostenuta finora e, enfatizzando una politica di egualitarismo, previde che per un mese all’anno ogni ufficiale ricoprisse il ruolo di soldato semplice. Anche in ambito industriale si dava importanza a iniziative di questo genere: molti tecnici furono messi da parte, spesso sostituiti da semplici operai che, però, non avevano le competenze adatte per occuparsi dei macchinari. Il clima iniziale di entusiasmo politico caratterizzato da un forte sentimento egalitario contribuì a creare un profondo coinvolgimento delle masse in ogni tipo di politica. Nell’estate del 1958, ad esempio, fu lanciata una campagna per lo sterminio dei passeri (da maque yundong) che, secondo la propaganda ufficiale, creavano gravi danni al raccolto. Milioni di passeri furono uccisi con un sistema molto curioso: giovani, adulti e anziani creavano con coperchi e pentolame un rumore assordante ad ogni ora del giorno per allontanare i volatili che, alla fine, morivano esausti.29 Alla fine della stagione estiva del 1958 la Cina assistette a un aumento della produzione d’acciaio che fu attribuito al successo del Grande Balzo ma che, in realtà, era in larga parte dovuto ai nuovi stabilimenti costruiti grazie all’aiuto sovietico. Questo momentaneo successo contribuì a creare un forte senso di ottimismo nella leadership del PCC e, nonostante le difficoltà di organizzazione che la politica del Grande Balzo in Avanti iniziava già a mostrare, essa rimase cieca di fronte ai gravi problemi che stavano per sorgere. Ogni villaggio, ogni comune, ogni provincia doveva dimostrare di aver raggiunto una produzione altissima in ogni settore economico, grazie ad una risposta entusiasta della popolazione coinvolta nel lavoro agricolo e industriale. Gli ufficiali di livello più basso, dunque, nella maggior parte dei casi non riportavano la verità ai propri superiori, falsificando di molto i dati sulla partecipazione popolare e sulla produzione. Probabilmente fu questo uno dei motivi che, inizialmente,

29 LIEBERTHAL, Governing China…, cit., p. 105. Questa iniziativa rientrava nella “campagna contro le quattro pesti” (chu si hai yundong), che chiamava la popolazione allo sterminio dei passeri, dei ratti, delle mosche e delle zanzare. Cfr. Stanley KARNOW, Mao and China: A Legacy of Turmoil, New York, Penguin Books, 1990, pp. 91-92.

42 causarono una sottovalutazione della gravità delle problematiche che stavano sorgendo nelle comuni popolari.30 Nell’inverno del 1958, però, i danni causati dal Grande Balzo in Avanti, nella sua prima fase di implementazione, divennero palesi. L’obiettivo fissato per la produzione di acciaio era stato raggiunto e persino in anticipo, ma il metallo prodotto era di bassissima qualità e inutilizzabile. Moltissimi macchinari, inoltre, offrivano ormai scarse prestazioni a causa della mancata manutenzione e gran parte della manodopera contadina nelle comuni aveva trascurato il lavoro agricolo per dedicarsi, invano, a quello industriale. Era necessario trovare un sistema per fermare gli eccessi della campagna e una soluzione ai gravi danni economici e sociali emergenti. Nel novembre del 1958, fu indetta una conferenza a Wuhan in cui il Comitato centrale criticò, anche se in maniera non diretta, le politiche di Mao. In questo momento si voleva cercare di porre fine o perlomeno frenare il Grande Balzo. Si propose di creare diversi livelli di amministrazione nelle comuni, di modo che l’organizzazione del lavoro di produzione fosse più semplice e meno confusionaria. Furono così allestite delle “brigate di produzione”, simili per dimensioni alle cooperative della metà degli anni Cinquanta.31 Nonostante questo e altri cambiamenti apportati agli inizi del 1959, non fu trovata una vera soluzione per porre fine al grande disastro cui la Cina stava andando incontro. Nei mesi di luglio e agosto del 1959, a un anno dalla nascita delle comuni popolari, fu indetta una conferenza a Lushan. In tale occasione Peng Dehuai (1898-1974), ministro della Difesa e vice presidente della Commissione per gli affari militari, con alcuni altri membri del PCC criticò apertamente gli eccessi del Grande Balzo, sostenendo che, se si fosse continuato in questa direzione, il paese avrebbe dovuto affrontare una crisi gravissima. Sebbene molti dei danni che Peng aveva condannato a Lushan fossero stati riconosciuti da Mao stesso nell’inverno del 1958, il Grande Timoniere interpretò le parole del ministro della difesa e dei suoi seguaci come un forte attacco per minare la sua

30 Ibid., p. 106. 31 Luigi TOMBA, Storia della Repubblica Popolare Cinese, Milano, Mondadori, 2002, p. 73.

43 posizione.32 Mao chiese a coloro che avevano partecipato alla conferenza di fare una scelta tra le sue idee e quelle di Peng, arrivando persino a minacciare, se il Grande Balzo non avesse più trovato un appoggio, di mettersi alla guida, insieme all’EPL, di una rivolta popolare che avrebbe rovesciato il governo.33 In seguito alla conferenza Peng fu rimosso dai suoi incarichi e, insieme a coloro che l’avevano seguito, fu etichettato come “destrista”. Mao aveva nuovamente instaurato un clima di terrore e radicalismo, simile a quello sperimentato con il movimento anti-destrista emerso dalla Campagna dei Cento Fiori. Mettere in dubbio le politiche del Grande Balzo diventava, dunque, impossibile poiché, chi avesse osato farlo, avrebbe ricevuto il titolo di “opportunista di destra” pagandone le conseguenze. L’ondata del Grande Balzo riprese più forte e forme di radicalismo si diffusero sempre di più in tutto il paese. Nell’agosto del 1959 il Quotidiano del Popolo appoggiò pienamente la continuazione della campagna sostenendo come nemici destristi non fossero riusciti nel loro intento di porre fine al Grande Balzo e alle comuni che, secondo la propaganda ufficiale, non sarebbero “mai crollate”.34 Mao cedette il ruolo di capo dello Stato a Liu Shaoqi (1898-1969) e affidò l’incarico di ministro della difesa, precedentemente ricoperto da Peng Dehuai, a Lin Biao (1907-1971), ritirandosi in “seconda linea, per dedicare più tempo al lavoro teorico”.35 Milioni di contadini e operai furono nuovamente chiamati a lavorare per la realizzazione di progetti utopistici e, nel gennaio del 1960, furono ampliate molte comuni popolari urbane.36 Il clima di repressione politica spinse i leader locali a falsificare nuovamente le stime di produzione e sforzi sempre più grandi furono richiesti alle campagne per alimentare la produzione industriale nelle aree urbane. Tuttavia l’incremento di tecniche azzardate di produzione, la mancanza di mezzi e le condizioni atmosferiche sfavorevoli nel 1959 e nel 1960,

32 LIEBERTHAL, Governing China…, cit., p. 107. 33 MEISNER, Mao…, cit., p. 222. 34 Citato in Jonathan D. SPENCE, Mao Zedong, tr. Loredana Baldinucci, Roma, Fazi Editori, 2004, p. 136. 35 Ibid. 36 Kimberley Ens MANNING, Felix WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness, New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011, p. 9.

44 aggravarono la situazione. Il 60 percento del terreno coltivato fu colpito duramente da siccità e inondazioni,37 e una gravissima carestia causò la morte, in questi anni, di milioni di persone. L’economia cinese cadde in una profonda depressione, aggravata dall’ostilità dell’Unione Sovietica che non approvava i metodi adottati da Mao Zedong e il suo allontanamento da Mosca. Il radicalismo politico e le misure utopistiche del Grande Timoniere avevano suscitato profonde critiche da parte di Chruscev che nel 1960 richiamò i 1400 scienziati russi impiegati nei progetti cinesi di industrializzazione.38 Il ritiro degli aiuti da parte della Russia e i disastri naturali che si abbatterono sul paese contribuirono senz’altro alla gravissima crisi economica in cui la Cina precipitò, ma non furono senz’altro le uniche cause della depressione nazionale.39 Il vero riconoscimento da parte di Mao Zedong della necessità immediata di abbandonare le politiche del Grande Balzo avvenne nell’autunno del 1960. Egli, ritiratosi dalla “prima linea” della scena politica, aveva lasciato nelle mani di Liu Shaoqi il compito di risanare la disastrata economia cinese. Le comuni tra il 1960 e il 1961 furono divise in unità minori, e si istituirono team di produzione simili ai gruppi di mutuo aiuto della metà degli anni Cinquanta. Molti scienziati e tecnici tornarono alle loro posizioni, conseguentemente a un’attenuazione della repressione politica nei confronti degli intellettuali. Alle famiglie furono concessi terreni di proprietà da coltivare e si permise la riapertura di mercati comunali in precedenza assolutamente vietati. L’urgenza di risolvere la grave situazione di carestia che stava mettendo in ginocchio la Cina, poi, costrinse il PCC a importare grano e cereali dall’Occidente, a smantellare le mense comuni e

37 MEISNER, Mao…, cit., p. 227. 38 LIEBERTHAL, Governing China…, cit., p. 108. 39 Nei discorsi ufficiali di Mao e della leadership comunista la perdita degli aiuti sovietici e i disastri ambientali erano considerati gli unici motivi che avevano portato alla crisi nazionale del 1960-1961. Sebbene, negli anni immediatamente successivi al Grande Balzo, il PCC avesse ammesso che molti cinesi avevano patito la fame e seri problemi di malnutrizione, ai visitatori provenienti da paesi stranieri veniva confermato che una vera e propria carestia fosse stata scongiurata da importazioni di ingenti quantità di cereali da Australia e Canada. Prima che molte statistiche riguardanti gli “anni amari” fossero rese pubbliche nella metà degli anni Ottanta, la maggior parte delle potenze straniere era convinta che, come sostenevano le fonti ufficiali, il PCC fosse stato in grado di eliminare la grande piaga della fame in Cina. Cfr. Edgar SNOW, L’altra riva del fiume, tr. Verina Gilardoni, Torino, Einaudi, 1966, pp. 546-547.

45 ad abbassare le tasse dei contadini.40 Anche nelle aree urbane la mancanza di cibo si fece sentire. Per questo motivo, dal giugno del 1960, circa venti milioni di contadini che si erano spostati per cercare lavoro nelle industrie cittadine furono rimandati nei loro paesi di origine. Agli abitanti delle città furono dati coupon che permettevano l’acquisto di alcuni generi alimentari razionalizzati. A poco a poco furono adottate delle politiche di forte controllo per i lavoratori, sempre più vincolati alla propria unità di lavoro. Questo sistema, nato nell’ambito delle riforme messe in atto per la restaurazione economica dopo la crisi del Grande Balzo, si accompagnò all’obbligo per gli abitanti delle zone rurali di registrarsi presso i propri villaggi di origine. I flussi migratori furono notevolmente controllati, rendendo impossibile lo spostamento di un gran numero di contadini nelle città industrializzate. Ciò portò poi, negli anni successivi, ad una netta distinzione tra città e campagna, privilegiando la prima e sfruttando, ancora una volta, le risorse della seconda.41

2.2. La Federazione Nazionale delle Donne Cinesi: verso un coinvolgimento di massa delle donne nel socialismo

2.2.1 la nascita della Federazione nazionale democratica delle donne cinesi

Gli anni di attività a Yan’an furono senza dubbio per il PCC un importante periodo di sperimentazione di politiche e cambiamenti sociali che avrebbero segnato profondamente la storia della Cina dopo la vittoria comunista del 1949.42 Come già accennato, la guerra civile e il conflitto sino-giapponese impegnavano in prima linea il PCC e le donne, chiamate a collaborare nello sforzo bellico e nella produzione, dovevano affidarsi al Partito e contribuire alla rivoluzione. Nella primavera del 1942, la “Campagna di Rettifica”, mise in secondo piano

40 LIEBERTHAL, Governing China…, cit., p. 107. 41 Ibid., p. 110. 42 DAVIN, Woman-work…, cit., p. 18.

46 discorsi sul matrimonio, i diritti delle donne e l’amore, ponendo le basi per una visione del mondo e della società in cui il PCC e la costruzione socialista dovevano occupare il primo posto nella vita di ogni individuo. Mentre negli anni precedenti, durante la permanenza del PCC nel Jiangxi, i discorsi sull’amore erano più liberi e il Codice del 1934 prevedeva la possibilità di unioni de facto, nella società di Yan’an le relazioni tra i sessi erano condizionate da un punto di vista estremamente puritano.43 L’amore era un vero e proprio argomento tabù per i comunisti che vivevano a Yan’an e particolari attenzioni date a discorsi sentimentali o anche semplici dimostrazioni d’affetto pubbliche erano etichettate come “tendenze piccolo borghesi”.44 Il PCC doveva dunque tracciare una linea guida nelle relazioni tra i sessi e nel matrimonio. In questo contesto si può collocare l’articolo di Deng Yingchao (1904-1992), moglie di Zhou Enlai (1898-1976), pubblicato sul Xinhua Ribao (Quotidiano della Nuova Cina), il 2 marzo del 1942. Intitolato Nannü qingnian wenti (Problematiche sui giovani uomini e le giovani donne), aveva come obiettivo chiave quello di “far emergere alcune opinioni” riguardo l’amore e il matrimonio per “tutte le nostre giovani amiche e i nostri giovani amici”. 45 Secondo Deng, l’amore e il matrimonio sono innanzitutto un “problema sociale” e di “educazione”; nell’affrontare tali questioni, bisogna avere un “punto di vista corretto ed un atteggiamento adeguato”. Nell’amore e nelle relazioni interpersonali non bisogna guardare solo alla propria felicità o alla propria realizzazione, ma allo “sviluppo del lavoro rivoluzionario”. Proprio per questo l’autrice sosteneva che il partner andasse

43 Discorsi espliciti sulle relazioni tra i sessi e sulla libertà di scelta del proprio partner apparivano nuovi e incomprensibili per gli abitanti delle aree rurali delle regioni settentrionali. Per tale motivo le idee sull’“amore libero” che giovani intellettuali provenienti dalle aree urbane portarono a Yan’an tra la fine degli anni Trenta e gli inizi degli anni Quaranta, furono molto contestate dai residenti che seguivano ancora nella maggior parte dei casi la pratica dei matrimoni combinati. Quando la “Campagna di Rettificazione” raggiunse il suo apice nella seco nda parte del 1942, discorsi sulle relazioni tra i sessi furono accantonati dal PCC. XU, From Marriage Revolution to Revolutionary Marriage…, cit., pp. 170-174. 44 Ibid., p. 171. 45 DENG Yingchao, “Nannü qingnian wenti” 男女青年问题 (La questione dei rapporti tra giovani donne e giovani uomini) in Xinhua ribao, 2 marzo 1942, in Cai Chang, Deng Yingchao, Kang Keqing funü jiefang wenti wenxuan (1938- 1987) 蔡畅, 邓颖超, 康克清 妇女解放问题文 选 (Scritti scelti sulla Liberazione delle donne di Cai Chang, Deng Yingchao e Kang Keqing), Zhonghua quanguo funü lianhehui (All-China Women’s Federation) ed. Beijing, Renmin chubanshe, 1988, p. 73.

47 scelto secondo criteri ben precisi: gli interessi dei due coniugi devono essere uguali, così come i principi morali. I giovani, continuava, non devono cadere in “deviazioni piccolo borghesi” che mettono i sentimenti e i bisogni personali al primo posto, ma, anche nel vivere il matrimonio e la propria vita, devono seguire “le richieste politiche e adeguarsi agli interessi della rivoluzione”. Citando le stesse parole di Deng:

Nel matrimonio ideale i due coniugi devono avere in comune credo e pensiero, in modo da poter lottare e sforzarsi nel raggiungimento di un obiettivo unitario. Naturalmente, in alcuni casi particolari, è difficile incontrare il partner perfetto. La soluzione dunque è quella di scegliere una persona dalla situazione politica pura e dalla voglia di progredire e migliorare, di modo che, dopo un lungo periodo trascorso insieme, si possa avere una prospettiva comune e il coniuge possa comprendere le nostre aspirazioni e le nostre cause.46

L’articolo mostra chiaramente come ogni tipo di sentimento personale dovesse essere, per il PCC, subordinato al bene comune e alla realizzazione politica. Ancor più incisivo, in questo senso, fu il celebre discorso che Mao Zedong tenne nel maggio del 1942 e che è conosciuto come “Discorsi alla Conferenza di Yan’an sulla letteratura e l'arte”. Egli sosteneva che “molti compagni mancassero dei concetti base del marxismo”, come il fatto che “le realtà oggettive della lotta di classe determinano i nostri pensieri e sentimenti”. I “compagni” in questione, invece, affermavano che “ogni cosa derivasse dall’amore”. In una società composta di diverse classi, però, l’unico amore ammesso doveva essere “l’amore di classe”. Coloro che cercavano un amore, la verità e il concetto di natura in senso astratto, erano stati influenzati profondamente dalla mentalità borghese e dovevano “con modestia studiare il pensiero Marxista-Leninista”.47 I discorsi

46 Ibid. 47 MAO Zedong, Talks at the Yan’an Forum on Literature and Art, in Selected Works of Mao Tse- tung, vol.7, Beijing,Foreign Languages Press, 1967, pp. 69-98.

48 giovanili di molti attivisti comunisti, tra cui lo stesso Mao Zedong, sull’amore, sulla libertà di scelta del proprio partner, sulla necessità di salvare la donna dalla schiavitù che per secoli l’aveva oppressa sotto la tradizione feudale, erano ora completamente accantonati e sostituiti dalla fede cieca nell’ideologia marxista e nella rivoluzione. Il PCC aboliva la pratica dei matrimoni combinati etichettandola come “barbara” e “feudale”, ma poneva come criteri fondamentali per la scelta di un compagno i sentimenti politici e la fede nel Partito.48 Nella società tradizionale i genitori aspiravano a trovare per la figlia uno sposo proveniente da una famiglia ricca che potesse salvarla dalla povertà. Adesso una giovane donna poteva scegliere il proprio futuro marito, ma inevitabilmente i criteri posti dal PCC rendevano i giovani provenienti da un background politico “irreprensibile” una scelta ideale per sfuggire agli attacchi del nuovo regime. 49 La propaganda e la politica entravano perciò, a partire già dai primi anni Quaranta, nella vita delle donne. Le organizzazioni femminili legate al PCC si diffusero con sempre maggiore decisione nelle aree rurali nell’ambito del movimento rivoluzionario con l’obiettivo di servire sia la liberazione della donna sia il bisogno di unità nazionale.50 I meeting cui le donne partecipavano allargavano le loro conoscenze, permettevano loro di accedere agli spazi pubblici e prendere consapevolezza di quello che avrebbero potuto ottenere con l’emancipazione femminile.51 Era questo, ad esempio, il caso delle donne che accedevano alle “scuole” fondate per formare una leadership nella guida delle associazioni femminili. “Uguali diritti per le donne” era lo slogan principale di queste istituzioni che portavano avanti il discorso sulla questione femminile e l’emancipazione dalla tradizione feudale. 52 L’esperienza di questi gruppi durante gli anni della guerra contro il Giappone permise al PCC di considerare il

48 Xu, From Marriage Revolution …, cit., p. 176. 49 Ibid. 50 CROLL, Feminism…, cit., p. 218. 51 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 104. 52 Isabel e David Croock raccontano la storia di una donna del villaggio situato nello Hebei, che fu scelta a capo della “Lega del Sacrificio”, impegnata nella promozione dei diritti delle donne. La cinquantacinquenne Wang Zhude si dimostrò particolarmente grata al PCC e al suo ruolo nell’emancipazione femminile attraverso il lavoro e la partecipazione alla produzione. Cfr. Isabel e David CROOCK, Revolution in a Chinese Village: Ten Mile Inn, London, Routlegde and Kegan Paul, 1979, pp. 42-43.

49 contributo delle donne come indispensabile per il successo della rivoluzione. Una risoluzione approvata dal Partito nel 1948, infatti, sosteneva che le donne si fossero dimostrate una “forza fondamentale per sconfiggere il nemico e costruire una nuova Cina”. Nelle aree liberate dall’oppressione nemica, le donne erano state organizzate in gruppi di lavoro e avevano contribuito allo sforzo bellico “con tutte le loro forze”. La riforma agraria, portata avanti negli ultimi anni della guerra civile, aveva dato un maggiore impulso all’attività delle organizzazioni e molte più donne erano state mobilitate per “dividere le terre ed eliminare il feudalesimo”. Secondo la suddetta Risoluzione le donne avevano “iniziato a percorrere la strada della completa liberazione” grazie soprattutto alla partecipazione nell’attività lavorativa che costituiva il presupposto principale della loro emancipazione: “il lavoro delle donne è indispensabile sia per lo sforzo bellico presente, sia per la futura vittoria del socialismo”. Il ruolo delle associazioni femminili in questi anni e i vari incontri di carattere politico organizzati dal PCC avevano reso i tempi maturi per la formazione di un’associazione nazionale femminile:

Per soddisfare i bisogni di uno sviluppo rivoluzionario nazionale e per concentrare la forza combattiva delle donne, le organizzazioni femminili delle aree liberate dovrebbero attivamente riunire insieme le donne di tutta la nazione […]per cacciare l’imperialismo degli Stati Uniti fuori dalla Cina, sconfiggere la cricca del Guomindang e costruire una Repubblica Popolare unita e democratica. A tale scopo è stato deciso che delegate delle società femminili delle aree liberate dovrebbero tenere una conferenza nazionale nella primavera del 1949 per fondare una Federazione Nazionale Democratica Femminile per diffondere il movimento in tutta il paese sotto un’unica direzione, in modo che in futuro possano svilupparsi in maniera più forte.53

53 “Decision of the Central Committee of the Chinese Communist Party on woman-work at present in the countryside of the liberated areas (1948)”, tradotto in DAVIN, Women-work…, cit., pp. 200-209.

50

Documenti come questo mettono in luce la grande importanza data dal Partito all’organizzazione di massa, anche in anni travagliati dal punto di vista politico come quelli della guerra civile. Il PCC, infatti, era fermamente convinto che la vittoria dipendesse in larga parte dal coinvolgimento della popolazione e che la situazione di instabilità politica in cui la Cina si trovava si sarebbe risolta grazie a una rivoluzione in grado di cambiare radicalmente la società.54 I comunisti avevano compreso che gruppi e organizzazioni permettevano ai propri membri di sperimentare un senso di appartenenza e identità che consentivano ad ogni individuo di dare il massimo per la causa. Un’affermazione di questo tipo nella società cinese appariva particolarmente valida per le donne, che per la prima volta potevano partecipare alla vita della comunità in modo attivo.55Ogni differente organizzazione stabiliva delle riunioni e degli incontri che permettevano di trasmettere tra la popolazione le politiche del PCC. I meeting, che avrebbero acquisito importanza sempre maggiore durante gli anni Cinquanta, erano necessari anche per la sopravvivenza stessa del Partito. Non era sufficiente, infatti, che i membri delle organizzazioni ripetessero gli slogan propugnati dal PCC senza veramente comprenderli: era necessario che essi capissero le diverse direttive politiche e soprattutto concordassero con esse. Gli incontri, dando la possibilità agli individui di parlare, scrivere, comunicare con i propri pari e i superiori, permettevano il raggiungimento di tale obiettivo.56 Anche il movimento femminile che negli anni precedenti era cresciuto e prosperato, dunque, doveva contribuire alla causa comunista. Nella primavera del 1949 fu creata l’ACDWF, con lo scopo di coordinare a livello nazionale le diverse organizzazioni locali attive nelle zone controllate dal PCC. Nel marzo dello stesso anno, un mese prima della fondazione ufficiale del nuovo organismo, si era tenuto a Pechino il primo Congresso Nazionale della Federazione che apriva una nuova fase nel movimento femminile in Cina. In occasione del discorso di apertura furono elencati i successi fino a quel

54 DAVIN, Women-work…, cit., p. 52. 55 Ibid. 56 SCHURMANN, Ideology and Organization…, cit., p. 20.

51 momento ottenuti grazie alla collaborazione tra le associazioni femminili e il PCC e si annunciò il supporto alle sue politiche perché si potesse arrivare alla sconfitta definitiva del GMD:

Donne di tutta la Cina unitevi, portate avanti la Rivoluzione! Supportiamo le otto condizioni di pace proposte dal presidente Mao, lottiamo per realizzare la vera pace! Lunga vita alla liberazione del popolo! Lunga vita alla liberazione delle donne!57

Fin dalla sua creazione la Federazione fu concepita come un organismo di massa con lo scopo di regolare la partecipazione femminile nelle riforme politiche ed economiche auspicate dal PCC. Parte integrante nel movimento sociale di cui il partito si faceva promotore, l’ACDWF, dunque, non sviluppò alla sua nascita un vero e proprio punto di vista indipendente sulla questione femminile. 58 Partendo dall’idea sostenuta da diversi studiosi dell’esistenza nella RPC di una “patriarchia socialista”59, la federazione è stata più volte considerata come un semplice organismo dipendente dal sistema Partito-Stato. In quest’ottica, dunque, le conquiste ottenute dalle donne in epoca maoista non sarebbero state altro che il risultato delle diverse politiche e campagne lanciate dal PCC che si poneva come “protettore degli interessi e dei diritti delle donne”.60 Perché le comunicazioni da parte del PCC potessero raggiungere il maggior numero possibile di donne gli organi di stampa nazionale e soprattutto la rivista ufficiale

57 “Zai Zhongguo Funü di yi ci quanguo daibiao dahui shang de gongzuo baogao” 在中国妇女第 一次全国代表大会上的工作报告 (Resoconto di lavoro del primo Congresso Nazionale delle donne cinesi)26 marzo 1949, in Zhongghua quanguo funü lianhehui sishi nian 中国全国妇女联合会四十年,Beijing, Zhongguo Funü chubanshe, 1991 accessibile dal sito ufficiale della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi: http://www.women.org.cn/zhongyaowenxian/fudaihuiwenjian/di1jie/di1jiegongzuobaogao.ht m.

58 Phyllis ANDORS, The Unfinished Liberation of Chinese Women, 1949-1980, Indiana University Press, 1983, p. 30. 59 Cfr. Judith STACEY, Patrarchy and Socialist Revolution in China, Berkeley, University of Chigago Press, 1983; JOHNSON, Women, Family …, op. cit. 60 WANG Zheng, “State Feminism?” Gender and Socialist State Formation in Maoist China”, Feminist Studies, Vol. 31, no. 3, 2005, p. 520.

52

della federazione, Xin Zhongguo Funü (Nuove Donne Cinesi), cominciarono a diffondere notizie e dettagli sui meeting ufficiali e sulla nascita di nuove organizzazioni ormai sparse capillarmente sul territorio cinese. La nascita della RPC aveva portato in Cina profondi mutamenti di valori, istituzioni e tradizioni. Fu questo l’inizio di un periodo nuovo ed esaltante, in cui i diritti delle donne potevano essere davvero finalmente affermati.

2.2.2. la federazione nazionale delle donne cinesi, il pcc e la costruzione socialista: dai primi anni cinquanta al grande balzo in avanti

L’ACDWF e le donne che a essa facevano riferimento erano coinvolte ora in prima linea nelle diverse questioni politiche, sociali ed economiche che, negli anni successivi la fondazione della RPC, il PCC si trovava ad affrontare: la campagna per la Legge sul matrimonio, lo studio politico, lo sviluppo agricolo e industriale, l’educazione. La nuova Legge sul matrimonio, promulgata nel maggio del 1950, estendeva all’intera nazione i principi già presenti nelle leggi dei soviet del 1931 e del 1934. Il primo e il secondo articolo del Codice, di carattere generale, sostenevano nuovamente con fermezza la necessità di combattere gli elementi feudali ancora presenti nella mentalità comune. L’abolizione di pratiche tradizionali come quelle dei matrimoni combinati o del concubinato si accompagnava all’introduzione di norme specifiche in favore della donna. Ne sono un esempio la possibilità per entrambi i coniugi di poter scegliere il proprio lavoro e le proprie attività sociali (Articolo 9), il diritto per la moglie di poter gestire, al pari del marito, le proprietà della famiglia (Articolo 10) e quello di poter dare ai figli il proprio nome (Articolo 11) 61. Il coinvolgimento delle donne cinesi nelle campagne di massa della neonata RPC iniziò con il movimento per implementare la legge matrimoniale, lanciato nel

61 “The 1950 Marriage Law”, tradotta in JOHNSON, Women, the Family…, cit., pp. 235-241.

53

1950 e che raggiunse il suo culmine nel 1953.62 A esso aderirono le differenti leghe come quella della Gioventù o la Federazione degli Studenti, ma soprattutto L’ACDWF, che aveva il compito di combattere atteggiamenti ostili ancora molto diffusi nei confronti della nuova legge con racconti, performance artistiche, discussioni e meeting.63 Gli argomenti utilizzati per diffondere la nuova legge si basavano su discorsi socialisti riguardanti l’amore e il matrimonio, ma in cui il romanticismo lasciava il posto all’importanza delle idee politiche e alle passioni rivoluzionarie che marito e moglie dovevano condividere.64 Allo stesso tempo il coinvolgimento nella produzione continuava a essere una priorità per il PCC nell’affrontare la questione femminile. Il secondo Congresso Nazionale dell’ACDWF, tenutosi dal 15 al 23 aprile del 1953, pur affrontando altre questioni come la necessità delle donne cinesi di supportare l’esercito nella guerra di Corea o la diffusione di organizzazioni femminili tra le minoranze etniche, poneva particolare enfasi sul lavoro delle donne e sulla loro partecipazione nello sviluppo di un’economia socialista.65 Il discorso tenuto da Deng Yingchao in tale occasione insisteva particolarmente sul lavoro femminile, sull’opportunità per le donne di contribuire attivamente all’economia cinese e riassumeva le conquiste ottenute sotto la guida del presidente Mao e del PCC.66 Tuttavia è da notare come i discorsi ufficiali continuassero a ricordare il ruolo fondamentale della Federazione nell’“educare” le donne “a rispondere attivamente all’appello del PCC per la costruzione della madrepatria allevando bene i figli e svolgendo al meglio i lavori domestici”.67 Dopo la fondazione della RPC, il PCC aveva dovuto affrontare il problema della disoccupazione nelle aree urbane, che sarebbe rimasto piuttosto serio fino

62 Per un’analisi dettagliata del rapporto tra la Federazione e la campagna per la diffusione della legge matrimoniale cfr. JOHNSON, Women, the Family…, cit., pp. 138-153. 63 Xu, From Marriage Revolution …, cit., p. 203. 64 Ibid., p. 196. 65 DAVIN, Women-work…, cit., p. 65. 66 Ibid. 67 “Guanyu jinhou quanguo funü yundong renwu de jueyi” 关于今后全国妇女运动任务得决议 (Risoluzione sui futuri compiti della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi) 23 aprile 1953, in Zhongghua quanguo funü lianhehui sishi nian (Quarant’anni della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi), Zhongghuo Funü chubanshe, 1991, accessibile dal sito ufficiale della Federazione Nazionale Donne Cinesi: http://www.women.org.cn/zhongyaowenxian/fudaihuiwenjian/di2jie/di2jiejueyi.htm.

54 all’inizio del Grande Balzo in Avanti, rendendo indispensabile incoraggiare le donne a ricoprire ruoli tradizionali, piuttosto che cercare un lavoro in industrie che non avevano i mezzi per assorbire un’ingente forza-lavoro femminile. La rivista Nuove Donne Cinesi, ad esempio, nel 1954, pubblicò una serie di articoli dal titolo “Come le casalinghe possono servire il Socialismo”.68 Secondo le parole dell’organo ufficiale di stampa della Federazione, le donne, se non riuscivano a trovare un lavoro, potevano comunque sentirsi parte di una comunità e partecipare attivamente alla costruzione socialista svolgendo i propri lavori domestici con cura e attenzione.69 Anche la partecipazione attiva alle neonate organizzazioni di vicinato nelle aree cittadine, potevano costituire un modo per le casalinghe di sentirsi parte della comunità socialista. Queste organizzazioni, pressappoco dei comitati di quartiere, erano composte da volontari, e ognuna di esse rappresentava gli interessi di circa duecento o trecento abitazioni o nuclei familiari. La Federazione Nazionale delle Donne Cinesi, collaborando con questo tipo di istituzioni, dava modo alle donne di partecipare a meeting settimanali di quartiere in cui si discutevano questioni riguardanti il benessere familiare, l’igiene, l’educazione dei figli, ecc. Queste iniziative permettevano anche alle casalinghe cittadine di sentirsi parte di una comunità, e non più di una singola famiglia.70 La partecipazione al lavoro di gruppo e alla cooperazione tra le casalinghe nei comitati di quartiere si accompagnava al movimento dei “cinque buoni comportamenti”(wu hao), lanciato nel 1956 al fine di legare profondamente il lavoro domestico e la costruzione di una nuova società socialista. I “cinque buoni comportamenti” erano:

68 Ibid. 69 Wang Zheng analizza il ruolo della Federazione nelle aree urbane, dedicando particolare attenzione alle organizzazioni femminili che coinvolgevano le casalinghe residenti a Shanghai. Dopo la fondazione della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi nel 1949, si cercò di unificare il movimento femminile nella città e fu fondata l’Associazione delle casalinghe di Shanghai, che aveva come obiettivo principale quello di liberare le donne dalle posizioni di subordinazione, organizzare le casalinghe e prepararle dal punto di vista intellettuale e tecnico (Cfr. WANG Zheng, “State Feminism?”…, cit., pp. 522-523).

70 Ibid. 70 CROLL, Feminism…, cit., p. 256.

55

1. Promuovere il reciproco aiuto nel vicinato. 2. Fare bene i lavori di casa. 3. Educare bene i figli. 4. Appoggiare la famiglia nella produzione, nello studio e nel lavoro. 5. Lavorare con il massimo impegno.71

I toni della propaganda che il PCC indirizza e ha indirizzato alle donne, sono stati spesso analizzati come una conseguenza delle decisioni in campo economico e politico del governo cinese. Non bisogna però credere che le esponenti del movimento femminile in Cina fossero state sempre completamente d’accordo con ogni iniziativa promossa dal PCC nella “liberazione” della donna. Nonostante una generale adesione della Federazione alle politiche del partito, furono molte le occasioni di confronto con la leadership comunista. Mao, in occasione di un incontro con le esponenti di maggior spicco della Federazione nel novembre del 1952, aveva chiaramente mostrato di voler sottomettere l’organizzazione al potere del PCC. Nella gestione dei rapporti egli aveva consigliato ai capi dell’ACDWF: yi song, per prima cosa sottomettere le questioni ai diversi livelli di comitato del partito; er cui , in secondo luogo sollecitare una risposta; san maniang, se i due metodi precedenti non hanno portato ad alcun risultato, non si può far altro che imprecare.72 I contrasti tra la neonata ACDWF e il PCC furono evidenti nel 1953, durante la campagna di diffusione della legge matrimoniale, quando molte attiviste furono accusate di voler tramutare il codice in una legge formulata esclusivamente per affermare i diritti delle donne o in uno “strumento di oppressione degli uomini

71 Citato in ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., pp. 37-38. Anche nelle zone rurali era stato lanciato un movimento delle “cinque buone condotte”, che andavano applicate a questi doveri: patriottismo, amare la cooperativa, lavorare in modo produttivo; badare alla casa con parsimonia e gestire denaro e cibo; promuovere il mutuo aiuto con le famiglie vicine; guidare gli anziani, prendersi cura dei giovani, educare i bambini; studiare e aiutare i propri cari nello studio e nel lavoro. Citato in DAVIN, Women-work…, cit., p. 152. 72 Citato in WANG Zheng, “Dilemmas of Inside Agitators: Chinese State Feminism in 1957”, The China Quarterly, Vol.188, dicembre 2006, raccolto in Julia STRAUSS (a cura di), The History of the People’s Republic of China: 1949-1976, The China Quarterly special issues no.7, Cambridge, Cambridge University Press, 2006, p. 60.

56 da parte delle donne”. 73 Dall’altra parte la leadership dell’organizzazione femminile denunciava a gran voce le ingiustizie e i metodi “feudali” ancora adottati dai quadri del PCC nei villaggi nei confronti di mogli e figlie.74 Critiche di questo genere continuarono anche negli anni immediatamente seguenti: Cai Chang e Deng Yingchao, ad esempio, in occasione dell’ottavo Congresso del partito tenutosi nel 1956, accusarono il PCC di aver trascurato gli interessi delle donne e l’attività dell’ACDWF.75 Episodi come questi dimostravano la capacità della Federazione, almeno, nella fase iniziale della RPC, di continuare a rivendicare i propri ideali di uguaglianza, pur rimanendo sotto la leadership del PCC. La situazione tuttavia era destinata a cambiare. Come ha evidenziato Delia Davin il terzo Congresso dell’ACDWF, svoltosi nel settembre del 1957, pose “un enfasi senza precedenti sulla famiglia e sui lavori domestici”, una tendenza, del resto, annunciata dallo slogan ufficiale dell’incontro: “Costruire economicamente la patria, badare con parsimonia alla casa, combattere per la costruzione socialista”.76 In questa occasione, dunque, l’appello al contributo della donna nel lavoro domestico e nella cura dei figli “sotto la guida del Partito Comunista Cinese” per “costruire il socialismo” e “conseguire successi ancora più brillanti”, si faceva ancora più forte.77 Perché, nonostante le lotte portate avanti fino a quel momento, la Federazione adottò una linea così “regressiva”, che confinava la donna nel suo ruolo tradizionale e sembrava dimenticare la richiesta di una vera emancipazione dal dominio maschile?

73 CROLL, Feminism …, cit., p. 237. 74 Ibid. p. 235. 75 DENG Yingchao, CAI Chang, “Discorso all’ottavo congresso del partito”, citato in CROLL, Feminism…, cit., p. 257. 76 DAVIN, Women-work…, cit., p. 66. 77 “Guanyu “qinjian jianguo, qinjian chijia, wei jianshe shehuizhu fendou” de baogao de jueyi”, 关 于“勤俭 建国,勤俭 持家,为 建 设 社会主奋 斗 ( Resoconto sul rapporto “Costruire economicamente la patria, badare con parsimonia alla casa, combattere per la costruzione socialista), 20 settembre 1957, raccolto in Zhongghua quanguo funü lianhehui sishi nian, zhongghuo funü chubanshe, 1991, accessibile all’indirizzo: http://www.women.org.cn/zhongyaowenxian/fudaihuiwenjian/di3jie/di3jiejueyi.htm

57

A questo interrogativo risponde Wang Zheng in un articolo che analizza a fondo il rapporto tra il PCC e l’ACDWF alla vigilia del Grande Balzo in Avanti.78 La ricerca compiuta da Wang parte dal ritrovamento di alcuni appunti, datati 22 ottobre 1957, di Liu Qiong (1911-2006), vice presidente del Comitato Centrale dell’ACDWF. Tali documenti si riferivano a conversazioni avvenute tra la leadership della Federazione e i vertici del PCC. Wang inoltre evidenzia come, nelle memorie di Liu Qiong pubblicate nel 2000, la donna, ricordando gli avvenimenti del 1957, mostrasse la sua profonda gratitudine nei confronti di Deng Xiaoping (1904-1997) e dei suoi consigli.79 La campagna anti-destrista, che imperversava negli ambienti politici in quei mesi, aveva messo in crisi l’esistenza stessa dell’ACDWF. Fino a quel momento il PCC aveva avuto bisogno nella rivoluzione e nella costruzione socialista della partecipazione femminile ma ora, in un clima molto teso, era impossibile criticare anche minimamente l’opera del governo. Con la campagna anti- destrista, dunque, l’ACDWF non avrebbe più assolutamente potuto denunciare l’esistenza di oppressioni nei confronti delle donne. Tuttavia, sostenere che le donne avessero ormai, grazie al PCC, raggiunto la completa “liberazione”, equivaleva a mettere in dubbio l’utilità stessa dell’organizzazione. Nei mesi precedenti il terzo Congresso, Cai Chang e Deng Yingchao avevano a lungo discusso sul titolo da adottare per il discorso d’apertura del meeting. La quarta bozza preparatoria proponeva come tema del congresso “Lottare con maggiore forza per raggiungere l’uguaglianza tra uomo e donna”. Cai Chang, ben comprendendo come in quel periodo fosse impossibile parlare apertamente di lotta per la “liberazione” della donna, aveva deciso di concentrarsi sul bisogno della parità di diritti tra i sessi nella mobilitazione per la costruzione socialista.80 Dopo aver inviato al Comitato Centrale del PCC le bozze del terzo Congresso, Luo Qiong fu convocata dai maggiori leader del partito per discutere della

78 WANG, “Dilemmas of Inside Agitators…”, cit., pp. 59-78. 79 LUO Qiong e DUAN Yongqiang, Interview with Luo Qiong, Beijing, Chinese Women Press, 2000, citato in WANG, Dilemmas of Inside Agitators…,cit., p. 63. 80 Ibid. p. 64-65.

58 questione, insieme a Cai Chang, Deng Yingchao e Zhang Yun (1905-1995).81 Il documento elaborato dall’ACDWF fu profondamente criticato perché metteva in dubbio la presunta uguaglianza di genere raggiunta grazie all’azione del governo cinese, affermando che le donne dovessero combattere per la parità tra i sessi. Fino a quel momento, pur mantenendo ancora una certa autonomia, l’ACDWF aveva sempre assecondato e promosso le campagne del PCC, comprese quelle che non avevano nulla a che fare con i diritti delle donne. Arrivati al culmine della collettivizzazione e della nazionalizzazione del commercio e dell’industria, per la leadership dell’ACDWF il terzo Congresso avrebbe dovuto finalmente costituire un punto di svolta per spostare l’attenzione sull’uguaglianza tra i sessi.82 Ciononostante, la campagna anti-destrista contribuì a dissolvere queste speranze e a insinuare il dubbio di una soppressione della Federazione. La svolta nell’incontro tra i vertici del PCC e quelli dell’associazione femminile arrivò con l’intervento di Deng Xiaoping, l’unico a non aver apertamente criticato la bozza del discorso. Il Segretario generale del partito propose come slogan per il terzo Congresso il già citato “costruire economicamente la patria, badare con parsimonia alla casa, combattere per la costruzione socialista”.83 Il nuovo obiettivo che la Federazione avrebbe dovuto raggiungere non riguardava più la lotta per la liberazione delle donne, ma contribuiva a consolidare una divisione del lavoro basata sul sesso che sarebbe diventata molto evidente durante il Grande Balzo in Avanti. L’articolo di Wang Zheng contribuisce a far comprendere come i problemi emersi nell’estate del 1957 tra il partito e la leadership della Federazione riguardassero fondamentalmente l’esistenza stessa dell’organizzazione delle donne. Grazie all’intervento di Deng Xiaoping la Federazione delle Donne Cinesi continuò il suo operato ma, ora come non era ancora accaduto in precedenza, sembrava dipendere completamente dalle direttive del PCC. Nel settembre del

81 Zhang Yun, segretario generale della Federazione Nazionale della Donne Cinesi, era stata incaricata di trascrivere le bozze dei discorsi per il terzo Congresso del 1957. 82 WANG, Dilemmas of Inside Agitators…, cit., p. 69.

83 Ibid.

59

1957, il terzo Congresso vide il cambiamento del nome della federazione da “Federazione Democratica Nazionale delle Donne Cinesi” a “Federazione Nazionale delle Donne Cinesi” (ACWF) e della rivista “Nuove Donne Cinesi” a “Donne Cinesi”(Zhongguo Funu). Tali appellativi apparivano più appropriati al PCC, poiché la democrazia era già stata affermata dal governo socialista.84 Con il lancio della campagna del Grande Balzo in Avanti, probabilmente anche grazie alla fine dell’enfasi posta dal PCC sul ruolo della donna nella sfera domestica, la Federazione accolse con entusiasmo il coinvolgimento delle donne cinesi in ogni campo produttivo e lavorativo.85 Sebbene ci fosse nei discorsi di propaganda destinati alle donne un ritorno ai temi dell’emancipazione femminile tipici delle teorie di Engels, continuò a rimanere forte l’appello alla divisione del lavoro e al ruolo tradizionale della donna nella società e nella famiglia. L’ACWF, sopravvissuta alla campagna anti-destrista, appoggiò pienamente le politiche del Grande Balzo.

2.3. Le donne cinesi e il lavoro durante il movimento di collettivizzazione e il Grande Balzo in Avanti

2.3.1. Le donne e il lavoro nelle aree rurali

Il processo rapido di collettivizzazione degli anni 1955-1956 e la politica del “primo balzo” resero necessaria la piena mobilitazione femminile nella produzione agricola in quanto funzionale al raggiungimento di un surplus da impiegare nell’investimento industriale. I toni della propaganda indirizzata alla donna ora ritornavano a essere simili a quelli delle direttive sul lavoro femminile del 1943 e 1948, insistendo sul legame tra il percorso della donna verso la propria liberazione e la partecipazione al lavoro, in questo caso nelle

84 DAVIN, Women-work…, cit., p. 65. 85 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 46.

60 cooperative appena istituite. 86 La “Bozza del Programma Nazionale per l’Agricoltura”, per gli anni 1956- 1957 lanciava un forte appello alla mobilitazione e al coinvolgimento della popolazione rurale nell’agricoltura, e fissava per le donne un minimo di 120 giorni di lavoro all’anno, contro i 250 degli uomini.87 Le richieste fatte alle donne delle aree rurali nell’ ambito della costruzione economica negli anni della collettivizzazione differivano nettamente da quelle fatte alle donne residenti nelle città. Opportunità molto scarse nel settore industriale non permettevano una piena mobilitazione della forza-lavoro femminile urbana. Il primo obiettivo della Cina in ambito economico, secondo il primo piano quinquennale e, in seguito, durante il Grande Balzo in Avanti, doveva essere quello di sfruttare al massimo la produzione agricola in modo da sviluppare l’industria moderna. Solo a questo punto un impiego femminile su larga scala si sarebbe potuto realizzare anche nelle aree urbane. Nelle cooperative rurali, invece, anche le donne potevano dare il loro forte contributo alla produzione. In questa fase iniziale di mobilitazione massiccia furono in primo luogo sfruttate le competenze tradizionali femminili e a molte donne furono affidati compiti che non richiedevano l’acquisizione di particolari abilità, come nel caso dell’allevamento di bestiame e di bachi da seta o il controllo del raccolto di cotone e tè.88 I contadini erano ricompensati, secondo un sistema già in vigore nelle prime cooperative costituite nelle aree liberate prima del 1949, con dei “punti lavoro”, il cui peso variava, poiché diverse erano le competenze e gli sforzi che ogni attività richiedeva. 89 Mentre agli inizi della collettivizzazione il guadagno dipendeva sia dal lavoro di ogni singolo contadino sia dalla quantità di mezzi che egli metteva a disposizione, con la creazione delle grandi cooperative e, in seguito, con l’ondata del Grande Balzo in Avanti, la retribuzione si basava solamente sulla quantità di lavoro svolto. Questo sistema spingeva senz’altro

86 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 40. 87 Robert BOWIE, John King FARBANK (a cura di), Communist China, 1955-1959, Policy Documents with Analysis, Vol.1 Cambridge University Press, 1962, p. 119. 88 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 41. 89 DAVIN, Women-work…, cit., p. 141.

61 ogni individuo a impegnarsi al massimo per guadagnare un maggior numero di punti.90 I lavoratori, infatti, dovevano iniziare puntualmente ogni giorno il lavoro nei campi, poiché anche un minimo ritardo avrebbe potuto causare una diminuzione dei punti assegnati e una conseguente riduzione della razione di grano stabilita per ogni membro della cooperativa. Secondo la rigida divisione delle ore di lavoro, l’attività iniziava il mattino presto e continuata tutta la giornata con due interruzioni, la pausa per la colazione verso le 9.30 e quella per il pranzo alle ore 13. I punti erano calcolati secondo questa divisione della giornata e a ogni “blocco” lavorativo veniva assegnato un punteggio differente. Anche il lavoro svolto dalle donne, ovviamente, rientrava in questo schema.91 Lo slogan “uguale paga per uguale lavoro”, già sostenuto dalle femministe durante il periodo di governo comunista nel Jiangxi, ricevette in questo periodo molta attenzione. Se il PCC incoraggiava tramite la propaganda ufficiale un sistema di retribuzione equo tra uomini e donne, nella realtà è stato spesso notato come, ad esempio per il lavoro svolto nei campi, un uomo guadagnasse in una giornata dieci punti, contro i sei, massimo otto punti guadagnati da una donna.92 La nascita delle cooperative agricole aveva senza dubbio permesso alle donne di essere maggiormente coinvolte nelle attività che prima del 1949 erano di competenza esclusivamente maschile, ma non aveva ancora offerto loro nuovi modi di partecipare alla produzione. Nel lavoro agricolo i compiti delle donne erano notevolmente aumentati: in molti villaggi dello Shaanxi, ad esempio, esse si occupavano di ogni fase della coltivazione del cotone, il cui processo iniziava i primi giorni della stagione primaverile.93 Tuttavia le cooperative non avevano ancora permesso, nelle aree rurali cinesi, un ingresso su larga scala delle donne nella forza lavoro. Inoltre, va ricordato che, sebbene anche alle donne impiegate nelle attività lavorative fosse garantita una paga, essa non era consegnata loro direttamente, ma era ancora data al capo del nucleo familiare di appartenenza.

90 Ibid. 91 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 138. 92 Ibid., p. 139. 93 Ibid., p. 148.

62

Questa pratica impediva una vera e completa emancipazione economica del sesso femminile nell’organizzazione delle cooperative.94 Con il lancio del Grande Balzo in Avanti e la nascita delle comuni popolari si arrivò ad un coinvolgimento delle donne in ogni tipo di attività. Nel mese di agosto del 1958 la “Risoluzione del Comitato Centrale del PCC riguardo la creazione delle comuni popolari agricole” stabiliva che le comuni dovessero avere il compito di occuparsi degli affari economici, culturali, militari, educativi. Le forze combinate dei contadini, degli operai, della milizia e degli studenti potevano così arrivare finalmente alla “costruzione del socialismo e procedere passo dopo passo verso il comunismo”.95 Le attività svolte nelle comuni erano dunque molteplici: dalla piccola industria alla coltivazione dei campi, dall’ attività bancaria all’allevamento di bestiame. La diversificazione dei compiti diede la possibilità alle donne di entrare a far parte in modo decisivo del meccanismo di costruzione e produzione socialista, mettendo in questione il principio della divisione del lavoro finora ancora ampiamente diffuso. Così, nelle neonate comuni le donne diventarono, ad esempio, parte fondamentale del meccanismo produttivo agricolo: attraverso l’esperienza sul campo e i corsi pratici che venivano loro impartiti, molte giovani donne impararono le tecniche di aratura, del raccolto, della semina, e furono in molti casi le artefici dell’introduzione di nuovi metodi sperimentali di sfruttamento agricolo. Furono anche impiegate nei progetti industriali e di irrigazione e spesso diedero un forte contributo a tali settori. Nella regione dello Henan, ad esempio, le donne tra il 1958 e il 1960 furono responsabili di un terzo del lavoro di tutela ambientale, scavando e costruendo circa 880 mila tra stagni, bacini acquiferi e canali.96

94 CROLL, Feminism…, cit., p. 261. 95 “Resolution of the Central Committee of the Chinese Communist Party on the Establishment of People’s Communes in the Rural Areas”, BOWIE, FAIRBANK (a cura di), Communist China, 1955-1959, Policy Documents, pp. 454-457.

96 Dati riportati in CROLL, Feminism…, cit., p. 262. Andors riporta delle stime secondo cui nel 1958 le donne costituivano il 50 percento della forza lavoro nell’agricoltura e il 70-80 percento nelle zone dove il loro sforzo era impiegato anche nei progetti di tipo industriale. Cfr. ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 66.

63

Il movimento femminile chiamava direttamente le donne cinesi a seguire le direttive del partito e a partecipare alle politiche del Grande Balzo in Avanti, che si prefiggeva di raggiungere e superare la produzione delle potenze industrializzate occidentali. Con lo slogan “le donne possono fare tutto e farlo bene” (funü shenme dou neng gan, shenme dou gan de hao), il Grande Balzo in Avanti spinse milioni di donne a entrare in ogni settore lavorativo. 97 Quotidiani e riviste facevano appello alle masse affinché seguissero il PCC e il presidente Mao nella corsa per aumentare la produzione, e riportavano percentuali altissime sulla partecipazione del popolo cinese alla nuova campagna. Anche l’ACWF si impegnava ad elogiare i risultati del Grande Balzo e i successi conseguiti dalle donne in questa nuova “ondata produttiva”. Nel 1959 Cai Chang, presidente della federazione, affermava che in ogni tipo di lavoro e attività le donne costituivano senza dubbio una “risorsa dinamica e attiva”98 e, in un secondo editoriale pubblicato il mese successivo sulla rivista Donne cinesi scriveva: “dal 1958, seguendo i grandi risultati produttivi del Grande Balzo in Avanti, la forza lavoro femminile è cresciuta di più di settecentomila unità, aumentando di dieci volte rispetto al periodo precedente la Liberazione”.99 Non solo la produzione agricola, ma anche quella industriale doveva coinvolgere ed occupare le masse. Nel clima di fervore politico ed economico che caratterizzò gli anni del Grande Balzo, la produzione di acciaio in Cina doveva aumentare notevolmente: la quantità fissata per il 1958 doveva essere di circa 10,7 tonnellate.100

97 LIU Weifang “Zhongguo funü yundong'dayuejin' shiwei” 中国妇女运动“大跃进”始末(Il movimento femminile cinese dagli inizi alla fine del Grande Balzo in Avanti), Zhonghua nüzi xueyuan xuebao, (Journal of China Women’s University) Vol. 20, no. 5, 2008, p. 104.

98 CAI Chang, “Dangde zongluxian zhaoyao zhe woguo funü chedi jiefang de daolu” 党的总路线 照耀着我国妇女彻底解放的道路 ,(La linea generale del Partito illumina la strada delle donne verso la Liberazione), in Zhongguo funü (d’ora in poi abbreviato nelle note in ZGFN), 1959 (20), p. 1.

99 CAI Chang, “Nuzhigong tongzhimen yao geng duo de chengwei xianjin shengchanzhe”, 女职 工同志们要更多地成为 先进生产者 (Le nostre compagne lavoratrici devono diventare sempre di più dei lavoratori modello) in ZGFN, 1959 (21), p. 3. 100 WANG Yanlai, China’s Economic Development and Democratization, Aldershot, Ashgate, Publishing House, 2003, p. 68.

64

Riuscire a raggiungere un tale obiettivo divenne una priorità per il PCC e per l’intera popolazione. Nel periodo compreso tra novembre e dicembre del 1958 oltre novanta milioni di persone furono concretamente coinvolte nella produzione di acciaio con metodi primitivi e inefficaci. 101Ogni nucleo familiare, ogni casa, ma anche ogni scuola, ogni ente pubblico, persino ogni ospedale doveva dotarsi di “fornaci da giardino” per la fusione dell’acciaio. Jung Chang, che nel 1958 aveva sei anni, ricorda nel suo celebre romanzo “Cigni Selvatici” come ogni giorno cercasse con cura lungo la strada tra casa e scuola ogni minimo oggetto metallico anche arrugginito che potesse servire per ottenere l’acciaio che Mao Zedong aveva chiesto alla nazione di produrre. Come descritto dalla scrittrice, queste “fornaci” erano nella maggior parte dei casi dei semplici pentoloni alimentati giorno e notte, in cui erano gettati chiodi, pezzi di ferro, ingranaggi, rottami e persino i pezzi dei wok che i pentoloni usati per fondere l’acciaio erano andati a sostituire.102 Coinvolte e incoraggiate da slogan come “Viva il Grande Balzo in Avanti!” oppure “Tutti a produrre acciaio!” scritti a grandi lettere sui muri, sugli striscioni o sui poster di propaganda,103anche le donne divennero parte integrante della campagna pubblicizzata dal partito. La produzione di acciaio, non avveniva solamente in piccole “fornaci domestiche”, ma anche in fonderie più grandi collocate, nel caso dello Shaanxi ad esempio, in distretti montuosi e isolati.104 In queste strutture, attive giorno e notte come nel caso delle fornaci più piccole, venivano trasportati chiodi, rottami di materiale ferroso e, secondo il ricordo di alcune donne intervistate dalla Hershatter, anche le traverse in ferro delle porte da utilizzare come materiale da fondere per ottenere l’acciaio. Il lavoro costante e la necessità continua di manodopera portarono ben presto anche alla mobilitazione delle donne per questo tipo di attività. Furono costruite delle “fornaci delle donne” e delle “industrie delle donne”, dove erano impegnate operaie organizzate in

101 Ibid. 102 JUNG Chang, Cigni Selvatici: tre figlie della Cina, tr. Lidia Perria, Milano, Longanesi, 2004, p. 278. 103 Ibid. 104 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 238.

65 gruppi di lavoro composti esclusivamente da manodopera femminile.105 Nel settembre del 1958 nella regione dello Hunan più di un milione e cinquecento mila donne erano impegnate in attività di trasporto, fusione e altri tipi di lavori pesanti legati alla produzione dell’acciaio.106

2.3.2. le donne e il lavoro nelle aree urbane

Le comuni popolari rurali erano state, dunque, fondate con lo scopo di aumentare la produzione agricola e, per raggiungere questo obiettivo, era necessario che ogni individuo fosse coinvolto nell’opera. Le donne, inizialmente, erano rimaste ai margini di questo meccanismo, finché la loro partecipazione non si era rivelata fondamentale per la riuscita della campagna del Grande Balzo. Nelle città, invece, la nascita e lo sviluppo delle comuni fu dovuto in gran parte all’iniziativa delle donne, in particolare delle casalinghe. Creare tuttavia delle comuni nelle aree urbane risultava molto più complesso rispetto alla situazione rurale, poiché le dimensioni erano differenti da città a città e il luogo di residenza era spesso lontano dal luogo di lavoro. Perciò le comuni in questi casi si sviluppavano attorno ai luoghi di produzione e impiego, come le fabbriche, le scuole, gli uffici governativi, ma anche le aree residenziali.107 In questo contesto, il primo coinvolgimento della forza lavoro femminile si ebbe nella produzione di acciaio nelle industrie in espansione e nelle “fornaci da cortile” in funzione anche nelle città. La necessità di aumentare la produzione richiese l’intervento delle donne nel settore industriale, ma nella maggior parte dei casi il ruolo da loro ricoperto era semplicemente quello di sostituire la manodopera maschile che doveva occuparsi di nuove attività. In questo modo era evidente come le donne entrassero a far parte della forza lavoro urbana in una posizione di subordinazione: gli uomini che in precedenza svolgevano i compiti assegnati

105 Ibid., p. 239. 106 LIU, “Zhongguo funü yundong…” cit., p. 104.

107 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 61.

66 alle operaie, secondo questa nuova politica, si dedicavano ora a mestieri più remunerativi e più complessi.108 Per queste ragioni e per la difficoltà delle industrie più grandi di assorbire la massa di donne spesso analfabete e senza le competenze adatte, la maggior parte delle casalinghe residenti nelle aree urbane fu coinvolta nelle attività delle cosiddette “fabbriche di strada”. Il ruolo di casalinghe consentiva loro di poter lavorare in improvvisati laboratori artigianali dove venivano prodotti oggetti di uso quotidiano da destinare alle fabbriche più grandi. 109 Queste piccole imprese collettive, basate su un investimento di capitali piuttosto esiguo e su un lavoro intensivo, impiegarono molte donne durante gli anni del Grande Balzo. Nella città di Pechino, ad esempio, tra il 1958 e il 1959 duecentomila donne, di cui centonovantamila casalinghe, furono coinvolte in questa nuova attività.110 Nelle “fabbriche di strada” i prodotti erano solitamente ottenuti dal riciclaggio di materiali di scarto di altre industrie o da vecchi oggetti. Pezzi di pelle ormai inutilizzati erano lavorati per produrre delle cinture, residui di vari materiali impiegati per ricavare chiodi, fibbie o chiavi. I laboratori erano spesso costruiti grazie all’iniziativa delle stesse casalinghe che, motivate dalla propaganda del Grande Balzo, erano ansiose di fornire il loro personale contributo alla costruzione di una nuova società. Tuttavia l’organizzazione delle imprese era difficoltosa per loro, che non avevano particolari conoscenze e abilità tecniche. Il modo per sopperire a queste carenze era senza dubbio quello di mandare alcune donne a seguire dei corsi pratici nelle fabbriche per acquisire una maggiore competenza, oppure invitare nelle piccole cooperative di strada degli esperti in grado di impartire i rudimenti dell’attività industriale.111 Le imprese operavano non solo nel settore tessile, in quello alimentare o dell’industria leggera, ma erano spesso anche implicate nella produzione destinata all’industria pesante. Il PCC, infatti, aveva fissato a 10,7 tonnellate, come già accennato, la quota di acciaio da produrre entro la fine del 1958. L’ACWF, seguendo ciecamente l’appello del partito, ricordava anche alla manodopera femminile l’importanza di un tale

108 Ibid., p. 62. 109 Ibid. 110 CROLL, Feminism…, cit., p. 264. 111 Ibid.

67 obiettivo. Secondo la rivista Donne Cinesi, nelle aree rurali molto era già stato fatto, ma le città avevano ancora parecchio potenziale lavorativo da esprimere. Secondo i dati riportati dalla rivista, nelle aree urbane vi erano circa dodici milioni di casalinghe che si erano impegnate in attività lavorative per la costruzione del socialismo, e che senza dubbio costituivano una “abbondante risorsa umana” in grado di contribuire alla produzione dell’acciaio richiesto dal movimento del Grande Balzo.112 Attorno a queste piccole imprese si estendevano le comuni che, dal 1958, avevano iniziato a formarsi anche nelle aree urbane. Esse incorporavano al proprio interno i comitati di strada organizzati in larga parte dalle casalinghe e impegnati nel gestire la partecipazione dei residenti di un determinato quartiere nell’educazione politica, nella creazione di servizi come mense, scuole, asili, etc. 113 Insieme alle piccole industrie di strada, i comitati costituivano la base delle neonate comuni urbane, esperimento peraltro di breve durata nella storia della RPC. Esse, infatti, cessarono di esistere con la fine del movimento del Grande Balzo, anche se parecchie strutture al loro interno sopravvissero ancora per anni.114 Sebbene le comuni urbane fossero già state organizzate nel 1958, l’enfasi data dal PCC alla produzione e alla necessità di raggiungere determinati obiettivi, fece sì che strutture come mense e asili comuni venissero utilizzate in maniera consistente solamente a partire dal 1960, nel periodo in cui la mobilitazione della forza lavoro femminile nell’industria raggiunse il suo apice. 115 Donne Cinesi, nello stesso anno, dedicava molto spazio alla storia e all’esperienza delle comuni sia rurali sia urbane. Le comuni della città di Harbin, nate nel 1958, ad esempio, due anni dopo avevano raggiunto il loro massimo sviluppo e coinvolgevano nella loro attività economica e sociale le molte casalinghe che “sotto la guida del PCC avevano seguito la rivoluzione e avevano

112 “Funü yao jiji canjia he zhiyuan gangtie shengchan” 妇女要积极参加和支援钢铁生产 (Le donne devono partecipare attivamente e sostenere la produzione di acciaio), ZGFN, 1959 (13), p. 5. 113 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 65. 114 Ibid., pp. 66-67. 115 Ibid.

68 contribuito alla vittoriosa costruzione socialista”.116 Le comuni di Harbin, come le altre sparse sul territorio cinese, costituivano non solo un modo per organizzare al meglio il lavoro e la produzione, ma anche un modo per organizzare la vita dei lavoratori e andare incontro ai loro bisogni, in particolare a quelli delle donne. A tale scopo fu promosso l’utilizzo di mense, asili nido, scuole materne che potevano permettere alle casalinghe di “risolvere la contraddizione tra la partecipazione alla costruzione socialista e i lavori domestici”.117

2.4 Essere donna, moglie e madre durante il grande balzo in avanti

La grande mobilitazione di massa delle donne nelle aree rurali durante gli anni del Grande Balzo in Avanti rappresentò per la leadership del PCC e per quella dell’ACWF in primo luogo un modo per promuovere tra la popolazione una vera, definitiva emancipazione della donna. L’immissione su larga scala della manodopera femminile nel lavoro produttivo si basava, fondamentalmente, sulle idee di Marx ed Engels riguardanti l’uguaglianza dei sessi, ma, allo stesso tempo, poneva la maternità, la necessità di proteggere la salute procreativa delle donne e la famiglia, al centro della costruzione socialista della nuova Cina. Questo tipo di approccio, che è stato definito “marxista maternalista”,118sosteneva, prendendo ispirazione dalla teoria di Engels sulla famiglia, che le donne avrebbero potuto raggiungere la piena uguaglianza dei sessi partecipando attivamente alla produzione e ottenendo così l’indipendenza economica, ma differiva in alcuni aspetti dal pensiero del filosofo tedesco. Prima

116 ZHANG Shude, “Chengshi renmin gongshe da da zujin le funü chedi jiefang shiye”城市人民公 社大大促进了妇女彻底解放事业( Le comuni urbane hanno accelerato in modo grandioso il processo di liberazione delle donne), in ZGFN, 1960 (8), p. 5. 117 Ibid. 118 Kimberley Ens MANNING, “Making a Great Leap Forward? The Politics of Women’s Liberation in Maoist China”, in KO,WANG, Translating Feminism…, cit., p. 142; “Marxism Maternalism, Memory, and the Mobilization of Women in the Great Leap Forward”, The China Review, vol.5, no.1, 2005, pp. 86-87.

69 di tutto, Engels era convinto che l’entrata delle donne nel mondo del lavoro, la collettivizzazione dei mezzi di produzione e l’abolizione della proprietà privata, avrebbero direttamente consentito alle donne di raggiungere una completa uguaglianza. La leadership del PCC, invece, fin dagli anni precedenti la fondazione della RPC, insistette particolarmente sulla necessità di dare alle donne coinvolte nella produzione un completo supporto. La creazione di gruppi femminili negli anni Venti e Trenta fino ad arrivare alla fondazione dell’ACWF nel 1949, ad esempio, costituirono un modo per garantire un “sostegno istituzionale” alle donne che per secoli avevano patito discriminazioni e oppressioni.119 Un’esigenza di questo tipo si basava sul principio, mai espresso chiaramente dalla propaganda ma dato per scontato, che l’uomo e la donna fossero fondamentalmente diversi. Tale diversità non dipendeva solamente dalle ingiustizie e i soprusi subiti dalle donne nel corso della storia cinese, ma anche da differenti caratteristiche fisiologiche tra i due sessi. Le attitudini sessuali, secondo un’idea predominante negli anni Cinquanta in Cina e ancora largamente diffusa almeno fino agli anni Novanta, erano essenzialmente molto diverse tra uomo e donna.120 Pur rifiutando ufficialmente la società tradizionale cinese, il PCC si faceva portavoce, in particolare alla fine degli anni Cinquanta, di un approccio alla sessualità legato strettamente alla cultura classica. Rifacendosi all’idea di complementarità e armonia tra ying e yang, si considerava l’uomo come elemento yang, vale a dire attivo e forte, mentre la donna, associata allo ying, era ritenuta passiva e remissiva.121 La natura di complementarità che i discorsi ufficiali associavano al rapporto tra uomo e donna, costituiva uno strumento molto forte per porre il matrimonio eterosessuale al centro della moralità promossa dal PCC. 122 In quest’ottica gli unici rapporti sessuali

119 MANNING, Marxism Maternalism…, cit., p.87. 120 Harriet EVANS, Women and Sexuality in China: Dominant Discourses of Female Sexuality and Gender since 194, Cambridge, Polity Press, 1997, p. 33. 121 Ibid., p. 45. 122Visioni di questo tipo, oltretutto, erano, durante tutto il periodo del Grande Balzo in Avanti e oltre, le uniche disponibili per la popolazione cinese. Fino all’anno della morte di Mao, avvenuta nel 1976, in Cina non era assolutamente diffusa un’educazione sessuale basata su reali requisiti scientifici e il più diffuso opuscolo riguardante tali argomenti era “Conoscenza sul sesso” (Xing zhishi), pubblicato nel 1956. Cfr. FANG Fu Ruan, Sex in China. Studies in Sexology in Chinese Culture, New York, Plenum Press, 1991, p. 172.

70

approvati dovevano essere quelli consumati all’interno del matrimonio, in cui grande importanza era data alla procreazione.123 Le informazioni riguardanti l’uso dei contraccettivi erano molto rare e quasi completamente inaccessibili per donne che, contratto un matrimonio, non avessero ancora avuto figli. La leadership del partito, infatti, incoraggiava apertamente le donne ad avere figli per andare incontro al loro “destino biologico” attraverso la maternità e la formazione di una famiglia “democratica e socialista”.124 Con il movimento di collettivizzazione, nel 1956, le donne erano divenute una componente attiva nella produzione agricola e, parzialmente, in quella industriale: bisognava dunque garantire loro delle protezioni e attenzioni speciali, perché potessero continuare a prendersi cura del benessere familiare. In un editoriale pubblicato sul Renmin Ribao, il 16 maggio del 1956, infatti, si legge:

La partecipazione al lavoro nei campi è, per la donna, un diritto e un dovere. Ma allevare la prole e badare alle faccende domestiche è un compito a cui esse non possono sottrarsi. Questa è la condizione particolare che rende le donne differenti dagli uomini.125

Un’affermazione di questo tipo, propria della politica di genere del PCC, appare in netto contrasto con il progetto utopistico maoista che si è cercato di realizzare durante il Grande Balzo in Avanti e che propugnava un’eliminazione delle distinzioni tra lavoro mentale e manuale, tra intellettuale e contadino. Il raggiungimento di tale obiettivo sarebbe stato possibile anche grazie alla creazione delle comuni popolari, che avrebbero contribuito a cancellare ogni distinzione di stato sociale. Durante gli anni del Grande Balzo, moltissimi

123 H.Evans spiega anche come moltissime coppie durante gli anni Cinquanta fossero incoraggiate, prima di contrarre il matrimonio, a sottoporsi a check-up medici, per assicurarsi che il proprio partner non fosse soggetto a patologie in grado di comprometterne le potenzialità riproduttive. Dal momento che solo i rapporti all’interno del matrimonio erano tollerati, persone soggette a impotenza o altri problemi di questo tipo non avevano possibilità “legittime” di consumare rapporti sessuali. Cfr. EVANS, Women and Sexuality…, cit., p. 42. 124 MANNING, Marxism Maternalism…cit., p. 89. 125 “Baohu nongcun funü ertong de jiankang” 保护农村妇女儿童的健康(Proteggiamo la salute delle donne residenti nelle aree rurali e dei bambini), Renmin Ribao , d’ora in poi abbreviato in RMRB, 16 maggio 1956, p. 1.

71 intellettuali furono mandati a lavorare i campi nelle aree rurali e a fare esperienza di vita contadina. Questa pratica, che veniva chiamata “imparare dalle masse”, faceva parte integrante del progetto maoista di creare persone in grado di svolgere sia lavori manuali sia lavori di tipo intellettuale. La volontà di appianare le differenze sociali, però, non fu assolutamente presa in considerazione nella distinzione dei ruoli tra uomo e donna. Ann Kay Johnson fa notare come, “neanche nei movimenti maggiormente utopistici, non fu mai avanzata l’ipotesi che gli uomini potessero imparare a lavorare nelle lavanderie o negli asili nido e potessero comprendere il valore e la pratica dei lavori legati alla cura della famiglia di competenza esclusivamente femminile”.126 Il coinvolgimento su larga scala della manodopera femminile, dunque, non doveva far dimenticare alle donne il loro ruolo di mogli e madri. Perché cucinare, badare alla casa e alla prole non fossero di eccessivo ostacolo al lavoro di produzione, nelle comuni furono sviluppate forme di socializzazione dei lavori domestici in grado di risolvere il conflitto, vissuto dalla maggior parte delle donne, tra l’adesione alla costruzione socialista e la cura della famiglia.127 A questo scopo furono introdotti, alla fine dell’estate del 1958, i cosiddetti “cinque cambiamenti”(wuhua), che avrebbero, secondo i discorsi ufficiali, profondamente mutato la vita di tutti i giorni delle donne cinesi. La campagna, che fu lanciata nelle comuni agricole, prevedeva queste innovazioni: 1. I pasti dovevano essere consumati nelle mense; 2. gli abiti dovevano essere confezionati in nuovi laboratori grazie all’uso di macchine da cucire professionali; 3. i parti non avrebbero più avuto luogo in casa ma in appositi “centri per le nascite”; 4. nuovi asili nido avrebbero costituito una garanzia per la cura dei bambini durante le ore di lavoro;

126 JOHNSON, Women, the Family …, cit., p. 167. 127 La collettivizzazione dei mezzi di produzione, alla metà degli anni Cinquanta, non aveva permesso di espandere le possibilità di impiego per le donne e, soprattutto, non era riuscita a trovare una soluzione alla contraddizione tra il lavoro fuori casa e quello svolto (ma non ricompensato) dalle donne in famiglia. Le cooperative, specialmente quelle agricole, non erano state in grado di fornire un aiuto adeguato nelle faccende domestiche e nella cura dei bambini per le donne coinvolte ora in lavori di produzione. Cfr. CROLL, Feminism …, cit., p. 266.

72

5. la farina sarebbe stata macinata in mulini a disposizione dell’intera comunità. La maggior parte dei compiti, nella gestione dei “cinque cambiamenti” ricadeva, ovviamente, sulle donne, anche se, da questo momento in modo socializzato e non più individuale. L’8 marzo 1959, in occasione della festa della donna, Cai Chang affermava: “con la socializzazione dei lavori domestici, un’ampia parte della manodopera femminile ha raggiunto una grande liberazione”.128 Le stime diffuse sulle pagine del Renmin Ribao sostenevano che, in quell’anno, nelle aree rurali cinesi fossero stati istituiti quattro milioni e novecento ottanta mila tra asili nidi e scuole primarie e più di tre milioni e seicento mila mense comuni.129 Queste ultime rappresentarono, probabilmente, il più significativo cambiamento nella vita delle famiglie contadine cinesi. Ogni pasto era consumato insieme alla comunità, nulla doveva più essere cucinato in maniera individuale. Realizzare questo tipo di politica voleva dire seguire ciecamente le parole del Presidente Mao che, in occasione del convegno di Beidaihe tenutosi nell’agosto del 1958, aveva affermato “quando la gente può mangiare nelle mense comuni e non dover occuparsi di cucinare il cibo, lì si realizza il comunismo”.130 Tra l’estate e l’autunno del 1958, così, molti contadini portarono alle mense comuni le quantità che ancora possedevano di grano e verdure e, in molti casi, anche le pentole che venivano usate dalla comunità per cucinare o per alimentare le “fornaci da giardino” installate per la produzione di acciaio. 131 La diffusione delle mense comuni, secondo le stime ufficiali, fu molto rapida132, tanto che, nel

128 CAI Chang, “Zai shoudu gejie funü jinian “san ba” guoji funüjie dahui shang de jianghua” 在首 都各界妇女纪念“三八”国际妇女节大会上的讲话 (Discorso tenuto a Pechino in occasione della commemorazione della Festa internazionale della Donna), in RMRB, 8 marzo 1959, p. 2. 129 Ibid. 130 Citato in XIN Yi, “On the Distribution System of Large-Scale People’s Commune”, in MANNING, WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., p. 132. 131 HERSATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 250. 132 Il successo immediato che lo stabilimento delle mense comuni ebbe tra moltissimi contadini è spiegabile senza dubbio dal sistema della distribuzione gratuita del surplus e delle scorte secondo necessità. Alla nascita delle comuni, infatti, furono moltissimi i casi in cui i governi locali distribuivano razioni di grano, olio, riso e cereali gratuitamente nelle mense comuni, ignorando il sistema di compenso basato sulla qualità e quantità di lavoro svolto. Il Comitato Centrale spesso ignorò questa mancanza e in molti casi la appoggiò perché considerata “più comunista”. Questa politica, applicata in modo molto diverso da regione a regione e senza delle vere regole stabilite, risultò in un forte calo della produzione, portò a un profondo cambiamento

73

1958 nelle regioni del nord e del nord-est della Cina, l’ottanta percento dei contadini aveva aderito all’iniziativa. Esse, insieme agli altri servizi garantiti ai lavoratori, avevano permesso un’emancipazione della forza lavoro, in particolare di quella femminile.133 Le donne residenti in alcuni villaggi situati nella provincia dello Shaanxi, intervistate nell’opera della Hershatter, raccontano come, quando le mense comuni furono aperte, l’entusiasmo fosse molto alto. La maggior parte di esse era grata al partito per aver permesso alle donne di non dover pensare a cucinare una volta tornate esauste a casa dopo una giornata di lavoro. Tuttavia, secondo le loro stesse parole, questa felicità “fu davvero di breve durata”.134 Le mense comunitarie permettevano di dare da mangiare a molti lavoratori occupati in progetti fuori casa come la fusione dell’acciaio o la costruzione di impianti di irrigazione, ma contribuirono a logorare sempre di più il sistema tradizionale delle famiglie rurali. In occasione di funerali o matrimoni, era diventato ormai impossibile organizzare, secondo la tradizione, banchetti e celebrazioni. Nessuna famiglia era più in grado di avere delle scorte personali da consumare in determinati avvenimenti. Per mangiare, infatti, era necessario iscriversi su un registro nella mensa e non era possibile ottenere del cibo in eccedenza per organizzare un pranzo privato.135 Anche tornare nel proprio villaggio natale in occasione delle nozze diventava quasi impossibile per le giovani spose: allontanarsi dal proprio lavoro significava non guadagnare “punti” e quindi non poter accedere al servizio di ristorazione delle mense comunitarie.136 Tutte queste limitazioni avevano inciso profondamente sulla vita dei villaggi e dei loro abitanti, che vedevano scomparire le occasioni di socializzazione tra parenti e amici. Anche le tradizioni radicate da secoli nella cultura cinese, come quelle legate al culto degli antenati, la visita alle tombe

dell’ordine sociale e fu una delle cause che portarono al fallimento delle comuni e del Grande Balzo in Avanti. Cfr. XIN, “On the Distribution System…” cit.., pp. 130-147.

133 Stime di partecipazione citate in “Banhao gonggong shitang”, 办好公共食堂 (Gestire bene le mense comuni), RMRB, 25 ottobre 1958, p. 1. 134 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 251. 135 Ibid. 136 Ibid.

74 ancestrali in occasione della festa del Qingming, iniziarono a non essere più osservate.137 La “Risoluzione sulle problematiche riguardanti le comuni popolari”, approvata il 17 dicembre del 1958 dichiarava di voler abolire il sistema patriarcale sostituendolo con una vita familiare caratterizzata da “unità e democrazia”.138 Secondo i discorsi ufficiali, dunque, il potere patriarcale doveva essere sostituito con la formazione di un nucleo familiare armonioso e unito, basato sull’uguaglianza dei suoi membri. L’emancipazione della donna dal punto di vista economico rendeva possibile l’uguaglianza di diritti tra marito e moglie e, in una “famiglia ideale” le uniche differenze tra uomo e donna sarebbero state quelle “fisiologiche”. I bambini, nella nuova società democratica, non sarebbero più stati considerati una proprietà, ma delle persone. L’autorità di educare i figli spettava ovviamente ai genitori, coadiuvati in questo compito dal sistema socializzato di asili e scuole primarie, anche se essi dovevano sviluppare una propria personalità senza essere sottomessi al padre e senza mostrare a quest’ultimo una cieca obbedienza.139 La socializzazione dei lavori domestici e l’applicazione pratica di politiche di questo genere hanno senza dubbio causato un enorme cambiamento nelle famiglie. La volontà del PCC di realizzare nuclei familiari “uniti” e “democratici” che fossero parte della “grande famiglia” costituita dalla comune popolare, comprometteva i naturali rapporti tra marito e moglie e tra genitori e figli. La politica e la propaganda costituivano ormai una parte integrante della vita di ogni individuo e stabilivano il criterio per ogni scelta, anche personale. Secondo Donne Cinesi, ad esempio, il pensiero politico doveva essere in comune con il proprio marito, perché fosse garantita un’unione solida e armoniosa:

Se il pensiero politico è uguale nella coppia, ma non ci sono amore e rispetto reciproco, l’unione può essere cancellata. Ma, se l’amore tra i

137 YAN Yunxiang, The flow of Gifts: Reciprocity and Social Networks in a Chinese Village, Standford, Standfort University Press, 1996, p. 39. 138 “Resolution on Question Concerning People’s Commune”, in BOWIE, FAIRBANK (a cura di) Communist China, 1955-1959, Policy Documents, cit., p. 489. 139 CROLL, Feminism …, cit., p. 277.

75

due coniugi non è costruito su una base politica identica, al contrario, è molto complesso trovare un linguaggio comune e continuare una vita insieme.140

La famiglia basata su un matrimonio tra un uomo e una donna con i medesimi ideali politici era, quindi, il requisito per una Cina democratica e socialista. A questo scopo, come già accennato, venne data particolare importanza fin dal movimento di collettivizzazione, ma soprattutto nella fase di costruzione delle comuni, alla salute procreativa delle donne. Tra i “cinque cambiamenti” introdotti nelle comuni agricole cinesi, vi fu anche la costruzione di particolari “centri per le nascite”(chanyuan), punto di partenza per promuovere un “grande balzo in avanti nel lavoro di protezione della salute”.141Siccome il ruolo di “madre” era ritenuto importante dalle politiche del PCC, dai primi anni Cinquanta erano state introdotte alcune misure per migliorare le condizioni igieniche al momento del parto e abbassare il livello di mortalità infantile che, nelle campagne, era particolarmente alto.142 Con il processo di socializzazione e la costruzione di questi centri, si cercava di abbandonare sempre di più l’abitudine delle donne cinesi residenti in campagna di partorire nelle proprie dimore. Nelle comuni erano le brigate di produzione e le organizzazioni femminili ad occuparsi delle nascite e della salute delle partorienti. Con l’entusiasmo popolare che accompagnò nel 1958 e nel 1959 la campagna del Grande Balzo in Avanti anche in questo ambito furono fissati dai governi locali obiettivi ambiziosi. Nell’agosto del 1958 le autorità locali della provincia dello Shaanxi, ad esempio, annunciarono che in un periodo di quattordici giorni ogni città avrebbe dovuto avere un ospedale e un “centro per le nascite”, mentre ogni comune avrebbe dovuto dotarsi di un centro ostetrico, una piccola clinica

140 “Fuqi gongtong shenghuo de jichu shi shenme?” 夫妻共同生活的基础是什么? (Qual è il fondamento di una vita in comune tra marito e moglie?), ZGFN, 1960 (1), p. 26. 141 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 172. 142 Per una panoramica sulle politiche adottate dal PCC nelle aree rurali negli anni Cinquanta riguardo le nascite, la formazione di ostetriche e la salute delle partorienti cfr. HERSHATTER, “Birthing Stories: Rural Midwives in 1950s China”, in Jeremy BROWN, Paul G. PICKOWICZ, Dilemmas of Victory: The Early Years of the People’s Republic of China, Cambridge, Harvard University Press, 2007, pp. 337-359.

76 ospedaliera e un centro per la cura dei neonati.143 Tuttavia fu impossibile raggiungere questi risultati e, nella maggior parte dei casi, le cliniche specificatamente adibite alle nascite, risultavano prive delle minime misure igieniche e non sufficientemente attrezzate.144 Secondo le regolamentazioni stabilite per questi centri, le donne in gravidanza avevano diritto ad un mese di degenza prima del parto e a un mese dopo la nascita del bambino. Si trattò, però, di iniziative ben presto abbandonate: la maggior parte delle giovani donne non poteva permettersi questo servizio che era a pagamento. La necessità di guadagnare un maggior numero di “punti lavoro”, inoltre, rendeva necessario per le donne continuare a lavorare per poter accedere alle mense comuni e alle razioni di riso o frumento. Moltissime donne, quindi, continuando il lavoro nei campi fino a quasi il momento del parto, andavano incontro a molte complicazioni. La nascita di parecchi bambini, dunque, continuò, nonostante la socializzazione in atto con il Grande Balzo, ad avvenire tra le mura domestiche, dove la mamma partoriva grazie, soprattutto, all’aiuto della suocera. Pochi potevano permettersi di affrontare le spese di un’ostetrica a domicilio e, inoltre, molto spesso era complesso trovarne una disponibile nelle vicinanze.145 Come nelle campagne, anche nelle aree urbane con l’avvio del Grande Balzo si stabilirono misure per socializzare i lavori domestici e migliorare le strutture già costruite alla metà degli anni Cinquanta. Le prime statistiche, risalenti agli ultimi mesi del 1958, evidenziano che nelle città grandi e medio grandi, i comitati di quartiere avevano stabilito circa cinquantamila mense comuni in grado di distribuire i pasti giornalieri a cinque milioni e duecentomila persone.146A differenza delle aree rurali, questo servizio era più facile da organizzare nelle città, e aveva avuto tra i lavoratori un successo più duraturo. Le mense comunitarie, che rimasero in piedi ancora dopo il Grande Balzo, erano situate all’interno delle aziende, e ad esse potevano accedere anche i familiari dell’operaio che vi lavorava. Gli asili nido e le scuole primarie, invece, raggiunsero agli inizi del 1959 nelle città il numero di quarantaduemila, e un

143 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 172. 144 Ibid. 145 Ibid., p. 176. 146 CROLL, Feminism…, cit., p. 271.

77 milione e duecentomila bambini usufruiva di questi servizi. La città di Pechino, nello stesso anno, contava più di mille duecentocinquanta asili nido, che ospitavano circa sessantaduemila bambini.147 I vari servizi, come gli asili e le mense, legati alla vita quotidiana della comunità urbana, erano completamente affidati ai comitati cittadini, in larga parte gestiti da donne. Questo fattore comportava un coinvolgimento sempre maggiore delle casalinghe nell’organizzazione del sistema sanitario, educativo e delle piccole industrie di strada molto diffuse negli anni del Grande Balzo in Avanti. Ciò rendeva senz’altro la posizione delle donne nelle aree urbane migliore rispetto a quella delle aree rurali, dove il livello dei servizi sanitari, di alfabetizzazione e industrializzazione erano nettamente più bassi. 148 Nonostante questa differenza, l’enfasi posta dalla propaganda ufficiale sul ruolo della donna nei lavori domestici rifletteva una divisione del lavoro di tipo tradizionale, che non permise di raggiungere davvero una reale emancipazione della figura femminile da quei compiti considerati sempre e comunque di sua esclusiva competenza.

147 Ibid. 148 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., pp. 72-73.

78

Capitolo terzo

Il grande balzo in avanti e i modelli di ruolo nella propaganda del PCC

3.1 Modelli di ruolo nella cultura cinese: il periodo maoista e l’eredità confuciana

La fase iniziale del Grande Balzo in Avanti fu, per la Cina, un periodo di grande fervore ideologico, politico ed economico. La costruzione delle comuni popolari, cominciata nell’estate del 1958, avrebbe permesso alla Cina di entrare finalmente nel comunismo e la propaganda del PCC si impegnò a coinvolgere direttamente la popolazione cinese in questa nuova rivoluzione, esaltando i benefici che il sistema avrebbe portato al paese. Nell’agosto del 1958, durante la sua visita alle diverse province cinesi, Mao si recò anche nello Henan, dove, nel giro di pochi mesi, erano state create le prime comuni popolari.1 Fu qui che Mao, dopo aver visitato la comune di Qiliying, pronunciò la celebre frase “le comuni popolari sono buone” (renmin gongshe hao).2 Le parole del Grande Timoniere da quel momento divennero uno slogan conosciuto in tutto il paese, e portarono alla definizione delle prime comuni “modello”. Come sottolineato in precedenza, gli obiettivi di produzione fissati in questa fase dal PCC erano molto ambiziosi e presupponevano un impiego massiccio della forza-lavoro cinese. Per questo motivo la leadership del partito si rese conto della necessità di promuovere una campagna di emulazione, che mettesse le province, le comuni popolari e le squadre di lavoro in competizione l’una con l’altra. Mediante la promozione di modelli, si voleva spronare la popolazione a raggiungere i target di produzione

1 DOMENACH, Aux Origines…, cit., p. 153. 2 Ibid.

79 stabiliti dal PCC e a dimostrare la fede cieca nei valori dell’ideologia maoista, che stava alla base delle politiche del Grande Balzo in Avanti. 3 La pratica di creare modelli di ruolo, simbolo di determinati valori da mostrare al popolo, si presenta come una caratteristica costante della propaganda del PCC fino ai giorni nostri. Nondimeno, come sottolineano alcuni studiosi, essa affonda le sue radici nella tradizione culturale cinese. 4 Lo stato cinese, infatti, fin dall’antichità, aveva sviluppato una forma di propaganda che, attraverso l’uso di modelli di ruolo, si proponeva di forgiare il modo di pensare e i comportamenti delle persone.5 Questo tipo di iniziativa trovava riscontro nella tradizione confuciana, che per secoli ha dominato la società cinese. Confucio (551 a.C. - 479 a.C.) era convinto che la caratteristica principale della natura umana fosse la sua malleabilità. L’individuo non nasceva con un’umanità dalle caratteristiche definite, ma doveva modellare il proprio essere e il proprio carattere con l’educazione e lo studio.6 Grazie ai propri sforzi e agli esempi degli antichi saggi, ogni uomo, popolano o appartenente all’élite culturale, poteva raggiungere alte forme di virtù e saggezza, poiché per Confucio, erano più importanti le qualità morali rispetto alla famiglia e al ceto di appartenenza.7 Confucio invitava gli uomini a cercare la Via del passato (dao), che era stata percorsa dai saggi e dai sovrani dell’antichità e che aveva permesso loro di governare con giustizia e in armonia.8 I modelli passati costituivano dunque un esempio di rettitudine, moralità e virtù. La rivelazione della Via non era, nella dottrina confuciana, un obiettivo semplice da ottenere, ma poteva essere raggiunta solo attraverso un’incessante ricerca interiore, il continuo studio, la

3 Frank DIKOTTER, Mao’s Great Famine, London, Bloomsbury Publishing, 2010, p. 35. 4 Cfr. Mary SHERIDAN, “The Emulation of Heroes”, in The China Quarterly, no 33, 1968; Donald J. MUNRO, The Concept of Man in Contemporary China, The University of Michigan Press, 1977, pp. 135-157; Gay Garland REED, “Moral/Political Education in the People’s Republic of China: Learning through Role Models”, Journal of Moral Education, vol. 24, no. 2, pp. 99-111. 5 Stefan R. LANDSBERGER, Chinese Propaganda Posters: from Revolution to Modernization, Amsterdam, M. E. Sharpe, 1996, p. 18. 6 TU Wei Ming, Way, Learning and Politics. Essays on the Confucian Intellectuals, Albany, State University of New York Press, 1993, p. 30. 7 John BERTHRONG, Evelyn BERTHRONG, Confucianesimo. Una introduzione, tr. Marcello Ghilardi, Roma, Fazi Editore, 2004, p. 58. 8 Tiziana LIPPIELLO (a cura di), Confucio. Dialoghi, Torino, Einaudi, 2003, p. 14.

80 disciplina e l’osservanza di antiche regole di comportamento sociale. 9 Il cammino che l’individuo intraprende, non privo di ostacoli, deve essere compiuto al fianco di modelli ed esempi da emulare o dai quali allontanarsi:

Il Maestro disse: “Quando incontrate persone virtuose cercate di emularle, quando incontrate persone che tali non sono, guardate in voi e meditate”. (IV, 17)10

Presentando le gesta virtuose di governanti del passato e figure di personaggi dal comportamento irreprensibile, Confucio si poneva come primo obiettivo quello di insegnare ai sovrani dei vari regni da lui visitati il modo corretto di governare.11 Il buon governo, tipico dell’epoca d’oro delle dinastie Xia, Shang e Zhou occidentali,12era caratterizzato dall’osservanza delle corrette regole di comportamento e delle norme rituali (li), che dovevano continuare a essere tramandate per permettere una perpetua meditazione e il raggiungimento della serenità interiore tipica dell’uomo nobile d’animo.13 Nel rispettare le antiche norme comportamentali, l’uomo, secondo Confucio, distingueva la propria natura da quella animale, in particolare grazie al

9 Ibid. 10 Tradotto in LIPPIELLO (a cura di), Confucio. Dialoghi, cit., p. 39. 11 Il continuo riferimento alle epoche precedenti e all’ammirazione nei confronti del buon governo del passato è dovuto all’inserimento di Confucio in un contesto storico molto travagliato: egli visse, infatti, tra il periodo delle Primavere e degli Autunni (770- 454 a. C.) e il periodo degli Stati Combattenti (453- 222 a.C.). Quest’ultimo fu caratterizzato da una profonda frammentazione territoriale e dalla lotta continua tra sette principati che cercavano di contendersi il potere. Cfr. LIPPIELLO (a cura di), Confucio. Dialoghi, cit., p. 9. 12 La dinastia Xia è collocata tradizionalmente nel secondo millennio a. C., la dinastia Shang nel settimo secolo a. C. Quella Zhou, invece, rovesciò la dinastia Shang nell’undicesimo secolo e durò fino al 222 a.C. La prima data certa della storia cinese è l’841 a.C., anno di inizio del periodo Gonghe della dinastia Zhou. Le date riportate tradizionalmente per i periodi precedenti sono dunque scarsamente attendibili, nonostante grazie a scavi archeologici sia stata verificata la veridicità storica dell’esistenza delle tre dinastie. Cfr. SABBATINI, SANTANGELO, Storia della Cina, cit., p. 41. 13 L’uomo nobile d’animo (junzi) è, secondo Confucio, colui che ha intrapreso il cammino impervio della Via, e che, grazie alla meditazione, allo studio e al dominio dei propri sentimenti egoistici, consegue la vera virtù, vale a dire l’umana benevolenza (ren). Il junzi arriva a costruire la propria personalità con armonia e in maniera appropriata, basandosi sull’osservanza dei riti e di un “contegno appropriato” (yi). In questa maniera egli potrà conformarsi al modello del dao un punto di riferimento ed esempio per gli altri. Cfr. Maurizio SCARPARI, Il Confucianesimo. Fondamenti e testi, Torino, Einaudi, 2010, p. 175.

81 sentimento di amore filiale (xiao), tipico solamente degli esseri umani.14 Il rispetto del figlio verso i propri genitori, soprattutto verso il padre, faceva parte delle Cinque Relazioni (wulun), di fondamentale importanza in un corretto modo di agire. La dottrina delle Cinque Relazioni (sovrano-ministro; padre- figlio; marito-moglie; fratello maggiore-fratello minore; amico-amico) non fu codificata da Confucio, ma fu fissata in seguito e posta alla base di ogni tipo di relazione sociale. Ogni altro tipo di relazione umana, infatti, può essere ricondotta a una delle cinque relazioni, e il ruolo dell’individuo nella società dipende dal suo modo di mettersi in relazione con l’altro.15 Il senso della gerarchia insito in questo principio, rafforzava la necessità di guardare all’esempio di un superiore e di conformarsi al suo comportamento. Per questo motivo in epoca Han (206- 220 d.C.) il confucianesimo divenne l’ideologia di stato. Le Cinque Relazioni, e in particolare il rapporto sovrano- ministro, figlio-padre e marito-moglie, divennero parte integrante del programma di educazione morale imposto dal governo centrale, volto a garantire ordine sociale e subordinazione del popolo alle autorità superiori.16 L’introduzione di modelli di emulazione per il popolo continuò durante le dinastie successive e affondava le sue radici nella diffusa convinzione che le idee corrette avessero origine da un modo di agire corretto. I modelli, sia quelli positivi sia quelli negativi, dovevano fungere da strumento per perfezionarsi e continuare il proprio percorso nella coltivazione di sé, andando a personificare i principi morali astratti promossi dallo stato.17 L’educazione a questo tipo di virtù e ai codici comportamentali ad esse legati, costituiva uno degli strumenti principali per controllare le azioni della popolazione e, automaticamente, portava all’accettazione del codice etico confuciano come principio assoluto di pensiero e di condotta. 18 Tra i classici confuciani, posti a fondamento dell’educazione formale, era annoverato, ad esempio, il “Classico della pietà

14 Ibid., p. 21. 15 Lee Diane RAINEY, Confucius and Confucianism. The Essentials, London, Wiley-Blackwell, 2010, p. 28. 16 TU Wei Ming, “Probing the ‘Three Bonds’ and ‘Five Relationship’ in Confucian Humanism”, in George A. DE VOS, Walter H. SLOTE (a cura di), Confucianism and the Family, Albany, State University of New York Press, 1998, p. 122. 17 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 19. 18 Ibid.

82 filiale” (Xiaojing) composto nel 239 a.C. circa, che promuoveva il rispetto e la sottomissione ai genitori come la principale virtù che ognuno avrebbe dovuto coltivare.19 La pietà filiale continuò a mantenere la propria fondamentale importanza nella cultura cinese, tanto che, durante la dinastia Yuan (1279-1368), venne composta l’opera “Ventiquattro esempi di pietà filiale” (Ershisi xiao), che proponeva le storie di ventiquattro giovani distintisi nella devozione nei confronti dei propri genitori, fornendo un modello da emulare per la popolazione.20 Erano anche diffuse, poi, e costituivano materiale di studio, versioni scritte di canzoni popolari, aneddoti rilevanti delle storie dinastiche, libri di morale, ecc.21 Questo tipo di educazione, però, poteva essere riservata solamente a una classe abbiente, in grado di dedicare tempo e denaro allo studio dei classici confuciani. Coloro che passavano gli esami imperiali, basati fondamentalmente su questo tipo di conoscenza, entravano a far parte non solo dell’élite culturale, ma anche della classe politica e andavano ad esercitare il potere conformemente alle prescrizioni confuciane. Il legame tra etica confuciana e comportamento sociale si faceva, dunque, sempre più stretto.22 A partire dalla dinastia Ming (1368-1644), però, si cercò di diffondere questo tipo di valori e modelli di emulazione anche tra le fasce più umili della popolazione, grazie alla lettura ad alta voce nei villaggi di testi di fondamentale valore educativo.23 In epoca Qing (1644-1911) questo tipo di sistema fu ripreso e rafforzato, con la lettura pubblica delle “Sei Massime” (Liu Yu), scritte dall’imperatore Shunzhi (1644-1661). Il testo invitava all’osservanza delle Cinque Relazioni e in particolare alla lealtà nei confronti del sovrano, alla pietà

19 L’elevazione della pietà filiale a fondamento di ogni virtù aveva anche uno scopo politico. Servire il sovrano e i propri superiori rientrava, infatti, nell’osservanza della pietà filiale e dava un significato politico ad un principio comportamentale in origine legato all’etica e ai valori della famiglia. Cfr. Lee Cheuk YIN, “Emperor Chengzu and imperial filial piety of the Ming Dynasty”, in Alan K. L. CHAN, Soor-hoon TAN (a cura), Filial Piety in Chinese Thought and History, London, Routledge Curzon, 2004, p. 146. 20 Theodore DE BARY, Richard LUFRANO, Sources of Chinese Tradition, vol. 2, Columbia University Press, 2000, p. 139. 21 Ibid. 22 Ibid., p. 20. 23 Ibid.

83 filiale e al rispetto degli anziani, attraverso l’esposizione orale di buoni e cattivi esempi che andavano emulati o evitati.24 Dal 1670 le “Sei Massime” furono sostituite dal “Sacro Editto Imperiale” (Sheng Yu), compilato dall’imperatore Kangxi (1662-1723). Esso si componeva di sedici massime, ognuna di sette caratteri, che fornivano al popolo indicazioni su un corretto comportamento secondo i canoni tipici dell’etica confuciana. La prima prescrizione, ad esempio, recitava:

Abbiate in grande considerazione la pietà filiale e la sottomissione al fratello maggiore, perché alle relazioni sociali sia data la dovuta importanza.25

Le letture di queste opere erano accompagnate da rappresentazioni teatrali, racconti di miti e leggende, canzoni popolari che, composte da burocrati e intellettuali locali, avevano lo scopo di immergere il popolo nelle cultura e nell’osservanza dell’etica confuciana. Le illustrazioni diffuse tra la popolazione, poi, permettevano di visualizzare e focalizzare esempi di comportamenti desiderabili e da emulare.26 L’utilizzo di modelli di generosità, di pietà filiale, diligenza o qualunque tipo di valore cui si volesse educare la popolazione, contribuiva, in primo luogo, ad assicurare alla dinastia il favore del popolo e la continuità dell’autorità morale necessaria per governare. Secondo la tradizione, infatti, solo al sovrano che possedesse virtù e forza morale, plasmate sul modello proposto dall’etica confuciana, era conferito il “mandato celeste”

(tianming), che legittimava il suo potere. 27

24 Zhengyuan FU, Autocratic Tradition and Chinese Politics, Cambridge, Cambridge University Press, 1993, p. 101. 25 Il testo delle sedici massime è tradotto e riportato in Victor H. MAIR, “Language and Ideology in the Written Popularization of the ‘Sacred Edict’”, in David JOHNSON, Andrew J. NATHAN, Evelyn S. RAWSKI (a cura di), Popular Culture in Late Imperial China, Berkeley and Los Angeles, California University of California Press, 1985, p. 325. 26 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 21. 27 L’introduzione del concetto di “mandato celeste” risale all’antica dinastia Zhou: secondo i sovrani Zhou, infatti, la divinità (shang) collocata nel cielo (tian) e identificata con esso, aveva conferito loro il diritto di governare e aveva rotto il legame con il sovrano della dinastia precedente. Il mandato era stato trasferito alla nuova dinastia perché il sovrano Zhou possedeva il de, letteralmente “virtù”. In questo periodo, però, il termine de non aveva ancora assunto il

84

Il confucianesimo ha, dunque, svolto per secoli il ruolo di ideologia di stato, influenzando e determinando i principali meccanismi di potere della Cina imperiale. In questi anni, di conseguenza, valori e modelli confuciani hanno costituito il punto di riferimento per generazioni di cinesi, andando a condizionare le loro vite e il loro modo di pensare e agire. L’etica confuciana, però, fu messa in discussione alla fine del Diciannovesimo secolo e il suo ruolo come ideologia di stato venne definitivamente meno con la caduta dell’impero, nel 1911. Ciò nondimeno, l’utilizzo di modelli comportamentali continuò negli anni successivi ad essere considerato importante, e diventò una componente essenziale della propaganda del PCC dal periodo di Yan’an fino ai nostri giorni. Pur rifiutando i principi tradizionali confuciani, la leadership comunista continuava a credere, infatti, nella malleabilità della natura umana. 28 L’educazione attraverso modelli che incarnassero i valori propugnati dal comunismo, avrebbe contribuito a formare una coscienza rivoluzionaria nel popolo e, quindi, un forte consenso verso le politiche del partito. L’educazione fornita dal PCC mirava alla creazione di un “uomo nuovo” (xin ren), frutto della nascita di nuove relazioni sociali e della partecipazione attiva nella rivoluzione e nella costruzione socialista.29 I primi modelli di emulazione furono proposti dal partito tra il 1943 e il 1944. In quel periodo l’esercito del GMD aveva circondato Yan’an, mettendo in grave difficoltà i comunisti e rendendo difficoltoso l’approvvigionamento di cibo e vettovaglie.30 In tali condizioni, l’introduzione di modelli di lavoratori forti e instancabili aveva lo scopo di spronare la popolazione alla produzione per

(segue nota) significato etico confuciano che andrà a ricoprire in epoca Han, ma indicava semplicemente una “forza magica”, probabilmente legata a pratiche sciamaniche e rituali. Cfr. SABBATINI, SANTANGELO, Storia della Cina, cit., p. 67. 28 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 24. 29 Lo scopo principale della rivoluzione comunista era quello di creare un nuovo modello di essere umano, moralmente e psicologicamente superiore ad ogni tipo di uomo fino a quel momento conosciuto. L’uomo nuovo comunista, partecipando alla rivoluzione, contribuiva alla creazione di una nuova società, allo stesso modo superiore rispetto a tutte le altre. Questo concetto, sviluppato in Russia, al tempo della Rivoluzione d’Ottobre, era stato portato avanti da Lenin e Stalin. Mao Zedong, ispirandosi al modello sovietico, portò in Cina l’esempio dell’uomo nuovo comunista, cui la popolazione doveva ispirarsi nella costruzione socialista. Cfr. Yigong CHENG, Creating the New Man: from Enlightenment Ideals to Socialist Realities, University of Hawaii Press, 2009, p. 4. 30 Mary SHERIDAN, “The Emulation of Heroes”, in The China Quarterly, no 33, 1968, p. 50.

85 sopravvivere all’attacco dell’esercito nemico. Nel dicembre del 1943, dunque, sulle pagine del Jiefang Ribao vennero pubblicate quotidianamente le storie di lavoratori modello. A un breve ritratto dell’eroe in questione seguiva una sua breve biografia e una spiegazione del suo background sociale. Infine, ampio spazio era dedicato ai suoi risultati in campo lavorativo e alle sue invenzioni e scoperte. Chiamati “eroi del lavoro” (laodong yingxiong), essi personificavano la saggezza e l’abilità del popolo, elogiate da Mao.31 Il loro esempio diede il via alla tradizione di eleggere e premiare i lavoratori che, nei diversi ambiti, ottenevano i migliori risultati. La celebrazione pubblica di queste figure era modellata sull’esempio di quella dell’eroe ucraino Stakhanov (1906-1977), minatore che nel 1935 aveva estratto in un solo turno di lavoro ben 120 tonnellate di carbone. Si trattava di un record assoluto che fece di Stakhanov un simbolo del socialismo e che diede il via alla nascita di un movimento di emulazione delle sue gesta, chiamato “stacanovista”. L’uomo era divenuto, secondo Stalin, l’emblema vivente della vittoria del comunismo sul capitalismo.32 Anche dopo la fondazione della RPC, gli “eroi del lavoro” continuarono a rappresentare un’importante tipologia di modelli nella propaganda comunista. La necessità di sviluppare l’economia agricola e industriale spinse il PCC a promuovere e amplificare i traguardi raggiunti in ambito economico da parte di contadini e operai. La lealtà al partito, la fede nella causa socialista, la saggezza e l’abilità popolare permettevano a questi individui di distinguersi nel loro lavoro. Essendo persone provenienti dal popolo, costituivano un efficace esempio per chiunque volesse aspirare a diventare celebre in tutta la nazione e glorificato dal partito e da Mao in persona.33 Ovviamente le caratteristiche specifiche dei diversi lavoratori modello (laodong mofan) cambiarono nel corso degli anni, sulla base dei valori e degli obiettivi che il PCC voleva esaltare nelle differenti campagne economiche e politiche. Secondo l’analisi di Ai Jun, infatti, i lavoratori elevati a modello per la nazione dal partito hanno rappresentato, attraverso le

31 Ibid. 32 Serge SCHMEMANN, “In Soviet, Eager Beaver's Legend Works Overtime”, in New York Times, 31 agosto 1985, p. 2.

33 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 27.

86 loro caratteristiche, lo spirito di ogni periodo.34 In ogni caso, gli esempi da cui trarre ispirazione erano (e sono) lavoratori che, distinguendosi ognuno in un preciso campo economico, fungono da stimolo per l’intera nazione cinese. Con l’inizio del Grande Balzo in Avanti, però, comparve sulla scena un nuovo tipo di lavoratore, il “factotum” o “generalista” (duomianshou), in grado di svolgere ogni sorta di compito in qualsiasi ambito lavorativo. Questa figura si contrapponeva agli specialisti (yijizhichang), che possedevano una conoscenza settoriale e limitata ad un unico ambito lavorativo.35 La formazione di questi specialisti richiedeva parecchi anni e costi elevati mentre, secondo l’idea di Mao, moltissimi contadini, in soli pochi mesi, sarebbero potuti diventare preparati “generalisti”, capaci di operare nei diversi settori economici. La leadership del partito era fermamente convinta che operai di questo genere potessero essere integrati con più facilità nelle squadre di produzione, grazie ad uno svolgimento dei compiti di tipo “egualitario”, senza differenza tra un lavoratore e l’altro. Negli anni precedenti, infatti, le squadre erano formate da operai specializzati, e le premiazioni e gli incentivi per i lavoratori erano fatti su base individuale, a seconda del tipo di occupazione cui ognuno si dedicava. Con la creazione di squadre di lavoro formate da “generalisti”, le paghe degli operai erano calcolate su base collettiva, come già discusso nel capitolo precedente. Mao credeva che la mobilitazione sociale, più che le ricompense di tipo materiale, avrebbe potuto motivare contadini e operai. Portare i lavoratori a sentirsi parte di un gruppo solidale e motivato avrebbe, dunque, garantito risultati migliori in ambito produttivo.36 Per questo motivo, durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, la propaganda del partito si concentrò particolarmente sulla promozione di modelli di emulazione di tipo collettivo. Comuni popolari, team di produzione, province o contee che si distinguevano in un determinato campo o per aver

34 Cfr. AI Jun 艾君, “laodong mofan yongyuan shi shidai de lingpaozhe” 劳动模范永远是时代的领 跑者 (I lavoratori modello costituiscono sempre lo stimolo di un’era), Guanming Ribao, 28 aprile 2008, accessibile all’indirizzo: http://guancha.gmw.cn/content/2008-04/28/content_767559.htm.

35 SCHURMANN, Ideology…, cit., p. 100. 36 Ibid., p. 101.

87 raggiunto particolari quote di produzione, erano presi come esempio e come stimolo per le altre in una frenetica atmosfera di competizione. La provincia simbolo del Grande Balzo in Avanti fu lo Henan che, già dal dicembre del 1957, prima dell’inizio ufficiale della nuova campagna, si era posto come obiettivo quello di irrigare 1.3 milioni di ettari per aumentare notevolmente la produzione di grano.37 Il 7 giugno del 1958, il Renmin Ribao, in un editoriale, elogiava la provincia e i suoi abitanti, elevandoli a modello per il paese:

Il popolo dello Henan, sotto la guida del Partito e il governo del popolo, dopo un duro lavoro di sei mesi, è riuscito a irrigare l’86.6 percento del territorio della provincia, e quasi tutta la superficie dello Henan è ora coltivabile. Questo è il grande successo del popolo henanese, e fornisce un buon modello per tutta la Cina. […] Lo Henan per primo è riuscito ad irrigare la quasi totalità dei suoi terreni, riuscendo a superare il pericolo comune delle inondazioni e ponendo le basi per realizzare un importante traguardo nella produzione agricola del Grande Balzo in Avanti. Speriamo che tutte le province del Nord raddoppino i loro sforzi, e si impegnino perché in uno o due anni la maggior parte dei lori terreni coltivati diventino irrigati o si trasformino in nuove risaie. […] Confidiamo che gli abitanti di tutte le province del nord siano come il popolo dello Henan, che, lasciando libero sfogo al proprio entusiasmo rivoluzionario, ha irrigato la quasi totalità dei terreni coltivabili, e ha evitato i pericoli delle comuni inondazioni.38

Dall’estate del 1958, dunque, lo Henan conobbe un vero e proprio momento di gloria. Fu la prima provincia a implementare le nuove politiche economiche di socializzazione promosse da Mao, dimostrando che il socialismo e l’utopia del

37 DOMENACH, Aux origines…, cit., p. 153. 38 “Henan renmin zuochu le hao bangyang” 河南人民做出了好榜样 (Il popolo dello Henan ha fornito un buon esempio), RMRB, 7 giugno 1958, p. 1.

88

Grande Timoniere potevano essere effettivamente raggiunti. Nello Henan, infatti, come già accennato, sorsero le prime comuni popolari, tra cui la comune Weixing, conosciuta anche come “Sputnik”39. Celebrata dal PCC in un articolo pubblicato sul primo numero della rivista “Bandiera Rossa” (Hong qi), la comune Weixing rappresentò in questa fase un modello per tutto il paese, fonte di ispirazione e stimolo per ogni provincia cinese.40 Da questo momento, e per tutto l’anno seguente, la propaganda del partito ha descritto e proposto lo Henan come modello e come luogo sacro del movimento delle comuni popolari.41 Il periodo successivo al Grande Balzo in Avanti e il suo fallimento, vide la nascita di modelli di ruolo ed emulazione legati ad una componente ideologica più marcata rispetto a quella economica. Sotto la guida di Lin Biao, che nel 1959 aveva sostituito Peng Dehuai nel ruolo di Ministro della difesa, l’EPL divenne uno strumento per rafforzare sempre di più il culto della personalità di Mao e promuovere il pensiero del Grande Timoniere. Nel settembre del 1960, quando il Grande Balzo in Avanti aveva già mostrato i suoi limiti e le sue disastrose conseguenze, Lin Biao pose la questione delle “quattro relazioni” (si ge guanxi) nel lavoro dell’esercito. Si trattava della relazione tra l’uomo e le armi, tra l’impegno politico e altri tipi di impegno, tra l’ideologia e altri aspetti dell’impegno politico e tra la conoscenza pratica e quella “libresca”.42 Con il principio dei “quattro primi” (si ge diyi), il Ministro della Difesa diede maggiore importanza all’uomo, all’impegno politico, alla conoscenza pratica e all’ideologia, rendendo l’esercito una vera e propria scuola per l’apprendimento del pensiero di Mao. 43 Con la composizione del famoso Libretto Rosso, vale a dire le “Citazioni del Presidente Mao” (Mao zhuxi yulu) nel 1964, Lin Biao plasmò l’esercito in un’organizzazione che agiva sulla base dei desideri e dell’ideologia del Grande Timoniere. A poco a poco la propaganda promosse a tutto il paese modelli di comportamento provenienti dalle fila dell’esercito, che

39 Dal nome del primo satellite lanciato in orbita dall’Unione Sovietica nell’ottobre del 1957. 40 DOMENACH, Aux origines…, cit., p. 153. 41 Ibid. 42 Henry YU HUAI HE, Dictionary of the Political Thought of the People’s Republic of China, New York, M. E. Sharpe, 2001, p. 458. 43 Ibid.

89 corrispondevano perfettamente all’idea maoista di correttezza ideologica e di azione.44 Il primo eroe di questo tipo, e senz’altro il più celebre, fu Lei Feng, celebrato come l’eroe modello da Mao fin dal 1963. Il PCC volle fare del soldato Lei Feng il simbolo dell’efficacia del pensiero di Mao, un esempio per l’esercito ma anche per l’intera società cinese.45 Lei Feng era nato da una famiglia indigente nel 1940, ed era rimasto orfano a soli sette anni. Nel 1957 era entrato nella Lega della gioventù comunista, divenendo ben presto un lavoratore modello e fedele alle direttive del PCC. Nel 1961 entrò nell’esercito e continuò a distinguersi per le sue azioni. Un incidente stradale, però, provocò la sua morte nel 1962.46 Dopo la sua morte, il PCC e Mao in persona invitarono la nazione, e in particolare i giovani, a “imparare da Lei Feng” (xiang Lei Feng tongzhi xuexi), traendo ispirazione dalla sua fedeltà al pensiero di Mao.47 La principale novità introdotta dalla propaganda per l’emulazione di Lei Feng, fu la diffusione del diario personale del giovane soldato. Il diario, infatti, presentato in prima persona, aveva uno stile personale e diretto, in grado di lanciare un messaggio più incisivo e convincente ai bambini e ai ragazzi. Lo stile con cui il diario era scritto era molto semplice e comprensibile, vicino a quello dei milioni di ragazzi cinesi che dovevano ispirarsi alla sua figura. Composto di sessantuno iscrizioni, il diario conteneva ben ventiquattro riferimenti al partito. 48 Il sentimento principale che emerge dalle pagine di questo documento è l’amore e la devozione del ragazzo verso il partito e, soprattutto, verso Mao Zedong:

Primo Luglio 1961, Questa mattina, al mio risveglio, mi sono sentito particolarmente felice, perché nella notte ho sognato il Presidente Mao. E oggi è il quarantesimo anniversario della fondazione del Partito. Oggi ho così tanto da dire al Partito, mi sento così pieno di gratitudine verso

44 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 39. 45 SHERIDAN, “ The Emulation…”, cit., p. 48. 46 LI, Gucheng, A Glossary of Political Terms of the People’s Republic of China, Hong Kong, The Chinese University Press, 1995, p. 228. 47 Ibid. 48 Ibid., p. 52.

90

il Partito, ho così tanta determinazione nel combattere per il Partito… Sono come un bambino, e il Partito è come una madre che mi aiuta, mi guida, e mi insegna a muovere i primi passi. Mio amato Partito, mia amata madre, io sarò sempre il tuo fedele figlio.49

Come Lei Feng, altri soldati diventarono modelli e simboli della cieca lealtà al Partito e della fede nel socialismo. Poco dopo la pubblicazione del diario di Lei Feng, il PCC incoraggiò la diffusione dei diari di altri due soldati, Wang Jie (1942- 1965) e di Ouyang Hai (1940-1963), rafforzando il legame tra i giovani e Mao.50 L’importanza del modello di ruolo Lei Feng non è venuta meno dopo la morte di Mao e la sua storia è conosciuta anche dai ragazzi cinesi dei nostri giorni, anche se all’immagine del giovane devoto alla causa comunista sono stati apportati dei cambiamenti. Una delle qualità più apprezzate di Lei Feng negli anni Sessanta, cioè l’ampia conoscenza del pensiero di Mao Zedong e la completa devozione a quest’ultimo, è stata trascurata, mentre si è continuato a dare grande enfasi allo spirito di sacrificio del soldato per il bene comune e al suo stile di vita sobrio e frugale.51 Negli anni successivi la morte di Mao Zedong, il PCC ha promosso molti altri modelli di ruolo, invitando giovani e adulti a seguire il loro esempio. Negli ultimi due decenni, figure di riferimento come Lei Feng, Wang Jin e Ouyang Hai, sono state seguite da altre. Sebbene i tempi siano cambiati e l’epoca maoista sia ormai lontana, le qualità principali che bambini e ragazzi sono invitati ad ammirare e coltivare sono, ancora una volta, altruismo, patriottismo, devozione nei confronti del partito e semplicità.52

49 Citato in SHERIDAN, “The Emulation…”, cit., p. 52. 50 Tra il 1966 e il 1967, l’efficacia di questo genere di messaggio si fece sempre più incisiva, con la pubblicazione di storie di eroismo riguardanti ragazzi attivi nel movimento delle Guardie Rosse Cfr. SHERIDAN, “The Emulation…”, cit., p. 68. 51 Louise EDWARDS, “Military Celebrity in China: the Evolution and Heroic Serviceman” in Louise EDWARDS, Elaine JEFFREYS (a cura di), Celebrity in China, Hong Kong, Hong Kong University Press, 2010, p. 28.

52 Ibid.

91

3.2 Le donne e i modelli di emulazione: dal “Lienü Zhuan” alle “nüjie diyi”

Nel periodo Han l’introduzione delle Cinque Relazioni e del pensiero confuciano come ideologia politica, enfatizzò il carattere gerarchico della società cinese. La famiglia era considerata un microcosmo della società, in cui il ruolo di ciascun individuo doveva essere definito e rispettato per garantire stabilità e armonia.53 Alle donne, nel microcosmo familiare, era richiesto di conformare il proprio comportamento in base alle virtù di castità, modestia, tranquillità. Inoltre, nella relazione tra marito e moglie, la donna doveva occupare un posto di subordinazione, in quanto gerarchicamente sottomessa alla figura maschile. Il tradizionale ruolo di inferiorità della donna, presente nella cultura cinese già dalla dinastia dei Zhou Occidentali (1122 a.C. -770 a.C.), venne ribadito in epoca Han dalle teorie cosmologiche codificate da Dong Zhongshu (179 a.C.-104 a.C.), pensatore solitamente associato all’introduzione e alla promozione del confucianesimo come ideologia di stato dell’impero.54 Egli affiancò le relazioni umane al principio astratto cosmologico dello yang (elemento dominante) e dello yin (elemento sottomesso): “il sovrano è yang e i sudditi sono yin; il padre è yang e i figli sono yin; il marito è yang e la moglie è yin”.55 I tre yang (sovrano, padre e marito) nell’interpretazione di Dong, dovevano ricoprire il ruolo di standard comportamentali per i tre yin (sudditi, figli e moglie). In base alla formulazione di Dong, il rapporto tra i due elementi divenne simbolo di armonia, equilibrio e stabilità nella società cinese: fare in

53 TU Wei Ming, “Probing…”, cit., p. 122.

54 Cfr. Michael LOEWE, Dong Zhongshu, a Confucian ‘Heritage’ and the “Chunqiu Fanlu”, Leiden, Brill Academic Publishing, 2011, p. 37 55 Citato in Lijun YUAN, Reconceiving Women’s Equality in China, Lanham, Rowman and Littlefield, 2005, p. 8. Diversi studi evidenziano come nel primo periodo imperiale i concetti di ying e yang non fossero due elementi posti in relazione gerarchica, ma fossero assolutamente complementari. Cfr. Lisa RAPHALS, Sharing the Light: Representations of Women and Virtue in Early China, Albany, State University of New York Press, 1998, pp. 153-162; Bret HINSCH, Women in Early Imperial China, Lanham, Rowman and Littlefield, 2002, pp 152-156; Sherry J. MOU, Gentlemen’s Prescriptions for Women’s Lives, New York, M.E. Sharpe, 2004, pp. 7-8. 55 YUAN, Reconceiving…, cit., pp. 8-9.

92 modo che ognuno ricoprisse il proprio ruolo, dunque, era fondamentale per il mantenimento di pace e unità. 56 Per questo motivo, tradizionalmente, le donne venivano educate a divenire donne “ideali”, ricoprendo una posizione di inferiorità e subordinazione, fin dalla più tenera età. A dieci anni circa le bambine appartenenti a famiglie abbienti e nobili erano rinchiuse nel gineceo e addestrate severamente alle buone maniere, alla docilità e all’obbedienza, alla precisione e alla parsimonia. Il matrimonio era, ovviamente, combinato dalle famiglie, e la donna non aveva voce in capitolo. La sposa doveva dedicare la sua vita alla cura del marito e, solitamente, era per lei vietato contrarre seconde nozze nel caso fosse rimasta vedova.57 Intorno al primo secolo a.C., le virtù e le caratteristiche della donna “ideale” cominciarono ad essere incarnate da figure femminili di spicco, le cui azioni erano rappresentate da un nuovo genere letterario, chiamato Lienü Zhuan (Vite di donne). Il capostipite di questo genere fu, senza dubbio, il Lienü Zhuan, tradizionalmente attribuito a Liu Xiang (79 - 8 a.C.).58 Composta di sette libri, l’opera nasceva con lo scopo di codificare i compiti e i ruoli della donna cinese e rafforzarne la morale, presentando le biografie di figure femminili vissute in epoca pre-imperiale. I primi sei libri tracciano una breve storia e una serie di aneddoti significativi di donne che si sono distinte nel mostrare le virtù tipiche di una donna “ideale”. Sono madri irreprensibili, donne caste e fedeli; hanno spiccate doti dialettiche e sono dotate di profonda saggezza, ma, allo stesso tempo sono discrete e ubbidienti e svolgono i propri compiti con dedizione, in alcuni casi arrivando persino a sacrificare la propria vita.59Le ottantanove “vite di donne” raccolte nei primi sei libri dovevano rappresentare per mogli e madri cinesi dell’epoca un vero e proprio modello comportamentale cui conformarsi. Alla completa formazione morale delle donne cinesi, però, contribuiva anche il settimo libro, Niebi Zhuan (Vite di concubine dissolute) composto dalla

56 YUAN, Reconceiving…, cit., p. 8-9. 57 Riccardo FRACASSO (a cura di), Quindici donne perverse. Il settimo libro del “Lienü zhuan”, Costabissara, Vicenza, Angelo Colla Editore, 2005, p. 9. 58 Ibid., p. 13. 59 Ibid., p. 9.

93 descrizione di quindici donne che, con il loro comportamento “perverso” causarono la fine di casate nobiliari o di intere dinastie. Il loro modello era presentato perché fosse evitato e disprezzato dalle donne cinesi, e perché i sovrani fossero avvertiti sul pericolo di lasciarsi ammaliare dalle stranezze e dai capricci di donne non virtuose.60 La prima di queste brevi biografie, ad esempio, è dedicata ad una donna che, con il suo comportamento licenzioso, ha portato alla rovina un regno:

Mo Xi, consorte di Re Jie di Xia, era molto bella d'aspetto, ma anche di poca virtù, intrigante, perfida e priva di principi. Pur essendo palesemente una donna, celava in sé il cuore di un uomo, e amava mostrarsi in pubblico con berretto da ufficiale e spada al fianco. Dopo il suo arrivo Re Jie rigettò i principi di ritualità e giustizia per sprofondare al suo fianco nella lussuria. Non pago, si accaparrò le donne più belle del regno e le ammassò nel proprio harem, riempiendo il palazzo di musici, cantanti e danzatrici, nani, teatranti, acrobati e crapuloni. Durante le udienze era solito far sedere Mo Xi sulle sue ginocchia e ascoltarne i consigli, fomentando così il caos, allontanandosi dalla Via e mostrandosi arrogante e dissoluto.61

Il primo testo specificamente dedicato all’educazione delle donne cinesi, invece, fu Nüjie (Lezioni per le donne), compilato da Ban Zhao (48 - 116 d.C.), primo storico di sesso femminile della Cina imperiale.62 L’autrice che, dopo essere rimasta vedova, rifiutò di risposarsi per rispettare la virtù della castità richiesta alle donne cinesi, dedicò alla figlia sette brevi capitoli in cui dava indicazioni comportamentali per ottenere l’armonia familiare e una vita serena.63 Il quarto dei sette brevi capitoli, intitolato “Requisiti Femminili”, afferma:

60 Ibid. 61 Tradotto in FRACASSO, Quindici donne perverse…, cit., p. 27. 62 Robin R. WANG, Images of Women in Chinese Thought and Culture: Writings from the Pre-Qin period through Song Dynasty, Indianapolis, Hackett, 2003, p. 177. 63 Ibid. Come evidenziato da Robin Wang, sebbene l’idea di Ban Zhao riguardo l’educazione femminile non si discosti dalla quella tradizionale, l’autrice affronta l’argomento in maniera

94

Una donna dovrebbe rispettare quattro requisiti: virtù femminili; parole femminili; portamento femminile; compiti femminili. […] Mantenersi casta e controllare le proprie azioni attentamente; mostrare modestia in ogni movimento e scegliere sempre il giusto comportamento, queste sono le virtù femminili. Scegliere le parole con cura, non utilizzare un linguaggio volgare, parlare nei momenti appropriati e non annoiare gli altri con troppe chiacchiere, queste solo le parole femminili. Lavar via la sporcizia, abbigliarsi in modo pulito e fresco, lavare il capo e il corpo regolarmente, liberare la propria persona da sozzura, sono caratteristiche di un corretto portamento femminile. Tessere e cucire con il cuore pieno di devozione; non ridere sguaiatamente né amare il pettegolezzo; preparare bevande e cibo per i pasti nella pulizia e nell’ordine, sono le caratteristiche tipiche del lavoro femminile.64

Con il venir meno del confucianesimo come ideologia dominante dell’impero, ogni valore promosso dalla dottrina che per secoli ha dominato la società cinese fu posto sotto accusa. Hu Shi (1891-1962), letterato che collaborò alla rivista Xin Qingnian fondata da Chen Duxiu nel 1915, criticò aspramente la virtù tipicamente femminile di castità. Secondo Hu Shi, infatti, l’uomo e la donna dovevano essere valutati in base ai medesimi standard morali. La sua critica, condivisa da tutti gli attivisti del Movimento di Nuova Cultura, nonché dalla futura leadership del PCC, mirava a contrastare la tradizione che per secoli aveva permesso agli uomini di avere numerose amanti e concubine e aveva

leggermente differente. Afferma, infatti, che lo studio e la conoscenza dei Classici confuciani siano fondamentali agli uomini e alle donne per una completa comprensione dei ruoli familiari.

64 Ibid., pp. 184- 185.

95 vietato alle donne, invece, di contrarre nuove nozze dopo la morte del primo marito.65 Nella sua lotta contro l’oppressione della donna cinese, Hu Shi, che aveva studiato per alcuni anni negli Stati Uniti, proponeva alle donne cinesi di seguire il modello americano. In un discorso tenuto presso la Scuola Normale femminile di Pechino nel 1918, sostenne che le donne americane avevano combattuto per diventare libere, e le donne cinesi avrebbero dovuto guardare al loro esempio di autonomia e indipendenza, per spezzare finalmente le catene dell’oppressione imposte dalla società.66 Sebbene durante il periodo del Movimento di Nuova Cultura e del Quattro Maggio i futuri fondatori del PCC avessero subito il fascino del modello occidentale, negli anni successivi la leadership del partito guardò all’Unione Sovietica come punto di riferimento. Come già discusso nel capitolo precedente, secondo Mao e altri membri del PCC, l’inserimento delle donne nella forza lavoro e la loro indipendenza economica erano imprescindibili fattori di progresso e di emancipazione femminile. Dalla fondazione della RPC nel 1949, il modello venne fornito dall’ esperienza della Russia sovietica. Insieme ai tecnici e agli esperti sovietici inviati in Cina per sostenere il piano di industrializzazione, alcune delegazioni di donne russe fecero il loro arrivo a Pechino, con il compito di promuovere i rapporti di amicizia tra i due paesi e l’educazione delle donne, soprattutto per quanto riguardava la tutela della salute.67 Allo stesso tempo, cominciarono a circolare, nell’ultimo periodo della guerra civile e subito dopo il 1949, immagini e film riguardanti la storia di lavoratrici modello dell’Unione Sovietica. Grazie a questo tipo di materiale, la maggior parte della popolazione cinese acquisì familiarità con i risultati e i traguardi raggiunti dalle donne russe.68 Queste lavoratrici personificavano il

65 WANG Zheng, Women in the Chinese Enlightenment, Los Angels, University of California Press, 1999, p. 52. 66 Ibid., p. 50. 67 Tina Mai CHEN, “Socialism, Aestheticized Bodies, and International Circuits of Gender: Soviet Female Film Stars in the People’s Republic of China”, in Journal of the Canadian Historical Association, vol. 18, no 2, 2007, p. 59. 68 Ibid.

96 successo dei programmi di modernizzazione ed emancipazione femminile che il PCC si auspicava per la neonata RPC. Le immagini di lavoratrici sovietiche, promosse come esempi per operaie e contadine cinesi nei primi anni Cinquanta, posero le basi per la nascita e la diffusione di una nuova tipologia di icone femminili, le lavoratrici modello nüjie diyi (letteralmente traducibile in “prima categoria di donne”).69 Si trattava di donne che, per prime, si erano distinte alla guida di locomotive e trattori, come paracadutiste, e così via. Le nüjie diyi (o semplicemente diyi) divennero, nella prima metà degli anni Cinquanta, delle figure di riferimento di primo piano per le donne cinesi. Storie e aneddoti riguardanti queste lavoratrici cominciarono a circolare come rappresentazione e simbolo concreto del progresso scientifico e storico che la Cina stava vivendo sotto la guida del PCC.70 Tina Mai Chen le definisce “icone di tutti i giorni”, poiché, provenendo da condizioni sociali umili, potevano stimolare milioni di lavoratrici ad emularne le azioni e ad identificarsi con esse.71 Mettendosi in netto contrasto con i valori e le virtù proposte dalla tradizione confuciana per le donne, le nüjie diyi rappresentavano la nuova “donna ideale” della Cina socialista.72 Nel 1955, ad esempio, la rivista “Nuove Donne Cinesi” riportò la storia di Guo Shulan, una giovane operaia che lavorava come saldatore, un ruolo solitamente di competenza maschile. Dopo aver passato gli esami di accesso ad una scuola tecnica, sotto la guida del proprio maestro e di un esperto sovietico, divenne ben presto una lavoratrice modello, ammirata e rispettata nella propria unità. 73 “Nuove Donne Cinesi” promuoveva Guo Shulan come un modello da emulare per ogni donna cinese che, grazie al PCC, poteva ora finalmente divenire parte attiva della società e della forza-lavoro. La lavoratrice più celebre in questi anni fu senz’altro Liang Jun, la prima conduttrice di trattori della Cina socialista divenuta una vera e propria icona della modernizzazione agricola nel paese. Dal 1950 la propaganda di partito fece

69 Tina Mai CHEN, “Female Icons, Feminist Iconography?Socialist Rhetoric and Women’s Agency in 1950s China”, in Gender and History, vol. 15, no 2, agosto 2003, p. 271. 70Ibid. 71 Ibid., p. 270. 72 Ibid., p. 272. 73 Ibid., p. 273.

97 conoscere la storia di Liang Jun all’intera popolazione, attraverso poster, immagini, libri scolastici.74 Nata vicino ad Harbin da poveri genitori contadini nel 1930, all’età di dodici anni Liang Jun fu venduta come sposa bambina ad una ricca famiglia di proprietari terrieri. Quando la zona fu liberata dall’occupazione giapponese nel 1945, Liang riuscì a sfuggire al suo destino. Nel presentare la storia di questa donna, la propaganda enfatizzava in modo particolare la determinazione della giovane donna nel voler cambiare la propria vita, imparando anzitutto a leggere e a scrivere. Il messaggio di fondo era che, con la nascita della RPC, il partito, finalmente, le avrebbe permesso di realizzare il suo sogno.75 Nell’intervista realizzata nel settembre del 2009 dal quotidiano Zhongguo Ribao, in occasione della celebrazione dei sessant’anni dalla fondazione della RPC, Liang Jun racconta come, grazie al nuovo governo, imparò a leggere e a scrivere e poté apprezzare romanzi e film sovietici. In particolare, ricorda la donna, fu attratta da un film, la cui protagonista era una giovane donna russa che, grazie alle sue abilità nel guidare trattori, contribuì alla sconfitta dell’armata nazista durante la seconda guerra mondiale. Quando, nel febbraio del 1948, il comitato del PCC dello Heilongjiang incoraggiò l’organizzazione di corsi di formazione per conduttori di trattori, Liang Jun colse l’occasione al volo. Fu una dei tre aspiranti scelti nella propria scuola, ed entrò a far parte, come unica donna, di una classe di settanta studenti. Molti suoi compagni e maestri, però, non erano convinti delle sue possibilità, e le ripetevano costantemente che imparare a condurre un trattore non poteva essere un mestiere adatto ad una ragazza. Con le sue abilità, lo studio e l’impegno Liang Jun riuscì a dimostrare che anche una donna poteva maneggiare macchinari pesanti e fare ogni tipo di lavoro. L’esperienza di Liang contribuiva anche a rafforzare lo spirito di emulazione nei confronti del modello sovietico, proposto dal PCC in quel periodo. Le lotte affrontate dal popolo russo e il loro stile di vita, rappresentavano, secondo la

74 Ibid., p. 269. 75 “Ting laoren jiang na guoqu de shiqing” 听老人讲那过去的事情 (Ascoltiamo un’anziana signora che racconta una storia del passato), Zhongguo Ribao Wang, 25 settembre 2009, accessibile all’indirizzo http://www.chinadaily.com.cn/zgzx/60nian/2009-09/25/content_8736100.htm.

98 propaganda, un’anticipazione di quello che sarebbe accaduto in Cina nell’arco di pochi anni.76 La storia di Liang fece subito il giro della Cina, e la donna divenne nota a livello nazionale come “la prima conduttrice di trattori”. Nell’intervista, la settantanovenne Liang Jun mostra con orgoglio le foto e i poster di propaganda di quegli anni, raccontando come, tra il 1949 e il 1953, persino sui testi scolastici si parlasse della sua esperienza. Personificazione delle nuove virtù socialiste femminili e simbolo della liberazione della donna, Liang divenne un modello per la “nuova donna cinese”. Le sue umili origini e la celebrità acquisita solamente grazie allo studio e alla fede nelle politiche del PCC, ispirarono milioni di donne desiderose di partecipare attivamente alla costruzione di una Cina socialista. La sua fama e l’importanza della sua testimonianza ha fatto sì che nel 1958 la foto di Liang Jun alla guida di un trattore fosse scelta come immagine sulle banconote da uno yuan.

Figura 1. Parte frontale della banconota da uno yuan raffigurante Liang Jun, emessa nel 1958. Immagine tratta da www.banknoteworld.it.

Anche il cinema si rivelò uno strumento importante ed efficace per promuovere la nuova tipologia di donna cinese e per fornire a milioni di lavoratrici un modello di ruolo da cui trarre ispirazione.

76 CHEN, “Socialism,…”, cit., p. 60.

99

Fin dalla fondazione della RPC, Mao e la leadership del PCC si resero conto che il cinema poteva svolgere un ruolo fondamentale nell’educazione ai nuovi valori socialisti. La maggior parte dei lungometraggi girati dal 1949 e durante tutto il periodo maoista, doveva avere una funzione pedagogica e illustrare al popolo le diverse campagne promosse dal partito.77 Nel 1951, ad esempio, venne girato e diffuso il film “La conduttrice di locomotiva” (Nüsiji), la cui trama prendeva spunto dalla storia di Liang Jun. Il film nacque senza alcuna pretesa artistica, ma in primo luogo con lo scopo di fornire un modello di emulazione per le donne cinesi e per far conoscere le nuove opportunità che la neonata RPC poteva offrire al sesso femminile. La protagonista del film, Sun Guilan, entra a far parte di un gruppo di formazione femminile per diventare una conduttrice di locomotive. Il tutor di Sun Guilan e delle sue compagne non crede nella possibilità per le donne di svolgere un lavoro del genere, e disprezza soprattutto Sun, che inizialmente mostra molte difficoltà di apprendimento. Con l’aiuto di un’amica e grazie allo studio e all’impegno costante, la ragazza dimostra di poter fare grandi progressi. Nel suo percorso di formazione riuscirà anche a salvare la vita e guadagnarsi la fiducia di una sua collega, Feng Xiaomei, che inizialmente aveva cercato di ostacolare e compromettere la carriera della protagonista. Feng Xiaomei capirà in fretta di aver peccato di “individualismo” (gerenzhuyi) e che, collaborando e aiutandosi a vicenda, si possono ottenere risultati migliori. Anche il tutor cambierà idea sulle sue allieve e si renderà conto che le donne sono in grado di raggiungere qualunque obiettivo e di competere in ogni campo economico e lavorativo con gli uomini.78

77 Marco MULLER, Alessandro NICOSIA (a cura di), Cento anni di cinema cinese: 1905-2005. Ombre Elettriche. Il cinema cinese attraverso i manifesti, Roma, Gangemi Editore, 2005, p. 223. 78 Nüsiji, 女司机 (La conduttrice di locomotiva), 1951, regia di Xian Qun.

100

Figura 2. Poster del film “Nüsiji”( La conduttrice di locomotiva), 1951, regia di Xian Qun.

Anche Sun Guilan, come Liang Jun, proveniva da una povera famiglia e, secondo la propaganda, grazie al PCC avrebbe potuto finalmente cambiare le sue sorti dimostrando le sue capacità. Pertanto, le virtù che la nuova donna cinese doveva avere erano il coraggio, la determinazione, la forza, ma anche la fede nel partito e nella rivoluzione. Diventare una lavoratrice modello, infatti, era possibile solo grazie ad un grande spirito di sacrificio. Le figure di martiri che, prima del 1949, avevano combattuto per la rivoluzione, continuavano ad essere proposte come modelli di

101 ruolo. Le loro gesta e la loro esperienza dovevano essere fonte di ispirazione per ogni “nuova donna cinese”. Tra le eroine che contribuirono alla vittoria del comunismo, molto celebre fu la combattente Zhao Yiman (1905-1936). Nata nella contea di Yibin (Sichuan) da una famiglia di proprietari terrieri, Li Kuntai, che in seguito cambiò il suo nome in Zhao Yiman, fu attratta in giovane età da letture progressiste e riviste legate al movimento socialista. Nel 1924, a diciannove anni, entrò nella Lega della Gioventù Socialista e due anni dopo si iscrisse al PCC. Quell’anno il partito la mandò a studiare presso la scuola Centrale Militare di Wuhan e, nel 1927, continuò i suoi studi in Unione Sovietica. Dopo essersi sposata con un rivoluzionario cinese, rientrò in patria dove, nel 1931, partecipò alla guerra di resistenza contro il Giappone, entrando in un’organizzazione segreta di partito. Fu però catturata dei giapponesi nel 1934 e torturata per mesi. Nonostante la violenza subita e le umiliazioni Zhao Yiman si rifiutò di parlare e tradire i suoi compagni. Rilasciata in libertà, venne di nuovo catturata pochi mesi dopo dalle forze armate nipponiche. Si racconta che il giorno dell’esecuzione, dopo aver scritto una lettera al figlio ricordandogli di essere morta per la propria patria, abbia cantato inni rivoluzionari e slogan anti- nipponici fino al momento della fucilazione.79 Dal 1949 il PCC fece di Zhao Yiman un’importante eroina rivoluzionaria. Nella sua città natale, Yibin, fu costruita in suo onore una stele commemorativa e, nel 1951, alla combattente fu dedicato un film biografico.80

79 Lily Xiao HONG, Biographical Dictionary of Chinese Women, The Twentieth Century: 1912-2000, Volume 2, New York, M.E. Sharpe, 2003, p. 705.

80 Ibid.

102

Figura 3. Poster del film “Zhao Yiman”, 1950, regia di Sha Meng.

Eroine come Zhao Yiman e Liu Hulan (1932-1947), morta come martire della rivoluzione e promossa da Mao come modello di emulazione per ogni donna cinese, conobbero particolare fama soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta.81 Sebbene questa tipologia di modelli continui ad essere conosciuta ai nostri giorni, le icone rivoluzionarie e stacanoviste persero a poco a poco popolarità

81 Ibid., p. 356.

103 dopo la morte di Mao. Dalla fine degli anni Settanta, infatti, si assistette ad un ritorno di valori di maternità e femminilità, in concomitanza con la riaffermazione della famiglia come unità base della società cinese.82

3.3 Modelli di emulazione femminile durante il Grande Balzo in Avanti

Le storie pubblicate sulle lavoratrici modello degli anni Cinquanta, come le nüjie diyi cui si è fatto riferimento nel paragrafo precedente, ricordavano per molti aspetti quelle dei modelli di virtù di stampo confuciano.83Si trattava di donne altruiste, con spirito di sacrificio, spesso sofferenti e senza alcun tipo di ambiguità di tipo sessuale. Le eroine e le lavoratrici modello, infatti, erano pure, avevano una solida moralità e mettevano il bene della collettività al di sopra di ogni interesse personale.84Come le donne del genere letterario Lienü Zhuan, i modelli femminili scelti negli anni Cinquanta personificavano al meglio gli obiettivi e i messaggi promossi dal governo centrale sulla questione femminile. Le donne virtuose di epoca imperiale erano spesso lodate per i buoni consigli dati ai governanti e per la loro abilità nello svolgere i propri lavori domestici quotidiani. Le lavoratrici modello durante gli anni Cinquanta e Sessanta, invece, nonostante gli incontri ufficiali con i leader del PCC, non erano celebri per aver ricercato l’attenzione degli uomini di potere, ma per essere parte attiva nella costruzione del socialismo e per il loro lavoro quotidiano fuori dalle mura domestiche, nei settori produttivi dell’economia cinese in crescita.85

82 Yingjie GUO, “China’s Celebrity Mothers,Female Virtues, Patriotism and Social Harmony”, in EDWARDS, JEFFREYS (a cura di), Celebrity in China…, cit., p. 46. 83 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 211. 84 Ibid. 85 Ibid., p. 212.

104

A queste caratteristiche corrispondeva perfettamente la storia di Zhang Qiuxiang (1908-2000), proclamata lavoratrice modello a livello provinciale nel 1956 e a livello nazionale nel 1957.86 Originaria dello , nel 1927 si trasferì nella contea di Weinan (Shaanxi) dove sposò un contadino povero e riuscì per anni a sopravvivere facendo lavori per altre famiglie più abbienti. Con la riforma agraria promossa dal PCC dopo la Liberazione, però, fu concessa della terra e una casa alla sua famiglia. Questo episodio suscitò un profondo sentimento di gratitudine nei confronti del partito da parte di Qiuxiang, che, da quel momento, iniziò a lavorare incessantemente e si distinse fin dal 1954 come vice direttore della propria cooperativa.87Fedele alla linea del partito e alle sue direttive, nel 1955 Zhang Qiuxiang rispose attivamente alla chiamata del governo centrale per l’aumento della produzione di cotone.88 Nella prima bozza del Programma Nazionale dello Sviluppo Agricolo approvata nel gennaio del 1956, infatti, il governo centrale prevedeva nello Shaanxi un aumento di 500.000 mu89 dei terreni destinati alla coltivazione di cotone. Nella provincia, la totalità di terreno coltivato a cotone doveva essere di 4.710.000 mu.90 Per raggiungere tale ambizioso obiettivo era necessario, per le autorità locali dello Shaanxi, lanciare una campagna per l’aumento della produzione di cotone rivolta all’intera popolazione e, in particolare, alle donne.91 Zhang Qiuxiang, collaborando con altre sei donne del proprio villaggio,

86 GAO Xiaoxian, “ ‘The Silver Flower Contest’: Rural Women in 1950s China and the Gendered Division of Labour”, in Gender and History 18, 3 (2006), raccolto in KO, WANG (a cura di), Translating Feminism…, cit., p. 168. 87 Ibid. 88 Nel 1955, in occasione della sesta sessione del settimo Comitato Centrale del PCC, Mao espose la sua strategia ed elencò una serie di obiettivi di produzione molto ambiziosi per gli anni successivi. La produzione di cotone, ad esempio, doveva passare dagli 1.5 milioni di tonnellate del 1955 alle 6 milioni di tonnellate del 1957. I punti espressi da Mao furono poi incorporati nella prima bozza del Programma Nazionale dello Sviluppo Agricolo. Cfr. Bill BRUGGER, China: Liberation and Transformation 1942-1962, Totowa, New Jersey; Barnes and Noble Books, 1981, p. 122. 89 Il mu è un’unità di misura cinese per i terreni e corrisponde a 0.0667 ettari. 90 GAO, “The Silver Flower…”, cit., p. 165. 91 Ibid., cit., p. 166. L’obiettivo richiesto dal governo centrale era senza dubbio molto ambizioso, e richiedeva l’utilizzo massiccio di manodopera. Così, le autorità locali si rivolsero alle donne, che, nello Shaanxi, non avevano mai lavorato nei campi fino al 1949. Nel 1955, sebbene fosse cresciuto il numero della forza-lavoro femminile, le donne impiegate in questo tipo di attività non erano ancora moltissime nella provincia. Il PCC considerava le donne un grande potenziale per lo sviluppo agricolo della Cina, per tale motivo esse furono coinvolte nel progetto volto ad aumentare la produzione di cotone, da sempre una risorsa importante nello Shaanxi.

105 lavorò su un terreno di 1.05 mu, e ottenne importanti risultati attirando l’attenzione delle autorità locali. Nell’aprile del 1956 si recò ad una Conferenza indetta dall’ACWF della provincia dello Shaanxi, e raccontò la propria esperienza. Dopo questo episodio il PCC lanciò una competizione di lavoro indirizzata alle donne della provincia per aumentare la produzione di cotone e per mobilitare la forza-lavoro femminile in tale attività. La gara, nominata “competizione dei fiori d’argento” (yin hua sai), raggiunse il suo apice nel 1958- 1959 e permise a Zhang Qiuxiang di affermarsi come lavoratrice modello a livello nazionale.92 Con il Grande Balzo in Avanti e la necessità di aumentare la produzione agricola, il PCC diede particolare rilevanza alle competizioni e all’emulazione di lavoratrici modello. Zhang Qiuxiang, definita da un articolo del Renmin Ribao nel 1958 “la prima ricercatrice donna di origini contadine”,93 divenne il simbolo della produzione di cotone per l’intero paese.

92 Il nome “competizione dei fiori d’argento” fu scelto nel 1959, anno in cui divenne celebre il film “Cinque fiori d’oro” (wu jin hua), diretto da Wang Jiayi, ambientato nello Yunnan e incentrato sulla storia di cinque lavoratrici modello appartenenti all’etnia Bai. Zhang Qiuxiang, Cao Zhuxiang, Shan Xiuzhen, Xue Junxiu e Gao Zhenxian (emerse come figure centrali della competizione) furono soprannominate, traendo ispirazione dal lungometraggio e facendo riferimento al colore dei fiori di cotone , “cinque fiori d’argento”. 93 “Zhang Qiuxiang, di yige nongmin chushen de nü yanjiuyuan”, 张秋香-第一个农民出身的女 研究员 (Zhang Qiuxiang, la prima ricercatrice donna di origini contadine), RMRB, 29 giugno 1958, p. 5.

106

Figura 4 “Qiuxiang conosce bene e si prende cura dei fiori di cotone come dei propri stessi figli. Non c’è da meravigliarsi che il suo piccolo gruppo impegnato nella coltivazione del cotone nel 1956 e nel 1957 abbia ottenuto ottimi raccolti. Nel 1958, ha conseguito un raccolto ancora più abbondante.” Disegno tratto dal volume illustrato “Zhang Qiuxiang”, edito dall’accademia popolare delle belle arti di Shanghai nel giugno del 1959.

Nell’aprile del 1958, pochi mesi prima dell’inizio ufficiale del Grande Balzo in Avanti, l’ACWF lanciò la campagna “Imparate da Qiuxiang, raggiungete Qiuxiang”, esaltando le sue qualità e soprattutto il fatto che avesse garantito “un raccolto di cotone ancora più abbondante”.94 L’esperienza di Zhang Qiuxiang, celebre in tutto il paese, divenne un importante punto di riferimento per le donne cinesi e per lo studio delle tecniche di coltivazione del cotone durante il periodo del Grande Balzo in Avanti.

94 “xue zhimian jishu, xue xiezuo jingshen” 学植棉技术,学协作精神 (Imparate le tecniche di coltivazione del cotone, imparate lo spirito di collaborazione), RMRB, 10 marzo 1959, p. 3.

107

Figura 5 “Un’ondata di ‘ competi con Qiuxiang, impara da Qiuxiang, raggiungi Qiuxiang”, si diffuse nell’intera provincia dello Shaanxi. Moltissime giovani ragazze, provenienti dalle contee di Huayin e Tongguan, guardando al modello di Zhang Qiuxiang, hanno cercato di ottenere un raccolto di cotone più abbondante. ”

108

Figura 6 “Dopo la Liberazione, la situazione è completamente cambiata. Quando ho iniziato a studiare le tecniche di coltivazione del cotone, sebbene qualcuno sostenesse che il mio modo di agire non fosse corretto, il Partito e il governo del popolo mi hanno sostenuto con vigore, mi hanno aiutato a decidere ogni tipo di materiale necessario per un raccolto abbondante.”

Se da un lato la storia della “prima ricercatrice donna di origini contadine”, fu utilizzata dal PCC come strumento per promuovere nuove tecniche di coltivazione del cotone, dall’altro rientrava nelle politiche di genere volte a coinvolgere l’intera forza-lavoro femminile nella costruzione socialista.95 Molti furono, durante il periodo del Grande Balzo, i racconti di esperienze di giovani donne che si erano distinte in vari campi della ricerca e dell’economia, diventando lavoratrici modello per milioni di connazionali. Nel 1959, ad esempio, la rivista “Donne Cinesi” riportò la storia delle “Nove Lan” (jiu Lan),

95 GAO, “The Silver Flower…”, cit., p. 171.

109 nove ragazze con lo stesso cognome (Lan) che, grazie all’appoggio del comitato del PCC della loro comune nel distretto di Changping (Pechino), erano riuscite a gestire con successo un grande allevamento di suini. Le ragazze, nell’articolo, raccontavano in prima persona come fossero riuscite a imparare nuove tecniche per l’allevamento degli animali, mostrando che anche le donne, come gli uomini, potevano distinguersi in qualunque tipo di attività.96

Figura 7 Vignetta tratta da ZGFN, 1959 (17), p. 17. “Tu puoi, posso anche io”, “Lavori bene, anche io lavoro bene”, “Sono un lavoratore modello, anche tu lo sei”.

Durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, anche il cinema e la letteratura contribuirono a diffondere modelli di ruolo femminili. Nel 1958 il celebre regista Xie Jin (1923-2008) portò sugli schermi la storia dell’operaia tessile Huang Baomei, la prima lavoratrice modello della storia della RPC. Nello stesso anno fu prodotto il lungometraggio “Una donna a capo della comune popolare” (Nü shezhang), diretto da Fang Ying (1921-2011). La protagonista, Song Chunliang, a capo dell’unità amministrativa, era sposata con un uomo che si occupava di tenere i conti della comune. Ben presto però, insieme agli altri membri della comune popolare, si accorse che il marito si era appropriato del denaro della comunità per uso personale. Nonostante l’amore per il marito, Song Chunliang non riuscì a perdonarlo né a soprassedere e finì col condannare l’uomo, subordinando i propri sentimenti al bene comune.97

96 “ ‘Jiu Lan’ zai yuejin” , ‘九兰’ 在跃进 (Le “ Nove Lan” nel Grande Balzo), ZGFN, 1959 (23), p. 13. 97 Nü shezhang,女社长 (Una donna a capo della comune popolare), 1958, regia di Fang Ying

110

Figura 8. Poster del film “Huang Baomei”, 1958, regia di Xie Jin.

111

Figura 9. Poster del film “Nü shezhang” (Una donna a capo della comune popolare), 1958, regia di Fang Ying.

Come Song Chunliang, anche Jin Huazhen e Ding Dachuan, protagonisti di “Nuvole all’alba rosse come il fuoco” (Zhaoxia hong si huo), posero il bene della collettività al di sopra di ogni altra considerazione. 98 Nel gennaio del 1959 Hao Ran (1932-2008), scrittore di origini contadine, dedicò questo racconto

98 Letto in traduzione, cfr. Hao Ran, “Dawn Clouds Reda s Flame” (Zhaoxia hong si huo), tr. di Richard KING, Haydn SHOOK , in Renditions , n. 68 (2007), pp. 19-49.

112 all’esaltazione della campagna per la fusione dell’acciaio e al coraggio di due lavoratori modello destinati a vivere un’intensa storia d’amore. Ding Dachuan è un giovane generoso e attento ai bisogni del popolo, figlio di un rivoluzionario e desideroso di rendersi utile e di imparare nuove tecniche. Jin Huazhen, che vive poco distante dal villaggio di Ding Dachuan, è la prima ragazza della sua comune a imparare e a saper padroneggiare le migliori tecniche per la fusione dell’acciaio. Durante il loro primo incontro, i due ragazzi sono immediatamente attratti l’uno dall’altra. Ciò che Ding Dachuan, però, ammira di più della ragazza non è il suo aspetto, ma il suo spirito di sacrificio, le sue grandi capacità lavorative e la sua fermezza nel poter rinunciare anche alla vita per il bene della comunità. Nonostante i propri sentimenti, i due giovani, infatti, non dimenticano che il loro compito principale è contribuire alla costruzione del socialismo e aiutare la propria nazione. L’amore che li lega nasce dalla forte consapevolezza politica di entrambi. La loro unione resiste anche ai tentativi della zia di Ding Dachuan di separarli. A qualche giorno dalle nozze, però, Jin Huazhen, per sventare il pericolo di un incidente esplosivo che avrebbe causato la morte di più di cento persone, rimane gravemente ferita. Ding Dachuan, dopo averlo scoperto, rivela commosso il proprio amore per Jin Huazhen a Qin Yuzhu, la ragazza che la zia avrebbe voluto come moglie per il nipote:

Conosci la nostra storia, come ci siamo conosciuti e come abbiamo deciso di sposarci. Io non la amo per il suo aspetto, io la amo perché è devota al bene comune, non a se stessa. Ogni cosa che ha fatto conferma la mia opinione su di lei. Anche se fosse ormai completamente invalida o costretta a letto, la sposerei comunque. E’ la mia coscienza che parla.99

Il racconto di Hao Ran appare, secondo l’analisi di Richard King, come un “prodotto dell’impetuosità del Grande Balzo in Avanti”, in cui “le passioni

99 Ibid., p. 43.

113 giovanili e il romanticismo rivoluzionario si incontrano sullo sfondo delle fiamme delle fornaci”.100 Le vaghe descrizioni delle fornaci e delle tecniche di fusione dell’acciaio mettono in luce, continua King, una scarsa conoscenza dell’argomento da parte dell’autore. Le competenze e il progresso sono raggiunti con la fretta e l’irruenza tipiche della campagna del Grande Balzo in Avanti. All’inizio del racconto, infatti, le fornaci vengono costruite in una sola notte e le abilità tecniche sono acquisite, da parte dei protagonisti, in pochi giorni di apprendistato. 101 Ancora una volta era la fiducia nel PCC ad emergere quale messaggio principale: la storia dei due protagonisti, punto di riferimento per la nuova generazione cinese, mise in risalto il contributo del Grande Balzo in Avanti nel coinvolgimento delle donne nella costruzione socialista. Tuttavia, l’eroina letteraria più celebre di questo periodo fu senz’altro Li Shuangshuang, protagonista di un racconto di Li Zhun (1928-2000). La novella, pubblicata per la prima volta nel marzo del 1959 con il titolo “Una breve biografia di Li Shuangshuang” (Li Shuangshuang xiaozhuan), divenne molto popolare in quegli anni. Letta da circa trecento milioni di persone ed elogiata dalla leadership di partito, l’opera fu stampata più di quattrocento volte, ispirando un film nel 1962 e due volumi a fumetti, rispettivamente, nel 1960 e nel 1964.102 Li Shuangshuang divenne per le donne cinesi il simbolo di quello che il Grande Balzo in Avanti avrebbe dovuto essere per il sesso femminile: la possibilità di partecipare attivamente alla costruzione del socialismo, liberandosi dai noiosi lavori domestici quotidiani.103 Li Shuangshuang, infatti, trae vantaggio dalle innovazioni della campagna lanciata dal PCC: i corsi di alfabetizzazione per imparare a leggere e scrivere, la possibilità di partecipare alle attività delle mense comuni, il lavoro nella costruzione di nuovi sistemi di irrigazione. Li Shuangshuang è sposata a Sun Xiwang, un uomo dalla mentalità arretrata, che nega alla donna persino di poter affermare la propria identità: egli, infatti, si

100 Richard KING, “Romancing the Leap: Euphoria in the Moment before Disaster”, in MANNING, WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., p. 62. 101 Ibid. 102 Ibid., p. 61. 103 Richard KING (a cura di) Heroes of China’s Great Leap Forward: Two Stories, University of Hawaii Press, 2010, p. 1.

114 rivolge a lei definendola “quella che cucina per me” (an zuo fan de funü) oppure “quella che sta a casa mia” (an na ge wuli ren). 104La donna però, si ribella a questa situazione e, come descritto all’inizio della novella, affigge su una parete della strada principale del proprio villaggio, un manifesto in cui propone la creazione di una mensa comune in grado di liberare le donne dall’obbligo di cucinare quotidianamente e permettere loro di partecipare al Grande Balzo in Avanti. Con l’appoggio della comunità, Li Shuangshuang riesce a fare in modo che il suo progetto sia attuato. Inizialmente la mensa viene gestita dal marito Sun Xiwang, che, alcuni anni prima, aveva lavorato come cuoco in un ristorante. Le scarse condizioni igieniche della mensa però, fanno in modo che Li Shuangshuang prenda in mano la situazione, e che, grazie al suo lavoro, l’intera comune sia soddisfatta della nuova organizzazione. La donna riesce a vincere la diffidenza del marito, e, dopo ben dieci anni di matrimonio, conquista finalmente la sua stima e il suo amore. 105 La storia di Li Shuangshuang e la sua trasformazione da una donna conosciuta dall’intero villaggio come “la moglie di Sun Xiwang” (Xiwang de xifu), ad una lavoratrice modello, doveva servire da stimolo per le donne cinesi, e costituire il simbolo dell’uguaglianza tra i sessi auspicato dal Grande Balzo in Avanti.

104 LI Zhun 李准, “Li Shuangshuang xiaozhuan” 李双双小传 (Una breve biografia di Li Shuangshuang), in Renmin Wenxue, marzo 1960, accessibile all’indirizzo : http://www.360doc.com/content/12/0324/18/9145754_197314182.shtml 105 L’unica versione della novella cui sono riuscita ad avere accesso è quella pubblicata e rivisitata da Li Zhun nel marzo del 1960, accessibile all’indirizzo riportato nella nota precedente, e consultabile nella traduzione ad opera di Richard King. Cfr. Richard KING (a cura di) Heroes…, cit., pp. 15-61. A differenza della prima versione, in quella datata marzo 1960, a Li Shuangshuang viene attribuita l’invenzione di un nuovo tipo di spaghetti, impastati con farina di patate dolci ed elogiati dalla comunità come nettamente migliori rispetto a quelli classici. La donna, grazie alla sua invenzione, è chiamata a partecipare come lavoratrice modello ad una conferenza a livello nazionale. Il crollo della disponibilità di grano, che sarà uno dei motivi principali della carestia di questi anni, portò alla necessità di promuovere ingredienti sostituitivi al grano e ai prodotti che cominciarono a mancare nella dieta del popolo cinese. La propaganda cominciò a richiedere, dunque, metodi sostitutivi nell’alimentazione, che potessero rendere deliziosi e nutrienti prodotti in precedenza considerati immangiabili. Cfr. GAO Hua, “Food Augmentation Metods and Food Substitutes during the Great Famine”, in MANNING, WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., pp. 171-196.

115

Figura 10. Poster del film “Li Shuangshuang”, 1962, regia di Ren Lu.

116

Capitolo quarto

Il disastro del grande balzo in avanti: illusioni e limiti di una liberazione

4.1 Premessa: il fallimento del grande balzo in avanti, una tragedia umana

Il Grande Balzo in Avanti era stato lanciato sulla base dei progetti utopistici di Mao Zedong, secondo il quale la Cina sarebbe entrata nell’ultima fase del comunismo prima di ogni altra nazione al mondo. L’Unione Sovietica aveva annunciato che sarebbe diventata finalmente comunista in un lasso di tempo pari a dieci o vent’anni; la Cina, secondo Mao, ce l’avrebbe fatta in un anno o due.1 L’impazienza del Grande Timoniere di raggiungere un tale obiettivo si accompagnava all’entusiasmo che, nei primi mesi dal suo inizio, la campagna aveva suscitato nell’intera popolazione. Ai contadini cinesi, abituati da millenni ai patimenti, alla fame, alla lotta quotidiana per la sopravvivenza, era stato promesso cibo in abbondanza e ricchezza. Ten Zhenling (1902-1983), ministro dell’agricoltura, aveva descritto alla popolazione le meraviglie che l’entrata nel comunismo avrebbe comportato:

1 Jasper BECKER, Hungry Ghosts: Mao’s Secret Famine, London, John Murray, 1996, p. 59.

117

Il comunismo significa: cibo, abiti, alloggio, trasporti, intrattenimento culturale, istituti di ricerca scientifica, cultura fisica. La somma di tutti questi servizi, ecco cos’è il comunismo.2

Secondo Teng, sotto il comunismo, il cibo sarebbe stato sempre in grande abbondanza e ad ogni pasto i contadini avrebbero mangiato carne di pollo, di maiale o di manzo e le uova non sarebbero mai venute a mancare. Ogni tipo di abito sarebbe stato a disposizione e dopo le ore di lavoro, ogni cinese avrebbe indossato vestiti in seta e pellicce. Le comuni popolari, infatti, avrebbero allevato volpi che a poco a poco sarebbero cresciute di numero e si sarebbero moltiplicate in modo da permettere a ogni contadino di poter riscaldarsi con le loro pregiate pellicce. Le case sarebbero state ovunque costruite seguendo il modello dei palazzi urbani, e tutti avrebbero abitato in altissimi grattacieli dotati di ogni comodità. Le comunicazioni, poi, sarebbero state sempre più veloci: il servizio di trasporto aereo, portato al massimo dell’efficienza, avrebbe potuto collegare ogni contea.3 Secondo Mao Zedong, dopo pochi anni di duro lavoro, ognuna di queste innovazioni sarebbe stata a portata di mano per l’intera popolazione cinese. Sull’ondata entusiastica del movimento del Grande Balzo in Avanti, si pianificò la composizione e la raccolta in volumi di “nuove canzoni popolari” (xin minge) con lo scopo di glorificare la nuova campagna e le sue infinite possibilità di crescita e ricchezza. Anche queste poesie e ballate popolari, proprio come i prodotti agricoli e industriali, in particolare il grano e l’acciaio, durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, sarebbero state create in grande quantità.4 Anche altre forme artistiche dovevano esaltare le innovazioni economiche che si stavano diffondendo nel paese. Nel settembre del 1958, prima di essere

2 Citato in Roderick MACFARQUHAR, The Origins of the Chinese , Vol. 2: The Great Leap Forward, New York, Columbia University Press, 1983, p. 83. 3 Ibid. 4 Richard KING, “Romancing the Leap…”, cit., p. 52. L’appello della campagna di produzione di “nuove canzoni popolari” portò alla composizione di milioni di canzoni solo nella città di Shanghai. Cfr. Lars RAGVALD, “The Emergence of ‘Worker-Writers’ in Shanghai” in Christopher HOWE (a cura di), Shanghai: Revolution and Development in an Asian Metropolis, Cambridge, Cambridge University Press, 1981, p. 320.

118 chiamati a lavorare al fianco dei contadini nelle campagne cinesi, i pittori legati all’Accademia Centrale delle Belle Arti di Pechino avevano prodotto moltissime opere celebrative del Grande Balzo, tra cui 138 murales. 5 Nello stesso anno lo scrittore Zhou Libo 6 pubblicava il romanzo “Grandi cambiamenti in un villaggio di campagna” (Shanxiang ju bian), il cui protagonista, il quadro comunista Deng Xiumei, era inviato nel villaggio di Qingxi per promuovere il movimento di collettivizzazione. Egli tuttavia si trova a dover affrontare e combattere la mentalità dei contadini della vecchia generazione, molto critici nei confronti del nuovo sistema. Per riuscire a convincere anche i più scettici, il funzionario descrive i vantaggi che la collettivizzazione e l’entrata nel comunismo avrebbero portato: “con la luce elettrica, i telefoni, i camion e i trattori, si potrà vivere meglio che nelle città, perché noi abbiamo un bel paesaggio e l’aria fresca. Ci saranno fiori tutto l’anno, e più frutti di quanti ne potremmo mangiare”.7 Le conquiste e le grandi innovazioni promesse nelle aree rurali cinesi si sarebbero realizzate grazie alla costruzione e allo sviluppo delle comuni popolari, veri e propri “ponti dorati” verso il comunismo.8 L’esaltazione della comune popolare e dell’abbondanza che essa avrebbe garantito ai contadini cinesi, fu uno degli strumenti principali utilizzati dalla propaganda del partito per coinvolgere le masse nel Grande Balzo in Avanti. In uno studio sul sistema delle comuni popolari, Zhang Letian mette in evidenza il grande potenziale di seduzione esercitato dai messaggi lanciati dal governo per rafforzare la visione utopica che stava alla base delle comuni:

5 Julia F. ANDREWS, Painters and Politics in the People’s Republic of China, London, University of California Press, 1994, p. 211. 6 Pseudonimo di Zhou Shaoyi (1908-1979), nato nel villaggio di Yiyang, nello Hunan. Si unì alla Lega degli scrittori di sinistra nel 1934, lo stesso anno in cui divenne membro del PCC. I suoi romanzi sono profondamente legati alle campagne economiche promosse dal partito. “L’uragano”(Baofeng zhouyu), del 1948, tratta della riforma agraria attuata in quegli anni nelle campagne cinesi; “Colata d’acciaio”(tieshui benliu), del 1954, descrive la vita di alcuni operai di un’acciaieria esaltando la nuova spinta industriale. “Grandi cambiamenti in un villaggio di montagna”, primo romanzo completamente consacrato alle campagne dello Hunan, è raccolto in due volumi, pubblicati, rispettivamente, nel 1958 e nel 1960. Cfr. Xiaomin GIAFFERRI-HUANG, Le Roman chinois depuis 1949, Paris, Presses Universitaires de France, 1991, p. 112. 7 Citato in BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 61. 8 Frank DIKOTTER, Mao’s Great Famine, London, Bloomsbury Publishing, 2010, p. 49.

119

Quando furono istituite le comuni popolari, il governo dipinse per i contadini una bellissima descrizione del nuovo villaggio socialista: palazzi a più piani, luce elettrica, telefoni, condizioni di vita ottimali, una società egualitaria e armoniosa.9

Tuttavia, a un anno dalla loro nascita, le comuni si dimostrarono incapaci di garantire l’entrata del popolo cinese nel tanto atteso “paradiso della felicità” (xinfu leyuan). Invece di assicurare alla popolazione rurale ricchezza e grande abbondanza di cibo, il “sistema delle grandi comuni” (dagongshe zhidu) causò una “diffusa carestia” e l’ideale utopico promosso con il lancio del Grande Balzo in Avanti “iniziò a dissolversi” a causa dell’economia di villaggio “sempre più stagnante”.10 Gli abitanti dei villaggi, fin dalla prima fase del sistema delle comuni, “provarono il sapore della fame”. Zhang Letian riporta alcune testimonianze, tra cui quella di una donna di mezza età:

In quel periodo nella mia famiglia c’erano quattro bambini. Prendevo ogni giorno della zuppa dalla mensa comune, perché dovevo nutrire prima i bambini, che non potevano stare senza cibo. Io mangiavo un poco di zuppa, del riso, e nei momenti più difficili mi nutrivo delle cortecce degli olmi o di radici di erbe acquatiche. Le radici erano troppo amare e le cortecce erano difficili da digerire e potevano

9 ZHANG Letian 张乐天, Gaobie lixiang: Remnin Gongshe zhidu yanjiu, 告别理想:人民公社制度 研究 (Addio ideali: un’analisi del sistema delle comuni popolari), Shanghai, Dongfang chuban zhongxin, 1998, p. 74. 10 Ibid. Zhang Letian sostiene, inoltre, che il sistema delle grandi comuni costituisce la causa principale della carestia che ha colpito la Cina durante il periodo del Grande Balzo. Secondo le parole dello stesso autore: “la logica dell’economia di villaggio e dell’evoluzione sconfisse i bei discorsi [riguardanti il successo del comunismo], spingendo il governo ad un compromesso. Per tale motivo il sistema delle grandi comuni è stato poi modificato in un sistema di piccole comuni”. Secondo Zhang, il Grande Balzo in Avanti fu un’idea errata che portò alla costruzione di un sistema sbagliato. Le grandi comuni, infatti, non tenevano conto delle difficoltà e del tempo necessario a modificare ed allargare le strutture tradizionali dei villaggi cinesi. Per tale motivo il governo centrale si trovò costretto, già nel 1959, a fare un passo indietro e ridimensionare la grandezza delle comuni, ritornando a un sistema simile a quello delle cooperative della metà degli anni Cinquanta.

120

causare gravi forme di edema. In quel periodo nel villaggio molti avevano la pelle gonfia.11

Da quanto sopra evidenziato, si evince che il sistema delle grandi comuni e l’utopia del Grande Balzo in Avanti comportarono grandi sofferenze per la popolazione cinese. Quando, agli inizi degli anni Sessanta, divenne palese che il sogno del “paradiso della felicità” non era stato realizzato, i vari mezzi di propaganda a disposizione del governo centrale, iniziarono a definire il periodo trascorso come “ tre anni di calamità naturali” (san nian ziran zaihai).12 Secondo la versione ufficiale del PCC, infatti, la mancanza di cibo e le numerose morti erano state causate in particolare dai fenomeni naturali che in quegli anni avevano arrecato gravi danni ai raccolti.13 Questo tipo di interpretazione continuò ad essere dominante in Cina fino alla morte di Mao. Susanne Weigelin-Schwiedrzik, nel suo studio sull’approccio al Grande Balzo in Avanti della storiografia cinese, evidenzia lo stretto rapporto tra mito e tabù. Con la sopravvivenza del mito dell’entrata nel comunismo e della costruzione socialista durante l’epoca maoista, infatti, il governo centrale doveva continuare a tacere sulla tragedia della grande carestia.14 I manuali di storia del partito stampati nei primi anni Settanta con la riapertura delle università, classificavano il Grande Balzo in Avanti come il primo grande successo del PCC sotto la guida di Mao Zedong. La Cina agli inizi degli anni Cinquanta si trovava schiacciata dalle pressioni che insistevano sull’imitazione del modello politico ed economico dell’Unione Sovietica. Mao,

11 Ibid., p. 76. 12 Ibid., p. 77. 13 Non fu però questo, sostiene Zhang Letian, il caso delle contee di Yanguan e Haining, situate nella provincia del Zhejiang, dove si concentra la sua ricerca. Queste aree sono soggette a cambiamenti climatici, forti abbassamenti delle temperature in inverno e, nella stagione estiva, si verificano spesso fenomeni di siccità. Nonostante ciò, le calamità naturali sono molto rare. Nel 1985, riporta Zhang, sulla base dei dati raccolti dalla “divisione distrettuale agricola di Haining”(Haining nongye quhua), durante i “tre anni di calamità naturali”, nel distretto di Haining non si verificarono fenomeni metereologici di grave entità. Cfr. ZHANG Letian, Gaobie…, cit., p. 77. 14 Susanne WEIGELIN-SCHWIEDRZIK, “ Re-Imagining the Chinese Peasant: The Historiography on the Great Leap Forward”, in MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating…, cit. pp. 28-29.

121 dopo aver analizzato le circostanze, si convinse che il cammino verso il socialismo della nazione cinese doveva essere profondamente diverso da quello della Russia e delle sue aree d’influenza. Secondo il Grande Timoniere lo sviluppo economico doveva basarsi essenzialmente sulla forza lavoro dei contadini che, sostenendo con convinzione il nuovo sistema di collettivizzazione, avrebbero permesso una riorganizzazione delle campagne molto più efficiente rispetto a quella dell’URSS. Per questo motivo il Grande Balzo in Avanti poteva essere considerato il primo vero passo importante della RPC nel trovare una sua strada verso il comunismo.15 Con la morte di Mao Zedong avvenuta nel 1976 e la fine della Rivoluzione Culturale, i discorsi sul Grande Balzo in Avanti e le sue drammatiche conseguenze subirono un cambiamento. La campagna economica cominciò ad essere vista come il risultato di una visione troppo radicale ed estrema riguardo lo sviluppo del socialismo in Cina.16 La “Risoluzione su alcune questioni riguardanti la storia del Partito dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese”, approvata nel 1981 dal Comitato Centrale del PCC in occasione del sessantesimo anniversario della fondazione del partito, infatti, si apre con queste parole:

Nel 1958, la seconda sessione plenaria dell’ottavo Congresso del PCC fece passare la risoluzione sulla costruzione del socialismo e su altri punti fondamentali. Essa rifletteva correttamente il desiderio e la forte richiesta delle masse di cambiare la condizione economica arretrata del nostro paese. Il loro errore fu quello di sottovalutare il ruolo e l’importanza delle leggi economiche. Allo stesso tempo, però, a causa di una scarsa esperienza nella costruzione socialista e una

15 Ibid., p. 29. L’autrice fa notare come il modo di interpretare la storia del partito in questi anni sia molto simile a quello sviluppato nel periodo precedente il 1949. Alla sua nascita il PCC era infatti molto dipendente dal Comintern e dalle sue decisioni sul futuro della rivoluzione cinese. Dopo la rottura del Primo Fronte Unito, tuttavia, il PCC iniziò a intraprendere un proprio personale percorso. Solamente basandosi sulle teorie Marxiste-Leniniste e sulla consapevolezza delle particolarità della situazione cinese si poteva raggiungere la vittoria. L’abilità attribuita al PCC è quella di aver compreso le potenzialità della forza contadina cinese e di aver combinato con successo questo fattore alla dottrina Marxista-Leninista. 16 Ibid., p. 30.

122

mancata conoscenza sia della situazione della Cina sia delle leggi economiche e, soprattutto, poiché il compagno Mao Zedong e molti quadri a livello locale e nazionale in seguito alla nostra vittoria si rivelarono arroganti e sicuri dei propri mezzi, diventammo impazienti nella ricerca del successo, sopravvalutando il ruolo della volontà soggettiva.17

La Risoluzione continuava, poi, sostenendo che Mao Zedong compì un errore nel criticare e nell’epurare Peng Dehuai dalla carica di ministro della Difesa, poiché questo episodio contribuì a scatenare dannose lotte interne al partito. Sebbene cominciassero ad essere ufficialmente riconosciute alcune responsabilità politiche di Mao Zedong e dei quadri a livello nazionale e locale, tuttavia alle gravi conseguenze del Grande Balzo in Avanti si faceva solo un semplice accenno:

Tra il 1959 e il 1960 l’economia del nostro paese andò incontro a molti problemi. Sia lo stato che la popolazione hanno dovuto subire ingenti perdite a causa degli errori commessi durante il Grande Balzo in Avanti e la campagna anti-destrista, cui si aggiunsero forti calamità naturali e, soprattutto, il tradimento dell’Unione Sovietica che perfidamente ruppe il patto di alleanza con il nostro paese.18

17 Guanyu jianguo yilai dang de ruogan lishi wenti de jueyi” 关于建国以来党的若干历史问题的 决议 (Risoluzione su alcune questioni riguardanti la storia del Partito dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese), originariamente raccolto in Guanyu jianguo yilai dang de ruogan lishi wenti de jueyi zhushiben, 关于建国以来党的若干历史问题的决议注视本 (Raccolta di risoluzioni prese dal partito a partire dalla fondazione della RPC su alcune questioni storiche), Zhong-gong zhongyang wenxian yanjiushi 中共中央文献研究室 (Ufficio Centrale di ricerca di documenti sulla storia del PCC), Beijing, Renmin chubanshe, 1985, accessibile online: http://news.xinhuanet.com/ziliao/2002-03/04/content_2543544.htm. 18 Nel 1952 l’Unione Sovietica aveva siglato con la Cina un trattato di amicizia, che prevedeva per la RPC un sostegno economico e il rifornimento di tecnologia militare moderna. Tuttavia, nella seconda metà degli anni Cinquanta l’emergere di divergenze politico-ideologiche e le critiche da parte di Chruscev alle misure portate avanti durante il Grande Balzo in Avanti, con particolare riferimento alle comuni popolari, causarono crescenti tensioni tra i due paesi. Nel 1960, quando l’attrito tra le due potenze raggiunse il suo apice, l’URSS ordinò il ritiro nota immediato di militari e, soprattutto, di ricercatori e scienziati che lavoravano in Cina alla

123

Il Grande Balzo in Avanti era presentato come il risultato di “errori di sinistra” (zuo qing cuowu) che, combinati all’inesperienza nella costruzione socialista, avevano trasformato in tragedia una campagna economica nata con le migliori intenzioni. Sull’onda del fanatismo, infatti, la leadership avrebbe commesso degli errori, sottovalutando le vere condizioni economiche del paese. In un discorso sulla storia del PCC che ebbe luogo nel 1980, Deng Xiaoping dichiarò che egli stesso insieme a Mao Zedong, Liu Shaoqi, Zhou Enlai e altri membri del PCC, durante il Grande Balzo in Avanti si era fatto prendere dall’entusiasmo diventando una “testa calda” (tounao fare).19 Negli anni successivi il partito è ritornato sulla questione e ha ammesso con maggiore decisione i propri errori. Il Grande Balzo in Avanti cessò di essere considerato il grande successo del PCC nel trovare una propria strada verso il socialismo e iniziò a essere criticato come un grave errore che portò alla popolazione cinese enormi sofferenze.20 Con l’avvio delle riforme economiche era impossibile per il partito continuare a mantenere il silenzio sulle numerosissime morti avvenute in quegli anni. Nel 1991 Li Chengrui, allora direttore dell’Ufficio Statistico Nazionale (Zhonghua Renmin Gongheguo guojia tongji ju), pubblicò uno studio sulle ricerche fatte fino

realizzazione di progetti industriali. Le dichiarazioni ufficiali di Mao e della leadership comunista nel corso degli anni Sessanta e Settanta attribuirono al tradimento sovietico le maggiori responsabilità del fallimento del Grande Balzo. La mancanza di aiuti economici e l’impossibilità di un’efficiente ricerca scientifica e industriale furono determinanti, secondo Mao, nella crisi che il paese affrontò tra il 1959 e il 1961. Cfr. MEISNER, Mao…, cit., pp. 227- 228- 229. 19 Citato in Felix WEMHEUER, “Dealing with Responsabilities for the Great Leap Famine in the People’s Republic of China”, in China Quarterly, no. 201, 2010, p. 180. Nel suo articolo Wemheuer prende in analisi tre documenti fondamentali per comprendere l’approccio del PCC alla questione della grande carestia: il discorso tenuto da Liu Shaoqi nel 1962 davanti a settemila quadri di partito; la già citata Risoluzione del 1981 e il volume a cura di Bo Yibo (1908-2007) del 1993, “Riflessioni su alcune importanti decisioni ed eventi” ( 若干中大决策与 事件的回顾, Ruogan zhongda juece yu shijian de huigu). Nei tre documenti, secondo Wemheuer, il problema principale affrontato non è quello della carestia e delle sofferenze patite dal popolo cinese, ma quello degli errori e delle divisioni all’interno del partito che hanno portato al fallimento del Grande Balzo. Tutti e tre rientrano nello schema tipico della storiografia di Partito di tipo Marxista-Leninista stabilita con l’opera “Breve storia del Partito Comunista in Unione Sovietica” che, nel 1938, era divenuto il manuale di riferimento per l’interpretazione corretta degli avvenimenti storici in Unione Sovietica. Sulla base di questo modello, la storia del PCC è descritta come una lotta tra la linea corretta del governo centrale e le pericolose tendenze di destra o di sinistra. Cfr. anche Arup BANERJI, Writing History in the Soviet Union: Making the Past Work, New Delhi, India Orient Longman, 2008, pp. 134-180. 20 WEIGELIN-SCHWIEDRZIK, “ Re-Imagining…”, cit., p. 32.

124 a quel momento in Cina e all’estero sul numero delle vittime causate dalla grande carestia.21 Li sosteneva che negli anni del Grande Balzo in Avanti non fossero state rispettate fondamentali leggi economiche, fossero stati imposti target di produzione molto alti e fornite indicazioni spesso contraddittorie, che contribuirono ad alimentare comportamenti arroganti e gravi errori da parte delle autorità locali. 22 Tuttavia il suo articolo non aveva come obiettivo principale quello di trovare responsabilità e cause di una simile tragedia, ma quello di definire un metodo il più corretto possibile per calcolare il tasso di mortalità degli anni che vanno dal 1958 al 1961 e di confrontarsi con i primi studi fatti all’estero negli anni precedenti.23 Le prime stime fornite dagli studiosi occidentali sul numero delle vittime della grande carestia, risalgono agli anni Ottanta e si basano su informazioni piuttosto limitate. Fornire un quadro preciso e attendibile riguardante le nascite e le morti in un paese vasto come la Cina e, soprattutto, in un periodo di difficoltà economica e politica come quello del Grande Balzo in Avanti, costituiva ancora un’operazione molto complessa. I fattori che rendono conto di tale complessità sono diversi. Molti documenti sono andati perduti nel periodo della Rivoluzione Culturale, altri sono stati volontariamente distrutti o manomessi.24 Tra il 1949 e il 1982, inoltre, in Cina sono stati realizzati solamente tre censimenti (1953, 1964 e 1982).25 Durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, infatti, l’Ufficio Statistico Nazionale, nato nel 1952, aveva smesso di operare. Professionisti e studiosi legati a questo settore erano impegnati in altre occupazioni a sostegno

21 LI Chengrui 李成瑞 , “ ‘Dayuejin’ yinqi de renkou biandong” , ’⼤跃进 ’ 引起的⼈⼝变动 (Cambiamenti demografici causati dal Grande Balzo in Avanti), in Zhongguo dangshi yanjiu, 中国 党史研究 (Ricerca sulla storia del Partito), 2, 1997, accessibile online: http://www.yhcw.net/famine/Research/r060704a.html. 22 Ibid. 23 Susanne Weigelin-Schwiedrzik fa notare che, nel periodo post-maoista, quando venne a crollare il mito del Grande Balzo in Avanti, il tabù della carestia fu sostituito da un “approccio scientifico” alla questione del calcolo del tasso di mortalità e le numerose perdite umane vennero riconosciute pubblicamente dalle autorità. Tuttavia le reali proporzioni della tragedia provocata dal Grande Balzo erano- e in un certo senso sono ancora oggi- un argomento molto delicato da affrontare in Cina. Li Chengrui, nel suo articolo, sosteneva che la cifra esatta dei decessi durante la carestia ammontasse a 17 milioni e che cifre più alte riportate da altri studiosi non fossero attendibili. Cfr. WEIGELIN-SCHWIEDRZIK, “ Re-Imagining…”, cit., p. 32. 24 BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 266. 25 Ibid., p. 267.

125 della nuova politica economica. Anche negli anni successivi, però, le attività regolari dell’Ufficio Statistico Nazionale furono compromesse dalle difficili circostanze socio-politiche e dal caos generato dalla Rivoluzione Culturale. Lo stesso censimento del 1964, il secondo nella storia della RPC, fu condotto all’insaputa dei paesi stranieri e Mao si rifiutò di pubblicarne i risultati.26I dati riguardanti questo censimento furono resi noti solamente nel 1980, quando l’Ufficio Statistico Nazionale riprese a funzionare regolarmente. Le stime del censimento del 1964 non potevano essere prese però come assolutamente veritiere. Gli anni caotici della Rivoluzione Culturale, infatti, hanno senza dubbio causato delle difficoltà nella raccolta di dati. Il censimento, inoltre, fu condotto in collaborazione con i quadri di partito locale, in molti casi gli stessi che avevano avuto incarichi di responsabilità durante gli anni della carestia e che non avevano alcun interesse a riportare stime eccessivamente alte di decessi nei loro territori. Ciononostante, negli anni immediatamente successivi, questi dati costituirono una base fondamentale per ricostruire un quadro almeno approssimativo delle tendenze della natalità e della mortalità durante il Grande Balzo in Avanti. Senza di essi la profonda lacuna presente tra il censimento del 1953 e quello del 1982 sarebbe stata troppo grande da colmare. 27 Gli studiosi occidentali che negli anni Ottanta si interessarono alla questione demografica durante la grande carestia poterono, dunque, cominciare a tracciare l’andamento delle nascite nei differenti periodi, arrivando così a ipotizzare quanti, in quegli anni, fossero sopravvissuti al Grande Balzo. Oltre ai dati riguardanti la situazione nazionale, le stime sull’andamento demografico in Cina si basavano anche sui registri tenuti dalle autorità locali che, in alcuni casi, erano, nei primi anni Ottanta, resi disponibili agli studiosi.28 L’esistenza del sistema delle razioni quotidiane di cibo in questi anni prevedeva la registrazione di ogni individuo che aveva diritto a una porzione prestabilita in una determinata area. Tuttavia, nel momento in cui la crisi alimentare raggiunse il suo apice, un calcolo preciso delle morti divenne materialmente impossibile.

26 Ibid., p. 268. 27 Ibid. 28 Ibid., p. 269.

126

Raramente nelle campagne, si continuarono a seppellire i morti e a registrare i decessi, soprattutto dei bambini. Inoltre, nella maggior parte dei casi, gli ufficiali preposti a questi compiti non avevano provveduto alla compilazione di liste esaustive delle persone che erano fuggite per tentare di sopravvivere e che, probabilmente, erano morte durante il viaggio.29 Basil Ashton, insieme ad altri studiosi, nel 1984 ha portato a termine uno studio molto preciso sulla situazione demografica in Cina durante la carestia del 1959- 61. Egli, nel compiere la sua ricerca, poteva basarsi sui dati del censimento del 1982 e su tutta una serie di stime riferite al periodo precedente che erano state diffuse dopo quell’anno. Ne sono un esempio i dati sulla fertilità dal 1942 al 1982 o quelli sui tassi di mortalità e natalità registrati tra il 1950 e il 1982.30 Facendo, dunque, riferimento ad alcune statistiche riguardanti i livelli di mortalità prima del Grande Balzo in Avanti, egli è arrivato a calcolare che durante gli anni di crisi vi furono 30 milioni di morti con un incremento del tasso di mortalità dal 19.3 percento nel 1957 al 32.8 del 1960. Analisi e ricerche di questo tipo fanno anche notare come il numero dei decessi in questo periodo fosse notevolmente più alto nelle aree rurali che in quelle urbane. Nel 1960, infatti, il tasso di mortalità nelle campagne cinesi aveva raggiunto il 25.58 percento, mentre nelle aree urbane si era arrestato al 13.77 percento.31 Per arrivare a spiegare le motivazioni di un tale innalzamento del tasso di mortalità nelle campagne, Ashton sostiene che sia necessario guardare in primo luogo all’andamento dei raccolti. Gli individui maggiormente colpiti dalla fame risultano, infatti, quelli dipendenti dall’agricoltura e dai suoi frutti.32 Nel caso specifico della Cina il prodotto agricolo principale era, in particolar modo in quegli anni, il grano: nella dieta della popolazione cinese esso , costituiva il 90

29 Ibid. 30 Basil ASHTON, Kenneth HILL, Alan PIAZZA, Robin ZEITZ, “Famine in China, 1958-1961” in Population and Development Review, 10 dicembre 1984, p. 613. 31 Justin YIFU, Dennis TAO YANG, “Food Availability, Entitlements and Chinese Famine in 1959- 1961” in The Economic Journal, Vol. 110, no. 460, Gennaio 2000, p. 146. 32 ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit., p. 621.

127 percento del contenuto calorico e l’ 80 percento dell’apporto proteico.33 La crisi demografica di quegli anni fu causata in larga parte da una diffusa impossibilità di approvvigionamento di grano nelle aree rurali cinesi, come sostengono studi più recenti, come quello di Peng Xizhe del 2010.34 Dai dati riportati emerge che tra il 1952 e il 1957 la produzione di grano aumentò del 4.5 percento annuo, rendendo la situazione alimentare piuttosto stabile. In questo periodo le chilocalorie pro capite assunte quotidianamente raggiungevano una media di circa 2100. Dal 1959, la situazione andò peggiorando precipitosamente: le chilocalorie assunte quotidianamente diminuirono a 1800 circa e diventarono poco più di 1500 negli anni 1960- 1961.35 Senza dubbio il drastico calo della disponibilità alimentare cui la Cina assistette in questo periodo dipese, in parte, da un crollo della produzione di grano che passò dai 195 milioni di tonnellate del 1957 ai 143.5 milioni di tonnellate del 1960. 36 Diversi furono i fattori che contribuirono alla crisi agricola e che, uniti ad essa, causarono sofferenze indescrivibili a milioni di persone. Come già evidenziato in precedenza, la creazione delle comuni popolari nell’estate del 1958, aveva fatto emergere numerose e gravi complicazioni. Anzitutto, gestire delle unità amministrative vaste come le comuni popolari rappresentava indubbiamente un compito complesso. Esse erano costituite da grandi brigate (che comprendevano diversi piccoli villaggi), a loro volta suddivise in piccole squadre di produzione. I vari nuclei familiari erano organizzati in queste unità minori, che rappresentavano il nucleo base nella produzione agricola e nel sistema economico della comune. Nondimeno, il salto che dalla collettivizzazione doveva portare al tanto auspicato comunismo fu rapido e molto brusco e non permise ai contadini e a chi ricopriva ruoli di

33 PENG Xizhe, “Demographic consequences of the Great Leap Forward in China’s provinces”, in Popolation and Development Review, vol.13, no. 4, 2010, p. 650. 34 Ibid. 35 ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit., pp. 621- 622. Secondo questo studio, nel periodo tra il 1960 e il 1962 la quantità media di chilocalorie giornaliere pro capite raggiunse un livello più basso di altri paesi negli anni Ottanta. Nel 1980 solo in Etiopia, Uganda, Afghanistan, Chad e Alto Volta si registrava una quantità giornaliera di chilocalorie pro capite inferiore alle 1800. 36 Ibid., p. 621.

128 responsabilità di riuscire ad acquisire l’esperienza necessaria a gestire il nuovo sistema. 37 Inoltre le comuni, alcune delle quali nella fase di massima sperimentazione socialista arrivavano a centomila abitanti, erano le più grandi aree amministrative che i contadini cinesi avessero mai conosciuto in precedenza. La gestione dei mezzi di produzione, dunque, spettava a unità spesso molto lontane dalle aree di cui erano responsabili. Questa lontananza si faceva particolarmente importante al momento dell’assegnazione dei punti di lavoro che garantivano il diritto al salario: nella maggior parte dei casi il processo era molto rigido e appiattiva le differenze nel lavoro individuale, creando profondo malcontento.38Ogni iniziativa di tipo privato, poi, era stata abolita, i mercati chiusi e le mense, installate con la creazione delle comuni, incoraggiate a distribuire pasti gratuiti, disincentivando l’impegno nella produzione agricola.39 A tutto ciò si aggiunse il coinvolgimento di massa dei lavoratori, nelle campagne, in attività diverse dalla coltivazione, come la costruzione di dighe, di nuovi sistemi di irrigazione o la fusione dell’acciaio nelle cosiddette “fornaci da cortile”. Tutti questi fattori portarono inevitabilmente a trascurare la produzione agricola e contribuirono al crollo dei raccolti, in particolare del grano. 40 Non a caso, nel 1959, il Ministro della Difesa Peng Dehuai, evidenziò come il lavoro dei contadini nella fusione dell’acciaio avesse determinato la carenza di manodopera nella produzione agricola. Secondo le sue stesse parole, tale pratica avrebbe “non solo influenzato la qualità della vita dei contadini che sarebbero presto rimasti senza nulla da mangiare, ma avrebbe danneggiato gravemente anche l’industria leggera”.41 Com’è noto, alla fine del 1958, molti errori nella gestione delle politiche del Grande Balzo in Avanti furono riconosciuti da diversi quadri del partito e alcuni provvedimenti furono presi per rimettere in sesto la situazione e semplificare

37 John WONG, Group Farming in Asia: Experiences and potentials, Singapore, Singapore University Press, 1979, p. 91. 38 TOMBA, Storia…, cit., p. 86. 39 ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit., p. 625. 40 Ibid.; WONG, Group Farming…, cit., pp. 91- 92. 41 Citato in ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit., p. 625.

129 l’amministrazione delle comuni. Tuttavia, l’effettiva gravità della situazione fu sottovalutata e le misure adottate non risultarono sufficienti a evitare la diffusione di una grave carestia. Per di più, l’entusiasmo per il Grande Balzo si manteneva ancora alto, raggiungendo una nuova ondata in seguito alla conferenza di Lushan del 1959. Nel clima di terrore suscitato dalle purghe di coloro che, come Peng Dehuai, avevano osato criticare la politica economica voluta da Mao Zedong, diventava sempre più difficile prendere delle iniziative volte a limitare i problemi che stavano emergendo. Infine, la rottura sino- sovietica del 1960 contribuì alla crescita un sentimento patriottico e di rivalsa che impedì alla Cina di rinnegare completamente le proprie scelte in campo economico.42 Un fattore molto importante nell’aggravarsi della crisi alimentare, e di conseguenza demografica, fu che i dati sul reale andamento dei raccolti nelle campagne cinesi non furono trasmessi al governo centrale. Le notizie, infatti, arrivavano molto lentamente e, spesso non erano attendibili; un fenomeno che fu acuito dal clima di competizione alimentato dalla propaganda e dalla paura dei quadri locali di essere accusati di destrismo. Nel 1958, la maggior parte degli studiosi di statistica fu tacciata da Mao Zedong di “dogmatismo”, a causa delle stime effettuate sui decessi provocati dalla mancanza di cibo e sul calo della produzione agricola. Da quel momento in poi fu impossibile rendere pubblici dati riguardanti la reale situazione economica nel paese e porre un freno alle esagerate aspettative in ambito industriale e, soprattutto, agricolo.43 Sin dall’inizio del Grande Balzo in Avanti ai quadri locali del partito erano state fatte molte pressioni riguardo alla produzione di grano, con la definizione di quote ai diversi livelli territoriali- amministrativi.44 L’obiettivo era “superare la

42 PENG, “Demographic consequences…, cit., p. 665. 43 ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit., p. 625. 44 Come è stato sottolineato, il Grande Balzo in Avanti generò il “vento dell’esagerazione”. Seguendo ciecamente le iniziative del governo centrale, i leader locali riportavano stime di produzione di grano e cereali molto più elevate rispetto alla realtà. La volontà di primeggiare, di dimostrarsi fedele al presidente Mao o, più semplicemente, la paura di essere etichettato come “destrista”, facevano sì che la fantasia si sostituisse alla realtà. La conseguenza di tale pratica fu un approvvigionamento eccessivo da parte dello stato del grano nei villaggi e una conseguente mancanza di cibo per i contadini che, dal 1959, iniziarono a patire la fame, soprattutto nelle regioni più fedeli alle politiche del Grande Balzo.

130

Gran Bretagna” e raggiungere una quantità di raccolto sempre maggiore per poter finalmente entrare nel tanto atteso “paradiso della felicità”. Perciò, gli ufficiali del governo centrale operavano sulla base di dati gonfiati: secondo i documenti ufficiali, nel 1958 la quantità di grano prodotta raggiunse i 350 milioni di tonnellate e nel 1959 si parlava di 270 milioni di tonnellate. 45 Pertanto, già a partire dal 1958, stime “gonfiate” portarono le autorità centrali a ritenere che vi fosse un abbondante surplus di grano da utilizzare per sviluppare il settore industriale urbano e garantire maggiori servizi agli abitanti delle città. Inoltre l’enfasi sull’industrializzazione aveva accelerato il processo di migrazione dalle campagne alle città, già iniziato durante il primo piano quinquennale. Nel 1960 l’aumento della popolazione urbana aggravò il problema dell’approvvigionamento di cibo nelle città.46 Per di più, il forte incremento delle esportazioni nei primi due anni della crisi alimentare (1959- 1960)non fece che peggiorare la situazione. Nel 1959, ad esempio, le esportazioni di grano aumentarono del 50 percento rispetto al 1958 e, nel 1960, raggiunsero i tre milioni di tonnellate.47 Come è stato sottolineato, il totale delle esportazioni di grano corrispondeva a ventidue trilioni di chilocalorie, e avrebbe rappresentato una fonte di sostegno alimentare sufficiente a nutrire sedici milioni di persone per due anni.48 Le stime sulla produzione cerealicola diffuse in quel periodo a livello nazionale si accompagnavano a quelle sulle condizioni atmosferiche e sui disastri naturali. Quando alla fine del 1959, la crisi agricola e alimentare divenne difficile da nascondere, le autorità cinesi iniziarono a divulgare dati sempre più allarmanti

Cfr. Huaiyin LI, Village China Under Socialism and Reform, A Micro History, 1948-2008, Stanford, Stanford University Press, 2009, pp. 87-89.

45 Thomas B. BERNSTEIN, “Stalinism, Famine, and Chinese Peasmants: Grain Procurements during the Great Leap Forward”, in Theory and Society, Vol. 13, No. 3, maggio 1984, p. 351. Quando i dati furono poi rivisti, ci si rese conto che la reale quantità di grano prodotta nel 1958 era di 200 milioni di tonnellate, quella prodotta nel 1959,invece, era di 170 milioni. 46 ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit., p. 628. 47 Ibid., p. 629. Negli ultimi mesi del 1959 le esportazioni di grano nel Jiangsu avevano raggiunto le 0.361 milioni di tonnellate, nello Henan 0.935 milioni, nel Sichuan 2.224 milioni e nello Hunan 0.44 milioni. Cfr. Kenneth R. WALKER, Food Grain Procurement and Consumption in China, Cambridge, Cambridge University Press, 1984, p. 155. 48 Ibid.

131 sui danni causati dal maltempo alla produzione, in particolare di grano. Così, i resoconti ufficiali sostenevano che la Cina intera fosse stata colpita da tifoni, inondazioni, siccità, oltre che dalla diffusione di parassiti e malattie delle piante.49 Nondimeno, queste notizie non riflettevano la vera situazione delle campagne cinesi, che erano testimoni della peggior carestia che la Cina avesse mai conosciuto. È stato evidenziato, poi, che il verificarsi di fenomeni naturali sia stato causato anche dall’intervento umano, attraverso le innovazioni -nella maggior parte dei casi inefficaci- promosse nell’ambito del Grande Balzo in Avanti. Dal 1957 la priorità data allo sviluppo dei sistemi di irrigazione nella Cina settentrionale aveva portato ad una negligenza nel controllo delle piene, causando gravi errori nella progettazione di nuovi programmi di conservazione e contribuendo a provocare molte inondazioni. Si era assistito, poi, all’introduzione di tecniche agricole uniformi che, messe in atto senza tener conto delle differenze territoriali, si dimostrarono spesso controproducenti.50 Il Grande Balzo in Avanti, infatti, aveva contribuito a creare un clima utopistico in cui qualunque cosa diventava possibile, anche in assenza di valide basi scientifiche. Un approccio di questo genere pareva rispecchiare l’esperienza dell’Unione Sovietica durante il primo piano quinquennale, agli inizi degli anni Trenta. Il messaggio lanciato era pressappoco il medesimo: solamente i contadini potevano essere definiti come veri scienziati in grado di fare grandi cose grazie alla loro conoscenza intuitiva e al loro “fervore rivoluzionario”.51 Perciò, sull’ondata dell’entusiasmo, da ogni parte della Cina arrivavano resoconti di imprese fantasiose, a cui, poco alla volta, iniziarono a credere tutti (o quasi). Nel 1958 alcuni bambini, che frequentavano la scuola elementare, divennero celebri a Canton per aver inventato un frutto assolutamente nuovo incrociando una zucca e una papaya, mentre a Pechino alcuni scienziati si dedicarono alla creazione di un pomodoro incrociato con semi di melanzana. Nelle comuni, poi, i quadri di partito locali facevano a gara per diffondere notizie

49 Ibid. I resoconti ufficiali sostenevano che a causa della siccità il 25 percento del raccolto del 1959 andò perduto nello Hubei, il 54 percento nello Shaanxi. Solo nel giugno dello stesso anno le inondazioni avrebbero colpito 810 mila ettari nel Guangdong , 58 mila ettari nel Fujian. 50 PENG Xizhe, “Demographic consequences…, cit., p. 653. 51 BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p.63.

132 sempre più spettacolari riguardanti la nascita di frutti e piante di dimensioni enormi, nonché l’allevamento di suini o bovini dal peso record. 52 Esperimenti di questo genere portarono a gravi conseguenze, in particolare nell’allevamento degli animali. Becker riporta un’intervista ad uno scienziato che, dopo essere stato etichettato come “destrista”, fu inviato in una fattoria nella campagna di Shanghai. Qui, all’uomo fu ordinato di far incrociare una razza di suini cinesi con un tipo di suino di origine russa, di taglia molto più grande. Le cucciolate risultanti furono più numerose, ma tutti i piccoli morirono, poiché le madri non riuscivano a produrre abbastanza latte per nutrirli.53 Anche nell’agricoltura diverse nuove tecniche fallirono o si rivelarono dannose. Mao Zedong aveva incoraggiato, ad esempio, la creazione di colture in cui le piante fossero seminate molto più vicine l’una all’altra. Nella stragrande maggioranza dei casi le piante morirono soffocate, a causa del mancato spazio vitale. In molte comuni popolari, i contadini, seguendo le direttive dall’alto, si impegnarono nella creazione di nuovi fertilizzanti: in alcuni casi ogni sorta di immondizia fu mischiata alla terra e utilizzata nei campi, in altri furono fatti a pezzi muri di argilla o stufe fatte di mattoni, perché questi materiali potessero servire a nutrire la terra coltivabile.54 La vastità del territorio cinese, il clima di terrore politico e i dati falsi riportati dai quadri locali non permisero, dunque, alle autorità centrali di rendersi immediatamente conto di cosa stava accadendo nel paese. La carestia, che risultò dagli errori umani e dalla leggerezza con cui essi furono compiuti, colpì l’intera Cina, pur in maniera non omogenea. Anche se il fattore geografico svolse un ruolo importante nel dilagarsi della carestia, gli effetti della crisi alimentare e demografica del 1959-1961 non si concentrarono esclusivamente nelle aree solitamente più danneggiate da fenomeni di questo genere.55 Le regioni in cui si registrò il maggior numero di morti per mancanza

52 Ibid. p.70. 53 Ibid. p.71. 54 Ibid. p. 74. 55 Le carestie sono state per la Cina un fenomeno costante. La parte settentrionale del paese, in particolare, è stata spesso colpita da siccità e inondazioni. Tra il 1876 e il 1879, in seguito ad una grave siccità, si verificò una carestia che causò tra i nove e mezzo e i tredici milioni di morti.

133 di cibo in questi anni furono, in particolare, il Sichuan e il Gansu dove il tasso di mortalità toccò rispettivamente il 25 e il 21 percento. 56 Non è un caso che queste due province rientrino tra quelle maggiormente colpite: qui infatti i quadri di partito locali, insieme a quelli dello Henan e dello Hunan, si dimostrarono particolarmente zelanti e propensi a seguire ciecamente le direttive che provenivano dall’alto e in particolare la volontà di Mao.57 Ovviamente gli effetti della crisi si fecero sentire con più decisione nelle campagne, dove l’approvvigionamento di cibo era più complesso e dove i contadini non avevano accesso ai medesimi servizi garantiti ai residenti nelle aree urbane.58 Così, nel 1960, anno in cui la crisi si fece più acuta, i tassi di mortalità più bassi dell’intera nazione si registrarono nelle municipalità di Pechino, Shanghai e Tianjin.59 La volontà da parte del governo centrale di tutelare a tutti i costi la nascente industria urbana, portò ad un irrigidimento del sistema di razionamento del cibo e dei beni di consumo nelle aree urbane. Sebbene il processo di industrializzazione avviato agli inizi degli anni Cinquanta fosse stato accompagnato, nella sua fase iniziale, dalla migrazione di milioni di contadini verso le città, nel 1958 il governo iniziò ad adottare dei provvedimenti volti a controllare la mobilità geografica della popolazione. Il sistema di registrazione familiare (hukou dengji zhidu o, semplicemente, hukou), introdotto alla fine degli anni Cinquanta, avrebbe vincolato amministrativamente i

(segue nota) Questa è stata definita come la più grave carestia della storia dell’umanità, prima della tragedia del 1959-1961 Cfr. ASHTON, HILL, PIAZZA, ZEITZ, “Famine in China…”, cit. p. 620. Becker, poi, nel suo studio identifica la cosiddetta “cintura della fame” nel territorio compreso tra i due principali fiumi cinesi: il Fiume Giallo (Huang He) e il fiume Azzurro (Chang Jiang o Yangtze Kiang). Cfr. BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 100. 56 PENG Xizhe, “Demographic consequences…”, cit., p. 648. 57 YIFU, TAO YANG, “Food Availability…,”cit., p. 146. 58 Jeremy Brown descrive la situazione a Tianjin negli anni 1959,1960 e 1961, mettendo in evidenza come gli abitanti della città faticassero a sbarcare il lunario, ma riuscissero comunque a sopravvivere. La carestia che devastava il paese in quegli anni ,infatti, colpiva soprattutto le campagne, a cui erano indirizzati tutti i messaggi di propaganda lanciati dal Grande Balzo. Secondo Brown, i residenti di Tianjin erano consapevoli della crisi alimentare nelle aree rurali, ma non avevano probabilmente un’idea precisa della gravità della situazione. Per le autorità locali salvare le industrie cittadine e tutelare l’immagine di Tianjin era diventata una priorità, per questo motivo gli abitanti della città riuscirono ad avere maggiori quantità di cibo, che venivano sottratte alle campagne circostanti. Cfr. Jeremy BROWN, “Great Leap City: Surviving the Famine in Tianjin”, in MANNING, WEMHEUER(a cura di), Eating bitterness…, cit., pp. 226- 250. 59 Ibid.

134 contadini alle campagne e alle comuni agricole e i cittadini alle zone urbane e alle loro unità di lavoro, rendendo di fatto impossibile la migrazione rurale- urbana.60 Il sistema dello hukou fu implementato in modo più rigido proprio a partire dal 1960, quando la crisi alimentare iniziò a farsi sentire anche nelle città.61 Fu quello l’anno in cui la mancanza di cibo arrivò a livelli inimmaginabili e, in diverse zone del paese, si verificarono persino episodi di cannibalismo. Stando a quanto riportato da Kay Ray Chong, pratiche di questo genere non erano nuove in Cina: sembra che in passato siano state considerate normali e, quindi, accettate in caso di carestia.62 Secondo i dati riportati da Becker e attinte dagli archivi di Gushi, una contea dello Henan, le autorità registrarono duecento casi di cannibalismo su 900 mila abitanti all’inizio della carestia. Nella contea di Fenyang, situata nell’, nel 1958 si registrarono ben 63 casi di cannibalismo in una sola comune.63 Per quanto, in un primo momento, il governo avesse cercato di nascondere e ignorare gli episodi di cannibalismo, alla fine del 1959 era diventato impossibile negarne l’esistenza.64 Lo dimostrano alcuni documenti ufficiali raccolti da Xun Zhou, provenienti da diversi archivi locali e per la prima volta riportati in traduzione inglese in uno studio condotto in collaborazione con Frank Dikotter. Quattro sono dedicati specificamente al cannibalismo: si tratta di rapporti

60 Secondo questo metodo, su un registro affidato alle diverse unità amministrative, erano definiti la residenza, l’attività e lo status di ogni cittadino. Un libretto personale, poi, dava il diritto di usufruire dei servizi offerti dalla propria area. Il profondo legame che il sistema di registrazione familiare creava con il territorio, rendeva possibile a ogni individuo accedere solamente ai servizi forniti dalla propria unità di lavoro. Ovviamente, chi voleva tentare la fortuna nelle città poteva farlo, ma solamente a proprio rischio, perché, lontano dalle rispettive aree di appartenenza, non aveva accesso alla sanità, ai servizi pubblici e alla distribuzione di cibo, garantita solo ai residenti regolari. Cfr. TOMBA, Storia…, cit., p. 91. 61 Ibid. 62 All’inizio della dinastia Han una grave carestia aveva colpito l’impero, e, secondo la tradizione, circa la metà della popolazione era morta a causa della fame. L’imperatore Gao Zu, nel 205 a. C. aveva emanato un editto che autorizzava i suoi sudditi a scambiare con i vicini il proprio figlio e cibarsi della carne del bambinoqualora si verificassero gravi crisi alimentari. usanza, chiamata “yi zi er shi”, letteralmente “scambia il bambino, fanne cibo”, ha continuato a sopravvivere per secoli. Cfr. Kay Ray CHONG, Cannibalism in China, Wakefield, New Hampshire, Longwood Academic Press, 1990, p. 64. 63 BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 212. 64 Zhou XUN, The Great Famine in China, 1958-1962. A Documentary History, Yale University Press, 2012, p. 59.

135 ufficiali compilati da quadri di partito operativi nelle proince Gansu e del Sichuan. 65 Il primo, relativo alla municipalità autonoma di Linxia (Gansu), consiste in un lungo elenco di nomi di persone colpevoli di essersi nutriti di carne umana tra il 1959 e il 1960:

Data: 24 gennaio 1960. Luogo: villaggio Tiejia nella comune di Maji. Nome del colpevole: Tie Erge. Numero di vittime: 2. Crimine: riesumazione dei corpi delle vittime e consumo di carne umana. Motivazione: Sopravvivenza. Data: 25 Febbraio, 1960. Luogo: villaggio Yaohejia nella comune Hongtai. Nome del colpevole: Yang Zhongsheng. Status del colpevole: contadino povero. Nome della vittima: Yang Sanshun. Rapporti con il colpevole: fratello minore. Numero di vittime: 1. Crimine: uccisione della vittima e consumo della sua carne. Motivo: Sopravvivenza. […]66

Il documento successivo, dimostra che la carne umana era venduta sul mercato nero come merce di scambio, anche se spesso veniva mischiata a carne proveniente dalle carcasse di animali perché il crimine restasse nascosto.67 La municipalità di Zhangye (Gansu) era diventata un vero e proprio mercato per la vendita di carne umana. Gli scambi avvenivano solitamente alla stazione ferroviaria:

Il 4 aprile 1961 alla stazione ferroviaria di Zhangye, un contadino locale di nome Zhao Yuyin ha acquistato 1 chilo e mezzo di carne e un paio di scarpe in cuoio. Sulla strada del ritorno ha aperto il pacco e ha realizzato che la carne proveniva da una testa umana: poteva chiaramente riconoscere le orecchie e il naso. Ha riportato il fatto

65 Ibid., pp. 62-71. 66 Ibid., p. 62. 67 Ibid., p. 67. Cfr. anche DIKOTTER, Mao’s Great Famine…, cit., p. 321.

136

alla polizia locale. L’Ufficio di pubblica sicurezza di Zhangye sta attualmente investigando sull’episodio.68

Episodi analoghi si verificarono anche nei campi di lavoro, dove erano internati coloro che erano stati etichettati “nemici del popolo” o “destristi” durante la Campagna anti-destrista del 1957. Yang Xianhui, scrittore contemporaneo originario di Lanzhou, ha raccolto una serie di testimonianze di sopravvissuti al campo di lavoro di Jiabangou, situato ai limiti del deserto del Gobi, dove le condizioni degli internati erano disastrose. Le voci dei prigionieri scampati alle atrocità del campo, raccontano di sofferenze forse ancora più gravi di quelle patite dai contadini che lavoravano nelle comuni sparse sul territorio cinese. La condizione di nemici politici, la severità delle regole del campo e la scarsità di cibo e acqua rendevano molto diffuse le pratiche di cannibalismo tra i prigionieri. 69 Gli internati dei campi di lavoro costituivano la parte più vulnerabile della popolazione cinese in questo periodo. Si trattava di “cattivi elementi”, inviati a scontare la loro pena in veri e propri “campi di morte”, dove dovevano “riformarsi attraverso il lavoro”. Si calcola che, durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, i prigionieri politici che dovettero affrontare queste privazioni nei laogai (campi di lavoro e rieducazione) fossero circa dieci milioni.70 Sebbene le circostanze variassero da area ad area, la forte crisi che colpì la Cina negli anni immediatamente successivi al lancio del Grande Balzo non lasciò

68 XUN, The Great Famine…, cit., p. 67. 69 Nel racconto “La donna di Shanghai”, da cui prende il nome l’intero volume, si narra di una donna che decide di andare a trovare il marito internato nel campo di lavoro per portargli del cibo e dargli un po’ di conforto. Arrivata nella baracca dove l’uomo dormiva con i suoi compagni, riceve la notizia della morte del marito. La donna insiste, dunque, per andare a cercare il la tomba del marito per rendergli omaggio. La voce narrante, internato a Jiabangou e amico della vittima, insiste per evitare che la donna vada a cercare il corpo, non seppellito ma semplicemente gettato, come tutti gli altri cadaveri, in mezzo al deserto. Il motivo di questo comportamento deriva dal fatto che egli aveva visto, andando a lavorare, il corpo dell’uomo a cui erano stati asportati dei brandelli di carne. L’episodio testimonia come la pratica del cannibalismo fosse diventata comune e fino a che punto fosse arrivata la disperazione umana. Da questo racconto è stato tratto il film documentario “Il fossato” di Wang Bing, presente come “film sorpresa” all’edizione del 2010 del festival del cinema di Venezia. Cfr. YANG Xianhuai, La donna di Shanghai: voci dai sopravvissuti di un gulag cinese, tr. Anna Carbone, Bologna, Amatea, 2011. 70 Harry WU, Laogai: the Chinese gulag, Boulder, Westview Press, 1992, p. 60.

137 illeso alcun settore economico e sociale. In particolare, in un modo o nell’altro, tutti (o quasi tutti) furono toccati dai diversi problemi. La carestia aveva portato alla morte di milioni di uomini, donne e bambini. Le promesse di ricchezza, abbondanza e armonia sociale fatte all’inizio della collettivizzazione non erano state mantenute.

4.2 Essere donna e madre durante la grande carestia

Il sistema delle mense messo a punto alla fine del 1958 avrebbe dovuto costituire una grande innovazione per le donne cinesi, liberandole dal fardello delle faccende domestiche e permettendo la loro immissione nella produzione. La propaganda ufficiale del partito esaltava questa iniziativa, assicurando loro abbondanza di cibo e pietanze succulente.71 Presso Da Fo, nome fittizio dato dallo studioso Ralph Thaxton a un villaggio situato all’estremità settentrionale della provincia dello Henan, quando furono installate le mense comuni, la propaganda garantì ai contadini che, con il nuovo sistema, non avrebbero mai più patito la fame.72 L’obbligo di desinare nelle mense privava ogni individuo della possibilità di mangiare privatamente con la propria famiglia, rendendolo dipendente dallo Stato, che provvedeva alla distribuzione delle razioni di cibo e dei pasti. Come già approfondito in precedenza, nelle case non dovevano più essere presenti né

71 Per convincere i lavoratori a mangiare nelle mense comuni si sosteneva che, con la nuova iniziativa, nessuno avrebbe dovuto più aspettare gli altri per consumare il pasto e il lavoro si sarebbe sincronizzato. Le donne avrebbero potuto partecipare attivamente al lavoro fuori casa senza dover preoccuparsi della cucina, suocere e nuore non avrebbero più litigato al momento del pasto per mancanza di cibo o per i turni nell’accendere il fuoco, cucinare, ecc. Ognuno,poi, avrebbe avuto la stessa quantità di cereali e non si sarebbero più verificate discussioni. Cfr. LI, Village China…, cit., p. 93. 72 Ralph A. THAXTON, Catastrophe and Contention in Rural China: Mao’s Great Leap Forward Famine and the Origins of Righteous Resistance in Da Fo Village, Cambridge Studies in Contentious Politics, Cambridge, Cambridge University Press, 2008, p. 120. Gli studi fatti dall’autore si concentrano effettivamente in queste aree, sebbene il nome del villaggio sia fittizio.

138 pentole, né attrezzi da cucina, né personali scorte di cibo, poiché tutto doveva essere condiviso con la comunità.73 Come sostiene Yang Jisheng, questo si tradusse nel tentativo di distruggere l’istituzione della famiglia, privando i membri della comune dei mezzi per combattere la fame e far fronte, per quanto possibile, ad una imminente carestia.74 In un’intervista rilasciata a Becker, la signora Liu, residente in un villaggio dello Henan, ha definito le mense come la novità “più terribile” delle comuni popolari. 75 Coloro i quali erano addetti alla gestione delle mense, infatti, detenevano il controllo sulla distribuzione del cibo. Le mense comuni divenivano perciò l’unico modo per gli abitanti dei villaggi di procurarsi riso, grano o altri generi di sostentamento.76 Stando al racconto della signora Liu, ogni giorno, alle undici del mattino e alle quattro del pomeriggio, ci si metteva in coda con la propria scodella per ricevere una razione di zuppa: si trattava di una brodaglia di cereali, in cui i cuochi solitamente mettevano a bollire foglie di patate dolci, rape, steli di mais, erbe selvatiche e qualunque cosa i contadini riuscissero a mettere insieme.77 Tuttavia, occorre rilevare che le mense delle comuni diventarono in breve tempo motivo di tensione per molti contadini. Secondo le testimonianze raccolte dalla studiosa Gail Hershatter nella provincia dello Shaanxi, le persone non amavano stare in fila per aspettare il proprio turno, che in alcuni casi

73 Alcuni documenti riportati da Xun Zhou mettono in evidenza che, sebbene i contadini fossero chiamati a “contribuire” donando le proprietà alla comune, in moltissimi casi erano privati con la forza di attrezzi da cucina, scorte di cibo, abiti e qualunque oggetto che potesse essere riutilizzato. Cfr. XUN, The Great Famine…, cit., pp. 74-75-76. 74 YANG Jisheng 扬继绳, Mubei: Zhongguo liushi niandai dajihuang jishi 墓碑:中国六十年代大 饥荒纪实 (La pietra tombale: resoconto sulla grande carestia degli anni Sessanta in Cina), Hong Kong, Tiandi tushu, 2008, p. 341. 75 BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 3. 76 Le mense conservavano tutto il grano che doveva poi essere diviso tra i lavoratori. Per questo motivo i contadini e i lavoratori divennero a poco a poco completamente dipendenti dalle scorte immagazzinate dalle comuni. I contadini lavoravano senza sosta giorno e notte e i quadri di partito detenevano il controllo del cibo. Questo potere dava modo alla leadership locale di utilizzare il sistema delle scorte di grano accumulate dalle mense come strumento per punire e disciplinare: si potevano tagliare le razioni giornaliere o, addirittura, in periodo di acuta carenza di cibo, stabilire una “razione mortale”. Cfr. Felix WEMHEUER, “The Grain Problem is an Ideological Problem: Discourses of Hunger in the 1957 Socialist Education Campaign”, in MANNING, WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., p. 126. 77 BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 3.

139 poteva arrivare persino dopo ore. 78 Nate sull’onda dell’entusiasmo del Grande Balzo in Avanti, dunque, le mense si trasformarono ben presto nel simbolo stesso del suo fallimento. Nel 1959, quando la carestia cominciò a diffondersi in tutta la Cina, le cucine popolari delle comuni non erano più in grado di servire i pasti, e la promessa fatta alle donne cinesi di non dover più preoccuparsi delle faccende domestiche si trasformò in una grave carenza di cibo. 79 Di conseguenza, nelle mense la diminuzione di grano e cereali causò un peggioramento della qualità delle pietanze servite. Nei villaggi dello Shaanxi visitati dalla Hershatter molte donne ricordano come il pane ben presto scomparve dai pasti quotidiani dei lavoratori, sostituito da zuppe liquide e poco sostanziose.80 In molte zone, poi, la situazione era aggravata da fenomeni di radicalismo politico e dalle continue perquisizioni da parte dei quadri di partito che accusavano i contadini di nascondere scorte di grano e di ostacolare le iniziative socialiste. Becker riporta la significativa testimonianza di una donna sopravvissuta alla carestia nella contea di Fengyang (Anhui):

Il primo anno [1958-1959] guadagnavamo punti lavoro e la comune distribuiva alle famiglie il grano, che poi conservavamo in casa. Ma il secondo anno [1959-1960] non c’era più nulla in casa, avevano portato via tutto. Ciononostante, i quadri del villaggio venivano a cercare il cibo in ogni casa. Cercavano in ogni strada, in ogni palazzo. Portavano via tutto quel che potevano trovare, compreso il cotone che usavamo per fare i vestiti.[…] Le mense comuni non servivano cibo adeguato, solo erbe selvatiche, bucce di arachidi, foglie di patate dolci. Per colpa della malnutrizione avevamo gravissimi problemi di salute. Alcuni non riuscivano più ad andare di corpo, altri invece soffrivano di forti dissenterie tanto da non poter arrivare alla porta di casa. I quadri poi controllavano regolarmente ogni casa per

78 HERSHATTER, Gender of Memory…, cit., p. 253. 79 Ibid., p. 254. 80 Ibid., p. 255.

140

valutarne il grado di ordine e pulizia, e se vedevano che una zona era sporca, la segnavano con una bandiera di colore nero. Se era pulita, ne mettevano una bianca[…]. Le mie gambe e le mie mani erano gonfie, sentivo che potevo morire in ogni momento e tentavo di risparmiare le energie invece di andare nei campi a lavorare o cercare erbe selvatiche. Molte donne anziane cercavano di andare a raccogliere erbe sulla riva del fiume ma, poiché dovevano stare con le gambe immerse nell’acqua, i loro arti si infettavano[…]. In quel periodo sembravano tutti piuttosto in carne e persino in salute, ma solamente perché erano gonfi. Quando stavano in coda per ricevere il cibo, infatti, crollavano a terra improvvisamente e non potevano più alzarsi. Alcuni potevano camminare solo usando un bastone.81

Le parole della donna mettono in luce le disastrose conseguenze causate dalla diffusione di stime “gonfiate” sui raccolti e sulla produzione da parte di molti leader locali. Zeng Xisheng, ad esempio, che ricopriva l’incarico di governatore dello Anhui e quello di segretario del comitato centrale del PCC, si dimostrò fedele sostenitore delle politiche di Mao Zedong e, dagli inizi del Grande Balzo in Avanti, cominciò a imporre target di produzione sempre più ambiziosi che non potevano essere contestati. Ad ogni livello amministrativo chi non si mostrava d’accordo con tali obiettivi veniva torturato, fino a che non accettava di poter soddisfare le richieste di Zeng.82 Nel 1953 il PCC aveva promosso un sistema di requisizione del grano (tonggou tongxiao) che si dimostrasse utile nel gestire le scorte di cereali nelle diverse province e riuscire a garantire un surplus in grado di nutrire la crescente popolazione urbana e mantenere un certo livello di esportazioni verso la Russia e i paesi dell’Est europeo.83 Il sistema prevedeva non solo che i contadini pagassero una tassa in grano allo Stato, ma anche che

81 BECKER, Hungry Ghosts…, cit., p. 135.

82 Ibid., pp. 132- 133. 83 CHEN Yixin, “Under the Same Maoist Sky: Accounting for Date Rate Discrepancies in Anhui and Jiangxi”, in MANNING e WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., p. 208.

141 essi potessero vendere il loro surplus di cereali solamente allo Stato e con prezzi decisi dal governo centrale. In questo modo ai contadini veniva garantita solamente una quantità annuale di grano pro capite, che andava a soddisfare a malapena le loro necessità alimentari. 84 Il sistema, poi, prevedeva che la quantità di cereali da requisire fosse fissata prima del raccolto, sulla base delle stime fatte dai leader locali. Alla fine del 1958 la smania di competere con le altre province e di mostrare rendimenti sempre migliori, aveva portato i quadri di partito, nel caso dello Anhui Zeng Xisheng, a prevedere per il 1959 una ingente produzione di grano.85 In quell’anno, però, a causa soprattutto di un impiego massiccio della manodopera in lavori di irrigazione e numerose negligenze nell’attività agricola, i raccolti di grano crollarono precipitosamente. Le stime compilate dal governatore della provincia riportavano, per il 1959, una produzione di 27 milioni di tonnellate di grano, mentre, nella realtà, il raccolto fu di soli 7 milioni di tonnellate. Basata sulle altissime cifre fissate da Zeng Xisheng, dunque, la percentuale di grano requisito aumentò fino ad arrivare al 38.94 percento dell’intero raccolto dell’anno86. Per riuscire a soddisfare il pagamento previsto dal governo centrale, inoltre, la provincia dovette prosciugare ogni riserva di cereali accumulata negli anni e, soprattutto, ridurre drasticamente la quota di cibo per ogni contadino. L’impossibilità di possedere delle scorte di cibo personali rendeva i lavoratori, come già evidenziato in precedenza, completamente dipendenti dall’amministrazione delle comuni e, durante la carestia, contribuì alla morte di milioni di essi. Le donne cinesi, con il coinvolgimento di massa nella produzione, entrarono a far parte, come ogni lavoratore, del sistema di distribuzione del cibo in base alle ore di lavoro,87 attraverso il quale i quadri locali potevano controllare l’attività dei contadini. Shi Ranwa ricorda come fossero forti le pressioni fatte alle donne

84 Ibid. 85 Ibid. 86 Ibid., cfr. tabella p. 207. 87 Il sistema doveva garantire una distribuzione del cibo in base alla quantità di lavoro svolto. In molti casi, però, si trasformò, come già discusso in precedenza, in un modo per punire e controllare i contadini. Per un’analisi sul sistema di distribuzione del cibo nel sistema delle comuni popolari cfr. XIN, Yi, “On the Distribution System…”, in MANNING e WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., pp. 130- 147.

142 sugli orari di lavoro e come la razione di cibo potesse essere negata anche per qualche ora di assenza dai campi.88 Come già analizzato, a partire dal 1959 la carestia portò a serie conseguenze demografiche e a forti oscillazioni nel tasso di natalità. Molti studi, infatti, hanno evidenziato come la malnutrizione possa causare carenza di libido nei rapporti sessuali, ritardi e interruzioni del ciclo mestruale, aumento nel numero degli aborti e di bambini nati morti.89 Alcuni dati riguardanti il numero delle nascite, mettono in luce una forte differenza tra il periodo precedente il 1959 e quello successivo. All’inizio di quell’anno, infatti, si registrò un calo significativo delle nascite mensili, che passarono da un milione e mezzo a un milione. Questa situazione rimase stabile fino all’agosto del 1960, quando si assistette a un ulteriore calo, con una natalità mensile inferiore al milione fino al settembre del 1961.90 Anche il numero di parti per donna subì una forte diminuzione, passando da una media annua di 6.41 nel 1957 a 3.29 nel 1961.91 Il cambiamento del quadro demografico fu il risultato di una combinazione di risposte passive e attive da parte della popolazione alla calamità che si abbatté sulla Cina in questi anni. In ambito riproduttivo, il primo adattamento attivo fu la posticipazione del matrimonio, mentre l’immediata risposta di tipo passivo fu l’abbassamento delle possibilità di concepimento, causato in larga parte

88 HERSHATTER, Gender of Memory…, cit., p. 252.

89 Per uno studio delle conseguenze demografiche dovute a una diffusa carenza di cibo cfr. John BONGAARTS, Mead CAIN, “Demographic responses to famine” in Kevin M. CAHILL(a cura di), Famine, Maryknoll, Orbis Books, New York, 1982. L’aborto può essere causato anche, in molte circostanze, da un alto livello di stress e dalle circostanze di stress mentale che può derivare, come nel caso della carestia cinese della fine degli anni cinquanta, da estreme condizioni di povertà. Cfr. CAI, Yong, WANG, Feng, “Famine, social disruption, and involuntary fetal loss: evidence from Chinese survey data”, in Demography, vol.42, no. 2, maggio 2005, p. 7. 90 Le stime parlando di un tasso di mortalità che passò dal 10.8 percento nel 1957 al 25.3 percento nel 1960 e un tasso di natalità che dal 34 percento del periodo precedente la carestia calò fino ad arrivare al 18 percento nel 1961. Cfr. CAI Young, WANG Feng, “Reproductive consequences of China’s Great Leap Forward Famine” in KUROSU Satomi, Tommy BENGTSSON, Cameron CAMPBELL (a cura di), Demographic responses to Economic Enviromental Crises, Tokyo, Reitaku University, 2010, pp. 133; 137-138. 91 Ansley COALE, “Rapid Population Change in China, 1952-1982”, Committee on Population and Demography, Commission on Behavioral and Social Sciences, National Academy Press, Washington DC, 1984, p. 2. Accessibile all’indirizzo http://www.usaid.gov/.

143 dall’interruzione per le donne del regolare ciclo mestruale.92 Come risultato della carenza di cibo e di sempre più diffuse difficoltà economiche e sociali, il tasso relativo al numero delle prime nozze passò dallo 0.9 del 1957 allo 0.7 del 1959. Nel 1960 il tasso riprese, ma si andò a ristabilizzare solo nel 1962, quando toccò l’1.2. Il rapido crollo del tasso relativo al numero delle prime nozze celebrate e la sua altrettanto rapida risalita, mostrano chiaramente l’immediata risposta dei cinesi alla diffusa carestia, in forma di posticipazione dei matrimoni.93 La situazione tragica che il paese stava affrontando andava a condizionare direttamente il comportamento dei coniugi e dei futuri sposi: nelle aree rurali, dove i matrimoni erano solitamente celebrati nel periodo del raccolto, si verificò un calo del numero di unioni, soprattutto in quel lasso di tempo, confermando chiaramente un forte crollo dei raccolti.94 La tendenza alla posticipazione dei matrimoni fu una delle cause del netto abbassamento del tasso di fertilità. A differenza dell’elevata mortalità e della diminuzione del numero delle unioni matrimoniali, l’impatto della grande carestia sulla riproduzione avvenne in maniera più graduale e seguendo degli intervalli.95 Il calo iniziò nel 1959, ma raggiunse il punto più basso solamente nel 1961: il tasso di fertilità passò da 3.99 (nel 1960) a 3.28 (nel 1961).96 Oltre a causare un effetto indiretto sul matrimonio, la carestia influì negativamente sulla riproduzione in altri modi. La scarsa disponibilità alimentare e il continuo aumento dello stress portarono ad un abbassamento delle possibilità di concepimento. La fame e la debolezza intaccavano direttamente il desiderio sessuale della coppia e la capacità riproduttive dell’uomo e della donna. Le possibilità di dare alla vita un figlio in condizioni di indigenza si abbassavano ulteriormente per l’interruzione del regolare ciclo

92 CAI, WANG “Reproductive consequences…”, cit., p. 139. 93 Ibid. 94 Ibid., p. 140. 95 Ibid. 96 Questi dati sono stati ottenuti utilizzando il sistema considerato il più efficiente nella misurazione del livello di fertilità, il “tasso totale di fertilità”. Esso è ottenuto calcolando il numero approssimativo di figli nati nell’arco di una vita a donne divise in fasce d’età. Cfr. COALE, “Rapid Population Change…”, cit., p. 46.

144 mestruale, che a volte subiva netti ritardi a causa della pratica molto diffusa di prolungare l’allattamento al seno per permettere la sopravvivenza dei bambini.97 Secondo un’indagine compiuta dal team di ricerca della municipalità di Jinan e riportata da Zhou Xun, nel piccolo villaggio di Zhongmeng (Shandong) tra il mese di marzo e quello di settembre del 1958, 28 donne subirono un’interruzione del ciclo mestruale. Questo comportò un calo del tasso di natalità: nel villaggio il numero di nati passò dai novanta del 1957 ai diciassette del 1958.98 Nelle aree più colpite, inoltre, dalla grande carestia si registrò un forte aumento degli aborti. Una volta concepito, infatti, il feto poteva subire un aborto spontaneo o indotto, e moltissimi erano i bambini che nascevano morti. Per coloro che invece riuscivano a venire al mondo, le possibilità di sopravvivere erano, nella fase più acuta della crisi, molto scarse. Il tasso di mortalità infantile aumentò del 20 percento dal 1958 al 1959 che, insieme al 1960, fu l’anno in cui si registrò un maggior numero di decessi di bambini.99 Del resto, come è stato evidenziato da alcuni studi, anziani e bambini costituivano i soggetti più a rischio in quelle determinate condizioni.100 Per quanto all’interno delle comuni rurali vi fossero strutture dedicate all’infanzia, concepite per permettere alle madri di dedicare più tempo al lavoro, spesso gli asili erano in pessime condizioni e non garantivano alcuna misura minima di sicurezza. Inoltre, la mancanza di un’adeguata preparazione dello staff era all’ordine del giorno in quasi tutte le strutture. Sono stati riportati casi (persino nella periferia di Pechino) di asili in cui i bambini dormivano e mangiavano per terra a causa della carenza di risorse essenziali per la gestione

97La durata del periodo di allattamento aumentò, negli anni della carestia, del 10 percento circa. La pratica costituiva una strategia per proteggere i propri bambini e garantire loro una maggiore chance di sopravvivenza. Cfr. CAI, WANG “Reproductive consequences…”, cit., p. 141- 142. 98 XUN, The Great Famine…, cit., p. 6. Solitamente si sostiene che i catastrofici effetti del Grande Balzo in Avanti siano cominciati nel 1959. Xun, nella sua raccolta, riporta documenti relativi al periodo 1958-1962, per dimostrare che la crisi iniziò già nella primavera del 1958. In effetti, come è stato messo in evidenza nel secondo capitolo, molte politiche del Grande Balzo erano già state messe in atto prima del suo inizio ufficiale nel 1958. 99 Secondo le stime riportate il numero di morti infantili coinvolgeva più le bambine (+ 24.9 percento di mortalità) che i bambini (+16.9percento). Ibid., p. 139. 100 Ibid., p. 138.

145 di tali servizi.101 Le condizioni igieniche erano quindi molto precarie e potevano creare gravi problemi alla salute dei bambini. Per di più, la condivisione di utensili da cucina e stoviglie incrementava notevolmente il rischio di infezioni e contribuiva ad aumentare la diffusione di malattie. Questi fattori, insieme all’acuirsi della crisi alimentare, portarono ad un aumento preoccupante del tasso di mortalità nelle strutture per l’infanzia.102 La grave situazione causata dalla fame, non solo stava alla base della maggior parte delle malattie, ma creava altresì un clima di violenza e competizione molto aspra tra i membri delle famiglie. 103 Becker, ad esempio, riporta alcuni casi di violenza e tensione scoppiata tra genitori e figli, tra fratelli e tra coniugi, portati all’esasperazione dalla diffusa mancanza di cibo. Vi furono casi di figli che arrivarono a picchiare la propria madre o di bambini e ragazzi uccisi dai genitori perché avevano sottratto un pugno di grano o qualche coupon per ottenere delle razioni alimentari in più.104 Nella stragrande maggioranza dei casi le vittime di questi atti di disperazione erano i bambini. Nelle campagne, numerosi furono i casi di bambini venduti o uccisi per evitare di dover sfamare bocche in più. Nel 1959 più di duemila bambini furono abbandonati a Nanchino, una quantità che superò di quattro volte il numero totale dei bambini abbandonati nelle campagne cinesi dalla fondazione della RPC. Di questi, che erano in larga parte malati, handicappati o ciechi, sei su dieci erano bambine.105 La fame e la disperazione, poi, costringevano molte donne a vendere i propri corpi per qualsiasi tipo di aiuto, da un po’ di cibo a un lavoro migliore o a una relazione con chi potesse offrire un maggior senso di sicurezza. Ragazze di appena quindici o sedici anni, mentendo sulla loro reale età, contraevano

101 DIKOTTER, Mao’s Great Famine…, cit., p. 245. 102 Ibid. p. 246. 103 Per un’analisi delle conseguenze della mancanza di cibo nei comportamenti tra i componenti di uno stesso nucleo familiare cfr. Robert DIRKS, “Social Responses during Severe Food Shortages and Famine”, in Current Anthropology, vol. 21, no. 1, Febbraio 1980, pp. 30-31. 104 Gli episodi elencati da Becker evidenziano come il problema fosse particolarmente grave anche nelle aree urbane: nella città di Tianjin, ad esempio, un uomo ricorda come il padre avesse duramente colpito il figlio fino a causargli un grave danno alla retina perché quest’ultimo aveva rubato un involtino al vapore. A Xining, invece, un uomo si tagliò la gola dopo aver picchiato il figlio che aveva rubato la sua razione di cibo. Cfr. BECKER, Hungry Ghosts…,cit., pp. 225-226. 105 DIKOTTER, Mao’s Great Famine…, cit., p. 251.

146 matrimoni con uomini più anziani residenti in città per potersi garantire qualcosa in più per sopravvivere. 106Sebbene la prostituzione fosse illegale, lo sfruttamento del corpo femminile in questi anni di profonda crisi raggiunse livelli altissimi. Si trattava perlopiù di donne provenienti dal Gansu e dallo Shandong: vedove, donne sposate e, nella stragrande maggioranza dei casi, bambine.107 L’esasperazione, le difficoltà e la paura di non poter sopravvivere cancellavano le differenze d’età. I bambini erano trattati come adulti e venivano impiegati in ogni sorta di lavoro e sforzo fisico; una pratica che peraltro aveva iniziato a diffondersi nelle aree rurali qualche anno prima, contestualmente all’avvio del movimento di collettivizzazione. Lavoravano nell’alimentazione delle fornaci e nella raccolta dei rottami di acciaio e ferro arrugginito e molte scuole talvolta sospendevano addirittura le lezioni per permettere ai bambini di partecipare attivamente al lavoro produttivo. Le misure di sicurezza erano raramente garantite e frequenti erano gli incidenti che coinvolgevano i bambini e i ragazzi: nel Gansu, ad esempio, durante i lavori per scavare un canale, sette studenti persero la vita a causa del crollo di un argine.108 Episodi di questo genere erano molto diffusi, in particolare nelle campagne più povere e tra gli strati meno abbienti della popolazione. Jung Chang, nel suo romanzo “Cigni Selvatici”, ricorda come lei, figlia di funzionari, non avesse patito la fame e avesse avuto il privilegio di poter seguire le lezioni senza dover partecipare al lavoro fisico ed estenuante cui erano sottoposti bambini che in quegli anni avevano la sua stessa età. Molti dei suoi parenti, sparsi tra le varie province cinesi, erano deceduti a causa della grande carestia, ma le notizie erano arrivate alla famiglia della scrittrice solamente in seguito, a causa dell’impossibilità di parlare apertamente della fame che stava mettendo in ginocchio gran parte della popolazione cinese.109 Anche Lin Chun, parlando della propria giovinezza, ricorda come le

106 Ibid. p. 260. 107 Ibid. 108 Ibid. p. 247. 109 CHANG, Cigni Selvatici, cit., pp. 278- 304.

147 sue condizioni fossero nettamente migliori rispetto a quelle dei contadini con cui era a contatto nel suo lavoro quotidiano:

Come studenti “privilegiati” provenienti dalle città e mandati a “imparare” dai contadini, non condividevamo realmente con essi ogni esperienza come la fame(avevamo un sussidio di grano garantito dalle riserve del governo), i matrimoni combinati e in età precoce, la percezione limitata del mondo data dall’essere costretti sempre nello stesso luogo. Per queste ragioni, lo ammetto, abbiamo continuato a mantenere in quel periodo un idealismo naif, considerando i sentimenti personali come insignificanti di fronte alla grande lotta collettiva.110

4.3 Il lavoro, la liberazione, e la partecipazione politica delle donne durante il Grande Balzo: dove finisce l’utopia e inizia la realtà

Il Grande Balzo in Avanti ha costituito indubbiamente una nuova fase nel processo di “liberazione” delle donne cinesi. Molte concezioni considerate arretrate e feudali riguardanti la figura femminile hanno cessato di esistere e la donna è entrata con sempre più decisione sulla scena pubblica e sociale. 111 Le donne cinesi, grazie soprattutto al supporto dell’ ACWF che operava a livello nazionale e locale, fecero grandi progressi in molti settori: nell’educazione, nell’industria, nell’agricoltura.112 Con il processo di mobilitazione di massa delle

110 LIN Chun, “Toward a Chinese Feminism: a personal story”, in WASSERSTROM (a cura di),Twentieth-century China…, cit. , p. 76. 111 LIU Weifang “Zhongguo funü yundong…” cit., p. 108. 112 Andors fa notare come i maggiori passi in avanti durante il Grande Balzo in Avanti furono fatti nelle aree urbane, dove le donne poterono prendere parte a un maggior numero di iniziative rispetto alle loro connazionali che risiedevano nelle campagne. Nel 1960, infatti, le donne costituivano il 25 percento dei ricercatori nell’Accademia cinese delle Scienze e il 50 percento dei ricercatori nell’Istituto di ricerca per l’industria chimica e nell’Istituto di Ricerca per l’industria leggera. A Pechino il 40 percento dei dottori era di sesso femminile, e le

148 donne nella produzione durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, si venne a formare un contesto sociale in cui la partecipazione femminile diventava necessaria ai fini della costruzione socialista e, quindi, accettata dalla maggior parte della popolazione cinese in nome di un bene comune. Tuttavia, il movimento promosso da Mao nel 1958 mostrò chiaramente i suoi limiti nel rapporto tra lo sviluppo economico del paese e il mutamento del ruolo della donna cinese nella società. 113 Durante il Grande Balzo in Avanti, infatti, emersero molte contraddizioni, riguardanti in particolare la tutela della salute della forza lavoro femminile, l’educazione, nonché il ruolo della donna nella sfera domestica.114 La propaganda sosteneva con convinzione che l’emancipazione della donna era stata raggiunta, sebbene molte contraddizioni fossero già emerse all’inizio della campagna, in particolare nelle aree rurali. L’otto marzo del 1960, in occasione della festa della donna, sulle pagine del Quotidiano del Popolo si poteva leggere:

In Cina il femminismo, sotto la guida luminosa della linea generale del partito nella costruzione socialista, e seguendo il Grande Balzo in Avanti e il movimento delle comuni popolari, si è diretto verso una nuova fase nel movimento di liberazione della donna. Le idee riguardanti l’emancipazione femminile sostenute da Marx, Engels, Lenin e dalla figura di spicco del movimento femminista internazionale Clara Zetkin,115 ispirano sempre più donne in tutto il mondo ad aderire alla rivoluzione. Il materialismo storico di Marx ci insegna: da quando nella società umana sono emerse classi contrapposte e in lotta fra loro, le donne studentesse impegnate nelle principali università della capitale rappresentavano il 30 percento del numero totale degli studenti. Cfr. ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 70. 113 Ibid. p. 74. 114 Ibid. p. 71. 115 Clara Eissner (il cognome Zetkin è quello del marito, Ossip Zetkin, rivoluzionario russo morto nel 1889), nata in Germania nel 1857 e morta nel 1933 in Russia, dove si era trasferita dopo l’ascesa al potere di Hitler, dedicò la sua vita alla lotta per i diritti delle donne. Promosse la necessità per le donne di liberarsi dall’oppressione maschile come una parte fondamentale della emancipazione del proletariato dalla classe capitalista. Per un approfondimento sulla vita e sulle opere di Clara Zetkin: cfr. Gilbert BADIA, Clara Zetkin, féministe sans frontières, Paris, les Editions Ouvrières, 1993.

149

sono sempre state l’obiettivo dell’oppressione più dura e selvaggia da parte della classe sfruttatrice. La forza lavoro femminile, unendo le donne di ogni classe sociale, sotto la guida del Partito Comunista e insieme all’intero popolo, ha sperimentato la grande lotta della rivoluzione socialista e democratica. [Con la vittoria del socialismo], per le donne cinesi sono aumentate le possibilità in ambito economico e politico, nella famiglia e nella società. […] Oggi, le donne cinesi costituiscono una forza importante nella costruzione socialista e, insieme al popolo intero, hanno completato in anticipo gli obiettivi principali del secondo piano quinquennale. Inoltre continuano a impegnarsi attivamente per portare avanti il “grande balzo” dell’economia nazionale nel 1960. […] L’importanza storica del Grande Balzo in Avanti e del movimento delle comuni popolari, si è mostrata anche nella questione femminile. Le donne cinesi sono finalmente riuscite a liberarsi dall’obbligo delle faccende domestiche e intraprendere la strada concreta della liberazione nella partecipazione alla produzione.116

Nello stesso anno Donne Cinesi elencava gli importanti progressi raggiunti grazie alla fondazione delle comuni urbane e affermava che dopo il 1949 le donne erano riuscite a partecipare attivamente ad ogni tipo di produzione “ottenendo gli stessi diritti degli uomini”.117 La realtà, però, era diversa per molti aspetti. Come già discusso nei capitoli precedenti, il Grande Balzo in Avanti vide un coinvolgimento su larga scala della forza-lavoro femminile. Tuttavia, sia nelle città che nelle campagne, le nuove politiche non garantivano loro una reale parità di genere. Sebbene fossero stati

116 “Wo guo funü jiefang yundong de xin jieduan” 我国妇⼥解放运动的新阶段 (Una nuova fase per il movimento di liberazione della donna cinese), in RMRB, 8 marzo 1960, p. 1. 117 ZHANG Shude, “Chengshi renmin gongshe da da zujin le funü chedi jiefang shiye” 城市人民公 社大大促进了妇女彻底解放事业 (Le comuni urbane hanno accelerato in modo grandioso il processo di liberazione delle donne), in ZGFN, 1960 (8), p. 5.

150 diffusi, nelle aree rurali, nuovi programmi educativi e, in quelle urbane, molte donne svolgessero un ruolo importante nella ricerca universitaria, questi privilegi interessavano solo una minima parte della popolazione femminile.118 Di fatto, la stragrande maggioranza delle donne che aderirono alla campagna del Grande Balzo in Avanti si ritrovò impegnata in lavori estenuanti che non permettevano di poter partecipare con costanza ai gruppi di studio promossi dalle autorità locali.119 Nelle campagne, infatti, le speranze di una vera liberazione andarono svanendo con la costruzione delle grandi comuni e con l’imposizione di obiettivi di produzione troppo ambiziosi. Le pressioni in ambito lavorativo erano enormi, tanto che, in alcuni luoghi, molti contadini arrivavano a passare fino a sedici ore al giorno nei campi.120 La situazione appariva particolarmente difficile per milioni di donne che, impegnate nel lavoro di “costruzione socialista”, continuavano a vivere il conflitto tra ruoli tradizionali ed emancipazione. Dopo appena alcuni mesi dall’inizio del Grande Balzo in Avanti uomini e donne si ritrovarono esausti sia mentalmente che fisicamente per l’eccessivo carico di lavoro. 121Il peso maggiore gravava sulle donne, in particolare sulle madri. La protezione e la cura che dovevano essere garantite loro, nelle aree rurali, raggiungevano livelli molto bassi. Le questioni sulla tutela della salute erano strettamente legate a problematiche riguardanti le cure precedenti e conseguenti il parto, il controllo delle nascite e i rapporti sessuali tra i coniugi. In quasi tutte le aree rurali cinesi, la mancanza di personale qualificato e di strumenti adatti non permetteva alle donne di lavorare e vivere in condizioni di

118 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 72. 119 Kimberley Ens MANNING, “Embodied Activism: The Case of Mu Guiying Brigade”, in HARRIET EVANS e Julia C. STRAUSS, Gender in Flux: Agency and Its Limits in Contemporary China, Cambridge, Cambridge University Press, 2011, p. 51.

120 Nella comune di Qixian, nella contea di Jintan (Sichuan), nel 1960 un solo ospedale ospitava circa 80-90 persone provenienti da due distretti e affette da edema causato dalla malnutrizione. Le stanze riservate ai pazienti erano semplici capanne costruite con canne di mais, in cui pagliericci di foglie di riso fungevano da letti. Uomini e donne erano ricoverati indistintamente nelle stesse camere e il personale della struttura scarseggiava: vi era, infatti, un solo medico e due addetti alla cura dei bambini. Cfr. YANG Jisheng, Mubei: Zhongguo liushi…, cit., p.101. 121 Ibid.

151 vita accettabili.122 Secondo una ricerca intrapresa alla metà del mese di giugno del 1960 dall’“Ufficio per il debellamento delle malattie” (chuhaimiebing bangongshi) della contea di Wenjian (Sichuan) su cinquantamila donne di età compresa tra i 18 e i 45 anni, ventimila circa avevano subito un’interruzione del regolare ciclo mestruale e più di duemila soffrivano di prolasso uterino.123 L’anno successivo, nel 1961, circa il 4 percento delle donne residenti nella contea di Huoyue (Henan meridionale) era affetta dallo stesso disturbo.124 A causa di sforzi dovuti al sollevamento di pesi eccessivi, molte donne subirono l’abbassamento degli organi riproduttivi che, fuoriuscendo dalla loro cavità naturale, causavano infezioni sempre più acute e un intenso dolore.125 Le malattie ginecologiche richiedevano ovviamente delle risposte immediate ed efficaci che, tuttavia, non potevano arrivare da strutture non adeguate in cui era impossibile nutrire i malati a causa della diffusa mancanza di risorse alimentari. I pochi medici che operavano nelle strutture fatiscenti delle aree rurali senza mezzi e spesso senza una vera preparazione, somministravano medicine improvvisate, intrugli che nella maggior parte dei casi aggravavano la già difficile situazione.126 Le malattie e i disagi, acuiti dalle precarie condizioni igieniche, furono in larga parte causati da forme di radicalismo politico e da una diffusa negligenza nei confronti della tutela della salute delle lavoratrici. L’ACWF era composta di comitati operanti ad ogni livello amministrativo, dalla provincia fino al più piccolo villaggio. Il PCC necessitava, infatti, nelle diverse comuni, della presenza di una leadership che coordinasse le attività della forza- lavoro femminile, educasse le donne al pensiero maoista e proteggesse i loro interessi e la loro salute riproduttiva.127

122 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 71. 123 YANG Jisheng, Mubei:Zhongguo liushi…,cit., p. 101. 124 MANNING, “Making a Great Leap Forward?...”, cit., p. 144. 125 Nelle campagne questo disturbo era chiamato “allungamento dell’intestino” , dove la parola “intestino” andava in realtà ad indentificare l’utero. YANG Jisheng, Mubei: Zhongguo liushi…, cit., p. 101. 126 Ibid. 127 MANNING “Making a Great Leap Forward?”, cit., p. 145.

152

In molti casi, però, le cellule di partito enfatizzavano l’etica maoista rivoluzionaria basata sulla “lotta fisica e il sacrificio”.128 Questo tipo di approccio affondava le sue radici nei discorsi precedenti al 1949, durante la permanenza del PCC a Yan’an e la guerra sino-nipponica. Fin dalla sua fondazione, infatti, il PCC si era adoperato per definire con precisione il ruolo della donna e dei suoi compiti nell’organizzazione del partito. Il movimento di emancipazione femminile diventava parte integrante della rivoluzione e della lotta di classe che avrebbero dovuto portare alla vittoria finale. Eroici sacrifici in nome della causa rivoluzionaria venivano richiesti a uomini e donne indistintamente.129 Mao Zedong attribuiva, infatti, alla forza di volontà del popolo un’importanza cruciale al fine di raggiungere qualsiasi obiettivo.130 Idee di questo genere si collocavano però in completa antitesi rispetto alla priorità che il PCC conferiva, fin dalla sua nascita, alla tutela delle caratteristiche fisiologiche della donna. Tale conflitto, nel periodo precedente al 1949, si affermò in modo particolare a livello popolare, tra le attiviste legate al partito, trasformandosi in uno sdegno verso l’idea dell’innata “debolezza” del sesso femminile. Secondo questo punto di vista la cura dei particolari interessi della donna avrebbe portato il PCC a trascurare la causa rivoluzionaria, che richiedeva a uomini e donne coinvolgimento fisico ed emotivo.131 La partecipazione attiva delle donne nella guerra civile negli anni precedenti la fondazione della RPC, portò molte attiviste a sviluppare una profonda avversione per i compiti tradizionalmente di competenza femminile, a rifiutare la maternità e rinnegare, in alcuni casi, la propria “femminilità”.132Così, mentre il PCC chiedeva alla leadership dell’ACWF a livello locale di prendersi cura dei particolari bisogni delle donne e dei loro bambini, molte di esse, a causa della propria esperienza nell’organizzazione del partito, disprezzavano i ruoli

128 Ibid. 129 Kimberley Ens MANNING, “The Gendered Politics of Woman-Work: Rethinking Radicalism in the Great Leap Forward”, in Modern China, vol.32, no 3, luglio 2006, p. 357.

130 Cfr. LIEBERTHAL, Governing China…, cit., pp. 63-64. 131 MANNING, “The Gendered Politics…”, cit., p. 357. 132 Ibid., p. 358.

153 tradizionali della donna e ogni tipo di attenzione che potesse distogliere il partito dall’ obiettivo prioritario della rivoluzione.133 La fede cieca nel maoismo rivoluzionario, che numerose donne condividevano prima del 1949, continuò a sopravvivere nelle aree rurali durante gli anni tumultuosi del Grande Balzo in Avanti. Sebbene a livello nazionale l’ACWF si facesse portavoce, come già analizzato, di una mobilitazione delle donne nel lavoro accompagnata da una cura della salute e della maternità, molte attiviste continuavano a considerare la protezione del corpo femminile come un ostacolo alla causa della rivoluzione.134 Nelle interviste compiute da Kimberley Manning a ex attiviste a livello locale, si possono riscontrare ricordi, idee e opinioni diverse e contrastanti riguardanti la vita nei villaggi durante il Grande Balzo in Avanti. Per molte donne che aderirono alla campagna, dare il proprio contributo nel lavoro fuori dalle mura domestiche costituiva un’occasione unica di sacrificio eroico per la patria, ma anche un modo per raggiungere una vera uguaglianza tra i sessi e, quindi, la “liberazione” della donna. Nella contea di Gaoshan (Jiangsu), nel 1958, tre ragazze furono poste a capo della brigata Mu Guiying e incarnarono alla perfezione questo modo di agire e pensare. 135 Il loro compito principale, in quanto leader di un team di produzione, era quello di distribuire il lavoro, tenere un resoconto di quanto ogni singolo individuo lavorasse quotidianamente e, se necessario, assegnare alle donne compiti più leggeri durante i giorni di ciclo mestruale o in caso di gravidanza. Il desiderio principale di Yang (vent’anni), Fan (diciannove anni) e Lin (ventisette anni) era quello di dimostrare la capacità di poter gestire una brigata di produzione, nonostante i limiti imposti dall’età e dal sesso. Yang confidava pienamente nelle abilità soggettive della donna, in grado di raggiungere e superare le capacità maschili:

133 Ibid. 134 Ibid. 135 MANNING, “Embodied Activism…”, cit., p. 47.

154

Non credevo che le donne fossero inferiori agli uomini. Dovevi solo dimostrare agli uomini che potevi fare dei lavori, e nessuno alla fine era più forte dell’altro. Confidavo fermamente nella capacità soggettiva di andare avanti, e svolgevo il mio lavoro secondo questo principio. A quel tempo c’era così tanto da fare! Ad esempio, nella mia comune vi erano diciannove brigate, e io ero l’unica donna a ricoprire il ruolo di segretario di partito a capo di una brigata. Quando il comitato di partito ordinò di svolgere un determinato compito in tre giorni, io lo portai a termine in due. Volevo un obiettivo per cui combattere, dovevi essere determinato e avere una tua iniziativa che ti permettesse di continuare ad andare avanti.136

L’esperienza di Yang e di altre leader locali intervistate da Kimberley Manning, mette in luce un profondo orgoglio per i compiti svolti durante gli anni della collettivizzazione e per i passi avanti fatti dalle donne cinesi rispetto al periodo precedente la fondazione della RPC. Lin, 27 anni, impegnata con Yang nell’organizzazione delle attività della brigata Mu Guiying, sosteneva fieramente che, nella loro brigata “erano le donne a detenere il potere”.137 Le tre ragazze a capo della brigata dimostravano di tenere particolarmente alla salute delle donne poste sotto la loro tutela, seguendo fedelmente il compito che l’ACWF, dall’alto, affidava ai comitati di livello inferiore.138 Al contrario, molte donne che rivestivano incarichi di responsabilità nella gestione della produzione nelle comuni, mostravano totale devozione alla rivoluzione e al superamento dei propri limiti, tanto da arrivare a compromettere la propria salute. Una donna leader di una brigata di lavoro femminile nella contea di Wenhe (Henan) ricorda di aver continuato a lavorare duramente nei campi fino alle ultime fasi della propria gravidanza.139

136 Ibid. p. 48. 137 Ibid., p. 49. 138 MANNING “Making a Great Leap Forward?”, cit., p. 150. 139 MANNING, “The Gendered Politics…”, cit., p. 361.

155

Nonostante l’estenuante lavoro e le difficoltà che le donne dovettero affrontare in questo periodo, alcune di esse ricordano con nostalgia e gioia gli anni di mobilitazione di massa della forza-lavoro femminile. Così, quei momenti vengono ricordati oggi come un periodo d’oro, un “tempo di gioia” nella vita delle attiviste. Emblematico in questo senso è il racconto di Huang, intervistata da Kimberley Manning nel 2001 nel villaggio di Xi Cun (contea di Huoyue), Secondo Huang durante il Grande Balzo in Avanti le donne cinesi erano riuscite ad ottenere l’uguaglianza di genere e una reale emancipazione da pregiudizi tradizionali sull’inferiorità del sesso femminile. Per questo sostiene con fermezza: “Come potevo non essere felice?”140 I ricordi positivi della donna, però, riflettono, come evidenzia Manning, la sua esperienza di attivista e membro di una famiglia legata al PCC. Il marito, infatti, era un quadro di partito e, in quanto tale, godeva, insieme alla sua famiglia, di particolari privilegi che non interessavano altri abitanti del villaggio.141 Non per tutte le donne che vissero gli anni del Grande Balzo in Avanti lavorando nelle campagne cinesi il periodo dovette essere così positivo. Molte di esse, infatti, sperimentarono sofferenze atroci e carichi eccessivi di lavoro, a causa, nella maggior parte dei casi, dell’atteggiamento dei superiori. Gli standard di produzione sempre più alti da raggiungere e la fede cieca nel pensiero di Mao e nella causa rivoluzionaria, spinsero molte donne leader a costringere operaie e contadine a sforzi sovrumani. A Xi Cun, alcune donne che di recente hanno raccontato le proprie esperienze a Kimberley Manning, ricordano con terrore gli atteggiamenti di Zhang, arrivista e fervente comunista a capo di una brigata della comune.142 Secondo le parole di alcune operaie alle sue dipendenze, Zhang

140 MANNING, “Making Maternalism…”, cit., p. 92. 141 Kimberley Manning svolse nel villaggio di Xi Cun interviste collettive a diverse donne del villaggio che avevano vissuto le trasformazioni del Grande Balzo in Avanti. In occasione di uno di questi incontri, quando Huang affermò che durante questi anni l’uguaglianza tra uomo e donna era stata raggiunta, Zhou, un’altra donna affermò: “E’ naturale che tu parli così, tuo marito era un quadro e queste cose le capiva!”. Questo episodio permette alla Manning di spiegare come la situazione fosse ovviamente più semplice per le donne che appartenevano ad una famiglia legata al PCC. Per la maggior parte delle donne, i cui mariti erano semplici contadini o braccianti quasi sempre analfabeti, risultava impossibile affermare indipendentemente i propri diritti, poiché pregiudizi sulle capacità femminili e sulla superiorità dell’uomo continuavano a rimanere radicate nei villaggi. Cfr. MANNING, “Marxist Maternalism…, “cit., p.93. 142 MANNING, “Marxist Maternalism…, “cit., p.93.

156 costringeva molte donne a lavorare in condizioni estreme, senza badare alla tutela della salute delle donne incinta, spinte ad affaticarsi senza sosta nei campi fino agli ultimi giorni di gravidanza.143 L’esempio di Zhang non fu l’unico nel panorama politico della Cina del Grande Balzo in Avanti. L’ACWF nel 1960 pubblicò un rapporto di ricerca sull’operato delle attiviste a capo delle brigate di lavoro, criticandone l’operato di molte di esse.

Dalla nostra ispezione risulta che la stragrande maggioranza dei quadri della Federazione si è calata con grande coscienziosità e diligenza tra le masse e sta svolgendo un buon lavoro. Ci sono anche casi di leader esemplari che, portando a compimento le politiche del partito, si oppongono con fermezza alle “cinque tendenze dannose”144. Ne sono buoni esempi il capo della sezione femminile Zhu Wenhua che nello Shanxi gestisce in modo democratico, diligente e parsimonioso la sua comune, e Zi Huixian, a capo del team di produzione delle studentesse nella comune Deng Jiang, nello Yunnan. Ma, allo stesso tempo, la nostra analisi rivela che a differenti livelli persistono ancora casi di “tendenze dannose”. Vi è poi anche una ristretta minoranza di quadri della nostra Federazione che compie gravi errori.[…] La tendenza all’esagerazione dei quadri locali

143 Dalle interviste emerge comunque che, anche in questo caso, il legame tra una persona e la leadership locale del PCC fosse una condizione fondamentale nella vita dei villaggi rurali. Zhang, infatti, sebbene fosse un capo di brigata spesso crudele e intransigente, adottava atteggiamenti di riguardo nei confronti delle donne sposate o imparentate in qualche modo con quadri di partito. La sofferenza maggiore era, senza dubbio, patita dalle donne analfabete, povere e senza nessun contatto con l’ambiente politico ad alcun livello. Cfr. MANNING, “Marxist Maternalism…, “cit., pp.94-95. 144 Fin dai primi mesi del Grande Balzo in Avanti, molti quadri di partito adottarono, nell’eseguire gli ordini e nell’organizzare le attività dei lavoratori, degli atteggiamenti definiti dal governo centrale “cinque tendenze dannose”. Cadevano in questo grave errore ideologico i quadri che esasperavano i dati riguardanti la produzione, cercavano di ottenere privilegi grazie alla propria posizione, alimentavano con foga eccessiva il vento del comunismo, assumevano un atteggiamento di eccessiva arroganza nei confronti dei sottoposti. Nel novembre del 1960 il PCC lanciò una campagna destinata a sradicare queste “tendenze dannose” in ogni provincia, contea, distretto e municipalità. Cfr. LI, Gucheng, A Glossary of Political Terms of the People’s Republic of China, Hong Kong, The Chinese University Press, 1995, p. 480.

157

dell’ACWF non è da sottovalutare: in molte località le cifre riportate non sono realistiche, le stime sono errate.[…] Vi sono anche quadri dell’ACWF che hanno in diverse occasioni ricorso a metodi coercitivi e intransigenti e, nel portare avanti il lavoro, non si sono con diligenza calati al livello delle masse. Partendo dalla situazione attuale si può evincere che spesso esse abbiano avuto un approccio poco professionale e abbiano adottato metodi non ortodossi nei confronti delle masse di lavoratrici. Una ristretta minoranza si comporta in maniera molto grave, colpendo e insultando le donne alle proprie dipendenze; altre costringono le lavoratrici a marciare con un cartello di ammonizione appeso al collo, negando loro il cibo; in casi eccezionali alcune famiglie sono state scacciate dalle proprie case senza poter portare via nulla con sé, e altre forme di punizione sono piuttosto frequenti. Nella provincia dello Shanxi, nella comune di Xiwu, situata a sua volta nella contea di Xing Ping, in dieci distretti, tra le donne a capo di squadre di produzione, cinque hanno picchiato dei lavoratori, e gli insulti sono molto diffusi.145

Il Grande Balzo in Avanti aveva indubbiamente consentito alle donne di ricoprire nuovi ruoli nella sfera pubblica e di poter accedere ad attività di competenza tradizionalmente maschile. Tuttavia, da quanto è stato detto, si evince che i risultati furono spesso disastrosi e la salute di molte lavoratrici fu compromessa dagli sforzi eccessivi che esse stesse si imponevano o che i caposquadra esigevano. L’enfasi posta sulla produzione contribuiva a definire il raggiungimento dell’emancipazione femminile in termini di occupazione lavorativa. Il fatto che la maggior parte delle donne fosse coinvolta nella produzione o avesse accesso ad attività che prima erano loro negate, faceva sì

145 “Zai guanche zhongyang shi’er tiao zhishi guocheng zhong, you guan fulian ganbu he funü qunzhong de qingkuang he wenti” 在贯彻中央十二条指示过程中有关妇联干部和妇女群众的情 况和问题 (Problematiche riguardanti i quadri femminili e le donne della massa nella diffusione dei Dodici Punti sanciti dal Comitato Centrale), 10 ottobre 1960. Accessibile all’indirizzo http://www.yhcw.net/famine/Documents/d020203m.html.

158 che si considerasse finalmente conseguita l’uguaglianza tra uomini e donne.146 Nella sfera pubblica, però, si sviluppò una forte divisione del lavoro basata sul genere e, di conseguenza, un diverso trattamento riservato alla forza-lavoro maschile e a quella femminile. Sebbene in questi anni lo slogan “uguale paga per uguale lavoro” fosse gridato a gran voce, il guadagno delle donne era nella maggior parte dei casi nettamente inferiore a quello degli uomini.147 Il principio dell’uguaglianza dei diritti fondamentali di donne e uomini era rispettato solamente in alcune fabbriche situate nelle aree urbane, dove operai e operaie svolgevano lo stesso tipo di compiti. Nelle campagne, invece, le condizioni erano ben differenti. Come già evidenziato in precedenza, nelle zone rurali gli stipendi erano accordati in base al numero di punti-lavoro accumulati in una giornata. I punti, poi, variavano in base al tipo di lavoro svolto da un determinato individuo. La forte divisione del lavoro legata al genere, però, non permetteva a uomini e donne di svolgere le stesse attività e faceva sì che il guadagno della forza-lavoro femminile fosse molto più basso. Anche quando le donne si dedicavano a lavori pesanti, come la costruzione di nuovi canali di irrigazione o la fusione dell’acciaio, i punti ottenuti erano sempre inferiori, a causa di una condizione in cui si dava per scontata una profonda differenza fisiologica tra sesso maschile e sesso femminile.148 Alle donne, sia nelle comuni rurali che in quelle urbane, venivano assegnati compiti quasi sempre legati al loro ruolo tradizionale di mogli e madri di famiglia. Sebbene fosse stata promossa una socializzazione dei lavori domestici con la costruzione di mense comuni e asili nido, le attività all’interno di queste organizzazioni erano gestite in larga parte da personale femminile. Il legame tra il ruolo di moglie e madre e la cura della casa, la cucina e la cura dei figli, rendeva inutile l’istituzione di corsi specifici per la preparazione di personale da impiegare in tali strutture. Si trattava di “lavori da donna” e nessuno meglio delle donne poteva occuparsene.149 Per molte mogli e madri cinesi, dunque, la

146 CROLL, Feminism and Socialism…, cit., p. 281. 147 Ibid. p. 285. 148 Ibid. 149 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 72.

159 socializzazione dei lavori domestici non implicò una “liberazione”, ma costituì un peso aggiuntivo. La gestione delle mense, infatti, richiedeva molto lavoro e andava ad aggiungersi ai compiti che la donna doveva svolgere per la propria famiglia. Nelle interviste raccolte da Gail Hershatter nello Shanxi, molto spazio è dedicato ai ricordi riguardanti il periodo della socializzazione e del Grande Balzo in Avanti. Cao Zhuxiang, impiegata nella gestione di una delle mense comuni presenti nel suo villaggio, collegava le abilità richieste nel lavoro svolto per la sfera pubblica a quelle richieste nella cura della famiglia. Secondo le parole della donna, infatti, “occuparsi della squadra di produzione era davvero come occuparsi della propria famiglia.”150 Anche nell’organizzazione della mensa vi era una netta distinzione tra i ruoli: agli uomini era affidato il controllo della dispensa e la contabilità, mentre le donne si occupavano delle pulizie, della cucina e dell’allevamento degli animali destinati alla macellazione.151 Con il Grande Balzo in Avanti molte donne cinesi entrarono nella sfera pubblica non solo in ambito economico, ma anche politico. Tuttavia, anche in questo caso era riscontrabile con assoluta evidenza una netta distinzione tra i ruoli. Sia nelle città che nelle campagne ai quadri femminili era solitamente affidata l’organizzazione delle attività dei team di donne e la cura dei “bisogni specifici” delle operaie. 152 I numeri riguardanti la partecipazione politica delle donne in questi anni erano, poi, notevolmente inferiori a quelli riguardanti il coinvolgimento di massa nella produzione. Nel corso degli anni Cinquanta i membri del PCC di sesso femminile costituivano il dieci percento del numero totale di iscritti, e il trenta per cento degli aderenti alla Lega Giovanile Comunista.153 Inoltre, tra i deputati eletti a livello locale nelle varie province, la percentuale di donne passò dal 17.3 del 1953 ad appena il 20 percento nel 1958.154

150 HERSHATTER, Gender of memory…, cit., p. 252. 151 Ibid. 152 ANDORS, The Unfinished Liberation…,cit., p. 73. 153 CROLL, Feminism and Socialism…, cit., p. 287. 154 Ibid. p. 288.

160

Dati di questo genere dimostrano come fossero ancora radicate idee tradizionali sul ruolo femminile: la donna non doveva avere conoscenza della sfera pubblica, né troppa influenza in essa. 155 Nonostante le lotte per affermare i propri diritti e far sentire la propria voce su questioni riguardanti la società e la sfera pubblica, con l’inizio degli anni Sessanta, era evidente che ancora molti ostacoli impedivano una nuova definizione dello status della donna e del suo ruolo nella società.

155 Ibid.

161

Conclusione

La Cina sta compiendo un grande balzo in avanti, e le donne cinesi, insieme con la propria nazione, si muovono nella stessa direzione. Illuminate dalla luce e dalla radiosità del Partito, nutrite dal fertile suolo del socialismo, le donne cinesi accrescono la propria coscienza politica e svolgono ruoli sempre più importanti nel settore politico, in quello culturale e in quello economico. Nelle industrie urbane le nostre operaie raggiungono record di produzione sempre più stupefacenti e nelle comuni rurali dimostrano una forza illimitata e mettono insieme raccolti ogni giorno più ricchi. Le attrici, che non erano ben viste un tempo, ora hanno finalmente trovato il modo di esprimere il loro talento artistico. Alcune di esse sono state elette come deputati nel Congresso Nazionale del Popolo. Le casalinghe, nelle città, si sono dedicate alla gestione di attività industriali partendo da zero; donne da sempre analfabete sono diventate scrittrici e poetesse. Altre donne, che in passato erano trattate come schiave, sono diventate padrone della propria casa e della propria terra, ed ex prostitute hanno finalmente ottenuto una felice vita familiare e sono divenute soggetti attivi della società.156

Con queste parole si apriva il volume “Le donne cinesi durante il Grande Balzo in Avanti”, una raccolta di articoli pubblicata nel 1960, in occasione del cinquantesimo anniversario della Festa della Donna . Le testimonianze riportate nell’opera fornivano, come si legge nella prefazione, “alcuni frammenti della saga delle donne cinesi durante il Grande Balzo in Avanti”. L’auspicio dell’editore era quello di offrire “ai lettori stranieri un’idea

156 Chinese Women in the Great Leap Forward, Beijing, Foreign Language Press, 1960, p. 1.

162 della situazione delle donne cinesi ai nostri giorni, e far comprendere come esse lavorino con impegno per la pace e per il socialismo”.157 Nel 1960, sebbene la politica del Grande Balzo in Avanti e l’esperimento delle comuni si fossero già rivelati fallimentari, la propaganda ufficiale continuava a sostenere che, attraverso la partecipazione nel lavoro di produzione, le donne fossero state liberate. Tuttavia, questo genere di messaggio fu percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione femminile cinese come un mero esercizio di retorica. Invece di permettere alle donne di “entrare in una nuova fase storica”, la tragica campagna economica promossa da Mao Zedong diede alla maggior parte di esse una sola possibilità: quella di lavorare per interminabili ore in condizioni ancora più disastrose. I soprusi, le fatiche, e la persistenza di idee considerate “feudali” riguardo al ruolo femminile nella società, non fecero che aggravare la situazione di tantissime donne. La carestia, poi, aggiunta ai patimenti che la popolazione rurale (la maggioranza di quella cinese) dovette affrontare con la nascita delle comuni, contribuì a creare un forte sentimento di disillusione e scontento nei confronti della nuova politica di collettivizzazione.158 Le testimonianze riportate in “ Donne Cinesi durante il Grande Balzo in Avanti” descrivono comuni popolari grandi, ben organizzate, ricche e dotate di ogni tipo di moderna tecnologia, tanto da “sembrare della città”. Le donne che in esse vivevano e lavoravano potevano usufruire di qualunque tipo di servizio:

“Non devi più pensare a cucinare, a macinare il grano; non devi più preoccuparti per i tuoi figli e, in più, puoi avere bei vestiti per te e la tua famiglia. In questo modo possiamo dedicarci anima e corpo alla produzione!” La liberazione delle donne dai loro compiti domestici e la loro partecipazione nella produzione hanno contribuito a cambiare la loro vita da molti punti di vista. Esse hanno iniziato a comprendere che il lavoro è una necessità, qualcosa di glorioso e gioioso allo stesso

157 Ibid. 158 MANNING, “Marxist Maternalism…,” cit., p. 98.

163

tempo. “Se restiamo anche solo un giorno a casa ci sentiamo a disagio.” Affermano alcune. “E’ così divertente lavorare insieme nei campi, ridendo e chiacchierando”.159

La visione utopistica della comune popolare proposta dalla retorica della propaganda, si scontrava violentemente con le testimonianze amare di molte donne sopravvissute alle estenuanti giornate di lavoro nei campi, alla carestia, alle malattie causate da sforzi eccessivi e condizioni igieniche precarie. Il lavoro quotidiano era, solitamente, ricordato con grande sofferenza dalla maggior parte delle donne che, vissute da sempre nella povertà, non erano riuscite a riscattarsi, né a vivere la “notorietà” delle lavoratrici modello le cui immagini comparivano sulle riviste femminili, sui quotidiani nazionali o, in alcuni casi, sui testi scolastici.160 Analizzando il linguaggio della propaganda, le politiche messe in atto dal PCC, il ruolo delle donne nella campagna del Grande Balzo in Avanti e alcune testimonianze personali, ho inteso mostrare come gli anni che avrebbero dovuto garantire alle donne cinesi una vera “liberazione” causarono invece profondo dolore e diffusa delusione. Il fallimento a livello nazionale del Grande Balzo in Avanti ebbe gravi ripercussioni sulla salute e sulla stessa sopravvivenza delle donne, e mise in dubbio il principio fondamentale della politica di genere del PCC fin dalla sua fondazione: le donne avrebbero raggiunto la vera emancipazione solamente partecipando alla produzione e ottenendo l’indipendenza economica. Il clima politico più disteso che si venne a creare nei primi anni Sessanta, permise all’ACWF di riflettere sulle sofferenze patite dalle donne in questi anni. Il Grande Balzo in Avanti non aveva portato davvero alla liberazione della donna e molto c’era ancora da fare per raggiungere una vera uguaglianza tra i sessi.

159 A Zhou, “Women do well in the People’s Commune”, in Chinese Women in the Great Leap Forward, cit. p. 27-28. 160 GAO, Xiaoxian, “‘The Silver Flower’…”, cit., p. 181.

164

Adesso che la massa di donne cinesi ha preso parte al lavoro produttivo, possiamo dire che non c’è più alcun compito da svolgere per le donne? No; al contrario, i contenuti del lavoro femminile sono ancora più ricchi di prima, e ora siamo chiamate a portare avanti questo lavoro in maniera più incisiva, attenta e concreta. Ad esempio, sebbene le donne cinesi abbiano partecipato al lavoro di produzione, esse hanno ancora alcuni problemi nel lavoro, nel pensiero, nello stile di vita. L’idea che le donne siano inferiori è presente persino tra le donne stesse, e, nella società, il concetto feudale che disprezza la figura femminile è ancora difficile da sradicare completamente. Per queste ragioni è errato sostenere che “non c’è più alcun compito da portare a termine per le donne”: al contrario, il lavoro, in tal senso, deve essere raddoppiato.161

161 “Nongcun funü gongzuo yewu xiaocai” 农村妇女工作业务小菜(Materiale di riferimento per la preparazione dei quadri femminili a livello locale), in ZGFN no. 178, Febbraio 1962, citato e tradotto in CROLL, Feminism and Socialism…, cit., p. 290.

165

Glossario

an na ge wuli ren 俺那个屋里人 an zuo fan de funü 俺做饭的妇女

Baofeng zhouy 暴风骤雨

Chanyuanhua 产院化

Chang Jiang 长江 chuhaimiebing bangongsh 除害灭病办公室 chu si hai yundong 除四害运动

Dagongbao 大公报 dagongshe zhidu 大公社制度 da maque yundong 打麻雀运动

Dao 道

Duomiansho 多面手 er cui 二 催

Ershisi xiao 二十四孝

Fengrenhua 缝纫化 funü shenme dou neng gan, shenme dou gan de hao 妇女什么都能干,什么 都干得好 gerenzhuyi 个人主义

Guomindang 国民党

Haining nongye quhua 海宁农业区划

166

hong qi 红旗

Huang He 黄河

Huzhuzu 互助组 hukou dengji zhidu 户口登记制度

Jiefang Ribao 解放日报 j i u l an 九兰 junzi 君子 laodong mofan 劳动模范 laodong yingxiong 劳动英雄

Laodong yu funu 劳动与妇女

Laogai 劳改

Li Shuangshuang xiaozhuan 李双双小传

Lienü Zhuan 列女传

Liu Yu 六谕

Mao zhuxi yulu 毛主席语录 minquan 民权 momian jiagonghua 磨面加工化 mu 亩 nannü pingdeng 男女平等

Niebi Zhuan 孽嬖传

Nüjie 女诫

167

Nü shezhang 女社长 nüjie diyi 女界第一 nüquan 女权

Nüsiji 女司机

Qingming 清明 ren 仁 renmin gongshe 人民公社 renmin gongshe hao 人民公社好

Renmin ribao 人民日报

Shanxiang ju bian 山乡巨变 tuoerhua 托儿化 san maniang 三骂娘 san nian ziran zaihai 三年自然灾害 si ge diyi 四个第一 si ge guanxi 四个关系 shitanghua 食堂化

Sheng Yu 圣谕 tianfu renquan 天赋人权

Tieshui benliu 铁水奔流 tonggou tongxiao 统购统销 tounao fare 头脑发热

Weixing gongshe 卫星公社

168

wuchan jieji funü jiefang yundong 无产阶级妇女解放运动 xian 县 xiang Lei Feng tongzhi xuexi 向雷锋同志学习 xiao 孝 xin minge 新民歌 xin nüxing 新女性

Xin Qingnian 新青年 xin ren 新人

Xin Zhongguo Funü 新中国妇女 xinfu leyuan 幸福乐园

Xinhua Ribao 新华日报

Xiwang de xifu 喜旺的媳妇 yang 阳 yi 儀 yin 阴 yi song 一送 yi zi er shi 易子而食 yin hua sai 银花塞 yijizhichang 一技之长

Zhaoxia hong si huo 朝霞红似火

Zhongguo nübao 中国女报

Zhongguo Funü 中国妇女

169

Zhongguo Ribao 中国日报

Zhongguo shida jiechu muqin 中国十大接触母亲

Zhonghua Renmin Gongheguo guojia tongji ju 中华人民共和国国家统 计巨 zichan jieji 资产阶级 zichan jieji nüquan yundong 资产阶级女权运动 zuo qing cuowu 左倾错误

170

Bibliografia

A Zhou, “Women do well in the People’s Commune”, in Chinese Women in the Great Leap Forward , Beijing, Foreign Language Press, 1960, pp. 38-44.

ANDORS, Phyllis, The Unfinished Liberation of Chinese Women: 1949-1980, Bloomington, Indiana University Press, 1983

ANDREWS, Julia F., Painters and Politics in the People’s Republic of China, Berkeley, University of California Press, 1994.

ASCHER, Abraham, The Revolution of 1905: a Short History, Standford, Standford University Press, 2004.

ASHTON, Basil, HILL, Kenneth, PIAZZA, Alan, ZEITZ, Robin ,“Famine in China, 1958-1961” in Population and Development Review, 10 dicembre 1984, pp. 613- 645.

BADIA, Gilbert, Clara Zetkin, féministe sans frontières, Paris, les Editions Ouvrières, 1993.

BANERJI, Arup, Writing History in the Soviet Union: Making the Past Work, New Delhi, India Orient Longman, 2008.

BARLOW, TANI E. (a cura di), I Myself Am A Woman: Selected Writings of Ding Ling, Boston, Beacon Press, 1989.

BECKER, Jasper, Hungry Ghosts: Mao’s Secret Famine, London, John Murray, 1996.

BELDEN, Jack, China Shakes the World, London, Gollacz, 1951.

BERNSTEIN, Thomas B., “Stalinism, Famine, and Chinese Peasmants: Grain Procurements during the Great Leap Forward”, in Theory and Society, Vol. 13, No. 3, Maggio 1984, pp. 339-377.

171

BERTHRONG, John e BERTHRONG Evelyn, Confucianesimo. Una introduzione, tr. Marcello Ghilardi, Roma, Fazi Editore, 2004.

BONGAARTS, John, CAIN, Mead, “Demographic responses to famine” in CAHILL, Kevin M. (a cura di), Famine, Maryknoll, Orbis Books, New York, 1982, pp. 44- 59.

BOWIE, Robert e FAIRBANK, John King (a cura di), Communist China 1955-1959: Policy Documents with Analysis, Cambridge, Harvard University Press, 1962.

BRANDT, Conrad (a cura di), A documentary History of Chinese Communism, London, Routledge, 1952.

BROWN, Jeremy, “Great Leap City: Surviving the Famine in Tianjin”, in MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating Bitterness: New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011, pp. 226-250.

BRUGGER, BILL, China: Liberation and Transformation 1942-1962, Totowa, New Jersey, 1981.

CAI Chang 蔡畅, “Dangde zongluxian zhaoyao zhe woguo funü chedi jiefang de daolu” 党的总路线照耀着我国妇女彻底解放的道路 (La linea generale del Partito illumina la strada delle donne verso la Liberazione), in Zhongguo funü (ZGFN),1959 (20), p. 1.

-“Zai shoudu gejie funü jinian “san ba” guoji funüjie dahui shang de jianghua” 在首都各界妇女纪念“三八”国际妇女节大会上的讲话 (Discorso tenuto a Pechino in occasione della commemorazione della Festa internazionale della Donna), in Renmin Ribao (RMRB), 8 marzo 1959, p. 2.

CAI, Yong, WANG, Feng, “Famine, social disruption, and involuntary fetal loss: evidence from Chinese survey data”, in Demography, vol.42, no.2, maggio 2005, pp. 301-322.

-“Reproductive consequences of China’s Great Leap Forward Famine” in Satomi, KUROSU, BENGTSSON, Tommy, CAMPBELL, Cameron (a cura di),

172

Demographic responses to Economic Enviromental Crises, Tokyo, Reitaku University, 2010, pp. 133-149.

CHAN, Adrian, Chinese Marxism, London and New York, Continuum, 2003.

CHEN Duxiu 陈独秀, “Kongzi zhi dao yu xiandai shenghuo”, 孔子之道与现代生 活 (La via di Confucio e la vita moderna), in Xin Qingnian, 2, no. 4, 16 dicembre 1916, pubblicato e tradotto in Elizabeth CROLL, Feminism and Socialism in China, London, Routledge and Kegan Paul, 1978, pp. 82- 83.

-”Jinggao qingnian”,警告青年(Appello ai giovani), 1915, tradotto in TENG, Ssu-yu e John K. FAIRBANK (a cura di), China’s Response to the West: a Documentary Survey, 1839-1923, Cambridge, Harvard University Press, 1982, pp. 240-245.

CHEN, Tina Mai, “Socialism, Aestheticized Bodies, and International Circuits of Gender: Soviet Female Film Stars in the People’s Republic of China”, in Journal of the Canadian Historical Association, vol. 18, no 2, 2007, pp. 53-80.

-“Female Icons, Feminist Iconography? Socialist Rhetoric and Women’s Agency in 1950s China”, in Gender and History, vol. 15, no 2, agosto 2003, pp. 268-295.

CHEN Yixin, “Under the Same Maoist Sky: Accounting for Date Rate Discrepancies in Anhui and Jiangxi”, in MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating Bitterness: New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011, pp. 197- 225.

CHENG, Yigong, Creating the New Man: from Enlightenment Ideals to Socialist Realities, Honolulu University of Hawaii Press, 2009.

CROLL, Elizabeth, Feminism and Socialism in China, London, Routledge and Kegan Paul ltd, 1978. CROOCK, Isabel e David, Revolution in a Chinese Village: Ten Mile Inn, London, Routlegde and Kegan Paul ltd, 1979.

DAVIN, Delia, Woman-work: Women and the Party in Revolutionary China, Oxford, Clarendon Press, 1976.

173

DE BARY, Theodore, LUFRANO, J. Richard, Sources of Chinese Tradition, vol. 2, New York, Columbia University Press, 2000. DE GIORGI, Laura, “Costume tortura? La fasciatura dei piedi in Cina”, DEP (Deportate, esuli, profughe) - Rivista telematica di studi sulla memoria femminile, n.16, 2011, pp. 50-62.

- “La società cinese tra l’ultima parte del XIX secolo e il 1949”, in Guido SAMARANI e Maurizio SCARPARI (a cura di), La Cina. Vol. III: Verso la modernità, Torino, Einaudi, 2009, pp. 407-445.

DENG Yingchao, “Nannü qingnian wenti” 男奴青年问题 (La questione dei rapporti tra giovani donne e giovani uomini) in Xinhua ribao, 2 marzo 1942, in Zhonghua quanguo funü lianhehui (a cura di), Cai Chang, Deng Yingchao, Kang Keqing funü jiefang wenti wenxuan (1938- 1987), (Scritti scelti sulla Liberazione delle donne di Cai Chang, Deng Yingchao e Kang Yingchao), Beijing, Renmin chubanshe, 1988, pp. 73-74.

DIKOTTER, Frank, Mao’s Great Famine, London, Bloomsbury Publishing, 2010.

DING Ling, “Toughts on March 8”, in Jiefang Ribao (Liberazione), 9 marzo 1942, tradotto in BARLOW, TANI E. (a cura di), I Myself Am A Woman: Selected Writings of Ding Ling, Boston, Beacon Press, 1989, pp. 316- 321.

DIRKS, Robert, “Social Responses during Severe Food Shortages and Famine”, in Current Anthropology, vol. 21, no. 1, Febbraio 1980, pp. 21-44.

DOMENACH, Jean-Luc, Aux origines du Grand Bond en Avant: le cas d’une province chinoise, 1956-1958, Paris, Editions de l'Ecole des hautes études en sciences sociales et Presses de la Fondation nationale de sciences politiques, 1982.

DONG Hu 东湖, “Funü yao jiji canjia he zhiyuan gangtie shengchan” 妇女要积极 参加和支援钢铁生产 (Le donne devono partecipare attivamente e sostenere la produzione di acciaio), ZGFN, 1958 (13), p. 5. EDWARDS, Louise, JEFFREYS, Elaine (a cura di), Celebrity in China, Hong Kong, Hong Kong University Press, 2010.

174

ENGELS, Friedrich, L’origine della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, tr. Domenico Losurdo, Roma, Editori Riuniti, 1963. ESCHENHAGEN, Paul, Nationalism in China: Implications for Chinese International Relations, Munich, Grin Verlag, 2007.

EVANS, Harriet, “The Language of the Liberation: Gender and ‘Jiefang’ in early Chinese Communist Party Discourse”, in WASSERSTROM, Jeffrey N. (a cura di), Twentieth-century China: New Approaches, London and New York, Rouletdge, 2003, pp.193-220.

-Women and Sexuality in China: Dominant Discourses of Female Sexuality and Gender since 1949 , Cambridge, Polity Press, 1997

FANG Fu Ruan, Sex in China. Studies in Sexology in Chinese Culture, New York, Plenum Press, 1991.

FU, Zhengyuan, Autocratic Tradition and Chinese Politics, Cambridge, Cambridge University Press, 1993.

GAO, Yunxiang, “Nationalist and Feminist Discourses on Jianmei (Robust Beauty) during China’s ‘national crisis’ in the 1930s”, in KO, Dorothy e WANG, Zheng (a cura di), Translating Feminism in China, Oxford, Blackwell, 2007, pp. 104-137.

GAO Xiaoxian, “ ‘The Silver Flower Contest’: Rural Women in 1950s China and the Gendered Division of Labour”, in Gender and History 18, 3 (2006), pp. 594- 612.

GIAFFERRI-HUANG, Xiaomin, Le Roman chinois depuis 1949, Paris, Presses Universitaires de France, 1991.

GILMARTIN, Christina, “The Politics of Gender in the Making of the Party”, in SAICH, Tony, VAN DE VEN, Hans (a cura di), New Perspectives on the Chinese Communist Revolution,, New York, M. E. Sharpe , 1995, pp. 33-55.

- Engendering the Chinese Revolution: Radical Women, Communist Politics and Mass Movements in the 1920s, Berkeley, University of California Press, 1995.

175

HAO Ran, “Dawn Clouds Red as Flame” (Zhaoxia hong si huo), tr. Richard KING, Haydn SHOOK , in Renditions , n. 68 (2007), pp. 19-49

HERSHATTER, Gail, The Workers of Tianjin 1900-1949, Stanford, Stanford University Press, 1993.

- The Gender of Memory. Rural Women and China’s Collective Past, Berkeley, University of California Press, 2011.

- “Birthing Stories: Rural Midwives in 1950s China”, in Jeremy BROWN, Paul G. PICKOWICZ, Dilemmas of Victory: The Early Years of the People’s Republic of China, Cambridge, Harvard University Press, 2007, pp. 337-359

HINSCH, Bret, Women in Early Imperial China, Lanham, Rowman and Littlefield, 2002.

HONIG, Emily, Sisters and Strangers: Women in the Shanghai cotton mills,1919- 1949, Stanford, Stanford University Press,1986 .

HOWE, Christopher,(a cura di), Shanghai: Revolution and Development in an Asian Metropolis, Cambridge, Cambridge University Press, 1981.

HUAIYIN, Li, Village China Under Socialism and Reform: A Micro History, 1948- 2008, Stanford, Stanford University Press, 2009.

HUANG, Yiping, Agricultural Reform in China. Getting Instituition Right, Cambridge, Cambridge University Press, 1998.

JOHNSON, Ann Kay, Women, the Family and Peasant Revolution in China, Chicago and London, University of Chicago Press, 1985.

JOHNSON, David, NATHAN, Andrew J. , RAWSKI, Evelyn S. (a cura di), Popular Culture in Late Imperial China, Berkeley and Los Angeles, California University of California Press, 1985.

176

JUNG, Chang, Cigni Selvatici: tre figlie della Cina, tr. Lidia Perria, Milano, Longanesi, 2004.

KARNOW, Stanley, Mao and China: A Legacy of Turmoil, New York, Penguin Books, 1990.

KING, Richard (a cura di), Heroes of China’s Great Leap Forward: Two Stories, Honolulu, University of Hawaii Press, 2010.

- “Romancing the Leap: Euphoria in the Moment before Disaster”, MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating bitterness, New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011, pp. 51-71.

KO, Dorothy e WANG, Zheng (a cura di), Translating Feminism in China, Oxford, Blackwell, 2007.

LANDSBERGER, Stefan R., Chinese Propaganda Posters: from Revolution to Modernization, Amsterdam, M. E. Sharpe, 1996.

LI, Gucheng, A Glossary of Political Terms of the People’s Republic of China, Hong Kong, The Chinese University Press, 1995.

LIEBERTHAL, Kenneth, Governing China: from Revolution Through Reform, New York,W.W. Norton & Company, 2004.

LIN, Chun, “Toward a Chinese Feminism: a personal story”, in WASSERSTROM, Jeffrey N. (a cura di), Twentieth-century China: New Approaches, London and New York, Rouletdge, 2003, pp. 66-80.

LIPPIELLO, Tiziana (a cura di), Confucio, Dialoghi, Torino, Einaudi, 2003.

LIU Weifang “Zhongguo funü yundong'dayuejin' shiwei” 中国妇女运动“大跃进” 始末(Il movimento femminile cinese dagli inizi alla fine del Grande Balzo in Avanti), Zhonghua nüzi xueyuan xuebao, (Journal of China Women’s University) Vol.20, no. 5, 2008, pp. 103-108.

177

MACFARQUHAR, Roderick, The Origins of Chinese Cultural Revolution, Vol. 2: The Great Leap Forward, New York, Columbia University Press, 1983.

-The Politics of China: the Eras of Mao and Deng, Cambridge, Cambridge University Press, 1997.

LOEWE, Michael, Dong Zhongshu, a Confucian ‘Heritage’ and the “Chunqiu Fanlu”, Leiden, Brill Academic Publishing, 2011.

MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating bitterness, New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011.

MANNING, Kimberley Ens, “Embodied Activism: The Case of Mu Guiying Brigade”, in EVANS, Harriet e STRAUSS, Julia C., Gender in Flux: Agency and Its Limits in Contemporary China, Cambridge, Cambridge University Press, 2011, pp. 34- 53.

-“Making a Great Leap Forward? The Politics of Women’s Liberation in Maoist China”, in KO, Dorothy e WANG, Zheng (a cura di), Translating Feminism in China, pp. 138-163.

- “Marxism Maternalism, Memory, and the Mobilization of Women in the Great Leap Forward”, The China Review, vol.5, no.1, 2005, pp. 83-110.

- “The Gendered Politics of Woman-Work: Rethinking Radicalism in the Great Leap Forward”, in Modern China, vol. 32, no 3, luglio 2006, pp. 349-384.

MAO Zedong, “Commentary on the suicide of Miss Zhao”, tradotto in SCHRAM, Stuart R. (a cura di), Mao’s Road to Power: Revolutionary Writings 1912-1949, New York, M.E. Sharpe, 1992, pp. 421-422.

- “Report on an Investigation of the Hunan Peasant Movement”, in BRANDT, Conrad (a cura di), A Documentary History of Communist China, pp.77-88.

178

- “Talks at the Yan’an Forum on Literature and Art”, in Selected Works of Mao Tse-tung, vol.7, Beijing, Foreign Languages Press, 1967, pp. 69-98.

MEIJER, Marinus Johan, Marriage Law and Policy in the Chinese People’s Republic, Hong Kong, Hong Kong University Press, 1971,

MEISNER, Maurice, Li Ta- Chao and the Origins of Chinese Communism, Cambridge, Harvard University Press, 1967.

- Mao e la Rivoluzione cinese, Torino, Einaudi, 2010.

MOU, Sherry J., Gentlemen’s Prescriptions for Women’s Lives, New York, M.E. Sharpe, 2004.

MULLER, Marco, NICOSIA, Alessandro, (a cura di), Cento anni di cinema cinese: 1905-2005. Ombre Elettriche. Il cinema cinese attraverso i manifesti, Roma, Gangemi Editore, 2005.

PENG, Xizhe, “Demographic consequences of the Great Leap Forward in China’s provinces”, in Population and Development Review, vol.13, no.4, pp. 639-670.

RAINEY, Lee Diane, Confucius and Confucianism. The Essentials, London, Wiley- Blackwell, 2010.

RAGVALD, Lars, “The Emergence of ‘Worker-Writers’ in Shanghai” in HOWE, Christopher (a cura di), Shanghai: Revolution and Development in an Asian Metropolis, Cambridge, Cambridge University Press, 1981, pp. 301-325..

RAPHALS, Lisa, Sharing the Light: Representations of Women and Virtue in Early China, Albany, State University of New York Press, 1998.

SABBATINI, Mario e SANTANGELO, Paolo, Storia della Cina, Roma, Biblioteca Storica Laterza, 2007.

SCARPARI, Maurizio, Il Confucianesimo. Fondamenti e testi, Torino, Einaudi, 2010.

179

SCHMEMANN, Serge, “In Soviet, Eager Beaver's Legend Works Overtime”, in New York Times, 31 agosto 1985, p. 2.

SCHRAM, Stuart (a cura di), Mao’s Road to Power: Revolutionary Writings,1912- 1949, Vol. I, New York, M.E. Sharpe, 1992.

SCHURMANN, Franz, Ideology and Organization in Communist China, Berkeley, University of California Press, 1966.

SEN, Amartya, Poverty and Famine, Oxford, Clarendon Press, 1981.

SHERIDAN, Mary, “The Emulation of Heroes”, in The China Quarterly, no. 33, 1968, pp. 47-72.

SNOW, Edgar, L’altra riva del fiume, tr. Verina Gilardoni, Torino, Einaudi, 1966.

SPENCE, Jonathan D., Mao Zedong, tr. Loredana Baldinucci, Roma, Fazi Editori, 2004.

STACEY, Judith, Patrarchy and Socialist Revolution in China, Berkeley, University of Chigago Press,1983.

STRAUSS, Julia (a cura di), The History of the People’s Republic of China: 1949- 1976, The China Quarterly Special Issues no. 7, Cambridge, Cambridge University Press, 2006.

SUDO Mizuyo, “Concept of Women’s Rights in Modern China”, KO, Dorothy e WANG, Zheng (a cura di), Translating Feminism in China, Oxford, Blackwell, 2007. pp. 13-34.

THAXTON, Ralph A., Catastrophe and Contention in Rural China: Mao’s Great Leap Forward Famine and the Origins of Righteous Resistance in Da Fo Village, Cambridge Studies in Contentious Politics, Cambridge, Cambridge University Press, 2008.

180

TEIWES, Frederick e SUN, Warren, China’s Road to Disaster, Mao, Central Politicians, and Provincial Leaders in the Unfolding of the Great Leap Forward, 1955-1959, New York, M.E. Sharpe, 1998.

TENG, Ssu-yu e FAIRBANK John King (a cura di), China’s Response to the West: A Documentary Survey,1839-1923, Cambridge, Harvard University Press, 1982.

TOMBA, Luigi, Storia della Repubblica Popolare Cinese, Milano, Mondadori, 2002.

TU, Wei Ming, Way, Learning and Politics. Essays on the Confucian Intellectuals, Albany, State University of New York Press, 1993.

- “Probing the ‘Three Bonds’ and ‘Five Relationship’ in Confucian Humanism”, in DE VOS, George A., SLOTE Walter H. ( a cura di), Confucianism and the Family, Albany, State University of New York Press, 1998, pp. 122- 136.

WALKER, Kenneth R., Food Grain Procurement and Consumption in China, Cambridge, Cambridge University Press, 1984. WANG, Robin R., Images of Women in Chinese Thought and Culture: Writings from the Pre-Qin period through Song Dynasty, Indianapolis, Hackett, 2003.

WANG,Yanlai, China’s Economic Development and Democratization, Aldershot, Ashgate,Publishing House, 2003.

WANG, Zheng,“Dilemmas of Inside Agitators: Chinese State Feminism in 1957”, The China Quarterly, Vol.188, dicembre 2006, raccolto in STRAUSS, Julia C. (a cura di), The History of the People’s Republic of China: 1949-1976, The China Quarterly Special Issues no.7, Cambridge, Cambridge University Press, 2006, pp. 59-79.

- “State Feminism?” Gender and Socialist State Formation in Maoist China”, in Feminist Studies, Vol.31, no. 3, 2005, pp. 519-551.

- Women in the Chinese Enlightenment, Los Angels, University of California Press, 1999.

181

WASSERSTROM, Jeffrey N. (a cura di), Twentieth-century China: New Approaches, London and New York, Rouletdge, 2003.

WEIGELIN-SCHWIEDRZIK, Susanne“ Re-Imagining the Chinese Peasant: The Historiography on the Great Leap Forward”, in MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating bitterness, New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011, pp. 28-50.

WEMHEUER, Felix, “Dealing with Responsabilities for the Great Leap Famine in the People’s Republic of China”, in China Quarterly, no. 201, 2010, pp. 176-194.

- “The Grain Problem is an Ideological Problem: Discourses of Hunger in the 1957 Socialist Education Campaign”, in MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating bitterness, New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011.

WOLF, Arthur, Marriage and Adoption in China, 1845-1945 Stanford, Stanford University Press, 1980.

WONG, John, Group Farming in Asia: Experiences and potentials, Singapore, Singapore University Press, 1979.

WU, Harry, Laogai: the Chinese Gulag, Boulder, Westview Press, 1992.

XIN, Yi, “On the Distribution System of Large-Scale People’s Commune”, in MANNING, Kimberley Ens e WEMHEUER, Felix (a cura di), Eating bitterness, New Perspectives on China’s Great Leap Forward and Famine, Vancouver, UBC Press, 2011, pp. 130- 147.

XUN, Zhou, The Great Famine in China, 1958-1962. A Documentary History, London, Yale University Press, 2012.

YAN, Yunxiang, The flow of Gifts: Reciprocity and Social Networks in a Chinese Village, Standford, Standfort University Press, 1996.

182

YANG Jisheng 扬继绳, Mubei: Zhongguo liushi niandai dajihuang jishi 墓碑:中国 六十年代大饥荒纪实 (La pietra tombale: resoconto sulla grande carestia degli anni Sessanta in Cina), Hong Kong, Tiandi tushu, 2008.

YIFU, Justin, TAO, YANG, Dennis, “Food Availability, Entitlements and Chinese Famine in 1959-1961” in The Economic Journal, Vol. 110, no. 460, gennaio 2000, pp. 136-158.

YIN, Lee Cheuk, “Emperor Chengzu and Imperial Filial Piety of the Ming Dynasty”, in Alan K. L. CHAN, Soor-hoon, TAN (a cura di), Filial Piety in Chinese Thought and History, London, Routledge Curzon, 2004, pp. 141- 153.

YUAN, Lijun, Reconceiving Women’s Equality in China, Lanham, Rowman and Littlefield, 2005.

YU HUAI HE, Henry, Dictionary of the Political Thought of the People’s Republic of China, New York, M. E. Sharpe, 2001.

ZARROW, Peter, “He Zhen and Anarcho-Feminism in China”, The Journal of Asian Studies, 47, no. 4, novembre 1988, pp. 796-813.

ZHANG Letian 张乐天, Gaobie lixiang: Remnin Gongshe zhidu yanjiu, 告别理想: 人民公社制度研究 (Addio ideali: un’analisi del sistema delle comuni popolari), Shanghai, Dongfang chuban zhongxin, 1998.

ZHANG Shude 张树德, Chengshi renmin gongshe da da zujin le funü chedi jiefang shiye,城市人民公社大大促进 了妇女彻底解放事业 (Le comuni urbane hanno accelerato in modo grandioso il processo di liberazione delle donne) ZGFN, 1960 (8), p. 5.

Zhongguo funü 中国妇女 (Donne Cinesi), 1958-1961, Beijing, Zhongguo funüshe

183

Documenti tratti dalla rete

AI Jun 艾君, “laodong mofan yongyuan shi shidai de lingpaozhe” 劳动模范永远 是时代的领跑者 (I lavoratori modello costituiscono sempre lo stimolo di un’era), Guanming Ribao, 28 aprile 2008, accessibile all’indirizzo: http://guancha.gmw.cn/content/2008-04/28/content_767559.htm, 14/12/2012.

COALE, Ansley, “Rapid Population Change in China, 1952-1982”, Committee on Population and Demography, Commission on Behavioral and Social Sciences, National Academy Press, Washington DC, 1984, accessibile all’indirizzo: http://pdf.usaid.gov/pdf_docs/PNAAV701.pdf , 30/10/2012.

LI Chengrui 李成瑞 , “ ‘Dayuejin’ yinqi de renkou biandong” , ’⼤跃进 ’ 引起的⼈ ⼝变动 (Cambiamenti demografici causati dal Grande Balzo in Avanti), in Zhongguo dangshi yanjiu, 中国党史研究 (Ricerca sulla storia del Partito), 2, 1997, accessibile all’indirizzo: http://www.yhcw.net/famine/Research/r060704a.html. 28/11/2012.

LI Zhun 李准, “Li Shuangshuang xiaozhuan” 李双双小传 (Una breve biografia di Li Shuangshuang), in Renmin Wenxue, 7 febbraio 1960, accessibile all’indirizzo : http://www.360doc.com/content/12/0324/18/9145754_197314182.shtml, 3/01/2013

“Zai Zhongguo Funü di yi ci quanguo daibiao dahui shang de gongzuo baogao”, 在中国妇女第一次全国代表大会上的工作报告 (Resoconto di lavoro del primo Congresso Nazionale delle donne cinesi ) 26 marzo 1949, raccolto in Zhongghua quanguo funü lianhehui sishi nian, Zhongghuo Funü chubanshe, 1991, accessibile all’indirizzo: http://www.women.org.cn/zhongyaowenxian/fudaihuiwenjian/di1jie/di1jiego ngzuobaogao.htm, 19/10/2012.

“Guanyu jinhou quanguo funü yundong renwu de jueyi”,关于今后全国妇女运动 任务得决议 (Risoluzione sui futuri compiti della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi) 23 aprile 1953, raccolto in Zhongghua quanguo funü lianhehui sishi nian (Quarant’anni della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi), Zhongghuo Funü chubanshe, 1991, accessibile all’indirizzo:

184 http://www.women.org.cn/zhongyaowenxian/fudaihuiwenjian/di2jie/di2jieju eyi.htm, 20/09/2012.

“Guanyu ‘qinjian jianguo, qinjian chijia, wei jianshe shehuizhu fendou’ de baogao de jueyi”, 关于“勤俭建国,勤俭持家,为建设社会主奋斗(Resoconto sul rapporto “Costruire economicamente la patria, badare con parsimonia alla casa, combattere per la costruzione socialista), 20 settembre 1957, raccolto in Zhongguo quanguo funü lianhehui sishi nian, 中国全国妇女联合会四十年, Zhongghuo Funü Chubanshe, 1991, , accessibile all’indirizzo: http://www.women.org.cn/zhongyaowenxian/fudaihuiwenjian/di3jie/di3jieju eyi.htm 20/09/2012.

“Guanyu jianguo yilai dang de ruogan lishi wenti de jueyi” 关于建国以来党的若 干历史问题的决议(Risoluzione su alcune questioni riguardanti la storia del Partito dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese), raccolto in Guanyu jianguo yilai dang de ruogan lishi wenti de jueyi zhushiben, Beijing, Renmin chubanshe, , accessibile all’indirizzo: http://news.xinhuanet.com/ziliao/2002-03/04/content_2543544.htm, 21/10/2012.

Ting laoren jiang na guoqu de shiqing” 听老人讲那过去的事情 (Ascoltiamo un’anziana signora che racconta una storia del passato), in Zhongguo Ribao Wang, 25 settembre 2009, accessibile all’indirizzo: http://www.chinadaily.com.cn/zgzx/60nian/200909/25/content_8736100.ht m, 20/12/2012.

WEI, Xu, “From Marriage Revolution to Revolutionary Marriage: Marriage Practice of the Chinese Communist Party in Modern Era, 1910s-1950s” (2011). Electronic Thesis and dissertation, paper 232, pp. 296, accessibile all’indirizzo: http://ir.lib.uwo.ca/etd/232 10/08/2012

“Zai guanche zhongyang shi’er tiao zhishi guocheng zhong, you guan fulian ganbu he funü qunzhong de qingkuang he wenti” 在贯彻中央十二条指示过程中 有关妇联干部和妇女群众的情况和问题 (Problematiche riguardanti i quadri femminili e le donne della massa nella diffusione dei Dodici Punti sanciti dal Comitato Centrale), 10 ottobre 1960, accessibile all’indirizzo: http://www.yhcw.net/famine/Documents/d020203m.html, 08/11/2012

185

Filmografia

“Huang Baomei” 黄宝妹, 1958, regia di Xie Jin 谢晋.

“Li Shuangshuang” 李双双,1962, regia di Lu Ren 鲁韧.

“Nü shezhang”女社长(Una donna a capo della comune popolare),1958 , regia di Fang Ying 方营.

“Nüsiji” 女司机(La conduttrice di locomotiva), 1951, regia di Xian Qun 冼群.

“Zhao Yiman”赵一曼, 1950, regia di Sha Meng 沙蒙.

186