n°33 luglio 2017 5,50 € anno V 33 numero

"Voi siete un attore e io vi ammiro, come uomo e come cane, ma non potete essere

stato una spalla, voi non avete mai fatto neanche il ginocchio...!" luglio 2017 -

(Totò) DOVE SONO FINITI Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale -70% - Aut. GIPA/C/RM/04/2013 I CARATTERISTI DEL CINEMA ITALIANO?

TENDENZE I titoli dei film italiani Dove sono finiti i caratteristi del cinema italiano? del caratteristi sono finiti i Dove COMING OUT Quel film mi ha fatto chiudere gli occhi

FOCUS ​Il cinema in Marocco

ANNIVERSARI a 50 anni da Le streghe www.8-mezzo.it SUL PROSSIMO NUMERO IN USCITA A SETTEMBRE 2017

SCENARI Cinecittà compie 80 anni. Li dimostra?

INNOVAZIONI Scenografie e scenografi nel nuovo cinema italiano

FOCUS Il cinema a Hollywood

RICORDI A vent'anni dalla morte di Marco Ferreri EDITORIALE di GIANNI CANOVA

QUANDO SI DICE LA PELLICOLA

Il quinto capitolo della saga dei Pirati (…) è nelle mani di un gruppo “ di cybercriminali. La Disney sarebbe in trattativa per salvare la pelli- cola”. Così, nel titolo, “Repubblica.it” del 17 maggio 2017. Avete letto bene: “salvare la pellicola”. Come se gli hackers avessero rubato davve- ro le pizze di celluloide. “Repubblica.it” non è la sola testata a incorrere nell’errore. Tra i primi 5 siti che ho consultato, ne ho trovati altri due (quindi: tre su cinque) che parlavano di furto della pellicola (“diregiovani.it” e “corrierecomunicazioni.it”). Ora: il paradosso è che ai tempi della pellicola un simile crimine non sarebbe stato possibile. Un “ladro di film” poteva tutt’al più rubare una pizza e proiettarla in un cinema, ma non mettere a rischio l’uscita mondiale di un blockbuster attesissimo. Adesso invece è proprio la natura digitale e assolutamente immateriale che i film hanno assunto a esporli a un rischio di hackeraggio così alto: possono essere rubati proprio perché sono file e non più pellicole. Frettolosità dei giornalisti? Non pro- prio, non solo. Il fatto è che il cinema è ancora percepito come ontologicamente legato alla pellicola. Pellicola (il supporto) diventa sinonimo di film (il contenuto veicolato dal supporto). La confusione è indicativa: non perché esprima nostalgia, ma perché ostacola la comprensione della mutazione in atto. Che gli hacker trovi- no nel furto di film una fonte allettante di possibile profitto ci rincuora. Vuol dire che il cinema è ancora una merce preziosa. Ma dovremmo ricordarlo anche quan- do i ladri non sono gli hacker ma i proprietari delle infrastrutture che guadagnano consentendo di visionare gratis i film piratati. Non sto parlando di siti illegali ma di chi lo fa “legalmente” senza che nessuno trovi nulla da eccepire. Mettiamola così: se un ladro rubasse la Gioconda e io gli prestassi casa mia per far vedere il capola- voro di Leonardo a chi mi regala i propri dati sensibili, arriverebbero i carabinieri e mi arresterebbero un attimo dopo. Perché non accade la stessa cosa con chi met- te a disposizione le proprie piattaforme tecnologiche per consentire di circuitare merci rubate? Non è un reato anche questo? Soprattutto questo? Paradossi dell’era della post-pellicola… 8½ NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

Bimestrale d’informazione Progetto Creativo e cultura cinematografica 19novanta communication partners

Creative Director Iniziativa editoriale realizzata Consuelo Ughi da Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con ANICA Designer e Direzione Generale Cinema Claudia Antonazzo, Clio Chaffardon, Matteo Cianfarani, Valeria Ciardulli, Direttore Responsabile Lorenzo Mauro Di Rese Giancarlo Di Gregorio Stampa ed allestimento Direttore Editoriale Arti Grafiche La Moderna Gianni Canova Via di Tor Cervara, 171 00155 Roma Vice Direttore Responsabile Cristiana Paternò Distribuzione in libreria Capo Redattore Joo Distribuzione Stefano Stefanutto Rosa Via F. Argelati, 35 - Milano

In Redazione Registrazione presso il Tribunale Carmen Diotaiuti di Roma n° 339/2012 Andrea Guglielmino del 7/12/2012 Direzione, Redazione, Coordinamento redazionale Amministrazione DG Cinema Istituto Luce-Cinecittà Srl Iole Maria Giannattasio Via Tuscolana, 1055 - 00173 Roma Tel. 06722861 fax: 067221883 Coordinamento editoriale [email protected] Nicole Bianchi www.8-mezzo.it

Hanno collaborato Chiuso in tipografia il 19/06/17 Pedro Armocida, Angelo Astrei, Bruno Bigoni, Alice Bonetti, Margherita Bordino, Elena Costa, Francesca Cualbu, Steve Della Casa, Paolo Di Reda, Martina Federico, Fabio Ferzetti, Beatrice Fiorentino, Chiara Grizzaffi, Fatema Loukili, Andrea Mariani, Rocco Moccagatta, Angela Prudenzi, Ilaria Ravarino, Gida Salvino

Sommario

EDITORIALE SCENARI 2 NEL MONDO GEOGRAFIE

01 QUANDO SI DICE 31 COMING OUT 58 DIVISI (O UNITI) 82 SABBIA E POP CORN LA PELLICOLA IO DI FRONTE A QUELLA DAL MEDITERRANEO di Nicole Bianchi di Gianni Canova SCENA HO CHIUSO di Cristiana Paternò GLI OCCHI TRAILER ANATOMY di Gianni Canova SCENARI RICORDI 84 DOC TRAILER: 34 IO CONFESSO 04 CON QUELLA FACCIA VOCE IN CAMPO di Ilaria Ravarino 60 GIUSEPPE DE SANTIS, UN PO’ COSÌ IL NEOREALISTA di Martina Federico di Gianni Canova DISSONANTE TENDENZE di Gianni Canova MARKETING 06 IL CARATTERE DEL CINEMA ITALIANO È TUTTO 36 NOMEN OMEN di Steve Della Casa di Gianni Canova RACCONTI DI CINEMA 86 TENDENZA LEMMINGS: DISTRIBUIRE PER 08 EROI DELLA 38 LOST IN TRANSLATION 62 ZABRISKIE POINT (AUTO)DISTRUGGERSI SECONDA LINEA di Alice Bonetti GLI OCCHI di Fabio Ferzetti DELL’IMMAGINAZIONE di Ilaria Ravarino 42 TROPPI AMICI di Paolo Di Reda 16 TONI BERTORELLI, di Andrea Guglielmino ANNIVERSARI LA VERITÀ DAL 64 IL SORPASSO LA VERSIONE DI LILLY SOTTOSUOLO 44 TUTTE LE STRADE 88 A 50 ANNI DA

di F.F. PORTANO A ROMA… di Elena Costa LE STREGHE di Margherita Bordino 18 GISELLA SOFIO, Interviste a RE-PRINT 89 FEMMINISMO SIGNORINA PERBENE Pietro Valsecchi INVOLONTARIO di Stefano Stefanutto Rosa Luigi De Laurentiis 66 LA GIUNGLA DEI TITOLI di Angela Prudenzi Roberto Proia DI MASSIMO MILA 19 ISABELLA BIAGINI: UNA Andrea Romeo DA “CINEMA NUOVO: 93 NEL CUORE SFORTUNATA MARILYN Gabriele D’Andrea RASSEGNA QUINDICINALE”, UN SOPRABITO di S.S.R. Andrea Iervolino 1 OTTOBRE 1953. DI PIUME DI di Andrea Mariani GALLO CEDRONE 20 FENOMENOLOGIA 50 IL FATTORE INTUITO I ricordi di Piero Tosi DELLA COMPARSA di Francesca Cualbu fumetto FOCUS MAROCCO disegni Sudario Brando PUNTI DI VISTA testi Andrea Guglielmino CINEMA ESPANSO 70 PASSATO NEGATO, PRESENTE INDETERMINATO 94 IL SENSO DELLA POSSIBILITÀ 22 CINECITTÀ È CASA MIA 52 CREARE DUE, TRE, di Beatrice Fiorentino di Gida Salvino MOLTI STENO di Bruno Bigoni di Rocco Moccagatta 74 QUATTRO SGUARDI DI DONNE 24 PRENDETE 96 BIOGRAFIE ROSENCRANTZ 54 CON GLI OCCHI di Fatema Loukili E GUILDENSTERN DI UNA GAZZA di Nicole Bianchi di Gianni Canova DISCUSSIONI Intervista a Ninni 55 CON GLI OCCHI Bruschetta 76 # CINEMA2DAY, DI NANNI PRO E CONTRO di G.C. 26 “IO E IL MAESTRO di Pedro Armocida DI OSTIA” 56 NEW AMERICAN CINEMA: di Angelo Astrei ESPERIENZE CORSARE INTERNET CINQUANT’ANNI DOPO E NUOVI CONSUMI 28 GLI INSOLITI NOTI di Chiara Grizzaffi di Maurizio Di Rienzo 80 A ME GLI OCCHI! QUANDO IL TRAILER 30 TINA PICA ÜBER ALLES DIVENTA INTERATTIVO a cura di Nicole Bianchi di Carmen Diotaiuti e Cristiana Paternò SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse

CON QUELLA FACCIA UN PO’ COSÌ di GIANNI CANOVA

Non esistono pic- della spalla: è stato detto e ripetu- “ cole parti, esistono to all’infinito che certi attori sono solo piccoli attori”. stati grandissimi (perché esisto- Ipse dixit: pronun- no grandissimi attori!) perché ciato da un’auctoritas come Sta- hanno avuto al loro fianco “spal- nislavskij, questo aforisma è stato le” capaci di esaltare la loro gran- usato per decenni come dogmati- dezza. Di farla emergere. Di rive- ca chiave di lettura per valutare le larla. È stato il caso di Totò con prestazioni e i ruoli di un qualsiasi Peppino de Filippo, con Mario cast. Ma siamo proprio sicuri che dia loro vita. I secondi invece per certi versi esistono già (sono ideal-ti- Castellani, con Giacomo Furia. O sia così? E se invece non tutte le pi…) e l’attore li incarna. Li ha già incisi nel suo corpo, nel suo sguardo, di Walter Chiari con l’indimenti- parti fossero uguali, così come nella sua voce. Il vecchietto brontolone, il ciccione simpatico, il pi- cabile Carlo Campanini. O anche non lo sono di certo tutti gli at- gnolo indisponente, la bisbetica indomabile: vedi quella faccia o quel di Alberto Sordi con Nando Bru- tori? Forse, così come la mette corpo e immediatamente ti riconduce a quella maschera. A quel tipo no o Ciccio Barbi. Stanislavskij, la questione è mal umano. Forse, anche a quel cliché. L’attore che incarna un tipo è tanto Senza la sua “spalla” anche il più posta. Forse il problema non è più bravo non quanto più lo ricrea, bensì quanto più si limita, appunto, bravo dei prim’attori rischia di gi- assiologico-gerarchico-dimen- a sparire nel tipo, a dargli corpo e volto, e a riproporre in questo modo rare a vuoto, di eccedere, di anda- sionale (parti grandi versus parti le caratteristiche che il pubblico si aspetta. re sopra le righe, di perdere i tempi piccole) quanto piuttosto tipo- Nel passato, una delle specificità che hanno fatto grande il cinema comici. Rischia di non catturare il logico-relazionale. Provo a met- italiano è individuabile nello straordinario vivaio di caratteristi e figu- pubblico, di non avere chi gli dà il terla in quest’altro modo: in ogni ranti che rendevano vivo e autentico e credibile ogni cast. Ancora oggi, ritmo. Non è il caso di ricordare copione ci sono personaggi (e quando ti imbatti in uno di loro, immediatamente lo riconosci. Magari qui i grandissimi caratteristi del possono essere tali a prescindere non ricordi il nome, fai un po’ fatica a collocarlo in questo o in quel passato (perché esistono anche dal numero di battute che pro- film in cui l’hai già visto, ma il solo rivederlo ti trasmette comunque grandissimi caratteristi): i Tiberio nunciano) e ci sono tipi. I primi un’impressione di familiarità, di sicurezza, quasi di intimità, che ti fa Murgia, i Gianni Agus, i Guido Ni- non esistono prima che un attore stare bene nel mondo in cui il film ti ha portato. Prendiamo il ruolo cheli… e poi i Carlo Croccolo, gli SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 4 - 5

In passato, uno dei pregi che hanno fatto grande il cinema italiano è stato lo straordinario vivaio di caratteristi e figuranti che hanno reso vivo e autentico e credibile il cast anche di tanti film “minori”. Ma oggi? Esiste ancora la grande scuola dei caratteristi italiani? Chi ha raccolto l’eredità di un Tiberio Murgia o di un Carlo Campanini? Aldo Giuffré, i Mario Carotenuto, i Folco Lulli, spesso segnati anche da vistose connotazioni regionali e vernacolari. Spesso hanno fatto vite grame, hanno dormito in ca- mere ammobiliate, hanno man- giato quel che capitava, eppure si coglie in tutti loro una tenacia, una passione e una professionali- tà davvero encomiabili. Ma chi ha raccolto oggi la loro eredità? A chi hanno passato il testimone? Dove sono finiti i mitici caratteristi del cinema italiano, quelli che hanno colpito e intrigato maestri come Federico Fellini e Martin Scorsese (che sono grandissimi registi, non a caso, anche per la cura con cui scelgono ogni ruolo del cast e per l’intuito allenato che li porta a non sbagliare neanche un figurante…). Questo numero di 8½ parte da qui, da questa domanda: e va alla ricerca della nuova generazione di caratteristi, nella consapevolezza che non sono mai attori di serie B. l concetto di carat- I terista non è mai stato completamen- te chiaro. Per Risi e Monicelli, il caratterista era una faccia, una persona in grado, gra- zie ad alcune caratteristiche, di impersonare proprio quel perso- naggio, quella pennellatura all’in- terno della storia. Poteva anche essere un qualcuno preso dalla strada, come Tiberio Murgia che era sardo (e dirigente del PCI e barista nel caffè sotto casa di Mo- I L nicelli) ma che il grande Mario in CARATTERE È TUTTO D’altro canto, Risi era famoso perché ritagliava dai giornali le foto dei protagonisti dei fatti di di STEVE DELLA CASA cronaca proprio come se fosse- ro appunti: quando poi faceva il casting dei suoi film più corali, tipo I mostri, ritroviamo molte facce simili a quelle che aveva I soliti ignoti lanciò come Ferri- pazientemente conservato negli botte, il siciliano dal volto impe- album gelosamente custoditi dal netrabile, fratello della Cardinale, figlio Marco, e oggi parzialmente poi obbligato a fare il siciliano in pubblicati nel volume Dino Risi. tutta la carriera. Ma poteva an- pensieri, parole, immagini edito che essere un attore di grande da Luce-Cinecittà. E Monicelli, formazione teatrale, come Um- per i ruoli minori, non aveva solo berto D’Orsi, che Risi scritturò reclutato il barman vicino a casa, per il suo film preferito, Il giovedì, ma anche gli operai della Miche- nell’indimenticabile ruolo di Ri- lin di Cuneo in sciopero, proprio goni: D’Orsi aveva esordito a tea- mentre stava girando I compagni: tro nientemeno che nella compa- insomma, la ricerca dei volti era gnia di Vittorio Gassman. parte importante della prepara- zione dei film, proprio perché quei volti saranno fondamentali. SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 6 - 7

Conosco una sola attrice che si sia sempre autodefinita una caratte- rista. Si tratta di Marisa Merlini, la levatrice di Pane, amore e fanta- sia. Lei diceva sempre che i ruoli piccoli le piacevano molto di più rispetto a quelli più ampi perché Sergio Leone invece la pensava erano come “il pomodoro con- diversamente. Per lui i volti più centrato”: con un cucchiaino si importanti erano quelli dei cat- insaporiva un’intera pentola. Oggi, Il vero caratterista può essere do- tivi, e così in Il buono, il brutto, il in tempi di cuochi spadellanti in tato di accento oppure no, o anche cattivo recupera due grandi nomi tv, il paragone non sembra molto di accento cambiato: è il caso di del cinema d’avventura in co- positivo, ma lo spirito dell’affer- Carlo Pisacane, napoletano vera- stume quali Livio Lorenzon (il mazione è molto chiaro. Anche ce, che però è noto soprattutto per malvagio pelato di tanti film di perché, quando le si chiedeva il essere stato il Capannelle dal forte Maciste ma anche l’irreprensibi- suo ruolo preferito, lei rispondeva accento bolognese sempre ne I so- le barone Stucchi che pone fine quello della vedova di guerra in Il liti ignoti (film davvero seminale, involontariamente alle insomma). Può avere tan- trame di Alberto Sordi in te facce come Luigi Pavese, Il vedovo) e Chelo Alon- che di solito è bonario ma so (la conturbante cuba- I grandi non sempre (ad esempio na delle Folies Bergère, in La damigella di Bard di anche lei cattivissima e caratteristi Mattoli, film che andò a sexy nei film di Maciste Venezia nel 1936, è un av- e invano richiesta di ri- del cinema italiano vocato fellone e perfido) tornare in Patria, a fare del passato, oppure una sola, come l’in- film, nientemeno che da superabile Franco Lechner Ernesto Che Guevara). da Tiberio Murgia (più noto come Bombolo, E come lui la pensava partner fisso di Tomas Mi- Sergio Sollima, che di- a Marisa Merlini, lian) o la straordinaria Tina ceva sempre che senza Pica (anche lei rivelata da Franco Fantasia (mae- dai fratelli Pane, amore e fantasia). stro d’armi eccellente e Può essere al servizio del buon attore) non avreb- Carotenuto male, come Arturo Domi- be mai girato un film, e a Tina Pica. nici negli horror nostrani infatti nel suo Sandokan a partire da La maschera del televisivo gli riservò demonio, o aiutare gli op- l’importante ruolo del capitano medico e lo stregone di Monicelli (e pressi come fa molto spesso Carlo Van Doren. Sempre nel campo in effetti il suo dialogo con Sordi, Tamberlani, grande attore teatra- dei film d’azione non si possono finto reduce della campagna di le prestato al cinema. Può essere dimenticare Nello Pazzafini (il Russia, è davvero da antologia). tante cose diverse, insomma, ma forzuto di tanti mitologici e we- Peraltro in Pane, amore e fantasia con un punto fisso. Il caratterista, stern, che oggi è noto soprattutto c’è un altro caratterista memo- infatti, deve avere carattere: sem- per essere il bruto che sfascia la rabile, Memmo Carotenuto, un bra una battuta di Totò (“la sera macchina al povero Fantozzi nel carabiniere che rimane impres- serve, eccome se serve”), ma forse primo film della serie) e Puccio so negli occhi. Lui amava le parti è l’unica vera verità. Ceccarelli (il gladiatore pelato di popolano un po’ scalcagnato, di mille film, che conduce magi- mentre il fratello Mario era il com- stralmente però anche la rissa ne mendatore viscido e furbacchione Lo straniero di Visconti). di molti film a partire da Poveri ma belli: insieme, i due fratelli, hanno attraversato tutta la grande stagio- ne del cinema italiano. SECONDA LINEA EROI DELLA I ritratti di Giselda Volodi. Raffaella Lebboroni, Michela Cescon, Teco Celio, Renato Carpentieri, Valerio Aprea, di FABIO FERZETTI SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 8 - 9

erti attori hanno al massimo. Un certo fisico, una lo ha visto in Boris, la serie e il film altri derivati più o meno nobili e C una predisposizio- predisposizione caratteriale, un (di Torre, Vendruscolo, Ciarrapi- accreditati in quel manuale del- ne naturale a usare tratto somatico che evoca qual- co). Per poi ritrovarlo in Smetto le psicopatologie contempora- i colori di una tavo- cosa di vago e insieme di urgente, quando voglio di Sydney Sibilia, nee che ci portiamo tutti dentro lozza ampia. Non si tratta di bra- dunque immediatamente ricono- che con lo stile di scrittura e reci- come un codice universale. La vura, è una questione di corpo- scibile. Un tesoro per chi è capace tazione di Boris ha più di un punto tensione è di natura più incerta, ratura o di temperamento, e non di esplorarlo e sfruttarlo a dovere. in comune. dunque minacciosa. Non si sa da è neanche detto che sia sempre dove venga e dove possa portare. un vantaggio. Altri attori invece Valerio Aprea appartiene a questa La “cosetta” di Aprea si chiama Sta lì da prima, forse da sempre, raggiungono profondità inaudi- seconda categoria, anzi ne è uno tensione, da non confondere attraversa il corpo di chi ne è af- te lavorando su due o tre cosette dei massimi virtuosi, come sa chi con stress, ansia, inquietudine e fetto col passo sicuro del padrone che percorre i suoi possedimenti. Ma è un’arma fortissima, che può esplodere in qualsiasi momento o restarsene quieta per un tempo indefinito, generando un’attesa destinata a prendere due strade: quella della suspense, nelle sue più varie declinazioni, o quella del comico.

Ecco: se Aprea è un grande comi- co, anche in piccoli ruoli, è per- ché trasforma questa tensione fisica (di scuola petroliniana, az- zardiamo) in qualcosa di naturale e di perfettamente contempora- neo. La quieta follia che abita lo sceneggiatore di Boris, il latinista di Smetto quando voglio, o il bec- chino di Diciotto anni dopo di Edo- ardo Leo, è quella che incrociamo ogni giorno in casa, in ufficio, per la strada. Quando scopriamo che ormai la distinzione tra logico e assurdo non ha più molto sen- so, anzi è un impaccio. In fondo Aprea è il comico perfetto per l’e- ra del brainstorming. Le aziende moderne ne hanno fatto una tec- nica di produzione. Lui lo rimette al suo posto facendone un’arte. Gratuita, eversiva, illuminante. L’ARTE DEL BRAINSTORMING L’ARTE VALERIO APREA RENATO CARPENTIERI he un attore della C statura di Renato Carpentieri abbia dovuto aspettare i 73 anni per fare il protagonista, ne La tenerezza di Gianni Amelio, la dice lunga sulle miopie e il poco co- raggio di tanto nostro cinema. Ma che il cinema italiano, dal 1990 in poi, e sempre grazie all’Amelio di Porte aperte, abbia ritagliato nella stoffa robusta di Carpentieri una lunga serie di comprimari memo- rabili, dice anche quanto non det- to, quanta sapienza, quanta intel- ligenza si concentri a volte nella scelta di un attore. Soprattutto se ha un volto carico di storia e di emozioni in agguato come quello di questo magnifico interprete e regista, maturato accanto ai più bei talenti della scena napoleta- na, e non solo.

Dal giurato di Porte aperte, scol- pito quando Carpentieri ha già 47 anni, al boss di La stoffa dei sogni, trait d’union ideale fra le ragioni dell’arte e quelle della forza (il piccolo grande film di Cabiddu, DELLE LABBRA QUELLA PIEGA ispirato a La Tempesta rivista da Eduardo, resta uno dei frutti più originali del dialogo sotterraneo fra cinema e teatro italiani), Car- pentieri ha esplorato tutte le pos- sibili sfaccettature del rapporto fra un uomo e la Legge.

Salvatores ne fa un politico imbro- glione e poi un commissario delin- quente (Sud, Puerto Escondido), di Robilant un mafioso intoccabile (Il Lo sguardo penetrante, il porta- de Il consiglio d’Egitto di Emidio giudice ragazzino), De Rinaldo un mento severo, il peso della vita Greco (ancora uno Sciascia dopo anziano capo camorra condanna- inciso in ogni ruga del volto, ne Porte aperte, non certo per caso); to dai giovani affiliati (La vita degli fanno infatti il portatore ideale di ecco il sacerdote eremita di Corpo altri). Mentre ne La tenerezza di rovelli intellettuali o morali. Ed celeste, che inizia la ragazzina del Amelio è il vecchio avvocato “fami- ecco, dopo la parentesi beffarda primo film di Alice Rohrwacher ai gerato, non famoso”, che si scopre dell’intellettuale irretito da Be- misteri della Fede. Ruoli a rischio vulnerabile e posseduto da pensie- autiful, nel Caro diario di Moretti, di enfasi, per un attore meno do- ri segreti, ma insieme chiarissimi il maestro del giovane cronista tato, che Carpentieri fa suoi con (una contraddizione solo apparen- Giancarlo Siani in Fortapàsc di uno sguardo, un silenzio, una pie- te, privilegio dei più grandi). Marco Risi; ecco il monsignore ga delle labbra. SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 10 - 11

anta, anzi tantissima televisione, tra Francia e Svizzera so- Basta scorrere i titoli accumula- T prattutto, la sua Svizzera natale (natali importanti fra l’atro: ti da Teco Celio nel corso di una il padre, Nello Celio, è stato un politico ticinese di peso, an- ormai lunga carriera per cogliere che presidente della Confederazione elvetica nel 1972-73). le caratteristiche fondamentali Qualche incontro che lascia il segno malgrado l’esiguità del ruolo, come dell’attore: maschera impareg- quello con il Kieslowski di Film Rosso, in cui fa il barman. Quindi la tardiva giabile, grandissimo mestiere, scoperta in Italia, a opera di registi quasi sempre nordici e invariabilmen- espressività generosa ma con- te eccentrici, dal Giuseppe Bertolucci di L’amore probabilmente al Sandro traddetta da zone di insondabile Baldoni di Italian Dream; dall’unico exploit cinematografico del fumetti- mistero. Anche se i ruoli per cui sta Gipi, L’ultimo terrestre, al Matteo Oleotto di Zoran, il mio nipote scemo, tutti sicuramente lo riconoscono alla Settimana della Critica veneziana qualche anno fa. a prima vista sono quello abba- stanza surreale del Gran Maestro in Benvenuti al Sud (bissato da una più ovvia apparizione come leghista in Benvenuti al Nord). E naturalmente il padre ufficiale, ma non carnale, di Valerio Ma- standrea nell’impagabile Non pensarci di Gianni Zanasi, film e poi serie tv.

Uno di quei personaggi che giu- stificano un’intera carriera per l’efficacia, e soprattutto la finez- za, con cui Celio gestisce un ruolo contenuto in termini di presenza sullo schermo, ma fondamentale nell’economia del racconto (ri- cordiamo al volo anche sua mo- glie, Gisella Burinato, altra eroina della nostra seconda linea cine- matografica).

Sfruttando al meglio il contrasto fra il fisico così caratterizzato di Celio e una recitazione sapiente- mente “in levare”, che dà tutto il suo sapore agli omissis di quel pa- dre costretto a custodire delicati segreti di famiglia. Fino a creare una specie di malinconica nota di fondo, capace di irradiarsi su tutte le comiche peripezie di cui è costellato il ritorno del figliol pro- digo Mastandrea. Una discrezio- ne molto “elvetica”, a ben vedere, che non esclude le prestazioni più esteriori per i Vanzina (Un matrimonio da favola, Non si ruba

DISCREZIONE ELVETICA DISCREZIONE in casa dei ladri). Ma è il segno di un talento davvero fuori dal co- TECO CELIO mune. è sempre un rischio per un attore. Per andare avanti bisogna liberar- si di quel ruolo senza cancellarne il ricordo, imporre un’altra pre- senza, giocare con regole diverse. Magari accettando anche parti da non protagonista. Michela Ce- scon ha imboccato questa strada senza esitazioni, probabilmente immaginando che all’ecceziona- lità di quel primo personaggio ne sarebbero seguiti altri, all’insegna della più opaca normalità, la sfida più difficile per un interprete.

Resa perfino più appassionante, se vogliamo, da una fisicità così duttile e insieme poco caratte- rizzata, estranea alla tipizzazione spesso grossolana, troppo spes- so ancor oggi in uso nel nostro cinema. Ma, al tempo stesso, profondamente, perfino tipica- mente, italiana, tanto che per la bravissima attrice veneta si sus- seguono i personaggi “storici” (è Rachele Mussolini in Vincere di Bellocchio; è la moglie e poi ve- dova dell’anarchico Pinelli in Ro- manzo di una strage di Giordana) o apertamente emblematici.

Come l’infermiera che lavorando con Basaglia capisce l’orrore del suo mestiere e cambia vita e me- todo di lavoro in C’era una volta la città dei matti di Marco Turco. O la moglie del leader politico che

SULL’ORLO DELLA FOLLIA SULL’ORLO fa perdere le sue tracce in Viva la libertà di Roberto Andò, beffar- MICHELA CESCON damente sostituito dal gemello “svitato”. Silenziosa custode di una ormai impossibile normalità, esordio fu così clamoroso che il seguito non dev’essere un’interpretazione memorabile che è anche curiosamente la cifra L’ stato facile. Primo amore di Matteo Garrone, in concorso al e profondamente disturbante. (non facile) di buona parte della Festival di Berlino, 2004. Protagonista assoluta, dopo una Come tutto questo film, cupo e sua carriera. Dalla madre trepi- lunga militanza teatrale diretta per lo più da Luca Ronconi profetico, che allora non tutti vol- dante di Quando sei nato non puoi e Valter Malosti. Per Garrone, reduce dal “caso” de L’imbalsamatore, è lero capire. più nasconderti, sempre di Gior- la consacrazione definitiva. Per lei, Michela Cescon, il ruolo di una vita. dana, a quella perplessa di Piu- Come si prosegue dopo un esor- ma di Roan Johnson. Aspettando Un debutto folgorante, un personaggio estremo, anche nel senso pura- dio simile? Imbattersi in prima che un nuovo Garrone la riporti mente fisico della performance (quindici chili persi sul set per il ruolo), battuta in un personaggio epocale sull’orlo della follia, e oltre. SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 12 - 13

è una categoria di Eppure a rivederli, quei film, si tanto vivere in prima persona C’ attori che non vin- scopre una presenza discreta le storie raccontate dal film, ma ce mai l’Oscar o il quanto decisiva. Come ha ben ca- tenerle a battesimo, favorirne gli David per l’inter- pito suo marito, Francesco Bruni, sviluppi, insomma farle sboccia- prete non protagonista, ed è un che prima in Scialla e ora in Tutto re. Un ruolo che difficilmente vie- vero peccato. Sono quei volti che quello che vuoi le ha affidato due ne premiato in prima persona, ma hanno il dono - paradossale - di personaggi di madri vicarie, e in di premi ne fa vincere parecchi. passare inosservati. Anti-carat- qualche modo fondamentali, in teristi, in un certo senso. Facce entrambi i casi per l’evoluzione vere, morbide come cera e insi- del giovanissimo protagonista. nuanti come certe frasi a mezza Come se il suo ruolo non fosse voce colte nella folla. Facce che ci sembra di conoscere da sempre, e il più delle volte incarnano alla perfezione un certo profilo uma- no o magari socioprofessionale, un tipo che ci sembra appartene- re a una certa epoca, un carattere che illumina in pochi secondi tutto un mondo, per minuscolo e volatile che sia.

Raffaella Lebboroni possiede una di queste fisionomie prensili e in- sieme infinitamente modulabili. Basta un piccolo tocco e cambia tutto. Può essere un’amica di fa- miglia, l’ex-compagna di scuola del protagonista, una professo- ressa pedante, una signora che si tiene ai margini del suo gruppo ma sa tutto di tutti, una dottores- sa puntigliosa oppure distratta. Sempre con la stessa vaporosa naturalezza e con un’assenza di ostentazione che è la sua forza e insieme la sua grazia.

Lunga è la lista delle sue appari- zioni, dai primi film di Calopresti a La vita è bella, dai gruppi fami- liari della Archibugi (L’albero del- le pere, Lezioni di volo) a quelli di Virzì (La bella vita, Ferie d’agosto, Caterina va in città, N.), passan- do per gli svitati di Verdone (Ma che colpa abbiamo noi, L’amore è eterno finché dura), anche se dif- ficilmente il suo personaggio si

imprime a fuoco nella memoria. ANTICARATTERISTA RAFFAELLA LEBBORONI GISELDA VOLODI

così anomala di quest’attrice, sfi- da vivente al pigro e triste “type- casting” italiota, merita più di quanto il cinema le abbia offerto finora, anche se nella sua non sterminata filmografia figura- no titoli di Steven Soderbergh (Ocean’s Twelve) e di Wes Ander- son (Grand Budapest Hotel).

Ma forse è una questione di epo- che, più che di immaginazione. Con quel viso antico e quel naso TRASFORMISMO VOCALE TRASFORMISMO importante, che sfida l’odierna dittatura della chirurgia plastica, Giselda Volodi potrebbe essere una santa, una regina, una filoso- fa. Se la mentalità dominante in Italia fosse un po’ meno misogi- na, la sua espressività esuberante e fuori dai canoni sarebbe diven- tata un segno di personalità e di eccezionalità, non di frustrazione e incompiutezza.

Invece finora il gesto più corag- gioso nei suoi confronti l’ha fatto lei stessa. Volendosi smarcare da on quel collo infi- giovani Robert De Niro e Dustin esagitata padana in Agata e la tem- una famiglia ingombrante (suo C nito, quegli occhi Hoffman. pesta di Silvio Soldini, eccetera (il padre era lo storico e scrittore Il magazine di cinema di metallo fuso, trasformismo vocale è uno dei Carlo Mazzantini, sua sorella è quell’ovale così Siciliana, anzi sicilianissima, ne suoi punti di forza). la scrittrice Margaret Mazzanti- aristocratico, le hanno fatto fare I Vicerè di Roberto Faenza, ne ni, un’altra sorella l’agente cine- che ti raggiunge dove vuoi. spesso la cameriera o comunque L’imbroglio nel lenzuolo di Alfonso E meno male che l’occhio por- matografica Moira Proietti) si è la popolana. Con quella faccia da Arau, in È stato il figlio di Daniele tentoso di Matteo Garrone ha scelta un nome d’arte ispirato al straniera (sua madre è la pittrice Ciprì, in Viola di mare di Donatel- incastonato il volto fieramente Volodia di una favola poetica di irlandese Anne Donnelly) si è ri- la Maiorca. Ma anche sarda fino al pre-moderno di Giselda Volodi Marina Cvetaeva scritta in ricor- trovata con insistenza in parti da midollo in Sonetàula di Salvatore tra le dame di corte che circon- do di un’amica attrice, Il racconto attrice “etnica”, come diceva an- Mereu, contadina toscana In Mi- dano Salma Hayek ne Il racconto di Sonecka. Mai forse nome d’arte Vai sul sito miabbono.com e sottoscrivi il tuo abbonamento. tipaticamente Orson Welles dei racolo a Sant’Anna di Spike Lee, dei racconti. Perché la bellezza fu più azzardato e calzante. Riceverai 8½ dove vuoi tu ad un prezzo speciale. SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 14 - 15

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Vai sul sito miabbono.com e sottoscrivi il tuo abbonamento. riceveraiRiceverai 88½½ dovedove vuoivuoi tutu adad unun prezzoprezzo speciale.speciale. TONI BERTORELLI, LA VERITÀ DAL SOTTOSUOLO di F. F. SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 16 - 17

Toni Bertorelli ci ha lasciato all’improvviso mentre que- devo tutto: la mia morte e la mia rinascita, il miracolo della sto numero di 8½ stava andando in stampa, costrin- mia risurrezione”. gendoci a completare il ritratto dell’attore con qualche accenno al personaggio. Al dolore per la perdita di un in- Impossibile non vedere in questo penultimo capitolo di terprete insostituibile si aggiunge infatti lo sgomento per un’esistenza tormentata una (e solo una) delle possibili un destino che sembra in qualche modo legarsi ai tanti chiavi della sua grandezza. Dietro quella maschera tragica personaggi più o meno “maledetti” a cui ha dato vita nel e insieme beffarda c’era la lotta di un uomo contro se stes- corso della sua carriera. Con quella disponibilità a spen- so. Torna in mente lo slogan di Sokurov: “La tecnica di un dere in pubblico anche le proprie zone più intime che è il attore non deve mai e per nessuna ragione soverchiare la segno dei più grandi. sua personalità” (citiamo a memoria).

Bertorelli infatti non aveva una storia facile, e di recente Bertorelli del resto non era certo interprete da andare l’aveva ripercorsa in un romanzo apertamente autobiogra- verso i personaggi. Al contrario, lasciava che i personaggi fico benché scritto in terza persona: “Voglio vivere senza venissero a lui, ritrovando nel suo sguardo, nel suo corpo, di te” (a cura di Danilo Vitali, Iacobelli Editore). In questo nella sua stessa memoria, qualcosa di loro. Qualcosa di suo secondo libro, che seguiva “L’effetto del Jazz” (2013), unico e di essenziale. Se ne sarebbero accorti i “suoi” regi- dedicato alla nascita del primo jazz club d’Italia a Torino, sti, da Mario Martone (Morte di un matematico napoletano) l’attore raccontava senza filtri il suo lungo e tormentato a Marco Tullio Giordana (Pasolini, un delitto italiano), da rapporto con la bottiglia, a lungo compagna di vita, prima Mel Gibson (The Passion of the Christ) a Giuseppe Piccioni di una tardiva e meditata conversione. “Mi è costato molto (Luce dei miei occhi) e a Marco Bellocchio, che lo dirige in scriverlo”, avrebbe detto con schiettezza in un’intervista a ben tre film (Il principe di Homburg, L’ora di religione, San- “Famiglia Cristiana”. “Ma l’ho fatto perché spero che serva gue del mio sangue). Ma se ne accorgeva pure, eccome!, lo ad aprire gli occhi a tanti ragazzi che si ubriacano senza ca- spettatore. Come proviamo a dire qui di seguito in queste pire cosa rischiano. E l’ho fatto per amore, timor di Dio, cui righe scritte prima di aver notizia della sua morte.

a verità, soprattutto se sgradevole. La necessità di appli- Ecco, forse è proprio questa la parola chiave: sottosuolo, come nelle L care la Legge e andare fino in fondo, anche se il buon sen- Memorie del sottosuolo. Il piemontese Bertorelli sarebbe stato perfetto so invita a desistere (Il principe di Homburg, Bellocchio). in un adattamento da Dostoevskij, che invece curiosamente non ha Lo sguardo capace di calarsi in fondo all’abisso, e di tor- mai incrociato, nemmeno a teatro o in televisione. In compenso, con nare indietro a raccontarci cosa ha visto. La lotta contro ogni certezza, la sua voce grigia ma incrinata da impercettibili dissonanze, ha lascia- che può prendere la forma perentoria dell’allucinazione più vera del to il segno in una serie di apparizioni memorabili, oltre che sempre vero (il Conte Bulla, il misterioso nobile monarchico e anticlericale molto originali. che sfida a duello l’Ernesto Picciafuoco - Sergio Castellitto ne L’ora di religione di Bellocchio, due personaggi così memorabili che se ne ri- Padre carico di mistero e di grandezza inespressa nel sottovalutato e corda il nome a distanza di anni). personalissimo adattamento di Francesca Comencini da La coscienza di Zeno, Le parole di mio padre. Paziente aggressivo fino all’insolenza, Come tanti grandi caratteristi del nostro cinema, Toni Bertorelli un’insolenza premonitoria, dello psicoanalista Nanni Moretti in La viene dal teatro (e che teatro: Cecchi, Missiroli, Ronconi...). E come stanza del figlio. Dentista-vampiro destinato a rivelare al compagno di molti dei nostri migliori comprimari assume su di sé il peso del pen- immortalità Herlitzka la profonda tristezza della loro condizione in siero, il tarlo del dubbio, il segno di una profondità che non sempre una delle scene più acrobatiche e divertenti di tutto Bellocchio (San- è concessa ai protagonisti, consegnati all’azione e al ritmo del rac- gue del mio sangue). Cardinale machiavellico e mistico in The Young conto. Mentre ogni apparizione di Bertorelli segna una pausa, una Pope di Sorrentino. cesura, uno scavo. Pochi attori ci hanno offerto un’esperienza tanto radicale in ruoli così Come un rabdomante che ausculta il sottosuolo e sente qualcosa brevi. Incontrare Bertorelli non è mai indolore. Ma proprio qui sta il bello. di invisibile. GISELLA SOFIO, SIGNORINA PERBENE

di STEFANO STEFANUTTO ROSA

e scavo nella mia me- S moria cinematogra- fica tornano a galla più facilmente i volti so ricoperto personaggi dall’aria un po’ chic e ironica: ricche borghesi dei caratteristi uomini che non o aristocratiche, a volte svampite, spiritose, leziose, pronte alla battuta quelli femminili. Disattenzione o velenosa e cattiva. pregiudizio tutto maschile? Eppu- re il nostro cinema si è nutrito di Nella sua lunga carriera dominano i ruoli comici e brillanti, quasi sem- donne interpreti dall’autentica vis pre da comprimaria, interpretati per il cinema, la televisione, la rivista comica che hanno alimentato la teatrale e la radio. Più di 70 i titoli, tra film, tv movie e serie televisive, di commedia e i film di genere. La na- un percorso artistico vivace, durato oltre un sessantennio. poletana Tina Pica nel ruolo della governante scaltra e saggia del ma- Nata a Milano nel 1931, figlia di un conte anglo-egiziano, cresce in una resciallo Carotenuto/ Vittorio De famiglia borghese: 17enne, durante una recita di beneficenza nel suo Sica nella trilogia Pane, amore e…; liceo, si fa notare imitando alcuni dei presenti. Debutta nella rivista “Il Franca Valeri nei panni della ricca Tevere blu” ed è subito notata da Totò, ma la famiglia ostacola la scelta e vincente donna d’affari milanese di fare la soubrette e l’attrice. Alla fine Gisella ha la meglio e comincia de Il vedovo che il marito/Alberto a lavorare a teatro accanto a Renato Rascel e Alighiero Noschese. Esor- Sordi vorrebbe morta; Ave Ninchi disce al cinema nel 1951 con la commedia Accidenti alle tasse!! di Ma- come madre e moglie imponente, rio Mattoli, insieme all’allora popolare coppia comica Riccardo Billi decisa e vitale ne La famiglia Passa- e Mario Riva. Risale agli Anni ’50 uno dei rari film drammatici da lei guai; Anna Mazzamauro nel ruolo interpretati, La signora senza camelie di Michelangelo Antonioni. della signorina Silvani, la collega d’ufficio amata dal ragionier Fan- Negli Anni ’60 accanto ai numerosi Caroselli e alla rivista musicale tozzi; la Sora Lella (Elena Fabrizi), Enrico ’61 di Garinei e Giovannini, la vediamo insieme a Peppino De nonna schietta e affettuosa dei Filippo e Vittorio Gassman ne Il mattatore di Dino Risi, a Totò ne Lo film di Carlo Verdone. smemorato di Collegno. Lavora poi con Luigi Comencini (Voltati Euge- nio), Alberto Sordi (Incontri proibiti), Alessandro Siani (Il principe abu- Tra queste c’è posto anche per la sivo), Pupi Avati (Il cuore grande delle ragazze), Alessandro Genovese milanese Gisella Sofio, scompar- (La peggior settimana della mia vita). L’ultima sua fatica è la seconda sa all’inizio del 2017 all’età di 85 stagione della serie tv Tutto può succedere di Lucio Pellegrini andata in anni, e rimasta negli anni “prigio- onda questa primavera. niera” del ruolo della “signorina snob”. Viso raffinato ed elegante, voce acuta e penetrante, ha spes- SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 18 - 19

ISABELLA BIAGINI:UNA SFORTUNATA MARILYN

di S.S.R. Isabella, forse per il suo carattere istintivo e umorale che condizio- na a volte la sua professionalità, non riesce nel cinema a essere caratterista appieno, si deve ac- contentare di piccoli ruoli, con- rmai è popolare per dal letto dell’ospedale dove è ricoverata: “Prima di venire qui stavo centrati nei film degli Anni ’60 e O i suoi SOS televisivi andando a Lourdes, ma mi ha preso una macchina e quindi ho dovu- ’70. Sfiora appena i grandi nomi inviati da quei pro- to rimandare… Barbara (D’Urso) possiamo fare un messaggino se c’è come Marco Ferreri (Il futuro grammi generalisti qualche signore carino da accoppiarsi a me”. è donna) o la grande occasione che si nutrono morbosamente come la partecipazione negli USA delle disgrazie della 73enne attri- Due matrimoni finiti, l’unica figlia morta di cancro e le difficoltà finan- al King Kong prodotto da Dino De ce romana Isabella Biagini. “Vivo ziarie imprigionano Isabella nel personaggio popolare dell’ex attrice Laurentiis: “Mia suocera fece fer- su una panchina con il mio cane un tempo famosa e benestante, ora schiacciata da un’esistenza senti- ro e fuoco e convinse mio marito perché mi sono ritrovata senza mentale e familiare sfortunata. La sua rovina? “Il ‘mancato sfregamen- a non firmare per farmi avere il casa, perché sono stata raggirata. to dell’epidermide’ con due grandi boss del mondo dello spettacolo: passaporto per mia figlia’’. An- Ho venduto casa ma i soldi mi non volli cedere alle loro avance”. che Federico Fellini rimane “un sono stati sottratti”, racconta più caro amico” che “spesso passava di un anno fa ai microfoni di “Do- La carriera artistica di Isabella - Concetta all’anagrafe - Biagini co- a trovarmi a casa, telefonava a menica Live”, condotto da Barba- mincia da ragazzina quando viene notata dal regista Michelangelo Giulietta Masina, sua moglie, per ra D’Urso. “Mi alleno a fare la bar- Antonioni, che le affida una piccola parte ne Le amiche (1955). Annun- dirle che si sarebbe trattenuto a bona”, afferma in un’intervista di ciatrice televisiva mancata, grazie al “personaggio” di donna procace, pranzo da me e mia madre: ‘Sono allora al settimanale “Oggi” che bionda fatale e svampita, capelli color platino e labbra rosso fuoco, da Isabellina, mi sta preparando la fotografa su una panchina con oltre che brava imitatrice, partecipa a numerosi varietà televisivi degli la pasta al ragù’, le diceva con un coperta, jeans e scarpe di plastica. Anni ’60 e ’70, tra cui Canzonissima. Ironica e un po ‘ naif, con le sue tono di voce suadente. E anche Qualche mese dopo la ritroviamo forme rigogliose e prorompenti, diviene il simbolo di un erotismo ca- Giulietta mi voleva bene. Sapeva alloggiata in una macchina, per- sareccio, una Marilyn Monroe italiana (personaggio che ha portato a che di me poteva fidarsi. Non an- ché il suo appartamento è andato teatro), che trova il suo habitat nelle commedie all’italiana e nei film davo certo a caccia di uomini, io. a fuoco. A inizio 2017 in un video di genere di Luciano Salce, Steno, Mario Camerini, Bruno Corbucci, E posso giurare che Fellini non mi del cellulare lancia un nuovo SOS Marco Vicario, Fernando Di Leo, Tinto Brass, Renzo Arbore. ha mai corteggiata”.

SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 20 - 21 CINECITTÀ È CASA MIA

Cinecittà è casa mia”: inizia così la chiacchierata con Pie- “ ro Proietti, che da più di 50 anni sta dentro fino al collo in quel micidiale impasto di sogni. E prosegue: “Mi ricordo quando al bar per prendere un caffè dovevi sgomitare con gladiatori e grandi artisti, perché lì ci incontravi tutti: dal regista all’ultimo dei figuranti”.

Piero Proietti è alla guida di una delle più importanti famiglie romane che gestiscono gli attori nei piccoli ruoli sui set, comparse o generici che dir si voglia. Gli chiedo come ha iniziato a fare questo mestiere e mi risponde parlando della sua vita, ché le due cose sono praticamen- te la stessa: “Ero un bambino, vivevamo accanto a Cinecittà perché mio nonno lavorava lì alla vigilanza. Quando lui è morto, e mio padre ci ha abbandonato, mia madre e mia nonna, per mandare avanti la fa- miglia, hanno iniziato a fare le comparse e abbiamo iniziato tutti a vi- vere sui set. Il primo che ricordo è Nell’anno del Signore (1968) di Luigi Magni, negli ex studi De Laurentiis, e poi tanti film girati a Cinecittà. Per me era come andare al luna park, anche perché allora Cinecittà era più grande: c’erano il villaggio western e il villaggio messicano. Era una fabbrica di sogni. Poi, appena maggiorenni, io e mio fratello siamo di- ventati capigruppo delle comparse”.

Sembra di ascoltare Fellini quando raccontava del leggendario tram di colore azzurro, il tram dei desideri, che “partiva dalla stazione attraver- sando chilometri di campagna costellati da rovine dell’acquedotto ro- mano” dove da comparse sono saliti tutti, da Mastroianni alla Loren.

Le storie che Piero racconta sono la storia del cinema italiano: “Ero ancora un figurante quando mia madre mi portò sul set di Amarcord e de Il Casanova di Federico Fellini. Avevo 14 anni quando feci Amarcord: ero uno degli avanguardisti, nella scena con le giovani fasciste. Mi ri- cordo che abbiamo fatto tantissimi giorni di prove, andavamo su e giù per i viali di Cinecittà coi calzoncini corti e le baionette. Ma non finisce qui: quando abbiamo fatto Il Casanova con gli amici del bar che avevo portato con me sul set, abbiamo passato una ventina di notti intorno alla famosa piscina grazie alla quale Federico ricostruì Venezia. Stava- mo lì dalle quattro del pomeriggio alle sei di mattina, e per noi era un divertimento senza pari”. E di Fellini dice: “Era davvero un genio, così lo chiamavano tutti e così lo chiamavamo anche fra noi. Era uno che, fra l’altro, mi ha insegnato il mestiere perché cercava figure particola- ri da valorizzare sul set. Mi ricordo di un generico che chiamavano il SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 22 - 23

La testimonianza di Piero Proietti, storico organizzatore di comparse, dagli inizi mitici con Fellini alla ricerca delle facce più strane. Perché la bellezza non è tutto.

Chiodo, era uno dei suoi preferiti re, è però, ancora, l’indirizzo di e praticamente viveva a Cinecittà, questo mondo: “Ormai abbiamo e poi del famoso Baghino, un’altra un database, se dobbiamo fare faccia strana, uno dei più noti fra delle ricerche ci muoviamo di- i figuranti. E, se posso dirlo, certe rettamente sull’archivio elettro- volte erano meglio loro di alcuni nico. Prima invece non era così: attori di fama!”. Ed ecco smonta- fondamentali erano i gettoni che to, con una battuta in romanesco, dovevi portare sempre in tasca, l’eterno mito della bellezza su insieme all’agenda, per chiamare celluloide. “Anche se – aggiunge dalla cabina più vicina chi era sta- - le caratteristiche di un figurante to selezionato sfogliando le foto. variano di film in film: c’è l’am- Ora come allora, però, una volta biente più elegante e quello più che sei ingaggiato dalla produzio- popolare, non esiste un canone ne, si parla con il comparto regia, unico. Nel film dei Vanzina a cui aiuto e assistente in primis. Quel- sto lavorando ora, per esempio, lo che è cambiato radicalmente è c’è un’ambientazione in un ho- il numero delle comparse: prima tel di lusso di Cannes e quindi le si parlava, in media, di 600-800 facce che servono sono quelle presenze. La verità è che Fellini, più credibili per quell’ambiente”. Risi, Monicelli, quelli che io chia- Le ragazze che provano la strada mo ‘i grandi maestri’, decidevano del cinema, perché qualcuno ha i numeri mentre oggi li decide il detto loro che sono belle, sono budget e la computer grafica”. avvisate: “servono se hai bisogno di girare una scena con ragazze Oggi, Piero Proietti, dopo tutti in costume a bordo piscina, ma questi anni di esperienza, ha ini- se fai una scena in metropolitana ziato una nuova avventura: fra fra i barboni non c’entrano nulla. qualche mese uscirà Alice non lo Anzi, più brutti e sporchi sono e sa, il suo primo lavoro da produt- meglio è”. tore. “Mi sembrava il completa- mento della mia esperienza nel “Un altro set di Fellini che ricor- cinema”, dice. E ha ingaggiato un do - prosegue Piero - è quello de cast di tutto rispetto, da Violante La città delle donne: ne dovevamo Placido a Matilde Gioli. E chissà tenere a bada 400 e già chiedere se le comparse lo sanno di aver il silenzio era difficilissimo!”. E lavorato con uno che casa sua è parte da qui per spiegarmi il suo Cinecittà. lavoro, che ancora gravita intor- no a Cinecittà che, dimenticati i fasti della Hollywood sul Teve-

di GIDA SALVINO ROSENCRANTZ E E ROSENCRANTZ GUILDENSTERN GUILDENSTERN PRENDETE PRENDETE

di NICOLE BIANCHI del tutto. farpartegonista. Significasaper unnon prota- privilegio essere la presunzione didire chesiaun svantaggio einquestoho senso chiaramente uno cosìdiventa sulpianoestetico:zione centrale invece solocoluichehaunposi- equantoun’idea nuova, nonsia il protagonista sia portatore di sta abbiaunpesoreale, quanto quanto protagoni- dersi essere anchechie- nista. Bisognerebbe lafigura delprotago- polverizza elafiction, ilcinema passano per viamo, laquantitàdiattoriche tità diinformazioni che noirice- laquan- non ènessuno,perché protagonista mentre le persone, usatoattrarre tagonista’ viene per livello mediatico, il termine ‘pro- in unmomentocui,anchea interessantedizione che io trovo Più cheunprivilegio,èunacon- e deifan...Lodicoironicamente… rispetto all’assediodeigiornalisti nisti rispettoagliascoltieanche responsabilità deiprotago- meno Perché inonprotagonisti hanno sembra unprivilegio.Perché? ce, esserenonprotagonista Leggendo lesuepagine,inve- spettatore. dello l’attenzione attrarre per che ilracconto mantenere deve quel barlumediverosimiglianza così sitogliecompreso senso, riferito alprotagonista, perché completamente non puòessere un contesto. Ilsistemanarrativo Kee, collocato in madev’essere sì,comediceancheMcre l’eroe, esse- cideve televisione, perché del racconto, nella soprattutto all’economia de unbuonservizio mento - sul protagonista non ren tipicamente italiana:losbilancia- cato aun’ideadinonprotagonista un fallimento. Ilmiolibro èdedi- ‘fallimento dichi’?Non loreputo La risposta-conironia -sarebbe: protagonista. ‘un fallimento’ nonessereun Qualcuno potrebbe reputare SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 24 - 25

La vita del non protagonista Quello dei protagonisti, e di E gli addetti ai lavori - nel suo Beh, sì, questo è un po’ un proble- pare essere anche meno mo- conseguenza dei non protago- libro esilarante e lucidissima ma. Come scrivo anche nel libro, notona, può capitare di fare nisti, scrive lei, è un fenomeno è l’analisi del ‘funzionario di c’è qualcuno che fa il protagonista più ruoli contemporaneamen- esclusivamente italiano. rete’ - che lettura fanno del non ed è ‘più normale’, però in questo te: Fuori classe, Boris e Squadra protagonista di professione? caso è sempre molto bravo. Non antimafia. In Italia succede una cosa curio- do mai la colpa ai protagonisti, sa, anche in questo momento in Dopo trent’anni di lavoro sono ma sempre alla scrittura: se tu C’è un dato caratteriale: a me cui c’è qualche miglioramento: amico di molti funzionari e chia- devi far innamorare una bellissi- piace cambiare continuamente il processo creativo è invertito. ramente sei amico di quelli più ma di uno bellissimo ci credono ambiente di lavoro, perché sono Invece di nascere da un’idea, svi- bravi, perché sono quelli che tutti, se devi farla innamorare di volubile e questa dinamica mi lupparsi in una scrittura, diventa- restano: ce ne sono alcuni che Paul Giamatti devi scrivere il per- aiuta molto. Dall’altro punto di re una messa in scena, quindi una sono straordinari perché leggo- sonaggio, perché lo spettatore si vista, forse più interessante, c’è regia, poi una produzione e infine no, ascoltano, soprattutto si con- deve innamorare di quello che lui una possibilità in più di godere una distribuzione, il procedimen- frontano anche con noi, chiara- dice, fa, non dell’immagine che sospendendo il giudizio, perché to è esattamente il contrario: pri- mente sono pochi. Poi, invece, ci vede sullo schermo. Prova ne è - puoi vivere tante vite, che signi- ma si decide di fare il film - e lo sono alcuni completamente inva- senza nulla togliere a Francesco fica poter guardare in modo più decide o il distributore o la rete denti, che risultano faticosi e dif- Pannofino, che per me è bellissi- ampio alla propria. Se riesci a - poi si decide di produrlo, dopo ficili perché devono nascondere mo perché lo adoro - il protagoni- spostare il tuo punto di vista, tan- si individuano i protagonisti, cioè la loro incompetenza, ma questo sta di Boris, una cosa scritta bene, te volte, ti metti nella condizione i nomi ‘da vendere’, poi si pensa non succede solo per i funziona- in cui lui non è ‘un bello’, ma lui è migliore per non guardare solo al progetto, poi alla regia, poi alla ri: quando tu senti un regista gri- proprio René Ferretti! dal tuo, che è sempre il peggiore. scrittura e alla fine si dovrebbe dare o litigare sul set, il più delle pensare all’idea, che forse a que- volte deriva dalla mancanza di Se un giorno le offrissero un Però ci sono ‘non protagoni- sto punto non serve più… Quin- competenza della situazione, del ruolo da protagonista, accet- sti’ e ‘non protagonisti d’ec- di, non essendoci uno sviluppo mestiere. terebbe? cezione’, come il ‘suo’ Duccio dell’idea, si rischia – non sempre, Patanè, il direttore della fo- per fortuna – di non raccontare C’è un legame tra l’apparte- Subito! Per una questione di sol- tografia di Boris. Quali sono niente. nenza geografica, un’inflessio- di (ride). E, in secondo luogo, le caratteristiche narrative e ne molto riconoscile, e l’essere per una questione di quotazione. creative che rendono un non Perché la fiction, in Italia, più più facilmente attore non pro- Però, una cosa divertente è stata protagonista ben scritto? del cinema, è ‘la madre dell’at- tagonista? che, subito dopo l’uscita del libro, tore non protagonista’? sono stato chiamato da una gros- È facile. Uno prende, a caso, una No, questo no. Non credo sia una sa produzione: avevano pensato commedia, un dramma, una tra- È un fatto puramente quantitati- restrizione, io faccio film senza a me come protagonista per un gedia scespiriana e impara qua- vo. Siccome – ringraziando Dio! accento, o anche con accenti dif- film. Dopo un mese è saltata l’in- li sono queste caratteristiche. – c’è molto lavoro, c’è la possibi- ferenti dal siciliano. tera produzione e io ho mandato Emblematici sono Rosencrantz lità, anche per i non protagonisti, un messaggio al produttore con e Guildenstern, perché Shake- di affermarsi, di entrare a pieno Lei scrive che: ‘un protagoni- scritto: ‘Meno male, altrimen- speare sviluppa, con una facilità titolo nel progetto della fiction in sta è sempre bello, se non stra- ti avrei dovuto riscrivere tutto incredibile, tutta la loro storia; generale, avendo la fortuna di fare figo’. quanto il libro!’. racconta ogni personaggio, an- qualcosa di bello. che il più piccolo, seguendo la struttura narrativa del personag- gio stesso. In qualsiasi dimensio- ne quantitativa, la qualità segue questo percorso, che è tecnico, cioè una divisione in tre atti con uno sviluppo dell’azione del Ninni Bruschetta, interprete del mitico personaggio. Se i non protago- Duccio, direttore della fotografia inBoris , nisti sono scritti così, diventano dei grandi personaggi, come nel del cugino Anthony de I cento passi, caso di Duccio, ma perché siamo del ministro Magnu di Quo Vado?, difronte a tre degli scrittori più importanti, e perfetti, che abbia- ha raccontato il suo mestiere in un libro. mo in Italia: Ciarrapico, Torre e Vendruscolo. “IO E IL MAESTRO DI OSTIA” di ANGELO ASTREI

Storia di Manuel Rulli, un mese sul set di Caligari

anuel è corto, ma corto sul serio. da quella che sembrava un’enne- M 22 anni in un metro e sessanta di romanità tatuata sotto- sima presa in giro, girandosi sbat- pelle e nell’accento. Un orecchino d’oro, un bracciale al te contro un uomo anziano, ve- polso, una camminata con le gambe divaricate e il petto stito di nero nonostante l’estate, leggermente all’indietro. con un cappello, diverso dal suo, Vive alla giornata, forse sempre col cappuccio della felpa a coprire il a coprire il capo. Era più alto di cappello da sole, così come quando l’ho incontrato. Documenta la sua lui e alzando lo sguardo Manuel vita su Facebook, raccontando quasi senza accorgersene uno spac- scorge un viso a cui non riesce a cato di periferia capitolina fatta dal lungomare di Ostia e dagli amici dare un nome ma di cui suo zio, di brigata. Con cadenza regolare, però, posta foto dei due amori che con il quale andava al cinema da conserva dentro, ma troppo grandi per non essere urlati: “la Magica” e piccolo, gli aveva parlato mille l’unico set cinematografico su cui abbia lavorato. volte. Aveva più barba rispetto al In fin dei conti, se nasci ad Ostia non hai molta scelta sulla squadra passato e un aspetto che trasuda- per cui tifare, quelle sono cose che sceglie il destino per te. Il caso però va contemporaneamente deter- appare comunque, anche sulle strade della periferia romana, sotto minazione e l’avanzare di un male forme strane, a volte incomprensibili. Rispondendo a nomi diversi e incurabile. disvelandosi nei luoghi meno immaginabili. Era il Maestro di Ostia, il regista A Manuel si mostra su WhatsApp, con un messaggio di un amico, in del film, Claudio Caligari. un pomeriggio d’estate: “danno 50 euro per un provino da comparsa, Manuel lo capì perché, non appe- appuntamento tra mezz’ora al baretto”. na gli altri si accorsero della sua Manuel non ci pensa su, indossa la prima t-shirt che gli capita tra i pan- presenza, nella sala del bar scese ni gettati sulla sedia e si precipita sul luogo, sperando si tratti di una un silenzio rispettoso. A romper- cosa rapida e indolore: mezza piotta gli fa comodo. Quel giorno, lui lo fu Emanuel Bevilacqua: “forza, non sa, gli cambierà la vita. metteteve ‘n fila p’aa foto”. Ma- Al caso poi, come spesso accade, si aggiunge la fortuna. Dopo due ore nuel obbedì; il silenzio, il rispetto, di attesa e qualche birra, Manuel, che stava per andarsene scocciato quelle figure imponenti e quella SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 26 - 27

“figuraccia” da coatto che aveva con gli amici di sempre a chia- appena fatto avevano affievolito marlo “attore”. un po’ il suo ardore. È stato un sogno, un’esperienza Click. Click. Una frontale e una di più indelebile dei tatuaggi che tre quarti, poi il numero di cellu- indossa. lare su una tabella excel stampata A sentirlo parlare, però, sembra poco prima. Un saluto ossequio- che Manuel sia stato il protago- so e di nuovo a casa. nista di quel film. Ricorda ogni Solo dopo qualche giorno il tele- secondo di set e nutre un affetto fono di Manuel squillò di nuovo, per il Maestro tale che gli occhi gli era la produzione del film, cerca- si inumidiscono ogni volta che ci vano “un coatto” e l’avevano tro- pensa. Un amore vero, un affetto vato, avevano scelto lui. Era stato smisurato, quasi ingiustificato proprio Caligari a volerlo. E così, per un’esperienza temporalmen- dopo un altro provino, l’ufficiali- te breve. tà. Il contratto. Perché Manuel, sul set di Non esse- Durante la chiacchierata che ab- Non essere cattivo è un condensato “Roma c’ha tre re: Totti, Amendo- re cattivo, ha fatto nove pose, non biamo fatto, e raggiunto un buon infinito di punti di osservazione. la e Mastandrea. E io co’ Valerio di più. In totale un mese di lavo- livello di confidenza, non ho usa- Droga, periferia, una semicandi- c’avrei lavorato pure aggratis.” È ro. Certo, Caligari ed Emanuel lo to mezzi termini, dovevo neces- datura agli Oscar, Martin Scorse- iniziata così l’avventura di Ma- passavano a prendere sotto casa, sariamente chiederglielo: “Per- se e un altro regista italiano che, nuel Rulli, un ragazzo che dalla Mastandrea gli tirava le orecchie, ché? Perché vuoi così bene a una con tre film, ha segnato la storia e strada ha avuto l’opportunità di è stato a Venezia e ha indossato lo persona che oggettivamente non la sua dipartita poco prima di ve- condividere il set con l’attore che smoking per i David. Esperienze hai avuto il tempo di conoscere?”. dere la versione definitiva. per lui era un po’ come “er capita- forti ma troppo brevi per un amo- È stato un vaso scoperchiato, un Non essere cattivo è tutto questo no” fino a portarlo a solcare per re così. Oggi è come se avesse fiume in piena. Lui ha iniziato a e forse anche di più, un film con primo, lanciato in avanscoperta una specie di radar: su qualsiasi rispondere e io a unire i puntini. l’ambizione di scuotere le co- dal resto della troupe, il tappeto immagine, post o articolo rivolto Mi ha parlato di Ostia e della sua scienze che, con il senno di poi, rosso del Festival di Venezia. Io a Caligari c’è il suo commento. doppia faccia. Di sua mamma, è riuscito nel suo intento con me lo immagino lì, imbarazzato Onesto e affranto per l’assenza di che deve mantenere, e di suo chiunque l’abbia visto. Ha lascia- ed euforico, che già si vedeva al un uomo che tutti vorremmo an- papà che, forse solo per caso, l’ha to però un qualcosa di ancora più baretto un paio di giorni dopo cora con noi. chiamato col 4088. Del suo desi- profondo in una “comparsa”, una derio di essere come tutti lì. Delle sola, un ragazzo che ha vissuto dinamiche del branco e di quanto nove giorni di set e che ha respira- in realtà il contesto ti porti a esse- to odori nuovi dal mare che vede- re cattivo. va da quando era nato. La forma di Caligari iniziava a Perché il cinema è finzione per mostrarsi perché “Claudio”, così chi vede e immedesimazione che lo chiama Manuel, con la sua completa per chi fa. Un film, è figura, la sua visione, la sua idea di vero, può cambiarti la vita: consa- cinema, per lui è stato molto più crarti all’olimpo hollywoodiano che un maestro di set. o, soprattutto se insceni quello Quando si fa critica cinemato- che potrebbe essere il tuo futuro, grafica si cerca il valore di un film aiutarti a scegliere di Non essere che vada oltre le singole imma- cattivo. gini, la regia e la sceneggiatura. E GLI INSOLITI NOTI di MAURIZIO DI RIENZO

Qual è la differenza concreta, tangibile, reale, tra protagonista e non protagonista?

li insoliti noti. Ca- Larraín, Kusturica, Loach, Kita- G ratteristi brava gen- no, splendenti personaggi ombra te (eccome). Più fanno giusta ombra a supposti guardie (scelte) che protagonisti. ladri (di cinema). Brancaleonini tanto amati, amici nostri (davve- Protagonista, chi è costui? Que- ro) travolti da destini all’italiana. stioni di contratti. E di contatti Dov’è il monumento al protago- (anche social). Legalmente è af- nista “non”, all’attore onnivoro e fare di numero di pose, di nomi ubiquo considerato però a latere? su manifesti, di preponderanza Dove sta un busto alla spalla, anzi nei trailer. Ma se invece fosse una alla clavicola, machedico all’òm- questione incombente d’icone al ero armato der cinema de casa rovescio? Grandi attori e attrici nostra? Se ne eriga uno a Caracal- in piccoli ruoli vagano da sempre la e uno lungo il Sunset Boulevard nel barnum delle sceneggiature e e così schiudiamo i confini fra poi da set a schermo a media, per ruoli A e B, avvicinandogli quelli ribaltare le luci di classificazioni C (Cameo, Comparsa). Perché forse ancora vigenti ma a breve fuori da Cinecittà d’ieri&oggi, non in itinere. Immaginiamo un anche nei film dei Kaurismäki retro-digitalizzato scontro, stile SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 28 - 29

Orazi vs Curiazi, fra i Sir Gielgud E come considerare l’ampiezza Richardson Barrymore e gli itali- livellata dei cast di recenti opere ci Celi Tieri Fabrizi con in pan- prime più libere e articolate a fir- china i fratelli Carotenuto… Che ma Sibilia, Mainetti o del cinema sconquasso di talenti, espressi- a più strati made in Manetti Bros, vità, forza. Non protagonisti co- Genovese, De Angelis e nelle sto- storo? Mafateciilpiacere. In un rie reali composte da “non” atto- cinegiornale Luce di fine Anni Che i secondi diventino primi ri spesso giovanissimi? ’40, a commento dei primi Nastri inter pares è questione di poco, d’Argento della Storia, Gino Cer- specie a Hollywood e dintor- Faccia e fisico restano però la so- vi è citato per il premio a una sua ni anglofoni? Nella strutturata stanza quasi tattile perché il pub- interpretazione “di carattere”. FranCinema forse non ancora. blico “senta” riconoscibilità im- Un bel caratterone rubricato da Ma la spinta alla parità dei diritti mediata degli interpreti in bilico interpretazione critica d’antan. di merito cresce in certo cine- fra i due status, e “goda” ancora Nelle commedie nostrane, dopo ma europeo (non solo d’autore) della ripetitività delle loro carat- gli aurei decenni di abusata me- marcato da giovani produttori teristiche di buoni o cattivi, di moria, in epoca più de-genere e e flussi drammaturgici più ade- comicità o maniacalità. Al di là di paratelevisiva, hanno abbondato renti al mutare delle offerte e esegesi “democratiche” su ugua- tipi postdialettali, macchiaioli dei consumi di cinema. Quag- glianza di peso specifico fra primi battutari, nipoti della avantea- giù, nel vecchio Bel Paese, anche e secondi ruoli, i Peter Lorre, Lee tralità. Criticamente, dei “non” senza rimembrare i paleozoici van Cleef, Chiristopher Lloyd, le e basta. (però indimenticabilissimi) Ta- Octavia Spencer, Rossy De Palma, ranto Pica Cannavale D’Alessio sono stati e sono centrocampisti Ora, mentre i più grandi e memo- Furia - scusate, sono nato a… guizzantemente robusti, e quale rabili non protagonisti globali ap- Vipiteno, a ciascuno i suoi eroi team che li ha schierati non se n’è paiono irresistibili se spuntano eponimi - vediamo da qualche giovato appieno? da characters Marvelosi di saghe annata i Gassmann Rubini Lo superoico-galattiche andro-di- Cascio Germano Marinelli e le Però. Domanda in cauda (e in- gitali, cosa resta della antievolu- Buy Feriili Golino Mezzogiorno cauta) sui protagonisti: di es- tiva teoria della distinzione della Ramazzotti essere scelti e scelte serlo smettono quando voglio- specie, che non consentirebbe (e scegliere di essere) in drammi no o quando è moda e vai col al “not leading role” di saltare e/o commedie, anche quali soli- rimescolamento di pesi e ruoli? steccati e sindacati, e diventare de sapide presenze, con risultati Riusciranno i nostri eroi di ap- pari grado del pròtos agonìstos? positivi che travalicano i con- parente secondo piano a restare Che si parli di uomini o donne (o cetti del ruolo protagonistico. magnifici incursori centrali e/o animali fantastico-Marvelosi, ap- di fascia, sempre atti a tackle de- punto) resta nella scia spaziale di cisivi e cross velenosi? In effetti nuovi mondi designati (scelti/di- di perfetti conosciuti “anonimi” segnati) dall’entertainment busi- la macchina cinema ne produ- ness, una polvere di stelle ormai ce globalmente a migliaia da 121 quasi impalpabile. Ma anche la anni, e fa parte del gioco mante- sempre rinfrescanda commedia nere idealmente la sottile linea a ogni latitudine necessita di lin- rossa fra i due piani. Ma a propo- guaggi ed estetiche che compren- sito, forse è proprio il Cinema la dono pluriprotagonismi e più “livella” che non ti aspetti: chi è creativi confronti generazionali stato Protagonista, Antonio De fra interpreti, per attutire a uso Curtis o il suo parto alieno uni- commerciale e contenutistico il versalmente noto come Totò? vecchio divario fra star e “carat- (Ai posters l’ardua sentenza). tere” (ci risiamo). TINA PICA ÜBER ALLES

Abbiamo chiesto a critici e studiosi di cinema chi è il loro caratterista preferito. a cura di NICOLE BIANCHI e CRISTIANA PATERNÒ

Paola Casella Paola Tiziana Cruciani Anche quando fa ridere, lascia sempre intravvedere attraverso quel volta che viene premiato col David, come migliore attore non protago- suo sguardo un po’ stralunato la sua soglia di dolore. Come tutte le nista per Condominio di Felice Farina, dichiara beffardo: “Mai giuria è grandi caratteriste, potrebbe essere prim’attrice: recentemente lo è stata così competente”. E aveva ragione. (quasi) stata in Uno, anzi due, dove ha tenuto benissimo la scena da (co)protagonista. Enrico Menduni Mario Castellani Daniela Catelli È stata una perfetta spalla di Totò, tra cui naturalmente in Totò a colori, Mario Carotenuto con la riproposizione della gag del vagone letto, tipica del teatro di ri- Un gigante. Da bambina la rumorosa simpatia di quel signore dai gran- vista. Impersonava un surreale ma credibile onorevole Trombetta, de- di occhiali mi sembrava nascondesse qualcosa che era meglio non putato e ostetrico, scambiato per venditore di ostriche. Alto, elegante, conoscere: avrei poi scoperto che era l’ambiguo mondo dei grandi, dai modi impeccabili, aveva una grande versatilità nell’impersonare i perfettamente rappresentato nei suoi infiniti caratteri. ruoli più vari, compreso quello di un distinto signore settentrionale: nato a Roma, fin da ragazzo aveva frequentato gli ambienti del teatro Oscar Cosulich che qualcuno si ostina a chiamare “leggero”. È stato, per Totò, amico, Bombolo collaboratore, dialoghista, consigliere, organizzatore dal teatro dagli Nel suo essere naturalmente “trucido” aveva una poesia e una tene- Anni ’40 fino alla sua fine, 1967. Poi, solo qualche apparizione. rezza che, purtroppo, nessun YouTuber avrà mai nemmeno nei pros- simi 1000 anni. Fabiana Sargentini Silvio Vannucci in molti film, ma soprattutto in Caterina va in città Elena Dagrada (2003) di Paolo Virzì, in cui interpreta Fabietto e fa parecchio ridere. Tino Pica Ha un viso mobile, spiritoso, malizioso e, al tempo, puro, in un certo Con quella voce può dire ciò che vuole… senso antico: mi ricorda i caratteristi di una volta, tra Tiberio Murgia e Memmo Carotenuto, espressivi e intensi, tra il riso sconfinato e la Paola Jacobbi disperazione assoluta. Tra i morti Guido Nicheli, il cumenda di Vacanze di Natale, l’impaga- bile Tina Pica e Anna Longhi. Tra i vivi ci sarebbe Silvio Orlando Giovanni Spagnoletti che però è più protagonista a tutto tondo e non caratterista. Nel ci- Tiberio Murgia nema del passato sarebbe stato caratterista e questo forse è parte del Gareggia bene con Capannelle (Carlo Pisacane) ma il fatto che un sardo problema. I caratteristi VERI non esistono praticamente più… Mi vie- sia diventato un siciliano credibilissimo per me lo rende imbattibile. ne in mente solo Renato Scarpa. E poi, ce ne sono alcuni nelle fiction: Lunetta Savinio è una caratterista, per esempio. Salvatore Esposi- Bruno Torri to, il ragazzo che fa Genny Savastano in Gomorra (la serie), potrebbe Tina Pica essere utilizzato ancora al cinema ma come caratterista. Ha fissato subito un personaggio - o meglio: un carattere - preci- so, quello della serva padrona. L’aria burbera, la voce roca, quasi Giacomo Manzoli cavernosa, l’atteggiamento deciso, l’aspetto non bello ma nep- Ciccio Ingrassia pure sgradevole, un’istintiva saggezza popolare. Una figura tanto Nasce come maschera del teatro popolare siciliano. Attraversa la rivo- immediatamente identificabile quanto simpatica e gradita. La sua luzione sociale del boom come una scheggia impazzita, incarnando lo battuta più memorabile rimane, forse, quella pronunciata in Pane, spirito stesso della parodia, lo sgomento e una estraneità metafisica amore e fantasia: al maresciallo interpretato da De Sica, che si au- rispetto al nuovo mondo. Le sue piccole interpretazioni autoriali sono tocompativa affermando con tono dolente e saccente, “fratello ri- sempre memorabili (ha il coraggio di urlare: “Voglio una donna” a una cordati che devi morire” lei, prontissima, ribatteva “fratello vatti a suora nana pre-sorrentiniana, poi scende dall’albero dove si era rifu- coricare”. Una caratterista come Tina Pica manca molto all’odier- giato come il barone rampante). Gentiluomo ieratico e ironico, l’unica na commedia italiana. SCENARI 2 Coming Out. Io di fronte a quella scena ho chiuso gli occhi 30 - 31

SCENARI 2 Coming Out. Io di fronte a quella scena ho chiuso gli occhi COMING OUT IO DI FRONTE A QUELLA SCENA di GIANNI CANOVA HO CHIUSO GLI OCCHI

Le palpebre sono lo straordinario Ma cosa succede quando di fronte strumento del nostro apparato a un film decidiamo di abbassarle? visivo che ci consente, quando Quando scegliamo di privarci vogliamo, di interrompere la visione. di una parte di ciò che avremmo Di oscurare la vista. voluto vedere?

SCENARI 2 Coming Out. Io di fronte a quella scena ho chiuso gli occhi 32 - 33

ell’ultimo, bellissimo film di Marco Bellocchio (Fai bei N sogni, 2016) c’è una scena che si ripete più volte: il pro- tagonista bambino e sua madre sono seduti sul divano uno accanto all’altra e guardano insieme in tv Belfagor - Il fantasma del Louvre, la serie televisiva di produzione francese tra- smessa dalla Rai nell’estate del 1966. Ogni volta che tra i saloni del Louvre appare il fantasma, nascosto da un’antica maschera egizia e da un mantello nero, la madre copre gli occhi del figlio con la mano per impedirgli di vedere. È un gesto di protezione e di difesa: come se la madre volesse fare della sua mano uno scudo o uno schermo contro un pericolo o una minaccia che proviene dalle immagini. Contro il rischio (presunto?) che l’immagine o le immagini (quelle immagini…) possano turbare. O inquietare. O spaventare. O ferire. O generare di- sgusto e raccapriccio. Ci sono molti modi con cui il nostro corpo ci consente di difenderci dalle immagini: possiamo coprire gli occhi, ma anche distogliere lo sguardo, o abbassare le palpebre. In ogni caso, interrompere la visione. Inibirla. Oscurarla. Provvisoriamente, certo. Solo per qualche istante. Smaniosi di tornare a vedere non appena il pericolo o la minaccia siano passati. Perché c’è questo di paradossale nel nostro abbassare le palpebre di fronte a un film o a un programma e raccapriccio, in qualcuno suscita invece eccitazione e curiosità in tv: a differenza di qualcosa di inatteso, di una visione improvvisa che qualcun altro: l’atto del vedere è, come sempre, un gesto relazionale, ci può turbare nella realtà, il film noi abbiamo scelto di vederlo. Ab- un rapporto che si crea fra un soggetto che guarda e un’immagine che biamo addirittura pagato per vederlo. Vogliamo vedere e al contempo si offre al suo sguardo. Ma se noi guardiamo un film pur nella consape- non vogliamo. Ci proteggiamo da quel segmento del film che rovescia volezza di non sapere prima cosa vedremo, è perché abbiamo la garan- nel suo opposto il piacere di vedere. zia che in qualsiasi momento, quando vogliamo, possiamo chiudere gli occhi. Staccare. Interrompere. Le palpebre sono il telecomando del Ma quali sono, allora, le immagini che ci feriscono? Che generano in nostro sguardo: basta un ordine semplicissimo e ci fanno scudo dal noi il disagio di vedere? Ognuno ha le proprie: c’è chi abbassa le palpe- pericolo di vedere. Non a caso, una delle punizioni più terribili a cui bre e chiude gli occhi per non vedere immagini che feriscono il proprio inconsciamente temiamo tutti di poter essere esposti è la condanna credo religioso. Chi per proteggersi dalla visione di particolari funzioni a vedere sempre e comunque: quella a cui Giotto sottopone i dannati o reazioni corporali (il vomito, ad esempio). Chi non tollera di vedere del suo Giudizio Universale nella cappella degli Scrovegni di Padova un parto. O un’operazione chirurgica. O una scena di sesso estremo. e quella a cui vediamo condannato Alex durante la “cura Ludovico” Chi, soprattutto, si difende dalla visione di sangue, violenze, stupri, in Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick. Visione depalpebrata. torture e da tutto il variegato repertorio dell’orrore. Ma c’è anche chi Visione privata della possibilità di interrompersi. Visione come obbli- invece è avido proprio di queste visioni, tanto che il web pullula di im- go, come imposizione. Che sia questa la vera offesa al nostro sguardo? magini di esecuzioni terroristiche feroci e sanguinarie, visualizzate e O, invece, l’opposto? La minaccia all’occhio, la mutilazione della sua condivise da centinaia di migliaia di persone. Ciò che produce orrore integrità? Da quando faccio lezioni di storia del cinema all’università, c’è un’immagine che produce – ogni volta che la mostro, e io la mostro puntualmente ogni anno – l’abbassamento delle palpebre e il rifiuto di vedere (accompagnati da striduli “nooooo…..!” di raccapriccio) in almeno metà dei presenti. È – non a caso – l’immagine dell’occhio ta- gliato col bisturi in Le chien andalou (1929) di Luis Buñuel. IO CONFESSO di ILARIA RAVARINO

ITALIANO STRANIERO

AUTORI E TECNICI

Federico Greco (regista) Oltre il guado (L. Bianchini, 2013) Under the Shadow (B. Anvari, 2016) Alessandro Aronadio (regista) Ciao Maschio (M. Ferreri, 1978) Syneddoche, New York (C. Kaufman, 2008) Domiziano Cristopharo Zombie 2 (L. Fulci, 1979) Conjuring (J. Wan, 2016) (regista) Marco Ristori (regista) La Setta (M. Soavi, 1991) Nightmare (W. Craven, 1984) Monica Stambrini (regista) Suspiria (D. Argento, 1977) L.A. Zombi (B. La Bruce, 2010) Carlotta Cerquetti (regista) Profondo rosso (D. Argento, 1975) Lo Squalo (S. Speilberg, 1975) Susanna Nicchiarelli (regista) Profondo rosso (D. Argento, 1975) L’Esorcista (W. Friedkin, 1973) Roan Johnson (regista) Profondo rosso (D. Argento, 1975) Shining (S. Kubrick, 1980) Claudio Casazza (regista) Fai bei sogni (M. Bellocchio, 2016) Personal Shopper (O. Assayas, 2016) Ludovica Rampoldi Profondo rosso (D. Argento, 1975) Psycho (A. Hitchcock, 1960) (sceneggiatrice) Gianluca e Massimiliano Profondo rosso (D. Argento, 1975) La Cosa (J. Carpenter, 1982) De Serio (registi) Paola Comencini (scenografa) L’uccello dalle piume di cristallo (D. Argento, 1970) Psycho (A. Hitchcock, 1960) Ciro De Caro (regista) Suspiria (D. Argento, 1977) L’Esorcista (W. Friedkin, 1973) Lisa Nur (sceneggiatrice) La casa dalle finestre che ridono (P. Avati, 1976) The Ring (H. Nakata, 1998) Stefano Cravero (montatore) Primo amore (M.Garrone, 2004) Personal Shopper (O. Assayas, 2016) Maura Morales Bergman Profondo rosso (D. Argento, 1975) Il silenzio degli innocenti (J. Demme, 1991) (direttrice della fotografia) Carla Altieri (produttrice) Suspiria (D. Argento, 1977) L’Esorcista (W. Friedkin, 1973)

DIRETTORI DI FESTIVAL

Pedro Armocida Profondo rosso (D. Argento, 1975) Get Out (J. Peele, 2017) (Pesaro Film Festival) Boris Sollazzo Morituris (R. Picchio, 2011) Martyrs (P. Laugier, 2008) (Ischia Film Festival) Stefano Marina Suspiria (D. Argento, 1977) A Venezia… un dicembre rosso shocking (N. Roeg, 1973) (Arcipelago Film Festival) Federico Pommier La casa dalle finestre che ridono (P. Avati, 1976) Repulsion (R. Polanski, 1965) (MoliseCinema) Maddalena Maynori Profondo rosso (D. Argento, 1975) The Ring (H. Nakata, 1998) (Cortinametraggio) SCENARI 2 Coming Out. Io di fronte a quella scena ho chiuso gli occhi 34 - 35

CRITICI E GIORNALISTI

Fabio Ferzetti L’uccello dalle piume di cristallo (D. Argento, 1970) Aliens (J. Cameron, 1986) Enrico Magrelli La casa dalle finestre che ridono (P. Avati, 1976) Non aprite quella porta (T. Hooper, 1974) Federico Gironi Zeder (P. Avati, 1983) Tommy (K. Russell, 1975) Claudia Catalli Profondo rosso (1975) di Dario Argento REC (J. Balagueró e P. Plaza, 2007 Mauro Donzelli La casa dalle finestre che ridono (P. Avati, 1976) Rosemary’s baby (R. Polanski, 1968) Miriam Mauti Profondo rosso (1975) di Dario Argento The Ring (H. Nakata, 1998) Mattia Pasquini Cannibal Holocaust (R. Deodato, 1980) Ju-on (T. Shimizu, 2002) Annamaria Pasetti Suspiria (D. Argento, 1977) The exorcism of Emily Rose (S. Derrickson, 2005) Marzia Gandolfi Tenebre (D. Argento, 1982) Il sesto senso (M.N. Shyamalan, 1999) Maria Laura Ramello Profondo rosso (1975) di Dario Argento L’Esorcista (W. Friedkin, 1973) Giorgio Viaro Quattro mosche di velluto grigio (D. Argento, 1971) Sono la bella creatura che vive in questa casa (O. Perkins, 2016) Claudio Masenza Suspiria (D. Argento, 1977) Alien (R. Scott, 1979) Marita Tonioli La casa dalle finestre che ridono (P. Avati, 1976) Le Iene (Q. Tarantino, 1992) Karin Ebnet Suspiria (D. Argento, 1977) The Saw (J. Wan, 2004) Franco Dassisti Phenomena (D. Argento, 1985) Nightmare (W. Craven, 1984) Carola Proto Suspiria (D. Argento, 1977) Il Silenzio degli Innocenti (J. Demme, 1991) Andrea Fornasiero Salò o le 120 giornate di Sodoma (P. P. Pasolini, 1975) Martyrs (P. Laugier, 2008) Marina Fabbri Suspiria (D. Argento, 1977) L’inquilino del terzo piano (R. Polanski, 1976) Pierpaolo Festa La classe operaia va in paradiso (E. Petri, 1971) Kill Bill 2 (Q. Tarantino, 2004) Robert Bernocchi Suspiria (D. Argento, 1977) The act of killing (J. Oppenheimer e C. Cynn, 2012) Ylenia Politano Suspiria (D. Argento, 1977) Shining (S. Kubrick, 1980) Michela Greco Profondo rosso (1975) di Dario Argento Poltergeist (T. Hooper, 1982) Francesco Alò Profondo rosso (1975) di Dario Argento Manhunter (M. Mann, 1986) Roberto Silvestri Cannibal Holocaust (R. Deodato, 1980) Trilogia del terrore (D. Curtis, 1975) Marilena Vinci Phenomena (D. Argento, 1985) A Serbian Film (S. Spasojevic, 2010) Valentina D’Amico Profondo rosso (1975) di Dario Argento Alien (R. Scott, 1979) Akim Zeijari Salò o le 120 giornate di Sodoma (P. P. Pasolini, 1975) L’angoscia (B. Luna, 1987) Nicola Roumeliotis Profondo rosso (1975) di Dario Argento Alien (R. Scott, 1979) Ilaria Ravarino Suspiria (D. Argento, 1977) Zombi (G. Romero, 1978) Laura Delli Colli ––– Gli occhi della notte (T. Young, 1967)

LA REDAZIONE DI 81/2

Gianni Canova Salò o le 120 giornate di Sodoma (P. P. Pasolini, 1975) Faust (A. Sokurov, 2011) Giancarlo Di Gregorio La casa dalle finestre che ridono (P. Avati, 1976) Shining (S. Kubrick, 1980) Nicole Bianchi Cannibal Holocaust (R. Deodato, 1980) Prometeus (R. Scott, 2012) Carmen Diotaiuti Cannibal Holocaust (R. Deodato, 1980) Sin City (F.Miller, R.Rodriguez, Q.Tarantino, 2005) Andrea Guglielmino Cannibal Holocaust (R. Deodato, 1980) Jackass 3D (J. Tremaine, 2010) Cristiana Paternò Salò o le 120 giornate di Sodoma (P. P. Pasolini, 1975) Babadook (J. Kent, 2014) Stefano Stefanutto Rosa Profondo rosso (1975) di Dario Argento Shining (S. Kubrick, 1980) TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani

NOMEN OMEN

Come si sceglie il titolo di un film? Chi lo sceglie? Con che strategia? Con quale finalità? A cosa serve un titolo? A qualificare, a designare, a sedurre, a invogliare? Che consapevolezza ha il cinema italiano delle conseguenze che una titolazione sbagliata può avere sull’esito anche commerciale di un film?

di GIANNI CANOVA TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 36 - 37

e Stendhal avesse zione sulla protagonista (Shirley S intitolato Il rosso e il MacLaine) e le conferisce da nero – poniamo – Le subito una personalità ossimo- ambizioni di Julien rica. Attenzione: Adorabile nemi- Sorel, il suo capolavoro sareb- ca, senza articolo. Se fosse stato be stato la stessa cosa? In modo Un’adorabile nemica o anche L’a- analogo: se Nanni Moretti aves- dorabile nemica sarebbe già stato se scelto di intitolare il suo film diverso. Il titolo con l’articolo ci d’esordio – invece che Io sono un avrebbe introdotto in modo de- autarchico – Le disavventure di Mi- signativo a un personaggio come chele Apicella, avremmo “sentito” tanti. Senza articolo invece ha una e percepito lo stesso film? I titoli, funzione più “vocativa”: è come si sa, sono importanti. Segnano e se si rivolgesse al personaggio, e marcano il nostro primo rappor- lo evocasse per noi con un tono to con un testo. Ce l’hanno inse- di ammirazione. Il titolo america- gnato in tanti, da Gérard Genette no invece azzera la centralità del a Jacques Séguéla via via fino a personaggio di Shirley MacLaine tutti gli esperti di marketing veri o e mette l’accento su quella volon- presunti. Ci sono titoli metaforici tà di avere sempre l’ultima parola (La solitudine dei numeri primi), che è un’attitudine non solo della titoli metonimici (Dieci inverni), protagonista ma un po’ di tutti i titoli antifrastici (Habemus Pa- personaggi del film. Rispetto al pam), titoli enigmatici (8½), tito- titolo americano, quello italiano li parassitari (la moda italiana di opera un evidente slittamento dare a un film il titolo di una can- semantico: dal racconto di un zone di successo…). Il titolo desi- mondo a quello di un personag- gna, presenta, invoglia, incanala, gio. Differenza non da poco. Dif- seduce. Oppure, al contrario, sci- ferenza su cui varrebbe la pensa vola via. Distoglie. Allontana. Re- di riflettere e ragionare. Il cinema spinge. Distorce. In ogni caso: ti italiano in genere lo fa? con che apre la porta al mondo che il film competenza, con che profondi- ti sta per raccontare. Un esempio: tà? Con che consapevolezza delle scrivo queste note subito dopo conseguenze che una titolazione aver visto Adorabile nemica di sbagliata può avere sull’esito an- Mark Pellington. Il titolo inglese è che commerciale di un film? Nel- The Last Word. Sono due titoli che le pagine che seguono proviamo sollecitano un diverso “uso” del a interrogarci sul problema, con testo. Che propongono due diffe- l’ambizione di sollecitare in tutti renti angolazioni prospettiche da una maggior attenzione a uno dei cui osservare la storia. Adorabile momenti più strategici e delicati nemica concentra tutta l’atten- nella creazione di un film. ost in translation. È L l’espressione che si usa per designare quei modi di dire ti- pici di una lingua il cui significato si perde nel passaggio da un idioma all’altro. È ciò che capita ai titoli di molti film stranieri quando appro- dano nelle nostre sale: vengono tradotti (qualche volta “traditi”) in italiano ma, durante questo pro- cesso, il loro senso più profondo viene smarrito e con esso, molto spesso, anche la potenza e la ma- gia originarie. A partire da questa riflessione, ci siamo allora chiesti quali siano le opzioni di traduzio- ne disponibili nella scelta di un ti- tolo italiano per un film straniero. Prendendo come riferimento l’an- no 2015/2016, abbiamo suddiviso le pellicole uscite nelle sale italiane in tre macro sezioni – i film USA, quelli europei e, infine, quelli pro- venienti dal resto del mondo - così da poter meglio analizzare come i loro titoli siano stati re-interpretati per il mercato italiano. È interessante notare come la mag- gior parte dei titoli statunitensi, ben il 45%, non siano stati tradotti ma si è preferito mantenerli in lingua ori- ginale anche per il mercato italiano. Ne sono esempi i successi di botte- ghino: The Danish Girl, The Hateful Eight, Inside out, Batman vs Super- man: Dawn of Justice, The Neon De- mon, The Nice Guys. Sintomo di una sempre maggior alfabetizzazione del popolo italiano nei confronti della lingua inglese o del fatto che quest’ultima attira più pubblico in sala? Visti i recenti sondaggi Euro- stat, secondo cui solo il 16% degli italiani sa parlare due lingue, pro- pendiamo per la seconda ipotesi. A meno che non sia possibile tra- durre in maniera piuttosto fedele di ALICE BONETTI un titolo in italiano (i film stranieri usciti nelle sale italiane nell’anno 2015/2016 con titoli tradotti – più o meno - fedelmente sono stati quasi il 23%), un’altra opzione possibile è quella di posporre o anteporre Abbiamo analizzato le varie tecniche a quello originale un sottotitolo esplicativo, che solitamente serve con cui i distributori traducono, modificano o inventano a dare un’indicazione sul genere o sulla trama del film. Ne sono esem- di sana pianta il titolo italiano di un film straniero. pi: Eddie the Eagle - Il coraggio della A volte addirittura coniando un altro titolo inglese, follia (UK); Deepan – Una nuova vita (Francia); Friend Request – La considerato più facile. morte ha il tuo profilo (Germania); TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 38 - 39

Truman – Un vero amico è per sem- detto prima, non del tutto a torto) film per un’altra insipida comme- USA pre (Spagna); Money Monster – L’al- che un titolo in inglese attragga di dia romantica e disertò le sale. EUROPA tra faccia del denaro (USA). I grafici più il pubblico in sala. L’idea che State arricciando il naso, vero? È già RESTO DEL MONDO rivelano che questa è un’opzione ne nasce è quindi questa: sosti- partito il “solo in Italia ‘ste cose”? usata soprattutto per i film euro- tuire il titolo originale (in qualsi- Vi consolerà allora sapere che negli TITOLI pei (17%), seguiti, in percentuale asi lingua esso sia) con uno in un Stati Uniti il capolavoro di Pietro NON TRADOTTI leggermente ridotta, da quelli sta- inglese facilmente comprensibile Germi Signori e signore venne fatto tunitensi (14%), e quasi per nulla al pubblico italiano. Un esempio? uscire con il titolo: The Birds, the utilizzata per i film provenienti dal Solace (in inglese “conforto”), il Bees, and the Italians. Forse qualcu- 7% 67% resto del mondo. film con un Anthony Hopkins no di voi sa che “The Birds and the Nei casi in cui risultasse difficile sensitivo, perde la sfumatura Bees talk” è il discorso metaforico tradurre un titolo in maniera fedele mélo del primo titolo per puntare che i genitori fanno ai figli per spie- resta, infine, la possibilità di inven- su una chiave più thriller/orrorifi- gare come nascono i bambini. In- tarne uno ex novo che si adatti “me- ca diventando Premonitions. somma, è l’equivalente del nostro 26% glio” al mercato nostrano. Più del La banalizzazione del titolo e la “le api e i fiori”. Il messaggio di 28% dei film censiti (in percentuale svalutazione del film questo titolo dal taglio zoologico più alta – 47% - per quelli della ca- Un’altra tendenza (purtroppo) suona all’orecchio anglofono più TITOLI tegoria “resto del mondo”, seguiti piuttosto in voga è quella di bana- o meno così: “vi spiego come si dal 27% delle pellicole statunitensi lizzare il titolo semplificandolo al accoppiano e si riproducono gli TRADOTTI e dal 21% di quelle europee) sono limite del ridicolo. Questo general- italiani in modo che anche i bam- FEDELMENTE stati distribuiti con titoli che con mente provoca spesso la svaluta- bini lo possano capire”. quello originale hanno poco o nulla zione della pellicola agli occhi dello Mal comune, mezzo gaudio? 19% 33% a che fare. Questa scelta è spesso spettatore. Difficile, per esempio, soggetta a molte critiche da parte dare una chance a un film intitola- Titoli non tradotti del pubblico, tanto che ne sono nati to Professore per amore (in inglese Titoli tradotti fedelmente dei veri e propri gruppi di protesta The rewrite) che, a uno sguardo più Titoli con sottotitolo in Rete e sui social network (alcu- attento, si rivela invece essere una Titoli con traduzione libera ni, dobbiamo ammetterlo, molto commedia sofisticata e intelligen- 48% spassosi. Navigare per credere!). Di te. From A to B, un frizzante road USA fronte a queste traduzioni “creati- movie ironico e mai banale, è usci- ve”, si riescono a individuare alme- to nelle nostre sale con un titolo (e no quattro scenari. una locandina) degno dei peggiori 27% 45% TITOLI Spoiler? No, grazie! Cinepanettoni: Viaggio da paura. CON SOTTOTITOLO Nell’abbondanza di film che ven- Se incassi, ti copio! gono prodotti ogni anno, un titolo Un’occasione da Dio (Absolutely 2% ben congegnato incuriosisce lo Anything), Codice 999 (Triple 9), 57% spettatore, attira la sua attenzio- Natale all’improvviso (Love the Coo- 14% ne e lo spinge a volerne sapere di pers), Come ti rovino le vacanze (Va- più. Tuttavia, nella distribuzione cation). Vi suonano familiari? Sicu- 14% italiana l’effetto-sorpresa pare ramente li avrete sentiti milioni di non godere di molta popolarità e volte con qualche leggera variante. 41% i nuovi titoli spesso rischiano di Una delle pratiche più in voga è EUROPA “spoilerare” elementi della trama, infatti quella di replicare i titoli di che quelli originali si guardavano film che hanno avuto successo. Si 21% 28% bene dal rivelare. Two night stand corre, così, di nuovo il rischio di TITOLI (un gioco di parole che in inglese sminuirne alcuni, che meritereb- significa letteralmente: “una sto- bero invece di essere valorizzati e CON TRADUZIONE ria di una notte che ne è durata differenziati dalla massa di pellico- LIBERA due”) è stato “tradotto” con AP- le insapori e scialbe che affollano il 17% Puntamento con l’@more che, oltre mercato cinematografico. Il caso 24% 52% a fare sembrare il film un sequel di più eclatante degli ultimi anni è 34% C’è Post@ per te, svela molto di una stato sicuramente quello di Eternal storia già di per sé piuttosto bana- Sunshine of the Spotless Mind. Il tito- le. Asphalte, originale commedia lo di questa lirica e delicata pellico- RESTO DEL MONDO francese dalle atmosfere surreali, la di Michel Gondry venne sciagu- è uscito nelle sale italiane con il ti- ratamente tradotto con Se mi lasci 24% 48% tolo Il condominio dei cuori infranti, ti cancello per tentare di ripetere il 19% che anticipa in poche semplici pa- successo di Se scappi ti sposo (che role il “plot” del film. ha generato tutta la serie di Prima o Il fascino inglese poi mi sposo, Se sopravvivo mi sposo, Tra i distributori c’è qualcuno che Prima ti sposo e poi ti rovino, ecc…). evidentemente pensa (forse, come Risultato? Il pubblico scambiò il 2% 31% USA Titoli non tradotti 10 Coverfield Lane | 13 Hours - the secret soldiers of Benzghazi | 99 Homes di Ramin Bahrani |A bigger splash | American Ultra | Anomalisa | Ant-man | Backstreet Boys: Show ‘em What you’re made of | Batman Vs Superman: Dawn of Justice | Banksy does New York | The Boss | The Boy di William Brent Bell | Brooklyn di j. Crowley | By the sea di A. Jolie | Captain America-Civil War di Antonhy e joe Russo | Carol | Club life | Crimson Peak | Criminal | Daddy’s Home | The Danish Girl | The Divergent series: Allegiant | Don’t crack | under pressure | Ed Sheeran: Jumpers for Goalposts | Entourage | Everest | Frankenstein | Deadpool | A Girl Walks Home Alone at Night | God’s Not Dead | God of Egypt | Good Kill | The Green Inferno | The Hateful Eight | Hithcock/Truffaut | HITMAN - Agent 47 | Hotel Transilvania 2 | Inside Out | Irrational man | Janis: Little Girl Blue | Joy | Kristy | Kung fu Panda 3 | Legend | Love & Mercy | Macbeth | Magic Mike | XXL | Minions | Mission Impossibile: Rogue One | Mistress America | Mother’s Day | The Neon Demon | The Nice Guys | Oliver, Stoned | Peggy and the Guggenheim: Art addict | Pixels | Point break | Poltergeist | PPZ- Pride+Prejudice+Zombies | (Pride and Prejudices and zombies) | Ratchet & Clank | (Usa/HK/UK) | Rock the Kasbah | Room | Self/less | Sicario | Sinister 2 | Stonewall | Steve Jobs | Spectre | Spy | Straight outta Compton | Terminator Genesys | This changes everything | Tracers | The Vaticans Tapes | The Visit | The Walk | We Are Your Friends | Where to Invade Next | Whiskey Tango Foxtrot | Wilde Salomé | The Wolfpack | Zoolander 2 Titoli tradotti fedelmente (o quasi) Alice Attraverso lo Specchio (Alice Throgh the Looking Glass) | Ave, Cesare! (Hail, Caesar!) | Il Caso Spotlight (Spotlight)| Città di Carta (Paper Towns) | Duri si Diventa (Get Hard) | I Fantastici 4 (Fantastic Four) | Fuga dal Pianeta Terra (Escape from the planet Earth) | Jem e le Holograms (Jem and the Holograms) | Il Libro della Giungla (The Jungle Book)| Il Mago: l’Incredbile Vita di Orson Welles (Magician: The Astonishing Life and Works of Orson Welles) | Malala (He named me Malala) | Il mio grosso grasso matrimonio greco 2 | (My Big, Fat, Greek Wedding 2) | Nonno scatenato (Dirty Grandpa) | Padri e Figlie (Fathers and Daughters) | Il Piano di Maggie - A cosa Servono gli Uomini (Maggie’s plan) | Piccoli Brividi (Goosebumps) | Il Ponte delle Spie (Bridges of Spies) | La Quinta Onda (The Fifth Wave) | Il Ragazzo della Porta Accanto (The Boy Next Door) | Pelé (Pelé: Birth of a Legend) | Risorto(Risen) | Il Segreto dei Suoi Occhi (Secret in their eyes) | Star wars: Episodio VII- Il Risveglio della Forza (Star Wars: Episode VII - The Force Awakens) | Tutti Vogliono Qualcosa (Everybody Wants Some!) | Via dalla Pazza Folla (Far from the madding crowd) | X-Man - Apocalisse (X-Man Apocalypse) Titoli con sottotitolo Il Complotto di Chernobyl - The Russian Woodpecker (The Russian Woodpecker) | The Conjuring - Il Caso Enfield (The Conjuring 2) | Black Mass - L’Ultimo Gangster (Black Mass) | Creed - Nato per Combattere (Creed) | “Dark Places - Nei Luoghi Oscuri (Dark Places) | The Dressmaker - Il Diavolo è tornato (The Dressmaker) | The End of the Tour - Un viaggio con David Foster Wallace (The End of the Tour) | Freeheld: Amore, giustizia, uguaglianza (Freeheld) | The Heart of the Sea - Le Origini di Moby Dick (In the Heart of the Sea) | The Gallows - L’esecuzione The Gallows | Joker - Wild Card Wild Card | The Last Witch Hunter - L’ultimo Cacciatore di Streghe The Last Witch Hunter | Left Behind - La Profezia Left Behind | Money Monster . L’Altra Faccia del Denaro (Money Monster) | Mister Holmes. Il Mistero del Caso Irrisolto (Mister Holmes) | No Escape - Colpo di Stato (No Escape)| Now You See Me 2 - I Maghi del Crimine (Now You See Me 2) | Pan - Viaggio sul’Isola che non c’è (Pan) | Regali da uno Sconosciuto - The Gift (The Gift) | “Revenant - Redivivo (The Revenant) | Snoopy and Friends - Il Film dei Peanuts (The Peanuts Movie) | Sopravvissuto - The Martian (The Martian) | Southpaw - L’Ultima Sfida (Southpaw) | Truth - Il Prezzo della Verità (Truth) | Il Teorema della Crisi - The Forecaster (The Forecaster) | Warcraft - L’Inizio (Warcraft) Titoli con traduzione libera 1981: Indagine a New York (A Most Violent Year) | 50 Sbavature di Nero (50 Shades of Black) | L’A.S.SO nella manica (The duff) | Alvin Superstar: Nessuno ci può Fermare (Alcin and the Chipmunks : The road chip) | Appuntamento con l’@more (Two night stand) | Attacco al Potere 2 (London Has fallen) | Barbie - Squadra speciale (Barbie - Spy Squad) | Barbie - Principessa Rock (Barbie Rock ‘n Royals) | Breaking Dance (Breaking Through) | Il Cacciatore e la Regina di Ghiaccio (The Huntsman: Winter’s man) | Cattivi vicini 2 (Neighbours 2: Sorority rising) | Codice 999 (Triple 9) | Conspiracy - La Cospirazione (Misconduct) | Come Ti Rovino le Vacanze (Vacation) | Un Disastro di Ragazza (Trainwreck) | Dove eravamo rimasti (Ricky and the flash) | Il Fidanzato di Mia Sorella (How to make love with an Englishman) | Fino all’Ultima Staccata (Hitting the Apex)| La Foresta dei Sogni (The Sea of Trees) | Franny (The Benefactor) | Giovani si Diventa (While We We’re Young) | La Grande Scommessa (The Big Short) | Grimsby - Attenti a Quell’Altro (The brothers Grimbsy) | Hunger games: Il Canto della Rivolta (The Hunger Games: Mockingjay) | Gli Invisibili (Time out of mind) | Il Luogo delle Ombre (Odd Thomas)| Maze Runner: La fuga (Maze Runner: The Scorch Trials) | Natale all’Improvviso (Love the Coopers) | Il Nemico Invisibile (Dying of the light) Un’Occasione da Dio (Absolutely anything) | Operazione U.N.CL.E (The man from U.N.C.L.E) | Un Poliziotto Ancora in Prova (Ride along 2) | Premonitions (Solace) | Professore per Amore (The Rewrite) | Qualcosa di Buono (You’re not You) | Quel Fantastico Peggior Anno della Mia Vita (Me and Ear and the Dying girl) | The Reach - Caccia all’Uomo (Beyond the Reach) | Reversal. La Fuga è Solo l’Inizio (Bound to Vengeance) | Il Sapore del Successo (Burnt) | Il Sentiero della Felicità (Awake: The Life of Yoganada)| Single ma non Troppo (How to Be Single) | Una sola verità (Nothing but the tTruth) | Somnia (Before I Wake) | Lo Stagista Inaspettato (The Intern) | Steve McQueen. Una vita spericolata (Steve McQueen: the Man & Le Mans) | Tutto Può Accadere a Broadway (She’s Funny that Way) | L’Ultima Parola - La Vera Storia di Dalton Trumbo (Trumbo) | L’Ulti- ma Tempesta (The Finest Hour) | Il Viaggio di Arlo (The Good Dinosaur) | Wim Wenders -Ritorno alla vita (Everything Will Be Fine) | Zootropolis (Zootopia)

EUROPA Titoli non tradotti 71 (UK) | Angry Birds (Finlandia/St.Un.) | A blast (Grecia/Germ/Ita) | Colonia (Germania) | Eden (Francia) | Ex-Machina (UK) | Francofonia (Francia) | Heidi (Germania) | Human (Francia) | La isla mìnima (Spagna) | Julieta (Spagna) | Kommunisten (Fracia) | Laurence anyways (UK) | The Lobster (UK) | Marguerite (Francia) | Miss Julie (UK/Fr/Irl/Usa) | Mustang (Francia) | The Other Side of the Door (Uk) | Paco de Lucìa - La bùsqueda (Spagna) | Perfect Day (Spagna) | The Program (UK) | Ratchet & Clank (Can/Usa/HK) | Remember (Germ/Can) | Regression (Spagna) | Robinson Crusoe (Francia) | Les souvenirs (Francia) | Stella cadente (Spagna) | Suffragette (UK) | Weekend (Uk) | Woman in gold (UK) | Wacken 3d (Germania) Titoli tradotti fedelmente (o quasi) 45 anni (45 years) (UK) | A testa alta (La Tete Haute) Francia | Belle e Sebastien: l’Avventura Continua (Belle et Sebastien, l’Aventure continue) Francia | Cavallo TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 40 - 41

Denaro (Cavalo Dinhero) (Portogallo) | La Comune (Kollektivet) (Danimarca) | La Canzone del Mare (Song of the Sea) (Irlanda) | Corpi (Cialo) (Polonia) | Corpi Estranei (Obce Cialo) (Polonia) | Il Figlio di Saul (Saul Fia) (Ungheria) | Fiore del Deserto (Desert Flower) (UK) | Florida (Floride) (Francia) | Ghosthun- ter - Gli Acchiappafantasmi (Gespensterjager) (Germania) | Il Grande Quaderno (A Nagy Fuzet) (Ungheria) | Il Grande Museo di Vienna (Das Grosse Museum) (Germania) | In Nome di Mia Figlia (Au nom de ma fille) (Francia) | Io Sono Ingrid (Ja ar Ingrid) (Svezia) | Iqubal - Bambini Senza Paura (Iqbal, a Tale of a Fearless Child) (Francia/Ita) | Kiki& i Segreti del Sesso (Kiki el Amor se Hace) (Spagna) | Il Labirinto del Silenzio (Im Labyrinth des Schweigens) (Germania) | La Legge del Mercato (La Loi du Marché) (Francia) | Lui è Tornato (Er Ist wieder da) (Germania) | Microbo & Gasolina (Microbe et Gasoil) (Francia) | “Le Mille e una Notte - Arabian Nigths (As mil e uma noites) (Portogallo) | Mister Chocolat (Chocolat) (Francia) | Un Momento di Follia (Un Moment d’égarement) (Francia) | Mortadello e Polpetta Contro Jimmy lo Sguercio (Mortadelo y Filemòn Contra Jimmy el Cachondo) (Spagna) | Il Piccolo Principe (The Little Prince) (Fra/ Can/It) | Il Prezzo della Gloria (Le Rançon de la Gloire) (Fracia) | Sherlock. L’Abominevole Sposa (Sherlock: Th Abominable Bride) (UK) | Lo Sato Contro Fritz Bauer (Der Staat gegen Fritz Bauer) (Germania) | Storie di Cavalli e di Uomini (Hross ì oss) (Norv/Germ) | La Terra degli Orsi (Terre des Ours) (Francia) | Tini. La Nuova Vita di Violetta (Tini - El Grande Cambio de Violetta) (Spagna) l Traditore Tipo (Our Kind of Traitor) (Uk) | L’Uomo che Vide l’Infinito (The man wh knew infinity) (UK) | La Vita è Facile a Occhi Chiusi(Vivir es Facil con los Ojos Cerrados) (Spagna) | Voci della Transizione (Culture en Transition/Voices of Transition) (Francia) Titoli con sottotitolo Amy - The Girl Behind the Name (Amy) (Germania) | Annie - La Felicità è Contagiosa (Annie) (Francia) | Appena Apro gli occhi - Canto per la Libertà (A’ Peine J’Ouvre Les Yeux) (Francia) Eddie the Eagle - Il Coraggio della Follia (Eddie the Eagle) (UK) | The Eichman Show - Il Processo del Secolo | (The Eichman Show) (UK) | Friend Request - La Morte ha il tuo Profilo (Friend Request) (Germania) | Dheepan - Una Nuova Vita (Dheepan) (Francia) | Desconocido - La Resa dei Conti (El Desconocido) (Spagna) | Land of Mine - Sotto la Sabbia (Land of mine) (Dan/Germ) | The lesson - Scuola di Vita (Urok) (Bulg/Germ) | Ma ma - Tutto Andrà Bene (Ma ma) (Spagna) | Marguerite e Julien - La Leggenda degli Amanti Impossibili (Marguerite & Julien) (Francia) | Marie Heurtin - Dal Buio alla Luce (Marie Heurtin) (Fracia) | Masha e Orso - Amici per Sempre (Masha i Medved) (Russia) | Mon Roi - Il Mio Re (Mon Roi) (Francia) | My Bakery in Brooklyn - Un Pasticcio in Cucina (My bakery in Brooklyn) (Spagna/Usa) | Tangerines - Mandarini (Mandariinid) (Georg/Eston.) | Truman - Un Vero Amico è per Sempre(Tru- man) (Spagna) The Visit - Un Incontro Ravvicinato (The Visit) (Norvegia) Titoli con traduzione libera 11 Donne a Parigi (Sous le Jupes de filles) (Francia) | Benvenuti…ma non Troppo! (Le grand partge) (Fracia) | La Canzone Perduta (Annenim Sarkisi) (Turchia) | La Casa delle Estati Lontane (Rendez-vous à Atlit) (Francia) | Il Condominio dei Cuori Infranti (Asphalte) (Francia) | Corn Island (Simindis Kundzuli) (Georg/ Germ/Rep.Cec/Ungh) | La Corte (L’Hermine) – Francia | Dio Esiste e Vive a Bruxelles (Brand New Testament) (Francia) | Un’Estate in Provenza (Avis de Mistra- le) (Francia) Fuck You, Prof! (Fack Ju Goethe) (Germania) | Instanbul e il Museo dell’Innocenza (Innocence of Memories) (UK) | Love is in the Air - Turbolenze in Amore (Amour & Turbolences) (Francia) | I Miei Giorni più Belli (Trois Souvenirs de Ma Jeunesse) (Francia) | Una Notte con la Regina (A Royal Night Out) (UK) | Passo Falso (Piégé) (Francia) | Rams - Storia di Due Fratelli e Otto Pecore (Hrùtar) (Islanda) | Segreti di Famiglia (Louder than Bombs) (Norvegia/ francia/Danimarca) | Sole Alto (Zvizdan) (Cro/Slov/Serb) | The Legacy ( Refueled) (Francia) | Tutti Pazzi a Casa Mia | (Une Heure de Tranquillité) (Francia) | Una Volta per la Vita (Les Héritiers) (Francia) | Mòzes - Il Pesce e la Colomba (Utòélet) (Rep. Ceca) | Zona d’Ombra- Una Scomoda Verità (Concussion) (Uk/Austral)

RESTO DEL MONDO Titoli non tradotti Arcade Fire: The Reflector Tapes Canada | Babadook Australia | Educacao Sentimental Brasile | Gueros Messico | Life Austral/Can | Much Loved Marocco | Nahid Iran | Partisan Australia | Predestination Autralia Titoli tradotti fedelmente (o quasi) Amori, Furti e Altri Guai (Al-hob wa Al-Sariqa wa Mashakel Ukhra) - Palestina | The Boy and the Beast (Bakemono no Ko) - Giappone | Il Club (El club di Pablo Lerrain) - Cile | Condotta (Coducta) - Cuba | Doraemon il film. Nobita e gli Eroi dello Spazio (Doreamon: Nobita no space Heroe Uchu Eiyu-ki) -Giappone | Dragon Ball Z: La Resurrezione di F | (Dragon Ball Z: Doragon boru Z - Fukkatsu no F) - Giappone | Garm Warms - L’ultimo Druido (Garm Warms: the Last Dru- id) - Giappone/ Canada | Lupin III (Rupan Sansei) - Giappone | Un Mercoledì di Maggio (Chaharshanbeh, 19 ordibehesht) - Iran | Nausicaa della Valle del Vento (Kaze no tani no nausika) - Giappone | Nostalgia della Luce (Nostalgia de la Luz) - Cile | Quando c’era Marnie (Omoide no Mani) - Giappone | La Ricompensa del Gatto (Neko no Ongaeshi) - Giappone | Un Ultimo Tango (Un Tango Màs) - Argentina | Taxi Teheran (Taxi) - Iran Titoli con sottotitolo Race - Il Colore della Vittoria (Race) - Canada/Germ/Francia Titoli con traduzione libera Al di là delle Montagne (Shan He Gu Ren) - Cina/Giap | Il Bambino che Scoprì il Mondo (O Menino e i Mundo) - Brasile | L’attacco dei Giganti - Il Film Parte II- Le Ali della Libertà (Gekinjouban Shingeki no Kyojin Kouhen: Jiyuu no Tsubasa) - Giappone | A Dragon Arrives! (Ejhdeha Vared Mishavad!) - Iran | Dragon Blade: La Battaglia degli Imperi (Tian Jiang Xiong Shi) - Cina /HK | Billy il Koala (Blinky Bill the Movie) -Australia | Cinque Tequila (En el ùltimo Tango) - Messico | Eau Ar- gentée: Autoritratto Siriano (Ma’a al-Fidda) - Siria/Francia | Fuochi d’Artificio in Pieno Giorno (Bai Ri Yan Huo/ Black Coal, Thin Ice) - Cina/HK | Giotto l’Amico dei Pinguini (Oddball) - Australia | The Idol (Ya tay el Tayer) - Arg/Port/Quatar | Little Sisters (Umimaachi Diary) - Giappone | La Memoria dell’Acqua (El Botón de Nácar) - Cile/spagna | Un Mondo Fragile (La Tierra Y la Sombra) - Cile/Bras | Pedro Galletto Coraggioso (Un Gallo con Muchos Huevos) - Messico| Il Regno di Wuba (Zhuo yao ji) - Cina | Le Ricette della Signora Toku (An) - Giappone | La Sposa Bambina (Ana Nojoom Bent Alasherah Wamotalagah) - Yemen | Ti guardo (Desde Allà) - Messico | Tokio Love Hotel (Sayonara Kabubichò) - Giappone | Tra la terra e il cielo (Masan) - India | Viaggio da Paura (From A to B) - Emir Arabi TROPPI AMICI di ANDREA GUGLIELMINO

Quando il titolo non aiuta il film e soprattutto quando i titoli fotocopia cercano di ricalcare il successo del capostipite.

uasi amici fu un suc- amara che si respira nel corso Q cesso straordinario dell’opera. Intoccabili invece e, soprattutto, ina- rimanda alla situazione dei due spettato al botte- personaggi principali, con riferi- ghino italiano. Uscito nelle sale mento alla condizione fisica per il 24 febbraio 2012, distribuito l’uno e a quella sociale per l’altro. da Medusa, il film ha incassato Ma richiamava, probabilmente, nel nostro Paese € 14.961.389 ed troppo da vicino un immaginario è stato visto da 2.495.738 spetta- da “gangster” per via del celebre tori, risultando essere la pellicola film di Brian De Palma. Fatto sta francese di maggior successo di che in questo caso la decisione quell’anno. Il titolo italiano del del distributore ha funzionato pa- film si discosta molto dall’origi- recchio, generando, come spesso nale Intouchables – il libro da cui accade, tutta una serie di titoli si- è tratto, invece, è arrivato da noi mili a cascata, che con la pellicola con il nome Il diavolo custode, originale intrattenevano blandi in linea con la fonte – puntan- legami, o nessuno. Come Trop- do sul rapporto tra i due prota- po amici, la pellicola risalente al gonisti (un paraplegico che ha 2009 di Olivier Nakache e Eric costante bisogno di assistenza e Toledano, stessi registi di Qua- un poco di buono proveniente si amici, interpretata sempre da dalle banlieue che si trova per Omar Sy, che da noi arrivò nel caso a essere il suo assistente) dicembre del 2012, ovviamente e sull’atmosfera di commedia sull’onda del successo dell’altro TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 42 - 43

film. In originale si chiamava Tel- Quasi quasi amici), interpretato più semplice ma d’effetto Il tem- lement proches, ovvero “talmente dalle star del programma tv Le pio maledetto), in altri casi risulta vicini”. Iene, Pio e Amedeo. In entrambi fuorviante, come quello, celeber- questi casi il distributore era an- rimo e dunque necessariamente Poi Cena tra amici (in originale cora Medusa, ma il titolo a striz- da citare, di Se mi lasci ti can- Le prénom), deliziosa comme- zata d’occhio non bastò a bissare cello, film di rara intensità dram- dia di Alexandre de La Patel- gli incassi del capostipite. matica sulla perdita dei ricordi e lière e Matthieu Delaporte, dove dell’amore, che venne venduto l’aspetto “cena” era piuttosto La storia della distribuzione ita- con un titolo da commedia bril- secondario, tanto che il remake liana è comunque ricca di scelte lante per sfruttare la presenza di italiano di qualche anno dopo, bizzarre circa i titoli con cui di- Jim Carrey. diretto da Francesca Archibugi, stribuire i film stranieri. Se alcune recupera in parte il concept ori- volte la scelta è comprensibile Ma senza allontanarci troppo nel ginale, Il nome del figlio. Infine (Indiana Jones and the Temple of tempo, stiamo agli ultimi cinque Universitari - Molto più che amici, Doom non avrebbe retto il gioco anni. Due tra gli esempi di titola- il film con cui Federico Moccia di parole, dato che “Doom” signi- zione bizzarra più rilevante, che tentò di emanciparsi dalle tema- fica destino ma è anche il suono hanno scatenato il mondo della tiche adolescenziali e passare a onomatopeico dei tamburi in- Rete, sono Il cavaliere oscuro – Il quelle (leggermente più) adulte e quietanti che scandiscono tutta ritorno, che opta per un banale Amici come noi (titolo provvisorio la pellicola: venne risolto con un sottotitolo da sequel scontato spoetizzando totalmente l’origi- nale The Dark Knight Rises (che sta per “ascende”. Forse un po’ troppo pomposo, ma sicura- mente più potente). Tra l’altro, richiama moltissimo Batman – Il ritorno di Tim Burton, dove però il sottotitolo era più adatto trattandosi di un secondo capi- tolo, mentre per la saga di Nolan riginale, riprendendo una frase è stato usato per il terzo. Da se- del film che il mentore rivolge al gnalare anche Taken – la ven- ribelle protagonista appassiona- detta, secondo capitolo di una to di motori “se correrai come un saga action con Liam Neeson, che fulmine, ti schianterai come un addirittura rinuncia (ma perché?) tuono”. Infine The Perks of Being a identificarsi come sequel di un Wallflower che è diventato Noi film di successo, arrivato in Italia siamo infinito. Vero, I vantaggi col titolo Io vi troverò. Se non altro di essere da tappezzeria in italiano il terzo capitolo, – L’ora non suona come un titolo ac- della verità, recupera il numeret- chiappa-pubblico, ma la strategia to identificativo. Bella invece la resta comunque bizzarra dato che resa di Come un tuono, titolo il best seller da cui è tratto si chia- italiano per The Place Beyond the ma Ragazzo da parete, che suona- Pines di Derek Cianfrance, con va bene e avrebbe probabilmente Ryan Gosling e Bradley Cooper, avvantaggiato il pubblico nell’i- addirittura più evocativo dell’o- dentificazione film-romanzo. TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA… di MARGHERITA BORDINO

Scelta dei titoli e traduzione per la versione italiana. Come avviene la selezione? Il titolo, nella storia del cinema e della tv, è da sempre un’arte. È ancora considerato parte del processo creativo o è solo ‘questione’ di marketing? Quanto influisce un titolo nel successo - o meno - del film, e c’è un filo rosso che connette i titoli del vostro listino?

Con il senno di poi, a quale film avrebbe dato un titolo diverso?

In e out: in assoluto, di quale titolo può dirsi soddisfatto e di quale no?

Non il film ma il titolo della sua vita, da fan e spettatore.

PIETRO VALSECCHI produttore TAODUE

1. Non seguo una procedura standard per la scelta del titolo. A titolo vuol dire partire con il piede sbagliato ed è difficile raddriz- volte nasce con la prima idea del soggetto del film, altre arriva zare il tiro in un secondo momento. Mentre la nostra linea è varia dopo mille ripensamenti. A volte è il regista a idearlo, altre sono anche se ben precisa. L’attualità e la società sono al centro delle io da produttore a proporlo, ma chiunque collabora al film può nostre scelte di produzione, senza alcun dubbio! avere il guizzo creativo/inventivo che risolve il problema. Luca Medici, meglio conosciuto come Checco Zalone, ha ideato i suoi 4. Uno su tutti è Pummarò: mi sono fatto convincere da Miche- titoli in modo totalmente imprevedibile, seguendo per i primi le Placido – alla prima prova dietro la macchina da presa – che tre film una linea ‘meteorologica’ (Cado dalle nubi, 2009; Che fosse il titolo giusto e invece è stato un disastro. Come si fa a bella giornata, 2011; Sole a catinelle, 2013), e poi, con Quo vado?, dire: ‘stasera andiamo a vedere Pummarò?’. Un altro titolo che, ultimo in ordine cronologico (2016), ha ‘storpiato’ un classico ripensandoci, avrei cambiato è La condanna di Bellocchio, film del cinema. Con i vari titoli dei suoi film ha lasciato il segno, e si è sicuramente provocatorio e impegnato, eppure ci ho rimesso smarcato da tutti i luoghi comuni. così tanti soldi… Un dispendio economico che si è rivelato esse- re davvero una condanna! 2. Prima viene l’idea, a questa segue il marketing che declina l’idea sui vari mezzi pubblicitari. In ogni caso, se il titolo non è 5. Più che di titoli che mi hanno soddisfatto o meno, posso parla- centrato, ragionato, nessuna campagna di marketing riuscirà a re di film che mi hanno dato soddisfazioni. In primis sicuramente trasformarlo in un’idea assolutamente brillante. Non basteran- tutti quelli di e con Checco Zalone, il cui successo è partito dal ti- no neanche colori o caratteri. tolo, e altri che forse sarebbe stato meglio non fare proprio!

3. Il titolo è fondamentale perché, insieme alla formazione del 6. Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più, titoli perfetti cast, è il primo contatto che il pubblico ha con il film. Sbagliare il per due veri capolavori del cinema diretti da Sergio Leone. TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 44 - 45

LUIGI DE LAURENTIIS produttore FILMAURO

1. Il titolo è fondamentale. Facciamo delle riunioni tra di noi, linea editoriale ben precisa, se si pensa al franchising dei film chiediamo ai nostri dipendenti o a persone esterne. Non fac- di Natale. Per quanto riguarda il resto della produzione, come ciamo dei focus group, facciamo marketing internamente. Cre- i film di Giovanni Veronesi o Carlo Verdone, ci sono stati titoli iamo titoli su misura, secondo l’identità del pubblico. E quando contenitore (Italians o Genitori&figli: Agitare bene prima dell’uso), distribuiamo film scegliamo in totale autonomia, rispettando il o titoli che ammiccano allo spettatore (Il mio miglior nemico). Il valore dell’opera e adattando il titolo a ciò che potrebbe attrarre comune denominatore è raccontare idee con poche parole che il pubblico italiano. possano stimolare il pubblico ad andare in sala.

4. Nessun ripensamento, abbiamo creduto in tutti i film che ab- biamo realizzato e quindi nei loro titoli.

2. L’idea è sempre l’aspetto vincente di un film, più del titolo. Il titolo, però, ancora prima delle immagini del trailer, è il primo elemento che possa suscitare curiosità nel pubblico. Ci sono ti- toli semplici e di poche parole, altri meno diretti e comprensibili, che hanno bisogno di ulteriori ingredienti per attrarre gli spetta- tori. Nel cinema commerciale i titoli sono molto più immediati e i trailer molto più narrati. Colori, grandezze e font sono fonda- 5. Il mio miglior nemico, ad esempio, è nato direttamente da Car- mentali per la percezione dello spettatore. Il colore è in grado lo Verdone, e ci ha dato grandi soddisfazioni, perché affiancato di costruire questa percezione, da esso si capisce se si tratta di da una campagna semplice, diretta, ‘all’americana’: i due attori una commedia, di un film d’avventura, di un dramma. Il rosso, erano in primissimo piano, con i cognomi che campeggiavano ad esempio, è un colore molto sfruttato dalla nostra casa di pro- enormi sul manifesto e la formula ‘Verdone vs Muccino’, che fa- duzione: il suo utilizzo nasce da un’intuizione di mio padre, che ceva il verso ai grandi match di boxe. Ho creduto molto anche lo ha usato in modo fedele e costante negli anni, creando nello in Un natale stupefacente, il primo film con Lillo&Greg protago- spettatore una sorta di fedeltà visiva e di naturale collegamento nisti. All’epoca giocammo sul duplice significato dell’aggettivo al mondo delle commedie. Il rosso è natalizio, caldo, positivo. stupefacente, cercando di dare un senso sia di irriverenza che di spettacolarità. Non sono sicuro di aver raggiunto il risulta- 3. In passato, nell’era pre-internet, i titoli avevano maggiore im- to sperato, anche se è difficile calcolare un minor successo nel portanza. Oggi invece, attraverso le varie piattaforme di comu- momento in cui era anche in atto un cambiamento di cast non nicazione, il pubblico ha un maggiore accesso alle informazioni indifferente. su un’opera cinematografica. A un titolo intrigante segue l’ine- vitabile ricerca di immagini o informazioni: è quindi parte di un 6. Ritorno al futuro. È un ossimoro, è un titolo geniale. È il titolo corredo che può portare al successo del film, è l’informazione con cui sono cresciuto, uno di quei titoli che lasciano piena li- primaria per lo spettatore e per la sua scelta. Noi abbiamo una bertà all’immaginazione dello spettatore. ROBERTO PROIA head of theatrical distribution EAGLE PICTURES

1. Noi indipendenti possiamo prenderci il lusso di essere creati- 2. Il titolo è un misto di tante cose. Come esercizio pratico per vi, specie se i titoli originali li reputiamo, o sono, oggettivamente la scelta, immagino una scena precisa: lo spettatore che va al tremendi. Così In The Land of Women di Jon Kasdan, con Kristen botteghino del cinema per chiedere il biglietto per quel film in Stewart, Adam Brody e Meg Ryan, è diventato per noi Il bacio che questione, oppure immagino il suono della voce dello speaker aspettavo. Anche se devo riconoscere che i focus group di tanto che lo pronuncia, in uno spot pubblicitario alla radio o in un pas- in tanto li facciamo anche noi. In un’occasione specifica, abba- saggio on line. Più che ad un aspetto visivo mi affido, e credo sia stanza recente, è stato bocciato il titolo Nonno zozzone che è di- più costruttivo, al titolo stesso. ventato Nonno scatenato – resa italiana di Dirty Grandpa (2016) di Dan Mazer con Robert De Niro e Zac Efron. Non saprei dire 3. Direi che il titolo ha una importanza cruciale ed in particolare quale sarebbe stato il titolo migliore! in tutti quei film, che ormai rappresentano la maggioranza, che non partono da una base nota. Come biografie o adattamenti te- atrali o letterali.

4. Non mi viene in mente nulla al momento. Forse nessuno. E direi di no, niente filo rosso. Il nostro è un listino molto vario e misto. Non ci poniamo questo tipo di problema, anche perché ogni film ha e fa storia a sé.

5. Un titolo che mi ha veramente soddisfatto, sia per risultati d’incasso sia a livello personale, è The Dressmaker - Il diavolo è tornato (in originale solo The Dressmaker) di Jocelyn Moorhou- se e con protagonista Kate Winslet. Mentre due sono i titoli in cui ho creduto molto però non hanno portato ai risultati auspi- cati: il primo è La luce sugli Oceani (The Light Between Oceans) di Derek Cianfrance, il secondo invece è Giovani Ribelli (Kill Your Darlings) di John Krokidas, fa parte del listino distributivo della Notorious Pictures.

6. So di essere in controtendenza, però trovo incredibilmente furbo un titolo al quale va il merito dell’ottimo successo del film in Italia, ovvero Se mi lasci ti cancello diretto da Michel Gondry (2004), contro l’intraducibile titolo originale Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Un successo anche per il cast: Jim Carrey, Kate Winslet e Kirsten Dunst. TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 46 - 47

ANDREA ROMEO distributor I WONDER PICTURES

1. Individuiamo il titolo originale, lo analizziamo insieme all’internazionale, ne capiamo i limiti dell’applicazione sul mercato italiano; dopo cerchiamo di identificare, non chi vo- gliamo portare in sala, ma, il nostro ‘lettore’. Esempio: per The Eagle Huntress, americano di ambientazione asiatica, abbiamo ritenuto che, rivolgendosi come una favola a giovanissimi e doppiato da Ludovica Comello, fosse giusto titolarlo La prin- cipessa e l’aquila.

2. Seguire le dure ragioni del marketing pur restando mili- tanti e creativi. Le ragioni della commerciabilità non sono separate da qualità e creatività. Ci sono commercialità trop- po aggressive e violente che non concepisco e ignoro, le due possono però convivere.

3. Il titolo Dio esiste e vive a Bruxelles ha influito moltissimo sul suo successo. Non è stato facile definirlo ma è piaciuto subito a pubblico e stampa perché liberatorio. Come nota editoriale abbiamo scelto di dialogare con i registi, per raccontare al me- glio l’essenza del film agli italiani. Per Ulay Project Cancer, film sul compagno di Marina Abramovic, abbiamo specificato nella proposta che lo avremmo distribuito solo se con il titolo Ulay Performing Life. Ulay, ospite al Biografilm, mi ha chiesto il per- ché di quella condizione. A noi interessava comunicare che lui ha sconfitto il cancro, a modo suo e con le cure dovute. Doveva arrivare al pubblico la persona, colui che ha vinto e ha una vita performativa.

4. Porno e libertà. Titolo coraggioso che ha spaventato il pubbli- co. L’obiettivo era dimostrare attraverso il doc raffinato di Car- mine Amoroso che nella liberazione sessuale la pornografia ha avuto un ruolo di controcultura. La reazione è stata opposta. Le persone volevano vedere il film, però erano intimorite nel chie- dere i biglietti.

5. La memoria dell’acqua, in originale El botón de nácar, letteral- mente Il bottone di madreperla, ha avuto un successo inaspettato per il titolo. Nella traduzione letterale avrebbe avuto sicuramen- te un nesso, per noi non del tutto potenziale. In sala è andato tre volte meglio di come ci aspettavamo. Sono orgoglioso anche di Louise en hiver, che abbiamo distribuito come Le stagioni di Louise, titolo piaciuto anche al venditore internazionale; o The student, titolo inglese del film di Serebrennikov. Faceva paura il senso di questo titolo e che fosse russo. Non aveva senso tito- larlo in inglese o francese. Parola di Dio ci sembrava corretto, dall’interpretazione interessante. Come dicevo prima, non mi ha soddisfatto Porno e libertà.

6. Avevo 8 anni e Attenzione alla puttana santa di Rainer Werner Fassbinder mi incuriosì. È una definizione perfetta per il cinema che è la nostra ‘puttana santa’, la nostra passione. GABRIELE D’ANDREA responsabile marketing LUCKY RED

1. Il titolo è una caratteristica del tutto strategica che noi cer- chiamo sempre di mettere in relazione al pubblico potenziale di un determinato film. Il nostro lavoro è assolutamente di gruppo. Cerchiamo di rendere il film accessibile e appetibile al maggiore numero possibile di spettatori, sia per il bene del film stesso sia dell’industria che lo sorregge.

2. Creatività è marketing. Il fatto che si parli di potenzialità, ren- de il terreno su cui ci muoviamo molto previsionale. Laddove possibile cerchiamo di avvalerci di ricerche di mercato che in- teragiscano con le nostre idee e con le informazioni che le de- terminano, informazioni che riguardano soprattutto gli altri territori stranieri.

3. Il successo di un film dipende da molteplici fattori, in primis dall’interesse che la storia è in grado di suscitare in un determi- nato momento storico. Tutto il resto, titolo incluso, contribuisce ad avvicinare un film al suo pubblico e a metterlo nelle condi- zioni migliori di comunicazione. Se alla base manca una storia interessante per il momento storico che viviamo, non c’è titolo che tenga.

4. Ce ne sono molti, quello più recente è Nice Guys. Avevamo pensato a una traduzione italiana, che però lo rendeva troppo simile al film di Martin Scorsese Quei bravi ragazzi. Tuttavia, 5. Mi ritengo soddisfatto del titolo Come un tuono che proveniva tornando indietro, penso che un titolo italiano avrebbe aiutato dall’originale The Place Beyond The Pines, perché penso sia un ti- a renderlo più popolare. Cerchiamo sempre di proporre titoli tolo più giusto ed evocativo di quello originale, mentre per Dead semplici, memorizzabili, che esprimano il cuore della storia e Man Down – Il sapore della vendetta avrei forse optato per una so- che possibilmente siano italiani, dal momento che noi siamo luzione diversa. uno dei pochi territori al mondo dove i film vengono doppiati, quindi abbiamo scarsa familiarità con le lingue straniere. 6. C’era una volta in America, è un titolo che dice molto e tutto. TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 48 - 49

ANDREA IERVOLINO presidente & ceo AMBI DISTRIBUTION

1. Abbiamo diverse possibilità di scelta: lavoriamo sul titolo che 3. Il titolo che funziona di più è il titolo più semplice da ricor- ci viene inviato e sulla sua idea primaria; oppure lo costruiamo dare. Super breve, di una parola, massimo due. Oppure un titolo insieme ai capi dei vari settori e reparti. Se il titolo che ci viene che gioca su cose note, luoghi comuni. I titoli con cui ci con- proposto non ci soddisfa, ma l’intuizione è forte, facciamo una frontiamo sono per lo più in lingua inglese, perché solo il 3% del ricerca marketing approfondita, così da ottenere una serie di nostro fatturato arriva dall’Italia, e quindi prendiamo in consi- alternative. Questi titoli sono poi votati dai vari dipartimenti, derazione titoli che possano essere internazionali. Inoltre, pro- anche nell’ambito della distribuzione. Una volta giunti a due o duciamo tra gli 8 e i 12 film l’anno per cui diversifichiamo molto tre possibilità seguiamo un ultimo passaggio. Portiamo la nostra il nostro listino e difficilmente vi sono elementi che legano un scelta all’esterno e la sottoponiamo a un campione di persone, titolo con l’altro. cercando il feedback migliore. Se il titolo viene da un libro di suc- cesso, quindi si tratta di un adattamento, come avvenuto con In Dubious Battle di James Franco, crediamo nella sua veste ufficiale e lasciamo lo stesso titolo sin dall’inizio.

2. La creatività del titolo deve assolutamente rispettare la creati- 4. Un film a cui sono molto legato e a cui avrei dato un altro titolo vità del film. Allo stesso tempo, un titolo deve immediatamente è The Humbling, con Al Pacino. Lo abbiamo presentato a Venezia fare capire cosa si sta andando a vedere. Qui si incontrano creati- nel 2014 e ha ricevuto premi in tutto il mondo, però quel titolo vità e marketing. Se poi il titolo non è rispettoso del film bisogna non ha funzionato ovunque, e in molti Paesi hanno preferito pensare ad una strategia ancora più mirata, e delle volte contro- cambiarlo. Un altro film, sempre in anteprima alla Mostra del Ci- versa. Penso al marketing come ad uno studio della creatività! nema di Venezia, è The Bleeder, biopic sul pugile che ha ispirato Rocky. Pur essendo intuitivo, non ero pienamente convinto e nel momento della distribuzione americana ho deciso di far uscire il film con un titolo diverso: Chuck.

5. Non ho casi specifici. Come risultati, posso dirmi soddisfatto di tutti i titoli, le eccezioni sono quelle appena indicate, e riguar- dano i miei gusti personali.

6. Un titolo dal quale sono particolarmente attratto è All Roads Lead to Rome, in italiano Tutte le strade portano a Roma, con Sa- rah Jessica Parker e Raoul Bova. È un detto talmente famoso che usato come titolo per una commedia romantica ha aiutato tan- tissimo il marketing e la commercializzazione. Non è un titolo originale, che mai avrei immaginato per un film. IL FATTORE INTUITO di FRANCESCA CUALBU

n regista famosis- Nel suo caso, oltre ad una ecce- U simo è talmente zionale allure autoriale, si attiva una garanzia per il il secondo ingrediente fonda- suo pubblico, che mentale: il cast. Woody Allen il titolo diventa quasi accesso- lavora sempre con attori molto rio rispetto alla potenza del suo famosi, in genere i più popolari nome. In questi casi spesso il ti- del momento, ottenendo quin- tolo scardina le regole di marke- di l’effetto “director and cast ting e lascia spazio alla fantasia driven”, ovvero di film che il dell’autore: Arancia meccanica, pubblico sceglie primariamente (sebbene tratto dall’omonimo perché di un certo regista e con libro, era assolutamente inno- certi determinati attori. Se un titolo non è abbastanza vativo per un film), o Eyes Wide Nel nostro Paese un effetto ana- Shut sono innanzitutto “film di logo si riscontra con alcuni au- d’impatto o divertente o intrigante, Kubrick” ed è questo che de- tori: “un film di Nanni Moretti”, insomma se non riesce a farsi termina la scelta, prima della “un film di Paolo Sorrentino”, comprensione della storia. Un mentre per quanto riguarda il ricordare, allora forse il processo regista che, soprattutto in Euro- cast sono prevalentemente i pa, gode di questo fenomeno è protagonisti della commedia creativo utilizzato per sceglierlo Woody Allen: potendo contare ad ottenere questo risultato “un non è riuscito. Questa è una regola su un pubblico ben consolidato, film di… Checco Zalone, Carlo negli ultimi anni si sbizzarrisce Verdone, Alessandro Siani”. quasi certa. Quasi, perché ci sono con titoli che non sempre iden- Questo accade perché la com- alcune eccezioni. tificano il film in modo preciso: media è ancora il genere più po- Vicky Cristina Barcelona, Blue Ja- polare in termini di box office, smine, Basta che funzioni. in Italia. TENDENZE Nomen omen. I titoli dei film italiani 50 - 51

Identificare il cosiddetto target pongono un titolo: per esempio ne d’incassi in Francia, che ave- primario del film è il primo passo non dovrebbero essere troppo va come titolo originale Untou- per procedere alla scelta di un ti- generiche o di uso estremamen- chables, presentava una difficoltà tolo. Il target è definito dal genere te comune, per evitare di essere perché in Italia a suo tempo era del film e dal suo cast. Nel valu- “confuse” e quindi anticipate nel già uscito Gli intoccabili e quindi tare un potenziale titolo bisogna risultato della ricerca. non si sarebbe potuto ripetere. sempre rispettare il tema del film Generalmente il titolo viene cre- In quel caso la distribuzione ha e la sua portata emozionale. Biso- ato dagli stessi sceneggiatori e dal saputo trovare un titolo italiano, gna considerare non soltanto ciò regista, in sinergia con il produt- Quasi amici, molto più accatti- che il titolo deve esprimere, ma tore e con il distributore. Abitual- vante e coinvolgente. Talvolta si anche il modo in cui deve farlo, mente sono titoli che sintetizza- decide di cambiare completa- in particolare deve catturare l’at- no in modo immediato il tema mente il titolo. Questo può acca- tenzione dal punto di vista grafi- portante del film, alcuni esempi dere perché magari contiene in co, posizionato su un manifesto recenti di film italiani sono: In- sé un’espressione idiomatica dif- insieme ai nomi degli attori e ad divisibili di Edoardo De Angelis e ficilmente intelligibile in un’altra una o più immagini. Deve essere Veloce come il vento di Matteo Ro- lingua, o perché è molto sofistica- sufficientemente breve da poter vere. Quando si tratta di comme- to e si sceglie di rendere il film più essere ben leggibile in un banner die, spesso il titolo contiene già di popolare, con un titolo più accat- online di pochi millimetri o in un per sé degli elementi buffi, ironi- tivante, meno criptico. È il caso piccolo riquadro pubblicitario ci, delle giustapposizioni curiose di Cassandra’s dream di Woody sui giornali. Deve poter essere che possano avere un senso diffe- Allen, che in Italia divenne Sogni si con degli elementi di verifica: pronunciato con enfasi da uno rente a seconda di come vengono e delitti, puntando in maniera de- testando il titolo abbinato al cast speaker negli spot radio o televi- contestualizzate: Sole a catinelle cisa sul thriller e conquistando in o al regista o a dei possibili mani- sivi, senza che egli sia costretto a con Checco Zalone, Poveri ma effetti un pubblico molto più am- festi o addirittura, se già pronto, correre per rispettare i pochi se- ricchi di Fausto Brizzi, o Smetto pio che negli altri Paesi. ad un primo trailer del film. Ge- condi a disposizione per l’intero quando voglio di Sydney Sibilia. neralmente le tre tipologie in cui messaggio pubblicitario. Sempre più spesso vediamo di- Sempre più spesso anche in Ita- si distinguono i titoli sono: Abbiamo poi l’indicizzazione di stribuiti nel nostro mercato film lia, per creare un titolo efficace, Google, la cosiddetta “Google con titoli stranieri non facili per ci si rivolge a professionisti che 1. titoli che incuriosiscono ability”, ovvero la capacità di un pubblico ampio e se i giovani coadiuvino il lavoro degli uffici 2. titoli che lasciano indifferenti balzare in cima alla classifica dei sono più avvezzi alla lingua origi- marketing, e talvolta degli autori 3. titoli che allontanano risultati di una potenziale ricerca. nale, le generazioni precedenti, e della sceneggiatura. Si tratta di Questa si determina mediante un fasce di popolazione meno accul- copywriter, di scrittori ed editor Da ultimo, fra i titoli che incu- preciso uso delle parole che com- turate, possono oggettivamente che studiando il film e seguendo riosiscono si fa una simulazione trovare difficoltà nella compren- le indicazioni di posizionamento di scelta nello specifico scenario sione immediata che si richiede commerciale, propongono una competitivo, includendo pertan- ad un titolo efficace... Se talvolta i serie di titoli possibili. to anche titoli di altri film possibi- distributori (mea culpa, è capita- li concorrenti di periodo. to anche alla sottoscritta), si fan- Ci si affida poi a società specia- no prendere la mano con titoli lizzate nel cosiddetto “naming Tutti questi sono ingredienti che che davvero non hanno più nulla test”, ovvero nella valutazione bisognerebbe tenere presente a che vedere con l’originale, fino dell’efficacia e gradimento di un per realizzare la ricetta del titolo all’aberrazione di sostituire un certo titolo rispetto a una serie di perfetto, ma credo che oltre alle titolo inglese con un altro sem- proposte. Generalmente si sot- regole, tutte estremamente vali- pre in inglese (sì, anche in que- topone un numero consistente de, ci sia, come in tutto ciò che ha sto caso si tratta di una confes- di possibili titoli ad un focus un lato artistico, una componen- sione!), il più delle volte si trova group, che dovrà esprimere una te irrinunciabile data dall’intuito, un giusto equilibrio per rendere valutazione qualitativa. Una vol- che naturalmente segue regole più comprensibili dei titoli altri- ta ottenuta una short list qualita- proprie. menti ostici. tiva si procede ad una valutazio- Per questo, soprattutto se il film ne quantitativa su un campione ha un target ampio e popolare, nazionale con analisi sulle spe- ancora adesso si preferisce un cificità territoriali e sui singoli titolo in italiano, che sia un adat- elementi sociodemografici. tamento alle nostre espressioni. La ricerca del titolo con maggior Per esempio, il film già campio- appeal può ulteriormente affinar- CINEMA ESPANSO

CREARE DUE,TRE, MOLTI STENO di ROCCO MOCCAGATTA

mente trascurato: come uomo di cinema, certo, ma, prima anco- ra, come intellettuale raffinato e scrittore arguto. A restituircelo come tale è appun- to questo prezioso Sotto le stelle del’44, diario di vita e di arguzie che uno Steno giovanissimo, ap- er la verità, nella post-fazione, Tullio Kezich, curatore di pena ventisettenne, redige giorno Che fa Steno, allora? Legge mol- P questo Sotto le stelle del’44, ripubblicato ora da Rubbetti- dopo giorno dall’agosto all’ot- to (Flaubert, Pater, Dostoevskij, no con il Centro Sperimentale di Cinematografia, scrive: tobre del 1944. Dietro l’acribia Poe), scrive battute e articoli per il “Creare due, tre, molti Flaiano”. Augurio gioiosamente perfidamente sottile con la quale giornale satirico “Marforio” (mol- paradossale, che egli immagina avrebbe potuto pronunciare anche Steno si mette in scena, tra i mor- ti dei quali riportati nel volume), Steno, grande amico di Flaiano. Oggi non ci si sente in colpa a scriver- si della fame e le frequentazioni s’avvilisce e si rincuora in eguale lo, sostituendo il nome dell’uno con quello dell’altro. illustri di Longanesi, Zavattini, misura, sogna di scappare in Ame- Steno e Flaiano sono, infatti, due facce di una stessa Italia che non c’è Blasetti, Soldati, a destra il teatro rica, o anche solo in Svizzera. È un più, colta e insieme popolare, nata negli anni magri e affamati del se- di rivista (la disastrosa esperienza italiano medio (mai mediocre), condo Dopoguerra, insieme alla nostra migliore commedia (italiana e della rivista satirica “Il suo caval- quando l’italiano medio può leg- all’italiana), e - forse - al nostro miglior cinema di sempre. Ma, in virtù lo” con Castellani) e a sinistra il gere Longanesi, vedere i film di di un costante disprezzo tutto nazionale per il comico e la comme- cinema sempre rinascente (ma Zavattini e di Freda, ridere dei ca- dia, il nome di Steno è rimasto a lungo semplice nota a piè di pagina, mai davvero), s’intravede un’Ita- lembour di Marchesi. quando pure la grande tradizione dei Risi, Monicelli, Scola è stata ri- lia con le ossa peste per la guerra, Questo diario, recuperato for- scoperta e studiata. Steno, insomma, nonostante (o, proprio per) una incapace di fare i conti con il re- tunosamente dalla sua vedova carriera che, dagli esordi come umorista del “Marc’Aurelio”, si è spin- cente passato, come di immagi- dopo la morte del regista e già ta alla fine degli Anni ’80, ricca di titoli memorabili e imprescindibili nare davvero un futuro. proposto da Sellerio in una prima (due per tutti, escludendone a malincuore molti altri: Un americano edizione che è stata a lungo un a Roma e Febbre da cavallo), è finito tumulato da subito nelle pratiche gioioso segreto per pochi e ap- basse della nostra industria, quale puro metteur en scène per comici passionati cultori, non scoraggi (praticamente tutti: da Totò ad Abatantuono), sempre sottovalutato, chi è convinto di incontrare nomi qualche volta addirittura biasimato. Salvo, poi, per paradosso, dopo la e fatti ormai remoti e dimentica- morte, essere usato dai detrattori del cinema dei figli Carlo ed Enrico ti. Un alfabetiere finale, denso e per rampognare i loro film. articolato, redatto da Kezich (e Ma Steno (o Stefano Vanzina, appunto) è stato due volte colpevol- minimamente aggiornato), gui- CINEMA ESPANSO 52 - 53

mai pubblicato e gelosamente custodito dalla famiglia, nel qua- le quella “tecnica dospassiana”, a base di “contrappunto di mate- da il lettore e il curioso in questa riale vero di ogni giorno”, proba- giungla. E, poi, quel che Steno bilmente raggiungeva il suo apice. racconta non è certo appannag- Anche Sotto le stelle del ’44 ne reca gio esclusivo del 1944. Infatti, a traccia (il sottotitolo è “Un dia- titolo di esempio, quanto si legge rio futile”), quando accompagna il venerdì 29 settembre (“…., gran- aforismi e pensieri con stralci e ri- de volontà di far rinascere la cine- tagli di giornali, titoli, pubblicità, matografia italiana non tanto per secondo una tecnica già cinema- esigenze artistiche, quanto per tografica di montaggio, ora para- esigenze di stomaco. Non l’Arte dossale, ora velenoso, della quale presiede questi volenterosi, ma nell’edizione Rubbettino ci si può il Pranzo.”) non potrebbe essere fare un’idea nelle pagine finali. stato scritto appena ieri? E lo Steno privato, leggero ma non Nel definire il diario “un giorna- futile, che compare qui lascia con le in minima parte intimo e so- la voglia di saperne di più (anche stanzialmente dedicato a note pensando al bel documentario di di costume e di fantasia”, Steno qualche anno fa, Steno: l’arte del- minimizza e fa il modesto, ma di la commedia, con i 16mm realiz- fatto prosegue una tradizione al- zati dal regista medesimo, ora sul tissima di journal della nostra let- set ora in casa propria) e anticipa teratura. Che, subito prima, l’ha proprio lo Steno regista popola- visto protagonista nel ruolo di se re e artigiano brillantissimo del stesso nelle pagine di Soldati da cinema italiano. Non bastassero un lato e di Longanesi dall’altro. queste pagine, nell’anno del cen- Infatti, la Fuga in Italia dell’uno e tenario dalla sua nascita, c’è stata il Parliamo dell’elefante dell’altro anche una preziosa occasione raccontano entrambi, in forma ulteriore per approfondire la sua di diario, come in un gioco con- conoscenza: la mostra Steno. L’ar- tinuo di campi e controcampi, la te di far ridere, alla Galleria Nazio- rocambolesca fuga verso Napoli nale d’Arte Moderna a Roma, un di un piccolo gruppo formato so- viaggio nella vita e nella carriera prattutto da Longanesi, Soldati e del regista, attraverso documen- Steno all’indomani dell’8 settem- ti, lettere, carteggi, memorabilia, bre per sfuggire alle persecuzioni scene di film, cartelloni e fotogra- nazifasciste. fie, molti dei quali inediti e messi E, d’altronde, Sotto le stelle a disposizione dalla famiglia. del’44 (titolo pensato dai figli per l’edizione precedente Sellerio) è stato preceduto da un diario dall’8 settembre 1943 al 7 giugno Stefano Vanzina è stato due volte 1944, finora mai rinvenuto e mol- to rimpianto, che su quei fatti colpevolmente trascurato: come straordinari sarebbe stato un ter- zo punto di vista. Senza dimen- uomo di cinema, certo, ma, prima ticare il desideratissimo Diario ancora, come intellettuale raffinato futile, librone-collage ricolmo di notarelle e appunti su costume e e scrittore arguto. A restituircelo società del biennio ‘42-43, opera come tale è Sotto le stelle del’44, congiunta di Steno e Marchesi, prezioso diario di vita che uno Steno, appena ventisettenne, redige giorno dopo giorno dall’agosto all’ottobre del 1944. CON GLI OCCHI DI UNA GAZZA

di GIANNI CANOVA

ppena attacca l’ou- A verture, non puoi fare a meno di pen- sare a Stanley Ku- Nella sua messinscena scaligera brick: proprio le note trascinanti de La gazza ladra di Gioacchino della musica di Rossini erano sta- te scelte in Arancia meccanica per Rossini, Gabriele Salvatores ci offre sottolineare e scatenare le pulsio- ni violente e aggressive di Alex e una sua personale e semiseria dei suoi Drughi. Ma La gazza ladra riflessione su cosa si può intendere messa in scena da Gabriele Salva- tores alla Scala di Milano non ha oggi per regia. nulla di kubrickiano: i costumi (tube, cilindri, mantelli e panta- loni scozzesi) ricordano semmai, alla lontana, quelli di alcune tribù di Gangs of New York di Martin meccanico, corpo fonico, corpo Scorsese. Ma è l’unico ammic- ginnico…) sul palco del teatro. La camento cinéphile che si coglie gazza, peraltro, sembra talora la nell’allestimento, nella sceno- vera regista dell’azione: è lei che grafia (firmata da Gian Maurizio muove la drammaturgia (con il Fercioni) e nella regia: per il resto, furto della posata per cui viene giustamente, Salvatores – che vie- accusata l’incolpevole Ninetta) ne dal teatro – si è messo al servi- ma anche la macchina scenica zio della musica di Rossini e del (lei apre un sipario per far vedere libretto di Giovanni Gherardini il disertore Ferdinando, lei spinge e ha predisposto uno spettaco- la grande ruota che fa scendere lo in cui è proprio la teatralità ad l’albero dietro il quale egli si na- essere massimamente valoriz- sconde, e così via…). Come se con zata. Nessuna modernizzazione questa messinscena rossiniana Salvatores avesse voluto mettere spinta. Nessuna volontà di provocare o scandalizzare. Piuttosto, due a fuoco una sua personale e sug- trovate sceniche apparentemente contrastanti ma in realtà comple- gestiva (ancorché semiseria…) mentari, che indicano due diversi possibili approcci all’opera: l’uso riflessione su modi, forme e fun- delle marionette della compagnia Carlo Colla (che anticipano ciò che zioni di quell’attività indefinibile sta per succedere) e la scelta di far interpretare la gazza – dispettosa, e misteriosa che in genere – al ci- imprevedibile, sfuggente, disturbante – a un’acrobata contorsionista nema come a teatro – siamo soliti che vola nel cielo del palco per quasi tutto lo spettacolo. La marionet- chiamare “regia”. ta e l’acrobata: la fissità rigida del corpo meccanico mosso dai fili del marionettista e la libertà plastica e dinamica di un corpo femminile che volteggia, zampetta e si libra in aria, impossibile da imprigionare, capace di scompigliare i piani e i progetti di tutti gli umani. In mezzo, tra la marionetta e l’acrobata, tutti gli altri personaggi, i solisti e il coro: come se con questa scelta Salvatores avesse voluto conferire una to- nalità vagamente fantasy alla sua regia, facendo dell’opera di Rossini l’occasione per riflettere sulle varie configurazioni del corpo (corpo CINEMA ESPANSO 54 - 55

CON GLI OCCHI DI NANNI

di G.C.

Il nuovo romanzo di Giuseppe Culicchia immagina che uno icordate Essere John retti. Sulle prime protesta, procla- scrittore in crisi sfrutti la sua R Malkovich, il bellis- ma la sua vera identità, cerca di simo film di Spike chiarire l’equivoco. Poi, quando somiglianza con il regista Jonze del 1999 che si accorge che praticamente tut- di Caro Diario per far credere a tutti trasformava John Malkovich in ti lo credono veramente Nanni, un’icona dell’immaginario col- decide di provare a sfruttare a di essere proprio Nanni Moretti. lettivo e ne faceva il corpo-invo- suo vantaggio la somiglianza e co- lucro abitabile e penetrabile che mincia a farsi invitare – con la sua consentiva a chiunque di provare fidanzata Selvaggia – in alcune per un po’ di tempo l’emozio- delle località turistiche più note ne – appunto – di “essere John e rinomate d’Italia – da Noli Li- Malkovich”? Ora lo scrittore to- gure a Bardonecchia, da Ravello a “cinema espanso”: cinema che rinese Giuseppe Culicchia (Tutti Pantelleria, via via fino all’Istituto iconizza i suoi protagonisti, cine- giù per terra) tenta un’operazione italiano di Cultura di Parigi – sem- ma che offre false identità, cine- per certi versi analoga con il suo pre accolto con gli onori riservati ma che si fa parola e verbo e che si ultimo romanzo. Che si intitola – a uno dei Maestri indiscussi del presta a sperimentare punti di vi- non a caso – Essere Nanni Moretti nostro cinema. Il romanzo ha sta inediti sul mondo. È bene non (Mondadori) e ha in copertina pagine esilaranti nel tratteggiare rivelare, ovviamente, come – nel un’immagine stilizzata e iconiz- la ritualità avida di fama con cui romanzo – il “vero” Nanni Moret- zata di Nanni sul sellino della sindaci, politici e potenti di ogni ti reagisca alla scoperta di un suo sua Vespa in Caro Diario. La tro- parte d’Italia accolgono il Mae- sosia che si fa invitare in sua vece vata narrativa è efficace nella sua stro (a spese del contribuente), a un dibattito su Alberto Sordi semplicità: uno scrittore in crisi, gli impartiscono lezioni di storia alla Mostra del Cinema di Vene- improduttivo e invidioso dei suoi locale, e fanno di tutto affinché zia, alloggiato – ovviamente – in colleghi più celebri e più letti di scelga il loro ridente borgo come una suite dell’Hotel Danieli. Quel lui (a cominciare da Giuseppe location del suo prossimo film. che va rilevato, semmai, è come Culicchia…), un giorno, per di- Patologie da cineturismo. Ma nel il destino dei registi nel cinema sperazione o per disattenzione, si raccontare tutto ciò, il romanzo contemporaneo, sia davvero pa- fa crescere la barba e scopre che di Culicchia diventa anche un radossale: da inventori di mondi tutti lo scambiano per Nanni Mo- esempio molto interessante di a fornitori effimeri di identità. NEW AMERICAN CINEMA: ESPERIENZE CORSARE CINQUANT’ANNI DOPO di CHIARA GRIZZAFFI

Una rassegna alla Fondazione Prada di Milano ha riproposto il programma dedicato al cinema sperimentale americano allestito a Torino nel 1967. Non un’elegia funebre, ma un dialogo con le pratiche del presente. CINEMA ESPANSO 56 - 57

on “The New Ame- è emerso chiaramente quanto il C rican Cinema – To- cinema non sia mai, soltanto, un rino 1967”, la Fon- corpus di opere, ma soprattutto dazione Prada e il un’esperienza che anche gli artisti curatore della rassegna, Germano invitati le settimane successive Celant, fanno una scelta per certi – Pola Chapelle, Ira Schneider, versi anomala: quella di non rea- Peter Kubelka – hanno voluto lizzare, cioè, un loro programma rievocare gettando un ponte fra dedicato al cinema sperimentale passato e futuro. americano degli Anni ‘50 e ‘60, Impostare in questo modo l’ini- ma di riproporre in maniera filo- ziativa ha l’indubbio pregio di re- logicamente fedele quello della cuperare, attraverso la discussio- rassegna promossa dall’Unione ne, la dimensione corsara, quasi Culturale di Torino nel 1967. Cu- da happening, della rassegna tori- rata da Jonas Mekas ed Edoardo nese, che altrimenti si perdereb- Fadini, “New American Cinema be nella cornice ultramoderna Group Exposition” ha costituito della Fondazione Prada. Non si uno straordinario momento di tratta di rimpiangere le modalità incontro fra alcuni dei più inte- di proiezione di cinquant’anni fa ressanti esponenti dell’under- (quando fu Mekas stesso a tra- ground d’oltreoceano e artisti e sportare in alcuni zaini le bobine intellettuali come Fernanda Pi- da proiettare): va anzi sottolinea- vano, Luciano Berio, Roland Bar- to tanto il lavoro preziosissimo di thes e Judith Malina, per citarne conservazione della Fondazione, sembrano recepire tanto le spinte solo alcuni. che ha digitalizzato moltissime politiche – in lavori come Time of Ma cosa vuol dire, concretamen- opere finora soltanto in 16mm, the Locust di Gessner è evidente te, dedicare una retrospettiva non quanto il fatto che il New Ame- la lezione del film di montaggio direttamente al NACG, ma a una rican Cinema ha sempre avuto sovietico – che quelle più poe- delle prime forme di divulgazione come luoghi privilegiati di circo- tiche o ludiche dell’Impressio- che ebbe nel nostro Paese? Forse, lazione delle proprie opere non nismo, del Surrealismo, perfino che a dover essere riportato alla solo le università statunitensi, del Dada e dell’Astrattismo. Chi luce, dopo cinquant’anni, non è ma anche musei e gallerie d’arte. ha seguito la rassegna ha potuto solo un cinema i cui autori hanno Ma per far sì che la rassegna non lasciarsi sorprendere dalla varietà avuto fortune anche molto diver- sembrasse l’elegia funebre di un espressiva dei film proposti: dai se, ma piuttosto l’esprit du temps, tempo che fu era assolutamente collage e dalle forme astratte di di un momento unico in cui al vi- necessario riuscire a comunicare Breer, dai piccoli racconti poetici NEW AMERICAN CINEMA: vacissimo clima culturale di quel anche la vitalità sovversiva di un di Hill, dalle cosmogonie di Bra- presente si univano le speranze “nuovo cinema americano” e il khage, dalle visioni psichedeli- per un futuro rappresentato, in suo legame con il presente. che di Conner, dai diari di Mekas, Italia, dalla Cooperativa del Ci- A guardare i film ci si rende im- solo per citare alcuni autori. Se si nema Indipendente fondata pro- mediatamente conto della natura vuole trovare un minimo comun prio sull’esempio della Film-Ma- eclettica di quello che non può denominatore a queste esperien- ESPERIENZE CORSARE ker’s Coop di Mekas, che riuniva essere definito un movimento, ze così diverse, sta proprio nella cineasti come Alberto Grifi, Gian- ma una sigla che raccoglieva al capacità di cogliere come alla franco Baruchello e Massimo Ba- suo interno tante forme diverse libertà garantita dai nuovi mezzi cigalupo e che purtroppo si rivelò di reazione al sistema creativo e di ripresa e riproduzione delle meno capace di innescare un produttivo del cinema mainstre- immagini, più leggeri o economi- processo virtuoso di diffusione e am. Più compatti nel rivendicare ci, poteva e doveva corrispondere CINQUANT’ANNI DOPO di promozione dei propri lavori modalità produttive low budget anche una libertà dello sguardo. rispetto alla sorella statunitense. (che privilegiavano attrezzatu- In questo senso quindi “The New Gli incontri che hanno scandito re leggere e formati ridotti) che American Cinema – Torino 1967” le settimane di programmazione non nel rifiuto della narrazione in è stata soprattutto l’occasione della rassegna alla Fondazione qualunque forma (come si evince non per celebrare il passato, ma Prada di Milano si sono rivelati guardando film come Open the per aprire un dialogo con le pra- fondamentali nel loro essere, più Door and See All the People di Je- tiche del presente, perché è più che lezioni o approfondimenti rome Hill, o Halleluja the Hills di che mai necessario rivendicare legati ai film proiettati, delle te- Adolfas Mekas), i film del NACG la possibilità di appropriarsi dei stimonianze vive. A partire dalla sono il risultato di una contami- mezzi tecnici per realizzare un ci- tavola rotonda di apertura, che ha nazione fra le esperienze di cinea- nema nuovo, imprevedibile, non visto riuniti Ugo Nespolo, Adria- sti statunitensi come Maya Deren piegato solamente alle possibilità no Aprà, Tonino De Bernardi e e le sperimentazioni delle avan- tecniche e ai modelli dominanti, Pia Epremian: dai loro racconti guardie degli Anni ‘20, delle quali ma vivo. NEL MONDO

DIVISI (O UNITI) DAL MEDITERRANEO

di CRISTIANA PATERNÒ

ra la fine di marzo nistrativo del Regno del Marocco, T e i primi di aprile anche se questa regione, quella di di quest’anno sono Tangeri, è stata protettorato spa- stata in giuria al 23° gnolo. Ma nella Tétouan di oggi lo Festival International Cinéma spagnolo non è una lingua molto Méditerranéen di Tétouan. parlata benché abbia lasciato se- È uno dei principali festival del gni tangibili nella toponomastica Marocco, forse il più importante e nella cucina. L’Italia del cinema, dopo quello di Marrakech. Ha infine, è molto amata, idealmen- una vocazione “mediterranea”, te. Basti pensare che la vittoria evidente fin dal nome, un po’ di un film italiano, Indivisibili di come il gemello italiano, il Med- Edoardo De Angelis, molto ap- film presieduto da Ginella Vocca prezzato anche dal pubblico che a Roma. Privilegia quindi opere affollava ogni sera in Cinema Ave- delle nazioni che si affacciano nida, non è un caso isolato. Nel sul Mare Nostrum e storicamen- 2015 fu Il giovane favoloso di Mario te offre una grande attenzione a Martone a ottenere il Tamouda Paesi “amici” come la Francia, la d’or - Grand Prix de la Ville de Spagna e l’Italia. La Spagna è pro- Tétouan, cinque anni prima era prio vicinissima, separata da un stato Alza la testa di Alessandro breve tratto di mare, lo Stretto di Angelini a portare a casa lo stesso Gibilterra, e “unita” attraverso le riconoscimento, nel 2013 Le cose due enclave spagnole in territorio belle di Agostino Ferrente e Gio- africano, Ceuta e Melilla, che di- vanni Piperno vinse come miglior stano poche decine di chilometri: opera prima e l’anno dopo toccò Reportage dal Festival luoghi ormai tristemente famosi sempre in questa categoria a Miele di Tétouan, in Marocco. perché legati a recinzioni, barrie- di Valeria Golino… Come si vede re, frontiere che vengono valicate un terreno fertile per la nostra Dove il cinema italiano sempre più spesso clandestina- cinematografia. La presenza di mente. La Francia è ovunque, un giurato italiano, ovviamen- trova terreno fertile. nella lingua e nel sistema ammi- te, aiuta: nel 2015 c’era il critico NEL MONDO 58 - 59

Giona Nazzaro. Ma per assegnare rina Seresesky, una commedia il premio principale di un festi- spagnola amara e toccante sul val, di qualsiasi festival, grande o mondo della prostituzione, che piccolo che sia, è indispensabile racconta la storia di una cinquan- che un film faccia innamorare tenne, della sua anziana madre, di almeno una parte dei giurati, che una vicina di casa transessuale e poi cerca di trasmettere la sua di una bambina rimasta orfana, e passione anche agli scettici o ai lo fa con uno sguardo che fa pen- detrattori. In questo caso il sor- sare a tratti al primo Almodóvar. prendente Indivisibili – e soprat- Ad essere premiata è stata l’at- tutto le sue due protagoniste, le trice protagonista Carmen Ma- sorelle Marianna e Angela Fon- chi, un’interprete sorprendente tana - era stato un coup de coeur anche per la fisicità poco appa- per una buona metà della giuria riscente, perfetta nel ruolo della presieduta dal regista greco Pa- puttana matura che ai sogni e ai nos Karkanevatos (che con il suo desideri ha sostituito i rimpianti e Riverbanks aveva vinto il Prix du le recriminazioni. Jury nell’edizione precedente del tiere e le migrazioni erano infatti festival) e composta dall’attrice A rappresentare l’Italia c’era an- uno dei temi del festival – come spagnola Cristina Plazas, dalla che il documentario di Mario poteva essere altrimenti? – un giovanissima attrice e produttri- Brenta e Karine De Villers Delta tema affrontato anche nel conve- ce ivoriana Kadhy Touré, dallo Park, ambientato alla Foce del Po, gno “Quando il cinema supera le studioso francese Francis Bordat in un albergo in disarmo riaperto frontiere” a cui ha preso parte la (docente universitario e grande per ospitare, grazie alla diaria sta- critica cinematografica Beatrice esperto di Chaplin), dalla sceneg- tale, un gruppo di migranti afri- Fiorentino, che ha sottolineato giatrice e giornalista marocchina cani che sembrano vivere in un l’imprescindibilità di un percorso Fatema Loukili, oltre che dalla eterno aspettando Godot in tono estetico militante nell’affrontare sottoscritta. Il dibattito sul film minore. Ma il vuoto non riguar- questioni di attualità come i fe- italiano, che ha sorpreso e spiaz- da solo questi giovani uomini nomeni migratori che investono zato, facendo pensare di volta in scappati a situazioni di povertà, il Mediterraneo. Altra presenza volta a Fellini e Tod Browning, è carestia o guerra verso un sogno italiana Luciano Sovena, presi- stato appassionante e mi ha fatto europeo che si rivela giorno dopo dente della Fondazione Roma vedere le cose anche da prospet- giorno sempre più illusorio, ma Lazio Film Commission, che ha tive inedite (le critiche negative anche, e soprattutto, gli italiani, annunciato il lancio di una piatta- contengono sempre un tanto di civiltà in disarmo e in piena de- forma per il cinema del Mediter- verità): è un esercizio di dialet- cadenza. Il film faceva parte della raneo, luogo per uno scambio di tica che bisognerebbe praticare sezione competitiva dedicata alla idee e di contributi per realizzare spesso. Nel palmarès finale – su non fiction (in giuria anche Patri- film in coproduzione d’interes- dodici film in concorso, la metà zia Pistagnesi) che ha proposto, se comune. Il giovane Matteo meritavano attenzione - figurava come fuori concorso, Fuocoam- Gentiloni, diplomato del Centro anche La puerta abierta di Ma- mare di Gianfranco Rosi. Le fron- Sperimentale di Cinematografia, ha partecipato al Forum delle Scuole di cinema. Il suo corto Se- miliberi è una breve storia ispirata a circostanze reali: la vicinanza tra il braccio femminile e quello maschile di un carcere permette alle detenute di tentare di restare incinte con un ingegnoso sistema a distanza… Matteo adesso sta la- vorando alla scrittura del suo lun- gometraggio d’esordio. RICORDI

di GIANNI CANOVA

A cento anni dalla nascita (1917) li altri facevano dal boogie woogie e da “Bolero G film sul popolo, lui Film” che dalle lotte sindaca- e a venti dalla morte (1997), era uno dei pochi li, con la dolente riflessione sul che invece aveva Male di Germania anno zero o con forse è venuto il momento chiara l’urgenza di fare film per l’empatico pedinamento di un di risarcire uno dei grandi il popolo. Gli altri inseguivano il disoccupato romano alla ricerca fantasma (o il feticcio) del reale, dell’ “oggetto magico” rapito in del cinema italiano, autore lui era invece tra i pochi a inse- Ladri di biciclette? C’entravano, guire i segreti e i fantasmi dello eccome, e decenni di storiografia di capolavori come Riso amaro spettacolo. Gli altri estetizzavano neorealista l’hanno abbondan- e Roma ore 11, costretto il quotidiano, lui cercava di ren- temente dimostrato. Ma erano dere quotidiana, per tutti, l’espe- eccentriche. Eretiche. Erratiche. per 25 anni all’inattività e rienza estetica. Nel panorama Perfino pericolose, da un certo ingiustamente dimenticato. complessivo del Neorealismo punto di vista: quello moralistico italiano, la posizione di Giuseppe di certa sinistra italiana, sempre De Santis è sempre stata di evi- convinta – dai tempi di Togliatti a dente minoranza. Forse, perfino quelli di Berlusconi – che Eros sia di dissonanza. Che c’entravano – incompatibile con l’impegno e in Riso amaro – le cosce di Silvana con le lotte sociali. Incompatibi- Mangano, mondina più attratta le o quanto meno sconveniente e RICORDI 60 - 61

inopportuno. Sarà. A me Giusep- De Santis fu costretto a farsi apo- un altro giorno (1995), due anni pe De Santis, comunista militante lide e a realizzare i suoi progetti prima di morire praticamente di- per tutta la vita, è sempre sembra- fuori dall’Italia, in Jugoslavia (La menticato. Non è il caso di risar- to centrale e strategico – benché strada lunga un anno, 1958, pro- cirlo almeno oggi, ricordandolo minoritario – proprio per questo: dotto da quel Branko Lustig che per quel che merita e celebrando- per la nettezza con cui ha posto il poi sarebbe andato a Hollywood lo per quel che ha dato (e avrebbe corpo (con i suoi desideri, le sue a vincere Oscar con film come potuto dare…) al cinema italiano? pulsioni, i suoi tremori, le sue Schindler’s List o Il gladiatore) o esplosioni…) al centro del suo ci- addirittura in Russia, con la Mo- nema e dei suoi film, coniugando sfilm (Italiani brava gente, 1964). la grande lezione della messin- Quest’anno ricorrono ben due scena hollywoodiana con il gusto suoi anniversari: i 100 anni dalla dei movimenti di massa derivato nascita (era nato a Fondi, in pie- da una conoscenza non superfi- na Ciociaria, l’11 febbraio 1917) e i ciale del cinema sovietico e delle 20 anni dalla morte (il 16 maggio avanguardie russe. 1997 a Roma). Che sia finalmente Dopo la lunga militanza critica l’occasione per ripescare e rende- sulle pagine di “Cinema”, la rivi- re visibili alcuni suoi capolavori sta diretta da Vittorio Mussolini, dimenticati? C’è qualche diret- fin dal suo esordio “neorealista” tore di festival che ha voglia di ri- con Caccia tragica (1947) De San- cordarsi di lui? Qualche cineteca tis si distacca dagli altri autori del disposta e interessata a recupera- movimento sia per la sua forte re e restaurare film ingiustamente tensione al “popolare”, che lo dimenticati come La garçonnière allontana tanto dall’aristocratici- (1960), con una sublime Eleono- smo di Visconti, quanto dal rigore ra Rossi Drago nei panni di una formale di Rossellini, sia – soprat- moglie tradita, su una sceneggia- tutto – per la sua tensione verso tura scritta con Franco Giraldi, i corpi (anche quelli colpevoli Tonino Guerra e Elio Petri, o Un o sospetti di collaborazionismo apprezzato professionista di sicu- come la “Lili Marlene” interpre- ro avvenire (1972), ultimo film di tata da Vivi Gioi). Questi due De Santis, con Lino Capolicchio aspetti peculiari (il popolare e il nei panni di un affermato avvo- corporale) restano costanti an- cato, marito impotente di una che in tutti i suoi film successivi: sensualissima Femi Benussi, che 11 in meno di trent’anni (dal 1947 accetta di far ingravidare la mo- al 1972), annegati in una galassia glie da un amico prete, salvo poi di progetti abortiti, abbandona- trucidarlo con un candelabro e ti, rifiutati, censurati. Perché De far ricadere la colpa su un disoc- Santis è l’esempio emblemati- cupato spiantato interpretato da co di una cinematografia che ha Riccardo Cucciolla? Dopo questo spesso sprecato i suoi talenti, film, censuratissimo eppure cult, sottoponendoli a ostracismi ta- con una colonna sonora scritta lora davvero incomprensibili o da Maurizio Vandelli dell’Equi- capziosi: nonostante capolavori pe 84, che arriva a riarrangiare come Riso amaro (che in America in chiave pop perfino i Carmina – ricorda uno storico come Ge- Burana, De Santis – poco più che orges Sadoul – ebbe un successo cinquantenne – viene condanna- di gran lunga superiore a quello to all’inattività. Nei successivi 25 di Paisà e Sciuscià) o Roma ore 11 anni della sua vita nessuno più (esempio modernissimo di film gli produce un film, tutti i suoi corale al femminile, ispirato da progetti vengono respinti e lui un tragico fatto di cronaca avve- si limita a codirigere con Bruno nuto a Roma nei primi Anni ‘50), Bigoni il mediometraggio Oggi è RACCONTI DI CINEMA

ta iniziando: i colpi S ovattati dei tambu- ri e la musica psi- cato. Non era facile, perché bor- chedelica dei Pink ghesi lo si era tutti, anche a diciot- Floyd gli lasciano immaginare i to anni, e non bastava sperare in volti in primo piano degli studen- un futuro diverso per cambiare il ti, mentre ascolta la loro rabbia in presente dei pensieri. assemblea. Per questo Michele aveva deciso Rivive il Campus universitario, la di rivedere con attenzione quei rivolta, le cariche della polizia, la centonove minuti di cinema violenza, la fuga, la California, fino che gli avevano mostrato nuove Da quella seconda volta, Michele alla Death Valley. Zabriskie Point. strade da percorrere e molte da ha visto Zabriskie Point con amici Gli hanno permesso di mettere il lasciare. entusiasti, riluttanti, perples- DVD in quella stanza di ospedale Fece il giro dei Cineclub. A Roma si; insieme alle donne della sua dove si trova da qualche giorno: ce n’erano tanti, a quei tempi. vita, con il timore che si ripetesse l’infermiera non ha detto nulla, Scoprì che lo davano alla fine del quanto accaduto con Cinzia, ed è ha solo sussurrato “contento lei” mese a Trastevere, all’interno di accaduto. Da solo, come adesso, prima di uscire. Point a conquistarlo. Quella sen- una retrospettiva su Michelange- nel suo mondo fatto di ombre. Michele si sta abituando alle om- sazione simultanea di rabbia e di lo Antonioni. È pronto: ha rievocato i corpi bre e alle brevi crespature di luce libertà si era impadronita di lui La scheda del film, sull’opuscolo nudi che rotolano nella Valle del- del suo campo visivo. appena il cartello “Fine” era com- di due pagine che gli consegna- la Morte; l’aereo multicolore con La malattia si era manifestata parso sulla parete umida della rono insieme alla tessera, era su scritto “No War” che attraver- due anni prima. All’inizio solo palestra, e non l’aveva più lascia- essenziale: “Zabriskie Point, con sa la California; l’esplosione della macchie, luci in movimento che to. La sera stessa aveva iniziato a Mark Frechette e Daria Halprin, villa nel deserto dell’Arizona e si sovrapponevano allo sguardo. scrivere le sue riflessioni, a scom- prodotto da Carlo Ponti per la nella mente di Daria. E ha condi- Non gli aveva dato importanza, porre il film, riportando alla men- MGM e scritto da Michelangelo viso l’urlo finale, con tutta la sua pensando che fossero dovute allo te frammenti che continuarono Antonioni, Fred Gardner, Sam rabbia. stress, e le macchie invece erano ad agitargli i pensieri. Shepard, Tonino Guerra e Clare Michele sta aspettando che aumentate. Non era andato dal Su tutte l’entrata in scena di Mark, Peploe. Il secondo di tre lungo- vengano a togliergli le bende. È medico. Aveva paura, esattamen- il protagonista: “Anch’io sono metraggi girati da Antonioni in sereno, adesso, perché sa che, te come adesso, dopo l’operazio- pronto a morire, ma non di noia”. lingua inglese, e con attori prota- qualsiasi cosa accada, nessuno ne, mentre aspetta che qualcuno La noia era invece la condizione gonisti stranieri”. potrà privarlo della libertà, che la gli tolga le bende. abituale di Michele. Da quando, Ci trascinò Cinzia, la sua compa- sua immaginazione sarà sempre “Il nemico è invisibile”, sente dire in quello stesso anno, in quella gna di quegli anni. più forte della paura. Che potrà dalla voce di Monica Vitti, presta- stessa palestra, durante un’as- “Pago io” promise, per far cadere tornare, ogni volta che lo vorrà, a ta a una studentessa nella versio- semblea degli studenti dopo il le sue resistenze. Zabriskie Point. ne italiana. Ora sa che è proprio rapimento di Aldo Moro, aveva Con lei al fianco, per Michele fu così. capito che era già finito tutto. un’esperienza nuova. Nella pa- Lui, all’inizio, ci aveva creduto. lestra di scuola era stato Mark, il Dai suoi 18 non è passato anno “L’immaginazione al potere”, di- protagonista che fugge accusato che non abbia visto Zabriskie cevano i suoi compagni, e lui era di aver ucciso un poliziotto. Point almeno una volta. Un’osses- lì, pronto a fare le cose per bene, “Io ne ho bisogno prima”, dice sione, probabilmente, ma anche a sognare un mondo diverso, per- all’inizio del film, ma in quell’an- un’occasione per comprendere ché quello che c’era non gli piace- sia rivoluzionaria Michele non si meglio quel film, che continua a va e, come a lui, neanche agli altri. riconobbe più. Fu invece Daria a parlargli, a svelargli lati nascosti “Fino all’ultimo sangue contro indicargli una nuova possibilità, della sua anima. l’individualismo borghese”. un percorso diverso, in quel de- Il colpo di fulmine era arrivato La ricorda bene, quella frase, e serto infinito di sabbia e anime in uno scantinato, la palestra del l’impotenza che gli aveva provo- che è l’America. suo liceo. 1978: un cineforum, “Lo sapevo che mi portavi a vede- come se ne facevano tanti. re un film reazionario”, si lamen- Tra i film presentati brutalmente tò Cinzia all’uscita. su una parete bianca da un pro- Lei stava con gli Autonomi che iettore rumoroso, Il processo di violentavano le piazze, e non più Orson Welles, e poi Amarcord, Ac- con lui. cattone, Il posto delle fragole. Ma su tutti era stato Zabriskie RACCONTI DI CINEMA 62 - 63

ZABRISKIE POINT GLI OCCHI DELL’IMMAGINAZIONE

di PAOLO DI REDA IL SORPASSO LA VERSIONE DI LILLY di ELENA COSTA

e estati di allora mi sembravano lunghissime e senza si- un suo tono di voce, quando mi L gnificato. Il tempo passava lento ed io non facevo altro aveva chiesto di andare da lui a che immaginare futuro. Nell’estate del 1962, l’ultima Roma, ma si era subito pentito, estate di me giovane, in quel futuro c’era Bibi che si sa- ammettendo “non lo so fare il rebbe occupato di me. Come facessi a vedermi sposata con lui non lo padre, io”. Una volta la mamma ricordo e guardo oggi a quella forma di me, completamente svanita, mi aveva detto: “Lilly, fattene una con tenerezza, mai con rimpianto. ragione, tuo padre non si poteva In alcuni momenti, sempre più rari, vorrei sapere quello che è davvero salvare”. successo, perché subito dopo non avevo avuto la forza e la voglia di Salvare da cosa? Non sapevamo indagare, potevo solo sforzarmi di vivere, per andare avanti senza di più nulla di lui. Era morto, vivo, lui, senza mio padre. malato? Aveva perso la memoria, Continuavamo a passare le vacanze a Castiglioncello, io e la mamma. era diventato un barbone? Si può Lei parlava sempre poco, mi osservava, non chiedeva. Sapeva tutto di sparire così? Avevo solo quell’ul- me. Sapeva che non avrei sposato Bibi e che avrei tirato fuori qualcosa timo ricordo, di quell’ultima esta- da me che mi avrebbe cambiato. te in cui io facevo l’adulta e lui il In effetti, Bibi aveva sposato una nobile vedova con due figli gemelli. bambino. Ci incrociavamo ancora allo stabilimento. La vedova si nascondeva Eppure di tutto quello che suc- sotto un enorme cappello e Bibi le spalmava la crema sulle spalle. Ci cesse, a distanza di così tanto invitavano in barca o a cena, gentilmente, e mamma, gentilmente, de- tempo, la cosa più strana e miste- clinava l’invito. riosa rimane quel mio incontro in Mamma frequentava un ingegnere toscano, poco più giovane di lei, sor- treno. ridente e con gli occhiali. Le faceva una corte discreta, a suon di dischi Ero stata a trovare una compa- dei Beatles. A mia madre, l’ingegnere piaceva, la vedevo mettere su Ti- gna di università a Livorno e sta- cket to ride, e rimanere accanto al giradischi in piedi, in silenzio, seguen- vo tornando a Milano. Ero salita do la musica fino alla fine. La vita, per il resto, era rimasta lenta, usuale. in fretta sul treno, correndo sui Mi ero iscritta alla Statale a Milano in Economia. Pensavo che non ce binari per non perderlo, entran- l’avrei mai fatta. Mi guardavo intorno aspettando qualcosa. Mi tor- do nel primo scompartimento, navano in mente piccoli frammenti di quell’ultima giornata al mare, stanca e con il fiatone. C’erano RACCONTI DI CINEMA 64 - 65

solo due anziani coniugi che si te- state neanche dopo quel viaggio mantenendolo sulle ginocchia, e era in villeggiatura a Viareggio, nevano per mano ed una ragazza in treno e quella ragazza. mi aveva detto: “ciao”. Aveva co- rientrando alla pensione dalla esile e bionda che studiava su un I treni di allora si fermavano in minciato a parlare di sé. Stava per spiaggia, si era trovata davanti un librone appoggiato alle ginocchia. tutte le stazioni, erano lenti e cal- sposarsi, con un giovane avvoca- uomo, sconvolto, sporco, con lo Aveva un incarnato bianco e sot- di, odoravano di dolori e paure, di to conosciuto nello studio dove sguardo allucinato. Le aveva pre- tile, le sue vene blu si leggevano gente che non sapeva viaggiare e faceva pratica legale, era felice ma so le mani, e le aveva quasi urlato come una cartina. Mi ero seduta si aggrappava al suo pane e frittata ogni tanto pensava al suo primo guardandola fissa negli occhi: accanto al finestrino, dietro i miei per sopportare il distacco. amore, un ragazzo timido e solo “lui ti amava, era innamorato di occhiali da sole vedevo la campa- I coniugi erano scesi alla fermata che viveva nel palazzo di fronte al te, stava venendo qui a dirtelo, gna ed il mare sfilare via. Pensavo successiva. Eravamo rimaste da suo. Si guardavano dalla finestra. ma poi abbiamo esagerato e c’è a me. Al fatto che mi ero fermata. sole, io e la biondina. Lei aveva Avevano parlato poche volte, in- stato un incidente, tutta colpa Quell’abbandono definitivo di sollevato lo sguardo dal librone, contrandosi in facoltà. All’epoca mia”. Lei non aveva capito, l’uo- mio padre mi aveva fermato. Il mi aveva guardata come se mi anche lei era timida e muta. mo piangeva, l’aveva abbracciata, fatto che dopo l’incidente non conoscesse, aveva chiuso il libro, Poi, nell’estate nel ’62, mentre forte, e le aveva ripetuto: “bisogna fosse più tornato, neanche una dirsele le cose, bisogna dirsele, è volta, che ne avessimo perso le questa l’età più bella, questa che tracce, che neanche la mamma e viviamo”. E poi se n’era andato. gli avvocati ed il commercialista La biondina si chiamava Valeria ne sapessero più nulla, mi aveva e quel ragazzo morto Roberto. E cambiata. Era stata la morte di l’uomo allucinato e stanco e col- quel ragazzo che neanche co- pevole, l’uomo che non ho più nosceva a spazzarlo via? Tutte visto, era Bruno, Bruno Cortona, domande per cui non c’erano risposte, e non ci sarebbero mai mio padre. La giungla dei titoli di Massimo Mila da “Cinema nuovo: rassegna quindicinale”, 1 ottobre 1953.

i rado è capitato, nelle ricerche di storia del cine- toli sarebbero disposti secondo coordinate precise, evidentemen- D ma o nelle indagini socio-culturali sull’audience, te su base geografica, secondo la distribuzione negli esercizi dei di soffermarsi sui titoli dei film (e evidentemente diversi quartieri o province. Si tratterebbe, insomma, di una sorta sul loro impatto). Il tema è invero estremamente di geomorfologia dei titoli, descritta da Mila con leggerezza, a par- interessante e denso di elementi significativi, almeno nel qua- tire dalla pagina di un quotidiano. Ma andiamo oltre. A partire da dro dello studio dei fenomeni produttivi; basti pensare alle rico- questa disposizione il critico si aspetterebbe di trovare elementi struzioni possibili a partire dai titoli nel cinema popolare italia- lessicali e significativi dai quali salti fuori “una faccia, una smorfia, no dagli Anni ‘50 ai ‘70: migrazioni, contaminazioni, filiazioni e un gesto”: segni capaci, insomma, di evocare una forma plastica a germinazioni di generi e filoni peplum, fantasy, western e thriller partire da un processo di astrazione ben regolato e da un sistema sono tracciabili già a partire dall’osservazione sintomatica di de- di attese (che sembrerebbe situato e giustificato storicamente: rivazioni, assonanze, declinazioni, riproduzioni e rimodulazioni Mila, infatti, coglie uno scarto tra un sistema di attese rispettato di titoli italiani di film di successo, piuttosto che di titoli stranie- nel periodo della gioventù, e quello apparentemente discrasico ri. Una fitta rete di associazioni - a volte, se non spesso indipen- della giungla dei titoli contemporanea). Quello dei titoli sembre- denti dal contenuto reale dei film - traccerebbero una storia del rebbe - con qualche libertà creativa, certo, ma senza troppe forza- cinema (senza film?) parallela o “potenziale”, nella giungla dei ture - un sistema di notazione, potenzialmente in grado di evoca- titoli del cinema italiano (si consideri che tra gli Anni ‘60 e ‘70 re un universo di allusioni e rappresentazioni mentali che non si il tema dei titoli e delle “copiature” o storpiature ebbe anche ri- allontana troppo, nella fantasia del musicologo, da una partitura levanze giuridiche, spesso al centro di interessanti speculazioni musicale. Il panorama contemporaneo, tuttavia, nelle parole di critiche: si ricordano quelle di Alessandro Ferraù su “Il Giornale Mila pare afflitto da una sostanziale cacofonia rilevata con perizia dello spettacolo” o “Cinema d’Oggi”). nel quadro tassonomico - certamente tra i primi mai tentati - dei Quella che riproduciamo qui su Reprint, ne è un raro esempio pre- titoli in cartellone. Qui alcune classi: “Quelli costituiti da un solo coce e coltissimo, firmato dal musicologo Massimo Mila. Crocia- nome comune, preceduto dall’articolo determinativo: Lo stranie- no convinto, sebbene spesso smentito dalla sua stessa imposta- ro, Il ribelle…”; “Ci sono i titoli di un solo sostantivo astratto: Odio, zione, così si esprimeva: “Io credo che oggetto dell’estetica siano Spasimo…”; “Quelli che portano titoli così lunghi: Lo strano amore quasi tutti quei problemi che Croce ha dichiarato inesistenti, vie- di Marta Ivers…”; e ancora “I titoli a colori: La dalia azzurra…”; e “I tandone la discussione. Credo nei limiti delle arti, nei generi, nelle titoli geografici: I predoni del Sahara…” . tendenze, nelle ideologie […] La cosiddetta tecnica mi interessa in Nell’operazione cartografica - un gioco evidentemente, ma raffi- modo supremo; adoro il virtuosismo”. Grandi sono le corrispon- natissimo - non si nasconde il potenziale letterario e speculativo: denze di quest’impronta deontologica nel breve pezzo che qui Mila tenta una speculazione che lascerebbe spazio alla formula- discutiamo. Per cominciare, Mila esprime dichiaratamente un in- zione di un genere (un sillabario), piuttosto che un dispositivo tento cartografico: osserva i titoli sul quotidiano della sera, leggen- culturale (un vocabolario). Se da una parte rimane la tentazione doli “nella loro ripartizione topografica”. Davanti a lui, dunque, i di un virtuosistico esercizio di stile queneauiano (è anche, in fon- titoli si dispongono su un’ideale griglia o maglia grafica (la quale, do, un esercizio di impronta linguistica se non proprio semiotica), va da sé, ci ricondurrebbe senza troppa fantasia al dispositivo gra- Mila apre un fronte di grande potenzialità in un ambito di estrema fico delle righe di un pentagramma): non si tratta, si badi, di una marginalità e liminalità, spesso semplicemente relegato al mondo lista di titoli, bensì di una configurazione più complessa, dove i ti- della pubblicità e delle tecniche di marketing.

di Andrea Mariani SCENARI Il cinema entra nelle scuole 66 - 67

IN QUESTO NUMERO UN ARTICOLO ESTRATTO DALLA RIVISTA “CINEMA NUOVO: RASSEGNA QUINDICINALE”

1 ottobre 1953 FOCUS MAROC—

Superficie Valuta 446 550 km2 Dirham (710 850 incluso Sahara Occidentale) C O Lingua ufficiale Popolazione Arabo, Tamazight 33.848.242 abitanti (stima del 2014) Forma di governo Monarchia costituzionale Densità 74 ab./km2 Prezzo medio biglietto (47 incluso Sahara Occidentale) 8/10 Dirham nei monosala, fino a 65 DH (ca. 6,50 €) Imax Capitale a Casablanca Rabat FOCUS Il cinema in Marocco 68 - 69

BOX OFFICE 2016 – TOP 10

1. Dallas (Marocco) spettatori › 111.543 2. Suicide Squad (USA) spettatori › 47.908 3. Batman vs Superman: Dawn of Justice (USA) spettatori › 41.441 4. Dilwale (India) spettatori › 39.270 5. The Jungle Book (USA) spettatori › 38.275 6. The Reventant (USA) spettatori › 36.707 7. Deadpool (USA) spettatori › 35.517 8. Mechanic Resurrection (USA) spettatori › 28.867 9. Chambra 13 (Marocco) spettatori › 27.755 FOCUS 10. Star Wars 7: The Force Awakens (USA) spettatori › 25.013 MAROC—

Numero di schermi Distribuzione Investimento in produzione Nel 2016 in Marocco sono stati 31 sale di cui 6 plurischermo realizzati 24 lungometraggi stra- (totale schermi: 64) 2016: dei 303 film distribuiti, Il giro d’affari dichiarato nel 2016 nieri. L’investimento ammonta 121 sono di provenienza USA per il settore cinematografico a 138.619.328, 71 dirham per i soli (65%) e hanno ottenuto il 58% e la produzione audiovisiva lungometraggi e a 280.041.554,81 di presenze della stagione; (lunghi e cortometraggi, spot dirham per l’intero settore audio- Numero spettatori 68 sono marocchini (18%) pubblicitari, videoclip, serie tv visivo (lunghi e cortometraggi, 2016 : 1.527.224 e hanno ottenuto il 23% e docu-fiction) si aggira intorno spot pubblicitari, video clip, serie 2015 : 1.842.348 di presenze; 23 sono francesi ai 700 milioni di Dirham. tv e docu-fiction). (1%) con l’1,13% di presenze, C O 20 indiani (4%) con il 7% Nel 2016 sono stati prodotti 24 Sono in vigore accordi di copro- di presenze, 15 egiziani (1%) lungometraggi marocchini, per duzione con 15 paesi (Argentina, Incassi pari all’1% di presenze e 56 la cui realizzazione sono stati Belgio, Benin, Canada, Costa 2016: 61.542.464 DH di altri paesi (12%) pari al 10% destinati 39.250.000 Dirham del d’Avorio, Spagna, Egitto, Francia, 2015: 74.462.995 DH di presenze. Fondo di Assistenza. Gran Bretagna, Italia, Mali, Ni- Il budget totale dichiarato per geria, Senegal, Syria, Unione del la produzione marocchina Maghreb arabo) nell’intero settore audiovisivo ammonta a 314.857.123,46 DH. PASSATO NEGATO, PRESENTE INDETERMINATO

di BEATRICE FIORENTINO

in dall’inizio l’identità del cinema marocchino sembra costituirsi in una relazione triangolare con la Francia. F Già a partire dagli albori del cinematografo, con i fratelli Lumiére. Sono loro personalmente, nel 1896, a catturare, con la macchina da presa, alcune scene di vita quotidiana, per poi fir- mare, l’anno successivo, Le chevrier marocain, primo “film” realizzato in Marocco e destinato in qualche modo a rappresentare un “imprin- ting”. E sono ancora loro, magari inconsapevolmente, a inaugurare la duratura presenza di produzioni straniere in terra maghrebina, una presenza che resiste intatta fino ai giorni nostri. Di lì a poco, infatti, e senza soluzione di continuità, cineasti e operatori provenienti da tutto il mondo hanno iniziato a frequentare il Paese in cerca di ambientazioni dal fascino esotico e un po’ misterioso, dando il via, in anni di protettorato, a quella che comunemente conosciamo come stagione del “cinema coloniale”.

Agli inizi del secolo scorso, anche in Marocco, come nel resto del mondo, si aprivano le prime sale cinematografiche e lo spettacolo fil- mico varcava finalmente le soglie dei grandi palazzi per mostrarsi a un pubblico pagante seppure sotto strettissima vigilanza. I coloni, infatti, avevano intuito che il mezzo poteva essere utilizzato come strumento di propaganda per mantenere il controllo sull’occupazione. È poi a partire dagli Anni ‘30, e soprattutto ‘40, quando a Casablanca aprì il primo laboratorio, Cinéphane, e a Rabat sorsero i primi studi ci- nematografici (Studios de Souissi), che hanno cominciato ad arrivare i “maestri”: Josef von Sternberg (Morocco), Orson Welles (Othello), FOCUS Il cinema in Marocco 70 - 71

Alfred Hitchcock (The Man Who anche a partecipare attivamente nuovo stile di vita) al fenomeno Knew Too Much), David Lean alla realizzazione di tasselli non della delinquenza giovanile, fino (Lawrence d’Arabia), Pier Paolo proprio secondari della Storia al confronto fra tradizione e mo- Pasolini (Edipo Re), John Huston del cinema mondiale, non abbia dernità. (The Man Who Would Be King) saputo sviluppare una produzio- Durante gli Anni ‘70, nonostante e poi ancora Bernardo Bertolucci ne autonoma per diversi anni. l’esigua produzione (16 film in (Il tè nel deserto), Martin Scorsese Quella marocchina è, infatti, da tutto), altri cineasti, di ritorno in (The Last Tempation of Christ, considerare una cinematogra- Patria dopo aver studiato cinema Kundun), Ridley Scott (The Gla- fia relativamente recente, la cui all’estero, si affermano : Hamid diator, Black Hawk Down), Clint nascita si fa risalire al 1958, Benani (Wechma, 1972), Souheil Eastwood (American Sniper) e anno di realizzazione del film di Ben-Barka (Les mille et une mains, un elenco ancora interminabile Mohamed Ousfour Le fils mau- 1972), Mustapha Derkaoui(De di grandi nomi e produzioni dit, considerato in termini asso- quelques événements sans signifi- imponenti che abbracciano non luti il primo film marocchino mai cation, 1974), Moumen Smihi (Le solo la settima arte, ma anche la realizzato (sebbene si tratti di un silence violent, 1975). televisione (si vedano le prime mediometraggio di 50’). Ma è soprattutto sul finire del due stagioni della serie televisiva A ostacolare la nascita e la fiori- decennio che il cinema maroc- Game of Thrones). tura di un cinema nazionale che chino riesce a uscire dai pro- Tale era il via vai che nel 1983 si possa definire autenticamente pri confini per affacciarsi sulla l’imprenditore e produttore “marocchino”, ovvero finanzia- scena internazionale. Nel 1978 Mohamed Belghmi, intuendo la to con capitale proprio e realiz- l’opera di esordio di Ahmed El necessità di allestire una struttura zato da registi autoctoni per un Maanouni Alyam, Alyam (recen- permanente che fosse in grado di pubblico autoctono, sono inter- temente restaurata dalla Cinete- accogliere le sempre più nume- venuti diversi fattori: la coloniz- ca di Bologna grazie al laboratorio rose troupe in trasferta, ha fatto zazione, in primis, condizione L’Immagine Ritrovata e riproposta sorgere, a pochi chilometri dalla che si è protratta dal 1912 fino al durante l’edizione 2015 de Il Cine- cittadina di Ouarzazate, l’Atlas 1956, assieme all’assenza di so- ma Ritrovato) viene selezionata al Corporation Studios, ovvero uno stegno economico da parte del Festival di Cannes all’interno del- dei più grandi studi cinemato- settore pubblico. Il CCM (Centre la sezione “Un Certain Regard” grafici al mondo (322.000 metri Cinématographique Marocain), per poi ricevere riconoscimenti quadrati), oggi considerato “la fondato nel 1944, era un ente di un po’ in tutto il mondo. Anche Hollywood del Marocco”. I nu- derivazione coloniale interessato il successivo film di El Maanou- merosi produttori stranieri che principalmente alla produzione ni Transes (1981), presentato da li frequentano sono attratti non di cinegiornali e documentari per Martin Scorsese a Cannes nel solo dagli straordinari scenari turisti. I suoi interventi erano in 2007, nell’edizione restaurata naturali, dalle infrastrutture ben parte destinati al sostegno delle dalla World Cinema Foundation, attrezzate e dalla presenza di troupe straniere che venivano a è destinato a diventare “cult”: maestranze specializzate a prezzi girare in Marocco e non assicu- esplorando la scena musicale molto competitivi, ma anche da ravano, quindi, né la continuità marocchina di quegli anni, al se- vantaggiosi benefici fiscali che né la congruità necessarie per un guito del popolare gruppo Nass comprendono l’esenzione dell’I- adeguato sviluppo del settore a El Ghiwane, El Maanouni ha an- va, agevolazioni doganali per il livello locale. che affrontato importanti temi di trasporto di materiale di ripresa, Dopo la dichiarazione d’indipen- attualità, facendosi interprete di sconti per lo spostamento di beni denza qualcosa è cambiato. Ri- sogni e delusioni della gioventù e persone, costi irrisori per le ri- salgono agli Anni ‘60 i primi lun- dell’epoca. prese in diversi siti di interesse gometraggi della cinematografia Sempre nel 1978 l’opera prima di turistico o culturale. L’Atlas non marocchina: La route du kif (1966) Jillali Ferhati Brèche dans le mur è l’unico complesso, ve ne sono di Mohamed Ben Abdelouahed viene selezionata alla “Semai- diversi altri, tra questi anche uno Tazi e Ian Zanchin e Vaincre pour ne de la Critique” del Festival di “italiano” (CLA Studios), nato Vivre (1968) sempre di Tazi, in Cannes, mentre, qualche anno nel 2005 da una partnership fra co-regia con Ahmed Mesna- dopo, nel 1982, Farida Bourquia, Cinecittà, Dino De Laurentiis e oui; Quand mûrissent les dattes di ritorno dalla Russia, dove ave- l’imprenditore marocchino Said (1968) di Abdalaziz Ramdani va compiuto gli studi all’Istituto Alj (Sanam Holding), dove si gira- e Larbi Bennani; Soleil de Prin- d’Arte Teatrale a Mosca, abbrac- no in media 3-5 grandi film inter- temps (1969) di Latif Lahlou. Le cia la macchina da presa per re- nazionali all’anno. opere realizzate in questo perio- alizzare La Braise, primo film di Può apparire paradossale, viste le do affrontano prevalentemente una regista donna in Marocco. premesse, che un Paese che si è temi sociali, dal fenomeno della Qualcosa si muove anche così prematuramente accostato migrazione dalle campagne alle sul piano industriale, con la alla settima arte, da sempre abi- grandi città (con le conseguen- nascita dei primi festival ci- tuato non solo ad accogliere ma ti difficoltà di adattamento al nematografici a Rabat e Ca- sablanca e con l’istituzione, nel 1980, di un fondo di sostegno destinato alla produzione cine- matografica nazionale, novità che si rivelerà fondamentale per dare nuovo slancio alla produzione locale. Con l’introduzione della nuova Legge sul cinema, infatti, e in particolare dopo le riforme migliorative introdotte nel 1987, il numero delle produzioni inizia progressivamente a crescere, no- nostante il calo di risorse dovuto Abderrahmane Tazi, che con Badis (1988) descrive l’amicizia di due alla diminuzione degli incassi donne all’interno di una società che è loro ostile. delle sale cinematografiche. Le opere prodotte in questi anni L’esplorazione degli stessi temi si prolunga nel decennio successivo, ma sono spesso accomunate da un il dramma lascia spazio talvolta ai toni della commedia (À la recherche approccio realistico e trattano an- du mari de ma femme, 1993, ancora di Mohamed Abderrahmane Tazi). cora temi sociali: si denunciano i soprusi del sistema, si afferma la Durante gli Anni ‘90 si assiste alla conferma dei principali autori lotta disperata contro una società marocchini, ma anche all’affermazione di una nuova generazione di che schiaccia i più poveri in favo- cineasti, alcuni dei quali provenienti da precedenti esperienze nel re dei ricchi, si torna nuovamente documentario o nel corto e mediometraggio: Abdelkader Lagtaa ad affrontare l’esodo dalle cam- (Un Amour a Casablanca del 1991) o Nabil Ayouch, che nel 1997, con pagne, ma non mancano altre Mektoub, road movie a tinte noir selezionato l’anno dopo per rappre- forme di espressione più intimi- sentare il Marocco agli Oscar, ha fatto parlare la critica della nascita ste, legate alla famiglia, all’iden- di una “Nouvelle Vague” marocchina, nuova ondata cinematografica tità, alla condizione femminile. sugellata dal fiorire di un gruppo di talentuosi autori (Daoud Aoulad Syad, Faouzi Bensaidi, Hassan Legzouli, Mohamed Asli, Ismail Nel suo film d’esordio, Le Facteur Ferroukhi) e autrici (Yasmine Kassari, Narjiss Nejjar, Laila Mar- (1980), Hakim Noury rac- rakchi) destinati a far parlare di sé sia in Patria che all’estero. conta i sogni irrealizzati di un Il terzo millennio si apre sotto buoni auspici: il nuovo sovrano postino, al centro di Le Mirage Mohammed VI, salito al trono nel 1999, dimostra da subito l’intenzio- (1979) di Ahmed Buanani e ne di voler supportare il settore cinematografico e audiovisivo, miran- L’Impasse (1984) di Mustapha do a fare di quella marocchina una delle più dinamiche industrie del Khayat c’è il fascino illusorio mondo arabo. della grande città e Le barbier du quartier des pauvres (1982) di Tra le prime azioni intraprese vi è il rilancio del Fondo di Assistenza, Mohammed Reggab è una storia ampliato e diversificato attraverso un sistema di supporto controllato di sopravvivenza, dignità e resi- dal Consiglio Supremo del CCM. Il numero di produzioni nazionali si stenza in un quartiere popolare assesta definitivamente intorno alle 20 pellicole annue e il giro d’affari di Casablanca. Mentre Farida nel settore raddoppia nel giro di un decennio. Il Paese, infatti, anche Benlyazid esordisce nel 1987 con per la sua stabilità politica, risulta sempre più attraente agli occhi degli Une Porte sur le ciel, storia di una stranieri, tanto da diventare una delle mete più ambite per le grandi donna tornata in Marocco, dalla produzioni di Hollywood e Bollywood e in generale, in termini di pro- Francia, alla ricerca delle proprie duzione, seconda solo all’Egitto e al Sud Africa. Si investe parecchio radici mussulmane e Mohamed anche nel cortometraggio, già da qualche decennio fucina di talenti FOCUS Il cinema in Marocco 72 - 73

e quindi settore strategico per il rinnovamento del linguaggio cinematografico e la scoperta di nuovi autori. Potendo parzialmente approfit- Ma oltre alla produzione, nel pia- tare di maglie di censura meno no di sviluppo e “modernizzazio- rigide, dal 2000 a oggi, le nuove ne” di Re Mohammed VI rientra- leve hanno affrontato in maniera no anche altri interessi: il Fondo sempre più esplicita e diretta al- di Assistenza sostiene, infatti, 17 cuni dei temi considerati ancora festival cinematografici e altre 32 tabù dalla società marocchina: manifestazioni per la promozio- religione, sesso, costume, poli- ne della settima arte. Su sua per- tica e il potere, esercitato in ogni sonale iniziativa, nel 2001 viene sua possibile forma. Anche l’ap- istituito il Festival Internazionale proccio visivo si è fatto via via più del Film di Marrakech, manifesta- ricercato, emozionale, veloce e è stato il già citato Nabil Ayouch, zione pensata fin dalla prima edi- in qualche caso, tra i cineasti più il più provocatore regista della zione come “ponte interculturale giovani, c’è chi, come Hicham sua generazione. Il suo film Much tra le nazioni” e quindi con una Lasri, ha deciso di abbandonare Loved (2015), storia di quattro vocazione fortemente impronta- il realismo per andare incon- prostitute a Marrakech, ha diviso ta all’internazionalità e all’aper- tro a una visionarietà dai tratti l’opinione pubblica scatenando tura (tanto da fregiarsi di essere post-moderni. reazioni particolarmente accese l’unico Festival senza censura di Leila Marrakchi desta scalpo- e violente. Reo di essersi espres- tutto il mondo arabo). Intanto re a Cannes, nella sezione “Un so in modo “troppo” esplicito e restano in attività altre manife- Certain Regard”, con la “scan- di aver mostrato un lato sordido stazioni che si sono andate con- dalosa” love-story interreligiosa e nascosto della società maroc- solidando nel tempo: Festival Na- Marock (2005) e Abdellah Taïa, china, Ayouch è stato accusato di tional du Film, una volta saltuario in concorso alla “Settimana della aver offeso l’immagine delle don- e diventato ora un appuntamento Critica” di Venezia con L’Armée ne e dell’intero Paese. Da Oriente annuale a Tangeri, Festival Inter- du salut (2013), affronta il tema a Occidente si sono levati gli scu- national du Cinéma Méditerr- dell’omosessualità in Marocco; di ed è partito il solito teatrino di anéen di Tetouan, Festival Inter- Noureddine Lakhmari, rivolu- accuse incrociate tra chi grida national du Cinéma d’Auteur di ziona l’uso del linguaggio (verba- allo scandalo e chi all’oscuranti- Rabat e molti altri. le) introducendo il turpiloquio smo medievale. E in questo clima di riferimento. È piuttosto questa nei dialoghi dei suoi film (Casa ideologico poco proficuo, è pas- la questione ancora aperta quan- Negra, 2007); Ahmed Boulane sata invece sotto traccia una delle do si parla di cinema marocchino, denuncia i soprusi dell’establi- poche critiche mosse all’autore quella che riguarda l’identità di shment politico adattando per il franco-marocchino su cui valga una nazione che in nessun modo grande schermo un episodio di la pena riflettere, e cioè quella di può prescindere degli elementi di cronaca che ha coinvolto quattor- aver adottato, per il suo film, un contraddizione che ne fanno par- Nonostante tutto, i dati d’eser- dici giovani “metallari” arrestati e punto di vista “occidentale” e in te. I cineasti si formano all’estero, cizio sono in calo. E non per uno processati con l’accusa di satani- quanto tale estraneo alla cultura molto spesso risiedono all’estero, scarso interesse da parte del pub- smo (Les Anges de Satan, 2007); per lo più in Francia ma anche in blico, anzi: la gente ama il cinema Hicham Lasri, il più internazio- Spagna, in Italia, in Gran Breta- e dimostra di apprezzare molto la nale dei registi contemporanei, in gna, e per portare a termine i loro produzione nazionale, anche se una forma estetizzante e surreale film non possono fare a meno di natura più commerciale (vedi a cavallo tra denuncia sociale e della quota di partecipazione di box office). Il problema è che a metafora pop, rilegge la storia capitale straniero. In questo cor- fronte di una popolazione di 33 del Paese senza risparmiare criti- to circuito identitario e culturale, milioni di abitanti, solo 31 sale che al governo e in particolare al il cinema è lo specchio nel quale cinematografiche sono rimaste precedente monarca, Re Hasan II si riflette la memoria collettiva di in attività. Per salvaguardare que- (Headbang Lullaby, 2017). un popolo tuttora sospeso tra un sti luoghi storici, teatri e vecchie passato negato, in perenne riela- sale, il CCM ha lanciato un pro- Ma a incendiare recentemente borazione, e un presente indeter- getto per il recupero e la digitaliz- il dibattito su libertà di espres- minato, da cui partono forze vitali zazione di dieci sale all’anno ed sione e censura in Marocco, evi- divergenti, in direzioni diverse e è persino nata un’associazione: denziandone le contraddizioni, talvolta opposte. “Sauvons les salles de cinéma au Maroc”, la cui attività si può se- guire su Facebook. QUATTRO SGUARDI DI DONNE

di FATEMA LOUKILI FOCUS Il cinema in Marocco 74 - 75

n una società in cui la per la sorte delle donne. Il suo credo consiste nel sensibilizzare alla I donna porta il peso tolleranza tra uomini e donne come tra culture e religioni. di tutti gli interdetti (religiosi, sociali, po- Impregnata della cultura dell’immagine, la nuova generazione è disi- litici, familiari), la sua condizio- nibita, ha uno sguardo più emozionante e un approccio più incisivo, ne dovrebbe essere un soggetto più disturbante. privilegiato per il cinema. Tut- Nel 2002 Narjis Nejjar (nata nel 1971) firma il suo primo film, Les tavia, in quanto riserva di caccia yeux secs, storia di un intero villaggio che vive di prostituzione e ne di Badia si coniuga in due tempi dell’uomo, il cinema marocchino soffre. Con occhio accorto ma distante, Narjiss trasferisce sullo scher- che non le lasciano che una sola si coniuga al femminile piuttosto mo la realtà delle donne private di tutto, che possiedono una sola mer- scelta. Sopravvivere alla brutalità tardi. Sono quattro le donne die- ce, il proprio corpo. Una di loro comanda e impone la sua legge. È la del sistema! tro la macchina da presa, quattro figlia ribelle che affronta sua madre, che esercitava lo stesso mestiere sguardi di donne di cui ci voglia- e che torna al villaggio dopo 25 anni di prigione, accompagnata da un Gli strumenti per dire tutto que- mo occupare. giovane uomo. La ragazza indurita scopre in lui l’amore salvifico. sto sono una sceneggiatura coesa, dialoghi convincenti, una direzio- Farida Benlyazid (nata nel 1948) Narjis eccelle nel filmare gli spazi in cui le donne sono prigioniere d’un ne degli attori senza concessio- è la prima ad avventurarsi in que- destino governato dalla mancanza. Una visione che mostra l’ambizio- ni: Leila Kilani non fa sconti. Ciò sto territorio. Produttrice, sce- ne di dipingere un universo che ha l’abitudine di tacere, dove l’amara che è lecito viene in campi lunghi, neggiatrice e quindi regista: il suo realtà sfiora il sogno non dichiarato che fatica a svelarsi. Quest’opera immagini sovraesposte e dall’il- primo saggio, intitolato Identité prima che susciterà controversie in certi casi violente. luminazione cruda, movimenti di de femme, un documentario rea- camera lenti, grandi spazi chiusi lizzato nel 1979, ci lascia intende- dove la parola si fa mormorio. È la re tutto il tono del suo discorso. fabbrica. L’illecito è la notte: traf- Firmerà le sceneggiature di tre fici di ogni genere e menzogna. delle opere più interessanti del Piani ravvicinati, dinamici. Im- periodo sulla donna: Poupées de Filo diretto da Casablanca. magini sorprendenti per verità. Il- roseaux di Jilali Ferhati; Badis luminazione minimale. È la stra- e La recherche du mari de ma Il punto di vista critico. da. La parola è acerba, volgare, femme di M. Tazi. rude. Linguaggio, postura e gesti da ragazzo servono da corazza a Farida osserva, interroga, defini- Badia. Per raccontare il malessere sce i contorni della condizione Yasmine Kassari (classe 1972) s’impone in questo registro con mag- la voce off si fa carico del tumul- femminile con uno sguardo pa- gior incisività. In L’enfant endormi la regista ambienta la sua vicenda to interiore. Esprime il disagio. Il cato, né esaltato né contrappo- in un villaggio dell’interno, che rigurgita di non detto e di superstizio- non sottomettersi. Due voci si so- sto, privo di violenza. Une porte ni. La donna, in questo racconto, è sottomessa, subisce la durezza del- vrappongono per chiudere il film sur le ciel del 1987 è un percorso la vita, il vuoto che la circonda e l’abisso della solitudine, accentuati (Imane e Badia). “Corro a sbatte- spirituale che fa scoprire alla sua dallo spazio desertico che la attornia fin dall’inizio, all’indomani delle re la testa contro il muro. Nubile. eroina l’amore in tutte le sue di- sue nozze: l’uomo che ha sposato, un immigrato clandestino in Spa- Sola. Perduta. Operaia al porto, mensioni: trasformerà la casa gna, l’ha lasciata a battersi con i suoi demoni (le sue mancanze), con la non vedo neanche il mare”. Che paterna in un rifugio per donne prospettiva di tenere al caldo (nel suo ventre) il suo feto fino al ritor- disperazione! in difficoltà. In Ruse de femmes no di un marito… che non ritornerà. Lo sguardo della regista scruta gli (1999) la protagonista, usando esseri e le loro psicologie, gli spazi e le loro dimensioni in rapporto a Questa donna è una persona tut- la sua intelligenza, avrà l’ultima questi esseri umani; soffermandosi su ogni dettaglio che racconta l’as- ta d’un pezzo, un essere che sfida parola su un arrogante principe senza e l’attesa, per impregnarne l’immagine. Un film toccante, di una il divieto, il politicamente e so- azzurro. La vida perra de Jua- scrittura riuscita, tanto dal punto di vista della sceneggiatura che della cialmente corretto, ma il male di nita (2005) racconta, attraverso drammaturgia. Un lavoro ambizioso, onesto e attento. vivere le si attacca alla pelle come un monologo che è l’asse portan- l’odore dei crostacei. Ed è in que- te del film, il vuoto che si viene a Leila Kilani (Casablanca, 1970) situa il suo racconto nella Tangeri sto che il film ha vinto la scom- creare nella vita di Juanita e che di oggi, eldorado dei poveri. Globalizzazione obbligata! Il suo punto messa di emozionarci. la fagocita fino alla follia. Un ec- di vista è più sovversivo, sia sul piano degli argomenti che su quello cellente affresco della solitudine dell’estetica. Sur la planche (2011) è un film di grande violenza, che amara di una donna, in una Tan- attacca la modernità attraverso un discorso accusatorio, che denun- geri internazionale, multi-religio- cia in filigrana l’ingiustizia sociale. Il tema è forte, impone e rivendica. sa e multiculturale, che si trasfor- Il racconto è ritmato, selvaggio e in tal senso brutale. ma, contaminata da conflitti che avvengono altrove. Quattro ragazze di vent’anni si battono per trovare un posto al sole. Sono prototipi della società di oggi, con quello che permette e non Farida non fa sfoggio di prodezze permette. Badia è quella che conduce il gioco. Con la sua amica Imane, cinematografiche; il suo cinema pulisce i crostacei in una fabbrica al porto. Le altre due ragazze lavora- è accessibile, nello sfondo come no in una sartoria nella zona industriale. Tra il mondo della fabbrica nella forma, sempre preoccupato che non le appartiene, e il mondo della strada a cui appartiene, la vita DISCUSSIONI

#CINEMA2DAY, PRO E CONTRO

Pareri a confronto di professionisti del settore ed esponenti delle associazioni cinematografiche, dopo la conclusione dell’iniziativa durata da metà settembre 2016 a metà maggio 2017, tra polemiche e consensi: testimonianze di Vieri Razzini, Carlo Verdone, Luigi Cuciniello, Francesco Rutelli, Carlo Bernaschi, Marco Bonfanti.

di PEDRO ARMOCIDA DISCUSSIONI 76 - 77

Oggi cinema a 2 € “ per l’ultimo #cine- ma2day. Purtroppo non sono riuscito a convincere esercenti, produttori e distributori a proseguire. Mi spiace”. Con questo tweet, un po’ malinconico, del 10 maggio 2017 del ministro Dario France- schini si è conclusa l’iniziativa #CINEMA2DAY, - fortemente voluta dallo stesso capo del dicastero per i Beni e le Attività Culturali insieme a Anec, Anem e Anica - del secondo mer- coledì del mese al cinema a 2 Euro, inaugurata il 14 settembre PRO E 2016 con la quasi totalità degli schermi coinvolti. Nove mesi di grande affluenza - come ha avu- to modo di ribadire Franceschini - con circa 8 milioni di spettatori e con incassi tutti al di sopra del milione di Euro (con il picco di CONTRO quasi due milioni e mezzo il mer- coledì 11 gennaio), che però ha lasciato qualche malumore non solo tra gli esercenti (tantissimi quelli che hanno preferito non continuare con l’iniziativa rin- novata, dopo i primi sei mesi, da marzo a maggio) ma anche tra qualche distributore.

Gli unici a parlare in modo chiaro, e molto polemico, sono stati Cesare Petrillo e Vieri Razzini di Teodora che, sul sito della loro casa di di- stribuzione, hanno pubblicato un comunicato intitolato “Rosso Franceschini”. Razzini, che in pas- lavorare di più sul palinsesto ci- sato è stato anche il critico sopra- nematografico in tv, sull’allunga- ffino dei cicli cinematografici di mento della stagione. Se non si fa Rai3, spiega a 8½ le sue ragioni: “È almeno questo, il cinema a 2 Euro un provvedimento ingenuo, tra significa che la gente aspetta solo il dilettantesco e il demagogico. di andare il mercoledì”. Da sola questa iniziativa non vuol dire niente, i film sono un prodot- In effetti la sensazione, condivisa to di consumo come tutti gli altri, anche da Carlo Verdone, che il allora che facciamo, proponiamo pubblico non si sia allargato ma a tutte le pizzerie di vendere le che gli spettatori si siano spo- pizze il mercoledì a 2 Euro? Per stati su quel secondo mercoledì far sì che il pubblico si affezioni per vedere un film che avrebbero al cinema ci vogliono provvedi- comunque visto, è forte e proba- menti di respiro più ampio, ci bilmente i dati annuali la confer- vuole una lotta seria alla pirateria, meranno. Come sottolinea Luigi Cuciniello, presidente degli esercenti dell’Anec: “Cinema- 2Day è stata un’ iniziativa che ha posto il cinema al centro dell’at- tenzione e ha avvicinato tante persone alle sale cinematogra- fiche. L’esercizio, con il passare dei mesi, ha messo in luce anche le sue conseguenze negative sui giorni precedenti e successivi ai mercoledì oggetto della pro- mozione. Inoltre, la percezione dell’esperienza cinematografi- ca incentrata quasi esclusiva- mente sull’offerta ad un prezzo scontatissimo, più che sul valore della fruizione dei film sul gran- de schermo, è sembrata ridutti- va. Per questi motivi ci è parso opportuno concludere questa operazione: ogni promozione ef- ficace non può durare a tempo in- determinato”. Su una linea simile anche Francesco Rutelli, presi- dente dei produttori dell’Anica: “L’esperienza è stata positiva per avvicinare al cinema persone che non ci vanno per ragioni econo- miche. Essendo un esperimento di sei mesi, non poteva diventare permanente: ogni film ha un valo- re, e un costo, che non può essere associato al prezzo di 2 Euro”. Molto più positivo Carlo Ber- naschi, presidente dei multiplex dell’Anem: “La lettura vera dell’ini- ziativa è quella di una promozione portata anche in tv e questo è im- Archiviato ora il mercoledì a unica che da 20 anni non si faceva portantissimo. La somma dei dati 2 Euro, è già tempo di pensare in questo modo. L’attenzione ver- in nostro possesso dà dei risultati a nuove iniziative con l’ottica so la sala cinematografica è stata positivi con il 20-25% di pubbli- di tentare di allargare il pub- co che è tornato al cinema”. Ma blico il cui dato storico, da più l’esperienza sul campo, ad esem- di dieci anni, rimane media- pio di Marco Bonfanti, regista mente sempre lo stesso. Così di Bozzetto non troppo, sembra se per Luigi Cuciniello “è ora raccontare un’altra storia: “Ho che si ritorni ai Cinemadays: visitato circa 60 cinema italiani quattro giorni consecutivi a tre nel giro di pochi mesi in pieno euro, due volte all’anno”, Carlo periodo Cinema2Day, conoscen- Bernaschi punta invece sui ra- do, suppergiù, una sessantina di gazzi “come in Francia con gli esercenti. Una trentina avevano under 14 al cinema tutti i gior- aderito per paura di essere tagliati ni, compresi i festivi, a 4 Euro”, fuori dal mercato, esprimendo idem per Francesco Rutelli, che tuttavia parecchi dubbi. Una ven- però si sente di estendere qual- tina, invece, non avevano proprio siasi tipo di iniziativa rivolta ai aderito, perché ‘la cultura non si giovani “fino ai venticinquenni”. svende’, ‘un film non vale meno di una bottiglia di coca-cola’, ‘il no- stro pubblico fedelissimo capirà’. Il restante si è detto dubbioso. Io stesso mi sono accorto che il film aveva meno presenze in sala proprio con l’approssimarsi del Cinema2Day. Una volta uno spet- tatore addirittura mi ha detto: sono venuto lo stesso, anche se non è a 2 Euro”. DISCUSSIONI 78 - 79 INTERNET E NUOVI CONSUMI

A ME GLI OCCHI! QUANDO IL TRAILER DIVENTA INTERATTIVO

di CARMEN DIOTAIUTI

Sfrutta per la prima volta la tecnologia dell’eye-tracking, generalmente utilizzata in studi di psicologia cognitiva o indagini pubblicitarie, il trailer online della serie horror Outcast di Robert Kirkman, la cui trama si snoda in base ai movimenti oculari degli spettatori sullo schermo. Offrendo, così, un coinvolgente effetto-spavento. INTERNET E NUOVI CONSUMI 80 - 81

PROVA L’ESPERIENZA POSSESSION BEGINS: https://www.possessionbegins.com/

Per questo motivo l’eye-tracking aveva trovato finora valida appli- cazione come supporto oggettivo a studi nel settore delle scienze cognitive, ma anche nelle stra- tegie pubblicitarie o nella pro- gettazione di ambienti web. Nel caso di Possession Begins è stato, invece, sfruttato per la prima vol- Sky. Il trailer, realizzato da Cam- ta per creare un trailer a misura di pfire per Cinemax, è tra i vinci- utente, in cui il monitoraggio dei tori di quest’anno degli Shorty suoi movimenti oculari avviene, Awards, gli Oscar dei social me- in maniera più rudimentale ma dia che da nove anni celebrano il altrettanto efficace per lo scopo meglio della Rete. di tracciare i movimenti oculari narrativo, attraverso la webcam dell’utente nel momento in cui del pc o del dispositivo portatile, È di tutt’altro approccio, ma interagisce con una pagina web, contestualmente allo sfrutta- punta sempre al coinvolgimento registrandone gli spostamenti e i mento della tecnologia audio 3D in prima persona degli spettato- tempi di permanenza in un’area, che ha bisogno esclusivamente ri, la versione online interattiva piuttosto che in un’altra. Questo dell’utilizzo di un paio di cuffie. del trailer degli Avengers, in cui perché l’occhio non guarda tutta I realizzatori garantiscono un la trama narrativa si interrompe unta al coinvolgi- l’immagine su uno schermo, ma autentico effetto “possessione”, per diventare a tratti un vero e P mento viscerale il si concentra su alcune zone che in linea con la trama della serie proprio videogioco, dove l’u- trailer della nuova ritiene di particolare importanza, Outcast che racconta di manife- tente, per proseguire la visione, serie horror Outcast e i suoi movimenti, che servono stazioni sovrannaturali. Quello deve interagire con i supereroi di di Robert Kirkman (2016) trat- a spostare lo sguardo e a stabiliz- che succede è che quando lo casa Marvel e aiutarli a difendere ta, come già The Walking Dead, zarlo, testimoniano come l’esplo- spettatore chiude gli occhi, come la città, utilizzando i comandi di da un suo fumetto. A tutto uso razione visiva coinvolga al tempo reazione istintiva alle immagi- tastiera in modalità game play. In degli spettatori della Rete la se- stesso fattori cognitivi, motori e ni disturbanti trasmesse sullo questo panorama di esperienze quenza interattiva Possession percettivi. I movimenti tracciano schermo che sembrano inseguir- coinvolgenti, non potevano certo Begins è controllata dagli occhi con precisione l’esperienza d’u- lo, prende il via una storia virtua- mancare i trailer in modalità VR, dell›utente, e in fatto di spavento so dell’utente e possono rivelare le audio fatta di sussurri oscuri e come quello di Man in the Dark di offre un effetto degno della re- in modo dinamico dove è rivolta suoni viscerali di ossa che si fen- Fede Alvarez (2016), realizzati putazione di Kirkman. Una sto- la sua attenzione; le fissazioni dono o di carne che si strappa. catturando le immagini simul- ria così terrificante che al tempo mostrano per quanto tempo l’og- Se, a quel punto, apre gli occhi taneamente da più direzioni per stesso incute paura ad aprire gli getto osservato viene elaborato per esorcizzare l’inquietante ef- offrire allo spettatore la possibi- occhi, ma anche a chiuderli. La dal cervello. In questo modo, fetto sonoro è inchiodato sullo lità di scegliere dove guardare. tecnologia che sfrutta è quella registrando i movimenti oculari schermo da visioni altrettanto Per scoprire magari, come nel dell’eye-tracking, uno strumento di uno spettatore, si può indaga- scioccanti, tratte dai momenti terzo capitolo della popolare saga che, grazie all’ausilio di appositi re sui suoi processi cognitivi e di più intensi della serie tv, che in horror The Ring 3 di F. Javier Gu- dispositivi indossabili, permette conseguenza si ha l’opportunità Italia è in onda sul canale Fox di tiérrez (2017), che all’interno del di scoprire i suoi interessi, ciò che trailer c’è nascosta un’inaspettata trova poco chiaro o piuttosto ciò sequenza che nessuno ha visto che trova stimolante. prima. GEOGRAFIE

SABBIA E POP CORN di NICOLE BIANCHI Cortina

l cinema italiano ha I raccontato le va- canze estive sin dal Venezia principio della sua Storia, raccontando così anche uno spaccato della società e della sua trasformazione perché loro, le vacanze, sono da sempre state Riccione uno specchio della condizione Forte dei Marmi del Paese: il permettersi la villeg- giatura era dapprima elitario pri- Livorno vilegio, modificato poi in spen- sieratezza di massa negli anni del Castiglioncello boom economico, assestatosi per qualche decennio come modalità Tremiti di prassi popolare, fino alla crisi ultima e in corso, che ha rimesso Ladispoli tutto in discussione. Il cinema ha fotografato, in tutti i sensi – arti- stico, tecnico e sociale –, questa Ostia particolare condizione del tempo libero: qui trascorriamo un’ideale vacanza, staccata dalla crono- Ponza logia e radicata nella geografia e Ischia nella società, percorsa dalle Do- lomiti alle estremità petrose della Capri Lucania Sicilia. Tortolì

Terre di Nord-Est che ispirano evasione malinconica: un’eco Lisca Bianca montana e cupa per la vacanza messa in scena da Vittorio De Sica, Eolie che sceglie la provincia veronese e Cortina come ambiente d’incon- tro tra gli Amanti (1968) Marcel- lo Mastroianni e Faye Dunaway, Taormina straziante storia d’amore e malat- tia; poi Venezia, scenografia im- prescindibile per la villeggiatura drammatica di Luchino Visconti e la sua Morte a Venezia (1971). GEOGRAFIE 82 - 83

L’estate imperversa e numerose sono state le località di villeggiatura Scendendo in perpendicolare, è che spesso si sono rese scenografia stata la Romagna, prima di assur- gere a Regione di assedio vacan- quando non protagoniste delle ziero internazionale, con Riccio- ne in particolare, a raccontare il trame estive per il grande schermo. L’Italia non manca certo d’arci- periodo delle vacanze in clima Lo Stivale ha fatto da set: pelaghi e il cinema li ha spesso bellico, seppur cronologicamen- conquistati: le Eolie per Caro te oltre un decennio più tardi da Ladispoli a Lisca Bianca, diario (1993, ep. Isole) e, adatte al dei fatti: Estate violenta (1959) di da Cortina alla Versilia. dramma che s’acuisce nell’acqua Valerio Zurlini usa la cittadina salata, le Tremiti, per Violenza al romagnola per il proprio raccon- Una mappa geografica, anche sole – Un’estate in quattro (1968, F. to; nemmeno qui la villeggiatura Vancini), interprete un Giuliano goda del suo spirito leggero, che specchio della società. Gemma ucciso per gelosia. dovrebbe – come poi accade – pervadere il momento di vacanza. Restando in quell’area, ma tor- nando sulla terraferma, la poco Nel mito dell’immaginario vacan- familiari: succede ne Il sole negli battuta Lucania viene scelta da ziero, come la Romagna per altri occhi (1953) di Pietrangeli, che Rocco Papaleo per Basilicata Co- versi, anche la Toscana. stabilisce la scena in uno dei capi- ast to Coast (2010). Castiglioncello, località nel saldi della vacanza di massa del li- in tema di ferie: dal tono tutt’altro tempo scelta anche a titolo per- torale laziale, Ladispoli, soggetto che introspettivo e scuro sono le Staccata dal Continente la vacan- sonale da diversi attori del nostro incontrastato di una delle battute vacanze statiche del Pranzo di fer- za assume le sembianze dettate cinema, da Marcello Mastroianni storiche della commedia di Ver- ragosto (2008) di Gianni Di Gre- dalla crisi, mutando la narrazione ad Alberto Sordi, è la riconosci- done, che qui deve raggiungere gorio, un graziosissimo quadro del soggetto: apice del dramma bile terra de Il sorpasso (1962) di la nonna – la Sora Lella – nel suo che lo costringe a Roma, in com- diventa L’avventura (1960) di Dino Risi. La zona rimane cara Bianco, rosso e Verdone (1981). Con pagnia di un gineceo di nonnine. Michelangelo Antonioni, nella anche a Paolo Virzì che, con La la commedia, oltre che nella vita Ma prendendo un po’ il largo Lisca Bianca siciliana, materica prima cosa bella (2010), ha scelto quotidiana, le vacanze assumo- s’approda all’isola di Ponza, set terra d’ambientazione del film e di raccontare la sua Livorno più no una vis di svago e leggerezza: de Il sole nella pelle (1971, di Gior- fondamentale protagonista sim- familiare, in quell’estate al famo- sono la spiaggia di Ostia e Aldo gio Stegani), per la fuga d’amore bolico del racconto; sempre la so Bagno Pancaldi. La stessa area Fabrizi a raccontare la declinazio- di una giovane Ornella Muti. Sicilia, ma per una storia tutta dif- anche per un altro racconto, que- ne vacanziera dei primi scampoli ferente, quella di Intrigo a Taor- sto dichiaratamente un inno alla di benessere economico, con La Da un’isola all’altra: scendendo mina (1960) di Giorgio Bianchi, vacanza: Sapore di mare (1983), famiglia Passaguai (1951) - Aldo un po’ più a Sud, si raggiungono che consacra il profilo, in piena un sempreverde spaccato degli Fabrizi, Ave Ninchi e Peppino De le mete scelte nella realtà da divi Dolce Vita, di Walter Chiari, latin Anni ’60, ambientato a Forte dei Filippo - che non può concedersi del cinema mondiale, l’arcipela- lover dall’italico fascino, tutto fi- Marmi. più di una giornata di mare. Stes- go partenopeo non manca nella sico e slip. sa spiaggia, stesso mare anche commedia del boom, con Totò Procedendo verso il cuore, il do- per Luciano Emmer con Dome- cameriere, scambiato per un im- Infine, quella che sin dal titolo poguerra osserva un mutamento nica d’agosto, titolo simbolo del portante dandy mediorientale, racconta la vacanza per eccellen- del concetto di vacanza, seppur, soggetto balneare. Il Lazio, però, ne L’imperatore di Capri (1950) za: Travolti da un insolito destino per qualcuno, permanga un sen- riesce anche a essere immobile e con Vacanze a Ischia (1957) di nell’azzurro mare d’agosto (1974, so di frustrazione: inizia il pe- Camerini. Queste due rimango- L.Wertmuller). La spiaggia messa riodo del boom e le domestiche no tra le migliori pellicole per la in scena come luogo filosofico, sono costrette a veder il proprio “promozione” del territorio, in narrativamente mai rivelata nella impegno amplificato e mortifi- particolare la seconda, finanziata sua geolocalizzazione, nella real- cato proprio durante le trasferte da Angelo Rizzoli per fare propa- tà Tortolì, in Sardegna. ganda ai suoi investimenti sull’i- sola ischitana. TRAILER ANATOMY

DOC TRAILER: VOCE di MARTINA FEDERICO

sona, o tema prescelto). A farle da contorno, musica e immagini, di repertorio o meno, anch’esse a proposito della persona/tema rispetto a cui si documenta. Così, ad esempio, il trailer di The Seasons in Quincy: Four Portai- ts of John Berger, o quello di The Universe of Keith Haring. Ciò che emerge come elemento centrale ando uno sguardo è sempre la coralità del punto di D alla programmazio- vista come metodo per costruire ne corrente delle l’oggetto del discorso e, in gene- il documentario come una sorta sale italiane, verreb- rale, la funzione del punto di vi- di saggio filmato, dove, al posto be da dire che la vera protagonista sta (dei personaggi o anche solo dell’attesa di un’ipotetica sorpre- del trailer del documentario è la del regista-autore medesimo) a sa, c’è un’intenzione argomen- voce. Una voce fuori campo che sostegno di una tesi. Perché è il tativa subito definita e spesso di va a coincidere di tanto in tanto documentario stesso che può es- parte (a prescindere dalla natura con la bocca di chi è inquadrato, sere letto come argomentazione stessa del documentario, illustra- che può essere il personaggio di di una tesi, per di più – elemen- tivo, biografico, etc.), e quindi, di cui si parla (se il documentario to che qui interessa – chiara fin nuovo, un punto di vista. è su un individuo, ad esempio), dal trailer. Se è vero che al solo Nel caso del trailer del documen- oppure i vari personaggi che di pensiero di un documentario ci tario su John Berger, ma anche di volta in volta vengono chiamati proiettiamo nell’attesa esaustiva Piigs - Ovvero come imparai a pre- a testimoniare, per esprimere la di un’estetica precisa, come se loro opinione sul soggetto (per- il genere fosse qui sufficiente a rendere l’idea di qualcosa di ri- conoscibile e immediatamente comprensibile a tutti, che riesce a dirci che genere di “immagini” arriveranno, a questa sicurezza (in fin dei conti stilistica) si ag- giunge, analizzando i trailer, una chiarezza/certezza narrativa (o, almeno, tematica). Si fa strada cioè la possibilità di considerare TRAILER ANATOMY 84 - 85

DOC TRAILER: VOCE IN CAMPO

che scopriremo poi essere una scusa), la domanda del trailer di Bolshoi Babylon gira infatti attor- occuparmi e a combattere l’Austeri- no alla vendicativa aggressione ty, di I am not your negro, o anche che subisce il direttore artistico di Mexico! Un cinema alla riscossa, del famoso teatro di Mosca. Tutto quel poco che viene mostrato è il resto, il backstage del teatro, le esattamente ciò su cui il film si interviste, o qualsiasi altra costru- dilungherà, nel tentativo di soste- zione visiva che possa ricondurre nere la sua personale tesi; il suo contemporaneo, che si posizio- il film al regime documentaristi- racconto ci conduce immediata- nano in un certo senso agli anti- co, scarseggia. In questo caso, il mente al cuore del discorso, dove podi. La prima è rappresentata da piglio del documentario arriverà i colpi di scena, gli eventuali ribal- Bolshoi Babylon, l’altra da Un altro poi interamente al cinema, dove tamenti di trama, non sembrano me. Nel caso di Bolshoi Babylon, il la pellicola svelerà i suoi crismi vistatore, che rimangono senza avere quel ruolo fondamentale trailer sembra quello di un film di di genere finendo per parlare riposta da parte dell’intervistato, che invece abitualmente rico- finzione, non solo a livello este- dell’importanza dell’arte pro- il quale resta volutamente muto. prono nel caso dei film di finzio- tico e stilistico (un’atmosfera fessata dal Bolshoi, al di là degli In entrambi i casi, anche se per ne. La domanda che ci pongono emozionale data da un crescen- intrighi del potere (sui cui ha vo- vie diverse, si cercano degli espe- è sempre la stessa: come verrà do di immagini, scritte e musica lentieri spinto il trailer). In effetti, dienti per fare leva sul meccani- completata questa tesi di cui già tipico di un comune trailer), ma anche il film sceglierà come per- smo della suspense, a voler – for- pregustiamo i contorni? Quello soprattutto a causa della frase che no questo crimine, ma per dirci se – ricondurre il documentario che i documentari (e i trailer dei apre al nucleo narrativo, a una tutt’altro; alla stregua di un film a un genere meno univoco, con documentari) vogliono dire è il trama costruita ad arte, intrisa di di finzione, anche in questo caso tutto ciò che di buono può deri- loro stesso esserci, il loro pecu- mistero, come potrebbe essere la tesi arriverà soltanto in con- vare da una possibilità di commi- liare modo di esistere (o forse di quella di un thriller, che necessi- clusione. Sul versante opposto si stione. resistere) come individuale atto terà a sua volta di una risposta “di situa il caso del trailer di Un altro di rivoluzione. trama”. La scusa (meglio: quello me, che riporta l’opera al “grado Ma come ogni generalizzazione zero” del documentario. Anche che si rispetti anche questa avrà qui, come già accadeva nel caso la sua messa in discussione, per dei documentari visti in apertu- merito di due rilevanti eccezioni, ra, si sceglie di annunciare la tesi anch’esse offerte dal panorama fin dall’inizio, ma in una maniera molto particolare e – indubbia- mente – accattivante: il trailer si pone come una domanda in senso puro; anzi, come un susse- guirsi di domande fatte dall’inter- MARKETING DEL CINEMA ITALIANO

TENDENZA LEMMINGS: DISTRIBUIRE PER (AUTO) DISTRUGGERSI di ILARIA RAVARINO

Sale ingolfate di prodotto italiano indipendente che fatica a tenere testa alla concorrenza e mesi estivi senza prodotto dove forse un piccolo film potrebbe trovare maggiore eco. 8½ svela alcuni paradossi della distribuzione.

n piccolo film indi- gree conclamato e buttadentro A voler indagare il meccanismo U pendente, diciamo statunitensi buoni per tutte le oc- perverso che regola scelte di d’autore. Mettiamo casioni. Il risultato? Un disastro. marketing così apparentemente che sia stato prodot- Talmente scontato da farlo sem- tafazziane, la risposta che si rice- to con una certa fatica. E che trat- brare un suicidio. Di più: un mar- ve dagli addetti ai lavori è quasi ti un tema non immediatamente keting del masochismo per cui il sempre la stessa: il problema, si accattivante. Un esordio, un’o- fuoco amico più che un incidente dice, è l’ipertrofia della produ- pera seconda, un lungometrag- è una tradizione. Qualche esem- zione cinematografica italiana. Si gio d’autore con protagonisti dai pio a caso, dalla scorsa stagione: 23 producono troppi film, insom- volti poco riconoscibili. Mettia- marzo, 13 nuovi titoli di cui 7 italia- ma, e “smaltirli” diventa diffici- mo, adesso, che qualcuno questo ni; 6 aprile, 15 uscite nuove di zec- le. Ma la questione, ci racconta film lo voglia distribuire in sala: ca e 8 italiani; 27 aprile, sui 15 nuovi il “guru” dei numeri di mercato nel 90% dei casi, il nostro piccolo film 7 erano italiani; il 4 maggio, 16 Robert Bernocchi (Data Analyst film indipendente finirà per con- film in uscita, “solo” 4 italiani. Chi presso Pepito Produzioni e Bu- dividere la data d’uscita con una è in grado di ricordarne anche solo siness analyst a Cineguru) è più decina di altri titoli, equamente la metà? A giudicare dall’acco- complessa: “Di film italiani per il divisi tra film d’autore dal pedi- glienza in sala, nessuno. cinema che devono uscire in sala MARKETING DEL CINEMA ITALIANO 86 - 87

dicono che sarebbe magnifico poter contare su un mercato da 12 mesi all’anno, dall’altra poi ognu- no sceglie, indipendentemente dagli altri, il meglio per sé. Nes- suno si pone il problema di fare il bene del mercato, come è anche normale che facciano aziende e produttori privati. Piuttosto, si sceglie di uscire nel periodo che si ritiene più proficuo. E poiché ogni produttore è intimamente convinto di avere un prodotto forte, o comunque di poter ambi- re a un periodo favorevole, farà di questa opzione non è (ancora) tutto per uscire in quel momen- praticabile: “Se avessimo un mer- to”. Ovvero: lontano dall’estate, cato VOD forte come quello in- dal caldo, dal mare, dalle distra- glese o americano non ci sarebbe zioni che storicamente, a quanto nulla di così scandaloso nell’usci- pare, tengono l’italico spettatore re direttamente in Home Video. il più lontano possibile dalla sala. Senz’altro da noi pesa anche una Ma non sarebbe meglio uscire certa resistenza culturale nei con- “soli” ad agosto, piuttosto che fronti delle alternative alla sala. E in folta compagnia ad aprile? “Il infine c’è l’annoso problema per punto è che gli autori sono con- cui un produttore, che magari è vinti di funzionare, di avere un riuscito ad accedere ai contribu- pubblico, e qualche produttore ti, per finire di prenderli deve per non è realista. Avendo lavorato in forza uscire in sala”. Necessità una distribuzione indipendente che spinge quasi regolarmente la (Microcinema, ndr) so quanto sia dinamica tra produttore e distri- difficile convincere un produtto- ce ne sono tanti, è vero, probabil- butore sui binari del paradosso, re a uscire in un periodo diverso mente troppi. È un problema le- con produttori disposti a pagare da quello canonico. E ho visto poi gato a un sistema di leggi arcaico distributori ed esercenti pur di quegli stessi film uscire nei perio- per cui tu, soprattutto se fai cine- uscire nei cinema e recuperare di ‘giusti’ e incassare comunque ma d’autore, ‘esisti’ e puoi acce- cosi i propri soldi. “È piuttosto pochissimo. Se è stato difficile dere ai contributi solo se riesci normale. E se non hai un film for- per noi convincere il piccolo a uscire al cinema. O magari hai tissimo devi mettere sicuramente produttore di un piccolo film a accordi per arrivarci in un deter- in conto qualcosina per la distri- uscire non dico in piena estate, minato numero di copie. Ma d’al- buzione: in genere si paga contri- ma tra maggio e giugno, figuria- tra parte l’alto numero di prodotti buendo alle spese di lancio”. Non moci cosa possa significare dover sul mercato è relativo: a Parigi, nel solo dunque si manda il proprio convincere un produttore che ha weekend, possono uscire anche film indipendente in sala allo sba- dalla sua un cast importante e un venti o venticinque film. Bisogna raglio, contro un esercito di titoli regista di successo. Detto questo, pensare il dato in rapporto al pub- dalle simili aspirazioni. Ma si paga si aggiunge un ulteriore proble- blico che si ha. E precisamente in per farlo. ma: diverse sale d’essai in estate Italia è il cinema d’essai, o d’auto- sono chiuse. Insomma, anche per re, ad avere una produzione total- A produrre il pericoloso ingorgo chi vuole sfidare le convenzioni e mente sproporzionata rispetto al contribuisce poi un altro fattore: lanciare il proprio film tra giugno suo pubblico”. “Da aprile e settembre i film ita- e agosto, la vita non è semplice”. liani, fatta eccezione per quelli Ed è un peccato insistere nel vo- Altrove, questo tipo di film può che vanno in sala a ridosso dei lersi ingorgare, perché in fondo contare su un mercato che gli Festival di Cannes e Venezia, non tanti film li noteremmo molto di permette di uscire subito su altre escono. E non si tratta di un pro- più così: se venissero e stessero piattaforme, “saltando” la sala blema facilmente risolvibile. Per- in disparte, o se non venissero (in senza troppi rimpianti. In Italia ché se da una parte tutti, a parole, sala) per niente. ANNI- VER- SARI

a 50 anni da le streghe

Le foto della sezione ‘Anniversari’ sono state gentilmente concesse da: Archivio Fotografico della Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia. Si ringraziano Dott. Gabriele Antinolfi, Direttore CN; Dott.ssa Marina Cipriani, Responsabile ufficio Cineteca e Manifestoteca. ANNIVERSARI A 50 anni da... Le streghe 88 - 89

Femminismo di ANGELA PRUDENZI involontario

l film a episodi che I ha il suo culmine negli Anni ’60 si è mosso prevalente- mente seguendo, da una parte, la linea comica di cui I mostri è un fulgido esempio, dall’altra la trac- cia più drammatica e impegnata alla Ro.GoPa.G. Le streghe è invece rentiis al massimo poteva avere a ma troppo educata per ribellarsi. lo e in mano ai vari autori diventa un’opera in bilico, esempio ibrido cuore una blanda provocazione, Donne di classi sociali diverse e un’affasciante carrellata di arche- permeato di umorismo, dramma mentre lo scopo principale resta- dalle esistenze apparentemente tipi che in quel momento si van- e, al contempo, analisi sociale, in va quello di far sorridere a spese inconciliabili, sorelle però nel no vaporizzando. Mere fotografie cui la comicità è stemperata dalla di figure femminili ben radicate vivere un presente di solitudine di come le donne erano state fino complessità dei temi trattati, la nell’immaginario, in primo luogo o insoddisfazione. Donne che a quel momento e dopo il ’68 non presa della realtà influenzata dal maschile. Se si sogghigna degli mirano a sfuggire al modello im- saranno mai più. Una presenza, cambiamento in atto nella so- uomini in chiave mostri, si può perante, per quanto il progetto la loro, che è già assenza. Per l’ul- cietà, la descrizione della figura ben sorridere delle donne in ver- iniziale avesse avuto l’obiettivo di tima volta madri o mogli chiuse della donna segnata dalla nuova sione streghe. tranquillizzare abbozzando con in ruoli stretti e frustranti, dive presa di coscienza che già serpeg- Le streghe non nasce con intenti ironia alcuni ritratti femminili. senza reali poteri decisionali, ca- gia intensa e spiazzante. Si ride, provocatori, quanto appunto per Lo scarto tra intenzioni e risultati salinghe dalle mani d’oro o dai ma molto ci s’interroga. Soprat- esaltare le doti della Mangano, è tuttavia sorprendente. Se l’idea desideri repressi. In questo senso tutto a posteriori. cui il marito produttore per l’oc- di De Laurentiis era di fissare su le cinque protagoniste sono già È il 1967 e le streghe, intese come casione costruisce attorno una pellicola alcuni tipi desiderati o di un altro mondo, parcheggiate rappresentanti del movimento rete di protezione fatta di perso- temuti dal maschio medio alla in un limbo di celluloide come femminista, stanno per invade- ne in grado di avere con l’attrice fine degli Anni ‘60, l’operazione prototipi in disuso. Fantasmi, per re anche le piazze d’Italia. Nel una perfetta sintonia. Una pro- è certamente sfuggita al control- meglio dire. Non certo streghe. frattempo Dino De Laurentiis duzione che si sviluppa quasi in sceglie il titolo provocatorio per famiglia, calibrata sulla star dai un film che è soprattutto un ulte- registi, che sono tra i migliori, riore omaggio alla moglie Silvana chiamati a dirigere i vari episo- Mangano, già alcuni anni prima di. Visconti, Bolognini, Pasolini, mattatrice ne La mia signora. Dif- Rossi e De Sica puntano l’occhio ficile credere che il pur lungimi- su di lei che per l’occasione si tra- rante produttore avesse in mente sforma in diva di massima fama di recuperare la figura ancestrale e straordinaria tristezza, ricca ed della malefica per usarla in chiave elegante signora devota a uno femminista, più sensato pensare smisurato egoismo, proletaria che avesse fiutato l’aria, pur senza muta dalle incredibili doti dome- porsi l’obiettivo di appoggiare un stiche, siciliana tutta fuoco e sen- movimento agli albori. De Lau- so dell’onore, borghese annoiata anni a venire. Difficilmente Sil- prodotto”, chiosa un altro ospite, LA STREGA vana Mangano avrebbe accettato buono per l’industria finché dura. di essere messa a nudo da altri, Un discorso caro a Visconti, che BRUCIATA mentre si regala totalmente all’o- però in Bellissima e Siamo donne biettivo chirurgico di Visconti non aveva dimenticato di rende- che la scarnifica pezzo per pezzo re omaggio all’umanità di Anna VIVA smontandone letteralmente la Magnani. Qui la critica si fa feroce sembianza esangue falsa e co- perché lo star system si è insteri- struita. “Sei in cielo, in terra, dap- lito, e partorisce dive già morte. L’episodio di Visconti è senza dubbio il più complesso per i rimandi pertutto. Ci hai ridotto tutte a tua Gloria è una mummia, per quan- al tema del divismo e dei modi di produzione cui il regista è sempre immagine e poca somiglianza”, le to meravigliosamente conserva- stato sensibile. Gloria, la star infelice che si regala una giornata di li- rimprovera l’amica sventolando ta, avviluppata nell’abito oro con bertà andando a trovare in Svizzera una cara amica, ricorda troppo da una rivista patinata. C’è poco da tanto di copricapo alla Nerfertiti vicino la vera Mangano per non esserne uno specchio. È la prima vol- aggiungere, è la prova che Glo- o morbidamente avvolta nella ta che l’attrice e il regista lavorano assieme, eppure è facile percepire ria in quanto essere umano non mantella maculata che la fa sem- la complicità che subito li lega e che diventerà ancora più forte negli esiste. “Un prodotto, un sublime brare un catafalco. La morte me- taforica di Gloria certifica però anche la fine di un’epoca, quella in cui le attrici si mettevano nelle mani dei produttori stipulando un’assicurazione sulla vita pagata a prezzo della libertà. Gloria non può avere il figlio che desidera, Silvana Mangano deve accettare di recitare accanto al pistolero Clint Eastwood. L’effetto spec- chio moltiplica sogno e realtà, rendendoli indistinguibili.

essere fortemente amaro. Senso donna e viva. Arriva persino a civico suggerisce non meno degli chiederle: “Ma che è una don- altri episodi che quel modello na?”. In aggiunta per l’intero epi- di donna non esiste ormai più, sodio la chiama ostinatamente destinato com’è a scolorirsi in “signore”, come a strapparle di una copia sguaiata e certo meno dosso la peculiarità che più do- Più leggero, in apparenza, l’epi- raffinata, metafora del decadi- vrebbe designarla. Un fantasma SENSO sodio firmato da Mauro Bologni- mento dell’aristocrazia borghese che, insieme ad altre sue simili, ni. Uno sketch di pochi minuti messa violentemente in crisi dal va a godersi le gioie di un party per raccontare l’egoismo di un’e- ’68. La Mangano, insensibile di in un lussuoso attico dell’Eur, CIVICO legante signora dell’alta borghe- fronte al dolore assolutamente quartiere al tempo molto amato sia, disposta a caricarsi un ferito reale dell’operaio interpretato dai miracolati dal boom econo- in auto pur di arrivare in tempo da Sordi, non reagisce perché di mico. L’ultimo spettacolo, prima a una festa. Ma nulla è davvero fatto è un ectoplasma. L’anneb- di una lunga lenta agonia. lieve nei racconti che compon- biato ferito parla e straparla ma gono Le streghe, tant’è che an- non la riconosce mai per quello che questo tassello finisce per che dovrebbe essere, cioè una ANNIVERSARI A 50 anni da... Le streghe 90 - 91

LA TERRA VISTA DALLA LUNA È firmato da Pasolini l’episodio chiave di Le streghe. Metà fiaba metà apologo, La Terra vista dalla Luna sin dal titolo rende manifesto il pro- prio punto di vista, cioè di essere frutto di uno sguardo che cade da lontano e vede il nostro pianeta e i suoi abitanti completamente ribal- tati. Un mondo alla rovescia dove tutto è possibile, persino ritrovare rapidamente la felicità dopo un grande dolore. Accade a Totò e Ni- netto, padre e figlio accomunati dalla perdita di moglie e madre, sul- la cui tomba piangono lacrime amare salvo poi trovare consolazione nell’incontro con l’aliena di verde vestita Assurdina, quintessenza del- LA SICILIANA la casalinga. Persino dopo essere morta, cadendo dall’alto del Colos- seo - sfortunati davvero i due Miao! -, torna ad accudirli. Cose che solo La donna ribelle, e per questo stre- mente una guerra familiare, por- nelle fiabe. Ma Pasolini non si limita a raccontare un universo surreale ga, era spinta fuori casa da un fero- tando all’estinzione dei maschi di giocando con i rimandi alle comiche di Chaplin, vestendo i protagoni- ce desiderio di libertà e dall’ansia due diversi nuclei. Una femmina sti con abiti dai colori improbabili, spingendo le scelte di regia fino allo di svincolarsi da leggi che la vole- guerriera, che si vota di proposito sperimentalismo, con lucidità rivela che persino la periferia da “dopo- vano chiusa dentro le mura dome- all’invisibilità e alla morte sociale storia” a lui cara è destinata a scomparire e a rimanere intatta soltanto stiche e schiacciata dall’istituto che attendono chi, come lei, è in nei sogni. Non a caso i due protagonisti si dovranno accontentare di familiare. E nonostante all’interno lutto stretto. Un atto di ribellione essere accuditi da un fantasma. Rispetto ai registi degli altri episodi, della famiglia per generazioni fos- mascherato, dopo tutto il tempo Pasolini fa un passo avanti e mostra con lucida consapevolezza che se stata il tassello fondamentale delle azioni coraggiose, è comin- avere a che fare con dei fantasmi non è solo questione di guardare la cui tutti erano pronti a riconosce- ciato solo due anni prima grazie Terra dalla Luna. La morale non può quindi che declamare: “essere re un ruolo basilare, purché svolto al rifiuto dell’adolescente Franca morti o essere vivi è la stessa cosa”. Tanto più lo è per la donna che si entro i limiti stabiliti. Alle streghe Viola di sposare il proprio rapitore. vorrebbe ideale, ché “come la farfalla vive un giorno solo”. ciò non bastava, preferivano auto- La ribelle siciliana ritratta da Rossi escludersi ai margini della società si limita, si fa per dire, ad annullare ed essere additate come prosti- se stessa in quanto simbolo arche- tute, eretiche, promiscue. Non è tipico della sottomissione femmi- meno deflagrante il comporta- nile. Una lezione impartita con gli mento della giovane siciliana che occhi rigati di pianto e il sorriso in per futili motivi scatena voluta- fondo al cuore. UNA SERA COME LE ALTRE

Una sera malinconica per una moglie il cui matrimonio è se- gnato dall’insoddisfazione ses- suale. E pensare che il marito è Clint Eastwood, appena lanciato nell’empireo dei maschi desi- derabili da Sergio Leone. Carlo, però, nonostante l’aura del pisto- lero, la pistola – fin troppo facile simbolo fallico - non la maneggia mette in scena il canto del cigno sto che la versione onirica della ectoplasmi femminili torneranno nella realtà, solo nei sogni della della donna remissiva. Se infatti inquieta signora appare incredi- finalmente a essere streghe e a dar mogliettina dalla mente immagi- Giovanna nelle scene oniriche, bilmente viva, mentre definitiva- vita a un confronto dialettico che nifica. Giovanna sogna appunto, spesso dominate da un bianco sa- mente morta sembra la borghese vede le mogli contraddire i mariti, e a occhi aperti. Si perde in visioni turo, appare quasi un angelo ero- irreprensibile tutta casa e fami- le figlie opporsi ai padri, le donne luminose nelle quali si sente de- tico di soprannaturale essenza, il glia. Giovanna contribuisce a suo conquistarsi il diritto a rifiutare siderata dal compagno e ancora suo esigere, anziché domandare, modo a seppellire per sempre un la famiglia come unico scopo e più da decine, centinaia di sco- prelude a quella libertà sessuale ideale di donna che, se non anco- soprattutto a vivere la sessualità nosciuti. De Sica ha la mano leg- che costituirà una delle bandiere ra del tutto superato, lo sarà di lì a con gioia e a usare la contracce- gera, eppure tra un sogno e l’altro del femminismo. Sarà per que- poco. E precisamente quando gli zione come arma di libertà. ANNIVERSARI A 50 anni da... Le streghe 92 - 93 Nel cuore un soprabito di piume di gallo cedrone I RICORDI DI PIERO TOSI

egli Anni ‘60 i film a a patto di poter scegliere tutti gli le bastava mettere un abito per N episodi incassavano attori e i collaboratori. È vero che trasformarsi subito in mille molto, De Laurenti- La strega bruciata viva è critico donne diverse. is però nel mettere nei confronti dello star system, Il punto forte di Una sera come in cantiere Le streghe non aveva ma la cosa più significativa è le altre erano i sogni della prota- pensato al botteghino, quanto a che parlava veramente di Silva- gonista, così ci siamo sbizzarriti rendere omaggio alla moglie Sil- na e Dino. De Laurentiis era una nel ricreare un universo onirico vana Mangano, che amava di un persona di grande intelligenza, anche attraverso gli abiti. Le ca- amore sconfinato, al limite della sapeva benissimo cosa stava ac- micie da notte, il pigiama palazzo venerazione. Il primo episodio cadendo. Noi quelle situazioni arancione che Silvana indossa che abbiamo girato fu La strega le conoscevamo perfettamente, con grande ironia, accompagnata bruciata viva, il cui soggetto era anche lo scambio al telefono tra da dei barboncini vestiti come lei, stato scritto da Peppino Patroni Gloria e il marito aveva un fon- l’abito a più strati dello spoglia- Griffi con un taglio critico meno damento di verità. Un giorno con rello allo stadio, lavorato con una drammatico, nelle mani di Vi- tutta la troupe assistemmo a una stoffa impalpabile, che si chiama sconti è invece diventato un af- telefonata terribile tra Silvana e velo di cipolla, tutto frutto del la- fresco tragico. Pensare che sulla Dino a proposito di Eastwood, voro certosino delle migliori sar- carta non sembrava nemmeno che lei proprio non voleva come torie. Più di tutti però mi è rima- un episodio giusto per Luchino, partner nell’episodio di De Sica. sto nel cuore un soprabito nero di che aveva accettato di dirigerlo Una scenata memorabile che piume di gallo cedrone montato si risolse con la sconfitta della su organza, era un capolavoro. Mangano costretta a capitolare di Del set de La Terra vista dalla fronte alle ragioni produttive. Chi Luna ricordo soprattutto la ten- conosceva bene la coppia, e la sione emotiva, Pasolini sapeva frequentava in situazioni private, essere molto duro. Abbiamo co- sapeva anche bene cosa accade- minciato dalla sequenza della va alle loro cene: Silvana faceva il morte di Assurdina al Colosseo, suo ingresso per ultima, proprio tutto era pronto ma Pier Paolo come la protagonista. Una sera si ancora non aveva scelto il colore manifestò vestita di rosa corallo dell’abito. Ne avevo fatti sei ugua- con un sontuoso abito di Balen- li, ma di tinte differenti, i primi ciaga, corto avanti e lungo dietro, cinque scartati. Fortuna che, di un’apparizione. fronte all’ultimo, Davoli se ne è A quel tempo nel realizzare gli uscito con un “Bello verde!”. An- abiti si puntava quasi esclusiva- che i colori indossati da Totò e mente sulla manifattura e l’alto Ninetto rendono perfettamente artigianato. Dino voleva il meglio l’idea della fiaba. per la moglie, a qualsiasi costo, e Per gli episodi di Bolognini e Rossi questo per un costumista era una il lavoro è stato minore, lo richie- manna. La pelliccia maculata che deva la sceneggiatura. Credo però Gloria indossa alla fine era costa- di poter dire che l’abito nero con il ta una fortuna, ma era perfetta corpetto di paillettes rosa, indos- per esaltare il volto ormai senza sato dalla Mangano in Senso civico, vita della diva. Con quella pellic- restituisca perfettamente il carat- cia addosso sembrava pronta per tere sfrontato ed egoista di questa (testimonianza raccolta la tomba. Silvana era speciale, signora perdutamente incivile. da Angela Prudenzi) PUNTI DI VISTA

IL SENSO DELLA POSSIBILITÀ di BRUNO BIGONI PUNTI DI VISTA 94 - 95

ggi è un altro giorno. Milano 1945-1995 è il titolo del O documentario che, insieme a Giuseppe De Santis, ho dedicato alla Resistenza a Milano, rivisitata attraverso gli occhi e le parole di un gruppo di ragazzi che, con gli avvenimenti di cinquant’anni prima sembravano non avere alcuna dimestichezza, né alcun rapporto. Il film non voleva essere una cele- brazione, ma piuttosto una rivisitazione di un’epoca e di un clima ri- letti da un gruppo di giovani che esprimevano, a distanza di tanti anni, i loro sentimenti e le loro idee, intorno a problematiche sempre attuali quali il dolore, l’amore, la libertà. Nel documentario figurava tra gli in- terpreti Moni Ovadia, nei panni di un professore che conduceva i suoi studenti nei luoghi dove avevano perso la vita giovani antifascisti, che si opposero alla barbarie nazi-fascista. ma, dell’impossibilità a lavorare, che veniva da una precisa scomuni- Ho incontrato Beppe qualche settimana prima delle riprese, e pensa- ca politica, negli anni del boom economico. Un regista e intellettuale vo a come potevo relazionarmi con un padre del Neorealismo. Pensa- antifascista, scomodo, che andava fermato con ogni mezzo. E così è vo che sì, anch’io ero figlio di quella stagione, che molti dei miei lavori stato. Ma con Beppe si è fermata la pratica, non le idee. Inizia così il andavano in quella direzione, almeno nelle intenzioni, e ricordavo le silenzio di Beppe, che non corrisponde però al suo pensiero e alla sua parole di Adriano Aprà, che durante un Festival di Salsomaggiore sul creatività, che continua a lavorare e produrre storie, sceneggiature, finire degli Anni ‘80, aveva ricordato a tutti noi giovani cineasti, che progetti. Tutti incompiuti. Proseguono anche i suoi viaggi all’estero, inevitabilmente eravamo tutti figli del Neorealismo. Non ho mai capi- soprattutto Russia, Europa dell’Est e Cina. E, a proposito di quel Pa- to bene se era una critica o un complimento. ese, un pomeriggio al montaggio, mi raccontò del suo primo viaggio Beppe mi ha messo subito a mio agio. Si è rivelato persona affabile, in Cina, verso la fine degli Anni ‘50. Primo cineasta italiano a essere disponibile, colta, e gran conoscitore di cinema. Soprattutto quello invitato dal governo cinese. Il suo viaggio avventuroso per entrare in americano che, a suo dire, fu quello che lo influenzò maggiormente quel Paese, passando dall’Unione Sovietica, unico corridoio possibi- negli anni del suo apprendistato. Insieme abbiamo confrontato i no- le a quei tempi. Il suo essere riconosciuto come un grande cineasta al stri gusti cinematografici, le nostre passioni. Io, Orson Welles, Cassa- servizio del popolo. Le sue cene con notabili e ministri. Alcuni di que- vetes, Bresson, lui Kurosawa (I sette samurai - “perché è un romanzo sti, raccontava, dormivano durante le cerimonie ufficiali e Beppe, alli- epico, un grande affresco che è sempre stato il mio sogno di cinea- bito, non capiva come ciò fosse possibile. Poi un funzionario gli spiegò sta”), o Gilda di Charles Vidor, per la sequenza del ballo. Pensate alla che alcuni di quei ministri lavoravano così tanto, e senza sosta, che il sequenza del ballo di Riso amaro. governo li aveva autorizzati a dormire durante le cerimonie ufficiali. La lavorazione del doc è stata molto semplice e veloce. Io mi sono oc- Rideva sornione, con quello sguardo dolce e accattivante. cupato più delle riprese, Beppe più del montaggio. Insieme abbiamo organizzato il materiale, costruito il senso e la struttura. Così abbiamo Lavorare con lui mi ha fatto comprendere quanto sia importante esse- trovato la forma giusta per raccontare quella storia, qualcosa che cer- re consapevoli della responsabilità che abbiamo come autori. casse di parlare della Resistenza senza retorica. Abbiamo voluto nel Fare un lavoro, quello del cineasta, non può mai essere falsità. Non film un universo di valori che facessero da background ad ogni episo- ingannare con il gioco delle immagini, cercare di essere leggero e pro- dio raccontato. Un universo ripercorribile per definizioni sintetiche: fondo al contempo, non accontentarsi del troppo facile, non chiuder- libertà, morte, dolore, lotta. È dal significato che si attribuisce a parole si alla curiosità. Questo è ciò che più di tutto mi è rimasto dell’incon- così semplici, e così complesse, che meglio si misura la profondità del tro con Beppe. La consapevolezza e la determinazione che necessita a divario tra vecchie e nuove generazioni. chi decide di fare questo lavoro. Prima di lasciarci, terminato il nostro documentario, una cena prima Ma di Beppe ho anche altri ricordi, altre memorie. Un uomo ferito, ma della partenza. Beppe mi parla della realtà. Al momento non compren- mai sconfitto. I suoi racconti sull’emarginazione subita dal suo cine- do di cosa mi stia parlando. Una conversazione breve ma intensa. L’ho sempre considerata come il regalo di addio di un amico speciale, co- nosciuto e frequentato per pochi giorni ma così profondo e necessario da lasciare un segno. Le sue parole, che ho cercato di ricostruire, me le ricordo così: “Se esiste un senso della realtà, deve esistere anche qualcosa che si può chiamare senso della possibilità. Il tempo della vita è un sacco di cose. Quello che più ci appartiene, ma che da solo non è abbastanza per re- stituire un senso alla vita, quello che tocca i margini dell’infinito, nel momento in cui sappiamo comprendere, quello che all’ultimo vor- remmo salvare se ci coglie la paura del niente, e quello che ci fa bru- ciare gli occhi quando riusciamo finalmente ad aprirli… Chissà a quale preciso punto del tempo si ancorano i ricordi di ognuno di noi…”. Poi mi guarda e sorride. Parole di fuoco. BIOGRAFIE

Foto di Pietro Coccia BRUNO SUDARIO FRANCESCA PAOLO FATEMA BIGONI BRANDO CUALBU DI REDA LOUKILI

Regista, sceneggiatore, Autore di fumetti. Nasce Si è diplomata al corso Autore di romanzi, rac- Giornalista e attrice ma- produttore cinematogra- in Israele ed in Francia; di Produzione presso la conti e sceneggiature, rocchina, laureata in Filo- fico e televisivo. Ha segui- alla fine degli Anni ‘70 Scuola Nazionale di Cine- tra cui quella di Salvatore sofia e Sociologia. Dopo to studi umanistici, laure- si trasferisce in Italia e ma del Centro Sperimen- – Questa è la vita (2006), l’inizio con “Medi1” nel andosi a Milano in Lettere grazie alle pubblicazioni tale di Cinematografia. insieme al regista Gian Pa- 1982, lavora per “2M” da e Filosofia con indirizzo della Corno si appassiona Dopo una breve esperien- olo Cugno. Ha pubblicato molti anni come giornali- cinematografico con una al fumetto. Esordisce nel za nella produzione, ha la- per Newton Compton sta di punta e conduttri- tesi su François Truffaut. 2014 con Edizioni Play vorato come responsabile Editori e per le Edizioni ce di una trasmissione di Nel 1972 è tra i fondatori Seven, disegnando Crom marketing della società di Fahrenheit 451. Il suo ul- politica. Ha preso parte del Teatro dell’Elfo. Re- il segreto dell’acciaio e la distribuzione Lucky Red timo romanzo, La rabbia ai film di Farida Belyazid, gista per RAI e Mediaset, biografia del calciatore e, da 14 anni, è consigliere che rimane (2° ed. 2016), a La guerre du Golfe… Et è socio della casa di pro- Fabrizio Ravanelli. Nel di amministrazione della racconta le esperienze di après di Mustapha Derka- duzione Minnie Ferrara 2015 realizza una persona- società di produzione e una giovane donna e di oui, oltre che a un corto- & Associati S.r.l. Dal 1987 le versione dei 22 Arcani distribuzione Filmauro, suo figlio negli anni delle metraggio di Nabil Ayou- si dedica con sempre Maggiori. Nel 2016 dise- con la responsabilità di lotte operaie, della con- ch. Nel 2005 recita nel maggiore attenzione al gna un episodio di Robo- marketing e progetti spe- testazione, della violenza, film Mémoire en détention cinema documentario di tics (Shockdom). Nel 2017, ciali. Quest’anno ha pro- ma anche dei cambia- di Jilali Ferhati. Il Festival carattere sociale, oltre ad l’editore Le Piccole Pagine dotto autonomamente menti profondi nelle rela- di Rabat le ha reso omag- essere impegnato nella pubblica un saggio illu- l’episodio pilota di Smart zioni tra le persone e nella gio nel 2016 per l’insieme docenza universitaria. Il strato sull’opera a fumetti Romance, una serie tv de- famiglia. delle sue attività: giornali- suo film Veleno nel 1993 on-line di Sudario, dal ti- dicata alla poesia, scritta e smo e recitazione. è stato presentato in tolo Chi è Sudario Brando?, diretta da Piersandro Buz- Il suo articolo è a pag. 62 concorso al Festival del scritto da Tommaso Fili- zanca, autore e regista. Il suo articolo è a pag. 74 cinema di Locarno e la ghera e Niccolò Pugliese. sua ultima opera cinema- Attualmente è all’opera Il suo articolo è a pag. 50 tografica è Sull’anarchia su una serie Sergio Bonelli (2014). Editore di prossima pub- blicazione. Insegna dise- Il suo articolo è a pag. 94 gno presso la Scuola di Fumetto di Orvieto. Pre- sidente dell’associazione “Benito Martone”, che si occupa del recupero e del restauro dei fumetti di Maschera Fuggiasca.

Il suo fumetto è a pag. 20 SUL PROSSIMO NUMERO IN USCITA A SETTEMBRE 2017

SCENARI Cinecittà compie 80 anni. Li dimostra?

INNOVAZIONI Scenografie e scenografi nel nuovo cinema italiano

FOCUS Il cinema a Hollywood

RICORDI A vent'anni dalla morte di Marco Ferreri n°33 luglio 2017 5,50 € anno V 33 numero

"Voi siete un attore e io vi ammiro, come uomo e come cane, ma non potete essere

stato una spalla, voi non avete mai fatto neanche il ginocchio...!" luglio 2017 -

(Totò) DOVE SONO FINITI Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale -70% - Aut. GIPA/C/RM/04/2013 I CARATTERISTI DEL CINEMA ITALIANO?

TENDENZE I titoli dei film italiani Dove sono finiti i caratteristi del cinema italiano? del caratteristi sono finiti i Dove COMING OUT Quel film mi ha fatto chiudere gli occhi

FOCUS ​Il cinema in Marocco

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