Accademia dei Rozzi

Anno XXVI/2 - 2019 - N. 51 1 1. Mario Luzi e il paesaggio senese (foto Lensini)

2 Mario Luzi: viaggio terrestre e celeste di Simone Martini di Alfredo Franchi

Una indelebile infanzia anche di espressione di vita, che non ha limiti… l’illimitato, l’infinito”4. Egli, tuttavia, aveva Il “ Viaggio terrestre e celeste di Simone Mar- più volte resistito al richiamo di Siena, ad tini” è dedicato “alla città di Siena”1, ove Luzi 2 un ritorno prolungato perché c’era qualco- aveva passato l’“indelebile infanzia” , che ri- sa del passato che lo inquietava, forse perché mase sempre nella memoria come luogo “il passato stesso, quando ti mette davanti a delle privilegiato dello spirito per avervi egli spe- perdite è un turbamento”5, e poi la città “nel- rimentato “la pienezza del desiderio…l’aspira- la sua intensità di messaggi, nel suo mistero che zione totale dell’anima”3 da cui aveva preso permane”6, era rimasta in lui come “un nodo avvio la sua poesia. Nel pittore senese Luzi molto stringente e inquietante”7. Ora nella sua riversa i suoi patemi e gli entusiasmi di un piena maturità, Siena, “pur rimanendo nel suo tempo, “quel desiderio di perfezione artistica ma segreto un po’ inaccessibile ”8, si era venuta libe-

1 M. Luzi, Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, perfezione, di altezza, di felicità indicibile si riversava Garzanti 1994, p. 7. sui luoghi, sulle persone, sui compagni… e produceva 2 M. Luzi, Colloquio – Un dialogo con Mario Specchio, in me quel senso di estasi che ancora adesso provo, Garzanti 1999, p. 266. intatto, quando ritorno”. P. Di Stefano, Luzi – Una pagina celeste nella strade 5 Op. cit., p. 268. di Siena, Corriere della Sera 1999, così dichiara Luzi: P. Di Stefano, op. cit.: “Oggi Siena è una sorta di “A Siena mi trovai quasi immerso in una pagina cele- religio dell’anima. Ho superato quella crisi che da una ste: quella città fu una rivelazione continua, rivelazio- parte ci impedisce di staccarci da un ricordo, dall’al- ne anche di un me che non conoscevo e che aspirava tra ci fa temere di riviverlo nel presente. Quando una ad apprezzare, a godere, a glorificare l’arte o meglio memoria meravigliosa è stata troppo coltivata, di so- qualcosa che produce non solo bellezza ma durata, lito si ha paura di diminuirla o di sgretolarla con un una prospettiva di prolungamento e direi di eternità. ritorno. Nel mio caso il mito di Siena e dei suoi din- Mi sembrò di stabilire un immediato colloquio tra me torni, anziché dileguarsi, con il contatto frequente ha e le immagini della città, la sua architettura, il com- moltiplicato le pagine più segrete e riposte che allora plesso urbanistico, le pitture antiche, vi colsi un nodo mi erano sfuggite”. straordinario di esistenze e di solitudini. Scoprii quel- 6 Op. cit., p. 269. la tensione che è l’arte”. P. Di Stefano, op. cit.: “Accanto allo splendore 3 Op. cit., p. 266. dell’arte c’era quello della natura, essere cittadini di P. Di Stefano, op. cit.: “Siena è una meraviglia Siena mi pareva un privilegio poiché mi sembrava che e la campagna intorno è un’altra meraviglia che vi si tutti quei connotati si riflettessero nelle persone: era aggiunge: l’argilla, un paesaggio nudo che ripercuote e come se le fanciulle…assomigliassero alle figure di- fa meglio comprendere le emozioni offerte dalla città. pinte, fanciulle… che volessero perpetuare le imma- Ecco, durante quei tre anni della mia adolescenza ho gini amate nell’arte… Anche la terra, che pure è lavo- bevuto avidamente tutto ciò. Mi abbeverai delle trac- rata, nella sua estensione e vastità rivela di continuo ce lasciate da un grande passato, da una ineguagliabile la luce e i suoi avvenimenti. Una terra in cui estate e stagione dell’anima, della mente e della fantasia che inverno sono una sola superstagione. Ricordo l’inver- ha prodotto artisti come Duccio… Lorenzetti e poi no del ’29, nevosissimo, rimasto mitico… con glacia- Simone Martini”. zioni che ornavano tutta Siena, la cattedrale era una 4 Op. cit., p. 267. specie di stalattite con una incredibile alternanza di P. Di Stefano, op. cit.: “Siena mi ispirò subito so- ghiaccio, marmo e cotto. C’era una luce senza argini, gni d’arte, mi indusse a sperare di poter avere anch’io, abbagliante, come la campagna intorno… un trionfo un giorno, un piccolo posto in quel parnaso dello di luce. Solo qui si possono vedere queste coinciden- spirito o almeno di lasciarvi una minima traccia, mi ze, si possono gustare queste parità di grado luminoso trasmise l’illusione di poter sopravvivere a me stesso tra le stagioni”. così come avevo visto sopravvivere un’intera stagio- 7 Op. cit., p. 269. ne artistica, quella due-trecentesca. Questo sogno di 8 Op. cit., p. 269. 3 rando da certi suoi aspetti angosciosi9 che lo liarità rispetto ad altre esperienze culturali, avevano distolto dal tornare pur avendovi ad esempio, quella filosofica, intrapresa con trascorso il periodo più “suggestivo e toccan- entusiasmo e, di seguito, rivelatasi deludente te della vita”10, e così, con l’intermediazione in quanto “elucubrazione distante dalla vita”13. del pittore, il poeta vi poteva fare ritorno. Del pari egli ha preso le distanze da ogni In più occasioni lo scrittore ha precisato concezione nichilista dell’esistenza, soprat- il significato dell’arte nella vicenda umana tutto in certe formulazioni univoche e radi- e letteraria. Sin dall’infanzia, sempre rim- cali. La sua poesia è sempre stata “interroga- pianta per la felicità incomparabile, egli ha tiva, non negativa”14, senza rimanere tuttavia sperimentato una sorta di contrasto radicale estranea alle oscurità ed ai contrasti della tra la realtà nella sua aspra configurazione11 natura da cui prende avvio, senza pretesa e nella trascrizione ideale operata dall’arte12. esplicativa15, in atteggiamento di trepida at- Luzi non si è limitato ad evidenziare il ruolo tenzione16. Posta dinanzi alle contraddizio- dell’arte nella vita, ma ne ha colto le pecu- ni della realtà la ragione sceglie ed esclude

9 Op. cit., p. 269. tuazione per i filosofi… C’era un testo…che era di- P. Di Stefano, op.cit.: “A Palazzo Chigi … ebbi le ventato una specie di breviario: il decimo libro delle prime emozioni musicali e certe audizioni di allora mi Confessioni di sant’Agostino… la filosofia moderna sono rimaste nel sottofondo per tutta la vita: davano non corrispondeva alle mie aspirazioni…era una sorta il senso di un universo vivo, teso, che voleva vibrare di ingegneria del pensiero che non mi prendeva… mi e tendere verso una perfezione…il sabato, durante deludeva moltissimo”. le audizioni, c’erano anche diverse fanciulle, una di 14 Op. cit., p. 21: “La poesia di Montale e di Un- quelle, a cui forse non ho mai rivolto una parola, era garetti, soprattutto di Montale, comincia proprio dal diventata il mio idolo, un riferimento spirituale inaf- rifiuto, dal . A questo rifiuto mi sono contrap- ferrabile… Mi dicevo: questa diventerà una grande posto fin dal principio, d’istinto… il discorso doveva musicista, la vedevo attenta… Era diventata per me includere l’esperienza, non doveva negarsi a priori una specie di musa… Un giorno una mia compagna all’esperienza”. le sottopose il mio diario perché scrivesse un pensiero. 15 Op. cit., p. 31: “Noi eravamo coscienti della no- Scrisse in greco : non ti scordar di me…fu un deside- stra oscurità… L’oscurità è una forma della conoscen- rio lanciato nell’infinito , un desiderio che non sup- za del mistero. La conoscenza del mistero procede poneva di essere esaudito. Poi, all’improvviso, sparì secondo un metodo suo, proprio, diverso dalla geo- come sparì la parentesi luminosa e potenzialmente fe- metria concettuale. Ci sono cose nella vita dell’uomo lice di Siena. Anzi non solo potenzialmente felice, ma conoscibili attraverso l’oscurità, il mistero. E la poe- anche di fatto felice, visto che la felicità è un’attesa”. sia è anche questo”. In un frammento autobiografico 10 Op. cit., p. 272. così Luzi dichiarava: “La poesia è stata la ragione della P. Di Stefano, op.cit.: “ Qualcosa (Siena) che va mia vita: è lei che alla mia vita ha dato un senso, un molto più lontano del contatto visivo, durante l’a- orientamento, un ordine interno. Dunque mi ha tor- dolescenza mi sarei augurato che questo luogo non mentato, illuminato e sostenuto. Poiché amo molto avesse mai fine. Così ancora oggi, vi aderisco perfino il colore dei monti, quell’azzurro turchino che sa di fisiologicamente: mi sembra che riesca ad associare fresco e di lavato e che vien fuori soprattutto dopo la miracolosamente cultura, serenità, partecipazione so- burrasca, credo si ritrovi spesso, nella mia produzione cievole del vivere, vita di studio e di creazione. Anco- poetica, l’azzurro, il blu, questa tonalità che appartie- ra oggi che sono più avvertito della brevità del tutto, ne non tanto, forse alla radiosità del mattino quanto ne colgo l’incanto, la nostalgia è bruciata dalla forza alla profondità. Lo spazio profondo ha questo colore, delle immagini. E sono qui ma è come se fossi un po’ che diventa poi anche quello del tempo. Tempo e spa- sulla terra e un po’in una favola sospesa tra il presente zio sono inscindibili. Quando io penso al tempo lo e l’intemporale, tra il circoscritto e l’infinito”. penso di quel colore” - “Credo sia indispensabile, per 11 M. Luzi – G. Tabanelli, Il lungo viaggio nel Nove- chi voglia provarsi nella poesia, un intenso rapporto cento, Marsilio 2014, p. 12: “su questa strada si è impe- con il mondo e una strenua capacità di solitudine. E gnata la mia gioventù nelle sue prime prove che erano, all’interno di questa condizione un’acuta sensibilità appunto, un contrasto continuo tra la bellezza della per la lingua, i suoi segreti moventi, i suoi profon- natura e dell’arte e la violenza del mondo circostante”. di movimenti e ritmi che alimenti l’immaginazione 12 Op. cit., p. 7: “Da bambino mi sono trovato verbale e formale”, in L’arcobaleno di Luzi, La Stampa a dovermi confrontare con queste due realtà: una Gennaio 1992. idealizzata dall’arte e una consumata dalla vita quo- 16 Op. cit., p. 31: “Io in quel tempo mi trovavo tidiana, più violenta, come lo sono certi insediamenti in una fase di ricerca tormentata e oscura. Cercavo industriali… fragorosi e maleodoranti”. disperatamente una mia collocazione nel mondo e ciò 4 13 Op. cit., pp. 10-11: “In prima liceo ebbi l’infa- avveniva attraverso la poesia”. al fine di dissolvere ogni incoerenza logica sti dell’epoca e veniva a favorire, nella fase mentre, in una più appropriata apertura terminale di tale esperienza, una riflessione mentale, si riesce a far convivere aspetti a sull’attività svolta nella quale avrebbe dovu- prima vista assai lontani tra loro17. Luzi in to prevalere “il senso dell’amarezza…per qual- questo senso condivide il parere di Novalis cosa che avevano sognato e non avevano potuto che riteneva la poesia “più reale del reale”18 ed realizzare fino in fondo”23. Simone Martini, in invitava gli uomini ad avvicinarsi alla vita quanto “rappresentante più maturo di tutta una senza esclusioni preliminari, con l’ausilio città, di tutta una classe di pittori”24, sembrava delle parole poetiche e avvalendosi del loro essere l’artista più accreditato per svolgere la potere evocativo. La condizione emotiva di funzione autocritica nel viaggio di ritorno “meraviglia e di attesa”19 sembrava a Luzi la al luogo delle origini, il nostos, “ che è un po’ più congeniale per accedere a tale esperien- una costante della poesia fino dalle origini”25. za di cui si poteva fruire nell’avanzare degli Luzi iniziò a registrare per scritto queste anni, anche in vecchiaia avanzata, finché si sparse impressioni : “sentivo, scrivevo delle cose continuava ad apprezzare “la grandezza del e non capivo dove andavano a parare”26. Nel mistero”20. farsi dell’opera gli balenò l’intuizione che l’itinerario di ritorno “non fosse un semplice ripercorso del cammino, ma…ancora un deside- Il ritorno di Simone rio di andare”27 per cui, alla fine, desiderio Il “ Viaggio terrestre e celeste di Simone Mar- e nostalgia venivano a fondersi insieme nel tini” opera della maturità di Luzi, sorta di “sogno sempre teso, ma sempre anche inconclu- compendio spirituale della sua vita, si ori- so”28 di Simone Martini e degli artisti del gina sullo sfondo delle riflessioni enucleate. suo tempo. Egli immagina il pittore nell’ultimo ritorno Anche per il pittore senese il ritorno era alla città natale, con la moglie Giovanna, il ambiguo in quanto poteva configurarsi non fratello Donato, le loro figlie, qualche dome- tanto come “recupero della prima motivazione stico. Sono accompagnati da uno studente artistica…quanto come una crescita di se stesso di teologia che ha terminato i suoi studi; nel attraverso un’esperienza replicata con il ritor- viaggio costui svolge il ruolo di testimone e no”29. Nel pittore senese la dialettica tra co- cronista dell’evento. Lo scrittore inizialmen- lore e luce perviene alla massima visibilità, te aveva pensato ad una “cavalcata di artisti egli è veramente l’artista che ha portato “più senesi”21 che, parlando tra loro, avrebbero cromatismo dentro la tradizione senese”30. Tra- esternato “i risultati della loro esperienza, le ma- mite il colore si vengono a distinguere e a linconie e anche le soddisfazioni del mestiere a cui identificare gli oggetti nel giuoco di luce e avevano affidato tutti se stessi, perché il mestiere ombra possibile finché non si giunge all’ec- non era semplicemente un mezzo per guadagnar- cesso di luminosità in cui i colori si fondo- si il pane ma era veramente una dedizione, una no e si annullano, si assiste così alla progres- scelta definitiva”22. Questo atteggiamento, siva diminuzione del colore in quanto pure secondo Luzi, era comune a tutti gli arti- lui aspira ad “una luce indivisa”31, in tal senso

17 Op. cit., p. 87. ho riversato anche il mio senso di sconforto: credo 18 Op. cit., p. 145. anch’io che sia nella natura dell’arte lasciare un po’ 19 Op. cit., p. 280. con le mani vuote. Al fondo di tutto questo amore per 20 Op. cit., p. 276: “è bello invecchiare, si impara l’elaborazione del mondo, che fa dell’artista una sorta ad apprezzare la grandezza del mistero”. di demiurgo con poteri eccezionali, si finisce col mi- 21 M. Luzi, Colloquio – Un dialogo con Mario Specchio surare la povertà del raccolto. Quanto mondo rimane – op. cit., p. 252. fuori da qualunque opera letteraria!”. 22 Op. cit., p. 252. 26 Op. cit., p. 253. 23 Op. cit., p. 252. 27 Op. cit., p. 253. 24 Op. cit., p. 253. 28 Op. cit., p. 253. 25 Op. cit., p. 252. 29 Op. cit., p. 251. P. Di Stefano, Luzi: lungo viaggio attraverso la poe- 30 Op. cit., p. 254. sia, Corriere della Sera, 4 Giugno 1994: “Su Simone 31 Op. cit., p. 254. 5 nel suo percorso non mira solo al recupe- “Dove mi porti mia arte ?” ro delle esperienze compiute in quanto da Luzi in maniera retorica interroga l’ar- queste trae lo spunto per andare oltre e così te quasi fosse una persona: “Dove mi porti, “la nostalgia si compie rapidamente per cedere il mia arte?/ in che remoto/ deserto territorio/ a un posto al desiderio, per essere bruciata dal desiderio tratto mi sbalestri?/ In che paradiso di salute,/ di di una conoscenza assoluta”32. luce di libertà,/ arte, per incantesimo mi scorti?/ Luzi sviluppa tali riflessioni pensando a Mia? Non è mia questa arte,/ la pratico, la affi- quanto accade nella contemporaneità in cui no,/ le apro le riserve/ umane di dolore/, divine “siamo arrivati a un punto in cui l’uomo è vera- me ne appresta/ lei di ardore/, e di contemplazio- mente messo alla prova come animale durevole ne/ nei cieli in cui m’inoltro”38. L’arte induce gli e persistente negli attributi che sono …umani”33, adepti alla comprensione dell’universo nel e quindi nell’anelito di Simone Martini si suo scorrere e nella sua permanenza, nell’ac- delinea un ideale di vita per chi intenda “so- cadere e nella rivisitazione operata dalla me- pravvivere a tutte le forze che si sono scatenate, che moria39, in attesa della luce che unifica ed sono imposte e si stanno imponendo” con esiti assolve40. distruttivi34. Il viaggio di ritorno del pittore Luzi dalla pittura passa alla scrittura che alla città d’origine diviene occasione privile- si muove tra la totale evidenza41 e l’intatto giata per una riflessione intorno all’arte, alle mistero42, senza alcuna garanzia di successo sue finalità, ai limiti inevitabili che ne scan- per chi la pratica43. Nella sua opera, di ardua discono il decorso a partire dalla sensazione decifrazione44, si ha un alternarsi di perdi- di angoscia e di frattura incombente nella ta e di recupero riferiti di volta in volta alla storia35. L’artista consapevole s’impegna in meta del viaggio, alla mente che pensa le una attività ricompositiva senza alcuna cer- cose, alle parole che le designano45. Da que- tezza del successo finale e colma di difficol- sta angolatura i desideri, nel loro prorom- tà nel suo farsi: “noi artisti…siamo soggetti a pere, “Svagano gioiosamente…non è grazia per molte umiliazioni, ci toccano durezze, arbitri di loro il pieno adempimento. Non lo vogliono in- potenti, ottusità della gente”36.

P. Di Stefano, op.cit.: “quasi spontaneamente il flusso?/...Ma che riflettevano quegli occhi/ incantati connettevo quella luce alla luce cui accenna Dante nel dal meriggio: le nuvole?/ migranti desideri?/ perduti Paradiso e che va al di là della stessa fruizione para- tempi?/ oppure la costanza/ dell’essere, lassù,/ immo- disiaca. Poi nei senesi c’è un misticismo innato. Siena bile nell’azzurro campo?/ Che cosa rispecchiavano è la città che Tozzi ha chiamato città della Vergine, del mondo:/ il mutare o il permanere,/ l’effimero o per Simone è il luogo della conoscenza ultima, del- il durevole/ quelle lucenti spere?/ Ma sciocco era di- la grazia , della meraviglia”. Sul misticismo dei senesi stinguere,/ variavano le parti,/ operavano due diverse Cesare Brandi ed altri critici avevano molte perples- guise/ di un’unica vivente fedeltà”. sità, in ogni caso giova ricordare che, da angolature e 40 Op. cit., p. 159. sensibilità diverse, interpretazioni contrastanti posso- 41 Op. cit., p. 166: “un attimo/ di universa com- no essere entrambe plausibili. presenza,/ di totale evidenza –/ entrano le cose/ nel 32 Op. cit., p. 254. P. Di Stefano, op.cit.: “Ma Siena pensiero che le pensa, entrano/ nel nome che le nomi- può essere anche una prigione bellissima che soffoca na,/ sfolgora la miracolosa coincidenza”. il desiderio di conoscenza. E’ un mondo circoscritto 42 Op. cit., p. 169: “non ne decifrava/ punto il sen- dalle mura, al di là del quale, però, si apre un paesag- so, intatto traversava/ la sua opera il mistero”. gio quasi desertico, tolemaico, pieno di crepe, quello 43 Op. cit., p. 167: “Non fare che la mia opera/ che spesso compare nella mia poesia. Un paesaggio ricada su se medesima,/ diventi vaniloquio, colpa”. che sprigiona una incredibile intensità emotiva”. Ed a p. 188: “Perché, anima,/… non sottilizzi/ e non 33 Op. cit., p. 255. discerni/ tra vero ed apparenza/ come usavi/ per solo 34 Op. cit., p. 255. tuo difetto/ nel comprendere,/ per duro accanimen- 35 Op. cit., pp. 255-256. to/ d’intelletto/ e sue quisquilie…?”. 36 M. Luzi, Viaggio terrestre e celeste di Simone Marti- 44 R. Nencini – L. Oliveto, Mario Luzi – Un se- ni, op. cit., p. 133. gno indelebile, Edizioni Polistampa 2016 Firenze, p. 27: 37 Op. cit., p. 151. “poesia complessa quella di Mario Luzi. Tormentata, 38 Op. cit., p. 151. intensa, connotata da un incessante limio attorno al 39 Op. cit., p. 156 . “Arte, cosa m’illumina il tuo mistero dell’esistenza umana”. sguardo?/ la vita o la memoria/ della vita? i suoi lam- 45 M. Luzi, op. cit., p. 172: “Ti perdo, ti rintraccio,/ 6 pi,/ la sua continuità?/ del sempiterno fiume l’alveo o ti perdo ancora, mio luogo,/ non arrivo a te./ Vanisce/ fatti, non lo cercano il termine, l’approdo, il nido. Si diffondono vibranti del vigore loro in tutto il luminoso spazio umano ed extraumano”46. Sul- lo sfondo della solidarietà47 che associa l’uo- mo ad ogni essere vivente “se ne va il giorno umano e non umano…se ne va il giorno e l’uomo e la vita ch’è in loro”48, senza che qualcuno abbia la consapevolezza piena di quanto è accaduto49. Nel desiderio che non perviene all’adempimento Luzi ravvisa la condizio- ne umana nella sua dinamica costitutiva e quindi non oltrepassabile. “Ascolta tu pure: è il Verbo stesso che ti grida di tornare”50. In questa frase agostiniana, po- sta all’inizio del Viaggio, lo scrittore si sot- trae all’andamento diffuso della modernità ostile alla nostalgia e al tema del ritorno che, viceversa, svolgono un ruolo decisivo nella concezione neoplatonico-cristiana della vita. 2. Luzi parla al pubblico (foto Lensini) Luzi nel corso della sua opera riflette sul tem- po, sulla fugacità degli eventi in cui la realtà “L’uomo – o l’ombra –/ che sul far della sera/ si sembra scomparire ove non si trovi rimedio volta/ e guarda alle sue spalle il giorno/ e scorge/ nella ciclicità della natura e nei suoi ritorni e, a brani ed a lacerti/ il bene/ e il malefatto umano in maniera più autentica, nel misterioso rac- -/…confuso è il profilo delle opere,/ alta l’erba/ cordo all’eternità che, in vario modo, si rende che le sommerge/…Si smarriscono il calcolo e il presente nel desiderio e nell’attesa degli uo- criterio./ Si disorienta il cuore./ Non può fuo- mini fedeli al loro destino51. Lo scrittore non cessa allora di ribadire ri distinguere/ né dentro se medesimo,/ si perde l’impotenza della razionalità astratta nel de- nell’enigma/ della sua specie l’uomo/ o l’ombra, 53 cifrare l’enigma della vita la quale, solo in l’ombra e l’uomo” . Il protagonista del viag- certi momenti privilegiati, magari quando si gio, volgendo lo sguardo al passato, lo coglie smette di ricercare, si rischiara. Ciò si verifi- come un aggrovigliato miscuglio in cui è dif- ca nelle intuizioni balenanti della poesia. In ficile discernere il bene dal male, gli aspetti Simone Martini, Luzi riverbera in maniera positivi da quelli negativi. Impossibile all’io suggestiva la sua individualità che peraltro venire in chiaro con se stesso poiché la sua non si circoscrive in se stessa, ma si dilata identità si è venuta dissolvendo durante la a rappresentare la condizione umana nella vicenda storica: “E’ la vita dell’uomo…una sua generalità, come appare da questo bra- ferita aperta…rare volte si addolcisce ma non si no che ne evidenzia l’ambigua condizione: rimargina”54.

nel celeste/ della sua distanza/ Siena, si ritira nel suo 51 Op. cit., p. 173: “liberi da causa, forse, perché nome/…si brucia/ nella propria essenza/ e io con lei tutto è causa e insondabile il principio”. in equità,/ perduto/ alla sua e alla mia storia”. 52 “Non siamo in nessun punto sicuri di chi sia 46 Op. cit., p. 173. delegato a parlare: Simone, la moglie, lo studente, 47 “Tutta la straordinaria ricchezza delle sensazioni testimone e scriba? La mescolanza dei pronomi con- –sensazioni del corpo, dello spirito, delle pietre, degli corre a questa incertezza”, in Con Simone Martini die- uccelli, dei pesci, delle piante, del cielo, delle nuvole, tro l’onda di un sogno, di G. Gramigna, Corriere della delle acque, del fuoco – si è trasformata in pura vita Sera 1999. Sicuramente in ognuno dei protagonisti mentale”, in Paradisi terrestri , di P. Citati, la Repubbli- si esprime la personalità dello scrittore in tutte le sue ca 25 Maggio 1994. sfaccetature. 48 M. Luzi, op. cit., p. 201. 53 Op. cit., p. 21 49 Op. cit., p. 201. 54 Op. cit., p. 81. 50 Op. cit., p. 5. 7 “Perché nascere ancora?” l’atmosfera più adatta per la poesia su Sie- La poesia di Luzi è dunque una poesia na, quasi persona fisica che dialoga con lo interrogativa intorno al significato fonda- scrittore: mentale della vita: “Perché nascere ancora? –/ sembra si rivolti il giorno –/ a illuminare che “Mi guarda Siena, scempio/ oppure che tripudio/ nell’eterna/ uni- mi guarda sempre versale alternanza?”55. Con sensibilità squisi- dalla sua lontana altura ta egli evoca l’attesa e il tormento ingene- o da quella del ricordo – rato dall’alba56, metafora della nascita, alla come naufrago? – quale assistiamo ogni giorno con diversa come transfuga? attenzione e consapevolezza: “tutti,/ alba, mi lancia incontro ti aspettiamo/ sapendo e non sapendo/ quel che La corsa porterai con te/ nella tua ripetizione antica/ e nel delle sue colline, tuo immancabile/ antico mutamento”57. Il poeta mi sferra in petto quel vento, dilata alla natura nella sua globalità l’am- lo incrocia con il tempo – bivalenza emotiva sperimentata dall’uomo il mio dirottamente con maggiore consapevolezza, ma non in che le si avventa ai fianchi maniera esclusiva, stando ai seguenti versi: dal profondo dell’infanzia “Scivola giù, sfrascando/ lei furtivamente/, fo- e quello di miei morti glia moribonda,/ si congeda dalle altre./ Un poco e l’altro d’ogni appena ne patiscono il distacco/, un poco si ritemprano/ memorabile esistenza… nel verde e nel vigore, esse,/ battute dai contrari Siamo ancora sensi/ del mondo, soggiogate/ dal suo inesauribile io e lei, lei e io tormento”58. soli, deserti. “Terra ancora lontana, terra arida/ graffiata Per un più supremo amore? Certo”. dalla tramontana –/ le raspa il mulo/ con lo zoc- colo l’indurita crosta./ Passano/ su di lei da borgo La città della memoria a borgo/…i mercanti in carovana/ e i pellegrini verso Roma”59. Inizia così uno dei frammenti La città che guarda e dialoga con il poeta lirici più noti in cui si parla della via Franci- può essere quella fisica, più verosimilmente gena e delle persone che la transitano: “Pas- quella della memoria, o forse entrambe in- sano/ talora da castello/ a castello in solitudine/ sieme perché la poesia non è legata agli ob- sulle loro bardate/ cavalcature i capitani/ con la blighi vincolanti della logica. Siena guarda mente a Siena/ e al suo difficile governo”60. La chi è andato via come naufrago (ogni viag- funzione di governo infatti si associa a tutta gio infatti è rischioso) o come transfuga (os- una serie di evenienze spiacevoli e non facil- sia colpevole di essersi staccato dalle proprie mente descrivibili ove si rifletta sul fatto che radici). Lo spazio assoggettato al movimen- la presenza umana in un luogo si accompa- to del vento s’incrocia a ritroso con il tem- gna di continuo all’assenza e alla precarietà po e genera il recupero di quanto sembrava del tempo passato: “Potrò, forse potrò/ fissarne scomparso, sia a livello individuale che col- il più romito/…e anche lui sarà passato/ senza lettivo. Nel corso del viaggio, costruito per traccia – oh grazia/ equanime – su quelle lumi- frammenti non sempre facilmente collega- nose lande,/ avendo molto provato e molto dato/ bili, il ritorno a Siena, metafora del divino, essendo e quasi non essendo stato”61. si apre all’anelito per l’essere supremo colto Con tali annotazioni si viene a creare come “luminosa insidia”63, ove giunga al suo

55 Op. cit., p. 94. 60 Op. cit., p. 152. 56 Op. cit., p. 14: “Mattina effimera, eppure unica 61 Op. cit., p. 152. la mondo”. 62 Op. cit., p. 153. 57 Op. cit., p. 96. 63 Op. cit., pp. 212-213: “Tutto senza ombra fla- 58 Op. cit., pp. 192-193. gra./ È essenza, avvento, apparenza,/ tutto trasparen- 8 59 Op. cit., p. 152. tissima sostanza./ È forse il paradiso/ questo? oppure, massimo dispiegamento che non è disgiun- Sì, l’immensità, la luce gibile dalle tenebre stando alla tradizione ma quiete vera ci sarebbe stata? mistica cui Luzi si raccorda anche nell’Ulti- Lì avrebbe la sua impresa ma poesia che mantiene del Viaggio terrestre e avuto il luminoso assolvimento celeste la profonda ispirazione: da se stessa nella trasparente spera o nasceva una nuova impossibile scalata… Questo temeva, questo desiderava”64. “Il termine, la vetta

di quella scoscesa serpentina Il Viaggio terrestre e celeste si conclude in ecco, si approssimava, maniera enigmatica, aderente alla sensibilità ormai era vicina, dell’uomo moderno che ha sperimentato ne davano un chiaro avvertimento lo sgretolarsi di tutte le certezze: il poeta “è i magri rimasugli immerso in questo generale magma, non è più il di una tappa pellegrina detentore di una sentenza o di un giudizio sul suo su alla celestiale cima. tempo…Il poeta è uno che percorre la strada di Poco sopra tutti, forse alla ricerca della salvezza, ma anche alla vista lui condividendo la stessa malattia degli altri uo- che spazio si sarebbe aperto mini”65. E questo, secondo Luzi è anche il dal culmine raggiunto… solo modo in cui si può essere oggi “dentro immaginarlo la storia”66. già era beatitudine concessa più che al suo desiderio al suo tormento.

Segue un Benvenuto di Mario Ascheri a Mario Luzi: creatività e pazzia*

È un onore grande dare il benvenuto a servato di poter parlare a Luzi senza rin- Mario Luzi ma lo è particolarmente per me, negare la mia natura di studioso apparen- perché non sono a ossequiarlo come farebbe temente agli antipodi di Luzi, come può giustamente qualsiasi letterato, un qualsiasi essere un cultore di storia del diritto e delle studioso di letteratura italiana, professional- istituzioni. mente impegnato, doverosamente, a leggere Ci può essere qualcosa di apparente- Luzi e a farlo leggere come si deve. mente più diverso? In Luzi tutta l’uma- Un piacere grande perché mi è stato ri- nità, tutta l’interiorità, i grandi e i piccoli

luminosa insidia,/ un nostro oscuro/ ab origine, mai oculus puram lucem, videtur sibi nihil videre”, Opera vinto sorriso?”. In questa tematica Luzi si raccorda ad teologica selecta – Itinerarium mentis in Deum, Ad Claras una tradizione bene esemplificata dal seguente passo Aquas , Florentiae MCMLIV, pp. 205-206. di S. Bonaventura: “Oculus mentis nostrae… assue- 64 Corriere della Sera 2 Marzo 2005. factus ad tenebras entium et phantasmata sensibilium, 65 B. Garavelli, Noi eredi del Purgatorio , Intervista cum ipsam lucem summi esse intuetur, videtur sibi a M. Luzi, Avvenire 12 Giugno 1993. nihil videre; non intelligens, quod ipsa caligo sum- 66 Op. cit. ma est mentis nostrae illuminatio, sicut quando videt 9 problemi dell’uomo di fronte al proprio È una contraddizione inerente alla creazio- passato e alle angosce e gioie presenti e del ne artistica, ma mi chiedo fino a che punto futuro. Nella mia storia invece norme, isti- non lo sia la creatività di qualsiasi genere. tuti, previsioni generali che prescindono La dipendenza diretta da uno stimolo at- dall’individualità, dallo specifico di cui si tuale se rimane solo tale, se è solo racconto nutre la poesia. di uno stimolo, nasce ad esso condiziona- Tutto cospirava contro di me. to, e non assume un rilievo permanente, né Eppure, a ben vedere c’è qualcosa che ci collettivo, da partecipare. Rimane un fatto avvicina e che spiega anche perché ci sono e meramente autobiografico, che non parteci- ci siano stati - al di là del mio caso piccolo pa né sollecita l’umanità che è in tutti noi a e locale - grandi scrittori pur di professione manifestarsi. giuristi, e anche giuristi studiosi dei proble- Perciò la vera creazione è essenzialmente mi apparentemente più noiosi come quelli un fatto di libertà, di non funzionalità a esi- estremamente tecnici del processo civile: e genze meramente contingenti. Perciò il vero basterà richiamare il nome di Salvatore Satta artista, quello che rimane nel tempo con le per rendersene conto. sue creazioni, e Mario Luzi ne ha percorso la Ma cos’è questa strana, quasi innaturale, strada, sente in modo liberissimo il proprio affinità? tempo e perciò anche può sentire il futuro È la sensibilità per le forme, per i modi nel suo mondo di libertà, fatto di ascolto at- del dire e del fare le cose. Mutato quel che tento e di interpretazione anche paradossale c’è da mutare — ed è certamente tantissimo e metaforica. —, c’è tra il poeta e il giurista o lo studioso Attraverso le forme, le parole ordinate del di istituzioni una spasmodica attenzione a discorso e ordinatrici del nostro futuro, si co- rivestire nel modo giusto le peculiarità di glie una realtà in modo definitivo, in modo una contingenza; in altre parole, si affronta comunicabile, per tutti. E si intuisce quel che una realtà specifica, del momento, ma la si c’è dietro quella realtà. trasfigura, la si porta su un piano diverso, la Il poeta come veggente? Quante volte in si prospetta in un modo che viene astratto passato s’è associata poesia e follia, poesia e dalla contingenza, le si cerca di dare una cecità materiale, quasi a rimarcare l’eccezio- soluzione permanente. Si sa, beninteso, nalità della creazione artistica, la anormali- che di permanente non c’è niente in que- tà, la sua marginalità, che deve essere anche sto mondo, eppure si deve fare come se ci riparo dal mondo della trivialità e della ba- fosse qualcosa che sfugge al cambiamento nalità quotidiana. e al declino: si deve operare come sotto- Perciò forse oggi siamo tanto sensibili al posti a una tensione irresistibile, cui non poeta, tanto grati a Mario Luzi. Sentiamo si può resistere appunto, come la vis maior che il poeta ci salva dalla marca montante dei giuristi. della trionfante stupidità, che ci evita per un Si deve prospettare una certa soluzione momento almeno la completa omologazio- — se si è operatori sociali seri, e lo storico ne, voluta o subita dalle forze potenti che e il giurista lo possono essere –, perché ri- abbiamo tutto intorno a noi: non solo con- entra nei principi che si professano e cui si formismo, ahimè, ma soprattutto consumi- deve restare fedeli a ogni costo; così come smo e tecnologia fini a se stessi. avviene per il poeta, che deve innanzitutto Il poeta come il folle e il cieco della fedeltà a se stesso, alla propria sensibilità, tradizione vedono più di noi perché sono senza nulla concedere alle mode del mo- più liberi di noi. Non hanno il peso della mento. normalità che ci soffoca, e ci danno quindi È così che si fanno opere tanto più dure- speranza di non perdere l’umanità che è in voli: quanto meno si risponda direttamente noi soffocati dalle regole, da norme e istitu- all’utilità passeggera; rispondere a esigenze zioni appunto - oppure dalle interpretazioni specifiche di qualsiasi genere è limitare la prefabbricate, le opinioni ricevute così peri- 10 creazione, come avviene per la ricerca vera. colose, soffocanti per il lavoro dello storico, 3. Mario Luzi, Ritratto (foto Lensini)

11 3. Mario Luzi riceve il Mangia d’Oro nel 1996 (foto Lensini)

perché gli impediscono la comprensione del nazione medicea, Siena creò le due realtà che passato. sono state e sono la sua anima moderna e Ma perciò anche Mario Luzi è di casa a contemporanea: le Contrade col loro Palio e Siena, come ha dimostrato con suoi celebri il Monte dei Paschi. versi sulla magia della città e del suo terri- Sembrava finita, con quegli eretici come torio. Perché Siena è città che la regola e la Bernardino Ochino e i Socini errabondi per normalità le sfida, e le ha sfidate spesso se l’Europa a predicare una libertà che sembra- non quotidianamente: dai tempi di Monta- va follia, eppure la città dava prove ancora perti e della grande cattedrale. importanti della sua arte. Scriveva poco di La stessa parola pazzia era stata conia- poesia, ma tante commedie come faceva- ta da poco nel volgare italiano quando fu no i Rozzi e gli Intronati, instaurando un un poeta di nuovo fiorentino come Luzi, il gusto satirico e beffardo che è arrivato fino Burchiello, a usarla e a usarla proprio a pro- a noi poderoso, e non solo con le vignette posito dei senesi! quotidiane di un Emilio Giannelli. E intan- Un secolo dopo, nel Cinquecento, il to scolpiva, disegnava, dipingeva, lanciava i secolo di quella follia che fu la resistenza bagliori inquietanti alla Beccafumi. all’imperatore, ci fu prima quel visionario di Siena non era normalizzata, come mol- Brandano, poi, nel Campo in età medicea si ti avrebbero voluto. La pazzia senese cam- giunse addirittura a celebrare la pazzia ritro- biava solo forme, ma rimaneva fedele a se vata, che si era corso il rischio di perdere con stessa, alla città e ai suoi riti collettivi, che la stessa libertà. sono di una schiavizzante libertà — se è Su su nei secoli la fedeltà alla pazzia, alla consentito anche qui un ossimoro, in una trasgressione e alla creatività è come un dato terra che agli ossimori si presta come po- permanente, che a Siena spira come una che altre. brezza costante nei vicoli della città murata. Perciò qui è stato anche lo storico del 12 Quando tutto sembrava finito, con la domi- diritto e delle istituzioni a dare un saluto al poeta. Per ricordare meglio che abbiamo di schiavitù, di sudditanza, di disumanità. bisogno della sua parola, delle sue ammoni- Per evitarlo abbiamo bisogno della me- zioni non volute, della sua libertà, per essere moria e della preveggenza, ossia della gran- più liberi e non ridurre diritto e istituzioni a de sensibilità del poeta. È anche per questo, un giogo mortificante. quindi, che siamo qui ad accogliere Mario Diritto e istituzioni ci possono dare be- Luzi, a ringraziarlo per quello che ha fatto e nessere, diritti, garanzie e libertà, solo che sia- per l’ascolto che ora vorrà dedicare a quello no rettamente intesi. Altrimenti sono motivo che questo Istituto gli ha preparato.

Saluto pronunciato all’incontro con gli studenti all’Istituto S. Bandini di Siena (5 giugno 2000), organizzato dalla preside prof.ssa Caterina Bigoli. La scheda non sembra aver perso di attualità.

13 1. [Achille Orlandini], La vittoria gloriosissima deli Sanesi contro ali Fiorentini, nel piano di Camollia ad XXV di giugno [ma luglio] anno MDXXVI, Siena, Simone di Niccolò di Nardo editore, 1526: priva di attribuzione, La battaglia di Camollia, incisione su legno 14 Siena scomparsa Storia del Torrazzo di mezzo e delle fortificazioni di Porta Camollia1 di Patrizia Turrini A Paolo Fabbri Accademico Rozzo (1942-2018)

Mura, porte e fortificazioni Siena, come ogni altra città medievale, ebbe più cerchia di mura, anche se non furo- L’elemento più significativo e anche sim- no sette od otto, come pretendevano gli anti- bolico della città medievale era la cerchia chi eruditi senesi, fra tutti Teofilo Gallaccini delle mura, che ne definiva la forma, la di- che in una pianta, anch’essa all’Archivio di mensione, i rapporti con il territorio e la po- Stato, aveva disegnato ben otto circuiti3; più litica urbana dei governanti. Esemplare una che altro si trattò di successivi accrescimenti tavoletta di Biccherna del 1480 visibile al parziali, secondo l’urgenza delle situazioni, Museo delle Biccherne dell’Archivio di Sta- cioè per le mutevoli situazioni demografi- to di Siena: il modello della città di Siena, che, economiche e politiche (stato di guerra 4 racchiuso entro la sua cerchia muraria rotta o di pace più o meno stabile) . da una sola porta, è offerto a Gesù dalla Ver- In questo sistema le porte costituivano - dall’epoca medievale fino a ben oltre l’epo- gine genuflessa, la quale tiene nelle mani una ca moderna - il punto di sintesi fra dentro e cordicella che avvolge la base delle mura, a fuori, quindi fra città e campagna, fra chiu- simboleggiare la necessaria concordia; il car- sura e apertura, fra controllo fiscale (riscos- tiglio (“Hec est civita[s] mea”) rimanda alla sione della gabella) e scambio (di uomini, protezione mariana su Siena e nel contempo di merci, di idee), fra difesa e ospitalità. In attesta l’assoluta fiducia che i governanti ri- sintesi ogni porta simboleggiava forza, acco- ponevano nell’Advocata Senensium2. glienza e ornamento.

1 Questo testo è la rielaborazione della conferen- Rappresentazione della città dal XIII al XIX secolo, Città di za tenuta in occasione della serata conviviale del 28 Castello, Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, 2006; gennaio 2016, per invito di Paolo Fabbri presidente Fortificare con arte. Mura, porte e fortezze di Siena nella sto- fondatore del Lions Club Siena “Torre di Mezzo” e so- ria, a cura di E. Pellegrini, Siena, Betti, 2012. cio dell’Accademia dei Rozzi, recentemente scompar- 2 Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Biccherna so. Ringrazio Andrea Valeriani, segretario dello stesso n. 40, Neroccio di Bartolomeo Landi, La Vergine rac- Lions Club, per la collaborazione nel reperimento comanda Siena a Gesù, 1480. Vedi F. Manzari, scheda, delle immagini. in Le Biccherne di Siena. Arte e Finanza all’alba dell’econo- Si precisa che la bibliografia citata nelle note è limi- mia moderna, catalogo della mostra di Roma, Washing- tata alle pubblicazioni più recenti, nelle quali tuttavia ton, Siena 2002-2003, a cura di A. Tomei, Fondazione è possibile rintracciare i rimandi agli studi precedenti. Monte dei Paschi di Siena, Roma 2002, pp. 216-217; Per l’argomento trattato, v. in particolare P. Brogini, R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia Presenze ecclesiastiche e dinamiche sociali nello sviluppo del di Siena cit., pp. 22-23, scheda e immagine n. 19. borgo di Camollia (secc. XI-XIV), in La chiesa di San Pietro 3 Teofilo Gallaccini (Siena 1564-1641), ripresa di alla Magione nel Terzo di Camollia a Siena. Il monumento, Girolamo Gigli (Siena 1660-Roma 1722), Pianta di Sie- l’arte e la storia, a cura di M. Ascheri, Siena 2001, pp. na con gli otto circuiti di mura, Siena, Archivio di Stato, 7-102; Contrada Sovrana dell’Istrice, Porta Camollia. inv. n. 66. Vedi Contrada Sovrana dell’Istrice, Porta Da baluardo di difesa a simbolo di accoglienza, testi di S. Camollia. Da baluardo cit., p. 39, fig. 12. Moscadelli, C. Papi, E. Pellegrini, Siena 2004; R. Bar- 4 Vedi L. Bortolotti, Le città nella storia d’Italia. zanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena. Siena, Roma-Bari 1983, p. 27. 15 Tuttavia il viaggiatore che oggi raggiunge to poi sotto i carolingi (se non prima) a sco- Porta Camollia e si guarda intorno, e anche pi militari, con una certa autonomia rispetto il senese, seppure attento alla storia della a Castelvecchio, per difendere cioè dalle in- città, difficilmente possono comprendere vasioni il lato strategicamente più debole: la gli stravolgimenti che nel tempo hanno in- posizione naturale a nord era infatti infelice teressato proprio questa porzione di Siena, e pericolosa, rispetto al resto della città più in relazione sia all’area esterna, sia all’area elevato e quindi meglio difendibile. interna alla porta. Poche zone urbane del- Tra l’altro la strada dei Longobardi, poi la città si sono infatti così prepotentemente Francigena6, raggiungeva Siena da nord pro- trasformate e nessun’altra porta ha subito prio in questa zona, favorendo i traffici dei così radicali cambiamenti. Pertanto è inte- senesi e gli arrivi di viandanti, mercanti, ar- ressante ripercorrere, in senso cronologico tisti e pellegrini, ma anche gli arrivi di trup- attraverso una serie di documenti e di illu- pe: pertanto quella strada, che già dall’epoca strazioni, le vicende storiche, l’evoluzione alto-medievale dava notevole impulso allo strutturale e la correlata rappresentazione sviluppo senese, nel contempo permetteva iconografica di Porta Camollia, del Torraz- ai tanti nemici, fiorentini e non solo, di rag- zo di mezzo, dell’Antiporto e del connesso giungere la città agevolmente e magari di sistema di fortificazioni. aggredirla. La più ricca documentazione dei secoli Le fortificazioni di Camollia XII-XIII parla dello sviluppo di istituti re- ligiosi, di accoglienza in ospedaletti (“xe- La costruzione delle fortificazioni in nodochia”, per l’ospitalità di pellegrini e Camollia risentì proprio di pressanti neces- viandanti che percorrevano la Francigena) e sità difensive. Come scrive Paolo Brogini, il sito fu incastellato con un complesso di ancora dell’insediamento dei Templari, pri- edifici fortificati già in epoca altomedieva- ma (già dalla metà del secolo XII) fuori le le, come dimostrano, pur nella scarsezza mura e dalla metà del Duecento nella chiesa di documenti del secolo XI, il riferimento interna di San Pietro, detta pertanto la Ma- alla “Porta di Camollia” nelle confinazioni gione, punto anche di riferimento religioso di una compravendita del 1082 e il termine e amministrativo per la città. Proprio nel “monte Vuaitaio” usato in un atto del 1095: corso della prima metà del Duecento, sotto con “guaita” i franchi indicavano infatti un il governo dei ghibellini, si definì fuori por- posto di guardia sulle mura5. Brogini risolve ta Camollia una zona fortificata detta nei anche la diatriba sul toponimo Camollia, da documenti “castellaccia”, cioè avamposto lui ricondotto a un proprietario terriero del unito con muri di collegamento alle mura mondo tardo antico di nome “Camillus/Ca- urbane in corrispondenza della porta7. Al- mellius/Camullius”, rigettando come fanta- cune costruzioni difensive risalgono pro- sie le storie sul comandante Camelio che da prio al terribile periodo di guerra che op- Roma avrebbe inseguito Aschio e Senio fino pose Siena e Firenze dal 1229 al 1234, con a Siena e anche i riferimenti ai “giochi came- continui attacchi dei fiorentini alle borgate li” o a un’ipotetica “ca’ mulierum” (casa del- a nord, culminati nella devastazione della le donne, monache o prostitute che fossero). castellaccia del giugno 1230; altre furono Zona quindi di origine extraurbana – realizzate negli anni immediatamente suc- come dimostra la piccola necropoli etrusca cessivi, anch’essi contrassegnati da un clima rintracciata in via Campansi – sarebbe stata di paura e di generale incertezza. I senesi ri- in epoca romana un insediamento agricolo corsero massicciamente alle fornaci, specie di proprietà di un tale “Camelius”, fortifica- a quelle “de Capraia e de Camollia”, per co-

5 Così P. Brogini, Presenze ecclesiastiche cit., passim. 7 Piante con ricostruzione delle castellaccia fuori 6 Vedi ora M. Ascheri e P. Turrini, Percorrendo la Porta Camolla nei secc. XIII-XIV sono pubblicate da 16 Francigena in Toscana, Siena, Extempora, 2017. P. Brogini, Presenze ecclesiastiche cit., pp. 29 e 100. struire due barbacani (documenti del 1230 ancora visibili scendendo da Porta Camollia e del 1262-1309), inoltre realizzarono il fos- per l’odierno viale Don Minzoni8. sato, un ponte e un “confexus” (documenti Il governo guelfo dei Nove, senz’altro del 1249). Fa parte di queste notevoli ope- meno pressato dalle necessità difensive ri- re la “Porta della castellaccia”, detta “Porta spetto ai predecessori ghibellini, pensò an- siconda” o “Porta vetus” e anche Torrazzo che al lato estetico della zona, stabilendo di mezzo: per tradizione finita nel 1237 al nel costituto in volgare del 1309-1310 che, tempo del podestà romano Trasmundo de- tra le due porte di Camollia, si facesse un gli Annibali, ma documentata con certezza prato per diletto e gaudio dei cittadini e dei soltanto dal 1257 quando la Biccherna ne forestieri, per la bellezza e per i vantaggi pagava il custode. L’ultima costruzione dei che l’avere un giardino poteva portare alla ghibellini fu l’Antiporto o “Porta fuori delle città9. Sempre nel 1309 i governanti vollero castellaccia”, edificato dai governanti ghi- assegnare una valenza devozionale e anche bellini fra il 1257 (in clima ante Montaperti) artistica pure a un’opera di fortificazione e e il 1262, ingrandito e coperto nel 1270 dai affidarono ai pittori Cecco e Nuccio la re- guelfi con le pietre recuperate dal distrutto alizzazione di un’immagine con la Vergine palazzo dei Salvani, detto pertanto anche attorniata dai santi sull’antica Porta Camol- “Goltapalazi”. lia, dotata di un piccolo tettuccio, ma nel All’interno della castellaccia sorsero, in 1333 l’opera per l’esposizione a nord dovet- più tempi, conventi e strutture assistenziali: te essere sostituita; pertanto l’operaio del sul lato sinistro uscendo fuori Porta Camol- Comune Bono Campuglia commissionava lia, chiesa di Santa Croce (poi del Santo Se- a un artista, probabilmente Simone Martini, polcro), ospedaletto di Ser Torello (fondato una pittura della “Vergine gloriosa”, poi rei- anteriormente al 1284), ospedaletto di San terata da altro pittore nel 1360-1362 sempre Pietro o di donna Lambertesca, ospedaletto per le pessime condizioni conservative10. di Citto o di San Basilio, chiesa di San Ba- Le fonti catastali trecentesche (Estimo silio (sulla sinistra del Torrazzo, a uscire; at- del 1318) indicano che le tre parrocchie di testata dal 998-1002, quindi assai prima del San Vincenti, della Magione e di San Bar- Torrazzo); sul lato destro uscendo da Porta tolomeo erano contraddistinte da modesti/ Camollia, chiesa dei Santi Filippo e Mattia poveri insediamenti di lavoranti e piccoli ar- (poi di Santa Croce), convento degli ago- tigiani, con pochi palazzi di persone agiate; stiniani di Santa Croce (citato nello statuto scarse le botteghe, mentre la densità abitati- del 1262), la prima Magione (documenti dal va era notevole (secondo Brogini nella zona 1157). All’interno della Porta Camollia, la erano circa 5.000 abitanti). parrocchia di San Bartolomeo (sul lato de- Drammatico invece il processo di spo- stro per chi entrava in città); nelle vicinanze, polamento dopo la Peste Nera, continuato quasi a proteggere l’accesso, due alte torri: con le crisi di primo Quattrocento – scrive quella dei Villani e l’altra dei Sevaioli, in- Giovanni Mazzini, basandosi sulle denun- torno un fitto reticolo di strade, case e altre cie della Lira, cioè l’imposizione fiscale di- torri. Nelle mura dello stesso tratto nord al- retta -, mentre si manteneva il basso livello cune porte poi murate per sicurezza, come di ricchezza della zona, con la presenza di ad esempio quella di Monteguaitano e l’al- molti salariati e “spiantati”, e con poche per- tra di Campansi; le tracce di entrambe sono sonalità eminenti11.

8 Siena, Porta murata di Monte Guaitano; Siena, Siena, Pascal Editrice, 2010, pp. 43-70, alle pp. 45-46. Porta murata di Campansi, in La chiesa di San Pietro 10 P. De Castris, in Simone Martini, Milano 2003, alla Magione cit., p. XXXVII, figg. 7 e 8. p. 290 (Simone “pittore civico”). 9 Così Siena, Archivio di Stato, Statuti di Siena, 20, 11 Vedi G. Mazzini, La Compagnia della Magione del Dist. III, rub. 291; v. C. Papi, La città attraverso le norme Tempio nel XV secolo, in La chiesa di San Pietro alla Ma- del Costituto, in M.A. Ceppari, C. Papi e P. Turrini, gione cit., pp. 121-165. La città del Costituto. Siena 1309-1310: il testo e la storia, 17 Nel secolo XV la Porta Camollia con cata al loro titolare, sotto la sovrintendenza il connesso e complesso sistema difensi- di tre eminenti personaggi senesi: Iacopo vo continuava a manifestare in pieno le Piccolomini, Niccolò Borghesi e Giovanni sue funzioni di austero baluardo di difesa, Antonio Saracini. Questi canonici regolari mentre erano meno evidenti le funzioni di di Sant’Antonio da Vienne assistevano già bellezza architettonica e decorativa, quelle i malati nel vicino ospedaletto, fondato nel cioè che caratterizzavano in modo spiccato 1450 da Aldobrandino Tolomei e a loro Porta Romana, per la quale i governanti de- concesso nel 1493 dall’arcivescovo di Siena. liberavano nel 1412 di abbattere un vicino L’intero complesso fortificato della zona monastero che toglieva “la veduta” e quindi di Camollia, allungato verso nord, con ben non permetteva di apprezzare a sufficienza tre porte – oltre a prevenire i pericoli mili- la “bellezza” della porta stessa12. tari – aveva secondo i governanti anche la funzione di sgomentare i nemici e stupire i visitatori, come quelli immortalati, forse Le prime rappresentazioni iconografiche dal pittore Bernardino Fungai, in una briosa Una prima rappresentazione pittorica tavoletta di Biccherna del 1498, mentre en- dell’Antiporto è in una tavoletta facente trano dall’Antiporto e si guardano intorno parte di una serie – non si sa se religiosa o ammirati; poco più avanti si scorge parte meglio civile - realizzata attorno al 1450 for- del Torrazzo di mezzo; oltre alle due porte se dal pittore senese Nanni di Pietro, fratello e alla cinta difensiva si notano sullo sfondo, del più noto Lorenzo di Pietro detto il Vec- partendo da destra, l’oratorio con accanto chietta (per Nanni notizie dal 1439 al 1469). l’ospedaletto di Sant’Antonio, dove gli An- La tavoletta - oggi alla Barnes Foundation toniani curavano il “fuoco sacro” (in seguito di Merion in Pennsylvania (inv. n. 868) - oratorio di San Bernardino al Prato), e l’o- rappresenta l’Accoglienza di un sovrano, forse ratorio del Santo Sepolcro con la facciatina Sigismondo di Lussemburgo, il quale giun- quattrocentesca, quello in trasformazione ge da nord ed è omaggiato da un corteo di in quel periodo (questo oratorio oggi non senesi che esce dall’Antiporto. Sull’edificio è più esistente); in lontananza le mura ro- il tabernacolo mariano, rifatto quasi com- sate e ancora il duomo con la caratteristi- pletamente nel 1414 da Benedetto di Bindo, ca zebratura, infine una torre, forse quella mentre l’oratorio sulla destra si presenta con del Mangia, mentre alcuni alberi altissimi l’aspetto ancora medievale13. conferiscono profondità alla scena (fig. 1)15. Nel 1459 la castellaccia di Camollia fu Un’immagine di una città forte e ben dife- incendiata dai fiorentini; il Comune proce- sa e allo stesso tempo accogliente, pietosa deva ai restauri e inoltre imponeva al mer- e bella. La scena rappresentata potrebbe cante napoletano Alessandro Mirabelli, in riferirsi all’arrivo dell’ambasciatore venezia- cambio della cittadinanza senese concessa- no Alvise Sagundino, giunto a Siena, con il gli, di costruire una cappella dedicata al San- suo seguito di cavalieri e fanti, nell’agosto to Sepolcro con annesso un ospedaletto14. di quell’anno allo scopo di distogliere Pan- Nel luglio 1498 i governanti concedevano dolfo Petrucci dalla politica filo-fiorentina ai frati Antoniani di rimuovere tale tem- e convincerlo ad allearsi piuttosto con la pietto, posto accanto all’immagine di Maria Serenissima allora in lotta contro Firenze; (quindi accanto all’Antiporto) e di costrui- missione però fallita perché il Magnifico re su quel terreno una nuova chiesa dedi- riuscì a non sbilanciarsi tra i contendenti.

12 Così P. Turrini, “Per honore et utile de la città di Siena” cit., pp. 207-208. Siena”. Il Comune e l’edilizia nel Quattrocento, Siena, Ti- 15 Priva di attribuzione, L’arrivo di un’ambasceria a pografia Senese, 1997, pp. 81-84. Camollia, 1498, Siena, Archivio di Stato, tavoletta di 13 Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Biccherna n. 46. Vedi P. Turrini, L’arrivo di un’amba- Iconografia di Siena cit., p. 372, immagine a. sceria a Siena nel 1498, in “Il Chiasso Largo. Rivista di 18 14 Così P. Turrini, “Per honore et utile de la città di cultura e letteratura”, n. 11, 2010, pp. 17-25. 2. Priva di attribu- zione, L’arrivo di una ambasceria a Camollia, 1498, Siena, Archivio di Stato, Tavoletta di Biccherna n. 46 (g.c.)

L’insolito abbigliamento ‘turchesco’ del nu- di cui è sconosciuto l’autore, Siena è raffi- trito gruppo, compresi i copricapo e le barbe gurata - sotto il manto della Vergine che la allora inusuali in Italia, dovrebbe rimandare protegge e che a tale scopo è invocata (“Salva alle origini negropontine di Alvise, il quale nos ne pereamus”) - secondo uno stile an- aveva passato lunghi anni a Costantinopoli cora arcaico come un agglomerato di torri, e nei Balcani al servizio di Venezia. fra le quali sono riconoscibili soltanto quella In questa opera pittorica il Torrazzo è del Mangia e il campanile del Duomo con rappresentato per la prima volta, seppure di accanto la cupola; risulta invece più realisti- scorcio, quindi parzialmente. co, in primo piano, l’apparato fortificato co- struito a protezione del settore settentrionale della città: (partendo dall’interno) la Porta Le raffigurazioni di primo Cinquecento Camollia (logicamente nella versione medie- Nelle raffigurazioni che datano agli inizi vale), il primo antemurale chiamato Torraz- del Cinquecento è manifesto l’impatto an- zo di mezzo (su cui è la scritta “Sena Vetus”) che visivo delle difese poste nella zona nord con la contigua chiesa di San Basilio sulla di Siena, atte a scoraggiare eventuali – pur- destra, e il secondo antemurale più esterno troppo ben prevedibili - attacchi. chiamato allora come oggi Antiporto con Nell’incisione del 1502, prodotta dall’e- una piccola costruzione religiosa sul fianco ditore senese Simone di Niccolò di Nardo destro, inoltre due sezioni di cortine merlate per illustrare l’opera di Lancillotto Politi de- che si dipartono l’una dalla Porta Camolla, dicata alla battaglia di Montaperti, incisione l’altra dal Torrazzo16. In questa incisione il

16 Lancillotto Politi, La sconfitta di , Si- Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. mone di Niccolò di Nardo editore, Siena 1502: ano- 75, tav. I; R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Ico- nimo, Salva nos ne pereamus, incisione xilografica. Vedi nografia di Siena cit., p. 362, scheda e immagine n. 254. 19 tato dal maestro umbro, a quel tempo ormai residente a Siena, come in una foto ricordo, con i protagonisti principali nei loro abiti sontuosissimi, e con l’inserimento del ri- tratto di uno dei committenti, l’operaio del duomo Alberto Aringhieri, che per ragioni anagrafiche non aveva partecipato alla ceri- monia e che è ritratto nelle sembianze che aveva nel 1502. L’incontro fra i due promes- si sposi avvenne a Siena, il 24 febbraio 1452, nel prato oltrepassato l’Antiporto, davanti al Torrazzo e a San Basilio, alla presenza del vescovo della città, Enea Silvio Piccolomini, che aveva condotto le trattative diplomati- che per il regale matrimonio. A ricordo fu elevata, per volontà del vescovo, una colon- na concessa dalla compagnia di San Giovan- ni Battista della Morte e rappresentata nella pittura, di cui anzi costituisce l’elemento ac- centratore: ancora oggi in loco (non più nel prato, ma in una sottile aiola) recentemente restaurata, si presenta coronata da un capi- 3. [A. Orlandini], La vittoria gloriosissima deli Sanesi contro ali Fiorentini: anonimo, Salva nos ne pereamus, incisione xi- tello, con lo stemma imperiale asburgico e lografica lo stemma reale del Portogallo19. Questo af- Torrazzo è rappresentato in modo comple- fresco, coevo all’incisione edita da Simone to per la prima volta: risulta – in analogia a di Niccolò di Nardo o di poco posteriore, Porta Camollia, seppure più basso - di forma costituisce la prima rappresentazione com- squadrata e merlata con profondo fornice pleta del Torrazzo in campo pittorico. protetto da un alto soffitto a volta (fig. 3). Fa propendere per la collaborazione Nel 1526 questa incisione, priva della corni- di un giovanissimo Raffaello con il Pinto- ce decorativa e rifilata, fu ristampata quale ricchio, nell’esecuzione proprio di questa frontespizio di un poemetto celebrativo del- mirabile storia, un “cartonetto” del grande la battaglia di Porta Camollia (figg. 1, 3 e 6)17. urbinate recante lo stesso soggetto oggi con- Nella Libreria Piccolomini della cattedra- servato a New York20. L’abbozzo, di quali- le di Siena si può ammirare, fra gli altri affre- tà più elevata rispetto all’affresco, si svolge schi eseguiti dal Pintoricchio e dedicati alla tutto attorno alla colonna, senza precisi ri- vita di Enea Silvio Piccolomini poi papa Pio ferimenti ambientali alla città reale, in uno II, quello, databile tra il 1502 e il 1508, dedi- spazio che è nella storia e non nei dettagli cato all’Incontro di Federico III con Eleonora del della cronaca, come recentemente ha ben Portogallo (figg. 4 e 5)18. L’evento è rappresen- puntualizzato Alberto Cornice.

17 [A. Orlandini], La vittoria gloriosissima deli Sane- Villani e Sevaioli, (e) il campanile della chiesa di San si contro ali Fiorentini (fig. 1). Bartolomeo. 18 Bernardino di Betto detto il Pintoricchio (Pe- 19 Su questo argomento, v. M. Caciorgna, sche- rugia 1454 ?-Siena 1513), Incontro di Federico III con da, in Pio II. La città, le arti. La rinascita della scultura: Eleonora del Portogallo, 1502-1508, Siena, Duomo, Li- ricerche e restauri, catalogo della mostra, a cura di L. breria Piccolomini. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Martini, Siena 2006, pp. 113-116. Camollia. Da baluardo cit., p. 41, fig. 13, stampa tratta 20 Raffaello (Urbino 1483 – Roma 1520), Studio per dall’affresco; R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegri- l’Incontro di Federico III con Eleonora del Portogallo, 1502, ni, Iconografia di Siena cit., pp. 64 e 68-69, scheda e New York, Pierpont Morgan Library, disegno. Vedi R. immagine n. 48. Nell’immagine presentata si notano: Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di (a) il Torrazzo, a seguire (b) la chiesa di San Basilio, Siena cit., p. 69, scheda n. 48 e immagine a. 20 (c) il campanile di San Pietro alla Magione, (d) le torri 4. Bernardino di Betto detto il Pintoricchio (Perugia 1454 ?-Siena 1513), Incontro di Federico III con Eleonora del Portogallo, 1502-1508, Siena, Duomo, Libreria Piccolomini. 5. Nel particolare in basso si notano il Torrazzo, a seguire la chiesa di San Basilio, il campanile di San Pietro alla Magione, le torri Villani e Sevaioli, il campanile della chiesa di San Bartolomeo.

21 6. [Achille Orlandini], La vittoria gloriosissima deli Sanesi La battaglia di Porta Camollia del 1526 contro ali Fiorentini, nel piano di Camollia ad XXV di giugno [ma luglio] anno MDXXVI, Siena, Simone di Niccolò di Nardo La battaglia di Porta Camollia del 1526, editore, 1526: priva di attribuzione, La battaglia di Camollia, e ancor più la guerra di Siena del 1554-1555, incisione su legno (particolare). hanno comportato una ricca produzione vo principale e talvolta esclusivo di pittori e di cronache e di documenti iconografici. disegnatori. Quest’ultimi illustrano sia i fatti d’arme, sia Il clamoroso successo ottenuto il 25 lu- le trasformazioni nelle fortificazioni della cit- glio 1526 nella battaglia di Camollia dai tà rese necessarie dall’impiego delle armi da senesi sulle truppe fiorentine e papali, che fuoco e dai nuovi criteri dell’architettura mi- avevano tentato l’assedio di Siena, è stato litare: infatti non si costruiscono più alte tor- celebrato in due libelli coevi all’evento, ri, né sottili cinte murarie troppo vulnerabili rarissimi, dei quali è autore Achille Orlan- dalla potenza dei cannoni d’assedio, ma tozzi dini (per uno autore supposto, per l’altro bastioni terrapienati, orientati obliquamente espresso) ed è editore Simone di Niccolò verso il fronte d’attacco, sia per contenere la di Nardo. forza d’urto degli assedianti, sia per risponde- Il primo libello (La vittoria gloriosissima re con il fuoco da parte dei difensori21. deli sanesi, contro ali fiorentini, nel piano di Le suggestive cronache figurate di batta- Camolia) presenta una piccola xilografia, glie e assedi sono accompagnate dai rilievi di buona qualità sia per la resa della città, dal vero delle moderne strutture fortificate, sia per l’efficace sintesi grafica delle figure, anzi la raffigurazione della città diviene non tanto che alcuni critici ne hanno attribuito più un elemento di contorno, ma l’obietti- il disegno al Beccafumi (fig. 6)22. In primo

21 Così R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, 22 [Achille Orlandini], La vittoria gloriossissima deli 22 Iconografia di Siena cit., pp. 30-31. Sanesi contro ali Fiorentini (fig. 1): priva di attribuzione, 7. Giovanni di Lorenzo (Siena 1487-1562), Vittoria di Camollia, 1526 post quem, Siena, Archivio di Stato, ta- voletta di Biccherna n. 49 (g.c.) piano si vede un dinamico cavaliere senese scena della battaglia è ben definito con al galoppo intento a braccare i nemici in torri e monumenti riconoscibili, quali il fuga sul prato di Camollia; dietro si scorge duomo, l’arco del Facciatone e la basilica la batteria di cannoni che aveva gravemen- di San Domenico. te danneggiato le fortificazioni senesi, tra A sua volta il secondo libello (La vitto- cui il Torrazzo di mezzo che mostra una ria de’ Sanesi per mirabil maniera conseguita) fenditura della breccia provocata appunto presenta a corredo una xilografia, La Vergine dalle cannonate; accanto la piccola cappel- protegge Siena durante la battaglia di Camollia, la di San Basilio da cui si diparte la cortina il cui rilievo grafico è attribuibile a Giovan- di mura; dietro ancora la Porta Camollia ni di Lorenzo per il confronto con altre sue con una sezione di mura merlate. Anche opere23. Si tratta della prima veduta tenden- l’agglomerato urbano che fa da quinta alla zialmente realistica di Siena, seppure ancora

La battaglia di Camollia, incisione su legno. Vedi Con- Siena, Simone di Niccolò di Nardo editore, 1526: Gio- trada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 55, vanni di Lorenzo (Siena 1487?-1562), La Vergine proteg- fig. 23, p. 75, tav. II; R.B arzanti, A. Cornice ed E. ge Siena durante la battaglia di Camullia, 1526, incisione Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 33-34, scheda e su legno. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da immagine n. 26. baluardo cit., p. 55, fig. 23; R.B arzanti, A. Cornice ed 23 Achille Orlandini, La vittoria de’ Sanesi per mirabil E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 33-34, scheda maniera conseguita nel mese di luglio del anno MDXXVI, e immagine n. 27 e particolare; e ora P. Turrini, Gio- 23 rudimentale: sono facilmente identificabili con cura e con maggiore precisione rispet- la torre del Mangia, la cattedrale, il Facciato- to alla biccherna: nella tavola in San Mar- ne, il Torrazzo di mezzo. tino sono ben individuabili anche l’Assunta Lo stesso Giovanni di Lorenzo ha rea- nel tabernacolo dell’Antiporto, sulla destra lizzato nel 1526 la tavoletta di Biccherna dell’oratorio di Sant’Antonio il monastero che illustra la fase finale della battaglia di di Santa Petronilla con sottili bifore gotiche Camollia, cioè il momento in cui i senesi (demolito durante la guerra di Siena con tra- vittoriosi stanno smantellando, quasi for- sferimento delle monache dentro la città in miche brulicanti, le artigliere nemiche che San Tommaso degli Umiliati) e infine vari portano in città come bottino di guerra (fig. dettagli della campagna, comprese case co- 7)24. L’opera presenta una veduta di grande loniche. interesse e precisione dei luoghi a nord del- A proposito della parte terminale del la città: si scorgono sul muro dell’Antipor- Torrazzo parzialmente diroccata nel 1526 to il grande tabernacolo con la Madonna, dalle cannonate dei nemici, sappiamo che a lato l’oratorio di Sant’Antonio (poi San i “rocchioni” furono donati dalla Balìa alla Bernardino al Prato); più avanti, dopo il contrada di Salicotto, rappresentata dal pit- Prato, il Torrazzo rovinato dalle cannonate tore Giovanni di Lorenzo, per iniziare nel nemiche con accanto San Basilio; in fondo 1531 la costruzione dell’oratorio intitolato al gruppo di edifici che coprono intensa- ai Santi Giacomo e Cristoforo, la cui festa mente il tratto (ca. 200 mt.) dal Torrazzo cadeva il 25 luglio, data della vittoriosa bat- alla Porta Camollia, quest’ultima, merlata taglia di Camollia26. Pertanto è possibile che e aggettante, con la Balzana e il Leone del il Torrazzo sia stato all’epoca sbassato, to- Popolo in facciata e con due vessilli che gliendo le parti crollate. svettano, portanti l’uno l’aquila imperiale Insieme ai materiali del Torrazzo furono e l’altro, più grande, l’immagine di Maria, utilizzati per la chiesa della contrada della che sappiamo dai documenti essere stata Torre anche quelli del monastero di San Pro- dipinta proprio da Giovanni di Lorenzo. spero, a sua volta distrutto perché era peri- Dietro ancora la veduta della città: la cin- coloso abitarvi, essendo situato fuori dalle ta muraria impenetrabile, il fitto ammasso mura. delle case e le tante torri altissime, in un intento anche autocelebrativo. La Fortezza spagnola Di livello ancora più alto è la tavola rea- lizzata tra il 1527 e il 1529 sempre da Gio- Nella trasfigurata veduta della città rea- vanni di Lorenzo per la chiesa di San Mar- lizzata dal Sodoma nel 1531 per la tavola tino, per commissione della Balìa25. Sotto della basilica di San Domenico – rappresen- il manto della Vergine Immacolata si sta tante Il Padre Eterno con i Santi Vincenzo Fer- svolgendo la fase terminale della battaglia rer, Sebastiano, Sigismondo, Caterina - si può con una serie di scontri isolati. L’immagine apprezzare nell’immagine di Siena l’ampio delle fortificazioni di Camollia è tracciata spazio libero davanti alle alte mura merlate

vanni di Lorenzo (Siena 1487?-1562). Artista, contradaio- 1528, Siena, chiesa di San Martino, tavola. Vedi Con- lo, devoto, in “Accademia dei Rozzi”, anno XXI, n. 41, trada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 43, dicembre 2014, pp. 40-49, fig. 3. fig. 14, p. 78, tav. IV; R.B arzanti, A. Cornice ed E. 24 Giovanni di Lorenzo (Siena 1487-1562), Vittoria Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 28, immagine in- di Camollia, 1526, Siena, Archivio di Stato, tavoletta tera e pp. 36-37, n. 29 particolare; P. Turrini, Giovanni di Biccherna n. 49. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta di Lorenzo (Siena 1487?-1562) cit., fig. 1. Nell’imma- Camolla. Da baluardo cit., p. 19, fig. 3, p. 77, tav. III; R. gine si notano: (a) Antiporto, (b) Torrazzo, (c) chie- Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di sa di San Basilio, (d) chiesa del Santo Sepolcro, (e) Siena cit., pp. 34-35, scheda e immagine n. 28; P. Tur- convento di Santa Croce, (f) antemurale della Porta rini, Giovanni di Lorenzo (Siena 1487?-1562) cit., fig. 2. Camollia, (g - h) torre dei Villani e torre dei Sevaioli. 25 Giovanni di Lorenzo (Siena 1487-1562), La Ver- 26 Così P. Turrini, Giovanni di Lorenzo (Siena 24 gine protegge Siena durante la battaglia di Camullia, 1527- 1487?-1562) cit., p. 45. 8. Giorgio di Giovanni (Siena, notizie dal 1538 al 1559), Demolizione della Fortezza spagnola, 1553, Siena, Archivio di Stato, tavo- letta di Biccherna n. 57 (g.c.) che si dipartono da Camollia27. volette di Biccherna (fig. 8)28. L’autore della Proprio in questo spazio gli imperiali/ biccherna Giorgio di Giovanni, notevole spagnoli vollero edificare la Fortezza, per architetto militare ma pittore non eccelso, meglio controllare la riottosa e faziosa Sie- rappresenta a sinistra i gruppi di guastatori na. Nonostante le tante proteste dei senesi intenti ad abbattere le strutture della citta- timorosi di perdere la loro libertà, l’11 no- della (che era a tenaglia con terrapieni ba- vembre 1550 iniziava la costruzione della stionati e rinforzati da puntoni); sulla destra cittadella per precisa volontà e forte impe- l’antistante sezione di alte mura, in cui si gno di don Diego Hurtado de Mendoza, apre lo “sportello” di San Prospero; sul fon- luogotenente imperiale di Siena, che assol- do si scorge un torrione, forse il Torrazzo. dava torme di guastatori, facendo distrugge- La Fortezza fu poi ricostruita dai senesi e re il fortino peruzziano vicino allo sportel- dai francesi in funzione di protezione della lo di San Prospero, e imponeva corvées alla città nel 1553, nell’imminenza della guerra cittadinanza. Nel luglio 1552 i senesi, con di Siena. In epoca medicea, nelle vicinan- l’appoggio del re di Francia, si ribellarono, ze ma in posizione diversa, fu edificata una costrinsero la guarnigione spagnola alla resa nuova grandiosa Fortezza per il controllo con abbandono di Siena e distrussero la della città appena assoggettata (quella anco- Fortezza, come documentano ben due ta- ra oggi esistente).

27 Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma (Ver- 28 Giorgio di Giovanni (Siena, notizie dal 1538 al celli 1477-Siena 1549), Padre Eterno con i Santi Vincenzo 1559), Demolizione della Fortezza spagnola, 1553, Siena, Ferrer, Sebastiano, Sigismondo, Caterina, post 1531 Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Biccherna nn. 57 e 58. San Domenico, tavola. Vedi R. Barzanti, A. Corni- Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Icono- ce ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 69-70, grafia di Siena cit., pp. 365-367, schede e immagini nn. scheda e immagine n. 49 e a. 257 e 258. 25 La Guerra di Siena e il successo dell’immagine di fuoco disposti su tre forti bastionati, a della città assediata pianta poligonale, collegati da due sezioni Il ripudio dell’alleanza con l’Impero e la di cortine e posizionati in modo da occu- politica apertamente filofrancese dei senesi pare l’intero fronte dell’altipiano, per una innescarono la micidiale vendetta di Carlo V: larghezza di 200-250 mt. Questo complesso Siena fu assediata dalle truppe imperiali, alle- apparato si può notare in due piante coe- 31 ate con quelle medicee, dal 26 gennaio 1554 ve: una anonima e l’altra relativa alle for- al 14 aprile 1555, data della resa per fame tificazioni esterne “al tempo dell’assedio”, (la popolazione si era dimezzata!), mentre il realizzata a fini militari dalla mano esperta contado fu desolato per ben sei anni (1554- dell’architetto militare fiorentino Francesco 32 1559) con una guerra senza quartiere. Laparelli . Entrambe rendono bene l’idea Le vicende belliche comportarono an- del complesso sistema fortificato destinato a che una notevole produzione di apparati proteggere la parte settentrionale della città. iconografici sia per illustrare i fatti d’arme, Nonostante queste novità, fu l’antica sia per rappresentare la città con gli apparati Porta Camollia a proteggere Siena, la notte difensivi vecchi e nuovi, nonché gli apparati tra il 26 e il 27 gennaio 1554, durante il pri- offensivi predisposti dagli assedianti. mo attacco sferrato dai nemici, permettendo Una serie di fortini, moderni e belli, era- ai senesi di organizzare il contrattacco. Que- no stati realizzati dall’architetto Baldassarre sta vicenda costituisce uno degli episodi del Peruzzi fuori delle porte Pispini, Laterina, ciclo di affreschi che Giorgio Vasari ha rea- San Marco, San Prospero e Camollia negli lizzato, tra il 1563 e il 1565, nel Salone dei anni 1528-1532, sull’onda del tremendo Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, pericolo corso durante l’attacco del luglio per glorificare le fortune militari della fami- 152629. Integri oggi soltanto quelli di Porta glia Medici culminate nella conquista di Sie- Pispini e di Porta Laterina, mentre si conser- na33. Il Vasari ritrae con eccellente dinami- vano resti importanti di quello che proteg- smo figurativo la fase iniziale dell’assalto di geva Porta Camollia, che oggi è conosciuto sorpresa condotto con il favore dell’oscurità come Fortino delle Donne, perché per tradi- dalle truppe imperiali e fiorentine coman- zione fu custodito durante l’assedio da un date da Gian Giacomo Medici, marchese di gruppo di coraggiose senesi30. Un altro forte Marignano, per conto di Cosimo dei Medici bastionato, a cavaliere, si propendeva verso e dell’imperatore Carlo V. Nella descrizione Ravacciano e la collina di Vico Alto, difen- si vedono gli assalitori, vestiti con camicia dendo la città vicino alle mura di Camollia. bianca per riconoscersi, i quali stanno supe- Successivamente gli architetti Giovan- rando la Porta Franca (così detta in onore ni Battista Pelori e Dionigi Gori avevano del re di Francia, grande protettore e finan- ammodernato e rafforzato questo sistema, ziatore dei senesi) che si apriva nella corti- costruendo - per sbarrare la strada da nord, na di collegamento delle fortificazioni più a poca distanza dell’Antiporto - un corpo esterne; a seguire si scorgono nell’affresco fortificato esterno composto da tre centri l’Antiporto, il Torrazzo e la Porta Camollia;

29 Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, tempo dell’assedio, 1554-1555; moderna rilevazione to- Iconografia di Siena cit., pp. 356-357. pografica del sistema fortificato esterno di Camollia. 30 Fortino di Camollia detto Fortino delle Donne Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo senesi edificato da Baldassarre Peruzzi, foto attuale. cit., p. 48, fig. 19, p. 52, fig. 22. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo 33 Giorgio Vasari (Arezzo 1511-Firenze 1574), At- cit., p. 44, fig. 15. tacco notturno a Siena, 1565, Firenze, Palazzo Vecchio, 31 Pianta di Siena con tutte le strutture fortificate al tem- Salone dei Cinquecento, affresco, particolare. Vedi po dell’assedio, 1554-1555. Vedi Contrada dell’Istrice, Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo cit., Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 50, fig. 20. p. 46, fig. 16, p. 51, fig. 21; R. Barzanti, A. Corni- 32 Francesco Laparelli (Cortona 1521 – Candia ce ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 37-38, 26 1570), Pianta delle fortificazioni esterne di Camollia al scheda e immagine n. 30. sulle mura vicine a quest’ultima i difensori di Biccherna del 1555, opera di Giorgio di alla luce dei fuochi si stanno organizzando Giovanni, San Paolo conforta i senesi durante le per il contrattacco che ebbe successo. tribolazioni dell’assedio (fig. 10)37. Dalle scenografie guerresche del Vasari, Anche dopo l’acquisizione medicea di l’artista fiammingo Giovanni Stradano, suo Siena, il soggetto della ‘città assediata’ con- principale collaboratore probabilmente pre- tinuò ad avere notevole successo in Italia e sente all’attacco del 26 gennaio 1554, trasse fuori, per la valenza della conquista nello una serie di rilievi grafici che furono incisi scacchiere europeo e per la risonanza cro- da Filippo Galle e pubblicati ad Anversa. Tra nachistica che aveva avuto la guerra svolta- le numerose tavole quella relativa all’assalto si nello Stato senese. Pertanto, per tutta la notturno34. Lo Stradano ritrae sia le strutture seconda metà del Cinquecento, continuano bastionate angolari che proteggevano posta- ad essere realizzate vedute della città con le zioni per artiglieria attorno all’Antiporto, sia fortificazioni che l’avevano caratterizzata la Porta Franca, il più esterno varco di acces- durante l’assedio, anche dopo che queste so aperto sulla cortina di congiunzione dei erano state in buona parte distrutte. Tra nuovi fortini senesi. Da notare nel disegno, queste cito la stampa del 1569 dell’editore in alto a destra, il Palazzo dei Diavoli. Sul veneziano Ballino, seppure arcaica e poco fondo il profilo turrito di Siena sormontato realistica38. Gli apparati militari difensivi e dalla massa del duomo. offensivi sono invece ben apprezzabili nella Nella pianta realizzata nel 1555 dal pianta edita qualche anno dopo (nel 1570) fiammingo Jeronimus Cock è ben esempli- da Antonio Lafreri, che fu la capofila di una ficata la situazione delle fortificazioni di- serie di incisioni (fig. 11)39. Sul prototipo fensive della città e anche la posizione degli della veduta lafreriana del 1570, quindi con attaccanti: il comandante delle truppe im- i particolari relativi alle operazioni militari periali e fiorentine marchese di Marignano attorno a Siena, ma con alcune semplifica- aveva dispiegato intorno a Siena forze di zioni, l’incisione è allegata all’atlante (Civi- cavalleria e di fanteria, e numerose batterie tates Orbis Terrarum) pubblicato a Colonia offensive35. nel 1572, a cura di Braun e Hogenber40. La veduta di Siena assediata è il soggetto Anche l’erudito senese Orlando Malavolti di una tela in collezione privata, di auto- corredava la sua storia della città, edita nel re ignoto (fig. 9)36, mentre in una tavoletta 1573 dallo stampatore concittadino Luca

34 Jan van der Straet detto Giovanni Stradano di Biccherna n. 60. Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed (Bruges 1523-Firenze 1605) e Philippe Galle (Haar- E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 46, scheda e lem 1537-Anversa 1612), Assalto notturno del 26 gennaio immagine n. 35. 1554, 1584, incisione su rame. Vedi Contrada dell’I- 38 Giulio Ballino editore (Venezia, notizie secon- strice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 46, fig. 17; R. da metà del sec. XVI), Il vero disegno e ritratto di Siena, Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di 1569, incisione su rame. Vedi R. Barzanti, A. Cor- Siena cit., p. 39, scheda e immagine n. 31. nice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 49, 35 Jeronimus Cock (Anversa 1510-1570), Siena, scheda e immagine n. 38. 1555, Parigi, Bibliothèque Nationale, incisione su 39 Antonio Lafreri editore (Orgelet 1512-Roma rame. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da ba- 1577), Il vero ritratto della città di Siena con il sito di essa luardo cit., p. 21, fig. 4, p. 80, tav. VI; R.B arzanti, A. et forti di essa città e il campo che l’assedia intorno con i Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. loro forti hordinarij et baterie: a lochi loro justa et misurata, 40 -41, scheda e immagine n. 32. 1570 ca., incisione su rame. Vedi Contrada dell’Istrice, 36 Veduta di Siena assediata, sec. XVI seconda metà, Porta Camolla. Da baluardo cit., p.80, tav. VI; R. Bar- Collezione privata, tela. zanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da ba- cit., pp. 42-43, scheda e immagine n. 33. luardo cit., p. 81, tav. VII; R. Barzanti, A. Cornice ed 40 Georgius Braun e Franciscus Hogenberg, Civi- E. Pellegrini, Iconografia di Siena, pp. 44-45, scheda e tates Orbis Terrarum, Colonia, Godefridus Kempensis, immagine n. 34. 1572: Sena, incisione su rame. Vedi Contrada dell’I- 37 Giorgio di Giovanni (Siena, notizie dal 1538- strice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 84, tav. X; R. 1559), San Paolo conforta i senesi durante le tribolazioni Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di dell’assedio, 1555, Siena, Archivio di Stato, tavoletta Siena cit., p. 54, scheda e immagine n. 40. 27 9. Autore ignoto, Veduta di Siena assediata, sec. XVI seconda metà (collezione privata)

10. Giorgio di Giovanni (Siena, notizie dal 1538 al 1559), San Paolo conforta i senesi durante le tribolazioni dell’assedio, 1555, Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Biccherna n. 60 28 (g.c.) 11. Antonio Lafreri editore (Orgelet 1512-Roma 1577), Il vero ritratto della città di Siena con il sito di essa et forti di essa città e il campo che l’assedia intorno con i loro forti hordinarij et baterie: a lochi loro justa et misurata, 1570 ca., incisione su rame

Bonetti (fig. 12), con una tavola che ebbe La “pax medicea” e la distruzione del Tor- un rifacimento, con l’intervento di Teofilo razzo Gallaccini, nell’edizione completa e postu- Intanto la Pace di Cateau-Cambrésis ave- 41 ma di Venezia nel 1599 . Se l’impostazione va posto fine nel 1559 alla guerra tra le due complessiva si rifà al prototipo del Lafreri, il grandi potenze della Spagna e della Francia, tratteggio dei particolari urbanistici e degli portando, in un quadro di intese europee, apparati difensivi è più evoluto, attento e anche alla resa della Repubblica di Siena ri- proporzionato. tirata in Montalcino. Nella tavoletta di Bic- Simile la stampa edita nel 1599 dall’e- cherna coeva - dedicata all’incontro con ab- ditore veneziano Bertelli che continuava, braccio conciliatore tra il re Fillippo di Spa- dopo quasi mezzo secolo, a diffondere l’im- gna e il re Enrico di Francia - si apprezzano, magine di Siena con le sue fortificazioni del con un volo di fantasia dell’autore, anche 1554-155542. la veduta di Siena e quella di Montalcino,

41 Orlando Malavolti, Historia delle guerre e de fatti posita, incisione su rame. Vedi Contrada dell’Istrice, de’ Senesi, così esterne, come civili seguite dall’origine della Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 47, fig. 18, p. 83, tav. città fino all’anno MDLV, Luca Bonetti, Siena, 1573: IX; R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Icono- Abscondit non potest civitas supra montem posita, incisio- grafia di Siena cit., pp. 50-51, scheda e immagine n. 39, ne su rame; Orlando Malavolti, Historia delle guerre e pp. 53-54, scheda e immagine n. 39b. de fatti de’ Senesi, così esterne, come civili seguite dall’origi- 42 Pietro Bertelli editore (Venezia, notizie secon- ne della città fino all’anno MDLV, Salvestro Marchetti, da metà sec. XVI), Siena, 1599. Vedi R. Barzanti, A. Venezia, 1599: Teofilo Gallaccini disegnatore (Siena Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 1564-1641), Abscondit non potest civitas supra montem 54, scheda e immagine n. 41. 29 12. Orlando Malavolti, Historia delle guerre e de fatti de’ Senesi, così esterne, come civili seguite dall’origine della città fino all’anno MDLV, Siena, Luca Bonetti 1573, incisione su rame

quest’ultima ripresa da una biccherna di pace - predispose un apparato di accoglien- qualche anno prima di Giorgio di Giovanni za, con un effimero arco trionfale eretto in del 1553 (pertanto ipotizzabile anche come prossimità del Torrazzo, la cui tozza sago- autore della tavoletta del 1559); il rilievo di ma si presenta nell’opera con inequivocabili Siena, di discreto realismo, riprende la città segni delle cannonate imperiali (fig. 15)44. con le sue mura a partire, sulla sinistra, da Il corteo, non potendo percorrere la strada Porta Camollia (figg. 13 e 14)43. della castellaccia impraticabile per le distru- Nell’ottobre 1560 Cosimo I, accompa- zioni del recente assedio, seguì un itinerario gnato dalla moglie Eleonora di Toledo e da a valle ed entrò in città per un nuovo varco un corteo di dignitari fiorentini, fece il suo nelle mura aperto a sinistra dell’antica Porta ingresso solenne a Siena che l’imperatore gli Camollia, ostruita dalle macerie. Sul nuovo aveva infeudato. Come documenta una ta- varco fu posto lo stemma mediceo, mentre voletta di Biccherna coeva, la città - piegata l’antica Porta aveva ancora in essere la Bal- dalla fame e dai tanti lutti e desiderosa di zana, come documenta la biccherna stessa.

43 Anonimo (Giorgio di Giovanni?), Pace di Cateau- Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Biccherna n. 64. Cambrésis, 1559, Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo Biccherna n. 63. Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. cit., p. 23, fig. 6, p. 85, tav. XI; R.B arzanti, A. Cor- Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 47, scheda e im- nice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 48, magine n. 36. scheda e immagine n. 37. 30 44 Anonimo, Ingresso di Cosimo I in Siena, post 1560, 13. Anonimo (Giorgio di Giovanni?), La pace di Cateau Cambresis 1559, Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Biccherna n. 63 (g.c.)

Questa è l’ultima rappresentazione dal vero del Torrazzo: infatti, danneggiato dalle can- nonate nemiche sia durante la battaglia del luglio 1526, sia soprattutto durante il lungo assedio del 1554-1555, fu definitivamente abbattuto pochi anni dopo, mentre a sua volta Porta Camollia nel 1604 muterà com- pletamente il suo aspetto. Nella tela realizzata attorno al 1575 dal pittore fiorentino Jacopo Zucchi, aiutante di Giorgio Vasari, sotto la Madonna con il tro- no sono rappresentati cinque santi, senesi e 14. Particolare della Biccherna n. 63 non senesi: Sant’Ansano martire, Santa Ca- terina, San Pietro Martire, San Girolamo e il grande tabernacolo mariano e altri corpi San Bernardino45. Dietro a Caterina appaio- di fabbrica vicini. La strana collocazione no le mura merlate di Siena contraddistinta dell’Antiporto, ruotato a destra di novanta dalle sue torri; la veduta prosegue con Porta gradi, si deve probabilmente allo spazio di- Camollia, la castellaccia e l’Antiporto con sponibile sulla tela, oppure alla circostanza

45 Jacopo Zucchi (Firenze 1541 ca. – Roma 1590), R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia Madonna col Bambino e santi, 1575, Siena, San France- di Siena cit., p. 370, scheda e immagine n. 259 e a. sco, tela (Deposito della Pinacoteca Nazionale). Vedi 31 15. Anonimo, Ingresso di Cosimo I in Siena, post 1560, Siena, Archivio di Stato, tavoletta di Biccherna n. 64 (g.c.)

che lo Zocchi per rappresentare la città ha cui faceva parte la mitizzazione delle glorie utilizzato qualche fonte figurativa, non l’e- del passato, battaglia di Montaperti e batta- sperienza diretta. Il Torrazzo comunque è glia di Camollia comprese46. ormai scomparso. Con l’infeudazione di Siena al duca poi Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Sei- granduca Cosimo e ai suoi discendenti, lo cento: ampliamento dell’Antiporto e rifaci- “Stato vecchio” fiorentino era stato poli- mento di Porta Camollia ticamente unito e pacificato con lo “Stato nuovo” senese: pertanto le fortificazioni La mitizzazione del passato è bene esem- della zona nord di Siena avevano perso la plificata dall’affresco di Sebastiano Folli, loro plurisecolare funzione di protezione facente parte di un ciclo di pitture murali in un granducato pacificato all’interno. Tra realizzato, dal 1592 al 1600, da una serie di l’altro le ampie autonomie amministrati- artisti – la maggior parte senesi - nella Sala ve intelligentemente concesse dai Medici a del Capitano del Popolo in Palazzo Pubbli- Siena, lasciarono un’apparenza di indipen- co. Il Folli nel 1598 dipinse in una lunetta denza: in particolare la classe dirigente loca- della Sala un nostalgico ricordo della Siena le si nobilitò, chiudendosi a nuovi ingressi, repubblicana ormai scomparsa: in mezzo ai e continuando nelle sue tradizioni e riti, di combattenti si nota Enrico VI, con una co-

46 Su questo argomento, v. M. Ascheri, Siena senza La nobiltà di Siena in età medicea, a cura di Id., A. Pizzi, 32 indipendenza: Repubblica continua, in I Libri dei Leoni. Milano 1996, pp. 9-69. rona d’oro che circonda l’elmo, in atto di fuggire; dietro le tende dell’accampamento e l’immagine della città di Siena con la Porta Camollia47. Sempre per la Sala del Capitano e sem- pre nel 1598 Ventura Salimbeni realizzava un affresco vivace e ben definito, dove è raf- figurato Bernardino Albizzeschi, in gioven- tù, cioè prima della professione minorita, mentre prega genuflesso davanti al grande tabernacolo mariano dell’Antiporto48. Tra i particolari che si possono apprezzare l’im- magine dell’Assunta con i festoni attorno, la campanella ad anello sullo stipite, la colon- na di Federico III ed Eleonora di Portogal- lo che si intravede dal varco della porta, i cespugli sui lati, il piccolo oratorio a forma di cubo intitolato a Sant’Antonio (in se- guito San Bernardino al Prato). Tuttavia la Madonna rappresentata nell’affresco del Sa- limbeni è quella completamente rinnovata 16. Antonio Gregori (Siena 1583-1648), Ringraziamento alla (salvo il volto) tra il 1585 e il 1588 da Ales- Vergine per la vittoria di Camollia, 1619, Siena, Palazzo Pubbli- sandro Casolani. co, Saletta del Capitano del Popolo, affresco (g.c.) Nella vicina Saletta del Capitano del Popolo, una lunetta realizzata da Antonio Gregori nel 1612 è dedicata al tema della la colonna di Federico III ed Eleonora del gloriosa battaglia di Camollia. Dunque il Portogallo e anche il Torrazzo, rappresenta- governo granducale consentì la pittura di to come una torre-porta a struttura rastre- un episodio in cui Siena era stata vincen- mata, evidentemente dipinto su precedenti te su Firenze: ma i Medici erano ben altra grafici o su memorie, perché nel 1612 era cosa rispetto alla Repubblica fiorentina cla- stato ormai demolito (fig. 16)49. morosamente sconfitta nel 1526. Singolare la narrazione condotta in questo affresco: i La cartografia di Francesco Vanni governanti senesi si recano in duomo a rin- graziare la Vergine per la vittoria preceduti In un malinconico affresco dell’oratorio dal bianco stendardo dell’Immacolata Con- inferiore di San Bernardino, appartenente cezione (quello dipinto da Giovanni di Lo- all’omonima confraternita, si rintraccia una renzo), mentre alle loro spalle si scorge tutta fra le prime prove di un giovanissimo Fran- la zona di Camollia, in cui la battaglia con cesco Vanni, che lo terminò poco dopo la tutta la sua crudezza e veemenza è ancora in morte nel 1580 del proprio patrigno Arcan- pieno svolgimento: si notano l’Antiporto e gelo Salimbeni, che era l’incaricato dell’ese-

47 Sebastiano Folli (Siena 1569-1622), Vittoria sulle Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di truppe di Enrico VI, 1598, Siena, Palazzo Pubblico, Sala Siena cit., p. 371, scheda e immagine n. 260. del Capitano del Popolo, affresco. Vedi R. Barzanti, 49 Antonio Gregori (Siena 1583-1648), Ringra- A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., ziamento alla Vergine per la vittoria di Camollia, 1619, p. 55, scheda e immagine n. 42. Siena, Palazzo Pubblico, Saletta del Capitano del Po- 48 Ventura Salimbeni (Siena 1569-1613), San Ber- polo, affresco. Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. nardino prega la Madonna di Camollia, 1585, Siena, Pa- Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 57-59, scheda lazzo Pubblico, Sala del Capitano, affresco. Vedi R. e immagine n. 44. 33 cuzione (fig. 17)50. Nella veduta della città, sotto l’Assunta e fra i due Santi civici Bernar- dino e Caterina, si evidenziano ancora le for- tificazioni nella zona di Camollia durante la guerra, che del resto era abbastanza recente. Di nuovo l’immagine di Siena nella ce- lebrata pala del Beato Ambrogio Sansedo- ni, commissionata a Francesco Vanni nel 1591 dai confratelli della compagnia laicale intitolata a quel Beato, oggi nella chiesa di Santa Maria in Portico a seguito delle vicen- de delle soppressioni leopoldine51. Il Vanni realizza una precisa e luminescente veduta, estesa per l’intera lunghezza della tela, com- prendente dall’Antiporto alla colonna di Fe- derico III alla Porta Camollia a tutto quanto la città racchiude, come San Sebastiano in Vallepiatta, l’Ospedale ecc. Questa immagine della città anticipa la famosa incisione sul rame con la veduta di Siena, assonometrica, rilevata pochi anni dopo, nel 1595, dallo stesso Vanni con 17. Arcangelo Salimbeni (Siena 1535 ca. – 1580) e Francesco assoluta modernità di impostazione, e inta- Vanni (Siena 1564-1610), La Vergine con i Santi Bernardino e Caterina, 1580, Siena, oratorio inferiore di San Bernardino, gliata all’acquaforte su quattro lastre di rame olio su muro (per gentile concessione dell’Arcidiocesi di Sie- dal fiammingo Pieter de Jode il Vecchio che na, Colle Val d’Elsa e Montalcino) in quegli anni collaborava con il pittore se- La fortuna della pianta del Vanni è atte- nese52. La pianta, assai usata e riprodotta per la sua attendibilità, è un’opera straordinaria stata anche dalle sue molte riproduzioni: la di iconografia civica: la città ripresa dall’al- prima dell’anno 1600 ca., in scala ridotta, 53 to, a volo d’uccello, è caratterizzata da tanti dell’editore senese Matteo Florimi ; poi dettagli architettonici e urbanistici. Per la l’altra dell’editore tedesco Johann Hein- zona di Camollia si apprezzano la chiesa di rich Pflaumen, a corredo di un pregevole San Bartolomeo, la Porta Camollia chiusa, atlante del 1625 (fig. 18)54; e ancora quella le tracce dei due vicini fortini, le macerie realizzata da un anonimo senese nel cor- del Torrazzo e della castellaccia, la colonna so del secolo XVII55. Una ripresa del 1704 e l’Antiporto, nonché la Fortezza medicea. si deve all’editore francese Pierre Mortier,

50 Arcangelo Salimbeni (Siena 1535 ca. – 1580) e ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 80-82, Francesco Vanni (Siena 1564-1610), La Vergine con i scheda e immagine scheda e immagine n. 56. Santi Bernardino e Caterina, 1580, Siena, oratorio in- 53 Francesco Vanni disegnatore (Siena 1564-1610) e feriore di San Bernardino, olio su muro. Vedi R. Bar- Matteo Florimi editore (Siena notizie dal 1540 al 1615), zanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena Sena Vetus Civitas Virginis, 1600 ca., incisione su rame. cit., pp. 78-79, scheda e immagine n. 53. Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Icono- 51 Francesco Vanni (Siena 1564-1610), Pala del Be- grafia di Siena cit., pp. 83-85, scheda e immagine n. 57. ato Ambrogio Sansedoni, 1591, Siena, Santa Maria in 54 Francesco Vanni disegnatore (Siena 1564-1610) Portico a Fontegiusta, tela. Vedi Contrada dell’Istrice, e Johann Heinrich Pflaumen editore (Leida prima Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 86, tav. XII; R. Bar- metà sec. XVII), Sena Urbs Etruriae, 1625, incisione su zanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena rame. Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, cit., p. 80, scheda e immagine n. 55 e a. Iconografia di Siena cit., pp. 83 e 86, scheda e immagine 52 Francesco Vanni disegnatore (Siena 1564-1610) n. 58. e Pieter de Jode il Vecchio incisore (Anversa 1570- 55 Francesco Vanni disegnatore (Siena 1564-1610) 1634), Sena Vetus Civitas Virginis, 1595 ca., incisione e anonimo incisore, Siena, sec. XVII, incisione su su rame. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da rame. Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, 34 baluardo cit., p. 87, tav. XIII; R. Barzanti, A. Cornice Iconografia di Siena cit., p. 87, scheda e immagine n. 59. incisore Johannes Blaeu56. Un’ulteriore Il rifacimento di Porta Camollia (1603-1604) ripresa, effettuata dal senese Lazzaro Bona- La Porta Camollia medievale, gravemen- iuti nel 1873, quindi in periodo post-risor- te danneggiata nell’assedio, era stata abbat- gimentale, non presenta nessuna fra le tan- tuta e chiusa subito dopo l’acquisizione te modifiche intercorse dopo la rilevazione medicea di Siena. Nel 1604 fu ricostruita, del Vanni, tanto che la Porta Camollia è completamente modificata su disegno di ancora nella versione ante 1604; l’unica no- Alessandro Casolani, con lavori di scalpello vità è nell’ampia legenda57. eseguiti da Domenico Cafaggi detto Capo58.

18. Francesco Vanni disegnatore (Siena 1564-1610) e Johann Heinrich Pflaumen editore (Leida, prima metà del sec. XVII), Sena Urbs Etruriae, 1625, incisione su rame

56 Pierre Mortier editore (Amsterdam) e Johannes Vedi R. Barzanti, A. Cornice ed E. Pellegrini, Ico- Blaeu incisore, Sienne. Ville de la Toscane, 1704 parti- nografia di Siena cit., p. 90, scheda e immagine n. 61. colare. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da 58 Vedi A. Cornice, Cafaggi, Domenico, detto Capo, baluardo cit., p. 22, fig. 5, p. 24, fig. 24. in Dizionario biografico degli italiani, vol. 16, Roma 57 Francesco Vanni (Siena 1564-1610), ripresa di 1973, pp. 237-239. Lazzaro Bonaiuti, La Città di Siena, 1873, incisione. 35 Già nel 1603 la Balìa aveva proposto la ria- ne in pittura della pianta del Vanni con al- pertura della Porta Camollia, con consenso cune variazioni morfologiche, tra cui le più del granduca Ferdinando I59; l’anno succes- consistenti sono l’inserimento del convento sivo lo stesso granduca approvava la modifi- delle Cappuccine eretto tra il 1603-1604 e, ap- ca degli ornamenti di questa porta60. punto, in primissimo piano al centro la Porta Nel 1604 in occasione del rifacimento di Camollia rinnovata nel 1604, con i muriccioli Porta Camollia, l’antico ospedaletto di ser To- che inquadrano il varco d’ingresso e i pilastri rello, con la chiesa di Santa Croce chiamata il su cui stanno delle lupe (o delle aquile?). Sepolcro, rovinato durante la guerra di Siena, veniva demolito; di fronte, cioè sul lato de- Porta Camollia e l’Antiporto nei secoli XVII- stro uscendo da Porta Camollia, fu edificato XIX un oratorio sotto il titolo del Santo Sepolcro, con disegno attribuito a Francesco Vanni61. All’Antiporto, costituito da una semplice porta fortificata di origine duecentesca, fu aggiunto tra il 1676 e il 1682 un antemurale L’immagine di Rutilio Manetti verso l’esterno e un portico che univa con Nello stendardo della compagnia di San ampia volta a crociera la porta antica a quel- Rocco in Vallerozzi eseguito, tra il 1606 e la moderna, come è documentato anche in il 1609, da Rutilio Manetti ed oggi nella un disegno coevo di Girolamo Macchi64. chiesa di San Pietro in Castelvecchio, è rap- L’affresco sul frontone realizzato, circa no- presentata una veduta di Siena posta sotto vanta anni prima, dal Casolani fu sostituito, la Vergine Assunta e tra i due Santi Rocco nell’occasione di tale ampliamento, dalla e Sebastiano62. Nell’immagine della città si Gloria della Madonna, opera di Giuseppe Ni- notano, sul davanti, l’antiporto affiancato cola Nasini (1654-1736), il quale dipinse an- dall’oratorio e la sagoma bianca della colon- che nel sottarco gli emblemi delle diciassette na di Federico III; più dietro, le mura rosate contrade per ricordare il loro contributo fi- della città con alcune emergenze, tra cui la nanziario a tali lavori65. La Gloria fu comple- torre del Mangia, il Facciatone, il duomo e tamente distrutta durante l’ultimo conflitto San Domenico con il campanile aguzzo. mondiale, mentre gli emblemi, seppure assai L’immagine della nuova Porta Camollia si malridotti, sono stati recentemente restaura- può apprezzare nella tela realizzata dallo stes- ti e hanno riacquistato una certa leggibilità. so Manetti, tra il 1609-1610, per la magistra- Così Porta Camollia è rappresentata in tura medicea dei Quattro Conservatori dello un disegno di Girolamo Macchi anch’esso Stato senese, tela oggi conservata all’Archivio realizzato tra la fine del Seicento e gli inizi di Stato (fig. 19)63. Si tratta della trasposizio- del Settecento66.

59 Proposta di riapertura della Porta Camollia da 1667). Il papa senese di Roma moderna, a cura di A. parte della Balìa con approvazione granducale, giugno Angelini, M. Butzek e B. Sani, Siena 2000, pp. 64- 1603, Siena, Archivio di Stato, Governatore, 1042, c. 66; Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo XLIX. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da cit., p. 88, tav. XIV; R. Barzanti, A. Cornice ed E. baluardo cit., p. 64, fig. 25. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., pp. 92-93, scheda 60 Approvazione del granduca in merito alla mo- e immagine n. 64. difica degli ornamenti di Porta Camollia,1604, Siena, 64 Girolamo Macchi, “Memorie”, fine sec. XVII- Archivio di Stato, Governatore, 1042, c. XLVIII. Vedi inizi sec. XVIII, Siena, Archivio di Stato, ms. D 111, c. Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo cit., 309: Antiporto di Camollia, disegno a penna. p. 69, fig. 26. 65 Così M.A. Ceppari, M. Ciampolini e P. Turrini, 61 Così P. Brogini, Presenze ecclesiastiche cit., pp. 24-25. Atlante storico iconografico, in L’immagine del Palio. Sto- 62 Rutilio Manetti (Siena 1571-1639), La Vergine con ria, cultura e rappresentazione del rito di Siena, a cura di i Santi Sebastiano e Rocco, 1606-1609, Siena, San Pietro M.A. Ceppari, M. Ciampolini e P. Turrini, Nardini, in Castelvecchio, tela. Vedi R. Barzanti, A. Cornice Firenze, Monte dei Paschi di Siena, 2001, pp. 352-356, ed E. Pellegrini, Iconografia di Siena cit., p. 92, scheda scheda n. 28. e immagine n. 63. 66 Girolamo Macchi, “Memorie”, fine sec. XVII-ini- 63 Rutilio Manetti (Siena 1571-1639), Veduta zi sec. XVIII, Siena, Archivio di Stato, ms. D 107, c. 177: di Siena, 1609-1610, Siena, Archivio di Stato, tela. Porta Camollia, disegno a penna. Vedi Contrada dell’I- 36 Vedi P. Turrini, scheda in Alessandro VII Chigi (1599- strice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 89, tav. XV. In una pianta realizzata nel febbraio mere una controversia fra proprietari nella 1710 (anno senese 1709) dal capomastro Ia- zona degli “orti di Malitia” (Fausto Cosatti como Franchini è rappresentata la “Pubblica e Antonio Maria Pieri): nello schizzo sono strada che da Siena conduceva a Fiorenza rappresentati vari particolari dell’area vicina, fuori porta Camollia”: lo schizzo riguarda la tra cui la Porta Camollia e la “Strada Roma- via che da Siena conduceva a Firenze, lun- na per Fiorenza”68. go la quale si trovava la villa del cavaliere Ettore Romagnoli, in un disegno di valo- Marcello Biringucci detta Torre Fiorentina, re documentario dei primi anni Trenta del in un punto però angusto, con impossibilità secolo XIX, ha raffigurato la Porta Camollia di “passare assieme due calessi” e con fra- con ancora presenti i muriccioli che ne in- ne della via stessa; il Biringucci proponeva quadravano l’ingresso69. di costruire a proprie spese una nuova stra- Una vignetta in un giornale del tempo da da “principiare dalla via che conduce in documenta i restauri di Porta Camollia ef- Chiarenna e terminare vicino allo stradello fettuati nel 190470. Il nuovo aspetto è rappre- che conduce alli beni detti l’Acqua Calda”67. sentato anche in una cartolina postale dei Lo stesso Iacomo Franchini, nel dicembre primi del secolo XX71. Lo smontaggio delle 1718 compilava un’altra pianta, per diri- ante della Porta è stato effettuato nel 197572.

19. Rutilio Manetti (Siena 1571-1639), Veduta di Siena, 1609-1610, Siena, Archivio di Stato, tela (g.c.)

67 Iacomo Franchini, Pianta della pubblica strada che di Siena, Biblioteca comunale degli Intronati 2000, p. da Siena conduceva a Fiorenza fuori porta Camollia, 14 61; Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo febbraio 1709, Siena, Archivio di Stato, Quattro Con- cit., p. 90, tav. XVI. servatori, 1995, ins. 22. 70 I restauri del 1904 in una vignetta pubblicata 68 Iacomo Franchini, Pianta della strada ne l’inbocca- nella “Gazzetta di Siena”, 3 gennaio 1904. Vedi Con- re de l’orti di Malitia et sue adiacentie, 13 dicembre 1718, trada dell’Istrice, Porta Camolla. Da baluardo cit., p. Siena, Archivio di Stato, Quattro Conservatori, 1997, 13, fig. 2. ins. 12. 71 Siena-Porta Camollia, cartolina, inizio secolo XX. 69 Ettore Romagnoli, Siena, Biblioteca Comunale Porta Camolla. Da baluardo cit., p. 94, tav. XX. degli Intonati, ms. C II 4, “Informi abbozzi di vedute 72 Smontaggio delle ante di Porta Camollia nel dei contorni di Siena”: Porta Camullia, disegno a chi- 1975, foto. Vedi Contrada dell’Istrice, Porta Camolla. no e acquerello. Vedi E. Romagnoli, Vedute dei contorni Da baluardo cit., p. 32, fig. 11. 37 1. I giganti del bosco

38 Aspetti storici della tutela boschiva in territorio toscano: alberi sacri, beni comunitari, normativa granducale di Alessandro Dani

Ad Adriano, della provincia di Pisa e quello settentriona- amico carissimo indimenticabile, le di quella di Grosseto. Penso alla foresta di amico e conoscitore dei nostri boschi Monterufoli, alle Cornate di Gerfalco, all’al- ta Val di Cornia, il cuore geografico verde della Toscana. 1. Estensione boschiva e ricorsi storici Già dal VII secolo a.C. sono stati rilevati, Dal punto di vista ambientale, i boschi oltre che disboscamenti necessari al fiorire della Toscana e dell’Italia centrale nel basso ed espandersi di una grande civiltà urbana Medioevo già avevano alle spalle un paio come quella etrusca, interventi volti a mo- di millenni di trasformazioni, dai tempi dificare in senso più favorevole alle esigenze preistorici in cui immense distese di querce del pascolo la flora arborea di certe aree ap- (lecci, cerri, roveri, farnie, sugheri), carpini, penniniche (con estensione delle faggete)1. e sulle alture castagni, faggi, abeti copriva- Ma per l’epoca pre-romana si ritiene che in no come un mare verde tutto il territorio, vaste aree della penisola, Etruria compresa, ospitando una fauna varia e abbondante. la deforestazione sia stata abbastanza conte- Oggi forse possiamo un po’ farci un’idea nuta. A ciò contribuì la presenza di molte del paesaggio toscano agli albori della storia zone montane ritenute sacre (ad es. l’Amia- visitando certe zone tra Siena e la costa tir- ta, il Cetona, i monti Cimini, il monte So- renica, al confine tra il lembo meridionale ratte), con i loro boschi dedicati a varie divi-

2. Distesa boschiva presso Murlo

1 J.J. Lowe, C. Davite, D. Moreno, R. Maggi, dell’Appennino settentrionale, in “Rivista Geografica Ita- Stratigrafia pollinica olocenica e storia delle risorse boschive liana”, 102 (1995), pp. 267-310. 39 nità2. Ancora in età storica si conservarono la sua Ombra, a quella del territorio coltiva- nitide tracce di quell’antichissimo culto de- to, urbanizzato e militarmente controllato9. gli alberi e dei boschi di cui James Frazer nel Per questo, come osserva Paolo Fedeli, l’en- suo Il ramo d’oro ha raccolto innumerevoli fasi sulla dicotomia fra ‘spazio civilizzato’ testimonianze3. L’albero rappresentava un e ‘spazio selvaggio’ condusse a “giustificare simbolo universalmente diffuso dell’eterna qualsiasi attività di distruzione ambientale rinascita della natura, partecipe con le radici grazie alla caratterizzazione negativa dello del mondo sotterraneo e con la chioma di spazio selvaggio”10. quello celeste, manifestazione stessa della La romanizzazione ebbe conseguenze Grande Madre4. pessime sotto l’aspetto della conservazione Poi arrivò il periodo della grande espan- boschiva, per le moltiplicate necessità dell’a- sione romana, tra il II secolo a.C. ed il II limentazione (con conseguente espansio- secolo d.C. e con essa un’intensa fase di de- ne delle aree coltivate), del riscaldamento, forestazione5. Livio attesta che “alla vigilia dell’edilizia, dell’industria navale11, di quella della spedizione di Scipione in Africa, nel mineraria12, fino a quelle della produzione 205, le foreste dell’Etruria erano state impie- di vasi e anfore in quantità enormi13. Recen- tosamente devastate”6 e le guerre puniche ti accurati studi sugli antichi ghiacciai della aggravarono il disboscamento in atto7. Molti Groenlandia hanno individuato un picco di boschi, un tempo anche a Roma oggetto di inquinamento dell’atmosfera in corrispon- culti antichi8, caddero sotto le asce dei con- denza con la massima espansione imperia- quistatori-colonizzatori, oppure spesso di- le romana, intorno al I secolo dopo Cristo. vennero pericoloso luogo di rifugio di ribel- Si tratta soprattutto di piombo e gas serra, li. L’immagine della foresta dunque andò a da mettere in relazione alla produzione di contrapporsi, come il suo rovescio negativo, monete d’argento ed alle miniere realizza-

2 F. Cambi, L’intervento dell’uomo sul paesaggio dalla ne magico-sacrale della natura era già in età augustea preistoria al Medioevo, in La storia naturale della Toscana bollata come superstizione da vari scrittori. Essa osta- meridionale, a cura di F. Giusti, Siena 1993, p. 450. colava lo sviluppo economico (ovvero lo sfruttamen- 3 Cfr. J. Frazer, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e to indiscriminato delle risorse), perseguito non dalle la religione, Roma 1992. Si tratta della edizione ridotta popolazioni locali, ma da gruppi imprenditoriali o del 1890 poi sviluppata in 12 volumi e pubblicata dal dallo Stato stesso. Cfr. Fedeli, La natura violata cit., Frazer tra il 1890 ed il 1915. pp. 76-78. 4 Cfr. C.M. Skinner, Miths and Legends of Flowers, 9 Cfr. R.P. Harrison, Foreste, l’ombra della civiltà, Fruits and Plants in all Ages and in all Climes, London trad. it., Milano 1992. 1929; R. Cook, L’albero della vita, Milano 1987; G. 10 Fedeli, la natura violata cit., p. 75. Ciò almeno a Cocchiara, Il paese di Cuccagna e altri studi di folklore, livello di pensiero colto. Maturerà solo nel Settecento, Torino 1980, p. 80. secondo Bruno Vecchio, una nuova sensibilità estetica 5 Cfr. Cambi, L’intervento dell’uomo sul paesaggio cit., e sentimentale verso il bosco: cfr. B. Vecchio, Il bosco p. 450-452; P. Fedeli, La natura violata: ecologia e mon- e gli scrittori italiani del Settecento e dell’età napoleonica, do romano, Palermo 1990, pp. 72-80, dove si ritiene Torino 1974. “una corsa sfrenata all’abbattimento del patrimonio 11 Micidiale per i boschi, anche perché i remi delle forestale” (ibid., p. 74). galee si ricavavano dalle piante più giovani. 6 Ibid., p. 78. 12 Un’intensa attività estrattiva si legò alla conia- 7 La conseguenza fu il dissesto idrogeologico, con zione di ingentissime quantità di denari d’argento inondazioni del Tevere frequenti dal III secolo a.C. circolanti in tutto l’Impero. Gli impianti di fusione (ibid., pp. 80-89). richiedevano molto legname e produssero ampi di- 8 Varie fonti antiche sono indicate ad es. da H.M.R. sboscamenti e inquinamento, peraltro con condizioni Leopold, La religione dei Romani nel suo sviluppo storico, di lavoro terribili per migliaia di uomini, bambini pic- Genova 1988, pp. 21-26; D. Sabbatucci, La religione di coli compresi (utili per la loro capacità di muoversi in Roma antica: dal calendario festivo all’ordine cosmico, Mi- spazi strettissimi). lano 1988. La quercia ed il faggio erano sacri a Giove: 13 Del resto, vasti disboscamenti, con connessi fe- a Roma il colle Celio era anticamente chiamato Mons nomeni di dilavazione del suolo, già avevano interes- Querquetulanus, perché coperto di querce e l’Esquilino sato la Grecia classica, sia per lo sviluppo agricolo sia ospitava un bosco sacro di faggi. Anche il tempio di per la cantieristica navale. Sul tema si veda G. Panes- Vesta era circondato da un boschetto di querce. Cfr. sa, Fonti greche e latine per la storia dell’ambiente e del clima A. Cattabiani, Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e nel mondo greco, Pisa 1991. 40 piante, Milano 2012, pp. 54-55, 64-65. Ma la concezio- te dai Romani della penisola iberica14. Su- fonti classiche, tanto greche che romane, ap- perfluo sottolineare, poi, l’enorme impatto pare difficile scorgervi tratti, ancorché em- ambientale delle frequenti guerre, con forte brionali, di una coscienza ecologica come la drenaggio di risorse necessarie, incendi e di- intendiamo oggi. Ciò che a lungo costituì struzioni. un freno alla distruzione ambientale furono Già è stato osservato come lo stesso di- concezioni magico-sacrali che con il tempo ritto romano, a parte norme risalenti volte a però si indebolirono fino ad essere conside- tutelare boschi sacri, non offra efficaci mez- rate da molti solo superstizioni16. Nella città zi giuridici per la tutela e l’incremento dei di Roma la tutela della salubritas, oggetto di boschi15. Il dato si inserisce in un più vasto attenzione normativa e giurisprudenziale quadro culturale connotato da una modesta dalla fine del II sec. a.C.17, si legò alla pre- sensibilità ecologica e da un’idea di civiltà senza di rilevanti problemi ambientali e sa- che è anzitutto dominio sulla natura finalizza- nitari, di inquinamento dell’acqua e dell’a- to alle necessità umane (all’opposto, le aree ria, più che ad una sensibilità ecologica in selvagge ospitano i barbari). Prevale dunque senso moderno. nettamente nel mondo romano una visione antropocentrica, in cui residuano soltanto Dal II secolo d.C. la contrazione demo- (come eco dell’età arcaica) vincoli religiosi a grafica, entro la progressiva irreversibile cri- tutela dell’ambiente naturale. Dall’ampia e si dell’Impero, avviò un’inversione di ten- documentata disanima di Paolo Fedeli delle denza epocale, destinata a durare per oltre mezzo millennio, che vide incolti, boschi, macchie, paludi recu- perare vigorosamente terreno18. La guerra gotica dette il colpo di gra- zia a ciò che restava dell’organizzazione agraria romana, anche per l’epidemia di pe- ste portata in Italia dai soldati bizantini (di cui oggi si inizia a cono- scere meglio l’impatto terribile, con decine di milioni di morti)19. 3. I dati demografici sono tratti da: Histoire des populations de l’Europe, dir. J.P. Bardet, J. Dupâquier, I, Paris 1997, pp. 251 e 485.

14 Cfr. J.R. Mc Connell et al., Lead pollution recor- religioso: i soli luoghi che non ammettono l’intervento ded in Greenland ice indicates European emissions tracked umano sono, infatti, quelli concepiti come ‘sacri’, cioè plagues, wars, and imperial expansion during antiquity, in come spazi di manifestazione della divinità” (p. 13). https://www.pnas.org/content/115/22/5726 (consul- 17 Cfr. A. Di Porto, La tutela della “salubritas” fra tato il 5 febbraio 2019). editto e giurisprudenza, I: Il ruolo di Labeone, Milano 15 Cfr. R. Trifone, Storia del diritto forestale in Italia, 1990. Firenze 1957, p. 30. 18 Per la storia demografica europea cfr. Histoire des 16 Cfr. Fedeli, La natura violata cit.; C. Bearzot, populations de l’Europe, dir. J.-P. Bardet, J. Dupâquier, Uomo e ambiente nel mondo antico, in “Rivista della I-III, Paris 1997-1998 (vol. I per il periodo prima del Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze”, 8-9 1750). (2004), pp. 9-18. “In un contesto culturale – osserva 19 Si vedano Plague and the End of Antiquity: the Pan- l’Autrice – che tende a legittimare ogni tipo di inter- demic of 541-750, ed. by L.K. Little, Cambridge 2006; vento dell’uomo sull’ambiente, l’unica forma di tutela W. Rosen, Justinian’s Flea. Plague, Empire and the Birth ambientale sembra collegata con vincoli di carattere of Europe, New York 2007. 41 Le ville degli aristocratici romani spesso sco tronco totemico di quercia nella foresta divennero ovili per le pecore. Paolo Diaco- di Teutoburgo distrutto da Carlo Magno nel no (Historia Langobardorum, II, 4), descri- 772 nella sua opera di forzata e cruenta con- vendo la peste che devastò l’Italia ai tempi versione dei Sassoni al cristianesimo. Col- della guerra gotica, disegna un quadro mol- pisce in proposito pensare che circa 4.500 to simile a quello apocalittico descritto da guerrieri sassoni preferirono essere giusti- Agnolo di Tura nella Siena colpita dal terri- ziati anziché abbandonare l’antica religione bile flagello a metà Trecento. “Videres secu- dei boschi del proprio popolo21. Certo, vi lum – scrive Paolo – in antiquum redactum sarà stato anche il senso dell’onore, in un silentium: nulla vox in rure, nullus pasto- popolo dall’arcaica fierezza, che induceva a rum sibilus (…) Habitacula humana facta non sottomettersi all’odiato nemico franco, fuerant confugia bestiarum.” I raccolti non vi sarà entrata una sorta di timore di vendet- venivano mietuti, né le vigne vendemmia- te da parte delle divinità tradite, ma Gianni te, nessuno più viaggiava, i morti erano così Granzotto, nel suo bellissimo libro su Carlo tanti da non potersi contare. Magno, forse coglie un aspetto ulteriore, di I Longobardi e i popoli germanici loro tipo spirituale: l’amore per la libera vita del- alleati quasi presero possesso senza combat- la natura selvaggia, un rapporto simbiotico tere di vasti territori spopolati, inselvatichiti e profondo con gli alberi e gli animali che, e tutta la legislazione longobarda, dal 643 al una volta rinnegati, avrebbero significato la 750, attesta una quadro ambientale e pro- loro fine, la fine della loro anima22. duttivo dominato dal bosco e dall’alleva- La carneficina di Carlo Magno è uno dei mento brado. tanti episodi (certo il più eclatante) della lotta serratissima della nuova religione con- tro gli empi pagani adoratori degli alberi, di 2. I Longobardi e gli alberi sacri regola accompagnata da abbattimento degli I Longobardi, come i loro alleati Sasso- stessi o di interi boschi sacri, di cui furono ni (culturalmente molto simili perché un celebrati protagonisti in terra francese San tempo vicini nel nord della Germania) ed Martino (IV sec.), San Maurilio, San Germa- altri popoli germanici, veneravano alberi no (V sec.) e Sant’Amando (fine VII sec.)23. e boschi sacri: al più alto livello il mitico Senza dimenticare, a Benevento, il vescovo frassino Yggdrasil sacro ad Odino sorregge- Barbato, che intorno al 660-670 fece abbat- va il mondo20, così come il celebre Irminsul tere il grande noce sacro ai Longobardi ed (Himmelssäule: colonna del cielo), gigante- erigere al suo posto una chiesa24. In Germa-

20 Esso, descritto nell’Edda di Snorri Sturluson, paganesimo di una vita elementare nelle sue letizie e giungeva con le radici fino agli inferi e si innalzava nei suoi terrori. I riti coincidevano con la realtà che con la chioma fino al cielo. Custodiva inoltre la sag- stava sotto i loro occhi. Ed era del tutto spontaneo nel gezza sui misteri più reconditi della vita, trasmessi ad loro animo credere che se quelle verità fossero state Odino attraverso una sorta di prova iniziatica. Cfr. violate si sarebbe nel tempo medesimo infranto l’or- Cattabiani, Florario cit., pp. 43-44. Sull’Yggdrasil si dine stesso della vita, il godimento dei luoghi e degli veda anche M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, affetti, tutto ciò che si prova nella scelta di ciò che si trad. it., Torino 1976 (I ed. 1948), pp. 285-287. vuole fare senza dipendere da nessun altro che da se 21 L’Irminsul, più precisamente, era una “univer- stesso. L’abbandono della loro religione era già la loro salis columpna, quasi sustinens omnia”, quindi vero- morte” (G. Granzotto, Carlo Magno, Milano 1981, similmente non un albero vivente, ma una sorta di pp. 92-93). totem ligneo S. Gasparri, La cultura tradizionale dei 23 Quest’ultimo fece sradicare una “arbor daemo- Longobardi. Struttura tribale e resistenze pagane, Spoleto ni dedicata”. Cfr. Gasparri, La cultura tradizionale cit., 1983, pp. 76-77). p. 76. Cfr. anche F. Ermini, Il culto degli alberi presso i 22 “Era [quello dei Sassoni, n.d.r.] un popolo pri- langobardi e il noce di Benevento, in Id., Medio evo latino. mitivo, di semplici abitudini, assai vicino al cuore sel- Studi e ricerche, Modena 1938, pp. 115-119; Cocchia- vaggio della vita che batteva così felicemente nei loro ra, Il paese di Cuccagna cit., pp. 199-200. liberi spazi, nelle foreste amiche, lungo i fiumi, nelle 24 Sulla arbor sacra di Benevento si veda ancora Ga- aperte pianure. La religione in cui credevano, e che sparri, La cultura tradizionale cit., pp. 69-92. L’Autore, gli avi avevano tramandato da tempi immemorabili, chiedendosi se il culto beneventano sia ascrivibile a 42 non faceva che riflettere queste immagini naturali, il quelli della fertilità o a quelli venatori, ritiene più pro- 4. Albero sacro raffigurato sulla facciata dell’Abbazia di Pomposa, fondata in epoca longobarda (Comune di Codigoro, Ferrara) nia San Bonifacio, arcivescovo di Magonza del 727 il culto degli alberi e delle fonti25. e grande evangelizzatore, fece atterrare, nel L’editto mostra che ancora nell’VIII secolo primo VIII secolo, la quercia Geismar consa- erano ben vivi presso i Longobardi aspetti crata a Thor. del loro atavico paganesimo, una religione Gli antropologi culturali hanno precisato peraltro composita che serbava elementi più la diversità, anche legata a sviluppi nel tem- antichi, legati alla terra e alla fertilità (cioè po, di alberi venerati per sé, dotati di un’a- alla dea Frea) accanto ad altri più nuovi, nima (concezione animistica) e alberi sacri adottati con la migrazione, di inclinazione perché legati ad una certa divinità. Ma è un guerriera (Odino)26. Tali persistenze pagane problema complesso che possiamo in que- possono apparire strane in un popolo che sta sede accantonare. formalmente già nel V secolo, quando era Nel Regno longobardo fu Liutprando, stanziato in Pannonia come federato di Bi- convinto cattolico, che insieme alla divina- sanzio, aveva avviato la sua conversione al zione ed agli incantesimi proibì con editto cristianesimo ariano e poi, a fine VII seco-

babile le seconda ipotesi, ma certezze in merito non aruspiciis aut qualibuscumque responsis ad ipsis ac- vi sono. Nel silenzio delle fonti attendibili rimane in cipiendis ambolaverit, conponat in sagro palatio me- realtà dubbio se si trattasse di una quercia (albero sa- dietatem pretii sui, sicut adpretiatus fuerit, tamquam cro a Thor-Donar, in relazione con la fertilità e con si eum aliquis occisissit, et insuper agat penitentiam la caccia) o di un noce (in riferimento ad Odino, con secundum canonum instituta. Simili modo et qui caratteri guerrieri). Ibid., p. 75. ad arbore quam rustici sanctivum vocant, atque ad 25 La pena prevista era cospicua, giacché era fissa- fontanas adoraverit, aut sagrilegium vel incantationis ta addirittura nella metà del guidrigildo del reo. Cfr. fecerit, similiter mediaetatem pretii sui conponat in Monumenta Germaniae Historica, Legum tomus IV, ed. sagro palatio (…)”. G.H. Pertz, Hannoverae 1868, pp. 141-142: “Si quis 26 Cfr. Gasparri, La cultura tradizionale cit., pp. 11- timoris Dei immemor ad ariolus aut ad ariolas pro 40. 43 lo, sotto Cuniperto, si era convertito al cat- rio del paganesimo”30. Il bosco era il luogo tolicesimo. Stefano Gasparri, nel suo libro in cui si aggiravano demoni, mostri, orchi, fondamentale per comprendere la cultura uomini selvaggi, indefiniti orrori che asse- longobarda, ritiene che in realtà tali aspetti diavano e minacciavano l’ordine del mondo pagani fossero tutt’altro che mero folklore civile. L’homo silvester, bestiale e feroce, era il residuo, ma costituissero un forte fattore tipico nemico del buon cavaliere cristiano, di coesione sociale27. Solo Liutprando ini- come la foresta nel suo insieme era la ne- ziò a perseguire una coerente azione volta mica della civiltà31. I riti legati agli alberi e a sradicare l’ancestrale retaggio tribale e le ai boschi, nonché il rispettoso timore sacro pratiche pagane e, su impulso sovrano, si as- di essi, erano il retaggio di un mondo arcai- siste ad una fioritura del cristianesimo, con co remotissimo, oscuro, necessariamente fondazione di chiese e monasteri28. Secondo inviso alla razionalità civile perché luogo di Gasparri ciò si lega all’emergere di un nuo- valori, abitudini, stili di vita troppo diversi vo ceto aristocratico di possessores terrieri, in e inconciliabili. Come la civiltà urbana do- luogo dei vecchi ranghi militari legati alla vette conquistarsi a spese dei boschi il pro- struttura tradizionale del popolo-esercito29. prio spazio fisico (per gli edifici, le strade, Un momento di svolta che collegò uno sta- i campi coltivati), così la religione da essa tus sociale privilegiato, e nuove forme di co- propugnata dovette combattere i vecchi ra- esione, alla confessione cattolica, relegando dicati culti pagani della vegetazione. – come fin allora non era – ai ceti subalterni Ma nonostante tutti i divieti, feste dall’i- i lignaggi e le residue strutture tradizionali. nequivocabile ascendenza pagana continua- Al di là delle implicazioni politico-so- rono ad avere luogo, anche in Toscana, per ciali, la tesi di Gasparri di forti persistenze tutto il medio evo e oltre, come nel caso di pagane ancora nel VIII secolo appare avva- quella dell’albero del Maggio, che ancora lorata dal fatto che i Sassoni (il popolo ger- a metà Settecento si svolgeva sull’Amiata manico, come dicevamo, più simile ai Lon- (a Piancastagnaio)32 con tratti molto simili gobardi) ancora nel 785, quando fu stipulata a quelli descritti da Frazer in Germania, in la Capitulatio de partibus Saxoniae, imposta Svezia e in Inghilterra33. ad essi da Carlo Magno, ancora praticavano E chissà quante credenze popolari o pra- culti degli alberi e delle fonti. Questi furono tiche magico-religiose legate agli alberi si severamente proibiti dal sovrano franco, ma sono perpetuate per secoli nelle campagne34. sin allora presso i Sassoni erano fortemente Potremmo limitarci a rammentare come fino diffusi in ogni strato sociale. a ieri il Natale fosse indicato dai contadini L’offensiva cristiana verso le foreste eu- toscani come il Ceppo: il nome deriva da ropee, i boschi sacri e connessi culti paga- un’antica tradizione propiziatoria – contro ni assunse nei secoli centrali del Medioevo, la quale già nel Medioevo inveivano i pre- secondo Fernández-Armesto, i caratteri di dicatori – che voleva che la vigilia di Natale “un’impresa coloniale su una frontiera quasi si ponesse un ceppo d’albero nel focolare, ancora inesplorata (…), una sorta di recon- con addobbi, dopodiché si accendeva ed il quista, che reclamava a Dio parte del territo- capofamiglia vi spruzzava con la bocca del

27 Ibid., p. 8. (secoli XIII-XV). Profilo di una cultura comunitaria, Siena 28 Ibid., p. 131. 2015, pp. 327-330. 29 Ivi. 33 Cfr. Frazer, Il ramo d’oro cit., pp. 151, 154, 163, 30 F. Fernández-Armesto, La nascita delle civiltà. La 167. Si veda anche C. Agarotti, L’albero di maggio: da storia avventurosa dei rapporti tra uomo e ambiente, trad. rito precristiano a tradizione popolare, in Aa. Vv., La rura- it., Milano-Torino 2010, p. 134. lità e il territorio, Brescia 1994,pp. 139-155. La festa del 31 Ibid., pp. 132-134. maggio è attestata dal Duecento in Sassonia (Gaspar- 32 Ne ho trattato in altra sede in riferimento allo ri, La cultura tradizionale cit., p. 80). statuto pianese di primo Quattrocento ed alla rela- 34 Si veda l’interessante ricerca di V. Dini, Il potere zione settecentesca di Giovanni Antonio Pecci. Cfr. delle antiche Madri. Fecondità e culti delle acque nella cultu- 44 A. Dani, Gli statuti dei Comuni della Repubblica di Siena ra subalterna toscana, Torino 1980. 5. Pieter Bruegel il Giovane, Danza attorno l’albero del Maggio (Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, Innsbruck) vino, a beneficio dei futuri raccolti, della tini37. Tra quelle più risalenti si ricordano il salute del bestiame e di tutta la famiglia35. Leccio delle Ripe a Piancastagnaio (legato a Come riferisce Giuseppe Cocchiara, ancora memorie francescane) e il Faggio Santo di nel Novecento in Italia “non è scomparso Vallombrosa. In vari casi ‘reliquie’ di alberi l’uso di celebrare le nozze davanti a un al- santi si conservano in santuari, come quello bero”, da mettere probabilmente in relazio- della Madonna della Querce a Lucignano, ne con antichi riti propiziatori della fertilità quello del Frassine in Val di Cornia (anch’es- della donna36. so legato alla Madonna)38. Grandi alberi circondati dalla leggenda Lo storico ovviamente deve dire quello ed in odore di prodigiosità sono numero- che emerge in modo certo dalle fonti, o che si nella stessa religiosità popolare cristiana, da esse si può ragionevolmente dedurre, ma non priva di tratti sincretistici e per la To- a volte occorrerebbe ammettere che quello scana molte documentate attestazioni sono che non si sa (come in questa materia) è state raccolte in un volume da Giorgio Ba- molto.

35 Sul ceppo si veda A. Cattabiani, Florario. Miti, co nelle Alpi, Milano 1989, pp. 154-155. Sugli aspetti leggende e simboli di fiori e piante, Milano 2012, pp. 306- sincretistici della religiosità popolare pre-moderna si 307, nonché R. Davidsohn, Storia di Firenze, trad. it., vedano anche M. Riemschneider, Dei pagani in veste IV/3, Firenze 1962, p. 553. cristiana: i santi delle campagne, in “Conoscenza religio- 36 Cfr. Cocchiara, Il paese di Cuccagna cit., p. 81. sa”, 3 (1972), pp. 226-233; A.M. Di Nola, Gli aspetti 37 G. Batini, Gli alberi della fede in Toscana. Prodigi, magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Torino miracoli, leggende e folklore, Firenze 1998. 1976; J.-C. Schmitt, Religione, folklore e società nell’Occi- 38 Più evidenti e ben documentate sono le remini- dente medievale, trad. it., Roma-Bari 1988; R. Brooke, scenze pagane – ma qui diabolizzate – sulle montagne C. Brooke, La religione popolare nell’Europa medievale del Trentino, come nell’essere silvestre del Salvan, ri- (1000-1300), trad. it, Bologna 1989; P. Brown, Il culto prodotto nel Museo ladino della Val di Fassa. Cfr. M. dei santi, trad. it., Torino 1983. Centini, Il Sapiente del Bosco. Il mito dell’Uomo Selvati- 45 Probabilmente qualcosa di importante, Altri hanno indicato come retaggio cultura- dal punto di vista antropologico-culturale, le anti-ecologico quello indoeuropeo, legato è andato perduto con la cristianizzazione. ai popoli bellicosi e patriarcali che tra III e Con questo, certo, non si può idealizzare II millennio a.C. migrarono da est nei terri- troppo l’antico rapporto magico-religioso tori europei. Il loro atavico rapporto con la tra gli uomini e gli alberi, che non esclude- natura ostile delle steppe asiatiche li avreb- va, come presso certe tribù celtiche e ger- be predisposti, oltre che a precoci progressi maniche, sacrifici umani e punizioni anche tecnici, ad un atteggiamento poco rispetto- particolarmente cruente39. In tali concezio- so dell’ambiente naturale. Ma a ben vedere ni poi, com’è stato osservato, mancava un non si può dire che in estremo oriente o in sentimento della natura di tipo attuale e vi altri continenti si siano manifestate e oggi si era connesso, piuttosto, un timore, come di manifestino sensibilità ecologiche maggiori fronte ad ogni aspetto magico dell’esistenza che in Occidente, nonostante concezioni collocato al di fuori della comprensione ra- religiose diverse dalla nostra. È forse allo- zionale40. Si tratta di un mondo da noi lon- ra lo sviluppo civile ed economico in sé, il tanissimo e, pur se non va dimenticato, non progresso materiale stesso, a portarsi dietro, c’è bisogno di riesumarlo, magari in forme come un’ombra inquietante, conseguenze ingenue o tragiche, come avvenne con il nefaste per l’ambiente? neo-paganesimo nazista (l’albero dell’Irmin- Anche le vicende della grande rinascita sul fu adottato a simbolo della Ahnenerbe, urbana medievale alimentano tale dubbio. l’associazione di ricerca storico-archeologica delle SS fondata da Himmler). 3. Rinascita urbana basso-medievale e defore- Pure si è spesso riflettuto su come la con- stazione cezione giudaico-cristiana, che pone l’uo- mo padrone della natura, di tutto il mondo Se l’alto Medioevo conobbe un trionfo vegetale e animale, in una visione religiosa del bosco ovunque in Europa (quello delle tra le più antropocentriche, abbia finito per fiabe raccolte dai fratelli Grimm), dal nuo- giustificare uno sfruttamento eccessivo delle vo millennio il rinascere della civiltà urbana risorse naturali. Il Dio della Genesi (I, 26) condusse di nuovo nella direzione in cui sancisce il dominio dell’uomo su tutti gli già risolutamente si era inoltrato il mondo animali e molti altri luoghi biblici ribadisco- romano: intensificazione dell’agricoltura, no l’assoluta disponibilità del creato. Così il dissodamenti e disboscamenti anche per le Cristianesimo è stato da taluni visto come la necessità delle manifatture e delle miniere, radice storica della crisi ecologica contem- oltre che dell’edilizia. Un vero ricorso sto- poranea41. Ma, a parte il fatto che la disponi- rico. bilità non esclude una responsabilità per cat- Talora la produzione di legname andò tivo uso, il Cristianesimo ha espresso anche a costituire la principale risorsa economica un messaggio di fratellanza dell’uomo verso di intere comunità42. Bosco come fonte di le altre creature (pensiamo a San Francesco). legname (da costruzione, per utensili, da

39 Come quella, riferita da Frazer, che presso i Ger- mette in discussione la testimonianza di Marco An- mani colpiva chi avesse decorticato un albero sacro: neo Lucano († 65 d.C.), Pharsalia, III, 399-424, che dopo il taglio dell’ombelico, il malcapitato veniva parla di alberi consacrati con sangue umano, ma in fatto girare più volte attorno alla pianta finché le sue effetti non senza contraddizioni. viscere non fossero completamente avvolte al tronco. 40 Cfr. Delort, Walter, Storia dell’ambiente europeo Cfr. Frazer, Il ramo d’oro cit., p. 140. Eviscerazione e cit., pp. 61-62. decapitazione erano contemplati ancora nella Germa- 41 Cfr. L. White, The Historical Root of Our Ecologic nia del Due-Trecento, come riferisce G. Heine, Ökol- Crisis, in “Science”, 155 (1967), pp. 1203-1207. ogie und Recht in historischer Sicht, in Ökologische Probleme 42 Cfr. G. Cherubini, Il bosco in Italia tra XIII e XVI in kulturellen Wanderl, hrsg. H. Lübbe, E. Ströker, Pa- secolo, in L’uomo e la foresta, secc. XIII-XVIII. Atti del- derborn 1986, p. 122. Sulla questione, dibattuta, dei la ventisettesima settimana di studi, 8-13 maggio 1995, a sacrifici umani presso i Celti cfr. Riemschneider, La cura di S. Cavaciocchi, Firenze 1996, p. 358. 46 religione dei Celti cit., pp. 127-128, 130-131, in cui si ardere), ma anche luogo di pascolo brado, di caccia, di raccolta di frutti spontanei e miele, di innumerevoli sostanze impiegate nell’agricoltura, nell’allevamento, nell’artigianato e nella farmacopea. Non mancavano, al di là delle denominazioni generiche come sal- tus, silva, nemus, buscus, foresta, lucus, termini specifici che richiamavano l’utilità percepita dall’uomo: ad es. silva glandifera, cedua, palaria, fructi- fera ecc. Spunti fondamentali veni- vano in tal senso dal diritto roma- no43. Come hanno osservato Bruno Andreolli e Massimo Montanari, “quella medievale si delinea (…) come una civiltà dell’albero: utiliz- zato in forma capillare per moltepli- ci e svariati usi esso è veramente (…) un personaggio di primo piano nella società del tempo”44. Se scarsi sono, nelle fonti stori- che, i dati riferibili ad una coscien- 6. Suini al pascolo brado nel bosco. Da Les Très Riches Heures du Duc de Berry, codice miniato di primo Quattrocento dei Fratelli Limbourg commissionato za ecologica del bosco, possiamo dal duca Jean de Berry (Musée Condé, Chantilly) ben concordare che ciò fosse dovu- to alla piena immersione dell’uomo lium commodorum del bolognese Pietro de’ nel mondo naturale, e dunque all’assenza Crescenzi attesta una concezione in fondo di quella lontananza materiale e culturale molto utilitaristica del bosco e, se pur certo alla base delle riflessioni ecologiche odier- emergono aspetti di tutela, essi sembrano da ne. Molto sfugge alle fonti perché ritenuto mettere in relazione allo stato ormai preca- ovvio o non rilevante. Ed anche la scienza rio di molte selve47. giuridica dei Glossatori tra XII e XIII secolo La tendenza alla contrazione boschiva e poi dei Commentatori tra XIV e XV non seguì a ritmo serrato la crescita demografi- offrì particolari contributi alla materia dei ca, costante dal Mille fino a fine Duecento boschi, perché, come già abbiamo accen- – primo Trecento. Nei dintorni di Siena fu- nato, nel diritto romano la disciplina può rono sottoposte a sfruttamento agricolo an- ritenersi abbastanza esigua45. che terreni fragili argillosi, come nelle Crete Con il tempo – e il pieno rinascere della (già fondali marini nel Pliocene) favorendo- civiltà urbana – andò comunque offuscan- ne l’ulteriore irreversibile deterioramento e dosi quel senso del sacro e di timore che consegnandoci, per usare parole di Mario aleggiava sulle immense foreste altome- Luzi, una “terra senza dolcezza d’alberi”48, e dievali46. Nel primo Trecento il Liber rura- tuttavia con un suo potente fascino, paesag-

43 Cfr. Trifone, Storia del diritto forestale cit. pp. 18- quotidiana: eremiti, streghe, banditi. Cfr. J. Le Goff, Il 22. meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, trad. 44 B. Andreolli, M. Montanari, Prefazione, in Il it., Roma-Bari 1983, pp. 23-44. bosco nel medioevo, a cura degli stessi, Bologna 1995 (II 47 Sull’opera del Crescenzi cfr. J.-L. Gaulin, Tra ed.), p. 8. silvaticus e domesticus: il bosco nella trattatistica medievale, 45 Cfr. Trifone, Storia del diritto forestale, pp. 30-34. in Il bosco nel Medioevo cit., pp. 68-78. 46 Popolate da esseri immaginari come anche da 48 “La terra senza dolcezza d’alberi, la terra arida/ soggetti che comunque trascendevano l’ordinarietà che rompe sotto Siena il suo mareggiare morto/ e in- 47 7. Paesaggio delle Crete senesi presso Asciano

gio metafisico in bilico ai confini del tempo. recupero del bosco e dell’incolto (così come Tra XII e XIV secolo si registrò anche della pastorizia) rispetto ai terreni coltivati. un consistente fenomeno di riduzione dei La peste fu senza dubbio un drammaticis- beni comuni, cioè terreni, boschi e pascoli simo fattore di riequilibrio tra popolazione di utilizzo comunitario, con “privatizzazio- e risorse naturali, tra metà Trecento e metà ne” degli stessi, una tendenza che proseguirà Settecento, quando fu debellata. In tempi per tutta l’età moderna e troverà una decisi- diversi a seconda dei casi sarà in epoca mo- va accelerazione con le politiche liberiste tra derna, anche molto tarda, che saranno re- Sette e Ottocento. cuperati i livelli demografici tardo-duecente- Ma prima di queste ultime, fino al tardo schi. Ma come ha notato Giovanni Cherubi- Settecento, in molte situazioni si manten- ni, i guasti dei secoli XI-XIII spesso furono ne un certo equilibrio tra proprietà privata, risanati solo marginalmente, e la nuova ri- beni comunali e beni di utilizzo collettivo, presa di dissodamenti e disboscamenti nel specie nei centri minori lontani dalle mag- Cinquecento andò dunque ad innestarsi su giori città. Assetti fondiari che a loro volta situazioni non di rado già profondamente rispecchiavano diversità anche profonde alterate50. Necessità alimentari condussero nelle istituzioni locali ed erano alla base anche alla sostituzione di castagneti sponta- stessa di una evidente multiformità paesag- nei o altre tipologie arboree con castagneti gistica, giunta in parte fino ad oggi, come da frutto. L’abete, specie sugli Appennini, un osservatore consapevole può cogliere di- fu spesso privilegiato a scapito di preesisten- rettamente49. ti faggete, anche su impulso di monasteri A metà Trecento l’ecatombe della Peste come quelli di Camaldoli e Vallombrosa51. nera, con le sue successive periodiche recru- Tutto ciò è indispensabile per capire la descenze, segnò una battuta d’arresto epo- diversità di normativa nei vari periodi sto- cale dell’urbanizzazione e del numero di rici, come essenziale per comprendere la abitanti: condizioni ottimali per un parziale sorprendente varietà di regole e soluzioni

cresta in lontananza/ (inganno o verità/ miraggio o 49 Un ampio quadro su questi temi offre M. Asche- evidenza -/ insidia a lungo la mente/ una tortura di ri, La Toscana-paesaggio: esito di un millenario travaglio dilemma)/ sperdute torri, sperdute rocche/ è un luogo istituzionale, in Il paesaggio toscano. L’opera dell’uomo e non posseduto dal senso, una plaga diversa/ che lascia la nascita di un mito, a cura di L. Bonelli Conenna, A. transitare i pensieri/ però non li trattiene, non opera Brilli, G. Cantelli, Siena 2004, pp. 163-199. come ricordo, ma come ansia./…….” (M. Luzi, Al fuo- 50 Cherubini, Il bosco in Italia cit., p. 360. 48 co della controversia, 1978). 51 Ibid., pp. 362-363. 8. Bosco presso Iesa gestionali è la sfera di ‘autonomia’ norma- comunitari oppure vincolati da destinazioni tiva di cui hanno goduto per secoli, fino d’uso e limitati in vario modo a favore della all’Ottocento, città, castelli e villaggi, di cui collettività52. rappresentano la massima espressione gli A prescindere dall’esatta qualificazione, statuti comunali. Al diritto locale si ricono- si tratta quindi di beni e diritti in senso pie- sceva ovunque, tra XIII e XVIII secolo (età no ‘comunitari’, sorti, esercitati e tutelati da tanto del diritto comune, quanto di quello regole giuridiche entro ‘il campo di gravità’, particolare), il potere di prevalere sul diritto cioè lo spazio vitale umanizzato, di precise comune (che pur manteneva una funzione comunità territoriali, da tenere distinti dai sussidiaria-interpretativa). beni comuni fruibili da tutti indistintamen- Agli statuti antichi dobbiamo rivolgerci te. Si tratta di quelli che oggi vengono indi- anche per comprendere il mondo sfuggente, cati in genere come beni di uso civico, usi ma di enorme significato storico, dei beni civici (termine questo attestato dal Seicen- comunitari. to53), più propriamente “demani civici”. La proprietà di sovrani, feudatari o di 4. I beni comunali-comunitari (o beni di uso Repubbliche cittadine costituiva qualcosa di civico) e la normativa granducale diverso da ciò che noi oggi indichiamo con Quando si parla di ‘beni comuni’ nel demanio dello Stato, in primo luogo perché Medioevo ed in età moderna dobbiamo poteva trattarsi di un dominium non pieno, intendere non solo (e non tanto) beni di anche limitato a certe utilità del territorio. proprietà collettiva in senso stretto, ma an- Un principio di diritto feudale voleva riser- che beni pubblici o privati gravati da diritti vati al dominus titolare della giurisdizione su-

52 Si concepì anche un’appartenenza degli alberi bardi, in cui si fa riferimento ad una separata proprietà separata da quella del suolo, una scomposizione del degli alberi sono indicati in A. Pertile, Storia del diritto bene in ragione delle varie utilità che concretamente italiano dalla caduta dell’Impero romano alla codificazione, offriva all’uomo: pascolo brado, legname da ardere, IV, rist. anast. Bologna 1966, p. 211. legname da costruzione, caccia, frutti spontanei etc. 53 S. Barbacetto, Servitù di pascolo, civicus usus e Cfr. F. Maroi, La proprietà degli alberi separata da quella beni comuni nell’opera di Giovanni Battista De Luca († del fondo, in Scritti giuridici, I, Milano 1956, pp. 51-77; 1683), Cosa apprendere dalla proprietà collettiva. La con- C. Giardina, La così detta proprietà degli alberi separata suetudine fra tradizione e modernità, Atti della VIII Ri- da quella del suolo in Italia, in Storia del diritto, II, Paler- unione Scientifica (Trento, 14-15 novembre 2002), a mo 1965, pp. 139-334. Vari documenti, anche longo- cura di P. Nervi, Padova 2003, pp. 278-281. 49 periore i pascoli, le acque, i boschi eccedenti ramento del prezioso patrimonio arboreo, il fabbisogno delle comunità soggette54. lo statuto detta ferree e puntigliose norme a Nelle campagne lombarde Menant ha tutela di quest’ultimo. indicato approssimativamente nella divisio- Nella rubrica De conservando silvas Comu- ne dei comunia (boschi e pascoli) tra signo- nis in bono statu60 si impone al Podestà di vi- ri e comunità un rapporto rispettivamente gilare attentamente affinché i boschi comu- di uno a tre55. Ma la questione è, in realtà, nali non siano danneggiati, né tantomeno complessa ed assai diversificata, dipendendo ridotti a terreni coltivati, sotto pena di 25 molto dalla forza delle parti e dalle necessità lire per i trasgressori. Il Podestà era tenuto contingenti. Una città dominante poteva es- all’inizio del suo periodo di carica semestra- sere ben più esigente di un signore locale o le ad indagare accuratamente applicando le di un sovrano lontano. pene previste. Il Comune affiancava al Po- I capitoli di assoggettamento di Pianca- destà, per tale compito, tre guardie la cui stagnaio a Siena di primo Quattrocento, ad relazione faceva piena prova. esempio, riservavano alla città dominante Chi tagliava alberi fruttiferi (peri, meli, il taglio di abeti atti alla costruzione di navi ma anche querce ghiandifere) nella Selva nella pregiata selva del Pigelleto56. Ma tal- delle Chiane cadeva in pena di 10 lire per al- volta Siena adoperò, come a Prata a fine bero e 40 soldi per ramo61. Ma se si trattava Quattrocento, al tempo della signoria di di un forestiero o di un soggetto colpito da Pandolfo Petrucci, le maniere forti per spo- bando la pena saliva a 100 lire e se non pa- gliare le comunità dei boschi con la finalità gava la pena entro 10 giorni era passibile del di alimentare i forni siderurgici di Boccheg- taglio di un piede. A titolo di confronto, lo giano57. stesso statuto prevedeva 100 lire di pena per In molti casi tuttavia le comunità locali, la violenza sessuale su donna vergine non sia soggette a signori che a città dominanti, sposata (se sposata saliva a 200). mantennero propri boschi e pascoli, anche Per un’altra rubrica62, chi anche solo fos- estesi, non solo per tutto il medioevo, ma se trovato in boschi comunali con arnesi da anche in età moderna, fino all’epoca delle taglio era multato in 20 soldi, se forestiero grandi privatizzazioni58. in 25 lire. Sono presenti, ma ben circoscritti, an- Per quanto invece riguarda gli statuti, che usi civici di legnatico, limitati ad arbusti possiamo seguire brevemente una normati- (come vitalbe) e particolari alberi di minor va locale attraverso lo statuto di Montepul- pregio (acero, carpino), a beneficio degli ciano del 1337: si tratta di una delle norma- uomini del luogo. Per gli altri occorreva co- tive comunali antiche più dettagliate giunte munque un’apposita licenza scritta da parte a noi dal territorio toscano. delle autorità comunali63. Per i forestieri era Lo statuto, assai consistente, dedica una invece proibito ogni sorta di taglio, come dozzina di rubriche (capitula silvarum) alla era tassativamente proibito portare legname tutela dei vari boschi comunali59. Forse a delle selve comunali fuori del distretto co- seguito di abusi e nel timore di un depaupe- munale, sotto severe pene64.

54 Cfr. G.B. De Luca, Theatrum veritatis et iustitiae, 58 In proposito sia consentito rinviare alla sinte- IV, Venetiis 1714, disc. 36, n. 4, p. 57. si proposta nel mio volumetto Le risorse naturali come 55 Cfr. F. Menant, Campagnes lombardes du Moyen beni comuni, Arcidosso 2013. Age. L’économie et la société rurales dans la region de Berga- 59 Cfr. Statuto del Comune di Montepulciano (1337), me, de Crémone et de Brescia du Xe au XIIIe siècle, Rome a cura di U. Morandi, Firenze 1966, pp. 242-249, III 1993, pp. 205-225. dist., rubrr. 120-131. 56 Cfr. Il Comune medievale di Piancastagnaio e i suoi 60 Ibid., p. 242, III dist., rubr. 120. statuti, a cura di A. Dani, Siena 1996, p. XVIII. 61 Ibid., pp. 242-243, III dist., rubr. 121. 57 M. Borracelli, Appropriazioni autoritarie di boschi 62 Ibid., pp. 243-244, III dist., rubr. 122. di comunità montane e siderurgia senese in espansione. Un 63 Ibid., p. 244, III dist., rubr. 123. 50 caso significativo, in L’uomo e la foresta cit., pp. 1069-1084. 64 Ibid., p. 247, III dist., rubr. 125. Chi portava legname della selva delle L’ambito giuridico-istituzionale locale Chiane fuori del distretto comunale era pas- può considerarsi la chiave di volta che ha sibile di una pena di 100 lire, oltre al seque- consentito la lunga sopravvivenza dei beni stro del maltolto, del carro e degli animali comuni nelle età medievale e moderna e da traino. La stessa pena era prevista per il questo concorda con quanto ha rilevato Eli- forestiero, ma se questo non pagava entro nor Ostrom in un vasto contesto69. tre giorni incorreva nell’amputazione di un L’economista americana ha infatti in- piede65. dividuato le condizioni necessarie per una Il legname illegalmente tagliato andava buona e longeva gestione comunitaria del- restituito al Comune portandolo sulla piaz- le risorse nei seguenti elementi: chiara de- za principale del paese, di modo che ognu- finizione dei soggetti fruitori (dunque cir- no potesse vedere (III, 129) ed era esclusa coscrizione della comunità titolare) e delle ogni possibilità di commercio (III, 130). modalità d’uso; rispondenza delle regole di appropriazione alle condizioni locali; par- Il diritto di far legna era normalmente at- tecipazione ampia alla gestione ed alla de- tribuito ai membri, originari o acquisiti, del- terminazione delle regole; controllo attento la comunità ed era precluso per i forestieri, delle condizioni di utilizzo; presenza di un salvo particolare autorizzazione. Ad esem- sistema di sanzioni; presenza di mezzi rapi- pio, si legge nello statuto di Montepescali: di, efficienti ed economici, a livello locale, “Senza licenzia de’ Priori et del Consiglio, per la risoluzione della controversie; possi- neuno forestiere tagli legna ne la corte di bilità di auto-regolamentazione senza inge- Montepescali per portarle fuore d’essa cor- renze esterne. In buona parte questi criteri, te, a la pena di soldi vinti di denari per ogni oggi per la prima volta scientificamente in- soma et per ogni volta”66. dividuati, trovano riscontro nell’esperienza Ma altri statuti sono più dettagliati, spe- storica delle nostre comunità. cie dove erano presenti boschi di pregio, La dimensione locale, del legame uo- come sulle pendici del Monta Amiata. Ad mo-territorio, fu spesso importante per pre- Abbadia San Salvatore (per lo statuto quat- servare le risorse naturali. Ma l’esperienza trocentesco) si faceva una chiara distinzione storica insegna anche, credo, che questo am- tra il legname di pregio da costruzione e la bito amministrativo-gestionale locale debba legna da ardere. Mentre quest’ultima poteva essere integrato da un livello superiore, più essere liberamente presa dai paesani nelle ampio. A quest’ultimo spetta di presidiare selve comunali, per tagliare alberi adatti a ri- il corretto funzionamento dell’istituzione cavare travi e correnti occorreva apposita li- locale da prevaricazioni interne o esterne, cenza del Consiglio Generale67. Anche nella di risolvere controversie tra comunità locali, vicina Arcidosso, per lo statuto del 1550, era di armonizzare il ‘bene comune’ locale con richiesta la licenza del Consiglio Generale il ‘bene comune’ più ampio, evitando ad per il taglio nelle selve comunali delle Vie- esempio eccessivi ed ingiustificati privilegi, pri, ma mentre per i paesani il limite sembra o la sottrazione ad oneri legittimi. valesse solo per il legname “di castagno o L’utilizzo collettivo del legname in seno d’altro arboro domestico”, per i forestieri vi- alle comunità dette anche luogo talora ad ir- geva un divieto assoluto68. regolarità ed abusi, talvolta con grave danno

65 Ivi. veda inoltre il contributo di F. Salvestrini, Law, Forest 66 Statuti del Comune di Montepescali (1427), a cura di Resources and Management of Territory in the Late Middle I. Imberciadori, Siena 1938, p. 87 (III dist., rubr. 119). Ages: Woodlands in Tuscan Municipal Statutes, in Forest 67 Abbadia San Salvatore. Una comunità autonoma History: International Studies on Socio-economic and Fo- nella Repubblica di Siena, a cura di M. Ascheri, F. Man- rest Ecosystem Change, ed. M. Agnoletti, S. Anderson, cuso, Siena 1994, p. 255, V dist., rubr. 9. Oxon-New York 2000, pp. 279-288. 68 Archivio di Stato di Siena, Statuti dello Stato, 6, 69 E. Ostrom, Governare i beni collettivi, trad. it., Ve- IV dist., rubrr. 9, 11, f. 75rv. Sul bosco negli statuti si nezia 2006 (I ed. 1990), pp. 134-150. 51 ecologico, come attesta un’abbondante do- Emblematico del potere di ingerenza cumentazione70 e come già da tempo è stato delle autorità centrali nella gestione del pa- rilevato dalla storiografia71. trimonio boschivo delle comunità è il caso Nella Toscana medicea numerosi bandi di Rapolano di primo Settecento, illustra- furono emanati per limitare il taglio sull’Ap- to da una relazione a sentenza del 1717 di pennino, nel Mugello, in Val d’Arno, sulla Giuseppe Lorenzo Maria Casaregi, al tempo montagna pistoiese, nel Pisano, nel Livorne- membro della Rota senese. Esso riguardò se. Giovanni Cascio Pratilli e Luigi Zanghe- l’allivellazione per rescritto del Governato- ri nel loro importante lavoro La legislazione re di Siena (in forza dei poteri attribuitigli medicea sull’ambiente, pubblicato da Olschki dal sovrano), previo parere informale del in tre volumi tra il 1994 e il 1995, hanno Provveditore dei Quattro Conservatori, di un censito tra il 1559 e il 1736 una cinquantina bosco della Comunità di Rapolano grave- di bandi (vari sono comunque rinnovazioni mente danneggiato dall’utilizzo collettivo di precedenti)72, che attestano da un lato la dei paesani, che vi tagliavano legna in modo volontà di porre un freno a tagli indiscrimi- indiscriminato. Questi ultimi si erano ri- nati, ma anche quella di garantire l’approv- volti al Granduca reclamando l’illegittimità vigionamento di legname alle ‘magone’, i dell’allivellazione (che prevedeva comun- forni siderurgici granducali, e per rifornire que l’obbligo per il privato di piantare nuo- adeguatamente Firenze. Ad esempio, un vi alberi), lamentando che l’allivellazione bando limitativo del taglio del 29 novem- era stata concessa senza neanche sentire il bre 1575 fu emanato “considerando il Se- loro parere. La sentenza del Casaregi, pur ri- renissimo Gran Duca di Toscana di quanta levando che il Sovrano non era proprietario importanza sieno all’uso humano i legnami dei beni delle Comunità e dei suoi sudditi, da ardere, et volendo Sua Altezza con ogni riconobbe la legittimità dell’atto compiuto opportuno rimedio rendere più abondante dal Governatore (convalidato dal Grandu- che sia possibile la sua Città di Fiorenza, et ca), considerando che il parere degli uomini ovviare così alli danni che ordinariamente si di Rapolano non era necessario, non sapen- fanno nelle selve et luoghi copiosi di simili do essi badare ai propri interessi74. legnami, come anco alla ingordigia, et avidi- Luca Mannori ha messo in luce come tà del guadagno, che causa che li proprii pa- questa ‘intromissione’ del centro si richia- droni tagliono dette selve innanzi che sieno masse esplicitamente allo schema del rap- in perfettione”73. porto tutorio75. Se il Principe poteva no- Nella piena e tarda età moderna si mol- minare tutori e curatori degli incapaci di tiplicano anche e soprattutto gli interventi intendere e di volere, poteva farlo anche delle magistrature tutorie: Quattro e Nove nei confronti di quelle persone giuridiche, Conservatori in Toscana, Sacra Consulta come le Comunità, che, governate da per- e Congregazione del Buon Governo nello sone di basso lignaggio ed ignoranti, non Stato della Chiesa e magistrature simili negli sapevano riconoscere e garantire il bene altri Stati. comune. Così un argomento utilizzato dai

70 Per il territorio senese di età moderna, ma con nezian, Reliquie della proprietà collettiva in Italia, in Id., cenni ad altre simili situazioni, rinvio al mio Usi civici Opere giuridiche, II: Studi sui diritti reali e sulle trascrizio- nello Stato di Siena di età medicea, Bologna 2003, pp. ni, le successioni, la famiglia, Roma 1920, p. 25). 363-367. 72 G. Cascio Pratilli, L. Zangheri, Legislazione me- 71 Cfr. G. Duby, L’economia rurale nell’Europa medie- dicea sull’ambiente, III: Indici, Firenze 1995, pp. 50-53. vale (Francia, Inghilterra, Impero - secoli IX-XV), trad. it., 73 Si tratta della Provisione sopra le legne da tagliarsi, Bari 1966, p. 224. Venezian, giurista attento conosci- edita in Cascio Pratilli, Zangheri, Legislazione medi- tore della nostra materia tra fine Ottocento e primo cea cit., pp. 172-175. Novecento, riteneva che “dove sono in vigore i diritti 74 G.L.M. Casaregi, Discursus legales de commercio, forestali di legnatico, di macchiatico, di boscheggio, i I, Venetiis 1740, disc. 99, pp. 300-301, nn. 54-72. tagli si eseguiscono dagli utenti a capriccio, secondo 75 L. Mannori, L’amministrazione del territorio nella porta il bisogno, secondo porta l’utilità del momento, Toscana granducale. Teoria e prassi fra antico regime e rifor- in stagioni inopportune, con metodi irrazionali... e si me, Firenze 1988, pp. 53-54. 52 giunge fatalmente alla distruzione del bosco” (G. Ve- giuristi medievali per giustificare la rappre- sfruttamento padronale, il pascolo dogana- sentanza degli amministratori comunali, le, la pressione fiscale del centro. veniva ora utilizzato per trasferire impor- Sembra dunque di poter individuare tanti prerogative ad organi centrali di con- come fattori limitativi degli utilizzi impro- trollo (come i Quattro Conservatori), con pri, oltre ovviamente al senso solidaristico una scissione tra capacità giuridica (che ri- comunitario, che costituisce sempre la con- mase in capo alle Comunità) e capacità di dizione principale, l’equilibrio tra dimensio- agire (avocata dal centro). ni del gruppo titolare e consistenza dei beni La sentenza enfatizza l’inettitudine, da naturali, l’assenza di interessi esterni con parte della Comunità, nel conservare e gesti- fini speculativi, la presenza di regole precise. re i propri beni. Nel primo Settecento molte Quando uno o più di questi elementi ven- Comunità, nel Senese come in varie altre gono meno si apre il rischio di una depaupe- aree italiane, erano ormai assai lontane, per razione delle risorse. cultura e per situazione economico-sociale, Se la lunga esperienza storica può inse- da quelle Comunità compatte e vitali che gnare qualcosa (almeno per non ripetere gli in passato avevano saputo custodire le loro errori del passato) è che gli alberi e i boschi risorse naturali, culturali ed istituzionali. Da sono entità biologiche che non possono molto tempo ormai, com’è testimoniato ridursi al loro valore di scambio, a logiche dalle fonti, le popolazioni del contado ave- puramente di mercato. Il valore di un bosco vano imparato, per far fronte alla miseria, non è certo solamente quello del legname l’arte dell’arrangiarsi. Ebbene, in questo sta- che contiene. Il bosco è uno stabilizzatore to di cose, dobbiamo forse considerare che idrogeologico, un produttore di ossigeno, un’istanza superiore, anche se paternalisti- l’habitat di innumerevoli specie animali e ca, di tutela poteva risultare un necessario vegetali (dunque fattore di biodiversità), un strumento per la conservazione dei boschi e equilibratore climatico, un elemento di va- delle risorse naturali in genere. lorizzazione del paesaggio e dunque di at- Dunque gli usi civici non sempre si ri- trazione turistica. Il valore di un bosco non velarono forme ottimali di conservazione è stimabile. Per i boschi e gli alberi può es- ambientale. Non si vuole, però, con questo servi solo una “proprietà speciale” (per usare generalizzare gli assunti della Tragedy of the l’espressione del Tamponi), che tenga conto Commons di Hardin, presentando gli utiliz- della loro tutela77. zi collettivi come necessariamente deleteri La gestione comunitaria locale, dove può per gli equilibri ecologici76. Occorre, anche contare su radicati valori di cura e amore per nel nostro caso, valutare bene quanta parte l’ambiente ed il territorio e su istituzioni lo- nell’utilizzo improprio si debba attribuire cali idonee ed efficienti, può rivelarsi pro- semplicemente alla forma comunitaria di ficua e l’esperienza storica dei beni di uso utilizzo in sé, e quanto, invece, non fosse civico può insegnare qualcosa78. Ma in al- dovuto alla presenza di altri fattori negati- tri casi è invece evidente che possa rendersi vi esterni e indipendenti dagli usi civici, ma assolutamente necessario l’intervento dello che con essi finivano per interagire, come lo Stato o di enti pubblici.

76 Cfr. G. Hardin, The Tragedy of Commons, in di diritto forestale e ambientale, Milano 2008; G. Cor- “Science”, 162 (1968), pp. 1243-1248. Tale saggio fu, rado, Principi di diritto forestale, ambientale, montano, com’è noto, all’origine di un vivo dibattito, in riferi- Roma 2012; Diritto forestale e ambientale: profili di dirit- mento soprattutto alla gestione delle risorse naturali to nazionale ed europeo, a cura di N. Ferrucci, Torino nei Paesi del Terzo Mondo. 2018. 77 Cfr. M. Tamponi, Una proprietà speciale. Lo statuto 78 Si vedano in tal senso le considerazioni di F. dei beni forestali, Padova 1983. Per un quadro del diritto Marinelli, Un’altra proprietà. Usi civici, assetti fondiari vigente si vedano A. Crosetti, N. Ferrucci, Manuale collettivi, beni comuni, Pisa 2015. 53 1. Pagina della Cronaca di Siena de Il Telegrafo del 13 maggio 1938 con l’articolo di Dino Corsi (Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena).

54 Siena d’Etiopia di Vito Zita

La tendenza a nominare una località co- enorme di persone che svolgono funzione loniale con il suffisso “nuovo/a” affiancato di conforto e vettovagliamento alle truppe. al nome della località italiana di riferimento, Questo determina enormi complicazioni risale già alla prima esperienza nelle terre del logistiche per i capi militari indigeni, dato Mar Rosso quando gli italiani sbarcarono ed che tali masse ostacolano la marcia dei sol- occuparono Massaua nel febbraio 1885. In- dati rallentandola e costituendo anche il fatti il primo che utilizzò questa pratica ha problema di rifornire di cibo ed acqua per un nome importante nella storia coloniale l’enorme massa dei familiari. Il che porta- italiana dato che ci si riferisce a Pietro To- va di conseguenza all’uso di un’altra pratica selli, allora capitano di Stato Maggiore e co- molto comune fra le popolazioni indigene: mandante dello Squadrone Esploratori Indi- la razzia del territorio per ricavarne i rifor- geni d’Africa, poi morto nel combattimento nimenti necessari. Con gli italiani, invece, del 7 dicembre 1895 ad Amba Alagi con il questo regime di cose è praticato in modo grado di maggiore, al comando del IV Batta- differente. Affinchè le famiglie dei nostri glione indigeni. Toselli va per la prima volta militari indigeni non causassero problemi in Africa nel 1888, partecipando nell’anno agli spostamenti dovuti dalle necessità del- seguente con i generali Baldissera e Orero la campagna militare in atto, viene presa la alla occupazione dell’altipiano di Asmara decisione di costruire dei campi famiglia che ed a ricognizioni nell’interno nella regione raccolgono tutto il nucleo familiare ed i pa- del Gheraltà al comando di uno Squadrone renti di ogni ascari in un villaggio costruito Esploratori, primo reparto di cavalleria co- secondo l’uso locale con dei tucul, edifici in loniale. Risale a quest’epoca la fondazione pietra a pianta rotonda e dal tetto troncoco- di Nuova Peveragno, il 16 novembre 1889, in nico in paglia, disposti secondo un colloca- onore della Peveragno in provincia di Cu- mento a pianta romana, ben distanziati fra neo che gli ha dato i natali per il quale il di loro in modo che ognuno avesse anche un capitano Toselli chiede ed ottiene dal gene- piccolo orto. Inoltre anche l’accampamento rale Baldissera di battezzare con quel nome militare stanziale delle truppe indigene in il campo dello Squadrone. Nato come vil- operazioni è costruito con lo stesso criterio, laggio destinato alle donne e ai bambini dei fermo restando che i campi utilizzati duran- suoi ascari eritrei, esso è situato nei pressi di te le soste o le tappe effettuate nelle marce Asmara e che con il tempo assume le dimen- o perlustrazioni del territorio possono esse- sioni di un piccolo villaggio aperto anche re costituiti da attendamenti utilizzando le alla popolazione civile delle terre adiacenti. apposite dotazioni in carico alle salmerie di La costituzione di un campo stanziale reparto trasportate su muletti. per i militari indigeni non deve meravigliare Questo primo evento sarà seguito, con e negli anni successivi diventa pratica comu- l’evolversi dell’esperienza coloniale soprat- ne costruire il campo famiglia nel quale riu- tutto durante e dopo la campagna di con- nire mogli e figli degli ascari reclutati rego- quista del 1935-36, da numerosi altri esem- larmente nel Regio Esercito. Va specificato pi, fino alla pratica ossessiva di denominare che secondo le tradizioni delle popolazioni ogni presidio militare o accampamento con del luogo, ed in misura più ampia di tutto il l’appellativo della località di origine dei mi- Corno d’Africa e da parte delle popolazio- litari nazionali stanziati in quei luoghi. Un ni indigene, in caso di guerra i soldati che elementare esempio di attaccamento dei mi- partecipano alla campagna militare sono se- litari nazionali alle proprie origini, dettato guiti dalle famiglie, costituendo una massa semplicemente dalla situazione contingente 55 che si trovano ad affrontare lontani da casa, valorizzato dalla Azienda agricola governa- impegnati in una campagna di guerra che ha tiva di Alessandra. Fu, però, lungo le sponde comunque situazioni critiche, soprattutto dell’Uebi Scebeli che si sviluppò un ben mag- durante il periodo delle grandi operazioni giore programma di valorizzazione. Questo di polizia coloniale dal 1937 al 1939. fiume aveva la particolarità positiva di essere assai vicino alle città di Mogadiscio, che era la Diversa è l’esecuzione del progetto di capitale della Colonia e di Merca, che era la colonizzazione agricolo e demografico pra- seconda città e, perciò favorito dalla presenza ticato dal regime fascista sulle città di fon- di mercati di sbocco dei prodotti e da approdi dazione da costruire nel nuovo impero. I in grado di favorirne l’esportazione. I pionieri documenti conservati negli archivi della Ca- di questa impresa civilizzatrice furono Romo- mera dei Deputati avvalorano e certificano lo Onor (San Donà di Piave 1880 – Genale questo tipo di processo attraverso i fondi 1918) e Cesare Scasellati Scozzolini (Gubbio documentali relativi alla costituzione degli 1889 – Mogadiscio 1929). Il primo realizzò Enti di Colonizzazione regionali che avreb- nel 1912 l’Azienda agricola sperimentale del bero dovuto farsi carico di attuare il proget- Governo della Somalia la quale divenne negli anni successivo il fulcro del grande Consorzio to di colonizzazione agricola e demografica agricolo di Genale. Il secondo fu il tecnico prin- nei territori conquistati dell’immenso im- cipale che realizzò il grande progetto di colo- pero etiopico. Se da un lato l’attuazione di nizzazione progettato da quel grande italiano, tale pratica in Libia fu certamente di effetto grande esploratore e grande pioniere che fu Lu- maggiore data l’imponenza numerica dei igi di Savoia Duca degli Abruzzi. Su impulso coloni fatti insediare in quella terra, favo- del Duca degli Abruzzi, venne costituita la riti anche dalla maggiore vicinanza rispetto S.A.I.S. “Società agricola italo-somala” nel alla madrepatria e dal gran numero di mezzi 1920, la quale raggiunse nel 1924 il capitale agricoli messi a disposizione dei coloni, in versato di 35 milioni di Lire ed ottenne una Etiopia ed Eritrea fu molto più difficile ri- grande concessione di 25.000 ettari. Negli stessi anni venne organizzato il Consorzio uscire a realizzare questo progetto a causa agricolo di Genale e vennero realizzate le ope- delle enormi difficoltà logistiche ma anche re idrauliche di sbarramento del fiume. Per la per alcuni errori di valutazione sulla quali- popolazione colonica somala vennero costruiti tà dei terreni oggetto degli insediamenti. In decine di villaggi, mentre i centri produttivi e Tripolitania furono costruiti 15 villaggi per di trasformazione dei prodotti vennero realiz- un totale di 2055 poderi ed in Cirenaica 12 zati ex novo ed ebbero il battesimo di Villaggio villaggi per un totale di 1664 poderi; ven- Duca degli Abruzzi (generalmente abbreviato nero inoltre fondati anche 16 villaggi nei Villabruzzi) quello della S.A.I.S. e di Vitto- quali vivevano arabi e berberi. Il caso degli rio d’Africa, quello del Consorzio di Genale. insediamenti agricoli in Somalia, sono un In questi due centri si concentrava la popola- zione dei tecnici e degli amministratori italiani intermezzo fra l’esperienza pioneristica in e gli stabilimenti di lavorazione : impianti di Eritrea e quella successiva alla campagna sgranatura e pressatura del cotone, oleifici per della guerra italo-etiopica del 1935-36. Infat- la spremitura dei vari semi oleosi prodotti (co- ti la Somalia è tone, arachidi, ricino, sesamo, ecc.), saponifici, stabilimenti meccanici per l’assistenza e ripa- “una regione climaticamente arida, bagnata razione delle macchine agricole, centrali elettri- da piogge non sufficienti allo sviluppo agricolo che). La S.A.I.S., da parte sua, intensificò la su larga scala, ma possiede anche due fiumi produzione di canna da zucchero per la cui tra- copiosi di acque che scendono dall’altopiano sformazione aveva costruito un grande zucche- etiopico, lo Uebi Scebeli ed il Giuba. Sul Giu- rificio, il primo dell’Africa Orientale, puntan- ba si stabilirono le prime concessioni agricole do a questo prodotto che aveva crescente consu- italiane, prima in assoluto quella del sig. Car- mo all’interno dell’A.O.I. appena costituita ed panetti già nel 1905, ma poi anche quella del anche in Italia; mentre il Consorzio di Genale Col. Frankestein (di origine polacca, ma ita- puntò sulla coltivazione della banana, il cui lianissimo) e quella della società “Giuba d’Ita- consumo era in fortissima ascesa in Italia e che lia” ed altre. Nel complesso, i concessionari del fino al 1929 rappresentava una coltivazione Giuba furono una dozzina e si raggrupparono marginale. Il governo italiano accordò a que- 56 nel Consorzio agricolo del Giuba, sostenuto e sto prodotto la massima protezione riservan- to, Ministro dell’Africa italiana e dell’in- terno, Achille Starace, Ministro Segretario di Stato, Segretario del Partito Nazionale Fascista, Paolo Thaon di Revel, Ministro delle finanze, portano la relazione e testo, con allegato testo del regio decreto legge e con lettera di trasmissione del Ministro dell’Africa italiana al Presidente della Ca- mera ottenendo l’approvazione nella se- duta del 15 marzo 1938. Nello specifico si tratta della • “Conversione in legge del r.d.l. 6 di- cembre 1937-XVI, n. 2300, relativo alla co- 2. “Nuova Peveragno” all’Asmara è il nome del villaggio fondato in Eritrea dal peveragnese cap. Pietro Toselli nell’anno 1889, durante stituzione dell’Ente di colonizzazione di la prima spedizione coloniale italiana in Africa (g.c. Comune di Romagna d’Etiopia” Peveragno). • “Conversione in legge del r.d.l. 6 di- cembre 1937-XVI, n. 2314, relativo alla co- stituzione dell’Ente di colonizzazione del Veneto d’Etiopia” • “Conversione in legge del r.d.l. 6 di- cembre 1937-XVI, n. 2325, relativo alla co- stituzione dell’Ente di colonizzazione di Puglia d’Etiopia” Avrebbe dovuto seguire anche la co- stituzione dell’Ente di Colonizzazione Liguria d’Etiopia e dell’Ente di Coloniz- zazione Piemonte d’Etiopia ma vi è grave incertezza sulle fonti documentali dispo- nibili ed in ogni caso non si ha traccia dei 3. Il villaggio, nelle intenzioni del fondatore, era qualcosa di più relativi fondi presso l’ACS di Roma come e di diverso da un semplice distaccamento militare destinato ad per i su citati altri esempi. ospitare lo Squadrone Esploratori Indigeni d’Africa (g.c. Comune di Peveragno). Bisogna quindi risalire ai Regi Decre- ti del 1937 per comprendere il profondo significato dell’idea di colonizzazione de- do alla produzione somala il monopolio della mografica che il regime fascista intendeva importazione in Italia. Venne così costituita la perseguire nel Corno d’Africa. Questa colo- R.A.M.B. Regia Azienda Monopolio Bana- nizzazione doveva essere diretta ne con il compito di importare e distribuire il prodotto nel mercato interno”1. da Enti di Colonizzazione autonomi, creati sulla precedente esperienza italiana in Libia, Nel dettaglio, i provvedimenti presi per finanziati da banche e altri enti assistenziali; la costruzione delle città di fondazione in ogni Ente inviava un certo numero di capifa- Etiopia nascono al termine della guerra del miglia scelti nell’ambito di una stessa regione; 1935-36; si tratta di disegni e proposte di la terra era all’inizio coltivata in comunità, legge presentati per l’approvazione in Aula ma si prevedeva che in seguito, una volta che durante la XXIX Legislatura (24/04/1934- il capofamiglia si fosse sistemato ed avesse av- 02/03/1939) con le quali Mussolini Capo del viato i lavori, fosse raggiunto da moglie e figli e 2 Governo, Primo Ministro Segretario di Sta- la terra divisa ed affidata ai gruppi familiari .

1 Articolo di Fabio Pacini sul blog Italia coloniale nali: Puglia d’Etiopia, Romagna d’Etiopia, Veneto d’Etio- di Alberto Alpozzi. pia, febbraio 2019, in www.ilcornodafrica.it. 2 V. Isacchini, Gli enti di colonizzazione agricola regio- 57 Per l’approfondimento di queste tre Napoli, nel 1940, su progetto di Paolo Caccia esperienze è esemplare quello dell’Ente Co- Dominioni e Vincenzo Passarelli di Roma. lonizzazione Puglia d’Etiopia3 anche perché Accompagnano gli elaborati di Piano due pla- è l’unico che riesce a perseguire il suo in- stici – il primo territoriale e il secondo riferito al centro direzionale del Villaggio – approntati tento insieme all’Ente di Colonizzazione di 4 dallo stesso Dioguardi ed esposti nel padiglione Romagna d’Etiopia mentre il terzo, quello barese all’interno di una casa colonica di Bari di Veneto d’Etiopia si fermò alla fase pro- d’Etiopia ricostruita in scala 1:1 e riproposta gettuale. L’Ente Puglia d’Etiopia, che aveva dall’Architetto come pubblicità per i Coloni sede a Roma, è il primo tra gli enti regionali pugliesi. Un interessante esempio, dunque, di a iniziare l’opera di colonizzazione. Infatti, stretta connessione tra Pianificazione territo- venne istituito con Regio Decreto 6 dicem- riale, Urbanistica e Architettura efficacemente bre 1937, n. 2325 con lo scopo “di porre in ‘comunicate’ al grande Pubblico in due impor- atto sistemi di colonizzazione che consentano a tanti Mostre dallo spiccato valore commercia- 7 un tempo la messa in valore dei terreni e il trasfe- le, oltre che culturale, a livello internazionale . rimento di famiglie di contadini e di lavoratori Il Piano regolatore del Dioguardi per dal Regno nell’Africa orientale Italiana”5. Il pro- Bari d’Etiopia si estende su circa 600 ettari getto viene finanziato dal Banco di Napoli, e prevede la realizzazione della Residenza, dall’Istituto Nazionale Fascista delle Previ- un padiglione adibito ad ospedale, l’edificio denza Sociale e dagli enti provinciali pu- delle Poste e Telegrafi, la caserma dei Carabi- gliesi; la zona data in concessione all’Ente nieri, un acquedotto, 250 case coloniche e la si trova nella regione Cercer (Governatorato realizzazione della camionabile verso Arba. di Harar, in Etiopia). Fu l’architetto puglie- Un primo gruppo di 105 coloni, parti- se Saverio Dioguardi a ricevere l’incarico di to il 17 gennaio 1938 da Brindisi, arriva il redigere il Piano Regolatore di “Bari d’Etio- 1 febbraio successivo nella valle di Uacciò, pia” insieme al progetto della chiesa e dei nella regione del Cercer sita nel Governato- palazzi pubblici del borgo6. Il Piano regola- rato dell’Harar, dove l’Ente, per mezzo di tore del Dioguardi un suo dirigente supportato dal lavoro di manodopera indigena, aveva dissodato un ottiene una inaspettata notorietà nazionale allorché il Presidente dell’Ente Giovan Batti- centinaio di ettari e costruite tre grandi arisc sta Giannoccaro decide di esporlo in due padi- per ospitare i lavoratori pugliesi. Questo glioni appositi, l’uno alla “Fiera del Levante” piano di appoderamento del primo centro di Bari del 1939 su progetto dello stesso Dio- di colonizzazione collocato fra i villaggi di guardi; l’altro alla “Mostra dell’Oltremare” a Bedessa e Ghelemsò, nella valle dell’Uacciò,

3 Cfr. L. d’Ippolito, L’Ente di colonizzazione Puglia gere il Piano Regolatore di Olettà ed il progetto della d’Etiopia, in Fonti e problemi della politica coloniale italia- Chiesa e dei Palazzi pubblici del borgo; il Piano Re- na, Atti del convegno internazionale, PAS, Saggi 38, golatore di Biscioftù. Cfr. Virgilio C. Galati, Saverio Roma 1996. Diogardi e il Piano Regolatore dei “Villaggi Agricoli Na- Gli Archivi di Stato della Puglia, conservano i do- zionali” di Olettà e Bisciuftù nell’Etiopia italiana (1936- cumenti degli Enti pubblici soppressi e quindi anche 1940), in «ASUP», 4, 2016, pp.111-158; F. Canali- quelli dell’Ente di colonizzazione Puglia d’Etiopia; in V. Galati, La notorietà italiana del Piano Regolatore di particolare i carteggi che contengono le informazioni Saverio Dioguardi per il Centro Rurale di Bari d’Etio- sui lavoratori o militari presenti in colonia. pia,(1939-1940), «ASUP», 4. 2016, pp. 159-177; Vir- 4 Cfr. E. Paolini-D. Saporetti, La Romagna in Etio- gilio C. Galati, Bari d’Etiopia” (Harar): Le vicende della pia: sogni e speranze in Africa, Il ponte vecchio Editore, fondazione del Centro urbano e l’utopia della colonizzazio- Cesena, 1999. ne agricola nell’Etiopia italiana (1937-1941). La redazione 5 Cfr. G.U. del Regno d’Italia n. 129 del 8 giugno del Piano Regolatore del borgo e il progetto della case coloni- 1938 che contiene la Legge del 15 aprile 1938-XVI, n. che ad opera di Saverio Dioguardi con il contributo esecutivo 679: Conversione in legge del Regio decreto-legge 6 di Guido Ferrazza, «ASUP», 1, 2013, pp.127-162. dicembre 1937-XVI, n. 2325, relativo alla costituzione 7 Cfr. F. Canali, Piani regolatori comunali: Legisla- dell’Ente di colonizzazione di Puglia d’Etiopia. zione, Regolamenti e Modelli tra Otto e Novecento (1865- 58 6 Al Dioguardi fu affidato anche l’incarico di redi- 1945), «ASUP» 4.2016, Emmebi, Firenze, 2016. prende il nome di Bari d’Etiopia. Vengono costruite 3 case in economia e, in base ai co- sti di queste, ne appalta altre 25 utilizzando esclusivamente materiale locale, cioè pietra- me e malta di calce. Il 23 gennaio 1939 par- tono da Brindisi i primi 15 nuclei familiari, per un totale di 78 persone, che raggiungono il 10 febbraio successivo i capifamiglia a Bari d’Etiopia. L’Ente Colonizzazione riceve in totale circa 8.000 ettari dei quali circa 1.100 dissodati e circa 620 sono quelli assegnati alle famiglie provenienti dalla Puglia. Il pia- no di incentivazione di questa colonizzazio- ne demografica arriva a prevedere premi in denaro di mille lire per ogni bambino nato da genitori immessi nei poderi, insieme agli auguri e doni del Vicerè e del Governatore dell’Harar. Purtroppo nonostante una atten- ta analisi delle immagini satellitari eseguite per tutti gli insediamenti presenti lungo la strada che da Bedessa conduce a Ghelemsò, non è stato possibile rintracciare le vestigia degli edifici costruiti dagli italiani. In ogni caso si provvede ad inserire una immagine per far vedere come ancora oggi il territorio risulta essere suddiviso in un grandissimo numero di poderi, a dimostrazione che la località prescelta era in grado di offrire un terreno fertile che avrebbe potuto provvede- 4. Ascari di cavalleria con bandiera Squadrone Esploratori alla fine dell’800. Questa insegna, dono delle dame di re alle necessità dei coloni pugliesi. La chiu- Peveragno (CN), fu consegnata direttamente al cap. Toselli sura dell’Ente fu dichiarata con decreto del il 10 settembre 1890, rientrato dall’Africa, in occasione di una gara di tiro a segno. Lo stesso cap. Toselli la fa recapitare 8 ministro del Tesoro del 24 luglio del 1959 . allo Squadrone presso la sua sede di Asmara. In seguito alla Dopo questo necessario preambolo, regolamentazione delle insegne dei reparti coloniali, questa insegna viene ritirata ma giunge al IV Gruppo Squadroni come risulta dalle fonti reperite, vi fu an- di Cavalleria Coloniale, transitando per il III Gruppo che una Siena d’Etiopia, ovvero l’appellati- Squadroni (Archivio Antonio Rosati) (g.c.). vo dato da alcuni senesi, appartenenti alla 97° Battaglione CC. NN. che dal 4 ottobre 1937 al 27 maggio 1938 sono presenti nella Il 97° Battaglione CC.NN. venne mobilita- località di Ambaciara, in Etiopia, per parte- to in data 1 settembre 1937 al comando del cipare ai cicli operativi di polizia coloniale. Seniore Giuseppe Mariotti e venne imbarcato Ovviamente nulla a che vedere con il grande per la destinazione il successivo 4 ottobre 1937 sforzo organizzativo e di realizzazione degli raggiungendo Massaua il 15 ottobre, prima Enti di colonizzazione regionali. Si tratta in- del trasferimento per la zona di destinazione nei pressi di Gondar. Dei 435 uomini mobi- fatti di un insediamento militare costituito litati, vennero inviati in Africa Orientale per da opere realizzate con materiale reperito in i cicli operativi: 404 sottufficiali, graduati loco che servirono alla realizzazione di qual- e militi, a partire dalla classe 1902 fino alla che edificio e muri in pietra a secco, disposti classe 1919; la classe con il maggiore numero in modo disordinato sul terreno. di mobilitati fu quella del 1912, con 81 legio-

8 Cfr. A.P. Bidolli, Gli archivi dell’Ufficio liquida- informazioni, studi e ricerche, gennaio/dicembre zione del Tesoro, in “Archivi e Imprese”, Bollettino di 1995. 59 nari. 17 invece furono le camicie nere del 97° stro reparto, in ricognizione a otto chilometri Battaglione che non vennero mobilitati per es- dal fortino, veniva accerchiato e subiva perdite sere spediti con il proprio reparto in AOI. Con gravi. Due compagnie, inviate a rinforzo dal i ricambi di personale nei circa due anni di per- comandante del presidio, riuscivano a disim- manenza in AOI arrivarono 1198 legionari pegnare il reparto ed infliggevano ai ribelli 30 della provincia di Siena”9. uccisi. Nostra perdita: 2 ufficiali e 32 coloniali uccisi. Responsabile dell’episodio il comandan- Il 97° Battaglione nel trimestre luglio set- te del presidio che aveva spinto lontano un tembre 1938 era di presidio ad Ambaciara, reparto esiguo in zona notoriamente delicata. località nei pressi del Lago Tana, lungo la Il comandante fu costituito. Il 16 settembre il strada che collega Gondar a Denches. Per presidio di Bicennà, uscito in rastrellamento, raggiunse­ l’accampamento di Belai Zellechè, dare una idea più precisa della situazio- distruggendolo e impossessandosi del bestiame ne politico-militare nell’area nella quale si razziato che restituiva alle popolazioni. Altri trovava il 97° Battaglione CC.NN. senese scontri seguirono poi nella zona, ma nessuno e delle occupazioni da svolgere durante le fu così importante che meriti d’essere segnalato. operazioni di polizia coloniale si riporta la Nell’Amara nord si ebbe, in agosto, un attacco, descrizione degli eventi scritti del gen. Ugo da noi respinto, contro il presidio di Uacnè da Cavallero: parte dei ribelli dell’Ermacciò; altr’azione ri- belle a sud di Debarech, prontamente rintuzza- “La stagione delle piogge trascorse in complesso ta dalla nostra reazione, che inflisse al nemico tranquilla nel Goggiam, soprattutto nel Gog- perdite sensibili con cattura di bestiame, armi e giam meridionale dove la nostra azione aveva prigionieri. Particolare attività manifestarono potuto meglio agire in profondità e l’organiz- i ribelli nel Belesa, territorio interamente­ osti- zazione del territorio era già più progredita. le, la cui sistemazione doveva considerarsi con Rimaneva nel Goggiam un focolaio della ri- particolare urgenza, datane la relativa vici- bellione non ancora domato, quello di Fagutta, nanza alla capitale di quel Governo. Sul ciglio dove l’azione svolta nel maggio dal Governo montagnoso che separa la regione di Gondar dell’Amara era stata passeggera e non seguita dagli avvallamenti­ che costituiscono la regione dall’occupazione materiale e permanente del del Belesa era stato costituito, nella località di territorio. S’ebbero infatti fin dal luglio notizie Ambaciara, un nostro presidio, formato dal d’importanti concentramenti di forze da par- 97° battaglione camice nere e dalla banda d’i- te del degiac Mangascià in quel di Fagutta e struzione del LXV battaglione coloniale (forza del degiac Negasc in quel di Buriè; segui della della banda 330 uomini). loro attività si ebbero però soltanto nell’agosto, Il comandante del presidio aveva distaccato, quando un reparto del presidio di Buriè, rin- sembra arbitrariamente, due nuclei irregolari: forzato dalla banda locale, si scontrò cori un uno a Dancaz (nord-ovest) e uno a Revaregh nucleo ribelle valutato sui 700 armati che, re- (sud-est). Il giorno 16 agosto un gruppo di spinti in un primo tempo dai nostri, ritornaro- circa 80 armati assaliva il posto di Dancaz; no all’attacco rinforzati da paesani della zona avemmo 6 ascari uccisi, 3 feriti, 1 disperso. e costrinsero i nostri a ripiegare. I notabili del La 65a banda d’istruzione, inviata sul posto, paese si presentarono al residente per confer- ricuperava salme e feriti, e rientrava indi- mare la loro fedeltà al Governo e per chiedere sturbata ad Ambaciara. Il giorno dopo una la punizione dei rivoltosi: il che fu fatto me- nostra carovana indigena in movimento di diante ripetute spedizioni aeree di controllata rientro ad Ambaciara, veniva assalita a 20 efficacia. Altro scontro era avvenuto il giorno chilometri da Gondar. Il giorno 18 avveniva 17 presso Dembeccià, a 5 chilometri dal nostro uno scontro tra la nostra banda irregolare di fortino, tra il 10° battaglione camicie nere ed Revaregh, forte di 600 armati, comandata un forte nucleo di predoni i quali lasciarono dal fitaurari Merid, nostro capo fedele, e il sul terreno 30 uccisi. capo ribelle Asfau Boggalè. Il comandante del Un minore focolaio esisteva tuttora nel Gon- presidio di Ambaciara inviava in rinforzo la cià, a nord di Martulà Mariam, regione che 65a banda al comando del sottotenente Moli- fu la prima nel tempo e la più irriducibile nella nari; la banda, anziché rientrare nel giorno ribel­lione. Quivi, lo stesso 17 agosto, un no- stesso secondo gli ordini, pernottava sulle al-

60 9 Dal sito 97a Legione cc. nn. ne seguirono ripetuti attacchi (11-12 settem- bre) alla comunicazione Azozò-Debra Tabor ov’era in corso la costruzione della strada; ciò che costrinse il Governo dell’Amara a far ripiegare i lavoratori sui cantieri principali per meglio provvedere alla loro difesa. Due scontri per noi fortunati ebbero invece luogo nei giorni 23-24 settembre nella zona di De- rasghié (a sud-est di Debarech) contro gruppi ribelli che lasciarono sul terreno 101 uccisi, 170 feriti, armi e munizioni”10.

All’epoca in cui si svolgevano questi fatti, fra i legionari del 97° Battaglione è presen- te la camicia nera Dino Corsi, senese della 5. Collocazione di Ambaciara su una cartina d’epoca (Archivio dell’Autore) Contrada del Nicchio, scrittore e giornalista che collabora con il quotidiano Il Telegrafo ture di Revaregh e il mattino del 19 muoverà di Livorno11 come corrispondente di guerra. al soccorso del fitaurari Merid, ingaggiato in Il personaggio è molto conosciuto a Siena, combattimento durato circa sei ore. Rima- sto ferito il sottotenente Molinari, il tenente soprattutto in ambito contradaiolo, per il Betti, comandante il presidio dì Ambaciara, suo articolo del 13 maggio 1938, La Pasqua usciva in appoggio della 65a banda, e con dei legionari a “Siena d’Etiopia”, riportato su essa rientrava la sera stessa al presidio: i gre- più siti internet, nel quale si descrive un Pa- gari della banda Merid, armati da noi poco lio straordinario organizzato per alleviare le prima, avevano defezionato per la massima sofferenze della guerra e sentirsi con l’animo parte con l’armamento. più vicino a casa. Tenuto conto della gravità di questi fatti e Già dal 1935, in occasione della guerra compreso della necessità di ristabilire pron- tamente il nostro prestigio, insistei presso il d’Etiopia, il regime intende sfruttare il mono- Governo dell’Amara perché, nonostante l’in- polio sulla stampa per giustificare il conflitto clemenza del tempo, si facesse prontamente, ed esaltare il tema dell’impero e il coraggio come s’era già fatto a Sciolà Gheveà a fine dei volontari che partecipano a quella campa- luglio, un’azione nella zona con alcuni batta­ gna di guerra che vede un numero rilevante glioni per dare almeno a quelle popolazioni di miliziani ed addirittura figure di primo pia- il senso della nostra presenza e della nostra no del partito. In ogni caso la partecipazione forza. Ma quel Governo, al quale spettavano dei giornalisti italiani alla campagna africana in ultima analisi il giudizio e la responsabili- tà della situazione, giudicò preferibile riman- è davvero elevata, con ben 36 corrispondenti dare il tutto al ritorno della buona stagione. dal fronte ed alcuni di essi figurano come vo- Però la nostra mancata reazione ebbe per lontari12. A loro si aggiunge la partecipazione effetto una maggiore traco­tanza dei ribelli, e dell’Istituto Luce13 e l’apposito apparato di

10 U. Cavallero, Gli avvenimenti militari nell’Impe- Oreste Lucchesi. ro dal 12 gennaio 1938 al 12 gennaio 1939, Addis Abe- 12 Uno dei casi più conosciuti è stato quello di ba, 1939. Indro Montanelli, arruolatosi volontario con il gra- 11 Erede della Gazzetta Livornese e diretta dal ga- do di sottotenente e comandante di una compagnia ribaldino Giuseppe Bandi, il quotidiano nasce subito di un battaglione eritreo. Durante la sua esperienza dopo l’unità d’Italia, in occasione dello scoppio della scrisse un libro reportage che aveva per titolo XX guerra russo-turca nel 1877. Il Bandi riunì la redazione Battaglione eritreo che recentemente è stato ristam- con l’idea di realizzare un “bollettino di guerra” po- pato. meridiano. Il nome della nuova testata fu scelto dal 13 L’Istituto Luce fu assiduamente presente con i capo-tipografia Fabbreschi: Il Telegrafo, in ricordo del suoi operatori per filmare l’avanzata in Etiopia e fare fatto che Livorno fu la prima città italiana a dotarsi un resoconto degli scontri con gli etiopi. Oltre ai fil- di linea telegrafica nel 1847. Il Bandi diresse il giorna- mati esisteva una apposita sezione fotografica che ap- le fino al 1894, quando fu assassinato dall’anarchico poneva il logo LUCE – A.O.I. sulle fotografie 61 partito dedito all’informazione14. Ciò non di ra in Etiopia, nei quali con enfasi descrive meno non si tratta di un evento casuale e limi- l’ambiente che lo circonda. Ogni articolo tato ai giornalisti italiani. Anche il crescente descrive il procedere delle truppe impegnate interesse della stampa estera porta all’aumen- nell’invasione dell’Etiopia dal fronte nord: to dei giornalisti iscritti all’Associazione della la marcia verso Adua, il percorso nel Tigrai, Stampa Estera dai 77 giornalisti del 1928 ai l’avanzata su Macallè, la battaglia dell’Am- 135 nel 1935 che rappresentano circa 250 fra ba Aradam, l’arrivo ad Addis Abeba. Dopo grandi agenzie e quotidiani di ogni parte del il rientro in madrepatria viene nuovamente mondo. E molti di essi sono presenti fin dagli inviato con il suo 97° battaglione CC.NN. inizi della guerra sia in Eritrea che in Somalia. in Etiopia ed anche questa volta invia i suoi Si sta parlando di tempi difficili, si de- numerosi articoli con la descrizione del vono affrontare guerre lontano da casa, ma viaggio e degli eventi a cui partecipa in pri- solo nel caso delle operazioni in colonia re- ma persona, ma dai titoli si avverte anche la siste ancora una certa euforia per l’impresa. nostalgia della lontananza dalla terra natia. Certamente non è ai livelli di quella rilevata L’articolo più conosciuto è quello pubblica- prima e durante la campagna di guerra con to sulla Cronaca di Siena de Il Telegrafo da- l’Etiopia del 1935-36; ora la conquista è so- tato 13 maggio 1938 nel quale si descrive la stituita dalla propaganda che si concentra corsa di un Palio organizzato dai legionari sulla costruzione dell’Impero e ciascuno de- per la Pasqua di quell’anno. Qui se ne ripor- gli attori vuole o crede di poter lasciare il ta la trascrizione per una migliore lettura: segno del proprio passaggio in quelle terre lontane attribuendo il nome della propria Ambaciara (Siena d’Etiopia), Pasqua XVI. città di origine a qualunque agglomerato di Un ordine improvviso quanto inaspettato, tende o capanne nel quale si trova disloca- venuto a rompere la monotonia di una vita to in modo permanente. Infatti si ricorda che, per la sua uniformità, già pesava sull’ani- mo dei legionari, ha portato il 97° battaglione come, in concomitanza delle operazioni di senese sull’alto dei colli che, lungi da Gondar, polizia in colonia, infuria la guerra civile dominano la valle del Belesa e spaziano su un spagnola ed anche in questa ci sono nume- panorama immenso e grandioso. Visione irre- rosi senesi e cittadini della provincia che vi ale, quasi di sogno, quella che si para davanti prendono parte e fra essi purtroppo ci sono ai nostri occhi e ci rivela ancora un suggestivo anche dei morti in combattimento. Se ne aspetto di questa Terra d’Africa, ove pittori e porta ad esempio uno per tutti: il sottote- cesellatori, scultori ciclopici e maestri del giar- nente Federico Ricci morto il 7/4/1938 nella dinaggio pare abbian dato una mano a madre battaglia dell’Ebro e ricordato a Siena con natura per la creazione di un assieme lumino- celebrazione solenne il 9/5/1938 alla pre- samente policromo e multiforme. Un’ora è stata sufficiente a che le tende, le ba- senza di tutte le più alte autorità civili, reli- racche e quant’altro costituiva a Gondar il giose e militari così come si legge dalle cro- villaggio militare senese sparisse come d’incan- nache del tempo. Infatti insieme al padre del to per lasciar posto alla desolata tristezza dei militare caduto, onorevole avvocato Alfredo campi abbandonati. Bruchi, risultano presenti il Prefetto, il Fe- Tra il rosseggiare del tramonto, una colonna di autocarri è partita portandosi un carico uma- derale, il Podestà, il Preside della Provincia, no prorompente, attraversi canti di guerra. E la fiduciaria dei fasci femminili, l’Arcivesco- a notte inoltrata, nel fondo di una gola ove ha vo, il Rettore dell’Università accompagnato termine la pista camionabile, tra il groviglio dall’intero Senato accademico, il G.U.F al della vegetazione tropicale il battaglione ha completo e il G.R.F. “Rino Daus”. sostato, riposato alcune ore all’addiaccio in Il Corsi, dal maggio 1935 al dicembre attesa dell’alba. Col sole gli uomini hanno interrotto il breve 1936, invia a Il Telegrafo numerosi articoli riposo e lentamente - perchè tutti portavano il che non sono altro che il racconto di viag- fardello pesante degli zaini - si è iniziata l’asce- gio e degli eventi del primo periodo di guer- sa dell’erta, conducente al pianoro attraverso

62 14 Si tratta del Reparto Mobile Stampa e Propagan- da della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. 6-7. Foto fronte/retro del drappo conservato nel Museo della Nobile Contrada dell’Oca (g.c. Maura Martellucci).

una mulattiera ripida snodantesi tra il fitto teristico e affascinante. Qua tutto è prettamen- della boscaglia. Per ore e ore legionari, ascari te africano, tipicamente coloniale. Il villaggio- della banda di Ambaciara, venuti incontro al famiglie dei ragazzi appartenenti alle bande battaglione, quadrupedi hanno arrancato su armate del Belesa e di Amba Ciara, i “tucul” per l’impervio sentiero, fino a che l’occhio non che ospitano la popolazione metropolitana e gli ha visto in lontananza il profilo dell’Amba e uffici del Governo e del Presidio. la ridente altura, tutta cinta da fortificazioni, Lo stesso palazzo della Residenza, razionale ove ha sede la R. Residenza del Belesa. nelle linee ardite e armoniose, luminoso nel suo Gli ultimi chilometri sono stati divorati dalle calcareo candore, tutto, insomma, oltre la siepe camicie nere, ansiose di giungere alla meta. dei reticolati e la prima cinta di fortificazioni Ordinatamente i reparti, scissi in piccoli grup- rivela un non so che di spiccatamente orientale pi durante la prima parte della fatica, si sono ed esotico. Le aiuole fiorite, i giardinetti curati riuniti e hanno ancora marciato incuranti del- per le scarpate, lungo i pendii e a fianco delle lo sforzo, verso la nuova destinazione: verso la scalinate che si partono dall’una all’altra fila cittadella tipicamente coloniale, che coll’arrivo di capanne, rallegrano, completamendola, la del 97° ed in omaggio a questo doveva assume- visione e con gamma iridescente, con l’effluvio re, in aggiunta alla denominazione geografica, dei profumi, ingentiliscono le opere di difesa e il nome di Siena d’Etiopia. fanno sì che anche i bastioni, le merlature e le “Siena d’Etiopia” caponiere del forte si confondino e si assimilino Una collina di pretto colore toscano, ove gli olii con la generale armoniosa bellezza. crescono spontanei e rigogliosi portando una In alto, ove gli olivi infittiscono fino a creare nota campestre in questo lembo d’Africa Ita- un bosco, è il settore affidato alla sorveglian- liana, è il luogo ove, in meno di due mesi, la za del battaglione senese. Qui le camicie nere fattiva volontà di pochi connazionali ha creato hanno piantato le tende, piazzate le armi e, uno dei più perfetti centri periferici dell’Amhara. fiduciose, attendono gli eventi con la certezza L’impressione di sapore nostrano svanisce ap- del domani che, cruento o incruento, servirà pena si varca la soglia del recinto che delimita comunque a testimoniare l’opera dei legionari il territorio della cittadella, per lasciar posto della “Balzana”. Lontani dai grandi centri, alla sensazione di aver scoperto l’oriente carat- tagliati fuori dalle vie ordinarie di comunica- 63 zione, uniti al mondo dalle antenne di una sta- grido, uno solo nella moltitudine: la posta! zione radio da campo, i legionari senesi hanno È arrivata la posta. Son giunte fino all’Amba- iniziato la loro nuova vita. ciara le notizie attese: il sacco caduto dall’alto Nella cittadella della Residenza è entrata e vi porta gli auguri, gli abbracci, i baci dei nostri si è stabilita un’ondata di giovinezza e di for- cari... za. I Reparti, già sistemati alla meglio qua e là La posta! Allegria nel campo, festa nei cuori. nell’interno del forte, comprendono la necessità Uomini che si abbracciano, occhi che lacrima- del sacrificio al quale sono costretti. Ed i militi no, esclamazioni di gioia. È Pasqua! È Festa! formano oggi, assieme alla stesa dei reticolati Ora è davvero festa; non la posta, ma la bene- e ai baluardi delle fortezza, la ragione di si- dizione pasquale sembra essere scesa dal cielo! curezza di tutta una regione affidata al loro Il Palio Straordinario presidio e con le opere stanno lasciando traccia Non si è ancora spenta l’eco delle grida giocon- della loro permanenza in quella città africana de salutanti la venuta dell’aereo che la tromba che il R. Residente, con gentilezza di pensiero e di servizio echeggia in note parimenti allegre: alto senso di comprensione, ha voluto si chia- pappa-pa-pa... la Marcia del Palio! masse Siena d’Etiopia. Ora è un correre verso la sede della Residenza: Benedizione pasquale “Tirano su le Contrade!” È Pasqua. Sin dall’alba, appena le note della Tirano su le Contrade perchè oggi nel pome- “sveglia” si sono diffuse per il forte, un’ondata riggio si corre il Palio, il Primo Palio di Siena di nostalgica tristezza domina il campo legio- d’Etiopia. Questo è l’omaggio pasquale offerto nario. In tutti è viva la sensazione della festa, dal Residente ai senesi: il Palio! come in ognuno è il bisogno di appartarsi, di Non una parodia della nostra Tradizione, sognare, di pensare...la Patria, Siena, la casa, non un insulso rievocare della giostra, ma una la famiglia, gli affetti, gli esseri amati... Chi manifestazione che per svolgersi in Terra d’A- e come sarà mai capace descrivere lo stato frica, nella cittadella imperiale che s’è imposta d’animo che ci pervade certe giornate? Chi - il nome della città di Caterina Benincasa ha eccettuati coloro che come noi hanno vissuto per noi che intensamente l’abbiamo vissuta un lontano mille e mille miglia dall’Italia - potrà significato quanto mai grande. comprendere cosa significhino un Natale, una Il sorteggio, effettuatosi alla presenza delle Au- Pasqua in Africa? torità e dei rappresentanti le Contrade, si svolge Sono i giorni, quelle delle solennità tradizio- regolarmente. Prima ad uscire...è la Tartuca. nali, nei quali il sentimento della famiglia Nel pomeriggio, un’ora prima della corsa, la diviene ossessione; sono ore in cui gli sguardi consegna dei...cavalli (veramente dei muletti), spaziano l’orizzonte in ricerca di una meta in- le solite scene che svolgono nella Piazza il 29 visibile e gli animi palpitano per tutti gli affetti giugno e il 13 agosto vedono ora a loro teatro e sentimenti più reconditi. il piazzale interno del forte. Il “Dacceloooo!” Si può essere uomini nel senso maschio della tradizionale risuona da centinaia di petti e parola, si può essere soldati nati, si può, per non manca il caratteristico “beh!” all’indiriz- conseguita abitudine, non più sentire la nostal- zo delle inevitabili “brenne”. gia, ma quando un bel mattino, usciti freschi, La sorte ha favorito Nicchio e Drago. E tra i freschi dalla tenda, si sente risuonare alle nostre nicchiaioli - massa rumorosa e clamorosa - e il orecchie l’augurio formulato da un camerata: gruppetto dei dragaioli si accende sorda la lotta. “Buona Pasqua”, il cuore ha una scossa e acce- I pochi minuti che separano dalla gistra sono lera i suoi battiti, il pensiero si volge automati- vissuti intensamente da contradaioli e dirigenti. camente ad altre Pasque, ad altri auguri, e vola Specialmente i “mangini” si danno da fare per nella casa lontana: alla mamma, ai figli, alle piazzare nel migliore dei modi e fogli da cento a spose, alle fidanzate, a tutti gli affetti umani...E loro disposizione; giacchè, per rispetto alle tradi- si può in certe circostanze, formare una lacrima zioni, i “partiti” avvengono regolarmente. che, spontanea, sgorga dagli occhi. Giunge l’ora, la pista della Residenza, che per Un nonnulla, però, serve a far sparire ogni trac- la forma geometrica, somiglia un pò al “Cam- cia di malinconia, il più comune dei fatti può po”, formicola di gente ansiosa e fremente. i riportare la gioia nei cuori e far brillare di con- tamburi e le trombe accompagnano la “passeg- tento le pupille già triste e scontente. giata storica”. In testa al corteggio è il Palio, E il mattino di Pasqua è avvenuto il miracolo. l’ambito premio, offerto al battaglione dalle mentre tutte le camicie nere sembrano lasciarsi genti di Ambaciara. Si snoda il corteo...e an- vincere da nostalgici ricordi, un rombo di moto- che se mancano i costumi e le bandiere, son suf- ri è risuonato giocondo nello spazio. Un potente ficienti le trombe e i tamburi a darci l’illusione trimotore da bombardamento ha sorvolato la che ci fa contenti. cittadella, e poi, descritta una elegante curva, si “Al canape!” è abbassato sul forte. Rasentando gli spalti, la L’ordine risuona nella pista e la moltitudine 64 macchina alata ha lasciato cadere un sacco. Un tace. Si apre la busta (tutto in regola, come a Siena) e le contrade prendono posto alla mos- Agli ocaioli si sono uniti quelli delle contrade sa. Drago!...lo storno - il più veloce - entra per amiche...l’entusiasmo, il delirio sono reali, primo...ma i nicchiaioli han ben lavorato e, al sono quelli a Siena. calar del canape, il muletto non parte. Ci sembra di udire il sommesso mormorio di Nicchio! Nicchio primo!...l’azzurro corre ver- Fonte Gaia, alziamo gli occhi come a cercare so la vittoria, ma a “San Martino” (vogliamo l’esile sagoma del Mangia e finisce l’incanto. dire alla prima curva) la bestia ha uno scatto e Lassù in alto, lungo il muro del forte, è ferma si fa raggiungere dal Drago che liberatosi dalla una sentinella. stretta delle Contrade...vendute, si è fatto luce. Il milite, al posto di servizio, ha vegliato ore e Per due giri e mezzo Nicchio e Drago procedo- ore per noi, per la nostra festa. E ci ricorda, il no appaiati suonandosi un sacco di nerbate, camerata, il nostro compito, il dovere da as- ma all’ultima curva del terzo giro, diciamo solvere, compito faticoso di italiani e legionari. pure al “Casato”, i due quadrupedi si impun- Non si odono più i tamburi e le trombe. Solo tano, si fermano e non procedono oltre. L’Oca, una cornetta fa sentire ora le note del cambio rimasta fino ad allora in ombra, si fa largo a della guardia: Avanti, ai posti di vedetta! suon di nerbate e...vince. Sorpresa generale! Sta per scendere la notte; a gli occhi che hanno Nicchiaioli e Dragaioli, uniti dal...purgante, lacrimato di gioia per il giungere della posta, bestemmiano la loro rabbia mentre quei di che han brillato di commozione nell’illusione Fontebranda, ricevuto il Palio dalle mani del del Palio dovranno ora aprirsi e vigilare sul- Reggente, portano in trionfo il drappellone e in- la sicurezza del Presidio e sull’intangibilità di neggiano alla vittoria. Echeggiano gli stornelli Siena d’Etiopia. tradizionali, il “Daccelooo!” risuona come rombo di cannone e i tamburi rullano a festa. Dino Corsi

Bibliografia e il progetto della case coloniche ad opera di Saverio Dioguardi con il contributo esecutivo di Guido Ferraz- A.P. Bidolli, Gli archivi dell’Ufficio liquidazio- za, «ASUP», 1, 2013. ne del Tesoro, in “Archivi e Imprese” bollettino di V. Isacchini, Gli enti di colonizzazione agricola informazioni, studi e ricerche, gennaio/dicem- regionali: Puglia d’Etiopia, Romagna d’Etiopia, Ve- bre 1995. neto d’Etiopia, febbraio 2019. F. Canali, Piani regolatori comunali: Legisla- E. Paolini-D. Saporetti, La Romagna in Etio- zione, Regolamenti e Modelli tra Otto e Novecento pia: sogni e speranze in Africa, Il ponte vecchio (1865-1945), Firenze, Emmebi, 2016 Editore, Cesena, 1999. F. Canali-V. Galati, La notorietà italiana del Piano Regolatore di Saverio Dioguardi per il Centro Archivi consultati Rurale di Bari d’Etiopia,(1939-1940), «ASUP», 4. Camera dei Deputati, Archivio della Camera 2016. Regia, Legislatura XXIX 28.04.1934-02.03.1939 U. Cavallero, Gli avvenimenti militari nell’Im- pero dal 12 gennaio 1938 al 12 gennaio 1939, Addis Abeba, 1939 Sitologia L. D’Ippolito, L’ente di colonizzazione Puglia https://dinocorsi.blogspot.it d’Etiopia, in Fonti e problemi della politica colo- www.ilcornodafrica.it niale italiana: atti del convegno, Taormina-Mes- www.97legione.siena.it sina, 23-29 ottobre 1989, Ministero per i beni www.iltesorodisiena.net culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni https://italiacoloniale.com archivistici, 1996. www.comune.peveragno.cn.it V. Galati, Saverio Dioguardi e il Piano Rego- https://archivio.camera.it latore dei “Villaggi Agricoli Nazionali” di Olettà www.gazzettaufficiale.it e Bisciuftù nell’Etiopia italiana (1936-1940), in www.archivioluce.com «ASUP», 4, 2016. V. Galati, Bari d’Etiopia” (Harar): Le vicende della fondazione del Centro urbano e l’utopia della Si ringraziano: colonizzazione agricola nell’Etiopia italiana (1937- Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena 1941). La redazione del Piano Regolatore del borgo Nobile Contrada dell’Oca 65 66 1. Bartolomeo Mazzuoli, Monumento sepolcrale di Marcello Biringucci (Chiesa di S. Vigilio, Siena). Il cav. Marcello Biringucci: un imprenditore senese di successo del XVII secolo di Paolo Neri

La vita e le origini guito professore di Clinica medica all’Uni- versità di Pisa, apprendiamo anche queste Il 25 novembre del 1727 moriva nel suo palazzo del Terzo di S. Martino, Popolo di notizie su Marcello e sulla famiglia Birin- S. Giorgio, Contrada del Leocorno, ultimo gucci da lui definita; “Famiglia illustre, ma del suo ramo (l’altro, quello dei Vannocci poco cognita fuori di Siena. Il cav. Marcello Bi- Biringucci, continuava con Codro d’Ore- ringucci era un probo cittadino, ma nulla operò ste), il cav. Marcello Biringucci, di cui, nel in sua vita, che potesse farlo ammirare o nello ‘Giornale sanese’ di Giovanni Antonio e Pie- scibile o nei grandi impieghi. Il suo testamento lo tro Pecci, si legge: ha renduto celebre e benemerito ed è una dimo- “…portò l’Arma in petto e fu accompagnato strazione del suo gran genio, e della sua grande alla sepoltura in S. Vigilio da noverosa torciata anima disposta a far molto bene al pubblico, ed distribuita alle Regole, preti e ospizii tutti della ai particolari, se abbiano volontà di emergere e città. Fece testamento sotto rogito di ser Pietro Pa- far ragguardevoli progressi…” olo Lenzi notaio sanese, pensò a perpetuare il di E, per concludere, aggiunse:”Un grand’uo- lui cognome co’ figlioli adottivi, istituì l’erede e mo bisogno non ha di trarre frivoli encomi dalla fissò diverse disposizioni e legati a beneficio della grandezza de’ propri antenati”. città, e come in esso testamento stampato e pubbli- Dunque, un ‘quattrinaio’ avranno detto cato, si può vedere.” i malevoli e gli invidiosi tra i suoi contem- La salma fu deposta in un monumentale poranei. sarcofago, che si può ancora ammirare nel- Un uomo, illustre per il suo spirito civi- la chiesa: in cornu epistolae, vale a dire alla co: non cosa da poco. destra dell’altar maggiore, secondo l’esatta Marcello Biringucci nacque1 il 7 agosto volontà del defunto. 1654 da Lattanzio di Giovanni e da Flami- La lapide che ne tesse le lodi è sorpren- nia del balì Fabio Marsili. Il padre aveva un dentemente . Non lo esalta come patrimonio di 40.000 scudi, una casa di 300 uno storico o un poeta o un giurista o un scudi, e una rendita di 1.400 scudi. Il 12 musicista o un condottiero, occupazioni luglio 1665, quindi a soli 11 anni, fu armato consuete tra i maggiori patrizi senesi, ma ne cavaliere di Santo Stefano nella Chiesa di S. loda solo lo spirito civico e il sostegno ai Raimondo. Dal 1679, e poi nel 1682, 1684, giovani ingegnosi e alle buone arti, grazie al 1686, 1689, 1691, 1694, 1695, 1697, fino al lascito di una colossale fortuna accumulata 1699 fece parte, per dieci volte, della Balìa nel corso dell’intera sua vita. In particolare, per il Monte dei Riformatori. con l’istituzione dell’Alunnato Biringucci, Nel 1700 e 1718 fu Capitano del Popolo. di cui in seguito si parlerà più diffusamente. La famiglia Biringucci fu originaria di To- Proprio da uno dei molti beneficiati iano in epoca molto remota. Già dal XIV dell’Alunnato, il dott. Luigi Morelli, in se- secolo, molti Biringucci furono al servizio

1 Informazioni fornite da Tommaso Bichi Ruspoli Forteguerri. 67 2. Il Busto, particolare del monumento.

della Repubblica nei suoi domìni. Nel 1443, sposizioni. Dalla sua lettura ho ricavato l’in- Giovanni di Pietro fu Rettore e Governatore teresse per questo particolare personaggio della Sapienza. Il più famoso, fu senz’altro, e, in particolare, per la sua anima generosa Vannoccio: architetto, metallurgista, esperto che, di quando in quando, traspare dai fumi dell’arte del getto, autore del trattato La Pi- della prosa notarile, appesantita da una mi- rotecnia che gli dette fama internazionale. Fu riade di minute disposizioni. indubbiamente una famiglia d’intellettuali. Ma andiamo in ordine. I figli di Vannoccio, Alessandro e Oreste, fu- rono entrambi architetti. Oreste fu prefetto Le disposizioni del testamento delle fabbriche del duca di Mantova. Un altro Marcello, discepolo di Mariano Essendo senza figli, Marcello destinò l’e- Sozzini, fu illustre giurista e autore di testi redità, in parte, a Curzio di Filippo Sergardi, giuridici. nipote della sorella del padre, Olimpia, sot- Vi furono poi molti ambasciatori e mili- to forma di fidecommisso, con l’obbligo per tari, tra cui Matteo, cavaliere di S. Stefano, l’erede di cambiare nome, cognome, stem- che fu prigioniero dei turchi per sette anni. ma e monte. Curzio diverrà, quindi, Mar- Infine il nonno di Marcello, Giovanni, mo- cello Biringucci iuniore, rinunciando al co- strò lo stesso spirito imprenditoriale con gnome Sergardi. I figli di Curzio entreranno l’acquisto di alcuni molini e gualchiere nel entrambi nell’ordine dei Gesuiti. territorio di Colle Val d’Elsa. Il fedecommesso passerà, pertanto, al fra- Il 27 luglio 1724 fece, congiuntamente tello Fabio e così si comporrà la lite relativa alla consorte, Angela Cassandra de Vecchi, alla pretesa di Curzio di conservare diritti testamento, che ho conosciuto grazie alla sull’eredità Sergardi. Fabio sarà poi l’ultimo dott.ssa Alessandra Pepi2 nella redazione a a essere obbligato a mantenere il solo co- stampa conservata dall’archivio delle Pie Di- gnome Biringucci, poiché la nuova dinastia

2 Durante le operazioni di catalogazione nell’am- diretto dal prof. Giuliano Catoni. L’Inventario è stato 68 bito di un progetto del Ministero dei Beni culturali pubblicato dallo stesso prof. Catoni, Siena 2010 3. Iscrizione gratulatoria, particolare del monumento. lorenese disporrà che l’obbligo si estinguesse anche che il matrimonio di Marcello con con la quarta generazione. Di conseguenza, Angela Cassandra, sebbene non fecondo, fu i discendenti di Fabio si chiameranno Ser- tuttavia felice. Infatti, Marcello vi stabilisce gardi Biringucci. L’usufrutto di tutta l’eredi- che “in contrassegno della stima, che ho sempre tà andò, invece, alla moglie. fatto, e faccio della sig.ra Angela Cassandra mia Infine, istituì erede universale della re- riveritissima e amatissima Signora Consorte e stante cospicua parte dell’eredità sotto for- della ottima corrispondenza tra di noi passata, e ma di “beni immobili, mobili, semoventi, luoghi dell’affetto, che le ho sempre portato, e porto” l’u- di Monte, crediti, denari, ragioni & azioni in sufrutto di tutta la sua eredità passasse alla qualunque luogo o stato appresso qualunque per- moglie. sona ecc…” la Venerabile Compagnia della Anche in un altro passo Marcello Birin- Madonna sotto le volte dell’Ospedale, che, gucci mostrò premurosa sollecitudine verso dopo la soppressione da parte di Pietro Le- la moglie, sia dettando condizioni affinché opoldo, rinascerà col nome di Società di i benefici dell’usufrutto non si limitassero Esecutori di Pie Disposizioni, e formerà una agli alimenti e che, soprattutto, la sua ge- considerevole parte del patrimonio dell’isti- stione non avesse a “noiarla”; sia esortando- tuzione. la, da una parte”…a voler coabitare col primo Vi furono poi numerosi legati a parenti, Successore… nel suo Palazzo e a permettere che vi tra cui la sorella Verginia maritata Tancredi, abiti ancor’esso”. Ma anche disponendo che e, come di consueto, ai domestici. In parti- “quando alla Sig. Usufruttuaria non paresse di colare, ordinò di non rivedere i conti al Ma- poter coabitare colla dovuta sua quiete e pace e estro di casa e amministratore, Sebastiano con tutto decoro con detto Sig. Primogenito, in Vaggi, e, in compenso dei suoi buoni servigi, tal caso ordino che detta sig. Usufruttuaria debba gli fece quietanza di ogni eventuale debito. permettere che d. Sig. Primogenito abiti, e goda Nel 1732 morì la sig.ra Angela Cassan- gratis, l’abitazione ed uso dell’altra mia casa dra de Vecchi e quindi ne seguì la collazio- posta in faccia la Chiesa di S. Maurizio, senza ne della sua eredità, anch’essa destinata alla obbligo di corrispondere alcuna pigione e colli Compagnia della Madonna sotto le volte mobili condecenti ed adeguati e bisognevoli da dell’Ospedale. ricavarsi dal d. Palazzo ad arbitrio e discretezza Dalla lettura del testamento si evince della Sig. Usufruttuaria”. 69 Le disposizioni patrimoniali del testamento della fabbrica di pannine e per essersi trasfe- rito nel 1713 da Livorno a Siena con tutta la Del patrimonio famigliare, con mille famiglia e quivi essersi adoperato per mettere cautele e garanzie, il testamento impone in piedi la nuova fabbrica. l’obbligo di redigere un puntuale inventa- Tanà (o Tanah) è cognome ebraico, da rio. È un elenco sterminato di proprietà: Thorà. Forse, per via del nome cristiano, si case, palazzi, mulini e gualchiere, tenute trattava di un convertito. disseminate tra i territori di Colle, Casole e Nel 1730, la nuova fabbrica di pannine e , fino a Roccastrada e Castiglio- il negozio all’Arcone dei Pellegrini vengono ne della Pescaia. Quest’ultima conta anche venduti per sc. 4450, su richiesta dell’usu- un allevamento di bufale. fruttuaria, Angela Cassandra De Vecchi ve- Ai beni fondiari va aggiunta una note- dova Biringucci, al cav. Marcello Biringucci vole ricchezza finanziaria, rappresentata da jr. (già Curzio Sergardi) con ampie dilazioni crediti per molte migliaia di scudi verso vari di pagamento. gentiluomini, sotto forma di scritti cambia- Il capitale va alla venerabile Compagnia ri con interessi dal 3 al 5 % per un totale della Madonna e l’usufrutto alla sig.ra Cas- di 131 voci. I prestiti sono apparentemente sandra. senza scadenza, poiché in moltissimi casi i Sempre nel 1730, vale a dire in coinci- frutti superano di molto il capitale prestato. denza con la cessione della fabbrica all’e- In cassa sono registrati 700 scudi. rede, si registra un caso di protezionismo: L’inventario è assai pignolo. Elenca, tra la Balìa proibisce l’importazione di panni l’altro, ogni sorta di arnesi agricoli (come: forestieri a protezione di quelli prodotti da Tini, Tinelli, Botti, Strettoi, Ziri), compreso Marcello Biringucci jr. financo un palo di ferro nello stanzino di una proprietà, così come, nel cassetto di un L’ Alunnato mobile nel Palazzo di famiglia, diversi car- tocci contenenti ben 74 diamanti sciolti di Il vero monumento, però, di Marcello varia pezzatura. Biringucci è il suo alunnato. Non si tratta L’origine di tanta ricchezza va ricercata di un’istituzione isolata. Oltre a quello Bi- ringucci ve ne sono altri, tra cui, molto im- nell’attività come imprenditore di Marcello portante quello Mancini, istituito da Giulio Biringucci, proprietario, in società con altri Mancini che fu archiatra di Urbano VIII. a Livorno, di una fabbrica di ‘pannine’, com- Si legge nel testamento: “Ogni restante poi merciate nel bacino del Mediterraneo grazie delle rendite di d. Eredità, detratte le spese…si a navi dell’azienda, che arrivò a possederne. eroghi sempre e in perpetuo e senza alcuna prefi- Nel 1713 Marcello Biringucci (ormai qua- nizione di tempo nel mantenere fuori della Città rantenne) trasferì la fabbrica a Siena e la col- e Stato di Siena, e così in Roma o in altre Città locò sotto le tira della lana, in Fontebranda. e Università cospicue per lo studio, tanti Giova- Dall’inventario, risultano a magazzino cen- ni Sanesi quante comporterà il residuo delle dette tinaia di pannine e tutto l’occorrente per la rendite di d. eredità”. loro tintura, con buona scorta di guado, un Sono ammessi ai benefici dell’Alunnato sostituto economico dell’indaco che ci indu- “solamente quei Giovani sì nobili, che ignobili, i ce a pensare come il turchino dovesse essere quali abbiano conseguito la Laurea Dottorale so- un colore molto diffuso. Sarà un caso, ma tra lamente o in Legge, o in Medicina, e che vogliano i conti da saldare c’è anche quello del Nic- fare avanzamento in dd. Scienze, e che non siano chio: per tre scottine, magari destinate a farne maggiori di anni trenta…siccome anco quelli che monture. Di una parte delle pannine in depo- si tirassero avanti nella Professione o di pittore o sito risulta creditore, alla morte di Marcello di scultore”. Biringucci, Antonio Tanà, il socio livornese Poco più oltre, Marcello Biringucci spe- (o più probabilmente il gestore della fabbri- cifica le motivazioni del suo gesto, che getta ca). Chiede, infatti, anche un sussidio e un’as- luce sull’animo suo di vero patrizio nel sen- segnazione per la collaborazione prestata al so originale di Pater patriae:”…giacché l’inten- 70 cav. Marcello Biringucci nella conduzione zione di me Testatore è di cooperare al pubblico bene, al quale conferiscono le buone Arti e Pro- dero sommamente che si preservi la memoria e no- fessioni esercitate onoratamente e perfettamente”. biltà della mia Famiglia de’ Biringucci, e perché L’Alunnato produrrà copiosi frutti nei se- anco il decoroso e splendido mantenimento delle coli successivi, dando l’avvio a una schiera Famiglie nobili conferisce non solo al privato, ma di giovani, scienziati, medici, artisti, molti anche al pubblico bene, perciò istituisco ecc. ecc.”. dei quali con le loro opere hanno onorato Senza scomodare l’etica protestante, sono la nostra città. parole che uno potrebbe immaginare in boc- Se Marcello Biringucci l’avesse conosciu- ca a un patrizio di una tra le città della Lega to, avrebbe fatto suo un bellissimo prover- Anseatica, dove si emergeva col commercio, bio cinese: più che con la spada o la toga, e dove il buon “Chi costruisce il futuro, semina uomini”. nome e il rispetto dei cittadini contavano più Qualcosa di molto appropriato: anche ai del favore o della protezione di un princi- nostri tempi e nella nostra dolente Città. pe: la prova di uno spirito civico che univa l’Europa dalle sue nebbiose regioni fino alle Conclusioni nostre assolate campagne, più di quanto oggi Da quanto detto, si comprende che Mar- tentino di fare certe iniziative comunitarie. cello Biringucci fu un tipico personaggio Penso, perciò, che ricordare Marcello dell’Antico Regime, nel quale i suoi migliori Biringucci sia un dovere civico; non senza esponenti non separavano il diritto alla ric- la speranza che l’esempio della sua premura chezza, necessaria ad assicurare splendore e per favorire opportunità e vocazioni ai mi- benessere alla propria famiglia, dal dovere di gliori giovani del suo tempo e di quelli delle contribuire all’onore e all’utile della Patria. generazioni future, induca qualcuna tra le Ne sono testimonianza anche le parole con istituzioni cittadine a far rinascere moderna- cui istituisce il fedecommesso: “E perché desi- mente quel suo benemerito Alunnato.

4. Stemma di famiglia, particolare del monumento. 71 1. Piazza della Signoria (Firenze), Jean de Boulogne detto il Giambologna, Monumento a Cosimo I granduca di Toscana (1594).

72 Considerazioni sul monumento a Cosimo I del Giambologna di Alessandro Leoncini

2. Jean de Boulogne detto il Giambologna, Monumento a Cosimo I granduca di Toscana, pannello di destra raffigurante l’ingresso di Cosimo a Siena il 28 ottobre 1560 (Firenze, piazza della Signoria).

28 ottobre 1560. Cosimo I de’ Medici, Cosimo è raffigurato come un condot- duca di Firenze e Siena, entra per la prima tiero: con indosso l’armatura regge con la volta in Siena dopo la definitiva caduta del- mano destra il bastone del comando e con la Repubblica e la concessione al ducato fio- la sinistra controlla facilmente il suo stallo- rentino da parte di Filippo II di Spagna della ne. Sull’alto basamento di marmo sono tre città e di quasi tutto lo Stato, a eccezione bassorilievi di bronzo raffiguranti i princi- dei Presidi maremmani. Nel 1594, vent’anni pali episodi della vita di Cosimo: la nomina dopo la morte, Cosimo, fondatore del Gran- a duca di Firenze, avvenuta nel 1537 dopo ducato di Toscana, viene celebrato dal figlio l’uccisione del cugino Alessandro de’ Medi- Ferdinando I con un imponente monumen- ci; l’ingresso a Siena nel 1560 e la nomina a to equestre di bronzo, il terzo realizzato in granduca di Toscana nel 1569. Italia dopo quello padovano dedicato al Di particolare interesse, per i dettagli ca- Gattamelata e realizzato da Donatello tra il richi di significato modellati dal Giambolo- 1446 e il 1453, e quello al Colleoni fuso per gna, è il pannello con l’ingresso a Siena. Venezia tra il 1480 e il 1488 da Andrea del Il corteo ducale entra in città da porta Verrocchio. Camollia preceduto da araldi con la tromba. La statua medicea, destinata a essere col- Cosimo, con la testa calva orgogliosamente locata in piazza della Signoria, di fianco ben eretta, è seduto, come un imperatore al Palazzo vecchio, fu commissionata allo romano impugnando ancora il bastone del scultore fiammingo radicato a Firenze Jean comando, da solo sopra un cocchio tirato da de Boulogne detto il Giambologna (Douai, due cavalli. Ai lati del cocchio sono alcuni 1529 - Firenze, 13 agosto1608). uomini, laceri e con le mani legate dietro 73 3. Particolare con Il duca Cosimo sul cocchio.

74 4. Particolare con I capitani fiorentini armati.

75 5. Particolare: I Senesi accolgono il duca Cosimo.

76 6. Particolare: I prigionieri senesi restituiti 7. Particolare: Allegoria dell’Arno.

8. Particolare: Allegoria dell’Arbia con il giglio di Firenze. 77 9. Il Marzocco all’inizio di Viale Machia- velli (Firenze)

78 10. La Lupa senese all’inizio di Viale Machiavelli (Firenze) le spalle: presumibilmente prigionieri senesi fiorentino a Montaperti il 4 settembre 1260, catturati durante la guerra e riportati in città “fece l’Arbia colorata in rosso”. come segno di riconciliazione. Per dare un’idea dell’importanza che la Il duca è seguito dai suoi capitani, con le battaglia di Montaperti aveva conservato corazze, le armi – uno tiene la mano sull’el- nella cultura collettiva e popolare basta ri- sa della spada – e l’elmo in testa, accompa- cordare che il 28 aprile 1502 Simone di Nic- gnati da numerosi fanti. colò di Nardo, il primo cittadino senese a Da Siena, per accogliere il duca, è usci- intraprendere la nuova arte della stampa, ta la signoria a cavallo, ma senza armi e, in pubblicò il suo primo libro, La sconficta di segno di umiltà, a capo scoperto. Un parti- Monte Aperto del domenicano senese Lan- colare che, confrontato con l’alterigia con la zillotto Politi. Simone poteva stampare un quale i capitani fiorentini indossano i loro, libro su qualsiasi argomento, filosofia, giuri- è già indicativo dell’umiliazione che doveva sprudenza, medicina, teologia eccetera, ma subire la città in quell’occasione. scelse Montaperti. E nel titolo non volle ce- Ma la volontà del granduca Ferdinando lebrare la vittoria della propria città, vanifi- di raffigurare più chiaramente possibile la cata nove anni dopo dalla battaglia di Colle sottomissione di Siena, secolare nemica di Val d’Elsa che sancì la supremazia guelfa e Firenze, giunse a ben altre sottigliezze. In fiorentina sulla Toscana, ma preferì ricor- basso, sotto al gruppo dei capitani fioren- dare la sconfitta subita da Firenze, preziosa tini, è raffigurato un vecchio con una broc- perché pressoché unica. ca: facile allegoria dell’Arno. All’altro lato, Una sconfitta storica, resa immortale sotto le mura di Siena è un’altra allegoria, dai versi del Poeta, che ai fiorentini pesa- corrispondente ma femminile: l’Arbia. E in va ancora dopo aver conquistato Siena. E mano l’Arbia stringe un giglio: il Giglio di ora, che Siena era stata finalmente domata, Firenze. anche l’Arbia, col giglio che il Giambolo- Il fiume, come scrisse Dante, che “la stra- gna le aveva messo in mano, era divenuta ge e il grande scempio” subito dall’esercito fiorentina.

11. Ingresso di Cosimo I a Siena 79 1. Giuseppe Zocchi (m. 1767), Veduta de La Piazza del Canpo in occasione della venuta a Siena di Francesco Stefano di Lorena e Maria Teresa d’Austria (Collezione Banca Monte dei Paschi di Siena, g.c.); particolare con palazzo Cerretani al centro.

80 Discorsi di Potere, discorsi di nobiltà: la famiglia Cerretani e dintorni* di Mario Ascheri

1. Qualche doverosa premessa sabilità precise anche militari secondo una Questa opportunità mi permette di riapri- tradizione plurisecolare: il vero nobile è san re il discorso sulla nobiltà a Siena che per Martino, che divide il mantello, è il pro- tanto tempo è stato tenuto sotto le righe per tettore dei deboli, è il cavaliere per il quale puri motivi ideologici. La luminosa Nuova l’onore è valore fondamentale, associato da Italia, non quella del Risorgimento, ma del noi alla fede cristiana, ovviamente. Dopoguerra fece fare un incredibile balzo al Bene, da noi gli studi sono rari, tutto Paese in macerie, ma facilitò anche una sto- sommato anche a Siena: pensate ad esem- riografia spesso molto ideologizzata perché pio quanto si parli e si sappia del club tipico impegnata politicamente per un certo schie- della nobiltà a Siena, quello degli Uniti, che ramento politico. Ad esempio, Giampaolo infatti non hanno una storia recente, mo- Pansa (e prima di lui il grande Renzo De dernamente intesa. Eppure parlare di nobil- Felice, propriamente storico) ne sa qualcosa tà è parlare di classe dirigente e delle norme per essersi occupato – non per primo, ma per via via poste per la sua formazione e prote- primo con larga audience – di vicende non zione. Trasposto al giorno d’oggi il discorso propriamente edificanti di gruppetti della è omologabile a quello sui partiti: formazio- Resistenza in alcune aree calde del Paese. ne, controllo, responsabilità sono gli snodi Un altro tema politicamente ‘non cor- fondamentali di ogni élite. retto’ è stato per tanto tempo quello della Chiarire questi processi è fare chiarezza nobiltà, istituzione retaggio del passato, da sul passato, che talora si preferisce mettere cancellare – come voleva la Costituzione - tra parentesi. Ad esempio, è chiaro che su se non da tollerare ma con qualche disprez- questo problema si consumò la Repubblica zo, spesso inespresso naturalmente. di Siena: ci volle almeno un secolo, ma alla Parlare di nobiltà però è parlare di tanti fine i capi di quel ceto dirigente furono dav- secoli di storia italiana, fino a ieri o l’altroieri vero ‘bravi’. Non affrontando con successo - quando al Monte dei Paschi non si entrava il problema della nobiltà, riuscirono non in Deputazione se non nobili, come più re- tanto a consegnare la Repubblica al nemico centemente è avvenuto a favore dei partiti… giurato di sempre, quanto a rinunciare alla Parlare di nobiltà è parlare di Potere e di Libertà e alla caotica anche ma libera forma- legittimazione al potere, perciò è tanto de- zione delle élites degli ultimi anni. Di quel- licato. E il Potere per tanto tempo è stato la secolare crisi della Repubblica sappiamo ammantato dalla magica parola di nobiltà, poco1, tutto sommato, anche per questo: che legittimava, perché voleva indicare una perché non ci si è chiariti il quadro entro il tradizione di comando radicata, con respon- quale essa va inserita – un po’ come avviene

*Dalla conferenza tenuta nella Sala degli Specchi na nel Rinascimento: istituzioni e sistema politico, Siena, il 23 febbraio 2018; un commento in http://www.ilcit- il Leccio 1985, e ne ho fatto una sintesi agevole in La tadinoonline.it/cultura-e-spettacoli/la-nobilta-siena/ storia di Siena dalle origini ai giorni nostri, Pordenone, 1 Cominciai ad impostare le sue origini con Sie- Biblioteca dell’Immagine 2013. 81 ora, che giriamo intorno al problema della crisi nazionale senza risultati eccellenti, di- ciamo così. I nobili (come oggi i politici) vanno visti nel loro concreto operare: non furono tut- ti uguali, né tutti positivi, né tutti negativi; bisogna saper distinguere: la loro presenza millenaria ha avuto alti e bassi, e per Siena in certi periodi hanno voluto dire moltissi- mo. Non tutti i nobili, ma tanti di loro. An- che perché qui ce ne furono più che altrove dal secolo XVI per la loro origine repub- blicana, ed avevano caratteristiche proprie, come notò acutamente come sempre Pietro Leopoldo nel ‘700. Del resto, i Rozzi stessi il problema del- la nobiltà lo hanno vissuto sin dall’inizio e ancora oggi ricordiamo naturalmente la loro auto-rappresentazione, contrapponen- do i nobili Intronati ai ‘popolari’ Rozzi2. 2 Bassorilievo marmoreo di papa Alessandro III (Collezio- Ma bisogna distinguere i tempi e comunque ne privata, Siena). mancano ancora tanti accertamenti analitici necessari per poter dire qualcosa di preciso. dinelli più illustri, Guido, quello della presa di Damietta del 1219 durante una crociata, che forse perché molto attivo nell’edificazio- 2. Una traccia di lettura ne di immobili in Siena era detto ‘di Palaz- Che la nobiltà poggi su storie comples- zo’, donde i suoi discendenti detti Palazzesi se lo mostrano bene i Cerretani, sui quali per indicare questo loro ramo. possediamo un libro recente di Luca Fusai3. Cerretani e Bandinelli, quindi. Altre de- Molto utile perché l’autore ha dovuto dar nominazioni coinvolte in questo contesto conto dei mille personaggi che ha incontra- di famiglie illustri furono i Paparoni che così to, non solo Cerretani, ma anche con quelli amarono designarsi4 fino al Trecento (per a loro connessi. Pertanto il libro è una selva riprendere solo più tardi il loro prestigioso di nomi, ma non ci si perde, come nella sel- nome originario) essendo dei Bandinelli va che circonda ormai il castello di Cerreto, discendenti del primo grande papa senese: grazie all’indice dei nomi. Fatti e documenti Alessandro III, professore bolognese prima si accavallano molto fitti, specie nella prima e poi grande papa fiero e vincente avversa- parte e i nomi medievali, privi di cognomi, rio del Barbarossa e quindi anche della sua com’era la regola prima del Duecento, non stessa città, tutta favorevole all’Impero an- sono così facili anche perché si ripetono di che con i suoi parenti, del ceto dirigente di generazione in generazione. quel tempo. Il papa ebbe modo di rappa- In quegli anni era operativo uno dei Ban- cificarsi nei suoi ultimi anni, dopo la pace

2 Utile l’edizione aggiornata dei Cinque secoli dovrebbero essere più conosciuti a Siena. Purtrop- all’ombra della Sughera, a cura di E. Pellegrini e P. Li- po si ignorano benemeriti studiosi ‘forestieri’ che si gabue, Accademia dei Rozzi, Siena 2019. occupano di Siena… Questo libro, ad esempio, è 3 Mille anni di storia attraverso le vicende della fa- ignorato dall’ecomuseo del Chianti, che ha on line miglia Cerretani Bandinelli Paparoni, Pisa, Ets 2010. una bella scheda, peraltro, sul castello di Cerreto Forse non a caso il libro è stato pubblicato a Pisa, Ciampoli. dato che là sono numerosi gli studiosi di storia della 4 Nei documenti più spesso compaiono col nome 82 nobiltà senese (sulle tracce di Danilo Marrara), che seguito da ‘del Papa’. 3 Sigillo dei signori del castello di Cerreto riportato all’anno 1090 (dono famiglia Cerretani Bandinelli Pa- paroni all’Archivio di Stato di Siena). col Barbarossa, ma non è sicuro che abbia consacrato la nuova cattedrale di S. Maria. Il fatto importante è che Alessandro rafforzò 4 Insegna di Matteo di Niccolò Cerretani, vicario il profilo culturale della curia senese, che in per Firenze al Comune di Certaldo (Palazzo Preto- pochi decenni piazzò alcuni suoi personaggi rio, ceramica di scuola robbiana, 1495). in posizione centrale presso il papa a Roma. E quale papa! Si parla di Innocenzo III, con gnatico), dove Siena benevolmente riconob- cui veramente la Chiesa di Roma divenne be a un certo punto di non aver mai acqui- signora d’Europa e con la raccolta delle de- sito dei diritti5, ma soprattutto importante cime, fatta come mai prima, fece la fortuna strategicamente sul delicatissimo confine dei banchieri senesi e, in prospettiva, quella verso Volterra-Pisa fu il castello della Selva, durevole di Siena. che loro assicurarono alla Repubblica che ne Ma il nesso Cerretani Bandinelli Papa- ebbe sempre molta cura – come del resto roni presente nel cognome del suo rappre- avvenne per Cerreto. sentante nostro accademico Lando? Il nesso Insomma, siamo di fronte a famiglie è certamente antichissimo e probabilmente di origine altomedievali e quindi di stirpi legato all’acquisto di diritti nelle aree a nord germaniche sopravvenute in età carolingia di Siena, dove li troviamo nel fortissimo ca- come quel Guinigi dei Berardenghi di cui stello di Cerreto, ma anche a Scorgiano o ad il Fusai ipotizza la discendenza da un pos- esempio anche patroni della pieve di S. Fe- sibile Bandinelli che secondo la tradizione lice in Pinci, contestata ma riconosciuta an- sarebbe arrivato in Italia con Carlo Magno. cora nel 1700 ad essi dal vescovo di Arezzo Senza entrare nel pelago della tradizione, competente in quel territorio. Il loro attivi- è certo che siamo comunque alle élites che smo li portò ad acquisire anche diritti cospi- nel 1100 hanno fatto la fortuna di Siena, cui ad Asciano e in tutta l’area circostante. con quelle più antiche come Ugurgieri, Il cosiddetto Palazzo Corboli con il suo bel Rinaldini, Malavolti e Maconi. Rispetto a museo dovrebbe chiamarsi Bandinelli, ed queste famiglie i Cacciaconti, Sansedoni e infatti reca tracce evidenti anche araldiche Albizzi sono più recenti (per Siena, benin- della loro proprietà nel castello. Poi, in Ma- teso: intorno 1200), e più recente ancora i remma vantavano ad esempio il possesso di Salimbeni che ebbero un incredibile exploit Stertignano (oggi nel Comune di Campa- solo da metà ‘200.

5 Però compare nella cosiddetta ‘messa a contado’ del 1436, anche se di consistenza minore. 83 5 Bernardino Mei (m. 1676), Il Beato Niccolò Cerretani (Collezione privata, Siena)

84 6 Soffitto a Palazzo Cerretani di Firenze (ora della Regione Toscana).

Ma sono comunque famiglie che, con Tolomei e Piccolomini, non potevano non turbare il ‘pacifico stato’ della città in quel magnifico Duecento di grandissimo svilup- po. La loro cultura cavalleresca era utile per condurre le truppe, e quasi ogni anno c’era una campagna militare, ma li portava anche a quella vita nobiliare che con gli splendidi e ammirati tornei alimentava anche vendette atroci, che aprivano spirali di violenza con- tinua in città. I mercanti, cui appartenevano anche al- cune di queste famiglie, dopo la sconfitta ghibellina vollero porre un punto fermo nel 1277, escludendo dal massimo organo di go- verno i cosiddetti ‘casati’, poco più di una 50ina di famiglie in cui si ritrovano le nostre tre, naturalmente. Ma non tutti i ‘grandi’ erano uguali ed i Cerretani, ad esempio, su- birono il fascino dell’imperatore ai primi del Trecento anche se tornarono presto all’ob-

7 Stemma della famiglia Cerretani Bandinelli Paparoni bedienza al Comune. I Bandinelli furono (Collezione privata, Siena). più flessibili e pertanto, nonostante fossero 85 8-9 Il torrione Cerretani prima del terremoto del 1798 (Collezione privata, Siena).

Tra i moltissimi particolari importanti che emergono dal libro del Fusai, ricordo ad esempio la formazione del palazzo Cerretani in piazza del Campo, con la sua torre che il Comune stesso non volle che fosse sbassata a un certo punto tanto era importante con i suoi colori bianco e nero. Purtroppo il ter- remoto del 1798 lo danneggiò fortemente dei casati esclusi dal governo, furono spesso come avvenne per altre loro proprietà di cui membri attivi in consiglio comunale e so- c’è abbondanza di documentazione. Ma che prattutto sono famosi per l’addobbamento a i Cerretani, tra i mille indizi, nutrissero qual- cavaliere di uno di loro nel 1326: il governo che impertinenza per quei governi ‘popolari’ concesse loro di fare una festa grande per 8 che li escludevano risulta bene anche da un giorni in piazza che comportò giochi d’armi singolo episodio del 1413: allora uno di loro e pranzi luculenti per centinaia di persone. disegnò un bel fallo sulla porta di uno dei Il racconto di un fatto così grandioso ha Nove governatori di Siena! avuto varie testimonianze, ma non è impos- Eppure con Pio II ci fu una temporanea sibile che fosse volutamente grandioso per riscossa a Siena, mentre fu per loro durevole far vedere di cosa era capace Siena in quel l’accesso alle cariche ecclesiastiche e cavalle- tempo di predominio degli Angioini, che resche nell’ordine toscano di Santo Stefano spadroneggiavano come volevano in Tosca- ma anche in quello sovrano di Malta. Tra na, e a Firenze soprattutto, la cui centralità Cerretani e Bandinelli molti furono i vesco- 86 come capitale della Toscana lo richiedeva. vi e i cardinali, poi favoriti dall’altro gran- 10 Veduta del Castello di Cerreto oggi (Castelnuovo Berardenga, Siena).

de papa senese Alessandro VII, Chigi. Fu nelli dove una Cerretani era sposa, testimo- il tempo dei Cerretani protettori come mai nianza di quei matrimoni frequenti entro la prima forse dell’arte (sono anche in duomo nobiltà che portarono a un declino proprio con una vetrata importante) ma le sorprese nel ‘700 della nobiltà tradizionale. migliori si trovano tra le 89 fotografie che Se si comparano infatti le famiglie nobi- corredano il libro: lì ritroviamo vari quadri li antiche con quelle attestate dalla grande di Bernardino Mei, definito il pittore dei riforma innestata dalla legge del 1750 le sor- Cerretani (e possibile protagonista di una prese sono tante. Ma i Cerretani sono pre- auspicata grande mostra, dopo quella di senti anche con grandi personaggi, come tempo fa). quello inviato dal Granduca al congresso Militari, religiosi, personaggi vicini a san- di Vienna, mentre l’ultimo Bandinelli a ta Caterina naturalmente, come lo Stefano metà Settecento, contro il volere dei Cerre- che l’accompagnò ad Avignone, mentre Bia- tani che li giudicavano dei parvenus, passò gia aveva sposato Giovanni Colombini e ne il patrimonio ai Bianchi per primogenitura condivise la vita durissima di povertà. e dette vita alla florida fortuna dei Bianchi Per l’età moderna è difficile parlare di Bandinelli. nobiltà decaduta per loro, come pure di Ma i Cerretani continuarono a distin- nobiltà parassitaria. Non solo furono attivi guersi anche nell’anticonformismo: ricordo nell’arte della lana, ma a un certo punto si quel Pietro mazziniano, arrestato, deputato dedicarono attivamente al tokai e alle pata- del Guerrazzi poi eletto nella circoscrizione te: ebbero più fattorie molto floride sparse di Montalcino, il cui figlio Filippo fu ga- nel territorio senese-grossetano. Nel 1717, ribaldino dei Cacciatori delle Alpi! Da lui quando l’austera Violante di Baviera fu a derivò il lascito al nipote Federico, valoroso Siena bene accolta e fonte di mille speranze combattente nelle due guerre mondiali, che per i Senesi, una visita eccezionale la fece a il Lando nostro accademico dei Rozzi ricor- piedi in Pantaneto al grande palazzo Bandi- da bene… 87 1. Un’edizione delle opere di W. Shakespeare

88 Michelangelo e John Florio: che rapporto con Shakespeare? a cura di Istituto di Studi Floriani

Pochi in Italia conoscono l’esistenza di due grandi umanisti, padre e figlio, Miche- langelo e John Florio, che ebbero un ruolo fondamentale nella diffusione in Inghilterra della cultura del Rinascimento italiano e dei classici greci e latini. L’Accademia della Crusca ha scritto in termini entusiastici del vocabolario italiano- inglese di John1, il cui padre, Michelangelo già frate francescano da Figline e guardiano del Convento di S. Croce a Firenze, incarce- rato dall’Inquisizione per 27 mesi e poi fug- gito nel 1550 a Londra (dove nacque John) donde dovette rifugiarsi in Svizzera (come il nostro Bernardino Ochino) dopo l’asce- sa al trono d’Inghilterra di Maria Tudor, la Cattolica. La questione, interessante e molto di- scussa, riguardante la riconducibilità delle opere di Shakespeare ai due Florio fu lan- ciata dal giornalista Santi Paladino, che, per primo, propose la c.d. “Tesi Floriana”, 2 Ritratto di John Florio, precettore di Anna di Danimarca, in un volume del 19552, anche sulla base regina d’Inghilterra della voce Shakespeare, dell’Encyclopædia Bri- tannica ( IX ed.), che evidenziava importanti infine qualificato come literary associate to “prestiti” shakespeariani dall’opera di John, whom he [Shakespeare] felt personally indebted3.

1 Dal comunicato del 16 novembre 2013: “Il vo- accademiadellacrusca.it/sites/www.accademiadellacru- cabolario di [John] Florio rappresenta il primo grande con- sca.it/files/articoli/2013/11/16/cstampafloriobncf.pdf tributo alla lessicografia bilingue anglo-italiana ed europea. L’occasione fu offerta dalla pubblicazione del diziona- Quest’opera, che precede anche il Vocabolario degli Accademi- rio di John Florio, A Worlde of Wordes, a critical edition, ci della Crusca (pubblicato a Venezia nel 1612), è oggi forse with an introduction by Herman W. Haller (University poco conosciuta, ma si rivelò uno strumento fondamentale per of Toronto Press, 2013), corrispondente estero dell’Ac- la diffusione dell’italiano nell’Inghilterra rinascimentale. A cademia. Il volume fu pubblicato sotto l’egida, fra gli Worlde of Wordes registra circa 46.000 vocaboli italiani, in altri, del nostro Ministero degli Affari Esteri e del Mini- gran parte ricavati dai maggiori autori della letteratura italia- stero per i Beni e le Attività Culturali. A tale dizionario, na del ’300 e del ’500, molti dei quali (come l’Aretino) erano seguì nel 1611 un ulteriore dizionario con circa 74.000 stati inseriti nell’Indice dei libri proibiti. Ma, accanto a tan- vocaboli italiani. te voci letterarie, presenta anche un numero considerevole di 2 S. Paladino, Un Italiano autore delle opere Shakespe- termini scientifici, dialettismi ed espressioni idiomatiche (…) ariane, Gastaldi Editore, Milano, 1955; un suo scritto In Inghilterra John Florio si dedicò costantemente all’insegna- precedente fu: Shakespeare sarebbe il pseudonimo di un mento e alla promozione della lingua e della cultura italiana, poeta italiano, Borgia, Palermo 1929. attraverso la pubblicazione di vari manuali di conversazione 3 “un letterato associato verso cui [Shakespeare] si e, soprattutto, con il dizionario del 1598.”, in http://www. sentiva personalmente in debito”. Il paragrafo di interes- 89 Gli studi del Paladino furono poi ripresi, dal francese all’inglese, pubblicata nel 1603. approfonditi e accuratamente documentati, John, per sua stessa ammissione, mentre ave- da Saul Gerevini4 e da Lamberto Tassinari5. va un accento italiano nel suo inglese parla- Gli studi di Gerevini sono orientati so- to, era in grado di scrivere l’inglese proprio prattutto sulla straordinaria figura di John come un inglese puro-sangue; se non vi fos- Florio, un grande diffusore e propagatore se stata la sua firma, nessuno avrebbe mai della lingua e della cultura italiana e rina- potuto dubitare di ciò. scimentale in quel mondo inglese in piena Nel 1620, fu anche pubblicata una sua ascesa, nella fase di esordio di un immenso magistrale traduzione del Decameron di Boc- impero coloniale e della nascita di una nuo- caccio. La paternità, in capo a John Florio, va “lingua universale”. di tale traduzione è stata recentemente con- Lo studio di Tassinari riguarda anche la fermata in un importante studio da Laura figura di Michelangelo Florio e sottolinea, Orsi, la quale ha anche compiuto una prima in particolare, i profili del tema del trasfe- analisi comparata linguistico-stilistica fra le rimento della cultura rinascimentale in In- opere di John Florio e quelle di Shakespeare. ghilterra, accolta in modo particolarmente Tale analisi si conclude con l’affermazione caloroso grazie alla vasta cultura classica e della “perfetta compatibilità della creativi- teologica di Michelangelo. Egli fu maestro tà linguistica di Shakespeare con quella di di italiano di Jane Grey - la futura regina per John Florio: la loro osmosi”6. nove giorni - ed ebbe sicuramente contatti anche con la stessa Elisabetta. Michelangelo Quando John Florio, giusta la “Tesi Flo- Florio negli anni del suo esilio nei Grigioni riana”, utilizzando anche manoscritti e bro- svizzeri mantenne la sua relazione con Eli- gliacci paterni, decise di estendere il campo sabetta cui dedicò una sua importante tra- delle sue opere (esorbitando da quelle legate duzione nel 1563, anche in vista del ritorno al suo ruolo di insegnante della lingua e del- in Inghilterra del figlio John, che si dedicò la cultura italiana) e scrivere opere teatrali, all’insegnamento della lingua e della cultura appartenenti alla letteratura inglese, dovette italiana. necessariamente avvalersi della collabora- I principali suoi lavori, pubblicati a Lon- zione di un intraprendente giovane inglese, dra a proprio nome, sono legati alla sua at- attore e impresario teatrale, che poteva in tività di insegnante della lingua italiana e vario modo facilitare la diffusione e la rap- traduttore: i manuali di lingua italiana First presentazione dei testi (a quest’ultimo attri- Fruits (1578) e Second Fruits (1591) e i due, buiti); un’opera letteraria inglese, destinata già citati, dizionari italiano-inglese del 1598 alla sua diffusione nel Regno e nelle colonie, e del 1611. Un vero e proprio capolavoro non poteva che essere stata scritta da un in- è la sua traduzione dei Saggi di Montaigne glese puro-sangue. L’ambito e l’estensione

se della voce Shakespeare - scritta da Thomas Spen- Florio, Giano Books, 2008. Il professore dell’Univer- cer Baynes (si veda http://www.1902encyclopedia. sità di Montreal ha discusso la sua opera maggiore com/contributors.html ) - nell’ed. IX, è anche (Florio alias Shakespeare, Le Bord de l’eau, Lormont leggibile nel sito ufficiale dell’Encyclopædia Britan- 2016) il 1 aprile 2019 alla Biblioteca Comunale degli nica, http://www.1902encyclopedia.com/S/SHA/ Intronati di Siena. william-shakespeare-31.html Tuttora, la famosa ed. 6 L. Orsi, William Shakespeare e John Florio: una IX è conosciuta come la “Scholar‘s Edition”, l’Edi- prima analisi comparata linguistico-stilistica, del 2016, zione dello Studioso per i suoi alti standard intellettuali in https://www.academia.edu/31443819/William_ (“for its high intellectual standards”), come si precisa Shakespeare_e_John_Florio_una_prima_analisi_com- nel sito ufficiale dell’Encyclopædia Britannica, http:// parata_linguistico-stilistica; della stessa studiosa è www.1902encyclopedia.com/about.html. imminente la pubblicazione di un volume intitolato 4 S. Gerevini, William Shakespeare, ovvero John Flo- Avventure mediterranee di Shakespeare in arte John Florio. rio: un fiorentino alla conquista del mondo, Pilgrim edi- Laura Orsi è docente presso la Franklin University zioni, Aulla, 2008. Switzerland (FUS) di Lugano e presso la Scuola Su- 90 5 L. Tassinari: Shakespeare? È il nome d’arte di John periore per Mediatori Linguistici (SSML) di Padova. di questa collaborazione tra John Florio e il quale - oltre a completare il medesimo William di Stratford (semplice “facilitator” percorso italiano del Roe - ha poi esteso le per la diffusione dei testi teatrali, o anche proprie indagini in Grecia, nel Mediterra- responsabile di aggiustamenti dei testi in neo meridionale, in Dalmazia, in Francia fase di rappresentazione, o altro ancora) è e quindi in Svizzera; tutti luoghi nei quali un aspetto interessante e oggetto di accurato Michelangelo Florio si era recato nei suoi approfondimento da parte di alcuni studio- viaggi e che si ritrovano descritti nelle ope- si. I rapporti fra i due personaggi sono sta- re di Shakespeare. ti anche investigati da Vito Costantini, che L’approfondimento di Massimo Oro ha segnalato, al riguardo, un’inusuale voce Nobili10, ha segnalato l’influenza sui lavori “Florio” nel dizionario del 16117. di Shakespeare delle opere di veneziani di adozione come Tiziano Vecellio e Pietro Sulla vita di Michelangelo Florio le ri- Aretino, comprovato amico di Michelange- cerche sono state approfondite nei tanti lo Florio, come da documentato carteggio luoghi in cui egli visse ed operò sia in Italia epistolare. che all’estero. Lo statunitense Richard Paul Gli studi sulla paternità delle opere di Roe8 ha svolto un approfondito lavoro in Shakespeare hanno, come fine ultimo, so- molte città italiane individuando in ciascu- prattutto quello di consentire al lettore una na di esse elementi topici che riconducono migliore comprensione dei suoi testi, alla ai luoghi descritti nei testi shakespeariani. luce della vita dei suoi veri autori11. Contemporaneamente, analoga indagine E di gettare qualche ulteriore luce sul è stata svolta da Corrado Sergio Panzieri9, teatro dei Rozzi?

La Rivista invita gli studiosi di questa querelle ad intervenire con contributi argomentati

7 V. Costantini, William Shakespeare, Messaggi in fica dei Florio, Tricase (Lecce), Youcanprint Self- Publi- codice, Youcanprint Self-Publishing, Tricase (LE), 2015. shing, 2016. Sulla questione della paternità delle opere di Shake- 10 M.O. Nobili, Il caso Shakespeare: l’influenza dei di- speare, si vedano anche, a favore della “Tesi Floriana”, pinti di Tiziano e degli scritti di Pietro Aretino (amico di Mi- R. Romani e I. Bellini, Il segreto di Shakespeare – Chi ha chelangelo Florio) sulle opere shakespeariane Venere e Adone e scritto i suoi capolavori?, Milano, Mondadori editore, Amleto, 2018, in www.shakespeareandflorio.net ottobre 2012. 11 Antonio Socci, pubblicista e direttore della Scuo- 8 R.P. Roe, The Shakespeare Guide to – Retracing la di giornalismo di Perugia, ha aderito ai risultati delle the Bard‘s Unknown Travels, Harper Collins, New York, ricerche relative alla paternità dei Florio sulle opere di 2011. Shakespeare in Riprendiamoci Shakespeare, in Traditi, sot- 9 C. Panzieri, Il caso Shakespeare e la revisione biogra- tomessi, invasi, Rizzoli, Milano 2018, pp. 101-119. 91 La Sala degli Specchi dopo un concerto

92 Attività culturale dei Rozzi nel primo semestre 2019

Numerosi avvenimenti di carattere cultu- Mozartiana con Francesco Grassi al clarinet- rale si sono susseguiti, come da tradizione, to, Fiammetta Casalini ed Emanuele Cali- nella nostra Sala degli Specchi. giuri violini, Aurora Arcudi alla viola ed al violoncello Riccardo dalla Noce, seguita dal Le conferenze sono iniziate con il Dr. concerto di Emanuele de Luca e Leonardo Ettore Pacini che ci ha spiegato “il perché, Rossi violini solisti, Luca Cubattoli viola so- il dove e il come” di un giardino, mentre lista diretti dal Maestro Carlomoreno Vol- le Prof.sse Marie-Ange Causarano e Maria pini che hanno eseguito musiche di Bach e Elena Cortese ci hanno intrattenuto sulla Alessandro Rolla. La soprano Bianca Barsan- Siena dei secoli VIII e XIII, illustrandoci le ti accompagnata al “fortepiano” da Michele novità della ricerca storica ed archeologica Salotti ha cantato brani di Mozart, Bellini, su quei secoli tanto complicati e poco stu- Donizzetti e Shubert. Le musiche di Chaus- diati. son e Sostakovic sono state suonate dal Dopo aver fatto una visita guidata nei lo- quartetto Fiordaliso (Giacomo Nesi e Virgi- cali dell’ex-ospedale psichiatrico S. Niccolò nia Capozzi al violino, Giulia Guerrini alla ed al bellissimo museo delle Pie Disposizio- viola, Francesco Canfailla al violoncello) e ni, le Dott.sse Martina Dei e Valentina De da Luca Rinaldi al violino e Marco Guerrini Rubertis ci hanno raccontato la storia del al pianoforte. Dal violino e dal pianoforte “manicomio” attraverso i progetti dei suoi di Eckart e Batia Lorenzen abbiamo ascol- edifici. tato musiche di Brahms, Beethoven, Bach, La quarta conferenza ha visto il nostro Kreisler ed altri; per finire abbiamo avuto il socio Dr. Giacomo Zanibelli, coadiuvato concerto con i vincitori delle borse di studio dal Dr. Vito Ricci, impegnato nella non fa- dell’ISSM Rinaldo Franci. cile spiegazione dell’utilizzo delle metodo- Gli altri quattro concerti sono stati del logie quantitative nel campo della ricerca Duo Michelangelo, con Marco Lorenzini al storico-economica. violino e Patrizia Pinto all’arpa, che hanno Il Dr. Marco Antonio Bellini ci ha illu- eseguito un ampio programma da Mascagni strato l’importanza dell’assistenza alla croni- a Massenet e Chopin, comprensivo anche cità nella polipatologia a Siena e l’esperien- di musiche da film di Morricone e Nino za di A.Cro.Poli.S. Rota. Si è esibito il Duo Estense composto Nell’ultima conferenza del semestre ci è dalla flautista Laura Trapani e Rina Cellini stato spiegato dal Dr. Alessio Montagano il al pianoforte, con musiche di Mozart, Bel- pregio delle coniazioni della Repubblica Se- lini, Schubert e Donizetti. Il duo composto nese, con la presentazione di numerose mo- dal violino di Jalle Feest e dal pianoforte di nete originali provenienti da una collezione Sabrina De Carlo che ci ha fatto sentire mu- privata. siche di Mozart, Schubert ed un divertimen- to di Stravinskij, e abbiamo concluso con Undici sono stati i concerti, sette dei il concerto della soprano Tatiana Chiverova quali in collaborazione con l’Istituto Supe- e del tenore Francesco Anichini, accompa- riore di Studi Musicali “Rinaldo Franci”. gnati al pianoforte dal Maestro Mario Ful- Più precisamente ricordiamo: la serata lin, che ci hanno cantato “amori e passioni 93 nella lirica” (Rossini, Puccini, Bellini, Verdi, i “Topi Dalmata”, che hanno presentato Mascagni ed altri). “Acqua liofilizzata, trilogia della propagan- da #01” con gli apprezzati interpreti Silvia In collaborazione con l’AISLA (Associa- Priscilla Bruni, Margherita Fusi e Alberto zione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) Massi. nella nostra Accademia si è tenuta una sera- ta di “Poesia e Musica”. I ‘Rozzi conversari’, incontri informali Abbiamo presentato in anteprima il film tra i soci, sono stati condotti dai Proff. Ren- “Saltarello” di Tommaso de Sando con in- zo Marzucchi (Congiuntura economica at- terpreti tutti senesi. tuale e prospettive), Fausto Lorè (Gli ormo- ni: risorsa o minaccia?), Raffaele Bonanni In collaborazione con il Lions Club di (Le nuove terapie oculistiche mediche e chi- Siena sono stati presentati gli atti del con- rurgiche), Walter Livi (Prevenzione dell’ipo- vegno “Bullismo e Cyberbullismo: come acusia (sordità) nei giovani), Vinicio Serino prevenirlo e contrastarlo” e della “Carta di (Siena segreta). intenti interistituzionali per il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo” con Infine, in occasione della festa di San tantissimi interventi tra cui quello molto in- Giovanni, patrono dell’Accademia, ha avuto teressante del Prof. Alessandro Meluzzi. luogo la presentazione della pubblicazione del numero 50 di questa rivista, interamen- Abbiamo anche accolto nella nostra Sala te dedicato al completamento dell’edizione una sessione del Festival dell’Italiano e delle (iniziata nel numero 48) delle Quistioni e lingue d’Italia, la presentazione del IV pre- Casi di più sorte recitate in la Congrega de’ Rozi mio letterario “Città di Siena” e l’apertura per i Rozi, a cura di Claudia Chierichini, im- del Festival di Musica e Poesia Internazio- portante raccolta del primo Cinquecento nale di Siena. testimoniante la brillante e vivace attività Non è mancata una pièce teatrale con dei più antichi Rozzi.

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Alfredo Franchi, Mario Luzi: viaggio terrestre e celeste di Simone Martini con un Benvenuto di Mario Ascheri a Mario Luzi ...... pag. 002

Patrizia Turrini, Siena scomparsa. Storia del Torrazzo di mezzo e delle fortificazioni di Porta Camollia ...... » 014

Alessandro Dani, Aspetti storici della tutela boschiva in territorio toscano: alberi sacri, beni comunitari, normativa granducale ...... » 038

Vito Zita, Siena d’Etiopia ...... » 054

Paolo Neri, Il cav. Marcello Biringucci: un imprenditore senese di successo del XVII secolo...... » 66

Alessandro Leoncini, Considerazioni sul monumento a Cosimo I del Giambologna...... » 072

Mario Ascheri, Discorsi di potere, discorsi di nobiltà: la famiglia Cerretani e dintorni...... » 080

Istituto di Studi Floriani, Michelangelo e John Florio: che rapporto con Shakespeare?...... » 088

Attività culturale dei Rozzi nel primo semestre 2019...... » 92