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Parte I Lo stato delle componenti ambientali

1. La caratterizzazione delle componenti fisico/naturali

1.1. L’indagine sull’ambiente atmosferico

Con delibera 2 agosto 2007, nº 5290, la Regione Lombardia disponeva la zonizzazione ai sensi del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 3511 e della Lr. 24/2006 per l’attuazione delle misure finalizzate al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria e per l’ottimizzazione della rete di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico2, in applicazione della Dpr. 42 maggio 1988, n. 203 e a integrazione della Dgr. 19 ottobre 2001, n. 65013. La zonizzazione del territorio regionale4 è rilevante per la definizione dei limiti alle emissioni in atmosfera degli impianti di produzione di energia5, per la limitazione della circolazione e per i provvedimenti da adot- tare6 nel “Piano di Azione per la prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico” che la Re- gione approva d’anno in anno per il periodo invernale successivo: tale Piano contiene infatti le misure da at- tuare nel breve periodo affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite7 e delle soglie d’allarme, e vengano raggiunti i valori limite entro i termini normativi stabiliti. Con la Dgr. 10 ottobre 2007, n. VII/5547 è stato invece approvato l’aggiornamento del Piano Regionale per la Qualità dell’Aria (P.R.Q.A.), nato nel 1998 in collaborazione con Fondazione Lombardia per l’Ambiente, che raccoglie in modo coordinato l’insieme delle nuove conoscenze acquisite dal 2000 a oggi configurandosi come lo strumento di programmazione, coordinamento e controllo delle politiche di gestione del territorio riguardanti le azioni di miglioramento dei livelli di inquinamento atmosferico; esso permetterà un’azione complessiva di miglioramento della qualità dell’aria, orientata essenzialmente in due direzioni: la prima per il risanamento da attuare dove sussistano situazioni di criticità, ponendo in atto misure volte a ottenere il rispet- to degli standard di qualità dell’aria, la seconda come prevenzione e mantenimento dei livelli di qualità dell’aria in assenza di condizioni di criticità, con misure volte a evitare il deterioramento delle condizioni esi- stenti; il P.R.Q.A. offre dunque una sintesi conoscitiva sulle differenti tipologie d’inquinanti atmosferici e sui caratteri meteoclimatici che ne condizionano la diffusione8, necessari a supportare la futura politica di rego-

1 Il d.lgs. 351/99, in “Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente”, all’articolo 6, comma 8, dispone infatti il riesame della classificazione delle zone e degli agglomerati con cadenza almeno quinquen- nale, per le finalità e secondo i criteri stabiliti dal decreto stesso. 2 Lr. 24/2006, artt. 2, c. 2 e 30, c. 2); revoca degli Allegati A), B) e D) alla Dgr. 6501/01 e della Dgr. 11485/02. 3 Recante “Zonizzazione del territorio regionale per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente, ottimizzazione e razionalizzazione della rete di monitoraggio relativamente al controllo dell’inquinamento da PM10, fissazione dei limiti di emissione degli impianti di produzione di energia e piano d’azione per il contenimento e la prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico – Revoca delle dd.g.r. 11 gennaio 1991, n. 4780, 9 novembre 1993, n. 43079, 5 novembre 1991, n. 14606 e 21 febbraio 1995, n. 64263 e sostituzione dell’allegato alla dgr 11 ottobre 2000, n. 1529”. 4 Basata su molteplici criteri, tra cui: i.) la valutazione della qualità dell’aria, effettuata sia tramite la rete di rilevamento della qualità dell’aria, che con i modelli matematici di dispersione; ii.) l’analisi delle emissioni di specifici inquinanti nelle diverse aree del territo- rio, fondamentali per individuare le fonti e quindi per impostare corrette politiche di riduzione delle emissioni; iii.) le caratteristiche orografiche e meteoclimatiche del territorio, fondamentali sia nei processi di dispersione, accumulo e formazione degli inquinanti, sia in termini di efficacia di intervento; iv.) l’uso del suolo e, in particolare sulla densità abitativa, connessa sia alla vulnerabilità dell’area che alla densità emissiva del territorio; v.) la disponibilità di collegamenti pubblici, in particolare all’offerta di trasporto pubblico loca- le (TPL), importante soprattutto in relazione a determinati provvedimenti di limitazione della circolazione privata. 5 I limiti emissivi per gli impianti di produzione di energia definiti dalla normativa regionale sono contenuti all’interno dell’allegato C “Criteri e limiti di emissioni per gli impianti di produzione di energia” approvati con Dgr. n. VII/6501. 6 Ai sensi dell’articolo 7 del D. Lgs. 351/99. 7 Si richiama a tal proposito il decreto ministeriale 2 aprile 2002, n. 60 “Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossi- do di carbonio”. 8 A tal proposito si prende atto che sia i risultati del monitoraggio della qualità dell’aria, eseguito dall’Agenzia Regionale per la Pro- tezione dell’Ambiente (ARPA) della Lombardia mediante la rete regionale di rilevamento, integrata dal monitoraggio delle emissioni dai grandi impianti, col supporto del sistema informativo INEMAR (Inventario EMissioni in ARia), sia le simulazioni modellistiche e le evidenze scientifiche per quanto concerne specifici inquinanti, pur confermando che la concentrazione media di gran parte degli 98 lamentazione delle emissioni, e finora ha permesso di: i) conoscere il territorio identificando i diversi bacini aerologici omogenei ai fini della valutazione della qualità dell’aria e delle caratteristiche meteo – climatiche9; ii) conoscere le fonti inquinanti: realizzando l’inventario regionale delle emissioni Inemar10; iii) monitorare gli inquinati strutturando la rete di monitoraggio della qualità dell’aria; iv) contestualizzare i riferimenti nor- mativi integrando i diversi livelli normativi(comunitario, nazionale e regionale); v) identificare gli indicatori necessari per impostare e attuare i piani e programmi per migliorare la qualità dell’aria; vi) definire le priorità di intervento nei principali settori responsabili dell’inquinamento.

La collocazione dei comuni della Comunità Montana Valli del Verbano rispetto alla suddivisione del territo- rio regionale ai sensi del decreto legislativo 351/99 e della legge regionale 24/06 per l’attuazione delle mi- sure finalizzate al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente.

Rispetto al quadro normativo vigente in materia di tutela della qualità dell’aria, si riscontra che il territorio della Comunità Montana è interamente classificato in Zona C1 – zona prealpina e appenninica, caratteriz- zata da area caratterizzata da: - concentrazioni di PM10 in generale più limitate, rilevate dalla Rete Regionale di Qualità dell’Aria e confer- mate dalle simulazioni modellistiche; inquinanti tradizionali, quali il biossido di zolfo, il monossido di carbonio e il benzene, è progressivamente diminuita nel corso degli ultimi anni, evidenziano il persistere del superamento dei livelli stabiliti dalla vigente normativa per specifici inquinanti e in particola- re per le polveri fini (PM10), per l’ozono e per gli ossidi di azoto. 9 Ciò ha portato nel 2001 alla zonizzazione del territorio lombardo attraverso la Dgr. 19 ottobre 2001, n. 6501, recentemente aggior- nata dalla Dgr. 2 agosto 2007, n. 5290. 10 L’inventario regionale delle emissioni in aria di Regione Lombardia indica l’apporto dei diversi settori sulle emissioni dei principa- li inquinanti. 99

- minore densità di emissioni di PM10 primario, NOx, COV antropico e NH3; - importanti emissioni di COV biogeniche; - orografia montana; - situazione meteorologica più favorevole alla dispersione degli inquinanti; - bassa densità abitativa.

Prima di esaminare la componente atmosferica in maniera dettagliata è necessario precisare che i principali inquinanti che si trovano nell’aria possono essere divisi in due gruppi: gli inquinanti primari e quelli seconda- ri. Gli inquinanti primari vengono emessi nell’atmosfera direttamente da sorgenti di emissione antropogeni- che o naturali, mentre gli inquinanti secondari si formano in atmosfera in seguito a reazioni chimiche che coinvolgono altre specie, primarie o secondarie. Di seguito vengono riassunti, per ciascuno dei principali inquinanti atmosferici, le principali sorgenti di emissione.

Inquinante Tipo inquinante Principali sorgenti di emissione Biossido di Zolfo Primario Impianti riscaldamento, centrali di potenza, combustione di SO2 prodotti organici di origine fossile contenenti zolfo (gasolio, carbone, oli combustibili). Biossido di Azoto Primario/Secondario Impianti di riscaldamento, traffico autoveicolare (in partico- NO2 lare quello pesante), centrali di potenza, attività industriali (processi di combustione per la sintesi dell’ossigeno e dell’azoto atmosferici). Monossido di Carbonio Primario Traffico autoveicolare (processi di combustione incompleta CO dei combustibili fossili). Ozono Secondario Non ci sono significative sorgenti di emissione antropiche O3 in atmosfera. Particolato Fine Primario/Secondario Insieme di particelle con diametro aerodinamico inferiore ai PM10 10 μm, provenienti principalmente da processi di combu- stione e risollevamento. Idrocarburi non metanici Primario Traffico autoveicolare (processi di combustione incompleta, (IPA, Benzene) in particolare di combustibili derivati dal petrolio), evapora- zione dei carburanti, alcuni processi industriali.

Nelle tabelle che seguono sono presentate le emissioni atmosferiche suddivise per e per fonte (valori emissivi e percentuali). Appare evidente come, nella Comunità Montana, a livello di comuni siano , Gavirate e i princi- pali responsabili delle emissioni in atmosfera. Se per tutti i comuni i valori massimi di emissioni sul totale della Comunità Montana si assestano ad un massimo del 10-15% risalta particolarmente il comune di Cuvio responsabile di quasi il 75% delle emissioni di biossido di zolfo (SO2). A livello di fonte è evidente come siano il trasporto su strada e le combustioni (industriali e non), come si evince dalle voci evidenziate nelle tabelle, a costituire complessivamente le principali fonti di inquinamento per numerose sostanze: SO2 (99% circa), NOx (93% circa), CO (98% circa), CO2 (96% circa), PM10 (92% circa), PM2.5 (92% circa). Dalla tabella si possono trarre le seguenti considerazioni circa le fonti che contribuiscono maggiormente alle emissioni delle seguenti sostanze inquinanti: - SO2: il contributo maggiore (75%) è dato dalla combustione industriale, seguito dalla combustione non in- dustriale (21%). - NOx: la principale fonte di emissione è il trasporto su strada (58%), seguito dalla combustione nell’industria e non (35% circa). - COV: l’uso di solventi contribuisce al 34% delle emissioni, mentre altre sorgenti e assorbimenti contribui- scono per il 22% e la combustione non industriale per il 21%. 100

- CH4: per questo parametro le emissioni più significative sono dovute, per il 45% a estrazione e distribuzio- ne combustibili e, per il 25% a altre sorgenti e assorbimenti. - CO: il maggior apporto (60%) è dato dalla combustione non industriale, seguito dal trasporto su strada (35%) - CO2: i contributi principali, con un peso equivalente, sono il trasporto su strada (38%) e le combustioni non industriali (37%), seguite dalla combustione nell’industria (20%). - N2O: il maggior contributo percentuale (37%) è dovuto alla combustione non industriale, seguito dall’agricoltura (26%) e dalla combustione nell’industria (18%). - NH3: per questo inquinante le emissioni più significative sono dovute per il 75% all’agricoltura e per il 17% al trasporto su strada. - PM2.5 , PM10 e PTS: le polveri, sia grossolane, sia fini ed ultrafini, sono emesse principalmente dalle com- bustioni non industriali (rispettivamente 65, 61 e 68%) e dal trasporto su strada (rispettivamente 25, 28 e 22%). - CO2 eq: come per la CO2 i contributi principali sono le combustioni, sia non industriali (35%), sia industria- li (18%) e, per il 34%, il trasporto su strada. - Precursori O3: per i precursori dell’O3 le principali fonti di emissione sono la combustione non industriale (356%), l’uso di solventi (23%) e le altre sorgenti e assorbimenti (15%). - Tot Acidificanti: per gli acidificanti le fonti di emissioni principali sono il trasporto su strada (40%) e la combustione nell’industria (25%).

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Precurs. Tot. acidif. Comune SO2 NOx COV CO CH4 CO2 N2O NH3 PM10 PTS PM2.5 CO2 eq O3 (H+) Agra 0.54 2.55 23.31 38.03 4.91 1.10 0.23 0.19 1.66 1.76 1.59 1.31 30.68 0.08 0.40 12.38 53.30 77.85 28.67 4.08 1.31 7.89 3.66 3.95 3.44 5.15 77.37 0.75 Brenta 0.57 17.92 81.72 103.78 22.49 6.23 0.62 1.14 4.57 4.97 4.25 7.05 115.32 0.47 1.88 25.72 56.53 117.59 47.39 8.24 0.96 1.63 6.51 7.10 5.31 9.62 101.50 0.71 0.71 14.46 53.40 95.32 13.47 4.41 0.77 2.09 4.36 4.74 4.03 5.01 81.71 0.46 -Valtravaglia 0.91 23.13 94.37 82.51 13.75 7.18 0.76 2.13 3.93 4.41 3.52 7.81 131.86 0.66 0.67 12.58 55.76 75.95 36.88 4.17 1.72 11.14 3.42 3.72 3.18 5.59 79.98 0.95 0.43 9.76 47.62 60.66 11.45 2.89 0.65 2.29 3.35 3.67 2.87 3.38 66.35 0.36 0.71 5.79 42.95 53.01 4.16 2.23 0.57 0.70 2.45 2.62 2.32 2.54 55.90 0.19 1.17 21.07 100.24 123.61 92.23 7.50 1.20 4.67 5.51 6.00 5.11 10.00 140.83 0.77 1.94 46.48 152.75 254.95 57.44 17.67 1.79 4.98 10.95 12.03 10.06 19.78 238.31 1.36 Cocquio-Trevisago 3.38 58.36 204.77 309.14 63.74 20.08 2.51 6.02 13.77 15.16 12.63 22.63 310.87 1.73 0.29 3.07 35.62 20.66 4.51 0.48 1.00 1.98 1.19 1.25 1.14 0.90 41.70 0.19 1.46 35.58 118.06 197.21 38.57 12.43 1.16 1.26 8.77 9.51 8.17 13.89 183.70 0.89 Cuvio 130.92 126.82 77.68 101.46 35.68 39.82 7.99 6.03 5.93 8.08 5.72 43.19 244.06 7.20 1.61 9.21 87.45 78.65 13.45 3.86 0.85 1.39 3.48 3.70 3.31 4.53 107.53 0.33 Duno 0.27 1.19 13.14 14.78 0.86 0.71 0.17 0.04 0.66 0.69 0.63 0.79 16.22 0.04 Ferrera di 0.38 11.08 25.40 69.29 8.66 3.52 0.37 0.90 3.07 3.34 2.83 3.87 46.66 0.31 Gavirate 3.74 114.54 393.49 434.44 174.89 45.46 5.58 4.49 18.20 20.09 16.67 51.73 583.46 2.87 1.09 57.12 100.00 201.37 40.72 18.80 1.46 3.20 9.00 10.05 8.11 20.36 192.40 1.46 2.16 41.32 114.09 183.93 75.85 14.85 2.24 9.27 8.00 8.80 7.34 17.48 185.80 1.51 0.64 13.82 53.58 75.89 20.53 4.78 0.78 3.19 3.41 3.70 3.17 5.57 79.07 0.51 Lavena-Ponte 2.40 44.21 122.04 219.48 64.07 17.73 1.47 1.51 9.07 9.90 8.26 20.04 201.02 1.12 Luino 10.03 112.54 365.11 483.49 195.82 46.05 5.05 8.80 18.94 20.63 17.53 53.03 558.33 3.28 1.65 18.47 81.03 119.50 66.40 6.09 1.33 3.59 5.54 5.90 5.24 8.08 117.64 0.66 0.14 3.24 15.83 29.35 7.18 1.00 0.34 1.69 1.34 1.45 1.26 1.28 23.11 0.17 0.91 25.53 68.33 102.27 21.75 7.66 1.03 4.32 4.52 5.10 4.05 8.56 111.03 0.84 0.66 7.96 69.82 71.53 17.39 3.26 1.11 5.30 3.25 3.53 2.99 4.08 87.64 0.50 Orino 0.43 5.67 39.43 77.52 12.07 2.14 0.36 0.42 3.45 3.64 3.30 2.58 55.04 0.16 Pino sulla Sponda del L. M. 0.52 2.36 25.50 25.29 35.74 0.93 0.20 0.18 1.15 1.23 1.10 1.76 31.67 0.08 3.20 29.71 113.52 118.87 71.16 10.47 1.96 5.83 5.71 6.20 5.32 12.80 163.84 1.09 0.66 26.95 58.91 116.04 23.97 7.56 1.12 5.72 5.49 6.13 4.95 8.50 104.89 0.94 0.67 3.27 28.24 28.79 37.85 1.12 0.19 0.16 1.38 1.48 1.30 2.00 35.93 0.10 0.88 3.98 55.13 40.85 4.43 1.24 1.04 1.50 2.09 2.20 2.01 1.69 64.54 0.20 Totale 178.03 947.85 3028.10 4203.05 1368.10 335.71 49.86 115.63 187.78 206.72 172.66 386.60 4665.98 32.96

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Precurs. Tot. acidif. Comune SO2 NOx COV CO CH4 CO2 N2O NH3 PM10 PTS PM2.5 CO2 eq O3 (H+) Agra 0.3% 0.3% 0.8% 0.9% 0.4% 0.3% 0.5% 0.2% 0.9% 0.9% 0.9% 0.3% 0.7% 0.3% Azzio 0.2% 1.3% 1.8% 1.9% 2.1% 1.2% 2.6% 6.8% 1.9% 1.9% 2.0% 1.3% 1.7% 2.3% Brenta 0.3% 1.9% 2.7% 2.5% 1.6% 1.9% 1.2% 1.0% 2.4% 2.4% 2.5% 1.8% 2.5% 1.4% Brezzo di Bedero 1.1% 2.7% 1.9% 2.8% 3.5% 2.5% 1.9% 1.4% 3.5% 3.4% 3.1% 2.5% 2.2% 2.2% Brinzio 0.4% 1.5% 1.8% 2.3% 1.0% 1.3% 1.5% 1.8% 2.3% 2.3% 2.3% 1.3% 1.8% 1.4% Brissago-Valtravaglia 0.5% 2.4% 3.1% 2.0% 1.0% 2.1% 1.5% 1.8% 2.1% 2.1% 2.0% 2.0% 2.8% 2.0% Casalzuigno 0.4% 1.3% 1.8% 1.8% 2.7% 1.2% 3.4% 9.6% 1.8% 1.8% 1.8% 1.4% 1.7% 2.9% Cassano Valcuvia 0.2% 1.0% 1.6% 1.4% 0.8% 0.9% 1.3% 2.0% 1.8% 1.8% 1.7% 0.9% 1.4% 1.1% Castello Cabiaglio 0.4% 0.6% 1.4% 1.3% 0.3% 0.7% 1.2% 0.6% 1.3% 1.3% 1.3% 0.7% 1.2% 0.6% Castelveccana 0.7% 2.2% 3.3% 2.9% 6.7% 2.2% 2.4% 4.0% 2.9% 2.9% 3.0% 2.6% 3.0% 2.3% Cittiglio 1.1% 4.9% 5.0% 6.1% 4.2% 5.3% 3.6% 4.3% 5.8% 5.8% 5.8% 5.1% 5.1% 4.1% Cocquio-Trevisago 1.9% 6.2% 6.8% 7.4% 4.7% 6.0% 5.0% 5.2% 7.3% 7.3% 7.3% 5.9% 6.7% 5.2% Curiglia con Monteviasco 0.2% 0.3% 1.2% 0.5% 0.3% 0.1% 2.0% 1.7% 0.6% 0.6% 0.7% 0.2% 0.9% 0.6% Cuveglio 0.8% 3.8% 3.9% 4.7% 2.8% 3.7% 2.3% 1.1% 4.7% 4.6% 4.7% 3.6% 3.9% 2.7% Cuvio 73.5% 13.4% 2.6% 2.4% 2.6% 11.9% 16.0% 5.2% 3.2% 3.9% 3.3% 11.2% 5.2% 21.9% Dumenza 0.9% 1.0% 2.9% 1.9% 1.0% 1.1% 1.7% 1.2% 1.9% 1.8% 1.9% 1.2% 2.3% 1.0% Duno 0.2% 0.1% 0.4% 0.4% 0.1% 0.2% 0.3% 0.0% 0.4% 0.3% 0.4% 0.2% 0.3% 0.1% 0.2% 1.2% 0.8% 1.6% 0.6% 1.0% 0.7% 0.8% 1.6% 1.6% 1.6% 1.0% 1.0% 0.9% Gavirate 2.1% 12.1% 13.0% 10.3% 12.8% 13.5% 11.2% 3.9% 9.7% 9.7% 9.7% 13.4% 12.5% 8.7% Gemonio 0.6% 6.0% 3.3% 4.8% 3.0% 5.6% 2.9% 2.8% 4.8% 4.9% 4.7% 5.3% 4.1% 4.4% Germignaga 1.2% 4.4% 3.8% 4.4% 5.5% 4.4% 4.5% 8.0% 4.3% 4.3% 4.3% 4.5% 4.0% 4.6% Grantola 0.4% 1.5% 1.8% 1.8% 1.5% 1.4% 1.6% 2.8% 1.8% 1.8% 1.8% 1.4% 1.7% 1.5% Lavena-Ponte Tresa 1.3% 4.7% 4.0% 5.2% 4.7% 5.3% 2.9% 1.3% 4.8% 4.8% 4.8% 5.2% 4.3% 3.4% Luino 5.6% 11.9% 12.1% 11.5% 14.3% 13.7% 10.1% 7.6% 10.1% 10.0% 10.2% 13.7% 12.0% 9.9% Maccagno 0.9% 1.9% 2.7% 2.8% 4.9% 1.8% 2.7% 3.1% 3.0% 2.9% 3.0% 2.1% 2.5% 2.0% Masciago Primo 0.1% 0.3% 0.5% 0.7% 0.5% 0.3% 0.7% 1.5% 0.7% 0.7% 0.7% 0.3% 0.5% 0.5% Mesenzana 0.5% 2.7% 2.3% 2.4% 1.6% 2.3% 2.1% 3.7% 2.4% 2.5% 2.3% 2.2% 2.4% 2.5% Montegrino Valtravaglia 0.4% 0.8% 2.3% 1.7% 1.3% 1.0% 2.2% 4.6% 1.7% 1.7% 1.7% 1.1% 1.9% 1.5% Orino 0.2% 0.6% 1.3% 1.8% 0.9% 0.6% 0.7% 0.4% 1.8% 1.8% 1.9% 0.7% 1.2% 0.5% Pino sulla Sponda del L. M. 0.3% 0.2% 0.8% 0.6% 2.6% 0.3% 0.4% 0.2% 0.6% 0.6% 0.6% 0.5% 0.7% 0.2% Porto Valtravaglia 1.8% 3.1% 3.7% 2.8% 5.2% 3.1% 3.9% 5.0% 3.0% 3.0% 3.1% 3.3% 3.5% 3.3% Rancio Valcuvia 0.4% 2.8% 1.9% 2.8% 1.8% 2.3% 2.3% 4.9% 2.9% 3.0% 2.9% 2.2% 2.2% 2.9% Tronzano Lago Maggiore 0.4% 0.3% 0.9% 0.7% 2.8% 0.3% 0.4% 0.1% 0.7% 0.7% 0.8% 0.5% 0.8% 0.3% Veddasca 0.5% 0.4% 1.8% 1.0% 0.3% 0.4% 2.1% 1.3% 1.1% 1.1% 1.2% 0.4% 1.4% 0.6% Totale 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 103

Precurs. Tot. acidif. Macrosettore SO2 NOx COV CO CH4 CO2 N2O NH3 PM10 PTS PM2.5 CO2 eq O3 (H+) Agricoltura 0.00 0.36 0.14 0.00 181.81 0.00 13.08 86.29 0.62 1.10 0.27 7.87 3.13 5.08 Altre sorgenti e assorbi- 0.07 0.29 668.80 14.32 341.64 0.00 0.01 0.07 4.42 4.46 4.37 7.18 675.51 0.01 menti Altre sorgenti mobili e 0.92 64.16 18.45 43.54 0.36 4.89 1.83 0.00 8.15 8.81 8.00 5.47 101.52 1.42 macchinari Combustione 134.46 183.32 16.29 110.92 9.24 69.58 9.03 0.34 3.58 5.29 3.14 72.58 252.27 8.21 nell’industria Combustione non indu- 38.49 144.97 637.36 2541.55 171.90 125.55 18.59 5.14 121.16 126.23 117.29 134.92 1096.20 4.65 striale Estrazione e distribuzio- 0.00 0.00 45.60 0.00 608.73 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 12.78 54.12 0.00 ne combustibili Processi produttivi 0.00 0.00 148.52 0.00 0.00 3.06 0.00 0.00 0.93 0.93 0.14 3.06 148.52 0.00 Trasporto su strada 3.99 552.89 448.71 1492.71 21.23 129.05 5.11 20.74 47.52 57.49 38.37 131.09 1287.73 13.36 Trattamento e smalti- 0.00 0.00 0.00 0.00 33.20 3.57 2.20 0.96 0.00 0.00 0.00 4.95 0.46 0.06 mento rifiuti Uso di solventi 0.11 1.86 1044.25 0.00 0.00 0.00 0.00 2.07 1.39 2.42 1.09 6.71 1046.51 0.17 Totale complessivo 178.03 947.85 3028.10 4203.05 1368.10 335.71 49.86 115.63 187.78 206.72 172.66 386.60 4665.98 32.96

104

Precurs. Tot. acidif. Macrosettore SO2 NOx COV CO CH4 CO2 N2O NH3 PM10 PTS PM2.5 CO2 eq O3 (H+) Agricoltura 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 13.3% 0.0% 26.2% 74.6% 0.3% 0.5% 0.2% 2.0% 0.1% 15.4% Altre sorgenti e assorbi- 0.0% 0.0% 22.1% 0.3% 25.0% 0.0% 0.0% 0.1% 2.4% 2.2% 2.5% 1.9% 14.5% 0.0% menti Altre sorgenti mobili e 0.5% 6.8% 0.6% 1.0% 0.0% 1.5% 3.7% 0.0% 4.3% 4.3% 4.6% 1.4% 2.2% 4.3% macchinari Combustione 75.5% 19.3% 0.5% 2.6% 0.7% 20.7% 18.1% 0.3% 1.9% 2.6% 1.8% 18.8% 5.4% 24.9% nell’industria Combustione non indu- 21.6% 15.3% 21.0% 60.5% 12.6% 37.4% 37.3% 4.4% 64.5% 61.1% 67.9% 34.9% 23.5% 14.1% striale Estrazione e distribuzio- 0.0% 0.0% 1.5% 0.0% 44.5% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 3.3% 1.2% 0.0% ne combustibili Processi produttivi 0.0% 0.0% 4.9% 0.0% 0.0% 0.9% 0.0% 0.0% 0.5% 0.4% 0.1% 0.8% 3.2% 0.0% Trasporto su strada 2.2% 58.3% 14.8% 35.5% 1.6% 38.4% 10.2% 17.9% 25.3% 27.8% 22.2% 33.9% 27.6% 40.5% Trattamento e smalti- 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 2.4% 1.1% 4.4% 0.8% 0.0% 0.0% 0.0% 1.3% 0.0% 0.2% mento rifiuti Uso di solventi 0.1% 0.2% 34.5% 0.0% 0.0% 0.0% 0.0% 1.8% 0.7% 1.2% 0.6% 1.7% 22.4% 0.5% Totale complessivo 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 100.0% 105

La presenza di inquinanti dell’aria deve prendere in considerazione anche il clima dell’area di indagine. A livello di area climatica la Comunità Montana si trova nell'area alpina e prealpina caratterizzato da un clima continentale, forti escursioni termiche diurne, ma limitate escursioni termiche annuali e precipitazioni ab- bondanti. La meteorologia risente in modo decisivo della presenza dell'arco alpino, che interagisce con il flusso atmosferico dando origine a fenomeni che favoriscono la dispersione delle sostanze inquinanti oppure precipitazioni più abbondanti in prossimità dei rilievi; inoltre la barriera alpina ha l’effetto di rallentare il flus- so atmosferico. Nelle ore notturne invernali con basse temperature del suolo, vento debole e forte irraggia- mento della superficie terrestre verso il cielo sereno è possibile la formazione di uno strato d'aria in prossimi- tà del terreno avente caratteristiche di estrema stabilità atmosferica rispetto ai moti verticali (inversione ter- mica al suolo). Pertanto, tale strato è particolarmente favorevole per l'aumento della concentrazione delle so- stanze inquinanti nei pressi della superficie terrestre. Infatti, durante gli episodi di forte inversione termica al suolo vengono spesso misurate le concentrazioni di inquinanti più elevate. Nel dettaglio per la provincia di Varese11 nell’anno 2010 il regime pluviometrico è stato di circa 580 mm su- periore rispetto a quello medio degli ultimi dieci anni, il campo termico ha avuto un andamento simile a quello medio degli ultimi dieci anni, l’andamento igrometrico risulta essere quello tipicamente stagionale, con valori più alti nei mesi invernali, primaverili ed autunnali e valori più bassi nei mesi estivi, infine, la ra- diazione solare ha mostrato valori superiori alla media, con eccezione di febbraio, marzo e novembre, in cui si sono registrati scostamenti negativi, mentre è stata notevolmente più alta nel mesi di luglio ed agosto.

11 Informazioni tratte dal “Rapporto Annuale sulla Qualità dell’Aria – Anno 2010” redatto da Arpa Lombardia. 106

Prima di procedere con la valutazione per le singole sostanze inquinanti si vuole ricordare l'importanza della determinazione degli inquinanti atmosferici in quanto è conseguente all'influenza che tali sostanze hanno sul- la salute degli esseri viventi e sull'ambiente in generale, infatti gli inquinanti atmosferici hanno effetti diversi sui vari organismi a seconda della concentrazione atmosferica, del tempo di permanenza e delle loro caratte- ristiche fisico-chimiche. A loro volta anche la sensibilità di piante ed animali agli inquinanti atmosferici varia a seconda delle peculiarità degli organismi stessi e del tempo di esposizione cui sono sottoposti. L'inquinamento produce anche un danno sociale, relativo alla popolazione nel suo complesso: danni appa- rentemente trascurabili possono produrre un aumento della frequenza della malattia. La prevenzione diventa quindi imperativa sia a livello individuale (limitazione del fumo, minor utilizzo di automobili e moto, ecc.) sia a livello collettivo (ad esempio normative e sanzioni adeguate), così da indurre dei cambiamenti volti al miglioramento della qualità dell'aria nel comportamento dei singoli e dell'intera società. Di seguito, partendo dal Decreto Legislativo n. 155 del 13/08/201012 vengono trattati i singoli inquinanti, analizzandone, per ogni comune, la fonte di emissione. Si vuole ricordare che, oltre a fissare i valori limite per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbo- nio, piombo, PM10 e PM2,5, il decreto fissa inoltre i valori obiettivo, gli obiettivi a lungo termine, le soglie di allarme e di informazione per l’ozono, e i valori obiettivo per le concentrazioni nell’aria ambiente di arseni- co, cadmio, nichel e benzo(a)pirene. Infine, il decreto stabilisce che per le zone in cui i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo, le regioni devono provvedere a predisporre piani per la qualità dell’aria, al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo predefinito. Per le aree, invece, in cui i livelli di inquinanti sono inferiori ai valori limite, le regioni devono adottare le misure necessarie per preservare la migliore qualità dell’aria che risulti compatibile con lo sviluppo sostenibile.

PM10 E PM2,5 Il PM (Particulate Matter) è la definizione generale con cui si definisce un mix di particelle solide e liquide (particolato) che si trovano in sospensione nell'aria. Con i termini PM10 e PM2,5 si indicano le frazioni di par- ticolato aerodisperso aventi diametro aerodinamico inferiore rispettivamente a 10 e a 2,5 µm. A livello an- tropico nei comuni della Comunità Montana tali sostanze hanno origine in particolar modo da traffico veico- lare e processi di combustione non industriale. In merito alle emissioni di PM10, tra i comuni maggiormente impattanti per emissioni dovute a trasporto su strada e combustioni non industriali emergono Luino (16,4 t/anno), Gavirate (16,0 t/anno), Cocquio- Trevisago (12,0 t/anno) e Cittiglio (10,2 t/anno). In merito alle emissioni di PM2,5 i comuni maggiormente impattanti per emissioni dovute a trasporto su stra- da e combustioni non industriali risultano essere ancora una volta Luino (15,1 t/anno), Gavirate (14,6 t/anno), Cocquio-Trevisago (11,7 t/anno).

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di me- Legislazione diazione PM10 Valore limite protezione salute umana 50 24 ore D.Lgs. 155 - 13/08/2010 (da non superare più di 35 volte per anno civile) PM10 Valore limite protezione salute umana 40 Anno civile D.Lgs. 155 - 13/08/2010 PM2,5 Valore limite protezione salute umana 25 Anno civile D.Lgs. 155 - 13/08/2010

12 Il quale ha recepito direttiva quadro sulla qualità dell’aria 2008/50/CE. 107

Modellazione delle concentrazioni di PM10 per la Provincia di Varese.

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Modellazione delle concentrazioni di PM2,5 per la Provincia di Varese.

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Ossido di azoto L’ossido di azoto in generale (NOX) viene prodotto durante i processi di combustione a causa della reazione che, ad elevate temperature, si ha tra l’azoto e l’ossigeno contenuto nell’aria; le fonti principali di questi in- quinanti nella Comunità Montana sono il traffico veicolare e la combustione nell’industria. Il Biossido di Azoto (NO2) è un inquinante per lo più secondario, che si forma in seguito all’ossidazione in atmosfera dell’NO, relativamente poco tossico. Esso svolge un ruolo fondamentale nella formazione dello smog foto- chimico, in quanto costituisce l’intermedio di base per la produzione di tutta una serie di inquinanti secondari molto pericolosi come l’ozono, l’acido nitrico, l’acido nitroso. A livello di contributo alle emissioni totali sono i comuni di Cuvio, Gavirate e Luino ad emergere. Di fronte ad una situazione generale in cui il trasporto su strada e la combustione non industriale emergono come le principali fonti di emissione si segnala l’anomalia del comune di Cuvio, nel quale oltre 110 t/anno di emis- sioni derivano dalla combustione nell’industria.

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di mediazione Legislazione NOX Livello critico protezione vegetazione 30 Anno civile D.Lgs. 155 - 13/08/2010

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di mediazione Legislazione NO2 Valore limite protezione salute umana 200 1 ora D.Lgs. 155 - 13/08/2010 (da non superare più di 18 volte per anno civile) NO2 Livello critico protezione ecosistemi 40 Anno civile D.Lgs. 155 - 13/08/2010

NO2 Soglia d’allarme 400 1 h (rilevati su 3 ore D.Lgs. 155 - 13/08/2010 consecutive)

Di seguito viene rappresentata la modellazione delle concentrazioni di NO2 per la Provincia di Varese. 110

Ozono troposferico L’ozono è un gas tossico incolore e inodore, costituito da molecole instabili formate da tre atomi di ossigeno (O3). È presente per più del 90% nella stratosfera (la fascia dell’atmosfera che va dai 10 ai 50 km di altezza) dove costituisce una indispensabile barriera protettiva nei confronti delle radiazioni UV generate dal sole. Proprio perché non direttamente emesso, l’ozono costituisce un inquinante secondario. Nei comuni della Comunità Montana i gas precursori dell’ozono vengono prodotti da processi di combustione civile, dal tra- sporto su strada, da altre sorgenti e assorbimenti e dall’uso di solventi. A livello comunale sono i comuni di Gavirate e di Luino i maggiori responsabili della presenza di precursori di ozono con un totale, rispettivamente, di 583 t/anno e 558 t/anno di emissioni prodotte. Con quasi la metà delle emissioni (310 t/anno) si segnala anche il comune di Cocquio-Trevisago.

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di mediazione Legislazione O3 Valore limite protezione salute umana 120 8 ore D.Lgs. 155 - 13/08/2010 (da non superare più di 25 volte per su 3 anni anno civile) O3 Valore obiettivo per la protezione della 18000 AOT40 (mag-lug) D.Lgs. 155 - 13/08/2010 vegetazione μg/m3*h su 5 anni O3 Soglia d’allarme 180 1 ora D.Lgs. 155 - 13/08/2010 O3 Soglia d’allarme 240 1 ora D.Lgs. 155 - 13/08/2010

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L’individuazione delle aree a rischio di stress fotossidativo viene effettuata mediante il calcolo di opportuni indici di esposizione quali l’AOT40 per la vegetazione agricola e forestale per l’intera durata del periodo ve- getativo.

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Monossido di carbonio Il monossido di carbonio (CO) è un gas inodore, incolore, infiammabile e molto tossico, risultante dalla combustione incompleta di gas naturali, propano, carburanti, benzine, carbone e legna. Le fonti di emissione di questo inquinante nella Comunità Montana sono di tipo antropico; le principali fonti di emissione sono co- stituite dall’utilizzo dei combustibili fossili per i motori a scoppio degli autoveicoli (in particolare quelli non dotati di marmitta catalitica) e dalla combustione della legna per riscaldamento civile. Tra i comuni si segna- lano soprattutto Luino, Gavirate, Cuvio e Cittiglio quali principali sorgenti di emissione con valori che rag- giungono le 244 t/anno per il trasporto su strada (comune di Luino) e le 215 t/anno per la combustione non industriale (comune di Gavirate).

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di mediazione Legislazione CO Valore limite di protezione salute 10 8 ore D.Lgs. 155 - 13/08/2010 umana

Biossido di zolfo (SO2) Il biossido di zolfo, o anidride solforosa (SO2), è un gas dall’odore pungente, incolore, irritante, molto solubi- le in acqua, la cui presenza in atmosfera deriva dalla combustione di prodotti organici di origine fossile con- tenenti zolfo, quali carbone, petrolio e derivati. In tutti i comuni della Comunità Montana le emissioni antropiche sono costituite dagli impianti per il riscal- damento e la produzione di energia alimentati a gasolio, carbone e oli combustibili ad esclusione del comune di Cuvio per il quale si registra la massima fonte nella combustione industriale.

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di mediazione Legislazione SO2 Valore limite protezione salute umana (da 350 1 ora D.Lgs. 155 - 13/08/2010 non superare più di 24 volte per anno civile) SO2 Valore limite protezione salute umana (da 125 24 ore D.Lgs. 155 - 13/08/2010 113

non superare più di 3 volte per anno civile) SO2 Livello critico protezione ecosistemi 20 Anno civile e inverno D.Lgs. 155 - 13/08/2010 (1 ott – 31 mar) SO2 Soglia d’allarme 500 1 h (rilevati su 3 ore D.Lgs. 155 - 13/08/2010 consecutive)

Benzene Il benzene (C6H6) è il più comune e largamente utilizzato degli idrocarburi aromatici, oltre ad essere uno dei più tossici. Essendo utilizzato come antidetonante nelle benzine e come materia prima per produrre plastiche, resine sintetiche e pesticidi la maggior parte del benzene presente nell’aria deriva da combustione incompleta di combustibili fossili: le principali fonti di emissione sono il traffico veicolare (soprattutto da motori a ben- zina) e diversi processi di combustione industriale.

Inquinante Valore limite (μg/m3) Periodo di mediazione Legislazione Benzene Valore limite 5 Anno civile D.Lgs. 155 - 13/08/2010 Benzo(a)pirene Valori obiettivo 0.001 Anno civile D.Lgs. 155 - 13/08/2010

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1.2. La qualità dell’acqua e gli ecosistemi acquatici

Dal punto di vista idrografico il territorio della Comunità Montana delle Valli del Verbano è interessata da un grande bacino idrografico principale, quello del , e ricade completamente all’interno dell’area idrogra- fica di riferimento del Lago Maggiore (Fonte. Ptua, Regione Lombardia). Il territorio della Comunità Mon- tana delle Valli del Verbano è ricco di acque, sia superficiali (corsi d’acqua e bacini lacustri) che sotterranee (acque di falda e sorgenti), con presenza di numerosi laghi (tra cui, in particolare, il Verbano13 e il Lago di Varese e nella parte meridionale) e di fiumi, di moderata portata, tra cui il fiume Tresa, che uni- sce il lago Ceresio ed il lago Maggiore, e i due corsi a regime torrentizio del e del . Questa situazione è determinata anche da condizioni climatiche favorevoli (precipitazioni mediamente elevate, sem- pre superiori a 1.000 mm/anno)14.

Sistema idrico della provincia di Varese (Fonte ed elaborazione: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Varese – 2008).

Aree idrografiche di riferimento Il sistema idrico principale

13 Il Lago Maggiore o Verbano risulta essere il secondo dei grandi laghi subalpini, il primo nella Provincia di Varese, con una super- ficie lacustre di 213 km², di cui il 20% appartenente al territorio Svizzero, un perimetro di 170 Km una profondità media di 176 m (massima di 376 m) ed un volume di 37.500 milioni di m3, di cui il 15% appartiene al Canton Ticino. 14Il clima nel settore montano può essere così caratterizzato: • radiazione solare intensa; • temperature invernali delle pendici meno rigide di quelle di fondovalle, mediamente tra 0 e 6 °C, in quanto l‟aria fredda, più pesante, si raccoglie in basso; • temperature estive poco elevate (min 15 – max 25 °C); • elevata frequenza di condizioni di cielo sereno (circa 175 gg/anno), specialmente in inverno; • venti di incanalamento la cui direzione dipende da quella delle valli (tra questi può essere fatto rientrare il Föhn, vento discendente che diviene man mano più secco e caldo con la sua discesa verso quote più basse); • piogge piuttosto abbondanti, spesso superiori ai 2000 mm/anno, con valori più elevati nella fascia altimetrica compresa tra 500 e 2000 m s.l.m.; • distribuzione delle precipitazioni nel corso dell‟anno caratterizzata da un massimo estivo e da un minimo invernale. In generale, il clima della zona Nord della provincia di Varese, caratterizzata da un sistema di piccole valli prealpine circondate da colli di non più di 1200 m s.l.m., risente dell‟influenza di tale sistema che garantisce un maggior ristagno di aria fredda nel periodo invernale e quindi con frequenti episodi nevosi. Durante il periodo estivo invece la presenza dei colli stessi e la vicinanza al sistema alpino vero e proprio permettono l‟innescarsi di numerosi fenomeni temporaleschi anche di un certo rilievo pluviometrico. Durante le stagioni intermedie, invece, le correnti da SW incremen- tano le precipitazioni, soprattutto nelle località poste a mezzacosta sui rilievi. 115

Sistema idrico della provincia di Varese Densità della rete idrica principale e minore comunale (ml/Ha)

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Istat Nome SumLenght AreaHa IndiceIdr 12001 Agra 4448,247 1742,902 2,55 12007 Azzio 13822,78 5193,707 2,66 12019 Brenta 33281,56 17311,18 1,92 12020 Brezzo di Bedero 27344,99 76710,1 0,36 12021 Brinzio 22242,94 36099,16 0,62 12022 Brissago - Valtravaglia 31674,57 52480,99 0,60 12037 Casalzuigno 41694,58 46403,7 0,90 12041 Cassano Valcuvia 14574,51 10890,29 1,34 12043 Castello Cabiaglio 22398,38 28800,71 0,78 12045 Castelveccana 64079,41 285107 0,22 12051 Cittiglio 42008,13 130974,3 0,32 12053 Cocquio - Trevisago 21222,41 33863,38 0,63 12061 Curiglia con Monteviasco 61915,95 247392,3 0,25 12062 Cuveglio 37665,8 38923,01 0,97 12063 Cuvio 18487,37 21794,9 0,85 12065 Dumenza 63502,85 354216,1 0,18 12066 Duno 18278,8 8666,589 2,11 12069 Ferrera di Varese 12020,21 6007,038 2,00 12072 Gavirate 33984,92 140000 0,24 12074 Gemonio 16608,11 7698,251 2,16 12076 Germignaga 21622,16 14106,83 1,53 12081 Grantola 19581,38 9350,205 2,09 12087 Laveno - Mombello 38620,89 238464,1 0,16 12092 Luino 52083,4 264599,5 0,20 12094 Maccagno 52459,47 161824,8 0,32 12100 Masciago Primo 7942,311 2964,014 2,68 12102 Mesenzana 30390,6 33266,27 0,91 12103 Montegrino Valtravaglia 41009,29 91979,46 0,45 12110 Orino 6072,133 3701,379 1,64 12112 Pino sulla Sponda del Lago Maggiore 43090,52 96854,93 0,44 12114 Porto Valtravaglia 52411,73 203327,4 0,26 12115 Rancio Valcuvia 26740,67 27695,93 0,97 12129 Tronzano Lago Maggiore 31119,56 58736,95 0,53 12135 Veddasca 87781,03 396322,5 0,22 Tot 1112182 3153470 0,35

Sono cinque i comuni che presentano un indice di densità della rete idrica oltre i 2 m/Ha di territorio: Agra, Azzio, Duno, Gemonio e Masciago Primo. Tali realtà comunali, che si localizzano prevalentemente nell’entroterra, identificano quindi le realtà territoriali maggiormente complesse e articolate dal punto di vista dell’assetto idrico e dei relativi spazi di tutela e salvaguardia.

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Portate dei corsi d’acqua e volume dei laghi (Fonte: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Varese – 2006; elaborazione: Settore Ecologia ed Ener- gia – Provincia di Varese – 2008).

Il clima nel settore montano può essere così caratterizzato: • radiazione solare intensa; • temperature inverna- li delle pendici meno rigide di quelle di fondovalle, mediamente tra 0 e 6 °C, in quanto l’aria fredda, più pe- sante, si raccoglie in basso; • temperature estive poco elevate (min 15 – max 25 °C); • elevata frequenza di condizioni di cielo sereno (circa 175 gg/anno), specialmente in inverno; • venti di incanalamento la cui dire- zione dipende da quella delle valli (tra questi può essere fatto rientrare il Föhn, vento discendente che diviene man mano più secco e caldo con la sua discesa verso quote più basse); • piogge piuttosto abbondanti, spesso superiori ai 2000 mm/anno, con valori più elevati nella fascia altimetrica compresa tra 500 e 2000 m s.l.m.; • distribuzione delle precipitazioni nel corso dell’anno caratterizzata da un massimo estivo e da un minimo in- vernale. In generale, il clima della zona Nord della provincia di Varese, caratterizzata da un sistema di picco- le valli prealpine circondate da colli di non più di 1200 m s.l.m., risente dell’influenza di tale sistema che ga- rantisce un maggior ristagno di aria fredda nel periodo invernale e quindi con frequenti episodi nevosi. Du- rante il periodo estivo invece la presenza dei colli stessi e la vicinanza al sistema alpino vero e proprio per- mettono l’innescarsi di numerosi fenomeni temporaleschi anche di un certo rilievo pluviometrico. Durante le stagioni intermedie, invece, le correnti da SW incrementano le precipitazioni, soprattutto nelle località poste a mezzacosta sui rilievi. Il clima, prealpino, è influenzato dal Lago Maggiore che, con la sua massa d’acqua, ne condiziona positiva- mente la temperatura, esercitando un’azione mitigatrice. Negli ultimi dieci anni, si rileva una media mensile di 20 giorni di tempo sereno-variabile e una temperatura media estiva di 22-23°C. La temperatura media an- nua è compresa tra 8 °C e 12 °C. Considerato quale valore normale per la precipitazione sotto forma liquida cumulata annua in Lombardia, quello calcolato sul trentennio di riferimento climatologico 1961-1990 – pari a 1008 mm, e convenzionalmente indicato con il valore 0 – ogni anno le precipitazioni cumulate oscillano intorno a tale valore. Non si osservano tendenze decise sul lungo periodo a meno delle ultime annualità, che sono invece risultate fortemente deficitarie: gli anni 2003, 2005 e 2006 sono risultati fra i più secchi del seco- lo con anomalie negative pari a oltre il 30% del valore di riferimento. La distribuzione delle precipitazioni nell’arco dell’anno si sta modificando: sta emergendo la tendenza alla riduzione del numero di eventi e alla loro intensificazione (Rapporto sullo Stato dell’Ambiente ARPA Lombardia 2007). Nell’area di riferi- mento il clima riflette l’andamento regionale registrato negli ultimi anni: la tropicalizzazione del clima è sempre più evidente ed è confermata anche dalla variazione del regime pluviometrico che, a fronte di una stazionarietà delle precipitazioni invernali e a una diminuzione delle precipitazioni primaverili e autunnali, 118 mostra un incremento dell’intensità delle precipitazioni estive. Ne consegue una maggiore variabilità stagio- nale e, in definitiva, un peggioramento, dal punto di vista ambientale, delle condizioni climatiche. Questo elemento costituisce una criticità in quanto, in caso di piogge violente e prolungate nel tempo, spesso associate a un rapido aumento della portata di ruscelli e torrenti, non sono infrequenti fenome- ni franosi e straripamento di corsi d’acqua. A fronte di tale prospettiva, lo scenario di riferimento prevede un incremento dei fenomeni di dissesto legati alle variazioni climatiche e i possibili interventi del PSL sono indirizzati a intervenire su versanti fra- nosi con opere preventive di sistemazione idraulico forestale e di stabilizzazione dei soprassuoli forestali.

L’RSA della Provincia di Varese segnala che a partire dal 2004, anche nel territorio provinciale sono emerse delle criticità per l’approvvigionamento idrico. Prevalentemente nel periodo tardo primaverile gli acquedotti di alcune località come: Germignaga, , Viggiù, , Varese, , , , Azza- te, , Brunello, , , Taino, , , , e an- che l’alto luinese hanno riscontrato delle difficoltà a soddisfare la domanda crescente di risorse idriche. Le cause principali di situazioni di carenza idrica sono state individuate in: - la diminuzione delle precipitazioni; - l’incremento della domanda di acqua determinata dal cambiamento degli stili di vita, nonché dall’aumento generale della popolazione e dall’evoluzione del settore produttivo; - il peggioramento della qualità delle acque a seguito di contaminazioni; - il cattivo stato delle reti di distribuzione

Le maggiori criticità dal punto di vista delle portate idriche, incidenti sul deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua presenti sul territorio, si riscontrano per il torrente Boesio.

Confronto precipitazioni-soggiacenza falda (2004-2006) LUINO - Pozzo 1 Cittiglio

L’andamento altimetrico della superficie piezometrica (quote di falda) è strettamente connesso al regime pluviometrico, in quanto le precipitazioni costituiscono la principale fonte di ricarica della falda. Ne conse- gue che la causa principale della crisi idrica di questo ultimo periodo (quadriennio 2003 – 2006) è data in buona parte dal decremento delle precipitazioni complessive ed in particolare di quelle efficaci alla ricarica della falda. Le pluviometrie relative all’ultimo ventennio evidenziano come allo stato attuale si stiano rag- giungendo i livelli critici osservati nel biennio 1990 – 1991, con precipitazioni inferiori alla media. Tale con- dizione si riflette pertanto in un generalizzato deficit di alimentazione delle falde sotterranee che evidenziano un progressivo decremento dei livelli. 119

Le pressioni sullo stato quantitativo dell’acqua

Dal punto di vista dei consumi idrici pro-capite dei comuni della CM, assunto il parametro di consumo me- dio giornaliero provinciale di acqua pari a circa 270 l/abitante, la seguente carta mette in evidenza come la prevalente parte dei comuni si colloca al di sotto o in linea con la media provinciale, collocandosi in una classe di consumo medio-bassa tra i 201 e i 250 l/ab*g, eccezione fatta per il comune di Cittiglio, che presen- ta consumi idrici pari ad una dotazione idrica pro-capite superiore ai 300 l/ab*g.

La pressione sulla quantità di risorse idriche di un territorio la si può anche misurare indirettamente, osser- vando nello specifico la distribuzione spaziale delle captazioni per tipologia di derivazione. E’ bene intanto 120 ricordare che le captazioni delle acque sotterranee può avvenire in due modi differenti: mediante la realizza- zione di pozzi artesiani, o mediante la formazione di sorgenti. Nel settore Montano della Comunità Montana (più a nord), le risorse idriche sotterranee sono immagazinate principalmente negli acquiferi carbonatici ed in quelli alluvionali di fondo valle, la tipologia prevalente sono sorgenti (n.354) con portate modeste che variano da 0,1 l/s a 10 l/s con un emungimento totale annuo pari a 15,55 Mmc/y, inoltre vi è anche la presenza di limitati pozzi (n. 76) i quali danno un emungimento totale an- nuo di 17,49 Mmc/y. Nel settore Pedemontano, invece, le risorse idriche sotterranee sono presenti in terreni porosi di limitata estensione areale. Gli emungimenti sono dati principalmente da pozzi (n. 169) con portate che variano da 3 a 30 l/s che danno un prelievo annuo di 39,87 Mmc/y e secondariamente dalla presenza limtata di alcune sorgenti (n. 78) che forniscono complessivamente 2,05 Mmc/y.

Dalle seguenti carte si nota che il prelievo di acqua dai pozzi è diffuso su tutto il territorio della CM, ma con una intensità moderata, dovuta alla generale bassa densità abitatitiva dei comuni, rimanendo nella quasi tota- lità dei casi entro e non oltre i 12 pozzi per comune. Per la porzione settentrionale della CM sono diffuse an- che le captazioni da sorgente, in particolare nei comuni di Brissago (fino a 8 sorgenti). Le ricezioni da acque superficiali sono concentrate nella zona dei laghi (Laveno Mombello 18, 13 e Varese 13), mentre il prelievo dalle sorgenti è concentrato nel centro e nel nord ( 21, 13, 12 e Varese 11).

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Distribuzione delle captazioni da pozzi nell’anno 2006 Distribuzione delle captazioni da sorgenti anno 2006 Distribuzione delle captazioni da acque superficiali (Fonte: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Va- (Fonte: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Vare- nell’anno 2006 rese – 2006; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia se – 2006; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia – (Fonte: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Vare- - Provincia di Varese – 2008). Provincia di Varese – 2008). se – 2006; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Varese – 2008).

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Nel complesso, i settori montani e pedemontani interessati dal territorio della Comunità Montana sono carat- terizzati da elevata frammentazione delle strutture idrogeologiche che costituiscono dei sistemi molto locali e con caratteristiche varie e peculiari15. La distribuzione dei sistemi è fortemente condizionata dalla geometria del substrato roccioso e dalla formazione in epoca prequaternaria e quaternaria di paleoalvei spesso oggetto di successive reincisioni. In questa disomogeneità sono stati identificati alcuni "sistemi idrogeologici princi- pali”, ognuno dei quali contenenti una o più falde acquifere, di seguito sinteticamente descritti. Il settore montano è infatti caratterizzato da falde con circolazione principalmente in roccia, con una identità areale piuttosto limitata e distinta dagli ambiti limitrofi, sulle quali l‟impatto antropico è solitamente trascu- rabile e localizzata nei fondovalle. Il settore pedemontano è caratterizzato invece da un acquifero misto, parte in roccia e parte localizzato nelle porzioni permeabili dei depositi morenici e delle valli fluviali. Solitamente tali acquiferi hanno dimensioni limitate con direzione di scorrimento che segue l‟andamento delle piane e delle valli intramoreniche. Gli acquiferi profondi, dotati di maggiore grado di protezione, presentano nella maggioranza dei casi una produttività notevolmente inferiore agli acquiferi superficiali che tuttavia hanno generalmente un basso grado di protezione. L‟impatto antropico in tale settore è variabile, da trascurabile a molto significativo, come nel caso della Valle .

Suddivisione del territorio della Comu- nità Montana rispetto ai settori ATO della Provincia di Varese

Dall‟analisi della conformazione idrogeologica di tali zone e dall’analisi insediativa ne deriva che:  nella zona montana c’è presenza di acquiferi di medie capacità e vi è una limitata presenza di insedia- menti antropici;  nella zona pedemontana il substrato roccioso non è permeabile quindi la fornitura della risorsa risulta più problematica, peraltro aggravata da un forte sviluppo residenziale ed industriale della zona;

Il settore Montano è costituito dalle seguenti idrostrutture, di seguito specificate16:  acquiferi cristallini  acquiferi carbonatici  di fondo valle

15 Fonte: Bozza Piano ATO Provincia di Varese. 16 Vengono evidenziati in grassetto corsivo i comuni appartenenti al territorio della Comunità Montana. 123

Idrostrutture in acquiferi cristallini Nel settore settentrionale della provincia sono presenti numerosi acquiferi cristallini nei quali, ad eccezione di situazioni particolari (faglie, sovrascorrimenti, ecc.) l’infiltrazione delle acque meteoriche è modesta: prevale conseguentemente lo scorrimento superficiale. Le acque infiltrate risiedono in genere entro i depositi superfi- ciali, caratterizzati da elevata permeabilità, ed entro la fascia più superficiale della roccia, dove la permeabili- tà è data dalla fratturazione, con apertura di vuoti favoriti dal rilascio tensionale, ed eventualmente dall'altera- zione. Nella bibliografia scientifica viene indicata in circa 50 m la massima profondità di infiltrazione delle acque meteoriche nelle metamorfiti in condizioni normali. La posizione delle sorgenti è determinata da più cause: depressioni vallive incise fino al raggiungimento della superficie piezometrica, presenza di depositi glaciali a bassa permeabilità in grado di imporre una soglia di permeabilità sovraimposta, diminuzione della permeabilità nei depositi superficiali o nelle metamorfiti causata da variazioni litologiche o minore frattura- zione dell'ammasso roccioso. Lo scorrimento idrico superficiale alimenta quindi la rete idrografica: in corri- spondenza degli acquiferi porosi intravallivi le acque superficiali tendono ad infiltrarsi, ricaricando gli acqui- feri stessi. Di conseguenza questi risultano particolarmente produttivi, in quanto il bacino idrogeologico risul- ta più ampio dell'area di distribuzione dei depositi alluvionali. Lo schema idrogeologico illustrato trova ri- scontro nella presenza di numerose sorgenti distribuite a varie quote, non impostate in corrispondenza di li- miti idrogeologici evidenti. Le sorgenti hanno in genere portate modeste.

Rientrano in questa tipologia le seguenti idrostrutture: A. Idrostruttura Val Veddasca Comuni interessati: Pino L.M., Tronzano L.M., Veddasca, Curglia con Monteviasco, Maccagno,Agra, Du- menza, Luino. B. Idrostruttura Monte Sette Termini Comuni interessati: Luino, , Montegrino Valtravaglia, Cunardo, Cugliate Fabiasco, Cadegliano Viconago, , Marchirolo. C. Idrostruttura Monte Ponzone Comuni interessati: , Cuasso al Monte, , . D. Idrostruttura Monte Martica Comuni interessati: Varese, Brinzio, , .

Idrostrutture in acquiferi carbonatici Queste idrostrutture sono ubicate nella fascia a nord di Varese e sono costituite perlopiù da alternanze di complessi cartonatici ad elevata permeabilità secondaria e di complessi marnosi poco permeabili. Le idro- strutture sono sede di acquiferi con caratteristiche carsiche con circolazione profonda e in genere sono così strutturate: o area di alimentazione, comprendente le parti sommitali dei massicci; o zona di infiltrazione e trasferimento, spesso con notevole sviluppo; o zona satura; o sorgenti.

Rientrano in questa tipologia le seguenti idrostrutture: A. Idrostruttura Marzio Comuni interessati: Lavena Ponte Tresa, Cadegliano Viconago, Marchirolo, Cugliate Fabiasco, Cunardo, Ferrera di Varese, Masciago Primo, , Valganna, Marzio, Brusimpiano. B. Idrostruttura Monte Nudo Comuni interessati: Germignaga, Brezzo di Bedero, Porto Valtravaglia, Castelveccana, Laveno Mombello, Cittiglio, Brenta, Casalzuigno, Cuveglio, Duno, Cassano Valcuvia, Mesenzana, Brissago Valtravaglia. C. Idrostruttura Campo dei Fiori Comuni interessati: Varese, Brinzio, Castello Cabiaglio, Cuvio, Orino, Azzio, Gemonio, Cocquio Trevisago, Gavirate, Comeri, , , . 124

D. Idrostruttura Monte Orsa Comuni interessati: , , Viggiù, .

Idrostrutture di fondo valle Questi sistemi idrogeologici, in genere nastriformi, sono sede di diversi acquiferi. Per quanto riguarda la Val- cuvia e la Valganna si individuano acquiferi confinati multistrato in depositi ghiaioso sabbiosi intecalati a depositi fini lacustri e glaciolacustri; in superficie sono presenti acquiferi liberi in sedimenti fluvioglaciali (ghiaie e sabbie). Più semplice è invece la situazione della Valceresio e della piana del Palone: nella prima è presente un acquifero libero e semiconfinato contenuto in depositi glaciali e fluvioglaciali ricoprenti, nella porzione occidentale, il substrato roccioso e, nella porzione orientale, argille lacustri; presso la piana del Pa- lone si trova un acquifero di tipo libero contenuto in depositi fluviali e fluvioglaciali ricoprenti il substrato roccioso costituito da gneiss minuti e gneiss granitoidi.

Rientrano in questa tipologia le seguenti idrostrutture: A. Idrostruttura Valcuvia Comuni interessati: Luino, Germignaga, Mesenzana, Grantola, Cassano Valcuvia, Rancio Valcuvia, Cuve- glio, Casalzuigno, Brenta, Gemonio, Cittiglio, , Laveno Mombello. B. Idrostruttura Valganna Comuni interessati: Valganna,, Induno Olona, Varese. C. Idrostruttura Valceresio Comuni interessati: Arcisate, Induno Olona, Bisuschio, Porto Ceresio e Cuasso al Monte, , . D. Idrostruttura piana del Palone Comuni interessati: Dumenza.

Il settore Pedemontano invece è costituito dai seguenti sistemi idrogeologici:  raccordo all’alta pianura  Lago Maggiore  Lago di Varese  Fiume Olona

Sistema idrogeologico di raccordo all’alta pianura Comuni interessati: , Sumirago, , , , , Daverio, Malna- te, , Venegono Superiore, e Lozza, Brunello, Gazzada, , Bugug- giate, Morazzone, , Sumirago e Azzate. Caratteristiche degli acquiferi: acquifero libero di subalveo del Fiume Olona (unità D), acquiferi da semi- confinati a confinati nelle successioni conglomeratiche e nei livelli ghiaiosi e sabbiosi dell’unità C (Torrente Arno), locali acquiferi confinati nelle intercalazioni ghiaiose dell’unità B (Mornago).

Sistema idrogeologico del Lago Maggiore Comuni interessati: Travedona Monate, , Ternate, , Biandronno, e Mal- gesso, , Cadrezzate, , , , Brebbia, Travedona Monate, Gavirate, Bardello, Besozzo, Malgesso e Brebbia. Caratteristiche degli acquiferi: acquiferi da semiconfinati a confinati negli orizzonti ghiaioso-sabbiosi alter- nati a depositi prevalentemente limoso-argillosi (depositi glaciali, glaciolacustri e lacustri) appartenenti all’unità D (Bardello, Cadrezzate).

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Sistema idrogeologico del Lago di Varese Comuni interessati: Gavirate, Barasso, Bardello, Besozzo, , Varese, . Caratte- ristiche degli acquiferi: acquifero libero nei sedimenti ghiaiosi dei conoidi di deiezione perilacuali (Barasso, Bardello e Besozzo) e acquiferi confinati (Gavirate) entro i livelli permeabili intercalati ai livelli argillosi (Unità D); acquifero libero e localmente semiconfinato (Buguggiate) nei depositi ghiaioso conglomeratici dell’unità C ubicata alla testata della valle del Torrente Arno con direzioni di flusso verso il Lago di Varese.

Sistema idrogeologico del Fiume Olona Comuni interessati: Casciago Superiore, Varese, Gazzada Schianno, Induno Olona. Caratteristiche degli acquiferi: acquiferi contenuti nell’unità D, da liberi connessi ai subalvei del Fiume Olo- na e Torrente Bevera a semiconfinati in depositi di versante glaciali e fluvioglaciali, sostenuti dal substrato roccioso e/o dai depositi argillosi dell’Unità B localmente contenenti acquiferi confinati; acquiferi semicon- finati in depositi ghiaioso conglomeratici (Unità C) dell’area Varese-Gazzada.

Istat Nome Settore Idrostruttura Sistema 12001 Agra Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Val feri cristallini Veddasca

12007 Azzio Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori

12019 Brenta Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12020 Brezzo di Bedero Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12021 Brinzio Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri cristallini Martica 12022 Brissago - Valtravaglia Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12037 Casalzuigno Montano Idrostrutture di fondo Idrostruttura Valcu- valle via

12041 Cassano Valcuvia Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12043 Castello Cabiaglio Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori

12045 Castelveccana Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12051 Cittiglio Montano Idrostrutture di fondo Idrostruttura Valcu- valle via 12053 Cocquio - Trevisago Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori

12061 Curiglia con Montevia- n.d. n.d. n.d. sco 12062 Cuveglio Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo

12063 Cuvio Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori 126

12065 Dumenza Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Val feri carbonatici Veddasca 12066 Duno Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12069 Ferrera di Varese Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Marzio feri carbonatici 12072 Gavirate Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori 12074 Gemonio Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori 12076 Germignaga Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12081 Grantola Montano Idrostrutture di fondo Idrostruttura Valcu- valle via 12087 Laveno - Mombello Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12092 Luino Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Val feri cristallini Veddasca 12094 Maccagno Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Val feri cristallini Veddasca 12100 Masciago Primo Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Marzio feri carbonatici 12102 Mesenzana Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12103 Montegrino Valtrava- Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte glia feri cristallini Sette Termini 12110 Orino Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Campo feri carbonatici dei Fiori 12112 Pino sulla Sponda del Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Val Lago Maggiore feri cristallini Veddasca 12114 Porto Valtravaglia Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Monte feri carbonatici Nudo 12115 Rancio Valcuvia Montano Idrostrutture di fondo Idrostruttura Valcu- valle via 12129 Tronzano Lago Mag- n.d. n.d. n.d. giore 12135 Veddasca Montano Idrostrutture in acqui- Idrostruttura Val feri cristallini Veddasca

Come riportato nella tabella precedente, le idrostrutture più diffuse sul territorio della Comunità Montana so- no quelle in acquiferi carbonatici (Monte Nudo e Campo dei Fiori) e in acquiferi cristallini (Val Veddasca), mentre per le idrostrutture di fondo valle prevale l’idrostruttura della Valcuvia.

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Per quanto riguarda i bacini idrici artificiali, in Lombardia esistono circa un centinaio di grandi dighe iscritte nel Registro Italiano Dighe (R.I.D.), la cui sorveglianza è suddivisa tra l’Ufficio di Milano del RID, com- petente sul bacino idrografico del a valle della confluenza con il fiume Ticino, e l’Ufficio di Torino del RID, competente sul bacino idrografico del Po a monte della confluenza con il fiume Ticino. Mentre vi sono più di 400 piccole dighe. Nel territorio della CM si contano 4 grandi dighe, Bardello, Creva (sul fiume Tresa) e il Lago Delio (nord e sud), tutte per uso idroelettrico. Per la prima si riscontra un volume di acqua pari a 9,87 105 mc, mentre al Lago Delio corrisponde un parco idroelettrico per una produzione di energia idroelettrica dai 501 ai 1.040 MW (Fonte: Regione Lombardia, 2008). Dall’utilizzo delle risorse idriche concesse, in generale sul territorio della CM si osserva la netta prevalenza dell’uso idroelettrico, collegabile alla presenza di importanti centrali ubicate principalmente lungo l’asta del Tresa e del fiume Bardello, nonché sul lago Maggiore.

Impianti idroelettrici presenti sul territorio regionale (Fonte: Regione Lombardia, 2008c)

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Portate concesse a livello comunale per la produzione di energia idroelettrica

Lo stato qualitativo delle risorse idriche superficiali e sotterranee

La qualità ambientale dei corpi idrici superficiali e sotterranei della provincia di Varese è sempre più minac- ciata da forti pressioni derivanti dagli stessi scarichi civili e dagli scarichi delle varie attività del settore pro- duttivo (industria, agricoltura, ecc.). Per valutare la qualità dei corpi idrici la normativa vigente introduce e richiede il calcolo e il monitoraggio da parte delle Regioni (nello specifico le Agenzie Regionali per la Prote- zione dell’Ambiente), degli indicatori S.E.C.A. (Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua), S.E.L. (Stato Ecologi- co dei Laghi) e S.C.A.S. (Stato Chimico delle Acque Sotterranee). Sulla base di questi indici, ricavati dai dati di Regione Lombardia (Libro Blu 2008, Programma di Tutela e Uso delle Acque 2006) e di ARPA Lombarda (Rapporto sullo Stato dell’Ambiente anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007), viene valutata la qualità delle acque superficiali e sotterranee della provincia di Varese. In provincia di Varese il monitoraggio annuale dei corpi idrici previsto dalla Regione Lombardia viene svol- to sui seguenti corsi d’acqua naturali: - fiumi molto estesi: Ticino (a e ); - fiumi estesi: Olona (a Varese, Lozza e ); - fiumi medio estesi: Arno (a ), Bardello (a Brebbia), Tresa (a Ponte Tresa e Luino); - fiumi poco estesi: Boesio (a Laveno Mombello). Sui canali artificiali: Brabbia e Villoresi e inoltre sui principali laghi: di Comabbio (al punto di massima pro- fondità), di Ganna (al punto di massima profondità), di Ghirla (al punto di massima profondità), di Lugano o Ceresio (a Lavena Ponte Tresa), Maggiore (a Castelveccana), di Monate (al punto di massima profondità) e di Varese (al punto di massima profondità). In tutte le stazioni di prelievo vengono svolte analisi chimico – fisiche, microbiologiche in vari periodi dell’anno per determinare gli indici S.E.C.A. e S.E.L. (Stato Ecologico dei Laghi) richiesti dal D. Lgs. 152/06. Si sottolinea come la normativa vigente in materia di tutela delle risorse idriche preveda il raggiungimento dello stato “buono” entro il 2015, ovverossia “buono stato ecologico” (o “buon potenziale ecologico”) e 129

“buono stato chimico” per i corpi idrici superficiali e “buono stato chimico” e “buono stato quantitativo” per i corpi idrici sotterranei

Andamento negli anni dello Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (S.E.C.A.) (Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente - ARPA Lombardia – 2003, 2004, 2005/06, 2007; Libro Blu 2008 - Regione Lombardia – 2008 , P.T.U.A. - Regione Lombardia – 2006; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Varese – 2008).

I dati del monitoraggio annuale sullo stato qualitativo delle acque superficiali mostrano da un lato uno stato ecologico Buono, in linea con gli obiettivi assunti dal D. Lgs. 152/2006 e s.m.i., per il Fume Tresa (dove vi è una minore pressione antropica), per il quale si registrano in entrambe le stazioni di monitoraggio un miglio- ramento negli ultimi anni da “Sufficiente” a “Buono”; dall’altro una situazione di sufficienza per il Torrente Boesio, stabile nel corso del decennio 2001 – 2009 e di peggioramento invece per il Torrente Bardello, che dal 2006 ha fatto registrare un passaggio dalla classe “Sufficiente” a “Scadente”, condizione confermata an- che dai rilievi Arpa del 2009. (si veda immagine seguente). Pare utile in tali casi ridurre l’entità delle pressio- ni antropiche, in termini di: - diminuzione degli scarichi in corpi idrici superficiali - incremento dell’efficienza depurativa per gli scarichi da depurazione - riduzione dei tassi di impermeabilizzazione dei suoli per incrementare i livelli di deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua.

Il lago Maggiore sono quelli che assumono i valori migliori: stato trofico prossimo al naturale (oligotrofia) e buona ossigenazione. Differentemente, il lago di Varese presenta uno stato qualitativo “Scadente”. 130

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Stato complessivo attuale dei corpi idrici superficiali al 2009 secondo i nuovi standard europei recepiti con D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. (Fonte: rielaborazioni IReR su banca dati predisposta da Regione Lombardia per PdG Po, 2009)

In conclusione, i riscontri ricavati dal monitoraggio evidenziano, secondo la scala adottata dal D.L. 152/99, uno stato di qualità ambientale da pessimo a sufficiente sia per i corsi d’acqua che per i laghi, in particolare: • pessimo - Torrente Arno, Lago di Comabbio, Lago di Ghirla, Lago di Lugano, Lago di Monate, Lago di Varese; • scadente - Fiume Bardello, Fiume Olona, Torrente Boesio, Lago di Ganna; • sufficiente - Fiume Tresa, Lago Maggiore; • buono - Fiume Ticino.

Le rilevazioni sulla balneabilità dei principali laghi in provincia di Varese illustrano uno stato attuale abba- stanza critico. Dopo un periodo (2005 – 2006) di ripresa e di miglioramento in cui si è raggiunto il numero massimo di 16 lidi balneabili, il 2007 ha segnato una nuova crisi per la balneabilità dei laghi varesini. Dei 50 lidi solo 19 (ovvero il 38%) sono stati ammessi ad analisi e, di questi, appena 5 sono risultati balneabili. An- che il lago Maggiore, il lago di Monate e il lago di Comabbio che da qualche anno presentavano delle discre- te condizioni di balneabilità, sono scesi nuovamente a percentuali molto basse (rispettivamente: il 12% di lidi balneabili per il primo e il 20% per il secondo), simili a quelle registrate durante il 2003 e il 2004. Le situazioni peggiori riguardano: il lago di Lugano (Ceresio), il lago di Ghirla dove è da diversi anni che nessun lido è ammesso ai campionamenti, nonché alcuni lidi del lago Maggiore, in particolare quelli localiz- zati più a sud del bacino lacustre (Sesto C., Brebbia, , Monvalle, Laveno M.) e nelle zone di Luino e Portovaltravaglia.

Variazione dal 2000 al 2007 della % di località balenabili nella provincia di Varese (Fonte: ASL Varese; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia – Provincia di Varese – 2008).

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La valutazione dello Stato Chimico delle Acque Sotterranee (S.C.A.S.) della provincia di Varese, come per il resto della Lombardia, viene svolta semestralmente dall’ARPA Lombardia attraverso una rete di monitorag- gio composta da diversi punti di prelievo localizzati tra i principali acquiferi presenti nel territorio provincia- le. I dati raccolti da tale rete indicano una buona qualità delle acque sotterranee per quanto concerne i punti di rilievo sul territorio della CM, valore positivo se confrontato con i dati più attuali del rimanente territorio provinciale, espressivi di un evidente un trend negativo della qualità chimica delle acque sotterranee (infatti dal 22% di pozzi in classe IV si è passati al 37%).

Stato Ambientale corpi idrici sotterranei (2003) ai sensi del D.Lgs. 152/1999 e s.m.i.

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L’evoluzione della presenza di nitrati nelle acque sotterranee regionali viene monitorata attraverso la rete specifica sopra citata, con punti localizzati a valle dei centri di potenziale pericolo. La concentrazione media annua di nitrati presenta un livello di attenzione a 37,5 mg NO3/l, mentre determina qualità scarsa della risor- sa nel caso in cui superi 50 mg NO3/l.

In coerenza con quanto riportato per fiumi e laghi, la seguente figura rappresenta lo stato di qualità al 2009 dei corpi idrici sotterranei lombardi, individuati nell’ambito delle attività di caratterizzazione e tipizzazione condotte ai sensi della direttiva 2000/60/CE (fig. 3.22).

Figura 3.22 - Stato complessivo dei corpi idrici sotterranei (sistema superficiale e profondo) secondo i nuovi standard europei recepiti con D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.

Fonte: elaborazioni Regione Lombardia per PdGPo, 2009.

Sono emerse invece problematiche riguardanti la presenza di arsenico nelle acque dell’alto luinese17. Infatti nell’alto luinese, ed in particolare nel territorio compreso tra i Fiumi Tresa e , è nota da qualche anno (1995) la presenza di acque sotterranee e superficiali con elevate concentrazioni di Arsenico, di origine geo- logica. A causa dei tenori di tale metallo alcune sorgenti, captate da decenni, sono state conseguentemente dismesse. Inoltre l’introduzione di nuovi limiti di potabilità (D.Lgs. 31/01) ha reso non a norma una ulteriore consistente aliquota delle risorse idriche disponibili per l’approvvigionamento degli acquedotti. Attualmente la concentrazione massima ammissibile per l’Arsenico è di 10 ppb. Tale situazione crea problemi di approv- vigionamento idrico ad uso potabile per l’area in esame a causa dell’assenza, allo stato attuale, di risorse al- ternative disponibili. A questo riguardo si tengano in considerazione le peculiarità del territorio dell’alto lui- nese, ovvero: o acclività dei luoghi; o quota elevata in rapporto a quella di risorse idriche superficiali (Lago maggiore, Fiume Giona); o densità abitativa modesta; o popolazione sparsa in piccoli agglomerati; o gestione acquedottistica frammentata; o ridotta disponibilità di acque sotterranee, assai disperse; o notevole lunghezza delle tratte acquedottistiche di collegamento tra le captazioni e le reti urbane; o scarsa presenza di industrie idrorichiedenti, in grado di utilizzare acque non idonee al consumo umano.

17 Fonte: bozza piano ATO Provincia di Varese. 134

Di fronte a questa prospettiva nel 2001 la società che gestisce l’acquedotto di Luino (ASPEM SpA), con la collaborazione degli altri comuni interessati (Dumenza, Curiglia, Agra) ha ravvisato la necessità di effettuare uno studio idrogeologico ed idrochimico atto a conoscere nel dettaglio la situazione esistente, individuare possibili soluzioni, supportare le Autorità nella richiesta di proroga dell’applicazione del nuovo limite di po- tabilità dell’Arsenico. In conclusione, le informazioni ottenute dalle indagini effettuate sono così riassumibili: i. concentrazioni anomale di Arsenico nelle acque vengono riscontrate esclusivamente nel settore compreso tra i Fiumi Giona e Tresa; ii. la porzione di territorio dove il fenomeno è maggiormente marcato è la parte meridionale del Comu- ne di Curiglia, dove le concentrazioni superano in genere i 50 g/l; iii. l’arsenico rinvenuto nelle acque è di origine geologica, cioè proviene dalla lisciviazione dell’arsenopirite disseminata entro le rocce metamorfiche; iv. l’assenza di rocce o depositi carbonatici, oltre a rendere poco mineralizzate le acque favorisce le condizioni per la permanenza in soluzione dell’Arsenico; v. il fenomeno riguarda principalmente le acque sotterranee provenienti da sorgenti e i corsi d‟acqua superficiali alimentati da sorgenti (Rio Colmegnino), mentre le concentrazioni riscontrate nelle ac- que di pozzo (Luino e Piana del Palone) sono molto inferiori; vi. non sono state riscontrate particolari correlazioni tra le concentrazioni di As ed altri parametri chimi- ci o geologici, né sono delineabili modelli previsionali basati su temperatura o precipitazioni per as- senza di informazioni bibliografiche e di dati empirici; vii. un’elevata percentuale delle acque sorgive presenta concentrazioni di Arsenico superiori ai limiti di idoneità per il consumo umano.

Vengono di seguito elencati i comuni appartenenti al territorio della Comunità Montana i cui acquedotti sono stati colpiti da crisi idrica negli ultimi cinque anni, indicando anche la causa principale della carenza idrica (quantitativa/qualitativa), senza tener conto delle cause antropiche (incremento della popolazione, stato delle reti di distribuzione)18.

Comune Problemi quantitativi Problemi qualitativi Alto Luinese * rilevamento concentrazioni di Arsenico di origine geologica Germignaga Si Gemonio Si

Il sistema di smaltimento delle acque reflue

Il sistema pubblico di trattamento delle acque reflue della Comunità Montana è dotato di una capacità depu- rativa nominale pari a circa 180 mila Abitanti Equivalenti(AE) trattati, con una previsione di potenziamen- to in progetto di ulteriori 60 mila AE circa, garantita dalla presenza sul territorio della Comunità Montana di 30 impianti di depurazione19 di differenti tipologie e dimensioni, così suddivisi:  impianti con meno di 2.000 A.E. – n. 23  impianti tra 2.000 e 10.000 A.E. – n. 4  impianti tra 10.000 e 50.000 A.E. – n. 4  impianti olte 50.000 A.E. – n. 1 (Gavirate, intercomunale)

18 Fonte: bozza Piano ATO Provincia di Varese. 19 E’ prevista inoltre la realizzazione di ulteriori sette impianti al 2020 (Fonte: Ptua, Regione Lombardia). 135

La distribuzione degli impianti di distribuzione sul territorio mostra una notevole quantità di impianti di pic- cole – medie dimensioni, i quali, proprio per questa caratteristica, possono rendere il trattamento dei reflui particolarmente difficoltoso, anche dal punto di vista economico.

Impianti di depurazione (Fonte: A. A.T.O. 2007; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Varese – 2008).

Sebbene la maggior parte dei comuni risulta allacciato alla rete di trattamento delle acque reflue (il comune di Clivio di serve dell’impianto di Mendrisio), la popolazione residente non è completamente allacciata al servizio depurativo, soprattutto nelle aree a minor densità urbanizzativa.

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Dal punto di vista del sistema fognario, prevale un sistema di rete mista (acque nere con acque meteoriche) che ha un’età media abbastanza alta e condizioni manutentive precarie, per cui possono essere frequenti le rotture e dispersioni in suolo non identificate20.

Lunghezza degli impianti di fognari (Fonte: A. A.T.O. 2007; Elaborazione: Settore Ecologia ed Energia - Provincia di Varese – 2008).

20 Fonte: RSA Provincia di Varese (2009). 137

A causa della bassa densità insediativa, della dispersività degli assetti insediati, delle carenze di dotazione dell’impianto fognario e di colletta mento sopra evidenziate, si riscontrano sul territorio numerosi situazioni di scarichi autorizzati in corpi idrici superficiali ricettori, fattore che è da correlarsi alla progressiva diminu- zione della qualità dei corpi idrici presenti sul territorio della Comunità Montana. Nello specifico, gli inse- diamenti produttivi che scaricano in fognatura, o in corsi d’acqua superficiali (attività produttive inquinanti), e i terminali di fognatura non depurati sono numerosi sul territorio della comunità Montana, concentrati in prevalenza nella parte intermedia dei comuni affacciati sul Verbano, all’altezza di Germignaga e Brezzo di Bredero, e in corrispondenza della Valcuvia tra Campo dei Fiori e Monte Nudo (comuni di Cuvio, Cuveglio, Masciago Primo, Rancio Valcuvia). E’ fondamentale dunque che i limiti emissivi alla soglia di scarico siano conformi ai limiti di legge stabiliti dalla normativa ambientale vigente, ovvero provvedere all’allacciamento al sistema di colletta mento ai depuratori esistenti sul territorio.

Codice istat Comune Tipologia di scarico TOT Fogne Industrie Depuratori 12001 Agra 0 12007 Azzio 1 1 2 12019 Brenta 2 2 4 12020 Brezzo di Bedero 10 10 12021 Brinzio 1 1 12022 Brissago - Valtravaglia 1 1 12037 Casalzuigno 1 1 12041 Cassano Valcuvia 1 1 1 3 12043 Castello Cabiaglio 1 1 2 12045 Castelveccana 4 1 1 6 12051 Cittiglio 2 1 3 12053 Cocquio - Trevisago 2 1 1 4 12061 Curiglia con Monteviasco 9 1 10 12062 Cuveglio 3 1 1 5 12063 Cuvio 4 2 6 12065 Dumenza 8 8 12066 Duno 2 1 3 12069 Ferrera di Varese 1 1 12072 Gavirate 14 1 1 16 12074 Gemonio 2 2 4 12076 Germignaga 8 1 9 12081 Grantola 3 3 12087 Laveno - Mombello 2 1 3 12092 Luino 33 1 34 12094 Maccagno 1 1 12100 Masciago Primo 1 1 2 12102 Mesenzana 3 3 12103 Montegrino Valtravaglia 1 1 12110 Orino 5 5 12112 Pino sulla Sponda del Lago Maggiore 1 1 12114 Porto Valtravaglia 1 1 12115 Rancio Valcuvia 4 1 1 6 138

12129 Tronzano Lago Maggiore 1 1 12135 Veddasca 6 6

Nel complesso i comuni che incidono maggiormente sugli scarichi in corpi idrici superficiali ricettori sono Luino, Gavirate, Brezzo di Bedero e Curiglia con Monteviasco.

139

1.3. La risorsa suolo e sottosuolo

Questo approfondimento intende indagare l’insieme dei fattori fisici che determinano la qualità pedologica dei suoli, ossia le funzionalità del suolo suddivisibili tra produttive, protettive e naturalistiche per giungere, nelle successive fasi del percorso valutativo, a giudicare la sostenibilità delle scelte del Piano di indirizzo fo- restale, in virtù delle capacità agronomiche e naturalistiche, presentate dai suoli interessati sotto quest’importante aspetto.

Per meglio specificare la vocazione d’un suolo a specifici usi, sono state analizzate le carte attitudinali21 alla funzione produttiva (uso agricolo e pastorale) e naturalistica (uso forestale) dei suoli, come di seguito riporta- to. Dalle indagini effettuate, per quanto concerne l’uso agricolo s’osserva come risultino assai difficoltose, in molta parte del territorio comunale, le condizioni per la messa in opera colturale, prevale in maniera evidente la classe “4 – non adatto”, seguita dalla classe “3 – poco adatto” e “2 – moderatamente adatto”. Nel comples- so emerge come a fronte solo del 10% del territorio idoneo e moderatamente idoneo alla conduzione agrico- la, ben il 70% del territorio presenta valori attitudinali per la conduzione forestale e naturalistica dei luoghi. Emerge dunque una sostanziale vocazione pascolivo-forestale dei territori della Comunità Montana, in cui i residui valori di idoneità per la conduzione agricola si collocano nei territori pianeggianti di valle lungo i principali torrenti, nei comuni di Cuvio, Cuveglio, Cocquio e Rancio Valcuvia.

Attitudine alluso agricolo del territorio della Comunità Montana

Attitudine Ha Incidenza % adatto (1) 663,1201 3% moderatamente adatto (2) 1608,915 7% non adatto (4) 15816,06 71% poco adatto (3) 4117,397 19% Totale complessivo 22205,49 100%

Incidenza percentuale

21 Fonte: Regione Lombardia, cartografia geoambientale. 140

Attitudine all’uso pascolivo del territorio della Comunità Montana

Attitudine Ha Incidenza % adatto (1) 4238,307 19% moderatamente adatto 2789,869 13% (2) non adatto (4) 12532,88 56% poco adatto (3) 2644,43 12% Totale complessivo 22205,49 100%

Incidenza percentuale

Attitudine all’uso forestale e naturalistico del territorio della Comunità Montana

Attitudine Sup (Ha) Incidenza % adatto (1) 5599,408 25% moderatamente adatto 9859,934 44% (2) non adatto (4) 2456,249 11% poco adatto (3) 4289,897 19% Totale complessivo 22205,49 100%

Incidenza percentuale

141

Classi di idoneità all’uso agricolo dei suoli non urbanizzati per comune appartenente alla Comunità Montana Comuni Ha Incidenza % adatto (1) moderatamente non adat- poco Totale adatto (1) moderatamente non adat- poco Totale adatto (2) to (4) adatto (3) adatto (2) to (4) adatto (3) Agra 0,0 0,0 284,5 0,0 284,5 0% 0% 100% 0% 100% Azzio 0,0 89,0 19,2 138,1 246,3 0% 36% 8% 56% 100% Brenta 4,4 58,3 209,0 161,6 433,2 1% 13% 48% 37% 100% Brezzo Di Bedero 0,0 0,2 252,7 364,9 617,8 0% 0% 41% 59% 100% Brinzio22 ------Brissago - Valtravaglia 0,0 21,6 551,0 1,7 574,2 0% 4% 96% 0% 100% Casalzuigno 48,7 48,4 481,2 130,1 708,4 7% 7% 68% 18% 100% Cassano Valcuvia 12,5 14,6 154,3 159,4 340,8 4% 4% 45% 47% 100% Castello Cabiaglio23 ------Castelveccana 0,0 0,0 847,6 354,4 1202,1 0% 0% 71% 29% 100% Cittiglio 71,2 128,3 679,6 206,7 1085,8 7% 12% 63% 19% 100% Cocquio - Trevisago 109,5 136,4 418,0 263,3 927,2 12% 15% 45% 28% 100% Curiglia Con Monteviasco 0,0 0,0 910,2 0,0 910,2 0% 0% 100% 0% 100% Cuveglio 141,4 98,4 310,8 207,3 757,8 19% 13% 41% 27% 100% Cuvio 25,3 68,6 383,4 116,6 593,9 4% 12% 65% 20% 100% Dumenza 0,0 0,0 1603,9 94,9 1698,8 0% 0% 94% 6% 100% Duno 0,0 18,4 196,3 33,2 247,9 0% 7% 79% 13% 100% Ferrera Di Varese 0,0 0,0 3,1 0,9 4,0 0% 0% 78% 22% 100% Gavirate 0,0 153,6 556,2 224,0 933,8 0% 16% 60% 24% 100% Gemonio 11,8 103,3 77,3 131,9 324,3 4% 32% 24% 41% 100% Germignaga 0,0 113,7 47,4 83,2 244,4 0% 47% 19% 34% 100% Grantola 0,0 0,0 141,3 50,7 192,1 0% 0% 74% 26% 100% Laveno - Mombello 62,1 232,8 575,4 407,3 1277,6 5% 18% 45% 32% 100% Luino 0,0 225,0 871,7 295,6 1392,4 0% 16% 63% 21% 100%

22 Per il Comune di Brinzio si segnala la mancanza delle informazioni nella banca dati “Geoambientale” di Regione Lombardia. 23 Per il Comune di Castello Cabiaglio si segnala la mancanza delle informazioni nella banca dati “Geoambientale” di Regione Lombardia. 142

Maccagno 0,0 0,0 1012,4 0,0 1012,4 0% 0% 100% 0% 100% Masciago Primo 0,2 41,2 75,3 56,0 172,7 0% 24% 44% 32% 100% Mesenzana 0,0 0,0 456,2 19,4 475,6 0% 0% 96% 4% 100% Montegrino Valtravaglia 0,0 7,7 987,7 0,1 995,5 0% 1% 99% 0% 100% Orino 0,0 4,4 232,8 132,9 370,1 0% 1% 63% 36% 100% Pino Sulla Sponda Del Lago Maggiore 0,0 0,0 437,1 0,0 437,1 0% 0% 100% 0% 100% Porto Valtravaglia 0,0 0,0 668,0 356,4 1024,4 0% 0% 65% 35% 100% Rancio Valcuvia 80,8 45,0 185,0 126,7 437,5 18% 10% 42% 29% 100% Tronzano Lago Maggiore 0,0 0,0 585,3 0,0 585,3 0% 0% 100% 0% 100% Veddasca 0,0 0,0 1598,6 0,0 1598,6 0% 0% 100% 0% 100% Totale complessivo 567,9 1608,9 15812,6 4117,4 22106,8 3% 7% 72% 19% 100% 143

Classi di idoneità all’uso forestale dei suoli non urbanizzati per comune appartenente alla Comunità Montana Comuni Ha Incidenza % adatto (1) moderatamente non adat- poco Totale adatto (1) moderatamente non adat- poco Totale adatto (2) to (4) adatto (3) adatto (2) to (4) adatto (3) Agra 172,29 112,20 0 0 284,49 61% 39% 0% 0% 100% Azzio 0 9,42 46,16 190,76 246,34 0% 4% 19% 77% 100% Brenta 1,46 118,79 99,49 213,45 433,20 0% 27% 23% 49% 100% Brezzo Di Bedero 546,37 71,46 0 0 617,83 88% 12% 0% 0% 100% Brinzio24 ------Brissago - Valtravaglia 270,32 303,92 0 0 574,25 47% 53% 0% 0% 100% Casalzuigno 0,10 373,80 89,26 245,25 708,41 0% 53% 13% 35% 100% Cassano Valcuvia 0,38 145,40 44,47 150,57 340,82 0% 43% 13% 44% 100% Castello Cabiaglio25 ------Castelveccana 661,07 540,98 0 0 1202,06 55% 45% 0% 0% 100% Cittiglio 18,13 408,65 250,79 408,22 1085,79 2% 38% 23% 38% 100% Cocquio - Trevisago 9,05 284,39 431,70 202,05 927,20 1% 31% 47% 22% 100% Curiglia Con Monteviasco 6,15 519,49 0 384,55 910,19 1% 57% 0% 42% 100% Cuveglio 2,22 237,11 258,07 260,43 757,83 0% 31% 34% 34% 100% Cuvio 68,15 228,10 97,14 200,55 593,93 11% 38% 16% 34% 100% Dumenza 554,15 804,34 0 340,29 1698,79 33% 47% 0% 20% 100% Duno 58,76 121,10 18,40 49,63 247,89 24% 49% 7% 20% 100% Ferrera Di Varese 0,18 2,55 0 1,27 4,00 4% 64% 0% 32% 100% Gavirate 104,57 188,41 367,18 273,67 933,84 11% 20% 39% 29% 100% Gemonio 0 51,06 63,85 209,37 324,28 0% 16% 20% 65% 100% Germignaga 234,20 10,17 0 0 244,37 96% 4% 0% 0% 100% Grantola 108,76 83,29 0 0 192,05 57% 43% 0% 0% 100% Laveno - Mombello 10,44 181,32 442,68 643,19 1277,64 1% 14% 35% 50% 100% Luino 1090,25 287,73 14,37 0 1392,36 78% 21% 1% 0% 100%

24 Per il Comune di Brinzio si segnala la mancanza delle informazioni nella banca dati “Geoambientale” di Regione Lombardia. 25 Per il Comune di Castello Cabiaglio si segnala la mancanza delle informazioni nella banca dati “Geoambientale” di Regione Lombardia. 144

Maccagno 83,34 929,01 0 0 1012,35 8% 92% 0% 0% 100% Masciago Primo 0 101,11 0,30 71,32 172,73 0% 59% 0% 41% 100% Mesenzana 273,67 201,91 0 0 475,58 58% 42% 0% 0% 100% Montegrino Valtravaglia 452,48 543,04 0 0 995,52 45% 55% 0% 0% 100% Orino 0 303,38 28,61 38,14 370,14 0% 82% 8% 10% 100% Pino Sulla Sponda Del Lago Maggiore 57,78 379,35 0 0 437,13 13% 87% 0% 0% 100% Porto Valtravaglia 589,11 435,27 0 0 1024,39 58% 42% 0% 0% 100% Rancio Valcuvia 0 135,83 108,55 193,10 437,48 0% 31% 25% 44% 100% Tronzano Lago Maggiore 75,91 509,40 0 0 585,31 13% 87% 0% 0% 100% Veddasca 149,66 1236,76 0 212,19 1598,62 9% 77% 0% 13% 100% Totale complessivo 5598,95 9858,74 2361,02 4288 22106,81 25% 45% 11% 19% 100% 145

Segue la carta della capacità d’uso dei suoli per il territorio della Comunità Montana (i dati sono tratti dal Sit regionale, Progetto di Cartografia geoambientale).

Classe Descrizione della classe Suoli privi o con lievi limitazioni all’utilizzazione agricola; possono essere utilizzati per qua- I si tutte le colture diffuse nella regione senza richiedere particolari pratiche di conservazione. Suoli con moderate limitazioni che riducono la scelta delle colture e/o richiedono moderate II pratiche di conservazione 146

Suoli con severe limitazioni che riducono la scelta delle colture e/o richiedono speciali prati- III che di conservazione Suoli con limitazioni molto forti che riducono la scelta delle colture e/o richiedono una ge- IV stione molto accurata Suoli che non presentano rischio di erosione, oppure esso è molto trascurabile, ma hanno al- V tre limitazioni ineliminabili che restringono il loro uso principalmente al pascolo, alla fore- stazione e al mantenimento dell’ambiente naturale Suoli con severe limitazioni che generalmente restringono il loro uso al pascolo, alla produ- VI zione di foraggi, alla forestazione e al mantenimento dell’ambiente naturale Suoli con limitazioni molto severe che restringono il loro uso al pascolo brado, alla foresta- VII zione e al mantenimento ambientale Suoli ed aree che presentano limitazioni tali da precludere qualunque uso produttivo e che VIII restringono il loro uso a fini estetico – ricreativi e al mantenimento dell’ambiente naturale

Considerando solo il valore intrinseco dei suoli, avvalendosi delle classi di capacità d’uso dei suoli secondo la Land Capabilities Classification (Lcc) dell’Usda (United States Department of Agricolture), espressive della vocazione agricola, si riscontra come i suoli di classe II e III rappresentano circa il 20% del territorio della Comunità Montana, e si concentrano nei territori prevalentemente pianeggianti lungo le valli, mentre più del 40% è rappresentato da suoli di capacità agronomica con classe VII (Suoli con limitazioni molto se- vere che restringono il loro uso al pascolo brado, alla forestazione e al mantenimento ambientale); tale quota caratterizza i territori collinari e montani, in cui si riscontrano limitazioni dal punto di vista della pedologia e della granulometria dei terreni, che incentivano la propensione all’erosione dei suoli, incrementandone l’instabilità del substrato suolo.

Incidenza percentuale Classe Lcc Sup (Ha) Incidenza % II classe 1116,412 5% III classe 3730,212 16% IV classe 5807,197 25% V classe 19,04116 0% VI classe 2785,283 12% VII classe 8747,343 38% VIII classe 791,8244 3% Totale complessi- 22997,31 100%

vo

Tuttavia, i c riteri definiti dalla Dgr.19 settembre 2008, n. 8 /8059 per determinare il valore agricolo dell’assetto rurale regionale, fondati sulla procedura di valutazione Metland (Metropolitan landscape plan- ning model), introducono però ulteriori parametri, tra cui il grado di riduzione della capacità agronomica dei suoli rispetto alla destinazione agricola reale (uso reale del suolo). In particolare il calcolo del valore regiona- le si compone delle seguenti tre fasi: i) determinazione del valore intrinseco dei suoli espressivo della vocazione agricola, basata sulla attribu- zione di punteggi alle classi di capacità d’uso agronomico dei suoli identificate nel territorio provinciale, secondo i sistemi di classificazione in uso 26, di cui le prime quattro individuano, con limitazioni crescen- ti, suoli potenzialmente destinabili all’uso agricolo; lo strato informativo di riferimento utilizzato nel cor-

26 Cfr. Base dati suoli, “Suoli e paesaggi della provincia di Lecco”, ERSAF-Regione Lombardia, 2004, basata sulla classificazione Usda, Land Capability classification (Lcc). 147

so del presente lavoro deriva, per il territorio montano, dalla Carta dei Suoli d’Italia opportunamente in- tegrata con le modalità sopra descritte (nella successiva tabella sono riportati i punteggi assunti come ri- ferimento per le classi di capacità d’uso dei suoli);

Classe di Land Capability Gruppo di capacità d’uso Punteggio classe I 1 100 classe II 2 95 classe III 3 75 classe IV 4 65 classi V – VI 5 50 classi VII – VIII 6 25 Gruppi di capacità d’uso e punteggi relativi

ii) definizione, mediante punteggi, del grado di riduzione della capacità agronomica dei suoli rispetto alla destinazione agricola reale (uso reale del suolo); lo strato informativo di riferimento utilizzabile, con- gruente sull’intero territorio regionale, è attualmente costituito dalla cartografia della destinazione d’uso agricola e forestale della Lombardia 27; nella successiva tabella si riportano i punteggi assunti come rife- rimento per la valutazione del grado di riduzione della vocazione agricola in base all’uso del suolo;

Grado di Gruppo Codice Dusaf2 Classi di uso del suolo riduzione 221, 222, 223 1 Colture permanenti – 25 (ex L1, L2, L3) 21, 231, 321 2 Seminativi, prati e pascoli 0 (ex S e P) 224, 3242 altre legnose agrarie, pioppeti, arboricoltura 3 10 (ex L7, L8, N8t) da legno aree agricole abbandonate con vegetazione 134, 3114 4 naturale erbacea e cespugliosa, aree degradate 25 (ex R4, L5, R2q) non utilizzate, aree di cava recuperate 141, 3112, 3122, 3132, 3221,3241, 411 5 cespuglieti, paludi 50 (ex N8, N8b, N1, N2, 1411, 1412) 31 (eccetto 3112, 3114, 3122, 3132) 11 boschi 75 (ex B*) aree urbanizzate, cave, discariche, vegetazio- 1 (eccetto 141 e 134), 3222, 3223, 33, 5 ne dei greti, sabbie e ghiaie fluviali, ghiacciai, 12 (ex U, R1, R2, R3, R5,N3 N4,N5, A1, 100 laghi, stagni, piccoli laghetti (< 5000 m²), la- A2, A3) ghi di cava, corsi d’acqua

iii) calcolo e determinazione del valore agricolo del sistema paesaggistico rurale28, sulla base della combina- zione tra i due fattori precedenti, che produce una serie di valori (a quelli più alti corrisponde un più alto valore agricolo) collocati in un range teorico da 0 a 114, e da ripartirsi poi nelle classi di valore finali; a tale scopo vengono adottati, con criterio ragionato, intervalli in grado di rappresentare al meglio la speci- ficità e la distribuzione dei valori del sistema paesaggistico rurale provinciale, e la conseguente cartogra- fia prevede pertanto la ripartizione del territorio nelle seguenti classi:

27 Cfr. Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali (DUSAF), ERSAF-Regione Lombardia DGA, 2002. 28 Questo calcolo viene effettuato sulla base di X = 100 * [(s – t) + 75) / 175], dove s indica il punteggio relativo al gruppo di capacità d’uso, t il punteggio del gruppo di detrazione e x il punteggio relativo al valore della risorsa, così come risulta dalle interazioni tra la potenzialità agricola naturale del suolo e gli effetti dell’uso del suolo presente. 148

a) valore agricolo alto (punteggio > 90): comprende suoli caratterizzati da una buona capacità d’uso, adatti a tutte le colture o con moderate limitazioni agricole e/o dalla presenza di colture redditizie (seminativi, frutteti, vigneti, prati e pascoli – in particolare quelli situati nelle zone di produzione tipi- ca – , colture orticole e ortoflorovivaistiche, ecc.); la classe comprende quindi i suoli a elevato e mol- to elevato valore produttivo, particolarmente pregiati dal punto di vista agricolo; b) valore agricolo moderato (punteggio indicativo 65/70 – 90), comprendovi suoli adatti all’agricoltura e destinati a seminativo o prati e pascoli, ma con limitazioni colturali di varia entità e soggetti talvolta a fenomeni di erosione e dissesto, in particolare nelle zone montane; la classe comprende quindi i suoli a minor valore produttivo, sui quali peraltro l’attività agrosilvopastorale svolge spesso impor- tanti funzioni di presidio ambientale e di valorizzazione del paesaggio; c) valore agricolo basso o assente (punteggio indicativo < 65/70): comprende le aree naturali, non inte- ressate dalle attività agricole (boschi, castagneti, vegetazione palustre e dei greti, cespuglieti e tutte le restanti aree naturali in genere), comprese le aree agricole marginali (versanti a elevata pendenza e/o soggetti a rischio di dissesto) e abbandonate o in via d’abbandono senza significativa potenzialità di recupero all’attività agricola; d) aree antropizzate (valore 1000): oltre alle aree edificate, rientrano tra queste le infrastrutture, le cave, le discariche, le zone degradate e in generale tutte le aree soggette a trasformazioni antropiche di na- tura extra – agricola; e) aree idriche (valore 2000): specchi d’acqua, laghi, fiumi; f) altre aree di non suolo (valore 3000): ghiacciai, affioramenti rocciosi, aree sterili e car atterizzate dall’assenza di suolo e/o vegetazione.

Si riporta di seguito la spazializzazione dell’indice del valore agricolo regionale sul territorio della Comunità Montana, esclusivamente per i suoli non urbanizzati.

Valore agrico- Sup (Ha) Incidenza lo % Alto 547,0395 3% Basso 18810,54 91% Media 1342,015 6% 20699,59 100%

Incidenza percentuale

Se si considerano infatti anche gli usi reali del suolo, emerge una sostanziale riduzione del valore agricolo dei suoli non urbanizzati della Comunità Montana, per cui meno del 10% del territorio è da ritenersi allo stato attuale ad alto valore agricolo dei suoli, interessando limitate porzioni del territorio pianeggianti di valle, 149 lungo il torrente Boesio, nei comuni di Cuvio (10%), Cuveglio (11%), Rancio Valcuvia e Ferrara di Varese (13%).

Distribuzione delle classi di valore agricolo dei suoli non urbanizzati all’interno dei comuni appartenenti alla Comunità Montana Comune Superfici (Ha) Incidenza % Alto Basso Media Tot Alto Basso Media Agra 0,00 233,81 9,59 243,40 0% 96% 4% Azzio 17,13 129,69 37,72 184,54 9% 70% 20% Brenta 13,24 325,52 19,37 358,13 4% 91% 5% Brezzo di Bedero 0,52 444,24 42,83 487,59 0% 91% 9% Brinzio 15,59 580,99 22,08 618,66 3% 94% 4% Brissago - Valtravaglia 0,00 503,99 35,41 539,39 0% 93% 7% Casalzuigno 34,43 567,66 24,41 626,49 5% 91% 4% Cassano Valcuvia 25,14 310,08 23,50 358,72 7% 86% 7% Castello Cabiaglio 5,94 632,95 15,38 654,27 1% 97% 2% Castelveccana 2,04 1094,16 49,37 1145,56 0% 96% 4% Cittiglio 28,04 891,55 42,53 962,11 3% 93% 4% Cocquio - Trevisago 66,55 526,07 91,60 684,23 10% 77% 13% Curiglia con Monteviasco 0,00 1047,24 18,40 1065,64 0% 98% 2% Cuveglio 67,45 544,86 28,45 640,77 11% 85% 4% Cuvio 50,78 457,97 12,68 521,43 10% 88% 2% Dumenza 0,00 1662,39 83,03 1745,42 0% 95% 5% Duno 0,16 228,47 5,13 233,76 0% 98% 2% Ferrera di Varese 15,09 77,90 20,04 113,02 13% 69% 18% Gavirate 39,70 504,56 41,15 585,42 7% 86% 7% Gemonio 8,66 185,99 35,80 230,46 4% 81% 16% Germignaga 4,81 77,34 32,25 114,40 4% 68% 28% Grantola 21,37 139,17 4,10 164,63 13% 85% 2% Laveno - Mombello 48,86 696,31 43,79 788,95 6% 88% 6% Luino 18,16 746,63 172,85 937,64 2% 80% 18% Maccagno 0,00 923,36 30,48 953,84 0% 97% 3% Masciago Primo 0,00 148,66 21,42 170,07 0% 87% 13% Mesenzana 27,47 343,07 38,32 408,86 7% 84% 9% Montegrino Valtravaglia 0,57 863,65 66,39 930,62 0% 93% 7% Orino 0,00 315,28 5,69 320,97 0% 98% 2% Pino sulla Sponda del Lago Maggiore 0,00 421,36 5,36 426,73 0% 99% 1% Porto Valtravaglia 0,16 739,19 106,51 845,86 0% 87% 13% Rancio Valcuvia 35,20 329,35 23,31 387,86 9% 85% 6% Tronzano Lago Maggiore 0,00 583,43 3,84 587,27 0% 99% 1% Veddasca 0,00 1533,68 129,23 1662,91 0% 92% 8% Totale Complessivo 547,04 18810,54 1342,01 20699,59 3% 91% 6% 150

I fattori di attitudine agli usi agro-pascolivi e forestali e di vocazione agricola dei suoli rappresentano dunque rappresentare importanti determinanti per l’approfondimento degli ambiti agricoli strategici individuati a li- vello provinciale sul territorio della Comunità Montana, come di seguito rappresentati, rispetto alle classi di fertilità individuate a livello di scala vasta. 151

Gli ambiti agricoli d’interesse strategico, individuati dal Piano territoriale di coordinamento provinciale, sono tuttavia ridotti rispetto all’intera estensione del territorio comunale, si localizzino tutti negli ambiti di fondo- valle e dei territori pianeggianti, per le limitazioni precedente evidenziate, e si connotano per una struttura no- tevolmente frammentata, con nuclei di piccole dimensioni spesso interferiti dall’urbanizzato esistente.

Infatti, se si incrociano i valori attitudinali dei suoli (valore agricolo regionale e attitudine forestale) con le are agricole allo stato di fatto (individuate ai sensi dell’art. 43 della vigente Lr. 12/200) e le aree boscate esistenti sul territorio, è stato possibile effettuare ulteriori riflessioni sulle capacità attitudinali dei suoli individuati co- me agricoli. Emerge nel complesso come:  solo il 21% delle aree agricole allo stato di fatto del territorio della Comunità Montana presentano alti va- lori agricoli (definiti attraverso la procedura Metland) ai sensi della Dgr.19 settembre 2008, n. 8/8059, mentre quasi il 30% delle aree agricole esistenti presenta basse attitudini agronomiche, quindi poco voca- te all’attività agricola;  più del 50% delle aree agricole allo stato di fatto del territorio della Comunità Montana presentano inve- ce alti e buoni valori attitudinali alla conduzione forestale (adatto e moderatamente adatti)  quasi l’80% delle aree boscate esistenti si sviluppano invece su suoli adatti e moderatamente adatti all’uso forestale, con una percentuale limitata al 4% di superfici boscate su suoli non adatti alla condu- zione forestale. 152

Regione Lombardia: aree agricole allo stato di fatto (ex art. 43 Lr. 12/2005)

153

Le aree boscate 2010 (banca dati dusaf)

154

La verifica delle capacità attitudinali delle aree agricole allo stato di fatto (art. 43 Lr. 12/2005)

Suoli ad uso agricolo: classi- Incidenza ficazione in base al valore Superficie (mq) (%) agricolo regionale (Metland) Alto 5207183,123 21% Basso 7156276,377 29% Media 12481829,14 50% Totale 24845288,64 100%

La verifica delle capacità attitudinali delle aree agricole allo stato di fatto (art. 43 Lr. 12/2005) rispetto all’attitudine forestale

Suoli ad uso agricolo: classi- ficazione in base Incidenza Superficie (mq) all’attitudine forestale e na- (%) turalistico dei suoli adatto (1) 7146831,052 30% moderatamente adatto (2) 6447488,398 27% non adatto (4) 5103370,406 21% poco adatto (3) 5281983,16 22% Totale 112,04 100%

La verifica delle capacità attitudinali delle aree boscate esistenti (Dusaf)

Suoli ad uso forestale: classi- ficazione in base Incidenza Superficie (mq) all’attitudine forestale e na- (%) turalistico dei suoli adatto (1) 24704371,14 24% moderatamente adatto (2) 53394443,05 53% non adatto (4) 4235165,398 4% poco adatto (3) 19160574,2 19% Totale complessivo 101494553,8 100% 155

Per quanto concerne infine la funzione protettiva dei suoli si fa riferimento alla loro permeabilità29, stretta- mente correlabile alla tutela delle acque di falda: infatti, più un suolo è permeabile minore è la sua capacità protettiva nei confronti delle falde acquifere che scorrono nel sottosuolo, dando così origine a possibili pro- cessi di infiltrazione e percolazione d’inquinanti; di contro, la permeabilità aumenta la capacità di drenaggio delle acque, riducendo in tal modo la propensione all’erosione per fenomeni di run – off (ruscellamento su- perficiale) che, negli spazi montani, sono spesso all’origine di disastrose colate detritiche o debris flow30, specie nei periodi di piogge intense. La carta successiva presenta una classificazione sintetica per definire la capacità protettiva dei suoli che può, poi, venire opportunamente incrociata con altre variabili quali la pen- denza, l’esposizione e la propensione all’erosione per individuare le porzioni di territorio più esposte a feno- meni di dissesto e smottamento.

Grado di permeabilità dei suoli

Incidenza percentuale Permeabilità Superficie Incidenza % (Ha) da elevata a media 6824,94 30% da media a ridotta 9109,70 40% da ridotta a molto ridotta 7056,14 31% Totale complessivo 22990,79 100%

29 Fonte: Regione Lombardia, Cartografia Geoambientale. 30 Debris flow o colate detritiche torrentizie: sono processi naturali consistenti nel trasporto di materiale solido da parte di un fluido in ambiente montano; si tratta di miscugli di materiale fine (sabbia, limo e argilla) e grossolano (ghiaia e massi), contenenti una quantità variabile di acqua cui s’associano spesso tronchi d’albero e altri detriti vegetali, muovendosi verso valle con velocità variabili da po- chi cm/sec sino a 25 m/s; un singolo fenomeno si manifesta di frequenza con ondate successive (pulsazioni) dovute a temporanee ostruzioni del canale di trasporto. Le colate detritiche rivestono notevole importanza sia per l’influenza sull’evoluzione morfologica dei bacini idrografici in cui avvengono, sia per il rischio potenziale che determinano per l’elevata capacità distruttiva. Aumenti im- provvisi di disponibilità idrica, dovuti comunemente a piogge intense o alla rapida fusione di nevai, possono provocare con lo scor- rimento dell’acqua lungo i pendii la mobilitazione di ingenti quantità di detrito che vengono incorporate in un debris flow. 156

La carta pone in evidenza i principali areali ad elevata permeabilità dei suoli, pertanto maggiormente esposti a rischio di infiltrazione e percolazione di inquinanti nel sottosuolo e nelle acque di falda. Rappresentano dunque spazi del territorio in cui prestare particolare cautela nell’utilizzo antropico della risorsa suolo, attra- verso l’utilizzo di tutte le forme più opportune di prevenzione dell’inquinamento idrico e del sottosuolo. Si riscontra nel complesso che gli areali ad elevata permeabilità dei suoli incidono sullo spazio della comunità Montana per ben il 30%, interessando prevalentemente i comuni di Luino, Montenegrino Valtravaglia, Ran- cio Valcuvia, Cuveglio, Cuvio, Duno, Gavirate (per quanto riguarda la porzione di territorio più prossima al 157 lago di Varese), e infine i comuni di Cittiglio, Castelveccana, Porto Valtraglia e Casalzuigno tuttavia con in- cidenze inferiori al 50%.

Dal punto di vista delle modalità di utilizzo dei suoli, vengono di seguito mostrati gli aspetti caratterizzanti degli usi del suolo dentro il confine comunale (banca dati Dusaf). La distribuzione degli usi del suolo fa emergere la vocazione silvo – pastorale del territorio della Comunità Montana, caratterizzato da vaste quote destinate a boschi di latifoglie (oltre il 70%) e prati/pascoli (5%), dimostrando anche una eccezionale integri- tà naturalistica. L’urbanizzato rappresenta solo il 15% del comune.

Usi Superficie Incidenza (Ha) % Boschi 18225,22 74% seminativi semplici 976,3131 4% Urbanizzato 3762,126 15% Vegetazione naturale 354,2034 1% Prati permanenti 1106,978 4% seminativi arborati e ortoflorovivaistiche 261,487 1% Altri usi 22,0622 0% Totale superficie 24708,39 100%

158

Sup. interessata da boschi (ha) Sup. non interessata da boschi (ha) Sup. totale comunale (ha) 18.225,22 6.483 24.708,39

159

Ne consegue che gli usi boschivi interessano oltre il 70% dell’intero territorio della Comunità Montana, con una superficie media comunale a bosco pari al 74%, con un massimo registrato nei comuni di Castello Cabiaglio, Dumenza, Duno, Pino sulla sponda del lago maggiore e Tronzano lago maggiore, con percentuali superiori al 90%. Le percentuali maggiormente ridotte di superficie boscata si riscontrano invece per i comu- ni di Germignaga, Ferrera di varese, Gavirate, Gemonio, Luino, con percentuali attestate attorno al 50%. Nel complesso tutti i comuni, fatta eccezione per Luino e Germignano, presentano superfici boscate per un’estensione oltre il 50% della propria superficie comunale.

Percentuale comunale di superficie destinata a bosco (Dusaf 2010)

160

Comune Superficie Percentuale (Ha) AGRA 237,0 82% AZZIO 133,8 54% BRENTA 330,2 76% BREZZO DI BEDERO 422,9 68% BRINZIO 582,3 89% BRISSAGO - VALTRAVAGLIA 484,3 79% CASALZUIGNO 575,5 81% CASSANO VALCUVIA 308,4 77% CASTELLO CABIAGLIO 636,0 93% CASTELVECCANA 1082,7 81% CITTIGLIO 844,6 74% COCQUIO - TREVISAGO 530,2 56% CURIGLIA CON MONTEVIASCO 927,2 85% CUVEGLIO 556,6 73% CUVIO 461,3 76% DUMENZA 1647,3 90% DUNO 228,5 92% FERRERA DI VARESE 79,7 53% GAVIRATE 505,5 52% GEMONIO 187,6 51% GERMIGNAGA 68,4 27% GRANTOLA 137,4 66% LAVENO - MOMBELLO 684,7 52% LUINO 713,1 49% MACCAGNO 884,7 82% MASCIAGO PRIMO 150,0 81% MESENZANA 333,1 68% MONTEGRINO VALTRAVAGLIA 862,0 85% ORINO 314,4 85% PINO SULLA SPONDA DEL LAGO 416,7 93% MAGGIORE PORTO VALTRAVAGLIA 703,7 67% RANCIO VALCUVIA 329,3 75% TRONZANO LAGO MAGGIORE 565,6 92% VEDDASCA 1300,5 76%

Si riscontra per altro che dal 195031 ai giorni nostri, passando dalla soglia intermedia del 198032, si assiste ad un progressivo incremento della superficie boscata, che ha determinato nel complesso un incremento del ter-

31 Fonte: Regione Lombardia, uso del suolo soglia storica, Volo Gai. 32 Fonte: Regione Lombardia, uso del suolo soglia Ctr prima leva 1980. 161 ritorio boscato del 12% dal 1950, espressivo di una progressiva espansione delle superfici boscate a discapito della funzione agro-pastorale.

Andamenti 1950 – 1980 e 2010 della superficie boscata(estensione in Ha)

Nel secondo dopoguerra, si è infatti assistito a un progressivo abbandono dell’agricoltura in montagna e an- che il taglio dei boschi è diventato meno importante dal punto di vista economico. Dunque, in assenza di un’adeguata pianificazione forestale e di sviluppo locale, la vegetazione arborea spontanea prende il naturale sopravvento, da un lato creando nuove situazioni ambientali adatte a ospitare una fauna di- versificata, ma rendendo d’altra parte meno stabili i versanti, per l’invecchiamento dei boschi cedui, con conseguenti fenomeni di dissesto. Inoltre, l’accumulo nel sottobosco, non più curato e sorvegliato, di grandi quantità di materiale vegetale rappresenta un significativo combustibile in caso di incendi boschivi.

Le tipologie boschive più incidenti sul territorio della Comunità Montana, invece, sono i castagneti (con una incidenza di oltre il 50% sulle intere tipologie forestali), il robineto puro (per la porzione più meridionale della Comunità Montana, con una incidenza del 13% sulla superficie boscata totale, e le formazioni di acero- frassineti (11%), presenti invece nella porzione più settentrionale della Comunità Montana (nell’alto luinese). In percentuale minore, non oltre il 10%, seguono le formazioni di faggeti.

Tipologia Nome Superficie Incidenza (Ha) % AF Acero-frassineto 11979723,64 11,12% AL Alneto 1434265,175 1,33% AT Acero-tiglio- 2742,155 0,00% frassineto BC Betuleto-corileto 5113047,644 4,74% BE betuleto 2459632,983 2,28% CA Castagneto 57884463,75 53,71% FA Faggeta 9737626,916 9,04% FI Formazioni partico- 329296,598 0,31% lari IA Impianto artificiale 607963,539 0,56% LA Lariceto 49669,656 0,05% OO Orno-ostrieto 36650,183 0,03% 162

PC Pecceta 49100,93 0,05% PI Pineta 122428,345 0,11% QC Querco-carpineto 535671,933 0,50% QR Querceto 2364030,298 2,19% RB Robinieto pura 15051181,4 13,97% RM Robinieto misto 14540,123 0,01% Totale complessivo 107772035,3 100,00%

L’orizzonte submontano è caratterizzato dalla presenza del Castagno (Castanea sativa) e del Nocciolo (Co- rylus avellana). Sono presenti inoltre anche il Biancospino (Crataegus monogyna), il Ciliegio (Prunus avium), il Frassino (Fraxinus excelsior) e il Tiglio (Tilia cordata). Lo strato arbustivo è caratterizzato princi- palmente dalla Frangola (Frangula alnus), mentre il sottobosco è ricco di specie tipiche del bosco mesofilo, principalmente Erba lucciola (Luzula nivea) e Felce aquilina (Pteridium aquilinum). Tra le graminacee, si ha una prevalenza di Molinia cerulea che indica la presenza di un terreno povero e acido. A sud di Luino, si ha un’ampia diffusione di Robinia pseudoacacia, nelle zone disboscate e successivamente abbandonate, lungo le strade e lungo i tagli effettuati per la posa degli elettrodotti, fino a quota 600 m slm. Presente anche Pinus sylvestris nella zona compresa tra Montegrino Valtravaglia e Castelveccana. Le praterie si trovano princi- palmente nella piana di Mesenzana, dove il fondovalle è sfruttato come coltivo. L’orizzonte montano è caratterizzato dal Faggio (Fagus sylvatica), affiancato saltuariamente da Betulla (Be- tulla pendula), Farinaccio (Sorbus aria) e Tiglio (Tilia cordata). Nello strato arbustivo si segnala il Sorbo degli uccellatori (Surbus aucuparia), mentre nello strato erbaceo prevalgono le felci. Nell’orizzonte alpino dominano praterie a Nardus stricta tipica di pascoli acidi e magri. Il nardeto è spesso associato a Poa alpina, Festuca sp. e Deschampsia flexuosa. Questo tipo di prateria è frequente anche negli orizzonti montano e subalpino, in zone disboscate e conservate mediante taglio, pascolo e concimazione sal- tuaria. Si segnalano inoltre alcune opere di rimboschimento, iniziate negli anni cinquanta, nella fascia sopra l’abitato di Montegrino Valtravaglia verso il Monte Piambello. Sono stati piantati Abete rosso (Picea excelsa), Larice (Larix decidua), Acero montano (Acer pseudoplatanus) e Pino silvestre (Pinus sylvestris), associati a Pino strobo (Pinus strobus) e Quercia rossa (Quercus rubra). Altre associazioni, come Pino di Corsica (Pinus la- ricio) insieme a Larice (Larix decidua), si segnalano ad esempio sul Monte Pian Nave. 163

Carta delle tipologie forestali reali sul territorio della Comunità Montana

Per cui gli usi agricoli, come precedentemente evidenziato, rivestono una percentuale di incidenza inferiore nelle modalità di utilizzo dei suoli (interessando solo il 5% del territorio della Comunità Montana), ridotte agli ambiti pianeggianti del fondovalle, e si caratterizzano prevalentemente per una conduzione a foraggere (oltre il 40% degli spazi allo stato agricoli ex art. 43 Lr. 12/2005), mais per solo il 4%, mentre la rimanente 164 quota è rappresentata da incolti e vegetazione naturale (quasi il 20% delle aree agricole). Si riscontra che ri- spetto alla banca dati regionale SIarl il 30% dei terreni agricoli non risulta classificabile33.

33 Elaborazione dati Siarl 2008. 165

Dettaglio usi Superficie Incidenza % su totale aree agricole stato di fatto ALTRI CEREALI 1972,612 0,01% AREE STERILI NATURALI 4471,138 0,02% COLTIVAZIONI FLOROVIVAISTI- 8470,645 0,04% CHE COLTIVAZIONI ORTICOLE 19726,76 0,08% FORAGGERE 10279122 43,54% FRUTTICOLE 47527,76 0,20% MAIS 935722,3 3,96% PIANTE INDUSTRIALI E LEGUMI 2918,22 0,01% SECCHI TARE E INCOLTI 138466,9 0,59% TERRENI A RIPOSO 5288,548 0,02% TERRENI AGRICOLI NON CLAS- 7097648 30,06% SIFICABILI VEGETAZIONE NATURALE 5035370 21,33% VITE 33306,41 0,14%

Nonostante quindi il grado di urbanizzazione medio comunale della Comunità Montana sia nel complesso molto contenuto, pari a solo il 15% del territorio, inferiore di ben cinque volte alle superfici a bosco esistenti, la principale criticità per la risorsa suolo è rappresentata dall’impermeabilizzazione dei suoli, come effetto conseguente al processo di urbanizzazione che, nell’ultimo cinquantennio, ha investito il territorio varesino, soprattutto in alcuni comuni appartenenti alla Comunità Montana. Infatti dal 1950 al 198034 il tasso di urbanizzazione medio comunale è incrementato del 6%, passando infine ai giorni nostri dal 12% al 15%.

34 Fonte: usi del suolo alle soglie storiche, Regione Lombardia (geoportale). 166

Se infatti nel 1950 la superficie urbanizzata raggiungeva una estensione di 1.600 Ha circa, pari a non oltre il 6% del territorio montano, nel 1980 si assiste ad uno sviluppo urbano che incrementa quasi dell’80% fino a raggiungere i 2.800 Ha urbanizzati (pari dunque ad una percentuale di superficie urbanizzata sul totale del 12%). Nell’ultimo trentennio si assiste ad una più moderata espansione dell’urbanizzato, con un tasso di in- cremento solo del 31%, che ha portato lo sviluppo urbano alle dimensioni attualmente registrate.

Si riscontra quindi che l’incremento delle superfici urbanizzate e forestali dal 1950 ad oggi registrate sul terri- torio della Comunità Montana sono avvenuti a sottrazione di spazi agricoli, per i quali è emersa una bassa vocazione alla conduzione agronomica.

Evoluzione della superficie urbanizzata nel territorio della Comunità Montana (1950-1980)

Usi Superficie (Ha) Tassi di variazione % Soglia Soglia Soglia Var % Var % Var % 1950 1980 2010 1950-1980 1980-2010 1950 - 2010 Boschi 16.241 17.254 18.225 6% 6% 12% Urbanizzato 1.602 2.870 3.762 79% 31% 135% Tasso di urbaniz- 6% 12% 15% zazione 167

Percentuale comunale di superficie urbanizzata (Dusaf 2010)

168

Comune Urbanizzato Urbanizzato AGRA 43,3 15% AZZIO 57,8 23% BRENTA 69,3 16% BREZZO DI BEDERO 134,8 22% BRINZIO 36,2 6% BRISSAGO - VALTRAVAGLIA 62,2 10% CASALZUIGNO 80,4 11% CASSANO VALCUVIA 42,4 11% CASTELLO CABIAGLIO 28,5 4% CASTELVECCANA 184,0 14% CITTIGLIO 171,8 15% COCQUIO - TREVISAGO 226,5 24% CURIGLIA CON MONTEVIASCO 13,9 1% CUVEGLIO 113,8 15% CUVIO 79,1 13% DUMENZA 79,3 4% DUNO 12,8 5% FERRERA DI VARESE 29,3 20% GAVIRATE 355,7 37% GEMONIO 119,5 33% GERMIGNAGA 126,0 50% GRANTOLA 39,7 19% LAVENO - MOMBELLO 509,6 39% LUINO 483,1 33% MACCAGNO 118,4 11% MASCIAGO PRIMO 14,9 8% MESENZANA 70,6 14% MONTEGRINO VALTRAVAGLIA 83,1 8% ORINO 49,1 13% PINO SULLA SPONDA DEL LAGO 19,2 4% MAGGIORE PORTO VALTRAVAGLIA 201,0 19% RANCIO VALCUVIA 46,6 11% TRONZANO LAGO MAGGIORE 25,5 4% VEDDASCA 34,8 2% Totale Comunità Montana 3762,1 15%

Le maggiori intensità urbanizzative si riscontrano per i comuni di Germignaga, Laveno-Mobello, Gavirate, Gemonio e Luino, con percentuali oltre il 30% di superficie urbanizzata su territorio comunale. Nessun co- mune tuttavia presenta urbanizzazioni oltre la metà della propria estensione comunale. E’ importante comunque minimizzare l’impermeabilizzazione dei suoli, soprattutto in corrispondenza del reticolo idrico esistente, mantenendo il più possibile gli usi naturalistici in prossimità del reticolo idrico esi- stente. 169

A tal fine si riscontra che solo il 7% del territorio entro i 10 metri dal reticolo idrico esistente presenta usi ur- banizzati, a fronte dell’85% dei corsi idrici che scorrono in ambiti boscati, mentre entro i 150 metri dagli stessi la percentuale di reticolo idrografico in ambiti urbanizzati incrementa di ben il 5%, fino a raggiungere un incidenza del territorio urbanizzato entro i 150 metri dal reticolo idrografico esistente pari al 12%. Nel complesso anche entro i 150 metri prevalgono gli usi boscati, indispensabili per funzioni di protezione (con- solidamento alvei fluviali) e paesaggistiche (ex c.1, lett. 3 art. 142 D.Lgs. 42/2004).

170

Ripartizione (Ha e %) degli usi del suolo entro la fascia di10 metri dal reticolo idrografico esistente

Usi del suolo Superficie (Ha) Incidenza % Altri usi 9,6 1% Boschi 1523,9 85% Prati permanenti 38,1 2% seminativi arborati e orto- 13,6 1% florovivaistiche seminativi semplici 41,4 2% Urbanizzato 135,0 7% Vegetazione naturale 40,8 2% Totale complessivo 1802,5 100%

Ripartizione (Ha e %) degli usi del suolo entro la fascia di150 metri dal reticolo idrografico esistente

Usi suolo Superficie Incidenza (Ha) % Altri usi 17,5 0% Boschi 11374,2 77% Prati permanenti 661,5 4% seminativi arborati e ortoflorovivaistiche 161,4 1% seminativi semplici 561,0 4% Urbanizzato 1753,4 12% Vegetazione naturale 244,3 2% Totale complessivo 14773,3 100%

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1.4. L’indagine sulla biodiversità e sulla rete ecologica

1.4.1. Le aree protette

L’indagine sulla biodiversità non può prescindere dall’analisi delle aree protette presenti quali luoghi della conservazione, così come definito dalla Direttiva Habitat (Art. 6 Direttiva 92/42/CEE e art. 5 DPR 357/97), inoltre, tale valutazione deve essere fatta ai sensi del c.4, art. 25 bis della Lr. 30 novembre 1983, n. 86 (Legge quadro regionale sulle aree protette), nella quale viene riportato che “le province, le comunità montane e i comuni territorialmente interessati dalla Rete Natura 2000 individuano, nei propri strumenti di pianificazio- ne territoriale e urbanistica, la presenza dei siti di cui al comma 3, lettera b).” Il territorio della Comunità Montana è caratterizzato dalla presenza di diverse aree protette. In particolare in- sistono sul suo territorio due Zone a protezione speciale e sette Siti di importanza comunitaria:

Tipo Nome Codice Superficie (ha) Zps Parco Regionale Campo dei Fiori IT2010401 1298,36 Zps Lago di Varese IT2010501 1737,98 Sic Monte Legnone e Chiusarella IT2010002 751,29 Sic Versante nord del Campo dei Fiori IT2010003 1312,36 Sic Grotte del Campo dei Fiori IT2010004 894,34 Sic Monte Martica IT2010005 1056,84 Sic Val Veddasca IT2010016 4919,47 Sic Monte IT2010018 195,12 Sic Monti della Valcuvia IT2010019 1629,14

Localizzazione dei siti di importanza comunitaria (SIC) interne e in prossimità della Comunità Montana Valli del Verbano

Val Veddasca

Monte Martica Monti della Valcuvia Versante nord del Cam- Monte Legnone e po dei Fiori Chiusarella Grotte del Campo dei Fiori

Monte Sangiano

Secondo quanto previsto dalla normativa vigente non in tutte le aree protette presenti all’interno del territorio della Comunità Montana Valli del Verbano l’ente territoriale di riferimento è la Comunità Montana stessa e che, conseguentemente, saranno interessati dal Piano di indirizzo forestale. In particolare i Sic che, territo- rialmente, competono alla Comunità Montana sono i Sic Monte Sangiano, Monti della Valcuvia e Val Ved- dasca, a cui si aggiunge la Zps Lago di Varese. 172

Per quanto riguarda i rimanenti Sic e Zps ricadendo all’interno del Parco regionale Campo dei Fiori ai sensi dell’art. 34 punto 3 della Lr. 31/2008 “sono conferite agli enti gestori dei parchi e delle riserve regionali, nell’ambito dei rispettivi territori, le funzioni amministrative concernenti [...] il taglio dei boschi nonché l’organizzazione delle squadre antincendi boschivi”. Si escludono quindi i Sic del Monte Legnone e Chiusa- rella, del Versante nord del Campo dei Fiori, delle Grotte del Campo dei Fiori e del Monte Martica, oltre alla Zps Parco Regionale Campo dei Fiori.

Localizzazione delle zone a protezione speciale (ZPS) interne e in prossimità della Comunità Montana Valli del Verbano

Parco Regionale Campo dei Fiori

Lago di Varese

Di seguito verranno analizzate le aree protette della Rete Natura 2000. Per completezza analitica le schede interesseranno tutte le aree.

Zps Parco Regionale Campo dei Fiori (IT2010401)

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Qualità del sito: Area caratterizzata da un massiccio carbonatico, il Campo dei Fiori, e da uno in parte car- bonatico e in parte vulcanico (massiccio della Matica-Chiusarella) entrambi con altezze superiori ai 1000 metri. I boschi di latifoglie occupano la maggior parte del territorio. Il Faggio predomina alle quote maggiori, sostituito a valle da boschi misti a prevalenza di Castagno. Caratteristiche sono la flora che abita le rocce, con specie rare tipiche delle Prealpi calcaree lombarde, e la flora palustre delle zone umide. Fauna tipica dell'o- rizzonte montano tra 600 e 1200 m, con la presenza di specie tipiche sia di quote inferiori sia dell'alta monta- gna. Importante la presenza dei rapaci. Da notare poi il fenomeno di diffusione di alcuni ungulati quali Cervo e Capriolo. Vulnerabilità: La cessazione dell'attività di sfalcio mette in pericolo la persistenza delle formazioni vegetali caratteristiche dei prati magri, dove inoltre i pascoli ovino e caprino vengono esercitati abusivamente. Vi è inoltre necessità di un'adeguata gestione della presenza antropica, per quanto riguarda la frequentazione turistica, per l'escursionismo alpinistico ed infine per l'accesso alle grotte da parte di gruppi di speleologi. Altre caratteristiche del sito: presenza di formazioni di piante a foglie galleggianti dominate da Ninfacee del genere Nympahea, Nuphar e Euryale oltre che di boschi bordanti i laghi a predominanza di Salix sp. e magnocariceti.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Zps Parco Regionale Campo dei Fiori Orino 7,8 1% Zps Parco Regionale Campo dei Fiori Gavirate 105,1 8% Zps Parco Regionale Campo dei Fiori Cocquio -Trevisago 45,9 4% Zps Parco Regionale Campo dei Fiori Cuvio 39,1 3% Zps Parco Regionale Campo dei Fiori Brinzio 22,2 2% Zps Parco Regionale Campo dei Fiori Castello Cabiaglio 57,8 4% Totale 555,2 21%

Zps Lago di Varese (IT2010501)

Qualità del sito: il Lago di Varese è un sito di notevole importanza per quanto riguarda lo svernamento degli uccelli acquatici (ad es.: Anatidi, Rallidi e Ardeidi), sia per numero di specie ospitate che per consistenza dei contingenti. La fauna ittica potrà verosimilmente beneficiare in un futuro prossimo degli effetti del progetto 174 di risanamento del lago recentemente effettuato. Presenze importanti si rilevano anche per l'erpetofauna (in particolare Rana latastei). Vulnerabilità: l'antropizzazione dell'area è uno dei maggiori elementi di preoccupazione, assieme al ben noto fenomeno di eutrofizzazione delle acque che limita lo sviluppo della fauna ittica maggiormente esigente.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Zps Lago di Varese Gavirate 316,4 18% Totale 316,4 18%

Sic Monte Legnone e Chiusarella (IT2010002)

Qualità del sito: sito estremamente significativo sia per l'elevata ricchezza e diversificazione degli habitat della flora, ma soprattutto per la fauna. Da sottolineare la presenza di numerose serie di habitat termofili, tra cui i Querceti a Quercus pubescens, le faggete termofile del tipo Cephalantero-Fagion, negli ambiti forestali, e le praterie aride dei Festuco-Brometalia. Peculiare la presenza, in valloni profondamente incisi e, di conse- guenza umidi ed ombrosi, di lembi residui di foreste dei valloni di tipo Tilio-Acerion. Interessante, in quanto ricco e ben differenziato, il comparto faunistico, in particolare per quanto riguarda l'ornitofauna e la fauna in- vertebrata. Per la flora si evidenzia la presenza di numerose specie di Orchidaceae. Vulnerabilità: i prati aridi, pur assicurando ancora una notevole diversità ambientale al sito, sono messi in pericolo dall'abbandono dell'attività di sfalcio. In futuro sarà auspicabile che l'attività gestionale si indirizzi verso la promozione dello sfalcio periodico dei prati, al fine di favorire le specie tipiche di questi habitat e di frenare l'avanzata naturale del bosco, che ha qui tra le sue prime colonizzatrici Corylus avellana. Particolare attenzione va prestata al pascolo ovino e, soprattutto, caprino che talvolta vengono esercitati in maniera abu- siva nell'area. Altre caratteristiche del sito: il sito è costituito da due monti, Legnone e Chiusarella, di natura calcareodo- lomitica, separati tra di loro da un ramo della Valle dell'Olona e che risultano caratterizzati da una serie di habitat tipicamente termofili. Tra questi, i boschi di Quercus pubescens, le faggete termofile (Cephalanthero- Fagion) e, soprattutto, i prati aridi (Brometalia), che rivestono un elevato interesse naturalistico. In contrasto 175 con questi habitat, in alcuni valloni profondi e umidi, si osservano lembi di foresta di Tilio-Acerion, unici nell'area del Parco Campo dei Fiori. La natura calcarea del substrato comporta anche la presenza di altri habi- tat di interesse comunitario come vegetazione di pareti e pendii rocciosi, grotte e sorgenti pietrificanti nonché emergenze geomorfologiche di primario interesse costituite da pinnacoli di altezza variabile (0,5-2 m) gene- rati da fenomeni di erosione sotto copertura in un periodo a clima tropicale.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Monte Legnone e Chiusarella Brinzio 16,6 2% Totale 16,6 2%

Sic Versante nord del Campo dei Fiori (IT2010003)

Qualità del sito: sito molto interessante da un punto di vista naturalistico, per la presenza di numerosi habitat, di cui alcuni di interesse comunitario, e di varia e ben differenziata componente faunistica, anche se di densi- tà inferiore rispetto ai valori potenziali (a causa dell'esposizione settentrionale del sito). Si osservano anche massi erratici, testimonianza dell'antica presenza di lingue glaciali nella zona, nonché sorgenti carsiche e ca- scate. Notevole l'importanza della flora rupicola, di cui tuttavia si dispone di poche informazioni, con presen- za di specie quali Primula auricola e Primula hirsuta. Nelle faggete si segnalano Atropa belladonna e Lilium martagon, oltre a Paeonia officinalis. Anche la componente faunistica risulta ampiamente significativa e ben differenziata: essa è caratterizzata soprattutto da specie tipiche delle foreste di latifoglie. Vulnerabilità: le pareti calcaree del sito non subiscono, per il momento, un'intensità di frequentazione antro- pica legata all'escursionismo alpinistico che potrebbe danneggiare la flora rupicola e disturbare la fauna nidi- ficante. Sarà importante tenere sotto controllo questo tipo di fruizione al fine di eliminare le principali cause di disturbo nell'area. Sul lago di Brinzio, che in passato ha già subito lavori di drenaggio del fondo, gravano tutti i problemi tipici delle zone umide, causa il loro delicato equilibrio ecologico. L'utilizzo boschivo non ha fin'ora evidenziato elementi di disturbo. 176

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Versante nord del Campo dei Fiori Orino 243,0 19% Sic Versante nord del Campo dei Fiori Cocquio - Trevisago 3,3 0% Sic Versante nord del Campo dei Fiori Cuvio 246,7 19% Sic Versante nord del Campo dei Fiori Brinzio 214,4 16% Sic Versante nord del Campo dei Fiori Castello Cabiaglio 459,4 35% Totale 1166,9 89%

Sic Grotte del Campo dei Fiori (IT2010004)

Qualità del sito: sito caratterizzato da particolari tipi di habitat connessi alla presenza di carsismo, sia a livel- lo epigeo, con campi solcati e doline, che ipogeo, con numerose grotte. Interessante è la presenza di numero- se specie di fauna troglobia, tra cui numerosi Chirotteri (in particolare, Rhinolophus ferrumequinum) e di al- cune specie di invertebrati, tra i quali la specie stenendemica Duvalius ghidinii. Molto ricca e ben differen- ziata tutta la compagine faunistica; per quanto riguarda la flora i dati a disposizione sono estremamente ridot- ti, tuttavia si presume che possieda caratteristiche significative con presenza di specie endemiche o suben- demiche, come accade nella maggior parte dei massicci calcarei della fascia prealpina. Da rilevare anche la presenza, sempre collegata al fenomeno carsico, di una sorgente naturale attiva tutto l'anno: la Fontana del Ceppo. Vulnerabilità: sul sistema carsico ipogeo attualmente non gravano pericoli di inquinamento, (data l'assenza di abitati a monte), mentre si sottolinea la necessità di controllare l'accesso alle grotte da parte di gruppi di speleologi (a questo proposito uno specifico regolamento è in fase di elaborazione). In particolare, per la pro- tezione di Duvalius ghidinii, sarà necessario rispettare una serie di norme nell'utilizzo del patrimonio boschi- vo.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Grotte del Campo dei Fiori Orino 7,7 1% 177

Sic Grotte del Campo dei Fiori Gavirate 104,4 8% Sic Grotte del Campo dei Fiori Cocquio - Trevisago 47,2 4% Sic Grotte del Campo dei Fiori Cuvio 0.3 0% Totale 159,6 12%

Sic Monte Martica (IT2010005)

Qualità del sito: sito caratterizzato da habitat ben conservati e ben strutturati e di notevole importanza in fun- zione della fascia altitudinale di appartenenza: si osserva anche la presenza di habitat che meriterebbero di essere elevati ad habitat di interesse comunitario (all. I, 43/92/CEE) quali i Querceti acidofili a Quercus pu- bescens. Si sottolinea la particolarità ed unicità delle praterie sommitali a Molinia caerulea su substrato acido. All'interno del sito si osserva anche una piccola torbiera ora in avanzato stato di interramento. La fauna appa- re estremamente ricca e ben differenziata, con la presenza di specie caratteristiche degli habitat citati e di spe- cie di interesse comunitario, tra cui Pernis apivorus e Milvus migras come nidificanti e Circaetus gallicus come migratore. Vulnerabilità: l'ambiente particolarmente asciutto e ripido, soprattutto sul versante E, è stato spesso percorso negli anni passati dal fuoco, che tuttavia contribuisce al mantenimento delle praterie a Molinia.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Monte Martica Rancio Valcuvia 42,9 4% Sic Monte Martica Brinzio 387,2 37% Totale 430,1 41%

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Sic Val Veddasca (IT2010016)

Qualità del sito: il sito ha mantenuto discrete condizioni di naturalità anche grazie ad un parziale isolamento rispetto ai territori limitrofi e all'estensione del patrimonio forestale. Buona la situazione faunistica tra cui spicca Lynx lynx, di recente comparsa. Significativi popolamenti di Ungulati selvatici e di Galliformi. Vulnerabilità: le modificazioni prevedibili sono ascrivibili ad interventi di utilizzo silvopastorale che, se condotti in modo opportuno, potrebbero favorire il mantenimento di alcune specie faunistiche. Inoltre, si se- gnalano numerose zone umide in fase di contrazione.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Val Veddasca Maccagno 592,9 12% Sic Val Veddasca Veddasca 1700,9 35% Sic Val Veddasca Curiglia con Monteviasco 1085,0 22% Sic Val Veddasca Tronzano L. M. 344,4 7% Sic Val Veddasca Pino sulla Sponda del L. M. 369,8 8% Sic Val Veddasca Agra 110,2 2% Sic Val Veddasca Dumenza 716,1 15% Totale 4919,5 100%

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Sic Monte Sangiano (IT2010018)

Qualità del sito: l'area riveste una particolare importanza in quanto costituisce un'isola xerotermica in cui ab- bondano specie termofile e xerofile, come Stipa pennata che caratterizza l'habitat delle praterie su suolo cal- careo insieme ad altre specie rare e peculiari. Particolarmente rilevante, anche perché connesso alla presenza di fauna di interesse, risulta l'ambiente delle pareti rocciose calcaree, mentre l’habitat prioritario delle sorgenti pietrificanti con formazione di travertino è presente con un serie di strutture di particolare interesse determi- nato da un volume e un'estensione consistenti, anche in considerazione della rarità generale dell'habitat stes- so.Ancora si registrano lacune conoscitive riguardanti i chirotteri, anche se le caratteristiche e la qualità dell'ambiente e la presenza abbondante e ricca di specie in situazioni vicine (Campo dei Fiori) lasciano sup- porre una buona potenzialità del SIC. Vulnerabilità: I possibili elementi di disturbo individuati riguardano i seguenti settori: - Flussi turistici non indirizzati e gestiti (area funivia di Laveno, Val Buseggia, Monte San Martino); - Mancanza di sensibilizzazione dei fruitori dell'area sulle tematiche di conservazione generali e di determi- nati elementi naturali (Austropotamobius pallipes, travertini e muschi, praterie su suolo calcareo, grotte); - Case isolate non allaciate alla rete fognaria; - Abbandono attività agricola, che ha portato alla scomparsa di prati e radure. Altre caratteristiche del sito: si segnala inoltre la presenza all'interno del sito dei seguenti Habitat: - Grotte: si tratta di una cavità carsica, non sfruttata turisticamente, ubicata a sud del Monte Sangiano; - Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino: affioramenti di notevole interesse presenti sul versante sud-ovest del Monte Sangiano; - Boschi di castagno Castanea sativa: una superficie consistente in massima parte governata a ceduo e in mi- sura minore con la presenza di vecchi impianti abbandonati prima coltivati per la produzione del frutto.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Monte Sangiano Cittiglio 24,5 13% Sic Monte Sangiano Laveno - Mombello 23,3 12% Totale 47,8 24% 180

Sic Monti della Valcuvia (IT2010019)

Qualità del sito: tra gli habitat riveste notevole importanza la prateria su suolo calcareo in quanto ambiente estremamente localizzato e qui presente con una superficie di particolare consistenza sia a livello provinciale (circa il 50%) sia regionale. Le caratteristiche ecologiche dell’habitat sono state messe in evidenza da alcuni lavori anche in relazione alle peculiari presenze faunistiche.Particolarmente rilevanti, anche perché connessi alla presenza di fauna di interesse, risultano gli ambienti delle pareti rocciose calcaree, delle grotte, e di fore- sta. In realtà si hanno ancora lacune conoscitive riguardanti i chirotteri, anche se le caratteristiche e la qualità dell'ambiente e la presenza abbondante e ricca di specie in situazioni vicine (Campo dei Fiori) lasciano sup- porre una buona potenzialità del SIC. La buona qualità delle acque permette la presenza delle popolazioni di Austropotamobius pallipes meglio conservate e strutturate della provincia. Vulnerabilità: i possibili elementi di disturbo individuati riguardano i seguenti settori: - flussi turistici non indirizzati e gestiti (area funivia di Laveno, Val Buseggia, Monte San Martino); - mancanza di sensibilizzazione dei fruitori dell'area sulle tematiche di conservazione generali e di determina- ti elementi naturali (Austropotamobius pallipes, praterie su suolo calcareo, grotte); - case isolate non allaciate alla rete fognaria; - abbandono attività agricola, che ha portato alla scomparsa di prati e radure; - reti di protezione per la caduta massi sulle rupi calcaree. Altre caratteristiche del sito: si segnala inoltre la presenza all'interno del sito dei seguenti Habitat: - Grotte: si tratta di una ventina di cavità carsiche, non sfruttate turisticamente, ubicate nei pressi del Monte S. Martino; - Boschi di castagno Castanea sativa: una superficie consistente in massima parte governata a ceduo e in mi- sura minore con la presenza di vecchi impianti abbandonati prima coltivati per la produzione del frutto.

Tipo Nome Comune Superficie (ha) Peso (%) sull’area protetta Sic Monti della Valcuvia Cassano Valcuvia 236,7 15% Sic Monti della Valcuvia Cuveglio 90,3 6% 181

Sic Monti della Valcuvia Cittiglio 579,2 36% Sic Monti della Valcuvia Rancio Valcuvia 42,4 3% Sic Monti della Valcuvia Laveno - Mombello 298,8 18% Sic Monti della Valcuvia Casalzuigno 381,8 23% Totale 1629,1 100%

Considerando tutti gli elementi della Rete Natura 2000 a livello di superficie il 30% della Comunità Montana risulta essere interessata da aree protette per un totale di quasi 9.000 ettari. Tra i comuni si segnalano Curiglia con Monteviasco e Veddasca aventi l’intera superficie comunale completamente interessata da aree protette, Brinzio (98%), Castello Cabiaglio (75%) e Orino (70%). Al contrario sono 25 i comuni non interessati dalla presenza di aree protette.

% aree protette Sup. aree protet- Comune all’interno del te (ha) comune Agra 110.21 38% Brinzio 640.50 98% Casalzuigno 381.81 53% Cassano Valcuvia 236.68 59% Castello Cabiaglio 517.26 75% Cittiglio 603.61 53% Cocquio - Trevisago 96.39 10% Curiglia con Monteviasco 1085.03 100% Cuveglio 90.26 12% Cuvio 286.09 47% Dumenza 716.12 39% Gavirate 525.94 42% Laveno - Mombello 322.19 11% Maccagno 592.96 37% Orino 258.52 70% Pino sulla Sponda del Lago Maggiore 369.82 44% Rancio Valcuvia 85.26 19% Tronzano Lago Maggiore 344.42 32% Veddasca 1700.91 100% Totale Comunità Montana Valli del Verba- no 8963.99 30%

Un aspetto chiave nella conservazione dei siti, previsto dalla Direttiva Habitat (Art. 6 Direttiva 92/42/CEE e art. 5 DPR 357/97), è la procedura di valutazione di incidenza avente il compito di tutelare la Rete Natura 2000 dal degrado o comunque da perturbazioni esterne che potrebbero avere ripercussioni negative sui siti che la costituiscono. L’istituto è stato disciplinato dalla direttiva comunitaria 92/43/CEE, recante “Conserva- zione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e fauna selvatiche”, ed è finalizzato ad assicu- rare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario, habitat che vengono denominati quali Siti di Im- portanza Comunitaria (Sic). A seguito della sopra effettuata ricognizione dei siti Rete Natura 2000 presenti nello spazio della Comunità Montana delle Valli del Verbano35, si sottolinea dunque come anche il Piano di Indirizzo forestale, ai sensi

35 Ai sensi del c.4, art. 25 bis della Lr. 30 novembre 1983, n. 86 (Legge quadro regionale sulle aree protette. 182 della normativa vigente in materia di aree naturali protette36, ricada nell’ambito di applicazione delle direttive Vas-Vic37. Sono infatti sottoposti a valutazione di incidenza tutti i piani o progetti non direttamente connessi e necessari alla gestione del siti di Rete Natura 2000 ma che possono avere incidenze significative su di essi (art. 6 comma 3 della Dir. 92/43/CEE). Nello specifico “Gli enti gestori dei siti: a) effettuano la valutazione di incidenza degli interventi, con esclusione degli interventi assoggettati a pro- cedura di Via; b) per le ZSC e le ZPS adottano le misure di conservazione necessarie, sulla base degli indirizzi emanati dal- la Regione, da recepire nei rispettivi atti di pianificazione e adottano altresì le opportune misure contrattua- li, amministrative o regolamentari, conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali e delle spe- cie presenti nei siti; c) provvedono al monitoraggio, previsto dall’articolo 7 del d.p.r. 357/97, dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario, con particolare attenzione a quelli prioritari; d) esercitano le funzioni di vigilanza e di irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al Titolo III per l’inosservanza delle prescrizioni stabilite dalle misure di conservazione vigenti nei siti e dalle valutazioni d’incidenza, ai sensi del presente articolo”.

Pertanto, in attuazione degli obiettivi fissati dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 35738 all’interno del procedimento di redazione del proprio Piano di indirizzo forestale, è necessario procede- re alla redazione dello studio per la valutazione di incidenza “volto ad individuare e valutare, secondo gli in- dirizzi espressi nell’allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di im- portanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto con- to degli obiettivi di conservazione dei medesimi” (art. 5, c. 1 del Dpr. 357/1997), con le modalità definite dal procedimento coordinato regionale Vas – Vic – Via (ex allegato 2 e relativo schema x1, della Dgr. n.6420 del 27.12.2007), rispetto ai contenuti definiti dal Dpr. 357/97, in particolare l’allegato G “Contenuti della re- lazione per la valutazione d’incidenza di piani e progetti”, e dalla Dgr. 14106 del 2003, in particolare l’allegato D “Contenuti minimi dello studio per la valutazione d’incidenza sui Sic e pSic”.

36 Con specifico riferimento all’art. 25 bis, lett. a) comma 5 della Lr. 30 novembre 1983, n. 86 (Legge quadro regionale sulle aree protette), con cui viene disciplinato tutto quanto occorre per la definizione e la gestione di Rete Natura 2000 in Lombardia. Sono individuati a tal fine i compiti della Regione, delle Province e degli enti gestori dei siti, nonché il delicato raccordo dei procedimenti nell’ambito della procedura di valutazione di incidenza., introdotto dalla Lr. n. 7 del 5 febbraio 2010, e integrato e modificato dalla Lr. 4 agosto 2011 , n. 12. 37 Il quadro giuridico della valutazione di incidenza in relazione alla presenza dei siti Rete Natura 2000 è costituito dal seguente cor- pus normativo: i.) art. 6 comma 3 della Dir. 92/43/CEE, ii.) art. 5, cc. 1 e 5 del Dpr. 357/1997; iii.) art. 5 della Dgr. 14106/2003; iv.) art. 10, c. 3 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; v.) art. 25 bis, lett. a) comma 5 della Lr. 30 novembre 1983, n. 86 (Legge quadro regio- nale sulle aree protette), introdotto dalla Lr. n. 7 del 5 febbraio 2010, e integrato e modificato dalla Lr. 4 agosto 2011 , n. 12. 38 Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. 183

Schema metodologico di analisi e attuazione della procedura di Valutazione d’incidenza

La Giunta regionale39 ha dunque predisposto un modello procedurale coordinato (allegato 2 e relativo sche- ma X1, ex Dgr. n.6420 del 27.12.2007), che si applica a livello regionale, per piani e programmi ricadenti nell'ambito di applicazione delle direttive VAS, VIC e VIA, che possa soddisfare situazioni concomitanti quali: i.) rapporto tra VIC, Verifica di assogettabilità alla VAS e Valutazione ambientale (VAS); ii.) rapporto tra Verifica di assogettabilità alla VIA e Valutazione ambientale (VAS); iii.) raccordo tra VAS, VIA e VIC nella programmazione negoziata; iv.) procedimento cooordinato VAS/ VIA/VIC. Rispetto allo schema X1 rappresentato nella pagina successiva, si focalizza l’attenzione sui principali punti operativi:

2.5.2 Ambito di applicazione Il procedimento coordinato si applica a livello regionale a p/p-e progetti ricadenti nell’ambito di applicazio- ne delle direttive VAS-VIC e VIA 2.5.4 Modalità di Consultazione, Comunicazione e Informazione Contestualmente alla messa a disposizione può essere convocata una Conferenza intermedia al fine di pre- sentare il Rapporto Ambientale, lo Studio per la valutazione di incidenza e lo studio di impatto ambientale. Tale conferenza tiene luogo della Conferenza di Concertazione prevista dalla Dgr. 27 novembre 1988, n, 6/39975. 2.5.5 Valutazione coordinata .0 Le fasi del procedimento coordinato VAS, VIC e VIA sono effettuate in modo coordinato secondo le rispettive indicazioni:

39 La norma statale ha infatti demandato alle regioni il compito di stabilire le modalità procedurali per l’effettuazione dello studio di incidenza e per l’individuazione dell’autorità competente a rilasciare il parere sulla Vic; così, infatti, si esprime l’art. 5, c. 5 del Dpr. 357/1997 laddove prevede che, “ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi […] le regioni e le province auto- nome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità compe- tenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all’allegato G, i tempi per l’effettuazione della medesima veri- fica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali”. Con l.r. n. 7 del 5 febbraio 2010, i conte- nuti della Dgr. 14106/2003 sono stati modificati, integrati e raccordati con la legge quadro regionale sulle aree protette (l.r. 86/83 e s.m.i.), ulteriormente modificata ed integrata dalla legge regionale del 4 agosto 2011, n.12. 184

- per la VAS indicate al punto 5.0 degli Ind_gen, coerenziate col disposto del decreto legislativo 152/2006; - per la VIC indicate dalla Deliberazione Gr 8 agosto 2003, n. 7/14106 integrata dalla DGR 18 luglio 2007, n. 8/5119 .1 Avviso di avvio del procedimento coordinato VAS-VIC-VIA Il procedimento coordinato VAS-VIC-VIA è avviato dall’autorità procedente mediante pubblicazione di avviso di avvio del procedimento sul sito Web (fac simile E) .2 Definizione ed assunzione dello schema metodologico integrato L’autorità procedente e le autorità competenti in materia di valutazione predispongono uno schema metodo- logico circa il percorso da effettuare assumendo le indicazioni derivanti dalle singole fonti normative e ri- cercando sinergie e modalità procedurali efficaci. (schema X1) .4 Elaborazione e redazione del p/p, del progetto e dei relativi studi di valutazione (schema X2) Rapporto ambientale, studio di incidenza e studio di impatto ambientale dovranno essere elaborati secondo le indicazione delle singole disposizioni normative. Al fine di evitare duplicazioni la redazione di tali strumenti dovrà avvenire in stretto raccordo e si dovrà por- re attenzione: • ad impostare ed effettuare analisi, stime e valutazione anche a scala differenti; • ad individuare misure di mitigazioni e compensazione adeguate; • a progettare un sistema di monitoraggio integrato. .5 Messa a disposizione del pubblico (fac simile F) L’autorità procedente mette a disposizione presso i propri uffici e pubblica sul web la proposta di P/P, il Rapporto Ambientale lo Studio per la valutazione di incidenza e la sintesi non tecnica.40 .6 Convocazione conferenza di valutazione La prima seduta è convocata per effettuare una consultazione riguardo al documento di scoping predisposto al fine di: • determinare l’ambito di influenza del p/p, la portata delle informazioni da includere nel Rapporto Ambien- tale nonché le possibili interferenze con i Siti di Rete Natura 2000 (SIC e ZPS).; La conferenza di valutazione finale è convocata per esaminare: • la proposta di Rapporto Ambientale integrato con lo Studio per la valutazione di incidenza41 .7 Formulazione parere motivato circa la Valutazione ambientale del p/p (fac simile G)42 l’autorità competente per la VAS, d’intesa con l’autorità procedente, alla luce della proposta di P/P e Rap- porto Ambientale, formula il parere motivato comprensivo della Valutazione di incidenza, che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del P/P. A tale fine, sono acquisiti:

40 Fondamentale in tale ottica il punto 6.5 della Dgr. 761/2010, per cui ai sensi dell’art. 32 della legge 69/2009, la pubblicazione sul sito web sivas sostituisce il deposito presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente inte- ressato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione. 41 Per cui, la prima seduta è convocata per effettuare una consultazione riguardo al documento di scoping predisposto al fine di de- terminare l’ambito di influenza del DdP, la portata e il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale, nonché le possibili interferenze con i Siti di rete Natura 2000 (SIC e ZPS), ancor che nel documento di scoping è necessario dare con- to della Verifica delle interferenze con i Siti di Rete Natura 2000 (SIC e ZPS). La conferenza di valutazione finale è convocata una volta definita la proposta di DdP e Rapporto Ambientale, in occasione della quale l’autorità competente in materia di SIC e ZPS (ve- di punto 3.1), che si pronuncia sullo studio di incidenza 42 Punto 6.7 della Dgr. 761/2010, recante “Formulazione parere motivato” (fac simile G). Come previsto all’articolo 15, comma 1 del d.lgs., ed in assonanza con quanto indicato al punto 5.14 degli Indirizzi generali, l’autorità competente per la VAS, d’intesa con l’autorità procedente, alla luce della proposta di DdP e Rapporto Ambientale, formula il parere motivato, che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del DdP, entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui al punto 6.6. A tale fine, sono acquisiti: • i verbali delle conferenze di valutazione, comprensivi eventualmente del parere obbligatorio e vincolante dell’autorità competente in materia di SIC e ZPS, • i contributi delle eventuali consultazioni transfrontaliere, • le osservazioni e gli apporti inviati dal pubblico. Il parere motivato può essere condizionato all'adozione di specifiche modifiche ed integrazioni della proposta del DdP valutato.

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• il verbale della conferenza di valutazione, comprensivo del parere obbligatorio e vincolante dell’autorità competente in materia di SIC e ZPS .9 Adozione e approvazione del Piano o programma ed espressione del Parere ambientale motivato finale, comprensivo della Valutazione di incidenza

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Rispetto alla specifica procedura di Vic, è importante sottolineare il procedimento previsto per la fase successiva all’elaborazione e redazione dello studio per la valutazione di incidenza (che avviene con modalità integrate a quelle del Rapporto ambientale), ossia:

i) messa a disposizione del pubblico e relativo deposito della proposta di DdP, del Rapporto Ambientale e dello stu- dio di incidenza; ii) convocazione della seconda conferenza di valutazione, al fine di esaminare le osservazioni ed i pareri pervenuti, e prendere atto degli eventuali pareri obbligatori previsti, comprensivo quindi del parere obbligatorio e vincolante dell’autorità competente in materia di SIC e ZPS, che si pronuncia sullo studio di incidenza; iii) formulazione del parere motivato, che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approva- zione del DdP, entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui al punto 6.6. dell’allegato del1a Dgr. 761/2010 iv) l’autorità procedente, ai sensi del punto 5.16 degli Indirizzi generali, deposita presso i propri uffici e pubblica sul sito web sivas43 il provvedimento di adozione unitamente al PGT adottato, comprensivo del Rapporto Ambientale e del parere motivato oppure del provvedimento di verifica, comprensivo quindi dello studio di incidenza e del pa- rere obbligatorio e vincolante dell’autorità competente in materia di SIC e ZPS v) infine, l’iter di adozione/approvazione del Piano prosegue secondo le modalità descritte nei punti da 6.8 a 6.10 della Dgr. 761/2010, per cui l’approvazione del piano risulta conseguente all’espressione del parere ambientale moti- vato finale, comprensivo della valutazione di incidenza finale, effettuata quindi sull’interità del PGT adottato e contro dedotto.

In casi di trasformazione giudicate strategiche per esigenze territoriali, l’autorità competente dei relativi procedimenti di Vas valuterà la necessità di applicare anche la Valutazione di Incidenza (Vic), al fine di considerare e, se del caso, di garantire il mantenimento della funzionalità globale di Rete Natura 2000 in merito alla adeguata conservazione di habitat e specie protette e, conseguentemente, individuare i neces- sari interventi di rinaturazione compensativa.

43 Si veda allegato 3. 187

1.4.2. La rete ecologica regionale e provinciale

I compiti del Pif in materia di rete ecologica regionale sono contenuti nell’allegato I alla deliberazione di Giunta regionale n. 7728 del 24 luglio 2008, il quale deve: - individuare e delimitare le aree qualificate bosco, in conformità alle disposizioni dell’art. 3 della legge in parola (art. 3, c. 6); - delimitare le aree in cui la trasformazione del bosco può essere autorizzata; definire modalità e limiti, anche quantitativi, per le autorizzazioni alla trasformazione del bosco; stabilire tipologie, caratteristiche qualitative e quantitative e localizzazione dei relativi interventi di natura compensativa, in conformità al comma 4 ed al provvedimento di cui al comma 8 (art. 4, c. 5); - prevedere eventualmente obblighi di compensazione di minima entità ovvero l’esenzione dall’obbligo di compensazione in relazione ad alcuni particolari interventi (art. 4, c. 6); - poter derogare alle norme forestali regionali, previo parere obbligatorio e vincolante della Giunta regionale; - regolamentare il pascolo, definendo aree e modalità per l’utilizzo di mandrie e greggi per la ripulitura di bo- schi e di terreni incolti a scopo di prevenzione degli incendi boschivi e di conservazione del paesaggio rurale, secondo le modalità e nel rispetto dei limiti stabiliti nel regolamento di cui all’articolo 11, comma 4 (Norme Forestali Regionali, r.r. 5/2007); - contenere al suo interno i piani di viabilità agro-silvo-pastorale, da redigere allo scopo di razionalizzare le nuove infrastrutture. Il punto 2.5.1 del Regolamento di attuazione, “Norme per il governo generale del comparto forestale, per la valorizza-zione del paesaggio e per il raccordo con la pianificazione territoriale sovra e sotto ordinata”, pre- vede diversi casi di trasformazione, tra i quali le trasformazioni ordinarie a loro volta suddivise in: - trasformazioni di natura urbanistica; - trasformazioni a finalità agricola, che dovranno indicare degli ambiti “potenzialmente” trasformabili in re- lazione alle esigenze del comparto agricolo fatta salva la definizione della quantità massima di superficie tra- sformabile nel periodo di validità del piano; - trasformazioni a finalità naturalistica e paesistica, che dovranno indicare degli ambiti “potenzialmente” tra- sformabili in relazione a documentate esigenze di natura naturalistica (esempio aree ecotonali, prati magri, cenosi arbustive particolari), o paesistica (esempio recupero di coni visuali, valorizzazione punti panoramici); Di specifico interesse per la rete ecologica sono le “trasformazioni a finalità naturalistica e paesistica”, che da un lato potranno effettivamente aumentare l’articolazione degli habitat e quindi la possibilità di ospitare una biodiversità più articolata, da un altro lato richiederanno una grande attenzione progettuale per evitare inutili consumi di patrimonio boschivo. Un ulteriore aspetto rilevante ai fini delle reti ecologiche è relativo alle compensazioni ove avvengono tra- sformazioni del bosco. È indicata la gerarchia di importanza rispetto a cui attuare interventi compensativi: a) interventi previsti dal Piano di approfondimento del Pif per i boschi di protezione, purché riferiti ad un in- tero lotto funzionale; b) interventi per la ricostituzione o il completamento dei corridoi biologici; c) interventi relativi ai boschi di protezione ancorché non già soggetti a pianificazione gestionale; d) cure selvicolturali e di miglioria previsti dai piani di gestione limitatamente a quelli a macchiatico presun- tivamente negativo o di miglioria; e) interventi di manutenzione straordinaria e di realizzazione ex novo previsti dal piano della Vasp; f) altre attività selvicolturali in accordo con gli indirizzi di P.I.F. e presuntivamente a macchiatico negativo, ad esclusione delle utilizzazioni. Qualora non sia stato già esistente, in sede di P.I.F. deve obbligatoriamente essere istituito l’albo delle oppor- tunità di compensazione. Risulta evidente l’importanza teoricamente strategica che tali indicazioni potranno avere per le prospetti- ve di ricostruzione delle reti ecologiche, sia nella ricostruzione dei corridoi ecologici, sia più in generale ai fini di un assetto ecosistemico più adeguato alle varie scale spaziali. 188

Vista la rilevante matrice eco-naturalistica che interessa il suo territorio, la Comunità Montana Valli del Ver- bano dispone di una rete ecologica articolata e scandita ai diversi livelli della pianificazione con ricadute alla scala territoriale di riferimento. Nello specifico viene interessata da:

1- Elementi della rete ecologica regionale (Rer), ex Drg. 30 dicembre 2009 - n. 8/10962:

Nel territorio analizzato sono presenti sia elementi di primo livello della Rete ecologica regionale sia elemen- ti di secondo livello. In particolare per gli elementi di primo livello la normativa vigente prevede di evitare: 189

- la riduzione dei varchi di rilevanza regionale; - l’eliminazione degli elementi presenti di naturalità; - l’inserimento nelle «aree di trasformazione» previste dai Pgt. In casi di trasformazioni giudicate strategiche per esigenze territoriali, l’autorità competente dei relativi pro- cedimenti di VAS e/o di via valuterà la necessità di applicare anche la Valutazione di Incidenza, al fine di considerare e, se del caso, di garantire il mantenimento della funzionalità globale di Rete Natura 2000 in me- rito alla adeguata conservazione di habitat e specie protette e, conseguentemente, individuare i necessari in- terventi di rinaturazione compensativa. In tali ambiti però viene prevista la possibile allocazione di progetti regionali, contributi, misure agro- ambientali, compensazioni.

2- Elementi della rete ecologica provinciale, ex art. 70 e sgg. (NdA del Ptcp)

La rete ecologica provinciale è l’elemento strutturale del sistema paesistico ambientale del Ptcp. La rete eco- logica è stata disegnata in riferimento al modello di idoneità faunistica, dal quale emergono molto chiara- mente le aree più idonee per la realizzazione della rete ecologica, nonché le linee di tendenza, fornendo vali- de indicazioni per il posizionamento dei varchi e due corridoi di connessione, come risulta dalla tavola se- guente derivato dall’approfondimento contenuto nel Ptcp. Le linee a tratteggio blu indicano le aree a maggio- re idoneità per la rete ecologica. Le linee a tratteggio viola indicano le direttrici principali che ne ordinano la configurazione.

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Tramite il modello di idoneità faunistica elaborato nel Ptcp, il territorio è stato suddiviso in aree con diverso grado di idoneità; in particolare le aree con maggiore idoneità coincidono prevalentemente con le aree bosca- te della zona montana (tonalità blu e verdi scure). In questo quadro generale, sono stati individuati gli elementi fondamentali della rete e le aree di particolare interesse con funzionalità di nodo strategico o di zone con evidenti criticità. A livello progettuale gli elementi strutturali inseriti nella tavola di piano e della metodologia seguita per la loro individuazione sono: - Rete principale-core area: la rete principale segue le grandi direttrici nord-sud, illustrate in precedenza. Le aree che la costituiscono sono state individuate sulla base del modello di idoneità faunistica. E’ caratterizzata prevalentemente dagli ecosistemi forestali nella fascia montana e dalle zone umide dei laghi, (compreso il Lago Maggiore) nella zona centrale della provincia. Le core areas sono contraddistinte da idoneità alta e medio-alta. Partendo dalle core areas il progetto ha definito aree di completamento delle core areas, sotto- forma di corridoi o di configurazioni areali, per la riconnessione delle core areas. La forma e dimensione di- pende dai caratteri della matrice circostante e dal ‘peso’ delle core areas da ricongiungere. - Rete secondaria-core area: contraddistinta da una medio-alta idoneità. Si tratta prevalentemente dei colle- gamenti trasversali tra le due grandi direttrici della rete principale. A differenza di questa, la rete secondaria si caratterizza per una diffusa frammentazione; le aree sono localizzate prevalentemente nella zona centro me- ridionale della provincia e comprendono in molti casi tessuti agricoli o periurbani. - Fasce tampone: sorgono a margine delle core areas e sono state individuate prevalentemente sulle aree a bassa idoneità; comprendono nel caso delle grandi core areas una sottile fascia di territorio prevalentemente agricolo oppure aree boscate marginali come nelle zone montane, in altri casi, e soprattutto nel caso della zo- na dei laghi e della rete secondaria, più ricche di sfrangiamenti, si allargano per garantire una maggiore sal- vaguardia della stessa core area. - Varchi: sono barriere opposte alla progressione dell’edificazione soprattutto lungo le vie di comunicazione che in diverse parti del territorio stanno diventando luogo privilegiato per lo sviluppo abitativo lineare; que- sto può portare alla chiusura dei corridoi e quindi all’isolamento di parti di rete. - Patches: sono il risultato della frammentazione del tessuto del paesaggio. La forma, soprattutto la dimen- sione delle parcelle, in particolare delle patches arboree ed arbustive, risulta proporzionale alla ricchezza fau- nistica che può ospitare. La funzione della rete ecologica non si esplica solo rispetto alla biodiversità, e nu- merosa letteratura sottolinea l’importanza delle grandi patches di vegetazione naturale come riserva di biodi- versità e di specie caratteristiche, nonché come limitazione al dissesto idrogeologico ed alla tutela delle riser- ve idriche. Questo fenomeno è anche in relazione alle core area, cioè a quella porzione centrale di patch che offre uno spazio ecologico ottimale in quantità e qualità, una vera e propria area minima vitale per le popola- zioni, una zona di sufficiente dimensione per sostenere una comunità animale autoriproducentesi. - Corridoi: elementi che possono ridurre gli effetti della frammentazione e quindi aumentare il grado ci con- nettività tra le patches. Un paesaggio a grana media o fine, cioè con unità frammentate, può avere notevoli differenze ad esempio faunistiche, rispetto ad un paesaggio con grana grossa in cui il pattern spaziale è ar- monico con i processi naturali, quindi con una forte connessione tra le patches. Il mantenimento dei corridoi ecologici e dei varchi, definiti come face di ambiente omogeneo che si differenziano dalla natura della matri- ce in cui sono collocati, sono determinanti per gli spostamenti (per fini trofici, di riproduzione, ecc.) di quella fauna così importante nei processi di trasformazione energetica dell’ecosistema. - Matrice: la matrice di una unità di paesaggio è data dall’elemento (o dall’abbinamento ripetuto di più ele- menti interagenti), che risulta essere maggiormente presente o maggiormente connesso in quell’unità di pae- saggio. Talvolta, pur non esistendo elementi che rispondono alle caratteristiche di cui sopra, la matrice è co- munque determinata dall’elemento che maggiormente condizioni i processi dell’unità paesaggio. Infine in presenza di gravi alterazioni, la matrice può non essere presente. Essa può favorire in maniera determinante le funzioni della rete ecologica in relazione alla qualità del livello di permeabilità, cioè al grado di difficoltà degli spostamenti determinati dalla sua natura, dalla sua gestione e dalla frequenza delle barriere soprattutto di carattere artificiale.

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Dalle analisi prodotte è quindi stata definita la rete ecologica del Ptcp della Provincia di Varese di cui viene riportato lo stralcio della tavola.

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Stralcio della Carta della rete ecologica del Ptcp di Varese

Dalla carta emerge come il territorio della Comunità Montana sia prevalentemente interessato da una molte- plicità di elementi della rete ecologica, anche se spicca la core area di primo livello che coinvolge gli ambiti montani che meno sono stati interessati dallo sviluppo antropico. All’interno delle core area di primo livello ricadono diversi ambiti di massima naturalità (Sic e Zps). Di notevole rilevanza ecologica sono anche i nu- merosi corridoi ecologici presenti e le fasce tampone di primo livello. Di contro si nota la diffusa presenza di elementi di cesura quali le infrastrutture ad alta interferenza.

Legenda della Carta della rete ecologica del Ptcp di Varese

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1.5. L’indagine sul paesaggio

All’interno del Ptcp vengono inoltre individuati i cosiddetti “ambiti paesaggistici”, avvalendosi di una serie di informazioni, elaborate a cura dei redattori del Piano provinciale medesimo. Tali ambiti sono stati individuati partendo dal presupposto che la stabilità paesaggistica è mantenuta dalla or- ganicità tra gli elementi naturalistici e la fisicizzazione degli avvenimenti storici. Per ambiti si devono inten- dere quelle parti del territorio caratterizzate da presenze naturalistiche permanenti, atte a recepire fenomeni storici con caratteristiche di stabilità e di sedimentazione delle ideologie guida, antropologiche, politiche, economiche, religiose, amministrative, sono quindi i luoghi della interagenza diretta della storia e della natu- ra. Nello specifico, la Comunità Montana è allocata in tre ambiti: l’ambito naturalistico n. 6 Ambito Valcuvia – Valtravaglia, Lago Maggiore, l’ambito naturalistico n. 7 Ambito Val Veddasca e, limitatamente al comune di Gavirate, l’ambito naturalistico n. 10 Varese.

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Di seguito vengono presentate le principali caratteristiche dei tre ambiti.

Ambito paesaggistico N° 6: Ambito Valcuvia – Valtravaglia, Lago Maggiore Caratteri: Lacuale – Viario – Naturalistico – Orografico

Comuni compresi nell’ambito Da nord a sud, Luino, Germignaga, Cremenaga, Brezzo di Bedero, Montegrino-Valtravaglia, Porto Valtra- vaglia, Brissago Valtravaglia, Grantola, Mesenzana, Castelveccana, Cassano Valcuvia, Ferrera di Varese, Cunardo, Cittiglio, Brenta, Casalzuigno, Duno, Cuveglio, Rancio Valcuvia, Masciago Primo, Bedero Valcu- via, Laveno Mombello, Gemonio, Azzio, Orino, Cuvio, Castello Cabiaglio, Brinzio, Cocquio Trevisago.

Strutture naturalistiche di definizione dell’ambito Il Lago Maggiore perimetra il lato ovest dell’ambito mentre i fiumi Boesio e caratterizzano il fondovalle. Il complesso sistema orografico è delimitato da diversi profili, procedendo da Laveno a Luino, cioè risalendo lungo il Boesio e scendendo lungo il Margorabbia, dal massiccio del monte del Ferro, monte la Teggia, Crocione, monte Nudo, dal massiccio del monte Colonna, dal massiccio del monte Pian Nave, monte San Martino. I versanti sono molto frastagliati e disegnano piccole valli verso il Boesio e il Margorab- bia ed un versante più omogeneo e continuo verso il lago Maggiore. Dialoga con questo complesso sul lato opposto, il massiccio del Campo dei Fiori descritto dal Forte di Orino, dal monte Campo dei Fiori, dal monte Schiapparelli, dal monte Pizzella; perpendicolarmente a questa linea di orizzonte si contrappongono il monte Chiusarella ed il monte Martica, ad est il monte Mondonico ed il monte Scerre, questo complesso come ambito appartiene alla Valganna. A nord entra nel sistema percettivo il monte Sette Termini, ed in prospettiva non inserito in quest’ambito il monte la Nave ed il monte Mezzano. Chiude a nord il monte Badea ed il monte Clivio di fatto appartenente all’ambito della Val Veddasca.

Strutture storiche di definizione dell’ambito - Viabilità romana: si riprende l’ipotesi citata a proposito dell’ambito Basso Verbano-Laghi Maggiore, di Comabbio e di Monate, per cui la direttrice Angera – Ponte Tresa – Bellinzona nelle varie alternative una volta raggiunto Trevisago proseguiva per Brissago, Luino, ovvero per Cunardo, Ponte Tresa. Infine è ipotiz- zabile un collegamento Ponte Tresa – Luino. - Geometria agraria: trattandosi di zona montuosa la geometria agraria non segue le regole canoniche.

Valcuvia Nonostante le trasformazioni socioeconomiche subite dal territorio, in Valcuvia si vedono ancora tracce della realtà contadina e della vita che, fino agli inizi del Novecento, hanno caratterizzato la valle e le montagne che la circondano. Nuclei storici sparsi sul territorio rivelano elementi di architettura spontanea: antichi cortili, portali e pavi- mentazioni in pietra locale, lobbie in legno e comignoli dalle fogge inconsuete. Le tante cascine, i muretti a secco e le formaggere all’alpe sono elementi tipici del territorio che pure ricorda- no la passata economia rurale. E poi le antiche ghiacciaie e le cantine, come quelle perfettamente conservate di villa Bozzolo, al cui esterno si trova anche un bell’esempio di lavatoio tradizionale. Accanto all’architettura abitativa, si trovano fornaci e mulini che riconducono alle attività produttive ed eco- nomiche di un tempo, antichi ponti, rintracciabili un po’ ovunque in Valcuvia, e lunghi tratturi in montagna: sentieri protetti da muretti a secco che guidavano le transumanze del bestiame verso gli alpeggi. Come in gran parte del territorio varesino, in questa valle troviamo poi numerose chiese romaniche e dimore signorili, per le quali una menzione merita Casalzuigno, con la sua importante Villa Della Porta Bozzolo, ri- portata agli antichi splendori ed aperta al pubblico. Costruita nel 1500 da Giroldino Della Porta, l’edificio su- 195 bì alcuni ampliamenti da parte delle generazioni successive. Durante il primo ventennio del Settecento prese forma anche il giardino, in stile barocco, come allora usava presso i più importanti blasoni europei, e ricco di fontane, statue, scalinate. Un capitolo a parte meritano i musei della Valcuvia. Innanzi tutto Arcumeggia: dal 1956, una vera e propria ‘pinacoteca all’aperto’, i cui affreschi portano la firma di pittori come Salvini, Montanari, Sassu, Carpi, Funi, Brindisi, Brancaccio. Tra i musei più importanti della Valcuvia, Gemonio offre l’opportunità di visitare quel- lo dedicato a Floriano Bodini, grande scultore contemporaneo, mentre a Cocquio Trevisago è invece il famo- so Museo Salvini, pittore del Novecento di fama internazionale; il museo si trova in un meraviglioso mulino perfettamente ristrutturato e funzionante, casa natale dell’artista, dove sono raccolti alcuni dipinti.

Valtravaglia Attualmente si tende a designare con questo nome la zona compresa tra il lago Maggiore, a nord, e lo spar- tiacque che corre sui monti Pian Nave, San Martino, Colonna, Nudo e Pizzoni di Laveno, da un lato, e sui monti La Nave e Sette Termini dall’altro. I nomi dei paesi lungo il corso inferiore del torrente Margorabbia, però, sono ancora accompagnati dal termine appositivo ‘Valtravaglia’ (Bosco V., Brissago V. e così via), a testimonianza del fatto che fino al XVI secolo si trattava di un unico feudo, che comprendeva anche l’alto luinese, ma che fu poi spezzato per convenienze politiche. La zona del lago Maggiore fu detta ‘Valtravaglia inferiore’, mentre tutto il restante territorio a nord di Mac- cagno andò a costituire il possedimento feudale detto ‘Squadra di Mezzo’. Di sicuro sappiamo che la pieve della Valtravaglia, anteriormente al Mille, si trovava a essere un passaggio quasi obbligato tra le due sponde del lago, collegando l’Ossola con Varese, secondo un tragitto meno gravato da decime e dazi di tra- sporto, a tutto vantaggio del commercio. Questo percorso era certamente importante, specie per il bestiame che le genti dell’Ossola conducevano fino a Castelseprio, per la fiera detta ‘dell’Annunziata’. Di grande interesse nella valle sono gli esempi di archeologia industriale. Gli opifici sorsero sulle sponde della Tresa sin dagli inizi dell’Ottocento, quando anche in questa zona prese avvio un deciso sviluppo industriale. Fino al terzo decennio del XIX secolo, sulle sponde della Tresa e del Margorabbia ci si limitò a far macerare la canapa o il lino, per una successiva lavorazione familiare o artigianale. Fu proprio l’abbondanza d’acqua, a rendere possibili nell’Alta Valtravaglia la nascita e lo sviluppo di un consistente fenomeno d’industrializzazione, già a partire dai primi decenni dell’Ottocento. A Germignaga, sulle sponde della Tresa, sorse un grande setificio presto seguito dall’industria meccanica e più tardi dalla tessitura serica. Sul lago si staglia il promontorio chiamato Rocca di Caldè, dove nell’Alto Medioevo sorgeva una delle più importanti fortificazioni lacuali dei Visconti, detta ‘Castello Maggiore’, distrutta completamente dagli Sviz- zeri nel 1513. Il calcare di questa formazione, insieme con le sabbie silicee dei torrenti, costituì la materia prima utilizzata da un’antica industria vetraria sulla sponda del lago, che da tempo è cessata ed è stata trasformata in cantiere nautico. Pure le antichissime cave e fornaci di calce, collocate alla base del promontorio, sono chiuse da molti anni, ma le loro strutture permangono come bella testimonianza di archeologia industriale. Fra il IX e il XIII secolo, la Valtravaglia, con al centro l’importante pieve di Canonica di Bedero, fu teatro di numerosi interventi architettonici di rilievo. Sorsero infatti molte chiese che oggi riconosciamo dallo stile romanico. Non meno interessanti, in tutta la valle, sono i campanili, quasi tutti databili al XII secolo e distin- guibili dagli altri coevi del Varesotto per l’uso costante di tufo nelle cornici degli archetti: così a Germignaga, Nasca, Sarigo, Domo.

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Ambito paesaggistico N° 7: Ambito Val Veddasca Caratteri: Lacuale – Viario – Naturalistico – Orografico

Comuni compresi nell’ambito Da nord a sud, Pino sulla sponda del Lago Maggiore, Tronzano Lago Maggiore, Veddasca, Maccagno, Cu- riglia con Monteviasco, Agra, Dumenza.

Strutture naturalistiche di definizione dell’ambito Il Lago Maggiore perimetra il lato ovest dell’ambito. Il torrente Giona attraversa l’intero ambito e con i suoi affluenti costituisce il sistema idrico unitamente al lago Delio dalle tipiche caratteristiche alpine. Il sistema orografico è molto articolato e diviso in due parti dalla Val Veddasca cioè dal torrente Giona. Il massiccio a nord è caratterizzato da un profilo di cime in successione, la Montagnola, il monte Cadrigna, il monte Sirti che rappresentano la massima altezza, alle spalle di questa linea di orizzonte il monte Borgna; i versanti di quest’ultimo ed i monti precedentemente descritti formano la Valle Molinera che scende al lago Maggiore. Il lago Delio è posto tra il monte Borgna e la Val Molinera. Il versante opposto è descritto dal profilo dei monti Motti dei Rocchetti, monte Gradisca, monte Colmegnina, il monte Magino ed il monte Lema definiscono il profilo retrostante. La loro quota è di 1584 mt. per il monte Magino e 1608 mt. per il monte Lema. La valle Arasio e la valle Cortese sono alle spalle delle precedenti cime.

Strutture storiche di definizione dell’ambito - Viabilità: non sembra esistessero percorrenze viabilistiche di carattere militare o commerciale di livello ele- vato. Nella storia la viabilità locale è certamente determinata dagli insediamenti e dagli alpeggi.

Val Veddasca La valle del Giona, nota come Valveddasca, è uno degli ambienti più belli ed ecologicamente intatti delle no- stre Prealpi, conosciuta da escursionisti, pescatori, cacciatori, cercatori di funghi, e apprezzata dagli amanti delle atmosfere del passato. L’orografia è quella tipicamente prealpina, con un susseguirsi di montagne particolarmente impervie e sco- scese e un alternarsi continuo di boschi e pascoli: in questo ambiente prospera una fauna molto ricca. Mi- gliaia di uccelli popolano la montagna. E poi la volpe, il tasso, il camoscio. Ma anche porcospini, salamandre e rettili di ogni genere tra cui l’aspide, il biacco e la natrice. Una varietà biologica che indica come la natura ancora respiri e prosperi. La presenza dell’aquila, vertice di una piramide altrove tronca, ne è prova. La Valveddasca inoltre si apre al panoramama del lago Maggiore, presso Maccagno. All’interno della Valveddasca, Monteviasco è un piccolo centro aggrappato a mezza costa, di fronte è Fia- sco, un alpeggio raggiungibile a piedi da Curiglia. Più lontano, in territorio svizzero, dopo il monte Magino e il monte Gradiccioli, domina il Tamaro, che chiu- de la valle. Il paesaggio della Valveddasca propone scorci come l’orrido del torrente Viaschina, giù nelle viscere della foresta; lo squarcio sul fiume Giona, che scende a grandi salti verso il minuscolo triangolo di lago all’orizzonte; le valli laterali, vergini di boschi fittissimi, sormontati solo molto più in alto dai brulli pascoli alpini; il lago Delio, un bacino artificiale a 930 metri di quota, costruito per alimentare la centrale idroelettri- ca di Ronco Val Grande, incastonato nei monti.

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Ambito paesaggistico N° 10: Varese Caratteri: Lacuale – Viario – Naturalistico – Orografico

Comuni compresi nell’ambito In senso orario, Gavirate, , Barasso, Luvinate, Varese, Malnate, Gazzada Schianno, Buguggiate, Morazzone, Caronno Varesino, Castronno, Brunello, Azzate, , Daverio, Crosio della Val- le, Casale Litta, , , , Biandronno.

Strutture naturalistiche di definizione dell’ambito L’elemento naturalistico più caratterizzante del sistema idrico è il lago di Varese, primo piano della veduta del paesaggio alpino del Monte Rosa. Il sistema orografico è incentrato sul massiccio del Campo dei Fiori, icona della religiosità della Riforma cattolica, con il caratteristico profilo che inizia con il Forte di Orino, pro- segue con la cima omonima, il monte Pizzella, il monte Chiusarella, alle cui spalle sorgono il monte Martica, il monte Poncione, il monte Minisfreddo, il monte Monarco, il monte Useria ed infine il monte Orsa. Una successione di vallette perpendicolari alla giacitura montuosa disegnano la monumentalità naturalistica e re- ligiosa del luogo. Dal lato sud del lago di Varese si staccano le penisole moreniche che si rastremano e si sfrangiano verso la pianura costruendo il tipico paesaggio collinare. La valle dell’Olona incide profondamente la pianura mentre la valle dell’Arno meno profonda disegna un percorso più di superficie. La collocazione naturalistica di Varese lo colloca al centro dell’ambito.

Strutture storiche di definizione dell’ambito - Viabilità: a titolo di semplice informazione si allegano le seguenti note. Con l’avvento di Milano a capitale dell’Impero 286-402 d.C. Varese si trova inserita in un sistema viario che le testimonianze territoriali, docu- mentali e cartografiche (Tabula Peutingheriana e Itinerarium Antonini Augusti), hanno consentito agli storici di ricostruire con assoluta precisione. L’imponente apparato infrastrutturale romano militare ed economico ammontava a 53.000 miglia pari a 78.505 km. di viabilità principale oltre le reti locali. Varese, inserita in questa opera di infrastrutturazione, era collegata con l’anello transpadano interregionale, dal quale uscivano le radiali dirette in Europa, in Mauritania, Numidia, Tripolitania, Cirenaica, nel Medio Oriente. Il sistema misto di anulari e radiali consentiva percorrenze veloci e in tutte le direzioni. I punti nodali sono individuabili nel collegamento con Ivrea- Eporedia, con Aosta-Augusta Praetoria (passi del Piccolo e Gran S. Bernardo), con Torino-Augusta Taurinorum (passi del Moncenisio e Monginevro), con Vado Ligure (Francia, Spagna, Mauritania), con Coira (Rodano, Reno), con Verona-Trento (Brennero, Vipi- teno), con Aquileia (regioni danubiane), oltre che con Roma evidentemente. Mentre la ricostruzione della grande viabilità consolare è certa, la viabilità locale dà luogo tra gli storici, a modeste differenze interpretative con probabilità tutte attendibili e tra loro alternative. Per Varese le direttrici fondamentali e dirette furono la Milano-Varese-Bellinzona-Coira e la direttrice Mila- no-. La prima direttrice Milano-Varese fu articolata in tre percorrenze come si è osservato nel- la descrizione degli ambiti, due parallele ai lati dell’Olona derivate circa all’altezza di Legnano dalla Medio- lanum-Verbanus, e una terza coincidente, salvo piccole varianti, con la S.S. 233. La Mediolanum-Verbanus diretta a Sesto Calende-Angera coincideva approssimativamente come orienta- mento e finalità con l’attuale S.S. 33. Un punto importante fu certamente Sesto Calende per i collegamenti con i passi del Moncenisio, del Monginevro, del Piccolo e Gran San Bernardo, e attraverso la Pedemontana con Aquileia. Le vie in uscita da Varese sono dirette verso la Valganna- Val Marchirolo-Ponte Tresa, Valganna-Valcuvia- Luino, verso Gavirate-Laveno, Gavirate-Sesto, e Varese-Como. Il sistema infrastrutturale imperiale era integrato dalle vie d’acqua del lago Maggiore, del Ticino, e secondo alcuni storici, dell’Olona.

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Si tratta di due ambiti con caratteri peculiari ben illustrati dalle 4 parole chiave esposte: “lacuale” considerata la prossimità dei laghi Maggiore, di Varese e di Lugano, “viario” per il passaggio delle strade di collegamen- to tra l’Italia e la Svizzera che articola la viabilità locale, “naturalistico” per via dell’elevata naturalità del con- testo e per la rilevanza strategica delle aree in edificate, core areas della rete ecologica, “orografico” per la particolare struttura del territorio, con ambito pianeggiante e collinare. Proprio per fornire supporto alla pianificazione locale, avvalendosi dell’utilizzo di diversi strati informativi e interdisciplinari, la Provincia di Varese ha redatto cartografia tematica specifica sugli ambiti agricoli, in cui si localizzano terreni già utilizzati per attività agricola e terreni potenzialmente fruibili a tale scopo. Nell’ambito territoriale di riferimento tali ambiti sono classificati per la maggior parte come ambiti agricoli su macro clas- se “F” (fertile) ed occupano una superficie estremamente ridotta e sono localizzati nella convalle, si segnala la presenza anche di ambiti agricoli su macro classe PF (poco fertile).

Unità tipologiche di paesaggio da Ptcp della Provincia di Varese

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Insediamenti storici da Ptcp della Provincia di Varese

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Tracciati di interesse paesistico da Ptcp della Provincia di Varese

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Casta di sintesi del paesaggio da Ptcp della Provincia di Varese

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I paesaggi caratterizzanti le Valli del Verbano sono dunque rappresentati da:

Il paesaggio lacuale si sviluppa lun- go più di 25 km di costa (la lunghez- za della costa orientale del Lago Maggiore è di 66 km), da Castelvec- cana a Pino sulla Sponda del Lago Maggiore, ove si incontra il confine con la Confederazione Elvetica. Sul- la fascia a lago oltre si affacciano i centri urbanizzati dei comuni costieri e si individuano diversi porti e attracchi per natanti e fasce verdi costi- tuite da parchi e giardini annessi a ville d’epoca o aree residenziali e turistiche, peculiarità contraddistinguono questo tipo di paesaggio.

Il paesaggio urbano di fondovalle, prevalentemente concentrato nell’area di Luino – polo attrattore delle valli del luinese (PTCP Provin- cia di Varese 2007), Germignaga e Mesenzana, si estende in parte lungo la costa e verso l’interno nella piana di Voldomino ed è sede della più estesa zona urbanizzate, produttiva (imprese artigiane e commerciali) e residenziale del territorio. Dal punto di vista ambientale l’elemento critico è stata la notevole sottrazione di terreno agricolo al territorio a favore della crescita essenzialmente del terziario con un incremento del traffico veicolare che ha richiesto negli ul- timi anni interventi infrastrutturali per migliorare la viabilità.

Il paesaggio rurale caratterizza le aree agricole ed i nuclei più montani della Val Travaglia (o Valtravaglia), parte della Val Dumentina (Valdu- mentina). La Valtravaglia, ampia e boscosa, è percorsa dal torrente Mar- gorabbia e circondata a destra dal gruppo de I Bedeloni, tra cui svetta il monte Sette Termini (m 972) e a si- nistra dalla dorsale del Monte Pian Nave (m 1058) fino a raggiungere le coste lacuali. É il naturale prose- guimento della Valcuvia e della Valganna verso il Lago Maggiore. I centri principali sono Montegrino Val- travaglia, Brissago Valtravaglia, Grantola, Mesenzana, Porto Valtravaglia. La Valdumentina, che prende il nome da Dumenza, è una piccola valle solcata dal Rio Colmegnino, le cui acque hanno alimentato uno stabi- limento tessile, molti mulini ed il maglio in cui furono fabbricati i cannoni con cui si difese dai bat- telli austriaci nel 1859. Un elemento che caratterizza i versanti esposti a sud sono i terrazzamenti, in passato rappresentavano una modalità di miglior utilizzo delle risorse del territorio, oggi elementi qualificanti il paesaggio rurale.

Il paesaggio montano contraddistin- gue prevalentemente la Valle Vedda- sca e parte della Valdumentina che sa- le da Luino fino alle pendici del Mon- te Lema (m 1.620), il più alto della provincia di Varese che segna il con- 203 fine con la vicina Svizzera (il Monte Tàmaro, con 1.961 m, è la cima più alta della Valle, anche se la sua vet- ta è interamente svizzera). Il monte Gradisca (m 1.057) separa la Valdumentina dalla Val Veddasca. La Val Veddasca occupa la parte più settentrionale dell’alto varesotto e si caratterizza – come già descritto – in una valle isolata, dove notevoli sono le testimonianze della cultura rurale prealpina e con una ricca biodiversità (Sito di Importanza Comunitaria Val Veddasca). La storia degli insediamenti umani nella valle è molto anti- ca, dimostrata dal ritrovamento di graffiti preistorici. La valle è solcata dal torrente Giona che sfocia nel Lago Maggiore a Maccagno. I centri abitati si trovano localizzati su terrazzamenti dei depositi fluvioglaciali e principalmente sul versante destro della Valle, mentre il lato sinistro ospita i pregevoli borghi di Curiglia e Monteviasco. In passato il versante a sud-est della valle era terrazzato e coltivato, mentre i versanti a nord- ovest erano sfruttati soprattutto per la selvicoltura. Di particolare interesse è il passo della Forcora (m 1.179), punto di partenza per escursioni sui monti circostanti e dove, in inverno, si praticano lo sci alpino e lo sci di fondo. Dal passo della Forcora, una mulattiera scende anche alla riva orientale del lago Delio, che alimenta la sottostante centrale idroelettrica di Ronco Valgrande, sul territorio dei comuni di Maccagno e Tronzano LM. Oltre al patrimonio naturalistico, altro elemento caratteristico della vallata sono i nuclei storici costruiti in pietra secondo i dettami dell’architettura rurale del secolo scorso.

Con l’analisi della banca dati Siba (Sistema Informativo Beni e Ambiti paesaggistici), si andranno ora ad ef- fettuare un'approfondita ricognizione dei cosiddetti "vincoli paesaggistici", ai sensi dell’art. 134 del D. Lgs. 42/2004, meglio conosciuti come "Vincoli L. 1497/39 e L. 431/85". Nell’ambito territoriale della Comunità Montana Valli del Verbano sono presenti diversi elementi: 1. Territori contermini ai laghi (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 142, comma 1, lettera b): i "Territori contermini ai laghi", conosciuti come 'Vincolo 431/85, art. 1, lettera b)', sono oggi identificati dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137". L'art. 142, comma 1, lettera b) del suddetto Decreto Legislativo definisce infatti come oggetto di tutela e valorizzazione per il loro interesse paesaggistico: "i territori contermini ai laghi compresi in una fascia del- la profondità di 300 m dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi". 2. Fiumi, torrenti e corsi d'acqua pubblici e relative sponde (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 142, comma 1, lettera c): I "Fiumi, torrenti e corsi d'acqua pubblici e relative sponde", conosciuti come 'Vincolo 431/85, art. 1, lettera c)', sono oggi identificati dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137". L'art. 142, comma 1, lettera c) del suddet- to Decreto Legislativo definisce infatti come oggetto di tutela e valorizzazione per il loro interesse paesaggi- stico: "i fiumi, torrenti, ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna". 3. Bellezze d'insieme (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 136, comma 1, lettere c) e d): le "Bellezze d'in- sieme", conosciute come 'Vincolo 1497/39, art. 1, commi 3, 4', sono oggi identificate dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137". L'art. 136, comma 1, lettere c) e d) del suddetto Decreto Legislativo indica infatti come oggetto di tutela e valorizzazio- ne: - i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradiziona- le; - le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti, di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. 4. Ambiti di particolare interesse ambientale (Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) artt. 17 e 18 delle norme di attuazione): gli Ambiti di particolare interesse ambientale sono stati individuati con la Deliberazione di Giunta Regionale 10 dicembre 1985, n. 4/3859, in attuazione delle disposizioni della L. 431/85, art. 1-ter. Il Piano paesistico Regionale, approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale 6 marzo 2001, n. 7/197, ha successivamente distinto all'interno di questa categoria due tipologie di ambiti di tutela: 204

- gli ambiti di elevata naturalità definiti dall'art. 17 delle Norme di attuazione come "quei vasti ambiti nei quali la pressione antropica, intesa come insediamento stabile, prelievo di risorse o semplice presenza di edi- ficazione, è storicamente limitata". - gli ambiti di specifico valore storico-ambientale e di contiguità ai parchi regionali individuati puntualmen- te dall'art. 18 delle Norme di attuazione.

A completamento dell’analisi del paesaggio si riportano di seguito gli elementi presenti nella banca dati geoambientale della Regione Lombardia. Il territorio della Comunità Montana si presenta ricco di elementi, in particolare si segnalano: - architetture del lavoro di interesse storico-architettonico: case e villaggi operai (un elemento), centrali idroe- lettriche (due elementi), industrie (quattro elementi) e mulini (nove elementi). - architetture religiose, militari o civili: nella maggior parte dei casi composte da case, ville, palazzi, chiese, parrocchie, pieve e oratori. Si segnala però anche la presenza di monasteri, conventi, santuari, torri e castelli. - elementi geomorfologici: goline, grotte, inghiottitoi, massi erratici e rocce montonate. 205

- rilevanze estetico visuali: suddivisi in elementi puntuali e poligonali. Per i primi si segnala la presenza di monumenti arborei, orridi, gole e punti panoramici. A livello poligonale alpeggi, laghi alpini, orridi, gole, scogliere e pareti rocciose. - rilevante naturalistiche: ambiti di interesse floristico vegetazionale, ambiti di interesse geomorfologico e rocce montonate. - centri storici.

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1.6. L’indagine sull’assetto fisico e morfologico

Si procederà ora all’analisi dell’assetto fisico e morfologico del territorio della Comunità Montana, andando ad indagare anche i fattori espressivi del rischio naturale e della vulnerabilità idrogeologica. Lo studio delle forme della superficie terrestre e dei processi che le originano e\o contribuiscono alla loro evoluzione ha ri- guardato dapprima la litologia e successivamente dei fenomeni di dissesto granoso (banca dati Iffi).

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Dal punto di vista geologico e geomorfologico, è possibile suddividere il territorio del luinese in un’area a nord di Luino (zona geologica-cristallina), prevalentemente caratterizzata da rocce di medio basso metamor- fismo (micascisti, gneiss, banchi di quarzite), e in una a sud ove si trovano vasti affioramenti calcarei (es. Pian della Nave). Nei fondovalle si trovano depositi di terreni alluvionali postglaciali (zona con substrati in- coerenti) e una zona sedimentaria situata nella parte meridionale e caratterizzata da affioramenti di rocce cal- caree. I rilievi presentano i segni lasciati dal passaggio di antichi ghiacciai, tra cui l’esteso ghiacciaio Ticine- se, che hanno levigato i fianchi delle valli preesistenti ampliandole a forma di U (Val Veddasca), scavando terrazzi ove sorgono oggi nuclei montani come Graglio, Armio, Biegno e Curiglia con Monteviasco, model- lando e arrotondando le sommità dei rilievi (Forcora, M. Sirti, M. Cadrigna, M. Borgna) e depositando massi erratici. Dopo il ritiro dei ghiacci, i corsi d’acqua hanno continuato l’azione di modellamento con l’erosione dei fianchi delle valli e mediante il deposito di materiale alluvionale. L’erodibilità del suolo è elevata, a causa della natura poco compatta delle rocce che, associata all’intesa piovosità, determina frequenti dissesti.

Nel territorio in esame della Comunità Montana si segnala la presenza in particolare di “Gneiss di Morbegno e altri” che caratterizzano le porzioni centro-settentrionali, mentre nelle pozioni centro meridionali i suoli si ca- ratterizzano per una tipologia ''Rosso Ammonitico lombardo''/''Medolo''.

Codice Descrizione Litologia 13 Rioliti ("Porfidi quarziferi" Auct.) rioliti + o - alcal., daciti e subord. trachiti e latiti 14 ''Andesiti'' (''Porfiriti'' Auct.) andesiti 15 "Granofiri" granofiri 1b Depositi terrazzati (Alluvium medio) ghiaie, sabbie e limi 21 ''Scaglia lombarda'' marne, calcari marn. calcari selcif. arenarie tufi basal. 24 ''Maiolica'' calcari e calcari marnosi selciferi, marne 25 ''Selcifero lombardo'' selci marne calcari 26 ''Rosso Ammonitico lombardo''/''Medolo'' marne, calcari marnosi/''calcari selciferi lombardi'' 27a ''Dolomia a Conchodon'' calcari e calcari dolomitici 27b ''Corna'' calcari, dolomie 31b Dolomia di Campo dei Fiori dolomie 32b Marna del Pizzella marne 33b Fmz. di Cunardo dolomie calcareo-marnose, calcari dolomitici 38a Dolomia di S. Salvatore dolomie 3b Lacustre olocenico e tardoglaciale torba 44 ''Servino'' arenarie, marne, siltiti, argilliti, calcari; siderite 48 ''Ortogneiss'' e ''Gneiss chiari'' Auct. gneiss granitici e granodioritici,tal. occhiadini; porfiroid 52 Gneiss di Morbegno e altri paragneiss 5a Morenico Wurm ghiaie, bolcchi e limi 5b Fluvioglaciale e Fluviale Wurm ghiaie, sabbie 6a Morenico Riss ghiaie, blocchi e limi ferrettizzati 75an anfiboliti (intercal.nei basam.cristallini) anfiboliti

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Dopo aver analizzato la struttura dei suoli è necessario individuarne le caratteristiche morfologiche mediante il database del progetto IFFI (Inventario Fenomeni Franosi in Italia) il quale permette di avere un quadro 209 completo ed aggiornato sulla distribuzione dei fenomeni franosi sull'intero territorio della Comunità Monta- na. Da un primo sguardo alla tavola emerge immediatamente la notevole presenza di fenomeni franosi che caratterizzano in particolare le aree interessate dai rilievi.

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A completamento dei database Iffi si prendono ora in esame gli studi geologici a livello comunale che me- glio dettagliano le aree di instabilità della Comunità Montana.

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Incidono sul rischio naturale anche i seguenti fenomeni derivati dalla cartografia geoambientali della Regio- ne Lombardia che concorrono a definire il quadro delle condizioni di instabilità e di rischio all'interno del ter- ritorio della Comunità Montana.

Lungo il Boesio sono presenti settori di erosioni e deposizione che provocano locali fenomeni di dissesto do- vuti al regime incostante del corso d’acqua, con fenomeni di locale erosione ed esondazione che talvolta può 212 interagire con manufatti antropici e soprattutto, assi viari e ferroviari. Fenomeni franosi più generalizzati e diffusi ubicati nei settori più elevati dei bacini idrografici non richiedono generalmente interventi puntuali perché non sono direttamente collocati su aree antropizzate; è invece importante dimensionare adeguati pre- sidi di difesa lungo le aste principali dei corsi d'acqua con opere di regimazione che diminuiscano in modo appropriato la pendenza dell’alveo ed il conseguente trasporto di materiale, quali briglie e soglie adeguata- mente dimensionate. Importante sarà anche mantenere in perfetta efficienza le opere di regimazione esistenti e prevedere adeguati interventi di pulizia dei versanti e di sistemazione delle opere di difesa e di contenimen- to (terrazzamenti, ecc..). Andranno adeguatamente controllate le opere idrauliche esistenti nelle zone di conoide ed in particolare tutti gli attraversamenti nelle aree abitate; sarà necessario favorire e mantenere adeguate fasce di rispetto in pros- simità dei corsi soprattutto nelle zone che per le loro caratteristiche morfologiche sono più probabilmente a rischio, soprattutto nelle zone apicali dei conoidi e nelle aree più immediatamente a loro sottese. Andranno primariamente risolti i problemi di insufficienza idraulica e tutte le situazioni di scorretto drenaggio delle acque circolanti. Nelle aree di fondovalle andranno attentamente valutati gli interventi pianificatori evitando di urbanizzare le aree a vocazione esondativa e riqualificando le aree più marginali e/o degradate; le opere idrauliche esistenti, spesso collegate ad insediamenti produttivi anche di una certa rilevanza storica andranno recuperati in un ot- tica di attenzione alle dinamiche idrogeologiche e di massimo rispetto per l’ambiente. 213

1.7. L’indagine sulle attività antropiche

La fase preliminare di conoscenza del territorio che sfocerà nella valutazione del Pif, non può non prendere in esame anche tutti quei fattori antropici che vanno a confliggere con la sfera naturale. Di seguito verranno quindi analizzati i fattori di degrado e di interferenza tra gli usi antropici e il territorio naturale.

Le infrastrutture lineari e le interferenze con la rete ecologica Vengono in generale identificate come infrastrutture ad alta interferenza, quale che sia l’importanza della strada o ferrovia, quelle che tagliano la rete ecologica; com’è possibile osservare dalla cartografia successiva sono stati esclusi i tratti urbani ed i tratti in galleria e quei tratti che corrono lungo le zone marginali della rete ovvero non rappresentano un’interruzione significativa della stessa. Sul progetto si è ritenuto opportuno evidenziare le autostrade esistenti rispetto alle altre infrastrutture. In par- ticolare sarà opportuno utilizzare le indicazioni fornite per individuare tutti quegli ambiti in cui, a fronte di una situazione di interferenza è auspicabile localizzare gli interventi di compensazione che si attueranno per la trasformazione delle zone boschive. E’ possibile quindi individuare nei pressi delle strade maggiormente interferenti con la rete ecologica le aree di destinazione delle compensazioni in maniera tale da mitigarne l’interferenza.

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I fattori di degrado insistenti sulla risorsa suolo S’intende qui considerare tutte le forme estese di degrado e alterazione dell’integrità paesaggistica di natura antropica quali urbanizzazioni puntiformi, ambiti di discarica e depositi di inerti, aree estrattive attive e cessa- te, ambiti degradati soggetti a usi poco compatibili con gli assetti locali esistenti, elettrodotti, condotte, im- pianti sciistici e tutte le attività che in generale richiedono interventi di predisposizione e preparazione del suolo e che prevedono il più delle volte l’abbattimento della coltre arboreo – arbustiva esistente. Si vuole sottolineare preliminarmente che nell’ambito territoriale della Comunità Montana non sono presenti aziende a rischio di incidente rilevante. Nello specifico vengono poste in evidenza gli ambiti degradati per la presenza di funzioni antropiche, quali tessuto residenziale sparso e immobili non agricoli in ambiti agricoli, ambiti di cava, ambiti di discarica per inerti, ambiti di discarica per rifiuti solidi urbani, aree verdi degradate da eccesso di carico antropico a scopi ricreativi, oltre a tutte quelle infrastrutture lineari che creano cesura tra gli ambiti naturali, quali strade, ferro- vie, elettrodotti, ecc.

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