COMUNE DI

PROGETTO DI UN PIANO DI LOTTIZZAZIONE CONVENZIONATA IN UN LOTTO RESIDUO, ZONA C4, IN CONTRADA PETRARO VILLAGGIO GANZIRRI - MESSINA

STUDIO PER LA VALUTAZIONE D'INCIDENZA AMBIENTALE

COMMITTENTE: COLAPESCE COSTRUZIONI SRL

CONSULENTE AMBIENTALE CONSULENTE AMBIENTALE

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INDICE 1 INTRODUZIONE ...... 3 PREMESSA ...... 3 LIVELLO 1: FASE DI SCREENING ...... 6 GESTIONE DEL SITO ...... 6 IL PIANO DI GESTIONE “MONTI PELORITANI” ...... 7 2 CARATTERISTICHE DEL PROGETTO ...... 11 ANALISI DELLE SOLUZIONI ALTERNATIVE ...... 17 PRESSIONE ANTROPICA E SUE FLUTTUAZIONI ...... 18 ALTERAZIONI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI DERIVANTI DAL PROGETTO ...... 19 USO DELLE RISORSE ...... 19 PRODUZIONE DI EMISSIONI O RIFIUTI ...... 20 RISCHIO INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E LE TECNOLOGIE UTILIZZATE ...... 20 VINCOLI PAESAGGISTICI, URBANISTICI, AMBIENTALI E FORESTALI ...... 20 VALUTAZIONE DELLA SIGNIFICATIVITÀ DELL’INCIDENZA ...... 21 3 VALUTAZIONE APPROPRIATA DELL'INCIDENZA ...... 23 CARATTERISTICHE AMBIENTALI ABIOTICHE E BIOTICHE DELL’AREA OGGETTO DI STUDIO ...... 23 CENNI GEOMORFOLOGICI ...... 23 CENNI GEOLOGICI ...... 27 CENNI SULLA SISMICITÀ ...... 28 CENNI METEO-CLIMATICI E BIO-CLIMATICI ...... 29 CENNI IDROGEOLOGICI ...... 29 SUOLO ...... 33 PAESAGGIO E BENI CULTURALI E AMBIENTALI ...... 34 ANALISI DELLE PRINCIPALI COMPONENTI DEL PAESAGGIO ...... 35 COMPONENTE NATURALE ...... 35 QUALITÀ DELL’ARIA ...... 36 AMBIENTE BIOLOGICO: FLORA E FAUNA ...... 37 FLORA E VEGETAZIONE DELL’AREA DELLO STRETTO ...... 37 FAUNA E AVIFAUNA DELL’AREA DELLO STRETTO ...... 39 HABITAT ESISTENTI NELLA ZPS ITA030042 ...... 45 CONSISTENZA DEL PATRIMONIO FLORISTICO RINVENUTO NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO ...... 46

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4. ECOSISTEMI ...... 50 INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI MANTENIMENTO DEL SITO NATURA 2000 . 52 SPECIE CARATTERIZZANTI L’AREA INTERESSATA DAL PROGETTO ...... 58 5. FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO: ...... 62 IMPATTI DIRETTI ...... 62 IMPATTI INDIRETTI ...... 62 IMPATTI IN FASE DI COSTRUZIONE ED IN FASE DI ESERCIZIO ...... 62 IMPATTI A BREVE TERMINE ...... 63 IMPATTI A LUNGO TERMINE ...... 63 FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO SULL’ INTEGRITÀ DEL SITO NATURA 2000 ...... 63 6 ANALISI AMBIENTALE DI INCIDENZA ...... 64 CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE ...... 64 QUALIFICAZIONE DEGLI ELEMENTI AMBIENTALI DI INTERESSE SPECIFICO65 TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE BIOLOGICO ...... 69 CHECK-LIST DEGLI IMPATTI ...... 71 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI ...... 72 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI VEGETAZIONE ED ECOSISTEMA ...... 73 -FASE A REGIME (con le misure di mitigazione) ...... 73 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA ...... 73 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA ...... 74 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA ...... 74 7- MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE ...... 75 REGIMAZIONE E CANALIZZAZIONE ACQUE DI SUPERFICIE ...... 75 REALIZZAZIONE DI STRUTTURE DI RECEZIONE PER L’AVIFAUNA ED I ...... 78 CHIROTTERI ...... 78 8– COMPLEMENTARIETÀ ...... 86 9 – CONCLUSIONI ...... 89

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1 INTRODUZIONE

PREMESSA Nel presente lavoro si riportano i risultati di uno studio per la valutazione di incidenza per il progetto di lottizzazione convenzionata in un lotto residuo, zona C4, In Contrada Petraro, Villaggio Ganzirri – Messina. Come riportato in Progetto, l’area oggetto di edificazione ricade all’interno della perimetrazione di centro abitato. il volume utilizzato è quello conteggiato all’interno della linea di demarcazione (come risulta dalla relativa certificazione rilasciata dal comune) per complessivi mq 6820,25 x 0,40 mc/mq (territoriale) = mc 2728,10, che consentono la realizzazione di 7 unità bifamiliari per un totale di mc 2718,35 così come meglio chiarito nell’allegato computo analitico. Il sito di progetto ricade, dalla sovrapposizione con le carte del PDG Monti Peloritani, in habitat 34.36 pascoli termo-xerofili mediterranei, anche se in effetti in atto l’area si presenta in stato d’abbandono, anche con presenza di vegetazione sinantropica ruderale. L’obiettivo di questa relazione è quello di valutare l’incidenza delle opere in oggetto sulla zona di protezione Speciale (ZPS) ITA030042 denominata: “M. Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area dello Stretto”. Tale sito appartiene alla Rete Ecologica Natura 2000, ed è stato istituito nel dicembre del 1998.

Perimetrazione centro abitato

Il Ministero dell’Ambiente ha individuato la ZPS (Zona di Protezione Speciale per la Direttiva Uccelli 79/409/CEE) e il SIC (Sito di Importanza Comunitaria per la Direttiva Habitat 92/43/CEE) coincidenti come perimetrazione, denominati “Dorsale Curcuraci – Antennammare” cod. ITA 030011, e la ZPS e il SIC, anch'essi coincidenti come perimetrazione, denominata “Laguna di Capo Peloro” cod. ITA 030008 come da DM 3 aprile 2000 (GU n. 65) allegati A e B e successivi decreti della Regione Sicilia. Entrambe le ZPS ricadono nel territorio individuato sin dal 1989 come IBA (Important Bird Area) cod. 153, successivamente modificato come perimetro nel 2002, ovvero Area importante per gli Uccelli e come tale, ritenuta dalla UE, meritevole della massima tutela e di importanza 3 strategica per la conservazione degli uccelli compreso lo spazio marino antistante la costa settentrionale della Sicilia, sia il lato ionico che quello tirrenico. Le valutazioni degli impatti sono state approfondite sia sull’area oggetto di studio sia sull’area circostante, per identificare eventualmente elementi di pregio naturalistico e/o possibili effetti diretti o indiretti sull’ambiente circostante.

Inquadramento Zps

La metodologia è stata svolta sia attraverso raccolta di informazioni bibliografiche, consultazioni della scheda Natura 2000 e dei SIC sia attraverso rilievi sul campo per meglio inquadrare lo stato attuale e le caratteristiche ecosistemiche dell’area oggetto di studio. Il regolamento delle ZPS e dei SIC, non vieta l’eventuale realizzazione di opere, ma richiede obbligatoriamente la redazione di apposito studio, denominato “Valutazione di Incidenza” La metodologia procedurale della valutazione di incidenza è un percorso di analisi e valutazione progressiva in 4 fasi principali, come proposto nelle “guide CEE”. Livello 1: verifica (screening) – processo che identifica la possibile incidenza significativa su un sito Natura 2000 di un piano o un progetto, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, e che porta all’effettuazione di una valutazione di incidenza completa qualora l’incidenza risulti significativa; Livello 2: valutazione “appropriata” - analisi dell’incidenza del piano o progetto sull’integrità del sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, nel rispetto della struttura e della funzionalità del sito e dei suoi obiettivi di conservazione, e individuazione delle misure di mitigazione eventualmente necessarie; Livello 3: analisi di soluzioni alternative – individuazione e analisi di eventuali soluzioni alternative per raggiungere gli obiettivi del progetto o del piano, evitando incidenze negative sull’integrità del sito; Livello 4: definizione misure di mitigazione e compensazione – individuazione di azioni, anche preventive, in grado di bilanciare le incidenze previste, nei casi in cui esistano soluzioni alternative o le ipotesi proponibili presentino comunque aspetti con incidenza negativa, ma per 4 motivi imperativi di rilevante interesse pubblico sia necessario che il progetto o il piano venga comunque realizzato.

ASPETTI LEGISLATIVI Nel DM 3 aprile 2000 del Ministero dell’Ambiente sono indicate le Zone di Protezione Speciale (ZPS) definite ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (direttiva Uccelli) e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della direttiva 92/43/CEE (direttiva Habitat), in parte con la perimetrazione coincidente. La direttiva Habitat prevede la creazione della “Rete Natura 2000”, con lo scopo di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante attività di conservazione e attraverso misure di tutela delle specie la cui salvaguardia è considerata di interesse comune di tutta L’Unione Europea. La direttiva habitat non è però il primo strumento normativo comunitario infatti nel 1979 un’altra importante direttiva, ancora in vigore si occupa della salvaguardia degli uccelli selvatici. Questa direttiva prevede una serie di azioni in favore di numerose specie di uccelli, rare e minacciate a livello comunitario e l’individuazione da parte degli stati di aree destinate alla loro conservazione. Lo stato italiano ha recepito la direttiva Habitat con il DPR 8 settembre 1997 n. 357 “Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” e con il DPR 12 marzo 2003 n.120 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357”. Nel DPR sono definiti gli elenchi delle aree speciali di conservazione e delle specie di collegamento ecologico funzionale, che rivestono primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche. La legislazione nazionale prescrive all’art. 5 del Dpr 357/97 che si attivi un procedimento di valutazione d’incidenza nei casi in cui un’opera o intervento possa avere un’incidenza significativa sui siti di importanza comunitaria (SIC) o sulle zone di protezione speciale (ZPS). L’articolo 5 del DPR 357 definisce a livello generale la procedura a cui tutte le regioni e le provincie autonome devono adeguarsi. Qualora la realizzazione di nuove opere piani o progetti interferisca anche solo parzialmente con un SIC, si rende necessaria una valutazione dell’incidenza degli interventi previsti rispetto alle caratteristiche ecologiche del sito e agli obiettivi di conservazione prefissati. Per quanto riguarda il Comune di Messina ha adottato delle linee giuda secondo cui la relazione di incidenza va redatta secondo le indicazioni di cui all’allegato 1 del Decreto 30/03/2007 Ass.to Reg.le Territorio ed Ambiente. Pertanto essa dovrà valutare: a) pressione antropica e sue fluttuazioni; b) status degli habitat presenti; c) status delle specie presenti; d) distribuzione degli habitat all'interno del sito della Rete Natura 2000; e) livelli di frammentazione degli stessi; f) livello di connessione con altre aree protette I contenuti della relazione per la valutazione di incidenza, relativamente alle caratteristiche del progetto, devono riguardare: 1) la tipologia delle azioni e/o opere: illustrazione di massima degli interventi previsti, con descrizione delle caratteristiche del piano, delle attività necessarie alla realizzazione delle opere previste dal medesimo, dei tempi necessari e degli obiettivi che si perseguono; 2) le dimensioni e/o ambito di riferimento: superficie territoriale interessata dal piano con percentuale della superficie interessata rispetto alla superficie totale del sito, localizzazione su elaborati cartografici dell'area interessata dal sito e l'eventuale presenza di aree protette;

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3) la complementarietà con altri interventi; 4) l’uso delle risorse naturali: indicazioni delle risorse utilizzate sia successivamente alla realizzazione dell’intervento, a regime, sia quelle utilizzate soltanto nel corso della realizzazione dell’intervento stesso; 5) la produzione di rifiuti: va indicata la quantità e la natura dei rifiuti prodotti sia nel corso della realizzazione dell’intervento che successivamente alla sua realizzazione, a regime. Va indicata anche la destinazione dei rifiuti; 6) l’inquinamento e disturbi ambientali: vanno indicate le eventuali emissioni di sostante inquinanti in atmosfera, di rumori e ogni altra causa di disturbo sia in corso d'opera che a regime; 7) il rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate: devono essere previsti i rischi infortunistici e le misure di prevenzione e protezione adottate. I contenuti della relazione per la valutazione di incidenza, relativamente alle interferenze con il sistema ambientale, devono riguardare : 1) la descrizione dell'ambiente naturale direttamente interessato ed eventuale interferenza con siti Rete Natura 2000 limitrofi o correlati; 2) le interferenze sulle componenti abiotiche: eventuali impatti sulla stabilità e sulla natura dei suoli, con riferimento all'eventuale presenza di corpi idrici e sul possibile inquinamento o depauperamento, anche temporaneo, delle falde idriche; 3) le interferenze sulle componenti biotiche: descrizione dell'interferenza sugli habitat e sulle componenti floristiche e faunistiche indicate nel relativo formulario Natura 2000 del sito; 4) le connessioni ecologiche: eventuali frammentazioni di habitat che potrebbero interferire con la contiguità fra le unità ambientali considerate; 5) la valutazione del grado di significatività dell'incidenza diretta o indiretta che il progetto può avere su SIC e ZPS; 6) la descrizione delle misure di mitigazione che si intendono adottare per ridurre o eliminare le eventuali interferenze sulle componenti ambientali allo scopo di garantire la coerenza globale della Rete Natura 2000. 7) nel caso di misure di mitigazione, queste dovranno essere efficaci nel momento dell’effettuazione del danno, tranne nel caso in cui sia dimostrato che la propedeucità non è necessaria per garantire la coerenza della Rete e l’efficienza ecologica del sito.

LIVELLO 1: FASE DI SCREENING Il primo livello, quello relativo allo screening, è caratterizzato dal processo d’individuazione delle implicazioni potenziali del progetto sul sito Natura 2000, e dalla determinazione del possibile grado di significatività di tali incidenze. In altre parole, in questo livello si analizza la possibile incidenza che il progetto del fabbricato può avere sulla ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello Stretto di Messina”, valutando se tali effetti possono oggettivamente essere considerati rilevanti o meno. Tale valutazione consta, come si evince anche dallo schema precedente, di quattro fasi: A. Determinare se il progetto è direttamente connesso o necessario alla gestione del sito. B. Descrivere le caratteristiche del progetto. C. Descrivere le caratteristiche della ZPS D. Valutare la significatività di eventuali effetti sul sito Natura 2000. La realizzazione della fase di screening relativa al presente studio ha reso necessario l’esame di tutto il materiale già pubblicato, in relazione alla ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenn amare e Area Marina dello stretto di Messina”, nonché la consultazione dell’Università degli Studi di Messina, degli enti e delle agenzie coinvolte nella gestione del sito o competenti in materia di conservazione della natura. Tra questi si ricordano: il Servizio per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente.

GESTIONE DEL SITO Nel documento della Commissione "La gestione dei siti della rete natura 2000 - guida all'interpretazione dell'art. 6 della direttiva Habitat" è chiaramente indicato che, affinché un 6 progetto possa essere considerato “direttamente connesso o necessario alla gestione del sito”, la “gestione” si deve riferire alle misure gestionali a fini di conservazione, mentre il termine “direttamente” si riferisce a misure che sono state concepite unicamente per la gestione a fini conservativi di un sito e non in relazione a conseguenze dirette e indirette su altre attività. Il progetto oggetto di studio, non è direttamente connesso alla gestione del sito natura 2000 denominato ZPS ITA030042.

IL PIANO DI GESTIONE “MONTI PELORITANI” Con l’emanazione delle Direttive Habitat (92/43/CEE) ed “Uccelli” (79/409/CEE), l’Unione Europea ha fornito le basi per la creazione di un sistema interconnesso di siti ad elevata valenza biologica, distribuiti nel territorio negli Stati membri. L’obiettivo è di garantire la conservazione della biodiversità, sulla base della designazione di cosiddette “aree di tutela”, denominate SIC (siti di importanza comunitaria) – volti a proteggere animali, vegetali ed habitat – e ZPS (zone di protezione speciale, in particolare per l’avifauna). Al fine di mantenere una connessione e la funzionalità degli ecosistemi, gli stessi siti sono collegati tra loro attraverso “corridoi ecologici”, definendo così un’ampia “rete europea” – nota come “Natura 2000” – che delimita ambiti territoriali con caratteri biologico-ambientali rappresentativi delle diverse regioni biogeografiche. Nella Regione Sicilia, nell’ambito del progetto Bioitaly, sono stati censiti 233 Siti Natura 2000, di cui 204 di importanza comunitaria (SIC), 15 zone di protezione speciale (ZPS) e 14 individuati contemporaneamente come SIC e ZPS. In attuazione delle succitate direttive ed in conformità con le “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” emanate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, l’Azienda Regionale delle Foreste Demaniali della Sicilia – in qualità di Ente beneficiario – ha affidato alle società Agristudio s.r.l. e Temi s.r.l. l’incarico di costituire un gruppo di lavoro, finalizzato a redigere il Piano di gestione dei Monti Peloritani. In particolare, l’area è interessata da una ZPS (ITA030042 - Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e area marina dello Stretto di Messina), oltre ai seguenti 13 SIC: 1- ITA030003 (Rupi di e Monte Veneretta); 2- ITA030004 (Bacino del Torrente ); 3- ITA030006 (Rocca di Novara); 4- ITA030007 (Affluenti del Torrente Mela); 5- ITA030008 (Laghetti di Ganzirri); 6- ITA030009 (Pizzo Mualio, Montagna di Vernà); 7- ITA030010 (Fiume Fiumedinisi, Monte Scuderi); 8- ITA030011 (Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare); 9- ITA030019 (Tratto montano del Bacino della Fiumara di Agrò); 10- ITA030020 (Fiumara S. Paolo); 11- ITA030021 (Torrente San Cataldo); 12- ITA030031 (Isola Bella, Capo Taormina e Capo S. Andrea); 13- ITA030037 (Fiumara di Floresta). La redazione del Piano di gestione nasce a seguito della misura 1.11 del Completamento di Programmazione al POR Sicilia 2000-2006 “Sistemi territoriali integrati ad alta naturalità”, di cui alla Deliberazione di Giunta Regionale n. 327 del 08 agosto 2007. Il Piano di Gestione in oggetto stabilisce i presupposti metodologici nel rispetto delle indicazioni normative presenti a livello comunitario, nazionale e regionale. Particolare attenzione è stata pertanto riservata alle indicazioni ed ai riferimenti contenuti nei seguenti elaborati: – Guida all’interpretazione dell’art. 6 della Direttiva Habitat 43/92/CEE (“La gestione dei siti della Rete Natura 2000”, a cura della Commissione Europea); – Linee Guida per la gestione dei siti Natura 2000 (D.M. 3 settembre 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Servizio Conservazione della Natura); – Life Natura 1999 NAT/IT/006279 “Verifica della Rete Natura 2000 in Italia e modelli

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di Gestione” (Piano di gestione SIC ITA 010011 “Sistema dunale Capo Granitola, Porto Palo e Foce del Belice” a cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, CTS, Settore Conservazione della Natura); – Indicazioni tecniche per la redazione del Piano di Gestione – Allegato II (a cura della Task Force Rete Ecologica, Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana); Il Piano di Gestione dei Monti Peloritani tende ad assicurare la conservazione della biodiversità e dell’integrità ecologica che si sviluppa in questo vasto territorio della Sicilia nord-orientale, sulla base di una utilizzazione compatibile delle risorse. Esso si pone quindi l’obiettivo di attenuare o arrestare i processi di degrado che coinvolgono i sistemi ambientali e le fitocenosi forestali a causa dell’eccessivo disturbo dei fattori antropici (incendi, urbanizzazione, deforestazione, pascolo, ecc.) o da fenomeni naturali (erosione, ecc.). Le principali azioni di disturbo che si registrano sui sistemi naturali dei Monti Peloritani sono dovute alle attività umane, poiché il sito, non essendo attualmente sottoposto a strette misure di salvaguardia, presenta numerose vulnerabilità. Uno dei principali fattori che interferiscono negativamente sulla naturalità dei siti sono gli incendi, i quali costituiscono un notevole fattore di impatto; unitamente all’acclività del territorio, alle pratiche di disboscamento e di coltivazione e pascolo, determinano anche sensibili fenomeni erosivi. Un ulteriore fattore è rappresentato dall’elevata urbanizzazione dei territori limitrofi, soprattutto lungo la dorsale di Antennamare, nonché in tutta la fascia costiera fino ad interessare anche i laghi di Capo Peloro, al’estremità dello Stretto di Messina; i rispettivi habitat sono così sottoposti ad una graduale scomparsa, a frammentazione e ad isolamento, con inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la flora e la fauna selvatica. Altre vulnerabilità e disturbi sono notoriamente legati anche alla caccia di frodo durante la migrazione dei volatili; tuttavia, rispetto ai decenni precedenti, il fenomeno appare in netta diminuzione, grazie alla meritoria opera delle associazioni ambientaliste. Tenendo conto dei vari fattori di disturbo o di impatto, è quindi necessario ricondurre nell’ambito di un unico strumento di gestione le azioni che hanno un’incidenza diretta sulla conservazione degli habitat e delle specie – soprattutto quelle d’interesse comunitario e prioritario – articolando le politiche del comprensorio compatibilmente con le finalità di conservazione e di tutela della biodiversità. Il piano in oggetto si pone quindi l’obiettivo di individuare delle soluzioni concrete, promuovendo pratiche gestionali ecocompatibili, articolate in un complesso di azioni, a differente scala, spaziale e temporale. In particolare, a partire dall’analisi dei fattori naturalistico-ambientali presenti nel territorio, le stesse azioni saranno indirizzate verso una duplice direttiva: 1) conservazione della biodiversità; 2) educazione ambientale, divulgazione naturalistica, partecipazione dei cittadini. Su queste basi, il procedimento metodologico seguito per la realizzazione del Piano di Gestione, riguarda le seguenti fasi di lavoro: 1) consultazione delle schede relative ai formulari Natura 2000 e verifica delle motivazioni che hanno portato alla designazione dei vari SIC e/o ZPS; 2) riconoscimento e individuazione sul territorio degli habitat; 3) verifica in campo dei limiti cartografici delle unità fisionomiche individuate; 4) realizzazione di elaborati cartografici complementari; 5) analisi sullo stato di conservazione e della qualità dei siti; 6) strategie di azione e azioni. 1. Consultazione delle schede relative ai siti nei formulari Natura 2000 e verifica delle motivazioni che hanno portato alla designazione dei vari SIC e della ZPS.- Riguarda l’analisi degli aspetti relativi alle varie schede Natura 2000, con particolare riferimento agli habitat ed alle specie di interesse comunitario, nonché a quelle prioritarie. 2. Riconoscimento e individuazione sul territorio degli habitat. Si è tenuto conto degli habitat (e/o della superficie che costituisce habitat per ciascuna specie) che hanno motivato la designazione dei vari SIC e della ZPS, portando anche all’aggiornamento delle schede di cui al punto 1). Su questa base sono stati definiti alcuni elaborati cartografici (Carta della vegetazione, Carta degli Habitat e Carta dell’uso del suolo), in scala 1:10.000, utilizzati per la

8 successiva fase di campagna. In particolare, il lavoro è stato effettuato a partire dalla Carta degli Habitat fornitaci dall’Ente beneficiario, su base topografica rappresentata dalla Carta Tecnica Regionale (scala:10.000). E’ stata effettuata una nuova verifica della fotointerpretazione e fotorestituzione dei limiti relativi alle unità fisionomiche indicate, utilizzando le ortofotocarte a colori e pancromatiche, inerenti il volo settembre 2007 del Ministero dell’Ambiente, dell’AGEA (anni 2004-2006) ed IT2000. 3. Verifica in campo dei limiti cartografici delle unità fisionomiche individuate. Ciò è stato effettuato anche sulla base di rilevamenti in campo, effettuati secondo il metodo fitosociologico della Scuola Sigmatista di Zurigo-Montpellier. L’obiettivo è stato quello di pervenire ad un inquadramento sintassonomico dei tipi vegetazionali presenti sul terreno, nonché alla realizzazione e stesura degli elaborati finali, relativi all’area dei SIC e della ZPS. 4. Realizzazione di elaborati cartografici complementari. A corredo della Carta degli Habitat sono stati realizzati anche ulteriori elaborati complementari. Inizialmente sono state definite: la Carta della vegetazione (su base fitosociologica), la Carta dell’uso del suolo (secondo Corine Land Cover) e la Carta floristica, quest’ultima riportante la distribuzione delle specie vegetali, la cui presenza è ritenuta significativa per l’area in esame. Sempre in riferimento a queste ultime entità sono state realizzate le Carte di idoneita ambientale delle specie, dalla cui sovrapposizione sono state ottenute la Carta del valore floristico degli habitat, la Carta del valore faunistico degli habitat e la Carta degli habitat delle specie. Un altro gruppo di elaborati è stato realizzato sulla base di ulteriori sovrapposizioni, tendenti ad evidenziare le relazioni tra uso del suolo e habitat e/o specie di interesse (Carta di sovrapposizione tra uso del suolo e carta degli habitat, Carta di sovrapposizione tra uso del suolo e Carta degli habitat delle specie). E’ stata altresì definita la Carta del grado di naturalità, utilizzata come base per elaborare la successiva Carta dei corridoi ecologici all’interno dei vari SIC e della ZPS. La realizzazione delle suddette carte tende ad evidenziare la necessità di disporre di un quadro sintetico della distribuzione degli habitat prioritari e degli ambiti ad essi limitrofi, al fine di verificare la coerenza delle perimetrazioni attuali dei vari SIC e della ZPS con gli obiettivi di conservazione preposti. Tutti gli elaborati cartografici sono stati realizzati in ambiente GIS utilizzando il software ESRI ArcGIS. 5. Analisi sullo stato di conservazione e della qualità del sito. Contemporaneamente alle fasi precedenti, sono stati raccolti dati sugli aspetti ritenuti critici e/o significativi per l a conservazione degli habitat e/o delle specie che hanno motivato la designazione dei vari siti nel territorio dei Peloritani. Ciò ha consentito di pervenire ad una individuazione dell’impatto attuale o potenziale dei tipi d’uso del suolo in atto o previsti dal Piano di gestione. 6. Strategie di gestione ed azioni programmate. La focalizzazione delle strategie di gestione e le specifiche azioni da intraprendere per garantire la conservazione della biodiversità e degli habitat, ha tenuto conto dei seguenti aspetti: a) elenco degli habitat (e rispettive specie) rilevati nei vari SIC e nella ZPS; b) valutazione delle caratteristiche generali degli habitat (grado di diffusione a livello regionale, rappresentatività, condizioni di insularità, status dinamico, tendenze dinamiche in atto, stato attuale di conservazione, stato delle conoscenze floristiche e fitosociologiche); c) relazioni tra i fattori di minaccia riscontrati per ciascun habitat ed impatti prodotti; d) individuazione (per ciascun habitat) delle azioni che dovranno essere oggetto di norme di piano, sottoposte a valutazione di incidenza o vietate con indicazioni delle minacce attuali e/o principali e delle norme da inserire nel piano di gestione. e) elaborazione delle schede relative alle azioni previste dal Piano di Gestione. I principali strumenti di gestione finalizzati alla conservazione della biodiversità e degli habitat all’interno dei siti Natura 2000 sono oggi rappresentati dalla VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e la Valutazione di incidenza. La redazione dei piani di gestione è un ulteriore strumento che si pone l’obiettivo di garantire la funzionalità degli ecosistemi (habitat e specie vegetali e animali) rappresentati all’interno di un determinato SIC o di una ZPS, che a loro volta ne hanno determinato la designazione degli stessi siti. Sulla base delle determinazioni del Ministero dell’Ambiente e

9 della Tutela del Territorio (2002), “ciò significa che se eventualmente l’attuale uso del suolo e la pianificazione ordinaria non compromettono tale funzionalità, il piano di gestione si identifica unicamente nella necessaria azione di monitoraggio”. Prima di redigere un piano di gestione è pertanto necessaria una valutazione preliminare del sito, tendente a stabilire l’opportunità di procedere in tal senso, tenendo conto in maniera oggettiva delle esigenze delle specie e degli habitat rappresentate nel sito, anche in relazione alle aree circostanti. Sui Peloritani, così come peraltro in gran parte della Sicilia, i principali fattori di impatto sull’ambiente sono legati soprattutto all’antropizzazione del territorio, con tutta una serie di disturbi ad essa collegati, che fanno riferimento agli incendi, all’urbanizzazione eccessiva di alcune aree, all’agricoltura, al pascolo, ecc. Tutto ciò, evidentemente, interferisce in maniera negativa sugli habitat, con la perdita di biodiversità vegetale e faunistica.

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2 CARATTERISTICHE DEL PROGETTO Come riportato nella relazione tecnica: RELAZIONE OGGETTO: Progetto di un Piano di Lottizzazione Convenzionata in un lotto residuo, Zona C4, In Contrada Petraro, Villaggio Ganzirri – Messina DITTA: Colapesce Costruzioni S.R.L. - I - Il Piano Regolatore della città di Messina prevede nell’area sopra i laghi di Ganzirri, un’ampia zona di ha 75 c.a. destinata a zona C4 (ex C5) espansione turistica a villini stagionali. Tale zona è stata attuata per il 90% da Piani di Lottizzazione Convenzionata di iniziativa privata approvati e realizzati nel ventennio 1990 - 2009. Tali Piani prevedevano la realizzazione delle opere di Urbanizzazione primaria e la cessione delle aree per le secondarie in quanto, vennero approvati in regime di salvaguardia, tra il vecchio e l’attuale strumento urbanistico, essendo i vincoli scaduti dello strumento a quel tempo in vigore. Questa particolare circostanza ha consentito di urbanizzare l’intera zona fornendola sia di opere di urbanizzazione primaria che di aree per le opere secondarie in aggiunta a quelle individuate nel P.R.G. a servizio sia delle stesse zone C4 che delle zone B del Villaggio Ganzirri. In questa zona è inserito il terreno oggetto d’intervento, posto in posizione limitrofa alla via Nuova Panoramica dello Stretto, dalla quale ha accesso diretto, e costeggiato altresì dalla via comunale Salita Ingegneri che collega con la via Lungo Lago. Il terreno dista circa 400 metri dalla riva sinistra del Pantano Grande di Ganzirri ed 800 mt dal torrente Papardo. - II - Per redigere la progettazione si è preliminarmente proceduto ad una approfondita analisi urbanistica in modo da individuare il corretto strumento di attuazione in applicazione della normativa urbanistica vigente. Si è quindi proceduto in particolare ad una verifica del livello di urbanizzazione dell’area con riferimento sia alle opere di urbanizzazioni primarie esistenti che alle secondarie il tutto in relazione alla normativa sugli standards urbanistici (di cui al combinato disposto del D.M. 2 aprile 1968 n.1444 e dell’art.17 L.6 agosto 1967 n. 765) relativa agli spazi destinati ai fabbisogni pubblici. Per tale motivo si è elaborata una analisi urbanistica dell’area oggetto dell’intervento analizzando un campione significativo di mq 408.954 circa, superiore al 50% dell’intero insediamento di zona in ragione del raggio di influenza, per l’utilizzo delle opere di urbanizzazione secondaria. In tal senso si è individuato con un cerchio di 400 mt di raggio dal terreno oggetto dell’intervento, l’area campione, comprensiva di zone C4, Zone B e zone a servizi, previsti dallo strumento urbanistico generale, in modo da verificare il dimensionamento sia teorico riferito ai parametri del piano per l’area oggetto dell’intervento, e sia reale in funzione delle zone in effetti attuate nel corso degli anni sino ad oggi. In questo modo si è potuto accertare che nella zona interessata si possono insediare circa 2291 abitanti teorici, di cui 1151 nelle zone già attuate con Piani di lottizzazione, 154 nei lotti rimasti ancora liberi anche se parzialmente saturi, e 986 nelle zone B ormai del tutto sature. Se ne deduce che il fabbisogno di urbanizzazioni sia primarie che secondarie occorre solo per 1140 ab (2291 – 1151), che rappresentano quelli insediabili nelle zone C residue (parzialmente sature) e quelli delle zone B (anche se questi ultimi hanno già in gran parte pagato gli oneri d i legge). A tal proposito occorre verificare gli standards necessari, ipotizzando 24 mq per ogni abitante insediato in zona C, e 12 mq /ab (50%) per ogni abitante insediato in zona B. In questo contesto si è calcolato che la superficie necessaria occorrente per le urbanizzazioni secondarie è di mq 15.542, così come risulta rappresentato nelle tavole e tabelle allegate alla presente. Relativamente alle opere di urbanizzazione primaria, dalle analisi effettuate si evidenzia quanto segue: - Per la viabilità l’area è servita direttamente dalla Panoramica Stretto con una strada esistente, superiore a 6 metri di larghezza, che si innesta nella stessa servendo

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direttamente il terreno – nel quale viene realizzato un percorso interno necessario per accedere ai parcheggi privati individuati all’interno delle aree in proprietà - Per i parcheggi pubblici la zona è ampiamente servita in quanto essi sono ricavati nelle aree limitrofe già attuate con i P.L. e cedute al comune, e nelle aree previste dal P.R.G. vigente individuate dalle analisi a sostegno dell’urbanizzazione dell’intera area. - Il verde pubblico attrezzato sia primario che secondario è stato reperito integralmente nella limitrofa area prevista nel P.R.G. appositamente prevista a servizio di parte della zona C e parte della zona B del villaggio Ganzirri. - Lo standards di legge relativo alle superfici necessarie per la scuola, sono state anche reperite sempre nelle limitrofe aree previste dal P.R.G. a servizio dell’intera area. - Le attrezzature collettive, sono esistenti e comunque per le quote a completamento saranno sempre reperite nelle aree limitrofe previste del P.R.G. - Tutti i servizi a rete, fogna, luce, gas, telefono, sono esistenti e localizzati lungo la Via Salita Ingegneri che si allaccia alla Panoramica dello Stretto e serve direttamente il lotto oggetto dell’intervento. Si è accertato quindi che gli abitanti insediati nel comprensorio sono integralmente serviti da urbanizzazioni primarie (strade, servizi a rete, verde e parcheggi) e dalle relative urbanizzazioni secondarie in quanto il P.R.G. vigente e gli strumenti attuati già eseguiti prevedono aree ampiamente dimensionate con grande esubero rispetto agli abitanti insediati. Dagli elaborati allegati, Tav. 1, infatti, si evince chiaramente che contro un fabbisogno come sopra determinato di mq 15.542 di superfici da destinare a standards tra zone C e zone B ricadenti nell’ambito analizzato, sono stati previsti nel piano regolatore a servizio dell’intera zona circa 31.356 mq, in aggiunta a quelli già previsti dalle lottizzazioni attuate addirittura quindi più del doppio rispetto a quelli sufficienti per coprire il fabbisogno necessario. Questo margine è senz’altro sufficiente per garantire l’urbanizzazione secondaria per tutte le aree sia C che B, lasciando un largo margine per eventuali imprevisti legati alla reale attuazione delle zone edificabili previste. Nel caso in specie, infatti, si evince chiaramente che le aree destinate ad urbanizzazioni secondarie previste dallo strumento urbanistico possono ancora consentire l’insediamento di ulteriori 1.150 abitanti. Per altro verso si è altresì accertato (tav. 2) che il comprensorio non attuato limitrofo all’area oggetto dell’intervento risulta in gran parte edificato e quindi già saturo, di conseguenza risulta di fatto un lotto residuo da attuare anche attraverso un “Piano di Lottizzazione” anche se il lotto minimo previsto dalle N.A. è di mq 10.000, mentre la superficie edificabile del lotto in oggetto, unico residuo disponibile, è di soli mq 6820,25. Il medesimo lotto risulta altresì intercluso in quanto, come si nota nelle tavole allegate, confina e risulta interamente contornato da zone già totalmente costruite ed urbanizzate, in particolare per la maggior parte da zone oggetto di lottizzazioni attuate, per la minor parte da zone edificate sature, attuate attraverso singole concessioni edilizie rilasciate prima dell’entrata in vigore del P.R.G. (servite dalla strada comunale “Salita Ingegneri” che altresì costeggia il lotto in questione) e a monte infine, per la restante parte, dalla zona di rispetto della strada provinciale Panoramica dello Stretto dalla quale il lotto ha accesso. Il lotto, come meglio chiarito sopra, è ampiamente e direttamente servito da urbanizzazioni primarie e secondarie in particolare, dalla viabilità strada provinciale Panoramica dello Stretto, dalla quale ha accesso e da tutti i servizi a rete (acqua, fogna, luce, gas ecc.) presenti lungo la strada comunale Salita Ingegneri. Alla luce di queste considerazioni, ed in applicazione di quanto previsto dalla legislazione urbanistica vigente, L. 765/67 e sue circolari esplicative, essendo questa una zona totalmente urbanizzata, e fornita sia di opere primarie che secondarie in misura addirittura superiore agli standards urbanistici di legge si ha ragione di ritenere che si potrebbe procedere con lo strumento della semplice Concessione Edilizia (art. 21 L.R. 71/78) per l’attuazione degli interventi in questo frammento del territorio, rimasto intercluso tra aree totalmente urbanizzate , come confermato da ampia ed univoca giurisprudenza anche del TAR Catania. Di contro per l'orientamento assunto dal comune così come emerso da riunioni congiunte tra l'ufficio urbanistica del Comune di Messina e l'ufficio edilizia privata è stato determinato che è

12 possibile, nel caso in ispecie procedere ad una Lottizzazione Convenzionata effettuando opere che sono state ritenute utili per l'amministrazione, precisamente: a) Ampliamento della strada Salita Ingegneri con la cessione di una fascia di lungo essa di mt 2,5/3 b) Realizzazione di parcheggi e verde pubblico serviti direttamente da un ingresso sulla salita Ingegneri con ampliamento della stessa c) Cessione di aree per l'urbanizzazione secondaria da destinare a verde in modo da ampliare in termini significativi il rapporto superficie coperta a verde - III - Il progetto dell’insediamento residenziale prevede la costruzione di 14 unità residenziali tutte con patio su due piani, aggregate in tre corpi (A1 - A2 - B) attraverso la sistemazione esterna di spazi annessi asserviti alle singole unità. Ogni unità si sviluppa su di un piano ed è composta da un soggiorno cottura e due camere da letto oltre spazi esterni e verande. Tutte le unità saranno servite da viabilità percorsi di accesso ai parcheggi privati ricavati all’interno del terreno di proprietà, assolutamente autonoma, che prende avvio ed accesso dalla esistente bretella di collegamento con la via Panoramica dello Stretto. L’insediamento delle unità è stato progettato in modo da inserirsi sul terreno non alterando le giaciture originarie dello stesso col suo naturale declino. Questo è stato possibile in quanto è stata creata una serie di piani gradonati con dislivelli tra essi minimi, (0,50 mt), in modo da adagiare il costruito al dislivello naturale del terreno. Le unità si inseriscono tra ampi spazi a verde, in modo da immergersi nello stesso sistemato a verde privato e pubblico. In tale ottica le parti coperte dei fabbricati rappresentano soltanto il 7,1% rispetto alle aree libere. L’architettura è stata legata prioritariamente all’andamento del terreno ed alle caratteristiche dello stesso interpretando lo spazio destinato alla residenza come integrato con la natura circostante aprendolo su di essa con dei cannocchiali orientati verso il mare, al riparo dai venti dominanti, scirocco e maestrale. Muri di confine si integrano con quelli delle abitazioni costruendo spazi aperti nel verde annesso agli stessi, diventando così l’elemento di base della composizione architettonica. Il terreno edificabile di pertinenza della Soc. Colapesce s.r.l., per come definito dal contratto, riguarda le particelle indicate in catasto al foglio 43 n. 217 – 238 – 263 – 214 – 216, con esclusione della proprietà della particella 214, che comprende un vecchio fabbricato esistente con annessa porzione di terreno. La capacità edificatoria dell’intero è rimasta tuttavia interamente riservata alla porzione acquisita in proprietà dalla Colapesce srl. Per quanto sopra il volume utilizzato è quello conteggiato all’interno della linea di demarcazione (come risulta dalla relativa certificazione rilasciata dal comune) per complessivi mq 6820,25 x 0,40 mc/mq (territoriale) = 2728,10, che consentono la realizzazione di tre blocchi per un totale di mc 2718,35. Tutte le unità sono servite direttamente come già affermato dalla Panoramica dello Stretto attraverso una strada di allacciamento alla stessa. Questo consente assoluta autonomia al complesso progettato senza appesantire di ulteriore traffico veicolare la strada comunale Salita Ingegneri, altresì limitrofa all’insediamento previsto, ma che resta tuttavia esclusa dalle previsioni di transito di servizio al complesso. Nella Salita Ingegneri, che costeggia il lotto per l’intera sua lunghezza, sono presenti tutti i servizi a rete necessari, sufficientemente dimensionati e localizzati in modo idoneo per consentire l’allaccio delle unità, che avverrà: a) per l’impianto di smaltimento delle acque nere attraverso la raccolta delle stesse in pozzetto stagno dal quale verranno sollevate con pompe adeguatamente dimensionate sino alla rete pubblica; b) per l’impianto idrico si effettuerà un allaccio diretto con pozzetto di derivazione della rete pubblica;

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c) l’allaccio del gas avverrà direttamente dalla condotta esistente che scende dalla strada contrada Serre che si collega direttamente con la Via Ingegneri all’incrocio con la via Panoramica dello Stretto; d) per l’Energia Elettrica il complesso sarà munito di cabina autonoma così come sarà stabilito dalla stessa ditta fornitrice ENEL. e) Per il telefono sarà collegato direttamente alla rete esistente con regolare cassetta di derivazione in ragione delle utenze. Opere di Urbanizzazione Il progetto delle opere di urbanizzazione previste è stato dimensionato in ragione del parametro di 24 mq di superficie da cedere per ogni abitante insediato secondo il calcolo allegato: Le opere previste sono: 1) Strada di accesso a fondo cieco dalla Salita Ingegneri alle aree pubbliche da destinarsi a parcheggio e verde larghezza strada non inferiore a mt 6. Tale viabilità è stata ricavata ampliando la Salita Ingegneri esistente a servizio esclusivo delle aree pubbliche previste interne al lotto edificabile. La strada costruita a regola d'arte secondo l'esecutivo allegato e sarà bitumata secondo gli strati di (25+15+8+4) con tappetino finale. 2) Piazzale di mq 271,8, per parcheggio e verde, pavimentato in autobloccante con vegetazione a prato e piante ornamentali lungo la via privata di accesso al complesso. 3) Impianto elettrico composto da cinque pali in alluminio di h 7 con lampade fluorescenti al cloruro di jodio o a led - secondo il calcolo illuminotecnico allegato. Tutti i fabbricati saranno realizzati con struttura intelaiata in c.a. e le murature esterne ed i solai saranno coibentati come per legge, giusto calcolo termico allegato alla presente, per garantire il risparmio energetico di legge. I muri esterni saranno rivestiti o trattati ad intonaco colorato così come si evince dai render allegati. Il terreno non ha vincoli urbanistici e ricade all’interno della zona ZPS per la quale è stata richiesta regolare autorizzazione, ed all’interno delle aree da sottoporre al parere della Sovrintendenza di Messina alla quale sarà richiesto contestualmente il rilascio del nulla Osta. Per quanto omesso nella presente relazione si fa riferimento ai grafici allegati alla presente che ne fanno parte integrante. IL PROGETTISTA Arch. Pasquale La Spina

INTERVENTO PROGETTUALE RISPETTO ALLE AREE PROTETTE L’area oggetto di studio, come già segnalato, si colloca all’interno del sito ZPS (ITA 030042 “Monti Peloritani, dorsale Curcuraci, Antemmare e area marina dello Stretto di Messina”), che con una superficie totale di Ha 28.051 interessa quasi tutto il territorio comunale di Messina, spingendosi sul versante ionico fino a Mili Marina, risalendo in cresta all’altezza del Pizzo Bottino e scendendo sul versante tirrenico verso Saponara, ai margini del centro abitato di , fino a raggiungere la costa all’altezza della foce del torrente Gallo. CARATTERISTICHE DEL SITO NATURA 2000: La zona di protezione speciale ITA030042 si estende sulla dorsale montuosa che dallo stretto di Messina si estende verso sud lungo il crinale dei Peloritani. Nonostante il continuo disturbo antropico (disboscamento, pascolo, urbanizzazione, incendio, attività agricole, rimboschimenti, ecc.) quest’area conserva a tutt’oggi aspetti floristico-vegetazionali di notevole interesse paesaggistico e naturalistico. Dal punto di vista geomorfologico-strutturale i Peloritani fanno parte dell’arco Calabro-Peloritano di origine tirrenica, costituito essenzialmente da rocce intrusive e metamorfiche di natura silicea. Lungo la costa si rinvengono depositi quaternari rappresentati da sabbie e argille marnose. Sotto il profilo climatico l’area peloritana è caratterizzata da condizioni prettamente oceaniche con precipitazioni medie annue che sui rilievi supera abbondantemente i 1000 mm annui e temperature medie annue di 15-17 °C. Significativa è inoltre la presenza durante tutto l’anno di un regime di nebbie che ricopre i rilievi più elevati, dovuto all’incontro dei venti tirrenici con quelli ionici. Ciò favorisce l’insediamento di formazioni forestali e arbustive molto peculiari, alcune 14 tipiche dei territori atlantici dell’Europa meridionale. Significativa è, infatti, la presenza di cespuglieti del Calicotomo-Adenocarpetum commutati e di pinete del Cisto crispi-Pinetum pinee, associazioni entrambe endemiche dei Peloritani che risultano legate ad un clima tipicamente oceanico. Fra le formazioni boschive risultano particolarmente diffuse l’Erico-Quercetum virgilianae, il Teucrio-Quercetum ilicis e il Doronico-Quercetum suberis. Nella fascia costiera si rinviene, limitatamente ai substrati sabbiosi, una associazione dei Malcolmetalia, rappresentata dall’Anthemido-Centauretum conocephalae in Sicilia esclusiva di questa area. Un’altra associazione molto peculiare a carattere termo-xerofilo esclusiva del litorale di Messina è il Tricholaeno- Hyparrhenietum hirtae. Sono inoltre presenti nell’estrema punta settentrionale dei laghi costieri (Laghi di Ganzirri) di grande interesse naturalistico oltre che paesaggistico. Floristicamente non presentano un particolare interesse, in quanto le piante che si insediano in questa area umida sono in massima parte abbastanza comuni nell’isola. Si tratta perlopiù di elofite, alofite e idrofite, che non costituiscono delle particolari associazioni a causa del forte disturbo antropico e del fatto che la fascia in cui si localizzano è piuttosto stretta e non consente il differenziarsi di cenosi. Dal punto di vista idro- geologico si tratta di un’area depressa con fondali rocciosi frammisti a limo e sabbia alimentata da acque marine attraverso dei canali di collegamento con la riva e da acque meteoriche. Lo Stretto di Messina è un ambiente molto particolare con caratteristiche uniche in tutto il Mediterraneo. Rappresenta il punto di incontro di due bacini (il Tirreno e lo Ionio) le cui masse d’acqua hanno caratteristiche diverse creando un ambiente con forti correnti e turbolenze. Tali caratteristiche idrodinamiche sono dovute, tra l’altro, a moti di marea intensificati da fasi in opposizione nello Ionio e nel Tirreno e un rimescolamento di acque calde e superficiali del Tirreno con masse fredde intermedie dello Ionio, ecc. (Magazzù et al. 1995). Queste condizioni idrodinamiche si riflettono sulla conformazione dei fondali e sui ritmi di sedimentazione (Colantoni, 1995), determinando l’insediamento di biocenosi particolari e uniche in Mediterraneo (Giaccone, 1972; Fredj & Giaccone, 1995; Zampino & Di Martino, 2000): biocenosi ad alghe fotofile dell’infralitorale superiore con lo strato elevato costituito dell’Associazione a Cystoseira tamariscifolia, Saccorhiza polyschides e Phyllariopsis brevipes, biocenosi dell’infralitorale inferiore con la presenza di Laminaria ochroleuca e biocenosi del circalitorale con l’Associazione a Cystoseira usneoides e la facies a Laminaria ochroleuca e Phyllaria purpurascens. Interessante è anche la presenza di una prateria a Posidonia oceanica che si estende da Ganzirri a Messina (Zampino & Di Martino, 2000). Qualitá e importanza Il perimetro comprende aree che rivestono un’importanza strategica nell’economia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nell’ambito del bacino del Mediterraneo. In particolare la zona di Antennamare e lo stretto di Messina, insieme allo Stretto di Gibilterra ed al Bosforo, rappresentano le tre aree in cui nel Mediterraneo si concentrano i flussi migratori, soprattutto in periodo primaverile. Dallo stretto di Messina transitano, infatti, da 20.000 a 35.000 esemplari appartenenti a numerose specie di Uccelli, soprattutto Rapaci, alcune delle quali molto rare e/o meritevoli della massima tutela. La dorsale dei Monti Peloritani offre inoltre possibilità di nidificazione a specie dell’avifauna rilevanti per la tutela della biodiversità a livello regionale e nazionale quali Aquila chrysaetos, Falco biarmicus ed Alectoris greca withakeri. Anche i laghi di Faro e Ganzirri offrono rifugio ed opportunità trofiche alle specie in migrazione, in particolare agli Uccelli acquatici, e per alcune di esse rappresentano anche dei significativi siti di nidificazione. Da non sottovalutare infine la particolare malacofauna di questi ambienti lacustri che ospita popolazioni talora molto differenziate ed esclusive di questo particolarissimo ecosistema acquatico. Quest’area, che coincide con l’estrema punta nord orientale dell’isola, riveste un notevole significato fitogeografico soprattutto per la presenza di specie rare o endemiche. Inoltre in questa area sono circoscritte alcune associazioni vegetali molto peculiari e specializzate assenti nel resto dell’isola. I popolamenti a Laminariales, così come il popolamento a Cystoseira usneoides, presenti nello Stretto di Messina sono molto particolari e peculiari, legati alle intrinseche caratteristiche idrodinamiche di questo ambiente. Vulnerabilità

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Il sito, non essendo attualmente sottoposto a strette misure di salvaguardia, presenta numerose vulnerabilità legate essenzialmente alla caccia di frodo durante la migrazione, anche se questo fenomeno appare in netta diminuzione rispetto ai decenni precedenti grazie alla meritoria opera delle associazioni ambientaliste. Altro fattore di notevole impatto è rappresentato dagli incendi e dal pascolo, che unitamente all'acclività del territorio, alle pratiche di disboscamento e di coltivazione, determinano sensibili fenomeni erosivi. L'urbanizzazione molto elevata dei territori contermini sia alla dorsale di Antennamare che ai laghi di Capo Peloro determina inoltre fenomeni di frammentazione ed isolamento degli habitat, inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la fauna selvatica. Un ulteriore disturbo deriva dalla pratica della mitilicoltura. Come visibile nelle cartografie del Ministero dell’Ambiente, l’area di progetto non ricade nel Sic ITA 030008 “Laguna di Capo Peloro” da cui dista circa 0,50 km. - ITA03008 “Laguna di Capo Peloro”. (S= 60,25 Ha): [LONGITUDINE E 1 5 3 6 5 6 LATITUDINE3 8 1 5 3 9 W/E (Greenwich)]. comprende i Laghi costieri di grande interesse naturalistico oltre che paesaggistico per essere posti in prossimità di Capo Peloro sullo stretto di Messina. Floristicamente non presentano un particolare interesse, in quanto le piante che si insediano in questa area umida sono in massima parte abbastanza comuni nell’isola. Si tratta perlopiù di elofite, alofite e idrofite, che non costituiscono delle particolari associazioni a causa del forte disturbo antropico e del fatto che la fascia in cui si localizzano è piuttosto stretta e non consente il differenziarsi di cenosi. Dal punto di vista idrogeologico si tratta di un’area depressa con fondali rocciosi frammisti a limo e sabbia alimentata da acque marine attraverso dei canali di collegamento con la riva e da acque meteoriche. Sotto il profilo climatico l’area risulta interessata da un bioclima termomediterraneo subumido con precipitazioni medie annue intorno agli 800 mm e temperature medie annue di 18 °C. Il perimetro comprende aree che rivestono un’importanza strategica nell’economia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nell’ambito del bacino del Mediterraneo. I laghi di Faro e Ganzirri infatti offrono rifugio ed opportunità trofiche alle specie in migrazione, in particolare agli Uccelli acquatici, e per alcune di esse rappresentano anche dei significativi siti di nidificazione. L’area è interessata inoltre da un ampio flusso migratorio di Fringillidi, sia in periodo primaverile che autunnale. Da non sottovalutare infine la particolare malacofauna di questi ambienti lacustri, che ospita popolazioni talora molto differenziate ed esclusive di questo particolarissimo ecosistema acquatico. Sito altamente vulnerabile per l'urbanizzazione molto elevata dei territori contermini, che determina fenomeni di frammentazione ed isolamento degli habitat, inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la fauna selvatica. Sono inoltre in atto ulteriori trasformazioni dell’area umida con riduzione o scomparsa delle sponde naturali. Per i laghi sarebbe auspicabile un ripristino delle fascia ecotonale ed il recupero di alcune aree umide temporanee, non urbanizzate, tra il lago di Ganzirri e il mare. Sarebbe inoltre utile contenere i fenomeni di erosione delle coste e ripristinare la fascia dunale preesistente. L’intervento in oggetto non ricade nel sic ITA030011 "Dorsale Curcuraci – Antennammare”. Da cui dista circa 2,5 km. - ITA030011 “Dorsale Curcuraci, Antennamare” (S = 11.460 Ha): [coordinate al centro LONGITUDINE E 1 5 2 9 4 2 LATITUDINE 3 8 1 2 7] W/E (Greenwich). comprende la dorsale che dallo Stretto di Messina si sviluppa verso SW lungo il dominio peloritano più orientale, che nonostante i fattori di disturbo antropico conserva aspetti floristico-vegetazionali di notevole interesse botanico e paesaggistico. Dal punto di vista geomorfologico-strutturale i Peloritani fanno parte dell’arco Calabro-Peloritano di origine ircinica, costituito essenzialmente da rocce intrusive e metamorfiche di natura silicea. Lungo la costa si rinvengono depositi quaternari rappresentati da sabbie e argille marnose. Sotto il profilo climatico l’area peloritana è caratterizzata da condizioni prettamente oceaniche con precipitazioni medie annue che sui rilievi supera abbondantemente i 1000 mm annui. Le temperature annue si aggirano sui 15-17 °C, signigficativa è inoltre la presenza durante tutto l’anno di un regime di nebbie che ricopre i rilievi più elevati, dovuto all’incontro dei ventui tirrenici con quelli ionici. Ciò favorisce l’istaurarsi di formazioni forestali e arbustive molto peculiari, alcune tipiche dei territori atlantici dell’Europa meridionale. Significativa è infatti la presenza di cespuglieti del

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Calicotomo-Adenocarpetum commutati e di pinete del Cistocrispi-Pinetum pinee, associazioni entrambe endemiche dei Peloritani le quali risultano legate a un clima tipicamente oceanico. Fra le formazioni boschive risultano particolarmente diffuse l’Erico-Quercetum virgilianae, il Teucrio-Quercetum ilicis e il Doronico-Quercetum suberis. Nella fascia costiera si rinviene, limitatamente ai substrati sabbiosi, una associazione dei Malcolmetalia, rappresentata dall’Anthemido-Centauretum conocephalae in Sicilia esclusiva di questa area. Un’altra associazione molto peculiare a carattere termo-xerofilo esclusiva del litorale di Messina è il Tricholaeno-Hyparrhenietum hirtae. Quest’area, che coincide con l’estrema punta nord orientale dell’isola, riveste un notevole significato fitogeografico soprattutto per la presenza di specie rare o endemiche. Inoltre in questa area sono circoscritte alcune associazioni vegetali molto peculiari e specializzate assenti nel resto dell’isola. Il perimetro comprende aree che rivestono un’importanza strategica nell’economia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nell’ambito del bacino del Mediterraneo. Il sito, insieme allo Stretto di Gibilterra ed al Bosforo, rappresenta una delle tre aree in cui nel Mediterraneo si concentrano i flussi migratori, soprattutto in periodo primaverile. Dallo stretto di Messina transitano infatti da 20.000 a 35.000 esemplari appartenenti a numerose specie di Uccelli, soprattutto Rapaci, alcune delle quali molto rare e/o meritevoli della massima tutela. La dorsale dei Monti Peloritani offre inoltre possibilità di nidificazione a specie dell’avifauna rilevanti per la tutela della biodiversità a livello regionale e nazionale quali Aquila chrysaetos, Falco biarmicus ed Alectoris greca withakeri. Anche la fauna invertebrata riveste un notevolissimo interesse per la presenza di numerosi endemismi siculi e di specie rare e stenotope. Il sito, non essendo attualmente sottoposto a strette misure di salvaguardia, presenta numerose vulnerabilità legate essenzialmente alla caccia di frodo durante la migrazione, anche se questo fenomeno appare in netta diminuzione rispetto ai decenni precedenti grazie alla meritoria opera delle associazioni ambientaliste. L’intera area, nella quale attualmente si rinvengono specie vegetali di elevato interesse fitogeografico e aspetti vegetazionali ancora ben conservati di notevole valore naturalistico e paesaggistico, è soggetta a elevati rischi ambientali dovuti al disboscamento e alle attività agricole. Altro fattore di notevole impatto è rappresentato dagli incendi e dal pascolo, che unitamente alla acclività del territorio sono responsabili di evidenti fenomeni erosivi. L’urbanizzazione molto elevata dei territori contermini alla dorsale di Antennamare determina inoltre fenomeni di frammentazione ed isolamento degli habitat, inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la fauna selvatica. L'area oggetto di studio non si trova in prossimità di altre aree protette siciliane. L'area protetta più estesa nella provincia di Messina è il Parco dei Nebrodi, istituito il 4 agosto del 1993, ubicato nel cuore della catena montuosa dei monti Nebrodi, ha un'estensione di 85.687 ettari, dista circa 100 km dall’area di progetto. La seconda area protetta più importante nella provincia di Messina è il Parco Fluviale dell'Alcantara, indicato anche come Sito d'interesse comunitario (ITA 030036), nel versante ionico, istituito nel 2001, al posto della preesistente Riserva Naturale, ha un'estensione di 1927,48 ettari, perimetra gran parte del bacino idrografico del fiume Alcantara, dista da dall’area di progetto circa 70 km. Le aree protette della provincia di Messina più vicine al sito oggetto di studio sono: - La Riserva Naturale Orientata di Fiumedinisi e M.Scuderi, (Sic ITA 030010),sul versante ionico, istituita il 10 dicembre del 1998, ha un'estensione di 3.543,75 ettari, dista circa 15 km. - La Riserva Orientata del bosco di Malabotta (Sic ITA030005), sui monti Nebrodi, istuita il 25 Luglio 1997, ha un'estensione di 3.221,97, dista dall’area di progetto circa 30km. Nel continente l'area protetta più vicina, con cui solo l'avifauna può collegarsi, è il Parco Nazionale dell'Aspromonte, istituito nel 1989, che ha un'estensione di 78.520 ettari.

ANALISI DELLE SOLUZIONI ALTERNATIVE Nelle analisi ambientali vanno sempre considerate le soluzioni alternative di progetto:

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. l’alternativa di non procedere con il progetto sotto alcuna forma (non realizzazione o “alternativa zero” o “opzione zero”) dovrebbe essere sempre considerata, in quanto ciò costituisce una base di confronto per i cambiamenti risultanti dai differenti modi di realizzare l’opera; . le alternative possono riguardare vari aspetti dell’opera, per esempio inerenti la sua localizzazione, dimensioni, temporizzazione; . la gamma delle alternative disponibili cambierà con i differenti stadi della strategia, della pianificazione e delle decisioni progettuali inerenti l’attività in esame; . per alcuni obiettivi del progetto possono non esserci alternative oltre quella di non procedere alla realizzazione. Nel caso in esame le alternative da considerare, in base alle caratteristiche del progetto sono essenzialmente rappresentate: . dall’alternativa di non procedere con il progetto o di limitarlo; . dall’adozione di misure per la minimizzazione degli effetti negativi; mentre appare evidente che non sono perseguibili alternative di localizzazione, ad eccezione di prescrizioni sui tempi di interventi ed eventualmente sull’impiego di materie prime. L'ipotesi del non-intervento, tenuto conto che nell’area in esame, secondo il vigente strumento urbanistico, è possibile realizzare le strutture in progetto, dovrebbe essere imposta solo in presenza di altri vincoli di inedificabilità assoluta, introdotti da leggi o regolamenti successivi all’approvazione del piano regolatore. A questo proposito è bene precisare che la perimetrazione della ZPS non rappresenta una condizione di vincolo di inedificabilità, ma definisce la necessità di valutare l’incidenza dei piani o progetti rispetto alle esigenze di mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat tutelati. Una limitazione dell’intervento, in atto, non risulta proponibile, dato che già la proposta di pianificazione urbanistica è condizionata dalle prescrizioni urbanistiche, per quanto riguarda tipologia e altezza massima degli edifici. Pertanto, le misure alternative o di limitazione dell’intervento, che in qualunque caso potranno essere previste a seguito dello sviluppo dello studio ambientale, sono relative agli interventi per minimizzare gli effetti negativi, all’eventuale applicazione di misure di compensazione o in alternativa alla limitazione dell’intervento. Le misure di compensazione vanno attuate prima o al limite contestualmente alla realizzazione degli interventi in progetto e in aree il più possibile vicine alla zona che subisce incidenza. Si tratta, per riportare qualche esempio, di operazioni, quali:  la creazione di una porzione di habitat su un sito nuovo o ampliato, proporzionata all’area che viene persa o intaccata; “restaurazione biologica” di un sito con parametri di conservazione al di sotto dei parametri richiesti.

PRESSIONE ANTROPICA E SUE FLUTTUAZIONI Il territorio del comune di Messina ha una superficie di 211,23 kmq; dai dati ISTAT degli ultimi 2 censimenti (1991 e 2001), la popolazione residente ha avuto un incremento del 8,8%; passando dai 231.693 abitanti nel 1991 (con una densità per kmq di 1096,8 abitanti), ai 252.026 residenti nel 2001. In valore assoluto l'aumento di residenti dal 1991 al 2001 è stata di 20.333, pari ad una densità di 1193,1 abitanti per chilometro quadrato. Dai dati dell'Urps (Unione Regionale delle province Siciliane) aggiornati al 31/12/2003, la popolazione residente nel Comune di Messina ha subito una lieve flessione, scendendo dell'1,35 %, passando così dai 252.026 ab. (nel 2001) ai 248.616 ab. (al 31/12/03), con una densità di 1176,9 ab. per kmq. Dai dati ISTAT aggiornati al 2009, la popolazione residente nel Comune di Messina ammonta a 242.864 ab., con una densità di 1149 ab per kmq, quindi si conferma la continua flessione della popolazione residente, con un decremento di 5.752 ab. che corrisponde ad una diminuzione in termini percentuali di un ulteriore 2,3 % rispetto al 2003. In definitiva dal 1991 al 2009 c'è stato un incremento di popolazione nel territorio comunale di 11.171 unità, pari ad un incremento del 4,82 %.

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Nei 211,23 kmq del territorio comunale, la distribuzione dei flussi antropici è disomogenea, le maggiori concentrazioni sono soprattutto a ridosso dell'area metropolitana, mentre tende a spopolarsi l'area collinare dell'entroterra comunale. L´informazione storica, nell´ultimo decennio, fornisce numerosi spunti di riflessione sulle trasformazioni demografiche, economiche e sociali, vissute dalla città negli ultimi anni. La città di Messina, analogamente a quanto succede in altre importanti città italiane, ha una popolazione residente in continua diminuzione. Al 31 dicembre 2010 la popolazione della città di Messina era pari a 242504 persone, registrando un decremento del 3.78% rispetto alla popolazione legale dichiarata al censimento del 2001 (252.026 persone). In particolare, nella città dello Stretto, la tendenza al decremento subisce un rallentamento a partire dal 2007 facendo registrare nell´ultimo anno un -0.15% del 2010 rispetto al 2009. Per Messina i residenti ammontano a 243.362 censimento 2011. Si evidenzia un'espansione demografica nelle zone periferiche della città (zona nord e sud), che comporta indubbiamente un aumento della pressione antropica sugli ecosistemi della ZPS ITA 030042. Per tali motivi occorrerà verificare attentamente l'incidenza sugli habitat e sulla fauna, con particolare riferimento all'avifauna, causata dai vari insediamenti antropici nel territorio del sito Natura 2000.

Fig. 1 Evoluzione demografica dei residenti nel Comune di Messina dal 1861 al 2011 (Fonte ISTAT – elaborazione grafica a cura di Wikipedia)

Il progetto oggetto di studio, non comporterà un incremento di pressione antropica oltretutto il progetto si inserisce in un contesto già antropizzato, per cui l’incidenza che si prevede è poco significativa.

ALTERAZIONI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI DERIVANTI DAL PROGETTO Il progetto in oggetto, è stato elaborato nel rispetto di tutte le normative ambientali vigenti, al fine di non recare alterazioni significative alle componenti ambientali del territorio interessato.

USO DELLE RISORSE . Secondo i dati pubblicati dalla Regione Sicilia (riferiti all’anno 1999 desunti dalla “Rilevazione dei sistemi depurativi e fognari dei Comuni” svolta dall’Assessorato Territorio e Ambiente), il volume di acqua complessivamente immesso nella rete idrica in 254 Comuni rilevati nel 1999 è stato di 401.369.401 m3/anno mentre quello fatturato in 211 Comuni ammonta a 224.387.379 m 3. Per la popolazione residente nei Comuni che hanno risposto alla rilevazione, il volume pro-capite immesso nella rete idrica ammonta a 113 m3/anno e quello fatturato a 71 m3/anno. Il secondo dato ci

19 dice che, in pratica, nell’anno di riferimento, in 211 Comuni della Sicilia, sono stati consegnati all’utenza 195 litri per abitante al giorno in media. Nel Comune di Messina il numero degli utenti per l’anno 2000 è stato di circa 73.500 con 22 milioni di metri cubi consumati. Quindi nell’anno di riferimento, sono stati consegnati all’utenza 299,32 mc per abitante all’anno in media, (Dati comunali relativi all’anno 2000) equivalenti a 820 litri per abitante al giorno in media.

PRODUZIONE DI EMISSIONI O RIFIUTI La Direttiva 2008/98/CE definisce rifiuto: la sostanza o l’oggetto di cui il detentore vuole disfarsi, non prevedendo una riutilizzazione diretta, sono quindi espressamente esclusi dalla normativa comunitaria i materiali derivati da demolizioni, così come le rocce e le terre ottenute dai procedimenti di scavo. La Direttiva comunitaria tratta anche il caso dei rifiuti che cessano di essere tali se comunemente usati per scopi specifici. In questo caso il legislatore europeo richiede l’esistenza di una domanda di mercato per questo tipo di materiali, così come il rispetto della normativa vigente e dei valori limite per la presenza di sostanze inquinanti. Per quanto riguarda le terre di scavo, in base alla normativa europea, non possono quindi essere classificata come rifiuto, posizione che è già costata al’Italia una condanna per la violazione della Direttiva 74/442/CE, confermata dalla sentenza C 194/2005 della Corte di Giustizia Europea. L’Unione Europea esclude dall’ambito di applicazione della nuova normativa sui rifiuti i terreni, comprendendo anche i suoli contaminati e gli edifici collegati permanentemente al terreno. Non sono contemplati tra i rifiuti neanche i materiali naturali escavati durante il corso delle attività di costruzione se è certo il loro riutilizzo. Restano fuori dalla Direttiva anche i materiali di risulta derivanti da prospezione, trattamento e ammasso di risorse minerali. Così come quelli generati dallo sfruttamento delle cave o dalle attività delle industrie estrattive. In questi casi non si parlerà di rifiuti, ma di sottoprodotti. A patto che sia certo il loro riutilizzo, che le sostanze possano essere usate direttamente, senza ulteriori trattamenti, e che siano soddisfatti tutti i requisiti per la protezione della salute e dell’ambiente. Eventuali rifiuti solidi urbani prodotti durante la fase di costruzione delle opere e nella successiva fase a regime saranno smaltiti in discariche autorizzate nel rispetto della normativa vigente in materia. La morfologia del terreno è caratterizzata da andamento debolmente acclive (10-12%), pertanto non ci saranno brusche variazioni di quote, non si potranno innescare fenomeni di erosione, di dissesto idrogeologico superficiale e profondo, in considerazione anche dei terrazzamenti con dislivelli non superiori a 2 metri che saranno realizzati.

RISCHIO INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E LE TECNOLOGIE UTILIZZATE Le opere in oggetto rispetteranno totalmente il regolamento edilizio vigente, e tutte le normative in vigore nei settori igienico-sanitari, di sicurezza antinfortunistica, di sicurezza degli impianti e di sicurezza statica, al fine di evitare rischi per la salute e rischi di incidenti per le maestranze impiegate nella realizzazione dell'opera e per i residenti delle aree limitrofe. Per quanto riguarda la possibilità di incidenti di rilievo ambientale, determinato da sostanze e tecnologie utilizzate, si osserva che non si prevedono situazioni di rischio.

VINCOLI PAESAGGISTICI, URBANISTICI, AMBIENTALI E FORESTALI L’area oggetto d’intervento come si evince dalla cartografia allegata della Tavola D1 Vincoli del PDG, ed è soggetta ai seguenti vincoli:  Zona di Protezione Speciale ITA 030042; L’area di progetto non è sottoposta ai seguenti vincoli:  Zone Archeologiche 20

 Territori compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare ai sensi dell’art 142 del D. lgs. 42/2004.  Corsi d'acqua e relative sponde per una fascia di m. 150 ai sensi dell'art. 142, lett. c), D.Lgs. 42/2004  Legge 431/85;  Zone panoramiche a valle della circonvallazione;  Zone cimiteriali;  Inceneritori;  Depuratori;  Discarica RSU;  Discarica inerti;  Linee d’arretramento  Sic ITA030011 Dorsale Curcuraci Antennamare;  Vincolo idrogeologico ai sensi del R.D. 3267/1923  Territori coperti da foreste e boschi ai sensi dell'art. 142, lett. g), D.Lgs. 42/

VALUTAZIONE DELLA SIGNIFICATIVITÀ DELL’INCIDENZA Questa fase prevede la verifica della significatività dell’impatto del progetto in esame rispetto alle esigenze di conservazione e di salvaguardia del sito. A tale scopo si è resa necessaria l’adozione di un set di indicatori, che possiamo definire di perturbazione e degrado, al fine di rendere possibile una valutazione della significatività dell’incidenza dei potenziali cambiamenti che potrebbero intervenire nell’area della ZPS in seguito alla realizzazione della lottizzazione in oggetto. In linea generale la valutazione della significatività si basa su fattori uguali o simili a quelli elencati di seguito:  le caratteristiche e il valore percepito dell’ambiente colpito;  la significatività, la diffusione spaziale e la durata del cambiamento previsto;  la capacità dell’ambiente di resistere al cambiamento; 21

 l’affidabilità delle previsioni relative ai possibili cambiamenti;  la disponibilità di politiche, programmi, piani, ecc. utilizzabili come criteri;  l’esistenza di standard ambientali in base ai quali valutare una proposta (p.es. norme per la qualità dell’aria o dell’acqua);  il grado d’interesse e di relazione dell’opinione pubblica con le risorse ambientali in causa e le problematiche associate alla proposta di progetto;  le possibilità di mitigazione, sostenibilità e reversibilità. Tutto ciò presuppone l’esistenza di appropriati studi di riferimento che siano in grado di definire lo stato dell’ambiente nell’area d’interesse progettuale nella fase ante operam, ossia prima della realizzazione delle opere in oggetto, anche tramite l’ausilio di carte topografiche, carte tematiche e fotografie aeree che possono servire a prevedere e valutare eventuali cambiamenti futuri, nella fase post operam, negli ecosistemi della zona. Nel caso della Rete Ecologica Siciliana, una fonte importante di dati cartografici è rappresentata dalla Carta Natura redatta dall’ARTA Regione Sicilia – Dipartimento Territorio ed Ambiente - Servizio 6 – Protezione Patrimonio Naturale. Nel caso della ZPS ITA 030042“Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello Stretto di Messina” è stato realizzato il Piano di Gestione “Monti Peloritani” redatto dalle società di consulenza ambientale “Agristudio” srl e Temi srl; questo documento, è in grado di fornire delle indicazioni dettagliate “di partenza” a proposito della consistenza, delle caratteristiche delle specie e degli habitat più importanti presenti. Gli indicatori selezionati in questa fase sono stati identificati sulla base dei dati scientifici contenuti nel Piano di Gestione di cui sopra, oltre che da un'indagine eseguita in sito, dall’analisi di altri casi analoghi ed in base allo studio dei potenziali effetti del progetto sull’area protetta. Nell’ambito della valutazione dell’incidenza in habitat appartenenti ad un sito della rete Natura 2000, l’uso di opportuni indicatori deve rispondere a due esigenze fondamentali di informazione: - se la superficie occupata dall’habitat è stabile o no; - se la struttura e le funzioni specifiche necessarie al mantenimento a lungo termine dell’habitat sono presenti e se ne è prevedibile la loro presenza in un futuro.

Tipo di incidenza Indicatore

Perdita di aree di habitat Percentuale di perdita di habitat all’interno del sito Frammentazione Distruzione Grado di frammentazione, di distruzione e di perturbazione Perturbazione Densità della popolazione Entità del calo stimato nelle popolazioni delle varie specie Qualità dell’ambiente Rischio stimato di inquinamento del sito rispetto alle componenti: aria, acqua e suolo La guida metodologica alle disposizioni dell’art. 6 della Direttiva Habitat prevede che a seguito del livello 1 (Screening), nel caso in cui sia stata evidenziata la probabilità che si verifichino effetti significativi, ovvero che non è possibile escludere tali effetti, è necessario passare ad una fase di ulteriore approfondimento. In considerazioni della tipologia progettuale oggetto di studio, dalla fase preliminare di screening è ipotizzabile che dalla realizzazione dell’opera potrebbero scaturirsi effetti negativi sugli habitat, sulla fauna, con particolare riferimento all’avifauna, dell’area oggetto di studio. Pertanto occorre proseguire nel successivo livello 2 di valutazione (Valutazione appropriata dell'incidenza) al fine di quantificare la magnitudo di questi potenziali impatti ed escludere con certezza eventuali rischi irreversibili per la struttura, le funzioni e gli obiettivi di conservazione della ZPS ITA030042.

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3 VALUTAZIONE APPROPRIATA DELL'INCIDENZA

CARATTERISTICHE AMBIENTALI ABIOTICHE E BIOTICHE DELL’AREA OGGETTO DI STUDIO

CENNI GEOMORFOLOGICI L’area in oggetto di studio è ubicata a Ganzirri, nel comune di Messina. In cartografia ufficiale (Carta d’Italia in scala 1:25.000 IGM) l’area ricade l’area ricade nella tavoletta “Ganzirri” del Foglio n. 254, Quadrante IV, Orientamento N. E. corrispondente alla CTR Scala 1:10000 Tavola 588120 (Ganzirri). Il terreno oggetto d’intervento, è posto in posizione limitrofa alla via Nuova Panoramica dello Stretto, dalla quale ha accesso diretto, e costeggiato altresì dalla via comunale Salita Ingegneri che collega con la via Lungo Lago. Il terreno dista circa 400 metri dalla riva sinistra del Pantano Grande di Ganzirri ed 800 mt dal torrente Papardo. Il terreno ricade in catasto al foglio 43 particelle n. 217 – 238 – 263 – 216. I lineamenti morfologici del territorio in oggetto sono legati da un lato alle recenti crisi neotettoniche, responsabili del generale sollevamento dell’area, dall’altro alla natura litologica ed alle qualità meccaniche e strutturali delle formazioni affioranti, in relazione alla resistenza che queste sono in grado di opporre agli agenti erosivi. Ne deriva, nell’insieme, un assetto morfometrico composito il cui motivo dominante è rappresentato da rilievi collinari - montuosi piuttosto aspri ed accidentati, specie in corrispondenza degli affioramenti lapidei, in cui tuttavia le zone scoscese, caratterizzate da versanti piuttosto acclivi, si alternano ad ampie spianate strutturali o di terrazzo. L’aumento maggiore di acclività si registra in prossimità dei fossi di ruscellamento o nei tratti di testata degli stessi i quali solcano i versanti in una rete di piccoli corsi d’acqua, generalmente incassati nelle masse litoidi circostanti. Questi corsi d’acqua, dal profilo d’equilibrio giovanile e dal carattere spiccatamente torrentizio, rappresentano il principale agente morfogenetico attivo ed esplicano intense azioni erosive con il conseguente abbassamento del proprio livello di base, pur concentrando la propria attività in limitati periodi dell’anno. L’assetto morfometrico dell’area è strettamente legato alla natura litologica dei terreni affioranti, oltre che all’azione modellatrice degli agenti esogeni, segnatamente le acque incanalate, le quali incidono più o meno profondamente la superficie topografica esercitando un’intensa erosione di fondo in prossimità di fossi di ruscellamento concentrato. La natura prevalentemente sabbiosa delle formazioni affioranti, determina nella zona una morfologia poco accentuata di tipo collinare, la quale fa’ da raccordo tra le prime propaggini cristalline dei Monti Peloritani, e la recente piana costiera terrazzata di origine fluvio marina prossima al litorale. Il sito in esame, ad una quota compresa di circa 62-72 m. s.l.m., Orograficamente il terreno presenta un andamento a gradoni naturali con leggero pendio (circa 10-12%) verso il Pantano Grande di Ganzirri, rispetto al quale si trova, oltre che a quota più elevata, ad una distanza di circa 400 metri. L’area circostante risulta urbanizzata e non si evince la presenza di processi morfogenetici generalizzati e profondi. Altro elemento caratteristico dell'area in esame è rappresentato dalla presenza di due laghetti denominati Pantano Grande e Pantano Piccolo i quali rappresentano gli ultimi relitti degli acquitrini che un tempo occupavano gran parte dell'intero settore. Il Pantano Grande, in particolare, si trova ubicato nelle vicinanze del sito in esame ed è in comunicazione con il mare direttamente per mezzo di un canale. Il tratto di pianura indagata si presenta moderatamente terrazzata o prevalentemente sub- pianeggiante con un'altimetria limitata. In considerazione dell'andamento pianeggiante dell'intera area, non si rilevano processi morfogenetici in atto di alcuna natura né‚ tantomeno, risulta ipotizzabile il sostanziale turbamento degli equilibri esistenti, inoltre, la zona è densamente urbanizzata.

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L’area in esame risente prevalentemente delle condizioni geomorfologiche e meteo-marine dello Stretto di Messina, e risulta caratterizzata dal seguente quadro morfo-idrografico: - ristretta fascia costiero-alluvionale e versanti ad elevata acclività, che a circa 4 - 5 Km dalla attuale linea di costa raggiungono la linea di spartiacque versante ionico/versante tirrenico, data dalla congiungente Pizzo Sambuco (quota 1075 m s.l.m.)-Dinnamare (1127 m) – M.te Ranchiglia (706 m)-M.te Ciccia (609 m); - rete idrografica con torrenti ravvicinati, a sviluppo sostanzialmente rettilineo e breve (lunghezza asta principale Lp < 10 Km) , superfici di drenaggio modeste (S < 10 Km 2), elevata pendenza longitudinale degli alvei (p > 10 %), tempi di corrivazione generalmente inferiori a 1 ora; - erodibilità intrinseca elevata per gran parte dei terreni affioranti (depositi sedimentari “postorogeni” o substrato cristallino intensamente fratturato e sconnesso) ed attività erosiva intensa con arretramento della testata degli impluvi, indotto dalla tendenza continua al sollevamento della catena in tempi post-miocenici e forse ancora in atto; - elevata aggressività delle piogge e altezze massime delle precipitazioni concentrate in un giorno dell’ordine di 200 - 300 mm, che rappresentano condizioni di picco per la Sicilia. L’assetto geomorfologico è controllato strettamente dall’evoluzione tettonica recente dell’area, la cui attività delle strutture geologiche determina la formazione ed evoluzione di

24 morfostrutture.

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CENNI GEOLOGICI Il sito in esame è interessato dalla cosiddetta Formazione delle sabbie e ghiaie di Messina, la quale affiora diffusamente lungo l’intera area prospiciente lo Stretto di Messina, ed è visibile in corrispondenza dei numerosi tagli esistenti, sia essi naturali che artificiali (sbancamenti, cave, ecc.) ed in corrispondenza dei numerosi terrazzi che circondano il sito in esame. Dal punto di vista litologico la suddetta formazione in posto è costituita da terreni granulari fortemente addensati composti da sabbie frammiste a ghiaie con passaggi talora a veri e propri conglomerati a cemento calcareo. I livelli sabbiosi presentano una colorazione bruno giallastra, sono costituiti da elementi arrotondati essenzialmente quarzoso micacei e risultano prevalenti rispetto a quelli ghiaiosi i quali si rilevano in straterelli decimetrici. Questi ultimi sono a loro volta costituiti da elementi ben arrotondati e mostrano composizione granitica, gneissica, quarzosa, arenacea. L'immersione degli strati è variabile pure se prevale una certa componente in direzione dell'asse dello Stretto con valori piuttosto contenuti di pendenza. La disposizione clinostratigrafica dei vari livelli indica, in modo inequivocabile, condizioni di sedimentazione in facies deltizia o di conoide sottomarina legate agli apporti delle fiumare che evidentemente, anche in passato, dovevano possedere un assetto analogo a quello attuale.

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CENNI SULLA SISMICITÀ L’attuale fisiografia dell’area peloritana è legata all’azione di faglie prevalentemente normali connesse all’evoluzione recente dei margini collassati del bacino tirrenico e ionico, alla formazione dello Stretto di Messina e alla tendenza continua al sollevamento della catena in tempi post-tortoniani. La struttura tettonica dell’area dello Stretto di Messina è caratterizzata sia in terraferma sia in mare da un tipico stile di faglie normali e verticali, collegate a diverse direttrici principali, fra le quali quelle NNE-SSW sono certamente le più antiche, mentre i lineamenti E-W, N-S e NW- SW sono di età quaternaria (post-Formazione di Messina) e probabilmente ancora attive. La costa ionica messinese costituisce una delle aree italiane a maggiore potenziale sismogenetico sede di terremoti che hanno raggiunto intensità I = 11 MCS, pari a magnitudo Ms = 7,1 (28-12- 1908); Le analisi sulla distribuzione degli eventi sismici recenti (1978-1997) definiscono nell’area dello Stretto di Messina un addensamento di epicentri sulla fascia costiera siciliana, in corrispondenza del sistema strutturale posto in relazione all’attività sismica del 1908 e sul versante calabrese in corrispondenza del sistema strutturale “Reggio Calabria”. Questo addensamento rappresenta la porzione centrale di un più generale sistema di allineamento di epicentri dal Tirreno allo Ionio con direzione NW-SE.

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CENNI METEO-CLIMATICI E BIO-CLIMATICI Il clima della Sicilia è definito di tipo “mediterraneo”. Dal punto di vista pluviometrico il clima può essere considerato alterno, poiché il 75% delle piogge si concentra nel semestre autunno-inverno (con il 70% di giorni piovosi) e solo il 5% cade nel trimestre giugno-agosto. L’aridità risulta quindi elevata. Il clima del territorio peloritano è fortemente influenzato dall’orografia, ed in particolare dalla catena montuosa a ridosso della costa, cui si collegano l’effetto barriera nei confronti delle correnti aeree provenienti dal Tirreno e dallo Ionio, l’azione mitigatrice del mare relativamente alla temperatura, la variabilità nei caratteri pluviometrici e termometrici nelle diverse fasce altimetriche che decorrono parallelamente allo sviluppo della catena. In base alla media trentennale di riferimento (1961-1990) per l'Organizzazione Mondiale della Meteorologia, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +12,2 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di circa +26,7 °C. Da segnalare, la temperatura media annua superiore ai +18,5 °C, che costituisce uno dei valori più elevati di questo parametro nell'intero territorio nazionale italiano. Nel medesimo trentennio, la temperatura minima assoluta ha toccato i +0,2 °C nel gennaio 1962 (media delle minime assolute annue di +3,6 °C), mentre la massima assoluta ha fatto registrare i +40,2 °C nel luglio 1987 (media delle massime assolute annue di +35,5 °C). La nuvolosità media annua si attesta a 4 okta giornalieri, con minimo di 1,9 okta a luglio e massimo di 5,4 okta a gennaio. Le precipitazioni medie annue superano gli 800 mm, distribuite mediamente in 87 giorni, con minimo estivo e picco in autunno-inverno. L'umidità relativa media annua fa registrare il valore di 68,9% con minimo di 63% a luglio e massimo di 74% a dicembre. L'eliofania assoluta media annua si attesta a 6,8 ore giornaliere, con massimo di 10,7 ore giornaliere a luglio e minimo di 3,6 ore giornaliere a dicembre. La pressione atmosferica media annua normalizzata al livello del mare è di 1015,3 hPa, con massimo di 1017 hPa ad ottobre e minimo di 1013 hPa ad aprile. Il vento presenta una velocità media annua di 3,8 m/s, con minimi di 3,4 m/s a luglio e ad agosto e massimi di 4,2 m/s a marzo e ad aprile; le direzioni prevalenti sono di maestrale tra dicembre ed aprile, di grecale tra maggio e settembre, di libeccio ad ottobre e a novembre. In base alle medie climatiche del periodo 1971-2000, la temperatura media dei mesi più freddi, gennaio e febbraio, è di +12,3 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +27,4 °C; mediamente si contano zero giorni di gelo all'anno e 42 giorni con temperatura massima uguale o superiore ai +30 °C. I valori estremi di temperatura registrati nel medesimo trentennio sono i +0,7 °C del marzo 1987 e i +43,6 °C del luglio 1998. Le precipitazioni medie annue si attestano a 847 mm, mediamente distribuite in 87 giorni di pioggia, con minimo in estate, picco massimo in inverno e massimo secondario in autunno. L'umidità relativa media annua fa registrare il valore di 69,1 % con minimi di 64 % a giugno e a luglio e massimo di 74 % a novembre; mediamente si contano zero giorni di nebbia all'anno. Nel cinquantennio esaminato 1951 ad oggi, la temperatura minima assoluta ha toccato gli 0,0 °C nel febbraio 1956, mentre la massima assoluta raggiunta è stata di +43,6 °C nel luglio 1998.

CENNI IDROGEOLOGICI Il complesso assetto geostrutturale della catena peloritana e le caratteristiche litologiche delle rocce si traducono in una distribuzione disomogenea delle risorse idriche sotterranee. I terreni affioranti presentano notevoli differenze di comportamento idraulico nei confronti dell’infiltrazione delle acque meteoriche. La permeabilità della successioni rocciose dei Monti Peloritani possono essere così distinte:  terreni a permeabilità elevata per porosità: depositi alluvionali di fondovalle e delle pianure costiere, conoidi di deiezione;  terreni a permeabilità medio-alta per porosità e/o fessurazione: sabbie e ghiaie di Messina, calcareniti e sabbie, depositi evaporitici;

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 terreni a permeabilità media per fessurazione e/o per porosità: alternanza arenaceo- argillosa, conglomerato Rosso, conglomerati della Fm. Stilo-Capo d’Orlando, metamorfiti di medio-alto grado, successioni carbonatiche mesozoiche;  terreni a permeabiltià medio-bassa per porosità e/o fessurazione: depositi fluvio-marini terrazzati, alternanza argilloso-arenacea della Fm. Stilo-Capo d’Orlando, metamorfiti di basso grado;  terreni a permeabilità molto bassa: argille marnose azzurre, trubi, diatomiti e marne, argille variegate  Le falde di maggiore interesse sono contenute nei depositi alluvionali di fondovalle delle fiumare, sotto forma di corpi idrici indipendenti. Le aree di alimentazione sono rappresentate dai bacini imbriferi dei vari corsi d’acqua; essendo questi costituiti per la maggior parte da rocce con permeabilità localizzata e discontinua, gli spartiacque idrografici assumono il significato di limiti di idrostrutture indipendenti. I terreni indagati, vista la natura granulare, sono dotati di permeabilità primaria o per porosità definibile di medio-alto grado e variabile in funzione del volume dei vuoti e quindi della granulometria. A questi materiali corrisponde un coefficiente di permeabilità valutabile nell’ordine di K > 10-3 cm/sec. I terreni di cui trattasi sono quindi caratterizzati da moti di filtrazione, specie nei livelli a granulometria maggiore, piuttosto veloci per cui, durante la fase di carico, si verifica il repentino drenaggio dell’acqua interstiziale. Ciò determina il rapido trasferimento delle tensioni indotte dalla fase fluida allo scheletro solido nei normali tempi di applicazione delle stesse riducendo pertanto la potenzialità di cedimenti differenziali o di consolidazione. Nell’area in studio la falda di acqua dolce è sostenuta dall’acqua salmastra, per limite di densità, con facilitati rimescolamenti accentuati dalla posizione areale di ubicazione del sito. Il deflusso sotterraneo è dato grossolanamente da superfici equipotenziali piane, con modulo di spaziatura decrescente verso mare e con un gradiente idraulico notevolmente basso, per cui si registra un decremento progressivo della profondità della falda, che si mantiene presumibilmente coincidente con il livello del mare e con il quale viene a fondersi intimamente in prossimità della battigia. L’interfaccia acqua dolce/salata è in equilibrio naturale. Da notizie raccolte sul luogo, la falda idrica si trova ad una profondità maggiore di 50 m ininfluente ai fini geotecnici. Il chimismo delle acque sotterranee dell’acquifero alluvionale è influenzato dalla presenza degli insediamenti abitativi e delle alcune attività produttive.

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Nelle acque prevale la facies cloruro-solfato alcalino terrosa, con marcata tendenza verso le acque miste. Il contenuto in cloruri varia da 75 mg/l nei depositi alluvionali saturi. I nitrati invece possiedono una concentrazione di circa 20-40 mg/l. L’acquifero presente nel settore è caratterizzato geochimicamente da acque di tipo bicarbonato-alcalino terrose e clorurato solfato alcalino terrose. La specie dominante è rappresentata dal calcio, quindi la differenziazione in acque bicarbonato e clorurato solfato è verosimilmente dovuto ad un apporto antropico, probabilmente concimi chimici, supportato dalle maggiore concentrazioni di ione ammonio, nitrato, solfato e potassio riscontrabili in diversi punti di questo settore di area metropolitana. Mediamente la conducibilità, cloruri e solfati ricadono nella seconda classe dello stato qualitativo, i nitrati ricadono nella terza classe, mentre manganese, ferro, e ammonio ricadono nella prima classe. La carta della vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi nell’area peloritana redatta da Ferrara (1999) si basa sui seguenti parametri di valutazione: falda libera senza alcuna protezione in depositi alluvionali (la vulnerabilità è nell’insieme estremamente elevata in relazione all’alta permeabilità dei depositi ed alla limitata soggiacenza delle falde, particolarmente lungo il fondo valle dei corsi d’acque, nonché ai frequenti rapporti con i deflussi superficiali, che si realizzano anche in corrispondenza delle fasce costiere)  rete acquifera in calcari fessurati e calcareniti (la vulnerabilità è elevata nelle aree di affioramento delle calcareniti organogene e dei calcari evaporitici, altamente permeabili per fessurazione ed anche per porosità, con soggiacenza delle falde generalmente limitata a poche decine di metri. Il grado di vulnerabilità si attenua laddove gli acquiferi soggiacciono a terreni impermeabili in relazione alla loro immersione verso la costa; esso permane tuttavia alto per la rapida diffusione degli eventuali inquinanti e la limitata dimensione degli acquiferi).  livelli acquiferi in sedimenti sabbioso-argillosi e in conglomerati a matrice sabbioso-limosa (le modalità di circolazione idrica di questi complessi litologici limita generalmente il grado di vulnerabilità degli orizzonti acquiferi in essi contenuti; questo può elevarsi laddove prevale la permeabilità per fessurazione, che consente una più rapida diffusione degli inquinanti  complesso metamorfico di grado medio-alto (la vulnerabilità risulta elevata in presenza di accentuata 31

fratturazione delle rocce ed in corrispondenza delle coperture detritiche e di alterazione, dove spesso si realizza una circolazione idrica molto superficiale. a maggiore profondità dal piano campagna l’esistenza nell’ammasso roccioso di fratture serrate riduce notevolmente la circolazione idrica e abbassa il grado di vulnerabilità, che nell’insieme viene quindi definito medio)  corpi idrici multifalda (il tipo di circolazione idrica, discontinua e variabile in relazione alla diversa permeabilità dei componenti i complessi eterogenei di tipo flyschioide o a questo assimilabili, comporta un grado di viulnerabilità medio-basso, tenuto conto della protezione esercitata dagli strati impermeabili nei confronti dei livelli acquiferi contenuti negli orizzonti arenacei più permeabili)  rete acquifera in terreni prevalentemente carbonatici (la circolazione idrica lungo il sistema di fratture originato dalla tettonizzazione risulta spesso limitato dalla presenza di materiali pelitici di riempimento e da materiali cataclastici. Tali condizioni, unitamente alla scarsa estensione e continuità degli affioramenti, non consente l’esistenza di corpi idrici di interesse. La vulnerabilità risulta complessivamente bassa, anche se localmente può elevarsi in presenza di una circolazione più attiva determinata da fratture aperte e da un certo sviluppo del carsismo)  complesso metamorfico di grado medio-basso (il tipo di circolazione idrica in seno a questo complesso comporta condizioni di bassa vulnerabilità, trattandosi di modesti livelli acquiferi discontinui, spesso superficiali)  complessi marnosi ed argillosi (essendo questi complessi litologici praticamente privi di circolazione idrica sotterranea per le loro caratteristiche di permeabilità, gli eventuali inquinanti interessano esclusivamente le acque di deflusso superficiale) La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi presenti nell’area circostante Messina è stata realizzata da FERRARA (1999) utilizzando due tra i più noti sistemi parametrici a punteggi e pesi: il 1 2 3 DRASTIC (ALLER et al., 1987 ) ed il SINTACS (CIVITA, 1994 ; CIVITA E DE MAIO, 1997 ). Sia con il calcolo basato sul metodo DRASTIC che su quello SINTACS, si ottengono risultati confrontabili per il settore i: il grado di vulnerabilità è complessivamente medio-elevato. Tale grado di vulnerabilità è in relazione alla potenzialità dell’acquifero, al grado di urbanizzazione che vi è nell’area e all’assenza di coperture a più ridotta permeabilità, deve far si che vengano messi in atto tutti quegli accorgimenti al fine di minimizzare tale rischio. Vulnerabilità degli acquiferi nel settore in studio Nell’area oggetto di studio si riscontrano terreni prevalentemente permeabili per porosità, parte superficiale della coltre detritica, mista al terreno vegetale ricco di sostanze organiche.”, che contengono una falda freatica di grande potenzialità sostenuta verso l’esterno dal cuneo dell’acqua salata (FERRARA ,1999)4. La conducibilità idraulica di questi terreni, caratterizzati con un diametro medio d50 = 0,8-0,4 mm, afferente alle sabbie medie e grosse, può essere calcolata secondo la correlazione elaborata sui dati forniti da SLICHTER (1899)5: K (cm/s) = 0,1819 * d501,9985 da cui risulta: K = 1,16*10-1 – 2,90*10-2 cm/s valori confrontabili con quelli riportati da FERRARA (1999): K = 1,20*10-1 – 3,10*10-2 cm/s che nel complesso definiscono un mezzo a permeabilità medio-elevata e dotato di discreto drenaggio. Nello schema idrogeologico e della vulnerabilità all’inquinamento delle acque sotterranee sono segnalate, oltre alle curve isopiezometriche e alle direzioni di deflusso sotterraneo, i principali fattori produttori (reali o potenziali) di inquinamento, che nel complesso determinano un grado di vulnerabilità estremamente elevato per la presenza sia di falda libera senza alcuna protezione al tetto, sia di aree urbane parzialmente sprovviste di fognature.

1 ALLER L., BENNET T., LEHR J. H., PETTY R. J. E HACKETT G. (1987) – DRASTIC: a standarized system for evaluating ground water pollution potential using hydrogeologic settings. NWWA/EPA 600/2-87-035, 445. 2 CIVITA M. (1994) – Le carte della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento: teoria e pratica. Quaderni di tecniche di Protez. Ambient., 31, Pitagora Ed., Bologna. 3 CIVITA M. E DE MAIO M. (1997) – SINTACS: un sistema parametrico per la valutazione e la cartografia della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento. Metodologia e automatizzazione. Quaderni di tecniche di Protez. Ambient., 60, Pitagora Ed., Bologna. 4 FERRARA V. (1999). Vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi dell’area peloritana. Sicilia nord-orientale. Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi 14. Pubbl. GNDCI-CNR n. 1946. Pitagora Ed., Bologna. 5 DESIO A. (1973). Geologia applicata alla ingegneria. U. Hoepli Ed., Milano. 32

Il livello di vulnerabilità all’inquinamento dell’acquifero alluvionale può essere stimato tramite il criterio proposto da RHESE (1977), che riporta lo spessore dei diversi litotipi del mezzo non saturo necessari affinché si completino i processi di autodepurazione prima che un eventuale inquinante raggiunga la falda (BERETTA,1992)6.

SUOLO La pedogenesi siciliana è profondamente influenzata dalle differenti formazioni litologiche da cui i suoli hanno ereditato gran parte dei loro caratteri, ma anche dalle condizioni climatiche con elevate temperature estive, accompagnate da accentuata aridità che si contrappongono alle elevate precipitazioni e alle miti temperature invernali. Accanto ai fattori naturali della pedogenesi, in Sicilia si pone l’azione dell’uomo che da millenni ha sottoposto i suoli ad una intensa coltivazione alterandone le caratteristiche naturali. Il quadro pedologico dell’isola risulta pertanto costituito da una varietà assai interessante di suoli che ricoprono tutta una vasta gamma che va dai tipi pedologici meno evoluti a quelli più evoluti. Sono questi differenti tipi pedologici che, in combinazione, danno origine alle differenti associazioni di suoli, in prevalenza regosuoli. La complessità del territorio siciliano, legata da un lato a una morfologia molto varia, dall’altro a una lunga e sofferta storia di antropizzazione, rende molto difficile la definizione di categorie semplici dell’uso del suolo. A questo bisogna aggiungere le condizioni climatiche e l’intrinseca povertà dei suoli di larghe parti dell’isola che hanno determinato utilizzazioni al limite dell’economicità e quindi al limite della definizione nelle nomenclature standard. D’altro canto le aree più ricche sono sottoposte ad una forte pressione di utilizzazione intensiva, per cui si determina un alto frazionamento che rende molto difficile la rappresentazione delle singole classi. La zona in esame è caratterizzata da un orizzonte pedologico alluvionale a potenzialità agronomica medio-alta, il cui profilo di tipo ABw-C ha una profondità che può anche superare i 60 cm e risulta nella generalità dei casi privo di scheletro. Il suolo in oggetto fa parte del sottogruppo Typic Xerofluvents (suoli alluvionali), che occupa prevalentemente le pianure costiere del Messinese, le zone nelle immediate vicinanze dei corsi d'acqua e delle loro foci lungo la costa. Le caratteristiche fisico-chimico-mineralogiche differiscono da luogo a luogo. Infatti da suoli relativamente profondi, si passa a suoli di notevole spessore; da sabbiosi, astrutturali e privi di sostanza organica, ad argillosi, strutturali e con discreti contenuti negli orizzonti superiori di sostanza organica. La reazione mediamente si attesta intorno a valori di neutralità, anche se entro brevi spazi, può passare da forme di subacidità, a forme di subalcalinità e di alcalinità. I carbonati possono essere assenti o presenti in quantità elevate. La dotazione di elementi nutritivi cambia in ragione dell'uso. Dove viene praticata l'agricoltura specializzata che si avvale di laute concimazioni, i livelli di fosforo e potassio raggiungono valori alti o molto alti. Al contrario, nelle aree a coltura estensiva dove la pratica della concimazione è ridotta al minimo, i contenuti di elementi fertilizzanti non raggiungono quasi mai livelli ottimali e spesso sono carenti. I contenuti di azoto, in tutti i casi sono bassi o accettabili, ma in considerazione che l'azoto nel suolo è molto mobile, si preferisce somministrarlo alle colture in rapporto alle loro effettive esigenze. La sostanza organica è medio bassa. Per i suoli tendenzialmente sabbiosi o franchi tutte le caratteristiche idrologiche sono generalmente buone, così come il drenaggio.

6 BERETTA G.P.(1992). Metodologie per la determinazione di vincoli idrogeologici per la protezione delle opere di captazione. Mem. Descr. Carta Geol. D’It., 42,89-122. 33

La maggior parte di questi suoli sono sottoposti ad irrigazione con volumi specifici di adacquamento, calcolati per uno spessore di 30 cm, oscillanti fra i 400 ed i 500 mc/ha con punte massime rispettivamente di 300 e di 700 mc/ha. La capacità produttiva dei Fluvents è ottima, fatta eccezione per i pochi casi in cui nel profilo sono presenti sali solubili e per quelle zone dove il drenaggio interno è impedito e la falda diventa spesso superficiale. Beneficiando dell'irrigazione, questi suoli non pongono alcuna limitazione nella scelta degli indirizzi produttivi essendo idonei ad accogliere sia colture ortive e floricole in pieno campo o sottoserra, sia differenti colture erbacee ed arboree. I suoli a tessitura tendenzialmente argillosa, conservano, negli orizzonti profondi, un discreto grado di freschezza dovuto alla loro elevata capacità di ritenzione idrica. In questi suoli a tessitura argillosa, in cui la componente limosa rappresenta un'elevata frazione della tessitura, la bassa permeabilità, l'elevato potere di ritenzione idrica, la lentezza del rifornimento idrico rispetto al potere evaporante dell'atmosfera nel corso della stagione estiva, la degradabilità e l'erodibilità legata all'instabilità dei grumi terrosi costituiscono serie limitazioni nelle scelte colturali.

PAESAGGIO E BENI CULTURALI E AMBIENTALI In questa sede si preferisce introdurre il concetto di “paesaggio geografico”, perchè esso comprende tutte le relazioni genetiche, dinamiche e funzionali con cui i componenti di ogni parte della superficie terrestre sono tra loro collegati”. Ogni paesaggio geografico, è costituito da fondamentali elementi fisici (o meglio naturali), quali il clima, la morfologia,l’idrografia, il ricoprimento vegetale e animale, a cui si associano su tanta parte della terra i segni dell’azione umana, come la stessa popolazione, sedi di abitazione e di lavoro, le vie, le colture, ecc., ma anche le alterazioni degli elementi fisici. Pertanto, si suole distinguere un “paesaggio naturale” e un “paesaggio umanizzato”, con il primo nei paesi di denso popolamento ormai relegato in particolari e ristrette aree, come l’alta montagna, le coste scoscese, la sommità dei vulcani, ecc. L’approccio nella descrizione del paesaggio ha tenuto conto, in questa sede, di alcune componenti in ragione della necessità della loro tutela e salvaguardia, in quanto risorse favorevoli all’attività economica:

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. componente naturale (idrologica, geomorfologica, vegetazionale, faunistica): tutela degli elementi naturali di particolare singolarità morfologica, geologica e paleontologica, degli habitat e delle specie animali in pericolo di estinsione; . componente antropico-culturale (socio-culturale-testimoniale, storico-architettonica, archeologica): tutela della identificabilità dei luoghi e del senso di appartenenza della comunità, delle testimonianze archeologiche e storiche del paesaggio naturale, agrario e urbano; . componente percettiva (visuale, formale-semiologica, estetica): tutela delle vedute e dei panorami, delle forme strutturanti il territorio e dell’omogeneità di insieme. Le valutazioni paesaggistiche sono state sviluppate tenendo conto delle indicazioni contenute nelle “Linee guida” al P.T.P.R. (D.A. n. 6080/99), che debbono essere recepite dai piani urbanistici e anche nelle zone non soggette a tutela valgono come elementi conoscitivi, propositivi e di orientamento, e di alcuni parametri di qualità, criticità e rischio paesaggistico, peraltro individuati negli allegati al D.A. n. 9280/2006, con il quale si approva nella Regione Siciliana lo schema per la verifica della compatibilità paesaggistica.

ANALISI DELLE PRINCIPALI COMPONENTI DEL PAESAGGIO COMPONENTE NATURALE Le aree di maggiore interesse paesaggistico, nell’ambito della Sicilia nord-orientale, sono concentrate in corrispondenza dei laghi di Ganzirri e Faro della dorsale Curcuraci-Antennamare. Il paesaggio vegetazionale dell’area oggetto di intervento progettuale è caratterizzato prevalentemente da vegetazione sinantropica ruderale quindi con aspetti di vegetazione infestante e presenza di vegetazione artificiale tipica di una zona urbanizzata.

COMPONENTE ARCHEOLOGICA E ANTROPICO-CULTURALE La Sicilia possiede un patrimonio di beni culturali e ambientali s.l. particolarmente importante, tanto che si calcola che il 30% circa dei beni archeologici presenti in Italia sia localizzato nell’isola, mentre l’offerta culturale della Sicilia è prossima al 10 % rispetto a quella nazionale. Nell’elenco dei siti archeologici la provincia di Messina non si colloca ai primi posti tra le province siciliane, ma prevale per numero di visitatori. Nell’elenco dei siti archeologici, ripreso dalle “Linee guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale.”, sono riportate le segnalazioni visibili nella figura successiva. Il numero di segnalazioni di beni isolati, afferenti a diverse tipologie (architettura militare, religiosa, residenziale, produttiva, attrezzature e servizi) , è numeroso. Le segnalazioni comunque degne di nota, riportate nelle “Linee guida” al PTPR, si riferiscono principalmente alla categoria dell’architettura militare (torri), quindi all’architettura religiosa e residenziale (ville). Di un certo interesse, infine, risultano alcuni nuclei storici, quali Faro Superiore, Ganzirri e Torre Faro. Tra le costruzioni militari, come riportato da SISCI et al. (1990) si ritiene opportuno citare la torre di Azzarello, costruita nel cinquecento per difendere Faro Superiore dai barbareschi. Allo stesso periodo appartiene il nucleo centrale della Lanterna Vecchia di Torre Faro, simile per tipologia alle torri edificate per agevolare l’avvistamento delle navi turche. All’età napoleonica risalgono nell’area in esame interventi di un certo interesse, realizzati dagli inglesi durante l a loro prolungata permanenza, che impedì a Gioacchino Murat di impossessarsi della Sicilia. Le opere edificate non sono in genere particolarmente imponenti, ma rivelano l’interesse dell’esercito britannico per il completo controllo delle coste. Tra le opere di questo periodo vanno segnalati l’ampliamento della vecchia Torre del Faro, trasformata in munita cittadella, la rotonda torre di Ganzirri, Torre Bianca ed il fortino di Pace. Al tardo ottocento (1882-1892 circa) si deve una serie di interventi che hanno lasciato importanti tracce sul territorio ancora ben visibili: i cosiddetti “forti umbertini”, che costituivano un compiuto sistema difensivo dell’area dello Stretto. I forti costruiti sul versante peloritano, in posizione dominante in modo da controllare sia il mare che le strade montane sono localizzati a Salice, Faro Superiore, Mugolino, Campo Italia, S. Jachiddu, Ogliastri, Bisconte e Pietruzza, S. Lucia sopra Contesse, Larderia e Dinnamare.

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COMPONENTE PERCETTIVA Nell’area circostante alla zona in esame sono presenti una serie di siti influenzati sia sul piano ambientale sia su quello culturale dalla presenza dello Stretto di Messina e dalle sue caratteristiche, che hanno modellato gli aspetti naturali, mitologici, il paesaggio storico, le popolazioni faunistiche, ecc. Nell’angolo nord-orientale della Sicilia, in uno spazio relativamente piccolo, il cambiamento di scenari è veramente unico, tanto da osservare grande dislivello tra fondali marini e condizioni meteo-marine particolari, date dalle correnti di marea montante e scendente , incontro-scontro tra “mari” e “montagne”, torrenti a tipica morfologia e regime idraulico (“fiumare”), vulcani e vulcanismo di diversa natura: effusivo sul versante ionico (Etna), esplosivo (Vulcano) e stromboliano (Stromboli) sul versante tirrenico. Assieme a queste caratteristiche fisiche e alla loro valenza estetica, si somma l’importanza dello Stretto di Messina come corridoio ecologico per gli uccelli migratori che vanno/vengono per/da il nord-Africa. Il vincolo mare-monti ha rappresentato per secoli una opportunità di vita e di attività legate all’agricoltura, alla pesca e alla zootecnia, ma anche allo sfruttamento di risorse minerarie. Lo spopolamento recente delle aree interne e la chiusura delle attività legate alle risorse naturali ha provocato uno scivolamento delle popolazioni verso le aree costiere con conseguente incremento delle problematiche di erosione del suolo e dissesti sulle colline e di appesantimento urbanistico e crescenti problemi ambientali, di inquinamento e degrado, nelle aree costiere.

QUALITÀ DELL’ARIA Il quadro normativo in materia di qualità dell’aria è composto da una serie di direttive comunitarie, solo in parte recepite dalla normativa nazionale (D.P.C.M. 28/03/1983; D.P.R. n. 203/1988; D.Lgs. n. 351/1999; D.M. n. 60/2002). I dati della rete di monitoraggio della città di Messina segnalano una tendenza al decremento del biossido di zolfo e del monossido di carbonio tra l’anno 1999 e il 2000, probabilmente indotta dalla migliore qualità dei combustibili utilizzati, mentre la concentrazione del particolato risulta praticamente costante. Nel complesso, comunque, secondo quanto riportato nella “relazione sullo stato dell’ambiente in Sicilia 2002”, la qualità dell’aria nella città di Messina non risulta sensibilmente compromessa, nonostante il traffico veicolare incida in modo pesante, per gli effetti delle condizioni meteo-climatiche particolarmente favorevoli. Il quadro più generale sulla qualità dell’aria è definito in base all’IQA, ovvero di un sistema di indicatori che descrive lo stato di qualità dell’aria e le possibili conseguenze sulla salute umana, partendo dai dati degli inquinanti PM10, NO2 e O3. Nella Città di Messina la classe prevalente di qualità dell’aria è “buona” e subisce un degrado (classe discreta) solo nei mesi di luglio-agosto e ottobre-novembre. In qualunque caso viene confermato che le concentrazioni di inquinanti non espongono a particolari rischi la salute della popolazione. I luoghi di interesse progettuale sono posti lontano dal centro urbano di Messina, laddove le concentrazioni dei principali inquinanti è presente in maniera molto diluita, anche in considerazione dei venti prevalenti edella pressione atmosferica media.

VALUTAZIONE DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO Le informazioni sulla qualità dell’aria nel sito in esame vengono riportate in modo descrittivo, tenuto conto dell’assenza di dati di monitoraggio o di stazioni di rilevamento, al solo scopo di fornire un quadro, sia pure approssimativo, della situazione ambientale esistente. Nonostante il quadro ambientale della città di Messina, come descritto nei documenti ufficiali (relazioni sullo stato dell’ambiente della Regione Siciliana), appare tendenzialmente ottimistico, non si può disconoscere che le condizioni di inquinamento cui resta esposto il sito urbanistico sono certamente migliori sia in termini di carico totale di inquinanti sia in termini di concentrazioni.

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Una prima valutazione può essere fatta in base agli effetti sulla flora e sulla fauna in presenza di determinate concentrazione di inquinanti, quali: . danni e lesioni alle foglie, ridotta produttività delle piante naturali e coltivate o anomalie di sviluppo nei fiori e nei frutti; . incremento della mobilità e mortalità degli animali; . effetti sulla riproduzione e riduzione del ritmo di crescita. Nel sito oggetto di intervento progettuale e nelle aree immediatamente limitrofe non si osservano in atto alterazioni a carico delle vegetazioni o evidenti lesioni fogliari riconducibili ad esposizione ad inquinamento atmosferico, nè si rilevano importanti sorgenti inquinanti o attività specifiche, quali ad esempio impianti di depurazione o di trattamento di rifiuti solidi, che possono emanare odori molesti. CENNI SULL’INQUINAMENTO DA RADIAZIONI L’insieme delle radiazioni, sia naturali che di origine antropica, costituisce lo spettro elettromagnetico, nell’ambito del quale si distinguono le radiazioni non ionizzanti e quelle ionizzanti, che rispettivamente non comportano o comportano la ionizzazione della materia. Nell’area in esame non si segnalano, in atto, sorgenti importanti di radiazioni non-ionizzanti, mentre il contributo delle radiazioni ionizzanti, di origine naturale e/o artificiale, non appare significativo. Pertanto il problema dell’inquinamento elettromagnetico e da radiazioni ionizzanti viene trascurato.

AMBIENTE BIOLOGICO: FLORA E FAUNA FLORA E VEGETAZIONE DELL’AREA DELLO STRETTO Il territorio dello Stretto di Messina, probabilmente per sua posizione geografica e per le particolari condizioni climatiche locali, presenta una densità insolitamente elevata di specie vegetali, alcuni delle quali di rilevante interesse botanico e meritevoli di conservazione e tutela. Nella successiva tabella si riportano i parametri di ricchezza floristica dei Peloritani in rapporto con altre regioni. Le specie vegetali di particolare interesse, (*inserite nella Direttiva “Habitat”), sono: . Tricholaena teneriffae (*) : graminacea marcatamente termoxerofila, si rinviene esclusivamente nell’area dello Stretto di Messina sui depositi sabbiosi delle pendici costiere; . Fritillaria messanensis (*) : presente unicamente sui Monti Peloritani e nella Calabria meridionale, ma con le stazioni più significative sulle colline dello Stretto di Messina; . Centurea deusta: si tratta di una psammofita molto rara, endemica dell’area dello Stretto di Messina, presente esclusivamente nei corduni sabbiosi retrodunali; in Sicilia si rinviene esclusivamente in alcune stazioni sabbiose in prossimità di Capo Peloro; risulta fortemente minacciata per l’alterazione e la distruzione delle dune; . Anthemis tomentosa: anche questa specie è legata agli ambienti dunali costieri e si rinviene esclusivamente lungo il litorale di Capo Peloro; . Senecio gibbosus: specie endemica dello Stretto di Messina, che si rinviene in prossimità della foce di alcune fiumare; . Dianthus rupicola (*): specie endemica dell’Italia meridionale e della Sicilia, dove risulta molto comune e diffusa, localizzata in stazioni rupestri; . Antirrhinum siculum: specie endemica dell’Italia meridionale e della Sicilia, dove è frequente in ambienti naturali rupestri ma che si insedia anche sulle opere murarie dei centri urbani e suburbani; in Sicilia risulta abbastanza diffusa; . Pinus pinea (*): questa specie arborea, comune in molte aree costiere, nell’area dello Stretto di Messina risulta di interesse fitogeografico, in quanto le pinete locali rappresentano probabilmente le uniche pinete di origine naturale d’Italia; l’interesse fitogeografico è collegato al valore di testimonianza di una antica unità vegetazionale tirrenica, preglaciale e forse prequaternaria, con distribuzione tra il Mediterraneo orientale (Palestina) e occidentale (Penisola Iberica); queste pinete rappresentano segmenti di habitat prioritari in seno alla Direttiva “Habitat”;

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. Cistus crispus: specie a distribuzione mediterraneo-occidentale, è presente in Italia solo nei dintorni di Messina, dove partecipa alla costituzione del sottobosco delle pinete a Pinus pinea. Sotto il profilo vegetazionale, tra le comunità di particolare significato geobotanico e naturalistico si segnalano: . pinete a Pinus pinea: queste formazioni risultano in atto frammentarie e degradate, ma rappresentano lungo i versanti metamorfici peloritani l’unica forma di pineta naturale di questo tipo presente in Italia, probabilmente legata al bioclima caratteristico dell’area dello Stretto di Messina; . querceti a Quercus virgiliana : querceti caducifogli dominati da Quercus virgiliana e Q. dalechampii sono presenti nei valloni e sui versanti più freschi e umidi, che rappresentano la forma di vegetazione relitta dell’antico manto forestale; . praterie steppiche a Tricholaena teneriffae : le colline sabbiose ospitano praterie a dominanza di Hyparrhenia hirta, cui si accompagna normalmente T. teneriffae, specie di sub- deserti caldi del Vecchio Continente; si tratta di cenosi di notevole significato fitogeografico per la sua rarità, risultando esclusiva della zona e presente in alcune stazioni del Nord-Africa e delle Canarie; . praticelli effimeri retrodunali: in prossimità di Capo Peloro i cordoni dunali sono colonizzati da una vegetazione psammofila molto caratteristica (Anthemis tomentosa e Centaurea conocephala); si tratta di specie esclusive di questo tratto di litorale ed hanno un notevole significato fitogeografico, sia per la loro rarità sia per la localizzazione in un habitat molto circoscritto; . sequenza di forme di vegetazione degli alvei torrentizi: si tratta di un complesso di forme che si ripete lungo ogni asta fluviale a carattere torrentizio, ma con carattere frammentario ed estremo degrado fino alla scomparsa nei tratti di alveo prossimali alla foce, spesso incanalati attraverso aree urbane e definitivamente combinati. Il complesso della vegetazione degli alvei torrentizi comprende le seguenti serie edafoclimatiche: . serie della boscaglia alveale dei terrazzi più elevati a tamerici e agnocasto (Tamarici africani-Viticeto agni-casti sigmentum) : la forma di vegetazione più matura è rappresentata da boscaglia alveale a carattere subaereo dominata da tamerici (Tamarix africana) e agnocasto (Vitex agnus-castus); . serie della boscaglia ripariale a ginestra odorosa e oleandro (Spartio-Nereto oleandri sigmentum): la forma di vegetazione più matura è rappresentata da una boscaglia alto-arbustiva dominata da ginestra odorosa (Spartium junceum), calicotome (Calycotome infesta) e oleandro (Nerium oleander), legata a depositi ciottolosi delle strettoie d’alveo, orami praticamente dissolta dalla frammentazione e da rimaneggiamento degli alvei; . serie del bosco ripario dei corsi d’acqua perenni a ontano nero e napoletano (Alneto glutinoso-cordatae sigmentum): si tratta di bosco ripariale a ontani e salici cespugliosi (Salix purpurea lambetiana) legati a depositi ciottolosi costantemente umidi delle strettoie d’alveo, orami presente solo occasionalmente. . La descrizione delle principali associazioni vegetali delle “fiumare” (Spartio-Nerietum oleandri, Euphorbion rigidae e Salicetum albo-pupureae), merita un ulteriore approfondimento (BRULLO & SPAMPINATO (1990). . L’associazione Spartio-Nerietum oleandri, dominata da Nerium oleander, conferisce un aspetto molto appariscente al paesaggio dei torrenti soprattutto nel periodo estivo, quando il verde intenso del fogliame e le fioriture dell’oleandro contrastano nettamente con il resto del territorio. A Nerium oleander si associano in genere altri arbusti come Spatium junceum, Calicotome infesta, Tamarix africana e numerose specie erbacee. . Questa associazione di rinviene sempre su alluvioni ricche in ciottoli e sabbie, ma con suoli più maturi rispetto a quelli interessati dalle contigue formazioni dell’ Euphorbion rigidae, costituita da una alleanza ove prevalgono Micrometria greca, Dittrichia viscosa ed Euphorbia rigida, che nel complesso caratterizzano la vegetazione ad Helichrysum italicum dei greti fluviali. Aspetti di vegetazione glareicola ad Helichrysum italicum si rinvengono oltre che in

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Sicilia anche in Italia meridionale, ma nei corsi d’acqua dell’estrema punta nord-orientale dei Peloritani, si insedia, soprattutto nelle parte alta, una vegetazione in cui domina sempre Helichrysum italicum , associato oltre che a Dittrichia viscosa e a Scrophularia bicolor, anche a Senecio gibbosus. Quest’ultima specie risulta endemica del messinese e dell’estrema punta meridionale della Calabria e viene proposta da BRULLO & SPAMPINATO (1990) come caratteristica dell’associazione Senecioni-Helichrysetum italici. . L’associazione Salicetum albo-pupureae si localizza nei pianori alluvionali fino a circa 800 m di quota, in ambiente con clima mesomediterraneo subumido formando fasce più o meno estese prossimi ai corsi d’acqua. Risulta caratterizzata dalla dominanza di Salix purpurea e Salix alba, a cui normalmente si accompagna Populus nigra. Le aree di maggiore interesse botanico, in coerenza con le suddette informazioni, sono rappresentate dai laghi di Ganzirri e Faro, con popolamenti igrofili di Phragmites australis e vegetazione psammofila nei tratti costieri e la dorsale Curcuraci-Antennamare, che occupa la cresta nord-orientale peloritana, caratterizzata da pinete a Pinus pinea, da querceti caducifogli a Quercus virgiliana e da cespluglieti a cisto.

Tipi di habitat presenti nel sito ITA030042 H9540 (ZPS M.ti Peloritani,dorsale Curcuraci, Antennamere H9340 e area marina dello Stretto di Messina) riportati nell'All. I alla Direttiva 92/43/CEE H9330

H9260

H92A0 H1150 = Lagune costiere* ; H1210 = Vegetazione annua delle H9110 linee di deposito marine; H1310 = Vegetazione pioniera a H8210 Salicornia e altre specie annuali delle zone fangose e sabbiose; H1410 = Pascoli inondati mediterranei ; H1170 = Scogliere H7230 H1120 = Praterie di posidonie*; H2110 = Dune mobili embrionali H6220* H2120 = Dune mobili del cordone litorale; H2230 = Dune con prati dei Malcolmietalia; H5330 = Arbusteti termo-mediterranei H5330 e pre-desertici; H6220 = Percorsi sub-steppici di graminacee* H2230 H7230 = Torbiere basse alcaline; H8210 = Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica; H9110 = Faggeti del H2120 Luzulo-Fagetum; H92A0 = Foreste a galleria di Salix alba e H2110 Populus alba; H9260 = Foreste di Castanea sativa;

H1120* H9330 = Foreste di Quercus suber ; H9340 = Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia; H9540 = Pinete H1170 mediterranee di pini mesogeni endemici H1410 Nota: il segno (*) indica i tipi di habitat prioritari H1310

H1210

H1150*

0 5 10 15 20 25 % superficie coperta I tipi di habitat presenti nel sito ZPS e classificati di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione (All. I della Direttiva 92/43/CEE) sono riportati in base alla % di superficie coperta. A questo proposito è opportuno precisare che le pinete di Pinus pinea e/o P. pinaster sono riportate come prioritarie solo quando presenti in ambienti di duna costiera, ma è comunque evidente che anche le pinete dell’entroterra debano essere salvaguardate. Nell’area di interesse non si segnala la presenza di habitat prioritari, né addensamenti di specie vegetali meritevoli di tutela e conservazione.

FAUNA E AVIFAUNA DELL’AREA DELLO STRETTO Le ricerche più recenti eseguite nell’area in esame, anche in relazione alle valutazioni di impatto ambientale del ponte sullo Stretto di Messina, hanno permesso di individuare le comunità di invertebrati di un qualche interesse naturalistico: . comunità madolitorali (intertidali + eulitorali) delle spiagge sabbiose di Capo Peloro; . comunità terrestri siccolitorali (sopralitorali psammofile e dunali) delle spiagge e delle dune sabbiose di Capo Peloro; 39

. comunità acquatiche dei laghi costieri di Ganzirri e Faro; . comunità dei residui lembi di macchia bassa mediterranea e di garighe sub-costiere; . comunità dei residui boschi xerofili, leccete e sugherete e dei boschi mesofili, querceti a Roverella. Le comunità di invertebrati di maggiore interesse e a rischio di estinsione sono quelle legate al sistema dunale e litoraneo di Capo Peloro e alle aree umide dei “pantani”. Lo stato degli ambienti litoranei è fortemente degradato per l’aggressione delle urbanizzazioni fino a raggiungere la spiaggia con la distruzione e/o l’occupazione degli ambienti dunali e conseguente incremento dell’erosione costiera. Tale situazione si ripete anche nel settore tirrenico (da Capo Peloro verso Mortelle), ad eccezione di tratti relitti di cordoni dunali, che meritano di essere salvaguardati. I laghi di Ganzirri e di Faro, per quanto riguarda la fauna invertebrata, presentano un interesse limitato alla presenza di una sottospecie di gasteropode ritenuta endemica del lago Faro (Jujubinus striatus delpreteanus) e di una specie di gasteropode endemico dei due laghi (Nassarius tinei). Maggiore interesse presentano gli speciali batteri legati alla presenza di anidride solforosa (solfobatteri), oggetti di studi approfonditi. La lista delle specie di mammiferi, rettili e anfibi presenti nell’estremo angolo nord-orientale della Sicilia, riportata in allegato, è stata redatta sulla base di ricerche bibliografiche (BOITANI et al.,2000; LO VALVO F.,1998) e degli studi ambientali più recenti eseguiti nella zona, anche in riferimento al progetto di collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Le specie di vertebrati terrestri sono presenti sia nell’area in esame sia a livello regionale e si è proceduto alla valutazione dello status di conservazione e di protezione di ciascuna specie con riferimento alle “liste rosse” nazionali e internazionali e agli allegati alla Direttiva “Habitat”. Nella Lista Rossa proposta dal WWF (1998) le categorie di minaccia sono individuate con lo stesso criterio IUCN, ma vengono applicate a livello dell’areale di distribuzione italiano delle specie. Per quanto riguarda la Direttiva “Habitat” si fa riferimento contemporaneamente agli allegati che elencano le specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone di protezione speciale, e le specie di cui è vietata la cattura, detenzione, uccisione, deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o riposo, molestie intenzionali, distruzione e/o raccolta e detenzione di uova.

Categoria di minaccia secondo “liste rosse” Famiglia Lista EX EW CR EN VU LR DD NE rossa Mammife WWF 1 4 9 11 1 ri IUCN 6 4 WWF 1 3 Rettili IUCN 2 WWF 2 2 Anfibi IUCN

Il quadro riassuntivo del numero di specie per categorie di minaccia consente le seguenti osservazioni: . Mammiferi: su 38 specie presenti, una specie (Lepus corsicanus) risulta in pericolo in modo critico (CR) e quattro specie in pericolo (EN), ma solo nell’areale di distribuzione italiano; mentre vulnerabili rispetto all’areale italiano risultano quasi il 25 % delle specie presenti e il 15 % rispetto all’areale globale; numerose sono anche le specie in atto a basso rischio, ma spesso prossime alla minaccia; . Rettili: su 18 specie presenti, solo una specie (Testudo hermanni) risulta in pericolo (EN), ma solo nell’areale italiano; . Anfibi: su 7 specie presenti, solo 2 specie risultano classificate LR (specie a basso rischio), ma solo nell’areale italiano. Il 40 % delle specie di mammiferi presenti risultano inseriti negli allegati II e IV della Direttiva “Habitat”, mentre per gli anfibi e rettili tale percentuale risulta rispettivamente 40 dell’ordine del 43 % e del 50 %. Le specie elencate nell’All. II della Direttiva Habitat presenti nel sito ZPS risultano, in particolare: . Mammiferi – nessuna specie indicata; . Anfibi e rettili – due specie di rettili (Emys orbicolaris e Testudo hermanni hermanni). Le relazioni che legano le specie di vertebrati terrestri, elencati nell’“area dello Stretto”, con il tipo di ambiente presente nel sito urbanistico, nelle condizioni attuali (“area agricola, in stato di parziale abbandono, con coltivi e vegetazione più o meno rada”), sono state valutate secondo la scala proposta da BOITANI et al. (2002), in modo da fornire una stima dell’idoneità dell’ambiente rispetto alla presenza della specie considerata.

PUNTEGGIO DESCRIZIONE 0 Ambiente inadatto alla presenza della specie 1 Ambiente caratterizzato dalla presenza parziale delle risorse necessarie alla specie Ambiente caratterizzato dalla presenza contemporanea delle risorse necessarie alla specie a livello 2 non ottimale Ambiente caratterizzato dalla presenza contemporanea delle risorse necessarie alla specie a livello 3 ottimale

ELENCO DELLE SPECIE DI MAMMIFERI, RETTILI E ANFIBI PRESENTI NELLA ZONA DELLO STRETTO DI MESSINA E RELAZIONI CON L’AMBIENTE DELL’AREA URBANISTICA NELLE CONDIZIONI ATTUALI Idoneità dell’ambiente SPECIE NOME rispetto alla presenza della specie MAMMIFERI Punteggio Riccio europeo Erinaceus europaeus 1 Crocidura siciliana Crocidura sicula 2 Mustiolo Suncus etruscus 2 Ferro di cavalllo di Mehely Rhinolophus mehelyi 0 Ferro di cavallo euriale Rhinolophus euryale 0 Ferro di cavallo maggiore Rhinolophus ferrumequinum 0 Ferro di cavallo minore Rhinolophus hipposideros 0 Barbastello Barbatella barbastellus 0 Miniottero Miniopterus schreibersii 3 Nottola gigante Nyctalus lasiopterus 0 Orecchione meridionale Plecotus austriacus 0 Pipistrello albolimbato Pipistrellus kuhlii 1 Pipistrello di Nathusius Pipistrellus nathusii 0 Pipistrello di Savi Hypsugo savii 0 Pipistrello nano Hypsugo pipistrellus 1 Serotino comune Eptesicus serotinus 0 Vespertilio di Bechstein Myotis capaccini 0 Vespertilio di Daubeton Myotis daubentonii 0 Vespertilio di Natterer Myotis nattereri 0 Vespertilio maggiore Myotis myotis 1 Vespertilio minore Myotis blythii 1 Vespertilio mustacchio Myotis mystacinus 0 Vespertilio emarginato Myotis emarginatus 0 Molosso di Cestoni Tadarida teniotis 0 Coniglio selvatico Oryctolagus cuniculus 1 Lepre appenninica Lepus corsicanus 1 Ghiro Glis glis 0 Moscardino Muscardinus avellanarius 0 Quercino Eliomys quercinus 0 Arvicola di Savi Microtus savii 1 Topo selvatico Apodemus sylvaticus 1 Ratto nero Rattus rattus 1 Ratto delle chiaviche Rattus norvegicus 1 Topolino domestico Mus domesticus 1 Istrice Hystrix cristata 1 Volpe Vulpes vulpes 1 Donnola Mustela nivalis 1 41

Martora Martes martes 1 RETTILI Punteggio Testuggine palustre europea Emys orbicularis 1 Testuggine comune Testudo hermanni 2 Geco verrucoso Hemidactylus turcicus 1 Tarantola muraiola Tarentola mauritanica 1 Lucertola campestre Podarcis sicula 2 Lucertola siciliana Podarcis wagleriana 1 Ramarro occidentale Lacerta viridis 1 Ramarro orientale Lacerta bilineata 1 Gongilo Chalcides ocellatus 1 Luscengola Chalcides chalcides 1 Biacco Coluber viridiflavus 2 Colubro leopardiano Elaphe situla 1 Cervone Elaphe quatuorlineata 2 Saettone Elaphe longissima 1 Biscia comune Natrix natrix 1 Colubro liscio Coronella austriaca 1 Colubro di Riccioli Coronella girondica 1 Vipera Vipera aspis 2 ANFIBI Punteggio Discoglosso dipinto Discoglossus pictus 1 Ululone dal ventre giallo Bombina variegata 1 Rospo comune Bufo bufo 1 Rospo smeraldino Bufo veridis 3 Raganella comune Hyla arborea 1 Raganella italiana Hyla intermedia 1 Rana verde Rana esculenta 1 La ricchezza faunistica del sito non risulta particolarmente elevata, come era prevedibile e come anche confermato utilizzando la scala proposta da GISOTTI & BRUSCHI (1990), tenuto conto della posizione del sito in zona marginale con terreni agricoli, sia pure in parte in stato di parziale abbandono. L’area dello Stretto di Messina è riconosciuta a livello mondiale come una delle più importanti zone d’Europa per la migrazione primaverile degli uccelli, ed in particolare dei falconiformi, ma anche come area a rischio.

Specie nome comune nidificazione svernamento Gallinula chloropus gallinella d’acqua X X Fulica atra folaga X X Vanellus vanellus pavoncella X Pluvialis apricaria piviere dorato X Scolopax rusticola beccaccia X Lymnocryptes minimus frullino X Gallinago gallinago beccaccino X Actitis hypoleucos piro piro piccolo X Larus canus gavina X Larus cachinnans gabbiano reale mediterraneo X X Larus fuscus zafferano X Larus ridibundus gabbiano comune X Larus melanocephalus gabbiano corallino X Rissa tridactyla gabbiano tridattilo X Thalasseus sandvicensis beccapesci X Alca torda gazza marina X Fratercula arctica pulcinella di mare X Columba livia piccione selvatico X Columba palumbus colombaccio X X Streptopelia turtur tortora X Cuculus canorus cuculo X Tyto alba barbagianni X Otus scops assiolo X X Strix aluco allocco X Athene noctua civetta X Caprimulgus europaeus succiacapre X Tachymarptis melba rondone maggiore X 42

Apus apus rondone X Alcedo attui martin pescatore X Upupa epops upupa X Jynx torquilla torcicollo X Dendrocopos major picchio rosso maggiore X Elenco dell’avifauna presente nell’area dello stretto di Messina

Le rotte migratorie, che da Capo Bon (Tunisia) raggiungono in primavera la Sicilia, in parte tagliano decisamente sul Tirreno, transitando sull’isola di Ustica (Falchi pecchiaioli) o seguono la Sicilia settentrionale fino allo Stretto di Messina; in alternativa, ma in particolari condizioni anemologiche, transitano dal versante tirrenico verso Nord attraverso le Isole Eolie. Nella zona dello Stretto di Messina converge anche un’altra rotta seguita dai migratori (soprattutto le Albanelle), che provengono dalle zone più meridionali della Tunisia o dalla Libia e tagliano il Canale di Sicilia sorvolando Malta verso le coste ioniche della Sicilia orientale (DI MARCA & IAPICHINO,1985, CORSO,1999). Le variabili anemometriche condizionano lo sviluppo delle rotte migratorie, tanto che si può affermare che: . i venti da N - NE e NW favoriscono il passaggio lungo la cresta peloritana e i canaloni delle fiumare Pace e Curcuraci forniscono le termiche per prendere quota e attraversare lo Stretto nel punto più vicino con la costa calabra, nella zona tra Villa S. Giovanni e Scilla; . i venti da SE (scirocco) spingono gli uccelli verso la zona costiera tirrenica con il passaggio anche a bassa quota sulle colline di Salice e Castanea e punto di lancio sempre al Capo Peloro per raggiungere la costa calabra verso Scilla e Bagnara; . in assenza di vento e cielo sereno le rotte migratorie si sviluppano nel settore più meridionale dello Stretto di Messina, con punto di lancio verso le coste calabresi da Monte Scuderi e Antennamare; . in presenza di venti meridionali, specialmente se forti, sembra determinarsi un arresto del passaggio migratorio. Le rotte autunnali sono meno conosciute e sembra che lo Stretto di Messina non sia interessato da passaggi di rilievo in questa stagione, mentre a Malta si registra un numero di rapaci superiore a quello riscontrato nella stagione primaverile. Lo Stretto di Messina è essenzialmente noto per il passo dei rapaci, ma anche cicogne, passariformi e uccelli acquatici possono essere avvistati, tanto che si riportano avvistamenti per 260 specie diverse. Il passaggio di alcune specie (ad esempio l’Albanella pallida) rappresenta un record per l’Europa, mentre la specie più comune è il Falco pecchiaiolo con un record di passaggio nell’anno 2000 di circa 26.500 esemplari. I grandi veleggiatori, quali rapaci e cicogne, superano il breve tratto di mare in volo planato, risparmiando preziose energie, mentre i piccoli uccelli, come i passeriformi ed anche tutti gli acquatici, preferiscono seguire le rotte della linea di costa e delle colline a ridosso dei centri abitati, con periodici stazionamenti.

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Direzioni del flusso migratorio, in arancione è indicata la rott a primaverile, in blu quella autunnale. Le specie nidificanti di particolare importanza risultano essere il Falco pellegrino a Capo Peloro e il martin pescatore nell’area della riserva naturale, mentre sulle colline, anche a ridosso dei centri abitati, nidifica il gheppio, piccolo rapace, o altri rapaci notturni quali barbaggianni e assioli e con una minore diffusione le civette, gli allocchi e le poiane. Nei rilievi peloritani trovano la nidificazione di alcune specie di rapaci generalmente a diverso grado di minaccia, quali l’aquila del Bonelli (specie critica), il lodaiolo (specie vulnerabile), il lanario (specie danneggiata), il falco pellegrino (specie vulnerabile), lo sparviere e le crociere, presenti in pochissime altre aree della Sicilia. Interessante segnalare anche la presenza lungo i letti asciutti delle fiumare dell’usignolo di fiume. Degni di nota, infine, la distribuzione dei passeriformi nidificanti appartenenti a varie specie, quali la magnanina e la sterpazzola di Sardegna nelle zone a macchia mediterranea, e i fringuellidi e i passeriformi insettivori (santimpalo, cinciallegra,ecc.).

SPECIE TIPO DI PRESENZA Falco pecchiaiolo Pemis apivorus Comune Capovaccaio Neophron percnopterus Significativo Nibbio bruno Milvus migrans Comune Nibbio reale M. milvus Frequente Biancone Circateus gallicus Raro Aquila reale Hieraetus pennatus * (Raro) Aquila chysaetos * Falco cuculo Falco vespertinus Frequente Lodaiolo F. subbuteo Frequente Grillaio F. naumanni Significativo Gheppio F. tinnunculus Significativo Falco della regina F. eleonorae Significativo Falco della palude Circus aeruginosus Albanella reale C.cyneus Significativo Albanella pallida C. macrourus Albanella minore C. pygargus Sparviero Accipiter nisus Raro Poiana codabianca Buteo rufinus Raro Poiana B. buteo Significativo *osservazioni riferibili ad individui erratici o che transitano a quote molto elevate Specie di rapaci migratori più rappresentate nel passaggio sullo Stretto di Messina (dati di base LIPU) 44

Le specie migratrici, che sfruttano l’area dello Stretto di Messina come luogo di svernamento per il favorevole clima mite, sono numerose e tra queste si segnalano: la berta maggiore (specie vulnerabile), l’airone rosso (specie danneggiata), la volpoca (specie critica), l’alzavola (specie danneggiata), il gabbiano corso (specie danneggiata). Molto comuni nei mesi invernali sono il gabbiano roseo, il gabbiano corallino e il beccapesci (tutte specie vulnerabili). Il quadro descritto e il passaggio migratorio di quasi tutte le specie di rapaci del Paleoartico occidentale giustifica la elevazione della zona dello Stretto di Messina a sito critico IBA (Important Birds Area) con la necessità di sviluppare strategie di conservazione delle specie e degli ambienti utilizzati dagli uccelli, tra i quali l’ambiente umido costiero della laguna di Capo Peloro, oggi ZPS e Riserva Naturale, e le aree di spartiacque del versante ionico-tirrenico.

Specie migratrici Red List Nome (più frequenti) IUCN (2000) Falco pecchiaiolo Pernis apivorus VU Nibbio bruno Milvus migrans VU Falco pescatore Pandion haliaetus EX Falco di palude Circus aeruginosus EN Albanella reale Circuì cyaneus EX Albanella minore Circus pygargis VU Albanella pallida Circus pygargis VU Poiana Buteo buteo Poiana delle steppe Buteo buteo vulpinus Accipitriforme Accipitridae Gheppio Falco tinnunculus Grillaio Falco naumanni Falco cuculo Falco vespertinus NE Lodaiolo Falco subbuteo VU Falco della Regina Falco eleonorae VU Falco pellegrino Falco peregrinus VU Cicogna bianca Ciconia ciconia LR Cicogna nera Ciconia nigra NE Gru Grus grus EX Specie nidificanti Red List Nome (CR+EN+VU) IUCN (2000) Falco pellegrino Falco peregrinus VU Lanario Falco biarmicus EN Lodaiolo Falco subbuteo VU Coturnice siciliana Alectoris greca withakeri VU Specie svernanti Red List Nome (CR + EN + VU) IUCN (2000) Berta maggiore Calanectris diomedia VU Airone rosso Ardea purpurea EN Volpoca Tardona tardona CR Alzavola Anas crecca EN Cavaliere d’Italia Himanthopus himanthopus VU Occhione Burhinus oedicnemus EN Lucherino Carduelis spinus VU Gabbiano corso Larus audouinii EN Gabbiano roseo Larus genei VU Gabbiano corallino Larus melanocephalus VU Beccapesci Sterna sandvincensis VU Specie di uccelli migratrici, nidificanti e svernanti nell’area dello Stretto e relativa categoria di minaccia. HABITAT ESISTENTI NELLA ZPS ITA030042 Nella ZPS ITA030042 sono presenti numerosi habitat tutelati dalla Direttiva CEE 93/42, alcuni di essi, per le loro peculiarità ambientali in precario equilibrio con l'ambiente circostante antropizzato, rischiano di scomparire, per questo motivo la loro tutela è considerata prioritaria dall'Unione Europea. Tali tipi di habitat naturali prioritari sono contrassegnati da un asterisco (*) Elenco di Habitat presenti nella Zps ITA030042 1. Cod. 1150: *Lagune Costiere 2. Cod. 5330: Arbusteti termo-mediterranei e pre-steppici; 3. Cod. 9340: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia; 4. Cod. 9540: Pinete mediterranee di pini mesogeni endemici; 45

5. Cod. 6220: *Percorsi sub-steppici di graminacee e piante annue dei Thero- Brachypodietea; 6. Cod. 5430: Phrygane endemiche dell'Euphorbio-Verbascion ; 7. Cod. 9330: Foreste di Quercus suber; 8. Cod. 6170: Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine; 9. Cod. 4090: Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose; 10. Cod. 9260: Foreste di Castanea sativa; 11. Cod. 92A0: Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba; 12. Cod. 2110: Dune mobili embrionali; 13. Cod. 1310: Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle zone fangose e sabbiose; 14. Cod. 1410: Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi).

FLORA E VEGETAZIONE Nel presente paragrafo viene messa in evidenza e caratterizzata la biodiversità floristica e vegetazionale presenti nell’area in oggetto. La flora di un territorio è costituita dall’insieme delle specie vegetali che vi vivono. Le specie vegetali stanno alla base del flusso di energia e del ciclo della materia che interessa ogni ecosistema. Le piante costituiscono quindi l’elemento portante per la vita degli altri organismi viventi e per l’equilibrio dell’ecosistema. La conoscenza sul patrimonio floristico di un territorio costituisce uno strumento di base per la conservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali. La flora di un territorio essendo è il risultato di un lungo processo di evoluzione, migrazione, estinzione di taxa ed è strettamente legata al territorio in cui si rinviene, costituendone uno dei connotati più salienti. In questa analisi verrà presa in considerazione la flora vascolare che fa parte delle divisioni delle Pteridofite, Gimnosperme e Angiosperme. La Vegetazione, invece, viene definita come la copertura vegetale di un determinato territorio, ossia l’insieme degli individui vegetali che crescono in un determinato sito nella loro disposizione naturale (Westhoff). La vegetazione è organizzata in unità dette anche fitocenosi o associazioni vegetali, che sono il risultato dell’aggrupparsi delle specie vegetali sulla base delle caratteristiche ecologiche e dei rapporti di concorrenza e di interdipendenza che si creano (Ubaldi, 1997). L’uomo agisce sulla vegetazione con varie attività (pascolo, taglio, incendio, dissodamenti, ecc.) modificandola nella sua struttura e nella sua composizione floristica. Sono presenti in percentuale minore altre specie arbustive i rovi, sinonimo di forte degrado del suolo.

CONSISTENZA DEL PATRIMONIO FLORISTICO RINVENUTO NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO Nella carta Floristica del PDG “Monti Peloritani” il valore floristico risulta nullo. L’area di progetto ricade in 34.36 Pascoli termo-xerofili, mediterranei e sub mediterranei.

Nelle zone limitrofe ad un raggio di 500 m della carta floristica ricadono le seguenti formazioni: 82.3 Seminativi e colture erbacee estensive 86.12 tessuto residenziale rado. 86.11 Tessuto residenziale compatto e denso 83.11 Oliveti 82.3A Sistemi agricoli complessi 86.43 Principali arterie stradali 34.633 Praterie ad Ampelodesmos mauritanica

Ricadenza nella Tav. B7 Valore Floristico. L’area di progetto ricade in una zona con un valore nullo Qui di seguito vengono indicate le principali specie floristiche rinvenute nell’area oggetto di studio e nelle sue immediate vicinanze.

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La zona limitrofa all’area indagata è caratterizzata dalla presenza di vegetazione infestante tipica della zona in stato di abbandono, si tratta di vegetazione di piante erbacee annuali di tipo sinantropico ruderale e nitrofilo. Questa formazione vegetazionale e spesso caotica ed instabile, segue lo sviluppo della cultura e dell'insediamento umano, è caratterizzata da archeofite o da avventizie recenti. Nel lotto di terreno oggetto dei lavori è stata rilevata vegetazione che comprende associazioni ruderali di erbe basse che crescono sui detriti, nelle aie, sotto i muri e lungo le siepi e una piccola prozione di canneto. Sono presenti in percentuale minore altre specie arbustive i rovi, sinonimo di forte degrado del suolo e vi sono alcuni esemplari di alto fusto di Eucaliptus che non saranno coinvolti dal progetto.

SPECIE DI PARTICOLARE INTERESSE GEOBOTANICO Tra le specie che compongono la flora di un territorio alcune assumono particolare interesse naturalistico e geobotanico. Qui di seguito sono quindi riportate tali specie, suddivise per le seguenti tipologie: 1. specie endemiche (specie circoscritte ad una porzione limitata di territorio), 2. specie a rischio d’estinzione. 3. specie contenute in particolari elenchi (Direttive, Cites, ecc.).

SPECIE ENDEMICHE Le specie endemiche costituiscono uno degli elementi più significativo della flora di un determinato territorio; per definizione sono specie circoscritte ad una determinata porzione di territorio. All’interno dell’area in oggetto non viene segnalata la presenza di endemismi.

SPECIE A RISCHIO D’ESTINZIONE La I.U.C.N. (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ha formalizzato in base a criteri oggettivi le categorie che definiscono lo stato di conservazione delle specie viventi (Rizzotto, 1995). In Italia sono state svolte indagini per la valutazione dello stato di conservazione della flora (Scoppola e Spampinato, 2005), che hanno prodotto elenchi di specie a rischio di estinzione. Si tratta in particolare della “Lista rossa della flora d’Italia” (Conti et al., 1992) e delle “Liste rosse regionali della flora d’Italia” (Conti et al., 1997) redatte dal WWF in collaborazione con la S:B:I (Società Botanica Italiana). Nell’area in oggetto non si registra tuttavia la presenza di nessuna entità vegetale a rischio d’estinzione.

SPECIE CONTENUTE NEGLI ALLEGATI CITES La Convenzione Internazionale sul Commercio delle Specie di flora e fauna minacciate di estinzione (C.I.T.E.S.= Convention International Trade Endagered Species), conosciuta anche come Convenzione di Washington (3 marzo 1973), regolamenta il commercio internazionale di piante ed animali minacciati d’estinzione. Nelle Appendici allegate a tale Convenzione internazionale, recepita a livello europeo con il regolamento CEE 338/97, sono riportate le specie animali e vegetali selvatiche di cui è vietato il commercio, l’acquisto e l’esportazione dal paese di origine. Nell’area in oggetto di studio non si registra la presenza di nessuna entità vegetale appartenenti a questa categoria.

CONSISTENZA DEL PATRIMONIO VEGETAZIONALE RILEVATO NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO Nell'area in oggetto non sono presenti tipologie di habitat inserite nell'elenco della ZPS ITA 030042.

. Nel PDG “Monti Peloritani” Tav. B3 Vegetazione - l’area ricade in 30 Vegetazione degli incolti pascolivi

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Nelle zone limitrofe ad un raggio di 500 m sono presenti le seguenti tipologie di vegetazione: . 32 Seminativi e colture erbacee estensive. . 44 Aree edificate con presenza di aree verdi urbane. . 33 Oliveto. . 37 Sistemi Particellari complessi. . 18 Praterie ad Ampeloderma.

LE TIPOLOGIE DI HABITAT PRESENTI NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO L’habitat dell’area d’interesse progettuale nella cartografia PDG “Monti Peloritani” ricade in 34.36 Pascoli termo-xerofili mediterranei e sub mediterranei. La vegetazione delle zona oggetto di studio è condizionata dall’intervento antropico e con basso valore ecologico. In queste aree si includono una grande varietà di situazioni legate ai diversi aspetti ambientali, morfologici e di evoluzione antropica del territorio. L’habitat è caratterizzato da una copertura vegetazionale formata prevalentemente da fitocenosi secondarie: vegetazione sinantropica ruderale. Le attività antropiche hanno determinato una sostanziale modifica del paesaggio naturale determinando o favorendo il costituirsi di aspetti nitrofili, i quali hanno sostituito gran parte della vegetazione originaria. La presenza continua e reiterata di evidenti fenomeni di pressione antropica ha condizionato successivamente l’insediamento e l’accrescimento delle originarie fitocenosi impedendo, di fatto, una loro evoluzione dinamica verso comunità vegetali strutturalmente e fisionomicamente più complesse e naturali. Le specie erbacee presenti, pur non formando popolamenti puri, si sono insediate traendo vantaggio dell'intervento antropico. Nelle zone limitrofe gli habitat ricadenti ad un raggio di 500 m sono:

86.11 Tessuto residenziale compatto e denso 83.11 Oliveti 86.11 Tessuto residenziale compatto e denso 82.3 Seminativi e colture erbacee estensive 82.3A Sistemi agricoli complessi 86.43 Principali arterie stradali 62.20 Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero – Brachypodietea. 34.36 Pascoli termo-xerofili mediterranei e sub mediterranei.

L’area di progetto non possiede infatti una vegetazione floristica di rilevante importanza come visibile dallo stralcio della carta floristica. Per la mappatura delle formazioni naturali e seminaturali riscontrate all’interno dell’area oggetto del presente studio si è fatto uso del sistema ufficiale di classificazione di copertura ed uso del suolo esistente a livello europeo (Corine Land Cover). Per ciascuna classe di habitat viene riportato il relativo codice di identificazione ed una descrizione delle principali caratteristiche fisionomiche ed ecologico-stazionali delle formazioni vegetali. Queste classi vengono qui di seguito riportate (Tab.1) e successivamente descritte: Tab. 1 - Tipologie di habitat riscontrate nell'area oggetto del presente studio, secondo il sistema Corine Land Cover 2000 (in grassetto la tipologia presente nel lotto di terreno oggetto di studio) Codice Uso del suolo 3211 3211 Praterie acide calcaree La classe 3211 in questa classe rientrano aree con presenza di vegetazione prevalentemente di tipo erbaceo e arbustivo. Nelle zone limitrofe ricadenti ad un raggio di 500 m sono stati riscontrati le seguenti tipologie di uso del suolo:

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 1111 Tessuto residenziale compatto e denso  242 Sistemi colturali e particellari complessi  223 Oliveti  1112 Tessuto residenziale rado  1211 Insediamenti industriali ed artigianali  1222 Linee ferroviarie e spazi associati

RICADENZA NELLA TAV. C2 USO SUOLO – HABITAT L’area di progetto ricade nelle seguenti tipologie 3211 Praterie acide calcaree Nelle zone limitrofe ricadenti ad un raggio di 500 m sono stati riscontrati le seguenti tipologie:

 1111 Tessuto residenziale compatto e denso  242 Sistemi colturali e particellari complessi  223 Oliveti  1112 Tessuto residenziale rado  1211 Insediamenti industriali ed artigianali  1222 Linee ferroviarie e spazi associati  6220 Percorsi sub steppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea.

RICADENZA NELLA TAV. D2 INSEDIAMENTI PRODUTTIVI Nella tavola D2 l’area ricade in prossimità di centri abitati di grandi e piccole dimensioni. Nelle zone limitrofe ricadenti nel PDG ad un raggio di 500 m sono stati riscontrati le seguenti tipologie: centri abitati di grandi e piccole dimensioni.

RICADENZA NELLA TAV. B8 VALORE FAUNISTICO L’area di progetto ricade nelle seguenti tipologie di Range medio

RICADENZA NELLA TAV. B4 L’area di progetto ricade nella Tav. B4 Importanza Faunistica con un Valore Importanza alto

RICADENZA NELLA TAV. B6 L’area di progetto ricade nella Tav. B6 Habitat della Specie con un range alto.

ANALISI DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT E DELLE SPECIE PRESENTI ED INDIVIDUAZIONE DEI LIVELLI DI CRITICITÀ Così come richiesto espressamente dalla normativa vigente, per l’analisi della vegetazione si è fatto ricorso alla metodologia fitosociologica (Braun-Blanquet 1964). La indagine fitosociologica individua nella copertura vegetale delle unità discrete dette "associazioni vegetali" o semplicemente fitocenosi, che si differenziano da un lato per la composizione floristica e dall’altro per i peculiari caratteri ecologici. Ciò è da mettere in relazione al fatto che l’ambiente effettua una cernita sul popolamento floristico del territorio consentendo l'insediamento solo delle specie meglio di altre adattate alle specifiche condizioni ambientali. Secondo Braun-Blanquet, l’associazione vegetale va considerata come “un aggruppamento vegetale più o meno stabile nel tempo e in equilibrio con l’ambiente, con una tipica composizione in specie, alcune delle quali (specie caratteristiche) rilevano con la loro presenza una ecologia specifica ed autonoma”. Come già messo in evidenza precedentemente nell’area in oggetto sono presenti per la maggior parte comunità vegetali di tipo seminaturale e/o sinantropico, quali coltivi, questi ultimi derivanti o conseguenza dell’abbandono nei decenni passati delle aree a vocazione agricola.

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Questi risultano oggi in parte ricolonizzati e rinaturalizzati da vegetazione erbacea di tipo sinantropiche; su questi ambienti peraltro è stato esercitato nel corso del tempo una forte pressione antropica che ha determinato nel tempo un impoverimento della ricchezza floristica di tali comunità vegetali pioniere che in tal caso rappresentano uno stadio di successione secondaria; essi sono indice di una trasformazione del paesaggio avvenuta gradatamente in tale area nel corso dei secoli passati. Tipologie di criticità riscontrate nella tav. F2 del Piano di Gestione, nell'area oggetto del presente studio risultano medie.

ANALISI DELL’IMPATTO DIRETTO ED INDIRETTO SUGLI HABITAT. Conclusioni alla luce del Piano di Gestione La diversità biologica (biodiversità), a tutti i livelli, da quello sottospecifico, a quello di specie, di comunità e di ecosistema, è di fondamentale importanza per la continuità della vita sul nostro pianeta. Essa consente agli ecosistemi ed alle specie che li costituiscono di superare i cambiamenti e le avversità ambientali adattandosi alle mutate condizioni. La diversità biologica è una risorsa fondamentale e insostituibile anche per il genere umano, e solo di recente (Convenzione di Rio, 1992) il problema è diventato d'interesse mondiale. Nella convenzione di Rio la biodiversità o diversità biologica viene definita come " ogni tipo di variabilità tra gli organismi viventi compresi tra gli altri gli ecosistemi terrestri, marini ed acquatici e i complessi ecologici di cui essi sono parte; questo comprende la diversità entro la specie e tra specie ed ecosistemi”. La diversità biologica può essere considerata una misura della qualità ambientale di un territorio o di una fitocenosi. In generale, non si registrano significativi impatti diretti o indiretti negativi sulla flora dato che nell’area in oggetto, non si segnala la presenza di specie di particolare interesse naturalistico.

4. ECOSISTEMI Nella zona oggetto di studio sono presenti lembi residui di ecosistemi naturali e seminaturali. L’ecosistema oggetto di studio è condizionato dalla presenza antropica, le specie erbacee presenti, pur non formando popolamenti puri, si sono insediate traendo vantaggio dell'intervento antropico che ha nei secoli eliminato sistematicamente il bosco per aumentare le superfici destinate alle colture agricole. Allo stato attuale l'originario ecosistema della zona ha subito forti pressioni antropiche che hanno alterato lo stadio climax, fase in cui la produzione primaria lorda dell'ecosistema (la sostanza organica prodotta dagli organismi vegetali tramite il processo fotochimico della fotosintesi) è uguale alla respirazione degli autotrofi e degli eterotrofi (con P = R). In seguito a tali fenomeni di disturbo esterni, l'ecosistema ha ripreso la successione ecologica (successione allogena) con una successione di tipo eterotrofa (con P < R), per l’eccessiva presenza di materiale organico, con l'insediamento di nuove specie vegetali calciofile e ipernitrofile. Questo ecosistema attualmente è condizionato da fattori antropici Nella zona oggetto di studio non sono presenti ecosistemi naturali, bensì, in virtù della limitata estensione dell'area e della tipologia di vegetazione presente siamo in presenza di un micro-ecosistema artificiale condizionato dalla presenza antropica che ha completamente degradato la qualità e la consistenza del cotico pabulare. Anche le catene trofiche, visto il contesto ambientale, risultano semplificate e di difficile interpretazione. Si può quindi affermare che questo ecosistema attualmente si trova già condizionato da fattori antropici di disturbo.

ANALISI DEI CORRIDOI ECOLOGICI E DELLE ZONE CUSCINETTO (BUFFER ZONE) Un elemento fondamentale per garantire un’adeguata funzionalità delle diverse unità ecosistemiche è rappresentato dagli elementi di connessione, i cosiddetti corridoi ecologici e dalle zone contigue le fasce di rispetto adiacenti alle aree centrali, le zone cuscinetto, che

50 costituiscono il nesso fra la società e la natura, ove è necessario attuare una politica di corretta gestione dei fattori abiotici, biotici e di quelli connessi con l’attività antropica. Questi possono essere rappresentati da porzioni di habitat idoneo, o da zone di transizione, attraverso cui gli animali si spostano ed entrano in contatto tra sottopopolazioni spazialmente distinte; questo movimento facilita la conservazione delle specie in due modi:  riducendo la probabilità di estinzione casuale locale delle popolazioni ad opera di fluttuazioni demografiche o disturbi ambientali;  rendendo possibile la ricolonizzazione delle aree vicine ed evitando così l’estinzione locale. I corridoi faunistici possono avere funzioni distinte in base alla scala spaziale di riferimento: una scala a livello locale, per assicurare la connessione tra habitat critici all’interno dell’area di attività (home range), l’altra su scala maggiore, per assicurare la connettività tra zone differenti dell’areale di distribuzione. In entrambi i casi sono caratterizzati da assenza di fonti di disturbo e disponibilità di rifugio e copertura. La presenza di questi ambienti di transizione risulta indispensabile laddove la frammentazione degli ambienti, ad opera di barriere edilizie, stradali, autostradali, ferroviarie, ecc., ha portato alla “formazione di un mosaico di biotopi isolati circondati dall’espandersi di terreno inospitale per le specie selvatiche che dipendono dall’ambiente dei boschi” (Fabbri, 1993). Inoltre va tenuto presente che le differenti specie animali utilizzano il territorio su scale diverse: i rapaci, per esempio, percorrono l’intero territorio durante le attività di caccia, frequentando una sorta di mosaico di habitat più o meno idonei; al contrario, i micromammiferi o gli uccelli che vivono nella parte più interna dei boschi sono confinati ad un numero ristretto di tipi di habitat: per queste specie la presenza di habitat di transizione risulta indispensabile. Secondo Levins (1970), infatti, la probabilità per una subpopolazione di estinguersi diminuisce con la riduzione della misura degli habitat e cresce con il maggior isolamento di esse. Da un punto di vista operativo, diventa quindi necessario: identificare i potenziali corridoi nel contesto di un sistema interconnesso di aree critiche e verificarne la funzionalità; tutelare i corridoi pre-esistenti o intervenire con misure di miglioramento ambientale per aumentarne la funzionalità; creare nuovi corridoi laddove non appare assicurata la connettività funzionale tra sottopopolazioni. Occorre inoltre tenere presente che l’efficacia di questi corridoi dipende da:  la distanza che deve essere attraversata (non deve essere superiore al chilometro);  la qualità del corridoio: i corridoi più complessi sono anche i più funzionali;  la quantità e la dimensione di appezzamenti di terreno ospitale accessibili alla popolazione per potersi assicurare la sopravvivenza. Nel caso in esame gli elementi principali che possono favorire i collegamenti sono rappresentati dalle fasce di vegetazione ripariale dei torrenti dei Peloritani e dai lembi residui dei boschi di versante. L’area di progetto si inserisce, come riportato in cartografia ufficiale del PDG nella tavola B5, in un area antropizzata con grado di naturalità nullo poiché ricade “Sistema seminaturale”. Nelle vicinanze ci sono sistemi unami intensivi e sistemi tradizionali.

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CONNESSIONI CON ALTRE AREE PROTETTE Come visibile nelle cartografie del Ministero dell’Ambiente, l’area di progetto non ricade nel sic ITA030011 "Dorsale Curcuraci – Antennamare” e nel Sic ITA 030008 Laguna di Capo Peloro. L'area oggetto di studio non si trova in prossimità di altre aree protette siciliane. L'area protetta più estesa nella provincia di Messina è il Parco dei Nebrodi, istituito il 4 agosto del 1993, ubicato nel cuore della catena montuosa dei monti Nebrodi, ha un'estensione di 85.687 ettari, dista circa 80 km dal’area oggetto di studio La seconda area protetta più importante nella provincia di Messina è il Parco Fluviale dell'Alcantara, indicato anche come Sito d'interesse comunitario (ITA 030036), nel versante ionico, istituito nel 2001, al posto della preesistente Riserva Naturale, ha un'estensione di 1927,48 ettari, perimetra gran parte del bacino idrografico del fiume Alcantara, dista dalla zona oggetto di studio circa 40 km. Le aree protette della provincia di Messina più vicine al sito oggetto di studio sono: - La Riserva Naturale Orientata di Fiumedinisi e M.Scuderi, (Sic ITA 030010),sul versante ionico, istituita il 10 dicembre del 1998, ha un'estensione di 3.543,75 ettari, dista circa 20 km. dalla zona oggetto di studio. - La Riserva Orientata del bosco di Malabotta (Sic ITA030005), sui monti Nebrodi, istuita il 25 Luglio 1997, ha un'estensione di 3.221,97, dista dalla zona oggetto di studio circa 35 km. Nel continente l'area protetta più vicina, con cui solo l'avifauna può collegarsi, è il Parco Nazionale dell'Aspromonte, istituito nel 1989, ha un'estensione di 78.520 ettari, dista in linea d'aria dalla zona oggetto di studio, circa 25 chilometri.

INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI MANTENIMENTO DEL SITO NATURA 2000 L’area di progetto non rientra in nessuna Tipologia di Azioni Strategiche riscontrate nella Tav. F3 nel Piano di Gestione Le ZPS nate inizialmente come IBA, Important Bird Area sono state individuate da Bird Life International e dal partner italiano Lipu.

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L’elenco delle IBA di BirdLife International è fondato su criteri ornitologici quantitativi e riconosciuto dalla Corte di Giustizia Europea (sentenza C-3/96 del 19 maggio 1998) come strumento scientifico per l’identificazione dei siti da tutelare come ZPS. Esso rappresenta quindi il sistema di riferimento nella valutazione del grado di adempimento alla Direttiva Uccelli, in materia di designazione di ZPS. Adottata nel 1979 (e recepita in Italia dalla legge 157/92), la Direttiva 79/409/EEC (denominata “Uccelli”), rappresenta uno dei due pilastri legali della conservazione della biodiversità europea. Il suo scopo è: “la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli stati membri…”. La Direttiva richiede che le popolazioni di tutte le specie vengano mantenute ad un livello sufficiente dal punto di vista ecologico, scientifico e culturale. Un aspetto chiave per il raggiungimento di questo scopo è la conservazione degli habitat delle specie ornitiche. In particolare, le specie contenute nell’allegato I della Direttiva, considerate di importanza primaria, devono essere soggette a particolare regime di protezione ed i siti più importanti per queste specie vanno tutelati designando “Zone di Protezione Speciale”. Lo stesso strumento va applicato alla protezione delle specie migratrici non elencate nell’allegato, con particolare riferimento alle zone umide di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di RAMSAR. La designazione dei siti deve essere effettuata dagli stati membri e comunicata alla Commissione Europea. Questi siti, che devono essere i più importanti per le specie dell’allegato I e per le specie migratrici, fanno fin dalla loro designazione parte della Rete Natura 2000. La Direttiva “Uccelli” protegge tutte le specie di uccelli selvatici vietandone la cattura, la distruzione dei nidi, la detenzione ed il disturbo ingiustificato ed eccessivo. Le IBA (Important Bird Area) sono siti individuati in tutto il mondo, sulla base di criteri ornitologici applicabili su larga scala, da parte di associazioni non governative che fanno parte di BirdLife International. In Italia L’elenco delle IBA è stato redatto dalla LIPU che dal 1965 opera per la protezione degli uccelli del nostro paese. La prima pubblicazione dell’inventario IBA Italiano risale al 1989 mentre nel 2000 è stato pubblicato, col sostegno del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, un secondo inventario aggiornato. Negli stessi anni sono stati anche pubblicati il primo ed il secondo inventario IBA europeo. Le IBA vengono individuate essenzialmente in base al fatto che ospitano una frazione significativa delle popolazioni di specie rare o minacciate oppure che ospitano eccezionali concentrazioni di uccelli di altre specie. L’approccio per siti che sta alla base del concetto di IBA (e alla base di molti strumenti di conservazione come le aree protette e la Rete Natura 2000) non è sempre del tutto adeguato. Esso funziona molto bene per specie che raggiungono elevate concentrazioni in pochi siti facilmente individuabili. Questo è il caso ad esempio per gli uccelli coloniali e per molti uccelli acquatici. Altre specie, viceversa, hanno una distribuzione diffusa (anche se magari a bassa densità) e risulta quindi difficile individuare siti di particolare rilevanza per la loro conservazione. Ciò significa che nessun approccio per siti sarà del tutto sufficiente a garantire la sopravvivenza di tutte le specie. Sono infatti necessari anche approcci complementari, come le misure di conservazione specie-specifiche, e soprattutto risulta importante garantire la qualità dell’ambiente anche al di fuori delle aree prioritarie. L’approccio per specie è comunque utile anche per gran parte delle specie a distribuzione diffusa. Scegliendo adeguatamente le aree più rappresentative e meglio conservate e gestendole in funzione delle specie rare e minacciate si può comunque garantire un grado di tutela almeno a parte della popolazione di tutte le specie. In questo modo le IBA individuate sulla base delle specie rare, localizzate o che tendono a concentrarsi in grandi assembramenti, tendono ad ospitare anche importanti frazioni delle popolazioni delle specie a distribuzione più diffusa.

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SIC

Nell’individuazione dei siti, l’approccio del progetto IBA si basa principalmente sulla presenza significativa di specie considerate prioritarie per la conservazione (oltre ad altri criteri come la straordinaria concentrazione di individui, la presenza di specie limitate a particolari biomi, ecc). A tale scopo sono utilizzati essenzialmente due strumenti. Il primo è costituito dalla cosiddetta classificazione “SPEC” (Species of European Conservation Concern) elaborata da BirdLife International e pubblicata in Tucker & Heath 1994. Questo studio complessivo e dettagliato dello stato di conservazione dell’avifauna europea individua quattro livelli di priorità per la conservazione. Il primo livello (SPEC1) è costituito dalle specie globalmente minacciate, il secondo (SPEC2) dalle specie con stato di conservazione sfavorevole in Europa e concentrate in Europa, il terzo (SPEC3) dalle specie con stato di conservazione sfavorevole in Europa ma non concentrate in Europa ed in fine il quarto (SPEC4) costituito dalle specie con stato di conservazione favorevole ma interamente concentrate in Europa (e per le quali l’Europa ha quindi una responsabilità primaria). Il secondo strumento è costituito dall’Allegato I della Direttiva “Uccelli” che elenca le specie considerate prioritarie dalla Direttiva stessa. Per valutare se un sito può qualificare o meno come IBA si applica una serie di soglie percentuali di presenza di individui delle varie specie, riferite ai diversi ambiti geografici (regione amministrativa, paese, flyway, regione biogeografica, ecc.) Altri criteri, come già menzionato, valutano il superamento di soglie numeriche assolute considerate significative per i grandi assembramenti di uccelli, la presenza rilevante di specie interamente distribuite all’interno di un particolare bioma e quindi considerate indicatrici dello stesso e la presenza di specie endemiche. I vari criteri IBA permettono di classificare i siti come importanti a livello mondiale o regionale (grandi regioni biogeografiche/ scala continentale). Proprio in funzione dell’utilizzo delle IBA come riferimento per l’applicazione della Direttiva “Uccelli”, il progetto IBA europeo prevede una terza classe di criteri (individuati con la lettera C, vedere nel capitolo“Metodi”) che individuano i siti importanti a livello dell’Unione Europea. Nel caso di questi criteri le soglie numeriche fanno riferimento alla popolazione dei paesi appartenenti alla U.E. mettendo in risalto l’importanza del sito nel raggiungimento degli obbiettivi della Direttiva comunitaria e nel rispetto degli obblighi che da essa derivano. Il territorio Monti Peloritani, (Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area Marina dello Stretto di Messina) è una zps in base al fatto che: - è un’ area di importanza mondiale per l’ avifauna ed al tempo stesso è un’ area importante a livello europeo (continente) e rilevante nell’ Unione Europea - è un sito che ospita o è idoneo ad ospitare gruppi di specie la cui distribuzione è limitata, in larga parte o interamente a dei biomi. - Il sito è un “collo di bottiglia” (bottle-neck) con un passaggio migratorio primaverile o autunnale di oltre 20.000 cicogne, rapaci o gru. Specie qualificanti per la ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area Marina dello Stretto di Messina” SPECIE NOME SCIENTIFICO STATUS CRITERIO Magnanina Sylvia undata B A3

(“Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS sulla base della rete delle IBA (Important Bird Areas)” , A. Brunner C. Celada P. Rossi M. Gustin, LIPU- BirdLife Italia). specie (non qualificanti) prioritarie per la gestione: 1. Aquila del Bonelli (Hieraetus fasciatus) 2. Aquila reale (Aquila chrysaetos) SPECIE 54

3. Lanario (Falco biarmicus) 4. Pellegrino (Falco peregrinus) 5. Coturnice (Alectoris graeca) criteri qualificanti la ZPS: A3, A4 IV, B1 IV, C5. A3: questo criterio riguarda i gruppi di specie limitate ai biomi, quando presente individua un sito che ospita o è idoneo ad ospitare gruppi di specie la cui distribuzione è limitata, in larga parte o interamente a dei biomi. A4 IV: il criterio riguarda siti peculiari per le specie gregarie. Il sito è un “collo di bottiglia” (bottle - neck) con un passaggio migratorio primaverile o autunnale di oltre 20.000 cicogne, rapaci o gru. B1 IV: la categoria B1 riguarda siti importanti per le specie gregarie. Il sito è un “collo di bottiglia” (bottle-neck) con un passaggio migratorio primaverile o autunnale di oltre 5.000 cicogne, o più di 3.000 rapaci o gru. C5: la categoria C5 riguarda i siti considerati colli di bottiglia. Coincide con il criterio B1 IV. Status B nidificante migratore W svernante Lo Stretto di Messina, famoso per la migrazione dei rapaci e delle cicogne offre in realtà la possibilità di osservare decine e decine di specie, dai passeriformi agli uccelli marini, dai limicoli ai laridi e altro ancora. La check-list dell'area conta un totale di tutto rispetto di più di 260 specie; tra queste numerosi sono gli accidentali: Pellicano bianco (sino a 4 ind. assieme), la Pavoncella gregaria o Chettusia gregaria, la Monachella dorsonero, il Culbianco isabellino, l'Uccello delle tempeste codaforcuta, l'Orchetto marino, la Pulcinella di mare, il Cuculo dal ciuffo, l'Usignolo d'Africa, Pigliamosche pettirosso e altri ancora. Fare una lista di tutte le specie osservabili sarebbe troppo lunga, così si riportano di seguito in ordine sparso solo alcune delle osservazioni usuali. Sui Monti Peloritani è notevole il numero di passeriformi che si osservano, sia in migrazione che nidificanti, così su ogni spuntone roccioso o casa diroccata si vede il Passero solitario (che vi nidifica) e più di rado splendidi esemplari di Codirossone. La fitta macchia mediterranea ospita in gran numero le Sterpazzoline, la Magnanina, la Sterpazzola di Sardegna, la Sterpazzola, nonché ovviamente l'Occhiocotto, l'Usignolo di fiume, il Beccamoschino e tutte le specie di macchia. I vari boschetti misti delle colline offrono riparo per la sosta a Balie nere e dal collare, Canapini maggiori e più raramente Canapini, e poi Pigliamosche, Upupe, Rigogoli, Cuculi, Assioli, Torcicolli ecc. Le zone cespugliose o aride sono un ottimo posto per osservare le Monachelle (entrambe le sottospecie), le Averle Capirosse, Stiaccini, Culbianchi, Calandri, Prispoloni, Zigoli neri e muciatti, Calandrelle, decine di Gruccioni e così via. I boschi di pino e quercia di più alta quota, sono caratterizzati dalla presenza di centinaia di passeriformi come cince varie, Fiorrancini e Regoli, Crocieri, l'interessantissimo e distintivo Codibugnolo di Sicilia (considerato sottospecie A.c.siculus ma che ha tutte le carte in regola per essere assurto a specie distinta), le Tordele, nonché rapaci notturni come Allocco, Gufo comune, Barbagianni e Civetta. Presenti anche il Picchio rosso maggiore e il muratore, e il Rampichino. A Torre Faro e Ganzirri; frequentissime sono le osservazioni di Berte minori e numerosi i gabbiani con, tra i più comuni, Gabbiano corso, Zafferano, Gabbiani rosei e corallini, Labbi o Stercorari mezzani all'inseguimento di una di queste specie nel tentativo di rubare la preda. Non mancano le sterne come la Sterna maggiore, il Beccapesci e, raramente, la Sterna zampenere. Talvolta numerosi sono ardeidi di passaggio, soprattutto Garzette, ma anche Nitticore, Aironi rossi e cenerini e Sgarze ciuffetto. A volte passano le Gru o i Mignattai, di frequente le Spatole. Assolutamente spettacolare ed unico poi è il passaggio continuo di passeriformi di molte specie e di Rondini a cui spesso si associano R. rossiccie, Topini e Balestrucci, migliaia anche i fringillidi con grossi stormi di vocianti Cardellini, Verzellini, Fanelli, Fringuelli e di rado Lucherini. È possibile osservare Culbianchi e le Monachelle, Cutrettole di ogni sottospecie e non è raro imbattersi in qualche magnifico Succiacapre.

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Nei laghi di Ganzirri è possibile osservare limicoli e ardeidi, Cormorani, Svassi vari e Mignattini e altri acquatici. Le cicogne sono quelle specie di avifauna che in nessuna altra parte d'Italia si vedono in egual numero con conteggi per ogni primavera di sino a 380-400 Cicogne bianche (gruppi anche di 130 ind.) e 70+ C.nere (max. di 15-20 assieme). Lo Stretto è famoso soprattutto per i rapaci che lo usano come braccio più corto di mare per arrivare sulla penisola. Se il numero di individui non è molto elevato rispetto a siti più conosciuti come Eilat, Gibilterra o Bosforo (ma è pur sempre il più alto in Italia e tra i più alti in Europa), certo è notevole il numero di specie che vi è stato osservato; sono infatti ben 39 le specie in tutto segnalate, ossia quasi tutte quelle del Paleartico Occidentale. Tra queste certo si annoverano singole osservazioni e dati storici come il Gipeto, il Nibbio Bianco, l'Aquila di mare e probabilmente l'Avvoltoio monaco (non incluso però nelle 39 specie per l'incertezza dei dati) e specie accidentali quali Sparviero levantino (un ind. nel 1893 e 1 maschio nell'aprile 1989), Aquila delle steppe (segnalata 2 o 3 volte), Aquila imperiale (c.6 volte), Aquila del Bonelli (alcune volte), Poiana calzata (2 volte), Falcone di Barberia (1 maschio adulto nell' aprile 1998), Astore (almeno 4 o 5 segnalazioni) e il Grifone (1 o 2 segn. recenti). Esclusi però gli accidentali sono comunque 27 le specie che si vedono ogni anno o quasi tutti gli anni (alcuni irregolari). La più abbondante è di certo il Falco pecchiaiolo con max. di 22.000-28.000 individui ogni primavera, seguito dal Falco di palude con max. di 3.300+ , il Nibbio bruno con max. di 1.000+ (ma rarissimo invece il reale con pochi ind.), il Gheppio con 1.300+ individui. Oltre a queste specie che la fanno da padrone, assolutamente unico e spettacolare il numero di Albanelle, senza uguali in Europa; tra 200 e un max. di 700+ Albanelle minori, tra 40 e 100+ reali e tra 10 e 100+ A.pallide. Quest'ultima specie ha sullo Stretto di Messina in assoluto la più importante zona di migrazione del Paleartico Occidentale ed è il sito dove è di gran lunga più facile osservarla. Davvero ragguardevole il numero di Falchi cuculi contati annualmente con un minimo di 100+ ind. ed un massimo, record paleartico, di oltre 6.900 nel 1992 (di cui il 90% in un solo pomeriggio). Diversi anche i Grillai osservati con max. di 60-100 individui. Svernando in Sud Africa in gruppi misti con le altre due specie, non sorprende che qualche isolato individuo venga "catturato" al momento della migrazione nei grossi stormi di Falchi cuculi occidentali e che prosegua il viaggio con questi passando sullo Stretto. Molto comune è poi il Lodolaio (+ di 80-200 per stagione), più raro lo Smeriglio, frequente sebbene scarso il Falco della Regina (5-45 ind.) e il Pellegrino, raro il Lanario (1-4) e ancor più il Sacro (1 o 2 quasi ogni anno). Ogni anno entusiasmante è l'apparizione di qualche Aquila anatraia, che tiene col fiato sospeso tutti per la su identificazione; possono capitare entrambe le specie ma è la minore ad essere più regolare. Tra le "aquile" sono osservabili diversi individui di Aquila minore (sia scure che chiare) e di Biancone, mentre non sono mancati eccezionali osservazioni di Aquila del Bonelli. Sulle pendici dei monti spesso volteggia l'Aquila reale e qualche immaturo erratico passa lo Stretto; in una occasione abbiamo osservato 4-5 ind. assieme. Diversi i Falchi pescatori, pochi invece i Nibbi reali. Lo Sparviere nidifica in zona con poche coppie e qualche ind. in migrazione si vede ogni tanto. Poche sono le Poiane comuni di passaggio (forse meno delle nidificanti in zona) ma sul fronte Buteo arriviamo ad un altro vanto dello Stretto: questa rotta migratoria infatti è l'unica di tutta l'Europa centro-occidentale usata regolarmente dall Poina delle steppe (B.b.vulpinus) (sino a 22 ind.) e dalla Poiana codabianca (sino a 13), il Capovaccaio, sino ad un massimo di 15 con un "record" di 4 ind. in volo assieme. Frammisto ai gruppetti di F.cuculi e Grillai, arrivano poi ogni tanto, accidentalmente, alcuni individui del falco: il Falco cuculo orientale (Falco amurensis) di cui abbiamo almeno 4 osservazioni tra il 1995 e il 1998. Il Falco pecchiaiolo è di gran lunga la specie più comune, seguita dal Falco di Palude e dal Nibbio bruno, ma lo Stretto di Messina è anche molto importante per l’Albanella pallida, il Grillaio, il Lodolaio, e si possono osservare anche il Falco della Regina, la Poiana codabianca, la Poiana delle Steppe, l’Albanella minore, il Gheppio, il Capovaccaio, il Falco pellegrino, l’Aquila minore, la Cicogna bianca e quella nera.

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Un totale a tutt’oggi di 40 specie diverse, incluse alcune accidentali come l’Aquila imperiale, il Falco sacro, l’Aquila anatraia maggiore e la minore, il Nibbio bianco. Naturalmente ogni specie possiede un proprio periodo di maggiore transito: aprile è ricco di specie diverse, anche rare, ma in numeri bassi. I più precoci sono i Falchi di palude e le albanelle, che presentano il picco già agli inizi di aprile. Le prime settimane di maggio solitamente regalano grandi numeri ma poca varietà di specie: anche 3.000/5.000 rapaci in un solo giorno, di cui il Falco pecchiaiolo costituisce la grande maggioranza. Ovviamente, le condizioni meteorologiche, in particolare i venti, influenzano il passaggio e possono bloccare la migrazione anche per diversi giorni, come succede con il vento forte da sud-est. Oppure possono creare le condizioni per un grande e meraviglioso passaggio concentrato (record assoluto finora: 9.727 rapaci il 5 maggio del 2000). Di seguito vengono riportati il grafico periodo (1984-2012) e la tabella relativa all’avifauna di importanza prioritaria, presente nella Zps, i che si riferisce ad un periodo di nove anni, dal 2001 al 2011. Il numero totale dei rapaci censiti è salito dai 3.198 contati nel 1984, primo anno del campo, fino ai quasi 40.000, e anche di più, registrati negli ultimi anni, dei quali oltre 35.000 Falchi pecchiaioli.

Figura 1. grafico peroiodo 1984-2012 dati migrazione

Naturalmente ogni specie possiede un proprio periodo di maggiore transito: aprile è ricco di specie diverse, anche rare, ma in numeri bassi. I più precoci sono i Falchi di palude e le albanelle, che presentano il picco già agli inizi di aprile. Le prime settimane di maggio solitamente regalano grandi numeri ma poca varietà di specie: anche 3.000/5.000 rapaci in un solo giorno, di cui il Falco pecchiaiolo costituisce la grande maggioranza. Ovviamente, le condizioni meteorologiche, in particolare i venti, influenzano il passaggio e possono bloccare la migrazione anche per diversi giorni, come succede con il vento forte da sud-est. Oppure possono creare le condizioni per un grande e meraviglioso passaggio concentrato (record assoluto finora: 9.727 rapaci il 5 maggio del 2000). Nella Figura seguente si riporta la tabella relativa ai censimenti 2000 - 2012

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Figura 2. Censimenti 2000 2012 dati migrazioni.

SPECIE CARATTERIZZANTI L’AREA INTERESSATA DAL PROGETTO Non esistendo studi specifici, né dati di tipo puntuale che permetterebbero la descrizione dello status del patrimonio avifaunistico dell’area oggetto del presente studio ci si basa sulle presenze possibili/certe. La particolare posizione dell’appezzamento di terreno, che viene a trovarsi in un’area che si affaccia sullo Stretto di Messina, corridoio di migrazione per molte e varie specie di avifauna (rapaci, cicogne, ecc.), rendono questo luogo idoneo: sia ad un utilizzo stabile da parte di molte specie di passeriformi presenti durante tutto l’arco dell’anno, sia come sito di transito durante il passaggio migratorio: primaverile ed autunnale, ma attualmente il lotto di terreno si presenta degradato non idoneo ad ospitare avifauna. Per l’avifauna viene riportata una tabella basata sulle presenze possibili/certe a completare il quadro reso dai dati tabellari della ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area Marina dello Stretto di Messina”, tratti da: “Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS sulla base della rete delle IBA (Important Bird Areas)” A. Brunner C. Celada P. Rossi M. Gustin, LIPU - BirdLife Italia. Per analizzare l’avifauna presente si è ritenuto utile ricorrere alla costruzione di tavole sinottiche tematiche, non esistendo studi specifici, né dati di tipo puntuale che permetterebbero la descrizione dello status del patrimonio avifaunistico dell’area oggetto del presente studio. Per la costruzione di queste tabelle sono state utilizzate: osservazioni dirette, diverse fonti bibliografiche che riguardano la distribuzione e la consistenza sul territorio italiano delle specie, abitudini, e il tipo di ambiente abitato. In ogni tabella sono state considerate, per ogni specie:  le presenze certe, ottenute da: sopralluoghi e da notizie bibliografiche;  le presenze possibili, ricavate dallo studio delle condizioni caratteristiche dell’area, topografia, uso del suolo, tipo di vegetazione presente, che potenzialmente possono essere adatte alle esigenze ecologiche delle specie considerate. 58

Grado di certezza Altitudine ORDINE Nome della specie della presenza In metri Habitat Specie nell’ area s.l.m. COLUMBIFORMES Tortora Streptopelia turtur POSS 0-600 zone collinari Tortora dal collare Streptopelia ambienti collinari urbani, rurali e CER 0-1000 orientale decanto agricoli PASSERIFORMES Balestruccio Delichon urbica CER 0-1800 zone urbane rurali zone aperte, coltivi, coste, rive di Ballerina bianca Motacilla alba alba CER 0-1000 torrenti e fiumi zone aperte, coltivi, coste, rive di Ballerina gialla Motacilla cinerea CER 0-700 torrenti e fiumi Capinera Sylvia atricapilla CER 0-1800 macchia mediterranea Cardellino Carduelis carduelis CER 0-1800 aree verdi urbane boschi decidui, misti, parchi, Cinciallegra Parus major CER 0-400 giardini boschi decidui, misti, parchi, Cinciarella Parus caerulesu CER 0-600 giardini Phoenicurus Codirosso POSS 0-1000 boschi, parchi, periferie urbane phoenicurus Codirosso Phoenicurus CER 0-1000 zone urbane e rurali spazzacamino ochruros Corvus corone Cornacchia grigia CER 0-1500 ampia valenza ecologica cornix zone aperte, coltivi, rive di torrenti Cutrettola Motacilla flava CER 0-400 e fiumi Carduelis Fanello CER 0-2000 zone aperte e soleggiate cannabina Fringuello Fringilla coelebs CER 0-1800 boschi, giardini, parchi, coltivi ambienti aperti con alberature Gazza Pica pica CER 0-1500 sparse Phylloscopus Luì piccolo POSS 0-1000 parchi, boschi aperti, zone urbane collybita Merlo Turdus merula CER 0-1500 ambienti alberati o semi alberati Sylvia macchia mediterranea, parchi, aree Occhiocotto CER 0-700 melanocephala suburbane Passera d’Italia Passer italiane CER 0-2000 aree urbane e suburbane parchi, giardini, aree agricole, zone Passera mattugia Passer montanus CER 0-1400 suburbane e ubrane ambienti boschivi, giardini, parchi, Pettirosso Erithacus nubecola CER 0-1500 sieipi Pigliamosche Mucicapa striata CER 0-1800 boschi aperti, parchi e giardini Rondine Hirundo rustica CER 0-1400 zone urbane rurali Saltimpalo Saxicola Torquata CER 0-1000 zone aperte prative Troglodytes Scricciolo CER 0-2300 ampia valenza ecologica troglodytes Sterpazzola Sylvia communis POSS 0-1900 zone cespugliate aperte Sterpazzolina Sylvia cantillans CER 0-600 zone cespugliate aperte, querceti Verdone Carduelis chloris CER 0-1850 aree verdi urbane ambienti aperti alberati, aree verdi Verzellino Serinus serinus CER 0-1800 urbane vegetazione bassa, fitta lungo Usignolo di fiume Cettia cetti POSS 0-800 fiumi e canali

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FENOLOGIA SPECIE AVIFAUNA GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC Buteo buteo Falco tinnunculus Alectoris graece whitakeri Rallus aquaticus Gallinula chloropus Columba palumbus Cuculus canorus Tyto alba Otus scops Athene noctua Strix aluco Caprimulgus europaeus Apus apus Upupa epops Jynx torquilla Picoides major Calandrella brachydactyla Galerida cristata Delichon urbica Motacilla cinerea Motacilla alba Troglodytes troglodytes Erithacus rubecula Luscinia magarhynchos Saxicola Torquata Oenanthe oenanthe Monticola solitarius Turdus merula Turdus viscivorus Cettia cetti Cisticola juncidis Sylvia cantillans Sylvia melanocephala Sylvia atricapilla Phylloscopus collybita Regulus ignicapillus Muscicapa striata Aegithalos caudatus siculus Parus ater Parus caeruleus Parus major Certhia brachydactyla Lanius senator Garrulus glandarius Pica pica Corvus monedula Corvus corone Corvus corax Passer hispaniolensis Passer montanus Fringilla coelebs Serinus serinus Carduelis chloris Carduelis carduelis Carduelis cannabina Emberiza cirlus Miliaria calandra Fenologia delle specie presenti. fonte: LO VALVO et al. (1993) periodo riproduttivo mesi in cui sono presenti popolazioni svernanti provenienti da aree extrasiciliane mesi di migrazione periodo pre- o post-riproduttivo, periodo di estivazione della specie migratrice non nidificante o di svernamento parziale o totale delle specie sedentaria assenza della specie

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Fenologia delle specie presenti. fonte: LO VALVO et al. (1993)

.

NOME SPECIFICO

AREE

PRATI

ARATI

COSTE

UMIDE

BOSCHI

DECIDUI

PASCOLI

MOSAICI

TERRENI

SEMPREV

MACCHIA

VEGETAZ

CONIFERE

QUERCETI ARBORETI MEDITERR

Buteo buteo 25.7 17.7 33.7 18 10.7 7.8 4.8 13.1 7.6 27.7 Falco tinnunculus 56 31.4 60.5 49.7 10.5 15.3 4.5 22.6 17.5 31.5 Alectoris graece whitakeri 8.9 Rallus aquaticus Gallinula chloropus 25.4 Columba palumbus 13.3 11.1 58.6 34.9 20.8 22.2 Cuculus canorus Tyto alba 6.7 3.9 4.5 Otus scops 16.7 Athene noctua 7.7 7.6 8 10.8 Strix aluco 11.8 8.3 12.5 Caprimulgus europaeus Apus apus Upupa epops 4.3 5.3 Jynx torquilla 13.9 9.7 7.9 8.9 23.4 Picoides major 26.7 27.5 10.5 Calandrella brachydactyla Galerida cristata 61.9 54.6 54 31.6 40.6 10 31.5 Delichon urbica Motacilla cinerea 5.8 15.8 8.5 13.7 2.3 Motacilla alba 61.6 18.9 37 18.6 29.3 63.5 43.5 Troglodytes troglodytes 8.7 33.8 55.8 63.2 45.6 25 14.4 Erithacus rubecula 49.2 46.1 86.3 90 78.5 70.6 57 100 36.5 41.8 Luscinia magarhynchos Saxicola Torquata 63.1 37.2 48.2 37.2 9.4 14.6 41.2 Oenanthe oenanthe Monticola solitarius 11.7 10.6 6.1 Turdus merula 21.4 37.6 49.3 81.9 79.5 78.6 74.1 81.9 12.2 13.4 Turdus viscivorus 5.3 10.6 9.8 8.3 Cettia cetti 9.2 31.6 6.1 28.1 Cisticola juncidis 29.1 16.4 10 10.6 10.3 6.1 16.9 Sylvia cantillans 4.3 Sylvia melanocephala 34.4 15.2 57.9 65.8 21.5 57.4 12.2 24.5 Sylvia atricapilla 11.7 15 21.8 11.7 41.8 38.4 1.1 Phylloscopus collybita 12.7 9 34.7 39.1 25.4 27.4 40.6 53.1 31.5 Regulus ignicapillus 24.2 19.5 8.7 Muscicapa striata Aegithalos caudatus siculus 4.4 20.4 49.7 Parus ater 12.6 37.3 13.1 Parus caeruleus 19.8 10.6 80.4 68.6 31.2 23.9 Parus major 22.9 13.3 49.3 23.6 63.9 62.8 71.1 70.6 Certhia brachydactyla 12.7 57.1 49.3 46.1 24.6 Lanius senator Garrulus glandarius 6 16 18.6 50.6 48.6 14.9 13.9 Pica pica 65.3 18.3 44.5 44.7 18 35.4 63.7 60 9.8 29.9 Corvus monedula 24.1 22.7 39.6 12.7 34.7 4.5 3.1 Corvus corone 54.4 45.5 56.9 11.1 44.6 49.3 45.2 40.9 6.1 36.6 Corvus corax 9.9 8.9 32.8 25 6.7 Passer hispaniolensis 91.6 42 48.1 13 11.1 14 67.8 41.1 37.7 Passer montanus 4.3 4.4 5 10 Fringilla coelebs 53.2 73.1 88.8 61.4 76.5 57 78.2 95.6 41 17.5 Serinus serinus 23.6 17.3 27.4 13 21.3 16.3 19.3 79.8 9.1 Carduelis chloris 4.3 7.2 11.6 8 12.4 8 18.2 38.3 10 1.9 Carduelis carduelis 73 67.3 76.7 36.6 23.3 19.8 15 71.3 16 31.5 Carduelis cannabina 30.9 54.4 30.2 31.6 5.5 8.3 34.5 54.8 16 26.9 Emberiza cirlus 21 32.9 45.9 54.7 19.5 7.7 8.9 14.5 12.6 Miliaria calandra 57 47.1 40.9 24.1 10.8 5.6 26.9 Frequenza media delle specie presenti nelle differenti tipologie ambientali. fonte: LO VALVO et al. (1993)

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5. FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO: IMPATTI DIRETTI Un aspetto dell’incidenza diretta dell’opera oggetto di questo studio sulla fauna è rappresentato dalla sottrazione di suolo. Si può fare una distinzione fra: una sottrazione di tipo permanente e una temporanea. La prima viene riferita alla rimozione fisica di suolo dovuto alla presenza dell’opera stessa e per la fascia di pertinenza che viene di norma alterata durante i lavori di costruzione. La sottrazione temporanea di suolo si riferisce alle aree interessate dallo scotico di suolo per le attività di costruzione, in una fascia attorno all’opera, per i siti di cantiere e di cava, che sono oggetto, al termine della fase di costruzione, di interventi di recupero ambientale che solo in parte riacquistano l’originale valenza ecosistemica. Da ciò deriva quindi, una eliminazione di vegetazione e quindi una diminuzione fisica della superficie del biotopo.

IMPATTI INDIRETTI Gli effetti indiretti sono dovuti a: 1. frammentazione di habitat, ossia ad una recisione di corridoi ecologici e un aumento della frammentazione e dell’ isolamento dei biotopi di pregio che porta ad un’ alterazione nella capacità di funzionamento dei diversi habitat ed ad una diminuzione di connettività fra gli stessi che può modificare le dinamiche vitali delle popolazione delle specie presenti. 2. Sottrazione diretta di habitat alla fauna. La conseguenza della frammentazione degli ecomosaici, produce una riduzione delle superfici utilizzate, nell’ habitat naturale, come “home range”, ossia superfici impiegate per l’ espletamento delle funzioni vitali (riposo, alimentazione, rifugio, riproduzione), a disposizione delle specie presenti. Inoltre le aree frammentate identificano un ambiente che presenta notevoli differenze rispetto a quello originario, in termini di:  alterazione locale del microclima;  cambiamento delle condizioni locali di esposizione alla luce;  potenziale modificazione del ciclo interno delle acque.  Interferenze con gli spostamenti della fauna (effetto barriera). L’opera oggetto del presente studio e le relative infrastrutture di servizio (aree e strade di cantiere) costituiscono elementi in grado di interrompere la continuità ambientale del territorio producendo “effetti barriera” nei confronti di numerose specie. Possono venire intercettati dei corridoi preferenziali stagionali e giornalieri di spostamento, con alterazioni nei modelli comportamentali e negli itinerari funzionali alla nutrizione e alla riproduzione. Le infrastrutture viarie connesse possono poi determinare impatti diretti sugli animali in attraversamento, quali schiacciamenti e urti. 4. Dispersione di inquinanti: ci si riferisce essenzialmente all’emissione di inquinanti da gas discarico, all’eventuale inquinamento delle acque di drenaggio, allo sversamento accidentale di inquinanti durante le fasi di cantiere. 5. Inquinamento acustico e vibrazioni Il rumore e le vibrazioni prodotte durante le fasi di cantiere possono determinare disturbo alla fauna da fonoinquinamento. 6. Disturbo dovuto alla frequentazione antropica La crescita dell’utilizzo del territorio, indotto dalla realizzazione di queste opere, potrebbe interferire negativamente con il mantenimento di un corretto equilibrio ambientale. A questi effetti maggiori si devono poi aggiungere effetti meno visibili, per esempio la creazione di superfici ecosistemiche di origine antropica.

IMPATTI IN FASE DI COSTRUZIONE ED IN FASE DI ESERCIZIO Gli effetti, diretti e indiretti sinora analizzati sono da considerarsi sia in fase di realizzazione del progetto che in fase di esercizio.

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IMPATTI A BREVE TERMINE Questo genere di impatti riguarda le azioni di disturbo precedentemente individuate per i lavori necessari durante la fase di costruzione, ovvero nella fase cantieristica. IMPATTI A LUNGO TERMINE Gli effetti a lungo termine sono rappresentati dalle perturbazioni precedentemente descritte al ciclo vitale delle specie faunistiche ed avifaunistiche locali.

FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO SULL’ INTEGRITÀ DEL SITO NATURA 2000 In seguito agli impatti potenzialmente individuati: . perturbazione alle specie, . variazioni nella densità delle specie, . variazioni nel numero di specie che popolano la zona, . perdita di habitat, . frammentazione di habitat, sulle specie di fauna e di avifauna per le quali la zona è stata classificata come ZPS, viene meno l’ integrità del sito per ciò che concerne la sua struttura e le sue funzionalità ecologiche, nell’ area interessata dal progetto. Si possono considerare forme di degrado fisico le riduzioni e le frammentazioni di habitat utile per le varie specie di avifauna.

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6 ANALISI AMBIENTALE DI INCIDENZA CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE L’analisi ambientale di incidenza, accertato già in fase preliminare, che il progetto/piano in esame non è direttamente connesso o necessario alla gestione del sito Natura 2000, procede ad identificare la potenziale incidenza indotta sul sistema ambientale e la significatività degli impatti. La valutazione degli impatti è stata effettuata utilizzando una semplice matrice “azioni di progetto/ricettore”. Nella matrice vengono quindi individuati gli impatti derivanti dalla realizzazione degli interventi previsti dalle opere in progetto e sinteticamente valutata la modificazione del livello di qualità delle diverse componenti ambientali in relazione alle potenziali interferenze. La metodologia cui si è fatto riferimento per la definizione della scala di valutazione degli impatti, con gli opportuni adattamenti correlati alla situazione in esame, è quella proposta da Bresso et al. (1985). La classificazione degli impatti adottata sintetizza la valutazione di tre diversi parametri e precisamente:  il livello di incidenza (lieve/rilevante) degli impatti che è dato dalle dimensioni dei domini di interferenza dell’opera in progetto; tale “livello di incidenza” deriva dalla stima degli aspetti quantitativi caratteristici delle diverse componenti ambientali con cui interferiscono le singole azioni di progetto. Ad esempio con questo parametro di valutazione si sottintende l’entità delle superfici interessate dalla sottrazione diretta di vegetazione spontanea oppure il numero di specie faunistiche sensibili disturbate oppure le dimensioni delle unità ecosistemiche caratteristiche interferite, ecc;  la durata del periodo (breve termine/lungo termine) durante il quale gli impatti vengono esercitati dalle diverse azioni di progetto;  la reversibilità degli effetti stessi (reversibile/non reversibile). Durata Entità degli impatti Irreversibile reversibile a lungo termine reversibile a breve termine molto rilevante 6 5 4 rilevante 5 3 2 lieve 4 2 1 Definizione dei livelli di impatto 1 incidenza lieve / reversibili / breve termine 2 incidenza rilevante / reversibili / breve termine incidenza lieve / reversibili / lungo termine 3 incidenza rilevante / reversibili / lungo termine 4 incidenza molto rilevante / reversibili / breve termine incidenza lieve / irreversibili 5 incidenza molto rilevante / reversibili / lungo termine incidenza rilevante / irreversibili 6 incidenza molto rilevante / irreversibili Scala di valutazione di intensità degli impatti È stata quindi definita la scala per la valutazione degli impatti tenendo conto della qualità dei recettori potenzialmente interferiti. Nella tabella che segue vengono indicate i risultati di tutte le combinazioni possibili che scaturiscono dal prodotto classe di impatto x classe di vulnerabilità. livelli di impatto qualità ambientale delle 1 2 3 4 5 6 componenti interferite 1 1 2 3 4 5 6 2 2 4 6 8 10 12 3 3 6 9 12 15 18 Scala per la valutazione degli impatti

IMPATTO BASSO IMPATTO MEDIO IMPATTO ELEVATO IMPATTO POSITIVO 9-18 1-4 5-8 +

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Prima di predisporre la matrice degli impatti relativa alle componenti ambientali “vegetazione”, “fauna” ed, è stata compilata per ogni componente e per ognuna delle opere (costruzione edificio e opere connesse) o delle condizioni operative previste (situazione di entrata a regime del fabbricato) una check-list delle azioni di progetto e delle tipologie di impatto potenziale in fase di cantiere e in fase post-operam. È’ stata adottata la seguente simbologia: x: indica gli impatti negativi +: indica gli impatti positivi

QUALIFICAZIONE DEGLI ELEMENTI AMBIENTALI DI INTERESSE SPECIFICO FLORA E VEGETAZIONE Per la scala di valutazione degli impatti sono stati assegnati i valori da 1 a 3 in base alla qualità ambientale della componente considerata.

Classe di qualità ambientale Definizione

3 Elevata (specie e formazioni rare ad elevata naturalità)

Media (specie e formazioni comuni di media naturalità) 2

Bassa (specie e formazioni comuni a bassa naturalità) 1

Classe di qualità ambientale delle tipologie fisionomico-vegetazionali

Alle componenti vegetazionali presenti nell’area in oggetto sono stati assegnati i seguenti valori:

TIPOLOGIE CLASSE DI QUALITÀ

vegetazione sinantropica ruderale 1

Attribuzione della classe di qualità ambientale alle tipologie fisionomico-vegetazionali individuate

AVIFAUNA Alla componente fauna (avifauna) è stato assegnato il valore 3

CLASSE DI TIPOLOGIA QUALITÀ Fauna (avifauna) 3

Attribuzione della classe di qualità ambientale alle tipologie di fauna individuate

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TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE Di seguito si descrivono sinteticamente le principali tipologie di impatto a carico delle componenti ambiente fisico (atmosfera, geologia, geomorfologia, suolo) ed ambiente biologico (vegetazione, fauna ed ecosistemi) potenzialmente correlate alle fasi di costruzione e di esercizio delle opere che saranno oggetto della valutazione definitiva. FASE DI COSTRUZIONE Durante tale fase si provvederà alle seguenti azioni progettuali: 1. Sfalcio e decespugliamento della vegetazione erbacea ed arbustiva; 2. Scavo per le fondazioni delle unità abitative e dei muri di contenimento; 3. Realizzazione del’edificio; 4. Realizzazione della viabilità interna e dei parcheggi; 5. Realizzazione delle seguenti opere: rete idrica, rete acque bianche, rete fognaria, rete gas, rete elettrica, rete telefonica, rete multimediale, impianto di illuminazione; 6. Realizzazione delle aree a verde in ottemperanza all’art.68 NTA (Salvaguardia e potenziamento del verde e delle alberature), del PRG vigente del Comune di Messina Per quanto riguarda l’impatto sulla qualità dell’aria, si verificherà un aumento delle polveri nelle immediate vicinanze del cantiere. L’aumento di polverosità è dovuto soprattutto dalle operazioni delle macchine di movimentazione terra e dal movimento dei mezzi di cantiere. In fase di cantiere l’alterazione del clima acustico dell’area durante la costruzione delle opere è riconducibile alle fasi di approntamento ed esercizio del cantiere ed al trasporto del materiale. Le emmissioni acustiche derivanti dalle attività di cantiere potranno essere continue (generatori) e discontinue ( mezzi di cantiere e trasporto). La realizzazione del progetto potrà determinare nuovo consumo di suolo, aumento della superficie impermeabilizzata e del rischio di inquinamento del suolo che con le opportune opere di mitigazione saranno limitate. Tutti i lavori ed il deposito temporaneo dei materiali interesseranno esclusivamente le aree di sedime delle opere da realizzare, senza alcuna interferenza con l'ambiente circostante; le eventuali aree già alberate non verranno utilizzate, durante i lavori, neanche momentaneamente, per deposito di materiali di qualsiasi genere o per parcheggi, nonchè per l'impianto di attrezzature di ca ntiere e tecnologie varie. Tutti gli impianti saranno realizzati nel rispetto delle normative specifiche di settore, tenendo conto della possibilità di utilizzare tecnologie orientate al risparmio energetico. Per l'approvvigionamento idrico e lo smaltimento dei reflui si utilizza la rete pubblica esistente. L’insediamento delle singole unità è stato progettato in modo da inserirsi sul terreno non alterando le giaciture originarie dello stesso col suo naturale declivio. Questo è stato possibile in quanto è stata creata una serie di piani gradonati con dislivelli tra essi minimi, (1,50-2,00 mt), in modo da adagiare il costruito al dislivello naturale del terreno. Per la viabilità l’area è servita direttamente dalla Panoramica Stretto con una strada esistente, superiore a 6 metri di larghezza, che si innesta nella stessa servendo direttamente il terreno – nel quale viene realizzato un percorso interno necessario per accedere ai parcheggi privati individuati all’interno delle aree in proprietà. I rifiuti, in fase di cantiere, sono riconducibili agli imballaggi dei materiali, agli scarti di lavorazione, che dovranno esserre correttamente smaltiti secondo le disposizioni di legge.

FASE A REGIME L’aumento del carico urbanistico incrementerà la quantità di reflui da depurare, in generale il maggior consumo di acqua determinerà un aumento di volumi idrici da immetere nei corpi recettori. La rete fognaria si innesterà alla rete esistente tramite opportuno impianto. Le acque meteoriche da allontanare a seguito dell’incremento di superficie impermeabilizzata (area edificata, area pavimentata ed area a verde) dovranno essere convogliate mediante caditoie e scaricate direttamente nel terreno, così da non modificare l’apporto idrico generale alle falde sotterranee.

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Le pressioni sul sistema aria potranno essere determinate da emissioni gassose di sostanze inquinanti prodotte dall’afflusso dei fedeli, aventi però effetti localizzati poco rilevanti, mentre si produrrà un sensibile aumento delle emissioni sonore e luminose. Per quanto riguarda la fase di esercizio le fonti di rumore principale saranno riconducibili all’incremento della mobilità veicolare. Ma queste fonti di rumore sono comunque presenti a causa dell’abitato situato intorno all’area, pertanto non vi saranno significative modifiche. Inoltre tutte le unità sono servite direttamente dalla Panoramica dello Stretto attraverso una strada di allacciamento alla stessa. Questo consente assoluta autonomia al complesso progettato senza appesantire di ulteriore traffico veicolare la strada comunale Salita Ingegneri, altresì limitrofa all’insediamento previsto, ma che resta tuttavia esclusa dalle previsioni di transito di servizio al complesso. Muri di confine si integrano con quelli delle abitazioni costruendo spazi aperti nel verde annesso agli stessi, diventando così l’elemento di base della composizione architettonica. I muri esterni saranno rivestiti o trattati ad intonaco colorato così come si evince dai render allegati. Nella Salita Ingegneri, che costeggia il lotto per l’intera sua lunghezza, sono presenti tutti i servizi a rete necessari, sufficientemente dimensionati e localizzati in modo idoneo per consentire l’allaccio delle unità, che avverrà: a) per l’impianto di smaltimento delle acque nere attraverso la raccolta delle stesse in pozzetto stagno dal quale verranno sollevate con pompe adeguatamente dimensionate sino alla rete pubblica; b) per l’impianto idrico si effettuerà un allaccio diretto con pozzetto di derivazione della rete pubblica; c) l’allaccio del gas avverrà direttamente dalla condotta esistente che scende dalla strada contrada Serre che si collega direttamente con la Via Ingegneri all’incrocio con la via Panoramica dello Stretto; d) per l’Energia Elettrica il complesso sarà munito di cabina autonoma così come sarà stabilito dalla stessa ditta fornitrice ENEL. e) Per il telefono sarà collegato direttamente alla rete esistente con regolare cassetta di derivazione in ragione delle utenze. Le unità si inseriscono tra ampi spazi a verde, in modo da immergersi nello stesso sistemato a parco. In tale ottica le parti coperte dei fabbricati rappresentano soltanto il 18% rispetto alle aree libere attrezzate a verde privato. TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE FISICO Il disturbo provocato dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, secondo alcuni autori, è considerato una delle cause principali dell’abbandono degli habitat da parte degli uccelli, in modo particolare per le specie che nidificano a terra o negli arbusti, quindi soprattutto per i rapaci e per i passeriformi, ma considerando le dimensioni dell’opera, anche questo rischio è poco significativo. Le opere in oggetto rispetteranno totalmente il regolamento edilizio vigente, e tutte le normative in vigore nei settori igienico-sanitari, di sicurezza antinfortunistica, di sicurezza degli impianti e di sicurezza statica, al fine di evitare rischi per la salute e rischi di incidenti per le maestranze impiegate nella realizzazione dell'opera e per i residenti delle aree limitrofe. Per quanto riguarda la possibilità di incidenti di rilievo ambientale, determinato da sostanze e tecnologie utilizzate, si osserva che non si prevedono situazioni di rischio. Le pressioni sul sistema aria potranno essere determinate da emissioni gassose di sostanze inquinanti prodotte dall’afflusso dei residenti, aventi però effetti localizzati poco rilevanti, mentre si produrrà un sensibile aumento delle emissioni sonore e luminose. Per quanto riguarda la fase di esercizio le fonti di rumore principale saranno riconducibili all’incremento della mobilità veicolare. Ma queste fonti di rumore sono comunque presenti a causa dell’abitato situato intorno all’area, pertanto non vi saranno significative modifiche. L’area esterna sarà in massima parte sistemata a verde in ottemperanza alle disposizioni di cui alle N.A. del P.R.G. vigente e successive modifiche. Saranno inoltre rispettate tutte le norme di sicurezza ed igienico sanitarie, relativamente agli impianti: elettrico, idrico, fognario, ecc.

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TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE FISICO

ATMOSFERA La contaminazione chimica dell’atmosfera si produce per la combustione del combustibile utilizzato dai mezzi d’opera per il trasporto di materiali e per i movimenti di terreno necessari alla costruzione delle opere. In questo caso, si utilizzerà un parco macchine estremamente ridotto Pertanto l’emissione si può considerare di bassa magnitudo e per lo più localizzata nello spazio e nel tempo, tanto da considerarsi lieve la sua incidenza sulle comunità vegetali ed animali.

ALTERAZIONE PER EMISSIONI DI POLVERE Le emissioni di polvere dovute al movimento ed alle operazioni di scavo dei mezzi d’opera, per il trasporto di materiali, lo scavo di canalette per i cablaggi, lo scavo possono avere lievi ripercussioni sulla fauna terrestre (provocandone un allontanamento temporaneo ed una minima alterazione sui processi di riproduzione e crescita) e sulla vegetazione, per la limitatezza delle aree che saranno soggette ai lavori. ALTERAZIONI PER L’EMISSIONE DI RUMORI Le emissioni di rumore sono da mettersi in relazione con il transito di macchinari per la realizzazione delle opere Queste emissioni possono avere un effetto temporaneo sulle comunità faunistiche presenti nella zona interessata. GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA Gli impatti che incidono su questa componente ambientale vanno messi in relazione alla realizzazione degli scavi per le fondazioni, alla cementazione delle strutture, alla riduzione della copertura vegetale ecc. L’ampiezza delle opere da realizzare implicano influenze estremamente localizzate e circoscritte, mentre qualunque processo dinamico di evoluzione geologica di un paesaggio hanno una scala e un’estensione estremamente superiore. La realizzazione dell’opera comporterà piccole movimentazioni di terra per la realizzazione delle opere, tuttavia non sarà alterata la quota originaria del suolo che verrà mantenuta.

SUOLO Le movimentazioni di terra, necessarie alla costruzione delle strutture che compongono l’opera in oggetto rappresentano un volume relativamente modesto. Fanno eccezione le opere di scavo per la posa delle condutture per le utenze domestiche e lo scavo per l’opera.

IDROLOGIA e IRDOGEOLOGIA Le ripercussioni delle attività di cantiere, per la costruzione delle opere in oggetto, possono derivare dalla possibilità di sversamenti accidentali di oli lubrificanti dai mezzi meccanici e dai macchinari. Non sono possibili alterazioni della qualità delle acque superficiali in quanto assenti, fatta eccezione per le acque di ruscellamento che, viste le caratteristiche idrogeologiche del sito, sono lim itate a precipitazioni di elevata intensità ed in ogni caso eventuali modificazioni sarebbero di modesta entità. Per quanto riguarda la possibile alterazione della qualità delle acque sotterranee, essendo la falda ad una profondità maggiore di 20 m, la zona areata è sufficiente ad eliminare per autodepurazione gli inquinanti percolanti attraverso il litotipo presente, che perciò non può raggiungere le eventuali acque di falda. Si consiglia comunque di disperdere le acque bianche nel terreno di proprietà; L’Impianto idrico si allaccerà alla rete idrica comunale presente sulla strada pubblica. Detti accorgimenti faranno si che l’opera in progetto non influenzi il bilancio idrologico della falda.

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TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE BIOLOGICO HABITAT Per quanto riguarda la fase di cantiere i distrurbi sono riconducibili ai classici distrurbi arrecati da un tradizionale cantiere, i movimenti della terra e gli scavi provocheranno la distruzione dell’habitat attualmente presente, e allontaneranno temporaneamente la fauna. Gli impatti sull’ambiente naturale del Sic, sono assenti, mentre sull’ambiente della ZPS, potrebbero essere generati dalla perdita di habitat poco rilevanti, essendo costituito da una zona antropizzata, e dall’aumento del traffico veicolare dovuto ad una maggiore fruizione. Si può comunque prevedere che l’incidenza negativa prodotta sulla componente naturalistica presente sul territorio della ZPS non sia significativa, considerato che non sarà coinvolta nessuna tipologia di vegetazione.

VEGETAZIONE La zona oggetto di studio, presenta complessivamente un elevata pressione antropica che dura da secoli, l’impatto vegetazionale si può sostenere limitato vista la dimensione dell’intervento, e considerato che l’area si inserisce in un contesto fortemente alterato dalla presenza umana. L’area di progetto è in parte cementificata.

FAUNA Nonostante l’area di progetto sia una ZPS, in cui sono segnalate numerose specie di uccelli di particolare interesse, l’area di stretto interesse progettuale è caratterizzata da una elevata povertà faunistica. Essa appare infatti già fortemente degradata e comunque caratterizzata da sostanziale omogeneità: l’elevato grado di antropizzazione e la forte riduzione di vegetazione naturale si traducono in un basso livello di naturalità, che limita notevolmente la presenza e la frequentazione di questi habitat da parte di quelle specie ritenute di particolare importanza naturalistica. Occorre però segnalare l’interferenza legata all’emissioni acustiche al traffico veicolare, che potrebbero indurre effetti di distrurbo sulla rotta migratoria degli uccelli, in quanto la zona è uno dei punti più importanti di attraversamento. L’inquinamento acustico è comunque modesto considerato il fatto che il clima acustico è gia sensibilmente disturbato dalla rumorosità indotta dall’abitato. A questo proposito è opportuno ricordare che spesso gli animali sviluppano forme di adattamento nei confronti dele mutate condizioni stazionali, purchè l’entità di tali modifiche non sia tale d a far venire meno alcuni aspetti fondamentali, come il reperimento di cibo. Perciò si può dedurre che per quanto riguarda il territorio compreso all’interno della ZPS, sia significativamente idoneo ad ospitare l’avifauna , soprattutto il SIC, l’area di stretto interesse progettuale non si configura come habitat particolarmente adatto per nessuna di queste popolazioni, essendo già fortemente compromesso e degradato. Grazie agli inteventi di mitigazione si offriranno luoghi di nidificazione per alcune specie di avifauna ECOSISTEMI (FAUNA) Di seguito si descrivono sinteticamente le principali tipologie di impatto potenzialmente correlate alle fasi di costruzione e di esercizio dell'opera che sarà oggetto della valutazione definitiva. DIMINUZIONE DELLA FUNZIONALITÀ ECOSISTEMICA La realizzazione delle opere non determinerà, una diminuzione della funzionalità ecosistemica, determinandone alterazione delle funzionalità tipiche, in quanto l'area dove sorgeranno le opere è caratterizzata da un ecosistema artificiale. FRAMMENTAZIONE DELL’ECOSISTEMA La realizzazione delle opere determinerà una insignificante sottrazione diretta di superfici e di vegetazione che non portano ad una eccessiva frammentazione degli ecomosaici e all’interruzione della continuità ambientale del territorio, pertanto la funzionalità degli ecosistemi seminaturali e degli agroecosistemi non verrà pregiudicata. Le opere in progetto, nel complesso, possono produrre irrisori “effetti barriera” nei confronti delle specie animali, tali da non ostacolare gli spostamenti, ovvero creare modifiche su

69 struttura, densità e distribuzione sul territorio delle popolazioni con minimi condizionamenti negativi delle principali fasi riproduttive.

DIMINUZIONE DELLA COMPLESSITÀ E DELLA BIODIVERSITÀ Gli impatti dovuti alla realizzazione delle opere non sono tali da poter influenzare negativamente, in modo significativo, l’equilibrio ecologico dei sistemi ambientali dell'area e far diminuire la biodiversità e la complessità strutturale ecosistemica, questi parametri possono essere compromessi da opere edili di maggiore entità.

INTERRUZIONE DEI CORRIDOI ECOLOGICI Le costruzioni delle opere in progetto e l'utilizzo della viabilità di accesso da parte dei mezzi d'opera e delle maestranze impiegate nella edificazione delle opere, interferiranno in maniera lieve con i corridoi ecologici. Le opere sorgeranno in una zona già ampiamente antropizzata e satura urbanisticamente, rappresentando di fatto un sito intercluso.

ALTERAZIONE DELLE CATENE TROFICHE La perdita o la diminuzione della funzionalità dei sistemi ambientali è correlata all’alterazione delle catene trofiche, che si traduce in un’alterazione dei rapporti di dominanza e degli equilibri quali- quantitativi esistenti tra le specie. In questo caso, vista le dimensioni delle opere, ed il constesto ambientale il rischio è minimo.

DIMINUZIONE DELLA PRODUTTIVITÀ E DELLE BIOMASSE Considerate le modeste estensioni di vegetazione naturale eliminata per la costruzione delle opere in progetto, si avrà una riduzione moderata della produttività primaria, provocando solo una minima alterazione di questo parametro, non causando ridimensionamenti significativi della biomassa.

AUMENTO DEL DEGRADO AMBIENTALE DOVUTO ALLA FREQUENTAZIONE L’incremento della presenza antropica nel territorio, indotto dalla realizzazione delle opere è lieve e non può interferire negativamente con il mantenimento di un corretto equilibrio delle caratteristiche ecosistemiche, non puo' causare disturbo per la fauna e l'avifauna e non facilita più di tanto l'ulteriore diffusione di specie vegetali indesiderate, come specie ruderali, alloctone ed invasive. L'area essendo antropizzata da decenni presenta già questi fattori di disturbo, quindi gli effetti di degrado ambientale del territorio non sono imputabili alle opere di progetto.

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CHECK-LIST DEGLI IMPATTI

Prima di predisporre la matrice degli impatti relativa alle componenti ambientali “vegetazione”, “fauna” ed “ecosistemi”, è stata compilata per ogni componente e per ognuna delle opere (costruzione edificio e opere connesse) o delle condizioni operative previste (situazione di entrata a regime dell’opera in oggetto ) una check-list delle azioni di progetto e delle tipologie di impatto potenziale in fase di cantiere e in fase post-operam. È’ stata adottata la seguente simbologia: x: indica i possibili impatti negativi +: indica i possibili impatti positivi

FASE COMPONENTE O SUB-COMPONENTE AMBIENTALE INTERFERITA AZIONE DI PROGETTO SOTTO-- SUOLO ACQUE ACQUE ARIA VEGETAZIONE E FAUNA AVIFAUNA

SUOLO SUP SOTT. FLORA TERRESTRE

PREPARAZIONE SITO x x x x x x

SCAVI E x x x x x SBANCAMENTI

CANTIERE REALIZZAZIONE OPERE x x x x x EDILIZIE E STRADALI

TRAFFICO VEICOLARE x x x x x DI CANTIERE

OPERE DI ARREDO A + + + + + VERDE

SMANTELLAMENTO DI + + CANTIERE

AFFLUSSO RESIDENTI E x x x x OSPITI

TRAFFICO VEICOLARE A

REGIME x x x x REGIME

PRODUZIONE RIFIUTI x x x SOLIDI E LIQUIDI

INCREMENTO DI

SUPERFICI x x x IMPERMEABILI

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MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI

AZIONI DI PROGETTO

Allestimento cantiere

Formazione drenaggi

Smaltimento rifiuti solidi

movimentazione materiali dei scavo di Allestimenti temporanei Realizzazione delle opere

Traffico veicolare mezzid'opera

Stoccaggio e

COMPONENTI AMBIENTALI Vegetazione sinantropica ruderale 3 3 3 3 3 3 3

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MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI VEGETAZIONE ED ECOSISTEMA -FASE A REGIME (CON LE MISURE DI MITIGAZIONE)

AZIONI DI PROGETTO

Funzionamento impianto Smaltimento rifiutisolidi

idriciRilasci e smaltimento reflui

COMPONENTI AMBIENTALI

Vegetazione sinantropica ruderale 1 1 1

MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA -FASE DI COSTRUZIONE

AZIONI DI PROGETTO

COMPONENTI AMBIENTALI

Allestimento cantiere Allestimento dei movimentazione e Stoccaggio materiali mezzid'opera veicolare Traffico opera Realizzazione cantiere Smantellamento

AVIFAUNA 6 6 3 9 +

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MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA -FASE DI ESERCIZIO (SENZA LE MISURE DI MITIGAZIONE)

AZIONI DI

PROGETTO

NARIA

OPERA

LL

COMPONENTI ANUTENZIONE

AMBIENTALI

M ORDINARIA E ORDINARIA STRAORDI CIVILEUSO DE

AVIFAUNA 3 9

MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA -FASE DI ESERCIZIO (CON LE MISURE DI MITIGAZIONE)

AZIONI DI

PROGETTO

NARIA

OPERA

COMPONENTI

AMBIENTALI ANUTENZIONE

M ORDINARIA E ORDINARIA STRAORDI CIVILEUSO DELL

AVIFAUNA 3 6

74

7- MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE Vengono elencate quelle azioni finalizzate alla mitigazione delle conseguenze sull’ambiente causate dalla costruzione dell’opera in oggetto. MISURE PREVENTIVE E CORRETTIVE Le misure preventive adottate durante la costruzione dell’opera sono le seguenti:  Protezione del suolo contro la dispersione di oli e altri residui  Conservazione del suolo  Realizzazioni di aree verdi limitrofe al fabbricato  Trattamento degli inerti  Limitazioni del rumore  Tutela dei giacimenti archeologici  Integrazione paesaggistica delle strutture  Tutela della fauna PROTEZIONE DEL SUOLO CONTRO LA DISPERSIONE DI OLI E ALTRI RESIDUI Al fine di evitare possibili contaminazioni dovute a dispersioni accidentali che si potrebbero verificare durante la costruzione dell’opera, dovranno essere stabilite le seguenti misure preventive e protettive:  Durante la fase di costruzione dell’opera, in caso di spargimento di combustibili o lubrificanti, sarà asportata la porzione di terreno contaminata, e trasportata alla discarica autorizzata; le porzioni di terreno contaminate saranno definite, trattate e monitorate con i criteri prescritti dal D.M 471/99 - criteri per la bonifica di siti contaminati. Pertanto preventivamente si effettuerà un’adeguata gestione degli oli e altri residui dei mezzi d'opera utilizzati in cantiere. Questi residui sono stati classificati come rifiuti pericolosi e pertanto, una volta terminati il loro utilizzo, saranno consegnati ad un ente autorizzato affinché vengano trattati adeguatamente.

PROTEZIONE ACQUE Le acque meteoriche saranno raccolte con apposita rete in alcune vasche interrate in modo da riutilizzare l’acqua, opportunamente filtrata, per l’irrigazione e gli scarichi dei servizi igienici. Il complesso sarà allacciato alla rete idrica comunale mentre le acque nere saranno convogliate ad una fossa imhoff. Tali semplici accorgimenti faranno sì che la costruzione dell’opera in progetto, non provocare danni da ruscellamento, non interferirà con il bilancio della falda idrica e non creerà depauperamento della stessa.

ORGANIZZAZIONE DI UN CRONOPROGRAMMA DEI LAVORI Sarà opportuno pianificare un cronoprogramma generale dei lavori per la realizzazione delle opere evitando i periodi più importanti (riproduzione, migrazione) delle fasi fenologiche di vita della fauna. Per non interferire con i flussi migratori si consiglia di limitare al minimo gli interventi nei seguenti periodi:  Stagione primaverile  Stagione autunnale. Limitare al minimo gli interventi anche nel periodo riproduttivo (aprile-luglio).

Cronoprogramma generale dei lavori da applicare nell’area d’interesse progettuale. 75

CONSERVAZIONE DEL SUOLO Nell’eventualità, durante l’esecuzione del progetto, dovessero emergere terre contaminate o rifiuti tossici, dovranno essere denunciati ai competenti ARPA e L.I.P per essere esaminate, ai fini di un corretto smaltimento secondo le normative ambientali in vigore. il materiale di risulta in eccesso dovrà essere conferito in discarica autorizzata così come prevede la normativa in vigore. Come già previsto dalla normativa vigente andranno realizzati tutti quelli accorgimenti tipo, (bagnatura delle piste, copertura dei mezzi di trasporto dei materiali di risulta, ecc), Al fine di mitigare il sollevamento di polveri; è consigliabile adottare tutti gli accorgimenti necessari per ridurre al minimo i movimenti di terra e le conseguenti modifiche morfologiche. Sarà consigliabile, al fine di limitare l’inquinamento atmosferico e l’emissione di rumori, l’utilizzo di mezzi operativi gommati; Rispettare le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica e le eventuali prescrizioni per il vincolo idrogeologico; prevedere una rete di smaltimento delle acque meteoriche su sede inerodibile o adeguatamente protetta; evitare l’impermeabilizzazione dell’area.

REALIZZAZIONE DI ZONE A VERDE Negli spazi destinati a verde del giardino, si consiglia eventualmente se è possibile la piantumazione di nuove specie arbustive ed arboree autoctone: Tra gli alberi si consigliano le seguenti specie: Olea europea (oleastro); Olea europea subsp europaea (olivastro); Olea europea var. europaea (olivo); Olea europea var. sylvestris (olivastro); Olea europea var Cipressino (olivo cipressino); Celtis australis (bagolaro); Quercus ilex (leccio), Tamarix gallica (tamerice); Ceratonia siliqua (carrubbo); Laurus nobilis (Alloro). Tra le essenze arbustive le seguenti specie: rosmarinus officinalis; Salvia officinalis (salvia); Lavandula officinalis (lavanda); Thimus vulgaris (timo); Laurus nobilis (alloro); Spartium juncem (ginestra comune); Arbutus unedo (corbezzolo); Juniperus communis (ginepro); myrtus communis (mirto); Buxus sempervirens (bosso); Nerium oleander (oleandro). Tra i rampicanti: Lonicera implexa (caprifoglio mediterraneo); Clematis vitalba (vitalba); Hedera helix (edera).

LIMITAZIONI ALL’INQUINAMENTO LUMINOSO Per l’illuminazione durante la fase cantieristica si utilizzeranno proiettori “a fascio largo” con lampade a vapori di sodio di potenza pari a 400W ognuna con un proprio condensatore di rifasamento; Per l’inquinamento luminoso che rappresenta un impatto di una certa intensità, è necessario, la riduzione al minimo della luce inutilmente dispersa nelle aree circostanti (cioè emessa verso il basso, ma al di fuori dall’area da illuminare). Almeno il 40% della luce è sprecato, l’utilizzo arriva al massimo al 60% anche in impianti ben ideati. Tuttavia, tale riduzione è già implicita in una buona progettazione, che per essere tale deve massimizzare la frazione di luce effettivamente utilizzata dall’impianto per minimizzare i consumi energetici. Il primo criterio fondamentale per fare ciò, è quello di evitare le immissioni di luce sopra l'orizzonte mediante l’utilizzo di apparecchi totalmente schermati il cui unico flusso, proiettato verso l'alto rimane quello riflesso dalle superfici che, se si progetta l impianto con cura e si limita la luce dispersa nelle aree circostanti, può essere reso più piccolo di quello prodotto da un impianto non schermato avente uguale luminanza. Il secondo criterio irrinunciabile per un efficace limitazione dell’inquinamento luminoso è quello di non sovrailluminare. Il terzo criterio è quello di usare lampade la cui distribuzione spettrale della luce abbia la massima intensità alle lunghezze d onda a cui l occhio ha la massima sensibilità nelle condizioni tipiche delle aree illuminate. L’impianto dovrebbe essere progettato tenendo conto di parametri vari quali:

76

. la distribuzione spettrale delle lampade (in pratica si tratta solo di identificare il tipo di lampada, essendo le lampade in numero limitato e le loro caratteristiche in genere conosciute). Essa dovrebbe essere tale da produrre, a parità di flusso luminoso, il minore impatto e comunque il tipo di lampada deve essere congruente con le indicazioni di legge, ove presenti; . il valore assoluto delle immissioni. (in pratica si calcola il flusso luminoso installato totale, e i flussi emessi verso l’alto dagli apparecchi e riflessi verso l’alto dalle superfici nei vari intervalli angolari); . l'utilizzo di adeguate sorgenti luminose per l’illuminazione di strade urbane ed extraurbane, parcheggi, ecc., deve essere effettuata con ottiche cut-off, accuratamente posizionate, con la giusta inclinazione e, se necessario, con l'aggiunta di schermature opportune in modo da ottenere il minor impatto ambientale ed il massimo risparmio energetico. Non eccedere mai con la potenza delle lampade evitando così sovrailluminazione e abbagliamento; . evitando, in ogni caso, che la luce vada verso l'alto o al di sopra della linea dell' orizzonte (con fari sia fissi che roteanti); installando apparecchi con la giusta inclinazione e, se necessario, aggiungere le schermature opportune;

SI

Fig 1-Tipologie di impianti di illuminazione a basso impatto ambientale

NO

Fig.2-Tipologie di impianti di illuminazione ad alto impatto ambientale

LIMITAZIONI ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO Per limitare le emissioni di inquinanti gassosi che potrebbero essere generati da automezzi impiegati nelle attività di cantiere (monossido di carbonio - ossidi di azoto – ossidi di zolfo; idrocarburi; idrocarburi policiclici aromatici quali il benzene e le polveri sottili PM10 e PM 2.5) è opportuno l’utilizzo esclusivo di mezzi d’opera dotati di marmitte catalitiche.

TRATTAMENTO DEGLI INERTI I materiali inerti prodotti, che in nessun caso potrebbero divenire suolo vegetale, saranno riutilizzati per il riempimento di terrapieni, scavi, ecc. Non saranno create quantità di detriti incontrollate, né saranno abbandonati materiali da costruzione o resti di escavazione in prossimità delle opere. Nel caso rimanessero resti inutilizzati, questi verranno trasportati al di fuori della zona e conferiti nella discarica autorizzata per inerti più vicina o nel cantiere più vicino che ne faccia richiesta. LIMITAZIONI AL RUMORE Il rumore prodotto dai mezzi d'opera in cantiere durante la fase di costruzione delle opere sarà estremamente contenuto è limitato ad un breve periodo di tempo. Le fonti sonore rispetteranno i limiti imposti dalla normativa vigente è saranno tollerabili dalle abitazioni limitrofe al cantiere. Per limitare l’inquinamento acustico, si eviteranno lavorazioni notturne e le attività di cantiere avranno corso nelle normali ore lavorative dei giorni feriali; TUTELA DEI GIACIMENTI ARCHEOLOGICI Nell'area ove sorgeranno le opere non sono presenti ne tantomeno segnalate reperti archelogici, pertanto non vige nessun vincolo della Sovrintendenza ai beni culturali della Regione Sicilia. Qualora, durante l’esecuzione dei lavori, si dovessero rinvenire resti archeologici, verrà

77 tempestivamente informato l’ufficio della Sovrintendenza competente per l’analisi archeologica. INTEGRAZIONE PAESAGGISTICA DELLE STRUTTURE Al fine di rendere minimo l’impatto visivo delle varie strutture del progetto, gli scavi di progetto saranno rinterrati con lo stesso materiale. TUTELA DELLA FAUNA Per non interferire con i flussi migratori è opportuno limitare al minimo gli interventi nei seguenti periodi: - stagione primaverile; - stagione autunnale; Antecedentemente dall’inizio dei lavori è necessario effettuare un sopraluogo con un consulente ambientale o esperto faunistico; in modo da mirare alla conservazione, laddove è possibile, della vegetazione arborea ed arbusitva autoctona esistente.. L’impianto di nuove essenze favorirà la naturalità dei luoghi, incoraggiando la presenza di popolazioni di varie specie di avifauna. E’ da evitare l’inizio dei lavori per un periodo che va: dalla primavera all’inizio dell’autunno (marzo-ottobre) per evitare la distruzione dei nidi e la conseguente uccisione dei pulli, in quanto tale periodo coincide con l’attività riproduttiva degli animali, protetti dalla Legge 157/92 che tutela la fauna selvatica. Per ciò che riguarda la componente avifaunistica della zona, l’impatto è poco rilevante, in quanto viene ridotta una parte della superficie utilizzata come “home range” (superfici impiegate per l’espletamento delle funzioni vitali: riposo, alimentazione, rifugio, riproduzione) dalle varie specie di passeriformi. L’impianto di nuove essenze può limitare gli effetti negativi del progetto sull’avifauna. Ciò servirà inoltre a limitare l’impatto paesaggistico rendendo più gradevole l’inserimento della struttura da edificare nel contesto esistente.

REALIZZAZIONE DI STRUTTURE DI RECEZIONE PER L’AVIFAUNA ED I CHIROTTERI Realizzazione di strutture di recezione per l’avifauna ed i chirotteri Nell’area d’interesse progettuale al fine di mitigare gli interventi in progetto sarebbe opportuno inserire delle cassette nido per agevolare la nidificazione di varie specie di avifauna e di chirotteri. Con le cassette nido si possono aiutare, tutti gli uccelli e i chirotteri che nidificano nelle cavità. Possiamo favorire molte specie (upupe, cince, ecc.) in quei luoghi dove la disponibilità di cavità è scarsa. Delle buone cassette nido permettono di ottenere un successo riproduttivo superiore alla media. Queste strutture insieme alle grondaie del tetto a falde delle ville in progetto sono potenziali siti per la nidificazione dell’avifauna. Le cassette posso essere collocate nelle pareti dei fabbricati (sotto le grondaie) ovvero nelle aree a verde, appese agli alberi. Il numero di cassette dipende dal luogo e dal numero di specie che si vogliono far nidificare. Nell’area in esame si collocherà 1 cassetta per ogni villa ed una ogni due alberi poste ad una interdistanza di almeno 5 metri, per i chirotteri e per le seguenti specie di avifauna: upupe, cince, balestrucci, rondini, passeri, pettirossi, ecc.. Nel caso dei rapaci, poiché le loro popolazioni sono poco dense, essendo predatori ai vertici delle catene alimentari, i nidi dovranno essere collocati ad una distanza elevata, in quanto difficilemente due coppie di Allocchi o Gheppi nidificheranno a poche decine di metri di distanza; le cassette non utilizzate per nidificare servono come luogo di riposo notturno. Le cassette sono un sostituto artificiale dei buchi naturali che troviamo a qualsiasi altezza, esposizione e con dimensioni diverse. L'altezza ideale per piccoli uccelli si situa fra 1.8 e 3 metri, per i chirotteri si situano più alto, a circa 3- 4 m.. L'entrata non deve essere esposta alle intemperie e dunque è meglio rivolgerla verso Est o Sud-Est. Le cassette nido non devono essere mai inclinate verso l’alto, ma vanno posizionate in parallelo al suolo o leggermente inclinate verso il basso per essere riparate da pioggia e sole, infatti, non dovrebbero essere

78 completamente esposte per lunghe ore all’irraggiamento solare, dunque sono preferibili i posti ombreggiati, mentre sono positivi i raggi solari mattutini. Le cassette collocate sugli alberi, verranno attaccate a rami monchi con una corda o del filo di ferro in modo che possono essere facilmente rimosse per il controllo e la pulizia annuale. Possono essere posate contro il tronco ma anche, nei posti riparati dal vento, lasciate penzolare da un ramo. In quest'ultimo caso rimangono anche più protette da gatti e volpi. Su alberi vivi è sconsigliato l'uso di chiodi o filo di ferro fine. Le cassette possono essere posate molto presto in primavera ma ancor meglio alla fine dell'estate o l'autunno precedente. Gli uccelli ed i chirotteri possono dunque abituarvisi progressivamente, inoltre le cassette fungono da protezione durante l'inverno contro il freddo e l'umidità. La pulizia annuale può essere effettuata fra settembre e fine febbraio rimuovendo lo sterco e il materiale utilizzato per la costruzione del nido.

Posizione corretta della cassetta nido sull’albero

Cassetta nido per alcune specie di avifauna Alcuni dei tipi più comuni di cassette nido (cinciarella, cincia dal ciuffo,cincia grigia, per chirotteri cincia mora, passera mattugia, cinciallegra, codirosso, picchio muratore, passero domestico) (

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Cassetta nido per Strix Aluco (Allocco)

Cassetta nido per Falco Tinnunculus (Gheppio) Cassetta nido in sezione per Falco Tinnunculus (Gheppio)

Cassetta nido per Falco peregrinus (Falco Pellegrino)

TUTELA DELLA FALDA ACQUIFERA Come già ampiamente dimostrato nei capitoli precedeti, andranno poste in essere alcune misure di mitigazione relativamente alla falda acquifera. Il complesso sarà allacciato alla rete idrica comunale mentre le acque nere saranno convogliate ad una fossa imhoff. Le acque meteoriche saranno raccolte con apposita rete in alcune vasche interrate in modo da riutilizzare l’acqua, opportunamente filtrata, per l’irrigazione e gli scarichi dei servizi igienici. 80

Tali semplici comportamenti faranno sì che la costruzione dell’opera in progetto, non interferirà con il bilancio della falda idrica e non creerà depauperamento della stessa.

6.2 MITIGAZIONI GENERALI PREVISTE PER LA ZPS ITA030042 Ad integrazione di quanto già descritto si elencano le azioni di mitigazioni generali previste per i piani e/o progetti ricadenti all’interno della ZPS ITA030042, che saranno adottate nel progetto in oggetto:

Misure da osservare in corso di realizzazione dell’opera  In fase di costruzione occorre prevedere degli accorgimenti per rendere visibili elevatori, gru, travi, ecc. ai fini della salvaguardia dell’avifauna.  Antecedentemente dall’inizio dei lavori è necessario effettuare un sopralluogo con un consulente ambientale e/o esperto faunistico nell’area interessata dai lavori per analizzare lo stato degli habitat ed allontanare eventuali esemplari erranti o in stato di latenza (anfibi e rettili).  preservare la vegetazione arborea esistente nell’area;  tutti i lavori ed il deposito temporaneo dei materiali dovranno interessare esclusivamente le aree di sedime delle opere da realizzare, senza interferire con l’ambiente circostante;  adottare opportune precauzioni e provvedimenti specifici, quali il lavaggio delle aree, la copertura degli inerti, la copertura dei mezzi di trasporto del materiale di risulta, pavimentazioni ecologiche, la bagnatura degli spiazzi e delle strade soggette a traffico, quali misure mitigative per limitare gli impatti relativi alla produzione di polveri durante le operazioni di costruzione;  durante le operazioni di scavo si limiteranno al minimo i rumori derivanti dalle macchine scavatrici;  ridurre al minimo l’utilizzo dei mezzi operativi tramite particolare attenzione da prestare alla definizione dei percorsi e delle necessità di impiego, onde limitare l’inquinamento atmosferico causato dalle macchine e l’emissione di rumore;  rendere graduali, per quanto possibile, le variazioni di presenza sia di mezzi che di uomini in cantiere, tramite l’ottimizzazione delle lavorazioni;  prevedere in progetto una valida regimentazione delle acque meteoriche;  Qualora, durante i lavori di movimentazione terra dovessero emergere terre contaminate o rifiuti tossici si effettuerà denuncia ai competenti LIP ed ARPA ai fini di un corretto smaltimento secondo le norme ambientali vigenti.  Qualora, durante i lavori di movimentazione terra, dovessero emergere elementi archeologici o scavi rocciosi di presunta origine antropica, o elementi fossili si effettuerà denuncia alla competente Sovrintendenza ai BB.CC.AA. .  Si conterranno il più possibile le entità delle opere di escavazione e di conseguenza la quantità di materiale di risulta per evitare modifiche agli strati geologici del terreno.  Al fine di non arrecare costipamento del terreno si utilizzeranno escavatori gommati.  Si effettuerà il trasporto in discarica di tutto il materiale in eccesso proveniente dagli scavi e non ulteriormente utilizzabile, qualora risultasse non idoneo come materiale di riempimento, provvedendo a verificare che le discariche siano regolarmente autorizzate allo smaltimento di rifiuti e che le stesse siano ricettive in relazione alla quantità ed alla qualità dei materiali da conferire.  Si consiglia al fine di limitare l’inquinamento luminoso, acustico, atmosferico e di osservare le indicazioni contenute in questo studio.  Tutte le luci di cantiere dovranno essere dirette dall’alto verso il basso con esclusione di fasci di luce sopra l’orizzontale.

Misure per la protezione dell’avifauna:  Le tettoie e le pareti realizzate totalmente in vetro (specie dei giardini d’inverno) vengano realizzate in materiale traslucido non riflettente; 81

 Non sono ammesse zone d’angolo di edifici in vetro o materiale trasparente;  Eventuali lastre riflettenti devono avere basso grado di riflessione esterna (max 15%);  Al fine di mitigare l’impatto visivo riflettente si devono utilizzare caratteristiche cromatiche con tonalità morbide e quanto più omogenee a quelle già esistenti nel panorama del paesaggio circostante;  La sistemazione esterna non preveda la presenza di superficie verde attrattiva o di alberi qualora posti di fronte a facciate riflettenti, le quali dovranno essere comunque ridotte al minimo possibile e ampiamente giustificate in sede di relazione progettuale, dimostrando – anche attraverso fotorendering – che le stesse non creano effetto trappola per l’avifauna;  Eventuali pannelli fonoisolanti siano realizzati in materiale opaco o traslucido o con adeguata marcatura su tutta la superficie;  I passaggi e le passerelle sopraelevate vengano realizzate in materiale opaco o traslucido;  I prospetti dei balconi siano realizzati in materiale opaco o traslucido o, se trasparenti, adeguatamente marcati su tutta la superficie;  I giochi e le installazioni nei giardini siano di materiale opaco o traslucido;  Non sono ammesse superfici a specchio;  Le lampade esterne siano a vapori di sodio ad alta pressione (o vapori di alogenuri metallici), con temperatura superficiale inferiore a 60°C, schermate, con illuminazione dall’alto e direzione del fascio verso gli spazi da illuminare e con assoluta esclusione di fasci di luce sopra l’orizzontale;  Non è consentita l’installazione di riflettori e luci laser con fasci luminosi diretti sopra l’orizzontale.

Misure per la protezione dell’habitat:  Le aree destinate a verde siano realizzate mediante la piantumazione di essenze vegetali appartenenti alla "macchia mediterranea" secondo la definizione di cui all'art. 1 del D.P.R.S. 28/06/2000 in raccordo con le previsioni del Piano di Gestione “Monti Peloritani”, oltre ad alberi e/o specie botaniche autoctone facenti parte della tradizione locale; dovranno inoltre essere utilizzate specie vegetali autoctone o di comunità vegetali pioniere successionali correlate dinamicamente con la vegetazione naturale potenziale secondo le prescrizioni rese dal tecnico valutatore;  La sistemazione ai sensi dell'art. 68 delle N.T.A. del vigente P.R.G., deve indicare le essenze da impiantare (carta del verde) e il relativo calcolo della superficie e del numero degli esemplari vegetali con adeguata legenda. (Occorre prevedere la piantumazione di alberi ed arbusti – quali opere di mitigazione – che siano autoctoni e non estranei all’ambiente, non essendo ammissibile la messa a dimora di esemplari vegetali esotici ed essendo necessario che tali mitigazioni mirino, quanto più possibile, alla rinaturalizzazione dei luoghi secondo le previsioni del Piano di gestione “Monti Peloritani”).  Ogni due alberi o arbusti dovrà essere prevista l’installazione di un nido realizzato in materiale naturale e/o una casetta e/o un rifugio in legno per l’avifauna.  La pavimentazione dei percorsi orizzontali, dei parcheggi e degli spazi pedonali e carrabili residuali dagli interventi sia realizzata con materiale permeabile che consenta il naturale assorbimento nel terreno sottostante delle acque bianche;  In base al DECRETO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO del 01/04/2004 contenente “Linee guida per l’utilizzo di sistemi innovativi nelle valutazioni d’impatto ambientale”, l’utilizzo di bitumi, malte, intonaci, pitture e rivestimenti in Biossido di Titanio (TiO2) idonei per la riduzione di NOx, VOC, batteri e di altri inquinanti atmosferici.  Tutti i muri di recinzione previsti non dovranno superare l'altezza di m 1,00; gli stessi dovranno avere tutti i paramenti a vista in pietra locale sbozzata a mano senza listatura dei giunti. La restante parte della recinzione potrà essere con ringhiera in ferro a disegno

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lineare verniciata con pittura a dispersione micacea nelle tonalità proprie dei materiali ferrosi;  Sugli edifici e su eventuali sopraelevazioni o sottotetti dovrà essere prevista l’installazione di nidi realizzati in materiale naturale e/o casette e/o rifugi in legno per l’avifauna, in quantità adeguata stabilita dal valutatore ambientale;  Lungo le recinzioni dovranno essere previste barriere verdi realizzate con siepi e/o rampicanti secondo le sopracitate modalità;  Le opere murarie di contenimento delle terre di altezza inferiore a 1,00 m siano realizzate in muratura di pietrame a secco;  Ove, per necessità tecniche, fosse necessario realizzare opere di contenimento delle terre in c.a. o in c.1.s. le stesse, in applicazione del disposto dell'art. 13 della L. R. 10/08/85 n.37, dovranno avere i paramenti a vista rivestiti in pietra locale sbozzata a mano senza listatura dei giunti e dovranno essere realizzati in conformità alle eventuali prescrizioni degli Enti preposti alla tutela di vincoli paesaggistici o ambientali.  Tutte le opere esterne in ferro siano finite con vernici a dispersione micacea, pigmentate nei colori propri dei materiali ferrosi. PIANO DI MONITORAGGIO AMBIENTALE Nell’ambito della tutela ambientale, considerato che l’area d’interesse progettuale ricade all’interno di una Zone di Protezione Speciale (ITA 030042), riteniamo opportuno monitorare per un periodo di tempo determinato, gli effetti che il progetto in oggetto potrebbe avere sugli habitat circostanti. Pertanto applichiamo un preciso Piano di Monitoraggio Ambientale (PMA) per alcune componenti ambientale (habitat, vegetazione, suolo, fauna). La sua progettazione si basa sul contesto del territorio interferito dall´opera e sugli effetti dovuti alle modifiche ambientali causate dalle azioni progettuali; si tratta uno strumento flessibile che deve essere sottoposto a revisione e integrazione con nuovi punti di monitoraggio, maggior frequenza di rilievo o parametri aggiuntivi, ogniqualvolta se ne ravveda la necessità, al fine di adottare le adeguate "contromisure" (modifica e/o ulteriori opere di mitigazione, ecc.). Il monitoraggio ambientale è organizzato in tre fasi distinte: - Fase Ante Operam: eseguito prima dell´inizio dei lavori, definisce lo stato di bianco ambientale. - Fase Corso d´Opera: è effettuato sul cantiere, per tutta la durata dei lavori. I dati prodotti sono confrontati in maniera critica con i dati della fase Ante Operam. - Fase Post Operam: ad ultimazione dei lavori verrà effettuato un monitoraggio dell’opera in fase di esercizio per alcune componenti ambientali coinvolte. 8.1 INDICATORI AMBIENTALI Gli approfondimenti dello studio sulle varie componenti ambientali viene effettuato attraverso gli indicatori ambientali; sono questi gli strumenti in grado di fornire informazioni in forma sintetica di un fenomeno più complesso o di rendere visibile un andamento. Un indicatore ha un significato di sintesi ed è elaborato con il preciso obiettivo di dare un “peso” quantitativo a parametri caratteristici della comunità presa in esame, è un indice che mostra quantitativamente le condizioni del sistema. Possiamo individuare, in base al modello Pressione-Stato-Risposta proposto in ambito nazionale dall’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), tre tipi di indicatori ambientali:  Indicatori di stato: fanno riferimento alla qualità dell’ambiente in tutte le sue componenti e evidenziano situazioni di fatto in un preciso momento temporale; quando misurano la reattività o il livello di esposizione ad alterazioni o fattori di degrado del sistema ambientale e insediativo sono anche detti indicatori di qualità/degrado/esposizione.  Indicatori di pressione: misurano la pressione esercitata dalle attività umane sull’ambiente e sono espressi in termini di emissioni o di consumo di risorse (flussi di materia).  Indicatori di risposta: sono necessari per prevenire o mitigare gli impatti negativi dell’attività umana e riassumono la capacità e l’efficienza delle azioni intraprese per il

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risanamento ambientale, per la conservazione delle risorse e per il conseguimento degli obiettivi assunti. A questi possiamo affiancare quegli indicatori che si limitano alla caratterizzazione di aspetti utili alla descrizione del contesto di riferimento: indicatori di scenario. Un modello di nuova concezione che meglio individua il concetto di sostenibilità è dato dal modello DPSIR. Il modello DPSIR è un’estensione del modello PSR (Pressione-Stato-Risposta) ed è la struttura di indicatori più ampiamente accettata; tale schema sviluppato in ambito EEA (European Environment Agency) e adottato dall’ANPA per lo sviluppo del sistema conoscitivo e dei controlli i campo ambientale (Indicatori Descrittivi), si basa su una struttura di relazioni causali che legano tra loro i seguenti elementi: - Determinanti - Pressioni - Stato - Impatti - Risposte Tale modello evidenzia l’esistenza, “a monte” delle pressioni, di forze motrici o Determinanti, che in sostanza possono essere identificati con le attività e i processi antropici che causano le pressioni (trasporti, produzione industriale, consumi). Gli indicatori di Pressione descrivono le variabili che direttamente causano i problemi ambientali (emissioni tossiche di CO2, rumore, ecc.). A “valle” delle pressioni sta invece lo Stato della natura che si modifica a tutti i livelli in seguito alle sollecitazioni umane (temperatura media globale, livelli acustici, ecc.) Il modificarsi dello stato della natura comporta Impatti sul sistema antropico (salute, ecosistemi, danni economici); tali impatti sono per lo più negativi, poiché il modificarsi dello stato della natura in genere coincide con un suo allontanarsi dalle condizioni inizialmente esistenti, favorevoli alla prosperità umana. La società e l’economia, di fronte a tale retroazione negativa, reagiscono fornendo Risposte (politiche ambientali e settoriali, iniziative legislative e pianificazioni) basate sulla consapevolezza dei meccanismi che la determinano. Le risposte sono dirette sia alle cause immediate degli impatti (cambiamenti dello stato) sia alle loro cause più profonde, risalendo fino alle pressioni stesse e ai fattori che le generano (determinanti).

Per il monitoraggio in corso d’operam e post operam sono stati individuati i seguenti indicatori ambientali di stato che avranno la funzione di controllare la qualità ambientale dell’area d’interesse progettuale: COMPLESSITA’ ED ORGANIZZAZIONE DELL’ECOMOSAICO TERRITORIALE:  Elenco degli habitat presenti nel sito;  Estensione complessiva dell’habitat;  Dimensione della tessera più estesa dell’habitat. ASSETTO FLORISTICO E VEGETAZIONALE:  Elenco delle specie vegetali;  Presenza di specie vegetali di elevato valore biogeografico e conservazionistico;  Presenza di specie alloctone vegetali;

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 Controllo per i primi 2 anni dell’attecchimento e della crescita delle piantine piantumate nelle aree a verde;  Analisi fitosociologica: Saranni effettuati dei rilievi floristici e fitosociologici secondo il metodo Braun Blanquet nelle medesime aree dove sono stati effettuati i rilievi fitosociologici ante-operam; verrà analizzato lo spettro corologico, lo spettro biologico e l’indice di abbondanza per ogni singola specie, in modo tale da avere un confronto con lo stato di bianco ambientale e controllare eventuali presenze lungo l’area d’interesse progettuale di nuove specie vegetali alloctone. FATTORI DI DISTURBO E DI ALTERAZIONE AMBIENTALE  Effetti della degradazione del suolo: erosione idrica incanalata e di massa (frane); compattazione dovuti a calpestio e/o a traffico veicolare.  Effetti dell’inquinamento atmosferico sul suolo: Per controllare i principali parametri fisico- chimici nel suolo (PH, conducibilità, metalli pesanti, ecc.) saranno effettuati dei rilievi pedologici in punti prestabiliti in prossimità dell’area d’interesse progettuale, secondo dei transetti da definirsi che verranno sovrapposti su una mappa della zona a scala 1.2.000 è sarà georeferenziata con l'identificazione delle coordinate geografiche GPS. Nelle aree oggetto di studio, per le operazioni di campionamento si procederà secondo le direttive impartite dalle linee guida del "Manuale per l'esecuzione e la descrizione della trivellata", redatto dall'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia -Gruppo IV - Servizi allo sviluppo- della Sezione operativa n. 8 di S. Agata di Militello, in ottemperanza al D.M.13/09/1999. Le trivellazioni, saranno eseguite utilizzando una trivella manuale del tipo “olandese”, con prelievi a profondità da 0 a 0,50 m e da 0,50 a 1,00 m., prelevando per ogni sub campione circa 1 kg di materiale. I sub campioni, saranno osservati per l'identificazione dei dati fisici esteriori, raccolti in sacchetti di PVC, etichettati, sigillati e portati nei laboratori autorizzati per le ulteriori analisi chimico-fisiche. Per ogni sub-campione verrà redatta una dettagliata scheda di campagna, con i dati cartografici identificativi del sito, l'uso del suolo secondo la legenda Corine Land Cover o l’analisi degli habitat secondo la classificazione Corine Biotopes, le caratteristiche fisiografiche e litologiche, la classe tessiturale, il colore, il grado di umidità, lo scheletro, la struttura, eventuali screziature e la quantità sostanza organica.  Effetti dell’inquinamento atmosferico su specie vegetali: sintomi connessi a una riduzione della crescita; sintomi connessi a un’alterazione della crescita; sintomi di stress idrico. ASSETTO FAUNISTICO  Presenza di specie animali a elevato valore biogeografico;  Presenza di specie animali rare e/o minacciate;  Presenza di specie animali alloctone;  Conteggio dei corpi di animali morti in prossimità dell’opera in oggetto ed osservazione dei comportamenti delle specie faunistiche in prossimità della medesima: Il metodo utilizzato per controllare l’impatto sulla fauna è quello ormai standardizzato dei percorsi campione lungo l’area di progetto, recuperando i corpi degli animali morti, affiancato dal metodo dell’osservazione diretta per verificare i comportamenti delle varie specie di fauna (invertebrati, erpetofauna, teriofauna, avifauna) in prossimità dei fabbricati; i conteggi saranno annotati in un’apposita scheda. I rilievi faunistici saranno eseguiti all’interno dell’area in esame e nel perimetro esterno, seguendo percorsi lineari con soste periodiche di circa 15 minuti in punti prestabiliti. Percorsi campione e osservazione diretta saranno applicati alternativamente per 2 giorni ciascuno per un totale di 10 giorni per la prima metodologia e 8 giorni per la seconda. Questi 18 giorni saranno ripetuti in varie stagioni:  periodo 1 (inverno): dicembre dell’anno d’inizio dei lavori (sessione utilizzata per l’adattamento locale della metodologia e non utilizzata nell’elaborazione dei dati);  periodo 2 (primavera): aprile-maggio dell’anno successivo a quello d’inizio lavori;  periodo 3 (estate): giugno-luglio dell’anno successivo a quello d’inizio lavori;  periodo 4 (autunno): ottobre e dicembre dell’anno successivo a quello d’inizio lavori;

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8– COMPLEMENTARIETÀ Nel presente paragrafo si analizzano gli effetti e gli impatti cumulativi che il singolo progetto in oggetto può produrre sull’ambiente ponendolo in relazione con altri progetti, di cui si è a conoscenza, in corso d’approvazione o in corso di realizzazione in aree adiacenti o limitrofe. Il progetto di cui trattasi riguarda il Progetto di unità Residenziali aggregate ubicate in un lotto residuo, Zona C4, In Contrada Petraro, Villaggio Ganzirri – Messina, ha evidenziato come le tipologie di vegetazione e i relativi coefficienti di naturalità definiscono una tipologia di vegetazione sinantropica ruderale con basso valore ecologico, i possibili impatti sono attenuati dalle opere di mitigazione comunque previste. Il terreno edificabile di pertinenza della Soc. Colapesce s.r.l., per come definito dal contratto, riguarda le particelle indicate in catasto al foglio 43 n. 217 – 238 – 263 – 214 – 216, con esclusione della proprietà della particella 214, che comprende un vecchio fabbricato esistente da prima del 1920 con annessa porzione di terreno.

Si premette che il principio di complementarietà applicato alle V.I.A. riguarda i piani o progetti aventi impatti significativi sull’ambiente, cosa che non riguarda lo specifico progetto di cui trattasi, sia per tipologia d’intervento che per mancanza d’habitat prioritario da salvaguardare. Lo studio, dopo la ricerca di altri progetti in corso di realizzazione o approvazione in aree limitrofe, è stato articolato nelle seguenti fasi:  Ricerca in aree limitrofe di progetti in corso di realizzazione o di approvazione ed inquadramento normativo (strumenti urbanistici);  Valutazione di eventuali effetti cumulativi;  Considerazioni conclusive relative alla complementarietà del progetto in esame. L’Analisi, ha evidenziato come le tipologie di vegetazione e i relativi coefficienti di naturalità definiscono una tipologia di vegetazione sinantropica ruderale con basso valore ecologico, i possibili impatti sono attenuati dalle opere di mitigazione comunque previste. Risultano realizzati o in via di realizzazione già approvati dal Comune e ricadenti entro il raggio di due chilometri i seguenti progetti, si riportano di seguito quelli che hanno una influenza maggiore: Ditta Foti Antonino – Arrigo Giuseppa Installazione di una serra in e/da Serri o Pozzicello del villaggio Ganzirri di Messina c/da Serri o Pozzicello del villaggio Ganzirri di Messina Foglio: 43 - Part.:206 n. 68 determina dirigenziale 260689 del 05/11/2013 Tripodo Salvatore Bruno Anna Maria Intervento di manutenzione ordinaria e straordinaria consistente nella sistemazione delle aree di pertinenza esterne di un fabbricato unifamiliare per via Consolare Pompea n. 1853, Vill. Ganzirri Foglio: 43 Part.: 1579 Sub.: con determina dirigenziale 6 prot. 44873 del 19.02.2013. Palumbo Annunziata progetto di costruzione di una casa unifamiliare con la demolizione di un vecchio fabbricato preesistente C. da Pozzicello Vili. Ganzirri part. 583 del fg 43 con determina dirigenziale 26 136728 del 16/05/2011. Ditta Piccione Paolo progetto di costruzione di un fabbricato sito in Messina Villaggio ganzirri C.da Serri via Ingegneri Villaggio ganzirri C.da Serri via Ingegneri particelle catastali 2671 del fg. n. 43 con determina dirigenziale 25 prot. 130783 del 10/05/2011. Ditta Bellomo Mattia progetto di costruzione di un fabbricato sito in Messina Vili. Ganzirri C.da Serri Vili. Ganzirri C.da Serri particelle catastali 18 del fg. n. 43 23 123178 del 03/05/2011 CINCOTTA Gaetano INTEGRAZIONE al progetto di variante in corso d’opera della tipologia “B” di cui alla C.E.C. del 24.04.02 n° 2/2801 (art. 2. l.r. 17/94) e relativa all’unità abitativa ad una e.f.t. oltre sottotetto Via Consolare Pompea villaggio Ganzirri Microzona: 4 (NORD) ‐ Pozzicello Foglio: 43 ‐ Part.: 2372 ‐Sub.: Foglio: 43 ‐ Part.: 2373 ‐ Sub.: con determina dirigenziale 87 prot. 299189 del 14.11.2011 De Francisci Amedeo Progetto per la realizzazione di un seminterrato adibito a garage e locale autoclave di pertinenza di un'immobile esistente residenziale. C/da Petraro ‐ Vill. Ganzirri ‐ 86

Messina Microzona: 4 Foglio: 43 ‐ Part.: 1445 ‐ Sub.: 1 Foglio: 43 ‐ Part.: 1445 ‐ Sub.: 2 con determina dirigenziale 139 prot. 291090 del 30.11.2012 Nunnari Antonino PROGETTO DI DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DI UN FABBRICATO IN C.A. A DUE ELEVAZIONI F.T. OLTRE SEMINTERRATO E SOTTOTETTO Via Consolare Pompea Vill Ganzirri Microzona: 4 Foglio: 43 ‐ Part.: 2677 ‐ Sub.: Foglio: 43 ‐ Part.: 2678 ‐ Sub.: Foglio: 43 ‐ Part.: 2679 ‐ con determina dirigenziale 68 prot. 142108 del 07.06.2012 Ditta Celona Natale Progetto di sopraelevazione di un fabbricato ad una elevazione fuori terra sito in villaggio Sperone ‐contrada Serri Fg.: 43 Part.: 24 Data esisto 22/01/2008 con determina dirigenziale 26 4/0111 del 22/01/2008. Ditta Staiti Letterio e Mazzeo Natala Progetto di costruzione di un fabbricato per civile abitazione a 3 elevazioni f.t. e cantinato sito in Messina Vili. Ganzirri C/da Serri. Vili. Ganzirri C/da Serri. Fg.: 43 Part.: 798, 37 con determina dirigenziale 47 del 15/04/2008. Ditta Silverio Magno progetto di costruzione di un fabbricato per civile abitazione ad una elev. f.t. oltre piano cantinato e sottotetto sito in C/da Pozzicello vill.Ganzirri. Fg.: 43 Part.: 858, 860, 1110, 1111 con determina dirigenziale 48 del 4/0806 del 22/04/2008. Ditta Mari Immobiliare s.r.l. progetto di un Piano di Lottizzazione denominato "Residence Villa Roberto" in località Ganzirri Fg.: 43 Part.: 2567, 2569/2, 2577/3, 2569/5, 2570/1, 2578/1, 2569/4, 2577/4, 1573 con determina dirigenziale 68 del 4/1040 del 06/06/2008. Ditta Buemi Ugo di M.Buemi & C. snc e altri. progetto di costruzione di un complesso edilizio a ∙tre elev. f.t. oltre piano interrato, piano parcheggi in deroga e sottotetto, da realizzarsi nel villaggio Ganzirri. Fg.: 43 Part.: 599, 843, 1235, 1541, 2435 con determina dirigenziale 89 4/1528 del 01/09/2008. Ditta Leone Giovanna progetto relativo alla manutenzione straordinaria e realizzazione di due corpi cantinati di pertinenza ad una abitazione sita nel vili. Ganzirri Compi. "le Serre" Con determina dirigenziale 32 numero di protocollo 3/0508 del 10/03/2009 Ditta Tripoli Maria Concetta Fg.: 43 Part.: 2452, 2546 2297,47 57 2009 2009\D.D. con determina dirigenziale n. 57 Ditta Iannello Antonio ed altri Fg.: 43 Part.: 454, 493 1080 con determina dirigenziale n.71 Tripoli Mario Fg.: 43 Part.: 1350 134 78 con determina dirigenziale n. 78 Ardizzone Rita Fg.: 43 Part.: 253, 190, 1961, 185 sub 2, 190 sub 1, 185, 185 sub 1, 2149 1050 con determina dirigenziale n.79. Ditta Terranova Umberto e Barillà Angela Progetto di costruzione di un fabbricato a due elevazioni f.t. sito nel Vill.Sperone C/da Serre Via Comunale Vill.Sperone C/da Serre Via Comunale Fg.: 22 Part.: 593 determina dirigenziale 51 numero di protocollo 4/3228 del 22/10/2007. Ditta Freni Luigi Progetto di costruzione di un fabbricato a due elevazioni f.t. sito nel Vill.Sperone C/da Serre Via Comunale Vill.Sperone C/da Serre Via Comunale Fg.: 22 Part.: 126 con determina dirigenziale 52 4/3229 del 22/10/2007. Ditta Renate Miekeley e Lorenzo Misitano (Eredi Misitano) Vittorio progetto di realizzazione del Piano di Lottizzazione denominato " La Perla" in località S.S. n. 113 diram. Km. 13+100, Mortelle. Fg.: 22 Part.: 127, 128 con determina dirigenziale n 63 numero di protocollo 4/1065 del 27/05/2008. Ditta P.M.G. Costruzioni s. r.I. progetto di realizzazione: di un fabbricato per civile abitazione a quattro elev.f.t. con copertura a tetto sito in villaggio Ganzirri C/da.Serri Fg.: 22 Part.: 219, 594, 597, 598 con determina dirigenziale 56 numero di protocollo 154909 del 15/06/2010 Ditta Arena Domenico ed altri. progetto per la costruzione di quattro appartamenti di civile abitazione e bottega da realizzarsi in via Lago Lago Grande villaggio Ganzirri. Fg.: 42 Part.: 956, 1202 1500 con determina dirigenziale 55 Protocollo 154834 del 15/06/2010. Ditta Pizzolo Giuseppe e Popolo Rosa progetto di un fabbricato ad una elevazione f.t. più sottotetto in e.da Pozzo Giudeo del villaggio Torre Faro e.da Pozzo Giudeo del villaggio Torre Faro Fg.: 42/2 Part.: 1349 613,53 con determina dirigenziale 91 prot. 4/1554 del 10/09/2008. Ditta Aliqiò Fg.: 42 Part.: 30, 31, 47 8000 99 2009 2009\D.D. n. 99 del 10.09.2009

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Ditta Sac. Tripoldo Gaetano n.q. parroco pro tempore della parrocchia S.Nicolò di Bari. progetto di recupero dell'abitazione di proprietà della parrocchia sita in via Lago Grande angolo via Trento, villaggio Ganzirri. via Lago Grande angolo via Trento, villaggio Ganzirri. Fg.: 42 Part.: 358 determina dirigenziale 21 73828 del 24/03/2010. Ditta L'Unione I progetto per la costruzione di quattro alloggi sociali unifamiliari, in contrada Serri del villaggio Sperone del comune di Messina, contrada Serri del villaggio Sperone del comune di Messina Foglio: 43 ‐ Part.: 1798

Area di progetto

Check List: Valutazione cumulativa

Fasi della valutazione Attività da espletare Identificazione dei progetti Sono previste in atto nuove edificazioni che possono interagire che possano interagire con il progetto in esame. Ma si tratta di impatti limitati e temporanei. Identificazione dell’impatto Gl’impatti attesi a seguito della realizzazione delle opere, sia singolarmente che cumulativamente, non provocano:  Sottrazione significativa di habitat  Interferenza o sottrazione di 88

falda idrica  Aumento significativo di rumore ed emissioni in atmosfera  Effetto cumulativo con altri progetti  Interruzione di corridoi ecologici. Definire i limiti della valutazione Non vi è interferenza con siti lontani (offsite) Identificazione del percorso Non sono stati individuati significative interferenze o accumulazione di effetti nel tempo e nello spazio. Previsione Gli effetti cumulativi potenziali sono temporanei e limitati. Valutazione Non si prevedono impatti cumulativi significativi e se ci fossero sarebbero limitati e temporanei.

Il territorio in oggetto si è sviluppato un consistente nucleo urbano in coerenza con le previsioni del PRG vigente. L'area pur rientrando nella Zps ITA030042, è antropizzata, pertanto la realizzazione dell'opera in progetto, con tutti gli accorgimenti necessari per la tutela dell'ambiente circostante è tollerabile. Gli interventi si impostano su una area già caratterizzata da un’intensa attività antropica che ha già provocato una profonda modificazione dell’ambiente naturale. Le analisi condotte già nella valutazione d’incidenza hanno evidenziato che non verranno sottratti habitat di particolare rilievo o ideali per la nidificazione e non saranno indotti particolari interventi che possono alterare le catene alimentari. Le opere di mitigazione contribuiranno a migliorare l’inserimento dell’opera nel contesto ambientale esistente. In particolare si inseriranno specie arboree e arbustive autoctone tipiche della zona e favorire la naturalità dei luoghi, incoraggiando la presenza di popolazioni di varie specie di avifauna. Pertanto, considerate le dimensioni dell’intervento, si può affermare che non si prevedono effetti cumulativi significativi sul sito in esame e se ci fossero sarebbero cumuli temporanei e reversibili, eventualmente nel caso specifico gli effetti cumulativi si potrebbero realizzare o in fase di cantiere, nel periodo di realizzazione dei lavori ma l’area di progetto è inserita in un contesto già molto alterato ed esposto a rumore, o in fase d’esercizio a causa di afflusso di persone o a causa di illuminazione, ma anche questi effetti sono limitati e temporanei.

9 – CONCLUSIONI La vegetazione delle zona oggetto di studio è condizionata dall’intervento antropico e con basso valore ecologico. Dalla sovrapposizione con la carta degli habitat del PDG risulta ricadere in 34.36 Pascoli termo-xerofili mediterranei e sub mediterranei, anche se allo stato attuale si presenta parzialmente degradata. - Durante la fase di costruzione il progetto non prevede la realizzazione di nuove opere di presa dal Lago Pantano grande, né versamento di acque in esso. È da escludersi pertanto una modifica della disponibilità idrica per il Sic. Il terreno dista circa 400 metri dalla riva sinistra del Pantano Grande di Ganzirri ed 800 mt dal torrente Papardo. Per quanto riguarda l’impatto sulla qualità dell’aria, si verificherà un aumento delle polveri nelle immediate vicinanze del cantiere. L’aumento di polverosità è dovuto soprattutto dalle operazioni delle macchine di movimentazione terra e dal movimento dei mezzi di cantiere. 89

In fase di cantiere l’alterazione del clima acustico dell’area durante la costruzione delle opere è riconducibile alle fasi di approntamento ed esercizio del cantiere ed al trasporto del materiale. Le emmissioni acustiche derivanti dalle attività di cantiere potranno essere continue (generatori) e discontinue ( mezzi di cantiere e trasporto). La realizzazione del progetto potrà determinare nuovo consumo di suolo, aumento della superficie impermeabilizzata e del rischio di inquinamento del suolo, ma con le opportune opere di mitigazioni l’impatti saranno non negativi. I rifiuti, in fase di cantiere, sono riconducibili agli imballaggi dei materiali, agli scarti di lavorazione, che dovranno esserre correttamente smaltiti secondo le disposizioni di legge. - In fase di regime l’aumento del carico urbanistico incrementerà la quantità di reflui da depurare, in generale il maggior consumo di acqua determinerà un aumento di volumi idrici da immetere nei corpi recettori. La rete fognaria si innesterà alla rete esistente tramite opportuno impianto. Le acque meteoriche da allontanare a seguito dell’incremento di superficie impermeabilizzata (area edificata, area pavimentata ed area a verde) dovranno essere convogliate mediante caditoie e scaricate direttamente nel terreno. Le pressioni sul sistema aria potranno essere determinate da emissioni gassose di sostanze inquinanti prodotte dall’afflusso dei residenti, aventi però effetti localizzati poco rilevanti, mentre si produrrà un sensibile aumento delle emissioni sonore e luminose. Per quanto riguarda la fase di esercizio le fonti di rumore principale saranno riconducibili all’incremento della mobilità veicolare, ma queste fonti di rumore sono comunque presenti a causa dell’abitato situato intorno all’area, pertanto non vi saranno significative modifiche. Un possibile impatto diretto sul Sic potrebbe derivare da una più intensa fruizione antropica, anche se questa avverrà soltanto in determinate ore, ma l’area è servita direttamente dalla Panoramica Stretto con una strada esistente, superiore a 6 metri di larghezza, che si innesta nella stessa servendo direttamente il terreno – nel quale viene realizzato un percorso interno necessario per accedere ai parcheggi privati individuati all’interno delle aree in proprietà.

L’habitat è caratterizzato da una copertura vegetazionale formata prevalentemente da fitocenosi secondarie: vegetazione sinantropica ruderale. Le attività antropiche hanno determinato una sostanziale modifica del paesaggio naturale determinando o favorendo il costituirsi di aspetti nitrofili, i quali hanno sostituito gran parte della vegetazione originaria. La presenza continua e reiterata di evidenti fenomeni di pressione antropica ha condizionato successivamente l’insediamento e l’accrescimento delle originarie fitocenosi impedendo, di fatto, una loro evoluzione dinamica verso comunità vegetali strutturalmente e fisionomicamente più complesse e naturali. Le specie erbacee presenti, pur non formando popolamenti puri, si sono insediate traendo vantaggio dell'intervento antropico. L’area di stretto interesse progettuale è caratterizzata da una elevata povertà faunistica. Si può comunque prevedere che l’incidenza negativa prodotta sulla componente naturalistica presente sul territorio della ZPS non sia significativa. Essa appare infatti già fortemente antropizzata e comunque caratterizzata da sostanziale omogeneità: l’elevato grado di antropizzazione e la forte riduzione di vegetazione naturale si traducono in un basso livello di naturalità, che limita notevolmente la presenza e la frequentazione di questi habitat da parte di quelle specie ritenute di particolare importanza naturalistica. Occorre però segnalare l’interferenza legata all’emissioni acustiche al traffico veicolare, che potrebbero indurre effetti di distrurbo sulla rotta migratoria degli uccelli, in quanto la zona è uno dei punti più importanti di attraversamento. L’incremento di inquinamento acustico è comunque modesto, considerato il fatto che il clima acustico è gia sensibilmente disturbato dalla rumorosità indotta dall’abitato esistente.

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A questo proposito è opportuno ricordare che spesso gli animali sviluppano forme di adattamento nei confronti dele mutate condizioni stazionali, purchè l’entità di tali modifiche non sia tale da far venire meno alcuni aspetti fondamentali, come il reperimento di cibo. Perciò si può dedurre che per quanto riguarda il territorio compreso all’interno della ZPS, sia significativamente idoneo ad ospitare l’avifauna, soprattutto il SIC, l’area di stretto interesse progettuale non si configura come habitat particolarmente adatto per nessuna di queste popolazioni, essendo già fortemente compromesso e degradato. Grazie agli inteventi di mitigazione si offriranno luoghi di nidificazione per alcune specie di avifauna Come visibile nelle cartografie del Ministero dell’Ambiente l’area di progetto non ricade nel sic "Dorsale Curcuraci – Antennammare” e nel sic -ITA03008 “Laguna di Capo Peloro” L'area pur rientrando nella Zps ITA030042, è antropizzata, pertanto la realizzazione dell'opera in progetto, con tutti gli accorgimenti necessari per la tutela dell'ambiente circostante è tollerabile. La complementarietà risulta assolutamente sostenibile e l’incidenza del progetto sull’ambiente, anche dal punto di vista degli effetti cumulativi, risulta nel suo complesso accettabile perché inserita in un contesto urbano, rispetto al quale la nuova sistemazione a verde con le opere di mitigazione e con l’introduzione di nuove e compatibili specie vegetali con alberi d’alto fusto ed altre specie arbustive, potrà attirare svariate specie di avifauna, migliorando l’attuale stato d’abbandono. In conclusione, il progetto in esame determina una possibilità minima di impatti significativi sul sito Natura 2000, in quanto non interferisce con l’attuale stato di integrità del sito Natura 2000 né con gli obiettivi presenti di conservazione e protezione ambientale, ciò poiché si tratta di ambiente a basso valore ecologico. Il livello degli impatti e la durata degli effetti relativi saranno in parte mitigabili attraverso l’adozione degli interventi di mitigazione e compensazione descritti nei paragrafi precedenti.

Messina I Consulenti Ambientali

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MODELLO DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA (Resa ai sensi dell'art. 3 del D.lgs. 19.12.2002 n. 297 - art. 46 Dpr. 28.12.2000 n. 445)

Il sottoscritto Cumbo Enzo nato ad Agrigento il 22.04.1961 e residente a Messina in Viale Regina Margherita n.69

Consapevole delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti, previste dall'art. 76 Dpr 28.12.2000 n. 445

DICHIARA

- di essere in possesso della Laurea in Scienze geologiche, conseguita il 28.02.1988 presso l’Università degli studi di Palermo Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. - di essersi abilitato alla professione di Geologo presso l’Università degli Studi di Palermo - di essere iscritto all’Albo Regionale dei Geologi di Sicilia con il n° 949 dal 02.05.1991. - di essere in possesso delle conoscenze scientifiche e di esperienza professionale nei seguenti settori ambientali: geologico, idrogeologico, geotecnico, geomorfologico, paesaggistico,faunistico, biologico, naturalistico, ecologico ed ambientale.

Messina__Mag. 2012 FIRMA

Dott. Enzo Cumbo

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