“Ti ricordi Syd?” –

17 Febbraio 2015

1969, era di piena psichedelia, e la strana copertina sembrava andare in quella direzione, una celeberrima faccia sfigurata con una grande bocca. Era lecito attendersi qualcosa tipo Airplaine, Dead oppure, meglio ancora, musica lisergica inglese, Tomorrow, Pink Floyd. Invece dal disco ecco il suono impazzito vagamente hard del primo brano “21th century schizoid man”. C’è qualcosa che va oltre, gli interventi strumentali partono in mille direzioni, chitarre mai sentite, voce trascendentale, fiati e tastiere. Tutto si placa nel brano successivo, le cose si chiariscono, le note si riappacificano, “” è magica, lenta, intensa, sospesa, la voce di suona bella come non mai prima e probabilmente dopo, in primo piano soprattutto il , favoleggiante e mitico strumento simbolo degli anni 70 e del “rock progressive”, un genere che forse proprio con “In the court” prendeva spessore alimentando la fiammella accesa due anni prima dai Procol Harum di “A whiter shade of pale” e i Moody Blues di “Nights in White Satin”. Il mellotron, affidato ad un grande musicista mai veramente apprezzato fino in fondo, Ian McDonald, autore di buona parte del materiale del disco di esordio ed uscito dalla formazione troppo in fretta per riapparire, salvo sporadici episodi, solo sul finire degli anni ’70 in una media formazione rock americana i “Foreiner”. E’ con il terzo brano “Epitaph” che il capolavoro raggiunge la vetta più alta. Introduzione trionfale e grande mix di chitarra e mellotron. Si prosegue, “Moonchild” e la title track, ancora oggi cavallo di battaglia dal vivo, completano un album che deve essere presente in ogni discoteca di qualsiasi audiofilo. Purtroppo le forti personalità come quelle presenti nella prima formazione dei King Crimson finirono inevitabilmente presto in contrasto tra di loro e già nel secondo album, il non irresistibile “ In the wake of Poseoidon”, McDonald, Giles e Lake abbandonarono la corte. Greg Lake fece fortuna con il supertrio Emerson Lake e Palmer. McDonald e il batterista Giles fecero un leggendario album con il proprio nome, poi Giles uscì di scena in modo pressochè definitivo alimentando la leggenda, McDonald tornò qualche anno dopo come detto sopra. Il Re Crimesi soffrì non poco ma si rifece più tardi, arrivarono altre pagine musicali imperdibili, chicche assolute come “Island” del 1971, “Lark touges in aspic” del 1973 e “Red” del 1974 con la riapparizione del genio McDonald al sax in “”. Di tutto questo, unico comune denominatore , mente superiore e controversa, capace di capolavori assoluti e vere inascoltabili “tafazzate”. Attorno a lui di volta in volta grandi personaggi del rock, i vari , , Bill Brudford ma anche il paroliere Pete Sinfield contribuirono a stemperare i virtuosismi del leader, a volte davvero fini a se stessi. I King Crimson hanno rappresentato la partenza di un genere amato follemente dai giovani degli anni ’70 e che ha visto tra le proprie fila gente come Yes, Van der Graaf Generator, Jethro Tull. Forse la parte migliore del rock che proprio negli ultimi anni sta vivendo una vera seconda giovinezza, sia per il livello di alcune nuove band tipo i Transatlantic, sia per il ritorno in grande stile dei dischi in vinile che anche per merito delle loro copertine mantengono un fascino intatto che nessun CD / DVD o pennetta usb potrà mai eguagliare.“In the Court of the Crimson King” rappresenta l’iniziazione ideale per neofita che oggi vuole imbarcarsi sull’astronave del progressive per scoprirne le incredibili sensazioni che da oltre 40 anni questa musica regala ai suoi estimatori.