Comune di Malgrate

Provincia di

P I A N O T R I E N N A L E D I P R E V E N Z I O N E D E L L A C O R R U Z I O N E 2 0 1 6 - 2 0 1 8 (AGGIORNAMENTO)

Approvato con deliberazione della Giunta Comunale n. 11 del 28/01/2016

PREMESSA

La legge 28/11/2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, dispone l’introduzione nella Pubblica Amministrazione di pratiche che consentano di contrastare la corruzione e l’illegalità attraverso misure preventive, in conformità alle migliori prassi internazionali. Il sistema di prevenzione delineato dalla legge è articolato a livello nazionale attraverso la predisposizione del Piano Nazionale e, a livello di ogni singola Amministrazione Locale, attraverso l’adozione del Piano Triennale per la prevenzione della corruzione. Il Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) del di Malgrate rappresenta il documento fondamentale dell’Ente per la definizione della strategia di prevenzione dei fenomeni della corruzione e, più in generale, dell’illegalità. Per “corruzione”, oltre al significato giuridico che il termine assume in riferimento alle norme del Codice Penale, si intende ogni caso di abuso da parte dei dipendenti del Comune di Malgrate del potere loro affidato o della rappresentanza dell’Amministrazione che compete loro al fine di ottenere indebiti vantaggi privati. Sono comprese le situazioni in cui, a prescindere dalla rilevanza penale o dalla cattiva cura degli interessi e del funzionamento dell’amministrazione, venga in evidenza un uso privato delle funzioni o dei compiti attribuiti. Per “illegalità” si intende l’uso deviato o distorto dei doveri funzionali e la strumentalizzazione della potestà pubblica che può concretizzarsi anche nell’utilizzo di risorse pubbliche per perseguire un interesse privato, nell’esercitare una funzione pubblica a detrimento dell’interesse generale e della legalità. La legalità non è antitetica all’esigenza di funzionalità degli Enti ed anzi la favorisce, per almeno tre ordini di ragioni: è parte essenziale di un’azione efficace ed efficiente, considerato che un’azienda pubblica, per quanto rapida, non può raggiungere le sue finalità istituzionali se non è anche imparziale. L’imparzialità della Pubblica Amministrazione è uno dei principi costituzionali di maggior rilievo; è del tutto evidente, dunque, che un servizio iniquo non è un buon servizio; l’illegalità genera costi; la legalità, oltre che un fine, è un mezzo per conseguire livelli più elevati e stabili in termini di efficacia ed efficienza. Infatti, un quadro semplice e chiaro delle regole da utilizzare favorisce la riduzione strutturale dei tempi delle procedure e dei costi di funzionamento; i controlli interni, inoltre, consentono di semplificare le procedure e di eliminare gli sprechi. La trasparenza, infine, consente alla Pubblica Amministrazione di dialogare con la propria comunità di riferimento e di migliorare ulteriormente il livello dei servizi erogati, sotto il duplice profilo della efficacia e della efficienza, grazie al controllo diffuso sulle attività istituzionali e sull'utilizzo delle risorse. In questo modo è possibile coniugare imparzialità e buon andamento, così come previsto dall’art. 97 della Costituzione. Una delle principali azioni in chiave di prevenzione della illegalità è legata ad un’attuazione piena e totale del principio di trasparenza, introdotto inizialmente dalla legge 241/1990 e, da ultimo, sviluppato organicamente dal D.Lgs. 33/2013 in materia di “ Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte della pubblica amministrazione ”. Lo stesso decreto prevede, all’art. 10, che ogni Amministrazione adotti uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, da aggiornare annualmente, nel quale vengono individuate le iniziative previste per garantire un adeguato livello di trasparenza: essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una vera “ amministrazione

aperta ”, al servizio del cittadino. La trasparenza contribuisce ad assolvere ad una molteplicità di funzioni, quali: a) rafforzare il diritto del cittadino ad essere informato sul funzionamento dell'Ente; b) assicurare la conoscenza dei servizi resi dall’Amministrazione; c) promuovere la legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità dell'azione amministrativa in funzione preventiva e di contrasto dei fenomeni corruttivi; d) favorire il controllo dell’attività amministrativa da parte dei cittadini-utenti (c.d. controllo sociale”); e) garantire il miglioramento continuo nell'uso delle risorse e nell'erogazione dei servizi al pubblico in ogni fase del ciclo di gestione della performance. Un’attenzione particolare deve essere dedicata all’approccio comunicativo e al tema della semplificazione dei messaggi verso i cittadini , nella consapevolezza che la trasparenza, al di là dello specifico adempimento formale, debba rappresentare un diverso modo di intendere l’azione amministrativa nel suo complesso: la trasparenza non è data evidentemente dal numero dei documenti messi in rete, ma dalla leggibilità delle informazioni, dei bilanci ecc. (pur nel rispetto degli obblighi normativi). Nell’eccesso dei dati, spesso causato dal nostro legislatore, si perde l’informazione, come insegnano le “leggi” della comunicazione; è necessario invece che le informazioni siano selezionate, classificate e messe in relazione fra loro, posto che l’obiettivo è la loro agevole fruibilità da parte della comunità civile. L'effettiva conoscibilità dell’azione della Pubblica Amministrazione si ottiene con un comportamento proattivo dell’Ente, dei suoi amministratori e del personale, in ogni momento di confronto con i cittadini/utenti e con le formazioni sociali. In sostanza, anche il Programma per la trasparenza non deve essere inquadrato come un ennesimo adempimento formale o, peggio, come un freno alla funzionalità degli Enti. Al contrario, la trasparenza deve orientare la performance dell’Ente secondo canoni di efficacia ed efficienza (art. 10, comma 9, del D.Lgs. 33/2013). Altro strumento di fondamentale importanza, sotto questo profilo, è il Codice di comportamento del personale di cui all’art. 9 del presente Piano, nella convinzione che il funzionamento dell’Ente debba essere improntato a valori etici. Nel caso del Comune di Malgrate gli strumenti di pianificazione sono stati costruiti in modo coordinato e circolare, come auspicato dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) e dallo stesso legislatore, pertanto, in base all’art. 10, comma 2, del D. Lgs. 33/2013, il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità costituisce una sezione del Piano di prevenzione della corruzione, come esplicitato nrll’art. 13 del presente Piano.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Il Comune approva il Piano triennale per la prevenzione della corruzione 2016-2018 in attuazione delle seguenti disposizioni in materia di prevenzione della corruzione: • Legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”; • Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per i delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190”;

• Linee di indirizzo del Comitato Interministeriale (D.P.C.M. 16 gennaio 2013) approvate il 12/03/2013; • Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, approvato dal Governo il 15 febbraio 2013, in attuazione dei commi 35 e 36 dell’articolo 1 della l. n. 190 del 2012”; • Decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazione e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”; • Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”; • Intesa tra Governo, Regioni, ed Enti Locali sancita dalla Conferenza Unificata nella seduta del 24 luglio 2013 per l’attuazione dell’art. 1, comma 60 e 61, della legge 6 novembre 2012, n. 190.

IL PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE (PNA)

L’ANAC con deliberazione n. 72/2013 in data 11/09/2013 ha approvato in via definitiva il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA). Con determinazione n. 12 del 28/10/2015 l’ANAC ha approvato l’aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA). Il PNA è stato aggiornato per tre motivazioni sostanziali: a) l’aggiornamento è stato imposto dalle novelle normative intervenute successivamente all’approvazione del PNA. In particolare, il riferimento è al DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014) il cui articolo 19, comma 5, ha trasferito all’ANAC tutte le competenze in materia di anticorruzione già assegnate dalla legge 190/2012 al Dipartimento della Funzione Pubblica; b) la determinazione n. 12/2015 è conseguenza dei risultati dell’analisi del campione di 1911 Piani Anticorruzione 2015-2017 svolta dall’Autorità; infatti, secondo l’ANAC “ la qualità dei PTPC è generalmente insoddisfacente ”; c) infine, l’aggiornamento del PNA si è reso necessario per consentire all’Autorità di fornire risposte unitarie alle richieste di chiarimenti inoltrate dalle pubbliche amministrazioni, nello specifico dai responsabili anticorruzione. L’analisi a campione dei PTPC ha consentito all’ANAC di affermare che le variabili per migliorare le strategie di prevenzione della corruzione, “ evitando che queste si trasformino in un mero adempimento”, sono: a) la differenziazione e la semplificazione dei contenuti del PNA, a seconda delle diverse tipologie e dimensioni delle amministrazioni; b) l’investimento nella formazione; c) l’accompagnamento delle amministrazioni nella predisposizione del PTPC. L’analisi del campione ha evidenziato numerose criticità: a) analisi del contesto assente, insufficiente o inadeguata; b) mappatura dei processi di bassa qualità;

c) valutazione del rischio caratterizzata da “ampi margini di miglioramento”; d) trattamento del rischio insufficiente; e) coordinamento tra PTCP e piano della perfomance assente; f) inadeguato coinvolgimento di attori esterni e interni; g) monitoraggio insufficiente. L’insoddisfacente attuazione della legge 190/2012 con l’adozione, differenziata in rapporto alle tipologie di amministrazioni e enti, di efficaci misure di prevenzione della corruzione è riconducibile a diverse cause. Le più importanti, secondo l’ANAC, sono: a) le difficoltà incontrate dalle pubbliche amministrazioni dovute alla sostanziale novità e complessità della normativa; b) le difficoltà organizzative delle amministrazioni dovute in gran parte a scarsità di risorse finanziarie, che hanno impoverito la capacità d’organizzare le funzioni tecniche e conoscitive necessarie per svolgere adeguatamente il compito che la legge 190/2012 ha previsto; c) un diffuso atteggiamento di mero adempimento nella predisposizione dei PTPC limitato ad evitare le responsabilità del responsabile anticorruzione in caso di mancata adozione (responsabilità estesa anche alla Giunta dopo l’introduzione della sanzione di cui all’articolo 19, comma 5, del DL 90/2014); d) l’isolamento del Responsabile anticorruzione nella formazione del PTPC ed il sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo che, nella migliore delle ipotesi, si limitano a “ratificare” l’operato del responsabile. L’ANAC ha preannunciato che nel corso del 2016 sarà necessario approvare un PNA nuovo, in conseguenza della prossima approvazione della nuova disciplina del processo d’approvazione dello stesso PNA, ai sensi dell’art. 7 della legge 124/2015, che delega il Governo ad approvare disposizioni di “ precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani di prevenzione della corruzione”, ciò anche allo scopo di assicurare “maggiore efficacia dei controlli in fase di attuazione, della differenziazione per settori e dimensioni, del coordinamento con gli strumenti di misurazione e valutazione delle performance nonché dell'individuazione dei principali rischi e dei relativi rimedi […]”.

L’ANALISI DEL CONTESTO

Con la determinazione n. 12 del 28/10/2015 di aggiornamento del PNA, l’ANAC ha stabilito che la prima e indispensabile fase del processo di gestione del rischio è quella relativa all'analisi del contesto, attraverso la quale ottenere le informazioni necessarie a comprendere come il rischio corruttivo possa verificarsi all'interno dell'Amministrazione o dell'Ente per via delle specificità dell'ambiente in cui essa opera in termini di strutture territoriali e di dinamiche sociali, economiche e culturali, o per via delle caratteristiche organizzative interne. Infatti, il PNA 2013 conteneva un generico riferimento al contesto esterno ed interno ai fini dell'analisi del rischio corruttivo. In gran parte dei PTPC esaminati dall’Autorità, è stato rilevato che l'analisi di contesto è assente o carente: ciò costituisce un elemento critico ai fini della definizione di misure adeguate a contrastare i rischi corruttivi. Attraverso l’analisi del contesto si favorisce la predisposizione di un PTPC contestualizzato e, quindi, potenzialmente più efficace.

Negli Enti Locali, ai fini dell'analisi del contesto esterno, secondo l’ANAC, i Responsabili anticorruzione possono avvalersi degli elementi e dei dati contenuti nelle relazioni periodiche sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica, presentate al Parlamento dal Ministero dell'Interno e pubblicate sul sito della Camera dei Deputati. Inoltre, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 190/2012, la Prefettura territorialmente competente potrà fornire, su richiesta dei medesimi responsabili, un supporto tecnico “anche nell'ambito della consueta collaborazione con gli enti locali ” (Determinazione ANAC n. 12/2015). In particolare, l’analisi del contesto esterno ha come obiettivo quello di evidenziare come le caratteristiche dell’ambiente nel quale l’Ente opera, con riferimento a variabili culturali, criminologiche, sociali ed economiche del territorio possano favorire il verificarsi di fenomeni corruttivi al proprio interno. Comprendere le dinamiche territoriali di riferimento e le principali influenze e pressioni a cui una struttura è sottoposta consente di indirizzare con maggiore efficacia e precisione la strategia di gestione del rischio. Gli studi sulla criminalità organizzata hanno da tempo evidenziato come la corruzione sia proprio uno dei tradizionali strumenti di azione delle organizzazioni criminali. L'analisi del contesto interno è basata anche sulla rilevazione ed analisi dei processi organizzativi.

MAPPATURA DEI PROCESSI

La mappatura dei processi consiste nella definizione di un elenco dei processi (o dei macro-processi) con la loro descrizione e rappresentazione, il cui livello di dettaglio tiene conto delle esigenze organizzative, delle caratteristiche e della dimensione della struttura. La finalità è quella di sintetizzare e rendere intellegibili le informazioni raccolte per ciascun processo, permettendo, nei casi più complessi, la descrizione del flusso e delle interrelazioni tra le varie attività. Il concetto di processo è più ampio e flessibile da quello di procedimento amministrativo. Quest’ultimo caratterizza lo svolgimento della gran parte delle attività delle Pubbliche Amministrazioni, fermo restando che non tutta l’attività di una Pubblica Amministrazione è riconducibile a procedimenti amministrativi. La rilevazione dei procedimenti amministrativi è sicuramente un buon punto di partenza per l’identificazione dei processi organizzativi, tenuto conto che la ricognizione dei procedimenti e l’individuazione dei loro principali profili organizzativi è stata prevista già dalla legge n. 241/1990 ed è oggetto di specifici obblighi di trasparenza ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. 33/2013. La mappatura dei processi è un modo razionale di individuare e rappresentare tutte le attività dell'Ente per fini diversi. La mappatura assume carattere strumentale a fini dell'identificazione, della valutazione e del trattamento dei rischi corruttivi. L'accuratezza e l'esaustività della mappatura dei processi è un requisito indispensabile per la formulazione di adeguate misure di prevenzione e incide sulla qualità dell'analisi complessiva. L'obiettivo è che le Amministrazioni e gli Enti realizzino la mappatura di tutti i processi. La mappatura può essere effettuata con diversi livelli di approfondimento. Il livello minimo della mappatura prevede i seguenti step : - l’individuazione delle responsabilità e delle strutture organizzative che intervengono. - l’indicazione dell’origine del processo (input);

- l’indicazione del risultato atteso (output); - l’indicazione della sequenza di attività che consente di raggiungere il risultato; - le fasi; i tempi, i vincoli, le risorse, le interrelazioni tra i processi. L’ANAC ritiene che nel processo di mappatura, debbano essere coinvolti i Responsabili delle Aree.

PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 2016-2018 DELL’ENTE

Art. 1 – Processo di redazione del Piano 1. Il metodo seguito per la redazione del presente Piano, in continuità con il precedente, è stato il seguente: - analisi del rischio corruttivo tramite esame delle attività e dei procedimenti dell’Ente e conseguente individuazione delle attività a maggiore esposizione al rischio di corruzione. - individuazione delle azioni di riduzione del rischio di corruzione - analisi e individuazione delle azioni di monitoraggio e delle azioni di contrasto alla corruzione. 2. La Giunta Comunale approva il Piano entro il 31 gennaio di ogni anno prendendo a riferimento il triennio successivo a scorrimento. 3. Il presente Piano costituisce aggiornamento dei Piani 2014/2016 e 2015/2017, attuativo delle disposizioni di cui alla legge 190/2012, redatto secondo le indicazioni contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione approvato da CIVIT (ora ANAC) con deliberazione n. 72/2013 e aggiornato con determinazione dell’ANAC n. 12/2015. 2. Il Piano della trasparenza è parte integrante del presente Piano della corruzione, per coordinare pienamente i due sistemi, come previsto dalla normativa.

Art. 2 - Il Responsabile della prevenzione e della corruzione 1. Ai fini della disposizione contenuta nell’ articolo 1, comma 5, della legge 190/2012, il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione è stato attribuito al Segretario Comunale (decreto del Sindaco n. 1 del 08/01/2015). 2. Il Segretario, quale Responsabile della prevenzione della corruzione, esercita i compiti a questi attribuiti dalla legge e in particolare: a) elabora la proposta di Piano triennale di prevenzione della corruzione ed i successivi aggiornamenti; b) definisce le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori individuati quali particolarmente esposti alla corruzione; c) verifica l'efficace attuazione del Piano attraverso il monitoraggio di cui al successivo art. 10, punto 10.14; d) verifica, d’intesa con il Responsabile competente, l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nei cui ambiti è più alto il rischio che siano commessi reati di corruzione; e) individua il personale da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell’etica e della legalità; f) propone, entro il 31 gennaio di ogni anno, d’intesa con i Responsabili di Area, gli aggiornamenti al Piano.

Art. 3 – Altri soggetti del PTPC 1. Ogni Responsabile di Area (titolare di posizione organizzativa) è designato quale referente per la prevenzione della corruzione relativamente alle unità organizzative rispetto alle quali è affidatario della direzione e della responsabilità, sia diretta, sia indiretta. 2. Ai sensi del comma precedente, e nel rispetto di quanto previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 165/2001, ogni Responsabile in aggiunta ai compiti ad esso attribuiti dalle norme di legge e regolamentari, esercita le seguenti attività: a) partecipa al processo di gestione del rischio; b) concorre alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti; c) fornisce le informazioni richieste dal soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formula specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo; d) provvede al monitoraggio delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui è preposto, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale, in particolare nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva; e) assicura l’osservanza del Codice di comportamento e verifica le ipotesi di violazione; f) osserva le misure contenute nel PTPC (art. 1, comma 14, della legge 190/2012). 3 Il Nucleo di valutazione della performance: a) partecipa al processo di gestione del rischio; b) svolge i compiti propri connessi all’attività anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa (art. 44 del D.Lgs. 33/2013); c) esprime parere obbligatorio nell’ambito della procedura di adozione del Codice di comportamento.

Art. 4 – Analisi del contesto esterno 1. Ai fini dell’analisi del contesto esterno, ci si è avvalsi degli elementi e dei dati contenuti nelle relazioni periodiche sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica, presentate al Parlamento dal Ministero dell’Interno e pubblicate sul sito della Camera dei Deputati (Ordine e sicurezza pubblica D.I.A.). 2. Ai fini dell’analisi del contesto si fa riferimento anche ad altri strumenti di programmazione come il Piano delle performance o in documenti che l’Amministrazione già predispone ad altri fini come il conto annuale ed il DUP, allo scopo di trarre informazioni utili ai fini delle analisi in oggetto. 3. Ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 6, della legge 190/2012, la Prefettura territorialmente competente potrà fornire, su richiesta del Responsabile anti corruzione, un supporto tecnico anche nell’ambito della consueta collaborazione con gli Enti locali.

A) Regione La Regione Lombardia è caratterizzata da un tessuto produttivo vitale, rappresenta la maggiore piazza finanziaria nazionale e si colloca tra le regioni italiane di maggior benessere. Con una popolazione di quasi 10 milioni di abitanti essa è anche la regione più popolosa ed attrae consistenti flussi migratori. Difatti, in quest’area risiedono regolarmente oltre 1,1 milioni di stranieri, il 23% circa di quelli censiti sull’intero territorio nazionale, incidendo per l’11,3% sulla popolazione della Regione.

Quest’ area, anche in ragione della sua estensione e della sua collocazione geografica, è interessata da molteplici manifestazioni di criminalità ben diversificate tra loro, con caratteristiche e modus operandi che variano in funzione delle province in cui si manifestano e dei settori illeciti d’ intervento; la diversificazione per territorio scaturisce dalla presenza, consolidata nel corso degli anni, di elementi riconducibili a sodalizi criminali di tipo mafioso cui si sono affiancati gruppi criminali stranieri. Le varie compagini criminali, allineandosi alle trasformazioni del Paese, adeguano in questa regione gli strumenti di penetrazione dell’economia legale, orientandole allo sfruttamento delle opportunità offerte dal tessuto socio-economico locale, nell’ottica dell’ottimizzazione del rapporto tra costi e benefici. La Lombardia, pur non estranea all’attuale fase di crisi economica, può difatti costituire per le matrici mafiose un solido bacino d’investimenti, funzionali alla penetrazione negli impianti produttivi e al consolidamento della presenza sul territorio. Difatti le organizzazioni mafiose endogene evidenziano interesse ad infiltrare il tessuto imprenditoriale locale, rimangono collegate alle famiglie criminali d’origine e dispongono di cospicui capitali illeciti, in buona parte derivanti dal narcotraffico, da reimpiegare (attraverso complesse attività di riciclaggio4) in imprese commerciali (grande distribuzione, bar, ristorazione, turistico-alberghiere e di intrattenimento), immobiliari ed edili, di movimento terra, di giochi e scommesse, smaltimento dei rifiuti, bonifiche ambientali, società finanziarie, cooperative, sanità, servizi di logistica e trasporti, nel settore energetico, ecc... Le modalità di reimpiego denotano caratteri sempre più articolati, che contemplano anche il ricorso a strutture finanziarie e bancarie (anche abusive), elvetiche o dei cosiddetti “paradisi fiscali”. Per la movimentazione illecita di valuta e titoli di credito, la criminalità organizzata può anche contare sulla collaborazione di esperti in ambito tributario e finanziario. L’infiltrazione nel sistema imprenditoriale locale appare attualmente più marcata da parte dei sodalizi calabresi, ma è realistico ipotizzare che la stessa minaccia possa provenire anche da parte dei gruppi mafiosi di estrazione siciliana e campana. Sul territorio regionale si vanno palesando anche segnali, da parte dei sodalizi di tipo mafioso (soprattutto calabresi), di infiltrazioni all’interno della Pubblica Amministrazione e nell’aggiudicazione di lavori pubblici, riproponendo assetti di mercificazione dell’interesse pubblico e situazioni di connivenza sperimentati nell’area d’origine. Più precisamente 9.973.397, secondo i dati ISTAT (Bilancio demografico al 31 dicembre 2013). Per l’esattezza 1.129.185, secondo i dati IS TA T (Bilancio demografico al 31 dicembre 2013). Tra l’altro è area confinante con il territorio elvetico e vanta importanti scali aerei (principalmente Malpensa, ma anche Orio al Serio (BG) e Linate (MI)) e vie di comunicazione per il quale la Regione Lombarda riveste un ruolo nodale, funzionali alle operazioni di occultamento e trasferimento all’estero dei capitali. E’ inoltre da segnalare come recenti risultanze investigative abbiano evidenziato una certa permeabilità del tessuto economico ed imprenditoriale lombardo ad infiltra zio n i criminali, cui si vanno ad affiancare altre attività di indagine che negli ultimi anni stanno facendo emergere (in particolare nell’area meneghina, pavese, brianzola e bergamasca) casi di corruzione, nell’ambito delle proprie attribuzioni, da parte di Amministratori pubblici e dirigenti di strutture pubbliche (a beneficio di imprenditori scorretti che mirano ad accaparrarsi appalti ed erogazioni pubbliche), anche afferenti settori sensibili per la comunità. L’azione di contrasto alle organizzazioni criminali si sta dunque spingendo all’ esplorazione della c.d. “zona grigia”, ovvero di illeciti che spesso emergono con fattispecie di natura fiscale o

amministrativa, che potrebbero costituire il terreno su cui realizzare l’ intreccio D’interessi tra criminali, politici, amministratori ed imprenditori (con la costituzione di “sistemi criminali” apparentemente disomogenei ma in realtà efficacemente integrati), nei quali la corruzione e, in generale, i reati contro la Pubblica Amministrazione, permettano alla criminalità organizzata di infiltrarsi ed espandersi ulteriormente, a danno dell’imprenditoria sana. Nel territorio lombardo risulta diffusa la collaborazione operativa tra i vari sodalizi, tesa all’efficace conseguimento degli obiettivi, superando i tradizionali schemi di un rigido controllo del territorio e monopolio di talune attività illegali. L’espressione mafiosa più invasiva e strutturata risulta attualmente la ‘Ndrangheta, rappresentata da qualificate proiezioni delle più pericolose cosche, specie ma non solo reggine, vibonesi e crotonesi. Le risultanze dell’azione di contrasto confermano l’esistenza di numerosi sodalizi, quando non anche di vere e proprie “locali”, soprattutto in comuni delle province di Milano, , Varese, Bergamo, Brescia, Lecco, Mantova, Pavia, Monza e Brianza e Cremona, sovente alleate ovvero in stretto collegamento reciproco. Al riguardo, fra l’altro, l’assetto organizzativo della ‘Ndrangheta al di fuori della Calabria ha evidenziato l’esistenza di un mandamento denominato Lombardia, cui fanno riferimento le “locali” ivi presenti le quali, seppur dotate di significativa libertà decisionale relativamente alle attività criminali sviluppate in area lombarda, restano legate alla terra d’origine. La ‘Ndrangheta, nel manifestare capacità d’integrazione con le strutture economiche e politiche, attraverso modalità ed investimenti apparentemente legali ed attività in diversi settori produttivi e del terziario, si adopera in operazioni di riciclaggio ed impiego (ed anche nell’esercizio abusivo del credito), senza tralasciare illeciti più tradizionali, quali il narcotraffico, le estorsioni, l’usura e, marginalmente, anche truffe, furti e ricettazione. In particolare, specie nell’ambito delle attività legate al narcotraffico di livello internazionale, la ‘Ndrangheta entra in relazione con gruppi organizzati stranieri (in particolare di matrice sudamericana o balcanica) e, talvolta, anche con articolazioni di Cosa nostra. B) Provincia Il territorio della Provincia di Lecco, pur non potendosi certamente considerare immune dagli effetti della crisi economica che ha investito l’intero territorio nazionale, rappresenta ancora una solida realtà economica (elevato il numero di imprese in rapporto alla popolazione residente, tra cui importanti siti di produzione metalmeccanica e tessile, e scarse le situazioni di disagio socio- ambientale), risultando appetibile alle consorterie criminali organizzate (in particolare calabresi) le quali, senza al momento palesare un incisivo condizionamento del territorio, pongono in essere in quest’area dall’elevato indice di produttività manifatturiera e commerciale svariate attività illegali, quali le estorsioni e l’impiego dei proventi illegali in immobili, per l’acquisizione e/o la gestione di locali pubblici (bar, ristoranti o sale da gioco) e in altre attività imprenditoriali (nei settori del trasporto merci, l’edilizia ed il movimento terra). Il territorio in esame risulta interessato da espressioni della ‘Ndrangheta, con interessi tanto nel traffico di sostanze stupefacenti che per attività di riciclaggio ed impiego dei proventi illeciti in attività commerciali o acquisizioni immobiliari. Elementi riconducibili ad un noto sodalizio, attivo prevalentemente in Lecco, (LC), (LC) e Comuni limitrofi, hanno difatti posto in essere attività illecite quali il porto abusivo di armi, l’usura o le estorsioni, nonché tentativi di infiltrazione in appalti e concessioni di aree pubbliche, evidenziando influenze e capacità corruttive anche nei confronti di amministratori pubblici locali. Dagli esiti nel luglio 2010 dell’operazione “ Crimine Infinito ”, inoltre, pur non risultando in quest’area la presenza di uno stabile “locale” di ‘Ndrangheta era tuttavia emersa, tra le persone in

quell’ occasione arrestate, anche la presenza di alcuni soggetti residenti o dimoranti in provincia di Lecco. Alla migrazione in quest’area di soggetti alla ricerca di realtà territoriali “periferiche”, ritenute idonee ad una gestione più defilata degli affari illeciti, si sta affiancando l’incremento di danneggiamenti seguiti da incendio ed episodi di estorsione i quali, tuttavia, in linea generale appaiono ricollegabili al recupero di crediti vantati nell’ambito di attività lecite (talvolta con derive usurarie) o illecite (nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti). Sul territorio si registrano episodi di minacce, danneggiamenti o incendi nei confronti di amministratori o amministrazioni pubbliche, che appaiono riconducibili a situazioni di disagio sociale e contestazioni per le scelte da questi adottate e non sono tali da condizionare la gestione dell’ente locale. Nel lecchese, territorio ove sul piano occupazionale la crisi in atto non ha risparmiato i lavoratori extracomunitari, continuano a registrarsi anche manifestazioni criminali di matrice straniera, con elementi attivi nel narcotraffico, ovvero in reati connessi alla prostituzione (il cui sfruttamento, nel 2013, ha comunque manifestato una positiva diminuzione) ed in altre manifestazioni di criminalità comune. Soggetti cinesi appaiono attivi in azioni delittuose indirizzate allo sfruttamento della prostituzione che, da parte dei cinopopolari, viene esercitata prevalentemente all’ interno di abitazioni private; i cinesi manifestano interesse anche per pratiche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e, nelle aziende dagli stessi gestite, continuano a fare rilevare episodi di sfruttamento della manodopera in nero in danno di propri connazionali. Nella Provincia di Lecco appaiono in aumento le manifestazioni della c.d. criminalità comune e persiste quale fenomeno preoccupante della c.d. criminalità predatoria, in particolare anche i furti e rapine in abitazioni e ville, in consistente aumento rispetto al precedente anno. I reati predatori, sono tanto manifestazione della devianza autoctona (in qualche caso coinvolgendo anche province limitrofe ed attribuibile a pregiudicati ivi residenti) che una significativa espressione di quella straniera, in particolare di matrice albanese, ma anche di soggetti di altra nazionalità. Tanto in relazione alla commissione di furti (complessivamente in aumento, con numerosi episodi in danno di abitazioni, autovetture o di borseggi), che anche per le rapine (spesso consumate nella pubblica via, ma anche in danno di abitazioni, uffici postali e banche), gli autori stranieri individuati superano addirittura gli italiani. Anche le truffe e frodi informatiche fanno registrare in questa provincia un sensibile incremento. I reati concernenti le sostanze stupefacenti, risultano nel territorio lecchese decisamente meno frequenti ed allarmanti rispetto a quelli di altre province limitrofe. Nel 2013 sono state sequestrate quasi esclusivamente hashish e marijuana (in totale kg. 15,7 circa) e segnalate all’ Autorità Giudiziaria un totale di 113 persone (con un più ampio coinvolgimento degli italiani, 66 a fronte dei 47 stranieri), di cui nessuna per l’associazione finalizzata al traffico illecito.

C) Comune

CARATTERISTICHE GENERALI DELLA POPOLAZIONE

Popolazione legale al censimento 2011 n. 4.216 Popolazione al 31/12/2015 n. 4.228

La popolazione residente per fasce di età è così suddivisa:

0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 173 187 207 205 206 212 220 237 312 328

50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90-94 95-100 340 279 255 285 260 216 158 107 34 7

Il livello di istruzione per titolo di studio della popolazione residente è il seguente (dati censimento 2011):

scuola privi di scuola media scuole laurea media titolo di analfabeti totale inferiore elementare superiore studio 521 1.236 1.190 762 260 16 3.985

CARATTERISTICHE GENERALI DEL TERRITORIO

SUPERFICIE: kmq. 1,99 RISORSE IDRICHE: laghi n. 1 - Fiumi e Torrenti n. 2 STRADE: provinciali Km. 3 comunali Km. 9

PIANI E STRUMENTI URBANISTICI VIGENTI

Il Piano di governo del territorio (PGT) è stato approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 8 del 14/03/2014.

ECONOMIA INSEDIATA

Le attività esercitate sono così distribuite:

ATTIVITÀ NUMERO NUMERO IMPRESE ADDETTI Agricoltura 0 0 Artigianato 56 211 Industria 0 0 Commercio 66 207 Turismo e agriturismo 16 92 Servizi 142 267

MODALITA’ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

I servizi pubblici locali sono gestiti per la stragrande maggioranza dei casi in economia mediante utilizzo del personale comunale e appalto di servizi secondo la normativa vigente. In sintesi i principali servizi comunali sono gestiti attraverso le seguenti modalità:

Servizio Modalità di gestione Soggetto gestore Centro prima infanzia Concessione Coop. Cambio di Luna Palazzetto dello sport Economia Centro sport. Rio Torto Convenzione Comune di Valmadrera SAD, ADM, AES Accordo di programma Consorzio Consolida/Comune Pasti anziani Appalto Elior Ristorazione SpA Bike sharing Convenzione Comunità Montana Trasporto anziani disabili Appalto Antesas Mensa scolastica Concessione KCS SFA – CSE - CDD Accordo di programma Comune di Lecco

GESTIONE IN CONVENZIONE

Oggetto Enti facenti parte della Convenzione Convenzione per la gestione di servizio di Comune di Galbiate (Ente Capofila) e Segreteria Comunale Malgrate Convenzione per la gestione associata del Sistema Comuni di Valmadrera, Galbiate, Malgrate, Informativo sovracomunale a cui partecipano altri 4 , Annone (Ente Capofila Valmadrera) comuni limitrofi

Convenzione per la gestione del servizio di Polizia Comune di Valmadrera (Ente Capofila), Locale Comune di Malgrate e Comune di

GESTIONE CON ACCORDO DI PROGRAMMA:

Oggetto e finalità Soggetti partecipanti Durata Accordo di programma tra i comuni Comuni del distretto di Lecco, Dal 13/04/2011 dell’ambito distrettuale di Lecco per la Comunità Montana Valle San al 31/01/2018 gestione associata di interventi e servizi Martino, Amministrazione volti alla realizzazione del sistema Provinciale di Lecco, Azienda integrato dei servizi sociali in attuazione Ospedaliera di Lecco, Azienda della legge n. 328/2000. Sanitaria Locale Lecco Accordo di programma per la Comuni dell’ambito distrettuale di Dall’11/05/2015 realizzazione del Piano di Zona 2012- Lecco, Comunità Montana del al 31/12/2017 2014, prorogato fino al 30/4/2015 con Lario Orientale Valle San Martino, deliberazione del Consiglio Comunale n. Azienda Sanitaria Locale di Lecco, 12 del 29/01/2015. Provincia di Lecco, Azienda Ospedaliera della Provincia di Lecco

ORGANISMI PARTECIPATI DALL’ENTE

Il Comune di Malgrate detiene le seguenti partecipazioni dirette in Società:

Ragione sociale Oggetto Quota di Altri Enti associati partecipazione Lario Reti Holding Distribuzione del gas 2,48% 41 Comuni associati S.p.A – Via Fiandra 33 naturale, gestione del ciclo – Lecco idrico integrato, produzione Capitale Sociale di energia elettrica da fonti € 30.128.900,00 rinnovabili e gestione del calore SILEA S.p.A – Via Gestione dei rifiuti 1,95% 92 Comuni associati Vasena 6 – Valmadrera (LC) Capitale Sociale € 10.968.620 Idrolario s.r.l – Via Rio Gestione del servizio idrico 2,03% 65 Comuni associati Torto 35 – Valmadrera integrato (LC) Capitale sociale € 4.000.000,00 Villa Serena S.p.A. – Gestione casa di riposo per 0,11% 20 Comuni associati P.za A. Grandi 1 – anziani Galbiate (LC) Capitale Sociale € 13.135.000,00

PARTECIPAZIONI INDIRETTE

Per quanto riguarda le partecipazione indirette, la situazione allo stato attuale è la seguente: - La Società Lario reti Holding detiene partecipazioni nelle seguenti Società: • ACEL SERVICE s.r.l. per il 92,50% • LARIO RETI GAS s.r.l. per il 100% • IDROSERVICE s.r.l. per il 100%

- La Società SILEA s.p.a. detiene partecipazioni nella Società Seruso s.p.a. per l’80,50%;

CONSORZI ED ENTI

Il Comune di Malgrate detiene, inoltre, le seguenti quote in Consorzi o Enti:

Ragione sociale Oggetto Quota di Altri Enti associati partecipaz. Parco Monte Salvaguardia del Monte Barro 5% 7 Comuni associati, oltre Barro alla Provincia di Lecco e alla Comunità Montana del Lario Orientale Parco Gestione del parco dell’Adda 0,68% 33 Comuni associati, oltre Nord Nord, classificato parco fluviale alle Province di Bergamo, e di cintura metropolitana Lecco e Milano Consorzio del Gestione associata delle 0,871% 58 Comuni associati Lario e dei funzioni conferite ai Comuni e Laghi Minori alle Provincie in materia di demanio e navigazione interna dalla L.R. n. 22/98 e s.m.i.

In particolare: - L’Ente Parco Monte Barro nell’ambito degli scopi previsti dalla legge istitutiva, assolve a tutte le funzioni delegate dalla Regione e da altri Enti e promuove l’acquisizione, anche mediante espropriazione per pubblica utilità, delle aree ed immobili individuati nel Piano Territoriale di Coordinamento come necessarie al conseguimento delle finalità del Parco. - L’Ente Parco Adda Nord ha lo scopo di gestire il Parco dell’Adda Nord, classificato parco fluviale e di cintura metropolitana. - Il Consorzio del Lario e dei Laghi Minori ha come scopo la gestione associata delle funzioni conferite ai Comuni e alle Provincie in materia di demanio e navigazione interna dalla L.R. n. 22/1998 e successive modifiche e integrazioni, compresa la realizzazione del programma di valorizzazione del demanio lacuale; l’assunzione di iniziative per la gestione dei bacini lacuali del demanio; la gestione dei servizi di navigazione di linea e non di linea; la promozione turistica finalizzata alla valorizzazione dei bacini lacuali; la gestione e il coordinamento delle attività necessarie al risanamento delle acque dei bacini lacuali.

Art. 5 – Analisi del contesto interno 1. Per l’analisi del contesto interno si ha riguardo agli aspetti legati all’organizzazione e alla gestione operativa che influenzano la sensibilità della struttura al rischio corruzione. In particolare essa è utile a evidenziare, da un lato, il sistema delle responsabilità e, dall’altro, il livello di complessità dell’Ente. L’analisi del contesto interno, oltre ai dati generali sopra indicati, è basata sulla rilevazione ed analisi dei processi organizzativi. L’accuratezza e l’esaustività della mappatura dei processi è un requisito indispensabile per la formulazione di adeguate misure di prevenzione e incide sulla qualità dell’analisi complessiva. Come previsto nel PNA, la mappatura assume carattere strumentale a fini dell’identificazione, della valutazione e del trattamento dei rischi corruttivi.

RISORSE UMANE DEL COMUNE

Con deliberazione della Giunta Comunale n. 18 del 17/02/2015 è stato approvato il Piano triennale del fabbisogno del personale per il triennio 2015-2017, successivamente modificato con deliberazione della Giunta Comunale n. 90 del 20/10/2015. La struttura organizzativa del Comune di Malgrate è suddivisa in n. 4 Aree, a loro volta organizzate in Uffici/Servizi, a cui sono preposti Responsabili di Area, titolari di posizione organizzativa, appartenenti alla categoria D, di cui uno, dipendente del Comune di Valmadrera, in gestione associata per il servizio di Polizia Locale con i comuni di Valmadrera, Malgrate e Oliveto Lario. Oltre ai Responsabili, il Comune dispone attualmente di n. 13 dipendenti, sia con contratti a tempo pieno che a tempo parziale. Nei seguenti prospetti viene illustrata la situazione del personale dell’Ente.

PERSONALE IN SERVIZIO

PREVISTI IN PIANTA IN SERVIZIO CATEGORIE ORGANICA N. N° B 3 1 C 13 10 D 6 5

Totale personale al 31/12/2015: - di ruolo n. 16 - fuori ruolo n. 0

RISORSE UMANE ASSEGNATE ALLE SINGOLE AREE

AREA SERVIZI TECNICO-MANUTENTIVI E PROGRAMMAZIONE DEL TERRITORIO

In ruolo Fuori ruolo Categoria economica Full Part time Full time Part time Totale time D2 - responsabile 1 1 C2 1 1 C1 1 1 Totale 3 3

AREA SERVIZI AL CITTADINO In ruolo Fuori ruolo Categoria economica Full Part time Full time Part time Totale time D1 - responsabile 1 1 D2 1 – 75% 1 C1 1 1 C2 1 – 50% 1 Totale 2 2 4

AREA SERVIZI GENERALI, FINANZIARI E RISORSE UMANE

Servizio Ragioneria In ruolo Fuori ruolo Categoria Full time Part time Full time Part time Totale economica D3 – responsabile 1 1

C3 1 – 75% 1 Totale 1 1 2 Servizio Tributi In ruolo Fuori ruolo Categoria Full time Part time Full time Part time Totale economica C1 1 1 Totale 1 1

Servizi demografici In ruolo Fuori ruolo Categoria Full time Part time Full time Part time Totale economica D2 1 1 C2 1 1 Totale 2 2 Servizio Segreteria In ruolo Fuori ruolo Categoria Full time Part time Full time Part time Totale economica C1 1 1 B1 1 1 Totale 2 2

AREA POLIZIA LOCALE – servizio in gestione associata

In ruolo Fuori ruolo Categoria Full time Part time Full time Part time Totale economica C5 1 1 C1 1 1 Totale 2 2

Il personale del Comune di Malgrate non è stato, e non risulta oggetto di indagini da parte dell’Autorità giudiziaria per fatti di “ corruzione ” intesa secondo l’ampia accezione della legge 190/2012, né soggetto a procedimenti disciplinari.

Art 5 - Mappatura dei processi 1. La mappatura dei processi consiste nell’individuare e rappresentare tutte le attività dell'Ente per fini diversi. La mappatura assume carattere strumentale a fini dell'identificazione, della valutazione e del trattamento dei rischi corruttivi. L’ANAC con la determinazione n. 12/2015 ha previsto che il Piano triennale di prevenzione della corruzione dia atto dell’effettivo svolgimento della mappatura dei processi, ma dal momento che la predetta determinazione è stata assunta in data 28/10/2015, mentre il Piano per la prevenzione della corruzione deve essere approvato entro il 31 gennaio 2016, è risultato impossibile procedere alla mappatura di tutti i processi dell’Ente. A tal proposito, si prende atto che l’ANAC ha stabilito che “ in condizioni di particolare difficoltà organizzativa, adeguatamente motivata la mappatura dei processi può essere realizzata al massimo entro il 2017 ”. In ogni caso richiede un mappatura di tutti i macro processi svolti e delle relative aree di rischio, “generali ” o “ specifiche ”, cui sono riconducibili. 2. Nel presente Piano, tenuto conto delle condizioni di particolare difficoltà organizzativa, dovute all’elevato numero di processi dell’Ente in relazione all’organico ed alla difficoltà di dedicare adeguato tempo, è stata programmata la mappatura dei processi a partire da quelli con maggior indice di rischio con un orizzonte temporale biennale 2016/2017 in relazione all’organico ed alla

difficoltà di dedicare adeguato tempo. Si deve tener, comunque, conto, che alcuni processi sono mappati all’interno di strumenti regolamentari. 3. La mappatura dei principali processi del Comune è riportata nella scheda allegata

Art. 6 – Gestione del rischio di corruzione 1.Per ogni ripartizione organizzativa dell’Ente, sono ritenute “ aree di rischio ”, quali attività a più elevato rischio di corruzione, le singole attività, i processi ed i procedimenti riconducibili alle macro aree seguenti:

AREA A: Acquisizione e progressione del personale : concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale e per la progressione in carriera

AREA B: Affidamento di lavori servizi e forniture : procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi, forniture

AREA C: Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario: autorizzazioni e concessioni

AREA D: Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario: concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati

AREA E (Specifica per i Comuni ): provvedimenti di pianificazione urbanistica generale ed attuativa; permessi di costruire ordinari, in deroga e convenzionati; accertamento e controlli sugli abusi edilizi; gestione del processo di irrogazione delle sanzioni per violazione del Codice della Strada; gestione ordinaria delle entrate e delle spese di bilancio; accertamenti e verifiche dei tributi locali, accertamenti con adesione dei tributi locali; incentivi economici al personale (produttività individuale e retribuzioni di risultato); gestione della raccolta, dello smaltimento e del riciclo dei rifiuti (Determinazione n. 12/2015); gestioni pratiche anagrafiche e di protocollo; erogazione servizi sociali.

Provvedimenti amministrativi vincolati nell' an ; provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato; Provvedimenti amministrativi vincolati nell' an e a contenuto vincolato; Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale; provvedimenti amministrativi discrezionali nell' an ; provvedimenti amministrativi discrezionali nell' an e nel contenuto.

Art. 7 - Metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio La valutazione del rischio è svolta per ciascuna attività, processo o fase di processo mappati. La valutazione prevede l’identificazione, l’analisi e la ponderazione del rischio.

A. L’identificazione del rischio Consiste nel ricercare, individuare e descrivere i rischi di corruzione intesa nella più ampia accezione della legge 190/2012. Richiede che, per ciascuna attività, processo o fase, siano evidenziati i possibili rischi di corruzione. Questi sono fatti emergere considerando il contesto esterno ed interno all’Amministrazione, anche con riferimento alle specifiche posizioni organizzative presenti all’interno della stessa. I rischi sono identificati: - attraverso la consultazione ed il confronto tra i soggetti coinvolti, tenendo presenti le specificità dell’Ente, di ciascun processo e del livello organizzativo in cui il processo si colloca; - valutando i passati procedimenti giudiziari e disciplinari che hanno interessato l’Amministrazione; - applicando i criteri descritti nell’Allegato 5 del PNA: discrezionalità, rilevanza esterna, complessità del processo, valore economico, razionalità del processo, controlli, impatto economico, impatto organizzativo, economico e di immagine. L’identificazione dei rischi è stata svolta dal Responsabile della prevenzione della corruzione coadiuvato dal Responsabile dell’Ufficio Segreteria e condivisa con i Responsabili di Area.

B. L’analisi del rischio In questa fase sono stimate le probabilità che il rischio si concretizzi ( probabilità ) e sono pesate le conseguenze che ciò produrrebbe ( impatto ). Al termine, è calcolato il livello di rischio moltiplicando “ probabilità ” per “ impatto ”. L’Allegato 5 del PNA suggerisce metodologia e criteri per stimare probabilità e impatto e, quindi, per valutare il livello di rischio. Secondo l’ANAC “ con riferimento alla misurazione e valutazione del livello di esposizione al rischio, si evidenzia che le indicazioni contenute nel PNA, come ivi precisato, non sono strettamente vincolanti potendo l’amministrazione scegliere criteri diversi purché adeguati al fine ” (determinazione ANAC n. 12/2015). Fermo restando quanto previsto nel PNA, è di sicura utilità considerare per l’analisi del rischio anche l’individuazione e la comprensione delle cause degli eventi rischiosi, cioè delle circostanze che favoriscono il verificarsi dell’evento. Tali cause possono essere, per ogni rischio, molteplici e combinarsi tra loro. Ad esempio, tenuto naturalmente conto che gli eventi si verificano in presenza di pressioni volte al condizionamento improprio della cura dell’interesse generale: a) mancanza di controlli: in fase di analisi andrà verificato se presso l’amministrazione siano già stati predisposti, ma soprattutto efficacemente attuati, strumenti di controllo relativi agli eventi rischiosi; b) mancanza di trasparenza; c) eccessiva regolamentazione, complessità e scarsa chiarezza della normativa di riferimento; d) esercizio prolungato ed esclusivo della responsabilità di un processo da parte di pochi o di un unico soggetto; e) scarsa responsabilizzazione interna;

f) inadeguatezza o assenza di competenze del personale addetto ai processi; g) inadeguata diffusione della cultura della legalità h) mancata attuazione del principio di distinzione tra politica e amministrazione.

B1. Stima del valore della probabilità che il rischio si concretizzi Secondo l’Allegato 5 del PNA del 2013, criteri e valori (o pesi, o punteggi) per stimare la "probabilità " che la corruzione si concretizzi sono i seguenti: - discrezionalità: più è elevata, maggiore è la probabilità di rischio (valori da 0 a 5); - rilevanza esterna: nessuna valore 2; se il risultato si rivolge a terzi valore 5; - complessità del processo: se il processo coinvolge più amministrazioni il valore aumenta (da 1 a 5); - valore economico: se il processo attribuisce vantaggi a soggetti terzi, la probabilità aumenta (valore da 1 a 5); - frazionabilità del processo: se il risultato finale può essere raggiunto anche attraverso una pluralità di operazioni di entità economica ridotta, la probabilità sale (valori da 1 a 5); - controlli: (valori da 1 a 5): la stima della probabilità tiene conto del sistema dei controlli vigente. Per controllo si intende qualunque strumento utilizzato che sia utile per ridurre la probabilità del rischio. Quindi sia il controllo preventivo che successivo di legittimità e il controllo di gestione sia altri meccanismi di controllo utilizzati. Per ogni attività/processo esposto al rischio è stato attribuito un valore/punteggio per ciascuno dei sei criteri elencati. La media finale rappresenta la “ stima della probabilità”.

B2. Stima del valore dell’impatto L’impatto si misura in termini di impatto economico, organizzativo, reputazionale e sull’immagine. L’Allegato 5 del PNA propone criteri e valori (punteggi o pesi) da utilizzare per stimare “ l’impatto ”, quindi le conseguenze, di potenziali episodi di malaffare. Impatto organizzativo: tanto maggiore è la percentuale di personale impiegato nel processo/attività esaminati, rispetto al personale complessivo dell’unità organizzativa, tanto maggiore sarà “l’impatto” (fino al 20% del personale=1; 100% del personale=5). Impatto economico: se negli ultimi 5 sono intervenute sentenze di condanna della Corte dei conti o sentenze di risarcimento per danni all’Ente a carico di dipendenti, punti 5. In caso contrario, punti 1. Impatto reputazionale: se negli ultimi 5 anni sono stati pubblicati su giornali (o sui media in genere) articoli aventi ad oggetto episodi di malaffare che hanno interessato la PA, fino ad un massimo di 5 punti per le pubblicazioni nazionali. Altrimenti punti 0. Impatto sull’immagine: dipende dalla posizione gerarchica ricoperta dal soggetto esposto al rischio. Tanto più è elevata, tanto maggiore è l’indice (da 1 a 5 punti). Attribuiti i punteggi per ognuna della quattro voci di cui sopra, la media finale misura la “stima dell’impatto”. L’analisi del rischio si conclude moltiplicando tra loro valore della probabilità e valore dell’impatto per ottenere il valore complessivo, che esprime il livello di rischio del processo.

C. La ponderazione del rischio Dopo aver determinato il livello di rischio di ciascun processo o attività si procede alla “ponderazione ”.

In pratica la formulazione di una sorta di graduatoria dei rischi sulla base del parametro numerico “livello di rischio ”. I singoli rischi ed i relativi processi sono inseriti in una “ classifica del livello di rischio ”. Le fasi di processo o i processi per i quali siano emersi i più elevati livelli di rischio identificano le aree di rischio, che rappresentano le attività più sensibili ai fini della prevenzione.

D. Il trattamento Il processo di “ gestione del rischio ” si conclude con il “ trattamento ”. Il trattamento consiste nel procedimento “ per modificare il rischio ”. In concreto, individuare delle misure per neutralizzare o almeno ridurre il rischio di corruzione. Il Responsabile della prevenzione della corruzione deve stabilire le “ priorità di trattamento ” in base al livello di rischio, all’obbligatorietà della misura ed all’impatto organizzativo e finanziario della misura stessa. Il PTPC deve contenere e prevedere l’implementazione anche di misure di carattere trasversale, come: a) la trasparenza , che come già precisato costituisce oggetto del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità quale “ sezione ” del PTPC; gli adempimenti per la trasparenza possono essere misure obbligatorie o ulteriori; le misure ulteriori di trasparenza sono indicate nel PTTI, come definito dalla delibera CIVIT 50/2013; b) l’informatizzazione dei processi che consente, per tutte le attività dell’amministrazione, la tracciabilità dello sviluppo del processo e riduce quindi il rischio di " blocchi " non controllabili con emersione delle responsabilità per ciascuna fase; c) l’accesso telematico a dati, documenti e procedimenti e il riutilizzo di dati, documenti e procedimenti che consente l’apertura dell’amministrazione verso l’esterno e, quindi, la diffusione del patrimonio pubblico e il controllo sull’attività da parte dell’utenza; d) il monitoraggio sul rispetto dei termini procedimentali per far emergere eventuali omissioni o ritardi che possono essere sintomo di fenomeni corruttivi. Le misure specifiche previste e disciplinate dal presente sono descritte nei punti che seguono.

Art. 8 - Formazione in tema di prevenzione della corruzione 1. L’aspetto formativo è essenziale per il mantenimento e lo sviluppo del Piano di prevenzione della corruzione, per cui, in linea con quanto disposto dalla legge 190/2012, verrà posta particolare attenzione alle tematiche della trasparenza e della integrità, sia dal punto di vista della conoscenza della normativa e degli strumenti previsti nel Piano che dal punto di vista valoriale, in modo da accrescere sempre più lo sviluppo del senso etico. 2. Allo scopo di rendere consapevole l’intera organizzazione dell’importanza della tematica e della concreta applicazione delle misure ivi previste, verranno programmati momenti di sensibilizzazione su tale tematica, nell’ambito delle risorse disponibili. 3. Il Responsabile per la prevenzione della corruzione designerà, di concerto con i Responsabili di Area, i collaboratori cui somministrare formazione in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza. 4. Si demanda al Responsabile per la prevenzione della corruzione il compito di individuare i soggetti incaricati della formazione. 5. La partecipazione al programma di formazione da parte del personale rappresenta attività obbligatoria.

Art. 9 - Codice di Comportamento 1. La Giunta Comunale con deliberazione n. 9 del 27/01/2014, in attuazione del Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici approvato con D.P.R. 16/04/2013, n. 62, ha approvato il Codice di Comportamento dei dipendenti dell’Ente. Entro la data di scadenza stabilita non sono pervenuti suggerimenti e/o osservazioni. 2. Il Codice di comportamento dei dipendenti dell’Ente dispone per tutto il personale l’obbligo di rispettare le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’Ente ed, in particolare, quello di osservare le prescrizioni contenute nel PTPC, prestando la massima collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnalando al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'Amministrazione di cui sia venuto a conoscenza. 3. Tutti i collaboratori o consulenti dell’Ente, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, i titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché i collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'Amministrazione, per quanto possibile e compatibile con le attività svolte dai medesimi, sono tenuti al rispetto del Codice di Comportamento e dell’obbligo di osservare il Piano per la prevenzione della corruzione. 4. Gli Uffici dell’Ente hanno predisposto o modificato gli schemi tipo di incarico, contratto, bando, inserendo la condizione dell’osservanza del Codice di comportamento per i collaboratori esterni a qualsiasi titolo, per i titolari di organi, per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dell’autorità politica, per i collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi od opere a favore dell’Amministrazione, nonché prevedendo la risoluzione o la decadenza dal rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal Codice. 5. Per quanto riguarda i meccanismi di denuncia delle violazioni del Codice di comportamento trova applicazione l’articolo 55-bis, comma 3, del D.Lgs. 165/2001 in materia di segnalazione all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari. 6. Provvede l’ufficio competente a svolgere e concludere i procedimenti disciplinari a norma dell’articolo 55-bis, comma 4, del D.Lgs. 165/2001.

Art. 10 - Misure ulteriori

10.1 Monitoraggio dei termini dei procedimenti e potere sostitutivo in caso di inerzia L’art. 1, comma 28, della legge 190/2012 prevede il monitoraggio periodico dei termini del procedimento, la tempestiva eliminazione delle anomalie e la pubblicazione dei risultati sul sito web istituzionale di ciascuna Amministrazione. Il costante rispetto dei termini di conclusione del procedimento amministrativo, in particolare quando avviato su istanza di parte, è indice di buona amministrazione ed una variabile da monitorare per l’attuazione delle politiche di contrasto alla corruzione, per questo il sistema di monitoraggio del rispetto dei suddetti termini è prioritaria misura anticorruzione prevista dal PNA. MISURA: Ciascun Responsabile di Area dovrà effettuare l’indagine e trasmettere i risultati del monitoraggio dei termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza al Segretario Comunale entro il

15 gennaio di ogni anno, ferma restando la possibilità di stabilire una cadenza periodica di rilevazione nel corso dell’anno. Inoltre, trova applicazione l’art. 2, comma 9-bis, della legge 241/1990 che prevede che l'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Pertanto, il cittadino, che con domanda ha attivato il procedimento, decorso infruttuosamente il termine per la conclusione del procedimento stesso, ha facoltà di rivolgersi al titolare del potere sostitutivo affinché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario. Il titolare del potere sostitutivo entro il 30 gennaio di ogni anno ha l’onere di comunicare all'organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, per i quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. MISURA: La Giunta Comunale con deliberazione n. 24 del 04/03/2013 ha individuato nel Segretario Comunale il soggetto al quale è stato attribuito il potere sostitutivo di intervento di cui all’articolo 2, comma 9 bis, della legge 241/90 per mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento amministrativo.

10.2 Iniziative in merito a concorsi e selezione del personale I concorsi e le procedure selettive si svolgono secondo le prescrizioni del D.Lgs. 165/2001 e della disciplina dei concorsi dell’Ente contenuto nel regolamento dell’ordinamento degli uffici e servizi approvato con deliberazione della Giunta Comunale n. 58 del 23/06/2015. MISURA: Ogni provvedimento relativo a concorsi e procedure selettive è tempestivamente pubblicato sul sito istituzionale dell’Ente nella sezione “ amministrazione trasparente ”.

10.3 Disciplina degli incarichi e attività non consentite ai pubblici dipendenti L’Ente applica con puntualità la già esaustiva e dettagliata disciplina del D.Lgs. 39/2013, dell’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001 e dell’articolo 60 del D.P.R. 3/1957. MISURA: L’Ente ha intrapreso adeguate iniziative per informare il personale dell'obbligo di astensione e delle conseguenze scaturenti dalla sua violazione e dei comportamenti da seguire in caso di conflitto di interesse.

10.4 Disciplina per l’attribuzione degli incarichi di Responsabile di Area L’Ente applica con puntualità la già esaustiva e dettagliata disciplina recata dagli artt. 50, comma 10, 107 e 109 del D.Lgs. 267/2000 e dagli artt. 13-27 del D.Lgs. 165/2001. Inoltre, l’Ente applica puntualmente le disposizioni del D.Lgs. 39/2013 e, in particolare, l’art., 20 avente ad oggetto “dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità .

10.5 Definizione di modalità per verificare il rispetto del divieto di svolgere attività incompatibili a seguito della cessazione del rapporto L’art. 53, comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001, al fine di contenere il rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del dipendente pubblico successivamente alla cessazione del suo rapporto di lavoro, vieta ai dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri

autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, di svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. Eventuali contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione del divieto sono nulli. E’ fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le Pubbliche Amministrazioni per i successivi 3 anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti. Il rischio valutato dalla norma è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose, sfruttare a proprio fine la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione, per poi ottenere contratti di lavoro/collaborazione presso imprese o privati con cui entra in contatto. La norma limita la libertà negoziale del dipendente per un determinato periodo successivo alla cessazione del rapporto per eliminare la "convenienza" di eventuali accordi fraudolenti. MISURA: Ogni contraente e appaltatore dell’Ente, all’atto della stipulazione del contratto deve rendere una dichiarazione, ai sensi del D.P.R. 445/2000, circa l’inesistenza di contratti di lavoro o rapporti di collaborazione vietati a norma del comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001.

10.6 Controlli su precedenti penali ai fini dell’attribuzione degli incarichi e dell’assegnazione ad uffici La legge 190/2012 ha introdotto misure di prevenzione di carattere soggettivo, che anticipano la tutela al momento della formazione degli organi deputati ad assumere decisioni e ad esercitare poteri nelle amministrazioni. L’art. 35-bis del D.Lgs. 165/2001 pone condizioni ostative per la partecipazione a commissioni di concorso o di gara e per lo svolgimento di funzioni direttive in riferimento agli uffici considerati a più elevato rischio di corruzione. La norma prevede che coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del libro secondo del Codice Penale: a) non possano fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi; b) non possano essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture; c) non possano essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; d) non possano fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere. MISURA: Ogni Commissario e/o Responsabile di Area, all’atto della designazione, sarà tenuto a rendere, ai sensi del D.P.R. 445/2000, una dichiarazioni di insussistenza delle condizioni di incompatibilità di cui sopra. L’Ente verifica la veridicità delle suddette dichiarazioni a campione.

10.7 Rotazione degli incarichi Con riferimento allo specifico profilo dell’attribuzione e della rotazione degli incarichi del personale, si segnala quanto segue: • l’attribuzione degli incarichi avviene a cura dell’Ente nel rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità previste dal D.Lgs. 39/2013; • la rotazione degli incarichi apicali, prevista dal paragrafo 3.1.4 del PNA e dall’Allegato 1 di quest’ultimo, paragrafo B.5, costituisce un principio di cui l’Ente comprende e condivide la logica, coerente con l’opportunità di evitare la concentrazione per troppo tempo in un numero limitato e invariato di soggetti di funzioni comunali strategiche, con il rischio della costituzione di “centri di potere” in grado di condizionare anche arbitrariamente l’operato dell’Ente. Tuttavia, l’assetto organizzativo interno dell’Ente presenta alcune peculiarità tali da rendere, allo stato attuale, concretamente problematica l’attuazione continua di tale principio di rotazione dirigenziale, senza arrecare serio pregiudizio alla prioritaria esigenza di garantire, con continuità, l’efficienza e l’efficacia dell’operato dell’Ente. MISURA: Seppure con riguardo alle peculiari condizioni del Comune sopra evidenziate, si da atto che nell’anno 2014 si è proceduto ad una riorganizzazione delle aree organizzative (come da deliberazione della Giunta Comunale n. 137 del 30/12/2014), nonché, nel 2015, all’avvio della gestione associata del servizio di Polizia Locale tra i comuni di Valmadrera, Malgrate e Oliveto Lario (come da convenzione approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 17 del 31/03/2015), che ha comportato l’individuazione di un nuovo Responsabile di Area e la turnazione degli agenti nei territori dei comuni interessati.

10.8 Trasparenza nelle gare A norma dell’art. 1, comma 32, della legge 190/2012, per ciascuna gara d’appalto le stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare nei propri siti web: a) la struttura proponente; b) l'oggetto del bando; c) l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; d) l'aggiudicatario; e) l'importo di aggiudicazione; f) i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; g) l'importo delle somme liquidate. MISURA: L’Ente pubblica nei termini stabiliti tali informazioni relativamente all’anno precedente in tabelle riassuntive liberamente scaricabili in formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare i dati informatici, anche a fini statistici. Tali informazioni sono trasmesse in formato digitale all’ANAC. Con deliberazione n. 4 del 04/02/2015 il Consiglio Provinciale di Lecco, su proposta del Presidente, ha istituito la STAZIONE UNICA APPALTANTE della Provincia di Lecco (SUA Lecco), con natura di centrale di committenza per l’espletamento e la gestione di gare per lavori, servizi e forniture dei Comuni, ad eccezione del Comune capoluogo, ed eventuali altri Enti tenuti all’applicazione del D.Lgs. 163/2006 che intendono aderire alla stessa. Con la stessa deliberazione è stato approvato lo schema di convenzione finalizzato a regolamentare i rapporti tra gli Enti aderenti e la SUA Lecco relativamente all’espletamento e alla gestione di gare in materia di lavori pubblici e

acquisizione di beni e servizi di competenza del soggetto sottoscrittore di qualsiasi importo . Con decreto deliberativo del Presidente della Provincia n. 17 del 27/02/2015 sono stati determinati i costi fissi e variabili da porre a carico degli Enti aderenti. Il Comune di Malgrate ha aderito alla SUA Lecco con deliberazione del Consiglio Comunale n. 16 del 23/06/2015.

10.9 Protocolli di legalità Con i protocolli di legalità le Pubbliche Amministrazioni assumono, di regola, l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole introdotte per la prevenzione, il controllo ed il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro . L’art. 1, comma 17, della legge 190/2012 prevede che “ Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.” MISURA: L’Ente nei contratti prevede il rispetto del Patto di Integrità in materia di contratti pubblici regionali ai sensi della DGR 10/1299 del 30/01/2014.

10.10 Ricorso all’arbitrato Il D.Lgs. 163/2006, recependo le modifiche introdotte dalla legge 190/2012, dispone che le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’Amministrazione. La norma prevede che l’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli. MISURA: L’Ente applica, per ogni ipotesi contrattuale, le prescrizioni dell’art. 1, commi 19-25, della legge 190/2012 e degli artt. 241, 242 e 243 del D.Lgs. 163/2006, escludendo, in tutti i casi in cui sia possibile, il ricorso all’arbitrato.

10.11 Indicazione delle iniziative previste nell’ambito dell’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere Sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere, sono elargiti esclusivamente alle condizioni e secondo la disciplina del regolamento previsto dall’art. 12 della legge 241/1990. MISURA: Il regolamento comunale è stato approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 39 del 30/10/2006. Ogni provvedimento d’attribuzione/elargizione è prontamente pubblicato sul sito istituzionale dell’Ente nella sezione “ amministrazione trasparente ”, oltre che all’albo on line e nella sezione “determinazioni/deliberazioni ”.

10.12 Azioni di sensibilizzazione Considerato che l’azione di prevenzione e contrasto della corruzione richiede un’apertura di credito e di fiducia nella relazione con cittadini, utenti e imprese, che possa nutrirsi anche di un rapporto continuo alimentato dal funzionamento di stabili canali di comunicazione, l’Amministrazione dedicherà particolare attenzione alla segnalazione dall’esterno di episodi di cattiva amministrazione, conflitto di interessi, corruzione MISURA: A questo scopo, una prima azione consiste nel dare efficace comunicazione e diffusione alla strategia di prevenzione dei fenomeni corruttivi impostata e attuata mediante il presente Piano e alle connesse misure.

10.13 Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti L’art. 54-bis della legge 190/2012 dispone che il pubblico dipendente che denunci all'Autorità Giudiziaria o alla Corte dei Conti, o all'ANAC, ovvero riferisca al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro (c.d. whistleblowing) , non possa “essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia ”, delineando una protezione generale ed astratta che, secondo ANAC, deve essere completata con concrete misure di tutela del dipendente e che, in ogni caso, deve essere assicurata da tutti i soggetti che ricevono la segnalazione. L’ANAC, pertanto, è chiamata a gestire sia le eventuali dei propri dipendenti per fatti avvenuti all’interno della propria organizzazione, sia le segnalazioni che i dipendenti di altre amministrazioni intendono indirizzarle. Conseguentemente, l’ANAC, con la determinazione n. 6 del 28/04/2015, ha disciplinato le procedure attraverso le quali riceve e gestisce le segnalazioni. Le misure di tutela del whistleblower devono essere implementate con tempestività attraverso il PTPC. Il citato art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001 fissa un limite alla tutela nei “ casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione o per lo stesso titolo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile ”. Pertanto, il dipendente deve essere “ in buona fede ” e la tutela viene meno quando la segnalazione riguardi informazioni false, rese colposamente o dolosamente. L’ANAC ritiene che “ solo in presenza di una sentenza di primo grado sfavorevole al segnalante cessino le condizioni di tutela ” riservate allo stesso. L’ANAC individua i dipendenti pubblici nei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, comprendendo: • sia i dipendenti con rapporto di lavoro di diritto privato (art. 2 co. 2 D.Lgs. 165/2001); • sia i dipendenti con rapporto di lavoro di diritto pubblico (art. 3 D.Lgs.165/2001) compatibilmente con la peculiarità dei rispettivi ordinamenti; • Dalla nozione di dipendenti pubblici pertanto esulano: • i dipendenti degli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale e locale, nonché degli enti pubblici economici; per questi l’ANAC ritiene opportuno che le amministrazioni controllanti e vigilanti promuovano da parte dei suddetti enti, eventualmente attraverso il PTPC, l’adozione di misure di tutela analoghe a quelle assicurate ai dipendenti pubblici (determinazione n. 6 del 28/04/2015, Parte IV);

• collaboratori ed i consulenti delle pubblica amministrazione con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, i titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, i collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione. L’ANAC rileva l’opportunità che le amministrazioni, nei propri PTPC, introducano anche per tali categorie misure di tutela della riservatezza analoghe a quelle previste per i dipendenti pubblici. Le segnalazioni meritevoli di tutela riguardano condotte illecite riferibili a: a) tutti i delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del Codice Penale; b) le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati, nonché i fatti in cui venga in evidenza un mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ivi compreso l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo e ciò a prescindere dalla rilevanza penale. Le condotte illecite devono riguardare situazioni di cui il soggetto sia venuto direttamente a conoscenza “ in ragione del rapporto di lavoro ”. In pratica, tutto quanto si è appreso in virtù dell’ufficio rivestito, nonché quelle notizie che siano state acquisite in occasione o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative, seppure in modo casuale. Considerato lo spirito della norma, che consiste nell’incentivare la collaborazione di chi lavora nelle Amministrazioni per l’emersione dei fenomeni illeciti, ad avviso dell’ANAC non è necessario che il dipendente sia certo dell’effettivo avvenimento dei fatti denunciati e dell’autore degli stessi, ma è sufficiente che il dipendente, in base alle proprie conoscenze, ritenga “ altamente probabile che si sia verificato un fatto illecito ” nel senso sopra indicato. Il whistleblowing non deve, pertanto, riguardare le lamentele di carattere personale del segnalante, disciplinate ad altro titolo. Se la segnalazione è sufficientemente qualificata e completa, potrà essere verificata tempestivamente e con facilità, portando, in caso di effettivo rischio o di materializzazione normativa dell’illecito, all’avviamento di procedimenti disciplinari e all’adozione delle ulteriori azioni previste dal Piano. In ogni caso, i soggetti destinatari delle segnalazioni sono obbligati al segreto ed la massimo riserbo. La violazione di tali precetti ha rilevanza disciplinare, nonché penale ai sensi dell’art. 326 del Codice Penale. In caso di violazione, il Responsabile anticorruzione provvede a denunciare il fatto all’Autorità Giudiziaria. Il PNA impone l’assunzione dei necessari accorgimenti tecnici per dare attuazione alla tutela del dipendente che effettua le segnalazioni. MISURA: Le dimensioni contenute della dotazione organica dell’Ente sono tali da consentire una gestione semplificata della tutela dell’anonimato del whistleblower. In ogni caso, i soggetti destinatari delle segnalazioni sono tenuti al segreto ed al massimo riserbo. A tal fine, eventuali segnalazioni di illeciti possono essere effettuate con l’invio di una mail all’indirizzo di posta elettronica dedicata al quale può accedere soltanto il Responsabile per la prevenzione della corruzione; Vengono applicati, inoltre, con puntualità e precisione, i paragrafi B.12.1, B.12.2 e B.12.3 dell’Allegato 1 del PNA 2013. In particolare il paragrafo “B.12.1 tutela l’anonimato, facendo specifico riferimento al procedimento disciplinare. L’identità del segnalante deve essere protetta in ogni contesto successivo alla segnalazione. Per quanto riguarda lo specifico contesto del

procedimento disciplinare, l’identità del segnalante può essere rivelata all’autorità disciplinare e all’incolpato nei seguenti casi: consenso del segnalante; la contestazione dell’addebito disciplinare è fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione: si tratta dei casi in cui la segnalazione è solo uno degli elementi che hanno fatto emergere l’illecito, ma la contestazione avviene sulla base di altri fatti da soli sufficienti a far scattare l’apertura del procedimento disciplinare; la contestazione è fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità è assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato: tale circostanza può emergere solo a seguito dell’audizione dell’incolpato ovvero dalle memorie difensive che lo stesso produce nel procedimento. La tutela dell’anonimato prevista dalla norma non è sinonimo di accettazione di segnalazione anonima. La misura di tutela introdotta dalla disposizione si riferisce al caso della segnalazione proveniente da dipendenti individuabili e riconoscibili, fermo restando che l’Amministrazione deve prendere in considerazione anche segnalazioni anonime, ove queste si presentino adeguatamente circostanziate e rese con dovizia di particolari, siano tali cioè da far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati (es.: indicazione di nominativi o qualifiche particolari, menzione di uffici specifici, procedimenti o eventi particolari, ecc.). Le disposizioni a tutela dell’anonimato e di esclusione dell’accesso documentale non possono comunque essere riferibili a casi in cui, in seguito a disposizioni di legge speciale, l’anonimato non può essere opposto, ad esempio indagini penali, tributarie o amministrative, ispezioni, ecc. Il documento non può essere oggetto di visione né di estrazione di copia da parte di richiedenti, ricadendo nell’ambito delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 24, comma 1, lett. a), della legge 241 del 1990. In caso di regolamentazione autonoma da parte dell’Ente della disciplina dell’accesso documentale, in assenza di integrazione espressa del regolamento, quest’ultimo deve intendersi etero integrato dalla disposizione contenuta nella legge 190/2012. 10.14 Il monitoraggio e l’aggiornamento del Piano Il presente Piano costituisce uno strumento programmatico e gestionale la cui attuazione sarà monitorata almeno una volta all’anno mediante la redazione di apposita relazione. Il monitoraggio circa l’applicazione del presente PTPC è svolto in autonomia dal Responsabile della prevenzione della corruzione. Ai fini del monitoraggio, i Responsabili sono tenuti a collaborare con il Responsabile della prevenzione della corruzione e forniscono ogni informazione che lo stesso ritenga utile. In particolare sono obbligati a fornire al Responsabile della prevenzione della corruzione le seguenti informazioni: a) ogni eventuale anomalia rispetto all’ordinario e regolare espletamento delle attività di ufficio, con particolare riguardo alle prescrizioni relative alla trasparenza amministrativa e al Codice di comportamento; b) eventuali situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale, per il quale possano generarsi situazioni di indebita interferenza nel corretto espletamento dell’azione amministrativa; c) eventuali violazioni al Codice di comportamento, con particolare riguardo a situazioni che possano interferire sulla regolarità e correttezza dell’azione amministrativa; d) ogni ulteriore atto o informazione che venga richiesto ai fini del presente Piano, rispettando i tempi di riscontro assegnati.

Il Piano è aggiornato ai sensi di legge con cadenza annuale e, se opportuno, in corso d’anno, al fine del suo perfezionamento e della sua eventuale integrazione, anche in relazione ad eventuali adeguamenti a disposizioni normative e/o a riorganizzazione di processi e/o funzioni istituzionali.

Art. 11 - Analisi e valutazione del rischio di corruzione 1. Si procede all’analisi ed alla valutazione del rischio del concreto verificarsi di fenomeni corruttivi per le attività individuate nell’art. 6 del presente Piano. 2. Per ogni ripartizione organizzativa dell’Ente, sono ritenute “ aree di rischio ”, quali attività a più elevato rischio di corruzione, le singole attività, i processi ed i procedimenti riconducibili alle macro aree seguenti Aree di rischio :

AREA A: Acquisizione e progressione del personale : concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale e per la progressione in carriera. reclutamento, progressioni di carriera, conferimento di incarichi di collaborazione.

AREA B: Affidamento di lavori servizi e forniture : procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi, forniture.

Definizione dell’oggetto dell’affidamento; individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento; requisiti di qualificazione; requisiti di aggiudicazione; valutazione delle offerte; verifica dell’eventuale anomalia delle offerte; procedure negoziate; affidamenti diretti; revoca del bando; redazione del crono programma; varianti in corso di esecuzione del contratto; subappalto; utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali durante la fase di esecuzione del contratto.

AREA C: Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario: autorizzazioni e concessioni.

Provvedimenti amministrativi vincolati nell’ an ; provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi vincolati nell’ an e a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale; provvedimenti amministrativi discrezionali nell’ an; provvedimenti amministrativi discrezionali nell’ an e nel contenuto.

AREA D: Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario: concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati.

Provvedimenti amministrativi vincolati nell’ an ; provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi vincolati nell’ an e a contenuto vincolato; provvedimenti

amministrativi a contenuto discrezionale; provvedimenti amministrativi discrezionali nell’ an ; provvedimenti amministrativi discrezionali nell’ an e nel contenuto

AREA E (Specifica per i Comuni ): Provvedimenti di pianificazione urbanistica generale ed attuativa; permessi di costruire ordinari, in deroga e convenzionati; accertamento e controlli sugli abusi edilizi; gestione del processo di irrogazione delle sanzioni per violazione del Codice della Strada; gestione ordinaria delle entrate e delle spese di bilancio; accertamenti e verifiche dei tributi locali, accertamenti con adesione dei tributi locali; incentivi economici al personale (produttività individuale e retribuzioni di risultato); gestione della raccolta, dello smaltimento e del riciclo dei rifiuti; gestioni pratiche anagrafiche e di protocollo; erogazione servizi sociali.

Provvedimenti amministrativi vincolati nell’ an ; provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi vincolati nell’ an e a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale; provvedimenti amministrativi discrezionali nell’ an ; provvedimenti amministrativi discrezionali nell’ an e nel contenuto. 2. La metodologia applicata per svolgere la valutazione del rischio è compiutamente descritta nell’art. 6 - Gestione del rischio di corruzione. 3. La valutazione si sviluppa attraverso le seguenti fasi: A. L’identificazione del rischio; B. L’analisi del rischio: B1. Stima del valore della probabilità che il rischio si concretizzi; B2. Stima del valore dell’impatto; C. La ponderazione del rischio; D. Il trattamento. Applicando la suddetta metodologia sono state analizzate le attività, i processi ed i procedimenti, riferibili alle macro aree di rischio A - E, elencati nella tabella che segue. 4. Nelle schede allegate sono riportati i valori attribuiti a ciascun criterio per la valutazione della probabilità e la valutazione dell’impatto. La moltiplicazione dei due valori determina la valutazione del rischio connesso all’attività. I risultati sono riassunti nella seguente tabella:

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Area di Attività o processo Probabilità Impatto Rischio rischio (P) (I) (PxI) A Concorso per l’assunzione di personale 2,5 1,5 3,75 A Concorso per la progressione in carriera 2 1,25 2,5 del personale A Selezione per l’affidamento di un 3,5 1,55 5,25 incarico professionale B Affidamento mediante procedura aperta 2,33 1,25 2,92

(o ristretta di lavori, servizi, forniture B Affidamento diretto di lavori, servizi o 2,83 1,5 4,25 forniture C Permesso di costruire 2,33 1,25 2,92 C Permesso di costruire in aree 2,83 1,25 3,54 assoggettate ad autorizzazione paesaggistica D Concessioni di sovvenzioni, contributi, 2,5 1,5 3,75 sussidi, ecc. E Provvedimenti di pianificazione 4 1,75 7 urbanistica generale E Provvedimenti di pianificazione 3,83 1,75 6,71 urbanistica attuativa E Gestione delle sanzioni per violazione 2,17 1,75 3,79 del CDS E Gestione ordinaria delle entrate 2,17 1 2,17 E Gestione ordinaria delle spese di bilancio 3,33 1 3,33 E Accertamenti e verifiche dei tributi locali 3,33 1,25 4,17 E Accertamenti con adesione dei tributi 3,83 1,25 4,79 locali E Accertamenti e controlli sugli abusi edilizi 2,83 1 2,83 E Incentivi economici al personale 1,83 2,25 4,13 (produttività e retribuzione di risultato) C Autorizzazione all’occupazione di suolo 2,17 1 2,17 pubblico C Autorizzazioni ex artt. 68 e 69 del 2,83 1,25 3,54 TULPS (spettacoli, intrattenimenti, ecc.) C Permesso di costruire convenzionato 3,33 1,25 4,17 E Pratiche anagrafiche 2,17 1,00 2,17 E Documenti di identità 2,00 1,00 2,00 D Servizi per minori e famiglie 3,50 1,25 4,38 D Servizi assistenziali e socio-sanitari per 3,50 1,25 4,38 anziani D Servizi per disabili 3,50 1,25 4,38 D Servizi per adulti in difficoltà 3,50 1,25 4,38 D Servizi di integrazione dei cittadini 3,50 1,25 4,38 stranieri E Raccolta e smaltimento rifiuti 3,67 1,25 4,58 E Gestione protocollo 1,17 0,75 0,88

In allegato, le schede di valutazione del rischio di tutte le attività analizzate.

SCHEDE DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Nella tabella che segue si procede alla ponderazione del rischio classificando le attività rispetto ai valori di rischio

PONDERAZIONE DEL RISCHIO

Area di Attività o processo Probabilità Impatto Rischio rischio (P) (I) (PxI) E Provvedimenti di pianificazione 4 1,75 7 urbanistica generale E Provvedimenti di pianificazione 3,83 1,75 6,71 urbanistica attuativa A Selezione per l’affidamento di un 3,5 1,5 5,25 incarico professionale E Accertamenti con adesione dei tributi 3,83 1,25 4,79 locali E Raccolta e smaltimento rifiuti 3,67 1,25 4,58 D Servizi per minori e famiglie 3,50 1,25 4,38 D Servizi assistenziali e socio-sanitari per 3,50 1,25 4,38 anziani D Servizi per disabili 3,50 1,25 4,38 D Servizi per adulti in difficoltà 3,50 1,25 4,38 D Servizi di integrazione dei cittadini 3,50 1,25 4,38 stranieri B Affidamento diretto di lavori, servizi o 2,83 1,50 4,25 forniture E Accertamenti e verifiche dei tributi locali 3,33 1,25 4,17 C Permesso di costruire convenzionato 3,33 1,25 4,17 E Incentivi economici al personale 1,83 2,25 4,13 (produttività e retribuzione di risultato E Gestione delle sanzioni per violazione 2,17 1,75 3,79 del CDS A Concorso per l’assunzione di personale 2,50 1,50 3,75 D Concessione di sovvenzioni, contributi, 2,50 150 3,75 sussidi, ecc. C Permesso di costruire in aree 2,83 1,25 3,54 assoggettate ad autorizzazione paesaggistica C Autorizzazioni ex artt. 68 e 69 del 2,83 1,25 3,54 TULPS (spettacoli, intrattenimenti, ecc) E Gestione ordinaria delle spese di bilancio 3,33 1 3,33 B Affidamento mediante procedura aperta 2,33 1,25 2,92

(o ristretta) di lavori, servizi, forniture C Permesso di costruire 2,33 1,25 2,92 E Accertamenti e controllo sugli abusi 2,83 1 2,83 edilizi A Concorso per la progressione in carriera 2 1,25 2,50 del personale E Gestione ordinaria delle entrate 2,17 1 2,17 C Autorizzazione all’occupazione del suolo 2,17 1 2,17 pubblico E Pratiche anagrafiche 2,17 1,00 2,17 E Documenti di identità 2,00 1,00 2,00 E Gestione del protocollo 1,17 0,75 0,88

Art. 12 - Trattamento del rischio 1.La fase di trattamento del rischio consiste nel processo di individuazione e valutazione delle misure da predisporre per neutralizzare o ridurre il rischio di corruzione. Il trattamento del rischio comporta la decisione circa quali rischi si debbano di trattare prioritariamente rispetto ad altri. Inoltre, al fine di neutralizzare o ridurre il livello di rischio, debbono essere individuate e valutate le misure di prevenzione, che si distinguono in obbligatorie e ulteriori. 2. Non ci sono possibilità di scelta circa le misure obbligatorie, che debbono essere attuate necessariamente. Sono tutte misure obbligatorie quelle previste negli artt. 8 e 9 e 15, del presente Piano Le attività con valori di rischio maggiori, devono essere prioritariamente oggetto delle suddette misure. 3. Misure ulteriori possono essere valutate in base ai costi stimati, all'impatto sull'organizzazione e al grado di efficacia che si attribuisce a ciascuna di esse. L'individuazione e la valutazione delle misure ulteriori può essere effettuata dal Responsabile della prevenzione della corruzione, con il coinvolgimento dei Responsabili di Area per quanto di competenza e con l'eventuale supporto del Nucleo di Valutazione, tenendo conto anche degli esiti del monitoraggio sulla trasparenza ed integrità e dei controlli interni. 4. Le decisioni circa la priorità del trattamento si baseranno essenzialmente sui seguenti fattori: a) livello di rischio: maggiore è il livello, maggiore è la priorità di trattamento; b) obbligatorietà della misura: va data priorità alla misura obbligatoria rispetto a quella ulteriore; c) impatto organizzativo e finanziario connesso all'implementazione della misura. 5. La gestione del rischio si concluderà con la successiva azione di monitoraggio, che comporta la valutazione del livello di rischio a seguito delle azioni di risposta, ossia della misure di prevenzione introdotte. Questa fase è finalizzata alla verifica dell'efficacia dei sistemi di prevenzione adottati e, quindi, alla successiva messa in atto di ulteriori strategie di prevenzione. E’ attuata dai medesimi soggetti che partecipano all'interno processo di gestione del rischio in stretta connessione con il sistema di programmazione e controllo di gestione.

Art. 13 - Coordinamento con il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 1. Il Programma triennale per la Trasparenza 2016/2018, costituendo di una sezione del Piano di Prevenzione della Corruzione ai sensi art. 10, comma 2, del D.Lgs. 33/2013, è stato approvato dalla Giunta Comunale nella stessa seduta in cui è stato approvato del presente Piano. Sono, infatti, ben chiare le correlazioni tra i due documenti programmatori, in quanto la trasparenza, intesa quale accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, contribuisce in maniera significativa a favorire forme diffuse di controllo sociale sullo svolgimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche. Più elevati sono la trasparenza ed il livello di controllo sociale, minore è il rischio che si verifichino fenomeni corruttivi; al contrario, l’opacità e l’indeterminatezza delle informazioni favoriscono una maggiore probabilità del verificarsi di situazioni di pregiudizio per la legalità e l’efficienza delle Pubbliche Amministrazioni. 2. I dipendenti sono tenuti a rispettare diligentemente le previsioni contenute nel Programma triennale della trasparenza e integrità adottato dall’Ente e a fornire la collaborazione e le informazioni necessarie alla realizzazione del Programma e delle azioni in esso contenute, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

Art. 14 - Regolamento dei controlli interni 1. L’Ente con deliberazione del Consiglio Comunale n. 5 del 28/01/2013 ha approvato il Regolamento per la disciplina dei controlli interni, ai sensi del D.L. 10/10/2012, n. 174, convertito in legge 27/12/2012, n. 213. Il controllo successivo di regolarità amministrativa è svolto sotto la direzione del Segretario Comunale. Il Segretario, in qualità di Responsabile della prevenzione della corruzione, potrà chiedere di sottoporre a verifica atti o procedure anche al di fuori delle regole del campionamento casuale proprie del sistema di controllo successivo, se sussistono particolari motivi di rilevanza ai fini del presente Piano. 2. L’integrazione tra il sistema di monitoraggio delle misure anticorruzione e i sistemi di controllo interno avviene attraverso il collegamento del PTPC con il Documento Unico di Programmazione (DUP), il Piano Esecutivo di Gestione (PEG) ed il piano dettagliato degli obiettivi o Piano Performance.

Art. 15 - Le misure anticorruzione del Comune di Malgrate 1. La strategia di prevenzione e contrasto della corruzione dell’Ente si fonda sulle misure elencate nei precedenti articoli 8 (Formazione in tema di anticorruzione), 9 (Codice di comportamento) e 10 (Altre iniziative) del presente Piano. 2. In particolare, si ribadiscono le misure seguenti: - con puntualità l’Amministrazione provvede a garantire la formazione in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di corruzione e illegalità; - il Codice di comportamento del Comune di Malgrate è approvato come prima meglio precisato, trova effettiva e concreta applicazione; - il Comune ha aderito alla Stazione Unica Appaltante della Provincia di Lecco per l’acquisizione di lavori, forniture e servizi ; - in tutti i contratti si esclude il ricorso all’ arbitrato , rinviando al Foro competente; - l’Amministrazione garantisce ogni misura di riservatezza a tutela del dipendente che segnala un illecito. Il destinatario delle segnalazioni è tenuto ad adottare ogni cautela affinché sia tutelato

l’anonimato del segnalante ai sensi dell’art. 54-bis del D. Lgs. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni; - il monitoraggio dei procedimenti viene assicurato anche attraverso la relazione che i Responsabili di Area predispongono ai fini dell’attuazione del Piano per la prevenzione della corruzione; - ogni provvedimento d’attribuzione di contributi/sovvenzioni è prontamente pubblicato sul sito istituzionale dell’Ente; la pubblicazione tempestiva di tali provvedimenti assicura in modo sostanziale la trasparenza dell’azione amministrativa; - Il Responsabile della prevenzione della corruzione, che riveste altresì la carica di Responsabile della Trasparenza e Integrità, assicura la trasparenza dell’azione amministrativa, quale misura principale ed irrinunciabile di prevenzione e contrasto della corruzione. La trasparenza viene assicurata: • attraverso l’applicazione di tutte le misure e gli adempimenti di pubblicazione imposti dal D.Lgs. 33/2013; • assicurando l’effettività del diritto d’accesso a chiunque abbia un interesse concreto ed attuale ai documenti richiesti ai sensi dell’art. 22 della legge 241/1990); • consentendo a chiunque l’esercizio effettivo del diritto all’accesso civico (art. 5 del D.Lgs. 33/2013); • garantendo l’accesso a tutti i documenti dell’amministrazione in favore dei Consiglieri Comunali ai sensi dell’art. 43 del D.Lgs. 267/2000 • assicurando l’accesso alle informazioni ambientali a norma del D.Lgs. 195/2005. • mediante la pubblicazione tempestiva di atti e documenti che assicura in modo sostanziale la trasparenza dell’azione e delle decisioni amministrative. 3. Inoltre, ribadito che presso l’Ente trova piena applicazione il regolamento generale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi che disciplina la materia della presenza in servizio dei dipendenti comunali e che, a tal proposito, sono state diramate direttive che precisano, tra l’altro, i termini della timbratura del badge, atteso che il deprecabile fenomeno dell’assenteismo è causa di disuguaglianze, di inefficienza e di ingenti costi nella Pubblica Amministrazione, vista la recente normativa che attribuisce maggiore gravità alla condotta del pubblico dipendente che attesta falsamente la presenza in servizio, si reputa opportuno effettuare il monitoraggio delle stazioni di rilevamento presenze, prevedendo mediante l’effettuazione di una verifica senza preavviso, sia da parte dei Responsabili di Area, presso le stazioni di rilevamento presenze decentrate, sia da parte del Segretario Comunale, presso la sede centrale del Comune, sul rispetto delle regole relative al rilevamento delle presenze da parte di tutti i dipendenti in servizio. Un’eventuali condotta assenteistica comporterà la sospensione cautelare immediata senza stipendio del dipendente entro 48 ore, e, se confermata, potrà comportare il licenziamento del dipendente ritenuto colpevole entro 30 giorni. Si evidenzia che, ai fini del potenziamento del livello di efficienza degli uffici pubblici e del contrasto ai fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo, il decreto approvato nel 2016 risponde alle esigenze più urgenti tra quelle individuate dal Governo attraverso i seguenti principali interventi: - ampliamento del novero delle ipotesi riconducibili alla fattispecie “falsa attestazione della presenza in servizio ”; - introduzione della sanzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio ”, da irrogarsi immediatamente e comunque entro 48 ore;

- introduzione di un procedimento disciplinare “accelerato ” nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio; - introduzione dell’azione di responsabilità per danni di immagine della PA nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per assenteismo; - estensione della fattispecie di reato “Omissione d’atti d’ufficio”, di cui all’art. 328 del Codice Penale, ai casi in cui il dirigente (o il responsabile del servizio) ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza; - estensione della responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) e irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare ai casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza.

Art. 16 – Società, altri enti di diritto privato in controllo pubblico e enti pubblici 1. Le Linee guida dell’ANAC prevedono che le società, gli enti di diritto privato in controllo pubblico e gli enti pubblici economici devono adottare (se lo ritengono utile, nella forma di un piano) misure di prevenzione della corruzione, che integrino quelle già individuate ai sensi del D.Lgs. 231/2001. 2. Le società e gli enti di diritto privato in controllo pubblico assolvono agli obblighi di pubblicazione riferiti tanto alla propria organizzazione quanto alle attività di pubblico interesse svolte. 3. Gli obblighi di pubblicazione sull'organizzazione seguono gli adattamenti della disciplina del D.Lgs. 33/2013 alle particolari condizioni di questi soggetti contenute nelle “Linee guida”. 4. Il Responsabile della prevenzione della corruzione sollecita e monitora l’attuazione da parte delle Società partecipate dall’Ente e delle loro controllate, a norma dell’art. 2359 del Codice Civile, in riferimento: • alla prevenzione della corruzione, ai sensi della legge 190/2012, del PNA e del suo aggiornamento; • all’assolvimento degli obblighi di pubblicità, trasparenza dell’attività e diffusione di informazione recati dal D. Lgs 33/2013i; • al rispetto delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi recati dal D.Lgs 39/2013.

Art. 17 - Società e altri enti di diritto privato solo partecipati

1. Per questi soggetti, in base a quanto previsto dalle citate Linee guida, l'adozione di misure integrative di quelle del d.lgs. 231/2001 è “ promossa ” dalle Amministrazioni partecipanti.

2. In materia di trasparenza questi soggetti devono pubblicare solo alcuni dati relativamente alle attività di pubblico interesse svolte oltre a specifici dati sull'organizzazione.

Art. 18 - Le sanzioni disciplinari 1. La violazione delle misure di prevenzione previste dal presente Piano costituisce illecito disciplinare e pertanto in tal caso trovano applicazione le vigenti disposizioni di legge e dei contratti collettivi in materia di sanzioni e procedimento disciplinare. 2, Nel caso in cui il Responsabile della prevenzione della corruzione riscontri la sussistenza di comportamenti che possano rivestire rilevanza disciplinare, informa tempestivamente l’ufficio competente affinché venga esercitata l’azione disciplinare nei termini di legge.

Art. 19. Norme finali 1. Il presente Piano è stato redatto dall’Ente con il solo impiego di professionalità interne, senza ricorso ad ulteriori oneri finanziari. 2. In considerazione della rilevanza strategica dell’attività di prevenzione e contrasto della corruzione, le misure di prevenzione di cui al presente Piano costituiscono obiettivo strategico, anche ai fini della redazione del PEG. 3. Il Piano sarà pubblicato sul sito istituzionale, link dalla homepage “amministrazione trasparente ” nella sezione “ Altri contenuti - Corruzione ” a tempo indeterminato sino a revoca o sostituzione con un Piano aggiornato. 3. Il Piano viene trasmesso a tutti i dipendenti dell’Ente, che sono tenuti a dichiarare, mediante specifica attestazione da trasmettersi al Responsabile della prevenzione della corruzione, la conoscenza e presa d’atto del Piano in vigore. La stessa attestazione è richiesta ai dipendenti neo assunti all’atto dell’assunzione.