QUADERNI DELL'ARCHIVIO DI STATO DI

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Ipsa fecerit fascinationes Un processo per maleficium nella Maiolati del 1594

DIEGO PEDRINI e LUCIA DUBBINI

Introduzione CARLO GIACOMINI

Redazione e revisione testi Pamela Galeazzi

2018 Con il patrocinio del Comune di

Per la stesura di questa opera dobbiamo ringraziare in particolare:

Don Cristiano Marasca dell'Archivio Diocesano di Jesi La Direttrice Maula Sciri ed il personale dell'Archivio di Stato di Ancona L'Assessore al turismo del Comune di Maiolati Spontini Sandro Grizi Il Prof. Vincenzo Lavenia dell'Università di Bologna

© Diego Pedrini & Archivio di Stato di Ancona 2018 Ancona, Via Maggini, 80 www.archiviodistatoancona.beniculturali.it [email protected]

In copertina: Caravaggio, La Buona Ventura © Musei Capitolini, Roma

ISBN 979-12-200-2539-3 La presente pubblicazione, numero di esordio della nuova serie dei Quaderni dell’Archivio di Stato di Ancona, una collana nella quale si intende dare speciale spazio ai contributi proposti dagli studiosi che frequentano l'Istituto, è frutto del lavoro di Diego Pedrini e Lucia Dubbini. Ricercatori storici e attivi collaboratori dell'Istituto, che a partire dal 2015 hanno esaminato e schedato la mole di documentazione giudiziaria criminale prodotta dal Tribunale episcopale di Jesi, fondo che l'Archivio di Stato di Ancona conserva quale aggregato all'interno dell'articolato complesso documentario dell'ex Pretura di Jesi. Centinaia di processi sono stati così analizzati rilevando dati quantitativi e qualitativi, classificando i reati per tipologia e ponendo particolare attenzione alle prassi procedimentali seguite dalla corte, ai casi straordinari legati all'ambito magico ed alla superstizione, come pure ai caratteri distintivi del corpo sociale ed alle risposte istituzionali sentenziate. Il processo inedito, qui commentato e trascritto integralmente, rappresenta una testimonianza tra le più rilevanti esaminate ed offre uno punto d'osservazione privilegiato sulla società di un piccolo centro del contado jesino. Il castello di Maiolati è infatti il luogo dove, negli ultimi mesi del 1593, si svolsero i fatti giudicati dal tribunale del foro ecclesiastico nell'anno seguente. Si tratta di una causa criminale di grande risonanza locale, perché relativa ad accuse di maleficio e magia che coinvolgono la comunità e molti dei suoi appartenenti, chiamati a deporre nelle varie udienze del processo. Una zingara di nome Vittoria è accusata di aver praticato un sortilegio mortale, diretto contro donna Rosata. I suoi mandanti sono il fornaio di Maiolati marito della donna ed Elisabetta sua giovane amante, che in tal modo avrebbero voluto liberarsi dell'ostacolo e sposarsi. Lo studio analitico degli autori è introdotto da Carlo Giacomini, Archivista di Stato, che propone un breve quadro storico-istituzionale attraverso il quale leggere le vicende narrate dagli atti processuali; un'epoca segnata dagli effetti della gravissima crisi alimentare ed epidemica che imperversò anche nella Vallesina proprio in quegli anni. Il collasso demografico generato dagli eventi determinò la fine del positivo trend cinquecentesco introducendo quello decisamente negativo che accompagnò e contraddistinse il secolo XVII.

Maula Sciri Direttore dell’Archivio di Stato di Ancona

Per una nuova storiografia majolatese

La pubblicazione di una nuova ricerca storica su Majolati viene salutata favorevolmente dall'Amministrazione comunale e della comunità locale. I vari studi e pubblicazioni realizzati negli ultimi quarant'anni ci hanno fatto conoscere, con sufficiente precisione, molti fatti della nostra storia locale, ma rimangono ampi periodi inesplorati. Purtroppo, l'Archivio storico comunale, intitolato a Ruggero Colini, conserva solo pochi documenti, perlopiù post unitari, per questo motivo conosciamo la nostra macro storia solo attraverso lo studio di documenti e fonti presenti in altri archivi esterni al paese o per un'azione storiografica d'inferenza, ricavata studiando atti e azioni dei Comuni limitrofi. L'Archivio di Stato di Ancona è stato sempre un prezioso custode della storia marchigiana ed anche majolatese, ora con la recente acquisizione del Fondo dell'ex Pretura di Jesi, può iniziare un nuovo percorso di ricerca storiografica. Infatti, questo Archivio jesino fino a pochi anni fa era inaccessibile agli studiosi, ma ora potrà meglio sostenere gli storici in ricerche sempre più attente e precise, specialmente per il periodo dell'Ancien Régime, quando Majolati era inserita, con poca autonomia, nel Contado Iesino. Questa vicenda ben presentata dagli autori, collocata alla fine del XVI secolo, ci permette di spostare l'attenzione dalle autorità laiche e religiose al popolo minuto, alla storia del costume, ai fatti quotidiani, anche a quello delle passioni e delle relazioni, offrendo materiale anche per una sceneggiatura di un film o per una rappresentazione teatrale. Leggere il nome di Ruggero Colini, come Capitano del Castello, uno dei Quattro, anche solo come “Padrone” di una “servetta” ci richiama l'importanza e la longevità di questa famiglia rispetto alle altre nobili locali, inoltre ci ricorda che il nostro Archivio comunale è stato intitolato ad un discendente omonimo di questa famiglia Colini che con orgoglio ha sempre rinnovato i nomi della sua casata insieme all'interesse per la cosa pubblica. La lettura del testo non rappresenta esclusivamente la conoscenza di un racconto, di una vicenda passionale all'interno di una società apparentemente più rigorosa nei costumi rispetto ad oggi, ma può essere considerato un viaggio nel Castrum e una testa di ponte per nuove ed interessanti ricerche comprese tra la vicenda dei Fraticelli e Majolati nel Regno d’Italia napoleonico. Esprimiamo congratulazioni e complimenti agli Autori dello studio e ai Funzionari dell'Archivio di Stato di Ancona per aver ritagliato, all'interno di questo mare magnum documentario, pagine e riferimenti della comunità majolatese di grandissimo interesse.

Majolati Spontini 24 Gennaio 2018

Ing. Umberto Domizioli Sindaco di Majolati Spontini INDICE

Nota metodologica generale...... pag.1

Carlo Giacomini Majolati, un castello del contado jesino...... 5

Diego Pedrini e Lucia Dubbini Ipsa fecerit fascinationes. Un processo per maleficium nella Maiolati del 1594...... 17

I verbali del processo...... 35

La sentenza contro donna Vittoria...... 97

La supplica di Domenico di Giovanni “Il Fratino”...... 98

La supplica di Elisabetta di Nagni...... 100

NOTA METODOLOGICA GENERALE

FONTI: Le fonti archivistiche dei documenti qui presentati sono elencate qui di seguito:

ARCHIVIO DI STATO DI ANCONA: ARCHIVIO EX PRETURA DI JESI, CANCELLERIA VESCOVILE DI JESI, LIBRI CONSTITUTORUM – 1593/1594 ARCHIVIO EX PRETURA DI JESI, CANCELLERIA VESCOVILE DI JESI, SENTENZE – 1577/1585, 1586/1612, 1581/1586+1634/1652, CARTELLA 1586/1612

ARCHIVIO STORICO DIOCESANO DI JESI: CARTELLA 289 – FEB 1593/NOV 1603 CARTELLA 931-932 – DIC 1593/NOV 1594 CARTELLA 932 – 1594/MAR 1596 CARTELLA 960 – DIC 1593/APR 1598 CLASSE VI, BUSTA 144, CARTELLA 203/1, LIBRI PARROCCHIALI, MAIOLATI CLASSE VIII, BUSTA 281, CARTELLA 252 – 1589/1598

ARCHIVIO PARROCCHIALE DI MAIOLATI SPONTINI: LIBRI DEI MATRIMONI 1578-1731

NOTA METODOLOGICA SULLA TRASCRIZIONE DEI DOCUMENTI

Si è voluto facilitare la lettura dei testi delle testimonianze utilizzando la grafia moderna per tutte le espressioni originariamente scritte nella grafia semplificata del notaio della corte. Per esempio se l'originale recava “lha” senza apostrofo nel testo del volume si è resa l'espressione con “l'ha”. Non sono stati modificati vocaboli né italianizzata alcuna espressione. Tutte le parti in latino sono state rese come presenti sui documenti anche se scorrette o graficamente non rispondenti ai criteri grammaticali.

Alcuni termini dialettali usati dai testimoni non sono stati riportati in nota per la frequenza con cui sono utilizzati al fine di facilitare la lettura. Riportiamo qui di seguito il significato: LIA: pronome perrsonale LEI

1 GIRE, GITA, GITO, GESSE: tutte coniugazioni della forma dialettale per ANDARE

ELENCO DELLE PERSONE MENZIONATE NEI VERBALI:

Domenico di Giovanni/Dominicus Joannis alias Il Fratino, marito di Donna Rosata, fornaio: residente a Maiolati Donna Rosata figlia Pierfrancisci Honofrii, moglie di Domenico Joannis alias Il Fratino: residente a Maiolati Donna Vittoria, zingara: senza fissa dimora Donna Elisabetta/Lisabetta/Isabetta figlia Joannis Francisci alias Nagni/Nargni: residente a Maiolati Donna Lucia di Crochia/Lucia Dominici/Lucia di Corazza: residente a Maiolati Capitano Ruggerio Colini: residente a Maiolati Donna Zenobia/Zenobiam Finitii, serva del Capitano Ruggerio Colini: residente a Maiolati Donna Margarita Joannis Dominici alias Marcone: residente a Maiolati Giovanmaria Farinello/Joannes Marie Farinellus: residente a Maiolati Domenico/Meco di Matteo/Dominicus Mathei: residente a Maiolati Francesco di Bartoli/Franciscus Joannis, cugnino di Donna Elisabetta: residente a Maiolati Giovandomenico di Berardino/Joannes Dominici Berardini, cognato di Donna Elisabetta: residente a Maiolati Giovanmaria/Joannes Maria Leonardi, sarto: residente a Jesi Ser Cesario Colini: residente a Maiolati Donna Calidonia di Baptista/Calidonia Baptiste Francioni: residente a Maiolati Donna Cecca di Menco di Pastochia/Francesca di Bordone/Perafrancesca Dominici: residente a Maiolati Don Berardino/Berardinus Frangipanis, cappellano di Santa Maria: residente a Maiolati Donna Placenta Alfonsi e Donna Clara Mattei, ostetriche: residenti a Jesi Donna Rosata, moglie di Giovanmaria Farinelli, fornaia: residente a Maiolati Gambinus, pubblico ufficiale Donna Marchesina di Giovandomenico/Marchesina Francisci, vicina di casa di Rosata e Domenico: residente a Maiolati Donna Rosata di Matteo/Rosata Mattei, vicina di casa di Rosata e Domenico: residente a Maiolati

2 Donna Tomassina, moglie di Barbette, fornaia: residente a Maiolati Don Giovanberardino Ferranti/Joannes Berardinus Ferrantis, pievano: residente a Maiolati Donna Felentiana Mathei, aiutante di Rosata moglie di Domenico: residente a Maiolati

3 4 Majolati, un castello del contado jesino

CARLO GIACOMINI

Intorno al 1594, epoca degli avvenimenti narrati negli atti processuali analizzati dagli autori1 del presente saggio, Maiolati è un piccolo comune dello Stato Pontificio direttamente soggetto al governo di Jesi, civitas magna della Marca di Ancona. Il paese, secondo l'antico assetto distrettuale2, è uno dei sedici luoghi che compongono il contado jesino e come gli altri ha un proprio territorio circoscrizionale nel quale suoi rappresentanti amministrano la cosa pubblica pur rimanendo soggetti alla superiore giurisdizione della vicina e potente città, sede vescovile3. Le località del contado sono tutte ugualmente qualificate con il titolo di Castello, sebbene le più popolose4 avessero un peso economico maggiore rispetto alle altre e dunque una conseguente diversa rilevanza fiscale per la città, che imponeva loro tassazioni onerosamente ripartite. Queste comunità, insediate su centri murati collinari, oltre alle case rurali sparse nelle campagne dispongono di borghi prossimi all'abitato urbano ma esterni ad esso, e talvolta anche di minimi aggregati -detti ville- dove vivono poche decine di persone, come nel caso degli edifici posti a fondovalle vicino alla chiesa di Santa Maria delle Moie, lungo un tratto del fiume e presso i campi circostanti dove in parte si svolsero i fatti oggetto di studio. Come sancito dagli statuti jesini per tutte le castella, gli organi municipali di Maiolati sono il Consiglio generale e il Massariato o Quattraria. Il primo composto

1 Diego Pedrini e Lucia Dubbini hanno schedato ed analizzato presso l'Archivio di Stato di Ancona, che li conserva, oltre 900 processi celebrati dal Tribunale episcopale di Jesi tra XVI e XVII secolo. Una indagine a tappeto che ha permesso l'identificazione di alcuni procedimenti criminali di particolarissimo interesse, come nel caso proposto all'attenzione degli studiosi con questa pubblicazione. 2 B. G. ZENOBI, Distrettuazione e forme di potere nei secoli XIV-XVIII, in Nelle centrali. Territorio, economia, società tra Medioevo e Novecento: l’area esino-misena, a cura di S. Anselmi, tomo I, Cassa di Risparmio di Jesi, 1979, pp. 219-248: 222-229. 3 Il territorio della diocesi ricalcava sostanzialmente quello del contado, fatta eccezione per i castelli di Morro e Belvedere che appartenevano all’ambito vescovile di . 4 I castelli di Jesi più rilevanti, per numero di residenti e interessi economici in gioco, erano Massaccio (), e Belvedere (); gli altri erano Castelbellino, , Maiolati, , Monteroberto, Morro, Poggio Cupro, , , Santa Maria Nuova, San Paolo e per ultimo Scisciano, il più piccolo di tutti.

5 da un numero5 variabile di membri appartenenti al notabilato castellano dei proprietari fondiari, mentre il secondo è un collegio di 4 ufficiali detti appunto massari o più semplicemente i Quattro. Al consiglio si affidava il compito di discutere i temi all’ordine del giorno, votare le proposte presentate e quindi deliberare in merito agli affari del castello, mentre i massari che lo guidavano rappresentavano il potere esecutivo venendo periodicamente eletti in seno all'assemblea6. Ogni bimestre e a rotazione attraverso la prassi del sorteggio, da un'urna o bussolo contenente i nominativi dei consiglieri atti ad assumerne il grado, si procedeva infatti all'estrazione. Ai massari spettava l'attuazione di quanto decretato nel “parlamento” maiolatese, con l'obbligo giurato di esercitare il mandato nel rispetto della legalità e della buona amministrazione, tanto che a fine mandato essi venivano sottoposti a sindacato di revisione per verificare la correttezza del loro operato. Altre figure istituzionali, nominate con cariche temporanee diverse, erano poi delegate ad assolvere ulteriori funzioni di maggiore o minore rilevanza ricevendo per questo un compenso connesso alle relative mansioni. L'ufficiale contabile, il Camerario, custodiva la cassa dei denari comunali e ne era responsabile in solido, anche lui era dunque soggetto al successivo controllo di sindacato. Un doganiere riscuoteva i dazi sulle merci vendute e comprate dai forestieri, uno o più esattori esigevano dai possidenti le imposizioni fiscali, collette e gabelle ordinarie e straordinarie gravanti sulla comunità secondo una consolidata bipartizione: le camerali erano destinate allo Stato e venivano quindi versate alla Reverenda Camera Apostolica, mentre quelle dette communitative le acquisiva direttamente il castello. Gli Abbondanzieri sovrintendevano invece all'acquisto del grano e di altri beni alimentari, con prezzo prefissato dai superiori omologhi jesini, cosicché si potesse quotidianamente produrre e vendere al costo stabilito il pane bianco e quello nero, chiamato pan venale. Il comune assicurava poi la presenza dei servizi di utilità collettiva, tra i quali il forno e il macello delle carni o becharia, concedendoli in appalto temporaneo a privati conduttori. La locazione era pertanto assegnata a chi avesse presentato la migliore offerta in denaro e il vincitore del trasatto, gara tradizionalmente espletata “ad estinzione di candela”, era tenuto a pagare l'ammontare corrispondente alla gestione, somma che andava ad aggiungersi agli introiti derivanti da affitti di case, botteghe e possessioni di proprietà castellana.

5 All'epoca il numero dei consiglieri maiolatesi, compresi i massari, doveva attestarsi intorno alle 25 unità;.si rimanda in proposito ai dati ed alle stime presentate in V. VILLANI, C. VERNELLI, R. GIACOMINI, Maiolati Spontini, vicende storiche di un castello della Vallesina, Comune di Maiolati Spontini, 1990, pp. 199 e 388. 6 R. MOLINELLI, Città e contado nella Marca pontificia in età moderna, Urbino, Argalia, 1984, pp. 107-109.

6 Un ruolo centrale in tale contesto amministrativo era assolto dal cancelliere comunale, di norma un notaio e dunque un ufficiale dotato di publica fides, cui spettava il compito di redigere e conservare ogni atto municipale. Verbalizzava i consigli e le deliberazioni adottate sui volumi delle riformanze, scriveva lettere per conto della comunità e copiava su altri libri quelle in arrivo, registrava suppliche e istanze di privati richiedenti un beneficio da approvarsi in consiglio e, ancora, compilava la tabella annuale del castello (bilancio che elencava tutte le voci di entrata e uscita) da inviare a Roma per la necessaria e definitiva approvazione della Sacra Congregazione del Buon Governo, innovativo dicastero istituito nel 1592 per sovrintendere all'amministrazione dei comuni dello Stato Pontificio7. Il consiglio maiolatese, inoltre, eleggeva un Sindico che tra i suoi compiti aveva quello di offrire ai magistrati di Jesi l'atto di omaggio, sudditanza e fedeltà del castello in occasione dell'annuale cerimonia del pallio, uno stendardo dedicato al patrono San Floriano che ogni luogo del contado il 4 maggio consegnava all'autorità cittadina insieme ad un proprio tributo8. In determinate situazioni contingenti, ad esempio nei periodi di carestia, in quelli di crisi epidemica e diffusa mortalità, come pure nell'adempimento di precetti di autorità cittadine o per seguire negozi particolarmente importanti, il consiglio aveva facoltà di scegliere tra le sue fila speciali deputati ad agendum, nominati a maggioranza dopo espressa votazione. Dovevano poi essere presenti alcune figure9 stipendiate dall'amministrazione per esercitare la loro arte e dei salariati minori dediti al disbrigo di varie incombenze: un medico fisico e un cerusico per l'assistenza ai malati, uno speziale o farmacista10, un maestro per insegnare la grammatica, un maniscalco, un balivo addetto a diverse mansioni (banditore, messo, campanaro, custode della porta urbica) e infine una ristretta cerchia di donzelli o famigli a disposizione dei massari e del capitano. Il potere cittadino, a Maiolati come negli altri centri del contado, era infatti rappresentato ed esercitato in loco da un vicario o Capitaneus11 periodicamente eletto tra i membri dell'aristocrazia jesina, ceto nobiliare che per diritto di sangue monopolizzava l'esercizio dei pubblici uffici. Costui presenziava alle

7 E. LODOLINI, L’archivio della S. Congregazione del Buon Governo (1592-1847). Inventario, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XX, Roma, 1956, pp. XIII-XXI. 8 R. MOLINELLI, Città e contado, cit., pp. 104-106. 9 La perdita dei libri consiliari di Maiolati non permette di determinare numero e qualità di simili figure, verosimilmente analoghe a quelle documentate negli altri castelli; per esse si veda in R. MOLINELLI, Città e contado, cit., p. 110. 10 V. VILLANI, C. VERNELLI, R. GIACOMINI, Maiolati Spontini, cit., p. 413. 11 R. MOLINELLI, Un’oligarchia locale nell’età moderna, Urbino, Argalia, 1976, p. 72; Città e contado, cit., p. 52.

7 congregazioni consiliari controllando il rispetto dei limiti decisionali imposti dalla città dominante, firmava le tabelle (da presentarsi in prima istanza a Jesi), espletava la funzione di giudice delle cause civili sino ad un certo valore ed anche quelle dette danni dati, ossia le vertenze insorte per danneggiamenti alle colture procurati da uomini o animali in fondi agricoli di proprietà privata. Istruita la causa raccogliendo denunce, testimonianze e perizie giurate, riconosciute le responsabilità personali di comportamenti dolosi o colposi, il procedimento era in breve tempo concluso e il capitano ne sentenziava il disposto risarcitorio. Le controversie civili di ambito superiore e la competenza di quelle di natura penale, in forza di un rinnovato assetto da pochi anni introdotto nella Vallesina, erano di contro attribuite al Governatore di Jesi quale massimo organo giusdicente del territorio e, in forma delegata, ai suoi due luogotenenti ad civilia et criminalia12. Sino al 1586, difatti, il ruolo di supremo magistrato della città si affidava ad un podestà ed ai giudici della sua curia secondo quanto dettato dalla normativa statutaria. L'elezione di questo legum doctor, scelto ogni sei mesi dal consiglio jesino tra una rosa di idonei candidati forestieri, doveva però essere approvata dal Rettore della Marca13 residente a Macerata, autorità statale del comprensorio provinciale nel quale era iscritto e formalmente sottoposto il comune di Jesi, comunque dotato di un'ampia autonomia municipale grazie ai privilegi pontifici goduti. La soppressione del regime podestarile in favore del “governo libero” sancita dai brevi di Sisto V del 23-24 maggio 1586 e confermata l'anno seguente, aveva perciò sollevato Jesi dalla giurisdizione provinciale ponendola alle dirette dipendenze della S. Sede, come era già stato concesso ad altre città dello Stato14. Rappresentante del potere sovrano è allora una nuova figura, un giudice prelato che su designazione pontificia assumeva la carica di Governatore generale di Jesi, suo luogo di residenza durante l'anno di mandato. Questa soluzione istituzionale chiuse un periodo piuttosto turbolento che nel corso del '500 vide il contado contrapporsi ripetutamente all’egemonia cittadina. Il motivo del contendere, nonostante fossero molti gli aspetti del dominio esercitato, era di natura prettamente fiscale riguardando peso e ripartizione dei tributi imposti dalla città alle comunità soggette. Nel 1515 si era ribellata la terra di Massaccio, con essa due anni dopo si oppongono a nuove

12 V. CAVALCOLI, Governo di Jesi, in La Marca e le sue istituzioni al tempo di Sisto V, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi 20, Roma, 1991, pp. 155-166: 159-160. 13 Dai primi decenni del XVI secolo tale prelato fu denominato anche Preside o Governatore della Marca. 14 R. MOLINELLI, Un’oligarchia locale, cit., pp. 46-47.

8 tasse anche i rappresentanti di Montecarotto, Castelplanio e Morro, coinvolgendo quelli di Maiolati e Poggio Cupo in vicende che sfiorarono un esito drammatico. Nel 1529 e nel '37 è ancora Massaccio a scontrarsi con Jesi nel vano tentativo di svincolarsi dal suo potere, per capeggiare dal 1567 nuovi forti dissensi rifiutandosi di rinnovare il giuramento di soggezione alla città a fianco di Maiolati e Poggio San Marcello, per arrivare infine al 1574 quando Massaccio apriva un lungo contenzioso che ebbe termine solo nel 1589 con il cosiddetto “breve di concordia” sistino; atto che ribadiva il dominio della città sui castelli, tacitando le aspirazioni autonomistiche del contado15.

Delineato sommariamente il quadro di riferimento politico-istituzionale di fine XVI secolo, puntualmente analizzato dalla storiografia marchigiana, sarebbe ora opportuno affiancare ad esso quello peculiare relativo alla Maiolati dell'epoca. Un compito che risulta invero assai gravoso a causa della totale perdita dell'archivio storico comunale, privazione in parte causata da eventi bellici nel secondo conflitto mondiale, ma soprattutto ascrivibile al massiccio scarto abusivo effettuato nel 1947 dall'amministrazione civica16. Scomparse le testimonianze dirette della vita nel castello, delle attività svolte dal comune e dai suoi ufficiali, delle relazioni intercorse nel corpo sociale e dei caratteri distintivi dello stesso, è dunque necessario ricorrere a fonti documentarie alternative17 nel tentativo di ricostruire, o meglio cercare di

15 R. MOLINELLI, Città e contado, cit., pp. 91-98 (i contrasti tra contado e città ripresero vigore a metà del '600 con la prolungata «Causa aesina collectarum», ivi, pp. 179 e seguenti). 16 E. LODOLINI (a cura di), Gli archivi storici dei comuni delle Marche, Quaderni della “Rassegna degli Archivi di Stato”, 6, Roma, 1960, pp. 30 e 56. L'archivio storico comunale di Maiolati, con atti sino alla metà del sec. XIX, nel primo dopoguerra venne inviato al macero dal Comune: esso comprendeva alcune pergamene e ben 20 quintali di materiale cartaceo. La conseguente denuncia della Soprintendenza Archivistica fu poi archiviata per sopravvenuta prescrizione del reato. Oggi può dirsi sopravvissuto allo scarto delle scritture maiolatesi solo un libro di istrumenti del 1588, volume che risulta aggregato all’archivio storico comunale di Castelplanio, in V. CAVALCOLI ANDREONI (a cura di), Gli Archivi storici dei Comuni delle Marche. Indici degli inventari, Soprintendenza Archivistica delle Marche-Centro per i Beni Culturali della Regione Marche, , Tecnostampa, 1986, p. 39. 17 In tal senso, oltre alla importante documentazione conservata nel fondo di antico regime dell'Archivio Comunale di Jesi, principali fonti di riferimento per la Maiolati di epoca moderna sono custodite dai seguenti istituti: Archivio di Stato di Ancona, all'interno dell'articolato archivio dell'ex Pretura di Jesi, con aggregati atti giudiziari del podestà, del governatore generale e parte di quelli attinenti al foro ecclesiastico presieduto dal vescovo jesino; Archivio Storico Diocesano di Jesi, per la rimanente sezione giudiziaria vescovile e per quanto riguarda le visite pastorali alle chiese del castello (con i dati numerici della popolazione del paese e della parrocchia di S. Maria delle Moie); Archivio di Stato di Roma, in alcune serie del fondo S. Congregazione del Buon Governo (Atti per luogo, Lettere, Bilanci dei Comuni, etc.); Archivio della parrocchia di S. Stefano di Maiolati, con stati d’anime, atti di

9 intuire, gli aspetti salienti della società maiolatese di fine '500, specificità che le sopraddette gravi lacune hanno comunque in gran parte cancellato. In questo senso gli inediti atti processuali esaminati da Diego Pedrini e Lucia Dubbini, trascritti integralmente in coda alla pubblicazione, rappresentano indubbiamente una fonte documentaria di straordinaria valenza storica, tanto per l'identificazione di una comunità quanto per la natura delle vicende testimoniate e l'ambito magico che le pervade. I fatti narrati dalle “nostre” scritture giudiziarie si riferiscono agli ultimi mesi del 1593, mentre i luoghi dove gli avvenimenti si svolsero sono il castello di Maiolati e alcune contrade del territorio, la chiesa suburbana di S. Maria della Misericordia, oggi non più esistente, ed incidentalmente anche Jesi, dove abitava la zingara figura chiave del processo e attorno alla quale si dipana il racconto e si focalizza l’attenzione del magistrato giudicante, sedente nella stessa città. Riedificato pochi anni dopo la distruzione subita nel 1428, culmine delle vicende legate alla locale diffusione delle tendenze ereticali e ribellistiche sostenute dai Fraticelli18, il castello dispone di una cortina di mura fortificate da torrioni e bastioni che circonda l’abitato urbano, ulteriormente difeso da un fossato e da una erta ripa naturale sul lato che sovrasta la valle ove sorge l'antica chiesa, già abbaziale, di Santa Maria delle Moie. Una sola porta urbica, in cui è posta l'effige del leone rampante jesino simbolo della città dominante, permette l'accesso al tessuto urbano del piccolo centro murato, probabilmente attraverso un ponte levatoio. Fuori dalla cinta, da oltre un secolo, è sorto un borgo costituito da un insieme di case e botteghe ubicate presso la via publica19. L'economia del luogo, basata essenzialmente sullo sfruttamento della terra, vede la maggioranza della popolazione occupata nei lavori agricoli a fronte di una proprietà terriera detenuta da poche famiglie castellane, i membri delle quali siedono in consiglio e si alternano nell'amministrazione municipale. Il territorio della campagna è punteggiato dalla presenza di case coloniche, da qualche palombara, da alcune chiese rurali e da altre suburbane dove hanno sede le confraternite del SS.mo Sacramento, della Misericordia e quella della Morte. L'unica parrocchia di Maiolati è intitolata a S. Stefano, il patrono del castello, dove dal 1592 è pievano Giovanni Bernardino Ferranti de Massaccio, e solo dal gennaio del 1600 sarà affiancata da quella di S. Maria delle Moie per volere del

battesimo, matrimonio e morte. 18 V. VILLANI, C. VERNELLI, R. GIACOMINI, Maiolati Spontini, cit., pp. 225-232. 19 V. VILLANI, C. VERNELLI, R. GIACOMINI, Maiolati Spontini, cit., pp. 102-105.

10 vescovo Dandini20. Negli anni in questione la guida diocesana di Jesi, da ormai quaranta anni, è invece affidata a Gabriele del Monte: illustre e illuminato vescovo che aveva partecipato attivamente al Concilio di Trento e quindi introdotto e veicolato nelle parrocchie della Vallesina lo spirito di rinnovamento proprio della Controriforma21. In questi anni si manifesta tuttavia un altro cambiamento, una drammatica e improvvisa inversione di tendenza. La spinta positiva sostenuta dalla generale crescita cinquecentesca viene bruscamente interrotta dagli effetti devastanti di una crisi che, nel 1590-92, investe l'intera penisola italiana e non risparmia la Marca di Ancona. Un ciclo di eventi che segna una netta linea di demarcazione con il passato e apre la strada al nuovo secolo, negativamente caratterizzato da ristagno economico, alta incidenza di mortalità epidemica e deciso calo demografico. Nel 1590, probabilmente a causa di condizioni climatiche particolarmente avverse, in Vallesina si hanno pessimi raccolti agricoli e la disponibilità di risorse alimentari si riduce drasticamente; resa più debole dalla denutrizione, la popolazione viene allora decimata dal tifo petecchiale22 (o esantematico), morbo che investe Marche, Umbria, Emilia Romagna, Toscana e molte altre regioni. A Jesi e nei castelli la morte entra allora praticamente in ogni casa, miete vittime ovunque, dalla povera gente ai signori, e la paura diviene una presenza costante come la diffusa credenza che l'influenza maligna fosse la manifestazione dell'ira divina, la punizione inflitta ad un popolo di miseri pechatori23. In città, dove comunque era confluita una folla di poveri, vagabondi e questuanti in cerca di fortuna e fonti di sussistenza, il numero dei morti si moltiplica. Nella parrocchia della Cattedrale, la maggiore delle due urbane, dove la media annuale si aggirava intorno a 55/60 unità, si contano 155 morti nel 1590, ben 831 nel 1591 e 193 l’anno seguente, senza calcolare i decessi avvenuti nelle quattro parrocchie suburbane la cui umanità gravitava in ogni caso su Jesi.

20 H. SAHLER, L’abbazia benedettina di Santa Maria delle Moie, Comune di Maiolati Spontini, 1995, p. 15. 21 C. URIELI, Il vescovo di Jesi Gabriele del Monte (1554-1597), in «Studia Picena nuova serie», Le Diocesi delle Marche in età sistina, Atti del convegno di studi, Ancona-Loreto 16-18 ottobre 1986, vol. II, Fano, 1988, pp. 519-547. 22 C. GIACOMINI, Epidemia, carestia e povertà: aspetti di una crisi congiunturale nella Jesi del XVII secolo, in «Atti e Memorie» della Deputazione di Storia Patria per le Marche, Medicina e salute nelle Marche dal Rinascimento all’età napoleonica, Atti dell'omonimo convegno, Ancona-Recanati 28- 29-30 maggio 1992, 97 (94), vol. I, pp. 211-262: 215. 23 Piacia a sua divina Maestà che cessi l’ira sua contro noi miseri pechatori, sono queste le parole che nel 1622, durante una epidemia di tifo petecchiale che imperversava a Jesi e nel Contado, Francesco Manuzi -nobile cittadino- annota nel suo diario degli eventi; si veda in C. GIACOMINI, Epidemia, carestia e povertà, cit., p. 230.

11 Con le dovute proporzioni, Maiolati vive lo stesso dramma e nel 1591, al culmine dell'emergenza sanitaria, sono registrati in parrocchia 223 decessi contro un precedente valore annuo di poche decine24. Il tifo petecchiale, che aveva per veicolo di diffusione il pidocchio umano, in questa epidemia particolarmente virulenta stermina gli abitanti dell'intero comprensorio, specie quelli residenti in città. Nel 1597 le anime da comunione del territorio, castelli compresi, sono in tutto 20.283 e il numero di quelle residenti dentro le mura jesine si è ridotto a sole 4.405 unità25. Per quanto riguarda Maiolati, per lo stesso anno, è stata stimata la presenza di un numero di abitanti di poco superiore alle 900 persone, mentre per il 1585 un analogo computo ha fornito un valore unitario pari a 1.108 individui. Negli anni di crisi il castello avrebbe dunque subito la perdita complessiva di oltre un terzo della sua popolazione26. E anche negli atti giudiziari in esame, tra le righe di una testimonianza, si menziona questa grande carestia ricordando la morte di due ragazze maiolatesi avvenuta in quel tempo27.

Il processo di cui diamo conto è celebrato dal Tribunale episcopale di Jesi dall'8 al 26 gennaio 1594, le udienze hanno frequenza più o meno giornaliera e la sentenza viene pronunciata il 5 di febbraio da Fabritius Bonfactis di Cantiano, vicario generale del vescovo del Monte, che condanna e punisce una zingara riconoscendola artefice di sortilegio. La cognizione della causa, riguardando in questo caso l'accertamento di un maleficio seu fascinationem, cioè un delitto perpetrato ricorrendo a un factura, competeva esclusivamente al foro ecclesiastico. Il tribunale episcopale locale (e non quello del governatore generale), era infatti l'autorità preposta a giudicare tutte le cause civili e penali nelle quali una delle parti o un interesse patrimoniale fossero comunque riferibili ad un membro del clero o a beni della chiesa. Di pari spettanza, civile e penale, erano anche le azioni e i crimini compiuti dai laici per mancato rispetto di bandi vescovili o ancora pertinenti alla sfera morale, ossia i delitti di natura violenta e quelli derivanti da peccati come l'adulterio, la prostituzione, l'infanticidio, l'ingiuria, l'usura. Il fornaio Domenico detto il Fratino, Rosata sua moglie, l'amante Lisabetta, Vittoria la zengara sono i personaggi attorno ai quali si muove l'azione giudiziaria, nata da una denuncia segreta, per svelare gli ispiratori e gli autori di un incantesimo destinato a far morire Rosata e così liberare da ogni ostacolo la

24 C. GIACOMINI, Epidemia, carestia e povertà, cit., 236-239, si vedano anche i valori riportati nelle tabelle proposte con i dati parrocchiali per il 1591 e la successiva epidemia del 1621-22. 25 C. URIELI, Jesi e il suo Contado, vol. IV, Jesi, 1986, p. 117. 26 V. VILLANI, C. VERNELLI, R. GIACOMINI, Maiolati Spontini, cit., p. 307. 27 Interrogatorio di Elisabetta di Nagni del 14 gennaio 1594, in Appendice.

12 coppia extraconiugale. La corte ecclesiastica, chiamata a far luce e risolvere il grande scandalo sollevato nella comunità, convoca un discreto numero di abitanti del castello. Al banco del giudizio, oltre agli imputati principali detenuti nelle carceri vescovili e talvolta interrogati in contraddittorio, vengono sentiti uomini e donne di ogni ceto. Depongono serve, massaie e contadini in qualità di semplici testimoni, tutte quelle persone che -in gruppo o singolarmente- avevano preso parte agli eventi e tra esse figure di rilievo locale come il capitano maiolatese Ruggiero Colini e il parroco don Giovanni Ferranti. Quest'ultimo, nel tentativo di liberare Rosata da una possessione demoniaca e dal maleficio che la stava consumando, dichiara di avere sottoposto la vittima ad un vero e proprio esorcismo; operazione che il giorno seguente aveva ripetuto presso la sua canonica al fine di scongiurare la poveretta, facendola poi riaccompagnare a casa da un altro prete originario del luogo, don Bernardino Frangipane, anche lui informato dei fatti e pertanto chiamato dal tribunale a testimoniare. L'atmosfera che traspare dai racconti verbalizzati, una sorta di fotografia emotiva della società maiolatese, è quella di una comunità che si muove intorno agli eventi che si susseguono, alle voci che corrono nel paese, al clima di superstizione e di paura incombente: una umanità che è dunque elemento trainante, parte decisamente attiva e compartecipe della storia, ora in forma collettiva ora individuale. L'esito delle indagini inquisitorie, pur realizzate senza il ricorso ai tormenti, solo dopo ripetute reticenze, false dichiarazioni della zingara e degli amanti, porta all'ammissione delle relative colpe. Vittoria, che un tempo aveva soggiornato anche a Moie venendo in contatto con la gente del luogo, confessa di essere stata l'artefice di una malia attuata con il rito della Pedica, destinata cioè a far seccare e quindi dare la morte a donna Rosata, come richiestole da Elisabetta che voleva in tal modo sposare Domenico il fornaio, consenziente al disegno ferale. Lisabetta, giovane di non buona fama, si difende con forza ed astuzia cambiando più volte la versione dei fatti, addebitandosi infine il ruolo di mandante del maleficio, ma per colpa dell'uomo e delle promesse ricevute dopo essere stata da lui deflorata e poi più volte carnalmente conosciuta, spesso all'interno di una stanza annessa alla chiesa di S. Maria ex Castrum Maioleti. Il comportamento processuale del Fratino è invece quello di negare ogni possibile addebito sostenendo di non aver mai voluto nuocere alla moglie, né di avere chiesto di farlo all'amante, per riconoscere solo di avere intrattenuto una

13 relazione sessuale con lei, che d'altronde lo provocava sin da quando era giovanissima, cioè solo una mambola. La sentenza diffinitiva che conclude il procedimento condanna all'esilio perpetuo da Jesi e dal suo territorio Vittoria la zingara, rea di fascinazione e maleficio, di invocazione diabolica e di diffusione di credenze seducenti e maligne. Prima dell'esecuzione del bando e per esemplare ammonimento, la colpevole sarà perciò fustigata percorrendo il corso della principale via cittadina, dalla piazza di S. Floriano sino alla porta di Terravecchia, portando sul capo una corona cartacea con la scritta «per fatochiearie»28. E nel caso la reietta avesse l'ardire di tornare in città l'aspetterà di nuovo la frusta ed il carcere, a regime di pane e acqua. Nello stesso giorno in cui viene emessa la sentenza, Domenico alias il Fratino e subito dopo anche Elisabetta, a seguito di separata presentazione di suppliche accolte da rescritti vescovili, ricevono in merito un trattamento diverso. L'uomo, una volta liberato e dopo essersi recato in pellegrinaggio sino alla Santa Casa di Loreto, dovrà prendere l'eucarestia, versare 30 scudi al depositario della camera episcopale nel giro di pochi mesi e, quale idonea cauzione, consegnare a Elisabetta una dote di 25 scudi in occasione di un suo futuro matrimonio. La stessa giovane, non potendo corrispondere denaro stante la sua extrema paupertate, ottiene di essere scarcerata e di vedere cassato il processo: anche per lei è previsto il pellegrinaggio lauretano e poi, per almeno sei mesi, la segregazione a pane e acqua in una stanza al piano superiore della casa paterna. Precetti che se non adempiuti porterebbero alla sua fustigazione e all'esilio.

Con queste determinazioni ha termine la vicenda giudiziaria e con essa gli echi di questa storia. La sentenza pronunciata, volta in primo luogo a reprimere superstizioni e comportamenti collettivi che creavano grave allarme, e le pressoché contemporanee concessioni di sostanziale grazia adottate in favore dei supplicanti, evidenziano la volontà di ricondurre alla normalità la comunità di Maiolati e le persone coinvolte, in breve tempo e senza troppo clamore. La risposta del Tribunale episcopale jesino sembra identificare e riconoscere un solo vero colpevole, perfettamente rappresentato dal personaggio esemplare della zingara. Una figura negativa che racchiude in sé il paradigma della diversità, della non appartenenza al contesto sociale.

28 Sentenza contro Vittoria la zingara, in Appendice.

14 «Vittoria egitiana detta zengara»29, girovaga e di mala fama che si guadagna da vivere come può pronosticando la ventura, insegnando e vendendo sortilegi e fatture, pratiche che la stessa definisce comunque «tutte canzone e pastochie... per cavarne… dinari dalli mani»30, si configura così come l'archetipo del soggetto estraneo, dell'elemento marginale, perturbatore e pericoloso che va allontanato e quindi definitivamente espulso dalla città e dal contado.

29 Supplica di Elisabetta di Nagni, in Appendice. 30 Interrogatorio di Vittoria la zingara del 19 gen. 1594, in Appendice.

15 16 Ipsa fecerit fascinationes Un processo per maleficium nella Maiolati del 1594

DIEGO PEDRINI E LUCIA DUBBINI

Presentiamo qui i verbali completi di un processo svolto dal Tribunale episcopale di Jesi nell'inverno del 1594 e riguardante un caso di grande risonanza locale relativo ad accuse di maleficio e magia avvenuto a Maiolati. Gli avvenimenti presi in esame dalla corte riguardano un sortilegio messo in atto da donna Vittoria, una zingara, su richiesta e con l'aiuto del fornaio del castello, Domenico di Giovanni detto Il Fratino e della sua amante donna Elisabetta di Nagni, anch'essa residente a Maiolati, con la finalità di fare morire donna Rosata, moglie dell'uomo e quindi permettere ai due amanti di sposarsi. L'episodio coinvolgerà l'intera comunità ed avrà ripercussioni di larga portata sulle vite di tutti i protagonisti. I documenti ci forniscono un quadro di rara profondità della mentalità e dei comportamenti degli abitanti di uno dei castelli di Jesi alla fine del XVI secolo ed allo stesso tempo del modello d'intervento dell'autorità repressiva e spirituale delle Chiesa post tridentina. Questo processo inoltre illustra una serie di peculiarità rispetto alla norma degli eventi coevi evidenziando la connessione tra l'azione sociale e le convinzioni culturali dell'età moderna e partendo dal sistema di relazioni di un piccolo centro dello stato pontificio della fine del cinquecento rivela un quadro molto più ampio dove le configurazioni sociali sono il risultato dell'interazione di innumerevoli strategie individuali.

Per comprendere pienamente i fatti che portano a questo importante procedimento giudiziario dobbiamo innanzitutto definire in termini generali la struttura e l'operatività della corte ecclesiastica di Jesi che è quella che si occupa del procedimento. La struttura del tribunale episcopale è simile a quella degli altri tribunali ecclesiastici dell'area italiana e sintetizza in modo molto chiaro le caratteristiche e gli sviluppi di questa istituzione nel periodo dalla metà del XVI secolo sino alla fine del XVIII secolo.

Abbreviazioni: ASAN: Archivio di Stato di Ancona ASDJ: Archivio Storico Diocesano di Jesi APMS: Archivio Parrocchiale di Maiolati Spontini

17 L'autorità giurisdizionale della corte vescovile era fondata sul presupposto teologico, come sottolineato da molti canonisti e secondo il dettato paolino per cui il vescovo ha come obbligo: “che governi bene la propria famiglia e tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi”31. In questo senso la giurisdizione spirituale dà diritto al Vescovo, tra le altre facoltà, di: “visitare subiditos, inquirere in illorum mores et punire, legatos mittere, contumaces rebellesque accersere, et illorum compescere audaciam, ad concilium vocare eos quorum interest adesse, deteriminata in Concilio confirmare, poena Ecclesiastica coercere delinquentes ut excommunicare, et a talibus poenis excommunicatione absoluere”32. Questo fondamento portava la corte a potere intervenire in ambito sia civile che criminale per tutte quelle controversie e reati che riguardavano sia i sacerdoti che i laici ed inerenti al foro esterno, cioè di quella forma di giurisdizione che si occupa di fatti e controversie che riguardano il bene sociale o pubblico della Chiesa, esercitata pubblicamente e con effetti giuridici. Questa idea si può sintetizzare nella formula canonistica per cui: “Episcopi, eorumque Vicari, iudices оmnes et Regularium Superiores tenetur corrigere Clericorum et Aliorum Subditorum et rationem reddere debent Deo de peccatis illorum et delictis ab illis perpetratis”33. L'attuazione di questi principi faceva sì che il tribunale diocesano sviluppasse una pratica di ampio respiro, passando dalle violazioni contrattuali delle insinuationes34 ai procedimenti in casi di omicidio coinvolgenti sia ecclesiastici che laici. La formazione di questo potere giurisdizionale è frutto di un'evoluzione complessa che attraversa la storia plurisecolare della Chiesa che attraverso lo snodo centrale del Concilio di Trento35 si articola in modalità diversificate. In termini pratici l'autorità della corte vescovile si estende su due grandi settori giurisdizionali: il primo è il foro ecclesiastico, che riguarda sia le controversie civili inerenti il clero quali quelle sui beni ecclesiastici, che le azioni criminali del clero secolare ed in rari casi di quello regolare; il secondo si occupa delle azioni dei laici sia ad civilia che ad criminalia36. Quest'ultimo campo di azione è

31 La Sacra Bibbia, I Lettera a Timoteo, 3:4, Roma, Società Biblica Britannica & Forestiera, 1994, p. 1133; Sacrosanti Concilii Tridentini Canones et Decreta, Bassani, Apud Io. Antonium Remondinum, 1612, p. 130. 32 V. REGINALDO, Praxis Forii Poenitentialis, Coloniae Agrippinae, Bernardi Gualth. Et Petri Heninghii, 1623, p. 16. 33 C. PELLEGRINO Praxis Vicarorum, Venetiis, Typis Antonii Tiuani, 1681, p. 278. 34 S. SCHIAVO, Il falso documentale tra prevenzione e repressione, Milano, Giuffrè, 2007, p. 13. 35 E. BRAMBILLA, La giustizia intollerante. Inquisizione e tribunali confessionali in Europa (secoli IV- XVIII), Carocci, Roma, 2006; P. PRODI, Una storia della giustizia, Bologna, Il Mulino, 2000. In particolare il Concilio di Trento si occupa del ruolo della giustizia ecclesiastica nelle sessioni XIII, XIV e XXIV. 36 C. PELLEGRINO, Praxis Vicarorum, cit., p. 284.

18 particolarmente importante in quanto riguarda molti aspetti della struttura sociale, essendo i delitti di cui si occupa il tribunale sia quelli inerenti i peccati mortali che quelli definiti dai bandi e regolamenti vescovili e quindi comprensivi di molte fattispecie: dai crimini più strettamente inerenti il controllo della morale (Adulterio, Concubinato, Fornicazione, Infanticidio, Prostituzione) a quelli più apertamente violenti (Aggressione, Disordini, Evasione, Ingiurie, Omicidio, Rissa) per finire con quelli a carattere patrimoniale (Debiti, Furto, Usura). La corte episcopale si muoveva quindi su un terreno complesso e vasto nel quale interagivano molte forze contrastanti, politiche, legali e spirituali, e rappresenta un interessante paradigma per definire il modello con il quale si relazionavano la legge religiosa e la società. Bisogna infine evidenziare come il tribunale estendesse la sua giurisdizione su tutta la diocesi il cui territorio coincideva di fatto con quello del contado jesino, se si eccettuano i due centri di Belvedere e Morro, ricadenti sotto il controllo del vescovo di Senigallia, ed includeva quindi oltre alla città i seguenti castelli: Castel del Piano (Castelplanio); Castelbellino; Maiolati (Maiolati Spontini); Massaccio (Cupramontana); Montecarotto; Monteroberto; Mosciano (Monsano); Poggio Cupo (Poggio Cupro); Poggio San Marcello; Rosora; San Marcello; San Paolo; Santa Maria Nuova e Scisciano.

Uno degli ambiti più significativi dell'intervento dei tribunali episcopali sulla società delle diocesi riguarda la lotta contro gli aspetti magici e superstiziosi e segue la tendenza generale di attenzione a queste tematiche che aveva già visto uno sviluppo repressivo da parte della chiesa a partire dalla fine del XV secolo con la bolla Summis Desiderantes Affectibus di Innocenzo VIII del1484, che autorizzava le azioni processuali di Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, cioè i due inquisitori germanici poi autori del noto manuale antistregonico Malleus Maleficarum37, ed attraverso una serie di snodi storici aveva portato la Chiesa Cattolica a potenziare la propria volontà repressiva nei confronti di questi fenomeni. In particolare dall'inizio del Cinquecento si manifesta un'intensificazione delle azioni repressive contro la superstitio e contro i sortilegi, che venivano valutati come azioni eretiche in quanto implicavano anche nei loro aspetti meno apertamente diabolici una tacita invocazione delle forze demoniache38. In merito si era progressivamente sviluppata la distinzione tra sortilegi cosiddetti semplici e quelli che sapiunt manifestam heresim, cioè che

37 G. S. WILLIAMS, Demonologies, in B.P. LEVACK (a cura di), The Oxford Handbook of Witchcraft in Early Modern Europe and Colonial America, Oxford, Oxford University Press, 2013, p. 74. 38 G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Milano, RCS, 2003, pp. 64- 84; B.P. LEVAK, La caccia alle streghe in Europa, Roma-Bari, Laterza, 2012, pp. 202-205.

19 coinvolgessero un vero e proprio patto demoniaco e fossero quindi chiaramente classificabili come una eresia in quanto lesivi della maestà divina39. Questa classificazione delineava anche gli ambiti d'intervento dei tribunali incaricati di occuparsi di questi delitti considerati di mixto foro, laddove la giurisdizione ecclesiastica perseguiva il crimine di eresia e le corti laiche il danno e lo scandolo provocato da tali azioni40 Da questo tipo di sistemazione giurisdizionale derivava che la corte vescovile era responsabile di perseguire i malefici semplici ed il Tribunale Inquisitoriale si doveva occupare dei malefici diabolici. Naturalmente queste distinzioni furono applicate in modo discontinuo e provocarono molti conflitti, alcuni dei quali possiamo ritrovare anche nelle carte della corte jesina41 e furono risolti con una progressiva preminenza dell'Inquisizione, anche se gli ordinari locali sulle tematiche della lotta alla superstizione continuarono a lungo ad intervenire in modo significativo42. I provvedimenti di Pio V nella bolla In Coena Domini del 1568 e di Sisto V nella sua nota bolla Coeli et Terrae del 1586 attribuivano la responsabilità per tutti i procedimenti per magia e superstizione all'Inquisizione di Roma, considerando come eretiche tutte le pratiche magiche, anche quelle semplici, definendo così il fenomeno come totalmente diabolico. Questo approccio non trovò necessariamente un'applicazione continuativa nella realtà della repressione che continuò ad essere condotta in termini pluralistici dalle varie istituzioni ecclesiastiche, anche se la progressiva prevalenza del ruolo dell'Inquisizione si andò via via affermando come testimoniato dalla costituzione apostolica Omnipotentis Dei emessa da papa Gregorio XV nel 162343. Dobbiamo comunque considerare che nello specifico della realtà italiana il metodo di azione di contrasto alle attività magiche e superstizione fu relativamente moderato sia per quello che riguarda i giudici episcopali, che le attività del Sant'Ufficio e consiste in un atteggiamento pragmatico verso il

39 E. BRAMBILLA, La giustizia intollerante, cit., p. 143. 40 V. LAVENIA, “Anticamente di misto foro”. Inquisizione, Stati e delitti di stregoneria nella prima età moderna, in G. PAOLIN (a cura di), Inquisizioni: percorsi di ricerca, Trieste, Edizioni Università di Trieste, 2001, pp. 36-37. 41 Un ottimo esempio il processo del 1572 a Jesi contro Donna Migella, sul quale cfr: D. PEDRINI E L. DUBBINI, Le donne e la corte. Azione e reazione all'interno dei procedimenti del tribunale episcopale di Jesi in eta' moderna, “Chronica Mundi”, 12, 1, 2017, http://www.chronicamundi.org/it/index.html. 42 V. LAVENIA, “Anticamente di misto foro”, cit., pp. 39-44. 43 G. ROMEO, Inquisizione, Chiesa e stregoneria nell'Italia della Controriforma: nuove ipotesi in D. CORSI E M. DUNI (a cura di), «Non lasciar vivere la malefica». Le streghe nei trattati e nei processi (secoli XIV-XVII), Firenze, Firenze University Press, 2008, pp. 87-90.

20 controllo dei fatti e non svolse, se non molto raramente, azioni clamorose di persecuzioni di massa come in altre aree geografiche44. Anche a Jesi la corte episcopale sembra muoversi all'interno di questa logica ed inoltre l'inclusione della città nello Stato Pontificio consente una sostanziale assenza di frizioni con il potere giudiziario laico podestarile prima e del governatore pontificio in seguito, corti, queste, che non si occupano se non molto raramente delle tematiche magiche o stregoniche, contrariamente ad altre zone italiane dove frequentemente era proprio la giurisdizione laica a promuovere procedimenti criminali in materia di malefici, creando forti contrasti tra giustizia laica ed ecclesiastica45. Da un punto di vista quantitativo all'interno di tutta la documentazione originata dalla corte di Jesi troviamo la presenza di diciannove procedimenti relativi ai sortilegi o fatochiarie nel periodo dal 1558 al 1655, non trovandosi nella precedente documentazione del tribunale né in quella successiva alcun procedimento in questo campo. I casi non sono numerosi, ma molto significativi e testimoniano in modo chiaro come nel periodo evidenziato l'attenzione della corte si sia focalizzata su questo tipo di comportamenti. Lo sviluppo di questi procedimenti inerenti l'ambito magico si articola quindi in modo organico a Jesi a partire dalla metà degli anni sessanta del cinquecento ed evidenzia la presenza di chiare linee di continuità, sia per quello che riguarda gli imputati fatti oggetto di azioni da parte della corte, sia per il metodo adottato dal tribunale nel gestire questi procedimenti. L'esame dei profili degli accusati di delitti collegati con il maleficio ed i riti magici risulta chiaro e ci presenta un'immagine dalla quale emergono alcuni caratteri comuni, anche se dobbiamo evidenziare come questi non definiscono se non parzialmente un paradigma univoco degli indagati, anzi ci si presenta una panorama alquanto complesso e vario, che sembra ampliare queste tematiche verso un'accettazione generale di quello che è stato definito come “l'universo magico”46. Ci troviamo in questo senso di fronte ad un quadro completo della società dell'età moderna, ad una rappresentazione collettiva di credenze ed usi delle stesse che travalicano ampiamente i confini della diocesi per evidenziare una scala di valori generali e di usi di queste pratiche che vengono inserite di volta in volta in contesti particolari. Il punto in comune di questa visione è la possibilità di una serie di azioni che hanno come finalità il bene od il male e che sono tutte incluse nel confine di una comprensione del

44 G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 64-64; B.P. LEVAK, La caccia alle streghe, cit., pp. 202-205. 45 V. LAVENIA, “Anticamente di misto foro”, cit., pp. 53-57. 46 S. WILSON, The Magical Universe. Everyday Ritual and Magic in Pre-modern Europe, London, Hambledon, 2000.

21 mondo nella quale le forze soprannaturali sono operative e potenti47. Rimane come dato continuativo il fatto che praticamente tutti gli individui coinvolti in questo tipo di accuse sono di sesso femminile e frequentemente sono percepiti come estranei alla comunità a cui appartengono perchè provenienti da altre aree geografiche, per la loro radice etnica, o per il loro comportamento anomalo rispetto alla norma di femminilità remissiva generalmente considerata come honorata per le donne48. La lettura degli atti processuali evidenzia la corrispondenza tra tutte queste procedure: il rapporto conflittuale tra gli abitanti della diocesi che genera querele, accuse segrete e testimonianze ostili. La tipologia di queste azioni è diversificata sia nelle cause che nelle modalità di espressione, ma rimane comune il rapporto complesso interno ai centri del territorio, dove sia le controversie sia il vero e proprio maleficio si intrecciano in una serie di azioni e reazioni che si risolvono in un incremento quantitativo delle accuse nel periodo citato49. Da notare che nessuno dei procedimenti dell'inquisizione diocesana viene avviato per un'azione autonoma del tribunale e quindi ex officio, come invece accade per altri delitti quali quelli a sfondo sessuale o gli omicidi. Non ci troviamo nemmeno di fronte a testimonianze “spontanee”, quelle in realtà indotte dai confessori attraverso un preciso piano di azione e controllo da parte delle autorità ecclesiastiche50, bensì s'individuano nelle carte del tribunale jesino solo querele ed accuse nate da vicende molto specifiche e dall'iniziativa di individui o vicinati che trovano motivazioni immediate ponendo situazioni problematiche all'attenzione della corte. Queste sono inoltre sempre originate da un ambito strettamente locale, ancora più specifico della città o borgo, se non addirittura familiare, con gruppi sociali e geografici schierati l'uno contro l'altro. Tra i processi inerenti le pratiche magiche si evidenziano come i più rilevanti quelli collegati direttamente al maleficio diabolico. In questi procedimenti possiamo constatare come, quando l'attenzione dei giudici comincia a focalizzarsi sui rapporti tra indagati ed il contesto della comunità, emerga una profonda dissonanza tra la descrizione dei vicini e conoscenti, fin dall'inizio rappresentati dagli inquisiti come amichevoli, e le testimonianze delle stesse

47 M. GASKILL, Crime and Mentalities in Early Modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 2000, pp. 54-58. 48 E. BEVER, Witchcraft, Female Aggression, and Power in the Early Modern Community in “Journal of Social History”, 35, 4, 2002, pp. 970-974. 49 O. DI SIMPLICIO, Inquisizione Stregoneria Medicina, Siena, Edizioni Il Leccio, 2000, pp. 26-27. 50 A. PROSPERI, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996, pp. 225-236.

22 persone, sulla quale si basano i giudici proprio per evidenziare il comportamento malevolo e finalizzato alla realizzazione di azioni fortemente compromesse con il tema del magico e del diabolico. Risalta quello che potremmo definire un atteggiamento tipicamente ambivalente nei confronti degli estranei e di coloro che con i loro comportamenti si pongono al di fuori della norma, sia che sino consultati, retribuiti ed utilizzati per pratiche divinatorie, medicinali o amorose, sia che sviluppino comportamenti anticonformisti. In questo modo tali individui, proprio attraverso simili pratiche, finiscono per alimentare sospetti crescenti di maleficio e la mala fama incentrata sui sortilegi, rappresentando una minaccia alla comunità51. I termini di ricorso al sacro mostrano chiaramente il lato ambivalente in questo rapporto ambiguo tra operatrici del magico e abitanti della città e dei castelli, proprio per quel tentativo di normalizzare la quotidianità attraverso rituali che sono visti positivamente o negativamente, ma che vedono frequentemente l'operatività di un soggetto specialistico ed estraneo al tessuto sociale come fatto fondamentale52.

Questi aspetti sono tutti presenti nel nostro procedimento: l’azione giudiziaria prende le mosse da una denuncia secreta e quindi formalmente anonima proprio contro una di queste figure collocate al confine tra comunità ed estraneità: la zingara donna Vittoria, in quel momento abitante a Jesi. Il caso assume però subito un rilievo molto più ampio quando nello stesso giorno in cui viene presentata la denuncia viene trascritta la deposizione del Capitano Ruggiero Colini, esponente di una nobile famiglia maiolatese. L’uomo accusa infatti un'altra abitante di Maiolati, vale a dire Elisabetta di Nagni (o Nargni), di essere l'ispiratrice di una factura messa in atto e compiuta attraverso l'aiuto della stessa Vittoria ai danni di Rosata, moglie del fornaio Domenico detto il Fratino53, e della loro bambina. Inoltre il Colini aggiunge che la medesima zingara avrebbe proposto alla sua serva Zenobia di compiere alcune azioni magiche per assicurarsi l'amore del suo padrone, con il quale, come verremo a sapere in seguito, intrattiene una relazione sessuale. E' qui che emerge quel ruolo della protagonista per così dire “tecnica”, la zingara di nome Vittoria, la quale,

51 J. A. SHARPE, Crime in seventeenth-centruy England A county study, Cambridge, Cambridge University Press, 1983, pp. 108-114; OSCAR DI SIMPLICIO, Autunno della stregoneria, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 189-195. 52 D. GENTILCORE, Il Vescovo e la strega. Il sistema del sacro in Terra d'Otranto all'alba dell’età moderna, Nardò, BESA, 1992, p. 221; R. BRIGGS, Witches and Neighbours. The Social and Cultural Context of European Witchcraft, Oxford, Blackwell, 2002, pp. 125-131. 53 Domenico e Rosata si erano sposati il 2 giugno 1588 a Maiolati. APM, Libri dei matrimoni 1578-1731, c. 27r.

23 marginale per definizione nel contesto dell'età moderna54, ammette in un interrogatorio il suo coinvolgimento nella vicenda giustificandosi nel modo seguente: “Et io per essere poveretta et guadagnarme qualche cosa dissi che gli haveria facto la factura, et li capelli me li dette nella bottega dove detto Domenico vende il pane et me dette da quattro o cinque baiochi di pane”55. Vi è qui molto evidente, un ruolo per così dire precostituito nel quale la protagonista del maleficio è in realtà il fattore scatenante dello stesso e dalla sua marginalità derivano proprio le conoscenze che consentono ai membri della comunità di mettere in atto le pratiche delle facture. E' però nei confronti di Elisabetta di Nagni che, sia la corte che gli abitanti del borgo, concentrano da subito l'attenzione e le accuse più vigorose, individuandola come l'ispiratrice dell'azione che infrange il senso di coesistenza pacifica del corpo sociale. Gli aspetti pacifici della vita del borgo vengono rotti da questa denuncia che si pone come un elemento estremamente dirompente per il corpo sociale di Maiolati che aspira ad essere ed apparire estremamente stabile, ma si trova a fare i conti con un elemento di netta rottura 56. In questo senso la reazione alla vicenda da parte di tutta la comunità è duplice: si articola da un lato nell'isolare e condannare la donna, mettendone in evidenza la scarsa moralità e dall'altro nel cercare di riportare la vita del castello nei canali della normalità. Una delle testi, donna Pierfrancesa, dichiara: “In Maiolati se dice pubblicamente da ognuno che questa factura l'ha facta alla moglie di Domenico et alla figlia Lisabetta di Nagni perché è inamorata di Domenico suo marito”57. Anche donna Rosata di Matteo riporta una conversazione avuta con l'accusata: “Sorella si dice che tu sei stata quella che ha facto la factura a Rosata, però si è vero hai facto male et se volevi machiare il corpo tuo non dovevi fare questo a questa poveretta”58. Le donne di Maiolati sono insomma decise nell'accusare la ragazza e danno anche un forte carattere negativo alla sua reputazione, al punto di insistere sulla sua malavita e sul fatto che anche la defunta sorella di Elisabetta avrebbe operato fatture provocando la morte di un'altra giovane59. Queste sono le convinte accuse contro Elisabetta, ma il tessuto sociale locale rivela, come detto, un ulteriore sviluppo che esprime la

54 B. FASSANELLI, Tra bando e integrazione. Gli zingari nell’Italia di età moderna in “Società e Storia”, 138, 2012, pp. 751-768. 55 ASAN, Archivio ex Pretura di Jesi, Cancelleria Vescovile di Jesi, Libri Constitutorum, 1593/1594, c. 171v. 56 R. BRIGGS, Witches and Neighbours: The Social and Cultural Context of European Witchcraft, cit., p. 163. 57 ASDJ, Cartella 931-932, dic 1593/nov 1594, c. 31r. 58 ASDJ, Cartella 931-932, dic 1593/nov 1594, c. 31v. 59 ASDJ, Ibidem, c. 32r.

24 volontà di recuperare la situazione che coinvolge una delle sue abitanti. Ci troviamo di fronte ad un atteggiamento che potremmo definire come opposto a quello dell'ostilità verso i marginali così comune nel periodo ed infatti troviamo almeno due testimonianze di uomini che hanno cercato di convincere Elisabetta, Vittoria e Domenico a “disfare” il maleficio anche dietro il pagamento di denaro. Il tentativo di mantenere l'unità pacifica del borgo è palese. Nei verbali due abitanti di Maiolati, Cesare Bagnolini e Giovanmaria Leonardi, usano parole forti per convincere gli imputati a revocare il sortilegio, proprio per allontanare lo scandolo e riportare la situazione ad una normalità almeno apparente60. Strettamente legato al contenuto delle testimonianze emerge il fattore della fama, che oltre all'aspetto immediato ed evidente di espressione dei rapporti tra individui costituiva un elemento rilevante dal punto di vista giuridico, ponendosi la dicotomia tra bona e mala fama come il punto di partenza per la valutazione del valore giuridico di un individuo61. Nella fattispecie dei temi magici e relativi ai maleficia la fama rimane un concetto assai dibattuto dai giuristi contemporanei e con soluzioni fortemente diversificate, per le quali la mera fama non poteva rappresentare una motivazione sufficiente al procedimento e all'applicazione della tortura se non corroborata da altri elementi probatori62. Il tribunale jesino utilizza in modo ampio questo concetto, soprattutto come uno degli elementi iniziali dell'azione giudiziaria e lo fa in forma di strumento di valutazione degli imputati, come ad inquadrarne la maggiore o minore vicinanza al fatto magico o demoniaco.

Il procedimento che qui presentiamo riguarda, come detto, vicende di maleficio vero e proprio e vede il proprio punto di partenza nell'attuazione del rito della pedica, un sortilegio molto diffuso di cui abbiamo testimonianze in tutta Italia 63 ed anche nella letteratura prodotta direttamente dagli inquisitori, come nell'opera molto diffusa di Eliseo Masini64, e che qui viene messo in atto dalla

60 ASDJ, Ibidem, c. 33v. 61 A. BETTONI, Voci malevole. Fama, notizia del crimine e azione del giudice nel processo criminale (secc. XVI-XVII) in “Quaderni storici” 121, 2006, pp. 14-38. 62 M. CAVINA, Ai confini del problema criminale, Bologna, Bononia University Press, 2015, pp. 189-197. 63 L. MANNOCCHI, Feste, costumanze, superstizioni popolari nel circondario di Fermo, Fermo, Tipografia Economica, 1920, p. 39; G. ZANELLI, Diamantina e le altre: streghe, fattucchiere e inquisitori in Romagna (XVI – XVII secolo), Imola, La Mandragora, 2001, p. 54. 64 E. MASINI, Sacro Arsenale overo Pratica dell'ufficio della Santa Inquisizione, In Roma, Appresso gli Heredi del Corbelletti, 1639, p. 18. Sull'opera si veda: J. TEDESCHI, Il giudice e l'eretico. Studi sull'Inquisizione Romana, Milano, Vita e Pensiero, 1997, pp. 52-55.

25 zingara, la quale rappresenta l'operatrice del magico a cui si rivolge la donna di Maiolati per ottenere l'attuazione dei propri desideri. Dopo i primi interrogatori in cui nega ogni addebito, Vittoria rivela infine al giudice le modalità del suo intervento: “Signore questo agosto passato Lisabetta di Nagni insieme con Lucia di Crochia da Maglioleto venne a Jesi per parlarmi sopra a questa factura et non me ci trovarno ma dopoi nel medesimo mese ci tornò detta Lucia di Crochia sola et me disse da parte di Domenico Fratino primariamente et poi di Lisabetta che se io voleva fare una factura alla moglie di ditto Domenico aciò lei si morisse...Domenico dette in mia presentia una scarpa di sua moglie a detta Lisabetta de mio ordine per fare questa factura a detta Rosata moglie di Domenico et ci dette le scarpe di sua moglie fuora delle mura in un loco che se dice Le Fosse et dopoi Lisabetta et io andammo a casa d'essa Lisabetta dove c'era solamente la sorella che casca di quel male che non pose cura a quello che ci facemmo et Lisabetta et io pigliammo una di dette scarpe et la posammo in terra et la mesurammo girandola con la punta d'un cortello et Lisabetta raschiò la suola di detta scarpa et gli insegnai che ci dicesse queste parole mentre segnava la forma di detta scarpa: al nome sia del gran diavolo si come se seca questa terra così se sechi Rosata et quella terra che fu raschiata dalla scarpa fu messa in un cencio et la pose sotto il camino aciò se seccasse perché la terra era fresca”65. E' interessante inoltre analizzare i profili contrastanti che emergono dal procedimento: da un lato troviamo Elisabetta di Nagni che rappresenta un interessante caso di donna fortemente cosciente dei suoi desideri e che si difende con notevole energia dalle accuse, dall'altro c'è Rosata, la moglie di Domenico amante di Elisabetta, che rappresenta la vittima, ma anche il punto di resistenza morale della comunità per il suo ruolo perfettamente coerente con i valori di madre e moglie innocente. Elisabetta durante tutta la prima parte del processo nega sia il suo coinvolgimento sessuale con il Fratino che le pratiche della fattura contro la moglie dello stesso, e facendo ciò ci segnala due argomentazioni assai rilevanti. In primo luogo l'atteggiamento nei confronti della complice, la zingara, che viene più volte definita come un'estranea alla comunità di Maiolati, non degna di fiducia e da lei non conosciuta: “Signore io non gli ho dimandato simil cose et volete che io me fidasse di una zingara”66. Il tentativo è quello di frapporre la maggiore distanza possibile tra se e l'estranea, tipicamente conoscitrice delle fatture 67, non solo in modo strumentale al percorso di difesa nel processo, ma per sottolineare un costante atteggiamento di distacco da una realtà che è altro

65 ASAN, Archivio ex Pretura di Jesi, Cancelleria Vescovile di Jesi, Libri constitutorum, 1593/1594, s.n. 66 ASDJ, Ibidem, c. 168r. 67 G. MAZZA, Streghe guaritori, istigatori. Casi di Inquisizione diocesana in Età moderna, Roma, Carocci, 1996, p. 120.

26 rispetto alla vita del borgo e alla sua pacifica conduzione. L'altro punto che getta luce sulla natura fortemente assertiva della donna è la sua vita sessuale, che si articola con una inusuale libertà di azione e che troviamo descritta in vari punti delle testimonianze rese in giudizio. Ciò rappresenta agli occhi della corte un esempio fortemente negativo e direttamente associabile agli aspetti di una sessualità femminile non corrispondente ai canoni coevi e per questo particolarmente vulnerabile agli attacchi diabolici68. Elisabetta, anche qui dopo moltissimi dinieghi, ammetterà la sua relazione con l'uomo nei termini usuali e sperimentati di un approccio attraverso blandis verbis e la coercizione psicologica, anche se in realtà nelle testimonianze di Domenico il suo ruolo appare molto più attivo, come quando racconta che anni prima degli avvenimenti la donna andava a casa sua: “che io ero manbolo, che costei veneva praticando in casa mia et burzava con me et me diceva cazzocchio et me toccava il cazzo dacendome sopra esso con le mani sopra li panni et non a carne nuda”69. Inoltre durante la serie degli interrogatori, alla richiesta di spiegazioni dopo la visita effettuata su ordine del tribunale da Donna Placenta Alfonsi et Donna Clara Mattei Hostetrices in Civitate Esii e la loro dichiarazione che Elisabetta aveva perso la sua verginità, l'imputata spiega il fatto in modo atipico motivandolo con queste parole: “Signore io ve dico che a me non mi ha sverginato né toccato homini ma ve dirò quello che è stato. Che ritrovandomi in compagnia di Polita et la altra Anfelice di Vennarino di Passalacqua da Maglioleto là alle Villate in casa di Polita figliola di Caterina se bene mi ricordo che non me ricordo molto bene del nome della matre di detta Polita doi anni sono, de state trovai nel mezzo di un letto detta Polita et Anfelice et havea in mano uno spassapensiero di legno longo un palmo delli miei et grosso quanto si poteva tenere con mano et me invitò che me buttasse ancora io nel letto et ci entrai et schirzandoli così tra loro et me Polita prese detto spassapensiero et me lo messe nella natura fino a due volte et così ci spassassimo insiemi et per questo forse io non son vergine”70. Questo episodio ci riporta un momento di intimità tra donne di particolare interesse, anche per la sua rarità tra le testimonianze femminili dell'età moderna e che nella narrazione evidenzia un aspetto relazionale molto significativo soprattutto per la percezione di eguaglianza tra le partecipanti71.

68 H.P. BROEDEL, The Malleus Maleficarum, Manchester and New York, Manchester University Press, 2003, p. 176; J.M. GARRETT, Witchcraft and Sexual Knowledge in Early Modern England in "The Journal For Early Modern Cultural Studies", 13, 1, 2013, pp. 36-38. 69 ASDJ, Cartella 931-932 dic 1593/nov 1594, c. 9v. 70 ASDJ, Ibidem, c. 155r. 71 L. CROMPTON, Homosexuality and Civilization, Harvard, Harvard University Press, 2006; F. ALFIERI, Impossibili unioni di uguali. L’amore fra donne nel discorso teologico e giuridico (secoli XVI- XVIII) in “Dimensioni e problemi della ricerca storica” 2, 2012, pp. 105-125.

27 All'opposto di questa realtà individuale troviamo Rosata, la vittima del maleficio, che è costantemente supportata dagli abitanti di Maiolati. Costoro, descrivendo la situazione creatasi come un scandolo, delineano un profilo assolutamente negativo degli amanti Domenico ed Elisabetta contrapponendolo a quello di Rosata, madre e moglie devota. In questo contesto le deposizioni sulla vittima della magia di amore rappresentano l'evidenza più chiara di un'assunzione generale che tali procedure fossero ritenute efficaci e che rappresentassero una trasgressione ai principi fondamentali di relazione sociale, attribuendo necessariamente a donna Rosata un'immagine positiva e conforme al ruolo femminile generalmente accettato. Bisogna inoltre sottolineare come, nel nostro processo, i giudici attraverso gli interrogatori tendano a focalizzare il loro interesse sull'aspetto propriamente diabolico del rito e non è per caso che il piano accusatorio si muova in questa direzione: l'obbiettivo di portare alla luce l'aspetto demoniaco dell'operare questo tipo di sortilegio è evidente e non sorprendente, considerando il retroterra culturale e spirituale degli ecclesiastici coinvolti. Questo percorso dialettico dei giudici si dipana chiaramente nei verbali: alla zingara Vittoria viene chiesto se abbia mai avuto un rapporto diretto con un demone e l'imputata, pur negando la contiguità con le forze maligne, rivela un incontro significativo che verrà ripreso nel corso del procedimento: “Sono parecchi anni che io ero giovenetta che me ero corruciata con mio marito et ero disperata et là in quel di Macerata nel mezzogiorno m'apparve un'ombra che era una cosa longa longa con li occhi grandi come quelli di bovi con un cappellaccio et havia una mazza in spalla et paria che venesse alla volta mia et io me ritornai adietro et andai là dove stava mio marito”72. Dal canto suo Vittoria tende a sminuire l'importanza del suo operato e ne da un'interpretazione del tutto innocua, come di un inganno utile ma irrilevante, pastochie per l'appunto, anche se questo in realtà contrasta con la presenza praticamente univoca di questo tipo di riti in tutta Italia73 e dalla loro diffusione possiamo facilmente dedurre la percezione di validità e potenza dei sortilegi stessi74. In ogni caso l'imputata qui ribadisce fortemente la sua visione scettica rispetto ai malefici e, davanti alla reiterazione delle accuse, conferma il suo scetticismo e la strumentalità delle sue azioni in termini di guadagno pratico, in una linea di

72 ASAN, Archivio ex Pretura di Jesi, Cancelleria Vescovile di Jesi, Libri constitutorum, 1593/1594, c. 169r. 73 F. ROMANO, Laura Malpiero strega. Storie di malie e sortilegi nel Seicento, Roma, Meltemi, 1996, p. 38. 74 MARY O'NEIL, Magical Healing, Love Magic, and the Inquisition in Late Sixteenth-Century Modena in B.P. LEVACK (a cura di), Witchcraft, Healing, and Popular Diseases: New Perspectives on Witchcraft, Magic, and Demonology, Abingdon, Taylor and Francis, 2001, p. 175.

28 difesa molto diffusa in casi simili a questo75, che punta ad allontanare in modo radicale le proprie azioni da qualsivoglia relazione con il diabolico.

Nella diocesi jesina gli interventi diretti da parte del clero, che si pongono in contrapposizione ai riti magici popolari, sono rari e contribuiscono assai sporadicamente a gestire le emergenze. Per questo è di grande rilevanza il tentativo di esorcismo compiuto nei confronti di donna Rosata proprio dal parroco di Maiolati, Don Giovanni Ferranti. All'interno della vicenda il parroco viene coinvolto in quanto alcune donne del borgo lo chiamano urgentemente poiché erano stati trovati oggetti relativi alla fattura in casa della donna. Il parroco inizia la descrizione del suo operato: “et visto che hebbi questa cosa la feci porre da una banda et poi feci la benedizione per fare un breve secondo Flagellum Demonum et lo feci et gli l'attaccai al collo et poi benedissi il vino contra facturatos et gli lo detti et poi cominciai a scongiurarla et gli stetti intorno sino alle sette hore di notte”76. Si tratta di una descrizione degli eventi molto interessante, innanzitutto per la citazione dell'opera di Girolamo Menghi Flagellum Demonum che era stata pubblicata nel 1576 ed era divenuta popolarissima77, come un vero e proprio manuale di intervento per le situazioni di malattia e possessione diaboliche e che il sacerdote di Maiolati utilizza in termini molto specifici, seguendo le istruzioni dell'esorcista viadanese in maniera letterale78. La testimonianza del parroco continua descrivendo le condizioni di Rosata: “Et de più me disse che me haveria dato segno et io gli disse che segno averia dato et me rispose che haveria lasciato morto quel corpo et io gli protestai secondo l'arte et me disse ancora che haveria bottato tre volte alla finestra”79. Ci appare qui un dialogo tra il demone che avrebbe preso possesso della donna a seguito della fattura e l'esorcista, che deriva direttamente dall'analisi del linguaggio emergente dalle opere principali di esorcistica del periodo80, miranti a cancellare la presenza dei demoni dal corpo attraverso un sistema linguistico strutturato in modo complesso e finalizzato ad imporre il

75 U. MAZZONE E C. PANCINO (a cura di), Sortilegi amorosi, materassi a nolo e pignattini, Carocci, Roma, 2008, pp. 110-113. 76 ASDJ, Cartella 931-932, dic 1593 nov 1594, cc. 28r. – 28v. 77 G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 114-127; G. DALL’OLIO, Alle origini della nuova esorcistica. I maestri bolognesi di Girolamo Menghi, in G. PAOLIN (a cura di), Inquisizioni, cit., Trieste, EUT, 2001, pp. 81-124; V. LAVENIA, Menghi Girolamo in “Dizionario Storico dell'Inquisizione”, diretto da Adriano Prosperi con la collaborazione di Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, Pisa, Edizioni della Normale, 2010, II, pp. 1022-1023. 78 G. MENGHI, Flagellum Demonum Exorcismos Terribiles, Potentissimos et Efficaces, Lugduni, Sumptibus Petri Landry, 1603, pp. 43-45. 79 ASDJ, Cartella 931-932, dic 1593 nov 1594, cc. 28v. - 29r. 80 A. MAGGI, Satan's Rhetoric: a study of Renaissance demonology, Chicago, Chicago University Press, 2001, pp. 102-105.

29 silenzio all'entità malefica. L'intervento del parroco si amplia ulteriormente il giorno seguente: “et la matina dopoi la messa dove erano molte genti et questa Rosata ancora scongiurandola in chiesa et dimandadoli che me insegnasse il modo da guastare detta factura me disse che bisognava fare pigliare Victoria Zengara et dimandadoli dove stava me disse che stateva a Jesi in casa di Giustina a sedere et ragionava di questo perché havia saputo”81. Da notare che il giudice sottolinea queste ultime parole a dimostrazione dell'interesse per l'esposizione dei fatti resa dall'eventuale demone che parla attraverso Rosata e che appare come un ulteriore punto di conferma delle accuse nel procedimento. L'intervento del sacerdote ha poi un aspetto di notevole rilievo non solo per la tentata azione esorcistica, ma anche per la presenza molto intensa degli abitanti del borgo nel sottofondo della narrazione. Dal punto di vista del tentato esorcismo il dato più interessante è sicuramente la conoscenza del parroco delle pratiche esorcistiche e della letteratura specialistica, seppure lo stesso sottolinei la propria scarsa esperienza nel metterle in atto. La finalità è chiara: davanti al maleficio della zingara e dei suoi mandanti il prete rivendica pubblicamente il proprio ruolo nel borgo, ingaggiando una lotta dialettica e fisica con la fonte della factura in modo da sconfiggerne gli effetti82. A questa azione è comunque fortemente spinto dagli abitanti di Maiolati, figure che dalla testimonianza emergono come una presenza costante e continua: le donne che lo portano a casa della vittima, le molte genti che assistono alla messa, gli uomini che lo ragguagliano sui simboli del maleficio ritrovati nella casa. Tutti concorrono ancora una volta a manifestare la pulsione verso un ritorno allo stato pacifico, anche e soprattutto mediante l'azione di un'autorità con carattere spirituale. In termini generali la struttura istituzionale ecclesiastica appare coinvolta solo a fronte di precise denunce ed informazioni alla corte, dando una forte impressione di sostanziale volontà di convivenza con le tematiche superstiziose e magiche, che divengono oggetto d'interesse solo quando turbano le coscienze e le vite della città e dei borghi. Moderazione quindi, ma ancora una volta fortemente motivata dal progetto di vigilanza del corpo sociale attraverso la capillarità del controllo.

I giudici vescovili sono evidentemente consapevoli della rete di credenze popolari che emergono dalla vicenda: il loro percorso di domande è

81 ASDJ, Cartella 931-932 dic 1593/nov 1594, cc. 30 v. 82 G. DALL’OLIO, Il diavolo e la giustizia. Note sugli usi giudiziari della possessione e dell'esorcismo in D. CORSI e M. DUNI (a cura di), «Non lasciar vivere la malefica». cit., pp. 199-203.

30 chiaramente segnato da una serie di conoscenze dei fenomeni che indagano, dei quali conoscono in modo preciso caratteri ed aspetti. Se guardiamo agli interrogatori ed osserviamo il sistema espresso attraverso le domande dei giudici, si evidenzia una chiara capacità di distinguere i vari tipi di uso del sopranaturale, di approfondire il ruolo degli imputati in merito a tali tematiche e di coinvolgere gli stessi in un dialogo più profondo. Inoltre appare chiara la loro piena appartenenza alla società che li circonda83 e che conoscono profondamente nelle sue varie articolazioni, non solo attraverso il sistema repressivo degli sbirri, vicari foranei e parroci, ma perché l'intero corpo sociale ruota intorno ad un sistema di comunità che tende a compattarsi nei momenti di destabilizzazione. E' comunque evidente l'uso di svariati mezzi da parte della corte per cercare di meglio definire il sistema di fenomeni ai quali deve dare un'interpretazione. In primo luogo il ricorso sistematico alle levatrici, così come le osservazioni dei parroci, che evidenziano i dettagli e gli aspetti più nascosti dei comportamenti di imputati ed abitanti o l'intervento del medico per determinare gli aspetti patologici della affatturazione. Vi è poi il ricorso alla tortura, che viene applicata in modo discontinuo e senza una logica rigorosa da parte del tribunale ed è significativo che in generale l'acquisizione della prova del crimine sia anche nei casi di maleficio prevalentemente ricercata attraverso l'interrogatorio e l'escussione di testimoni e non attraverso la semplice applicazione pratica della tortura84. Questa impostazione viene confermata dall'approccio generale su questa tematica da parte dei giudici, che utilizzano i remedia juris solo nel contesto dei processi più chiaramente inerenti accuse di maleficio connesso con il demoniaco, in quanto la ricerca della prova del rapporto diabolico è una conseguenza ovvia e non un fatto da provare, dunque l'applicazione del tormento non è che un mezzo per portare l'accusata alla confessione naturale85 e quindi nel nostro caso si rivela sostanzialmente inutile data la rapidità con la quale gli inquisiti confessano. Appare pertanto con forza il modello di azione dei giudici, che tendono a privilegiare la stabilità della comunità rispetto alla ricerca ossessiva dei colpevoli. Nel caso clamoroso di Maiolati nessuno degli imputati viene sottoposto a tortura nonostante la gravità delle accuse e la presenza di un soggetto estraneo al corpo sociale quale è Vittoria zingara. Nel progredire dei verbali processuali notiamo un continuo riferirsi alle testimonianze degli

83 A. PROSPERI, L'Inquisizione Romana. Letture e ricerche, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 163-164. 84 M. CAVINA, Ai confini, cit., pp. 17-22; A. PROSPERI, L'Inquisizione Romana, cit., pp. 315-320. 85 H. KRAMER e J. SPRENGER, Malleus Maleficarum, Venetiis, Ad Cadentis Salmandrae insigne, 1586, p. 274.

31 abitanti e dei preti del castello, che risultano decisivi nel determinare le dinamiche degli avvenimenti. La corte in questa situazione, come nella maggior parte degli altri casi, opta per un percorso che potremmo definire di moderazione, pur non rinunciando mai al proprio ruolo repressivo e di controllo sociale. Infine è interessante notare le eventuali influenze esercitate da attori esterni alla corte rispetto al suo funzionamento, osservando non solo gli aspetti espliciti presenti nelle procedure della corte, ma anche a quello che non c'è, ovvero alle assenze e dimenticanze che indicano chiaramente influenze esterne e condizionamenti di vario tipo. Naturalmente il soggetto che appare più rilevante sullo sfondo di tutti i procedimenti relativi alle tematiche magiche è quello dell'Inquisizione. Sappiamo che il Santo Ufficio è presente a Jesi sin dalla metà del XVI secolo, come vicariato della sede di Ancona, con alterne fortune ed influenze86. Nella pratica del tribunale episcopale appare però come un soggetto presente in modo intermittente e con un ruolo generalmente definibile come di supporto per così dire tecnico. Da notare la cospicua assenza degli inquisitori nel caso di Maiolati, dove tutti i ruoli dell'investigazione vengono svolti da sacerdoti locali e dal tribunale diocesano, in uno sviluppo esemplare del controllo locale che non cede spazio agli esterni, trovando all'interno della comunità la capacità di analizzare e risolvere le pulsioni distruttive incanalate nelle vicende del maleficio.

Il sistema di giudizio del tribunale vescovile mantiene, anche per i casi riguardanti le tematiche del maleficio e della superstizione, il carattere di sostanziale assenza di pene estreme e tende a ricorrere in maniera continuativa a sentenze che interpretano in termini di inganno diabolico o di fattucchieria gli eventi in esame nei procedimenti relativi alla magia ed ai malefici e non si spingono mai nell'area della stregoneria, né arrivano all'emissione di sentenze capitali. Anzi, anche in questi casi i termini generali delle decisioni della corte ricalcano la tendenza di tutti i procedimenti: risolvere le accuse con provvedimenti come le suppliche o gli accordi tra le parti, consentendo il

86 V. LAVENIA, L’Inquisizione romana nella Marca (secoli XVI-XVII). Prime ricerche, in P. RAGONI (a cura di), Le Marche al tempo di Alberico Gentili: religione, politica, cultura. Atti dei convegni nel quarto centenario della morte di Alberico Gentili, Giuffré Editore, Milano, 2012, p. 164; IBIDEM, Un porto nello Stato pontificio. Ancona e il Sant'Uffizio tra il Cinquecento e la Rivoluzione in A. CICERCHIA, G. DALL’OLIO, M. DUNI (a cura di), Prescritto e proscritto. Religione e società nell'Italia moderna (secc. XVI-XIX), Roma, Carocci, 2015, pp. 96-103.

32 permanere di quel sistema dell'infragiustizia che contraddistingue tanta parte del mondo giuridico dell'Ancien Regime italiano87. Naturalmente questo tipo di risoluzione manifestava in modo evidente lo iato tra i facenti parte della comunità, che riuscivano a comporre le vertenze con il tribunale per la natura di tutela che la società garantiva loro e gli outsider, ai quali veniva negata del tutto tale garanzia e verso i quali si esercitava una giustizia esemplare e senza appello88. Questo approccio è il medesimo per quanto riguarda il nostro caso: l'estranea89, in questo caso la zingara, viene condannata, mentre i due amanti dietro all'intera vicenda della fattura contro donna Rosata vengono di fatto graziati mediante la presentazione di una supplica. Nella fattispecie Vittoria zingara viene condannata, con sentenza datata 5 febbraio 1594, poiché “Ipsa fecerit fascinationes seu maleficium contra Donna Rosata cum expressa Daemonis Evocatione ac malis imprecationibus et confessa fuit et multa alia superstiziosa fecisse”90 e, osservata nuovamente la mancanza di difesa nei termini stabiliti, decreta la colpevolezza dell'imputata proseguendo: “ne de suiis delictiis gloriare valeat sed poena ipsius in aliorum transeat exemplum condamnamus in poena perpertui exilii a civitate Esii et eius diocesi et fustigationis cum corona cartacea eius capiti imponenda cum superscriptione Per Fatochiarie et mandamus ire a platea Sancti Floriani usque ad Porta Terre Veteris”91. Quindi una condanna alla fustigazione pubblica alla quale viene associato l'esilio in perpetuo dal territorio della diocesi. Viene inoltre aggiunto che ad un eventuale rottura dell'esilio corrisponderà una nuova fustigazione ed un periodo di detenzione di un mese nelle carceri vescovili a pane ed acqua. Si tratta di una sentenza severa per il tribunale vescovile jesino, solitamente propenso a decisioni più miti, ma che si fonda sull'elaborazione giuridica coeva sia laica, come possiamo trovare nell'opera di Farinacci quando determina la condanna di autori di sortilegi come dovuta aggiungendo: “si est vilis persona debet publici fustigari vel mitra dehonestari”92, sia

87 G. ALESSI, Giustizia pubblica, private vendette. Riflessioni intorno alla stagione dell'infragiustizia in “Storica” 39, XIII, 2007, pp. 91-118. 88 M. SBRICCOLI, Giustizia Criminale, in M. FIORAVANTI (a cura di), Lo Stato moderno in Europa. Istituzioni e Diritto, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 194. 89 Per un interessante parallelo sul tema dell'outsider in un' altra area geografica si veda: T. ROBISHEAUX, The Last Witch of Langenburg. Murder in a German Village, New York, Norton & Co, 2009, pp. 108-132. 90 ASAN, Archivio ex Pretura di Jesi, Cancelleria Vescovile di Jesi, Sentenze, 1577/1585, 1586/1612, 1581/1586, 1634/1652, Cartella 1586/1612, cc. 52v.-53 r. 91 Ibidem. 92 P. FARINACCI, Praxis et Theoricae Criminalis, Farncofurti, Lugduni, Sumptibus Horatii Cardon, 1606, p. 289.

33 canonistica, come nel dettato del Leone93. E' inoltre chiaro che la decisione di comminare una pena severa è pienamente sostenuta dall'entità del caso, che aveva di fatto rivoluzionato la vita della comunità maiolatese, coinvolgendo inoltre vari sacerdoti e rappresentanti del governo jesino deputati al controllo di quel castello. E' quindi estremamente rivelatore l'atteggiamento della corte verso gli altri imputati, nei confronti dei quali era intervenuta la chiamata di correità da parte della protagonista della sentenza. Domenico di Giovanni, alias il Fratino, ed Elisabetta di Nagni presentano entrambi supplica al tribunale prima che lo stesso abbia emesso sentenza e lo fanno nello stesso giorno nel quale la zingara loro complice viene condannata. Le suppliche sono redatte secondo il modello di questi documenti e non presentano particolari aspetti di originalità, se non per il fatto che in entrambi i casi viene sostanzialmente riconosciuta la responsabilità dell'adulterio, ma non del maleficio. Per Domenico il Fratino la supplica comporta un pagamento di trenta scudi lociis piis e di venticinque scudi a favore di Elisabetta come sua dote, ed inoltre il pellegrinaggio a Loreto. Per la donna le condizioni sono: digiuni, preghiere, pellegrinaggio a Loreto ed obbligo di residenza presso il padre per un periodo a beneplacito del tribunale94. A riguardo è interessante notare come nel maggio dello stesso anno il padre di Elisabetta, Giovanni di Antonio alias Nagni, presenti anche egli una supplica affinché venisse ridotta o modificata la pena alla figlia, poiché lui non era più in grado di sostenerla. Ci appare chiarissimo in questo differenziarsi delle sentenze e suppliche il già evidenziato senso di dualismo tra i facenti parte del borgo e gli estranei, specialmente se marginali e sans aveu, che vengono posti su piani di giudizio differenziati e che confermano il rapporto di sostanziale convergenza tra l'autorità vescovile e le comunità locali ispirata ad un progressivo controllo sociale delle stesse95.

93 G.F. LEONE, Thesaurus Fori Ecclesiatici, Romae, Apud Jo. Angelum Ruffinellum, 1616, p. 352. 94 Entrambe le suppliche: ASDJ, Cartella 289 feb 1593/nov 1603, cc. 27r.-29v. 95 G. GRECO, Fra disciplina e sacerdozio. Il clero secolare nella società italiana dal cinquecento al settecento in M. ROSA (a cura di), Clero e società nell'Italia moderna, Bari-Roma, Laterza, 1992, p. 75.

34 I VERBALI DEL PROCESSO

DIE 8 JANUARII 1594 Devenit ad notitiam Curie fede dignum nostrum testimonio et per secretam denunciationem in Castri Maioleti Esine diocesi quandam Donna Vittoria zingara maleficia fecisse quedam maleficia in quadam Donna Rosata uxore Dominici Fratis et ex dicto maleficio dictam Donna Rosata seu ut prefertur maleficiata paulatim consumi et in magno vite discrimine reperire nec non dictam maleficam attentasse facere maleficia contra et adversus Dominem Capitaneum Ruggerium Colinum et fecisse maleficia contra Dominum virum dicte Donna Rosata proicendo quandam pulvim retro super humeris dicti Dominici cuius maligna superstitione cogebat dictus Dominicus relicta sua uxore insequi Donnam Isabettam et cum ea carnale commercium habere et de premissis habere notizia inter alios supradicto Capitanum Ruggerium Dominicum Donnam Zenobia famula dicti Capitanei Ruggerii ac Donna Margarita Marconi de Maglioleto que persone specialis informavit de maleficiis per dicta Donna Victoria factis et attentatis examinati

DIE 8 JANUARII 1594 M.D. Capitanus Ruggerius Colinus de Esio testis pro informatione Curie examinato que medio eius iuramento tactis respondit ut infra Interrogatus an cognoscat Donna Rosata filia Perfrancisci Honofrii de Maglioleto et uxore Dominici Fratis de eodem et an sciat vel dici audiverit et a quo predicta Donna Rosata esse malificiata et a quo, respondit: Signor si che io conosco questa Donna Rosata di Perfrancesco Honofrio et me so' trovato presente a vederla scongiurare da Don Giovan Berardino nostro pievano et ho inteso dire che è stata affacturata per via di una Donna Lisabetta de Nargni da Maglioleti et che lei gli l'ha facta fare da una Donna Victoria Zengara che per il più sta qui a Jesi. Interrogatus quomodo hoc sciat et dici audiverit et recenseat factum precise, respondit: Io ve dirò ho inteso pubblicamente a Maglioleti che decta Lisabetta ha facto affacturare a detta Rosata et Domenico marito di detta Rosata96 per volersi accertare del facto se era stata detta Donna Lisabetta che havia affacturata detta Rosata ha trovato a Donna Margarita di Marcone dal detto loco et per scusa che con belli modi vedesse di cavare di bocca a detta Lisabetta se era stata lia che havesse facta detta factura a Rosata et così detta Margarita disse a detta Lisabetta che lia havea un favorito et che vorria trovar modo di fargli qualche

96 Domenico e Rosata si erano sposati il 2 giugno 1588 a Maiolati: APMS, Libri dei matrimoni, 1, 1578/1731, c. 27v.

35 cosa che gli andasse dietro il suo favorito e detta Donna Lisabetta gli disse che lia guardava a quel cencio che sta attaccato in quella catena, “là dentro vi sta una polvere quale me è costa tre fiorini, che fa effecto che buttandola dietro le spalle a uno fa che colui va dietro a chi gli butta detta polvere” et perchè detta Margarita si volse accertare che cosa fusse dentro detto involto, dopo questo intrò in casa di detta Lisabetta che non ci era nessuno, prese detto cencio et se lo portò in casa di Giovanmaria di Farinello et li mandò per Domenico marito di Rosata et gli mostrò quel goluppo che dentro vi era certa polvere che non si conosceva di che fusse facta et Domenico perchè dubitò di qualche male disse a Margarita “buttala via, buttala via” et buttò fora della finestra detta polvere et il cencio per quanto ho inteso con un filo di ginestra che ci era legato et un cordellino l'abrusiò et quando fu questo, per quanto intendo, vi fu presente Giovanmaria di Farinello, detto Domenico, Margarita et non ho inteso di altri. Subdens interrogatus, respondit: Signore ragionando di queste fattochiarie hier sera con Zenobia mia serva, me disse “questa Vittoria che ha maliato a Rosata è quella che alli giorni passati me disse a me che se io volevo me haveria facto una factura” contro di me et che haveria facto che non havesse potuto pigliar moglie et se bene l'havesse presa che haveria facto che io non l'havesse potuta mandar via et che a lia l'havesse tenuta in loco di moglie et Zenobia gli rispose che lei non voleva fare né consentire a simil cose “perchè come non gli piace che ce stia me ne andarò via” et questo è quanto so et posso dire intorno a tal negozio Interrogatus in causa scientie dixit ut supra.

DIE 10 JANUARII 1594 Dominicus Joannis de Maglioleto, testis pro informatione curie examinatus qui medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogatus an cognoscat Donna Lisabetta Narni di Maioleto et a quanto tempore citra, respondit: Signor sì che conosco questa Lisabetta di Nagni da un sei anni in qua in circa a Maiolati. Interrogatus cuius conditionis sit dicta Donna Lisabetta, respondit: Signore, in quanto a me ho questa Donna Lisabetta per donna di mala vita et per una factochiara perchè me ha hauto a roinare a me, mia moglie et una mia figliola. Interrogatus quid fecereit eidem testi eius uxori et sue filie dicta Elisabetta, respondit: A mia moglie gli ha facto una factura che l'havemo trovata nel letto et ve dico che questa Lisabetta l'ha facta lei perchè se ne è vantata con Margarita di Marcone che a me me havea facto una factura et me faceva andare dove lei

36 voleva et credo che habbia fatturato mia moglie ancora et mia figliola perchè pregandola io che lei ci volesse guastare queste fatture me disse che non le poteva guastare senza Vittoria Zengara. Et ad alia interrogatione, respondit: Quando costei me disse questo, ci erano presenti Meco di Matteo, Francesco di Bartoli et Giovanmaria Farinello in casa di detto Giovanmaria dentro Maioleti et è stato questa settimana passata o poco prima che non me ricordo del giorno preciso. Interrogatus quia eum credeat dicta Isabetta sibi testi uxoris ac filie fuisse facta maleficium, respondit: Io credo che costei a me habbia facto le facture perchè io gli volesse bene et a mia moglie et mia figlia perchè loro si moiano acciò dopo che mia moglie fusse morta io me havesse a sposare per mia moglie a lia. Et ad alia interrogatione, respondit: Io ho conosciuto che queta Lisabetta me ha amaliato perchè io non potevo far di meno di non andargli dietro et lassata mia moglie praticar con essa Lisabetta et conoscerla carnalmente. Interrogatus a quo tempore citra ipse testis carnaliter cognoverit ipsam Donnam Lisabettam et an quando prima vice eam cognoverit erat virgo et a quanto tempore citra non habuerit cum eodem carnale commercium, respondit: Signore da Carnevale passato in qua io ho conosciuto carnalmente questa Lisabetta più volte et in più luoghi et quando fora et quando su in casa sua dove ci sono andato ancora quando ci era il padre et le sorelle et si era vergine non lo so et sonno da dieci o dodici giorni che non ho hauto che fare con lei. Interrogatus opportune respondit: Quando io la prima volta conobbi questa Lisabetta carnalmente, che fu in casa sua, fece un poco di sangue che me insanguinò la camisia, ma non posso giudicare che advenisse, se fusse dalla verginità o da altro. Interrogatus opportune respondit: Quando costei me faceva andare in casa sua io non so se il padre et le sorelle lo sapevano et se se ne accorgevano ma io ci andavo secretamente et quando voleva che ci andasse me accennava con parole “massera è tempo o vieni questa sera” et io non potevo fare di meno non andarci. Interrogatus quomodo ad presentis se habeat dicta eius uxor, respondit: Mia moglie et mia figlia ancora adesso se resente un poco meglio et se cominciò a sentir meglio da che piove et ve dirò perchè credo che mia moglie si sia resentita meglio perchè havendo Margarita sudetta levata certa polvere che era in un cencio in casa di questa Lisabetta che teneva sotto il camino a seccarsi perchè secondo che questa polvere se veneva seccando così se veneva

37 consumando a poco a poco mia moglie et che quella polvere fu buttata in un fosso et l'aqua l'ha bagnata et menata via perchè si come si veneva rinfrescando nell'aqua la polvere così si veneva megliorando mia moglie. Et ad alia interrogatione respondit: Tutte queste cose me l'ha dette Vittoria Zengara perchè io havendo trasentito che per mezzo di questa Vittoria Zengara erano state facte dette facture a me et mia moglie et mia figliola, venni sabbato passato qui a Jesi a trovare detta Vittoria et la trovai in casa di mastro Giovanmaria sarto in Terra Vecchia 97 et presente detto mastro et Cesario Colino da Maglioleti io gli parlai che di grazia volesse venire a Magliolati a guastare queste facture et lei me disse queste cose sudette et che quella polvere era della pedica98 del piedi manco di mia moglie et me promesse di venire a Maglioleti a guastare dette fatture. Interrogatus quedam maleficia fuerunt illa que per ipsum testem fuerunt reperta in suo lecto et quis personis fuit cum reperta fuerunt et quo die, respondit: Nel piumaccio del letto retrovarno Donna Calidonia di Baptisto et Cecca di Menco di Pastochia una pezza nella quale ci erano un mazzo di penne di diverse sorte99 che io per essermi impaurito non guardai come stavano, et ancora ci erano un pezzo di terra bianca o berrettina, segnata come un core et pareva che dentro tirasse un poco in verde. Interrogatus quid fuit factum de illo cencio reperto ut supradicto a predicta Donna Margarita et an aluid esset in dicto cencio ultra pulverem et quid factum fuit de illo maleficio in lecto reperto per supradictas mulieres, respondit: Signore, Margarita abrugiò in casa di Giovanmaria di Farinello quel cencio con un filo di ginestra che era dentro et non so se ci era un cordelino ancora et io subito che veddi quel cencio me hebbi a cascar lì per morto et non lo veddi, ma dicono che quel filo di ginestra non si poteva abrugiare, che ci badò un

97 Veniva così designata quella parte della città attualmente compresa fra Via Mura Occidentali e Via Mura Orientali che fu oggetto di ampliamento dal 1542 al 1607. 98 Questo tipo di rituale è molto diffuso in tutta l'area italiana ed è citato dal Masini, giudice inquisitoriale anche ad Ancona nel 1608, nel suo testo che si può considerare come il compendio "pratico" dell'attivita del Sant'Ufficio nel quale troviamo citati sotto la categoria di Maghi, Streghe, Incantatori e simili "Quelli che levano la pedica". Si veda: E. MASINI, Sacro Arsenale overo Pratica dell'ufficio della Santa Inquisizione, In Roma Appresso gli Heredi del Corbelletti, 1639, p. 18. Del resto il rito era diffuso in tutta l'area marchigiana come evidenziato da L. MANNOCCHI, Feste, costumanze, superstizioni popolari nel circondario di Fermo, Fermo, Tipografia economica, 1920, p. 39 ed ancora all'inizio del XVIII secolo veniva considerato un grave peccato nella zona pisana come possiamo leggere negli atti del sinodo di Pisa del 1720: "poiché facilmente un tal inganno suol insinuarsi tra le donne, come più facili a prestar fede a simili vanità e superstizioni quale specialmente è quella che in questa diocesi dicesi Tagliar la Pedica". Si veda: Constitutiones Synodales Pisaurenses, Pisauris, Apud Nicolaum Dignum, 1720, p. 11. 99 Diversi tipi.

38 pezzo a brugiarse et le malie che furno trovate nel mio letto furno date in mano al pievano credo che l'habbia abrugiate. Interrogatus an congnoscat Donnam Zenobiam famulam Capitanei Ruggeri Colini et an audiverit et in quibus vel alias sciat dictam Zenobiam fuisse persuasam ut velet facere maleficia dicto Capitaneo Ruggerio, respondit: Signore io l'ho inteso dire al Capitano Ruggero che Vittoria sudetta Zengara havea detto a questa Zenobia che se lei voleva gli haveria insegnato di fare cosa al detto Capitano Ruggerio che mai l'haveria abandonata et che se bene dicto Capitano Ruggerio havesse preso moglie mai l'haveria cacciata. Interrogatus an dicta Donna Lisabetta sponte a se met ipsa vel abi pso teste aut ab aliis sollicitata et quo premio in dicta permisserit se stuprari et carnaliter cognosci, respondit: Signore, questa Donna Lisabetta me si è messa sotto da per lei et più tempo fa, che sono cinque o sei anni, che io ero manbolo, che costei veneva praticando in casa mia et burzava100 con me et me diceva cazzocchio et me toccava il cazzo dacendome sopra esso con le mani sopra li panni et non a carne nuda et alle volte me veneva a trovare nel letto et me scopreva et me cercondava et me vedeva nudo nudo et ha durato un pezzo così che sendo io giovinetto non me resicava dirgli niente ma continuando così a schirzar con me et farme bona cera questo Carneval passato me fece intrare in casa sua, cominciammo a burzare insieme et la chiavai et dopoi questo, molte volte l'ho chiavata, quando in casa sua et quando fuora, eccetto che da dieci o dodici dì in qua, come ho detto, che non l'ho toccata più. Et tunc Dominus tarditate hore oppressus acceptati favorabilibus pro fisco et presentibus confessionibus dimisit examen et pro modo mandavit et poni in carceribus.

DIE 10 JANUARII 1594 Donna Elisabet Joannis Francisci alias Nagni de Maioleto Constituta principalis medio eius juramento tactis deposuit prout infra. Interrogata qua de causa ipsa Constituta reperiat in carceribus respondit: Signore io non so la causa perché me sia pregione né manco me la posso immaginare. Interrogata an cognoscat Donna Vittoria Zingara et quomodo eam cognoscat quo loco et a quanto tempore citra respondit: Io la potria haver vista ma non la conosco ce sonno venute delle zingare a Maglioleti et me ha detto la ventura. Interrogata an cognoscat Donna Margarita Marconi de Maglioleto et a quanto tempore citra respondit:

100 Scherzava.

39 Signor sì che conosco questa Margarita dapoi in qua che so' nata in quel paese et me è stata amica et me ha parlato et praticato con me. Interrogata opportune respondit: Molte volte andando per l'aqua in compagnia con questa Margarita et in casa habbiamo ragionato de 'namoramenti et favoriti come si fa tra giovene. Et ad alia interrogatione respondit: Questa Margarita a me non ha mai dimandato in che modo lei potesse fare perché il favorito suo gli volesse bene né io gli ho insegnato cosa alcuna. Interrogata opportune respondit: Signore non è vero che io habbia mai mostrato né a Margarita né ad altra persona polvere legata in un cencio perché io non l'ho mai hauta né meno gli ho detto che detta polvere buttata dietro le spalle se faceva andar dietro li favoriti. Interrogata an cognoscat Dominicum maritum Donne Rosate et quomodo eum cognoscat et a quo tempore citra respondit: Signor sì che io conosco detto Domenico di Rosata perché lui è da Moglioleti et lo conosco da che me ricordo. Et ad alia interrogatione respondit: Signore io non ho fatto mai amor con costui che havendo lui moglie non sta bene a una giovane fare l'amore con un maritato. Interrogata an cognoscat Donnam Rosatam uxorem dicti Dominici et an sciat et quomodo vel audiverit dicere ipsa Donna Rosata fuerit maleficiata qua causa et a quibus personis respondit: Signor sì che io conosco Rosata subdetta et non so altro se a lei sonno state fatte le malie né meno l'ho udito dire se non che hoggi otto dì se bene me ricordo tornando io dal Fossato101 intesi dire che a detta Donna Rosata gli era venuta una inbastia102 et io me meravigliai né di lei vi so dire altro perchè attendo alli fatti miei per esser poverella. Interrogata an ipsa constituta credat Donnam Margaritam medio juramento dicturam veritatem respondit: Lei lo sa io non so il cor suo et non so si lei vorrà dire il vero o la bugia. Interrogata an in Maglioleti dicat publice dictam Donnam Rosatam fuisse maleficiatam et a quo respondit: Io non ho sentito dire altro se non quella sera che intesi che gli s'era facto una inbastia né perchè né per come non lo so. Et tunc Dominus acceptatis favorabilibus pro fisco et presentis confessionibus dimist examen et mandavit reponi ad locuum suum.

101 Contrada collocata a sud del paese. 102 Disturbo.

40 DIE 11 JANUARI 1594 Dominicus Joannis de Castro Maioleti Constitutum principalis quo ad se et testis quo ad alios qui medio eius juramento tactis deposuit pro ut infra. Interrogatus an ea que in superiori examine deposuerit pro veritate et an aliquid velit addere vel minuere et quid respondit: Tutto quello che io ho detto l'ho detto per la verità et lo confermo per la verità et non intendo minuire niente ma se bene aggiungere le cose infrascritte le quale non ve disse hiersera perché non ci fu tempo havendomi V.S. licenziato et sonno queste cose che quando sabbato passato ragionai con Vittoria Zingara che me promesse di venire a Maiolati a guastare le fatture che vi ho detto me disse che Nargni patre di Donna Lisabetta sudetta et le sorelle ancora erano informati di queste facture et di più ve dico che quando io parlai dieci o dodici dì fa come ho detto parlai con Lisabetta in presentia di Meco di Matteo, Francesco di Bartoli et Giovanmaria di Farinello che stavano nascosti in casa di detto Giovanmaria oltra quello che me disse che lei non poteva guastare dette facture senza Vittoria contrastando insiemi et lei minacciandomi et io dicendoli che non havia paura di lei me disse che me voleva un dì condurre a tale che me saria impiccato da per me con un capestro come ve diranno li suddetti che stavano nascosti et sentirno ogni cosa et se examinate a Maglioleti trovarete che pubblicamente di queste cose sudette ne è pubblica voce et fama et questo è quanto voglio aggiungere et del resto ratifico quanto ho detto. Et tunc acceptatis favorabilibus pro fisco et presentis confessionibus dimisit examen et data cautione de non discedendo de palatio episcopalis sub pena quingentorum scutorum locis piis arbitrio B.D. Episcopi mandavit a carceribus. Incontinenti supradictus Dominicus volens parere supradicto decreto promisit non discedere de palatio espiscopali quod pro tuto carcere acceptavit sub pena quingentorum scutorum camerae epicopalis et lociis piis arbitrio B.D. Episcopi aplicandorum in pro quo Petrus Franciscus Honofriis de Maioleto promisit et fideiussit et ut principales in forma depositi se obbligavit in quem indemneri Presentibus in Cancellaria episcopalis Esii Hieronimo Vincentii de Esio ac Jacobo Ciarriono de Massaccio Testibus. Alexander Angelinus Canc. Not.

DIE 11 JANUARII 1594 Donna Vittoria Zingara de Esio principalis Constituta et testis quo ad alios que medio eius iuramento tactis deposuit pro ut infra Interrogata qua de causa reperiat in carceribus respondit: Io quasi me inmagino et non me inmagino la causa che so' pregione et per quanto posso giudicare credo essere pregione per una causa di quelli da Maglioleti.

41 Interrogata quid vult dicere per illa verba que superius dixit “credo essere pregione per una causa di quelli da Maglioleti” respondit: Signore io voglio dire che perchè sabbato proximo passato me chiamò Giovanmaria sarto che sta in Terra Vechia et me disse che andasse un poco in casa sua et ci andai et trovai detto Giovanmaria solo et cominciò a ragionare con me et me disse che voleva che io guastasse quella factura che era stata fatta a quella da Maglioleti insiemi con Lisabetta di Nagni dal detto loco. Io gli risposi che me meravigliava di lui che dicìa questo perché non era donna da fare tal cose et non l'havia facte et lui me replicava che ci badasse andare perchè io le sapeva fare et guastare et io gli tenevo detto di no et in quel mentre che ragionavamo così detto Giovanmaria et me arrivorno lì Cesario Colino et Domenico marito di quella che dice che è stata affacturata et loro ancora me pregavano che ci andasse a guastargli detta factura et io gli dissi che quella non era factura ma che era la pedica del piedi et che se si contentava io ci saria gita a guastarglila et Domenico me disse che ci andasse la matina sequente et me dette da sei o sette baiochi per lassarli al mio putto et se andorno con Dio et io ancora me ne tornai a casa mia et di lì a poco venne la corte di V.S. et me fece pregione. Interrogata quid ipsa Constituta sciat malias factas iuveni de Maglioleto esse pedica pedis respondit: Signore io lo dissi che era la pedica del piedi perché me lo disse un giorno Lisabetta di Nagni et fu di settembre passato per la strada della fonte di Maglioleti che la incontrai che lia andava sola per l'aqua et io andava a Maglioleti a comprare il pane perché al'hora io statevo qui in Tagliano o Buschette103. Et ad alia interrogatione respondit: Signore vi dirò Signore del mese di agosto prossimo passato io statevo qui a Jesi per stantia et questa Lisabetta fingendo volere venire al perdono al Crocifisso di S. Savino104 venne in casa mia per quanto la madre di Giuliabella me disse per trovar me ma non me trovò et se ne tornò via et di lì a un so che dì detta Lisabetta mandò a trovarmi da Lucia che sta giù in Tagliano et me mandò da questa donna un pochi di quatrini che facesse oratione per la sorella che stateva male et me mandò a dire che di grazia io andasse un poco a Magliolati che lia me voleva parlare per cosa che inportava per conto d'una

103 Zona a nord est dal borgo di Maiolati. 104 Chiesa di Jesi costruita alla metà del XVI secolo fuori dalle mura cittadine, a poca distanza dai resti dell'antica chiesa di epoca altomedioevale, intorno ad un'edicola sacra raffigurante un crocifisso e per questo chiamata sino al XVIII secolo “del Crocifisso”. Si veda: G. BALDASSINI, Memorie Istoriche dell'antichissima e regia città di Jesi, In Jesi presso Pietropaolo Bonelli, 1765, p. 357.

42 giovane che stateva male et di lì a alcuni giorni dopo questo io andai a stare a Maiolati et stetti alcuni giorni in casa del Cavalier Cola Colino giù la Buschetta dove so' stata più di doi mesi. Subdens interrogata respondit: Signore dopoi che io me partì questo agosto passato di qui da Jesi et andai a stare giù le Buschette come ho detto detta Lisabetta di Nagni me venne a trovare laggiù alle Buschette et me tirò da banda105 et me disse “io Vittoria so' inamorata d'un giovane et gli voglio bene et lui vol bene a me et me ha promesso di togliermi per moglie” et voleva che io gli avesse insegnato qualche cosa et io gli dissi che avertesse106 che se costui non era par suo che gl'haveria promesso delle cose finché havesse hauto l'intento suo et poi se saria retirato perché ce ne erano delli altri che gli interveneva et lia diceva che non havea paura et me pregava a me che gle insegnasse qualche cosa perché costui havia moglie et che se io gli havesse potuto insegnare qualche cosa per fare morire la moglie di questo suo favorito che me haveria dato una camorra107 paonazza che era della madre del suo favorito et una soma di grano et io gli dissi che non sapevo fare tal cose et che non me voleva dannare per essa che era poveretta et me voleva mantenere così poveretta et non me curava né di camorre né di grano et detta Lisabetta inteso che me hebbe così risoluta si partì da me scorrocciata108 et di lì alcuni giorni poi che fu del mese di settembre sull'intrata del ditto mese andando a Magliolati per il pane come ho detto che incontrai detta Lisabetta che andava per l'aqua perché io havia inteso dire certe cose di lia che era stata trovata a solo a solo con il suo favorito nella chiesa di fuora di Maglioleti109 gli dissi “adio Lisabetta so che tu fai dire di te tu sei stata trovata con il tuo faorito a solo a solo nella chiesa di fora” et lia negava et diceva che non era vero et disse a me che se bene io non gli havia voluto insegnare niente di quello che lia mi havia dimandato di fare contro la moglie del suo faorito non dimeno che lia l'havia facto et che me ne invocava110 et io gli dimandai come havia facto et lia me disse che havia preso la pedica del piedi della moglie del suo faorito et io gli dissi “come hai facto per pigliare la pedica del piedi di quella giovane che non scappa mai fora” et lia disse che Domenico suo faorito marito di detta giovane gli havia portato le scarpe di sua moglie et che di lì havia presa detta pedica di piedi et Lisabetta sequitò andare per l'aqua et io me

105 Mi prese da parte. 106 Stesse attento. 107 Abito femminile. 108 Corrucciata. 109 Chiesa di Santa Maria della Misericordia, collocata esternamente al paese. Vedi la visita pastorale dell'ottobre 1586 in ASDJ, Classe III, Busta XXIV, 49, c. 94 v. 110 Me ne dava la responsabilità.

43 ne andai alla volta di Maglioleti a comprare il pane come ho detto et me ne ritornai giù alli Buschette et di lì ad alcuni altri giorni che fu un giorno di domenica io andai un'altra volta a Maiolati per trovare un poco di sale da conciarci una zucca che me era stata data un so che di prima al Massaccio et perché non havia quatrini da comprarlo me venne pensato andare da questa Lisabetta per un poco di sale et ci andai ma non ce la trovai in casa ma ci trovai a Nagni suo padre et lui me disse che Lisabetta era gita a ballare et me messi un poco a sedere et ragionare con lui et nel ragionamento che facemmo detto Nagni me disse “ho paura che bisognarà che io ammazzi a Lisabetta mia figliola” et gli dissi che avesse patientia perché la gioventù è un gran passaggio et lui in colera disse “o Dio” et alzò gli ochi dentro il camino et disse “Lisabetta mia ha messo un cencio quassù et vò dubitando non sia qualche factura per qualcheduno in colera” et guardando ancora io per vedere veddi che dentro il camino ce stateva un cencio legato grosso quanto una palla et io per le parole che era state prima tra me et Lisabetta cominciai a sospettare che quello cencio fusse quel che diceva il padre et perché veddi Nargni tanto in colera senza dimandargli sale né altro me andai via et ritornai giù le Buschette dopoi che hebbi hauto un poco di sale dalla moglie di Barbetta et non veddi Lisabetta altrimente quel giorno né manco gli ho parlato più dal hora in qua che gli parlai per la strada della fonte come ho detto l'ho bene vista alcune volte ma non gli ho parlato mai più. Interrogata quomodo ipsa Constituta devastare volebat dicta maleficia si ipsa ea non fecerit, respondit: Signore io ve dirò circa dieci anni sono salvo il vero sendo io odiata da una certa Verginiaccia da Belvedere che stativa qui non sapendo altro che me si fare me fece una malia che me veneva mancando a poco a poco et così un giorno Giovanaccia che non me ricorda Giovanna di chi si chiamasse che stateva in Terra Vecchia che hoggi è morta me disse “che hai Victoria che tu stai così male ho paura che non te sia stato facto qualche male” et io gli dissi che ne dubitava perché volendo bevere me se imponeva et non poteva bere né manco mangiare, et lia disse “or su voglio conoscere io se ti è stato facto male” et così prese una staccia111 alla reversa et ci messe della cenisia112 et la stacciò in terra et stacciata me fece mettere il piede manco in quella cenisia stacciata che ci formò la pedica et prese un quatrino dalla croce et cercondò tondo tondo detta forma de' piedi, et sentetti che mentre la cercondava così diceva il Pater Nostro et l'Avemaria et poi raccolse detta cenisia dentro detto cerchio et la prese tutta et la legò in un cencio et la buttò giù nel vallato et me insegnò che bevesse

111 Setaccio. 112 Cenere.

44 quindici matine l'aqua benedetta con cinque Paternostri et cinque Avemarie ogni volta che la beveva che saria guarita et così feci et con l'aiuto de Dio me guarì et me ricordo che dopoi dette quindici matine me fece fare tre lavande con l'erba di precosso, l'erba della ingvidia, canappione e la traforata erba lipa 113 et me guarì et una altra volta medesimamente fui affacturata nel medesmo modo che non sappi mai da chi et nel medesmo modo da me la guastai et per questo perché ne havia facto da me stessa la sperientia due volte nella persona mia perciò io promessi a detti Cesario et Domenico d'andare a Maglioleti a guastarla a detta giovane perché Lisabetta me havia detto che lia havia preso la pedica del piedi di detta giovane come ho detto. Subdens interrogata respondit: Me recordo ancora che la prima volta che questa Lisabetta me parlò giù in Tagliano me disse che lia teneva in paura detto suo faorito chiamato Domenico perché gli diceva che lo voleva fare morire et avertesse alli casi suoi d'osservargli quello gli havia promesso et per questo che lui havia paura et però faceva quello che voleva lia. Et tunc Dominus tarditatis hore oppressus dimisit examen et mandavit reponi ad locum suum.

DIE 11 JANUARII 1594 Donna Lucia Dominici di Maioleto testis pro informatione curie examinata que medio eius iuramento tactis respondit ut infra Interrogata opportune respondit: Signore di questo che voi me dimandate non so altro se non che si va dicendo su nel nostro Castello di Maiolati che Rosata moglie di Domenico di Gasparre da Maglioleti è stata affacturata et se dice che è stata Lisabetta di Nagni. Si si è o non è io non lo so ma si dice pubblicamente, altro non so. Interrogata in causa scientie dixit ut supra.

DIE 12 JANUARII 1594 Donna Margarita Joannis Dominici alias Marcone de Maioleto alter testis pro informatione Curie examinata que medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogata an cognoscat Donnam Lisabettam Nagni de Maglioleto et a quanto tempore citra et an habeat eius conversationem, respondit: Signor sì che io conosco questa Lisabetta di Nargni da Maglioleti da che me ricordo che statemo tutti in un vicinato et ci siamo praticate assiemi. Interrogata an sciat dictam Isabettam esse et fuisse amantem Dominici alias Il Fratino de Maioleto et a quanto tempore citra respondit:

113 Precosso; Invidia; Scarola; Canapa; Iperico.

45 Sonno circa sei anni che ho inteso dire che costei è inamorata di questo Domenico. Interrogata an sciat vel audiverit dicta et a quibus persones quod predicti Dominicus et Lisabetta habuerint ad invicem inhonestam conversationem, respondit: Io in quanto a me non so niente di questo, se non che due volte che non è molto tempo che deveno essere circa doi114 mesi, che io levandomi la matina a bon hora più presto de notte per ire a fare corelle115 a tessere ho veduto insiemi questi Lisabetta et Domenico né credo che fusse per ben nessuno, ma a mal giudicare è ben vero che in Maiolati si dice pubblicamente che costoro si godono insiemi. Interrogata an sciat et quomodo fuisse factum maleficium dicto Domenico et quibus mediis ut induceret et cogeret ad amandum et sequendum dictam Elisabettam et similis an sciat uxori ac filie dicte Dominici fuisse factum maleficium a quibus personis qua causa et recenseat omnia que scit circa huiusmodi negocium, respondit: Signor sì che io so che a questo Domenico alla moglie et a quella ragazza sonno state facte le malie et ve dirò in che modo. Io me levai una matina a bon hora et scontrai tutti doi costoro, cioè Domenico et Lisabetta, inanzi l'ussio mio et cominciai havendoli visti insiemi a pensar male et questa Lisabetta, io me credo perchè non la scoprisse, cominciò a praticare con me più che non faceva prima et dissi io a questa Isabetta: “Isabetta tu hai una gran pratica stretta con Domenico” et me disse “Margarita vedi non me scoprire, io voglio che siamo sorelle giurate” et io gli dissi “non haver paura, non te scoprirò” et se li confessori non me ne havesse facto carico di conscientia non l'haveria scoperta et me disse che questo Domenico gli voleva gran bene et che gli andava dietro per tutto et io gli dissi come havea facto per farsi voler così bene et fingendo che io ancora haveria voluto far qualche cosa al mio favorito perchè me volesse bene, per cavargli la passara di bocca a lei, me disse “Margarita, accertici siamo sorelle, io me confido et te non me scorprire” et così al'hora che ci trovavamo in casa sua sole insiemi, me disse che la prima volta che questo Domenico l'havea tocca, che lia de esso Domenico havea presa la mesura quanto era alto et quanto era grosso et con due deta dice che gli havea premuto sopra il core, quo actum fecit, et che lei se lo faceva andare dietro dove voleva et che ogni volta che lo vedeva lo faceva tremare et dimandandoli io come havea facto me mostrò che havea sotto il camino un cencio nel quale ci era un so che dentro et me disse “guarda quella è la medicina o la factura di Domenico. Io piglio un poco di quella polvera che sta in quel cencio gli la butto dietro nella spalle et me lo fo venire dove voglio io”

114 Due. 115 Faccende.

46 et me disse che un pezzolo di capestro il quale era appiccato insiemi con quel cencio era un cavestro che c'era stato appiccato un ragazzo di dodici anni che era vergine et me disse che ci erano un so che unghie et che questa malia gli l'havia insegnata Vittoria Zengara et un frate il qual frate dice che la fece stare in genochioni a genochi nudi con le mane gionte et che gli prese non so che mesura nella giontura della mano. Interrogata opportune respondit: Quando Isabetta butava questa polvere dietro alle spalle di Domenico me disse lei che ogni volta che la buttava ci diceva queste parole “Per San Piero et per San Paolo si non me vieni a me a trovare te si porti il gran diavolo” et me disse che queste parole bisognava dirle tre volte ogni volta. Interrogata opportune respondit: Isabetta me disse che lei havea facto le malie alla moglie di Domenico et la figlia et che gli l'havia messa nel letto. Interrogata opportune respondit: Essendomi andata io a confessare per questo Natale passato dalli frati della Romita del Massaccio116 me confessai di questa malia che me disse questa Isabetta che havia facto et il Confessore me disse che non me voleva assolvere se non gli la levava et l'abrusiava117 et così me ne ritornai a Maglioleti domenica fece otto giorni essendo questa Isabetta gita a ballare io gli intrai in casa secretamente et così gli tolsi quel cencio che stateva sotto il camino che Lisabetta me havea detto che ci era la factura di Domenico ma il capestro non lo potetti avere et portai con me detto cencio in casa di Giovanmaria Farinello dove ci era detto Giovanmaria et mandai a chiamare detto Domenico et gli mostrai quella factura et lui si sbigotì dicendo “buttala, buttala, non la voglio vedere” et buttai quella polvere dalla finestra et la pezza la buttai in su il foco insiemi con un filo di ginestra et un cordellino che era dentro detta pezza et con fatiga li facemmo abrusiare et a questo ce si abbatè Meco di Matteo. Interrogata a quo tempore citra dicta Elisabetta docebit dicte testi ad dictum maleficia, respondit: Signore io non me ricordo possono essere in circa doi mesi. Interrogata opportune respondit: Me disse Lisabetta che lei era venuta a Jesi assiemi con Lucia di Crochia da Maglioleti et che andò in casa de Vittoria Zengara et che lì Vittoria gli insegnò

116 I frati Camaldolensi di Monte Corona dell'Eremo delle grotte situato nel territorio dell'attuale Cupramontana. 117 In realtà tutti i casi di magia, maleficio e sortilegio ricadevano sotto la fattispecie dei casi riservati, per i quali solo il vescovo poteva concedere l'assoluzione e quindi il confessore avrebbe dovuto rimandare la donna al Vicario episcopale. Cfr. Prima Aesina Synodus Diocesana, Typis Heredum Panelli et Angeli Monticelli, Maceratae, 1695, p. 56.

47 di factura et non me disse altrimenti chi ci fusse questo frate né in che loco gli parlasse. Interrogata opportune respondit: Tutte queste cose che io ho detto l'ho detto per la verità et non per calunniare né per apporre la mala in fama a detta Lisabetta et gli lo provarò in faccia ogni volta che bisognarà et ci starò ad ogni paragone perchè non so' donna da dire bugie et non ci levo et non ci pongo se non quanto me ha detto lia. In causa scientie dixit ut supra.

DICTA DIE Donna Calidonia Baptiste Francioni de Maglioleto altera testis pro informatione Curie examinata que medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogata opportune respondit: Signore di questo che voi me dimandate non so altro se non che dieci o quindici dì sono, salvo il vero, che non me ricordo del giorno preciso, me mandò a chiamare Rosata moglie di Domenico alias Il Fratino et me disse che voleva fare lavare la coltrece del letto et di gratia la scotesse et voltasse la penna et io gli dissi che non potevo fare sola et così mandò a chiamare a Francesca di Bordone et tutte due scosciemo118 detta coltrece et nel cavare che facevamo la penna trovammo un goluppo119 di penna grosso quasi come una testa d'un homo grave et puzzava che renegava et ci stateva dentro una pezza et ci era un mondo de altre cose dentro detto goluppo et appresso detto goluppo ci trovammo una carta involta che dentro ci era una cosa come un dito d'una creatura del colore di loto palombino120 et ci era un poco di verde in cima et subbito che noi trovammo dette cose mandammo per Don Giovanni Bernardino pievano et subbito venne lì et prese detta carta et detto goluppo et sciolto che hebbe ogni cosa et ben visto disse “questa è una gran factura” et se la portò via et per quanto ho inteso l'ha abrusiata, altro non so. Subdens interrogata respondit: Per quanto se dice pubblicamente a Maglioleti da ognuno per una bocca che questa factura l'ha facta Lisabetta di Nagni a Rosata et la figlia perchè lia è inamorata di Domenico suo marito, altro non so. Interrogata in causa scientie dixit ut supra.

118 Scucimmo. 119 Involto. 120 Colore bianco e grigio.

48 DIE DICTA Donna Perafrancescha Dominici de Castro Maioleti alter testis pro informatione Curie examinata que medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogata opportune respondit: Signore di questo non so altro se non che alli giorni passati che non me ricordo del tempo preciso ma sonno pochi giorni, me mandò a chiamare Rosata moglie di Domenico alias Il Fratino da Maglioleti et me disse che io andasse un poco là da lia et ci andai et ci trovai Calidonia di Baptista et Rosata ci disse che volessamo scosirgli un poco la piumaccina di penna che la voleva fare lavare et così detta Calidonia et me la scoscemmo et cominciamo a votare la penna et trovamo dentro detta piumaccina un goluppo grosso di penna con varie cose che puzzava che renegava121 et appresso detto goluppo ci trovamo una carta con una cosa che era come un deto che pareva che fusse terra palombina et era segnato con un so che verde et quel goluppo era greve et subbito mandammo a chiamare il nostro pievano et venne et visto che hebbe dette cose disse che era una factura et la prese et se la portò et non so quello se ne habbia facto. Subdens interrogata respondit: A Maiolati se dice pubblicamente da ogniuno che questa factura l'ha facta alla moglie di detto Domenico et alla figlia, Lisabetta di Nagni perchè è inamorata di Domenico suo marito. Interrogata in causa scientie dixit ut supra.

DICTA DIE Dominicus Mathei de Maglioleti alter testes pro informatione curie examinatus qui medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogatus opportune respondit: Signore intorno a questo facto io non so altro se non che pochi dì sonno che del tempo preciso non me ricordo stando io in casa di Giovanmaria Farinello a ragionare con detto Giovanmaria et Giovandomenico di Berardino da Maiolati et tra le altre cose ragionamo di questo tradimento che era stato facto a quella poveretta di Rosata che li era stata facta una factura et che si mormorava che fusse stata Lisabetta di Nagni et tra noi tre risolvemmo di accordo tutti tre de accertarci se questo fusse vero o no et mandammo a chiamare a Lisabetta che ci andò a chiamarla Giandomenico supradicto che ha per moglie la sorella di questa Isabetta et intanto che fu chiamata Lisabetta io andai a chiamare a Domenico da parte di Giovanmaria et conducemmo a Lisabetta et Domenico in casa di Giovanmaria detto in una camera et presenti detto Giovanmaria et Giovandomenico cugnato di detta Lisabetta et cominciorno a ragionare assiemi

121 Soffocava.

49 Lisabetta et Domenico che ancora io sentevo perchè Giovanmaria me havia facto retirare in un'altra cameretta et loro stavano a ragionare lì dal foco et sentetti quando Domenico disse a Lisabetta tra le altre cose che lui non haveria creso122 che lia gli havesse facto le facture contro lui et sua moglie et sua figlia et Lisabetta un pezzo negò et poi venne alla bona et confessò che lia l'havia facte ma che non le poteva guastare se non Vettoria Zengara et che per farle gli havia dato li quatrini lui et lui gli rispondeva che gli ne havia dati troppo ma non per simil conto, et Domenico disse “hoggi di me rido delli facti tuoi ho speranza in Dio essermi liberato dalli facti tuoi” et lia disse “si, si, tu ancora non ne sei fora, non voglio che te ridi delli facti miei ancora un dì voglio che tu ti appichi123 da te stesso”. Subdens interrogatus respondit: A Maglioleti si dice pubblicamente che questa Lisabetta ha affacturato alla detta Rosata et sua figliola. Interrogatus in causa scientie dixit ut supra et soggiunse: Dopo che Lisabetta disse in casa di Giovanmaria sudetto quando parlava con Domenico che Lucia di Corazza era venuta con lei a Jesi et che ci havia tenute le mani lia ancora.

DICTA DIE Joanes Maria Farinellus de Maioleto alter testis pro informatione curie examinatus qui medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogatus opportune respondit: Signore debbono esse da otto giorni in circa o poco più che venne in casa mia dentro Maiolati una Donna Margarita di Marcone et portò uno straccio che ci poteva giacer dentro una scudella di polvera et detta Margarita diceva che era una factura la quale l'havia tolta secretamente a Lisabetta di Nargni da Maglioleti che s'era confidata con detta Margarita, diceva che questa factura era stata facta da detta Lisabetta et che gli l'havia insegnata Vittoria Zingara contra Domenico altrimenti Il Fratino di Giovanni da Maiolati e di più ve dico che fu aperto quello straccio et fu buttata quella polvere da detta Margarita fuora dalla finestra et un cordellino et un filo di genestra et lo straccio fu buttato su il foco dove si abrusiò. Et ad alia interrogatione, respondit: Domenico sudetto il quale era alhora in casa mia quando fu mostrato questo straccio da Margarita et ci venne poco dopoi che arrivò Margarita, lui quasi se

122 Avrebbe creduto. 123 Impicchi

50 morsi et disse “butta via, butta via” et pigliò la scala et se andò con Dio et non stette altrimente a vedere quando s'abrusiò detto straccio. Interrogatus opportune respondit: Un dì o doi dopo questo in casa di Domenico sudetto ho inteso dire da Donna Cecha et Donna Calidonia da Maglioleti trovorno una factura nello letto in nello piumaccio dove dorme Domenico et Donna Rosata sua moglie, la quale l'ho vista io che me lo mostrorno le sudette donne in casa di Domenico dove ci erano più persone, et questa factura era un goluppo di penne, una carta et una pezza dove erano invuluppate molte penne et ci era come un deto longo et tondo et tagliato un poco in mezzo et ci era un so che di verde come due branciole124 de là et di qua che non si conosceva che cosa si fusse, che il pievano perchè l'havia veduta et svolta prima che arivasse io putrà dire meglio che cosa era et come stateva. Interrogatus opportune respondit: Poco dopoi circa doi o tri dì dopo salvo il vero Lisabetta si lassiò intendere con Giovandomenico suo cugnato che lei haveria guasta questa factura purchè havesse voluto esso Domenico et così io dissi questa sarebbe un'opera di carità et mandai a chiamare detto Domenico da Meco di Matteo et Lisabetta da Giovandomenico suo cugnato et così essendo venuto in casa mia Domenico dopoi che venne Meco detto, feci nascondere a Meco in una camerina acciò sentisse quel che havessero detto l'uno et l'altro di costoro et poco dopoi venne in casa mia questa Lisabetta di Nargni et Giovandomenico suo cugnato et esendo insiemi alla presentia mia et di detto Giovandomenico cominciorno a ragionare insiemi Lisabetta et Domenico sopra questa factura, havendo prima io detto a detta Lisabetta “orsù Lisabetta, che dici tu che non poi guastare la factura senza Domenico” et Lisabetta rispose et disse a Domenico “tu sai molto bene che io non posso guastare detta factura senza te perchè me hai dato le scarpe di tua moglie con le quale ho facta la factura et tre paoli con tre teste” et Domenico gli rispose che lui non gli havia mai dato scarpe si bene che delli denari gli ne havia dato più et più volte ma non per simil conto et disse “rengrazio la Madonna de Loreto che sarò scappato dalle mano tue et me rido delli facti tuoi” et lia gli rispose “tu pensi di essere fora delli facti miei ancora ti voglio fare appicare da per te” et contrastando così tra loro Domenico gli diceva “tu me hai mesurato quanto so' grosso et longho” et Lisabetta gli menava bono il suo detto et di più ancora dicendoli Domenico che con una polvere che li buttava dietro lo faceva andare dove voleva lei non lo negava.

124 Rametti.

51 Et ad alia interrogatione respondit: Lisabetta diceva che per guastare la factura bisognava che ci si trovasse Victoria Zengara et esso Domenico insiemi con lei et Domenico gli rispondia che la guastasse lia che l'havia facta perchè lui non la poteva guastare perchè non l'havia facta et di più ve dico che detta Lisabetta inanzi che venisse Il Fratino ragionò con me et Giovandomenico suo cugnato et diceva che Lucia di Corazza era informata di questa factura che era venuta a Jesi per trovare una fattocchiara che è morta et che trovò a Victoria Zingara lì al giardino di Giachetto et ne parlò con lia et che lia gli insegnò detta factura et che senza Victoria non poteva guastare detta factura. Interrogatus opportune respondit: Quando Lisabetta disse queste parole non ci era altri lì che Giovandomenico suo cugnato et me. Interrogatus opportune respondit: Quando questa Lisabetta et Domenico alias Il Fratino ragionavano insiemi in casa mia alla mia presentia et di Giovandomenico cugnato di Lisabetta, Francesco di Giovanni venendo alla veglia in casa mia et sentendo ragionare insiemi si fermò a mezza scala a sentire ragionare et credo che lui habbia sentito ogni cosa et se non vole pigliare il giuramento falso, se bene è fratello cosino di detta Lisabetta, credo che ve dirà quanto ve ho detto io. Interrogatus in causa scientie dixit: Tutto questo che ho detto io l'ho detto per la verità et non per altro effetto perchè non voglio pigliare il giuramento falso per nessuno.

DICTA DIE Franciscus Joannis de Maglioleto alter testis pro informatione curie examinatus cui medio eius juramento tactis respondit ut infra Interrogatus a quo tempore citra ipse testis non iverit ad vegliari in domo Joanis Marie Farinelli, respondit: Signore da doi mesi in qua ogni sera vado in veglia in casa di questo Giovanmaria. Interrogatus an unquam in dicta domo repererit Lisabetta Nagni et Domenico alias Il Fratino et de quo tempore, respondit: Signore deveno essere da otto sere in circa che andai io a veglia in casa di questo Giovanmaria et trovai serrato la seconda porta di casa di dicto Giovanmaria et sentendo contrastare a Lisabetta di Nagni et Domenico detto Il Fratino io me fermai lì a sentire quello che dicevano.

52 Et ad alia interrogatione, respondit: Io sentì che Domenico Fratino diceva a Lisabetta che lia guastasse quella factura che havia facta a sua moglie et la figliola et Lisabetta gli respondea che lia non gli la poteva guastare senza Victoria Zengara et senza lui et Domenico gli disse che lui se ne faceva beffe perchè era fuora delle mani sue et detta Lisabetta gli replicò che non ne era fuora altrimenti perchè ancora havia in casa sua contro di lui che un giorno lo voleva far gire appiccare da per esso et io per finchè non si fu andata con Dio detta Lisabetta di lì non me volsi mai scoprire et subito partita lia io andai di su et dissi a Giovanmaria “so che questa sera havete facto un gran ragionamento”. Et ad alia interrogatione: Mentre io stetti a guaitare125 come ho detto, sentevo che ci stateva a sentire ragionare Giovandomenico di Berardino, Giovanmaria Farinello et ci trovai ancora Meco di Matteo che dice che lui ancora era stato nascosto a sentire ragionare a detti Domenico et Lisabetta. Interrogatus in causa scientie dixit ut supra

DIE 12 JANUARII 1594 Joanesdominicus Berardini de Maglioleti alter testis pro informatione curie examinatus cui medio eius iuramento tactis deposuit pro ut infra Interrogatus opportune respondit: Signore di questo che voi me dimandate non so altro se non che alli giorni passati dopoi Natale che non me ricordo precisamente del giorno, ma è stato di questo mese, una sera di notte stavo in casa di Giovanmaria Farinello et comenciammo a ragionare tutti doi tra le altre cose d'una factura che si diceva che era stata facta a Donna Rosata moglie di Fratino da Lisabetta di Nagni et dicevamo tra noi se havesamo potuto fare qualche bene per farla guastare et così ci resolvemmo di chiamare a detti Lisabetta et Domenico per vedere come fusse potuto passare detto negotio et io andai a chiamare detta Lisabetta di Nagni et Giovanmaria fece chiamare a Domenico alias Il Fratino, marito di detta Rosata, et li conducemmo tutti doi in nostra presentia in casa di detto Giovanmaria et lì detta Lisabetta cominciò a dire a Domenico che cosa diceva del facto suo, che gli apponeva126 che havia facto una factura alla moglie et Domenico diceva “sì che tu l'hai facta” et lia diceva di no, che l'havia facta lui et che lui la poteva guastare insiemi con Victoria Zengara “et siamo tutti tre insiemi che tu vedrai chi l'ha facta et se io la potrò guastare con queste parole la guastarò, ma te dico che io non l'ho facta in modo nessuno et l'hai facta tu et tu

125 Spiare. 126 Gli attribuiva.

53 la poi127 guastare perchè tu me gli hai facti dare li quatrini che tu me hai dati acciò la facesse et fu tre paoli d'argento” et Domenico rispose che era vero che lui gli havia dato delli quatrini più volte ma non per simile effecto et lia teneva detto che gli l'havia dati per tale effecto et Giovanmaria et me li pregavamo tutti doi che la guastasse et non facesse consumare così quella poverella che era peccato et Lisabetta disse “guardate per tal segnale Domenico me ha dato le scarpe della moglie acciò io le dia a Victoria Zengara per fare detta factura et gli l'ho date. Se l'ha facta poi o non facta io non lo so” et Domenico disse a Lisabetta che si faceva beffe del facto suo et che lui ne era fora delle mane sue et Lisabetta gli rispose: “sì tu ancora non ne sei fora perchè ancora un dì voglio che tu ti appichi da per te”. Subdens interrogatus respondit: Disse ancora detta Lisabetta a Domenico che lui havia mandati a Jesi a Lucia di Crochia a trovare a una che facesse detta factura et perchè non trovò quella donna che gli havia commesso trovò a Victoria Zengara et lia ha facto queste malie et per tal segnale dacesse128 a Lucia mezza coppa di orgio129 et Domenico lo negava et diceva che non era vero et in questo ci andammo con Dio tutti di lì. Interrogatus opportune respondit: A Maiolati si va dicendo che questa Lisabetta sia stata quella che ha facto le facture a Rosata, ma si si è o non è io non lo so. Interrogatus in causa scientie dixit ut supra.

DIE 12 JANUARII 1594 Donna Vitoria Zingara supradicta Constituta principalis quo ad se et testis quo ad alios que medio suo iuramento tactis deposuit prout infra Interrogata an disposuerit melius dicere veritatem quam fecerit in alio suo constituto, respondit: Io non so che altro me dire per la verità se non quello che ho detto nel mio primo examine et quello che è detto è ben detto se ne andasse la vita et tanto confermo. Interrogata an quando prima vice allocuta fuerit in contrata Buschette ipsa Constituta supradicte Isabette aderat aliqua alia persona et quis et verba dicta per ipsam Elisabettam ipsi Constitute audiverit, respondit: Me ricordo che la prima volta che parlò a me detta Isabetta giù le Buschette ci era presente la moglie di Lorenzo che sta in quello del Cavaliero Cola che sta su

127 Puoi. 128 Desse. 129 Orzo.

54 la Buschetta ma non ci sentì ragionare perché Lisabetta me tirò da banda come ho detto et me parlò da lia et da me a soli a soli et dopoi che fu partita Lisabetta di lì che se ne tornò a casa la moglie di detto Lorenzo che non gli so nome che me ricordi me disse “Vittoria averti che costei fa l'amore con uno che ha moglie et si presume che sia una poltrona130 et che venga quaggiù da te acciò gli insegni di fare qualche male alla moglie del suo faorito” et io gli dissi che era venuta qui da me acciò io facesse qualche remedio alla sorella che statia male, et detta donna me disse “sì sì la sorella gli importa, averti che si mormora così”. Interrogata quot vices allocuta fuerit ipsi Constitute dicta Elisabetta in contrata Buschette et in quibus locis et quibus presentibus an secreto vel publice et quid dixerit, respondit: Signore a me questa Lisabetta non me ha parlato se non due volte giù le Buschette et una volta per la strada della fonte come vi ho detto e non mai più et la prima volta che gli parlai fu in quello insta131 che mi partì di qui da Jesi che andai a stare su in detta contrada delle Buschette che me venne a trovare in casa di quella Lucia che me portò li quatrini qui a Jesi et mi fece inbasciata per parte di detta Lisabetta che andasse lassù che medesimamente costei sta giù le Buschetta o Tagliano et lì me venne a trovare detta Lisabetta et me menò in casa della sorella che non me ricordo il nome et ci venne Lucia ancora et ci fece per buona ricordanza li maccaroni et al'hora detta Lisabetta non me parlò d'altro che della sorella se gli avesse potuto fare qualche remedio et la seconda volta me parlò pure lì in Tagliano overo Buschetta che vogliamo dire che ci vedde ragionare la moglie di detto Lorenzo et la terza volta fu per la strada della fonte di Maglioleti che la incontrai che andava per l'aqua e dopoi non gli ho parlato mai più. Interrogata opportune respondit: Signore quando la prima volta me ricercò che facesse qualche remedio per la sorella gli dissi che quello era proceduto da malatia et che non sapeva quello che me gli fare et che se saria guarita bene. Interrogata an sciat facere aliquid vel dicere per quod persone inducant ad amandum et que sint respondit: Signore io non so altro se non una orazione che se dice alle volte per mettere la pace tra due persone che si volesse male et le insegno perché sonno cose de Dio et me ne ho preso parere dalli confessori et non me ne hanno facto carico de conscentia et dice in questo modo: “Spirito Santo et Domine che a Jesu Xsto voi in braccio tenete celo et terra et omnia et gran possanza voi havete in nel core li nemici mia voi me ci mettete se havesse il cor duro humiliatelo se ci

130 Persona di bassa condizione. 131 Momento.

55 fusse la male lingue pacificatele Spirito Sancto et Domine faceteme questa gratia che fare me la potete che gran possanza voi havete” et queste parole se dice in genochioni quindici matine a bon hora in genochioni con le braccia aperte tenendo la Corona da un mano et se dice per ogni volta sette Paternostri sette Avemarie et sette volte questa oratione per ogni matina a laude delle sette alegrezze della Madonna132 et dicendo questa oratione nel modo detto giova per fare la pace tra due che si volesse male ma bisogna dirla con il core. Subdens interrogata respondit: Questa oratione io alle volte l'ho fatta per me et alle volte per altri et ho trovato che me ha giovato et so che una volta alla Pergola che la dissi a una figlia d'un vasaro che la prese per moglie un doctore ma è ben vero che detta vasara era richa ma quel doctore trovava assai più dote et questa oratione gli giovò et la dissi ancora per una bastarda da Monte Abbodo133 che fece che pigliò quel Ser Flavio dalla Rocha che sta a Monte Carotto et l'ho detta ancora altre volte [testo cancellato con nomi non leggibili a cui segue: quatror righe fuerunt casse quia per errore scriptae. Alex. Ang.li Canc. Approbus] Interrogata opportune respondit: Io ho insegnato questa oratione a Donna Isabetta di Nargni acciò il faorito suo gli havesse a voler bene ma lei ha la testa grossa che non l'ha potuta inparare et gli la volsi insegnare questa estate passata perché lei me diceva che gli insegnasse qualche cosa acciò il suo faorito l'havesse a pigliar per moglie et io al'hora non sapeva che il faorito di questa Isabetta havesse moglie perché se l'havesse saputo non gli l'haveria insegnata. Interrogata opportune respondit: Signore io non so fare altro perché una persona habbia da voler bene al'altra et non l'habbia d'abbandonare se non usare certe herbe con le quale vo medicando et donne et rede134 quando havessero qualche ombra et qualche percusione135 et tra le altre herbe io conosco un'herba che si chiama concordia136 la quale ha questa vertù che se la persona che si vol far ben volere la dà a quella persona dalla quale vol esser ben voluta et non vole essere abandonata et ci dice queste parole: “tace et pace et concordia” et la mette

132 Si tratta di una forma devozionale molto diffusa che elenca le sette beatitudini della Vergine. Cfr. R. MELNICK e J. WOOD, La corona francescana: i sette misteri gaudiosi nella vita della Vergine Maria e di San Francesco, Padova, Edizioni Messaggero, 2009. Le opere a stampa che riproducevano la devozione tradizionale furono messe all'Indice all'inizio del XVIII secolo. 133 Ostra. 134 Infanti. 135 Disturbo. 136 Erba Concordia o Dactylorhiza maculata.

56 adosso a quella persona è cosa provata che quella persona gli vorrà bene né mai l'abbandonarà. Interrogata que non sit alie herbe quae habent virtutem ad expellendus umbras et ad libberandum infirmos a suis infirmitatibus, respondit: Sonno canappione, herba lipa, marrobbio verde marco, herba di ingvidia, la traforata bertonica, melissa, l'ottima valoriana et serpillo et altre herbe137. Et ad alia interrogatione respondit: Signore sopra queste herbe quando le dò ce dico cinque Paternostri et cinque Avemarie di ogni giorno et di ogni hora. Interrogata an ullis personis quibus et quot et quo tempore et quo loco et quibus presentibus dederit herba supradicta concordia, respondit: Signore io l'ho data a qualche gentil homo ma non qui in questo paese ma nello stato di Urbino et particolarmente alla Pergola et a Fossanbruno138 che io non so nome loro a donne non l'ho data et sonno tre anni che io diedi quest'herba et l'ho data a questi gentilhomini tra me et loro senza che nessuno ci fusse presente. Interrogata an sciat quomodo ipsa Elisabetta Nargni didiverit tollere pedica pedis sinistri pro faciendis maleficiis, respondit: Io non so chi gli l'habbia insegnata altrimente. Interrogata ut dicat quos effectus malos faciat dictum pedice maleficium et quomodo fiat, respondit: Io per quanto ho provato in me che m'è stata tolta la pedica questa pedica fa questi mali: fa mancare il core fa consumare a poco a poco et impedisce che uno non possa mangiare fa svanire et altri mali ma come si faccia per fare questo maleficio io non lo so né manco l'ho inteso dire. Et Dominus dicente ut dicat veritatem quia ipsa scit quomodo fiat istum maleficium, respondit: Signore io non ne so niente. Et Dominus dicente quid ipsa dicet si per testes fide dignos probabit in faciem ipsiu quod ipsa sit quomodo fiat istum maleficium, respondit: Signore non è vero et non lo provarà nessuno perché me offerisco a stare a ogni paragone con chi se sia per Jesù Xpo me aiutarà che ne so' nocente. Interrogata an ipsa cognoscat Capitaneum Ruggerium Colinum de Esio et Donnam Zenobiam eius famulam et a quanto tempore citra, respondit: Signor sì che conosco il Capitano Roggiero et la sua serva la conosco et non la conosco se non che una volta gli dissi la ventura.

137 Canapa, Iperico, Marrubio, Scarola, Betonica, Melissa Valeriana e Timo Serpillo. 138 Fossombrone.

57 Et ad alia interrogatione respondit: Io ve dico che non é vero che a questa massara del Capitano Ruggiero io gli habbia offerto insegnarli cosa alcuna perché il suo padrone gli volesse bene et che non abbandonasse mai né che non potesse pigliar moglie et che se l'havesse presa havesse a tenere a essa serva per moglie et non gli ho facto altro se non dettoli la ventura come ho detto; et gli dissi che lia havia un faorito che gli voleva bene ma che non pensasse torlo per marito perché non l'haveria. Et Dominus dicente quod ipsa Constituta dicet si predicta Zenobiam probabit in faciem ipsius Constituta quod ipsa Constituta obtulit parate docere ipsa Zenobia quod ipsa inducet et coget ad se amandum et numquam dimittendum et retinendum loco uxoris, respondit: Signore non potrà dire simili cose perché non sonno vere et se lo dirà dirà la bugia perché l'è una sfasciata et una poltrona. Et tunc Dominus acceptatis favorabilibus pro fisco dimisit examen et mandavit reponi ad locuum suum.

DIE 12 JANUARII 1594 Donna Elisabetta Joannis Francisci alias Nagni de Maioleto iterum coram B.D. Vicarius meque notarius Constituta in Cancelleria ac mihi notario in que medio eius juramento tactis deposuit prout infra Interrogata an melius disposuerit dicere veritatem quam fecerit in alio suo superiori examine, respondit: Signore tutto quello che ve ho detto nel'altro mio examine è vero et non so che me dire altro. Interrogata que dixerit ipsa Constituta in suis superioribus examinibus, respondit: Voi me havete dimandato perché era venuta qua. Io vi ho detto che non lo sapeva ma era venuta la corte vostra et me havia preso et così feci l'obedienza et me dimandasti se conosceva Vittoria Zengara et ve disse che io havia visto da quatro o cinque zengare et me havia detto la ventura et non sapea se si chiamava Vittoria o come, et me dimandaste se conosceva Margarita di Marcone et ve dissi de sì che me era vecina et praticava con lei quando si va per l'aqua et fa altre cose. Et me diceste che detta Margarita me havia dimandato qualche cosa che gle insegnasse che gli volesse bene il suo faorito et che gli era stato detto che io havia certe polvere ma gli dissi che non era vero et voi me diceste che lia ve havia detto che io l'havea certa polvere ma ve dissi che non era vero che diceva la bugia, et me diceste che lei me l'haveria mantenuto in faccia perché me l'havia tolta et portata in un'altra casa et io ve replicava che lia diceva la bugia et d'altre cose che me dimandaste et non me ne ricordo. Interrogata a quanto tempore citra ipsa allocuta fuerit cum Domenico Joannis de Maioleto et quo loco, respondit:

58 Signore io non ho mai parlato a Domenico se non da l'altri hieri in qua quando li sbirri vostri me menò a Jesi che havendo detto esso Domenico a mia sorella che me voleva far gastigare io dissi a detto Domenico “costui me vole fare gastigare a me” et lui non me rispose et me ricordo che un giorno di questa estate passata o d'altro tempo più vero che non me ricordo che io tornando dalla mia villa entrai nella chiesa di fuora di Maglioleti che io era scalza et in detta chiesa ci stateva Domenico detto di Giovanni et me disse “allaciate le scarpe” per darme la burla et io gli dissi che “chi ha bon cavallo in stalla non si cura andare a piedi che te importa a te” et lui si ritirò dentro una cappella delli Fraternali et io me gli lassiai andare con li granfi139 adosso per volergli dare ma perché se ritirò dentro detta cappella non potetti et potria essere che nel infrontarci per strada io gli havesse detto qualche parola biastemandolo perché io sono sceva140 che costui me andava sgarzellando141. Et ex se dixit: Signore quando io me gli lassiai andare adosso in detta cappella delli Fraternali nella chiesa di fora io era tanto in colera perchè me disse a quel modo che intrai dentro ditta cappella io ancora et Domenico subito serrò la porta di detta cappella et in quello instante apparve Don Berardino prete cappellano di quella chiesa et bussò in detta porta et io subito raprì a detto prete. Et ad alia interrogatione respondit: Io credo in quanto a me che detto Domenico non serrasse detta porta per bene veruno, ma veramente non me disse né fece niente et raperta che fu detta porta io me ne tornai a casa mia et lui ancora riuscì fuora ma non so dove si andasse et il prete medemamente prese la cappa et se ne andò via che non so dove si andasse et per questo detto Domenico me ha facto aquistare cattiva fama ma la verità ha il loco suo. Interrogata an verum sit quod ipsa Constituta permisit se deflorari et carnaliter cognosci a dicto Dominico respondit: Signore non che io non haveria comportato simil cose et io ve dico che so' vergine se come me fece mia matre. Interrogata quid ipsa Constituta dicat quod per dictum Dominicum in facie ipsius probabit quod ab eo fuit pluries carnaliter cognita, respondit: Io gli dirò se lui vorrà dire questo che dice la bugia et si parte dalla verità perchè non è vero. Et tunc Dominus ad convincendum ipsam Constitutam de mendacio mandavit adduci in facie ipsius constitute dictum Dominicum quo aducto et facta mutua personarum recognitione

139 Unghie. 140 Sicura. 141 Pigliando in giro.

59 inter eos ac nominum fuit interrogatus aductus medio eius iuramento tactis in an ista sit illa Elisabet qua pluires dixit carnaliter cognoscisse, respondit: Signore questa è quella Lisabetta stessa la quale io ho conosciuto più volte carnalmente in casa sua et fuora et la prima volta io hebbi che fare con lei carnalmente in casa sua et fu di notte. Et contra dicta adducta respondit: Signore costui per farmi questo smacco potrà dire questo et altro ma la verità non sarà mai et dice una gran bugia perché lui non me ha toccato mai et ve dico che so' vergine come ho detto. Et tunc Dominus cum viderit utrique permanere in dicto suo licentiavit aductum et prosequendum examen dicta Constituta fuit interrogata quid modo respondeat predicits, respondit: Signore ve dico che lui dice la bugia et io dico il vero et trovarete che sarà così come ve dico io. Interrogata quod cencium erat illum quod ipsa Constituta retinebat domi sue sub camino mensibus elapsis, respondit: Signore io sotto il camino non ci ho tenuto né tengo cencio potrebbe essere che ci fusse una pezza sopra una zucarella che ci tenemo il sale. Interrogata an ipsa fuerit unquam exorata a dicto Dominico ut vellet destruere maleficia facta eosdem Dominico uxori et filie et quid ipsa responderit, respondit: Signore questo Domenico non me ha mai rechiesto di niente et come volete che io gli guastasse le facture se non le so fare. Interrogata quid ipsa dicet si probabit in facie ipsius per testes fide dignos quod ipsa fuit rogata predictum Dominicum ut destrueret dicta maleficia et ipsa Constituta responderit quod ea non poterat destruere absque Victoria Zingara, respondit: Signore questo non è vero et dirà la bugia et se lo dirà nessuno gli lo farà dire Domenico perché ha la borsia grossa ma io so' poverella et voglio stare a ogni paragone. Interrogata an ipsa Constituta petierit a dicta Victoria Zingara ut vellet ipsa docere aliquid quod induceret suum amasium ad eam amandum et ad inducendum ut ipsam in uxore acciperet, respondit: Signore io non gli ho dimandato simil cose et volete che io me fidasse de una zingara. Interrogata an verum sit quo ipsa Constituta mensibus elapsis obviando dicte Donne Victorie zingare illi dixerit “io te ne invoco che tu non me hai voluto insegnare cosa alcuna perché il mio favorito me volesse bene”, respondit: Signore io queste parole non gli l'ho mai dette. Interrogata an verum sit quod ipse Constituta dixit Donne Victorie Zingare hec vel similia verba “Io ho fatto senza te perché ho trovato il modo che il mio faorito me

60 vorrà bene et ho tolta la pedica del piedi alla moglie et Domenico me ha date le scarpe sue”, respondit: Signore di questo io non ne so niente. Et Dominus dicente quid ipsa Constituta dicet si in facie ipsius per dictum Dominicum ac dictam Donnam Victoriam Zingaram probabit predicta per ipsa constituta negata fore et esse vera, respondit: Signore nessuno di costoro potranno dir questo per la verità perché non è vero et se lo dirà diranno la bugia. Et tunc Dominus ad convincendum dictam Constitutam de mendacio mandavit adduci in facie ipsius iterum dictum Domincicum et dictam Victoriam quibus adductis et facta mutua personarum ac nominum recognitione fuit medio juramento interrogatus dictus Dominicus tactis in an ista sit illa Elisabet que ipsi adducto dicibus decursis dixit in domo Joannis Marie Farinelli quod ipsa devastare non poterat maleficia ipsa Dominico uxori et filie facta sine Victoria Zingara, respondit: Signore questa è quella Elisabetta che alli giorni passati me disse in casa di Giovan Maria Farinello che lia non poteva guastarme le facture facte a me mia moglie et mia figlia senza Vittoria Zengara. Et è contra dicta Constituta respondit: Signore non è vero et me maraviglio delle parole che dice costui. Et dictus aductus respondit: Signore io dico il vero et lia dice la bugia perchè se ne è vantata de haverme facto le facture et si provarà. Et tunc Dominus cum viderit utrumque stare in dicto suo licentiavit aductos et prosequendo examen dicte Constitute fuit interrogata quid modo audeat dicere pregressum, respondit: Venga chi vole perché sempre terrò detto che non è vero et non sarà mai et voglio stare at ogni paragone. Et aducta dicta Vittoria Zingara ac facta mutua personarum ac nominum inter eos recognitione fuit medio suo iuramento tactis in an ista sit illa Elisabet de Maglioleto qua ipsa insuis constitutis dixit et deposuit, respondit: Signor sì questa è quella Lisabetta stessa della quale ve ho detto nelli altri miei examini. Et dicta Elisabet Constituta dixit: Signor sì questa è quella Vittoria che ho incontrata alcune volte et lia me ha dato la ventura et è andata per li suoi facti et io per li miei. Et dicente Dominus dicte Victorie ut deposita per eam in facie dicte Constitute recenseat dixit: Signore è vero che questa state passata questa Isabetta me disse per la via di Tagliano che io gli insegnasse qualche cosa perché si facesse bene volere dal suo faorito et l'havesse a torre per marito et io gli volsi insegnare quella

61 oratione che dice “Spirito Sancto et Domine nostri” et è vero ancora che di lì a pochi giorni incontrai un'altra volta questa Lisabetta che lia andava alla fontana per l'aqua et io andava a Maglioleti a comprare il pane et io dissi a Lisabetta “che fai so che fai dire di te che sei stata trovata nella chiesa di fuora con Domenico a solo a solo” et lo negò et poi me disse che me invocava poi che non gli havea voluto insegnare quello che mi havia dimandato ma da sé medesima l'havia facto et io dimandandoli come havia facto me disse che havia presa la pedica del piedi della moglie di Domenico et replicandoli che questo non potea essere perché quella giovane non usceva fuori me disse che Domenico suo marito gli havea date le scarpe di sua moglie et con quelle l'havia tolta dicta pedica. Et e contra dicta Elisabet Constituta, respondit: Signore io me maraviglio di costei perché dice la bugia et non è vero et dice la bugia. Et ipsa adducta respondit: Signore io dico il vero et lia dice la bugia et so' qua per stare ad ogni paragone con lei et con ogniuno. Et tunc Dominus cum viderit utrumque persistere in dicto suo licentiavit aducta et prosequendo examen dicta Constituta fuit interrogata quid modo audevat dicere predicta, respondit: Signore ve dico che costei non dice una parola di verità. Et tunc Dominus monuit ipsam Constitutam ne se involveat in periuriis et mendacis et velit habere Deum pro oculis et dicat veritatem alias deveniet contra ipsa ad remedia iuris opportuna respondit: Signore ve dico la verità et non posso dire altrimenti et fate ciò che volete che non dirò mai altrimenti che come ho detto et tanto retifico et sempre dirò a un modo. Et tunc Dominus tarditate hore oppressus acceptatis favorabilibus pro fisco dimisit examen et mandavit reponi ad locum suum.

DIE 14 JANUARII 1594 Donna Elisabet iterum de qua supra Constituta coram B.D. Vicario me notario cui delato juramento tactis an deposuit prout infra Interrogata an melius disposuerit dicere veritatem qua fecit in aliis suis superioribus examinibus, respondit: Signore quello che io ho detto ho detto et che havete scritto non posso dire altro perché non ho facto nessuna di quelle cose che so' stata imputata. Interrogata an verum sit quod ipsa Constituta permisit se stuparari ac carnaliter cognosci a Domenico alias Il Fratino de Maglioleto et an fecerit eadem maleficia uxori illius et filie ut

62 cogeret dictum Dominicum in sui amore et dictam eius uxorem et filiam induceret in egritudine ex qua postea morerent ut posset post mortem uxoris dicti Dominici cum eo matrimonialium coppulari, respondit: Non è vero che io me habbia lassato sverginare né conoscere carnalmente né da Domenico né da altre persone et non gli ho facto facture nessuna né a lui né sua moglie né a sua figliola. Et tunc Dominus ad verificandum predicti Constitutae deflorationem et ad convincendum eam de suo mendacio mandavit accersiri matronas honestas ad inspiciendum eiusdem deflorationem quibus accersitis mandavit in loco secreto adduci ac predictas matronas diligenter inspici. Donna Placenta Alfonsi et Donna Clara Mattei Hostetrices in Civitate Esii Constitute que medio eorum iuramento tactis an deposuerunt ut infra Signore noi habbiamo guardato questa giovane che ci havete detto che guardiamo et l'habbiamo trovato secondo che la nostra arte ne insegna lia non è vergine et è stata tocca et tanto deponemo per la verità. Et tunc Dominus habita relationem a predictis hostetricibus licentiavit ipsas. Et prosequendo examen dicte Elisabette Constitute fuit interrogata quid modo audeat dicere quia veritas fuit est que ipsa fuit deflorata et carnaliter cognita ut ex inspectione predictas donnas peritarum manifeste constat et apparet et ideo dicat veritatem et non velit amplius persistere in sua pertinacia, respondit: Signore io ve dico che a me non mi ha sverginato né toccato homini ma ve dirò quello che è stato. Che ritrovandomi in compagnia di Polita et l'altra Anfelice di Vennarino di Passalaqua da Maglioleti là alle Villate in casa di Polita figliola di Caterina se bene me ricordo che non me ne ricordo molto bene del nome della matre di detta Polita doi anni sono, de 'state trovai nel mezzo di un letto a dette Polita et Anfelice et havea in mano uno spassapensiero142 di legno longo un palmo delli miei et grosso quanto si poteva tenere con mano et me invitò che mi buttasse ancora io nel letto et ci entrai et schirzando così tra loro et me Polita prese detto spassapensiero et me lo messe nella natura fino a due volte et così ce spassammo insiemi et per questo forsi io non so' vergine. Subdens interrogata respondit: Signore Polita et Anfelice sonno morte et morsero l'anno della carestia che non si trovava pane143.

142 Stecca di legno. 143 Riferimento alla grave crisi alimentare che si sviluppò nell'area di Jesi all'inizio degli anni novanta del XVI secolo e che ebbe il suo culmine nel 1591 e fu seguita da un epidemia di tifo petecchiale con gravissime conseguenze sulla popolazione. Cfr: R. PACI, Demografia, disponibilità alimentari e crisi di mortalità nelle Marche tra XIV e XVIII secolo in "Proposte e ricerche”, 16, 1986, pp. 9-18; C. GIACOMINI, Epidemia, carestia e povertà: aspetti di una crisi congiunturale nella Jesi del XVII secolo in “"Medicina e salute nelle Marche dal Rinascimento

63 Et ad alia interrogatione respondit: Signore io dal hora in poi mai più ho operato questo spassapensiero et di quello non so che se ne facesse perché rimase in casa di queste giovane. Interrogata opportune: Io entrai nel letto con dette donne perché loro ancora tra loro ce se lo metteva detto spassapensiero et per questo me ci lo lassai mettere ancora io et di tempo eravamo tutte tre equale. Interrogata an disposuerit melius dicere veritatem de verbis et confidentia secreti quod revellavit Donne Margarite circa facturas que ipsa Constituta fecit contra Dominicum uxorem et filiam dicti Dominici, respondit: Signore non è vero che io habbia facto facture a nessuno et perciò non ho confidato simil cose né con Margarita né con altri. Et Dominus dicente ut dicat veritatem et caveat a mendaciis quia veritas est quod ipsa Constituta revellavit dicte Margarite quod ipsa fecit facturas dicti Dominico uxori et filie et non velit amplius se involvere in mendaciis ac dicere veritatem, respondit: Signore io dico il vero né si trovarà mai che io habbia facto tal cose et si l'havesse facte non me saria confidata con questa Margarita. Interrogata quid ipsa Constituta dicet si in faciem ipsius probabitur predicta fecisse et inspecie facturas et malias quod ipsa revellavit dicte Donne Margarite ac aliis personis fide dignis, respondit: Signore non si trovarà mai. Et tunc Dominus ad convicendum dictam Constitutam de mendacio et disponat dicere veritatem et cavere a mendacio mandavit adduci in faciem ipsius Constituta infractos et in primis suprascriptam Margaritam Marconi qua sic adducta et facta mutua personarum recognitionem ac nominum inter eos fuit interrogata adducta medio iuramento tactis in an ista sit illa Elisabet que diebus elapsis eidem dixit revellavit malias et facturas quod fecit Dominici uxori et filie et in specie recenseat omnia in facie ipsius Constituta respondit: Signore questa è quella Lisabetta stessa che si confidò con me et me disse che havea facto le malie contra Domenico alias Il Fratino Rosata sua moglie et la figlia et me disse che lei havea facto le fatture a detto Domenico la moglie et la figlia et che a Domenico gli buttava una polvera dietro et diceva queste parole: “per San Piero et per San Paulo se tu non vieni da me te si porti il gran diavolo” tre volte per volta et me disse che la prima volta che lei fu tocca da detto Domenico lo mesurò quanto era alto et grosso et gli premerse nel core con due dete144 facendo il segno medesmo facto nel suo examine et me disse che a Rosata moglie di Domenico et alla figlia gli havia messe le malie nel letto

all'eta Napoleonica: atti del convegno, Ancona-Recanati 28-29-30 maggio 1992", Ancona, Deputazione di Storia Patria per le Marche, 1994, 1, pp. 211-217. 144 Premette sul cuore con due dita.

64 et me mostrò un cencio che havia in casa sua sotto il camino grande quanto un fazoletto pieno di polvere che diceva che era quella polvere che era dietro le spalle a Domenico et medesimamente domenica fece otto giorni gli la tolsi mentre lia era andata a ballare et la portai in casa di Giovanmaria Farinello et in presentia sua buttai detta polvere dalla finestra et abbrusiai il cencio il cordellino et un filo di ginestra. Et contra dicta Constituta respondit: Signore costei dice la bugia et io dico il vero. Et replicantum aducta dixit: Signore la bugia la dice lia et io dico la verità et ve dico che me è scordato dirvi che Lisabetta me disse che con quel cencio ci era legato un capestro che ci era stato impiccato un ragazzo vergine. Et tunc Dominus cum viderit utrumque permanere in dicto suo licentiavit aductam et prosequendo examen dicte Constitute fuit interrogata quid modo audeat respondere predictam, respondit: Io ve dico che quello che vi ho detto una volta ve dico adesso et dirò sempre et costei dice la bugia. Et adductus Joannes Maria Farinellus de Maglioleto in faciem ipsius Constituta ad convincendum de mendacio sui delato iuramento de veritate dicenda tactis fuit interrogatus an ista sit illam est Elisabet que superioribus diebus in sua domo dixit Dominico Joannis alias Il Fratino in eius presentia et Joanni Dominico Bernardini de Maglioleto quod ipsa fecerat malias sive facturas ipsi Dominico Rosata et alia verba similia, respondit: Signore questa è quella Lisabetta stessa che alli giorni passati una sera di notte venne in casa mia et in mia presentia et di Giovandomenico di Berardino disse a Domenico alias Il Fratino che lia havia facto le facture a Rosata sua moglie ma che non le poteva guastare senza esso Domenico et disse ancora a detto Domenico che lui ancora non era fora et che un dì lo voleva fare appiccare da per lui pur che lia havesse voluto et disse ancora che per guastare dette facture bisognava che ci fusse Victoria Zengara et altre cose si come ve ho disposto nel mio examine. Et e contra dicta Constituta respondit: Signore io vi dico che costui dice la bugia et non è vero et dirò mai altro che quello che ho detto perché io non so' stata a casa di costui come dice et non gli ho detto nessuna di queste cose et dice la bugia. Et replicandum adductum respondit: Io ve dico che lia è una bugiarda et io dico il vero perché la cosa sta come vi ho detto io et tanto ve replico qui in faccia sua.

65 Et tunc Dominus cum viderit utrumque persistere in dicto suo licentiavit adductum et prosequendo examen dicte Constituta fuit interrogata quid modo dicat cum fuerit preditcum Joanem Mariam predicta fecisse et dixisse, respondit: Signore lui dice una gran bugia perché non è vero et non si trovarà mai che quello che lui dice sia la verità. Ac et ad convincendum dicta Elisabetta Constituta de mendacio mandavit adduci in faciem ipsius Franciscum Joannis de Maglioleto et facta mutua personarum ac nominum recognitione inter eos fuit dictus aductus medio suo iuramento tactis an interrogatus an ista sit eademe Elisabet Nagni que diebus decursis de nocte fuerit in domo Joannis Marie Farinelli in Castro Maioleti et audiverit dicere preposita in suo examine et ratificatum verbalem in facie ipsius, respondit: Signore questa è quella Lisabetta che alli dì passati di notte che io ero andato a veglia in casa di Giovanmaria Farinello che sentetti che essa Lisabetta disse che lei havia facto la malia a Rosata moglie di Domenico Fratino ma che non la poteva guastare senza esso Domenico Vittoria Zengara et Lucia di Crochia et sentette che Domenico gli rispose che lui non ci voleva andare perché non ce si era trovato et che non ne sapeva niente ma che la guastasse lia che l'havia facta et io quando intesi queste cose stetti a guaitare nel secondo uscio di casa di Giovanmaria et da una bugia dell'uscio vedevo che lì ci stateva questa Lisabetta Domenico detto Giovanmaria et Giovandomenico di Berardino et questa è la verità. Et e contra dicta Elisabet Constituta respondit: Signore ve dico che costui dice la bugia et io dico il vero. Et replicante adducto respondit: Signore ve dico che lia è bugiarda et io dico il vero et ve dico di più che hier sera me vergognai di dirvelo che costei me è parente che me è cugina ma perché fa queste cose dimando che si faccia giustizia contra di lei. Et tunc Dominus cum viderit persistere utrumque in dicto suo licentiavit adductum et prosequendo examen dicte Constitute fuit interrogata quid modo audeat dicere predictus, respondit: Signore vi dico che costui dice la bugia et io ve dico la verità et per la verità non ve posso dire altro che quello che ho detto et non dirò mai altro et questo Francesco sebene me è parente è tanto amico di Fratino che dirà questo et altro contra di me perché questo si fa per dinari et io so' poverella. Nec non adductus in facie dicta Constituta Mencus Mathei de dicto castro et facta mutua recognitione inter eos personarum ac nominum ut supradictum fuit adductus interrogatus medio iuramento tactis in an ista sit illa Elisabet que superioribus diebus de nocte in domo Joannis Marie Farinelli de Maglioleto dixit deposita per ipsum testem in suo examine et recenseat in facie ipsius Constituta, respondit:

66 Signor sì che questa è quella Lisabetta che alli dì passati di notte stette in casa di Giovanmaria Farinello a Magliolati et contrastava tra essa et Domenico in detta casa presente Giovanmaria detto et Giovandomenico di Berardino et io me ero retirato in una cameretta et contrastavano di certe facture che diceva che l'havia facte Lisabetta alla moglie di Domenico et la figlia alias Il Fratino et Lisabetta negò un pezzo et poi confessò che l'havia facte lia ma che non le poteva guastare senza Victoria et Lucia. Et e contra dicta Constituta respondit: Signore costui parimente dice la bugia et non è vero cosa che dica et voltandosi a detto adducto “Voi dite così perché Domenico ve è compare et vivete su la borsia di Domenico”. Et replicante adducto dixit: Signore lia è una bugiarda che io dico il vero et non voglio pigliare il giuramento per nessuno et ve dico di più che costei disse a Domenico che un dì voleva che Domenico si fusse andato ad inpiccare da per lui. Et cum Dominus viderit utrumque permanere in dicto suo licentiavit adductum et dicta Constituta mandavit reponi ad locum suum acceptatis favorabilibus pro fisco et presertim confessionibus et dimisit examen

DIE 14 JANUARII 1594 Donna Victoria Zingara iterum de qua supra principalis Constituta quo ad se et testis quo ad alios que medio eius iuramento tactis deposuit prout infra. Interrogata an melius disposuerit fateri veritatem qua fecerit in aliis suis constitutis, respondit: Signore io me so' risoluta di dire la verità meglio che non ho facto nell'altri miei examini senza lassarci cosa nessuna. Interrogata ut recenseat istam veritatem, respondit: Signore quest'agosto passato Lisabetta di Nagni insiemi con Lucia di Crochia da Maglioleti venne a Jesi per parlarmi sopra questa factura et non me ci trovorno ma dopoi nel medesmo mese ce ritornò detta Lucia di Crochia sola et me disse da parte di Domenico Fratino primamente et poi di Lisabetta che se io volevo fare una factura alla moglie di dicto Domenico acciò lei si morisse che beata a me et io che so' poverella gli detti canzone et li dissi che l'haveria facto et così ritornando a Maiolati questo Domenico dette in mia presentia una scarpa di sua moglie a detta Lisabetta de mio ordine per fare questa factura a detta Rosata moglie di Domenico et ci dette le scarpe di sua moglie fuora delle mura in un loco che se dice Le Fosse145 et dopoi Lisabetta et io andammo a casa d'essa Lisabetta dove c'era solamente la sorella che casca di quel male che

145 Località di Maiolati presso la “Chiesa Nova” di San Giovanni.

67 non pose cura a quello che ci facemmo et Lisabetta et io pigliammo una di dette scarpe et la posammo in terra et la mesurammo girandola co' la punta d'un cortello et Lisabetta raschiò la suola di detta scarpa et gli insegnai che ci dicesse queste parole mentre segnava la forma di detta scarpa: “al nome sia del gran diavolo si come se secca questa terra così si sechi Rosata” et quella terra che fu raschiata dalla suola della scarpa fu messa in un cencio et la pose sotto il camino acciò se seccasse perché la terra era fresca et dopoi del mese di settembre che era fenito quasi de vendemiare, Domenico suddetto me diede certi capelli che gli dimandai io di Rosata acciò io facesse un'altra factura alla moglie perché diceva che questa prima non havia operato. Et io per guadagnare qualche cosa dissi che gli haveria facto la factura, et li capelli me li dette nella bottega dove detto Domenico vende il pane et me dette da quatro o cinque baiochi di pane et io presi detti capelli avvolti in una cenciarella et il pane andai in casa di Barbetta panettiera et cominciai a ragionare con detta panettiera et gli mostrai detto cencio et dissi che l'havia trovato nella bottega di Domenico et che voleva vedere che era dentro et quella donna disse “a se fusse dinari” et aprendo il cencio veddi che erano capelli che lo sapevo et in presentia di detta moglie di Barbetta li buttai su nel foco. Et ad alia interrogatione respondit: Io con li capelli non ci ho facto factura ma li ho buttati su nel foco et se nel letto di Rosata ci sonno state trovate le facture ce l'havrà portate il diavolo. Interrogata opportune respondit: Sonno parecchi anni che io ero giovenetta che me ero corocciata con mio marito et ero disperata et là in quel di Macerata nel mezzo giorno m'apparve un'ombra che era una cosa longa longa tutto stracciato con li occhi grandi come quelli di bovi con un cappellaccio et havia una mazza in spalla et paria146 che venesse alla volta mia et io me ritornai adietro et andai là dove stateva mio marito a metere. Interrogata quis fuerit eius magister vel magistra respondit: A me non ha insegnato nessuno ma l'ho sentito dire a Giovannaccia quando me tolse la pedica di Verginiaccia che si faceva a quel modo et diceva che non faceva altro male se non amalare et un poco distruggere et la factura l'ho insegnata io a Lisabetta et lia l'ha facta. Et tunc Dominus tarditate hore impeditus acceptatis favorabillibus pro fisco et presertim confessionibus dimisit examen et pro modo mandavit reponi ad locum suum omnimo modo.

146 Sembrava.

68 DICTA DIE Elisabet Nagni iterum Constituta coram ut supra que medio eius iuramento principalis quodam se et testis quo ad alios que medio eius juramento tactis deposuit prout infra Interrogata an cogitaverit ipsa Constituta melius dicere veritatem quam fecerit in suis superioribus constitutis, respondit: Signore io me so resoluta de dire la verità et vengane quello che vole. Et Dominus dicente ut recenseat istam veritatem, respondit: Questo Domenico alias Il Fratino da Maiolati me ha sequitato un pezzo né mai me ha potuto havere eccetto che questo Carnevale passato me mandò a chiamare da una mambola147 chiamata Santa se bene me ricordo la quale è morta da parte di Rosata sua moglie et io andando a casa sua subito che fui intrata dentro casa questo Domenico stangò l'ussio et me cominciò a bracciarmi et basiarmi et se bene io feci un poco de resistentia et volevo uscire fuori pure per non me svergognare me ci lassai score148 et gli acconsentì et me conobbe carnalmente et hebbe la mia vergenità et dopoi più et diverse volte me ha goduto a suo piacere et in casa mia che non se ne accorgeva nessuno et fuora in campagna giù la palombara149 et ve dico che questo Domenico non hai mai potuto di vedere la moglie et haveria hauto caro che gli si fusse morta et a me me ha detto più volte che se gli si fusse morta la moglie lui non voleva altra donna che me et l'ha detto medesmamente in casa di Giovanmaria che me l'ha detto la moglie di Giovanmaria che si chiama Rosata come medesimamente me ha detto detto Domenico che lui in tutti li modi voleva ammazzare la moglie per potermi sposare a me che dopoi che me havia tolto la mia vertù et questa 'state tra le altre che non me ricordo del mese me disse che haveria voluto che io gli havesse facto una factura per la moglie acciò se havesse a morire et io gli dissi che le facture non le sapevo fare et che trovasse lui chi le sapea fare et gli dissi che non havia quatrini per spendere in simile cose et lui me disse non dubitare de' quatrini che ne ho io et medesimamente questa 'state passata questo Domenico mandò Lucia a Jesi a trovare Victoria Zengara perché gli insegnasse una factura che facesse morire la moglie che me l'ha detto detta Lucia et io dissi a Lucia che non lo facesse et lei rispose “che te importa a te se lo pol far lui lassalo fare che te importa a te” et quest'estate che non me ricordo del tempo preciso andando alla fonte me incontrai in detto Domenico che havia un paro di scarpe della moglie che io gli l'havia dimandate perché Vittoria me l'havia dimandate per fare questa factura et me le buttò in una fratta lì sotto la chiesa in un loco che si dice le Fosse et le presi et andai per l'aqua et le detti

147 Bambina. 148 Lasciai fare. 149 Contrada di Maiolati collocata ad ovest del castello verso Taiano.

69 dopoi a Victoria circa otto giorni dopoi sotto la chiesa nova150 in una cupa151 et se le portò et giù la strada prese le scarpe et le mesurò in terra et me disse bisogna segnarle così con la punta del cortello desegnando il modo con una zeppa et me disse poi che non ci è il cortello me le portarò io et poi te le reportarò con tutto quello che bisogna et di lì a un so che giorni costei ritornò a Maiolati e trovò me là fuora della porta et me tirò da banda et me rese le scarpe et un cencio dentro del quale ci era la terra et lo presi et me disse che lo mettesse sotto il camino et questo è quel cencio che me tolse Margarita di Marcone. Et ad alia interrogatione respondit: Signore io non ho tocco mai più quella terra di quel cencio et non l'ho mai buttata dietro a Domenico né a nessuno et io non so che cosa se sia ma io l'ho presa perché Domenico me disse che voleva che si facesse alla moglie per farla morire et pigliarmi a me per sua moglie. Interrogata opportune respondit: Io in questa factura non ci ho fatto cosa alcuna. Interrogata opportune respondit: E' vero che io parlai a Domenico in casa di Giovanmaria Farinello alli dì passati di notte et gli dissi presente detto Giovanmaria et Giovandomenico mio cugnato che la factura bisognava che la guastasse lui che l'havia facta fare et Victoria Zengara che l'havia facta. Interrogata opportune respondit: Signore in quanto allo spassatempo che io ve ho detto che m'era rotta ve ho detto la bugia perché Domenico me havia decto che non lo scopresse di niente. Et ad alia interrogatione respondit: Tutto questo che ho detto è vero et ne starò con lui ad ogni paragone et l'ho detto per la verità et non per caluniare a lui né altri et Lucia ve dirà che Domenico ha facta fare la factura alla moglie per farla morire come ve dirà Victoria ancora per la verità. Et tunc Dominus acceptatis favorabilibus pro fisco et presertum confessionibus dimisit examen et mandavit reponi ad locum suum.

DIE 15 JANUARII 1594 Gambinus pubblico executor Curie episcopalis infra dicte curie denunciationem dedit Signore io so' stato a Maiolati con la commessione di V.S. a cercare la casa di Lisabetta di Nagni et cercando in una cassa ho trovato questo mazzo di penne

150 Vedi nota 51. 151 Stradina.

70 legate con questo filaticcio et queste bindelle et questa lenza di guardengo152 negra con questo filetto di ginestra era legati sotto il camino di casa di essa Lisabetta però le ho portate et eccole qui. Qui N.D. Vicario visis et auditis predictis mandavit dictas res conservari.

DIE 15 JANUARII 1594 Donna Lucia Dominici de Castro Maioleti in quo medio eius juramento tactis deposuerit pro ut infra Interrogata qua ea credat se fuisse ducta in carceribus, respondit: Signore io non lo so perchè me sia venuta presione. Interrogata an ipsam Constitutam allocuta fuerit semie cum Donna Elisabetta Nargni una cum Domenico alias Il Fratino de Maglioleto quo loco quo tempore et de quibus rebus, respondit: Signore di quest'anno mentre si carpevano li lini essendo io et Lisabetta detta a carpire il lino qui alla Moglia153 nel arborata di Maccario ci venne Domenico alias Il Fratino che essendosi retirata Lisabetta a corre le melelle ne la medesima arborata, me chiamò che ci andasse a mangiare delle melelle io ancora et così ci andai et ci trovai lì da lia detto Domenico che parlavano insiemi et sentetti a Lisabetta che disse a Domenico che lia gli havia facto una factura et si sbigottì et disse Lisabetta che gli havia facta quella factura perchè non gli osservava quel che gli havia promesso et Domenico disse “di gratia Lisabetta non la fare a me questa factura, ma se tu hai da far covelle154 farla per lia” et ragionavano della moglie et disse che lui non gli havrebbe mancato di quanto gli havia promesso. Interrogata opportune respondit: Domenico sudetto me disse “averti Lucia che tu non dichi niente se non che questo né questo archebusio” et Domenico se andò con Dio et Lisabetta et me tornammo a carpire il lino. Interrogata quid post discesum dicti Dominici ipsa Constituta et Donna Lisabetta fuerint ad invicem allocutae, respondit: Io gridava a detta Lisabetta et lei me diceva “sa ben lui quel che me ha promesso” et io gli diceva “averti che sarà come quelli che dice fin che cel metto ogni cosa te prometto, come si è cavato si è guasto il contratto et svergognato il parentato”.

152 Stringa di tessuto 153 Moie di Maiolati Spontini 154 Se non hai nulla da fare.

71 Interrogata de quo tempore ipsam Constitutam venerit ad Esium associatam cum Donna Elisabetta Nagni ad quid agendum cum quibus personis fuerit allocutis et de quibus rebus respondit: Signore io venni questa state passata a Jesi con Lisabetta ma non me ricordo di che mese sia stato et venemmo per venire al Crocifisso et pigliato il perdono ce ne venemmo in Terra Vechia et Lisabetta dimandò a Cruciana matre di Giuliabella da Maglioleti che sta qui a Jesi per stantia et Lisabetta dimandò a detta donna dove era la casa di Vittoria Zengara et detta Cruciana gli disse è stata un so che di mesi, ma non ha loco fermo che quando va in là et quando in qua, et detta Lisabetta me mandò su per Terra Vechia per comprare qualche cosa da mangiare et lia restò lì da Cruciana et quando tornai giù trovai a Lisabetta che mangiava et ragionava con detta Cruciana della sorella di essa Lisabetta et che quella Vittoria Zengara haveria voluto che gli l'havesse guarita. Et ad alia interrogatione respondit: Non me ricordo quanto entrasse di mezzo da che venni al Crocifisso con Lisabetta ma fu pochi giorni dopoi detta Lisabetta me venne a trovare giù in Tagliano a casa mia et me disse che voleva che io venisse a Jesi per Victoria Zengara perchè lei gli voleva dimandare se lei sapeva fare queste facture, che si le sapeva fare voleva che le facesse ma non disse per chi le volesse far fare. Et ad alia interrogatione respondit: Io credo che la factura la volesse far fare alla moglie di Domenico, perchè Domenico gli havia detto che se havea da farla non la facesse a lui ma alla moglie che gli haverebbe osservato quanto gli havia promesso. Et ad alia interrogatione respondit: Signore io per far servitio a Lisabetta venni da parte sua a parlare alla supradicta Victoria et gli portai una strenga et una bindella 155 da capo et non so che quatrini che detta Isabetta me dette aciò li desse a detta Victoria come feci et io dissi che Lisabetta gli haverebbe voluto parlare per fargli fare una factura et dissi a Victoria che lia non se ne inpacciasse et che non volesse dare l'anima al diavolo et lei disse che non le sapeva fare dette facture. Interrogata opportune respondit: Signore Domenico a me non me ha mai dato cosa alcuna ne manco me ha mai recercato che io vengha a trovare Victoria per fare fare le facture alla moglie ne manco per altro effetto et a me non ha ha mai dato niente. Interrogata an antequam fuerit adducta in carceribus fuerit ab aliqua persona ad aliquid deponeneri et in quo respondit:

155 Piccola striscia di stoffa.

72 Quando venni qui l'altri hieri da lori me diceva che io dovesse dire la verità et tra l'altre hoggi Giovandomenico cugnato di Lisabetta me ha detto io dica la verità et non pata per veruno. Et ad alia interrogatione respondit: Hoggi quando li sbirri me menavano me si accostò Domenico sudetto et me disse che io stesse in cervello et che non dovesse mentuare156 a lui perchè non me havia dato niente et io risposi “è la verità che tu non me hai dato niente”. Interrogata an si illi ostenderet illa bindella per ipsam Constitutam datam ex parte Elisabettii supradicte Victorie Zingare illam recognosceret respondit: Signore io non so ma se me la mostrate forsi la reconoscerò. Et tunc Dominus mandavit dicta Constituta ostendi bendellas inventas per Gambinum executorem Curie in domo Elisabette supradicte et interrogavit an illa esset easdem bindellas de qua supra qua ostensa et per ipsam m bene inspecta respondit: Signore non è nessuna di queste che me mostrate perchè era una bindella longa da capo come questa mia che ho in testa et era forugola157 et ostendit suam bindellam longam similem ostensis Interrogata opportune respondit: Signore non me ricordo quanto stateva dopoi che la venni a chiamare detta Victoria in venire lassù, ma fu pochi dì dopoi et prima se ne venne detta Victoria a casa mia su in Tagliano et arrivò lì Lisabetta ancora et così tutte tre di compagnia andammo in casa della sorella di questa Lisabetta dove facemmo delli macharoni et inberendammo et poi io me ne ritornai a casa mia et Lisabetta et la Zengara se ne andò a Maiolati. Et tunc Dominus acceptum favorabilibus pro fisco dimisit examen et mandavit poni in carceribus

DICTA DIE Donna Elisabetta Nargni de Maglioleto constituta que medio eius juramento tactis depsouit prout infra Interrogata an que deposuerit in suis superioribus constitutis deposuerit pro veritate nec ne, respondit: Signore quello che ve dissi nelli primi miei examini vi ho detto la bugia ma quello che deposi nel ultimo mio examene è vero et tanto ve retifico adesso. Interrogata quare in suis superioribus constitutis non dixerit veritatem, respondit: Io non dissi la verità per paura di Domenico perchè Domenico me bravò in casa di Giovanmaria Farinello menacciandomi se io dicevo niente contra di lui

156 Citare, menzionare. 157 Termine sconosciuto.

73 et se lo mentovava in cosa alcuna presenti detto Giovanmaria et Giovandomenico de Berardino. Interrogata ut recenseat facti veritatatem quam deposuit in suo ultimo Constituto, respondit: La verità di tutto questo facto passa in questo modo che anno, di Carnevale, questo Domentico havendo la moglie gravida passando una sera de lì da casa mia me dimandò si io havia niente da cena et dicendoli io “perchè voi tu venire a cena con me” et lui disse “sì che ci voglio venire” et se ne intrò dentro casa giù di sotto et andando io per da bevere trovai detto Domenico giù detta cantina et me cominciò a farmi bone parole et dirmi che sua moglie era gravida et che questa volta la voleva fare crepare et che me haveria preso poi me per moglie et tanto disse et tanto fece che me tolse l'honor mio, et la vergenità conoscendomi carnalmente et me ha conosciuto carnalmente in più et diversi lochi più et diverse volte et sempre me ha tenuto detto che se gli si moreva la moglie non volere altra donna che a me et me teneva sempre detto che se moreva la moglie non voleva altra donna che me et il medesimo ha detto con Rosata di Giovanmaria che spaccia il pane che se gli moreva la moglie non voleva altra donna che me et Domenico me ha detto che se la moglie non si moreva lia lui la voleva fare morire per sposarmi et questo gli lo provarò in faccia et Domenico questa state passata quando se carpeva il lino me venne a trovare giù lo vallato che io carpeva il lino insieme con Lucia di Crochia giù l'arborata di Gio. Machario et Domenico me chiamò chiamò et me disse che me voleva parlare et io andai lì da lui et gli dissi che ci era venuto a fare et lui me respose che non poteva fare di manco che dubitava che io non gli havesse facto una factura et Lucia gli disse “metti conto che te l'habbia facta” et io me ne ridevo et Domenico disse “se voi me havete facto a me guastatemela et fatela a mia moglie che io voglio mantenere quanto te ho promesso”. Et ad alia interrogatione respondit: Domenico non disse altro se non che parlò a Lucia se voleva andare a trovare Victoria Zengara che facesse una factura a Rosata sua moglie et Lucia gli respose che lia non ci poteva gire perchè non havia spesa per lassare a casa sua et Domenico il dì dopoi portò una provenda158 d'orzo, in quel medesimo campo et lo dette a Lucia et gli disse esso “l'orzo fatevene ciò che vi piace” et così Lucia andò a Jesi per trovare Victoria et non la trovò ma lassò che venisse a Maiolati et credo che lassasse che facesse la inbassiata alla balia matre di Giulia Bella et di lì a alcuni dì Victoria Zengara venne giù in Tagliano in casa di Lucia et andammo a fare la inberenda in casa di mia sorella et inberendato che havemmo Victoria me disse che io dicesse a Domenico che gli dacesse quelle

158 Antica unità di misura per aridi e liquidi, pari a 8,8 litri.

74 cose et io tornai a Maiolati et dissi a Domenico che Victoria havea detto che lui gli dacesse quelle cose. Et ad alia interrogatione respondit: Le cose che volea la Zengara era le scarpe della moglie et la scuffia et Domenico me le dette et fu là dietro la chiesa dove si dice Le Fosse et dopo che Domenico me hebbe date dette scarpe et la scuffia io me le portai a casa et di lì ad alcuni giorni li decti a Vectoria lì in una strada vecino a Maglioleti che io andava giù a casa di mia sorella et Victoria veneva verso Maglioleti et Victoria prese le scarpe et la scuffia et dimandandoli io quello che ne voleva fare lia me disse con queste scarpe se piglia la mesura così, mettendo la scarpa in terra et dicendo si desegna così con un cortello et la terra che è dentro detto segno si piglia et si mette in un cencio et si mette sotto il camino, et detta Donna Victoria disegnò con uno stecco come si faceva ma perchè non havia il cortello al'hora non poteva fare niente, et si portò le scarpe le quale di lì a pochi dì me le reportò et un cencio dove era detta polvere o terra et me disse che la mettesse sotto al camino come feci se bene non ci credevo ma lo feci come le giovane poco savie et legai detto cencio con una legaccia di guardengo negro et pole essere che ci fosse legato ancora un filo di genestra che ci fusse legato il cencio che ci l'havesse legato Victoria. Interrogata an cum ista fecit dixerit aliqua verba que ipsam constitutam docuerit dicta Victoria et qua: Io so che Victoria me fece dire non so che parole ma non me ricordo che parole fussero. Interrogata an dicta Victoria docuerit ipsam Constitutam ut diceret hec verba “In nome sia del gran diavolo si come se secca questa terra così se sechi Rosata”, respondit: Signore io non me ricordo che parole me facesse dire detta Victoria et pole essere che fussero queste che me dicete voi. Interrogata quid fecerit de calceamentum et calanticam quam ipsam Constitutam habuit a predicto Domenico et dicte Donne Victorie: Signore le scarpe me le rese Victoria et sonno in casa mia se non sonno andate a mala via da che so' quaggiù, ma la scuffia se la tenne lia. Interrogata an ipsa Constitutam dederit Donne Lucie quasdam bendellas et stringas ut illa daret predicte Victorie Zingare et nonnullam pecuniam quantitatem, respondit: Signor sì che gli detti una strenga et una bindella che le desse a Victoria che me havia detto lei che gli mandasse per fare detta factura et gli detti un so che baiochi che li desse a Victoria che disse volerci fare certe lumenarie et certe cose. Et ex se subdit:

75 Victoria buttarà la soma sopra me, ma io non so fare cosa nessuna et ciò che ho facto ho facto per raquistare l'honor mio che Domenico me havia tolto. Interrogata opportune respondit: Quel cencio con quella terra me la tolse Margarita di Marchone con la qual me ero confidata come vi ha detto lei. Interrogata opportune respondit: A Domenico io non ho mai buttato polvere dietro per farlo venire dietro a me né manco dettoli parole et così non ci fusse venuto bon per me ma quanto a quelle parole che Margarita dice che io dissi “per S. Pietro et per S. Paolo se tu non vieni da me ti porti il gran diavolo” que verba fuerunt per dicta Constituta relata, ma ma può essere che gli l'habbia detto per farglilo credere ma non me ne ricordo. Interrogata opportune respondit: In casa di Giovanmaria di Farinello io dissi a Domenico che se lui voleva che si guastasse la factura a Rosata sua moglie che la guastasse lui Victoria et lui che l'haviano facta. Interrogata a quo habeavit dictam bindellam et strengam trasmissat Vittorie per Lucia respondit: La stringa non me ricordo se era negra o roscia159 ma me pare fusse negra et la bendella era di filato bianco et la strenga me la dette Domenico et la bendella gli la detti io che era la mia. Interrogata opportune respondit: Io dissi a Domenico in casa di Giovanmaria che lui ancora non ne era fora che ancora un dì lo voleva fare appicare da lui stesso perchè havendo lui facto fare la factura io l'haveria scoperto et se al'hora lui non me bravava l'haveria confessato la prima volta. Interrogata an aliquid aliud recordet fuisse factum in dicto maleficio, respondit: Signore Domenico quando se infantò la moglie che me pare fusse di settembre quando fu con me là la chiesa di fuora me disse che poi che la factura di Victoria non faceva l'effecto che lo voleva fare lui et in tutti li modi la voleva fare morire lui et che tra le altre cose che la sera lui havia dato due ove a bevere alla moglie che gli havia facto vomitare gran cose et che maravigliandosi la moglie che la faceva così vomitare lui gli disse forsi sonno ove coaticcie160 et Melentrana sua balia ce andò la matina sequente là da lei et le disse che quelli ovi che gli havia dato il marito gli haviano facto tanto male che lei non pensava venire a giorno.

159 Rossa. 160 Marcie.

76 Interrogata an ipsa si ostendet ricognosceret dicta balzanam qua fuit legatum dictum cencium sul camino respondit: Se me lo mostrate lo conoscerò. Et tunc Dominus mandavit sibi ostendi dictam bendeam qua visa et per ipsa bene inspecta, respondit: Signore questa è quella. Interrogata an in domo sua habeat aliquas pluma gallinaribus in simul ligata cum quibus bindellis calciamentoribus ac filis lini in sua domo et quid de illis faciebat, respondit: Signor sì che potrebbe essere che ci havesse queste cose et saria facil cosa se le vedessi che le reconoscisse. Et tunc Domino mandavit dicta Constituta predictas res sibi ostendi qua per ipsam visa et bene inspecta, respondit: Signore queste cose erano in casa mia et doveano essere in una cassa et questo penachietto era per mettere su la testa a una ragazza di mia sorella et questi sonno fili di telari avanzate nel tessere et queste sono legaccia di calzetti. Et tunc Domino mandavit ad examen bonum effectum supradicta conburi que fuerunt per Vincentium baiulum conbusta Interrogata cum ipsa Constituta fuit in quadam stantia contigua ecclesiae Sancte Mariae Castri Maioleti cum dicto Dominico quid fecerit in dicta stantia et de quo tempore, respondit: Signore questa estate passata che si era battuto Domenico alias Il Fratino il quale tiene le chiave di quella stantia me disse che io andasse là et così ci andai et fu in su l'hora di mezzogiorno et ci stetti assai tempo che era venire a notte quando uscii et me vedde uscire Don Berardino prete di Franciolino et lì in quella stantia havemmo che fare insiemi più volte conoscendomi carnalmente. Et ad alia interrogatione, respondit: Altre volte Domenico me ha facto andare nella sopradicta stantia della chiesa di fuora quante volte gli è piaciuti et sempre che ci sò andata ha hauto che fare con me carnalmente. Et ad alia interrogatione, respondit: Signore se voi me faceste tritare io non posso dire altro che questo che ho detto questa sera per la verità. Et monita ut nolit infamare dictum Dominicum sed dicere veritatem et cavere a mendacis et a periuris, respondit: Signore io non infamo altrimenti a Domenico ma dico il vero et per non scoprirlo l'altre volte ho detto la bugia et giurato il falso et di questo ve ne dimando perdono perchè l'ho facto per paura di Domenico. Et tunc Domino acceptat favorabilibus pro fisco et presertim confessionibus dimisit examen et mandavit reponi ad locuum suum.

77 DIE 16 JANUARII 1594 B.D. Berardinus Frangipanis de Maioleto alter testis pro informatione Curie examinatus qui medio eius iuramento tactis deposuerit pro ut infra V.S. Interrogatus opportune, respondit: Signore di questo non so altro se non che alli giorni passati che me pare fusse del mese di settembre prox passato tornando io da Monte Ruberto in sul'hora di mezzo giorno, et arrivato che io fui qua la chiesa di fuora di Maglioleti chiamata Sancta Maria161, entrai dentro per l'uscetto piccolo et trovai lì in chiesa a passegiare Ser Vigerio Colino et lo salutai et non me respose et io presi il perdono et poi me ne andai lì in casa di detta chiesa dove habito et de lì a un pochetto dopo questo Ser Vigerio detto me venne a chiamare et dire che di gratia andasse un poco lì da lui et ci andai et me tirò in chiesa detta et me disse “ti voglio dire una cosa ma teneteme secreto” et io gli dissi che non dubitasse che lo terria secreto et così me disse “tu hai da sapere che qua dentro questa Cappella delli fraternali ci è Domenico alias Il Fratino et Lisabetta di Nagni” et io gli dimandai che cosa ne sapeva lui me respose et disse che lo sapeva lui perchè ce li havia visti intrare di là da casa sua et me pregò che io di gratia non me partisse di lì et ci stetti un pezzo assiemi con detto Vigerio che lavoravo un calzetto aguchio162 et di poi si partì detto Vigerio et ci stetti medesimamente un altro pezzo che che ce dissi l'offitio vespro et un pietà et Vigerio andava et tornava da casa sua inanzi et indietro et gli dicevo io che colloro non erano usciti et che io non credevo che ci statesse et lui me ratificava che ci statevano certissimo et insomma stetti lì dal hora che vi ho detto che era intorno al mezzo giorno fino al sono del Avemaria et a detta hora del Avemaria detto Domenico scappò di detta Cappella con un sacco da fraternale sotto braccio et venne alla volta del Castello et io perchè non vedeva uscire dicta Lisabetta che Vigerio havea detto che era lia ancora per accertarmene bussai all'uscio di detta Cappella et dissi “apri qua esci fuori adesso che non ci è nessuno” et Lisabetta aprì et io intrai dentro et trovai detta Lisabetta dietro a detta porta di cappella et gli dissi che uscesse fuora et andasse per l'uscetto piccolo della chiesa perchè non fussa vista né fusse scoperta et lia disse “non ci voglio uscire perchè non voglio che paia che qua ci habbia facto qualche trestitia” et io gli replicai che se andasse con Dio di lì et andò via per la porta grande della chiesa et se ne venne verso il Castello lia ancora. Et ad alia interrogatione, respondit:

161 Chiesa di Santa Maria della Misericordia, collocata esternamente al paese. Don Bernardino Frangipane ne era il cappellano e ne compila un inventario dei beni nel 1592. Vedi ASDJ, Classe III, Busta XXIV, 50, c. 16 r. 162 Con l'ago.

78 Io non so quello si habbino facto dentro detta cappella detti Domenico et Lisabetta ma ci stette per spatio da cinque o sei hore bone. Interrogatus opportune respondit: Signore io non so chi l'habbiano visti uscire né entrare detti Lisabetta et Domenico in detta Cappella da Vengerio in poi che me lo disse a me come vi ho detto. Subdens interrogatus, respondit: Signore se dice qua nel nostro Castello pubblicamente da ogniuno che Rosata di Domenico è stata amaliata da Lisabetta di Nagni si si è vero o non vero loro lo sanno. Interrogatus an sciat vel dici audiveret et a quo diebus elapsis fuisse reperta maleficia facta contra dicta Rosata in lecto epsuis, respondit: Alli dì passati una sera di notte et me pare sia stato dopo il dì di Natale che me fu detto che Rosata era speritata163 et che Don Giovanberardino pievano nostro stateva a scongiurarla164 et così ci andai in casa di detta Rosata et ci trovai a detto Don Giovan Berardino che la scongiurava et me ci fermai ancora io et ci statemmo fino a sette hore a scongiurarla et in quel mentre che statemmo lì me disse Don Giovanberardino se io havia vista la factura che era stata trovata nel letto di Rosata et io gli dissi di no et così lui me la fece mostrare da quelle donne che erano lì chiamate una Calidonia et Donna Francesca di Domenico et veddi che erano più et diverse penne di varii colori inpiciate165 in una pezza et un pezzo de terra longo quanto un mezzo deto et ci era in ditta terra un poco di verde et me cascò un so che di quelle penne in terra et io le abrugiai et il resto di quella malia restò lì per quella sera et la matina subbito che hebbi detta la messa andai in casa del pievano et cominciammo a discorrere lui et me che potia essere et non essere quella cosa et il pievano teneva per fermo che fusse una factura et io tenevo il contrario et così d'accordo mandamo per essa che ci andò Polidoro di Vangelista et la portò lassù et la vedemmo di novo et io ancora vista che l'hebbi ancora io tenevo l'oppinione del pievano che fusse una factura et la volsi abrugiare et il pievano non volse perchè diceva che Donna Rosata havia detto che si dovesse abrugiare ma che era pericolo di chi l'abrugiava et dei circostanti et però non volse et io gli dissi che non ne havia paura che me insegnasse il modo che io saria andato ad abrugiarla in casa mia et il pievano me dette il sacerdotale et me insegnò et andai in casa mia et me portai detta factura et l'abrugiai et questo è quanto so et posso dire intorno a questo negotio.

163 Posseduta. 164 Liberarla dal maleficio. 165 Intrecciate.

79 Interrogatus in causa scintiae dixit ut supra.

DICTA DIE Donna Rosata Uxor Dominici alias il Fratino Constituta principalis quo ad se et testis quo ad alios que medio eius iuramento tactis deposuerit prout infra. Interrogata qua de causa repereat sic afflicta et consumpta et a quanto tempore citra, respondit: Io sto così da circa un mese in qua in circa et me sento una cosa nello stomaco che me va in su et in giù che alle volte me si conduce che pare che me voglia strozzare. Interrogata opportune, respondit: Signore io me giudico che me sia stato facto qualche male da qualchuna perchè non so' mai più stata così se non da detto tempo che ve ho detto in qua. Interrogata an ipsa habeat suspicionem in aliqua persona et in qua qui fecerit sibi maleficia, respondit: Io non so de chi me sospettare perché non lo so et è ben vero che una volta Vittoria Zengara circa doi mesi sonno qui in casa mia me disse che io me havesse cura “perché Lisabetta di Nagni et Nagni suo patre prova de volerte affacturare et farti morire” et io gli dissi che non ci credevo perché non havia da partire niente con loro si che da un mese in qua come ho detto me so' venuta consumando a poco a poco et me so' condotta così et me sento nel stomaco come ho detto et per le parole che me disse detta Vittoria me fa pensare et giudicare che detti Lisabetta et Nagni me habino facta la factura. Et ad alia interrogatione respondit: A me la factura ho trovato che me è stata facta et le parole dettime da Vittoria me riescono vero perché volendo io mandare a lavare li miei panni feci guastare un capezzale dal letto che era pieno di penna per lavar la piumaccina et lo feci guastare et voitare166 a Calidonia di Baptista et Francesca di Pastochia costoro trovorno lì dentro una factura et subito che la cacciò fuora et me la mostrò me si fece male che bisognava che due persone me tenesse altrimente me cascava in terra et subbito costoro mandorno per il pievano de qui et venne qui in casa al quale gli fu mostrata dicta factura et lui subbito me attaccò un breve al collo che ancora lo porto et me cominciò a legere certi libri et me fece cavare la lingua de bocca et me se ingrossò talmente che non potevo parlare et il medesmo me ha facto due o tre volte in chiesa dove so' andata che medesmamente me legeva detto pievano et me faceva cavare la lingua de bocca come ho detto et alle volte quando volevo mangiare me veneva un tremo et se bene masticava non potevo ingottire et deve essere un otto giorni in circa che

166 Vuotare.

80 me si è passato un poco ma me è restato questa cosa nel corpo che me scorre in su et in giù. Interrogata opportune, respondit: Signore detta Lisabetta mentre io so' stata in casa non ci ha praticato ma per quanto me è stato detto da Marchesina di Giovandomenico et Rosata di Matteo che questa Quaresima passata mentre io ero a Castelbellino che detta Lisabetta è stata qui in casa mia con Domenico mio marito et altro non ne so. Interrogata an fuerit ablatum de dicta domo aliquem res et que, respondit: Signore io me so' accorta che questo mese d'agosto proximo passato me fu tolto un paro167 di scarpe bianche sottile et non so chi me l'habbia tolte et né le ho ritrovate et potria essere che me fusse stato tolto dell'altre cose ma non me ne so' addata168 perché in una casa ce sonno delle robbe et però non se ne accorge homo, ma delle scarpe me ne accorsi subito la matina. Interrogata quomodo fuerit tractata et modo tractatur a Dominico eius viro, respondit: Signore io non me so' mai potuta dolere di lui né manco me ne doglio adesso perché sempre me ha tenuto da moglie et me vol bene che tra lui et me non ci è mai stato disparere nessuno et ogniuno di questo loco lo sa. Subdens interrogata respondit: A me non me è stato dimandato capelli da nessuna persona né manco so che me siano stati tolti. Et interrogata respondit: Signore io non so altro che Lisabetta habbia buttate parole con nessuno de farmi niente se non per quanto me disse quella Vittoria Zengara che detta Lisabetta me voleva affatturare et in quanto a me non ho altro sospetto che in detta Vittoria et detta Lisabetta et ve ne prego per l'amor de Dio che mi aiutate a liberarmi di tanto flagello. Et tunc Dominus dimisit examen.

DICTA DIE Donna Tomassina uxor Barbette alter testis pro informatione Curiae examniata que medio eius iuramento tactis an deposuit ut infra Interrogata an cognoscat Donna Victoria Zingara et a quanto tempore citra et an cum eadem allocuta fuerit cum ipsa Victoria quo loco et de quare, respondit: Signor sì che conosco questa Vittoria Zengara da poi in qua che spaccio il pane che deve essere da ottobre in qua salvo il vero che veneva a comprare il pane et subito hauto che havia il pane se andava con Dio et non mai haveva sua pratica et non voleva sua traccia perché mio marito me ne avertia che me haveria

167 Paio 168 Accorta.

81 robbato qualche cosa et così subito arrivata lì gli dacia il pane lo pagava et subbito si andava con Dio et non ci ragionava né altro con lia mai. Subdens interrogata respondit: Io non ho inteso dire niente né di Victoria Zengara né de Lisabetta se non adesso che se intende che stanno pregione per certe factochiarie che hanno facte et se dice che l'ha facte a Rosata di Domenico che si dice pubblicamente. Subdens interrogata respondit: Signore a me Vittoria non me ha mai mostrato né pezze né capelli né niente et se dice altrimente lia è una bugiarda marcia perchè io non voglio pigliare il giuramento falso per nessuno. Et ad alia interrogatione respondit: Signore io non ho mai inteso dire a Domenico che lui haveria hauto caro che si moresse sua moglie per volere pigliare a Lisabetta di Nagni per moglie et se gli l'havia udito l'haveria ripreso perché voglio meglio a Rosata che se me fusse figlia. Interrogata opportune respondit: Domenico alle volte me ha parlato et detto bondì, bondì et bon anno del resto non me ha detto né gli ho inteso dire altro. Interrogata in causa scientie dixit ut supradicta

DICTA DIE B.D. Johannes Berardinus Ferrantis de Massaccio Plebanus Castri Maiolati alter testi pro informatione Curiae examinatus qui medio eius iuramento tactis an deposuit prout infra Interrogatus opportune, respondit: Signore alli giorni che è stato dopo natale che non me ricordo del giorno preciso stando io in casa di Perlinardo Nisi intorno al'hora delle vint'doi di giorno incirca qui a Magliolati a scongiurare Donna Candiana, venne lì una donna a chiamarmi che di grazia io andasse un poco fino lì in casa di Domenico alias Il Fratino che havia trovate certe cose in un capezzale et dubitava che non fusse qualche factura et io subbito lassai et andai a casa di questo Domenico et arrivato che fui lì trovai Rosata moglie di detto Domenico tutta sbattuta et tremava et ci erano lì alcune donne che non le conosco per nome et io dimandai dove era quelle cose trovate nel capezzale et quelle donne me mostrò et veddi che era una pezza longa circa un forcello169 et larga il medesmo nella quale erano infilzate varie et diverse penne in diversi modi et un pezzetto di terra come un mezzo deto di homo et ci era un segno biforcuto con un segno verde et visto che hebbi questa cosa la feci porre da una banda et

169 Termine sconosciuto.

82 poi feci la beneditione per fare un breve secondo Flagellum Daemonum170 et lo feci et gli l'attaccai al collo et poi benedissi il vino contra facturatos171 et gli lo detti bevere et poi comenciai a scongiurarla et gli stetti intorno sino alle sette hore di notte et più volte mentre la scongiurava gli se ingrossò la gola et la lingua che non poteva parlare et daceva altri segni ancora da speritata secondo me ma non l'affermo perché non so' experto troppo in questo exercitio et tra li altri segni me dette che havendoli messa la mano su nel capo che apena la toccava diceva che sentia un gran peso sopra la testa et una volta dimandanoli io perchè era intrato in quel corpo me disse che era entrato per guardarlo et dimandanoli se lui havia la carità me respose di no et me promesse di volere scappare et che era solo et di più me disse che me haveria dato segno et io gli dissi che segno haveria dato et me rispose che haveria lassato morto quel corpo et io gli protestai secondo l'arte et disse ancora che haveria bottato tre volte alla finestra et non fu facto altro per al'hora et la matina dopoi la messa dove erano molte genti et questa Rosata ancora scongiurandola in chiesa et dimandandoli che me insegnasse il modo da guastare detta factura me disse che bisognava fare pigliare Victoria Zengara et dimandandoli dove stava me disse che stateva a Jesi in casa di Giustina a sedere et ragionava di questo perché l'havia saputo et diceva ancora che bisognava che tutti tre d'accordo l'havesse guasta et che la Zengara non ci saria venuta d'accordo et dicendogli io chi era quelli doi altri me si accostò al'orechia et piano piano me disse Lisabetta di Nargni et Lucia di Corazza et che tutte tre bisognava che fusse d'accordo a guastarla et il giorno seguente medesmamente in chiesa havendoli detto mentre la scongiurava che me insegnasse il modo di guastarela me respose perché non fai quello che ti ho detto se te l'ho insegnato. Et ad alia interrogatione:

170 Si tratta dell'opera di Girolamo Menghi, frate dell'ordine dei minori osservanti, noto esorcista del XVI secolo ed autore di altre opere sull'argomento. In particolare il Flagellum Daemonum (pubblicato nel 1577) ottenne grande popolarità e fu frequentemente utilizzato come manuale esorcistico e punto di riferimento per tali pratiche da parte dei sacerdoti. Su Girolamo Menghi cfr: G. ROMEO, Inquisitori, escorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Sansoni, Firenze, 1990 pp. 114-127; G. DALL'OLIO, Alle origini della nuova esorcistica. I maestri bolognesi di Girolamo Menghi, in “Inquisizioni: percorsi di ricerca”, a cura di G. Paolin, Trieste, EUT 2001; V. LAVENIA, Voce Menghi Girolamo in “Dizionario Storico dell'Inquisizione”, diretto da Adriano Prosperi, con la collaborazione di Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, Pisa, Edizioni della Normale, 2010, II, pp. 1022-1023. 171 Come specificato nel Flagellum Daemonum nelle orazioni e specificatamente per la “Benedictio vinis ad sanandum maleficiatos” in G. MENGHI, Flagellum Daemonum, Exorcismos terribiles potentissimos et efficaces, Lugduni, Sumptibus Petri Landy, 1604, pp. 236- 237.

83 Signore la matina poi che io stetti a scongiurare in casa detta Rosata Don Berardino Frangipane et me mandammo per essa detta factura in casa di detta Rosata a Polidoro de Vangelista et ce la portò lì in casa mia della chiesa et Don Berardino la prese et la portò a casa sua insegnandoli il modo che tenesse et gli detti il sacerdotale. Et ad alia interrogatione respondit: Qua si dice pubblicamente che detta factura l'ha fatta detta Lisabetta di Nargni.

DICTA DIE Donna Rosata Mattei de Maglioleto alter testis pro informatione Curie examinata que medio eius iuramento tactis an deposuit prout infra Interrogata an ipse testis viderit unquam Donnam Lisabettam Nagni de Maglioleto in domo Dominici alias Il Fratino et de quo tempore, respondit: Signor sì che io ho visto questa Lisabetta di Nargni in casa di Domenico alias Il Fratino più et diverse volte mentre la moglie di Domenico detto stateva a Castel Bellino che non me ricordo precisamente di chi tempo fusse. Interrogata an sciat vel dici audiverit et a quo predictam Elisabettam fecisse aliqua maleficia Donne Rosata Uxori dicti Dominici et dicto Dominico, respondit: Signore poco prima che questa Lisabetta venisse pregione stando io in chiesa che se scongiurava Rosata di Domenico dove ci era ancora questa Lisabetta di Nagni et ragionando io insiemi con detta Lisabetta gli dissi “sorella se dice che tu sei stata quella che hai facto la fattura a Rosata però si è vero ha facto male et se volevi machiare il corpo tuo non dovei far questo a questa poveretta di Rosata” et lia me rispose “sì che l'ho facta et me recresce che non è morta” et io gli dissi “non fare sorella che te interverrà male” et lia me disse “sia se haverò male io haverà male qualche d'un altro ancora” et lia non disse altro a me né io a lia. Subdens interrogata respondit: Signore di Lisabetta non ne ho mai inteso dire mai più altro ma se è ben detto di Madalena sua sorella che andava facendo le facture et tra le altre una volta morse una giovane bella che si chiamava Langiulella et fu detto che morse per una factura factali da questa Madalena et sempre se è gito dicendo et se dice adesso ancora del facto suo che fa dette facture et se dice pubblicamente. Subdens interrogata respondit: Signore se dice pubblicamente da ogniuno qui a Maglioleti che a Rosata et a Domenico l'ha affacturata questa Lisabetta di Nagni. Interrogata in causa scientie dixit ut supradicta

84 DICTA DIE Donna Marchesina Francisci de Maglioleto alter testis pro informatione Curie examinata que medio eius iuramento tactis deposuit ut infra Interrogata an cognoscat Donnam Lisabettam Nargni de Maglioleto et an unquam ipsam Elisabettam viderit in domo Dominici alias Il Fratino et de quo tempore, respondit: Signor sì che io conosco detta Lisabetta di Nargni et una volta sola l'ho vista in casa di Domenico Fratino et fu questo agosto passato che io statevo nel usio mio che si tocca con la casa di Domenico detto et ce intrò sola. Subdens interrogata respondit: Signore quando detta Lisabetta intrò in casa di questo Domenico questo agosto che la veddi io non so chi si statesse dentro casa di Domenico.

DIE 17 JANUARII 1594 Donna Zenobia Finitii de Fossato alter testis pro informatione curiae examinata que medio eius iuramento tactis an deposuit prout infra Interrogata quid ipsa faciat, respondit: Signore io sto con Ser Roggiero Colino da cinque o sei mesi in qua per serva. Interrogata an fuerit requisita et seducta ab aliqua persona quod ipsa testis vellet maleficia facere contra Capitaneum Ruggerium eius dominum et quis fuerit et recenseat modu, respondit: Signore questo settembre o ottobre passato salvo il vero che non me ricordo del tempo preciso ma fu dopoi le vendemie sendo andata io alla possessione del mio padrone quaggiù alla contrada di Possente mentre me ne tornava a casa incontrai Vittoria Zengare che lia andava in giù et me disse figliola te vorria insegnare una cosa ma non dire niente et così gli promessi di non dire niente et lia me disse io te vorria insegnare de fare una factura con le herbe et polvere contro Ser Ruggiero tuo patrone acciò non potesse torre moglie perché se tu non glie la fai lui pigliarà moglie et a te te mandarà via et io gli dissi che non volevo fare queste cose che se la pigliava non me importava che Dio me haveria aiutato et lia me replicò che la facesse perché Ser Ruggerio me haveria tenuto in loco di moglie a me non quella che pigliava. Et subdens interrogata respondit: Io non so perché detta Vittoria me si recercasse che facesse quella factura a Ser Ruggiero ma credo che lia forsi per lengua d'altri havesse saputo che il Capitano Ruggiero si havia bene di me che per bocca mia non ha saputo mai niente. Interrogata opportune respondit: Io so' gravida di Ser Ruggiero et io non so' stata conosciuta da altri che dal Capitano Ruggiero perché lui solo me ha toccata carnalmente et quando venni

85 a stare con lui era zitella et era viva la moglie et la moglie morse et io me partetti et andai a stare con Madonna Zenobia matre della moglie et perché Zenobia me cacciò io non sapendo dove me andare per non andare per la mala via ne venni a stare qui dal Capitano Ruggiero dove ancora sto. Interrogata opportune respondit: Signore qui a Magliolati si dice pubblicamente che la factura che è stata facta a Rosata che gli l'ha facta Victoria Zengara et Lisabetta di Nagni. Interrogata in causa scientie dixit ut supradicta.

DIE 18 JANUARII 1594 Dominicus alias Il Fratino de Maglioleto iterum Constitutum coram B.D. Vicario meque notario in Palatis Episcopalis qui medio eius iuramento tactis an deposuit prout infra Interrogatus an illa sera quo allocutus fuit cum Donna Lisabetta Nargni in domo Joannis Marie Farinelli minando pro habuerit dicte Elisabette ne auderet ipsum minare in casu maleficiis quod contra Donnam Rosatam eius uxore asseritur factum, respondit: Signore io non ho bravato altrimente a Lisabetta che non me nominasse in simile conto ma è ben vero che io bravavo et dicevo che in tutti li modi voleva che si trovasse ch'havea facto questa factura. Interrogatus an verum sit quod ipse prima vece in preterito carnisprivio quando carnaliter cognovit dictam Elisabettam in domo eiusdem Lisabette dixerit eidem quod procurasset facere deperire Donnam Rosatam eius uxorem tunc temporis pregnante ut posset post eius mortem sibi in matrimonio copulari dictam Elisabettam, respondit: Signore né quando io conobbi carnalmente la prima volta questa Lisabetta in casa sua né mai ho detto simil cose. Et Dominus dicentes quid ipse Constitutus dicet si per dictam Elisabettam in faciem ipsius probabitur supradicta dixisse, respondit: Si costei vorrà dire questo dirò che dice tanta bugia et gli farò vedere che è una bugiarda. Interrogatus an pluribus et diversis vicibus ipse Constitutus promiserit dicte Elisabette quod post mortem sue uxoris illam acciperet in uxore, respondit: Signore non è vero che io mai habbia promesso simil cose a Lisabetta anzi lia me veneva dietro a me perché io la negotiasse. Interrogatus an annun proximo preterito de tempore quo carpebant lini ipse Constitutus vierit in contrada Vallati castri Maioleti, respondit: Signor sì. Et ad alia interrogatione respondit: Io ci andavo che ci era costei a carpire il lino nel arborata di Machario perché non potevo fare di meno anzi ve dico che la notte dopoi che me ero andato a dormire mi bisognava levare et andare a trovarla dove era.

86 Et ad alia interrogatione respondit: Risolvetivi che questa Lisabetta negotiava bene et mi piaceva di lei et ci pigliava gusto. Interrogatus opportune, respondit: Signore quando andai lagiù che si carpeva il lino ci trovai una volta con lei a Lucia di Crochia. Interrogatus an aliquid dixerit ipse Constitutus dicte Elisabetta in presentia dicte Lucie et quid dixerit tam ipse Constitutus quam predicta Lucia et Elisabetta, respondit: Signore sì parlammo insiemi Lisabetta et me delle cose de amore et Lucia si partì di lì da noi et la lavorai un poco a detta Lisabetta in quel campo et poi me ne ritornavo a Magliolati. Interrogatus opportune respondit: Me ricordo più volte havere detto a detta Lisabetta che io tenevo di fermo che lia me havesse affaturato et al'hora ancora gli lo potria haver decto ma non me ne ricordo. Interrogatus an in dicto campo ubi carpebat linum a dicitis Elisabetta et Lucia interloquendum de facturis ipse Constitutus dixerit dicte Elisabette “De gratia non me fare a me le facture ma falle a mia moglie che ti osservarò quando ti ho promesso” vel similia verba, respondit: Signore io non gli ho dette simile parole a nessuna di costoro. Et tunc Dominus eum benigne monuit ut dicat veritatem quia veritas est ipse Constitutus predicta verba vel similia dixit et debeat cavere a mendacis, respondit: Signore non è vero. Et ad alia interrogatione respondit: Signore nessuno me lo proverà in faccia perché non è vero et se veruno lo dirà dirà tanta bugia. Interrogatus an ipse Constitutus petierit a Victoria Zingara ut ipsa velet facere facturas contra Rosatam eius uxore, respondit: Signore io non ho parlato più che tanto a Victoria se non sabbato fece otto giorni che gli venni a parlare perché Lisabetta havea detto che detta factura non si poteva guastare senza Vittoria et per prima la conosceva così per vista. Et Dominus dicente quod Elisabettam dixit “che bisognava che la guastasse esso Domenico che l'havia fatta et Vittoria Zengara”, respondit: Signore a me non me ha detto altrimente che la factura l'habbia facta io ma me disse che bisognava ci fusse Victoria a guastarla. Et Dominus dicente iterum que Elisabetta eidem dixit verba predicta vel similia et non stetisset aliquantulum cogitabundus quod ego notarius vidi de momento, respondit: A me non me ne ricordo di certo ce pensarò un poco meglio questa notte.

87 Et Dominus dicente quod non est verisimile ipsum non recordare de predicta stante brevi temporis spatio elapso, respondit: Io ho il pensiero a più cose lassio la robba in man d'altri et non posso recordarmi d'ogni cosa. Interrogatus an ipse Constitutus recognosceret scarpas albatas Donne Rosate eius uxoris et in quibus asseritur fuisse factum maleficium contra dictam eius uxorem, respondit: Signor no che non le riconoscerei perché gli le compro et poi non ci pongo più cura. Interrogatus an ipse Constitutus dederit scarpas sue uxoris et quandam stringam nigram Donne Elisabette ut illas daret Victorie Zingare pro facienda factura contra Rosatam eius uxorem et que scarpe fuerunt petite ab ipsa Victoria ab eodem Constitutum occasione predicte, respondit: Signore io non gli ho data nessuna di queste cose né manco me l'ha dimandate et forsi se le deve havere pigliate essa Lisabetta perchè è stata in casa mia mentre non ci era mia moglie che era a Castro Bellino et per Quaresima ancora ci praticava et non l'ho promesse manco a Victoria Zengara né manco me l'ha adimandate. Interrogatus an sciat Donne Rosate eius uxori fuisse ablatam scarpas et de quo tempore, respondit: Signore io l'ho sentita lamentare a mia moglie che a lei gli era state tolte o se havia perse un paro di scarpe et sonno intorno a tre mesi. Interrogatus an sciat vel saltem possit inmaginari quando dicte scarpe fuerint amisse vel ablate et a quibus et quomodo, respondit: Io non lo so né manco me lo posso immaginare se per sorte Lisabetta non l'havesse facte torre da qualcheduno o vero se non ci fusse entrata lia io non lo so perché me levo la matina a bon hora et vò alle mie faccende et Rosata andava presumendo che l'havesse portate via la cagna et se non che gli fusse rubbate. Interrogatus an ipse Constitutus eo tempore quo Donna Rosata eius uxor erat in puerperio illi dederit ad sorbendum ova post quam sumptione ipsa Rosata evomit et male se habuit et recenseat causam quare id acciderit, respondit: Io non me ricordo che gli ho dato a bever l'ove o la sera o la matina ma me ricordo d'haverglile date una volta et io non so che l'habbia facta vomitare né ricordo perchè non me l'ha detto. Et Dominus dicente quod ipse Constitutum dedit ova sue uxori post quorum sumptione ipsa evomit et male se habuit quia erant ova ab eodem data male intentione et ut predicte uxori nocumentum infererent ac ipse Constitutus cum aliis personis predicta fecisse confessus fuit, respondit:

88 Signore io non detti a Rosata se non un ovo cotto il quale me lo dette lia che gli lo cocesse et gli lo cossi et così cotto gli lo poratai là nel letto et lia se lo rompette da lia et bevete ancora perché io subito datolilo me andai con Dio et non ci stetti finché lo bevé. Interrogatus an ipse Constitutum carnaliter cognoverit pluribus vecibus dictam Elisabettam in quodam stantia contigue et coniuncta ecclesie Sancte Mariae ex Castrum Maioleti, respondit: Signore io non ho mai chiavato costei in detta stantia. Et ad alia interrogatione respondit: Signor sì che è vero che un giorno di questa estate passata stateva questa Elisabetta in detta stantia et ci statemmo un pezzo a ragionare delle cose d'amore. Et tunc Dominus eum monuit ut diceret veritatem quia veritas fuit et est quod ipse Constitutus prima vice qua cognovit carnaliter dictam Elisabettam dixit atque promisit quod procurasset mortem ipsius uxoris et postea acceperit in uxore eiusdem Elisabettam et quia et veritas fuit et est quod pluries predicte Elisabette promiset quod ea in uxorem acciperet ac sibi promissum fidem servaret et quia et veritas est quod eadem Elisabette dixit in Contrada Vallati in arborata Macharii ut velet facere facturas dicte Rosate eius uxori cum auxilio Victorie Zingare et ad hunc effectum dedit eidem Elisabette pecunias quas daret Lucie Crochie ut iret ad invenienda dictam Victoriam Zingaram et cum ea ageret ut faceret maleficium contra dictam eius uxorem ac eam dedit Elisabette pecuniam ut illam daret dictae Donne Victorie et quia eam veritas est quod ipse Constitutum allocutus fuit cum dicta Victoria illam obsecrando ut vellet facere facturam ac dicta Donna Victoria sibi promisit se predictam facturam facere et ipse Costitutus petit scarpas sue uxoris ad dictum maleficium perpetrandum et ipse Constitutums abstulit a sua uxore predictas scarpas una cum calantia et illa dedit Elisabette ut postea illa daret dicte Victorie ad dictum maleficium perpetrandum et quia iterum veritas est quod ipse Constitutus dedit ova ad sorbendum sue uxori post cuius sumptionem ipsa uxor male se habuit et evomit ac ipse Constitutus dixit dicte Elisabette se predicta ova dedisse eius uxori ut ipsi damnum ac morbum inferret ex quo postea moreret et postea possit accipere in uxore dictam Elisabettam et quia et veritas est ipse Constitutum pluires carnaliter cognovit in dicta stantia contigua ecllesiae Sancte Marie ex Castrum Maglioleti dictam Elisabettam, respondit: Signore non sono vere nessuna di queste cose et chi le dice dice tanta bugia. Et tunc Dominus ad convincendum ipsum Constitutum de mendacio adduci in facie ipsius mandavit ordine sucesivo Donna Elisabetta Nargni Victoria Zingara ac Lucia Crochi, quas sic adductas et facta mutua recognitione personarum ac nominum prius fuit interogata medio iuramento tactis dicta Elisabet, an iste sit illum Domenicum qui in superioribus suis constitutis dixit predicta fecisse et dixisse per ipsa deposuit in suo superiori Constituto et recenseat in facie ipsius Constitutum, respondit:

89 Questo è quel Domenico che me hebbe in casa mia giù di sotto et me disse che se moreva la moglie che non voleva altra moglie che a me. Et e contra dictum Dominicus respondit: Tu ne menti per la gola. Et ipsa aducta dixit: Signore in tutti li lochi dove me ha hauto me ha promesso il medesimo sempre mai et giù nel campo di Machario in presentia di Lucia di Crochia me disse che lui voleva mantenermi la promessa et che io facesse una factura alla moglie. Et e contra dictum Constitutum dixit: Signore costei dice la bugia et è una bugiarda che non dice il vero. Et dicta aducta replicando dixit: Domenico portò giù nel campo de Gio. Maccario intorno a una provenda d'orzo perché si dacesse a Lucia acciò gesse per Vittoria Zengara perché facesse la factura alla moglie. Et ipse Constitutus dixit: Non è vero questo ma io te ho ben dato un poco d'orzo a te perché ne facessi li maccaroni. Et dicta aducta dixit: Questo Domenico me ha dato un paro di scarpe della moglie una cappella et una strenga delle sue calze che non me salvo si era negra o rossia ma me pare fusse negra acciò le dacesse a Victoria Zengara per fare la factura a Rosata sua moglie. Et e contra dictum Constitutus dixit: Signore costei dice la bugia et se ne mente per la gola et se ha hauto niente se l'ha tolto et rubato da per lia. Et dictam aducta dixit: Li quatrini a Victoria gli ho dati delli miei acciò non dicesse né havesse a palesare niente di questo. Et sequendo dictam aducta dixit: Signore me ha detto ancora detto Domenico che lui havea dato bevere l'ova a sua moglie quando era inpagliata172 per farla morire. Et e contra dixit ipse Constitutus: Signore dice la bugia porcaccia. Et prosequendo dicta aducta dixit: Signore lì in quella stantia contigua di Sancta Maria me ci ha conosciuto più volte questo Domenico carnalmente. Et e contra dixit Constitutus:

172 Allettata.

90 Signore io non ce l'ho conosciuta altrimente lì carnalmente ci so' bene stato come ho detto insiemi con lia a ragionare. Et ad interrogationem Domini qui mandavit dicte adducte ostendi scarpas quas portavit in Curia Nargni pater ipsius adductae, respondit: Signore queste sonno quelle scarpe, quas bene vidit et inspexit, che me ha date Domenico che io le desse a Victoria Zengara che ci facesse la factura et che poi ce l'ha facta contra Rosata. Et e' contra dictum Constitutus dixit: Signore questa porca dice la bugia perché se l'haverà prese da lia. Et e' contra dicta aducta dixit: Signore la factura non si può guastare senza lui perché ci ha tenuto le mani lui. Et e contra Constitutus dixit: Lia ne mente per la gola questa porca poltrona che io ci habbia tenute le mani perchè non è vero. Et ad interrogationem Domini dicta aducta respondit: Victoria non so se lei può guastare la factura senza Domenico ma perché lui l'ha facta fare et ha dato le scarpe la scuffia et la strenga per far fare detta factura a Rosata sua moglie et quanto a me non so che me habbia da fare per guastare detta factura, ma se Vittoria che l'ha facta me dirà quello che ho da fare per guastarla io lo farò. Et tunc Dominus cum utrumque viderit stare in dicto suo licentiavit aductam et prosequendo examen dicto Constitutum fuit interrogatus quid modo predictis audeat respondere, respondit: Signore io non ne so niente et ve dico che è una gran bugiarda et ne mente per la gola. Hec non et aducta Donna Victoria Zingara in faciem ipsius constituti ad convincendum ipsius de mendacio qua aducta et delatam eidem iuramentum de veritate dicenda tactis et facta mutua recognitione inter ipsas personarum ac nominum fuit interrogata an iste sit ille Dominicus de quo posuit in suo superiori examine, respondit: Questo è quello Domenico che più volte me ha richiesto che io faccia una factura alla moglie perché la facesse morire perché lui diceva di havere paura delli fratelli di Lisabetta et che se la voleva pigliar per moglie et una volta me dette quatro pani et un pochi capelli quali abrugiai in casa di Barbetta et un'altra volta me dette una poca di farina et Lisabetta me ha date un paro di scarpe che dice che gli l'ha date Domenico che dice che è della moglie et una scuffia che parimente diceva che era di detta moglie di Domenico. Lucia di Crochia me portò una bindella et una strenga che me le dette da parte di Domenico et di Lisabetta et la scuffia me l'ho persa et la bendella et la stringa me l'ho operata et per cavare de mano alle persone delle cose vo dicendo le

91 bugie et co' le scarpe presente Lisabetta ci ho presa la pedica con un cortello per la via di Tagliano et mentre segnava con il cortello intorno a detta scarpa dicevo io et facevo dire a Lisabetta queste parole cioè: “Al nome sia del Diavolo toglio la pedica de Rosata et secondo che si viene seccando questa terra che è qui sotto questa scarpa si possa seccare Rosata” et questa factura l'ho facta perché me ne ha pregato qui Domenico Lucia di Crochia et Lisabetta. Et e' contra dictum Constitutus dixit: Signore ne mente costei per la gola et dice la bugia porcaccia. Et replicando aducta respondit: Tu me l'hai facta fare et te lo voglio mantenere sulla corda. Et cum utrumque Dominus viderit stare in dicto suo licentiavit adductam et prosequendo examen dicto Constitutum fuit interrogatus quid modo audeat predictis dicere, respondit: Signore costei è una smitriata173 et dice la bugia et è una sfacciata che non si vergogna far l'altre cose manco si vergona di dire questo che dice. Et eam adducta Donna Lucia in faciem dictum Constitutm ad convincendum dictum Dominicum de mendacio tactis an facta mutua recognitione inter eos personarum ac nominum fuit interrogata, respondit: Signore Domenico non me ha mai rechiesto che io faccia fare niente a sua moglie né a me non me ha mai dato niente per simili conto. Et ad alia interrogatione respondit: Quando Domenico venne laggiù nel campo di Maccario che parlò a Lisabetta io andai là da loro che me ci chiamò Lisabetta et sentetti che contrastavano tra loro d'un so che factura et che Domenico disse “di gratia non fare a me la factura falla a mia moglie che te osservarò quello che ti ho promesso”. Et e' contra dictum Constitutum dixit: Signore io ve dico che costei dice una gran bugia et ne mente per la gola perché non è vero. Et e' contra dictam aducta dixit: Io dico che io dico la verità et tu la bugia. Et tunc Dominus cum viderit utrumquem permanere in dicto suo licentiavit aductam et prosequendo examen dicti Constitutis quid modo dicat, respondit: Signore io dico che non dice il vero et non si trovarà mai et lo dice perché me vol male. Et tunc Dominus monuit dictum Constitutum ut caveat a mendacis et dicat veritatem aliter deveniat contra eum ad iuris remedia opportune respondit: Signore io ve dico che ho detto la verità et non posso dire quello che non è et fate ciò che volete.

173 Irriverente.

92 Et tunc Domnius acceptatis favorabilibus pro fisco et presertum confessionibus invim dimisit examen et mandavit reponi ad locum suum. Salva fideiussione prestata de non discedendo de palatio.

DIE 18 JANUARII 1594 Donna Rosata Joanis Marie Farinelli de Maglioleto alter testis pro informatione Curiae examinata que medio eius iuramento tactis deposuit prout infra Interrogata an unquam ipsa testis dixerit cum Donna Lisabetta Nagni de Maglioleto quod Dominicus alias Il Fratino eidem dixit quod si uxor ipsius Dominice moreret ducere volebat dictam Lisabetam in eius uxorem et quo loco dixit et quibus presentibus, respondit: Signore io non ho mai dette simile parole né altro con detta Lisabetta né con nessunaltra persona. Subdens interrogata respondit: Signore se lia dice questo dice una gran bugia perché non me l'ha detto. Interrogata cuius conditionis sit dicta Elisabetta et an Maioleti famam sit ipsam inhonestam esse et cum pluribus personis et quibus se carnaliter inmisuerit, respondit: Signore io no so di che conditione se sia questa Lisabetta né mai ho sentitio dire che lia habbia usata dishonestà con nessuno et bado a fare li fatti miei. Interrogata in causa scientie dixit ut supra.

DICTA DIE Donna Felentiana Mathei de Maglioleto alter testis pro informatione Curaie examinata que medio eius iuramento tactis an deposuit prout infra Interrogata an ipsa testis mensibus proximis elapsis dum Donna Rosata manebat in lecto de porta audiverit ab ipsa Rosata dici quod de quodam Dominicus suis maritus dedit eadem Donnam Rosatam ad sorbendum quedam ova que illi intulerunt magnum dolorem ac illam evomere valde fecerunt, respondit: Una matina quando Rosata era infantata andando io a casa sua che la serveva il giorno et la sera me ritornava a casa detta Rosata me disse che la sera 'nanzi Domenico gli havia dato un ovo che l'havia facta ributtare et che credeva che fussero ova covaticcie. Interrogata opportune respondit: Io non ho inteso dire che Lisabetta di Nargni habbia facto mai male alcuno né con Domenico di Fratino né d'altri del resto non so che me dire se sia detta Lisabetta donna di bono o cattivo nome perchè non ho pratica sua.

DIE 19 JANUARII 1594 Dominicus Joannis alias Il Fratino de quo supra iterum personaliter Constitutus qui medio eius iuramento tactis deposit prout infra

93 Interrogatus an proposuerit melius dicere veritatem qua fecerit in suo superiori examine, respondit: Signore quello che ho detto ho ben detto et a quello me referisco. Et tunc Dominus cum monuit ut debeat cavere a mendacis et non se involvere periuris quia veritas fuit et est quod ipse Consitutus pluries promisit Donne Elisabette Nargni procurare mortem Donne Rosate sue uxori et postea dictam Elisabettam in uxore accipere et quia eam veritas est quod ipse Constitutum induxit Donnam Victoriam Zingaram ad facendum maleficium contra suam uxorem ac eam dedit dictam sue uxori quedam ova ad sorbendum ut ille malum et egretudine inferet ex qua postea e vita duederet, respondit: Signore questo non si trovarà mai che sia la verità et queste sfacciate perchè potranno dire questo et altro ma non che sia la verità. Et tunc Dominus iterum monuit dictum Constitutum ut dicat veritatem et caveat a mendaciis et periuriis alias devenire contra ipsum ad remedia iuris opportuna et rigorosum examen, respondit: Signore io non posso dire altro che quello che ho detto et fate quello che vole la iustitia. Tunc Dominus acceptatis favorabilibus pro fisco et presertim confessionibus dimisit examinem et terminus statuit eidem Constitutum quinque dierum ad faciendum suas defensiones salvo iure ulterioris processus pro fisco et facta declarationem de habendo processum et testes prorite et recte factum et examinatum copiam processus volenti decrevit. Post predicta dictus Dominicus ex se dixit: Io me ricordo di quello che voi me dimandasti hier sera che Lisabetta in casa di Giovanmaria Farinello me havea detto che ancora io havea facto fare le facture a mia moglie da Vittoria Zengara et io gli dissi che ne menteva per la gola che non era vero. Et tunc acceptatis ut supra

DICTA DIE Donna Victoria Zingara iterum Constituta que medio iuramento tactis an deposit prout infra Interrogata quomodo debeat destrui maleficium factum per ipsam Constitutam contra Donnam Rosatam uxorem Dominici, respondit: Signore la factura che è stata facta a Rosata che ho facta io per preghi di Domenico et Lisabetta è l'esserli stata tolta la pedica del piedi come ho detto nel altri miei examini et per guastarla bisogna stacciare la cenere alla riversa et a repigliare di novo la pedica del piedi con un quatrino dalla croce segnare detta pedica dicendovi il Pater Nostro et l'Avemaria et poi pigliar quella cenere così segnata et poi buttarla in qualche loco che ci corra l'aqua et così se guasta.

94 Interrogata an aliquid aliud inmiserit dixerit aut fecerit in supradictis sortilegiis ab ipsa Constituta depositis et confessatis, respondit: Io non ci ho detto né facto altro che quanto vi ho detto di sopra. Et ad alia interrogatione respondit: E' vero che dimandai un so che dinari per comprarci le candele ma non ci ho comprato candele altrimente che ci ho comprato del pane et del vino che me l'ho bevuto et mangiato perché quello è il mio guadagno. Interrogata an credat maleficia aut demones posse cogere alicuis viri aut mulieris voluntatem ad amorem lascivium et libidinosum, respondit: Signore tutte queste cose sonno baie et bugie et credo che il demonio non possi fare tal cose perché la potentia di Xristo è maggiore de tutti li diavoli che si trovano. Interrogata opportune respondit: E' vero che io dissi a Zenobia serva del Capitano Ruggiero che gli haveria insegnato qualche cosa perché il suo padrone gli volesse bene ma sono tutte canzone et pastochie ma io l'ho detto per cavarne da lia dinari dalle mani. Interrogata an recognosceret scarpas super quibus fuit factum maleficium predictum et habitus ut supra et an ad destruendum dictum maleficium dicte scarpe sint necessarie, respondit: Signor sì che se le vedesse le reconosceria et non importa che sia quelle o altre scarpe per guastare dicta factura perché basta che si pigli la forma del piedi come vi ho detto di sopra. Et tunc Dominus ostendit dicta Constituta dictas scarpas quas per ipsam Constitutam bene visasa et inspectas, respondit: Signore queste sonno quelle scarpe che io ci presi la forma del piedi come ho detto et che ci feci la factura a Rosata. Et tunc Dominus acceptatis favorabilibus pro fisco et presertim confessionibus dimisit examen et terminum statuit dicta Consitutam quinque dierum ut facendiam suas defensiones salvo iure ulterioris processus pro fisco et velit habere testis et processum pro rite et rectum factum et examinatum copiam processus volenti decrevit et ad pubblicum poni mandavit ad locuum suum.

DICTA DIE B.D. Vicarius pro expeditione cause supradictarum Lisabette Nagni ac Lucie Corazzi de Maioleto terminum quinque dierun statuit ad facendium suas defensiones salvo iure ulterioris processus pro fisco et facta declaratione de habendo testes ac processus pro rite et recto factum et examinatus copias illius decrevit

95 DIE 22 JANUARII 1594 Magister Johannes Maria Leonardi de S.to Leo testis pro informatione Curiae examinatus qui medio eius iuramento tactis an ad opportunas Dominus interogationes risposuit ut infra Interrogatus opportune respondit: Hoggi se ben me ricordo fa quindici giorni che me incontrò alla bottega del spadaro in Terra Vechia Ser Cesario Colino insiemi con Domenico di Giovanni alias Il Fratino da Maiolati et dicendo io a Cesario che voleva dire che Domenico havia così cattiva cera esso Cesario me rispose che dubitava che non li fusse state facte certe facture et che havea suspetto di Vittoria Zengara et io a requisitione di costoro et per beneffecto loro incontrandomi in detta Vittoria mentre tornavo a casa mia la chiamai et la condussi in casa et li dissi che havia facto un grand'errore a fare queste facture ma lei me disse che non era vero et che non era persona di fare simil cose et che si maravigliva di Domenico il quale gli havea dato certi capelli acciò lei facesse et dicesse ma che lei non ne havia voluto fare niente et che l'havia abrugiati et mentre io ragionavo in casa mia con detta Vittoria arrivorno lì Cesario et Domenico supradetti et pregando tutti insiemi questa Victoria perché guastasse questa factura essa Vittoria disse se è la pedica del piedi a me basta l'animo con l'aiuto de Dio di guastarla et Domenico dette certe dinari che li contò lì in un tavolino a detta Vittoria che gli li dimandò per comprare certe cose che diceva bisognare per guastare detta factura et promesse che la domenica matina che fu il dì sequente sarebbe andata a Magliolati per questo servigio. Interrogatus in causa scintiae dixit ut supradicta.

DIE 26 JANUARII 1594 Dominicus Joannis alias Il Fratino de Maioleto iterum personaliter Constitutus principalis quo ad se et testis quo ad alios qui medio eius iuramento tactis an deposit prout infra Interrogatus an ea que ipse Constitutum deposuit in suo primo examine quando fuit examinatus tamquam testis deposuit pro veritate et que deposuit circa commercium carnale cum supradicta Donna Isabetta Nagni, respondit: Signore tutto quello che io dissi la prima volta che fui examinato come testimonio circa il facto che ho hauto che fare con Lisabetta tutto è vero et tanto confermo adesso. Et ad alia interrogatione respondit: Signor sì che è vero che la prima volta che io hebbi da fare con detta Lisabetta di Nagni conoscendola carnalmente in casa sua dentro Maiolati nella stantia di sotto che fu il carnevale passato me insanguinò la camisia et se lei fusse vergine o no io non lo so et dipoi altre volte ho hauto a che fare con lei carnalmente a

96 mia voglia et tanto confermo per la verità che io l'ho consociuta carnalmente in casa sua et in più et diversi lochi. E tunc Dominus acceptatis favorabilibus pro fisco et presertum confessionibus dimisit examen et testium statuit ut supra.

LA SENTENZA CONTRO DONNA VITTORIA

In Dei nomine Amen

Nos Fabritius Bonfaitur Cantianiensis I.V.D. Ill. et B.mi D. episcopali Esini in spirtualibus et temporalibus Vic.s Generalis visor cognitor ac decisor omnium litium differentias vertentium in curia episcopali Esii intendentes expeditioni cause et processus fabricati contra D. Victoriam Zengaram per accusationem secreti denunciatoris in eo de eo et super eo quod ipsa Victoria in Castro Maioleti fecerit quedam maleficia contra D. Rosatam uxore Dominici alias Il Fratino de dicto castro, ex quo maleficio seu fascinatione dicta Donna Rosata paulatim consumebat et in magno vite discrimene reperiebat et quia attentavit facere alias quandam fascinatione contra Capitaneum Ruggerium Colinum de Esio, unde visa querela, visis informationibus, visis depositionibus testium pro informatione Curie, visis constitutis et confessione dicte D. Victorie quod docuerit Elisabettam Nargni de dicto loco facere fascinationes et quod ipsa fecerit fascinationem seu maleficium contra dictam D. Rosatam cum expressa demonis invocatione ac malis imprecationibus et quod et instigaverit quandam Donnam Zenobiam famulam dicti Capitanei Ruggerii ad huiusmondi fascinationes faciendis et confessa fuerit multa alia superstitiosa fecisse in utilium et in pertinentium rerum observatione, visa carceratione, viso toto processu viso termino dato ad facendis suas defensiones viso lapsu termini visa instantia facta pro parte fisci, visa citatione pro hac die et hora ad audienda sententiam et denique visis videndis et consideratis considerandis pro Tribunali sedentes, ac solum Deum pro oculis habentes, per hanc nostram diffinitivam sententiam quam de iuris peritorum Consilio in his scriptis ferimus Christo nomine Repetito Dicimus declaramus et sententiamus dictam Victoriam Zengaram sortilegam et maleficam confessam et convictam ac repertam culpabilem et de jure punibilem, ne de suis delictis gloriare valeat sed pena ipsius in aliorum transeat exemplum, esse condemnata in penam perpetui exilii a Civitate Esii et eius diocesi et fustigationis cum corona cartacea eius capiti imponenda cum

97 superscriptione “Per factochiearie” et cum dicta corona eius capiti imposita fustigari mandamus per civitate Esii a platia Sancti Floriani usque ad porta Terre Veteri, declarantes ex nunc prout ex tunc et contra si dicta Victoria dictum exilium non servaverit ipso facto absque alia sententia et declaratione debeat iterum fustigari et in artioribus carceribus per spacium annis mensis in pane et aqua detrudi, dicta exilii pena nihil firma et in suo robore remanente decernentes super premissis mandatum quodcumque opportunum et ita dicimus sententiamus declaramus mandamus decernimus et relaxamus Jta sententiavi ego Fabritius Bonfactis ad modum Illustissimi et Beatissimi D. Episcopali esini Vicarius Lata data et promulgata fuit supradictam sententiam per supradictum B.D. Vicarium pro tribunali sedente ad eius solitum juris tribunal causarum curie episcopali ubi similes sententiari et promulgari solent ac scripta lecta et stipulata presente Alexandrum Angelinum Cancellarium dicte curie sub Anno Domini millesimo quinqagesimo nonagesimo quarto inditione septima die vero quinta Februarii Pont. Santissimi in Christo et D. N. D. Clementis divina providentia Pape Octavi presentibus ibidem M.D. Victorio Merullio de Saxo Ferrato ac Livio Fachino de Esio testis Alexandrum Angelinis Cancellarius episcopalis notarius rogavit.

LA SUPPLICA DI DOMENICO DI GIOVANNI “IL FRATINO”

Ad modum Illustrissimo et Reverendissimo Domino

Exponuit humiliter domino vostro illustrissimo et reverendissimo devotus pro horator Dominicus Joannis de Maioleto quandam idem orator repertus carceratus sumpta causa quod defloraverit donnam Elisabettam Nagni de eodem eamdeque pluries carnaliter cognoverit prout sic vel alias et latius in processu ad quem credat quod posset se defendere quia dicta Elisabetta mediante invocatione Diaboli fecerat quadam fascinationem contra ipsum et Donna Rosata eius uxorem ne ulterius confessa fuit quod per prius fuerit deflorata quedam instrumento ligneo et tam ipsa quam eius sorore sunt humilis conditionis et male fame ut latius in dicto processu nihil nolens cum fisco litigare suplicat domino vostro reverendissimo quatenus dexinet etiam oratori de omni pena propterea incursa gratiam facere vel saltem ad modicam pecuniarum summam reducere mandari processum de supra fabricatum cum fideissuionibus de non discendere et aliis herede secutis cassari et aboleri

98 oratoremque ipsum amplius occasione premissorum non molestari predictis aliisque incentorum quomodo libet faciendum non obstandum quibuscumque statutis pro plene et sufficenter haberi et suppleri et quidam

Attentis narratis solutis scutis triginta in manibus nostri depositarii usibus et locis piis arbitrio nostro aplicandis et data idonea cautione de dandis scutis vigintiquinque donne Elisabette Nargni de Castro Maioleti pro eius dote solveri quando nupserit et visitata pedester Domum Dive Virginis Lauretane ibique sacre eucharestie sacramento referto et infra viginti dies fide referente predicta adimplevisse concedimus ut petitur ad modum

Gab. Episcopus Aesinas Omisso Sigillo Data Esii die quinta februarii 1594 Alexander Angelinus Cancellarius Episcopalis Rogavit

Die quinta februarii 1594 Dominicus Joannis alias Il Fratino de Maioleto personaliter constitutus audito tenore supradicti rescripti et omnia in eo contenta adimplere pro […] et se obbligavit retroscriptos scutos triginta solvere dicto depositario V.S. et scutos quindecim infra spatium quindecim dierum proximorum a die ut supra et reliquis scutos quindecim solvere per terminum mense Julii proximi venturi et ab inde pro quo sciens et sed sponte Petrus Franciscus Honofrius de Maioleto promisit et fideiusit et ut principalis in forma depositi se obligavit et que indemneri et que viam et pro quibus et obbligavit in forma camere et renunciantes et iura rogantes.

Acta in Cancellaria episcopalis Esii iuxta presentibus ibidem Ser Francesco G. Boffo de Esio ac Carluccio Johannis de eodem testis vocatis et una rerum rogato.

Alexander Angelinus Cancellarius Episcopalis Rogavit

Ad die […] de febraro 1594

Iohanne Solitio vero ho ricevuto dal detto suplicante scudi a bon conto di detta suplica scuti 16

Ad die 6 di marzo 1594

99 Iohanne Solitio ho recevuto dal detto suplicante scudi sette a bono conto della sua suplica scuti 14

Ad di 27 d’agosto 1594

Iohanne Solitio vero depositario della Camera episcopale me chiamo haver avuto et recevuto scudi quindici […] paoli a paoli nove per scudo per mano di ser Francesco Guglielmi da Maiolati per saldo della sua suplica scuti 30 Alex. Angelinus Canc. Ep. Rogavit

LA SUPPLICA DI ELISABETTA DI NAGNI

Illustrissimus ad modum et Reverendissime Domine

Pro parte illius oratricis Elisabet Joanis Francisci […] comitatus Civitatis Esii humiliter exponitur qui […] primis ab hinc diebus reperit carcerata in Curia episcopali processata quod de anno preterito 1594 sine alio veriori tempore sub diversis mensibus et diebus diabolico spiritu ducte ac iuventutis et amore instigata una cum quadam Vittoria egitiana detta Zengara veneficia et malias perpetraverit et fecerit in donnam Rosatam uxorem Dominici … de dicto castro cum expressa demonum invocatione ad effectum ut dicta donna Rosata vi et virtute dictorum veneficiorum passim et sigillatum se destruendo perivet ut post ipsius donne Rosate mortem ipsa Elisabet se muliere posset dicto Domenico cui et promisit se stuprari et carnaliter cognosci permittere prout se pluries et pluries ab eo prius stuprata carnaliter cognita fuit El. a maritato cum quo antea pactum incerat de se eidem Dominico in matrimonium coniungendo post mortem dicte donne Rosati et quod examinata per reverendum dominum Vicarium super predictis pluries inperiurium incidit et aliis de quibus in processu cause et causarum huiusmodi ad quem et quia illustrissime et reverendissime domine ad predicta perpetrandum fuerit amore furoris spetie ducta suasaque pollici tationibus dicti Dominici et quia ipsa est puella et minor reducta174 rustica et delicti penarum incapax credula miris et ob fragilitatem avida et quam maxime pauperima denique sponte delicti confessa fuit preces itaque humilissimas porrigit eidem domine vostre illustrissime et reverendissime eandem humiliter deprecando quat ab omni pena per ea incursa

174 Depennato nel testo.

100 ipsam absolvere dignetur sive ad aliquam poenam pecuniariam summam stante eius extrema pauperitate reducat habendum qualitatem delicti vices loca tempora et alia de necessitate exprimenda pro sufficienter expressis mandando ipsam excarcerari processum contra ipsum fabricatum cum omnibus inde secutis cassari et quod de gratia speciali reportabit ab eadem domini vostri illustrissimi et reverendissimi quam sumus Deus ad vota exultet

Attentis narratis stante oratricis iuvendi etate et paupertate volentes cum ea pro hac vice mitius agere data idonea cautionis de principalis obstantis et ademplendis iniungimus eidem ut in superiori stantia domus Joanis Francisci eiusdem oratricis patris quam ei pro tuto et te[…]tiori […]re assignamus per sex mensium spacium penitentiam agat dicto tempore durante quarta sexta feria et sabbato sed sexta in pane et aqua jeiunando et quotidie genibus flexis ante inmaginem dive Virginis eiusdem rosarium devote recitet quo elapso et decta penitentia per eam humiliter suscepta et fideliter adimpleta iniungimus ut dive lauretane Virginis edes devote visitet modis pedibus ibique sua peccata confiteat ac sanctissimo Eucharestie sac.to reficiatur et quot predicta non servaverit ex nunc prout ex tunc ea in penam fustigationis ac perpetui esilii a civitate et diocesi esina condemnamus et condemnatum puniri mandamus in reliquis vero predictas adimpletis concedimus ut petit et gratia facimus libertatem restituiri

Gab. Episcopus esinus omisso sigillo Data Esii in episcopale palatio die sexta Februarii 1594 Alexander Angelinus notarius episcopalis rogavit

Die 6 februarii 1594 Dicta Elisabet oratix retroscripta principaliter constituta et audito tenore supradicti rescripti illud acceptavit et acceptatis et promisit omnia in ipso rescripto contenta observare et adimplere sub pena de qua in dicto rescripto ac in sub pena florenos centum lociis piis arbitrio domini episcopi. In cancelleria generalis applicando pro qua […] ante teneri voluit Iohannes Franciscus alias nagne pater predictis oratricis pro […] et fide ut sit et ut principalis inter se obligavit pro que inde rerum qui omnia pregre[…] obligantes in forma camere apostolice et renunciantes et iura rogantes. Acta in Cancellaria episcopalis Esii iuxta presentibus ibidem Nicolao Floriani de […], Forlare famule de illustrissimi domini episcopi testis.

101 Alexander Angelinus Cancellarius Episcopalis rogavit

Die 7 februari 1594

Vincentius Grifoni […] episcopatis […] ad […] fuit supradicti negotium facendi et ne fu[…] […] incerto vigore mandati sibi facti potuisse supradicta Elisabetta in istantia de qua in rescripto et in ea claudisse et servasse prout sibi ce[…]ssum fuit et p[...] ibidem Mani […] abitator de Serra inquiriri […]

Alexander Angelinus notarius rogavit

102 103 Finito di stampare nel mese di marzo 2018 presso La Poligrafica Bellomo srl - Ancona