i cardini di 3

ISBN 978-88-904294-1-5 roma

g9 7 8 8 8 9 0 4 2 9 4 1 5

Comune di ACQUAVIVA PICENA

Il castello oltre le mura

Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena ()

a cura di Enrico GIORGI ed Erika VECCHIETTI

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali Provincia di Ascoli Piceno ALMA MATER STUDIORUM Università di Bologna e del Turismo Medaglia d’oro al Valor Militare Soprintendenza per i Beni Archeologici per attività partigiana Dipartimento di Storia Culture Civiltà delle

Baanche nche dati COMMUNICATING CULTURAL HERITAGE

b r a d y p u s . n e t BraDypUS s.a. COMMUNICATING CULTURAL HERITAGE Bologna 2014 La genesi e lo sviluppo del progetto Groma sono profondamente legati ad Acquaviva Picena. Proprio intorno alle attività promosse da alcuni giovani archeologi dell’Ateneo bolognese tra le mura medievali del borgo acquavivano sono fiorite molte delle idee divulgate poi attraverso le iniziative editoriali della collana Groma. Finalmente, con il terzo Cardine, si torna alle origini del progetto. Argomento di questo volume sono dunque le ricerche archeologiche condotte nella fortezza e nel borgo di Acquaviva Picena a partire dal 2004. I temi ispiratori della collana, ossia l’attenzione agli aspetti metodologici e alla prospettiva adriatica, sono qui pienamente sviluppati. Al racconto delle ricerche si è tentato di affiancare anche quello dell’esperienza maturata dai giovani archeologi che vi hanno preso parte, che ha portato alla costituzione del Centro Studi di Palazzo Celso Ulpiani. Proprio la strutturazione di questo polo culturale, insieme con gli enti locali e le Soprintendenze competenti, vuole essere la traccia che lasciamo nel territorio e il punto di origine di molte iniziative future.

Enrico Giorgi, curatore di Groma

la collana “I cardini” di Groma è diretta da Enrico Giorgi la cura e la redazione del presente volume è di Enrico Giorgi ed Erika Vecchietti editing, progetto grafico, composizione a cura di BraDypUS s.a. (Julian Bogdani ed Erika Vecchietti)

Bologna 2014 ISBN: 978-88-904294-7-7

Questo volume è disponibile online all’indirizzo http://books.bradypus.net

I contenuti della collana “I cardini” di Groma vengono diffusi nella versione cartacea ed elettronica secondo la licenza Crea- tive Commons, Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia, il che significa che i lettori sono liberi di: riprodurre, distribuire, comunicare ed esporre in pubblico quest’opera, a condizione che il suo contenuto non venga alterato o trasformato, che venga attribuita la paternità dell’opera al curatore/i del volume e ai singoli autori degli interventi, e che infine l’opera non venga utilizzata per fini commerciali. Gli autori e l’editore difendono la gratuità del prestito bibliotecario e sono contrari a norme o direttive che, monetizzando tale servizio, limitino l’accesso alla cultura. Per questo motivo rinunciano a riscuotere eventuali royalties derivanti dal prestito biblio- tecario di opere di questa collana. L’editore garantirà inoltre sempre il libero accesso ai contenuti dei volumi, senza limitazioni alla loro distribuzione in alcun modo. BraDypUS s.a. via A. Fioravanti, 72, 40129 Bologna www.bradypus.net; [email protected] C.F. e P.IVA 02864631201 l castello oltre le mura I Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno)

INDICE

Saluti delle autorità Andrea Maria Antonini (Assessore alla Cultura V della Provincia di Ascoli Piceno) Pierpaolo Rosetti (Sindaco di Acquaviva Picena) VII Tarcisio Infriccioli, Teodorico Compagnoni IX (ex Sindaco ed ex Vicesindaco di Acquaviva Picena) Nora Lucentini (Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche) XI Giuseppe Sassatelli (Direttore del Dipartimento di Storia Culture Civiltà XIII dell’Università di Bologna) Antonio Gottarelli (Direttore di Te.M.P.L.A., Dipartimento di Storia Culture XIV Civiltà dell’Università di Bologna)

Introduzione 1-2 Andrea Augenti

La linea d’ombra della Rocca di Acquaviva. 3-10 Riflessioni sull’esperienza e sul metodo di lavoro Enrico Giorgi

Il progetto e la valorizzazione 11

Palazzo Celso Ulpiani da Centro Studi a polo culturale 13-21 Erika Vecchietti

Il progetto Acquaviva nella storia. 23-36 Il contesto topografico e la sintesi dei risultati Enrico Giorgi, Erika Vecchietti

LA SToria deLlE RICERCHE e i documenti d’archivio 37

Storia dell’archeologia nel territorio di Acquaviva Picena 39-49 Monica Cameli

La Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. 51-62 Dati preliminari Serena De Cesare l’evoluzione del borgo 63

Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata 65-85 Enrico Ravaioli

Lo scavo nel complesso dell’ex-Ospedale di Sant’Anna 87-100 Erika Vecchietti

lE RICERCHE ARCHEOLOGICHE nella rocca 101

Esperienze di topografia e geofisica 103-111 Federica Boschi, Michele Silani

La lettura degli elevati nella Rocca 113-125 Enrico Ravioli

Lo scavo archeologico nella piazza d’armi della Rocca 127-137 Andrea Baroncioni

Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti 139-177 Gilda Assenti

Analisi Mineralogico-Petrografica, Analisi Diffrattometrica ai Raggi X (XRD) 179-182 su pietra ollare Orestina Francioni

Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari 183-196 Fabio Visani

appendici 197

Membri del gruppo di lavoro di Acquaviva Picena 199-200

Partecipanti dei primi tre laboratori (2004-2006) 201-202

Livello professionale dei responsabili di settore nel 2004 e nel 2013 203 Andrea Maria ANTONINI Assessore alla Cultura della Provincia di Ascoli Piceno

Acquaviva Picena è certamente uno dei borghi E forse questa realtà può essere letta come una più affascinanti della Provincia di Ascoli Piceno. linea guida per altre esperienze sul territorio: rac- Può vantare preziosi gioielli di arte, alcuni di essi cogliere in un unico polo diverse funzioni di pub- ben visibili ed integrati col paesaggio come la Roc- blica utilità, ottimizzando l’impatto economico e ca altri più difficili da scovare nel fitto tessuto di fornendo al cittadino una serie integrata di servizi vie cittadine, ma di non minor valore, come l’Ar- di base, fondamentali per migliorare la vita di una chivio Storico comunale, recentemente riordinato, comunità. valorizzato e aperto al pubblico grazie al progetto “Memorie di carta”. È quindi indispensabile continuare a lavorare per il proprio territorio sulla scia di questa esperienza, La valorizzazione dei patrimoni culturali passa che ha visto una così proficua collaborazione tra anche, e soprattutto, attraverso collaborazioni im- enti locali (il e la Provincia), enti di tutela portanti, come quella con l’Università di Bologna, dei beni culturali sul territorio (la Soprintendenza dalla quale è scaturito un significativo lavoro sul per i Beni Archeologici delle Marche), enti di ri- Borgo e la Rocca di Acquaviva Picena, illustrati in cerca e di didattica (il Dipartimento di Storia Cul- questo volume, e una prima risistemazione di Pa- ture Civiltà dell’Università di Bologna e il Centro lazzo Celso Ulpiani, che anche grazie al contributo Studi per l’Archeologia dell’Adriatico) intorno della Provincia di Ascoli Piceno ha potuto iniziare alla promozione dell’unico valore che va al di là a essere quel polo culturale che oggi vediamo, am- degli interessi particolaristici: la cultura. pliato nelle sue funzioni (oggi ospita la Biblioteca Civica e l’Archivio Storico) e potenziato.

V

Pierpaolo Rosetti Sindaco di Acquaviva Picena

La conoscenza della storia, del territorio e dei Tra le sue antiche mura si sono svolte molte at- suoi cambiamenti, è anche scoperta di se stessi e tività di ricerca e divulgazione, alcune delle qua- delle proprie origini, importante premessa per im- li esposte in questo volume, e la sua Rocca è un parare ad amare le infinite ricchezze che rendono il elemento pregnante e caratteristico del paesaggio nostro Paese unico al mondo, e per avere le giuste circostante, che stiamo cercando di valorizzare con motivazioni per assicurarne conservazione e valo- ancora più energia proprio in forza del grande va- rizzazione, nell’ambito di una vera e propria batta- lore storico che porta dentro. glia contro l’ignoranza e la superficialità. In un paese come l’Italia abbandonare il sostegno La Pubblica Amministrazione e, soprattutto, i alla ricerca e alla cultura è un po’ come dimentica- Comuni, insieme a tutti i cittadini, ciascuno nel ri- re chi siamo, smettendo pian piano di meravigliarci spetto del proprio ruolo, devono promuovere que- di ciò che ci circonda. sta conoscenza e alimentare il desiderio di consi- Facciamoci quindi forti di questa costante mera- derare realmente ogni angolo e ogni scorcio della viglia, e continuiamo a essere un caso particolare, nostra Italia come parte di una unica grande casa, un’istituzione che ha sempre profondamente cre- insegnando ai più giovani a rispettare il bene co- duto nel valore dell’istruzione, della conservazio- mune e a viverlo in modo sempre più responsabile ne della memoria collettiva, della conoscenza delle e sostenibile. proprie radici storiche, e che ha promosso la pro- L’esperienza del Comune di Acquaviva Picena, secuzione dell’attività della Biblioteca Civica, il piccolo borgo poco distante dal mare, costantemen- riordino e l’apertura dell’Archivio Storico, la crea- te animato da una profonda vocazione alla promo- zione di spazi comuni in cui cultura ed esperienze zione della cultura e della condivisione, raccontata possano essere condivise tra i cittadini. nelle pagine di questo libro, rappresenta una con- Perché il “lavoro culturale” ripaga sempre, e creta espressione del ruolo che le amministrazioni la nostra vanga (anche se più metaforica), come locali sono chiamate a svolgere, in un momento in quella degli archeologi a cui qui lascio la parola, cui le difficoltà economiche fanno apparire come è lucente. non prioritario il sostegno alla cultura.

VII

TARCISIO INFRICCIOLI, TEODORICO COMPAGNONI Ex Sindaco ed ex Vicesindaco di Acquaviva Picena

La valorizzazione del patrimonio culturale del possibile grazie al supporto di un’altra importante territorio è stata da sempre al centro delle scelte istituzione territoriale, la Provincia di Ascoli Pice- dell’Amministrazione comunale che ci siamo tro- no, che ha finanziato quattro borse di studio per vati a rappresentare per ben due mandati. Acco- attività di valorizzazione del borgo e del territorio. gliemmo quindi con entusiasmo, nel 2004, il gio- È all’interno di Palazzo Celso Ulpiani, attrezzato vane e colorato gruppo di ricerca dell’Università di dall’équipe bolognese con scaffalature e postazioni Bologna coordinato da Enrico Giorgi, che per di- internet, che è stato possibile poi aprire la Biblio- verse settimane l’anno ha popolato il piccolo borgo teca Civica, servizio fondamentale per la comunità medievale di Acquaviva Picena. acquavivana. Il progetto Acquaviva nella storia, in collabo- La collaborazione e l’amicizia con i ragazzi razione con Soprintendenza per i Beni Archeolo- dell’Università di Bologna è poi proseguita ne- gici delle Marche, Dipartimento di Archeologia gli anni grazie a una periodica serie di incontri, dell’Università di Bologna, Centro Studi per l’Ar- conferenze, visite guidate che hanno rafforzato il cheologia dell’Adriatico e Comune di Acquavi- rapporto il gruppo di ricerca e l’Amministrazione va Picena non si è limitato alle sole campagne di comunale. scavo e ricerca: è culminato, nel 2006, nell’alle- È nostro auspicio che tutto questo lasci un buon stimento a polo culturale e biblioteca di Palazzo ricordo nel cuore di tutti, e che porti a sempre nuo- Celso Ulpiani, edificio storico nel cuore del borgo, vi frutti. prima non agibile. La vita del centro studi è stata

IX

nora lucentini Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche

Il progetto Acquaviva nella storia ha rappresen- innovative. I risultati di queste indagini, che sono tato un esempio felice di collaborazione tra enti lo- sicura abbiano portato buoni frutti al gruppo di ri- cali, Soprintendenza e Università. cerca, sia sul piano scientifico, sia su quello uma- Il territorio comunale acquavivano era ben noto no, rappresentano un importante punto di arrivo. all’archeologia grazie ad alcune scoperte occasio- Come un significativo risultato è stato nali, ma anche a diverse ricerche portate avanti promuovere l’analisi di un fortilizio rinascimentale proprio dalla Soprintendenza per Beni Archeolo- e di un borgo storico attraverso un approccio gici delle Marche. Tra questi si possono ricordare, “archeologico”, ossia particolarmente attento a titolo meramente esemplificativo, i resti del sito alla stratificazione degli eventi umani che si sono neolitico di Monte Tinello o il ripostiglio di asce susseguiti all’interno delle sue mura. bronzee di Contrada Fonte Paterno. Di questi rin- Tra i risultati importanti conseguiti nell’ambito venimenti viene tracciato un utile quadro di sintesi di questa collaborazione mi fa piacere ricordare in in questo stesso volume, e si vogliono qui citare particolare lo scavo dell’ex-Ospedale di Sant’An- in quanto di fondamentale importanza per la rico- na, che ci ha permesso di giungere alla compren- struzione delle dinamiche del popolamento antico sione più accurata e alla pubblicazione di un no- nella zona della bassa valle del Tronto. tevole contesto archeologico emerso nel corso di Il progetto dell’Università di Bologna si è rivol- precedenti scavi di emergenza. È nostro auspicio to, invece, soprattutto all’analisi del borgo medie- che simili esperienze di proficua collaborazione vale, concentrandosi inizialmente sulla Rocca, per e condivisione tra Università e Soprintendenza si poi allargare le ricerche al contesto circostante, an- possano replicare, per una migliore e più efficace che attraverso l’ausilio di metodologie di ricerca conoscenza, tutela e valorizzazione del territorio.

XI

giuseppe sassatelli Direttore del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Il progetto Acquaviva nella storia mi ha visto dei nostri studenti. Proprio in quell’occasione si coinvolto fin dalle prime fasi del lavoro sia come strinsero gli accordi che portarono alla nascita di attività del Dipartimento di Archeologia, ora Di- un importante progetto di ricerca italo-croato che partimento di Storia Culture Civiltà dell’Università ancora oggi è si svolge nel sito dell’antico castrum di Bologna, sia come iniziativa collegata al Centro di Burnum in Dalmazia e che pensiamo di sostene- Studi per l’Archeologia dell’Adriatico di Ravenna. re ancora in futuro e se mai di rafforzare. I frutti di quelle fatiche furono tanto convincenti Numerose altre iniziative, promosse da altri da indurci a inaugurare nel 2006 a Palazzo Celso colleghi, spesso con taglio internazionale, hanno Ulpiani la sede acquavivana del Centro Studi ra- contribuito a far crescere l’attività del Centro Stu- vennate. Questo obiettivo è stato raggiunto anche di acquavivano negli anni a seguire. Tutte queste grazie all’impegno del Comune di Acquaviva Pice- iniziative si sono normalmente mosse tra due nu- na e della Soprintendenza per i Beni Archeologici clei tematici principali: l’archeologia adriatica e delle Marche, oltre che al sostegno iniziale della la metodologia in campo archeologico. Alla linea Provincia di Ascoli Piceno. metodologica si ispirano anche le iniziative edito- Il clima di entusiasmo e di impegno degli stu- riali di Groma, che hanno dato diffusione a stam- denti e della comunità locale mi parve subito chia- pa e sul web ai progetti del Centro Studi. Sempre ra quando visitai Acquaviva, proprio in occasione nell’ambito di Groma è stato elaborato un recente dell’ inaugurazione il 27 maggio 2006, nell’ambito manuale di diagnostica per l’archeologia, presen- della tavola rotonda L’Adriatico un ponte d’acqua. tato e discusso a Bologna da Andrea Carandini nel Nello stesso anno si svolse la prima edizione del- maggio del 2010. la Scuola estiva internazionale In profondità sen- L’esperienza di Acquaviva Picena, in questi anni, za scavare, promossa dall’Ateneo bolognese, che si è dunque rivelata una palestra importante per rappresentò il primo passo di un’esperienza ancora tanti giovani archeologi e, seppure oggi si avvici- in corso attraverso i laboratori didattici del nostro ni alla sua conclusione, possiamo considerare quel Dipartimento, finalizzata a una formazione nuova, percorso ancora utile per i nostri progetti futuri. più efficace e competitiva sul piano professionale

XIII

ANTONIO GOTTARelli Direttore del Centro Te.M.P.L.A. del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Il progetto Acquaviva nella storia è stato un cheologico e culturale (in particolare la Soprinten- momento di crescita importante, sia per il Dipar- denza per i Beni Archeologici delle Marche). timento di Archeologia dell’Università di Bologna La decentralizzazione delle strutture di ricerca (ora Dipartimento di Storia Culture Civiltà), di cui che si è voluta mettere in atto ad Acquaviva Pi- è diventato sede periferica sul territorio, sia per il cena, e la parallela valorizzazione delle strutture network di ricerca (NADIR) che fa capo al centro periferiche, è un passo importante che l’Università multimediale Te.M.P.L.A., che dirigo, di cui rap- di Bologna sta compiendo con successo nella ge- presenta un “nodo” fondamentale. stione delle strutture complesse: consente infatti di Palazzo Celso Ulpiani infatti, che ospita un polo disporre di poli periferici efficienti e funzionali in culturale coraggiosamente promosso dalle istitu- cui esercitare attività didattiche e convegnistiche, zioni comunali e provinciali, è divenuto un centro nonché di promuovere, nei partecipanti a queste at- di aggregazione fondamentale, nei cui piani sono tività, una migliore e più profonda conoscenza del alloggiati e fruibili Archivio storico, Biblioteca Ci- territorio, in particolare delle aree, come Acquavi- vica e Biblioteca del Centro Studi per l’Archeolo- va Picena, sede dei progetti di ricerca sul campo gia dell’Adriatico, una preziosa raccolta specializ- del Dipartimento. zata sull’archeologia e la storia dei territori tra le Non rimane quindi che augurare lunga e profi- due sponde del Mar Adriatico. cua vita al polo culturale acquavivano e ringraziare Il Centro, in quanto nodo del network archeolo- coloro che, insieme a me, hanno collaborato atti- gico di ricerca NADIR, è stato dotato di connes- vamente alla sua costituzione e al suo allestimento sione internet e postazioni informatiche, che hanno come nodo del network: in particolare gli allora consentito il collegamento del piccolo centro ac- studenti, ora giovani ricercatori Pietro Baldassarri, quavivano con una più ampia rete di istituzioni di Ivano Devoti, Federica Proni e Massimo Zanfini. ricerca e conservazione del patrimonio storico, ar-

XV

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 1-2 I ntroduzione

ANDREA AUGENTI Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Ci sono molti motivi per apprezzare questo li- Ma qui bisogna fare una considerazione più ge- bro. Al primo posto metto di sicuro la validità nerale: se alziamo il tiro, e diamo uno sguardo alla dell’operazione che lo ha generato. E cioè un pro- situazione del nostro paese, allora ci rendiamo con- getto concepito per indagare su un sito dalla storia to che in realtà, anche nelle altre regioni, sono piut- lunga e pluristratificata attraverso più sistemi di tosto pochi i progetti di questo tipo realizzati fino- fonti: documentarie, cartografiche, archeologiche. ra; pochi, in generale, i castelli che possano vantare Un approccio integrato che rientra nel canone del- un dossier di dati così articolato ed elaborato. la più avanzata modalità di ricerca sui contesti di Vorrei aggiungere poi che la validità dell’ope- età storica, declinato qui in maniera davvero ec- razione si vede, oltre che dalla sua ottima impo- cellente. Vale anche la pena di sottolineare le mol- stazione, anche da un elemento per me davvero te direzioni in cui è stata indirizzata in particolare fondamentale. Se è vero che questo volume è allo la ricerca archeologica: indagini geofisiche, scavo, stesso tempo una messa a punto delle conoscenze ovviamente (anzi, più interventi di scavo); ma an- e il resoconto di nuove indagini, che accrescono che archeologia dell’architettura e analisi urbani- la quantità e la qualità dei dati disponibili, è anche stica. E voglio sottolinare in modo particolare la vero che il volume è in un certo senso un’opera presenza di quest’ultimo filone di studio, perché, aperta, che non intende chiudere, sigillare l’argo- continuo a ritenerlo, di fondamentale importanza; mento, ma – al contrario – suggerisce nuove piste un campo – putroppo – ancora non sufficiente- di ricerca. Insomma: da qui si potrà ripartire per gli mente frequentato dagli archeologi del Medioe- approfondimenti futuri. vo, a differenza di quanto non accade nel settore Un esempio di quanto sto dicendo? Leggendo la dell’antichistica. parte documentaria, personalmente mi sono con- Un altro elemento di grande interesse è il fatto vinto che i dati disponibili su quel versante non che le Marche sono una regione nella quale, tutto siano sufficienti a indicare per Acquaviva una sommato, l’archeologia medievale stenta ancora a origine altomedievale, come alcuni vorrebbero. decollare. È un fatto che colpisce ancora di più se Però… Però gli scavi indicano la presenza nelle si considera quanti contesti e monumenti di grande stratificazioni di materiali romani e tardoantichi rilievo esistano o siano documentati nella regione. (nonché altomedievali), che sembrano suggerire E colpisce anche che, nonostante il notevole suc- delle preesistenze. Di che tipo? Al momento non cesso dell’incastellamento proprio in quest’area, il sappiamo bene, non ne conosciamo bene l’esatta fenomeno sia al momento molto più conosciuto sul natura, e quindi non è davvero possibile sbilan- piano delle fonti scritte che su quello delle fonti ciarsi sulla loro interpretazione. Però, tra le righe archeologiche. Il progetto di Acquaviva, quindi, di questo progetto, si potrebbe anche iniziare a costituisce un ottimo passo in direzione di una leggere qualcosa di analogo a uno dei modelli di conoscenza più approfondita dell’incastellamento genesi dell’incastellamento messo a punto da Ric- nelle Marche. cardo Francovich, soprattutto grazie allo scavo del andrea augenti sito di Montarrenti: una precoce risalita in altura qualità dipende anche dalla forte dose di coinvol- di alcuni gruppi in età tardoantica (VII secolo) che gimento con la quale questi studiosi hanno vissuto sfocia nella nascita di villaggi, successivamente con il contesto nel quale si trovavano a lavorare. divenuti poli insediativi nell’ambito del sistema Il rapporto tra gli archeologi e i luoghi in cui la- curtense (VIII-IX secolo) e infine trasformati in vorano può essere di varia natura, ma sappiamo castelli (intorno al X secolo). È una possibilità, che tutti che le cose funzionano davvero bene e vanno solo altre indagini stratigrafiche da condurre in fu- a buon fine soltanto quando si sviluppa una vera turo ad Acquaviva potranno sottoporre a verifica sintonia, quasi un’empatia tra gli studiosi, il luogo ed eventualmente rafforzare con nuovi dati, più e la comunità locale. Questa empatia, questo coin- sostanziali. Però di sicuro grazie a questo proget- volgimento traspaiono molto bene, qua e là, dalle to, e al volume che ha prodotto, iniziamo ad avere pagine del libro; e sono – credo – il vero segreto dei materiali sui quali impostare il dibattito. Non è della sua buona riuscita. poco: un eccellente punto di partenza. Il progetto di Acquaviva potrà senz’altro confi- Concluderei sottolineando che tutto questo è gurarsi nel futuro come un modello di ricerca, e stato reso possibile dall’opera di un valido gruppo non solo per la regione delle Marche, dove ha in- di studenti di Bologna, alcuni dei quali ho avuto dicato come si può affrontare con ottimi risultati modo di conoscere e seguire durante la loro forma- il tema di un castello medievale con continuità di zione. Il gruppo è cresciuto nel tempo, e ha operato vita fino ai nostri giorni. E credo che la comunità davvero al meglio sotto la guida di Enrico Gior- di Acquaviva abbia già adesso dei buoni motivi per gi. Questo libro, però, non è soltanto l’esito di un essere molto grata a questi archeologi, che stanno buon percorso formativo nelle aule universitarie, aggiungendo alla sua storia nuove e importanti pa- e sul campo, in maniera autonoma; la sua ottima gine, finora mai lette.

2 Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 3-10

a linea d’ombra della Rocca di Acquaviva Picena. L Riflessioni sull’esperienza e sul metodo di lavoro

enrico giorgi Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna Direttore del Progetto Acquaviva nella storia

Si entra in un giardino dove anche le ombre sembrano promesse e ogni svolta del sentiero è una seduzione. Non è una terra inesplorata si riconoscono le orme precedenti si va avanti sulla propria strada. E anche il tempo va avanti finché si scorge una linea d’ombra e la giovinezza deve essere lasciata indietro.

Tratto dalla Nota introduttiva a La linea d’ombra di Joseph Conrad

Attorno alla Rocca di Acquaviva Pi- cena, nell’arco di qualche anno a partire dal 2004, si è sviluppato un progetto, in- centrato su alcune linee di ricerca legate soprattutto ai temi dell’archeologia, del- la topografia e dell’archeologia dell’ar- chitettura. Questo progetto per alcuni dei partecipanti si è rivelato anche un importante percorso di crescita profes- sionale, tanto che il modo stesso di la- vorare del gruppo di giovani ricercatori coinvolti ha rappresentato di per sé un risultato significativo (a questo allude il brano di Joseph Conrad). Per questa ra- gione nelle pagine che seguiranno verrà dato spazio non solo alla presentazione generale del progetto, ma anche al rac- conto di come è nato e si è sviluppato.

Le persone, le istituzioni, le risorse, Fig. 1. La locandina dell’evento di presentazione del progetto le occasioni che fecero il progetto Acquaviva nella storia. La Fortezza di Acquaviva Picena (2005)

Il progetto di ricerca Acquaviva nella storia (fig. 1) ha avuto inizio grazie ad alcune fortunate circostanze, nella primavera del 2004, quando Andrea ENRICO GIORGI

un’analoga iniziativa sull’altra sponda dell’Adriatico, nell’an- tico castrum romano di Bur- num, non lontano da Sebenico, nel Parco Nazionale della Krka in Croazia. Per chi si affaccia dal mastio della Rocca di Acquaviva Pice- na per scrutare l’orizzonte ver- so levante, è evidente che questi due luoghi, pur lontani, hanno in comune il tratto di Adriatico che li bagna. Il legame tra i due progetti, partito da una suggestione e da una circostanza occasionale, di- venne un fatto concreto grazie alla fiducia accordataci da Giu- seppe Sassatelli, allora Preside della Facoltà di Lettere e Filo- sofia di Bologna, che ci accolse Fig. 2. La locandina dell’evento sotto l’egida del Centro Studi L’Adriatico. Un ponte d’acqua (2006) per l’Archeologia dell’Adria- tico. I due progetti iniziarono Infriccioli, allora Assessore al Turismo del Comune così in parallelo, avvalendosi in origine del me- di Acquaviva Picena, ci invitò a partecipare a desimo team di giovani ricercatori. Si giunse così un’iniziativa di promozione del territorio. Nella nel 2005 a una Convenzione tra il nostro Diparti- medesima circostanza l’archeologa acquavivana mento, la Soprintendenza per i Beni Archeologici Letizia Neroni, formatasi alla scuola bolonese, ci delle Marche, il Comune di Acquaviva Picena e i coinvolse nell’organizzazione di un incontro di partner croati dell’Università di Zara e del Museo carattere culturale sul tema del vino nell’antichità, Civico di Drniš. L’accordo, poi rinnovato fino al al quale collaborò anche l’amico Giuseppe Lepore. 2011, fu sancito il 27 maggio del 2006 con una ce- In quell’occasione nacque l’idea di struttura- rimonia nel Palazzo Comunale di Acquaviva, tra le re un progetto del Dipartimento di Archeologia pareti dipinte da Adolfo De Carolis. Allora fu inau- dell’Università di Bologna (ora Dipartimento di gurata anche la sede locale del Centro Studi per Storia Culture Civiltà), da sottoporre al Sindaco l’Archeologia dell’Adriatico, accolto nel Palazzo Tarcisio Infriccioli. Si trattava di un laboratorio di- Celso Ulpiani, sulle mura del borgo che si snoda ai dattico sui moderni metodi di diagnosi archeologi- piedi della Rocca. Questo è potuto accadere grazie ca, come parte di un più ampio progetto di ricerca alla volontà dell’Amministrazione comunale e in e valorizzazione storica. Venne subito coinvolta la particolare del Sindaco Tarcisio Infriccioli, allora Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Mar- fortemente coadiuvato da Andrea Infriccioli e poi che, grazie alla consueta sensibilità del compianto da Teodorico Compagnoni, Francesco Sgariglia Soprintendente Giuliano de Marinis e alla disponi- e Roberto Fulgenzi (per citare solo alcuni degli bilità e competenza di Nora Lucentini, funzionario amministratori più coinvolti). La continuità è at- di zona già esperto di archeologia acquavivana. tualmente assicurata dal lungimirante impegno del Così il laboratorio ebbe inizio nell’estate del 2004. Sindaco Pierpaolo Rossetti e dal lavoro quotidiano di Margherita Verdecchia. Il progetto si è avvalso Quasi contemporaneamente, grazie all’inizia- anche del supporto della Provincia di Ascoli Pice- tiva di Alessandro Campedelli, giovane studio- no, e in particolare prima di Emidio Mandozzi e so dell’antica Dalmazia, si andava strutturando Olimpia Gobbi, poi di Andrea Maria Antonini. Più

4 La linea d’ombra della Rocca di Acquaviva Picena recentemente l’attuale Am- ministrazione comunale, in particolare il Sindaco Pier- paolo Rosetti, con grande sensibilità, ha voluto rin- novare il sostegno a questo progetto. Il Centro Studi è stato costituito nel 2006 grazie alla competenza e al lavoro concreto di Antonio Gottarelli, impavido dinan- zi alle nuove imprese e già maestro di metodo in arche- ologia. A lui e al gruppo di lavoro che coordina si deve molto, comprese la proget- tazione e la realizzazione dei laboratori e delle aule di lettura. Così nacque la piccola Biblioteca del Cen- tro Studi, genitrice dell’at- tuale raccolta comunale, che ancora si affaccia sulla valle del Tronto e il mare Fig. 3. La locandina dell’evento Nuove ricerche Archeologiche nell’Albania meridionale a ottanta Adriatico, davanti alla costa anni dai primi scavi di Phoinike (2006) dalmata. In quella giornata di inaugurazione del Centro si tenne l’incontro: vic e Davor Gaurina (Museo Civico di Drniš). L’Adriatico, un ponte d’acqua. Così fu intitolato Il filo rosso che ha collegato queste persone si il primo seminario di studi1, con una citazione dal è dunque dipanato e poi riannodato proprio nel giornalista Raffaele Nigro2 (fig. 2). Tra i convenuti borgo di Acquaviva, e ha portato alla realizzazione voglio ricordare studiosi come Giuliano de Mari- di un luogo di incontro per l’archeologia, con nis e Nora Lucentini (Soprintendenza per i Beni una prospettiva locale e insieme internazionale. Archeologici delle Marche), Gino Bandelli (Uni- L’idea era quella di dare spazio agli aspetti storici versità di Trieste), Lorenzo Braccesi (Università di del Piceno e della Dalmazia ma anche dell’intero Padova), Gianfranco Paci (Università di Macera- contesto adriatico. Una scommessa che non poteva ta), Antonio Curci, Pier Luigi Dall’Aglio, Sandro che sorprendere. Ne fu conferma lo stupore di De Maria, Antonio Gottarelli, Giuseppe Lepore, Richard Hodges, noto archeologo medievista Giuseppe Sassatelli, Maurizio Tosi (Università anglosassone, quando seppe che per partecipare al di Bologna); Nenad Cambi, Miroslav Glavičić, seminario sulle ricerche archeologiche nell’Albania Željko Miletić (Università di Zara), Joško Zanino- meridionale, promosso da Sandro de Maria alla fine di novembre del 20063, doveva raggiungere questo piccolo luogo delle Marche e non la prestigiosa 1 L’Adriatico, un ponte d’acqua. Giornata inaugurale della sede sede bolognese. Nella stessa occasione, oltre agli di Acquaviva Picena del Centro Studi per l’Archeologia dell’Adriati- amici Anna Gamberini, Giuseppe Lepore, Riccardo co, Seminario internazionale (Palazzo Celso Ulpiani, 27 maggio 2006). Gli Atti della Giornata di Studi sono pubblicati in Groma Villicich, intervennero anche alcuni importanti 1. Archeologia tra Piceno, Dalmazia ed Epiro, Bologna 2007, a cura di E. Giorgi, E. Vecchietti e J. Bogdani (books.bradypus.net/gro- ma1). 3 Nuove ricerche archeologiche nell’Albania meridionale a ottanta 2 «Osservo il mare, la linea dell’orizzonte, come una linea anni dai primi scavi di Phoinike (1926-2006), Seminario interna- di difesa o un ponte d’acqua» (R. Nigro, Diario Mediterraneo, zionale (Palazzo Celso Ulpiani, 23-25 novembre 2006), anch’es- Roma-Bari 2001). so pubblicato in Groma 1 (books.bradypus.net/groma1).

5 ENRICO GIORGI

antica dell’Illiria e dell’Epiro4 (fig. 4).

A queste iniziative di carattere scientifico occorre aggiungere l’attività divulgativa, con vari cicli di conferenze promosse, tra il 2006 e il 2009, nell’ambito del Centro Studi e della libera università ascolana UPLEA5. Queste attività, che avevano lo scopo precipuo di aprire l’edificio agli abitanti del borgo e della vallata, hanno goduto della forza propulsiva dell’Assessore alla Cultura Teodorico Compagnoni, allora Vicesindaco, e soprattutto della capacità organizzativa di Erika Vecchietti. Si deve a lei l’enorme e incessante lavoro sotterraneo che ha posto le basi per la buona riuscita della maggior parte delle attività del centro (figg. 6-7). Dietro il successo di molte iniziative dei primi anni, ma anche dietro le fatiche misconosciute degli ultimi tempi, che ci stanno portando ora a questa bella chiusura del progetto, c’è appunto il suo lavoro competente e infaticabile. Sempre a lei si lega non solo questo volume conclusivo, ma l’intero progetto editoriale che Fig. 4. La locandina dell’evento Formazione e sviluppo del mo- ha portato alla nascita di Groma, il contenitore di dello urbano nell’Epiro Settentrionale (2009) idee che ha diffuso a stampa e sul web, grazie a Julian Bogdani, i risultati del gruppo di ricercatori archeologi stranieri, come gli albanesi Julian Bogdani, Dhimitër Çondi, Shpresa Gjongecaj e Luan Përzhita, ma anche gli inglesi William Bowden dall’Università di Nottingham e Oliver Gilkes dalla Butrint Foundation, oltre alla danese Inge Lyse Hansen, sempre dalla Butrint Foundation, e allo statunitense David Hernandez dall’Università di Cincinnati. La discussione finale fu moderata dalla giornalista Cinzia Dal Maso (fig. 3).

Seguirono negli anni molte altre notevoli inizia- tive. Tra queste ricordo il seminario sulle ricerche di Acquaviva e del territorio limitrofo del 2008, a cui parteciparono Andrea Augenti, archeologo medievista del nostro Ateneo, con Nora Lucen- tini e Andrea Rosario Staffa, funzionari di zona nell’ascolano e nel teramano. Inoltre aggiungerei Fig. 5. Le copertine dei volumi Groma 1. Archeologia in Piceno, almeno il secondo seminario sull’archeologia al- Dalmazia ed Epiro (2009) e Groma 2. In profondità senza banese promosso ancora da Sandro De Maria nel scavare (2010) 2009, a cui parteciparono Inge Lyse Hansen e Pier- re Cabanes, con altri esperti internazionali di storia 4 Formazione e sviluppo del modello urbano nell’Epiro Settentrio- nale, Tavola rotonda internazionale (Palazzo Celso Ulpiani, 21 maggio 2009). 5 università per la Libera Età di Ascoli Piceno.

6 La linea d’ombra della Rocca di Acquaviva Picena

Figg. 6-7. Un momento di attività sul campo degli studenti dell’UPLEA coordinati dal Centro Studi di Acquaviva Picena: la ricognizione e schedatura delle cisterne romane nel territorio ascolano

cresciuti intorno al progetto di Acquaviva. Groma è ai metodi di indagine archeologica non distruttiva, il nome della serie di quaderni promossi dal Centro disciplina che attualmente è sulla cresta dell’onda e Studi di Acquaviva Picena6. Con questo termine, si chiama Archeologia Preventiva. A questa scuola, che indica lo squadro agrimensorio utilizzato dagli che oggi è un laboratorio didattico del nostro antichi romani, si è cercato di richiamare i due temi Dipartimento, hanno preso parte tanti docenti e che ci sono sempre stati a cuore: l’innovazione studenti provenienti da ogni parte del mondo. La tecnica e lo studio del passato, nel nostro caso in prima edizione, nel maggio-giugno 2007, si svolse ambito adriatico. Un primo quaderno è uscito nel proprio ad Acquaviva Picena e a Burnum in Croazia. 2007, dedicato all’archeologia di Piceno, Dalmazia Un’attività come quella appena descritta ed Epiro. Un secondo ha visto la stampa nel 2009, dovrebbe essere alimentata con risorse economiche dedicato all’archeologia senza scavo (fig. 5). Si adeguate, a meno che non si pensi di far coincidere tratta del tema di una fortunata Scuola Estiva molte operazioni con i doveri istituzionali di alcune Internazionale dell’Ateneo di Bologna (fig. 11), delle strutture coinvolte, oppure con interessi curata in particolare da Federica Boschi, dedicata su cui si era già deciso di investire. Ovviamente questa seconda ipotesi ci è subito parsa appetibile. L’inaugurazione di un laboratorio di ricerca e di 6 www.groma.info, books.bradypus.net.

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E infine: quale archeologia?

Come abbiamo già accennato, il progetto Acquaviva nella storia è nato come labora- torio sul campo con finalità di didattica e di ricerca. La ricerca, però, non era indiriz- zata all’indagine archeologica tradiziona- le, ossia allo scavo. Piuttosto, si intendeva sperimentare tutte le possibili metodologie di diagnosi prima di giungere allo scavo, inteso piuttosto come riscontro finale delle ipotesi formulate e ovviamente come com- pletamento inevitabile della ricerca (in que- sto senso l’archeologia preventiva si pone in antitesi con l’archeologia d’emergenza e perciò non riesco a spiegarmi perché ancora si finisca per confonderle). Dato questo obiettivo, e costruite le pre- messe istituzionali già dette, si strutturò il gruppo di ricerca in base alle competenze necessarie. Trattandosi di argomenti ancora giovani, il coinvolgimento di ricercatori in erba fu una logica conseguenza.

Fig. 8. Il più recente Laboratorio topografico del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna ad Acquaviva Picena (febbraio 2009) Questo poneva il problema della collabo- razione tra studiosi non ancora troppo navi- didattica universitaria ha rappresentato uno sforzo gati, ma già in possesso di proprie metodologie di in questa direzione, perché si tratta di assolvere a ricerca. Dati i ruoli di ciascuno, tale collaborazione compiti che sono già propri del nostro Dipartimento si doveva svolgere in assenza di un’autorità univer- (figg. 8-9). Nello stesso tempo i risultati di sitaria di tipo tradizionale. Diversamente da quanto questo lavoro hanno creato terreno fertile per la accade di solito, infatti, l’esperienza acquavivana valorizzazione culturale e turistica di un borgo non ha visto il coinvolgimento di nessun docente come Acquaviva Picena, che ha una naturale accademicamente affermato nella direzione del vocazione in questo senso e che perciò investe progetto. Il lavoro ha tuttavia avuto un buon esito, già molto in questa direzione. Questo non toglie grazie alla condivisione di alcune linee essenziali che si debbano comunque ampi ringraziamenti della ricerca e nel rispetto delle reciproche compe- al Sindaco e al Comune più in generale, per aver tenze. Si è trattato dunque di una regia non invasiva assicurato ampio sostegno logistico ed eccezionale e condivisa. ospitalità. Una scelta così lungimirante è poi stata premiata Sul campo, questa esperienza si è sviluppa- nel 2006 dalla Provincia di Ascoli Piceno, che ha ta attraverso alcune tappe. La prima fase è stata finanziato alcune borse di studio annuali per ga- l’analisi degli studi precedenti e la lettura delle rantire la fase di inaugurazione e avvio del Centro principali fonti scritte (o iconografiche), tra cui Studi. Grazie a queste scelte e all’accoglienza degli quelle d’archivio. Di questo lavoro preliminare si abitanti del borgo acquavivano, il progetto ha otte- è occupata Erika Vecchietti e con lei Serena De nuto significativi risultati pur con risorse economi- Cesare7. Quindi si giunse al laboratorio sul campo che limitate. dell’estate del 2004 e del 2005, a cui parteciparo-

7 Vd. il contributo di S. De Cesare sulle fonti scritte.

8 La linea d’ombra della Rocca di Acquaviva Picena

tempo Julian Bogdani, aiutato da Michele Silani, si è occupato dell’inquadramento topografi- co e del rilievo delle murature. Federica Boschi ha curato le indagini geofisiche9, per cerca- re di riconoscere eventuali trac- ce di quanto Luigi Ferdinando Marsili, nel 1708, aveva dise- gnato nella corte della Rocca. Nell’inverno del 2005 Tomma- so Casci Ceccacci, con lo scavo nel complesso dell’ex-Ospedale di Sant’Anna, posto all’altro estremo del borgo, sulla “Terra Nuova”, ebbe modo di acquisi- re altri dati utili nell’ottica della comprensione più generale del contesto urbano. Tale scavo fu fortemente incentivato da Nora Lucentini (fig. 10). Erika Vec- chietti ha poi raccolto quei dati e li ha studiati10. Nel 2005 e nel 2006 si sono svolte le due prin- Fig. 9. La seconda edizione del Laboratorio di Topografia del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna (maggio 2005) cipali campagne di scavo nella Rocca, coordinate da Andrea Baroncioni. Quindi siamo giun- ti alla fase finale di studio e di edizione, che ha visto impegnato gran parte del “gruppo storico” con qualche defezione, dovuta ad altri impegni professionali, e il significativo contributo di al- cuni specialisti, come Gilda As- senti e Orestina Francioni11. Credo che questo percorso, al di là dei risultati della ricerca, sia stato utile per tutti. Questo mi pare testimoniato anche dalla Fig. 10. La fortezza settentrionale del borgo di Acquaviva Picena (“Terra Nuova”) crescita dei componenti del grup- po di ricerca tra l’inizio del progetto no, tra gli altri, Mauro Altini, Michele Massoni e Fabio Visani. Andrea Baroncioni ed Enrico Rava- ioli si sono occupati dell’analisi degli elevati della Rocca e poi, nel 2005 e nel 2006, Enrico Ravaioli 9 Vd. il contributo di F. Boschi e M. Silani sulle analisi geofisiche ha esteso l’analisi al resto del borgo8. Nello stesso e l’inquadramento topografico della Rocca. 10 Vd. il contributo di E. Vecchietti sugli scavi del complesso dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna. 8 Vd. i contributi di A. Baroncioni, sullo scavo nella Rocca, e di 11 Vd. i contributi di G. Assenti sui materiali dallo scavo e di O. E. Ravaioli, sull’analisi degli elevati dell’edificio e la ricostruzione Francioni sulle analisi archeometriche compiute su campioni di urbanistica del borgo. pietra ollare.

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Fig. 11. Locandina dell’edizione 2006 della Scuola Estiva dell’Università di Bologna “In profondità senza scavare” nel 2004 e la sua conclusione nel 201212. Voglio tro Studi a disposizione della Biblioteca Comunale, coltivare la speranza che l’esperienza acquavivana posta al piano terra. Tale Biblioteca, grazie a uno abbia rappresentato una tappa significativa anche sforzo comune, è ormai da tempo aperta al pubbli- della loro crescita professionale. La parte finale di co ed è accessibile per le attività didattiche rivolte questo volume contiene perciò una serie di appen- ai giovanissimi alunni delle scuole acquavivane. Si dici che servono proprio a chiarire schematicamen- è deciso inoltre di liberare il piano inferiore, prece- te quanto scritto in queste pagine. dentemente adibito a sala convegni, per consentire la ristrutturazione dell’Archivio Storico, recente- mente inaugurato. Infine, il piano superiore è stato Dopo il Centro Studi trasformato in area polifunzionale, dove sono al- lestiti poster informativi sui risultati delle ricerche Con la pubblicazione del presente volume giunge archeologiche sul territorio13. dunque a compimento un percorso quasi decenna- Si è inteso in questo modo restituire questi spazi le, del quale abbiamo illustrato le tappe fondamen- alla comunità cittadina. tali. Prima di concludere, tuttavia, ci è parso dove- Grazie a questa eredità abbiamo dunque ragione roso lasciare un segno tangibile del lavoro svolto di nutrire buone speranze per il futuro. su questo territorio. Per tale ragione si è lavorato, insieme al Comune, per fare in modo che attorno al Centro Studi di Palazzo Celso Ulpiani si aggre- gassero altre funzioni, trasformandolo in un polo culturale del borgo acquavivano. In questo senso si giustifica la decisione di mettere l’arredo del Cen-

13 Per una più ampia esposizione delle attività più recenti e di quelle ancora in corso si rimanda al contributo seguente di E. 12 Vd. l’ Appendice a p. 203. Vecchietti.

10 foto di Pierluigi Giorgi, 2005- disegno di Giorgio Giorgi, 2005 Giorgi, di Giorgio 2005- disegno Giorgi, di Pierluigi foto Il progetto e la valorizzazione

Il progetto e laIl progettovalorizzazione e la valorizzazione

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 13-21

P alazzo Celso Ulpiani da Centro Studi a polo culturale

erika vecchietti Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, BraDypUS

[...] Acquaviva, è un paesello così piccolo e così oscuro, che indarno se ne cercherebbe il nome in molti dizionari storici e in molte carte geografiche, salvo non fossero carte e dizionari speciali delle più piccole terre d’Italia. [...] Io mi son proposto di studiare un piccolo paese rurale in tempo di rivoluzione. Sono naturalmente le città, e le grandi città, che fanno le rivoluzioni; le città piccole, le borgate, le campagne, non fanno che seguirle, più o meno a malincuore. Ma gli storici delle rivoluzioni, nel descriverle, poco o nulla badano e ai modi e alle forme che i mutamenti politici, economici, sociali assumono in queste, che pure hanno l’importanza loro, e non piccola, nella vita d’uno Stato, e sono come le radici capillari del grande albero della nazione e quelle che trasmettono dal suolo alla pianta buona parte di succo e di vita.

Amedeo Crivellucci, Una comune delle Marche nel 1798 e 99 e il brigante Sciabolone, Pisa 1893, Prefazione

Fig. 1. Veduta del borgo di Acquaviva Picena dall’esterno del versante meridionale delle mura. Sulla sinistra, Palazzo Celso Ulpiani

La sfida più difficile che un progetto di ricerca un’operazione come Acquaviva nella storia risie- come quello qui descritto deve affrontare non è, dono in ciò che ci si lascia alle spalle, in quel deli- come si potrebbe pensare, la fase iniziale o cen- cato e a volte difficile rapporto di familiarità che si trale del suo sviluppo: il successo e l’efficacia di crea quando per un lungo periodo un piccolo paese erika vecchietti

Fig. 2. Manifesto di presentazione dei risultati della campagna Fig. 3. Uno dei pannelli esposti nella piazza d’armi nel 2005, dopo di scavo 2006 e dell’inaugurazione del Centro Studi la fine del cantiere archeologico a Palazzo Celso Ulpiani viene “colonizzato”, per un mese all’anno, da un Tale convivenza tuttavia non è stata scevra da gruppo di ragazzi provenienti da tutt’Italia e non difficoltà e incomprensioni, errori di gioventù da solo. E questo passaggio, ben rappresentato dalla parte nostra, che ci siamo fatti travolgere dall’en- metafora della “linea d’ombra” suggerita da En- tusiasmo del compiere un’impresa che sentivamo rico Giorgi nel contributo precedente, ha assunto come profondamente “nostra”, entusiasmo che ad Acquaviva Picena, per chi scrive, un carattere non siamo sempre riusciti a trasmettere tempesti- molto speciale. vamente a tutte le nostre controparti. Come sempre L’intero progetto, sin dal suo nascere, è stato accade, chi è troppo coinvolto in un progetto non robustamente sostenuto da una profonda volontà riesce a vedere con lucidità ciò che lo circonda. di condivisione con il paese dei risultati della Ciononostante, il progetto ha funzionato. Con gli ricerca, nella ferma convinzione che il passato sia unici strumenti che aveva a disposizione: la volon- un bene collettivo, importante per chi studia, come tà di condividere ciò che era venuto alla luce, la te- noi archeologi, ma anche e soprattutto per chi lo nacia (o protervia) di voler veder apprezzato quello vive quotidianamente, come l’abitante di un borgo in cui si crede, l’ottimismo un po’ ingenuo di chi storico. Scavo quindi, studio e analisi ma anche crede che per ottenere qualcosa sia necessario met- valorizzazione, attenzione per le esigenze dei tersi in gioco per primi1. residenti del paese, didattica alle classi dell’Istituto Comprensivo acquavivano, conferenze. Attività è con questo intento di condivisione che ogni che sono state possibili grazie a una encomiabile anno, a conclusione della campagna di scavo, iniziativa del Comune, la concessione in uso di l’area indagata2 veniva corredata da pannelli espli- Palazzo Celso Ulpiani, divenuto nel 2006 sede del Centro Studi per l’Archeologia dell’Adriatico 1 Mi piace considerare le campagne acquavivane come la no- (e della sua biblioteca) e dell’allora Dipartimento stra risposta al celebre motto di Steve Jobs, idolatrato e discusso di Archeologia dell’Università di Bologna, oggi cofondatore di Apple: Stay hungry, stay foolish. Dipartimento di Storia Culture Civiltà (fig. 1). 2 l’area di scavo si trovava nella piazza d’armi della Rocca, pun-

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Fig. 4. Segnaletica esterna del Centro Studi a Palazzo Celso Ulpiani. Da notare che Palazzo celso Ulpiani, grazie alla presenza del Dipartimento di Archeologia dell’Ateneo bolognese (oggi Dipartimento di Storia Culture Civiltà), è diventato parte del network di ricerca archeologica Nadir (responsabile, Antonio Gottarelli, centro Te.M.P.L.A. - Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna)

cativi che spiegassero ai visitatori perché si era scelto di scavare in quel punto e cosa fosse emer- so; un piccolo accorgimento per risarcire, almeno in parte, Amministrazione Comunale e visitato- ri del disagio causato dalla presenza del cantiere all’interno in un monumento storico regolarmente aperto al pubblico. Inoltre, sono state regolarmente organizzate giornate di presentazione dei risultati della campagna, rivolte alla cittadinanza, alle auto- rità e ai giornali locali3 (figg. 2-3). In particolare, si è scelto di mostrare non solo l’area di scavo in sè e per sè, con le strutture e i ritrovamenti, ma il meto- do stesso dell’operatività dell’archeologo, calando il pubblico nel vivo dei lavori in corso e accenden- do la sua curiosità attraverso l’impiego delle più moderne tecnologie in uso nel cantiere.

L’attenzione alla comunicazione e alla didattica ha caratterizzato anche le scelte di arredo del Cen- tro Studi di Palazzo Celso Ulpiani, come già detto sede acquavivana del Centro Studi per l’Archeo- logia dell’Adriatico e del Dipartimento di Storia Fig. 5. Manifesto di inaugurazione della Biblioteca tematica dedi- Culture Civiltà dell’Ateneo bolognese (fig. 4). Ol- cata all’archeologia dei territori tra le due sponde dell’Adriatico tre infatti ai quasi mille volumi della Biblioteca del all’interno del Centro Studi di Palazzo Celso Ulpiani Centro Studi, dedicati agli studi storico-archeolo- gici sul contesto adriatico4 (fig. 5), a Palazzo Celso

della città, che ha ospitato nel tempo, grazie al progetto Ac- to di attrazione turistica di tutto il territorio. A fine lavori lo quaviva nella storia, una folta agenda di incontri internazionali scavo doveva necessariamente venir richiuso, per garantire la dedicati all’archeologia nei territori del Piceno, della Croazia e sicurezza dei visitatori. dell’Albania (vd. ancora il contributo introduttivo di E. Giorgi). 3 Colgo qui l’occasione per ringraziare, per la sua sempre pie- Dal 2010, grazie agli sforzi dell’Assessore alla Cultura Teodo- na collaborazione e fiducia, laD ott.ssa Nora Lucentini, Ispettore rico Compagnoni, essa ospita anche la Biblioteca Comunale di della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche re- Acquaviva Picena. In tal modo, si sono potute utilizzare ancora sponsabie per il territorio ascolano. più proficuamente le postazioni informatiche predisposte alla 4 la scelta di raccogliere ad Acquaviva Picena una biblioteca consultazione degli archivi bibliografici online donate dal Dipar- tematica così ricca e specifica è nata dalla vocazione “adriatica” timento di Storia Culture Civiltà di Bologna.

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Figg. 6-7. Due dei pannelli didattici del Centro Studi di Pa- lazzo Celso Ulpiani, dedicati alle tecni- che produttive della ceramica romana (a sinistra) e medievale (in basso). Disegni di Giorgio Giorgi

Ulpiani hanno trovato spazio i pannelli didattici di A rafforzare il volto “adriatico” del Centro Studi approfondimento sulla Rocca, sul borgo fortificato di Acquaviva Picena, anche in relazione al legame e sulle tecniche produttive antiche (figg. 6-9). La con la Croazia e il sito archeologico di Burnum5, le volontà dei fondatori del Centro era infatti quella sale di lettura della biblioteca e le aule didattiche di creare uno spazio pubblico e aperto, che funges- sono divenute spazi espositivi di due mostre foto- se, oltre che da luogo di studio e di incontro, da grafiche di un allora giovane (oggi affermato) fo- centro informativo sulle attività svolte dall’équipe dell’Università di Bologna tra le mura del castello e più in generale sugli aspetti del mondo antico più 5 Che ha ospitato, insieme ad Acquaviva Picena, la prima edi- direttamente attinenti a quanto si stava approfon- zione della Scuola Estiva del Centro Studi per l’Archeologia dell’Adriatico “In profondità senza scavare. Metodologie d’inda- dendo sul contesto acquavivano. gine non invasiva e diagnostica per l’Archeologia” (2007). Vd. anche il contributo introduttivo di E. Giorgi.

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Figg. 8-9. Due dei pannelli didattici del Centro Studi, dedicati ai risultati delle ricerche in corso ad Acquaviva Picena: lo scavo archeologico nella Rocca (a sinistra) e il borgo (a destra) tografo ascolano: Pierluigi Giorgi6. La prima mo- dell’Assessore alla Cultura Andrea Maria Antonini stra, trasformata poi in allestimento permanente, e alla collaborazione con l’Assessore alla Cultura dedicata alle attività archeologiche ad Acquaviva del Comune di Acquaviva Picena Teoderico Picena e a Burnum (figg. 10-11), la seconda, di più Compagnoni, è stato possibile organizzare ogni ampio respiro, dedicata a un reportage fotografico anno diversi cicli di conferenze, dedicate alla realizzato in territorio albanese nel 2003: Impres- cittadinanza, agli interessati e agli studenti, che sioni di Albania, già esposta a Bologna nel com- hanno visto, tra l’altro, la partecipazione attiva plesso monumentale di San Giovanni in Monte. e interessata dei membri dell’UPLEA8. Fin dai Le belle immagini fotografiche di Pierluigi Giorgi primi mesi di vita del Centro Studi è infatti emersa sono andate ad arricchire la varietà dei paesaggi la necessità di affiancare ai convegni scientifici che si possono ammirare dal Centro Studi di Pa- dedicati all’archeologia adriatica9 una più ampia lazzo Celso Ulpiani, dotato di una straordinaria vi- attività di comunicazione archeologica, in grado di sta panoramica sulla valle del Tronto dalla quale si avvicinare il maggior numero possibile di persone comprende bene il valore strategico che l’altura su ai temi della conoscenza e della valorizzazione del cui sorse il borgo acquavivano rivestì nella storia e patrimonio storico, nell’intento di sensibilizzare nell’evoluzione del territorio. il pubblico verso una più consapevole difesa e Dalla fine del 2006, grazie all’aiuto della fruizione delle emergenze storico-archeologiche Provincia di Ascoli Piceno7, in particolare del proprio territorio10. Sono stati scelti temi storici

8 6 www.pierluigigiorgi.com. università Popolare Itinerante del tempo Libero e della Li- bera Età di Ascoli Piceno. Colgo l’occasione per ringraziare Pina 7 Grazie a uno specifico progetto di finanziamento la Provincia Imperatori, nostra storica referente dell’UPLEA, per la passione ha consentito, attraverso il bando di specifiche borse di studio, e la dedizione con cui ha seguito e diffuso le iniziative cui qui si di mantenere attivo il Centro Studi e la Biblioteca per il primo fa cenno. anno di attività (2006-2007), apertura di cui negli anni successivi 9 e a seguito dell’apertura della Biblioteca Civica si è fatto carico Ampiamente illustrati da E. Giorgi nel contributo introduttivo. il Comune. 10 Anche nell’ottica della promozione della “formazione per-

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Figg. 8-9. Due immagini fotografiche della Rocca scattate nel 2005 da Pierluigi Giorgi, ora parte dell’allestimento permanente del Centro Studi di Acquaviva Picena trasversali e di ampio respiro, appositamente passato (fig. 12). è infatti ferma opinione di chi approfonditi ed esposti da giovani studiosi, scrive che il passato, l’archeologia in particolare, raccolti in cicli annuali intitolati Incontri con il rivesta un ruolo fondamentale nell’immaginario della maggior parte delle persone, per quel carattere frammentario (rovine, cocci, ecc.) manente”. Sempre in questa prospettiva si è realizzato anche, nel 2008, un progetto didattico che ha visto il coinvolgimento con cui le informazioni giungono fino a noi. Se degli allievi dell’Istituto Comprensivo di Acquaviva Picena nella quindi, come archeologi, abbiamo dalla nostra visita ai principali monumenti storici del borgo in occasione del- parte enormi potenzialità comunicative, dall’altra le Giornate Internazionali del FAI. 18 Palazzo Celso Ulpiani da Centro Studi a polo culturale

Fig. 12 (a destra). Locandina dell’edizione 2007 del ciclo Incontri con il passato

Fig. 13 (in alto). Incontro con l’autore ad Acquaviva Picena: Federi- ca Guidi (al centro) presenta il suo libro Morte nell’arena. Storia e leggenda dei gladiatori (Milano, Mondadori, 2006), introdotta da Enrico Giorgi (a sinistra) e Teoderico Compagnoni (a destra) nella chiesa di San Rocco ad Acquaviva Picena (19 febbraio 2011)

solo di rado il mondo dell’archeologia ufficiale, quello accademico, si è sforzato di raggiungere un ampio pubblico; tale atteggiamento ha avuto come risultato un’esponenziale crescita dell’interesse, mediatico e non, verso la “fantarcheologia” e le interpretazioni anticonvenzionali e senza fondamento scientifico di fenomeni storici, monumenti o reperti archeologici. Il tono delle conferenze dei cicli Incontri col passato è andato invece nella direzione di un avvicinamento del pubblico alle tematiche dell’archeologia e del territorio, affrontate con leggerezza ma senza pressapochismo scientifico. Con lo stesso spirito, i cicli di conferenze sono stati integrati da incontri con autori di libri a tema storico-archeologico, come il volume Morte nell’arena di Federica Guidi11, ancora nell’ottica di una sensibilizzazione dell’uditorio verso gli argomenti della storia antica che maturi attraverso la curiosità e gli spunti d’interesse, e sia in grado di indirizzare gli spettatori verso strumenti di approfondimento di buon livello critico e divulgativo, esposti e discussi Fig. 14. Una delle tavole della Storia di Acquaviva Picena a con il pubblico dagli scrittori stessi (fig. 13). fumetti di Giorgio Giorgi

11 Federica Guidi, Morte nell’arena. Storia e leggenda dei gladia- tori, Mondadori 2006.

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Come però ripetevo all’inizio di questo contributo, la buona riuscita di un proget- to si misura, la maggior parte delle volte, dalla sua eredità, ossia da quanto riesce, dopo la sua conclusione, ad attirare anco- ra attenzione e contributi, a essere vivo nel tessuto degli abitanti, a entrare nella programmazione del Comune e degli Enti Territoriali14. E non senza orgoglio posso ammettere che noi siamo riusciti anche in questo, che a mio avviso è il più difficile dei compiti, soprattutto per un team giovane come il nostro. La costituzione del Centro Studi a Palazzo Celso Ulpiani ha stimolato l’im- piego dell’edificio come polo della vita cittadina e un crescente interesse da parte del Comune, fattore che ha comportato, nel 2009, lo spostamento a Palazzo Cel- so Ulpiani dell’intero Archivio Storico Comunale, preservato e ordinato grazie all’interessamento della Soprintendenza regionale ai Beni Archivistici e soprattut- to al contributo della Provincia di Ascoli Piceno, recentemente molto attenta alle problematiche che il delicato patrimonio Fig. 15. L’accurata ricostruzione dell’ambientazione (chiesa di San Rocco) in una delle tavole della Storia di Acquaviva Picena a fumetti (Giorgio Giorgi) archivistico, soprattutto quello dei piccoli centri, subisce riguardo a conservazione e Ancora sulla linea di una comunicazione basata fruibilità15. Nel giugno 2013 è stato quindi sulla contaminazione tra diversi generi, nel 2005 inaugurato il nuovo Archivio Storico acquavivano, è uscito, grazie al genio e al talento del maestro collocato nel piano inferiore di Palazzo Celso Ul- Giorgio Giorgi, artista ascolano, il primo episo- piani, appositamente reso idoneo a questo specifi- dio della Storia di Acquaviva Picena a fumetti12, co scopo. Al piano terra le scaffalature del Centro dedicato a un episodio storico avvenuto ad Ac- Studi ospitano ora, in via permanente, i volumi quaviva nel XIII secolo: le nozze tra Forasteria, del fondo bibliotecario comunale di Acquaviva figlia del Duca di Acquaviva, e il nobile di Sarna- Picena, reso anch’esso fruibile per interessamento no Rainaldo di Brunforte. Il fumetto, o meglio la graphic novel, mira a una restituzione accurata e della rassegna annuale “Acquaviva nei fumetti”. storicamente affidabile di ambientazioni e perso- 14 intendo in tal senso inserire a pieno titolo il progetto Acqua- naggi, frutto della sinergia tra l’autore e i membri viva nella storia nel novero delle esperienze riuscite, in Italia, di del gruppo di lavoro dell’Università di Bologna “archeologia pubblica”, ossia quel modo di intendere l’archeo- impegnato nella ricostruzione archeologico-docu- logia non solo come disciplina che si occupa di ricerca, ma che promuove il rapporto con la società civile, stimola la creazione mentaria del sito, e rappresenta un ulteriore sforzo di una sinergia forte tra ricerca archeologica e comunità (attra- creativo verso una divulgazione ampia e critica, verso specifiche azioni di tasferimento culturale e tecnologico), entusiasticamente aperta ai diversi media comuni- incide nei tre settori chiave della sua portata “sociale”: comuni- cazione, economia e politiche (governance) del patrimonio ar- 13 cativi (figg. 14-15) . cheologico. Sul tema vd. di recente G. Vannini (a c.), Archeologia Pubblica in Toscana. Un progetto e una proposta, Firenze 2012. 15 si vuole qui menzionare l’encomiabile iniziativa di riordino 12 Giorgio Giorgi, Sponsalia, Storia di Acquaviva Picena a fu- degli archivi comunali del Piceno “Memorie di Carta”, promosso metti, I Episodio, Bologna 2005. dalla Provincia in sinergia con la Soprintendenza Archivistica per 13 Sponsalia è stato presentato (25 luglio 2005) in occasione le Marche, la Regione e la Fondazione Carisap.

20 Palazzo Celso Ulpiani da Centro Studi a polo culturale del Comune, in primis dell’Assessore alla Cultu- rici e pratici, letture pubbliche, piccole mostre foto- ra e Vicesindaco Teoderico Compagnoni, e grazie grafiche, didattica e doposcuola per i bambini; era all’impegno quotidiano di Margherita Verdecchia, quindi necessario che la nostra presenza si facesse acquavivana d’adozione, attiva e competente col- sempre più “trasparente”, e si limitasse a intreventi laboratrice del Comune e del nostro team sulle po- sempre più tecnici e gestionali, e soprattutto “mo- litiche didattiche e culturali rivolte agli abitanti e bili”: postazioni leggere, computer portatili, picco- soprattutto alle scuole. li videoproiettori che potessero essere liberamente mossi e utilizzati in tutti e tre i piani dell’edificio, Tra 2012 e 2013 il processo si può dire conclu- utilizzo, per le stampe, di tessuto, adatto a essere so, con la creazione, a Palazzo celso Ulpiani, di un ripiegato e riposto in poco spazio (in caso di neces- vero e proprio Palazzo della Cultura, grazie a un fi- sità di impiegare i locali per altri scopi). nanziamento europeo16 facente capo al Comune di Sto constatando in questi giorni che l’operazione San Benedetto del Tronto17. Grazie a questo contri- del polo culturale acquavivano a Palazzo Celso Ul- buto è stato possibile il potenziamento delle strut- piani sta ricevendo l’appoggio entusiastico anche ture informatiche funzionali alle biblioteche e alla della nuova giunta comunale, recentemente inse- didattica, il rinnovo degli ambienti del primo e del diatasi e presieduta dal Sindaco Pierpaolo Roset- secondo piano della struttura e la sua conversio- ti. E questo rappresentare un riferimento costante, ne a spazio polifunzionale, utilizzabile come area “sistematico”, al di là delle amministrazioni che per mostre temporanee, allestimento permanente e si susseguono, al di là dei legami personali (credo aula didattica/sala conferenze. L’assegnazione di di parlare a nome di tutto il gruppo che ha portato questo finanziamento ha rappresentato, per il Co- avanti, davanti a mille difficoltà, questa operazio- mune come per noi, un importante punto di svolta e ne) è il miglior ringraziamento che da Acquaviva ci un definitivo passaggio delle consegne tra il nostro potesse giungere. gruppo di lavoro e il Comune di Acquaviva Picena. Grazie infatti ai fondi ottenuti, che abbiamo ge- stito a nome del Comune, è stato possibile una par- ziale ristrutturazione dell’edificio (in particolare adeguando il sistema antincendio e gli impianti di sicurezza), la dotazione al Palazzo di più postazio- ni informatiche per la ricerca-didattica (di cui una portatile), l’arredamento del piano superiore con un’installazione dedicata al territorio acquavivano dalla preistoria ai giorni nostri (Il paesaggio piceno tra montagna e mare), a pubblicazione dei risultati delle nostre ricerche, ora editi in questo volume, e infine l’impiego di una persona che, part-time, si occupasse dell’apertura al pubblico della bibliote- ca e dell’archivio. La concezione degli interventi si è basata sul con- cetto della “reversibilità”: Palazzo Celso Ulpiani non è più solo un’appendice della nostra avventura universitaria, è uno spazio finalmente fruito dagli abitanti del Comune, che vi organizzano corsi teo-

16 Progetto finanziato nell’ambito del POR-FESR CRO MAR- CHE 2007/2013 – Asse 5 “Valorizzazione dei Territori”: Proget- tazione integrata – PIT “Paesaggio marino”. 17 Coordinato da Sergio Trevisani. Il collegamento con San Be- nedetto del Tronto risulta fondamentale per l’azione “in rete” delle realtà locali dell’entroterra, che ricevono dal collegamento con la riviera un benefico flusso di visitatori.

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Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 37-50

l progetto Acquaviva nella Storia. I Il contesto topografico e la sintesi dei risultati

enrico giorgi Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna Direttore del Progetto Acquaviva nella storia erika vecchietti Progetto Acquaviva nella storia, BraDypUS studio associato

Fig. 1. Il paesaggio collinare in cui sorge il borgo di Acquaviva Picena

Uno sguardo superficiale al panorama mo, proprio la posizione di confine tra i territori storico e geografico circostante di Ascoli e di , insieme alla sua vocazione al controllo del territorio, ne hanno determinato lo Il borgo ‘medievale’ di Acquaviva sorge nelle sviluppo storico. Marche meridionali, in Provincia di Ascoli Pice- Il paesaggio circostante è caratterizzato da no, su un’altura che domina la valle del Tronto e un’ampia distesa di colline dal profilo arrotonda- la costa adriatica, a una decina di chilometri di di- to, ricche di sorgenti e incise sui fianchi da ripidi stanza dal mare. L’abitato è cresciuto sull’ultima torrenti, con vallecole profonde e incassate (fig. 1). propaggine di un crinale che si sviluppa, da ovest La maggior parte di queste dorsali drena verso sud verso est, tra i torrenti Albula e Ragnola, frapposto e rientra nel sistema di colline che delimita la me- tra i bacini del Tronto e del Tesino1. Come vedre- dia e bassa valle del fiume Tronto a settentrione. Si tratta di un esteso complesso di alture che pren- de le mosse dall’interno appenninico, diminuendo 1 il corso dell’Albula si trova a nord e quello del Ragnola a sud di Acquaviva Picena. Per una descrizione ulteriore si rimanda a gradualmente di quota, di pendenza e di antichità Casci Ceccacci 2007 («Groma 1»); Neroni 2002 («Orizzonti»). mano a mano che avanza verso l’area adriatica, enrico giorgi, erika vecchietti fungendo da spartiacque tra il bacino del Tronto e con il suo profilo brusco a picco sul mare. Verso quello del Tesino ancora più a nord. Queste colline mezzogiorno, la valle del Tronto si apre, all’altezza dal profilo dolce, coperte di vigne e ulivi, percorse della Sentina, con una foce ampia, un tempo palu- da una fitta trama di strade di crinale e rese celebri dosa e movimentata da cordoni costieri, oggi quasi dalle astrazioni di Tullio Pericoli2, rappresentano del tutto urbanizzata. Qui, in posizione molto più l’aspetto caratteristico e preponderante del paesag- vicina alla foce di quanto non sia l’odierna Martin- gio agrario marchigiano dall’antichità ai giorni no- sicuro, sorgeva l’antico porto di Castrum Truenti- stri. L’azione dei mezzi meccanici – che modellano num6, che la tradizione vorrebbe di antica origine le superfici e permettono piantate disposte lungo liburnica, e che fu dall’età romana sino all’inizio la linea di pendenza, aumentando il colluvio che del Medioevo il punto di riferimento della porzio- scivola verso valle – ha di certo addolcito questo ne di territorio che comprendeva anche l’area di paesaggio, che un tempo doveva essere più irre- Acquaviva7. golare, contenuto da muretti di terrazzamento, col- Il fiume Tronto, dunque, con le sue dorsali di tivato con filari trasversali. Alcune testimonianze spartiacque e la sua foce, è l’elemento centrale del del precedente aspetto della campagna ascolana si paesaggio. Il suo corso ha rappresentato un tratto possono trarre dalle vedute del pittore e archeologo di unione, ma a uno sguardo più approfondito esso Nazzareno Gabrielli3. configura anche una divisione tra le due sponde, Dalla sommità del mastio della Rocca di Acqua- specialmente nelle fasi storiche più antiche. Que- viva, se si spinge lo sguardo all’interno risalendo sto spiega, ad esempio, l’importanza dei punti di il corso del fiume, si scorge l’alta valle del Tronto, guado e la necessità di risalire in parte il corso con che si è scavata la sua strada tra i fianchi ripidi dei le imbarcazioni8. In questo senso sono particolar- Monti della Laga a sud e del massiccio dei Sibilli- mente interessanti le testimonianze archeologiche ni a nord (dominato dalle cime dei monti Vettore, del sito di Casale Superiore, a nel- Sibilla e Priora), dove si congiungono l’Appennino la media valle, che si sviluppa tra la fine dell’età umbro e quello marchigiano. Dietro la dorsale che del Bronzo e l’inizio dell’età del Ferro (XIII-VIII separa il Tronto dal Vibrata, già in territorio abruz- a.C.), proprio in connessione con un guado. Con zese, si trovano i Monti Gemelli (la Montagna il fiorire della cultura picena, nella piena età del dei Fiori e il Monte Piselli), mentre sullo sfondo Ferro (in particolare nel VI sec. a.C.), emerge an- si intravedono i massicci della Maiella e del Gran che sul piano archeologico l’importanza del po- Sasso d’Italia. Lungo la valle, nel punto di raccor- polamento sui siti d’altura e Acquaviva fu proba- do tra l’area montana e quella collinare, si apre il bilmente uno di questi9. La romanizzazione (III-II bacino di Ascoli, centro egemone dei piceni prima, a.C.), successivamente, rivoluzionò il paesaggio città romana e medievale poi, da sempre baricentro truentino, come quello del resto della penisola. dell’alta e media valle del Tronto4. Da qui lo sguar- L’appoderamento di gran parte del fondovalle e poi do può discendere lungo le colline di cui abbiamo già parlato, più estese sulla riva destra e a ridosso del fiume su quella sinistra5. A nord, lungo la costa, 6 in età antica si ritiene che il Tronto sfociasse alcuni chilo- metri più a sud nell’area significativamente denominata “Tronto si può riuscire a vedere il promontorio del Cone- Vecchio” (Campagnoli-Giorgi 2004, pp. 42-54). Importanti scavi ro che interrompe la cimosa costiera marchigiana archeologici sono stati condotti in Località Case Feriozzi a Mar- tinsicuro, dove è presente un’occupazione che va dal IV sec. a.C. al VII sec. d.C.. Per una sintesi su Castrum Truentinum si vedano Staffa 2000; Id. 2009. 2 Silvia Ballestra, Le colline di fronte. Un viaggio intorno alla vita 7 di Tullio Pericoli, Catalogo della mostra Sedendo e mirando , i pa- Come diremo meglio in seguito, Acquaviva Picena occupa esaggi (1966 al 2009), Ascoli Piceno, Galleria d’Arte Contem- una posizione marginale, di confine tra il bacino del Tronto e poranea (21 marzo-13 settembre 2009), Milano (Rizzoli) 2011, quello del Tesino; per questo motivo, le sue vicende si legano alternativamente a queste due aree. 3 Catalogo della mostra, 2011. 8 una delle più antiche testimonianze archeologiche di que- 4 Giorgi 2004; Id. 2005; Giorgi, Lucentini 2007. sta direttrice commerciale è data dalla presenza di ceramica micenea a Monsampolo, nella media valle del Tronto (Giorgi- 5 lo scorrimento asimmetrico dell’asta fluviale, che in quest’ul- Lucentini 2007, p. 9). tima fase tende a erodere i terrazzi a ridosso dello spartiacque 9 meridionale, è una caratteristica che il Tronto condivide con Giorgi, Lucentini 2007, pp. 10-12; Casci Ceccacci, Neroni molti fiumi marchigiani B( isci, Dramis 1991). 2007, pp. 17-19; Ciuccarelli 2012.

24 Il progetto Acquaviva Picena nella storia. Il contesto topografico e la sintesi dei risultati delle colline circostanti (III a.C.-I d.C.), oltre alla Le terre acquavivane strutturazione del sistema itinerario della via Sala- ria (II a.C.-I d.C.), ridisegnarono il paesaggio, con- L’altura di Acquaviva si trova a ridosso del mare ferendogli un aspetto più regolare. In questo perio- e si espande su una serie di dorsali minori perpen- do si consolidò anche il popolamento rurale, con dicolari alla costa15. A differenza del sistema di casali, fattorie, insediamenti sparsi in parte simili a colline della media valle che drenano nel Tonto, quelli di qualche decennio addietro i nostri tempi10. le alture a ridosso del mare sono collegate ma si Uno scavo recente ha riportato in luce la necropoli dispongono con un diverso orientamento. I corsi di uno di questi insediamenti sviluppati lungo la del Ragnola e dell’Albula, infatti, che delimitano via Salaria, nei pressi di Spinetoli11. Quindi la de- il crinale principale a nord e a sud, sono presso- strutturazione del paesaggio antropizzato, il ritorno ché paralleli alla linea di foce del Tronto e hanno a forme più naturali e selvatiche, causata dalla di- scavato i fianchi della collina, rendendoli piuttosto minuzione del presidio antropico e dal peggiora- acclivi. Per questa ragione il sito risulta in posizio- mento storico e ambientale di epoca tardoantica, ne dominante, naturalmente difeso, ma abbastanza pose le basi per la rinascita del paesaggio agrario. accessibile (con un percorso di crinale che proceda Questo nuovo cambiamento fu promosso dai centri da ovest verso est). In particolare l’abitato occu- monastici altomedievali e dai castelli medievali12. pa due alture diverse, una maggiore a ovest (circa Proprio l’incastellamento, che caratterizzò la piena metri 360 s.l.m) e una lievemente più bassa a est. età medievale, portò nuovamente in primo piano Una piccola sella divide i due colli. Sull’altura oc- il ruolo dei siti d’altura come Acquaviva Picena13. cidentale, denominata ‘Terra Vecchia’, oggi sorge Un momento che viene spesso sottovalutato dagli la Rocca; a est, sulla ‘Terra Nuova’, si trova il pre- archeologi, infine, è l’epoca del tardo Medioe- sidio verso il mare; nel mezzo, la Torre dell’Oro- vo e del Rinascimento. Fu invece proprio questo logio e la chiesa di San Nicolò delimitano la sella. il periodo nel quale si prese forma la fisionomia Verso sud-ovest il crinale si ramifica e, tra il fosso architettonica dei borghi e il paesaggio rurale cir- degli Zingari e il fosso Ragnola, si incontra il colle costante, nei modi che oggi apprezziamo e in gran di San Francesco e l’Abbadetta. A sud del poggio parte tentiamo di conservare. In quel territorio tale di Acquaviva si trova il monte Tinello, a nord la rinascita si collega alle vicende delle contese terri- Contrada Paterno, con il brusco pendio collinare toriali tra i comuni di Ascoli e di Fermo, poi al do- che degrada verso il torrente Albula. minio dello Stato Pontificio, fino alla Rivoluzione Il toponimo “Acquaviva”, infine, dipende forse Francese e al travagliato periodo del brigantaggio, dalla presenza di sorgenti o dal nome di una nobile che portò alla distruzione dell’Archivio Storico famiglia locale16, che fu anche per un certo periodo acquavivano (1799)14. A tal proposito, per il borgo proprietaria della Rocca. Sapere se dal primo derivi di Acquaviva è certamente istruttivo il noto dise- il secondo o viceversa è cosa ardua e forse inutile. gno di Luigi Ferdinando Marsili, conservato nella Da questa breve descrizione geografica emerge Biblioteca Universitaria di Bologna, che ci mostra come Acquaviva abbia da sempre rappresenta- un’ottima sintesi della consistenza materiale del to un’area privilegiata di insediamento. Per certi borgo nell’anno 1708. aspetti il suo territorio si presenta abbastanza con- cluso, anche se la sua comprensione non può pre- scindere da quella del contesto più ampio entro cui si pone. In questo senso la sua storia si collega a quella della genesi degli insediamenti protostorici

10 Campagnoli, Giorgi 2004. 15 A questo sito si aggiungono alcune segnalazioni di reperti 11 Lucentini, Miritello, Pasqualini 2007. della stessa epoca in località Solagna Ragnola. Per entrambi si 12 Ibid. vedano Lucentini 1995, Neroni 2002, p. 107, 111-112. L’inse- diamento di Monte Tinello parrebbe continuare sino all’età del 13 Campagnoli, Giorgi 2007. Bronzo. 14 il crinale principale si ramifica ulteriormente verso est in 16 Gli Acquaviva, duchi d’Atri, piccolo Comune nel teramano due piccoli spartiacque tra i Fossi della Fornace e degli Zingari. (vd. il contributo di S. De Cesare in questo volume).

25 enrico giorgi, erika vecchietti nelle Marche meridionali e allo sviluppo della cul- pazione del sito), si spiega per la presenza di alcuni tura picena. La conformazione del paesaggio ac- sepolcreti disposti nelle zone circostanti (databili quavivano, così compatto intorno all’altura princi- tra VIII e V a.C.). In alcuni casi, come per le tom- pale, è adattissimo alle dinamiche del popolamento be del colle di San Francesco e le vicine strutture di quest’epoca, fatto di piccoli centri che control- produttive del colle dell’Abbadetta (secc. VIII-VII lano aree abbastanza limitate. L’esclusione dalle a.C.), sembra che almeno per un certo lasso di tem- grandi vie di transito e l’isolamento geografico del po la necropoli si associ a un suo contesto abitativo, territorio spiegano forse il fatto che la romanizza- diverso da quello egemone. Resta da capire se si zione paia lasciare tracce più anonime, ma questo tratti di un centro produttivo satellite, di un altro dipende certamente anche dalla persistenza dell’in- abitato minore che concorse alla genesi di quello sediamento medievale, che si arrocca sull’altura e principale, o addirittura di due veri e propri inse- copre, con l’espansione di età quattro-cinquecente- diamenti distinti. Altro elemento che documenta la sca, tutta la superficie del pianoro. facies picena ad Acquaviva è il rinvenimento, nel 1848, di una stele, riconosciuta come sud-picena, in località Fonte Mercato; se si accetta l’interpretazio- L’archeologia acquavivana ne del reperto come un’offerta votiva, il volto “pi- ceno” di Acquaviva si andrebbe a completare con La presenza umana nel territorio di Acquaviva la presenza, nel territorio, di un’area santuariale21. Picena è archeologicamente nota sin dalla Preisto- Il cambiamento del paesaggio, che abbiamo ria. Al Neolitico si riferisce, infatti, l’insediamento detto tipico della romanizzazione, non ha lascia- di Monte Tinello, che si data indicativamente alla to tracce particolarmente significative in questo seconda metà del IV millennio e si sviluppò su un territorio22. Si segnala solo il rinvenimento di rilievo a sud dell’abitato principale di Acquaviva17. due epigrafi, quella dell’architetto Publio Buxu- Si tratta dei resti di un abitato, indagato dalla So- rio Tracalo del municipio romano di Castrum printendenza per i Beni Archeologici delle Marche, Truentinum e quella del commerciante di porpora con fondi di capanna con tracce di intonaco e foco- Caio Marcilio Eros, che fu magistrato municipale lari, riferito al ‘cultura di Ripoli’18. Alla successiva (quinqueviro)23. La vocazione agricola del territo- età del Bronzo si riferisce un importante ripostiglio rio è testimoniata, poco lontano, dal rinvenimento di asce rinvenuto in Contrada Fonte Paterno, ap- di un insediamento rustico con vocazione produt- pena a nord di Acquaviva19. Con l’inizio dell’età tiva nel territorio di Offida24. del Ferro, in tutta l’area medio-adriatica si assiste Sporadiche le notizie e i rinvenimenti archeolo- all’emergere di raggruppamenti culturali omoge- gici utili alla ricostruzione delle vicende del ter- nei, dove gli aspetti culturali originali maturano ritorio successive all’età romana; possiamo però grazie al contatto con le altre culture italiche e con ipotizzare che la posizione estremamente favore- l’altra sponda adriatica (X-IX a.C.)20. vole dal punto di vista strategico del territorio ac- Si giunge così al fiorire della civiltà picena, a quavivano sia stato, durante il burrascoso periodo cui è forse possibile riferire il primo abitato stabile successivo alla caduta dell’Impero Romano, parte sull’altura di Acquaviva. Questa ricostruzione, che della «situazione “di frontiera” degli insediamenti non è suffragata da dati archeologici nella zona del che gravitano intorno alla Salaria [...] interpretati paese (forse a causa della stessa continuità di occu- come baluardo contro possibili e prevedibili attac- chi bizantini da est e da sud»25.

17 Sivestrini Lavagnoli 1993; Silvestrini, Carlini 2005; Zamagni 21 Vd. il contributo di M. Cameli in questo volume, con bibl. 2005. Vd. anche, anche per i rinvenimenti citati in seguito, il con- prec.; sugli aspetti religiosi vd. Capdeville 2006. Sul popolamento tributo di M. Cameli in questo volume. e le dinamiche insediative vd., da ultimo, Biocco, Silvestrini 2009. 18 Altri rinvenimenti occasionali sono riferiti all’età del Bronzo 22 Neroni 2002; Casci Ceccaci, Neroni 2007. (Neroni 2002; Casci Ceccaci, Neroni 2007). 23 19 Ibid. Neroni 2002; Casci Ceccaci, Neroni 2007. 24 Pignocchi 1998. 20 Per una panoramica dei rinvenimenti dell’età del Ferro nel 25 territorio vd. Baldelli 1995. Profumo 2000, pp. 389-390, con bibl. prec.

26 Il progetto Acquaviva Picena nella storia. Il contesto topografico e la sintesi dei risultati

La nascita del castello nelle notizie storiche Le vicende tacciono fino a un altro momento si- e nei documenti d’archivio gnificativo: la cessione del castello di Acquaviva, che fino a questo momento possiamo ritenere pro- Le notizie sulla nascita dell’insediamento forti- prietà di potentati locali, al comune di Fermo, pas- ficato di Acquaviva Picena, difficilmente indivi- saggio che, seguendo la ricostruzione del Tomei, duabili sul piano archeologico, sono invece conte- possiamo ricostruire avvenuto non prima dell’anno nute nei documenti scritti conservati negli archivi; 140730. Successivamente, la Rocca tornò agli Ac- da questo punto di vista, la perdita dell’Archivio quaviva31 fino al 1447, quando i fermani la ricon- Storico di Acquaviva Picena, incendiato durante i quistarono (infliggendole seri danni) nel più ampio moti antifrancesi del 1799, risulta di indubbio dan- quadro storico dell’espansione Francesco Sforza no. Cionondimeno, preziose notizie riguardanti le nella Marca meridionale. Lo Sforza vinse e occupò vicende del castello di Acquaviva sono presenti tutte le terre del duca d’Atri, compresa Acquaviva, nell’Archivio di Stato di Ascoli, nell’Archivio di che rimase sotto il controllo fermano fino al termi- Stato di Fermo, e nell’Archivio Storico Comuna- ne della dominazione sforzesca (1448), quando fu le di , centri limitrofi direttamente incamerata dalla Santa Sede insieme a tutti i domi- coinvolti nella storia del territorio in esame. Non ni del conte. Acquaviva rimase però sempre stret- minore importanza ha avuto, dato il peso politico tamente legata al vicino comune di Fermo, di cui dei centri di potere religioso nell’Italia dell’alto costituiva una piazzaforte. Medioevo, l’analisi dei documenti dell’Abbazia Sappiamo che nel 1481 fu ricostruita la Porta imperiale di Santa Maria di Farfa, i cui possedi- Vecchia, nel tratto sud-orientale delle mura del menti comprendevano ampie porzioni del territo- borgo e forse contestualmente iniziarono i lavori rio ascolano26. di aggiornamento dell’architettura della fortezza, Gabriele Nepi27, storico acquavivano, ritiene che che potrebbero essere durati per un certo lasso di il primo riferimento al toponimo “Aquaviva”, rife- tempo, anche a causa delle molte interruzioni det- rito all’insediamento a cui, dopo l’Unità d’Italia, tate dalle vicende storiche che coinvolsero il sito, verrà affiancata la specifica di “Picena”, risalga in particolare la guerra tra Ascoli e Fermo (1484- all’anno 947, come attestato nel Chronicon Far- 1486). Dal 1487 siamo sicuri dei lavori in corso da fense. Di diversa opinione, in anni relativamente parte del comune di Fermo, che giunsero a compi- recenti, Lucio Tomei28, il quale ritiene troppo de- mento nel 1495. bole l’identificazione del castello di Acquaviva In questo periodo (1486/1487-1494) fu ampliata Picena col toponimo “Aquaviva”, diffuso in area l’urbanizzazione del borgo su tutta la dorsale col- marchigiana e genericamente riconducibile a un linare, con la distruzione della cortina muraria nel territorio ricco di acque. Il castello d Acquaviva, tratto dove oggi sorge la Torre dell’Orologio, sulla secondo quest’ultima ipotesi, mai entrato tra i pos- sella di collegamento tra le due alture (quella su cui sessi farfensi, sarebbe sorto a seguito del graduale oggi sorge la Rocca e quella, sul lato opposto del processo d’incastellamento che interessò, tra X e borgo, su cui insiste la fortezza orientale). Verso XI secolo, le Marche meridionali, risultato di un est l’ampliamento comportò la costruzione, a pre- quadro politico caratterizzato da una debole pre- sidio del versante orientale32, di un torrione circola- senza dei poteri pubblici e di un progressivo ruolo re, chiamata prima ‘Rocca Nuova’ e poi ‘Fortezza di marginalità della marca fermana29. verso il mare’, sulla sommità dell’altura del colle.

30 su questa data G. Nepi e T. Marozzi dissentono da L. Tomei, 26 Vd. il contributo di S. De Cesare in questo volume. Sull’uti- vd. il contributo di S. De Cesare in questo volume. lizzo “critico” delle fonti farfensi per la ricerca topografica vd. 31 nel novembre del 1432 il centro si staccò dalla soggezione Mancinelli 2006. di Fermo per risottomettersi a Giosia d’Acquaviva. 27 Nepi 1982. Tale ipotesi è stata confermata, più recentemen- 32 il ruolo preminente della fortezza verso mare nel XVI se- te, da Tiziana Marozzi (Marozzi 1998). colo, testimoniato dall’impegno posto dal comune fermano nel 28 suo mantenimento, è da mettere in relazione anche con il co- Tomei 1998. stante rischio degli attacchi della pirateria sul fronte del mar 29 Bernacchia 2006, p. 343. Adriatico.

27 enrico giorgi, erika vecchietti

Simboli di un potere di stampo feu- dale, giogo per la popolazione del territorio, le strutture difensive acqua- vivane furono danneggiate in almeno due occasioni nel corso di sollevazioni popolari: nel 1503-1504 (alla notizia della morte di Papa Alessandro VI) e nel 1534 (per opera degli ascolani). I fermani di nuovo (1535) si fanno ca- rico della risistemazione della piazza- forte, a testimonianza dell’importanza strategica di Acquaviva Picena ancora durante il XVI secolo. Per tutto il Seicento, periodo in cui Acquaviva rimase sotto l’influenza di Fermo (all’interno dello Stato Pontificio), le fonti riguardo alle Fig. 2. Pianta della rocca di Acquaviva Picena. Dall’immagine si percepisce chiaramen- vicende costruttive della Rocca per te la destinazione d’uso della piazza d’armi come area ortiva lo più tacciono, per tornare a fornire (da Nepi 1982, p. 216). importanti informazioni nel corso del XVIII secolo: da una parte, la veduta a volo L’assedio degli “insorgenti” è l’ultimo rilevante d’uccello del borgo fortificato di Luigi Ferdinando avvenimento in cui Acquaviva e il suo apparato Marsili (1708), che mostra la situazione della difensivo assumono un ruolo di rilievo. Dall’Ot- Rocca, occupata al suo interno da edifici oggi non tocento in poi si registra una sequenza di cambi più visibili33; dall’altra Amedeo Crivellucci34, che di proprietà e di destinazioni d’uso, testimonian- riporta le vicende della fine del XVIII secolo35, za dell’ormai definitivo tramonto dell’utilità del- quando le conseguenze della Rivoluzione Francese le fortificazioni rinascimentali. La Rocca divenne toccarono il territorio marchigiano36. Nel 1799 una neviera, le mura del fossato e il ponte che lo i briganti delle montagne intorno ad Ascoli si scavalcava per dare l’accesso al castello furono di- organizzano in bande armate (gli “insorgenti”) e strutti e sostituiti da un ponte ad arco (1815-1870). iniziarono azioni di guerriglia a danno delle truppe Il ripristino della Rocca, in condizioni di grave francesi che avevano occupato Roma due anni degrado, è in gran parte dovuto, dopo l’Unità d’Ita- prima. Il 6 luglio Giuseppe Costantini da Lisciano, lia, al restauro conservativo curato da Giuseppe detto “Sciabolone”, capo della rivolta antifrancese Sacconi, per conto della Soprintendenza Regionale nell’ascolano, espugnò i giacobini acquavivani ai Monumenti (1891-1894). mettendo a ferro e fuoco il borgo e dando alle Dal 1891 la Rocca è entrata in possesso del Co- fiamme l’Archivio Comunale. mune di Acquaviva Picena, che la destinò a usi diversi (fig. 2). La cronologia dei restauri promos- si dalla Soprintendenza regionale ai Monumenti 33 Tra cui gli alloggiamenti per le truppe e un piccolo edificio nella Rocca proseguì nel secondo dopoguerra, nel religioso (la “Chiesa di S. Barbara”) i cui resti sono stati indivi- duati attraverso le prospezioni geofisiche e portati in luce grazie 1955 (per riparare i danni subiti durante il conflit- allo scavo (vd. anche l’intervento di M. Silani e F. Boschi in questo to) e nel 1974. L’ultimo significativo intervento di volume). restauro è stato promosso dal Comune di Acqua- 34 Crivellucci 1893. Da segnalare la descrizione che Crivel- viva Picena all’inizio degli anni Novanta (1993- lucci offre del borgo di Acquaviva: «dentro, il paese è brutto; 1997), finalizzato alla valorizzazione a fini turisti- brutte le case, brutte le chiese, brutte le strade e strette, brutte le piazze; ed è anche mal tenuto e mal curato dal lato dell’igiene ci del complesso. e dell’ornato» (p. 4), 35 se si esclude il documento iconografico del 1708 di Luigi Ferdinando Marsili, vd. infra. 36 Vd. Le ripercussioni della Rivoluzione 1990.

28 Il progetto Acquaviva Picena nella storia. Il contesto topografico e la sintesi dei risultati

La fisionomia attuale della Rocca Il circuito murario che cinge il versante occi- dentale del colle, quello di più antica occupazio- La Rocca, sorta nel Medioevo e ricostruita in ne (Terra Vecchia), si configura, a un’analisi dei epoca rinascimentale, è il caposaldo del sistema singoli elementi difensivi39, come un insieme di- difensivo dell’intero borgo fortificato37. Sorge alla somogeneo, frutto di successivi apprestamenti di sommità del colle occidentale, domina il resto tradizionale architettura militare medievale, con dell’abitato e sbarra l’accesso alla via di crinale limitati interventi rinascimentali (condotti in paral- che procede dall’interno verso la costa. Lo svilup- lelo all’aggiornamento dell’architettura della Roc- po planimetrico si adegua alla morfologia del pia- ca per opera di Baccio Pontelli). noro sommitale, con una pianta romboidale che si Diversa la situazione della porzione orientale protrae con un puntone a ovest e il mastio a est. del colle (‘Terra Nuova’), frutto di un ampliamen- L’attuale fisionomia dell’apparato difensivo del- to pianificato dal comune di Fermo successivo al la Rocca, caratterizzata dagli ultimi significati- 1487. Le difese di Terra Nuova40 rientrano infatti in vi interventi edilizi di fine Quattrocento, è frutto un progetto unitario e omogeneo, di stampo piena- soprattutto delle importanti modifiche apporta- mente rinascimentale, connesso all’ampliamento te dal noto architetto militare Baccio Pontelli tra del centro abitato. il 1484 e il 1487. L’intervento si rese necessario dopo le distruzioni operate dai fermani guidati da Francesco Sforza nel 1447, per adeguare le difese L’evoluzione della Rocca al progresso dell’artiglieria e delle tecniche obsi- e del borgo fortificato dionali. A questo scopo fu realizzata la scarpa a rinforzo delle cortine murarie, il terrapieno della In base alle fonti scritte possiamo dunque pre- corte interna e gli alloggi per l’artiglieria, senza sumere che esistesse un primo castello di epoca modificare, nella sostanza, l’impostazione origina- medievale, forse già intorno al Mille41. In realtà le trecentesca dell’edificio, con il suo caratteristico la questione è piuttosto controversa, poiché molte sviluppo verticale. Secondo lo stesso criterio, le delle attestazioni contenute nei documenti farfensi due torri angolari di forma pentagonale sono frut- potrebbero riferirsi a siti omonimi. Tuttavia, pur to della rifasciatura esterna a scarpa degli originari con tutte le necessarie cautele, almeno la donazio- puntoni medievali. ne effettuata nel primo trentennio dell’XI secolo da L’intervento più vistoso di Baccio Pontelli è vi- parte di Longino di Azone di alcuni suoi beni, tra sibile nel mastio cilindrico, che andò a inglobare il cui il castello de Aqua Viva, a favore dell’Abbazia precedente torrione ottagonale38. In questo modo, senza snaturare la concezione iniziale, furono in- trodotti alcuni necessari ammodernamenti che portarono la Rocca acquavivana verso la fisiono- mia caratteristica delle fortificazioni dell’“epoca di transizione”: l’aumento dello spessore della muratura, per opporsi all’impatto frontale dei pro- iettili, il profilo curvo e inclinato del paramento a 39 Tali apparecchiature difensive sono: il puntone a presidio scarpa, che offre superfici sfuggenti al tiro, e infine dell’angolo nordoccidentale del borgo; l’attuale Torre dell’Oro- il tradizionale apparato aggettante alla sommità, logio, nella sella tra le due sommità del colle, a difesa del primi- che viene fornito di un ampio numero di alloggi tivo abitato di Acquaviva, che non comprendeva l’ampliamento verso est; la torre quadrangolare ora inglobata in Palazzo Celso per le bocche da fuoco (troniere) e la manovra del- Ulpiani; la Porta da Sole, ingresso meridionale del borgo. le artiglierie. 40 Porta di Piazza, ingresso meridionale; del borgo; Porta da Bora e la torre nord a presidio dell’accesso settentrionale; la torre sud-est accanto all’area poi occupata dall’ex-Ospedale di 37 Vd. l’intervento di E. Ravaioli sulla Rocca in questo volume. Sant’Anna e la Fortezza a Mare, a chiusura della porzione orien- Sul metodi di analisi di un contesto fortificato vd. anche Fiorini tale della cinta muraria. Vd. l’intervento di E. Ravaioli sul castello 2011. e il borgo in questo volume. 38 il perimetro ottagonale è ancora visibile nella pianta interna 41 Come detto supra, sulla base dell’attestazione del toponimo del torrione. Aquaviva nei documenti dell’Abbazia di Farfa.

29 enrico giorgi, erika vecchietti di Farfa, potrebbe essere presa in considerazione42. da ciottoli legati con malta, e potrebbe costituire Al di là dell’attendibilità della fonte citata al fine la porzione inferiore di una fondazione, di cui di ricostruire le fasi più antiche dell’insediamento abbiamo perduto alzato e piani di frequentazione. fortificato acquavivano, i dati archeologici sem- Si tratta con ogni probabilità di ciò che ci rimane brano confermare l’esistenza di un insediamento e della prima massiccia opera di difesa della una successiva fortificazione anteriori alla Rocca sommità del colle, che potremmo identificare con di pieno Medioevo. quella citata all’inizio dell’XI secolo (in relazione Le indagini nella piazza d’armi (2005-2006) a Longino di Azone), e coerente con le forme hanno infatti riportato in luce i resti di una pode- più elementari di presidio, rappresentate dagli rosa struttura muraria che si imposta su precedenti arroccamenti sulle posizioni elevate, a scopo di livelli d’uso risalenti all’alto Medioevo43. Questi difesa e controllo del territorio. livelli d’uso, che non sembrano associati a struttu- La costruzione della Rocca di pieno Medioevo re, rappresentano la primissima fase di occupazio- inglobò, cancellandole, le tracce delle fortificazioni ne del sito, attuata direttamente sulla roccia basale altomedievali, facendo assumere alla Terra Vecchia con strutture abitative fatte di materiali deperibi- la fisionomia attuale. La struttura oggi visibile con- li e focolari a terra che hanno restituito materiale serva ancora alcune tracce di una fase precedente principalmente di IX-X secolo44. Una situazione a quella rinascimentale, riconducibile all’edificio di questo tipo, con un castello impostato, in epoca di XIV secolo46. Le strutture murarie in questione, altomedievale, su una preesistenza, è in linea con individuate attraverso l’analisi degli elevati47, sono quanto affermato da R. Bernacchia per la Marca rappresentate dalla torre quadrata di nord-est, dal fermana: «la scelta del mons ad castellum facien- puntone nord e dal puntone ovest, questi ultimi ca- dum fu condizionata nel secolo X dall’esistenza di ratterizzati da una pianta pentagonale e riferibili a centri demici rurali, alcuni dei quali di origine anti- una tipologia diffusa nelle Marche settentrionali e ca. L’aristocrazia fondiaria incastellò delle località centrali nel Trecento48. sede di curtes, di villaggi e di chiese, nelle quali si La fase della Rocca di XIV secolo si inserirebbe era mantenuto un nucleo di popolazione e di liberi bene nel generale fenomeno di sviluppo dell’inca- possessori. Furono questi centri, e non in genere stellamento, tipico del periodo comunale49. A que- fondazioni ex novo di signori rurali, a costituire sto periodo si data anche la costruzione della cinta l’ossatura della rete castellare nella regione»45. muraria intorno alla porzione più antica del borgo, La struttura riconosciuta come fortificazione o ‘Terra Vecchia’ (comprendente anche la chiesa (USM 1059) è un tratto di muro rettilineo composto di San Rocco), sviluppatasi intorno al primitivo girone fortificato ed evidentemente divenuta stabi- le e popolosa. Le mura difensive intorno al borgo 42 longino di Azone concede a Uberto, vescovo di Fermo, il andarono a definire il primitivo castello, raccorda- castrum Stabli presso il fiume Tesino, ricevendone in cambio il to al cassero sulla sommità. Sono questi i termini castello di Monticelli, con la torre e la chiesa nonché quattrocen- to moggi di terra posti tra i torrenti Ragnola e Albula che «[...] (cassero e castello) utilizzati con preciso signifi- habet finis da capo fine ipsa pertinentia de Aqua Viva quomodo cato tecnico sia nell’atto di vendita di Francesco vadi in Alvori et Araniolum, da pede fine ipsa pertinentia da Monte Aquilini et quomodo vadi in Alvori et Araniolu, ab uno lato fineA rbori, d’Acquaviva in favore del comune di Fermo nel ab alio lato fineA raniolum» (Pacini, Avarucci, Paoli 1996, p. 113). Secondo Bernacchia (2002, p. 320) la data è il 1039. 43 Vd. il contributo di A. Baroncioni in questo volume. 46 44 Vd. il contributo di G. Assenti in questo volume, in part. si tratta di quello attestato nel 1325, anno in cui nell’atto di n. 2006/500. Anche senza identificare questo primitivo insedia- vendita da parte di Francesco d’Acquaviva in favore di Fermo mento con quello del 947 riconosciuto dal Nepi nel Chronicon viene menzionata la presenza del cassero di Acquaviva (Nepi Farfense, tuttavia la fase abitativa più antica finora riconosciuta 1982, p. 200; Marozzi 1998, p. 9). all’interno del borgo risale proprio a questo periodo (vd. supra).. 47 sul metodo dell’archeologia dell’architettura e l’analisi di 45 Bernacchia 2006, p. 348. La continuità di vita dall’epoca dettaglio dei prospetti citati vd. il contributo di E. Ravaioli sulla tardoantica viene inoltre suggerita dal rinvenimento, nelle uni- Rocca in questo volume. tà stratigrafiche più profonde toccate dallo scavo, di materiale 48 Tomei 2002, pp. 70 ss. collocabile in età tardoantica/altomedievale, IV-VIII secolo (vd. il contributo di G. Assenti in questo volume, unità stratigrafiche 49 Vd., ad esempio, l’esempio “maggiore” di Forte Malatesta ad 99, 107 e 105). Ascoli Piceno.

30 Il progetto Acquaviva Picena nella storia. Il contesto topografico e la sintesi dei risultati

132550, sia nella Cronaca fermana del notaio Anto- conservato. La recente urbanizzazione ha infatti nio di Niccolò del 143251. interessato principalmente le zone a valle del pro- Nel secolo XV si ebbe quindi l’adeguamento montorio, soprattutto sul versante orientale, pro- della Rocca ai nuovi dettami della strategia mili- spiciente il centro di . tare (a cura di Baccio Pontelli), e l’espansione del- Grazie a questo carattere conservativo dell’urba- le sistema difensivo alla Terra Nuova, sul poggio nistica, caratteristica di molti borghi fortificati del orientale, che venne probabilmente a suggellare territorio, e grazie alla disponibilità e all’apertura una situazione di incremento demografico già am- di un Comune e dei suoi abitanti, è stato possibile piamente in atto. In questo disegno rientra la co- ricostruire, oltre alla macrostoria, ossia l’evoluzio- struzione della rocca minore o ‘Fortezza a Mare’ ne di una fortezza e del suo borgo, la microstoria55, (iniziata nel 1486/1487-1494) e l’inizio della fab- vale a dire quello che la storia in genere tace, e per brica della chiesa di San Nicolò, terminata nel suc- cui bisogna interrogare, direttamente, gli oggetti. cessivo XVI secolo. Nello scorcio del XV secolo cessa la fase di espansione e sviluppo della cinta fortificata acqua- Appunti di microstoria: vivana e inizia il lento periodo di declino dell’ope- la vita in un borgo medievale ra, causata dalla progressiva perdita di significato della posizione strategica dell’altura acquavivana Lo scavo ha restituito una discreta quantità di ma- Dal XVII secolo la Rocca e il borgo cinto di mura teriali archeologici, purtroppo i più in stato molto hanno definitivamente perso il loro ruolo difensi- frammentario, attraverso i quali è stato possibile ri- vo52 e lo spazio immediatamente a ridosso delle costruire uno spaccato della vita quotidiana del bor- mura diviene oggetto di occupazione edilizia53. go medievale e rinascimentale e dei suoi abitanti56. Lentamente, le mura vengono inglobate negli edi- I contesti più interessanti per la definizione del- fici a esse addossate, e spesso rasate a livello del- la più antica fase dell’incastellamento (rinvenuta le fondazioni per consentire un ampliamento al di negli strati obliterati dalla costruzione della Rocca fuori del circuito54. trecentesca) hanno restituito materiale collocabi- Grazie a uno sviluppo urbanistico coerente, no- le in età tardoantica/altomedievale, confrontabile nostante i porfondi rimaneggamenti avvenuti in con esemplari provenienti dalle aree di Pescara e epoca moderna e contemporanea, l’aspetto me- Castrum Truentinum. Sempre a questo periodo fa dievale del borgo, il cui circuito murario è perfet- riferimento il vasellame in pietra ollare, la cui ori- tamente ricostruibile, quando non ancora visibile gine è da ricondursi tra Valchiavenna e Val Malen- all’interno del tessuto urbano, si è sostanzialmente co (arco alpino lombardo)57. Questi dati, uniti alle tipologie insediative a cui i materiali erano perti- nenti (abitazioni in materiale deperibile con foco- 50 Vd. supra. lari a terra) indicano un tenore di vita sostanzial- 51 Tomei 1998, p. 142. mente modesto, tuttavia non povero, poiché nella

52 cultura materiale troviamo sia oggetti provenienti Marozzi 1988, pp. 13-14, nota 9. da circuiti commerciali di piccolo-medio raggio 53 numerose le concessioni da parte del comune di Fermo ad addossare le abitazioni alla cinta, talvolta facendole sporgere (le ceramiche comuni confrontabili con quelle di all’esterno, e si fa pressante la necessità di risarciture a seguito area abruzzese), sia reperti d’importazione, come della realizzazione di aperture nel perimetro murario conse- le pentole pietra ollare, provenienti dall’arco alpi- guenti all’edificazione di abitazioni direttamente appoggiate a esso (Borzacchini 1998, p. 36; Marozzi 1998, p. 19 e nota 33; no. Dato di non poca importanza, le importazioni Tomei 1998, pp. 154-155). di pietra ollare perdurano anche posteriormente al 54 evidenti tracce di questo fenomeno sono state rinvenute IX secolo (periodo di maggior vitalità del territorio all’interno del fabbricato dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna, indaga- to archeologicamente nel dicembre 2005 (vd. il contributo di E. Vecchietti in questo volume). La posizione di questo fabbricato 55 all’interno del borgo consente di avere una testimonianza di- sulla scia della magistrale lezione di Carlo Ginzburg (Il for- retta delle le dinamiche che interessarono la cinta urbana dopo maggio e i vermi, Torino 1976). la cessazione della sua utilità difensiva, che portarono alla pro- 56 Vd. il contributo di G. Assenti in questo volume. gressiva “privatizzazione” dei tratti di mura e al loro successivo parziale smantellamento. 57 Vd. il contributo di O. Francioni in questo volume.

31 enrico giorgi, erika vecchietti

Fig. 3. Calendario (l’aratura), 1000 ca., miniatura (da P. De Vecchi, E. Cerchiari, I tempi dell’arte, 1, Milano 1999) della Marca fermana come via di collegamento tra ne, sia per il latte e i derivati, le pelli e la lana); il nord-sud della Penisola), indicando per l’area di commercio appare sviluppato, se a fianco della ce- Acquaviva una ancor vivace capacità di attrazione ramica comune di produzione regionale appaiono per determinate tipologie di prodotti58. manufatti porvenienti da circuiti commerciali ad Per quanto riguarda le scelte alimentari, i resti ampio raggio come la pietra ollare. Essenzialmen- osteologici rinvenuti nel corso dello scavo consen- te assenti i materiali decorati o di pregio, indice di tono di associare alle fasi più antiche specifiche ti- uno stile di vita parco e frugale. pologie di alimenti e cotture; le forme ceramiche Per le epoche successive, fino all’epoca post- più ricorrenti sono quelle dell’olla/pentola in pietra rinascimentale, il dato materiale indica uno stret- ollare e del catino-coperchio in ceramica comune, to legame della cultura materiale acquavivana, in entrambi con evidenti tracce esterne di fumigazio- particolare la ceramica, con la coeva riscontrabi- ne59. Questi dati indicano senza dubbio un consu- le nell’area centroitalica ed emiliano-romagnola mo preferenziale di carne dura (come quella degli (areee entrambe appartenenti allo Stato Pontificio), ovicaprini60), che necessita per essere consumata ma soprattutto abruzzese63. La ceramica più diffu- di una cottura molto lunga (sotto forma di zuppa sa, all’interno del campione rinvenuto durante gli o stufato61) e di contenitori capaci di resistere al scavi nella Rocca, è la ceramica comune (IX-XIII calore prolungato, posti a fianco del focolare e co- secolo), da cucina e da conserva, con o senza ri- perti (parzialmente o completamente) dalle braci62. vestimento in vetrina sparsa, caratterizzata da una L’economia di questo periodo precedente al primo certa omogeneità delle caratteristiche tecniche e incastellamento acquavivano si caratterizza quindi, produttive. La forte presenza di ceramica comune, in base ai resti materiali, come sostanzialmente ba- in particolare nell’epoca corrispondente alla pri- sata sull’allevamento di ovicaprini (sia per la car- ma fase della Rocca acquavivana (XVI secolo) o a quella immediatamente precedente, indica, anco- ra, uno stile di vita modesto degli abitanti dell’area

58 la Marca fermana aveva rivestito, durante i sovrani carolingi (ormai definitivamente riconducibile a un castrum e in particolare Ludovico II (decenni centrali di IX secolo), un fortificato), i quali intrattenevano scambi commer- ruolo di primo piano nei collegamenti nord-sud della Penisola. ciali per lo più con le aree limitrofe, in particolare Tale ruolo cessò progressivamente quando i re italici succedet- tero agli imperatori carolingi alla guida del regnum Langobardo- quella abruzzese. La standardizzazione dei manu- rum (Bernacchia 2006, p. 343). fatti inoltre porta a pensare a un’approvvigiona- 59 Vd. il contributo di F. Visani in questo volume. mento comune (con l’area abruzzese) dei manufat- 60 i cui resti, in percentuale, superano il 50% nei periodi fino ti piuttosto chea una pluralità di centri produttivi all’XI secolo.

61 la cottura della carne in forma di zuppa o stufato consen- 63 tiva di trattenere maggiormante la parte grassa, che veniva così A questo orizzonte rimanderebbe la ceramica acroma, la consumata interamente, senza sprechi. ceramica acroma a vetrina sparsa, le smaltate policrome rinasci- mentali e post-rinascimentali, le invetriate post-medievali (vd. il 62 Montanari 1979. contributo di G. Assenti in questo volume).

32 Il progetto Acquaviva Picena nella storia. Il contesto topografico e la sintesi dei risultati

Fig. 4. Lo scavo archeologico, nell’ambito del Laboratorio didattico (2005)

(che comporterebbe difformità morfologiche, di nel sistema economico, che, prima principalmente impasto e di cottura negli esemplari). Un’econo- basato sullo sfruttamento della pastorizia, si evol- mia quindi lontana dalle grandi vie di commercio64, ve verso l’estensione della pratica dell’agricoltura ma comunque dotata di una certa “strutturazione” estensiva. Le migliori condizioni di alimentazione produttiva, articolata in centri specializzati che ri- (apporto di proteine nobili della carne e di maggior fornivano interi comprensori territoriali. quantità di prodotti agricoli) e di lavoro (impiego Il panorama dei rinvenimenti di ossa animali fa dei bovini in agricoltura) produssero, con ogni pro- emergere, per le fasi XI-XV secolo, un aumento babilità, quell’esplosione demografica che portò, percentuale della presenza di suini e bovini sugli nel corso del XIV secolo, alla decisione di cingere ovicaprini, che comunque rimangono attestati ma com mura difensive il borgo sviluppatori ai piedi in proporzione numericamente inferiore. Aumento della Rocca nella ‘Terra Vecchia’ e, alla fine del se- del consumo di carne suina, quindi, ma incremen- colo successivo, a espandere l’insediamento anche to anche degli esemplari dei bovini che, quasi del sul poggio orientale del colle. tutto assenti nelle fasi di vita più antiche, aumen- tano considerevolmente, fornendo un significativo apporto all’economia del sito sia dal punto di vista Appunti di metodo: dell’alimentazione (carne e derivati, quali latte e quando sbilanciarsi è prudente pelli), sia da quello della forza lavoro65. L’aumento dei bovini può inoltre indicare una trasformazione Il Progetto Acquaviva nella storia è stato impo- stato, fin dale sue prime fasi, con due forti voca- zioni: la prima sperimentale, vale a dire finalizzata 64 Vd. ad esempio la quasi completa assenza di maiolica arcaica. all’applicazione di nuove tecnologie sul caso di 65 dato testimoniato dall’età di abbattimento, sempre adulta studio di un’evidenza monumentale complessa o sub-adulta. e pluristratificata, la seconda didattica, ossia vol-

33 enrico giorgi, erika vecchietti ta alla trasmissione del sapere ai partecipanti del Procedendo in tal modo, la ricerca ha assunto Laboratorio di Rilievo (fig. 4). Entrambe queste una fisionomia sempre più aperta, abbracciando la due anime potevano convivere solo con una forte dimensione di una riflessione stessa sul metodo di e coerente base di metodo, e solo con un costante lavoro. Dati di diversa origine che dialogano tra di controllo del valore dei risultati di volta in volta loro e producono altri dati. Indagini d’archivio che raggiunti. chiariscono la lettura degli elevati, scavo archeo- Perché quando si sommano sperimentazione e logico che colma le lacune documentarie, analisi, didattica è forte il rischio di ridursi a insegnare ai anche archeometrica, dei reperti archeologici che ragazzi a utilizzare questa o quell’applicazione, aiuta a comprendere quello che dalla storia uffi- questo o quello strumento (cosa che, pur utile, non ciale non è narrato. Perché non è la linearità, ma ha certo bisogno della cornice di un laboratorio la complessità la chiave interpretativa della storia, universitario!). soprattutto quando di questa storia i protagonisti Noi abbiamo sempre cercato di sbilanciare lo siamo noi. sforzo, anche quando esso fosse volto all’appli- cazione di strumentazioni o tecnologie particola- ri, verso l’interpretazione critica del dato, la sua Bibliografia contestualizzazione e inserimento all’interno del processo interpretativo del manufatto o dell’even- Altini et al. 2005 = M. Altini, J. Bogdani, F. Bo- to storico in esame. Perché, in fin dei conti, è vero schi, E. Ravaioli, M. Silani, E. Vecchietti, che l’archeologia si serve di discipline diverse Prime esperienze del Laboratorio di Rilievo per “crescere”, ma è ancor più vero che il nostro Archeologico: la Fortezza di Acquaviva Pice- compito è quello di ricostruire gli eventi, non di na (AP) e il castrum romano di Burnum (Drniš, Croazia), in «Ocnus» 13, 2005, pp. 9-34. testare macchinari.Ecco perché, nelle prime fasi della ricerca, quando si è voluta mettere alla prova L’ambiente fisico 1991 = L’ambiente fisico delle l’affidabilità delle prospezioni geofisiche in una Marche. Geologia. Geomorfologia. Idrogeolo- situazione urbana fortemente rimaneggiata come gia, Bologna 1991. una fortezza medievale, seguendo la suggestione Angellotti 1972 = F.A. Angellotti, Guida turi- della rappresentazione a volo d’uccello del bor- stica di Acquaviva Picena con cenni storici e go acquavivano realizzata da Luigi Ferdinando archeologici più interessanti, Fermo 1972. Marsili nel 1708, le risposte che si sono cercate si Archeologia nell’area del basso Tronto 1995 = sono subito sbilanciate sull’interrogazione storica Archeologia nell’area del basso Tronto (San dei fatti: quanto fosse attendibile la veduta marsi- Benedetto del Tronto, 3 ottobre 1993), «Picus» 66 liana , quanto fosse attendibile l’uso di uno stru- Suppl. IV, Tivoli 1995. mento in quel determinato contesto, quali fossero i benefici di procedere a un’indagine preliminare Atti IIPP 2005 = Atti della XXXVIII Riunione prima dello scavo. Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Preistoria e protostoria delle Mar- che (Portonovo-Abbadia di Fiastra, 1-5 ottobre 2003), Firenze 2005.

Baldelli 1995 = G. Baldelli, L’età del ferro nel retroterra sambenedettese. Acquaviva Picena, in Archeologia nell’area del basso Tronto 1995, pp. 49-78.

Baroncioni, Boschi, Ravaioli 2005 = A. Baroncio- ni, F. Boschi, E. Ravaioli, La Rocca di Acqua- 66 la veduta in questione risulta essere una fonte estrema- viva Picena (AP). Approccio multidisciplinare mente affidabile, provenendo da uno studioso di formazione per lo studio di un impianto fortificato delle galieiana, profondamente convinto che nella formazione dell’in- Marche meridionali, in «Archeologia Medieva- gegnere militare vi fossero «[...] l’architettura militare e civile, la prospettiva, la planimetria, l’aritmetica, la geografia» (Del Negro le» XXXII, 2005, pp. 117-126. 2012, p. 14).

34 Il progetto Acquaviva Picena nella storia. Il contesto topografico e la sintesi dei risultati

Bernacchia 2002 = R. Bernacchia, Incastellamen- Cronaca fermana = Antonio di Niccolò, Cronaca to e distretti rurali nella Marca anconitana (se- fermana dall’anno 1176 all’anno 1447, in De coli X-XII), Spoleto 2002. Minicis 1870.

Bernacchia 2006 = R. Bernacchia, Santa Vittoria Del Negro 2012 = P. Del Negro, Luigi Ferdinan- in Matenano e l’incastellamento della marca do Marsili tecnico della guerra, in La scienza fermana nel X secolo, in Dondarini 2006, pp. delle armi 2012, pp. 9-17. 339-356. De Minicis 1870 = G. De Minicis, Cronache della

Biocco, Silvestrini 2008= E. Biocco, M. Silve- città di Fermo, Firenze 1870. strini, Popolamento e dinamiche insediative, in Dondarini 2006 = R. Dondarini (a c.), Farfa: ab- Potere e splendore 2008, pp. 27-39. bazia imperiale, Atti del Convegno Internazio-

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36 foto di Pierluigi Giorgi, 2005- disegno di Giorgio Giorgi, 2005 Giorgi, di Giorgio 2005- disegno Giorgi, di Pierluigi foto La storia delle ricerche

La storia delleLa storia ricerche delle ricerche e i documenti e i d’archiviodocu

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 39-49 S toria dell’archeologia nel territorio di Acquaviva Picena

monica Cameli Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Museo Archeologico Nazionale di Ascoli Piceno

Il territorio di Acquaviva Picena, nonostante fine del Settecento, quando si trovano i primi studi la modesta estensione, ha restituito nel corso dei che tentano di delineare un quadro storico locale. secoli un consistente numero di testimonianze Essi esplorano dimensioni più o meno ampie, che archeologiche, in grado di suggerire una vicenda vanno dall’orizzonte regionale a quello munici- antica e stratificata, molto più complessa di quan- pale: dalla monumentale opera dell’abate Colucci to adombrato dalla tradizionale identificazione del sulle Antichità picene al volume del Vicione sulla centro storico con la Rocca tardomedievale, che supposta origine etrusca della vicina Ripatranso- nei secoli ne è divenuta simbolo (figg. 1, 4). ne, che associa a dati storici interpretazioni oggi alquanto discutibili. Cresce nel frattempo anche la L’interesse per l’archeologia nasce al principio mole di reperti archeologici venuti alla luce, spes- del secolo XIX, quando era ancora viva l’eco per so in casi fortuiti o in scavi non scientificamente gli eccezionali ritrovamenti nelle città vesuviane, e controllati. Le ricerche erano infatti compiute, più risponde a una passione antiquaria che trova in am- che per ricostruire le diverse fasi storiche, per in- bito locale i suoi appassionati cultori a partire dalla crementare le collezioni. Esse quindi tenevano in

Fig. 1. Veduta del borgo fortificato diA cquaviva Picena monica cameli

Fig. 2. Lettera manoscritta di G. B. Mascaretti all’avv. De Minicis, con la trascrizione dell’epigrafe AP1 (Archivio privato della Famiglia Zenobi C, VI, II)

Fig. 3. Apografo dell’epigrafe AP1 (da De Minicis 1849, p. 413) scarsa considerazione i contesti di appartenenza, privilegiando l’aspetto estetico e il pregio artistico dell’oggetto in sé. in possesso per questioni ereditarie, e custodisce il carteggio tra Gaetano De Minicis, Filippo Bru- La notizia più antica risale alla metà dell’Otto- ti Liberati e il canonico Gian Bernardino Masca- cento e riguarda un corredo funerario databile al retti riguardo uno dei più importanti ritrovamenti V-IV sec. a.C. rinvenuto il 29 marzo 1845 in con- acquavivani: la stele sud-picena di contrada Fonte trada Madonna delle Piane. Filippo Bruti Liberati Mercato (figg. 2-3). La stele fu trovata nel 1848 (antiquario di Ripatransone) ne fornisce una parti- in un terreno appartenente alla chiesa prevostale, colareggiata descrizione. Si trattava di pezzi unici e fu quasi immediatamente dispersa, ma ci è nota e di straordinaria importanza quali un cratere attico grazie a un calco effettuato con carta bagnata da a figure rosse che potrebbe essere identificato con Pio Neroni, da cui sono poi derivati gli apografi del quello conservato presso il Museo di Ripatransone, De Minicis e del Mommsen. La sua interpretazione un’applique in bronzo che ritraeva le metà ante- è controversa, ma l’ipotesi più accreditata è che si riori di due cavalli e un candelabro, anch’esso in tratti di un ringraziamento a una divinità per una bronzo, di probabile produzione etrusca. La de- preghiera esaudita1. scrizione degli oggetti e i disegni eseguiti da Luci- dio Benvignati furono inviati al fermano Gaetano Con l’unità d’Italia mutano gli approcci alla ma- De Minicis perché li studiasse. Purtroppo questi teria e si assiste al tentativo di ricostruire la sto- disegni non sono stati ancora rintracciati a causa ria locale nell’ambito del nuovo contesto culturale dello smembramento e della parziale dispersione nazionale. Guglielmo Allevi, appassionato di an- dell’archivio dello studioso, in gran parte conser- tichità nato a Offida nel 1834 e nominato Regio vato presso la Biblioteca Civica di Fermo insieme Ispettore per l’impegno dimostrato nella difesa del al ricco patrimonio librario suo e del fratello Raf- faele. Una sezione del suo archivio è reperibile a 1 Bologna presso la famiglia Zenobi, che ne è entrata De Minicis 1849.

40 Storia dell’archeologia nel territorio di Acquaviva Picena

Fig. 4. Veduta del borgo fortificato diA cquaviva Picena patrimonio archeologico del territorio piceno con- numerose associazioni per divulgarne la ricchezza tro gli scavi clandestini, esemplifica appieno il pas- e la varietà, tra le quali si distingue l’Archeoclub saggio tra i due tipi di ricerca. Nelle opere Offida d’Italia. preistorica, Alla ricerca del tempio dell’Ophis, Tra In questo panorama di rinnovato interesse si vo- le rupi del Fiobbo, Allevi descrive, tra gli altri, il gliono ricordare, per l’opera svolta ad Acquaviva sito databile all’età del bronzo recente (1300-1150 nell’ambito del volontariato archeologico, due a.C.) in contrada Laferola di Acquaviva (al confine personaggi diversi per indole e formazione: Paride con il territorio di Offida). Sul ciglio di una rupe Marini e Gabriele Angellotti. Essi contribuirono a volta a occidente lungo il fosso San Savino, l’Alle- focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica su vi rinvenne vari resti litici, ceramici e zoologici, al- problemi quali il pericolo causato al patrimonio ar- cuni dei quali sono stati idenficati tra quelli conser- cheologico da uno sviluppo urbanistico incontrol- vati nel Museo Civico di Offida. Il nucleo primitivo lato, e a sollecitare un intervento più consistente e più consistente di tale museo è costituito proprio della Soprintendenza Archeologica marchigiana. dai materiali raccolti da Allevi ed è stato riordinato Marini si appassionò all’archeologia durante gli negli anni Settanta del Novecento da un gruppo di anni universitari trascorsi a Roma. Tornato nella lavoro coordinato da Vincenzo D’Ercole2. natale , fondò numerosi Archeo- Gli anni Settanta dell’Ottocento ebbero una club, tra i quali anche quello acquavivano. Il suo straordinaria importanza nella diffusione della nome è legato alle numerosissime segnalazioni che pratica e delle conoscenze archeologiche. La vitalità compaiono nel testo di Gioia Conta sul territorio di economica e culturale che investì la società italiana Ascoli in età romana3. In compagnia dell’acquavi- determinò un maggiore interesse per il patrimonio vano Elio Fontana, Marini fu autore della scoperta storico-artistico e archeologico del nostro paese, di una delle evidenze archeologiche marchigiane anche nelle classi sociali che fino a quel momento non vi avevano preso parte. Nascono in questi anni

3 Conta 1982, finora, purtroppo, l’unica trattazione organica sui rinvenimenti archeologici del territorio della Provincia di 2 D’Ercole 1977. Ascoli Piceno (vd. anche la Nota bibliografica in fondo).

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Mille, attraverso fonti scritte di carattere più ge- nerale che riguardano l’intera zona e non precisa- mente l’abitato in questione. La parte più corposa è dedicata al periodo medievale e rinascimentale, ed è sostanzialmente basata sull’analisi delle fonti documentarie, in particolar modo quelle contenu- te nell’Archivio di Stato della città di Fermo (che conserva i documenti più numerosi e interessanti), Fig. 5. Gabriele Angellotti durante le sue ricerche (foto da «Il Resto nell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno, in quello del Carlino», 7 maggio 1971) Comunale di Ripatransone, nell’Archivio Arcive- scovile di Fermo, nell’Archivio Vaticano e nelle più importanti riferibili all’età del neolitico supe- numerose biblioteche civiche della zona. riore: il sito in località Monte Tinello. Di diverso tenore si presenta l’opera di Gabriele Angellotti, anch’egli profondo indagatore del terri- torio acquavivano alla ricerca di tracce archeologi- che (fig. 5 e tavole in fondo all’articolo). Angellotti nacque ad Acquaviva nel 1932 e, al contrario di Marini, non poteva vantare una preparazione cul- turale di alto livello. Egli poteva invece contare su un ottimo intuito e su un formidabile spirito d’os- Fig. 6. Contrada Fonte Paterno, ripostiglio di asce in bronzo (Archi- servazione, che gli permisero, durante le sue escur- vio Fotografico della SoprintendenzaA rcheologica delle Marche) sioni, di rintracciare abbondanti materiali archeo- logici dei quali però non sempre fornì notizia alle Le indagini più approfondite e più numerose autorità competenti. Invero la pubblicità che egli sono state compiute dalla Soprintendenza per i diede ai suoi ritrovamenti fu assai parziale, ed è Beni Archeologici delle Marche che, a più riprese, probabile che molti reperti abbiano preso la strada dopo il 1978 si è occupata del territorio in esame del mercato antiquario. Sulle pagine locali di alcu- (figg. 6-7). L’insediamento databile al neolitico su- ni quotidiani negli anni Settanta Angellotti compa- periore in località Monte Tinello fu indagato in due re spesso come autore di fortuiti ritrovamenti: una successive campagne di scavo nel 1983 e nel 1984. freccia in bronzo, un pugnale in corno di cervo, un I ritrovamenti riferibili alla cultura picena del colle peso da telaio, cinque rocchetti, un chiodo di carro, dell’Abbadetta portarono nel 1979 al rinvenimen- due piastrelle incise in arenaria. to di stratigrafie significative che giungono sino all’età romana. Sempre alla cultura picena appar- Ad avvalersi dell’attività della sede acquavivana tiene la necropoli sul colle di San Francesco, inda- dell’Archeoclub fu Gabriele Nepi nella stesura del gata sempre in quegli anni, mentre all’età romana suo volume Storia di Acquaviva Picena4. Quella vanno ascritti i ritrovamenti in contrada Fonte Pez- di Nepi è ancora oggi la trattazione più estesa e zana (relativi a un insediamento rustico), in con- organica dell’intera storia di Acquaviva dalle ori- trada Sant’Angelo (dove furono rintracciati i resti gini al periodo attuale. L’autore ha utilizzato le no- di un impianto di canalizzazione), lungo il torren- tizie di ritrovamenti compiuti dall’Archeoclub per te Albula (dove è presente una cisterna inglobata la redazione del capitolo V della sua opera, in cui in una casa colonica), in contrada Fonte Paterno e presenta una descrizione e un ampio apparato fo- nell’attuale zona industriale (con materiali ascrivi- tografico dei reperti venuti alla luce proprio negli bili a ville rustiche romane). Tra gli Ispettori della anni immediatamente precedenti la pubblicazione Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Mar- del suo volume. I capitoli precedenti sono occupati che attivi nell’assiduo compito di ricerca scientifica dalla ricostruzione della storia dei secoli prima del ricordiamo in particolare Nora Lucentini, Mara Sil- vestrini e Gabriele Baldelli, il cui lavoro ha affian- cato l’opera di tutela che, negli ultimi trent’anni, ha 4 Nepi 1982. dovuto spesso confrontarsi con situazioni difficili.

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Fig. 7. Contrada Monte Tinello, rilievo delle strutture antropiche (Archivio Fotografico della SoprintendenzaA rcheologica delle Marche)

Negli ultimi anni il lavoro della Soprintenden- gi Ferdinando Marsili9, datato 1708 e conservato za ha potuto avvalersi della collaborazione di un presso la Raccolta Marsiliana della Biblioteca Uni- gruppo di giovani archeologi del Dipartimento di versitaria di Bologna. I risultati degli scavi e delle Archeologia dell’Ateneo bolognese, coordinati da campagne di indagine sono stati regolarmente pre- Enrico Giorgi, che si sono concentrati sull’analisi sentati a Palazzo Celso Ulpiani, residenza nobilia- delle fasi medievali del centro abitato utilizzan- re di Acquaviva Picena di proprietà del Comune, do metodologie all’avanguardia5 per l’analisi de- attualmente sede locale del Dipartimento di Storia gli elevati e lo scavo stratigrafico della Rocca e Culture Civiltà dell’Università di Bologna e del dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna6 e confrontando i Centro Studi per l’Archeologia dell’Adriatico10. risultati ottenuti con i documenti medievali conser- vati presso l’Archivio di Stato di Fermo e altri ar- chivi del territorio7. In particolare, è stata oggetto di indagine la Rocca medievale, interessata nel 2005 e nel 2006 da due campagne di scavo che hanno portato all’apertura di alcuni saggi8, effettuati sulla scorta del confronto con la più antica testimonian- za iconografica su Acquaviva: un disegno di Lui-

5 Vd. anche, in particolare, i contributi di F. Boschi, M. Silani ed 9 luigi Ferdinando Marsili (o Marsigli, Bologna, 1658-1730), E. Ravaioli in questo volume. scienziato, militare, geologo e botanico. Il disegno che rappre- 6 Vd. anche il contributo di E. Vecchietti sull’ex-Ospedale di senta la Rocca di Acquaviva Picena testimonia la sua passione Sant’Anna in questo volume. per l’architettura militare. Vd. da ultimo La scienza delle armi 2012. 7 Vd. anche il contributo di S. De Cesare in questo volume. 10 inaugurata il 27 maggio 2006, vd. anche il contributo intro- 8 Vd. anche il contributo di A. Baroncioni in questo volume. duttivo di E. Giorgi in questo volume.

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«Il Messaggero», 19 maggio 1970

«Il Messaggero», 10 agosto 1972

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«Il Resto del Carlino», 23 settembre 1974

«Il Resto del Carlino», 18 gennaio 1978

45 monica cameli

«Il Messaggero», 22 settembre 1979

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48 Storia dell’archeologia nel territorio di Acquaviva Picena

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49

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 51-62

a Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. L Dati preliminari

serena de cesare Progetto Acquaviva nella storia

Il presente contributo nasce dall’esigenza di ana- lizzare, prima di procedere alla presentazione dei risultati delle nuove ricerche, la documentazione d’archivio e la cronologia dei principali interventi edilizi e di restauro che hanno interessato il com- plesso architettonico della Rocca di Acquaviva Pi- cena e dell’intero borgo fortificato. Su questo argomento risulta infatti estremamente utile fare riferimento agli importanti studi intrapre- si negli anni passati, basati sulla lunga e paziente disanima della documentazione d’archivio, poiché il recupero, sia sotto il profilo storico sia struttura- le, di un patrimonio architettonico di questo tipo, legato ab origine a criteri di ordine difensivo o co- munque a esigenze di presidio del territorio, non può prescindere dal confronto stringente con le fonti archivistiche e storiografiche. Va doverosa- mente premesso che lo studio della Rocca di Ac- quaviva Picena è stato reso ostico dalle difficoltà Fig. 1. Veduta aerea (da ovest) del borgo di Acquaviva Picena; in primo piano, la Rocca (da Severi 1992, p. 25) oggettive che hanno costituito un forte limite per la trattazione della problematica, a partire dalla di- tettonico attraverso le fonti e i documenti è pos- spersione del materiale dovuto alla quasi totale di- sibile non solo grazie al lavoro già svolto da al- struzione dell’archivio comunale di Acquaviva nel cuni studiosi2, che hanno fornito preziosi rimandi corso dell’insorgenza antifrancese del 17991. ai documenti d’archivio a supporto delle proprie trattazioni, ma anche attraverso l’analisi delle fon- ti, in particolare delle Cronache Fermane3, che Gli Archivi forniscono un utile resoconto dei fatti avvenuti nel periodo medievale. Lo studio dell’evoluzione del complesso archi- Questo tipo di lavoro, che sarebbe auspicabile approfondire e proseguire, si è limitato per ora a

1 una ricognizione preliminare che ha riguardato in Nepi 1982, pp. 269-270. L’avvenimento è descritto, nel XIX secolo, da Amedeo Crivellucci: «Diedero fuoco ad otto o nove case, fra le quali restò anche incendiata la sala del Palazzo [mu- nicipale, n.d.a.] e l’Archivio, quale era ricchissimo e conservavasi 2 Nepi 1982, Marozzi 1998, Tomei 1998. in esso copie e protocolli di tanti notari e tutte le pubbliche 3 scritture, il che è riuscito di un danno incalcolabile» (Crivellucci Antonio di Niccolò, Cronaca fermana dall’anno 1176 all’an- 1893, p. 199). Vd. anche infra. no 1447, in De Minicis 1870. serena de cesare

al pubblico dopo un cambio di ubicazione5, non ha sino a ora fornito notizie utili alla ricerca, così come l’Archi- vio di Stato di Teramo, ricco però di documenti riguar- danti soprattutto la storia della famiglia degli Acqua- viva, duchi d’Atri, piccolo Comune nel teramano. Lo studio in questione, fi- nalizzato alla ricostruzione delle fasi architettoniche del- la Rocca e del borgo di Ac- quaviva Picena attraverso le fonti archivistiche, si è limi- tato agli archivi citati, esclu- dendo, ad esempio, un’in- dagine più dettagliata sulla

Fig. 2. Veduta aerea (da ovest) della Rocca (da Nepi 1982, p. 222) prima fase d’incastellamento tramite l’analisi diretta dei particolar modo tre archivi: l’Archivio di Stato di documenti dell’Abbazia di Farfa6. Si sono inoltre Ascoli, l’Archivio di Stato di Fermo e l’Archivio rivelate utilissime, su questo frangente, le perga- Storico Comunale di Ripatransone4, i Comuni che mene tratte dall’elenco dell’Hubart7, quasi tutte re- hanno svolto il ruolo più rilevante nella storia di lative agli atti di vendita e acquisto della Rocca, in Acquaviva. In particolar modo, l’Archivio di Stato particolar modo nel periodo in cui gli Acquaviva di Fermo si è rivelato una vera e propria miniera influivano sul territorio marchigiano. d’informazioni: la storia della Rocca di Acquavi- va è andata infatti, nei secoli, di pari passo con la storia fermana, motivo per cui le Cronache Fer- Breve storia degli studi mane si sono rivelate di fondamentale importanza per l’orientamento alla consultazione della Serie Lo storico acquavivano Gabriele Nepi ha pub- dei Consigli e delle Cernite del comune fermano blicato, nel 1982, il volume Storia di Acquaviva e della raccolta delle lettere spedite e ricevute. Picena, un minuzioso lavoro di ricostruzione stori- L’Archivio Storico del Comune di Ripatransone ca che l’autore fa partire dall’anno 947 d.C.8 e che è parimenti ricco di documenti, anche se meno ripercorre le tappe più importanti della vicenda del densi di informazioni per lo studio del complesso architettonico. Appunto per via dell’incendio cau- sato dal bandito Sciabolone nel 1799, l’Archivio 5 il riordino e la valorizzazione dell’Archivio Storico Comuna- di Acquaviva, oggi interamente riordinato e aperto le di Acquaviva Picena, prima conservato all’interno dell’edificio comunale e ora allestito a Palazzo Celso Ulpiani, è stato possibi- le grazie alla sinergia tra il Comune e la Provincia di Ascoli Pice- no, come parte della più ampia iniziativa di riordino degli archivi comunali del Piceno “Memorie di Carta” (in collaborazione con la Soprintendenza Archivistica per le Marche, la Regione e la Fondazione Carisap). Vd. anche il contributo introduttivo di E. Vecchietti in questo stesso volume.

6 4 Per una rassegna degli strumenti inventariali degli archi- Tuttavia sono stati considerati in questa sintesi i più significa- vi statali (Archivi di Stato di Ascoli e Fermo), vd. D’Angiolini, tivi riferimenti alle carte farfensi, già noti da studi precedenti (vd. Pavone 1981-1994; per gli archivi non statali (Archivio Storico l’edizione del Chronicon Farfense del 1903). Comunale di Ripatransone), la situazione si fa frammentaria a 7 Hubart 1624. seconda delle aree geografiche: per quanto riguarda le Marche 8 vd. Lodolini 1960. Nepi 1982, p. 60.

52 La Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. Dati preliminari

adiacente città. La studiosa ha fornito un buon numero di notizie utili sul va- lore e la funzione del centro fortificato nel periodo bassomedievale, in parti- colar modo sulla Rocca e sulle distru- zioni e ricostruzioni che quest’ultima ha subito, informazioni importanti da confrontare con i risultati delle indagi- ni archeologiche. Rimanendo sempre nell’ambito degli studi d’archivio, Lucio Tomei è stato l’ultimo a fornire un dettagliato esame dei documenti che aiutano a ricostruire le fasi storiche della Rocca di Acqua- viva. Tomei ha collaborato con Mau- Fig. 3. Veduta aerea (da sud) della Rocca (da Nepi 1982, p. 223) rizio Mauro nella stesura dell’articolo pubblicato nel 1998 dall’Istituto Italia- comune acquavivano. Nepi trae la data dal Chro- no Castelli in Rocche torri cinte fortificate delle nicon Farfense9 di Gregorio da Catino, citando un Marche12, ed è interessante notare come lo studio- documento considerato il più antico in cui viene so smentisca la maggior parte delle informazioni utilizzato il toponimo Aquaviva riferito all’inse- fornite da Nepi e Marozzi, soprattutto per quanto diamento che qui si sta analizzando, che solo dopo riguarda i documenti che attestano l’appartenenza l’Unità d’Italia prese il nome di Acquaviva Picena. di Acquaviva all’Abbazia di Farfa. Secondo Tomei Sarà proprio questo documento a far sostenere a l’ipotesi dei due studiosi risulta troppo semplicisti- Nepi che il territorio acquavivano appartenesse alla ca e affrettata, tenendo conto del fatto che il topo- potente Abbazia di Farfa. Per questo motivo si è te- nimo Aquaviva era piuttosto comune nel territorio nuto conto di altri documenti attestanti donazioni e marchigiano, ricco di acque e di sorgenti. Perciò acquisti dove compare il toponimo Aquaviva. afferma, riportando documenti a sostegno della sua L’ipotesi addotta da Nepi è stata confermata dal- tesi, che l’Abbazia non è mai entrata in possesso lo studio di Tiziana Marozzi10, la quale ha cercato del centro acquavivano, nato invece a seguito del di fornire un quadro storico organico ed esaustivo processo d’incastellamento che ha interessato le delle fasi edilizie della Rocca di Acquaviva Picena Marche meridionali. Altro dato rilevante che To- attraverso l’analisi dei documenti11. La studiosa ha mei prova essere errato è la vendita e il passaggio preso spunto dal volume dello storico, accettando di proprietà del castello di Acquaviva da Anto- come buoni i documenti consultati ed effettuan- nio degli Acquaviva al comune di Fermo. Nepi e do, soprattutto per il X e l’XI secolo, soltanto una Marozzi, basandosi su due pergamene conserva- verifica di essi prima di riconfermarli. Molto det- te nell’Archivio di Stato di Fermo13, asseriscono tagliata è invece l’analisi dei documenti, apparte- che il castello diventò di Fermo nell’anno 132514, nenti soprattutto all’Archivio di Stato di Fermo, Tomei fa invece risalire tale vendita a non prima tratti dai Consigli e dalle Cernite, dei secoli in dell’anno 140715, adducendo come prova la Crona- cui Acquaviva è stata sottomessa al potere di tale ca del notaio Antonio di Niccolò, la quale smenti- sce, incontrovertibilmente, l’ipotesi di un’apparte- nenza del castello acquavivano a Fermo nel 1325, 9 Gregorio da Catino, Chronicon Farfense, a cura di Ugo Balza- ni (Roma 1903), II, p. 308, carta 350 b.

10 12 Marozzi 1998. Tomei 1998. 13 11 l’analisi di Tiziana Marozzi, concentrata sui documenti che s.A.S.Fe, A.S.C.Fe., Serie “Diplomatico”: pergamene nn. riguardano le vicende del borgo fortificato di Acquaviva, risul- 1035, 1036. ta oltremodo più stringentedi quella di Nepi, che amplia il suo 14 Nepi 1982, p. 200; Marozzi 1998, p. 9. studio all’intero territorio fornendo al lettore un quadro molto 15 generale ma assai dispersivo. Tomei 1998, p. 142.

53 serena de cesare

Fig. 4. La posizio- ne elevata della Rocca nell’attuale profilo urbanistico di Acquaviva Pi- cena (campagna 2004)

dato che nell’anno 1432 vi si afferma che «die Sicuramente la vendita era stata avviata nel XIV VIII mensis novembris, homines castri Aquavive secolo ma, per ragioni sconosciute appunto a causa a comitatu Firmi recesserunt et tradiderunt se et della mancanza di attestazioni, non avvenne prima dictum castrum comiti de Sancto Flabiano et duci della data indicata da Tomei, ossia il 1407. Adriae, qui vocabatur “lo sor Iosia”, et habuerunt I tre studiosi dunque, per quanto riguarda la sto- cassarum, quia castellanus erat de Monte Granario ria acquavivana dal X al XV secolo, sembrano es- et dictum fuit quod ipse habuit intus signa et ideo sere in forte disaccordo su diversi punti ma soprat- reddidit cassarum, sed quomodo fuit hoc nesci- tutto sviluppano teorie completamente diverse sia tur bene [...] quod castrum venerat ad manus Fir- per quanto riguarda l’origine del castrum, sia sulle manorum in anno domini MCCCCVII., die .XX. sue sorti negli anni seguenti la dominazione degli mensis februarii, ut supra apparet»16 ovvero «l’otto Acquaviva, quando divenne dominio fermano. novembre, gli uomini del castello di Acquaviva si staccarono dal potere di Fermo e affidarono se stessi ed il detto castello al potere di San Flaviano Cronologia degli interventi sulla Rocca [attuale Giulianova, n.d.a.] e al Duca d’Atri che era chiamato “lo Sor Iosia” ed ebbero il cassero, poi- La documentazione si fa più chiara e meno fram- ché il castellano era di Monte Granaro e si disse mentaria a partire dalla prima metà del XV secolo, che questo ricevette ordini all’interno e per questo quando, precisamente nell’anno 1447, la città di consegnò il cassero, ma in che modo ciò accadde Fermo riprese con la forza il castello. Nel luglio non si sa bene [...] il castello era giunto in mano del 1438 Francesco Sforza, che fin dal 1433 aveva Fermana il venti febbraio dell’anno del Signore imposto la sua signoria su Fermo e l’intera Marca 1407, come si legge sopra». meridionale, aprì le ostilità con Giosia d’Acquavi- Anche se le carte contenenti i particolari dell’ac- va, che nel 1432 aveva riportato il centro fortifica- quisizione da parte di Fermo nel 1407 sono cadute to al nome della sua famiglia, che per anni aveva nel manoscritto che ha conservato la Cronaca, dato dominato nel territorio. Lo Sforza vinse e occupò che la narrazione si interrompe al dicembre 1401 per tutte le terre del duca d’Atri, compresa Acquaviva, riprendere dal maggio 1407, la precisazione è più che rimase sotto dominio fermano fino al termine che esauriente per dimostrare che Acquaviva venne della dominazione sforzesca, quando fu incamerata in possesso di Fermo non nel 1325, ma nel 1407 e per dalla Santa Sede insieme a tutti i domini del conte. di più solo temporaneamente , visto che nel novem- Sarà una bolla papale dell’anno 144817 a chia- bre del 1432 si staccò dalla soggezione al comune rire questi passaggi di proprietà, pergamena fermano per risottomettersi a Giosia d’Acquaviva. tra l’ altro poco considerata sia da Nepi, sia da

16 17 Antonio di Nicolò, Cronaca, in De Minicis 1870, p. 65. s.A.S.Fe, A.S.C.Fe, Serie “Diplomatico”: pergamena n. 1048.

54 La Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. Dati preliminari

Fig. 5. Archivio di Stato di Fermo, Fondo Archivio Storico Comunale di Fermo. Serie Consigli e Cernite. Evidenziata in rosso, la menzione della Rocca di Acquaviva Picena (1487)

Marozzi, ma invece molto importante. Dal do- castello di Acquaviva appartenente alla Diocesi cumento emerge non solo il fatto che la Chiesa di Fermo contro il permesso della Sede Aposto- rivendicava a sé il possesso di Acquaviva ma lica, dal momento che recentemente l’avete ri- soprattutto, dato importantissimo per lo studio condotta sotto la vostra giurisdizione come era dell’architettura della Rocca, che quest’ultima stata soggetta per lungo tempo e che la sua rocca sarà letteralmente rasa al suolo dai fermani nel faceste abbattere radendola al suolo». 1447. La pergamena dice, a partire dalla terza A partire da questa data le notizie si fanno sempre riga: «nuper siqidem ex relazione nostra sumus più ricche e interessanti e risultano di grande ausilio certiores effecti quod nos castrum Aquavive fir- per comprendere i cambiamenti e le trasformazioni mane diocesis ad Romanam ecclesiam pertinens subite nel corso dei secoli dall’edificio. Nel absque sedis apostolicae licentia hostiliter inva- complesso si tratta di un impianto trecentesco che dendo ad vestram iurisdictionem longo tempore ha subito notevoli interventi di aggiornamento subiectum fuerat reduxistis et eius arcem demo- nel tempo, fino agli inizi del Cinquecento, che liri» ovvero «dalla nostra relazione noi siamo hanno determinato un’interessante disomogeneità stati informati di ciò che è accaduto invadendo il architettonica. Per questo motivo la Rocca si

Fig. 6. Archivio di Stato di Fermo, Fondo Archivio Storico Comunale di Fermo. Serie Consigli e Cernite. Evidenziata in rosso, la menzione della Rocca di Acquaviva Picena (1491)

55 serena de cesare propone come un laboratorio di sperimentazione «in la torre rotonda et magistra in quessa rocha»18 delle tecniche fortificatorie per almeno tre secoli. ma il Guerrieri si rifiutò di obbedire, adducendo L’analisi della bibliografia sopra indicata, in par- come motivazione che le stanze erano sguarnite di ticolar modo dell’opera di Tomei, la più completa ogni minima comodità che le rendesse vivibili. No- ed esaustiva, e lo spoglio delle fonti citate in biblio- nostante il rifiuto del castellano, la Rocca poteva grafia, sono quindi risultate un importante lavoro dirsi nel complesso ultimata. preliminare alle campagne di rilievo nella Rocca I lavori si protrassero così a lungo perché gli del progetto Acquaviva nella storia, e hanno for- anni in cui vennero svolti furono ricchi di avve- nito una prima indagine documentaria in grado di nimenti storici che ebbero come teatro proprio il restituire una cronologia assoluta delle distruzioni territorio di Acquaviva. Dal 1484 al 1486 ebbe e ricostruzioni del monumento. luogo l’accanita guerra tra Ascoli e Fermo, e più volte Acquaviva venne assediata in quanto alleata Come è stato detto, nel dicembre del 1447 i fer- di quest’ultima19. mani rasero al suolo un’arx già esistente; da questo Non si hanno notizie rilevanti sul borgo forti- momento in poi, fino all’anno 1486, non si rinven- ficato fino all’anno 1503, quando la popolazione gono più, nei documenti analizzati, notizie di inter- del castello si sollevò e, dall’analisi dei documen- venti di architettura militare relativi alla Rocca di ti tratti dai consigli e dalle cernite del 1503-1505, Acquaviva. È opportuno però precisare che man- risulta che sia la Rocca sia il caposaldo orientale cano, nell’Archivio di Stato fermano: i Copialet- del borgo, la fortezza verso mare20, furono distrut- tere delle missive in arrivo e in partenza, i Verbali te dalla popolazione del castello, anche se i danni delle Sedute dei Consigli, che si sono perduti per inferti ai due manufatti devono essere stati molto le intere annate 1482-1485 e 1489; i Registri della meno gravi di come si prospettano nelle fonti per- contabilità del Comune, che si arrestano al 1476 e ché furono ben presto riparati. riprendono soltanto nel 1486. Una data però, il 1481, potrebbe risultare utile per la ricostruzione della cronologia degli inter- venti sulla Rocca. In quell’anno fu infatti ricostrui- to l’accesso sud-occidentale della cinta muraria, detto oggi Porta Vecchia, e ciò è provato da un mattone murato al di sopra della cuspide dell’ arco con incisa la data. Non è da escludere l’ipotesi che fu proprio quella la data d’inizio dei lavori di ri- costruzione della Rocca, tenendo conto delle lacu- Fig. 7. Estensione del “borgo” (in rosso) di Acquaviva. In grigio, la ne documentarie che vanno proprio dal 1482 fino localizzazione della rocca (elaborazione sulla base della Carta al 1486. Probabilmente i lavori furono interrotti e Tecnica Regionale Numerica, Regione Marche, scala 1:10.000) ripresi qualche anno dopo, o più semplicemente proseguirono, ma purtroppo non ci è dato saperlo, La notizia della morte di un pontefice, in questo vista la lacuna documentaria. caso Alessandro VI, dava quasi sempre occasione A partire dall’aprile del 1487 è chiara la ripresa e incentivo a ribellioni, a lotte faziose e a disordini dei lavori sulla Rocca, e le Lettere inviate dal co- nei territori, come è il caso del nostro sotto esa- mune di Fermo ne rappresentano la prova. I lavori me, che appartenevano alla sfera d’influenza dello proseguirono fino al 1494, data in cui la fortezza fu Stato della Chiesa, «eran banditi che cercavano di portata definitivamente a termine. Un documento rientrare nelle loro terre; faziosi che ponevan mano ci mostra come i Priori del comune di Fermo aves- ad opprimere od a cacciare i loro avversari; tutte sero ordinato, nell’agosto del 1495, ad Apollonio di Gianfilippo Guerrieri, che in quel bimestre era castellano della Rocca di Acquaviva, di trasferirsi 18 s.A.S.Fe, A.S.C.Fe, Serie “Lettere”: Registro delle lettere spedite n. 9 (1494-1495), c.322r.

19 sulla guerra tra Ascoli e Fermo vd. Fabiani 1975. 20 Vd. infra.

56 La Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. Dati preliminari

Fig. 8. Luigi ferdinando Marsili, Veduta di Acquaviva Picena (1708, Biblioteca Universitaria di Bologna) le passioni più violente degli oppressi e degli op- l’abbattimento della vecchia cortina muraria di le- pressori prorompevano» per citare le parole esatte vante, dove si trova oggi la torre dell’orologio, e usate da Nepi21. L’ Anonimo racconta così «Fu a dì la dilatazione dell’abitato sul ripido versante occi- 19 agosto sparsa la nuova della morte del papa. La dentale dell’altura chiamata “il colle”, costruendo città fece assediare tutte le rocche che stavano in sulla sommità di essa una torre a base circolare, mano dè forestieri, quali trovandosi sprovisti le re- con la quale andavano a raccordarsi le mura, che sero, eccetto quella di Magliano che bisognò com- fu detta “Rocca nuova” più tardi rinominata “for- battere alquanti giorni, che poi si arrese. Le due tezza verso mare” (fig. 7). Nel XVI secolo il co- rocche di Acquaviva da terrazzani furono buttate mune si impegna a ricostruire quest’ultima, ormai a terra»22. preminente, dal punto di vista difensivo, rispetto Se infatti le fortezze, in quanto emanazione del alla Fortezza maggiore, probabilmente in relazione potere feudale dominante, difendevano i borghi al costante rischio degli attacchi della pirateria sul dai nemici esterni, materializzavano al contempo fronte del mar Adriatico. l’oppressione che i feudatari stessi esercitavano Non si hanno notizie di altri interventi sulla Roc- sulla popolazione all’interno. Ecco il motivo per ca fino al 1534: «Cominciò le gare con Asculani cui il popolo di Acquaviva, sollevatosi alla morte per la Potestaria de San Petre quali Asculani se di Alessandro VI, cercò di distruggerle. La rico- n’erano impadroniti [...] gl’Asculani essendo spar- struzione fu subito avviata dal comune di Fermo, sasi la morte del Papa, nel mese d’agosto adunate e presto conclusa nell’arco di due anni. Dalla let- gente, de notte scalate le mura d’Acquaviva, entrati tura delle carte tratte dai Consigli e dalle Cernite dentro cominciarono ammazzare quanti incontra- degli anni 1503-1505 è molto interessante notare rono e mettendo foco alle case, per il che levato come l’arx vetus (la Rocca) fosse considerata an- il rumore, corsero contro nemici e dopo molte oc- cora prior et maior23 ma allo stesso tempo non ad cisioni gli cacciarono fori del castello portandosi tutamen24. Durante i lavori della sue riedificazio- bene tutti i terrazzani [...]. Rebuttati d’Acquaviva ne, nell’anno 1487, il comune fermano cominciò se misero a predare e bruciare il territorio del detto a realizzare ex novo l’urbanizzazione della zona loco e anco negli altri confinanti; vedendo la guer- extra moenia orientale (sul fronte adriatico) con ra rotta se mise a fare le provesioni necessarie e, prima rechiamati tutti i banditi gli mise nelle fron- tiere quali cominciarono a fare delle prede, guasti e 21 Nepi 1982, p. 268 bruciamenti»25. Così scrive l’Anonimo che, in data 22 Antonio di Nicolò, Cronaca, in De Minicis 1870, p. 239. 16 novembre, preciserà che le mura di Acquaviva 23 s.A.S.Fe, A.S.C.Fe, Serie “Consigli e cernite”: verbali n. 7 (1503-1507), c.95r.

24 25 Ibid., c.147r. Antonio di Nicolò, Cronaca, in De Minicis 1870, p. 264.

57 serena de cesare furono restaurate26. stesso [D. Giacomo Gatti, n.d.a.] soleva raccontare Nel maggio del 1535 si concessero al borgo di che, caduta Acquaviva, si recò nella rocca, e, tro- Acquaviva duemila salme di calce occorrenti per vate due pistole in una buca, se le prese. Saputolo i lavori e nella Rocca venne ripararata la pare- Sciabolone [il brigante, vd. infra], lo chiamò, e gli te caduta nel cortile a seguito delle sollevazioni chiese: Sai tu a chi appartiene la rocca di Acqua- dell’anno precedente27. Nel gennaio del 1536 ven- viva? – Alla città di Fermo – rispose il Gatti. Io ne inviato dal comune di Fermo uno dei Regolari ti dico che appartiene a me, che l’ho conquistata, (ispettori), per riferire se la Rocca di Acquaviva ripigliò Sciabolone»30. fosse riparabile o addirittura in che punti dovesse È chiaro però come il ruolo difensivo del borgo essere ricostruita («An arx Aquevive reparanda vel acquavivano fosse via via andato declinando, te- ubi construenda sit»)28. nendo conto anche della mancanza di documenti Nel settembre del 1619 venne sistemato il ponte utili a una ricostruzione delle fasi edilizie e degli levatoio29. Questa è una delle ultime notizie certe avvenimenti storici di cui la Rocca fu protagonista. che abbiamo sulla manutenzione e ricostruzione Nelle fonti si torna a parlare della Rocca di Ac- della Rocca che, con certezza, rimase nelle mani quaviva soltanto intorno alla fine del XVIII seco- del comune fermano per tutto il Seicento e oltre, lo, quando la rivoluzione francese arrivò anche nel come testimonia Amedeo Crivellucci ricostruen- territorio marchigiano. Nel 1797 Roma fu occupata do la vicenda del paese tra 1798 e 1799: «Egli dai Francesi, e i briganti delle montagne attorno ad Ascoli si organizzano in bande armate e iniziaro- no azioni di guerriglia a danno delle truppe stra- niere. Essi vennero chiamati non più briganti ma “insorgenti”, e loro capo fu Giuseppe Costantini da Lisciano detto “Sciabolone” che, il 6 luglio 1799, per parte di Federico IV re delle due Sicilie, mosse contro i giacobini di Acquaviva portando morte e distruzione al paese. Così racconta il già menzio- nato Amedeo Crivellucci: «Acquaviva [...] serviva di rifugio ai repubblicani più compromessi dei pa-

Fig. 9. Mappa del Catasto Pontificio del 1815, in cui viene esi vicini, i quali uniti ai non pochi repubblicani del rappresentato l’abitato di Acquaviva. Si nota l’assenza della luogo, mantennero in piedi l’ albero della libertà rampa d’accesso che conduce alla porta d’ingresso alla corte fino al 18 messidoro (6 luglio), che fu ivi l’ultimo centrale della Rocca (Archivio di Stato di Ascoli Piceno) della libertà, e parve dovesse essere l’ ultimo del paese. Insieme coi repubblicani d’ Acquaviva [se- gue un elenco di nomi, n.d.a.] avevano occupato la rocca». Lo storico chiude la narrazione di quel triste giorno con la frase: «pur troppo sui particola- ri della difesa ed espugnazione non abbiamo altra fonte che la tradizione. Tanto il Pastori quanto la tradizione attribuiscono a Sciabolone tutto il van- to di quell’espugnazione»31. Le frasi di Crivellucci rappresentano l’unica fonte utile a testimonianza Fig. 10. La mappa, risalente al 1888, indica la presenza dell’ennesima occupazione e conquista della Roc- della scala di accesso alla Rocca (Archivio di Stato di Ascoli Piceno) ca, anche se il testo non è sufficiente per affermare con certezza che l’arx fosse distrutta poi ricostrui- 26 Ibid. ta. Come ho già accennato nelle pagine precedenti, 27 Nepi 1982, p. 318. l’Archivio Comunale di Acquaviva fu incendiato 28 Rubrica Conciliorum et Cernitarum Illustrissimae Civitatis Fir- manae, III, p. 90. 30 Crivellucci 1893, p. 206. 29 s.A.S.Fe., A.S.C.Fe., Serie “Consigli e cernite”: verbali anno 31 1619, cc.62v., 63r. Crivellucci 1893.

58 La Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. Dati preliminari

Figg. 11-12 (in alto e sopra). La Rocca di Acquaviva Picena in due foto d’epoca, prima dei restauri del Sacconi (da Nepi 1982, p. 194 e Severi 1994, p. 51) Fig. 13. La Rocca di Acquaviva Picena in una foto d’epoca, durante i restauri del Sacconi: la sommità della torre appare restaurata, i merli invece mostrano ancora i segni del degrado (da Nepi 1982, p. 78) durante l’assedio di Sciabolone, avvenimento che molto interessante. Dal confronto di due mappe ha causato la perdita di molti documenti; tuttavia, del Catasto pontificio conservate nell’Archivio di da alcune Delibere del XIX secolo, ultima quella Stato di Ascoli, una dell’anno 1815 e l’altra del del 15 giugno 1845, si comprende facilmente come 1870 (figg. 9-10), è possibile supporre che il ponte la Rocca fosse ormai in completo disuso. Nel 1840 ad arco che conduce alla pusterla d’ingresso alla appare scritto: «E quindi mal soffrì il nostro cuore Rocca sia stato costruito proprio nel periodo che quando usurpata questa rocca negli scorsi dal Si- va dal 1815 al 1870, forse anche in seguito alle di- gnor Canaletti, fu travisata e danneggiata nel suo struzioni dell’assedio del 1799. Quando sia andato formale col ridurre i locali a neviera»32. E ancora distrutto il muro del fossato non è certo, ma sicura- in una Delibera del 1845: «Corroso già da tempo, mente la data è posteriore al 1708, come testimo- e geli, in modo da non potersene più distinguere la nia una stampa di Luigi Ferdinando Marsili (fig. forma per cui fu costruito [...]. Conserva dunque il 8), appunto di quell’anno, molto utile alla ricostru- nome di fortezza da quel che fu e non è altro che zione dell’assetto del borgo di Acquaviva, sia nella un piccolo aggregato di mura diroccate e corrose di fortezza maggiore che in quella minore. A seguito nessun uso e profitto»33. della demolizione del muro del fossato si è sicura- Nulla si sa riguardo a eventuali manutenzioni o mente sentita l’esigenza di raggiungere la pusterla rifacimenti della Rocca dalla data dell’ultima de- d’ingresso con una rampa, in modo da permettere libera citata fino al restauro di Giuseppe Sacconi il proseguimento della strada di accesso alla Piazza (1891-1894), a parte un particolare a mio avviso del Forte (la piazza sottostante la Rocca a est). A parte questa informazione fornitaci dal confronto fra le due mappe, negli atti notarili sui passaggi 32 A.S.C.Acq.Pic., Registro degli atti consiliari, Delibera del 3 di proprietà della Rocca, compreso il documento maggio 1840. dell’enfiteusi concessa dal Papa al conte Gugliel- 33 Ibid., Delibera del 15 giugno 1845. mo Neroni-Cancelli e l’affrancamento dell’enfi-

59 serena de cesare teusi da parte di quest’ultimo, non si fa riferimento mente è stata utilizzata come ristorante e discoteca, alcuno allo stato di conservazione dell’edificio. La senza comunque che venissero effettuate significa- descrizione dell’immobile sembrerebbe omessa tive modifiche all’impianto tardorinascimentale. I anche nell’atto di passaggio di proprietà dalla fa- lavori svolti si sono limitati al recupero e al conso- miglia Neroni-Cancelli alla famiglia Rossi-Panelli, lidamento di parti in grave stato di degrado: come avvenuto nel 1870. ad esempio nel 1955, quando la Sovrintendenza ai Nel 1891 Giuseppe Sacconi, funzionario della Monumenti ha dato inizio a lavori di restauro per Sovrintendenza Regionale ai Monumenti, effettuò i danni della guerra e nel 1974 quando, per il lato una serie di interventi volti a salvaguardare l’inte- nord, ci fu una vera e propria opera di smantella- grità fisica della Rocca, che versava in un grave sta- mento e ricostruzione. Nel 1990 l’amministrazione to di degrado. L’architetto eseguì sostanzialmente comunale di Acquaviva sentì l’esigenza di un re- un restauro conservativo, con interventi piuttosto stauro globale e unitario della Rocca e il progetto, estesi ed evidenti, che verranno chiariti nei capitoli sviluppato dall’ingegner Poli, fu avviato nel 1993 seguenti. e terminato nel 1997, con lo scopo di offrire al ter- Nel 1910 la Rocca entrò in possesso del Comune ritorio una valida offerta turistica legata ai valori di Acquaviva Picena, che la destinò a una moltitu- storici e culturali delle tradizioni locali, compresa dine di usi diversi: è stata impiegata come magaz- anche la funzionalizzazione di alcuni ambienti da zino comunale, vi è stato sistemato il serbatoio di dedicare a mostre permanenti di oggetti connessi raccolta delle acque dell’intero paese, e più recente- alla funzione originaria della Rocca.

60 La Rocca e il borgo di Acquaviva nei documenti d’archivio. Dati preliminari

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61 serena de cesare

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Hubart 1624 = M. Hubart, Repertorium Privile- giorum et Scripturarum existentium in Archivio Firmano, Fermo 1624.

62 foto di Pierluigi Giorgi, 2005- disegno di Giorgio Giorgi, 2005 Giorgi, di Giorgio 2005- disegno Giorgi, di Pierluigi foto L’evoluzione del borgo

L’evoluzioneL’evoluzione del delborgo borgo

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 65-85

I l castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

enrico ravaioli Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Il seguente contributo nasce come naturale svi- difensivo. Tali ricerche, rivolte principalmente allo luppo del progetto di analisi e rilievo della Roc- studio dell’architettura militare del castello, hanno ca di Acquaviva Picena (2004-2006) condotto tuttavia portato a delineare elementi utili alla defi- nell’ambito del Laboratorio di Rilievo organizzato nizione delle direttrici dell’evoluzione urbanistica dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di del centro abitato5. Bologna1 (ora Dipartimento di Storia Culture Ci- viltà), e costituisce un aggiornamento e un riesame dei precedenti scritti relativi all’argomento2. Metodologia d’indagine applicata L’attività del Laboratorio ha focalizzato la pro- pria attenzione sulla Rocca di Acquaviva, già al Per quanto riguarda il borgo fortificato, ovvero centro dell’interesse scientifico3, analizzando la la parte abitativa cinta da mura, l’approccio me- fortezza rinascimentale con un approccio multi- todologico è stato graduale, articolato in due di- disciplinare (rilievo strumentale planoaltimetrico, stinte campagne di acquisizione dei dati nel 2006 analisi stratigrafica degli elevati, ricostruzione 3D, e nel 2009: mentre la prima era formalmente una indagini georadar, scavo archeologico, ecc.)4, volto ricognizione preliminare finalizzata alla conoscen- alla comprensione globale del complesso fortifica- za del complesso6, la seconda è stata indirizzata to, superando posizioni ormai consolidate e limi- all’approfondimento di alcuni elementi emersi nel- tate all’architettura militare. Fin dalle prime fasi la fase intermedia di analisi dei dati, per definire della ricerca è tuttavia emersa la necessità di con- quali siano stati i modi e i tempi dello sviluppo del testualizzare il complesso della Rocca nel più am- castello di Acquaviva. Considerando le dimensio- pio ambito del castello di Acquaviva, a sottolineare ni del contesto (fig. 1), le eterogenee condizioni di il legame reciproco tra la parte difensiva e quella conservazione della cinta muraria e la sostanzia- abitativa di un insediamento medievale. Il progetto le tenuta del tessuto urbano a livello planimetrico si è quindi evoluto e le ricerche sono state este- piuttosto che volumetrico, si è ritenuto opportuno se al borgo fortificato di Acquaviva, allo scopo di applicare un approccio metodologico volto a una definire con precisione lo sviluppo della cinta mu- conoscenza preliminare diffusa a tutto il castello, raria e dei singoli elementi di difesa, analizzando- per poi focalizzare le analisi verso gli elementi più ne i caratteri tipologici nel tentativo di definire un significativi emersi nel corso della ricerca, ottenen- orizzonte cronologico di riferimento dell’apparato do così una visione d’insieme e razionalizzando gli sforzi. Optare per un approccio più propriamente topografico piuttosto che archeologico è stata una 1 responsabile del Laboratorio di Rilievo del Dipartimento di decisione dettata dall’evidente impossibilità di Archeologia dell’Università di Bologna: Enrico Giorgi.

2 Ravaioli, Vecchietti 2007a; Ravaioli, Vecchietti 2007b.

3 5 Borzacchini 1998; Marozzi 1998; Palloni 1998. uno status quaestionis metodologico, è, per il vicino territo- rio romagnolo, in Ravaioli 2012. 4 Vd. gli interventi di F. Boschi e M. Silani e di A. Baroncioni in 6 questo stesso volume. Ravaioli, Vecchietti 2007a; Ravaioli, Vecchietti 2007b. enrico ravaioli

Fig. 1. Planimetria schematica del centro storico di Acquaviva Pice- na: in rosso la Rocca, in arancio Terra Vecchia, in giallo Terra Nuova

applicare una consueta metodologia stratigrafica Analisi delle strutture difensive al contesto in oggetto che, come già accennato, si presenta gravemente compromesso da numerosi L’analisi delle strutture difensive del castello di interventi costruttivi e distruttivi di età moderna e Acquaviva consente di comprendere in modo ade- contemporanea. La ricognizione del perimetro del- guato l’originale sviluppo delle fortificazioni, seb- la cinta muraria e del tessuto urbano ha permesso bene il limitato stato di conservazione delle stes- di definire una mappatura dettagliata delle- emer se e la varietà tipologica che le contraddistingue genze materiali ascrivibili al Medioevo e al Ri- rappresentino due elementi che complicano una nascimento, realizzata sulla base dell’incisione di corretta ricostruzione dell’assetto del castello. La Luigi Ferdinando Marsili (Disegno ed elevazione sintesi proposta è quindi volta a illustrare gli ele- della città di Acquaviva, 1708, fig. 2). A un’analisi menti che attualmente si conservano, analizzando- preliminare della fonte iconografica appare eviden- ne i caratteri peculiari e calandoli nel contesto del te come i principali elementi difensivi di Acquavi- complesso fortificato. va si siano conservati in modo pressochè integrale, La Rocca costituisce il caposaldo del sistema di- a esclusione di due torri che erano localizzate nel- fensivo del castello di Acquaviva, posta sulla som- la parte settentrionale di Terra Vecchia (c.d. torre mità del rilievo che non solo domina l’abitato (fig. nord-ovest e torre nord). 3) e il territorio circostante, ma anche l’unica pos- sibile direttrice di attacco rappresentata dalla via di crinale. Tale potenzialità è stata intuita e quin- di sfruttata fin dalle prime fasi di occupazione del sito, anche se probabilmente la fortificazione ven-

Fig. 2. Elaborazio- ne del Disegno ed elevazione della città di Acquaviva di L.F. Marsili con indicazione dei principali elementi difensivi citati nel testo

66 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

Fig. 3. Panoramica della Rocca da ovest ne realizzata solo nei secoli centrali del Medioevo. delle fonti scritte7 e all’analisi dei caratteri archi- Lo stesso assetto planimetrico della Rocca è indice tettonici dell’apparato difensivo, pare ascrivibi- della volontà di assecondare la morfologia del sito le alla fine del XV secolo, benchè siano evidenti e del territorio circostante, allo scopo di integrare numerose tracce del precedente fortilizio che, le difese naturali con quelle artificiali. Il fortilizio danneggiato dai fermani nel 1447, venne modifi- si configura infatti a pianta romboidale piuttosto cato dall’architetto Baccio Pontelli tra il 1484 e il dilatata nel senso nord-sud, in maniera da chiude- 1487, per adeguarlo alle nuove necessità difensive re i due versanti, mentre oppone alla direttrice di imposte dal progresso della tecnologia militare8. crinale due lunghi prospetti murari interrotti da un Tale ammodernamento pare evidente poiché poderoso puntone a ovest (figg. 1, 4). apporta limitate trasformazioni al cassero trecen- La Rocca nelle forme attuali, in base allo studio tesco, circoscritte alla realizzazione della scarpa di

Fig. 4. Ricostruzione dell’assetto rinascimentale della Rocca (elabo- Fig. 5. Ricostruzione ipotetica dell’assetto trecentesco della Rocca razione 3D dell’autore) (elaborazione 3D dell’autore)

7 Vd. anche il contributo di S. De Cesare in questo volume.

8 Mauro, Tomei 2002, pp. 146-147, 154.

67 enrico ravaioli rinforzo alle cortine, del terrapieno nella corte della retrostante fortificazione10. Tale pratica, diffusa in Rocca e alla creazione di troniere per le artiglierie. Italia dal XV secolo, trova numerosi parallelismi L’impostazione di massima del fortilizio conserva, nel fermano11. invece, l’impronta tradizionale, estranea ai precetti La forma pentagonale di due delle tre torri angolari dei trattati di ingegneria militare dell’“epoca di della Rocca (fig. 6) apparentemente precorre il transizione” (seconda metà XV-prima metà XVI profilo tardocinquecentesco delle cinte bastiona- secolo)9. Le torri e le cortine murarie presentano te12, ma a un’osservazione più attenta si intuisce infatti un notevole sviluppo in verticale, testimo- che si tratta invece di ciò che resta di anacronistici nianza della conservazione dell’impianto forti- puntoni trecenteschi così comuni nel fermano. Le ficato trecentesco (fig. 5), compensato in parte ricerche di archeologia dell’architettura condotte a dall’altissima scarpa che risale fino ai beccatelli partire dal 2004 hanno confermato tale ipotesi, ri- del precedente apparato a sporgere, semplicemente velando al contrario l’anteriorità delle torri rispetto rifasciato per aumentare la difesa passiva ai colpi alla scarpatura che le fascia. La tipologia delle due delle artiglierie. L’espediente di addossare un pa- torri a base pentagonale (c.d. puntoni) della Rocca ramento murario inclinato a una cortina difensiva trova numerosi confronti nelle Marche settentrio- già esistente e di colmare lo spazio di risulta con nali e centrali, in particolare nella cinta muraria più terreno e pietrame ha la duplice funzione di opporre esterna di Fermo, costruita tra il 1365 ed il 1366 da ai colpi di artiglieria una superficie sfuggente, sulla Giovanni Visconti da Oleggio13. Per i puntoni della quale i proiettili vadano a impattare con minore Rocca si è proposta una datazione al XIV secolo14, sebbene sia stata avanzata anche l’ipotesi di una cronologia più alta al XIII secolo15; la prima teoria pare maggiormente sostenibile in base agli strin- genti confronti disponibili a Fermo. L’apporto principale di Baccio Pontelli si indivi- dua nella trasformazione radicale del mastio, ora di forma cilindrica ma in origine presumibilmente a base ottagonale16. Si tratta quindi della trasfor- mazione di una preesistenza e dunque si conserva l’impianto originario e il relativo limite formale. L’alta e massiccia torre non segna di certo una ce- sura netta con l’architettura tipicamente medievale, ma lascia intravedere alcuni caratteri fondamentali della riforma dell’ingegneria militare, introducen- done i principi fondanti: in primo luogo il profilo curvo e inclinato del paramento a scarpa per of- frire ai proiettili d’artiglieria superfici sempre più sfuggenti, notevoli spessori murari per meglio as- sorbire l’impatto dei proiettili e numerose troniere orizzontali per un agile brandeggio delle armi17. La

Fig. 6. Puntone ovest (a sinistra) e sud (a destra) della Rocca 10 Cassi Ramelli 19962, pp. 334-336.

11 Mauro 2002a, p. 96.

12 efficacia, e di creare una difesa passiva capace di Id. 1985, p. 196.

13 assorbire l’urto dei colpi dissipandone la forza e Tomei 2002, pp. 70 ss. permettendo quindi una maggiore resistenza della 14 Mauro, Tomei 2002, p. 160.

15 Palloni 1998.

16 9 Mauro 1985, p. 196; Palloni 1998, p. 160. Cassi Ramelli 19962, pp. 324-326; Franchetti Pardo 2001, pp. 17 331-360. Mauro 1985, p. 196.

68 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

Fig. 7 (in alto a sinistra). Panoramica del mastio della Rocca vista da Piazza della Libertà

Figg. 8 e 9 (a sinistra e in alto). Panoramiche del mastio dalla corte interna della Rocca

Le fortificazioni di Terra Vecchia testimoniano un’origine cronologicamente varia, frutto di suc- cessivi interventi susseguitisi nel corso del Medio- evo e del primo Rinascimento. Il quadro generale dello stato di conservazione della cinta muraria è piuttosto desolante, risultato di successivi inter- battagliera sommitale sintetizza le trasformazioni venti di demolizione, trasformazione e progressi- dell’epoca della transizione, periodo di passaggio va appropriazione da parte dell’edilizia privata, al in cui l’architetto non rinuncia al tradizionale ap- punto di rendere difficoltosa persino la ricostruzio- parato aggettante a cui associa un buon numero di ne del tracciato murario (fig. 10). La cinta muraria, troniere (figg. 7-9). conservata in gran parte in Terra Nuova ma di dif-

Fig. 10. Mappatura delle fortificazioni conservate (tratto nero)

69 enrico ravaioli ficile lettura per la continuità d’uso a fini abitativi, a difesa della precedente cinta muraria del castel- è pressochè scomparsa in Terra Vecchia, a esclu- lo, presso un angolo concavo che rappresentava sione di un breve tratto sul versante settentrionale un punto debole dell’impianto difensivo18 e che in in prossimità della Rocca; la parte alta delle mura, precedenza risultava sguarnito. Articolato su due culminante con tracce di apparato a sporgere, con livelli oltre alla battagliera sommitale, il puntone ogni probabilità è da ricondurre alla fine del XV presentava in origine una gola aperta sul retro19, secolo e quindi contemporanea alla fase di trasfor- mentre rivolge la cuspide in direzione della Rocca, mazione della Rocca, mentre una piccola sezione unica direzione da cui poteva giungere un attacco della base conserva ancora elementi che lasciano diretto da parte di artiglierie nemiche. Il puntone ipotizzare un’origine più antica. La porzione di non costituiva solo una difesa passiva ma era do- prospetto murario in oggetto (Campione 1) presen- tato di alcune postazioni di tiro costituite da bom- ta una tessitura irregolare organizzata in filari sub- bardiere a raggiera, feritoie circolari strombate sia orizzontali tra loro paralleli, con sdoppiamento all’interno sia all’esterno20, prive di mira e quindi dei corsi. La muratura, realizzata prevalentemente destinate al tiro di sbarramento21 e di fiancheggia- in pietra, presenta tuttavia l’utilizzo di materiale mento a difesa della cortina muraria precedente; estremamente eterogeneo, dove conci di pietra are- delle due feritoie poste al piano terra solo quella naria sono alternati a ciottoli fluviali e blocchi di nord è conservata interamente, mentre la presenza conglomerato naturale, con l’uso sporadico di mat- di quella sud è testimoniata da poche tracce nel pa- toni per regolarizzare i corsi (fig. 11). Allo stato at- ramento murario. Ulteriori bocche da fuoco dove- tuale della ricerca non è stato possibile ricondurre vano trovarsi a livello della battagliera, al di sopra il paramento in oggetto a una cronologia assoluta, dei beccatelli, come testimoniato dalle tracce di una né tantomeno proporre confronti in quanto si tratta di un unicum nell’edilizia storica della zona, dove il laterizio è il materiale predominante.

Fig. 11. Particolare del Campione 1

In tale situazione è tuttavia ancora possibile indi- viduare alcuni elementi caratteristici dell’architet- tura fortificata, utili a creare una precisa mappatura delle strutture conservate.

Il puntone che difende l’angolo nord-ovest del- Fig. 12. Puntone la cinta difensiva di Acquaviva presenta stringenti analogie con le due torri pentagonali della Rocca e pare quindi opportuno assimilarlo a queste ultime, 18 Cassi Ramelli 1964, pp. 234-235. sia per tipologia sia per cronologia di riferimento, 19 Mauro 2002a, p. 102. tanto da porre le opere difensive nella medesima 20 fase costruttiva (fig. 12). Pare possibile affermare Cassi Ramelli 1964, p. 332. 21 che il puntone sia stato realizzato nel XIV secolo Mauro 2002a, p. 112.

70 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata ghiera circolare. In considerazione del fatto che le La seconda torre, posta in prossimità dell’attua- bombardiere a raggiera sono in genere ascrivibili al le Porta da Bora, è stata con ogni probabilità in- XV secolo22, pare evidente che siano state aggiun- globata da edifici privati e non ne rimane traccia te al puntone trecentesco in un secondo momento evidente. e poste in relazione al più ampio progetto di am- Proseguendo lungo il perimetro di Terra Vecchia, modernamento del castello di Acquaviva avvenuto la c.d. Torre dell’Orologio, malgrado l’attuale nel corso dell’ultimo quarto del XV secolo, a cui aspetto dovuto a interventi ottocenteschi testimo- appartiene anche l’ampliamento rappresentato da niati dalla lapide murata alla base della torre e data- Terra Nuova; le medesime feritoie circolari compa- ta 1811, tradisce un’origine spiccatamente medie- iono infatti anche nelle difese di quest’ultima, ma vale, nell’ambito dell’architettura difensiva tipica in questo caso in fase con la costruzione dell’im- di un orizzonte due-trecentesco24. I rimaneggia- pianto difensivo. menti ottocenteschi hanno comportato la mancata La cinta muraria di Terra Vecchia a est del pun- conservazione del coronamento originario, sosti- tone era difesa da altre due torri, così come testi- tuito con la realizzazione dell’apparato a sporgere moniato dall’incisione di Marsili (fig. 2), che allo e del campaniletto a vela di gusto neogotico; allo stato attuale non sono conservate. La prima torre stesso intervento sono associabili anche le aperture doveva trovarsi nei pressi del puntone, nella zona ogivali e l’addizione della scarpa alla base del pro- retrostante alla residenza comunale e da notizie spetto orientale (fig. 13). A un’attenta analisi tutta- raccolte in loco pare sia stata demolita prima del via la Torre dell’Orologio conserva ancora alcuni XIX secolo per permettere lo sviluppo della viabi- elementi che permettono di formulare un’ipotesi lità attuale. Tale ipotesi pare avvalorata dall’assen- sulla funzione originaria della struttura. In primo za della torre nella cartografia catastale pontificia luogo è importante notare la posizione topografi- del 181523. ca della torre nel contesto urbano di Acquaviva, ubicata alla base di via Marziale nelle immediate adiacenze della sella compresa tra i due colli forti- ficati, ovvero sul limite estremo di Terra Vecchia. La lettura degli elevati della torre ha evidenziato la presenza di due diverse aperture ora tamponate, una posta sul prospetto ovest e l’altra, al medesimo livello su quello nord; mentre la prima è identifica- bile con l’accesso alla torre, posto al primo piano per motivi difensivi, la seconda sembra di incerta funzione, forse connessa alla lesione nel paramen- to murario limitrofo che pare attestare la demoli- zione di un settore di mura. Dagli elementi emersi dall’analisi pare plausibile l’ipotesi che l’apertura nord, rivolta su via Marziale, servisse come colle- gamento tra la cinta muraria del castello e la torre che difendeva una porta ormai scomparsa a essa connessa. Il versante meridionale del centro storico, tra Porta da Sole e Porta di Piazza, conserva una torre rompitratta in parte inglobata da edifici moderni. La torre sud-ovest, riportata nell’incisione del Marsili (fig. 2), restaurata di recente e attualmente Fig. 13. Torre dell’Orologio sede del Polo Culturale di Acquaviva Picena25,

22 24 Ibid. Mauro 2002a, p. 102. 23 Vd. De Cesare in questo volume, fig. 9, 25 Palazzo Celso Ulpiani.

71 enrico ravaioli

merli c.d. “a coda di rondine” di cui si conserva traccia nella muratura dell’ultimo piano (figg. 14- 15). L’analisi degli elementi costitutivi della torre permette di delinearne una datazione di massima. In primo luogo è da escludere che la torre sia ascrivibile al Rinascimento, dato che l’elevata altezza e la presenza dei merli rappresentano elementi anacronistici nell’ambito del periodo di transizione26; tale ipotesi è sostenuta dalla presenza di una bombardiera a raggiera alla base della torre, realizzata in frattura nel paramento murario e quindi posteriore alla costruzione originaria della torre, pone quest’ultima quindi prima del XV secolo. Inoltre la presenza di merli, diffusi a partire dall’XI-XII secolo27, e la concomitante assenza di apparato a sporgere, largamente presente nell’architettura fortificata a partire almeno dalla prima metà XIV secolo28, delimitano un orizzonte cronologico bassomedievale. Alcuni elementi indiretti di carattere topografico contribuiscono a definire con maggiore precisione una possibile datazione: la torre si pone a difesa della cinta muraria trecentesca del castello, presumibilmente in fase con quest’ultima e quindi pressochè coeva

Fig.g 14-15. Torre sud-ovest e particolare della merlatura (sopra) presenta trasformazioni che ne hanno alterato in Fig. 16. Porta da Sole parte la fisionomia, mantenendo tuttavia alcuni elementi utili alla corretta comprensione del 26 Cassi Ramelli 1964, p. 332. fortilizio. La torre, a base quadrangolare, era 27 posta in aggetto rispetto alle mura cittadine sulle Ivi, p. 253; Cassi Ramelli 1970, p. 31. 28 quali svettava, culminata da un coronamento di Cassi Ramelli 1964, pp. 254-256.

72 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

restauro che ne hanno alterato l’aspetto originario ricreando parte dell’apparato a sporgere30. La por- ta, preceduta da una ripida rampa e difesa da una saracinesca di cui si conservano tuttora i binari verticali, è posta in posizione avanzata rispetto alla cinta muraria, sintetizzando sia la funzione di torre rompitratta sia di baluardo angolare. La posizione particolare non è di certo casuale, ma accuratamen- te pianificata in modo da conformare l’ingresso a curva a gomito, espediente progettato per spezzare l’impeto degli assalitori, già rallentati dalla rampa in salita e dalle difese passive della porta. Mentre le fortificazioni di Terra Vecchia si confi- gurano come un insieme disomogeneo di elementi difensivi realizzati nell’ambito della tradiziona- le architettura militare del Medievo, sebbene con alcuni limitati interventi rinascimentali, le difese di Terra Nuova rientrano in un progetto unitario e omogeneo, connesso all’ampliamento del centro abitato. Le torri e le cortine murarie di Terra Nuo- Fig. 17. Porta da Sole: particolare del fregio vegetale che bordeggia va che ancora si conservano testimoniano inoltre l’arco a sesto acuto come i nuovi principi dell’architettura e dell’inge- gneria militare del periodo della transizione siano alla più antica fase riconoscibile della Rocca, al stati recepiti ancora una volta e applicati coerente- puntone di nord-ovest, alla c.d. Torre dell’Orologio mente come nel caso della Rocca. Il tracciato delle e a Porta da Sole. è inoltre certo che queste difese mura e la posizione delle torri permettono infatti siano precedenti rispetto agli apprestamenti un controllo completo del territorio circostante e fortificati di Terra Nuova, ascrivibili alla fine del un eventuale tiro di fiancheggiamento in caso di XV secolo. assalto, sebbene la distanza tra le torri paia troppo L’ingresso meridionale del castello è difeso da elevata rendendo di difficile attuazione una effica- Porta da Sole, nota anche come Porta Vecchia o Por- ce difesa reciproca. La realizzazione di Terra Nuo- ta Gotica (fig. 16). La struttura difensiva si configu- va prevede l’apertura di due nuove porte, Porta da ra come una torre portaia a unico fornice, inquadra- Bora sul versante nord e Porta di Piazza su quello to da un arco a sesto acuto decorato con un fregio meridionale, entrambe affacciate sulla medesima vegetale (fig. 17), sul modello delle porte urbiche piazza che occupa la sella posta tra i due colli. di Fermo, con particolare riferimento a Porta San Porta di Piazza allo stato attuale non conserva Giuliano e Porta Santa Caterina, pertinenti all’am- particolari apprestamenti che ne rivelino l’origi- pliamento delle difese cittadine voluto dall’impe- ne difensiva, se si esclude la conformazione stes- ratore svevo Federico II tra il 1241 e il 1254. Tale sa della struttura (fig. 18). Viene infatti riproposto tipologia di porta si pone tuttavia, nell’ambito del il principio già adottato in precedenza nel caso di contado fermano, in un orizzonte cronologico tre- Porta da Sole, ovvero la realizzazione di un pas- centesco. Oltre ai confronti citati, Porta da Sole tro- saggio coperto dallo sviluppo planimetrico curvi- va riscontri stringenti in Porta Levante a Mogliano lineo e dall’accentuata pendenza. Nella realizza- (MC), Porta San Basso a Monterubbiano (AP) e zione di Porta di Piazza la precedente esperienza Porta San Nicolò a Montegiorgio29 (AP). Rispetto viene perfezionata, mantenendo alcuni elementi ai modelli fermani Porta da Sole presenta un mi- nelle forme già note e accentuandone altri: ritor- nore slancio verticale, a causa degli interventi di na infatti l’espediente della rampa che precede il

29 30 Mauro 2002a, pp. 98-99. Tomei 2002, pp. 69-70.

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re realizzata all’incirca nel medesimo periodo (fig. 19). Sull’effettiva origine della porta in questione è possibile esprimere alcune perplessità, in quanto compare nomina- ta solo in documenti piutto- sto recenti, tanto da indurre a pensare che l’attuale Porta di Bora non sia effettivamente una ricostruzione ottocentesca dell’originale, ma che possa addirittura trattarsi di un fal- so storico di gusto romantico, costruita per favorire il traffico veicolare. L’analisi dell’inci- sione del Marsili (1708, fig. Fig. 18. Panoramica di Porta di Piazza 2) d’altra parte pare sostene- fornice, ma in questo caso la rampa prosegue in re tale ipotesi, in quanto evidenzia che nei pressi salita all’interno, fino al piano della piazza; si ripe- dell’attuale Porta da Bora è assente sia un varco te inoltre il tracciato a curva a gomito per spezzare nelle mura, sia una strada che nel caso possa ser- l’impeto della carica, raddoppiato per aumentare virla. La torre nord, adiacente a Porta di Bora, al l’effetto difensivo. Infine, l’allungamento della contrario, appartiene alla fase originaria della fine corte interna compresa tra i due ingressi amplifica del XV secolo, come si può desumere dai caratteri ulteriormente il sistema, oltre a creare una sovra- architettonici peculiari del principio dell’epoca di stante battagliera molto ampia. transizione; un confronto stringente del particolare Di Porta da Bora non rimane testimonianza se apparato a sporgere trilobato è rintracciabile in una non nel rifacimento della stessa, attuato nel corso torre del vicino centro costiero di . La del XIX secolo31, affiancata a ovest da una- tor torre, che nel contesto attuale ha perso l’origina- ria funzione di rompitratta, è provvista di una base a scarpa poco accentuata, forse in par- te coperta dall’attuale livello stradale, priva di cordonata e caratterizzata da beccatelli polilobati sormontati da ar- chetti pensili che completano l’apparato aggettante; non ri- sulta visibile alcuna bocca da fuoco. La torre nord presenta ca- ratteristiche formali simili alle restanti due torri di Terra Nuova, poste rispettivamente nel vertice nord-est della cin- ta e lungo la cortina sud della stessa sud. Tuttavia, mentre Fig. 19. Porta da Bora e la torre nord sul piano formale le difese passive costituite da apparato 31 Mauro, Tomei 2002, p. 158. a sporgere e base a scarpa ri-

74 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata sultano elementi ricorrenti e omogenei per caratte- ristiche in tutte e tre le torri, esiste una sostanziale differenza dovuta alla diversità di funzione che si riflette sulla disposizione e sulla tipologia delle di- fese attive rappresentate dalle bocche da fuoco. La torre sud-est, adiacente al successivo Ex-Ospedale di Sant’Anna32, presenta una bombardiera a rag- giera per il tiro di fiancheggiamento a difesa delle mura, assimilabile a quelle già ricordate e presen- ti nel puntone e nella torre sud di Terra Vecchia e ascrivibili al XV secolo33, funzionale alla necessità di difendere le mura da un attacco ravvicinato (fig. 20). Al contrario la torre di nord-est è caratterizzata dalla presenza di una feritoia orizzontale ascrivi- bile per tipologia al XVI secolo34, evidentemente

Fig. 20. Torre sud-est

Fig. 22. Fortezza a Mare

Fig. 20. Torre sud-est a Mare rappresenta il secondo nucleo difensivo del castello di Acquaviva. Pare interessante notare la aggiunta alla torre della fine del XIV per permette- presenza di un grande arco nella parte retrostante re una migliore difesa della stessa e dell’area circo- della fortificazione, elemento che induce a stante, grazie al maggiore arco visivo rispetto a una ipotizzare una torre a gola aperta piuttosto che una bocca da fuoco verticale (fig. 21). “fortezza” vera e propria; è evidente che si trattasse Assimilabile per tipologia alle torri poste a di un’ulteriore torre della cinta muraria, sebbene difesa della cinta muraria di Terra Nuova, ma di proporzioni maggiori rispetto alle altre. I certamente maggiore per proporzioni, la Fortezza caratteristici elementi architettonici ricorrenti nelle altre torri di Terra Nuova compaiono anche nella Fortezza a Mare (beccatelli trilobati, cordonata, 32 Ravaioli, Vecchietti 2007a, pp. 222-226; Iid. 2007b, pp. 129-131. base a scarpa), oltre a tre feritoie orizzontali 33 Mauro 2002a, p. 112. ancora visibili nel paramento murario rivolto verso 34 Ibid.. est e verso sud. La prima bocca da fuoco, posta

75 enrico ravaioli al di sotto della cordonata, trova uno stringente Evoluzione urbanistica confronto con quella presente nella torre nord- di un centro medievale est, anch’essa quadrangolare e sormontata da un piccolo architrave di pietra, oltre che con le tre Illustrati gli elementi costitutivi delle fortificazioni che servono la battagliera del mastio della Rocca. di Acquaviva, pare ora necessario analizzare il Le restanti due, poste al di sopra della cordonata contesto urbano a cui tali opere difensive sono e ormai in disuso, sono definite da una ghiera di connesse. Il centro abitato di Acquaviva Picena è mattoni disposti ad arco a sesto ribassato, variante localizzato su un crinale appenninico a circa 7,5 che non trova confronti ad Acquaviva. Della km dal Mare Adriatico, sulla sinistra idrografica battagliera, che in origine doveva essere provvista del fiume Tronto, compreso tra il torrente Albula di copertura35, si conservano pochi elementi in a nord e il Rio Ragnola a sud. Il centro storico originale, ma il rimando al mastio della Rocca in particolare occupa interamente un rilievo appare evidente (fig. 22). del crinale, costituito da due poggi e dalla sella compresa tra essi. La posizione dominante rispetto

Fig. 23. Panoramica del centro storico di Acquaviva Picena da sud: a sinistra il poggio della Rocca, a destra quello di Terra Nuova

Fig. 24. Ripresa satellitare del centro storico di Acquaviva Picena

35 Mauro, Tomei 2002, p. 157.

76 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

Fig. 25. Localizzazione degli scantinati e dei sotterranei ricogniti

al territorio circostante e la conformazione del attestando al contrario la costante e diffusa presenza luogo hanno contribuito alla scelta del sito come del banco arenaceo su cui dovevano impostarsi le insediamento fortificato (figg. 23-24). Il rilievo difese (fig. 25). più elevato, posto a chiusura della direttrice di Una fonte indispensabile per la ricostruzione crinale a ovest, è occupato dalla mole della Rocca a dell’assetto medievale dell’abitato è costituita partire da cui si sviluppa l’abitato di Terra Vecchia, dallo studio della cartografia moderna, a partire articolato in due parti: la parte alta costruita su dall’incisione di Luigi Ferdinando Marsili fino terrazzamento dai bordi scoscesi e la parte bassa alle mappe del Catasto Pontificio ottocentesco, che a occupare il versante digradante della sella. restituisce un’immagine del tessuto urbano di Ac- L’abitato si imposta inoltre su un banco roccioso quaviva in un periodo precedente alla radicali tra- costituito da arenaria estremamente friabile ma sformazioni avvenute a partire dalla seconda metà compatta, materiale che consente di realizzare del XX secolo. ambienti e gallerie sotterranee con lavori di scavo di L’aspetto del castello di Acquaviva e il suo as- semplice esecuzione. Dal centro pianeggiante della setto urbanistico nel corso del Medioevo rappre- sella fino a risalire sul secondo poggio si sviluppa sentano elementi che ancora sfuggono alla nostra Terra Nuova, dominata dalla Fortezza da Mare. La comprensione, benchè sussistano alcuni indizi che descrizione della morfologia del terreno rispecchia possono esserci d’aiuto nella formulazione di ipo- in linea di massima quella che deve essere stata tesi ricostruttive. In tal senso le fonti scritte rive- la direttrice di sviluppo, nonché la sequenza stono un’importanza particolare, poiché sono pres- urbanistica del centro storico. Nel tentativo di sochè le uniche fonti documentarie conservate che illustrare un’ipotesi ricostruttiva dell’assetto del possono fornirci elementi utili alla ricostruzione di castello e delle sue trasformazioni nel corso del Acquaviva nel Medioevo. La prima attestazione Medioevo e del Rinascimento è stato ritenuto della località Acquaviva pare risalire al 94737, ben- opportuno servirsi di una serie eterogenea di fonti chè il documento contenuto nel Chronicon Farfen- informative, a partire dal dato materiale derivante se sembri piuttosto indicare una località nella val- dallo studio degli elementi difensivi conservati di le del Fiume Chienti38 e quindi non identificabile Acquaviva, dall’analisi della morfologia del sito con il centro urbano attuale; anche le successive e del tessuto urbano e infine delle testimonianze menzioni, pur essendo di maggiore pertinenza, non desunte dalle fonti scritte36, incrociando i dati permettono tuttavia un’identificazione inequivo- in modo da delineare un profilo ipotetico dello cabile39. In particolare si tratta di due documenti sviluppo urbano. La ricerca ha previsto anche la datati 1034 e 1038 in cui compare rispettivamen- ricognizione di una campionatura di scantinati te il toponimo Aqua Viva e Aquaviva che tuttavia, e sotterranei dell’abitato, senza tuttavia rilevare tracce evidenti di fortificazioni in disuso ma 37 Nepi 1982, pp. 160-161, 623-625.

38 Mauro, Tomei 2002, p. 138.

36 39 Vd. anche il contributo di S. De Cesare in questo volume. Nepi 1982, pp. 162-172.

77 enrico ravaioli

Fig. 26. Fase I, frequentazione altomedievale dell’altura più elevata

Fig. 27. Fase II, castello de Aqua Viva. Ipotesi di sviluppo urbanistico a causa della diffusione del toponimo nell’area, caso rinvenuto nel corso di scavi archeologici44, difficilmente possono essere identificabili con il che hanno evidenziato la presenza di un’occupa- centro abitato attuale40. La prima attestazione do- zione altomedievale (Fase I; fig. 26) del sito su cui cumentaria certa del toponimo riferibile all’attuale attualmente insiste la Rocca rinascimentale. Gli Acquaviva risale quindi al 1039, benchè anche in scavi archeologici condotti dal Dipartimento di tal caso sussistano pareri discordanti41; in tale data Archeologia dell’Università di Bologna all’inter- comunque Longino di Azone donò all’Abbazia di no della Rocca (2005-2006) hanno infatti portato Farfa alcuni beni di sua proprietà, tra cui la sua al rinvenimento di materiale ceramico databile al parte del «castello de Aqua Viva»42. L’attestazione IX-X secolo, attestando un’occupazione del sito in del castello nell’XI secolo si pone quindi in linea età altomedievale sebbene in forme che allo stato con il periodo più florido dell’incastellamento mar- attuale delle ricerche sfuggono alla nostra com- chigiano (X-prima metà XI secolo), caratterizzato prensione45. da un modello consolidato in cui il fortilizio si im- Gli scavi archeologici hanno inoltre portato posta su un precedente insediamento43, nel nostro all’individuazione di una struttura muraria che, per caratteristiche tecniche e posizione peculiare sulla sommità del punto più elevato della zona, potreb-

40 be essere riconosciuta come una primitiva opera Bernacchia 2002, pp. 320-321.

41 Bernacchia 2002, p. 320.

42 Nepi 1982, pp. 178, 640. 44 43 Vd. anche il contributo di A. Baroncioni in questo volume. Bernacchia 2002, p. 169; Minguzzi, Moscatelli, Sogliani 45 2003, p. 598; Antongirolami 2005. Ravaioli, Vecchietti 2007b, pp. 126-127.

78 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

Fig. 28. Fase III, Girone e borgo al 1280. Ipotesi di sviluppo urbanistico (al tratto il perimetro del circuito murario, a retino l’area dell’abitato) di fortificazione dell’area (XI secolo circa), forse affiancano alcuni dati materiali di natura architet- identificabile con il castello menzionato nel 1039, tonica. Nel 1280 e nel 1291 sono nominati il borgo la cui consistenza materiale non è attualmente (un insediamento limitrofo ma esterno a un castello nota. Le strutture murarie rinvenute, costituite da e quindi generalmente privo di difese), e il girone un muro in ciottoli legati da malta, tagliano strati (l’abitato cinto da un circuito murario, prossimo al che restituiscono materiale anteriore all’XI seco- cassero ma diviso da quest’ultimo da apprestamen- lo; è possibile ipotizzare che la struttura muraria ti difensivi) del castello di Acquaviva48 e, benchè appartenesse alle prime fasi di fortificazione del non sia ricordata in modo esplicito, è ipotizzabile sito, anche in considerazione del notevole spes- che esistesse ancora una fortificazione sommitale, sore del muro46. è probabile che solo l’area som- caposaldo del sistema difensivo (Fase III; fig. 28). mitale fosse munita di strutture difensive in mu- Rispetto alla precedente Fase II, nel XIII secolo il ratura, mentre allo stato attuale della ricerca non castello di Acquaviva dovette conoscere uno svi- risulta possibile individuare nessun’altra struttura luppo demografico tale da imporre non solo un am- appartenente al castello (Fase II; fig. 27). La forma pliamento dell’insediamento, ma anche un’artico- più antica ed elementare di difesa è rappresentata lazione precisa degli elementi che lo costituivano. dall’arroccamento in posizione elevata, fattore che Troviamo infatti la presenza di un primo nucleo in- si dimostra favorevole sia in ambito difensivo, sia sediativo fortificato (il girone) e di un ampliamen- per il controllo del territorio circostante. Tale prin- to esterno a carattere abitativo (il borgo), elementi cipio venne mantenuto nel corso dei secoli, anche menzionati come costitutivi del castello in modo a seguito dell’introduzione di nuove tecnologie e unitario ma comunque distinti, a caratterizzarne la tecniche militari, tanto che i trattati di ingegneria diversa natura e funzione. La mancata conserva- militare rinascimentali sostenevano che il requisi- zione di strutture difensive non permette di indivi- to fondamentale per la costruzione di una fortifica- duare con certezza l’estensione e la conformazione zione fosse rappresentato dal contesto morfologico del castello della Fase III, tuttavia l’analisi della a cui il fortilizio doveva adattarsi, assecondandone morfologia del sito e del tessuto urbano suggeri- le forme. Resta ovvio che non meno importante sce che il girone, ovvero il nucleo abitativo forti- era la scelta del luogo, tenendo debito conto dei ficato, possa essere localizzato nell’area compresa possibili vantaggi difensivi concessi dalla natura tra le attuali piazza della Libertà, via Pietro Assal- del terreno47. ti e piazza San Rocco. L’area si configura come Nella fase centrale del Medioevo la vita del ca- un terrazzamento pressochè pianeggiante posto a stello è meglio attestata dalle fonti scritte, a cui si mezza costa tra la sommità occupata dalla Rocca e la sella tra i due rilievi di Acquaviva, ora piazza Risorgimento; i fianchi tuttora scoscesi rendono il

46 Ibid.

47 48 Franchetti Pardo 2001, p. 348. Nepi 1982, pp. 188, 197.

79 enrico ravaioli sito naturalmente munito e di facile difendibilità. Il zio che vi si sovrappongono; è quindi ipotizzabile girone, all’interno del quale sarebbe quindi sorta la che possa trattarsi di un tratto conservatosi della chiesa di San Rocco, di forme romaniche e ascri- cinta muraria del girone. vibile al XIII secolo, era probabilmente dotata di Nel 1325 il castello, il cassero (ridotto fortificato un accesso localizzabile alla confluenza di via Pie- interno al castello, che a sua volta poteva conte- tro Assalti con via Marziale, in corrispondenza del nere il palatium residenziale e la torre maestra o passaggio coperto che ancora si conserva, riportato mastio) e il girone compaiono menzionati nell’atto anche nell’incisione di Marsili secondo un’icono- di vendita da parte di Francesco d’Acquaviva in grafia simile a quella utilizzata per Porta di Piazza favore di Fermo49 (Fase IV; fig. 29). Quest’ultimo (fig. 2). Il borgo quindi si sarebbe sviluppato lungo documento risulta di estrema importanza in quan- il pendio, disposto ai due lati della direttrice stra- to appare evidente che i termini cassero e girone dale ora nota come via Marziale. Si noti che la base non vengano utilizzati, come spesso accade, come delle mura settentrionali, in adiacenza con il varco sinonimi, ma assumono una valenza propria, a de- carrabile aperto nel 1908, presentano un paramento scrivere una realtà di fatto, come d’altra parte era murario realizzato in ciottoli, conci di pietra e late- necessario in un atto di vendita. Il termine casse- rizi frammentati, ascrivibile a una fase precedente ro può infatti avere vari significati a seconda del alla costruzione delle mura trecentesche in lateri- contesto, identificandosi anche con il girone, ma in

Fig. 29. Fase IV, Cassero e girone al 1325. Ipotesi di sviluppo urbanistico (al tratto il perimetro del circuito murario, a retino l’area dell’abitato, in rosso le principali strutture difensive conservate)

Fig. 30. Porte e varchi di Acquaviva

49 Ivi, p. 200.

80 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

Fig. 31. Fase V, La Rocca, Terra Vecchia e Terra Nuova alla fine del XV secolo. Ipotesi di sviluppo urbanistico (al tratto il perimetro del circuito murario, a retino l’area dell’abitato, in rosso le principali strutture difensive conservate) linea di massima indica il ridotto fortificato, sino- di una cortina muraria che vi si addossava e che nimo di arx, rocca e dongione, ovvero la struttura venne poi demolita in concomitanza con l’addizio- difensiva posta in posizione elevata rispetto al resto ne di Terra Nuova e la costruzione di Porta di Piaz- del castrum a costituire un punto di avvistamento, za e, ammessa una sua ipotetica esistenza, di Porta di controllo del territorio, di estrema resistenza in di Bora (fig. 30). caso di attacco e di ostentazione del potere50. Nel La ricostruzione dell’assetto urbanistico di Ter- tentativo di ricostruire il profilo del castello in que- ra Nuova non presenta significative difficoltà, in sta fase concorrono anche dati di natura architetto- quanto le principali attività edilizie di ambito mi- nica, derivanti dall’analisi degli elementi difensivi litare sono testimoniate da un cospicuo numero di della cinta muraria e della Rocca. A tale fase dob- documenti d’archivio. In particolare la costruzio- biamo far risalire la costruzione delle mura conser- ne della cinta fortificata è da porsi tra il 1486 e il vate in parte fino a ora, databili indicativamente al 149452, anticipata forse nel 1486 da un «disigno» XIV secolo, così come la Rocca che presenta al- per l’ampliamento di Acquaviva a opera di Apol- cuni elementi similari. La datazione degli elemen- lonio di Gianfilippo Guerrieri, da intendersi come ti difensivi di Acquaviva al momento è possibile un progetto voluto dal governo fermano53. L’ulti- esclusivamente su base tipologica, confrontandoli ma struttura fortificata realizzata a completamento con quelli presenti a Fermo, principale centro forti- dell’apparato difensivo è rappresentata dalla rocca ficato dell’area e riferimento politico di Acquaviva minore, nota anche come “fortezza a Mare”, costru- a partire dal primo quarto del XIV secolo. A questo ita sul rilievo giustapposto a quello della Rocca. La periodo o di poco posteriore è la costruzione, o ri- rocca minore, iniziata con ogni probabilità a parti- costruzione, della Rocca sulla sommità del colle, re dal 1486, contestualmente al complesso di Terra forse edificata per volontà di Antonio di Acquaviva Nuova, venne terminata nell’arco di un decennio e († 1395) nell’ultimo ventennio del XIV secolo51. menzionata nel 149554 e nel 149955. Le due rocche Un ulteriore ingresso doveva trovarsi alla base acquavivane vennero «buttate a terra» dai fermani dell’asse stradale che attraversava il castello lon- nel 1503, ma la notizia della presunta distruzione gitudinalmente seguendo la pendenza del crinale è da interpretare piuttosto con un parziale disarmo da monte verso valle, coincidente con l’attuale via delle strutture fortificate, oppure di danneggiamen- Marziale, in adiacenza con torre nota come “Tor- re dell’Orologio”; le tracce visibili nella muratura della torre possono essere associabili alla presenza 52 Ivi, p. 146. 53 Ivi, p. 148.

50 54 Betti, Settia 1993, p. 393; Settia 2000, p. 301. Ivi, p. 153.

51 55 Mauro, Tomei 2002, pp. 153-154. Nepi 1982, p. 311.

81 enrico ravaioli ti successivi a un attacco esterno56. Il quesito che tro fortificato in quota per poi scendere lungo la rimane aperto è costituito dalla relazione cronolo- dorsale del crinale. gica tra la costruzione delle mura di Terra Nuova e Nel caso di Terra Nuova si osserva al contrario l’insediamento al suo interno; sebbene non ci siano una chiara programmazione degli interventi co- prove documentarie, né tantomeno materiali, è da struttivi, con una regolamentazione degli spazi ipotizzare che la costruzione della cinta muraria pubblici e privati. Benchè la morfologia del sito alla fine del XV secolo andasse a circoscrivere una imponga allo sviluppo dell’abitato limiti fisici ben situazione insediativa già consolidata (Fase V; fig. precisi e tutt’altro che regolari, lo spazio interno 31), un’espansione urbana esterna alle mura del ca- risulta ottimizzato con un bilanciato equilibrio tra stello di Terra Vecchia, in quanto il circuito della viabilità pubblica ed edilizia privata, risultato di cinta muraria è essenzialmente da intendersi come un intervento programmatico da parte di un’auto- il prodotto della forma della città e della morfolo- rità forte come quella del governo di Fermo. Al gia del luogo dove sorge57, così come postulato alla medesimo progetto urbanistico è da attribuire la metà del XV secolo circa da L.B. Alberti nel De re costruzione della chiesa dedicata a San Nicolò, aedificatoria. L’origine di tale ampliamento è forse realizzata a partire dalla fine del XV e completa- da ascrivere al periodo successivo alla conquista ta verso la seconda metà del XVI60, giunta fino ai di Acquaviva da parte di Fermo nel 144758: Terra nostri giorni nell’ampliamento ottocentesco che, Nuova è infatti caratterizzata da uno sviluppo piut- alterando i volumi originali, impedisce una cor- tosto regolare, articolato lungo assi viari paralleli retta lettura delle mura in un settore significativo che delimitano isolati rettangolari, elementi che come quello della piazza centrale di Acquaviva. Il tradiscono l’esistenza di una pianificazione urba- medesimo intento può essere osservato nella co- nistica piuttosto che il consolidamento di uno stato struzione delle mura e delle torri di Terra Nuova, di fatto. Anche a una prima sommaria analisi risul- intesa come realizzazione di un progetto unitario ta infatti evidente che l’espansione di Terra Nuova e come tale caratterizzata dagli stessi elementi ti- non possa essere associata a quella già avvenuta pici dell’architettura militare (Fase VI; fig. 32). Il a Terra Vecchia, sviluppatasi nel corso del tempo consolidamento del dominio fermano ad Acqua- lungo una direttrice stradale ma in modo sponta- viva si manifesta dunque con un duplice progetto neo, come spesso accade nei centri medievali59, di ammodernamento del castello, posto al confine priva di una regolamentazione urbanistica, con una con i territori ascolani, che interessa sia l’apparato conquista progressiva degli spazi a partire dal cen- difensivo, sia il tessuto insediativo.

Fig. 32. Fase VI, La Rocca, Terra Vecchia e Terra Nuova alla fine del XV secolo. Ipotesi di sviluppo urbanistico (al tratto il perimetro del circuito murario, a retino l’area dell’abitato, in rosso le principali strutture difensive conservate)

56 Ivi, p. 312.

57 Franchetti Pardo 2001, p. 346.

58 Nepi 1982, p. 293.

59 60 Guidoni 1991, pp. 6, 35. Nepi 1982, p. 529.

82 Il castello tra urbanistica medievale e architettura fortificata

Conclusioni vece necessario concedere spazio allo sviluppo ur- bano; altrettanto significativa è la concessione, da- La tradizionale articolazione dell’abitato in due tata 1742, di aprire varchi nelle mura settentrionali settori rispecchia non tanto una separazione fisica di Terra Nuova63. Le mura cittadine in età moderna tra Terra Vecchia e Terra Nuova, quanto piuttosto e contemporanea si rivelano dunque come un osta- la netta distinzione ideologica tra lo sviluppo spon- colo allo sviluppo dell’abitato. L’incisione di Mar- taneo della medievale Terra Vecchia e quello piani- sili del 1708 è nuovamente una valida testimonian- ficato della rinascimentale Terra Nuova. za per lo studio del passato di Acquaviva, in quanto Le ricerche effettuate nell’ambito del progetto testimonia l’occupazione di gran parte del circuito hanno evidenziato come le trasformazioni più si- murario da parte di abitazioni private64, elemento gnificative subite dal tessuto urbano siano avve- che almeno in due occasioni, nel 1447 e nel 1487, nute solo in tempi recenti, a partire dalla seconda permise l’ingresso degli assedianti all’interno del metà del XX secolo, mentre in precedenza l’abi- castello attraverso abitazioni addossate alle mura65. tato medievale e rinascimentale aveva sostanzial- Al contrario, alla Rocca veniva riconosciuta an- mente mantenuto le forme originali, così come la cora una qualche dignità, se si assiste a interventi di cinta muraria del castello, demolita e obliterata in restauro nel 153566 e nel 173567; doveva trattarsi di più tratti ma per lo meno ricostruibile nel perime- un preciso interesse conservativo che rientrava nel- tro. In sintesi è corretto sostenere che malgrado si la logica del costante rafforzamento dei confini del- possa osservare una sostanziale tenuta del tessuto lo Stato di Fermo (di cui Acquaviva costituiva un urbano medievale e rinascimentale, al tempo stesso caposaldo), tanto che nel 1536 i fermani inviarono si denuncia una scarsa conservazione del circuito un funzionario per riferire sullo stato della Rocca, murario: paradossalmente, il contenuto si conser- in modo tale da decidere se fosse stato più oppor- va in condizioni migliori rispetto al contenitore. Il tuno ripararla oppure ricostruirla in altro luogo68. progressivo smantellamento delle mura del castel- lo ebbe inizio con ogni probabilità nel XVI secolo e proseguì nei secoli successivi; si tratta di un fe- nomeno diffuso in tutta la società europea, nelle grandi città tanto quanto nei piccoli centri rurali, giustificato da innumerevoli motivazioni quali la volontà di miglioramento delle condizioni igeni- che, la necessità di ampliamento urbano, il mutato rapporto con il contado, lo sviluppo economico e industriale. Tali giustificazioni tuttavia non avreb- bero potuto cambiare una situazione in essere tanto radicata nella società, se alla base non si fosse ma- nifestata una volontà comune di creare una cesura netta con il passato, caratterizzato appunto dalla “chiusura” fisica e ideologica rappresentata dalle mura cittadine, divenute capro espiatorio di un pro- gresso voluto e atteso61. Un esempio significativo di questa dinamica di disarmo delle difese cittadine risale al 1564, ed è costituito dall’autorizzazione concessa a un privato di costruire al di sopra di una 63 Ivi, p. 348. 62 torre della cinta cittadina . Appare evidente che la 64 Borzacchini 1998, p. 3; Marozzi 1998, p. 19; Mauro, Tomei funzione difensiva delle mura non doveva apparire 2002, pp. 154-155. più così pressante come in precedenza e che era in- 65 Nepi 1982, pp. 233 e nota 35, 254; Mauro, Tomei 2002, p. 145.

66 Nepi 1982, p. 318.

61 67 Varni 2005, p. 9. Ivi, p. 348.

62 68 Nepi 1982, p. 325. Ivi, p. 324.

83 enrico ravaioli

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85

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 87-100

Lo scavo nel complesso dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna

erika vecchietti Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, BraDypUS

Fig. 1. Circuito murario di Acquaviva Picena: tracciato conservato (in grigio scuro) e ipotetico (in grigio chiaro). La campitura in arancio indica l’area dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna (rielaborazione dalla mappa catastale)

Tra il 28 novembre e l’8 dicembre 2005 il Diparti- sentazione della Facoltà di Architettura e Beni mento di Archeologia dell’Università di Bologna1, Culturali (Università “G. D’Annunzio” di Chieti- ora Dipartimento di Storia, Culture, Civiltà, in ac- Pescara), e hanno avuto come fine quello di inda- cordo con il Comune di Acquaviva Picena e la So- gare la stratigrafia archeologica residua ancora in printendenza per i Beni Archeologici delle Marche situ, per giungere a una situazione planimetrica- (Ispettrice archeologa, Dott.ssa Nora Lucentini) mente significativa3. ha intrapreso un’indagine archeologica all’interno All’interno dello stabile le indagini hanno riguar- dello stabile dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna2, sito dato gli ambienti 3 e 4 (fig. 2), e sono state condotte nel settore orientale, o “Terra Nuova”, del borgo con l’intento di chiarire due aspetti fondamentali: acquavivano (fig. 1). 1. l’evoluzione storica della cinta muraria edi- I lavori sono stati condotti ampliando e appro- ficata in conseguenza dell’ampliamento in fondendo un’area di scavo già precedentemente indagata da un’équipe del Dipartimento di Scien- 3 ze, Storia dell’Architettura, Restauro e Rappre- i precedenti lavori si erano infatti interrotti prima del com- pletamento della bonifica archeologica dell’area, preliminare alla realizzazione di lavori di ristrutturazione dello stabile per un cambio di destinazione d’uso. Si sono avute a disposizione 1 Più precisamente il Laboratorio di Topografia, diretto da En- le relazioni di scavo dell’équipe di Chieti-Pescara, parzialmen- rico Giorgi. Del presente contributo è già stata pubblicata una te utilizzati per ricostruire la situazione prima dello scavo. La struttura, come indica chiaramente il nome, è stata edificata nel relazione preliminare in Ravaioli, Vecchietti 2007, pp. 1881 come Ospedale; dopo un recente periodo di inutilizzo, il 2 l’Ospedale di Sant’Anna è un edificio costruito intorno al Comune aveva voluto destinarlo a casa protetta. La ricerca si è 1881 (come si evince dalla documentazione d’archivio) e adibi- avvalsa per quanto possibile, oltre ai dati storico-archeologici, to a ricovero. Tale datazione appare confermata dalla sua pre- delle testimonianze orali sulle più recenti fasi di vita del com- senza nella mappa del 1881 conservata nell’Archivio Storico di plesso, secondo un indirizzo metodologico esposto in Milanese Ascoli Piceno (vd. De Cesare in questo volume, fig. 10). 2005 [2006]. erika vecchietti

Fig. 2. Acquaviva Picena, area dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna: planimetria di fine scavo con evidenziazione delle strutture rinvenute. In grigio, le mura urbiche

direzione est dell’abitato acquavivano (Terra del fabbricato dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna si Nuova), individuata nell’area oggetto di in- trovano in parte inglobate nelle pareti, in parte ra- dagine (ambienti 3-4); sate a livello delle fondazioni delle strutture suc- 2. la destinazione d’uso dell’area posta in cor- cessive, le mura urbiche di Acquaviva. La posizio- rispondenza dell’ambiente 3 (vd. la pianta ne di quest’ultimo all’interno del borgo consente in fig. 2), interessata dalla costruzione, in quindi di avere una testimonianza diretta delle le epoca moderna, di una serie di strutture pro- dinamiche che interessarono la cinta urbana anche duttive (probabilmente legate al ciclo di la- dopo la cessazione della sua utilità difensiva, di- vorazione del laterizio)4 precedenti alla rea- namiche che portarono alla progressiva “privatiz- lizzazione dell’Ospedale di Sant’Anna e da zazione” dei tratti di mura e a un loro successivo esso obliterate. parziale smantellamento. Come già scritto dettagliatamente in preceden- Quanto al primo punto dell’elenco, all’interno za5, l’ampliamento tardo quattrocentesco del bor-

4 ipotesi suffragata dal rinvenimento di copioso materiale la- terizio (intero e in frammenti) utilizzato come riempimento e 5 Vd. il contributo di E. Ravaioli sull’evoluzione del castello e del livellamento dell’area (US 4002), in particolare dell’ambiente 4. borgo in questo volume.

88 Lo scavo nel complesso dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna go acquavivano verso la Terra Nuova assunse un cessità di risarciture a seguito della realizzazione di aspetto razionale e ordinato di fondazione6; lo aperture nel perimetro murario conseguenti all’edi- sviluppo urbano procedette da due tracciati via- ficazione di abitazioni direttamente appoggiate a ri paralleli in senso est-ovest (che collegavano le esso9. Il rischio insito in tale pratica, e, per contro, due sommità del colle), ai quali si aggiungevano i la diffusione della medesima anche in periodi an- percorsi lungo le mura, lasciati obbligatoriamente teriori alla perdita di efficacia difensiva della cinta liberi per le operazioni militari e in caso di assedio. urbica emerge chiaramente da due episodi, avve- Il terreno tra i due tracciati viari venne poi suddi- nuti nel corso del XV secolo, in cui gli assedianti viso in lotti (5,958 m sul fronte strada per 7,447 m utilizzarono, per entrare nel castello, varchi nelle in profondità) destinati a edifici privati7. Dal XVII abitazioni addossate alle mura10. secolo la Rocca e il borgo cinto di mura iniziarono a perdere il loro ruolo difensivo8 e lo spazio imme- diatamente a ridosso delle mura divenne oggetto Lo scavo stratigrafico di occupazione edilizia: sempre maggiori si fanno le concessioni da parte del comune di Fermo, sotto Lo scavo all’interno dello stabile dell’Ex-Ospe- il cui dominio allora Acquaviva era sottoposta, ad dale di Sant’Anna è avvenuto all’interno dei due addossarsi con le abitazioni alla cinta, talvolta fa- vani (3 e 4 in fig. 2) interessati dai lavori edilizi di cendole sporgere all’esterno, e si fa pressante la ne- ristrutturazione. La suddivisione in due vani è stata mantenuta per comodità, in quanto risultante dalla disposizione planimetrica degli spazi dell’Ospeda- le, costruito ad Acquaviva Picena intorno al 1881 e smantellato durante il secolo scorso11.

Al momento dell’inizio dei lavori, l’area di scavo dell’ambiente 4 era già stata parzialmente indagata: era stato messo in luce il settore meridionale del- la cisterna 2 e la testa delle due cortine costituenti le mura urbiche della città (USM 3079 e 4700, in grigio in fig. 2), a lato delle quali era stata aperta una trincea. Era stata inoltre svuotata la cisterna 1 (posta nella porzione nord-orientale dell’edificio), in cui scolava una canaletta individuata nel settore settentrionale dell’ambiente (USM 4011). È apparso immediatamente evidente come le mura urbiche della città fossero costituite, in que- sto tratto, da una doppia cortina prodotta da due di- stinti interventi costruttivi. Contestualmente al se- condo intervento edilizio, finalizzato a raddoppiare lo spessore delle mura, è stata realizzata quella che potrebbe essere identificata come una torre a pianta quadrata. Partendo da questi rinvenimenti, lo sca- Fig. 3. Sezione delle mura della “Terra Nuova”, visibili all’interno della sezione delle murature dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna. Si vo nel fabbricato dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna vede la cortina muraria con andamento a scarpa evidenziata dal- la linea nera (foto ed elaborazione di E. Ravaioli, Ravaioli Vecchietti 2007, fig. 21) 9 Borzacchini 1998, p. 36; Marozzi 1998, p. 19 e nota 33; Tomei 1998, pp. 154-155. 6 Analogo assetto urbanistico regolare nell’ampliamento 10 dell’abitato è riscontrabile nel sito di Monte Copiolo nel Mon- i due episodi sono documentati nel 1447: Nepi 1982, p. 233 e nota 35; Tomei 1998, p. 145 con bibl. prec., e nel 1487: Nepi tefeltro (Ermeti, Sacco, Vona 2008 e 2012; Sacco 2013). 1982, p. 254. 7 Tomei 1998, pp. 154 ss. 11 Seguono trattazione analitica di ciascuno degli ambienti, ma- 8 Marozzi 1988, pp. 13-14, nota 9. trix ed elenchi UUSS (in fondo al contributo).

89 erika vecchietti

L’area di scavo dell’ambiente 3 era stata anch’essa parzial- mente indagata in precedenza: come nel caso dell’ambiente 4, era stata scavata una trincea che correva a lato delle mura ur- biche, di cui era stata messa in luce la parte superiore. La vasca 1 era stata parzialmente svuotata come la vasca 2, di cui era stata asportata una parte del riempi- mento. La struttura stratigrafica- mente più alta, oltre l’Ospedale, appariva evidentemente costitu- ita dalla canaletta USM 3083. La stratigrafia residua si con- Fig. 4. Una delle due fornaci individuate nell’ambiente 3 centra intorno ai resti di una for- nace (fig. 4), in parte obliterata ha aperto nuovi problemi sulla cronologia e le fasi dalle mura dell’Ospedale, e nel settore meridiona- dell’ampliamento del borgo fortificato attraverso le dell’ambiente, tra le mura urbiche delle città e la costruzione della cinta urbica della Terra Nuo- le pareti dell’Ospedale medesimo. In particolare, va. Tradizionalmente, essa viene riferita a un solo un’attenta pulizia del deposito archeologico loca- intervento costruttivo (1486-1494)12; la presenza lizzato in quest’area ha consentito di individuare la di una struttura che ha l’apparenza di una torre quota di due pavimenti pertinenti l’Ospedale, posti quadrata appoggiata alle mura (con indizio di scar- il superiore a una quota di -0,17 m (US 3001), l’in- pa), peraltro di una tipologia ampiamente presente feriore a una quota di -0,24 m (US 3002); tutte le nel circuito murario acquavivano più antico (Ter- stratigrafie residue recavano inoltre traccia di uno ra Vecchia), ma del tutto assente nella cinta del- spesso riporto (US 4002) posto al di sotto del piano la Terra Nuova, caratterizzata da torri cilindriche pavimentale più basso, costituito prevalentemente scarpate con beccatelli trilobi (una delle quali, la da mattoni interi, senza traccia di precedenti utiliz- Torre Sud, è inglobata nello stesso stabile dell’Ex- zi, e da alcuni frammenti laterizi. È probabile che Ospedale, a breve distanza da quella in questio- questa US costituisse uno strato di livellamento, ne13), rende complessa e pluristratificata un’opera steso per obliterare la strutture presenti al di sotto di fortificazione che, dalla testimonianza delle fon- dell’Ospedale, tramite l’utilizzo di materiali di fa- ti, sembrerebbe invece frutto di un unico interven- cile reperimento (l’analisi dei moduli dei mattoni to costruttivo. L’assenza di questa torre quadrata ha rivelato l’identità tra i campioni di laterizi interi nella veduta del Marsili (1708)14, e nel Catasto del provenienti dall’US 4002 e i mattoni utilizzati per 181515, indurrebbe a supporre una sua obliterazio- rialzare il fondo della vasca 2). ne già prima del 170816. Nell’ambiente 3, infine, era ben visibile anche un profondo taglio circolare (US 3023) sulla cui data- zione rimangono ancora numerosi dubbi. 12 Vd. nota 5. 13 Vd. fig. 1 e il contributo di E. Ravaioli in questo volume, fig. 21.

14 Vd. il contributo di S. De Cesare in questo volume, in part. delle mura, di certo posteriori, risultano già orientate secondo fig. 8. gli assi viari che percorrono il borgo in senso est-ovest, e che 15 Ibid., fig. 9. rappresentano le direttrici di espansione verso est del borgo. Se non interpretabile come torre, tale struttura deve comunque 16 l’ipotesi di una sua connessione con la cinta urbica e non essere intesa come un annesso funzionale alla struttura difensiva con il tessuto abitativo cresciuto a ridosso delle mura, all’interno (almeno a giudicare dallo spessore medio delle murature, assai del borgo, risulta avvalorata anche dall’allineamento della tor- prossimo a quello della cinta muraria), accessibile dall’esterno re con la cinta stessa, mentre le strutture rinvenute all’interno attraverso un’apertura a livello della scarpa.

90 Lo scavo nel complesso dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna

costruite contro terra sul fronte interno, con muratura a sacco e paramento in filari di laterizi all’esterno. I riempimenti della torre sono stati scavati fino a giungere allo strato sterile (US 4006). Asportato lo strato più alto, tagliato dalla fossa di fondazione della torre (US 4016), è stata individuata una profonda buca (US 4021) posta immediatamente a ridosso delle mura e caratterizzata da due distinti riempimenti (US 4005, 4035). I materiali rinvenuti in questo strato (maioliche e ceramica comune)18,

Fig. 5. Un tratto delle mura urbiche, rasate all’altezza delle fondazioni dell’Ospedale, tagliato dalla cortina meridionale messo in luce durante lo scavo della torre, sono genericamente riferibili a un orizzonte cronologico di XV-XVI secolo, e cosentono di ipotizzare una datazione della torre stessa di poco posteriore alla realizzazione della prima cinta muraria di fortificazione della Terra Nuova (1486-1494, vd. supra). Lo scavo dell’area esterna alla torre (fig. 6) ha messo in luce, fino a una profondità di -0,72 m, parte del suolo (obliterato dall’Ospeda- le e tagliato dalle fondazioni del- la torre) recante evidenti tracce di uno sfruttamento a scopi agricoli dell’area immediatamente prospi- cente le mura urbiche del borgo Fig. 6. Un angolo della torre quadrata. Si vedono il profilo esterno a scarpa e l’interruzione (US 4007). della muratura in corrispondenza della porta d’accesso. La cisterna 2 (fig. 7) ha rivelato una stratigrafia piuttosto comples- Le mura urbiche sa. L’asportazione del riempimento ha consentito di mettere in luce le pareti in laterizio della cisterna Nell’ambiente 4 l’indagine ha riguardato sia (USM 4027), il cui lato meridionale poggia diret- l’area a sud delle mura, posta all’esterno della tamente sulle mura urbiche, pesantemente intacca- struttura interpretabile come torre quadrata, sia te da interventi successivi volti alla demolizione e l’interno della torre, dove sono state messe in luce al probabile reimpiego dei laterizi. Le pareti della le fondazioni di entrambe le cortine murarie17, cisterna sono state inoltre tagliate da un setto mu- rario che corre in direzione est-ovest lungo l’asse mediano della struttura (USM 4033), e su cui si ap- 17 Quota fondazione delle mura urbiche (USM 1079): -1,26 m. Quota fondazione della torre (muro laterale = USM 4700): poggia un secondo setto murario (USM 4079) ca- -0,99 m. Quota fondazione della torre (muro frontale = USM 4004): -1,31 m. Le quote si riferiscono allo 0 di cantiere, posto a una quota di circa + 1,42 m rispetto il piano stradale esterno, risultato di un intervento moderno volto a livellare la scarpata 18 rinvenuti in stato estremamente frammentario. Confronti esterna alle mura medievali. in Scioli, Troiano, Verrocchio 2002; Verrocchio 2003 [2004].

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Sono stati messi in luce, inoltre, fondo (in calce, posto a una quota di -1,74 m, US 4026) e sottofon- do della cisterna stessa (US 4025). Un frammento di maiolica datato 1786 (fig. 8), rinvenuto nel riempimento della cisterna 2, forni- sce un terminus post quem della defunzionalizza- zione della medesima.

Anche nell’ambiente 3 si è proceduto a scavare i riempimenti del settore ovest della torre, tagliati dalla canaletta (USM 3083), abbassando il piano prospicente il tratto di mura indagato fino giunge- re a una quota significativa. In particolare, è stato messo in luce un focolare (US 3038) posto nell’an- golo sud-occidentale dell’Ospedale, e un piano con evidenti tracce di fuoco, entrambi realizzati nel de- posito archeologico tagliato dalle fondazioni delle mura e della torre. Queste unità stratigrafiche, in- sieme al coltivo rinvenuto nell’ambiente 4, costitu- iscono un chiaro indizio di attività svolte nell’area Fig. 7. Panoramica della cisterna 2. Sulla destra le mura urbiche a di Terra Nuova prima del suo inglobamento all’in- cui la struttura si appoggia terno delle mura. Il muro perimetrale della torre (USM 3033, USM 3053) si interrompe in corrispondenza di quella che è plausibilmente un’apertura posta in corrispon- denza dell’angolo nord-occidentale della medesi- ma (fig. 6). Le indagini svolte in quest’area han- no inoltre consentito di mettere in luce l’imposta della scarpa della torre, individuata a ridosso della fondazione della facciata dell’Ospedale e messa in luce fino a una quota massima di -1,17 19m .

La fornace

I resti della fornace (fig. 4) sono costituiti da un piano concottato e parzialmente vetrificato (US 3054), che costituiva il fondo del piano di cottura o del prefurnio, e da due spallette in laterizio (US 3030A e 3030B), vetrificate nei lati reciprocamente Fig. 8. Frammento di maiolica con data 1786 rinvenuto all’interno della cisterna 2 (brocca) prospicienti. Immediatamente a nord dell’US 3054 è stata scavata la cisterna 3, costituita da pareti in ratterizzato un andamento leggermente divergente. laterizio e dai resti dell’imposta della volta. L’USM 4033 è coperta dal muro dell’Ospedale, Il riempimento era costituito in gran parte da che divide gli ambienti 3 e 4 e appare, quindi, pre- cenere, mentre il fondo (individuato a una quota cedente alla realizzazione di quest’ultimo. massima di -1,50 m) appariva rubefatto.

19 la quota non si riferisce al fondo della fondazione, ma alla profondità massima a cui, a causa dell’angustia dell’ambiente, è stato possibile arrivare.

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Le vasche Fase IV (post 1815 ca.): obliterazione delle mura urbiche e costruzione dello stabile che poi verrà Le vasche 1 e 2, poste rispettivamente nei setto- occupato dall’Ospedale di Sant’Anna (1881 ca.); ri nord ed est dell’ambiente 3, sono state svuotate nel complesso dell’Ospedale si possono riconosce- fino a metterne in luce il fondo. re, a una prima analisi, due distinte fasi edilizie: La vasca 1 (USM 3040), coperta da uno strato di fase IV.a , costruzione delle mura perimetrali e tritume laterizio finissimo e compatto (US 3039), portanti dell’edificio (che coprono o includono al presentava un fondo costituito da laterizi di spesso- loro interno le mura urbiche), con contestuale rea- re contenuto ordinatamente allettati in tenace mal- lizzazione delle canalette USM 3083 e USM 4011 ta di calce; la parete S di questa struttura risultava con cisterna 1; inoltre rasata (taglio US 3046). fase IV.b, realizzazione, all’interno dei vani La vasca 2 (US 3084) era riempita da laterizi analizzati, di tramezzi murari non portanti (USM ordinatamente disposti in più corsi non legati con 3048, USM 4079); malta (US 3087). Il fondo della vasca 2 era costi- tuito da laterizi affogati in una malta molto tenace Fase V (fine del XX secolo): smantellamento (US 3086), degrassata con sabbia fine. dell’Ospedale e lavori edilizi.

Ci si augura, grazie al recente riordino e riaper- Conclusioni tura al pubblico dell’Archivio Storico del Comu- ne di Acquaviva Picena21, di poter approfondire Le indagini condotte sul campo consentono di la vicenda storica dell’area dell’Ex-Ospedale di raggruppare la evidenze archeologiche indagate, Sant’Anna alla luce dei documenti in esso conte- grazie ai reciproci rapporti stratigrafici individuati, nuti, verificando le ipotesi desunte dall’analisi dei in quattro fasi qui di seguito esposte e corrispon- dati archeologici. denti ai principali interventi costruttivi realizzati nell’area dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna:

Fase I (1486-1494): costruzione della cinta muraria a fortificazione della Terra Nuova (1486- 1494, USM 3079);

Fase II (post 1494): fasciatura della prima cinta muraria e costruzione della struttura (torre?) qua- drata (UUSSMM 4700, 4004, 3033, 3053, 3081);

Fase III (post 1494-1786/1815): vita dell’im- pianto produttivo, probabilmente destinato alla produzione del laterizio, nell’area a ridosso delle mura (vasche 1-2; cisterne 2-3; fornace). Lo sman- tellamento dell’impianto produttivo è databile tra 1786 (terminus post quem dello riempimento della cisterna 2) e 1815, data della mappa del Catasto Pontificio20), in cui la cinta muraria appare già obli- terata da un altro fabbricato;

21 l’Archivio Storico comunale di Acquaviva Picena è ora aperto e fruibile a Palazzo Celso Ulpiani. Vd. anche il contributo 20 Vd. De Cesare in questo volume, fig. 9. introduttivo di E. Vecchietti in questo volume.

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94 Lo scavo nel complesso dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna

AMBIENTE 3 MATRIX

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AMBIENTE 3 ELENCO US E RAPPORTI STRATIGRAFICI

US/USM DESCRIZIONE RAPPORTI Primo livello pavimentale individuato alla quota più alta, Copre US 3002 US 3001 corrispondente al pavimento più recente dell'Ospedale Secondo livello pavimentale dell'Ospedale, realizzato in Coperto da US 3001; copre US 3003 US 3002 mattonelle di cotto Strato decoeso costituito da macerie (frammenti di laterizi, Coperto da US 3002; riempie US 3004 US 3003 ciotoli, calce), costituente il riempimento di US 3004 US 3004 Taglio Taglia US 3005, 3006, 3011; riempito da 3003 Strato compatto di cocciopesto, possibile livello pavimenta- Tagliato da UUSS 3004, 3008; copre UUSS 3009, US 3005 le immediatamente precedente la costruzione dell'Ospedale 3011, USM 3033; coperto da US 3007 Strato poco compatto composto da argilla, calce, mattoni; Uguale a US 3011; coperto da UUSS 3005, 3009; US 3006 la parte sommitale dello strato risulta maggiormente coesa tagliato da UUSS 3004; copre UUSS 3036, 3038, USM 3081; gli si appoggia US 3037, USM 3033 Strato di accumulo del cocciopesto (US 3005) asportato dal Copre US 3005 US 3007 taglio della canaletta (US 3008) Taglio effettuato per la realizzazione della canaletta (USM Taglia UUSS 3005, 3009, 3011, 3014, 3028, 3041, US 3008 3083) 3045, 3047, UUSSMM 3020, 3079, 3084; riempito da USM 3083 US 3009 Strato di allettamento del cocciopesto (US 3005) Coperto da US 3005; copre US 3011 Strato decoeso di macerie con polvere di calce, scheggie Uguale a US 3006 US 3011 laterizie e pietrame; la parte superiore dello strato risulta compattata Strato poco compatto e incorente di laterizi e ciotoli Copre UUSS 3018, 3014, USM 3016; coperto da US 3013 UUSSMM 3022, 3090, 3085, 3088 Strato marrone scuro molto compatto a matrice limo- Tagliato da UUSS 3008, 3015, 3017, 3021, 3023, US 3014 argillosa USM 3090; coperto da US 3013 US 3015 Taglio effettuato per la costruzione di USM 3016 Taglia US 3014; riempito da USM 3016 Struttura con perimetro rettangolare realizzata in laterizi. Riempie US 3015; coperto da US 3013; gli si USM 3016 appoggia US 3018 US 3017 Taglio per la costruzione di USM 3020 Taglia US 3014; riempito da USM 3020 Strato di colore grigio chiaro costituito da cenere Copre US 3019; si appoggia a USM 3016; coperto US 3018 da US 3013 Strato a matrice limo-argillosa, di colore rosso, rubefatto Copre US 3014; coperto da US 3018 US 3019 dal contatto con la cenere (US 3018) Struttura muraria a ovest della canaletta (USM 3083) e a Riempie US 3017; coperto da USM 3090; tagliato USM 3020 nord di USM 3016 da US 3008 Taglio effettuato per la costruzione di USM 3022 (tramezzo Taglia UUSS 3014, 3024; riempito da USM 3022 US 3021 murario non portante appartenente alla fase edilizia più recente dell'Ospedale) Tramezzo in laterizi, appartenente alla fase edilizia più Uguale a USM 3048; riempie US 3021; copre USM USM 3022 recente dell'Ospedale, posto a nord-ovest dell'ambiente 3 3083; gli si appoggia US 3013 Taglio di forma circolare, posto nel settore nord dell'am- Taglia US 3014; riempito da US 3024 US 3023 biente 3, con pareti verticali e fondo piatto, riempito da US 3024 US 3024 Riempimento del taglio US 3023 Riempie US 3023; tagliato da US 3021 Strato rossastro rubefatto probabilmente dal calore della Tagliato da UUSS 3008, 3029; coperto da US US 3028 fornace USM 3030 3054, USM 3030 US 3029 Taglio effettuato per la costruzione della fornace USM 3030 Taglia US 3028; riempito da USM 3030, US 3054 Struttura in laterizi probabile muretto del prefurnio della Riempie US 3029; copre US 3028 USM 3030 fornace USM 3030; la parte meridionale (3030B) è vetrifica- ta a causa del calore Struttura muraria localizzata a sud delle mura urbiche, Coperto da USM 3005; gli si appoggia US 3011; è USM 3033 coperta da USM 3005 coperto da USM 3090; è coperto da US 3035 Taglio effettuato per la costruzione dei muri laterali e della Taglia USM 3006; riempito da USM 3090, US 3035 US 3034 facciata sud dell'Ospedale Riempimento del taglio per la realizzazione dei muri late- Riempie US 3034; si appoggia a USM 3090; copre US 3035 rali e della facciata sud dell'Ospedale, composto di ghiaia, USM 3033 framenti laterizi e malta di calce Strato di terreno limo-argilloso tagliato dalle fondazioni di Tagliato da US 3052; coperto da UUSS 3006, US 3036 USM 3081 3011, 3038; copre 3050

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US/USM DESCRIZIONE RAPPORTI US 3037 Taglio su USM 3081 Taglia US 3006; riempito da 3049 Focolare costituito da piano rubefatto dal calore, delimita- Tagliato da USM 3052; copre US 3036; coperto US 3038 to da ciotoli di medie dimensioni da US 3006 Stato di laterizi sbriciolati frammisto a scaglie di pietra, Copre USM 3040, UUSS 3041, 3045; si appoggia US 3039 riempie la vasca 1 (USM 3040) a USM 3048 Vasca (vasca 1) con pareti e fondo in laterizio posta a nord Coperto da UUSS 3039, 3045; tagliato da US USM 3040 del vano 3046 copre US 3047 Strato di argilla sabbiosa marrone con ghiaia, frustuli di Coperto da US 3039; tagliato da UUSS 3008, US 3041 carbone e grumi di malta 3046 gli si appoggia US 3045 US 3042 Taglio a ridosso della vasca in laterizi (vasca 2) USM 3084 Riempito da US 3043 e da USM 3044 Riempimento US 3042 Riempie US 3042; copre USM 3044 si appoggia a US 3043 USM 3084 USM 3044 Piano di laterizi Coperto da US 3043; si appoggia a USM 3084 Riempimento Riempie US 3046; copre USM 3040, US 3047; si US 3045 appoggia a UUSS 3041, 3047, USM 3048 Taglio effettuato nella vasca 1 (USM 3040) per la realizza- Taglia UUSS 3041, 3047, USM 3040; riempito da US 3046 zione della fondazione del setto murario (USM 3048) US 3045, USM 3048 Strato argilloso, di colore bruno scuro, posto a E della vasca Tagliato da UUSSMM 3040, 3048, 3090, US 3008; US 3047 1 (USM 3040) 3046 Tramezzo murario con andamento est-ovest, posto nel set- Uguale a USM 3022; riempie US 3046; gli si USM 3048 tore N dell'ambiente 3; costruito in fase con USM 3022 appoggia US 3045; si appoggia a USM 3090 US 3049 Riempimento del taglio US 3037 su USM 3081 Riempie US 3037; si appoggia a US 3006 Strato concottato (potente 30 cm ca.), tagliato dalle fosse Tagliato da UUSS 3051, 3052; coperto da UUSS US 3050 di fondazione (UUSS 3051, 3052) delle strutture UUSSMM 3036, 3053 3033, 3081 US 3051 Taglio effettuato per la fondazione di USM 3033 Taglia US 3050; riempito da USM 3033 Taglio effettuato per la fondazione di USM 3081 Taglia UUSS 3036, 3038 3050; riempito da USM US 3052 3081 Strato costituito da argilla e poca calce posto tra USM 3081 Coperto da 3011; copre US 3050 US 3053 e 3033, probabile resto di un setto murario US 3054 Zona superiore di US 3028, concottata a causa del calore Copre US 3028 Mura urbiche (struttura più antica) Gli si appoggia USM 3081; tagliato da USM 3008; US 3079 coperto da USM 3080 US 3080 Struttura pertinente al camino dell'Ospedale Copre UUSSMM 3081, 3079 Struttura muraria Si appoggia a 3079; riempie US 3052; coperto da US 3081 US 3006, USM 3080 US 3083 Canaletta Riempie 3084: si lega a USM 3090 USM 3084 Vasca 2, in laterizi Coperta da 3087; tagliata da 3008 US 3085 Soglia posta a nord-ovest dell'ambiete 3 Uguale a USM 3090; copre US 3013 US 3086 Stato di calce posto sul fondo della vasca 2 Copre USM 3084; coperto da 3087 Strato di mattoni legati da scarsa calce rinvenuto all'interno Copre USM 3086 US 3087 della vasca 2 Struttura muraria in laterizi posta in corrispondenza della Uguale a USM 3090 USM 3088 porta ovest dell'ambiente 3 Muri laterali e facciata sud dell'Ospedale Uguale a UUSSMM 3085, 3088; si lega a USM 3083; riempie US 3034; copre UUSSMM 3033, USM 3090 3020; taglia UUSS 3047, 3014; gli si appoggia USM 3048

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AMBIENTE 4 MATRIX

98 Lo scavo nel complesso dell’Ex-Ospedale di Sant’Anna

AMBIENTE 4 ELENCO US E RAPPORTI STRATIGRAFICI

US/USM DESCRIZIONE RAPPORTI Strato di terreno limo-argilloso di colore marrone scuro con Copre US 4002; si appoggia a USM 4018 US 4001 piccole lenti di calce e sabbia Strato di scaglie di pietra calcarea e di laterizi prive di Coperto da US 4001; copre US 4003; si appoggia US 4002 legante ma con sporadiche concrezioni calcaree che legano a USM 4018 alcuni frammenti Strato costituito da sabbia e argilla con inclusi laterizi, Coperto da US 4002; copre UUSS 4007, 4019, US 4003 ciotoli, grumi di malta di calce USM 4700; si appoggia a USM 4018 Struttura muraria realizzata a sacco, con paramento in Contemporaneo a USM 4700; coperto da USM USM 4004 laterizi legati da malta di calce e con andamento est-ovest 4018, US 4003; gli si appoggiano UUSS 4017, (torre) 4020 Strato compatto di matrice argillosa mista a calce Coperto da UUSS 4017, 4019; tagliato da US US 4005 4016; riempie US 4021; copre US 4035 Strato bruno scuro molto compatto, di matrice limo-argil- Tagliato da UUSS 4015, 4016, 4021, 4034; coper- US 4006 losa to da US 4019; copre 4032 Strato di colore bruno scuro a matrice argillosa ricco di Tagliato da UUSS 4008, 4016, 4018; coperto da US 4007 carboncini, compatto e posto ad est di USM 4700 e a sud di UUSS 4003, 4019 USM 4004. Possibile suolo agricolo Taglio di forma rettangolare a est di USM 4700 e perpendi- Taglia US 4007 US 4008 colare a esso Strato compatto di colore bruno scuro a nord di USM 4079 Tagliato da US 4012; coperto da US 4030; gli si US 4009 appoggia US 4024; coperto da US 4022 US 4010 Taglio della fondazione del tramezzo USM 4079 Taglia 4024; riempito da 4079 Struttura a nord di USM 4079 da interpretare come cana- Riempie 4012; copre 4030; coperta da USM USM 4011 letta 4018, US 4022 US 4012 Taglio effettuato per la realizzazione di USM 4011 Taglia US 4009; riempito da US 4030, USM 4011 US 4015 Taglio per la realizzazione di USM 4018. Taglia US 4006; riempito da US 4020, USM 4018 US 4016 Taglio per la realizzazione di UUSSMM 4700 e 4004 Taglia UUSS 4005, 4006, 4007; riempito da 4017 Terreno di riempimento a matrice argillosa poco compatta Riempie US 4016; copre US 4005 tagliato da US US 4017 con frammenti di laterizi, malta di calce, ciotoli 4015; si appoggia a UUSSMM 4004, 4700 coperto da UUSS 4019, 4020 Setto murario dell'Ospedale posto tra gli ambienti 3 e 4 Gli si appoggiano UUSS 4001, 4002, 4003, 4019, USM 4018 4020; copre USM 4004; taglia US 4007; riempie US 4015 Strato di terreno a matrice limo argillosa, rubefatto in più Copre UUSS 4005, 4006, 4007, 4017, 4020; si US 4019 punti dall'azione del fuoco appoggia a USM 4018; coperto da US 4003 Riempimento di US 4015 Riempie US 4015; copre US 4017; si appoggia a US 4020 UUSSMM 4018, 4004; coperto da US 4019 US 4021 Taglio Taglia UUSS 4006, 4035; riempito da US 4005 Uguale a 3014, strato argilloso di riporto Si appoggia a UUSSMM, 4029, 4079; copre UUSS US 4022 4009, 4024, USM 4011 Taglio effettuato per l'asportazione delle pareti della Taglia US 4026, USM 4027; riempito da US 4024 US 4023 cisterna 2 Riempimento posteriore alla distruzione della cisterna 2 Riempie US 4023; copre UUSS 4025, 4026, USM US 4024 costituito da materiale decoeso composto da laterizi e 4027; tagliato da US 4010; si appoggia a USM numerosi frammenti ceramici 4033, US 4009; coperto da US 4022 Strato di terreno argilloso compatto sottostante la cisterna Coperto da UUSS 4024, 4026, UUSSMM 4027, US 4025 2 4033; tagliato da US 4028 Strato di calce compatto costituente il probabile fondo Coperto da US 4024, USM 4033; tagliato da US US 4026 della cisterna 2 4023; si appoggia a USM 4027; copre US 4025 Pareti della cisterna 2 in laterizi, si appoggiano alle mura Si appoggia a USM 3079; riempie US 4028; co- urbiche (USM 3079) perto da US 4024, UUSSMM 4033, 4079; tagliato USM 4027 da US 4023; copre US 4025; gli si appoggia US 4026 Taglio effettuato nel terreno per la realizzazione della Taglia US 4025; riempito da USM 4027 US 4028 cisterna 2 Setto murario pertinente all'Ospedale, posto a nord-est del- Copre UUSSMM 3079, 4027; gli si appoggia US USM 4029 la cisterna 2, copre le mura urbiche (USM 3079) e le pareti 4022 della cisterna 2 Fondo della canaletta (USM 4011) Copre US 4009; riempie US 4012; coperto da USM 4030 USM 4011

99 erika vecchietti

US/USM DESCRIZIONE RAPPORTI Strato di colore grigio scuro, su cui si appoggiano le mura Coperto da USM 3079, US 4006 US 4032 urbiche (USM 3079) Setto murario Coperto da UUSSMM 4029, 4079; copre UUSS USM 4033 4025, 4026, USM 4027; gli si appoggia US 4024 US 4034 Taglio Taglia US 4006; riempito da US 4035 Riempimento del taglio US 4034 Riempie US 4034; tagliato da 4021; è coperto da US 4035 US 4005 Tramezzo murario pertinente alla più recente fase edilizia Riempie US 4010; copre USM 4027; gli si appog- USM 4079 dell'Ospedale gia US 4022; si appoggia a USM 4029 Struttura muraria realizzata a sacco, con paramento in Contemporaneo a 4004; gli si appoggia US 4017; USM 4700 laterizi legati da malta di calce e con andamento nord-sud si appoggia a USM 3079 (torre) Struttura muraria realizzata a sacco, costituente parte Copre US 4032; gli si appoggiano UUSSMM 4700, USM 3079 della cinta muraria più antica della città 4027; coperto da USM 4029

100 foto di Pierluigi Giorgi, 2005- disegno di Giorgio Giorgi, 2005 Giorgi, di Giorgio 2005- disegno Giorgi, di Pierluigi foto Le ricerche archeologiche

iche nellaLe ricerche Rocca archeologiche Le nella ricerRocca

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 103-111 E sperienze di topografia e geofisica

Federica boschi, Michele silani Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Tra il 2004 e il 2007, nell’ambito delle ricerche Accanto alla sperimentazione, anche l’integra- del Laboratorio di Rilievo delle Strutture Archeolo- zione di metodi e strumenti è stata alla base delle giche del Dipartimento di Archeologia dell’Univer- ricerche, ma sempre all’insegna della “sostenibilità sità di Bologna (ora Dipartimento di Storia Culture economica” del progetto, che ha dunque fatto te- Civiltà), la Rocca di Acquaviva Picena è stata tra- soro della motivazione e della sete di conoscenza sformata in un autentico cantiere sperimentale per dei più giovani, ma anche del ricco apparato stru- differenti tecniche di rilievo topografico e geofisi- mentale in dotazione del Laboratorio di Topografia co1. Alle attività hanno partecipato specializzandi del Dipartimento di Archeologia, anche attraverso e studenti in Archeologia, che hanno beneficiato, la felice collaborazione con una giovane società di contribuendovi in prima persona, dell’impostazio- geofisica del territorio (Exploro s.a.s.). ne didattica e formativa dei lavori (fig. 1).

Fig. 1. Il Laboratorio di Topografia ad Acquaviva Picena (foto di Pierluigi Giorgi, 2005)

1 sulle ricerche del Laboratorio di Topografia ad Acquaviva si vedano Giorgi, Vecchietti, Bogdani 2007, § 5.1; Altini et al. 2005. federica boschi, michele silani

gli standard richiesti per l’analisi architettonica e archeologica, mentre non si può dire lo stesso per il rilievo tridimensionale che, sulla base degli stru- menti in dotazione e del tempo a disposizione, si è deciso di limitare alla resa di un ingombro com- plessivo della Rocca. Alla luce delle esperienze parallelamente condot- te dal Laboratorio di Topografia in altri contesti di area adriatica in tempi successivi4, dove l’utilizzo di strumenti topografici di ultima generazione come le stazioni robotizzate ad alta precisione5 e i laser scanner ambientali hanno permesso di ottenere ri- sultati di qualità superiore (anche attraverso col- laborazioni interdisciplinari), si può avanzare una riflessione critica sulle attività di rilievo svolte ad Acquaviva Picena. Da questo punto di vista, infatti, Fig. 2. Rilievo plano-altimetrico della Rocca di Acquaviva Picena l’esperienza acquavivana meriterebbe un aggiurna- realizzato durante le attività del Laboratorio di Rilievo mento che auspichiamo per il futuro. In termini generali, emerge come il rilievo to- Il rilievo topografico pografico realizzato per la Rocca, pur di estrema accuratezza dal punto di vista planimetrico, non Il rilievo topografico ha riguardato in primo possa essere equiparato, per integrità di dato, a una luogo la restituzione plano-altimetrica dell’inte- restituzione tridimensionale di alto livello. Se da ro complesso della Rocca acquavivana (fig. 2). In un punto di vista archeologico il risultato appare virtù della valenza didattica del laboratorio e del- comunque funzionale e soddisfacente, la mancan- la strumentazione disponibile al momento delle za di un rilievo 3D di alto livello, come quelli ma- attività, si sono utilizzati una stazione totale sen- turati ad esempio a Burnum o a Suasa mediante za prisma (Topcon GPT 2009) per il rilievo delle laser scanner o tecniche fotogrammetriche, riduce murature e un GPS differenziale (Aschtech) per la le possibilità e il livello di dettaglio per le analisi georeferenziazione dei capisaldi della poligonale stratigrafico-murarie e soprattutto di tipo statico- d’inquadramento. ingegneristico. Allo stesso modo, benché i dati I dati acquisiti durante le campagne 2004 e 2005 ricavati dalla lettura degli elevati siano imprescin- sono stati elaborati mediante software specifici di dibili per la comprensione dell’evoluzione della topografia professionale per il calcolo delle co- storia dell’edificio, la mancanza di un modello tri- ordinate dei singoli punti e per l’esportazione in dimensionale raffinato non ha permesso la restitu- formato grafico vettoriale2. La restituzione grafica zione ideale di tutte le informazioni raccolte. è avvenuta utilizzando programmi CAD3 e ha per- Anche le sperimentazioni di fotogrammetria dei messo la realizzazione della planimetria comples- vicini, condotte mediante l’utilizzo di software siva dell’edificio e di un modello tridimensionale professionali, non hanno portato a risultati ottima- semplificato dello stesso. L’accuratezza dal punto li6. Sul cantiere di Acquaviva Picena si è testato il di vista metrico del rilievo topografico realizzato, in funzione delle caratteristiche strumentali, può dirsi compatibile con l’obiettivo preposto e valida 4 in particolare si fa riferimento alle città romane abbandona- per le esigenze di documentazione archeologica. Il te di Suasa (Ancona) e Burnum (Croazia). Sull’argomento ci si grado di precisione sub-centimetrica ottenuto per limita a segnalare Giorgi 2009; Giorgi, Boschi, Silani 2010; Giorgi et al. 2012. la restituzione planimetrica è dunque in linea con 5 Attualmente sono in fase di sperimentazione la stazione ro- botizzata ad alta precisione Topcon IS e il relativo software Image Master Pro della ditta Geotop. 2 il software utilizzato è stato Meridiana Geotop, v. 320. 6 i test sono stati condotti in particolare da Julian Bogdani e 3 nello specifico AutoCAD, v. 2004. da chi scrive. Sui risultati delle ricerche si rimanda a Altini et al.

104 Esperienze di topografia e geofisica software RFD Evolution, versione 200 (Geotop)7. l’evoluzione in campo tecnologico degli schermi Il settore della Rocca scelto per la ricerca è una 3D, delle schede video e dei personal computer, in parte della facciata interna della torre sud, caratte- grado di sopportare una sempre maggiore potenza rizzato dalla presenza di una cannoniera che gene- di calcolo, ha permesso di migliorare e velocizzare ra una rientranza e un particolare gioco di volumi. la restituzione fotogrammetrica. L’ortofoto ottenuta in seguito all’elaborazione dei Anche nel campo dell’inquadramento topogra- dati rivela i limiti del software e del procedimento fico il Laboratorio di Topografia ha recentemente impiegato8. Nel nostro caso, infatti, le dimensioni implementato la propria strumentazione e il know- limitate della torre non hanno permesso di avere how degli operatori. L’utilizzo di GPS differenzia- una distanza camera-oggetto sufficientemente am- li11, sia per l’inquadramento topografico dei siti pia per ottenere una corretta visione stereoscopica indagati mediante rilievi di tipo statico, sia la rea- e quindi un DTM metricamente corretto, da cui ri- lizzazione di rilievi in modalità cinematica per la cavare ortofoto esatte. creazione di Modelli Digitali del Terreno (DTM), Se da un lato questo risultato era dovuto alla o di tipo RTK (Real Time Kinematic) per il rilievo giovane esperienza in campo fotogrammetrico de- speditivo delle emergenze, è diventata una comune gli operatori, gli stessi software fotogrammetrici prassi di lavoro anche in campo archeologico12. e le tecnologie legate alla fotogrammetria digitale Altrettanto consolidata è poi la gestione informa- si trovavano allora in una fase di test e di perfe- tizzata di tutte le informazioni raccolte, mediante zionamento, rivelando limiti reali di applicazione, l’utilizzo di banche dati dedicate, di GIS 2D e 3D mentre si sono notevolmente evolute da quel mo- (Geographical Information System) per la gestione mento a oggi. spaziale del dato e per la restituzione cartografica, Di certo però, gli sforzi e le esperienze maturate fino ad arrivare al WebGIS per la fruizione del dato negli anni ad Acquaviva hanno portato il Labora- in rete13. torio di Topografia a raggiungere oggi una marcata Sebbene durante le ricerche acquavivane l’utiliz- professionalità, con competenze collaudate in di- zo di questi strumenti fosse ancora in una fase em- versi settori, dalla fotogrammetria aerea a quel- brionale, i risultati che il Laboratorio di Topografia la dei vicini, anche attraverso l’acquisizione e la è oggi in grado di conseguire scaturiscono senza conoscenza di nuovi programmi di fotogramme- dubbio anche da questa esperienza. Non è azzarda- tria professionale9 e speditiva10. Parallelamente, to riconoscere nelle attività avviate, nelle persone e nel gruppo di lavoro nato intorno alla Rocca di

2005 e a Bogdani et al. 2007. Acquaviva, un importante punto d’avvio dei tempi e dei successi più recenti. 7 la strumentazione hardware utilizzata era composta da una fotocamera digitale Nikon CoolPix 5400, un PC Toshiba Satelli- te P10-792, OS XP Home Ed., monitor esterno Sony Trinitron Multiscan E220 e corredo per la visione stereoscopica NuVision Il rilievo geofisico 60GX-NSR con occhiali attivi. Per la misurazione dei punti sul campo è stata utilizzata una stazione totale Topcon GPT2900 senza prisma. Le attività di rilievo eseguite nella Rocca di Ac- 8 il limite particolare riscontrato riguarda il secondo piano quaviva Picena hanno previsto anche un’indagine dell’immagine, quello più lontano dalla camera. Durante la no- geofisica condotta nel cortile interno della Rocca stra esperienza, abbiamo osservato come questo limite fosse sempre più evidente nei casi di grande profondità dell’oggetto con metodo georadar, in collaborazione con la so- da rilevare. Viene stabilito quindi un rapporto diretto tra distan- cietà Exploro s.a.s. (Ascoli Piceno). za camera-oggetto e profondità dell’oggetto. Maggiore è questo coefficiente, migliori sono i risultati. Naturalmente, il problema non si pone nel caso della stereofotogrammetria aerea perché, ner e Agisoft Photoscan. per quanto siano grandi i dislivelli del terreno, la distanza came- ra-oggetto risulta maggiore, e il coefficiente rimane sempre alto. 11 Attualmente lo strumento utilizzato è un GPS differenziale Il problema è trascurabile anche per il rilievo di ampie superfici Topcon Hyper Pro e relativo software di elaborazione Topcon architettoniche, dove il coefficiente è comunque consistente Tools.

(Altini et al. 2005, pp. 17-21). 12 sull’argomento ci si limita in questa sede a segnalare Giorgi 9 da ultimo si sta utilizzando Micromap v.2.0.0.135 della ditta 2009, § 3.

GeoIn di Firenze. 13 sulle banche dati e sul GIS in archeologia si veda Giorgi 10 Tra gli altri sono utilizzati attualmente Photomodeler Scan- 2009, § 7.

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L’idea del survey georadar è nata non solo come Lo strumento utilizzato per il rilievo è un geo- elemento preventivo e propedeutico allo scavo, radar GSSI SIR 3000, equipaggiato con antenna ma anche in relazione all’analisi della documen- monostatica da 400 MHz e impostato in modo da tazione d’archivio, che lasciava desumere l’esi- raggiungere m 3,00 ca. di profondità (fig. 3)15. stenza di alcuni edifici ormai scomparsi nel piaz- In fase di elaborazione, i dati sono stati tratta- zale della fortezza. In particolare, il disegno del ti mediante software GPR Viewr e GPR Process, 1708 di L.F. Marsili riporta, in corrispondenza dei che hanno permesso di realizzare mappe d’insie- lati nord e ovest della corte interna, diverse co- me riguardanti differenti profondità del volume del struzioni, tra cui un edificio designato comeChie - sottosuolo investigato, note come time-slices16. At- sa di S. Barbara14. traverso la lettura correlata delle slices e dei singoli L’indagine geofisica ha riguardato l’intera su- profili radar (fig. 4) si è cercato poi di interpretare i perficie strumentalmente accessibile, con una riso- principali fenomeni di riflessione del segnale radar luzione spaziale tra i profili di m 0,50, e un suc- visibili sulle mappe ottenute. In esse, le riflessioni cessivo approfondimento di dettaglio lungo il lato radar sono riprodotte tramite un’opportuna sca- settentrionale del piazzale, con profili distanti m la cromatica, dove il colore blu indica una bassa 0,25, per un’estensione complessiva di m2 586 ca. amplificazione del segnale, mentre il rosso le più alte amplificazioni generate da contra- sti dielettrici nel sottosuolo. Le slices sono state calcolate ogni 7 n/sec, corri- spondenti approssimativamente a ogni cm 30 ca. del sottosuolo investigato. L’indagine ha rivelato in generale una buona penetrazione del segnale radar, con alcuni rilevanti fenomeni di riflessione a sviluppo lineare attestati a profondità comprese tra m 2,20-2,80, significativamente coincidenti con i settori del piazzale dove la cartografia di XVIII secolo riporta edifici e strut- ture (fig. 5). Questa convergenza di elementi ha costituito un importante indizio nella definizione della strategia Fig. 3. Indagine georadar nel cortile interno della Rocca. Un momento dell’acquisizio- di scavo, in particolare nella scelta di ne dei dati (in collaborazione con Exploro s.a.s., Ascoli Piceno) dove scavare. In corrispondenza del pozzo al centro del cortile è invece leggibile con chia- rezza la cisterna interrata, anch’essa og- getto del rilievo tridimensionale della fortezza realizzato durante le ricerche.

Fig. 4. Uno dei profili radar acquisiti durante l’indagine

15 sul metodo georadar e sul principio di funzionamento si ri- manda a Boschi 2009; Conyers 2004; Conyers, Goodman 1997. 16 Grazie ai software di trattamento dei dati radar utilizzati, le slices sono state restituite in seguito all’interpolazione di tutti i profili e le tracce registrate. Questa interpolazione permette infatti di generare una matrice tridimensionale che rappresenta 14 Vd. De Cesare in questo volume, fig. 8. il volume di dati nella finestra temporale adottata B( oschi 2009).

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Fig. 5. Time slices relative a varie profondità. I colori dal giallo al rosso rappresentano le più alte amplificazioni del segnale radar

Fig. 6. Ricognizioni aeree sulla media Valle del Tronto. A sinistra (a), una parte del team di lavoro dei survey aerei; a destra (b), la rotta seguita durante i voli

Dalla Rocca al territorio: uno sguardo sulla obiettivo zoom 18-55 mm. In comune interesse media valle del Tronto con la Soprintendenza, gli obiettivi principali delle ricognizioni erano il monitoraggio dall’alto alcune La collaborazione con la Soprintendenza per i zone di rilevanza archeo-logica e l’individuazione Beni Archeologici delle Marche (nella persona di eventuali nuovi siti17. dell’Ispettrice archeologa, Dott.ssa Nora Lucen- L’aeroporto di Falconara ha costituito la base di tini) e con il Comando Carabinieri Tutela Patri- partenza dei voli, effettuati a bordo dell’elicottero monio Artistico ci ha permesso di allargare lo del Nucleo Carabinieri (fig. 6, a). Entrambe le leva- sguardo sul territorio attraverso due voli di rico- te sono state organizzate in giornate di cielo sereno gnizione aerea sulla media valle del Tronto, con- dotti nell’estate del 2006 (mesi di maggio e luglio). 17 sulle attività aerotopografiche del Dipartimento di Storia La nuova esperienza ha favorito la raccolta di una Culture Civiltà dell’Università di Bologna si rimanda a Boschi nuova documentazione costituita da fotografie ae- 2008; Ead. 2010a-b; Ead. 2012a-b; Giorgi, Boschi, Silani 2010; ree oblique, acquisite durante i voli mediante una Giorgi et al. 2012. Sull’archeologia aerea in generale ci si limita a ricordare Ceraudo, Piccarreta 2004, 2007 e 2008; Guaitoli fotocamera reflex digitale Canon Eos 400D con 2003; Musson, Palmer, Campana 2005; Ceraudo, Boschi 2009; Ceraudo 2010.

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Fig. 7. Veduta aerea del sito di Contrada Casale Mastrangelo (Ascoli Piceno) Esempio di soilmark

Fig. 8. Tracce tipo cropmark presso Contrada Maliscia (loc. Montalto, Ascoli Piceno) e di buona visibilità, preferendo le prime ore del Oltre alla realizzazione degli scatti fotografici, si è mattino. La rotta seguita durante le ricognizioni ha provveduto al posizionamento della rotta di volo previsto un rapido attraversamento del settore più e dei siti fotografati utilizzando un GPS palmare vicino alla costa, e un sorvolo più dettagliato delle cartografico con precisione di 3-5 m (fig. 6, b). zone di versante della media valle, per una durata Eseguendo i voli a distanza di due mesi circa complessiva superiore a 2 ore per ciascuna volata. l’uno dall’altro è stato possibile osservare i suo-

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Fig. 9. Esempio di soilmark in località Casale Inferiore (loc. Colli del Tronto, Ascoli Piceno)

Fig. 10. Tracce riferibili ad antiche attività idrografiche li con differenti condizioni, stati vegetazionali, e 11). La ricognizione aerea di inizio maggio ha re- diversi gradi di visibilità delle tracce. Questo si è gistrato una prevalenza di tracce tipo cropmark, in riscontrato in alcune aree di noto interesse archeo- corrispondenza di colture cerealicole o di campi logico che era intenzione monitorare, come il sito coltivati a erba medica, mentre nel mese di luglio di Contrada Casale Mastrangelo (fig. 7), e in al- si è attestata una maggiore frequenza di tracce tipo tre situazioni in parte conosciute e potenzialmente soilmark, in stretta relazione ai ritmi di raccolta e rilevanti (ad esempio a Montalto presso Contrada di lavorazione dei suoli. Le tracce al suolo indi- Maliscia, in località Colli del Tronto presso Casale viduate durante i due voli riferibili con sicurezza Inferiore, e a Treazzano di Monsanpolo, figg. 8-9, a strutture sepolte o ad antiche attività antropiche

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Fig. 11. Un esempio di rettifica, georeferenziazione e restituzione grafica per una traccia individuata in località Treazzano di Monsan- polo (Ascoli Piceno) sono in generale poche, mentre numericamente In fase di trattamento dei dati, le fotografie aeree prevalenti sono le cicatrici lasciate da attività idro- selezionate sono state inserite in un sistema GIS, grafiche precedenti o da modificazioni geomorfo- georeferenziate sulla base cartografica vettoriale di logiche (fig. 10). Occorre però segnalare che nel riferimento (CTR) e interpretate con restituzione 2006 i mesi precedenti le ricognizioni hanno regi- grafica delle evidenze riconosciute. Una volta geo- strato abbondanti precipitazioni e anche il tasso di referenziate, le prese oblique sono state rettificate umidità dei suoli deve avere inciso sulla visibilità mediante il software Airphoto 3.3118. delle tracce come sui cicli di maturazione delle col- La fase della fotointerpretazione vera e propria e ture e di formazione dei cropmarks. della restituzione grafica delle evidenze è avvenu- ta sempre in ambiente GIS, mediante la creazione di diversi livelli informativi per la restituzione dei vari tipi di tracce (fig. 11).

18 la correzione cartografica delle immagini oblique è neces- saria poiché, com’è noto, ogni fotografia aerea obliqua è affetta da distorsioni superiori a quelle normalmente insite in una foto- grafia verticale. AirPhoto è uno deisoftware più frequentemente impiegati per la rettifica, la georeferenziazione e l’elaborazione delle foto aeree verticali e oblique. Lavorando su una base al- goritmica permette di trasformare un’immagine obliqua con un minimo di quattro punti di controllo e con un buon grado di accuratezza (Scollar 1998; Palmer 2000; Id. 2005).

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Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 113-125

La lettura degli elevati della Rocca

enrico ravaioli Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Fig. 1. Panoramica della Rocca di Acquaviva Picena

La Rocca di Acquaviva Picena (fig. 1), posta su di Acquaviva merita di essere analizzato con una un rilievo che domina l’abitato e il territorio cir- maggiore attenzione, in modo da giungere a una costante, a una prima osservazione pare rientra- definizione più adeguata alle travagliate vicen- re nel numero delle fortificazioni rinascimentali de della Rocca. Questa, nelle sue forme attuali, è meglio conservate delle Marche. Tuttavia, a una infatti il risultato di una serie di interventi edilizi più approfondita analisi, tale constatazione risulta culminati nell’ammodernamento del fortilizio vo- esatta solo in parte: se infatti la medesima osser- luto dai fermani nell’ultimo quarto del XV secolo, vazione può essere estesa in modo corretto ad altri onde adeguarlo alle nuove necessità difensive im- fortilizi marchigiani come Urbino, Sassocorvaro, poste dal progresso della tecnologia militare2. Pre- San Leo e Mondavio per citare i più noti1, il caso cedenti studi hanno delineato i tratti caratteristici

1 2 Pirani 1988; Pugnaloni 1988; Mauro 1998. Mauro, Tomei 2002, pp. 146-147, 154. enrico ravaioli

Fig. 2 (a sinistra). Il puntone nord della Rocca

Fig. 3 (in basso a sinistra). Panoramica del mastio della Rocca

dell’assetto medievale della Rocca: impostata su un impianto romboidale, trova nell’asse est-ovest la propria direttrice principale, occupata all’estre- mità est dall’imponente mastio rivolto verso l’abi- tato e da un puntone che sopravanza la linea del- le cortine nord-ovest3 (fig. 2). L’angolo sud della Rocca è protetto da un puntone minore, mentre a nord-est sorge una torre a pianta quadrata. Il trat- to caratteristico della Rocca di Acquaviva è senza dubbio costituito dalla mole massiccia, conferita dalla presenza delle murature a scarpa che si svi- luppano fino a raggiungere l’apparato aggettante di torri e cortine murarie, interrotte solo dalle scu- dature e dalle aperture di cannoniere e feritoie. Il mastio cilindrico è caratterizzato da un notevole sviluppo verticale, elemento che lo accomuna alle cortine murarie e alle torri, culminate da apparato a sporgere e, in origine, coronate da merli a coda di rondine attestati dall’incisione settecentesca di L.F. Marsili4. Il mastio è coronato da un appara- to a sporgere con beccatelli realizzati in laterizio con tre aggetti progressivi stondati che trovano stringenti analogie con quelli presenti nelle for- tificazioni di Terra Nuova (fig. 3). Il mastio del- la Rocca di Acquaviva si articola attualmente su quattro livelli, l’ultimo dei quali rappresentato dal-

3 Mariano 1995; Pugnaloni 1988; Palloni 1998. 4 Vd. anche il contribito di E. Ravaioli sulle fasi edilizie della Rocca e del borgo in questo volume, fig. 2.

114 La lettura degli elevati della Rocca la battagliera sulla sommità. Cilindrico all’esterno, ai soli tratti salienti. Lo studio delle murature ha il mastio presenta internamente ambienti a pianta infine avuto come scopo primario quello di indivi- ottagonale, testimonianza dell’originario assetto duare la sequenza relativa degli interventi edilizi, della torre maestra rifasciata nel corso del Rinasci- con l’intento di definire le attività costruttive della mento5. Da questa rapida descrizione della Rocca Rocca e reperire chiavi interpretative per conte- emerge con evidenza che i tratti salienti del forti- stualizzarle nelle vicende storiche del complesso lizio siano ascrivibili a interventi edilizi non per- fortificato. tinenti a un orizzonte cronologico omogeneo, ma Il primo approccio al complesso monumentale si bensì relativi ad attività costruttive che si distribui- è concretizzato con una preliminare fase documen- scono in un arco temporale esteso dal Medioevo al taria, costituita da un’accurata battuta fotografica e Rinascimento. da una puntuale ricerca d’archivio volta a reperire materiale informativo relativo ai restauri eseguiti sulla Rocca6. La successiva fase operativa ha com- Metodologia applicata e risultati portato la realizzazione di un rilievo topografico dell’indagine planoaltimetrico e di ortofotopiani in scala dei pro- spetti considerati, utilizzati come base documen- Tale situazione estremamente composita ha im- taria per la lettura stratigrafica e le successive ela- posto l’adozione di un approccio di tipo “archeo- borazioni, oltre che come texture per i modelli 3D logico”, incentrato sulla trasposizione del metodo ricostruttivi realizzati. stratigrafico, proprio dell’indagine archeologica, Il Prospetto 16 (fig. 4) presenta nella parte bas- allo studio del complesso architettonico, indivi- sa due porzioni di muratura (USM 50 e USM 57) duando quindi quelle parti delle murature costrutti- che corrispondono all’azione costruttiva più antica vamente omogene per materiali e tecniche edilizie individuata in questo prospetto: le due USM, assi- impiegati che costituiscono il risultato di attività milabili alla medesima tipologia (Tipo 1), sono ca- costruttive unitarie; queste parti, utilizzando un ratterizzate dalla presenza di alcune buche pontaie termine mutuato dall’archeologia, vengono dette (USM 51-54, USM 64) e dal tipo di apparecchia- Unità Stratigrafiche Murarie (USM). Analogamen- tura muraria in cui i mattoni sono disposti secon- te a quanto avviene per gli strati archeologici, i rap- do lo schema ricorrente testa-costa-costa, con un porti fisici tra le USM sono stati tradotti in rapporti modulo dimensionale costante (31 x 6 x 15 cm). cronologici. Questo procedimento ha permesso di Tali strutture murarie sono in parte obliterate dal ottenere una cronologia relativa degli interventi terrapieno creato per innalzare la quota di calpestio edilizi individuati che, alla luce delle osservazioni della corte interna della Rocca. Inoltre, USM 50 e effettuate sul complesso architettonico della Roc- USM 57 sono realizzate con laterizi del tutto simi- ca, ha consentito di comprendere meglio la storia li, per modulo e caratteristiche, a quelli delle USM costruttiva di questo importante edificio. L’analisi 34 e 39 del Prospetto 2, posti in opera secondo la degli elevati ha riguardato esclusivamente i pro- medesima apparecchiatura. Quest’ultima tipolo- spetti della corte interna della Rocca, caratterizzati gia (Tipo 1) è inoltre rintracciabile nelle murature da una buona leggibilità e liberi da superfetazioni che costituiscono le pareti interne delle gallerie in moderne, mentre gli ampi restauri a cui sono state prossimità delle torri e, a un’analisi preliminare, sottoposte le cortine esterne hanno indotto a non anche nella cortina muraria verticale a cui si ap- procedere a indagini di archeologia dell’architet- poggia la scarpa rinascimentale della Rocca. Suc- tura, in quanto ritenuti compromessi e dunque di cessivamente si assiste alla rasatura (US -66 e US scarso valore rappresentativo. La successione di -58) della muratura precedente e alla ricostruzione interventi eseguiti sulla Rocca nel corso dei secoli della cortina muraria (USM 48 e USM 59) che, in e i restauri moderni hanno pregiudicato una corret- base alla quota delle buche pontaie (USM 37-41 ta lettura delle murature, consentendo una ricostru- e USM 42-46), con ogni probabilità ripropone lo zione parziale del complesso fortificato, limitata sviluppo verticale originale. In seguito si assiste a

5 6 Mauro 1985, p. 196; Palloni 1998, p. 160. Vd. anche il contributo di S. De Cesare in questo volume.

115 enrico ravaioli una serie di interventi di restauro della corti- na muraria, forse limi- tate al solo paramento interno, mentre un importante intervento di ammodernamento dell’apparato difen- sivo è rappresentato dall’apertura di due cannoniere (USM 5 e USM 56) e la crea- zione di una serie di beccatelli (USM 9) utili ad ampliare la su- perficie del sovrastan- te cammino di ronda per consentire la crea- zione di postazioni di tiro per artiglieria. La lettura stratigrafica del Prospetto 16 ha evi- denziato che l’inca- miciatura del mastio, prospicente il lato de- stro del prospetto, si sovrappone a all’ulti- mo beccatello (USM 9), ponendosi quindi Fig. 4. Prospetto 16 in una fase successi- va. è significativo notare che le due cannoniere nella muratura posta a una quota superiore. L’in- presenti nel Prospetto 16 siano state realizzate in gresso avveniva attraverso una porta trasformata frattura (US -4 e US -55) nelle precedenti strutture attualmente in finestra e corrispondente, interna- murarie e rifinite in larga misura con un accurato mente, a una sorta di pianerottolo della scala eli- cuci-scuci che ne ha reso difficoltosa l’individua- coidale ricavata nello spessore del muro7. Esterna- zione; tuttavia, la suddetta tecnica non è stata uti- mente, poco al di sopra di questa finestra, è inoltre lizzata in modo omogeneo, ma affiancata a ben più visibile lo scasso a scomparsa per il ponte levatoio sbrigative martellature delle strutture precedenti, che permetteva l’accesso al mastio dal cammino di rifinite poi a sega e a scalpello, rendendo così pos- ronda della cortina muraria meridionale. sibile il rapporto di posteriorità delle postazioni di Altrettanto significativa per la ricostruzione del- tiro rispetto alle murature in cui sono ricavate. le vicende costruttive della Rocca risulta l’analisi L’analisi del mastio (fig. 5) non evidenzia ele- stratigrafica del Prospetto 2 (fig. 6), per lacom- menti di rilevanza particolare a causa dei diffusi in- plessa sequenza di attività costruttive e distrutti- terventi di restauro che ne hanno reso omogenea la ve susseguitesi nel tempo. Il Prospetto 2 presenta superficie muraria. Tuttavia emergono alcuni trat- nella parte più bassa due USM (USM 34 e USM ti significativi, benchè non siano collocabili in un 39) ascrivibili alla fase edilizia più antica qui indi- orizzonte cronologico preciso: in particolare pare viduata, caratterizzate dall’utilizzo della tipologia importante notare che la porta d’ingresso appare aperta in frattura nel prospetto murario, mentre 7 dell’accesso originario si conserva solo una traccia Palloni 1998, pp. 21-22.

116 La lettura degli elevati della Rocca

all’interno della torre di una feritoia murata dalla successiva addizione muraria (USM 21) risulta es- sere un utile indicatore dell’assetto originario della Rocca precedente alle ricostruzioni rinascimentali. La feritoia consentiva il tiro di fiancheggiamento della cortina ovest, a difesa della torre nord, in un periodo precedente alle modifiche apportate alla cinta muraria della Rocca che ne implicarono l’in- spessimento e la scarpatura della base. La torre nord (Prospetto 17) si configura come un puntone a gola aperta, articolato su due livelli dei quali l’inferiore in parte interrato dal terrapieno ri- nascimentale. La torre è stata interessata da nume- rosi interventi che non ne hanno alterato la fisiono- mia, permettendo una lettura pressochè completa (fig. 8). La struttura originaria conservata (USM 3 e USM 19) presenta stringenti analogie di posa in opera, modulo e tipologia architettonica con USM 3 del Prospetto 18. Le altre USM individuate sono ascrivibili a limitate risarciture della muratura e

Fig. 5. Panoramica del mastio alla ricostruzione del coronamento (USM 1). Il Prospetto 12 (fig. 9) presenta una situazione stratigrafica piuttosto semplice, caratterizzata da di apparecchiatura già individuata nel Prospetto una vistosa risarcitura in adiacenza alla torre nord 16 (Tipo 1). Appare interessante notare come l’ap- del Prospetto 17 (USM 2) e da recenti interventi parecchiatura testa-costa-costa in questo caso non di restauro (USM 17 e USM 19) impostati diret- venga rispettata in maniera rigorosa, ma sia suscet- tamente su una precedente fase pressochè unitaria tibile di modifiche imputabili alla necessità di rica- (USM 1) che interessa la massima parte del pro- vare buche pontaie a distanze regolari, rivelando spetto; si noti che USM 1 è assimilabile a USM quindi l’esistenza di una gerarchia di attività nelle 6 del Prospetto 16 per posa in opera e modulo dei tecniche costruttive. Su USM 34 e USM 39 si im- mattoni. Da un’osservazione attenta del prospetto postano una serie di successivi interventi costrut- appare evidente come quest’ultimo sia posteriore tivi volti a innalzare il paramento murario. L’area al corpo della torre nord-est (Prospetto 18), sia per dell’ingresso si configura come una complessa ad- l’ammorsatura realizzata con cuci-scuci, sia per dizione successiva alla cortina originaria, caratte- la netta sfalsatura nell’allineamento tra la cortina rizzata dalla presenza di due porte, una carrabile e nord e la limitrofa torre. Questo elemento induce a una pedonale, che dovevano essere dotate di ponti ipotizzare che il Prospetto 12 sia stato realizzato a levatoi, come attestato dalla presenza di monofore sostituzione di una struttura precedente che doveva pertinenti all’apparato di sollevamento. La succes- avere un allineamento lievemente diverso se non sione stratigrafica ha evidenziato una prima edifi- uno spessore maggiore. cazione relativa alla struttura principale (USM 17 e La torre di nord-est (Prospetto 18) presenta una USM 27), alla quale venne ammorsato un pilastro principale fase unitaria (USM 3) interessata da suc- di sostegno US 23, forse già durante lo svolgimento cessive risarciture della muratura (USM 4) e della dei lavori di costruzione. Una struttura aggettante ghiera dell’arco a sesto acuto (USM 2); malgrado (USM 1), di cui si conservano evidenti tracce, cul- siano evidenti recenti interventi di restauro (USM minava il prospetto, alloggiando presumibilmente 1 e US 5), questi ultimi non alterano l’integrità gli argani del ponte levatoio. della struttura (fig. 10). La particolarità della torre La peculiarità più rappresentativa del Prospetto è che in origine era caratterizzata da un notevole 7 (fig. 7) è la presenza dalla torre ovest (USM 1) slancio verticale, ora annullato dall’interramento allineata con l’attuale cortina muraria. La presenza rinascimentale della corte interna che ha portato

117 enrico ravaioli ad articolare la struttu- ra su due livelli men- tre invece l’impianto originale doveva pre- sentarsi a gola aperta. Inoltre appare eviden- te che la torre sia stata realizzata in preceden- za rispetto alle struttu- re che costituiscono il limitrofo Prospetto 16, in quanto una parte di quest’ultimo (USM 1) si pone in appoggio, obliterandone in par- te la luce inquadrata dall’arco a sesto acuto. L’indagine ha inte- ressato anche le galle- rie interne alla cortina muraria (figg. 11a-c), confermando l’ipote- si secondo cui la loro costruzione risalga al periodo in cui all’ori- ginario paramento verticale si aggiunse il nuovo con andamento a scarpa. Nella galle- ria nord-est, attraverso una lacuna nella volta, è possibile scorgere il Fig. 6. Prospetto 2 paramento verticale su cui è stata appoggiata la scarpa, costituita da una Sono infatti emersi numerosi spunti di riflessio- cortina laterizia ammorsata al paramento verticale ne che hanno permesso di delineare alcune ipotesi tramite dei setti murari. Lo spazio di risulta tra i sulle vicende costruttive del complesso monumen- due paramenti murari è stato colmato di terreno per tale. Sull’assetto del nucleo difensivo originario assorbire gli impatti dei proiettili senza appesantire di Acquaviva permangono numerosi quesiti che eccessivamente la struttura. inevitabilmente rimarranno insoluti malgrado le ricerche effettuate; tuttavia l’analisi stratigrafica degli elevati ha permesso di delineare un’ipotesi di Conclusioni sviluppo delle strutture della Rocca. Allo stato attuale della ricerca non risulta possi- Gli esiti della ricerca di archeologia dell’archi- bile individuare con precisione il momento della tettura eseguita sui prospetti murari della Rocca di fondazione della Rocca, sebbene gli scavi archeo- Acquaviva Picena non si sono rivelati sufficienti logici condotti dal Dipartimento di Archeologia per delineare una sequenza stratigrafica associata dell’Università di Bologna (2005-2006, ora Dipar- a una cronologia assoluta, ma hanno tuttavia per- timento di Storia Culture Civiltà) abbiano portato messo di formulare alcune ipotesi sulla possibile all’individuazione di una struttura muraria che, per datazione delle USM più significative. le caratteristiche tecniche e per la posizione pe-

118 La lettura degli elevati della Rocca

no stringenti confron- ti nella cinta muraria più esterna di Fermo, costruita tra il 1365 e il 136611. In parti- colare per i puntoni della Rocca si è pro- posta una datazione al XIV secolo12, ipotesi plausibile in base agli stringenti confronti disponibili a Fermo. Le torri nella versio- ne trecentesca dove- vano essere prive di scarpa alla base, ana- logamente al puntone della cinta muraria del castello, elemento desumibile dall’osser- vazione delle strutture della galleria setten- trionale, dove è evi- dente la verticalità dei prospetti murari

Fig. 7. Prospetto 7 della torre nord-est. Tuttora caratterizzate culiare sulla sommità del punto più elevato della da un notevole sviluppo verticale, le torri erano zona, potrebbe essere riconosciuta come una pri- culminate da un apparato a sporgere costituito da mitiva opera di fortificazione dell’area (XI secolo slanciati beccatelli e da un coronamento di merli a circa)8, forse identificabile con il castello menzio- terminazione bifida o a coda di rondine, conservati nato nel 10399. La prima attestazione certa della almeno fino all’inizio del XVIII secolo. Postazioni Rocca pare risalire al 1325, anno in cui nell’atto di tiro dovevano essere dislocate solo all’interno di vendita da parte di Francesco d’Acquaviva in delle torri e poste al livello della corte, destinate al favore di Fermo viene menzionata la presenza del tiro di fiancheggiamento per la difesa delle mura, cassero di Acquaviva10. In base all’analisi degli come testimoniato dalla presenza di una feritoia elevati, le strutture murarie conservate che testimo- tamponata nel puntone meridionale. L’impianto niano la fase più antica della fortificazione (Fase I) del mastio nella sua forma primitiva potrebbe es- sono rappresentate dalla torre quadrata di nord-est, sere anch’esso ascrivibile al fortilizio trecentesco, dal puntone nord e dal puntone ovest; questi ultimi, benchè non sussistano prove evidenti tali da con- tipologicamente affini, sono caratterizzati da una fermare l’ipotesi. pianta pentagonale e appartengono a una tipologia Successiva a tale momento iniziale si può indi- comunemente diffusa nelle Marche settentrionali viduare la Fase II, testimoniata dalla già ricordata e centrali, in particolare nel fermano, dove trova- muratura di Tipo 1 individuata nei prospetti 16 e 2, oltre che nella parete più interna delle gallerie settentrionale e occidentale. I dati in nostro posses- 8 Ravaioli, Vecchietti 2007b, pp. 126-127. Vd. anche il contribu- to di A. Baroncioni in quesro volume.

9 11 Nepi 1982, pp. 178, 640. Tomei 2002, pp. 70 ss.

10 12 Ivi, p. 200. Mauro, Tomei 2002, p. 160.

119 enrico ravaioli so, seppur frammentari, portano a ricostruire un assetto pressochè iden- tico a quello preceden- te, con alcune sfalsature nell’allineamento tra il tracciato delle corti- ne murarie originarie e quello delle nuove; tale discordanza è riscontra- bile presso la torre nord- est e il puntone ovest, dove la ghiera dell’arco a sesto acuto è in par- te coperta dal muro di cinta in appoggio. Non è ancora chiaro se il co- ronamento con apparato aggettante sia ascrivibi- le a tale fase oppure alla precedente, sebbene l’irregolarità nella co- struzione dei beccatelli potrebbe testimoniare un’addizione posterio- re a una situazione già consolidata. La Fase III è indivi- Fig. 8. Prospetto 17 duabile con certezza nel Prospetto 16, da cui si evince che vennero realiz- evidenziato dalla progressiva affermazione delle zati una serie di beccatelli sul prospetto interno, in artiglierie sui campi di battaglia, senza segnare parte coperti nella Fase IV dall’incamiciatura del dunque una cesura netta con l’architettura tipica- mastio. mente medievale. Tuttavia le modifiche apportate Nel corso della Fase IV si assiste a un progetto lasciano intravedere alcuni caratteri fondamentali di ammodernamento dell’apparato difensivo che della riforma dell’ingegneria militare del “perio- interessa tutto l’impianto fortificato della Roc- do di transizione” (seconda metà XV-prima metà ca: si tratta di una serie di interventi mirati che XVI secolo)13, introducendone i principi fondanti: apportano limitate trasformazioni al cassero tre- il profilo curvo e inclinato del paramento a scar- centesco, circoscritte alla realizzazione di scarpa pa per offrire ai proiettili d’artiglieria superfici di rinforzo alle cortine, del terrapieno nella corte sempre più sfuggenti, notevoli spessori murari per della Rocca e alla creazione di troniere per le ar- meglio assorbire l’impatto dei proiettili e nume- tiglierie. La fisionomia del fortilizio rimane pres- rose troniere orizzontali per un agile brandeggio sochè intatta, conservando torri e cortine murarie delle armi14. La Fase IV, considerata la tipologia di notevole sviluppo verticale, introducendo tutta- delle attività edilizie individuate, può essere as- via una serie di apprestamenti difensivi capaci di sociata al nome dell’architetto fiorentino Baccio evolvere il concetto di fortezza da semplice difesa passiva a macchina da guerra attiva. L’alta e mas- 13 siccia torre del mastio, sebbene rifasciata e muni- Cassi Ramelli 19962, pp. 324-326; vd. anche il contributo di E. ta di numerose postazioni di tiro, conserva l’im- Ravaioli sulle fasi edilizie del castello in questo volume. 14 pianto originario e il relativo limite formale, già Mauro 1985, p. 196.

120 La lettura degli elevati della Rocca

Fig. 9. Prospetto 12

Fig. 10. Prospetto 18

Pontelli che, tra il 1484 ed il 1487, apportò signi- gia dell’intervento trova conferma nel confronto ficative trasformazioni alla Rocca, adeguandola tipologico dei beccatelli polilobati del mastio, alle sopraggiunte necessità difensive imposte dal analoghi a quelli che ornano l’apparato a sporgere progresso della tecnologia militare15. La cronolo- delle torri cilindriche di Terra Nuova, espansione del castello di Acquaviva realizzata tra il 1486 e

15 Mauro, Tomei 2002, pp. 146-147, 154.

121 enrico ravaioli

Figg. 11 a-c. Tre immagini delle gallerie interne alla cortina muraria della Rocca

il 149416. la Rocca, riportandola all’aspetto rinascimentale: Le successive fasi individuate sono da identi- traccia di tale attività è visibile nei prospetti 7 e 17, ficarsi con i numerosi interventi di restauro che dove parte della cortina muraria è stata reintegrata. hanno interessato la Rocca, benchè non sia sempre L’intervento del 1974 ha interessato il Prospetto possibile individuare una corrispondenza precisa: 12, che è stato demolito e ricostruito in modo qua- degli interventi ricordati dalle fonti scritte nel 1505, si integrale, come peraltro evidenziato dall’analisi 1535, 1619, 1891-1894, 1955, 1974, 1993-199717, del paramento murario. Infine i lavori di restauro solo alcuni sono rintracciabili nella sequenza degli anni ’90 del XX secolo sono evidenti pres- stratigrafica muraria. L’intervento più consisten- sochè ovunque nei prospetti della Rocca, nella ri- te tuttora visibile è quello riferibile all’attività di stilatura della malta e nella copertura degli ultimi Giuseppe Sacconi che, al termine del XIX secolo, corsi di mattoni dei parapetti e dei camminamenti. intraprese un sistematico restauro integrativo del-

16 Ivi, p. 146.

17 De Cesare 2004-2005, pp. 22-29; Ead. in questo volume.

122 La lettura degli elevati della Rocca

Appendice. Ricostruzione tridimensionale Sebbene nella pratica il procedimento non si sia della Rocca di Acquaviva Picena rivelato effettivamente così speditivo e di sempli- ce realizzazione come ipotizzato sulle prime, il Lo studio di un complesso architettonico esteso risultato è stato considerato tuttavia soddisfacente e articolato come la Rocca di Acquaviva Picena per quanto riguarda le priorità di accuratezza del presuppone la possibilità di analizzare il monu- dato e di rapidità di elaborazione. Alla creazione mento nel suo sviluppo integrale, non solo a livello del modello 3D hanno concorso principalmente il planimetrico, ma soprattutto in un ambiente tridi- rilievo topografico planoaltimetrico realizzato nel mensionale. Fin dalle fasi preliminari di approccio corso delle campagne del Laboratorio di Rilievo analitico all’edificio è stata dunque evidente la ne- dell’Università di Bologna nel 2004 e del 2005, cessità di disporre di uno strumento che rispondesse e in misura minore un precedente rilievo archi- all’esigenza primaria di visualizzare la Rocca nel tettonico effettuato dalla Facoltà di Architettura suo insieme, fattore che non pareva esauribile con dell’Università di Pescara; l’integrazione dei due una tradizionale documentazione grafica e fotogra- diversi rilievi ha portato alla creazione di un mo- fica, data la vasta articolazione spaziale del fortili- dello ricostruttivo metricamente corretto e accura- zio. In linea con l’approccio multidisciplinare del to per quanto concerne gli elementi architettonici. progetto si è quindi ritenuto opportuno produrre un La ricostruzione tridimensionale virtuale ottenu- modello ricostruttivo tridimensionale dell’impian- ta ha quindi permesso di disporre di un modello to fortificato, strumento che permettesse una mag- che rispecchiasse lo stato attuale di conservazio- giore comprensione della Rocca e che al contempo ne, prestandosi al contempo alle elaborazioni con- potesse prestarsi a elaborazioni realizzate sulla base nesse all’analisi del complesso fortificato. Inoltre, dei dati raccolti dalla ricerca in oggetto18. La scelta il modello 3D è stato utilizzato come base per di utilizzare un software freeware come SketchUp sviluppare ipotesi ricostruttive dell’assetto della della @Last Software19 è stata determinata dalla vo- Rocca nel corso del Medioevo (fig. 12) e del Ri- lontà di rispettare i principi che hanno motivato il nascimento (fig. 13), evidenziando le sostanziali Laboratorio di Rilievo fin dalle prime esperienze, trasformazioni avvenute nel passaggio tra le due ovvero sperimentare applicazioni tecnologiche che epoche. Per raggiungere un tale livello di appro- rispondessero alle esigenze di semplicità di realiz- fondimento è stato necessario attingere da altre zazione e di applicazione all’oggetto dell’indagine. fonti informative, che andassero oltre i rilievi stru-

Fig. 12. Ipotesi ricostruttiva virtuale della Rocca nel XIV secolo Fig. 13. Ipotesi ricostruttiva virtuale della Rocca alla fine del XV secolo 18 Baroncioni, Boschi, Ravaioli 2005, pp. 124-125; Ravaioli, Vecchietti 2007a, pp. 210-212; Ravaioli, Vecchietti 2007b, pp. 123-124. 19 Ora Google SketchUp (it.wikipedia.org/wiki/SketchUp).

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Fig. 14. Esempio di lettura stratigrafica degli elevati in contesto 3D mentali dell’esistente, rivolgendosi quindi ai risul- rappresentare la principale utenza dello strumento. tati ottenuti dall’analisi stratigrafica degli elevati e Un’altra delle elaborazioni rese possibili dalla mo- dallo studio dei caratteri peculiari dell’architettura dellazione trimensionale dell’impianto fortificato militare della Rocca. I modelli tridimensionali così è rappresentato dalla visualizzazione delle letture ottenuti si presentano quindi come una ricostruzio- stratigrafiche dei diversi prospetti in un’unica so- ne ipotetica dell’originale, ma caratterizzati da una luzione. Applicando infatti i fotopiani prospettici stringente attinenza al dato reale. Infine è opportu- al modello come se fossero texture è possibile pro- no ricordare come la ricostruzione tridimensionale durre una ricostruzione realistica della situazione rappresenti uno strumento di divulgazione capace stratigrafica, permettendo al contempo di creare di consentire un approccio conoscitivo al comples- una periodizzazione delle USM in un contesto più so architettonico anche ai non addetti ai lavori, ov- ampio (fig. 14). vero ai visitatori del monumento che potrebbero

124 La lettura degli elevati della Rocca

Bibliografia

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Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 127-137

Lo scavo archeologico nella piazza d’armi della Rocca

andrea baroncioni Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

L’apertura di due saggi di scavo (fig. 1) all’in- terno della corte della Rocca di Acquaviva, oltre a costituire un passo verso la conoscenza delle vi- cende storiche dell’edificio1, rappresenta una felice eccezione nel panorama dell’archeologia medieva- le delle Marche. Se infatti la disciplina vive per molti versi un momento felice in questo ambito regionale2, sono relativamente pochi, al momento in cui si scrive questo contributo, gli studi relativi all’edilizia in materiale deperibile e in particolare all’associa- zione castello-edilizia povera che costituisce un valido indicatore per la lettura di processi storici più generali3. L’apertura di due saggi, anziché di uno scavo estensivo, è il frutto della volontà di mantenere la fruibilità della Rocca (fig. 2), cercando una sinergia Fig. 1. Localizzazione dei due saggi di scavo (in grigio) all’interno tra archeologia, valorizzazione del sito e fruizione della corte interna della Rocca (in giallo). in arancio, l’ingombro delle muratiure del monumento turistica. è comunque indubbio che questa scelta ponga problemi nell’interpretazione delle evidenze zialità del deposito sepolto4. forzatamente indagate in maniera solo parziale, pur Lo scavo ha permesso di comprendere come i consentendo, comunque, di valutare le forti poten- lavori di ammodernamento delle difese della Roc- ca, effettuati sullo scorcio del XV secolo, abbiano coinciso con un sostanziale riassetto anche dello

1 i saggi sono stati effettuati nelle campagne 2005 e 2006 del Laboratorio di Topografia del Dipartimento di Archeologia 4 la forma e la posizione dei saggi sono state determinate dalla dell’Università di Bologna, oggi Dipartimento di Storia Culture presenza di sottoservizi, che non è stato possibile interrompere, Civiltà. Sulle problematiche relative allo studio del complesso e dalla vicinanza della cisterna (al di sotto del pozzo al centro della monumentae vd. Baroncioni, Boschi, Ravaioli 2005, p. 117. Più in piazza d’armi), il cui taglio, realizzato in epoca moderna, ha distrut- dettaglio, si sono allargati i limiti del saggio già precedentemente to le stratigrafie superstiti di epoca altomedievale e medievale. indagato nel 2005, indicato nella pianta in fig. 1 come settore Sono presenti in entrambi i saggi le US 0-2 (500-502 nel Setto- sud-ovest (Settore SO) e aprendo un nuovo settore di scavo re SE), testimoni delle ultime vicende che hanno interessato la nell’area sud-est (Settore SE). Rocca nell’epoca moderna e contemporanea: sostanzialmente 2 abbandonata e in disuso dai primi decenni dell’800, essa venne Gnesi 2007, con bibl. prec. Sull’archeologia dei castelli del adibita a svariati utilizzi (magazzino, fienile, abitazioni, giardino, ci- Montefeltro: Cerioni 2009 ed Ermeti, Sacco, Vona 2008, entram- bi con ampia bibl. prec. sterna: Marozzi 1998, pp. 19-20); la pavimentazione più recente (US 0-1) è stata realizzata attorno agli anni Settanta del ’900, in 3 Valenti 2008, pp. 75-79. Vd. anche l’analisi del contesto di occasione della riconversione dello stabile in spazio all’aperto Santa Maria in Portuno (Corinaldo, Ancona) in Baroncioni 2010. con discoteca e ristorante (Borzacchini 1998, p. 39). andrea baroncioni

Fig. 2. Uno dei due saggi aperti nella Rocca nel 2006 (sud-ovest). Visibile la struttura muraria USM 1059, in ciottoli legati da calce spazio corrispondente all’attuale corte interna, o Nella parte settentrionale del saggio sud-ovest piazza d’armi5. (Settore SO, fig. 4) l’asportazione del deposito, Il cantiere per la realizzazione del terrapieno del- perpetrata nei secoli recenti, quando la Rocca la corte, condotto contestualmente alla rifasciatura fu impiegata per varie funzioni7, ha prodotto un delle cortine murarie e all’asportazione di parte del profondo scasso che ha comportato la perdita di deposito già presente, ha prodotto un livellamento gran parte del potenziale informativo di questo dell’area (fig. 3), che doveva presentare in antico settore. La rimozione dei piani di calpestio antichi un aspetto altimetricamente molto più mosso di rende poi difficilmente contestualizzabili due quello riscontrabile attualmente6. profonde buche, i cui riempimenti non hanno

5 Palloni 1998, p. 27. Si tratta dei lavori di aggiornamento L’US 509 è interpretabile come il riempimento-terrapienatura dell’architettura militare del complesso nei confronti delle più dell’interno della piazza d’armi conseguente all’aggiornamento recenti innovazioni delle tecniche obsidionali del cd. “periodo dell’architettura della Rocca rispetto alle rinnovate tecniche os- di transizione”, descritto in dettaglio da E. Ravaioli nei suoi due sidionali: per offrire una più efficace resistenza alle armi offensi- contributi in questo volume. ve rinascimentali, le mura perimetrali vengono fasciate con una

6 poderosa scarpa in muratura, e il piano di calpestio della corte Al di sotto dell’attuale pavimentazione (UUSS 500-501), è interna viene cospicuamente rialzato tramite successivi riempi- stato rinvenuto, coperto dal deposito di coltivo scuro (US 502), menti. È interessante notare che i riempimenti componenti l’US un pacco di terriccio a matrice sabbioso-argillosa di colore gial- 509 presentano tutti una pendenza in direzione SE, e nell’area lo-ocra (US 505), che copre un sottile strato di battuto di calce del Settore SE la terrapienatura risulta molto più potente che (US 506, quota di ca. -1,10 m dall’attuale p.d.c.) interpretabile nel Settore SO (US 1052, vd. infra): tale dato risulta indicativo del come la pavimentazione della Rocca realizzata dopo il rialza- fatto che le mura della Rocca fasciavano la cima del dosso, che mento tardoquattrocentesco del piano di calpestio della piazza evidentemente presentava il versante di maggiore strapiombo, d’armi. Il pavimento US 506 è stato rinvenuto alla stessa quota necessitante della massima quantità di materiale di riporto per nel Settore SO (US 1091 in fig. 8).S igillato dall’US 506 è presen- il livellamento, proprio in corrispondenza del Settore SE (fig. 3). te un potentissimo strato composto da terreno a matrice sab- bioso-argillosa con ciottoli, frustuli carboniosi e rari frammenti 7 Vd. gli interventi di S. De Cesare ed E. Ravaioli in questo ceramici (US 509), che scende oltre i -3,20 m dall’attuale p.d.c. volume.

128 Lo scavo archeologico nella piazza d’armi della Rocca

Fig. 3. Settore SE, sezione ovest. In grigio, il potente strato di terrapienatura operato per regolarizzare e rialzare il piano di calpestio della corte interna della Rocca (fine del XV secolo)

Fig. 4. Settore SO, planimetria generale con evidenziazione delle USM citate nel testo restituito materiale diagnostico8. Altrettanto Meglio conservato appare il settore sud-est del significativa appare la presenza di una struttura medesimo saggio (fig. 4), dove il verso di deposi- (USM 1059) in ciottoli e calce terrosa giallastra. zione degli strati scavati e il differente spessore del terrapienamento tardoquattrocentesco mostrano chiaramente come la parte sudorientale della corte 8 si tratta delle buche individuate con i numeri -9 e -1116 (tagli). fosse caratterizzata dalla presenza di un dosso che

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Figg. 5-6. Il saggio di scavo denominato Set- tore SO in due vedute: da nord (in alto) e da est (a sinistra)

130 Lo scavo archeologico nella piazza d’armi della Rocca declinava da sud-est verso ovest. In corrispondenza di questo dosso lo scavo ha consentito di mettere in luce una serie di livelli di frequentazione, di seguito brevemente descrit- ti (US 37), di quello che può essere interpretato come un edificio in materiale deperibile caratte- rizzato da una lunga continuità di vita o, in alter- nativa, di due edifici distinti e sovrapposti con la stessa destinazione d’uso, caratterizzata dalla pre- senza di un semplice focolare impostato diretta- mente sul terreno. Fig. 7. Il catino coperchio durante il rinvenimento (US 73) La lettura di queste evidenze è ostacolata, oltre che dai lavori tardorinascimentali, dalla presen- za di un edificio in laterizio (USM 29, figg. 4-6), pensare che questo piano sia derivato da semplici rinvenuto parzialmente, e da una fossa per lo spe- cataste di legna fatte ardere direttamente a contat- gnimento della calce pertinente all’edificio stesso: to con il suolo. questi interventi hanno intaccato in profondità i Non sono stati rinvenuti, qui e nei depositi sot- depositi archeologici preesistenti. Di questa strut- tostanti, resti prodotti dal disfacimento di intona- tura (USM 29), posta nell’angolo nordorientale del cature in terra o altri tipi di rivestimento, mentre la saggio di scavo9, sono stati messi in luce due pareti mancanza di chiodi deve essere riferita a un largo perpendicolari in laterizi, di cui una caratterizzata impiego di legacci in materiale deperibile o punto- dalla presenza di un arco di scarico a sesto acuto ni in legno, che non hanno lasciato traccia. Questo che con tutta probabilità andava ad appoggiarsi livello di frequentazione (US 73) ha restituito un al lato nordorientale della Rocca. Il riempimento catino coperchio (fig. 7) inquadrabile tra IX-X se- della fossa di spogliazione dell’USM 29 non ha colo11 oltre ad alcuni frammenti di pareti di cerami- restituito materiale datante, ma un frammento di ca depurata riferibile probabilmente a un orizzonte ceramica graffita rinascimentale, collocabile tra la cronologico più tardo. fine del XV e l’inizio XVI secolo, è stato rinve- è difficile ricondurre le evidenze rinvenute a una nuto in uno degli strati tagliati dalla fossa e costi- tipologia costruttiva precisa. La profonda fossa tuisce un terminus post quem per la datazione di con un nucleo in conglomerato si trova sul prolun- questa struttura10. gamento della struttura in ciottoli legati con una Scavati i riporti tardorinascimentali, al di sot- malta molto terrosa (USM 1059), rinvenuta a li- to dell’US 35, costituita da un deposito a matri- vello delle fondazione nella parte settentrionale del ce limo-sabbiosa di colore scuro con un numero saggio, ma la reciproca pertinenza di queste due considerevole di ciottoli e conci appena sbozzati, evidenze non trova conferme su basi stratigrafiche, riferibili con buona probabilità alla demolizione anche a causa delle condizioni molto rimaneggiate di una struttura, è stato rinvenuto un primo piano in cui ci è giunta l’area di scavo. di frequentazione (US 73, fig. 8): si tratta di un Particolarmente interessante, inoltre, appare riporto scuro, caratterizzato dalla presenza di una il rinvenimento di una piccola fossa di forma profonda fossa di forma sub-circolare, riempita circolare con pareti poco inclinate e fondo piatto parzialmente da un nucleo in malta poco tenace che taglia sempre il livello di frequentazione (US e ciottoli e da un focolare. La mancanza di una 80): pareti e fondo appaiono rubefatti, a tratti quasi struttura o di una semplice fossa terragna fanno vetrificati da una forte esposizione al calore (fig. 9). Nel riempimento della fossa, caratterizzato dalla presenza di una cospicua quantità di resti carboniosi, 9 Questa struttura è posta in corrispondenza dell’edificio indi- si segnala il rinvenimento di numerosi frammenti cato come “Chiesa di Santa Barbara” nella veduta a volo d’uccello della Rocca redatta nel 1708 da L.F. Marsili. Vd. i contributi di S. De Cesare ed E. Ravaioli in questo volume, e Marozzi 1998, p. 11. Sui materiali provenienti dallo scavo, vd. G. Assenti in questo volume. 11 Ravaioli, Vecchietti 2007, p. 215. Vd. anche Assenti in questo. 10 Baroncioni, Boschi, Ravaioli 2005, pp. 120-121. volume, US 73, n cat. 2006/500.

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Fig. 8. Settore SO, sezione dei lati sud-ovest e sud. In colore, le principali US, a cui si fa riferimento nel testo

caso immediatamente a ridosso di un focolare, e interpretata come punto per l’allocazione di olle/ pentole parzialmente o completamente ricoperte dai carboni ardenti13: questo sistema di cottura è stato ricondotto alla necessità di lunghe esposizioni al calore dei cibi, in particolare a quelle riservate alle carni ovine, dato che testimonia specifiche abitudini alimentari14. Le analisi a cui è stata sottoposta la pentola rin- venuta nel corso dello scavo permettono di ascri- vere questo reperto alle cave delle Alpi centrali e al Gruppo D della classificazione Mannoni-Pfei- fer15. Questo rinvenimento sembra inserirsi in un quadro piuttosto coerente, che vede da un lato la mancanza di rinvenimenti di contenitori in pietra ollare provenienti dall’arco alpino nordoccidentale Fig. 9. Settore SO, piccola fossa di forma circolare con pareti incli- nate e fondo piatto, rubefatti a causa della forte esposizione in area padana in contesti posteriori alla metà del al calore (si tratta di due focolari posti uno al di sopra dell’altro) VII secolo16 e, dall’altro, individua nel rinvenimen- to in Toscana di contenitori in pietra ollare prove- di una pentola in pietra ollare12. Questa piccola nienti dalle Alpi centrali un marcatore cronologico fossa sembrerebbe trovare un preciso confronto di X-XI secolo17. Sempre dalle Alpi centrali, inol- con un’analoga rinvenuta a Pescara, in questo tre, proviene una serie di contenitori rinvenuti in Abruzzo e Marche, recentemente oggetto di analisi

12 la pentola, di forma troncoconica, si caratterizza per la resa delle pareti esterne a scanalature ad arco di cerchio alte tra i 0,2 13 Staffa 1998. e i 0,3 cm. Le pareti sono spesse tra i 0,9 e i 1,2 cm, con orlo indistinto, lievemente assottigliato nella parte terminale, e pre- 14 Vd. il contributo di F. Visani in questo volume. sentano tracce di fumigazione e concrezioni. Al disotto dell’orlo 15 è presente un listello alto circa 0,8 cm che sporge dal corpo Mannoni, Pfeifer, Semeels 1987. Vd. anche il contributo di O. del vaso di circa 0,2 cm. La porzione di listello conservata non Francioni in questo volume. presenta tracce riferibili alla presenza di un nastro metallico. Lo 16 Malaguti 2005, p. 173. spazio tra orlo e listello è liscio. Vd. anche il contributo di G. 17 Assenti in questo volume. Alberti 2009, p. 632.

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petrografiche ma di cui purtroppo è fornita una da- to trovato un secondo (US 76), simile al preceden- tazione generica tra X e XIV secolo18. te per colore e consistenza. Questo era tagliato da Le caratteristiche morfologiche e petrografiche due buche di palo (ben visibili in figg. 10-11), di di questa pentola, quindi, permettono di collocarla forma circolare, senza zeppe o tracce di riuso, con prudentemente tra IX e X secolo19, periodo in cui i un diametro compreso tra 20-30 e 60 cm: la pre- centri che si affacciavano sull’Adriatico centrome- senza di consistenti tracce carboniose nel riempi- ridionale, e nello specifico quelli della costa mar- mento è riconducibile a pali lignei rimasti in loco, chigiana, erano interessati da scambi commerciali, o solo parzialmente asportati, dopo l’abbandono svolti molto probabilmente via mare, che li met- della struttura22. Le limitate dimensioni dell’area tevano a contatto con i centri produttori di conte- di scavo non ci consentono di ipotizzare quale svi- nitori in pietra ollare delle Alpi centrali20. Sarebbe luppo planimetrico potesse avere quest’edificio, interessante comprendere inoltre se questi prodotti né quale funzione architettonica avessero i pali poi dalla costa fossero commercializzati anche nei che riempivano queste buche. Questo secondo pia- centri dell’entroterra, secondo analoghe dinamiche no di frequentazione appare caratterizzato inoltre ipotizzate per la Toscana21. dalla presenza di un semplice focolare a terra, po- Lo strato di frequentazione che stiamo analizzan- sto esattamente in corrispondenza del precedente do (US 73), in sintesi, con il focolare individuato (fig. 9). sulla superficie e la piccola fossa con i frammenti L’asportazione dell’US 76 ha messo in luce una della pentola in pietra ollare (fig. 9), sembra costi- buca, di diametro leggermente maggiore delle pre- tuire un contesto unitario databile al X-XI secolo, cedenti, posta grossomodo al centro dell’area. sulla base delle considerazioni precedenti sulla pie- tra ollare e al rinvenimento del catino coperchio. L’elemento che pare emergere chiaramente dallo Al di sotto di questo primo piano di vita ne è sta- scavo è la lunga e complessa diacronia dell’occu- pazione del sito, dato enfatizzato dal rinvenimento, nella parte più bassa del deposito, di un frammento 18 Santi, Antonelli, Renzulli 2005. di ceramica costituito da un fondo ad anello in ver- 19 23 Malaguti 2005, pp, 173-179, con ampia bibliografia di rife- nice nera che, in via del tutto ipotetica, potrebbe rimento. 20 Per la diffusione e i rinvenimenti di contenitori in pietra ollare nell’Italia adriatica centro-meridionale vd. Staffa 1986; Al- 22 berti 1997; Staffa 1991; Id. 2000; Id. 2004; Id. 2005; Ebanista 2009. Valenti, Fronza 1997, pp.172-173; Valenti 2008 p. 80.

21 23 Vd. Alberti 2009. Vd. Assenti in questo. volume, US 113, n cat. 2006/243.

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Fig. 10. Settore SO, veduta generale da sud-est. Nella parte alta dell’immagine di vedono le buche di palo in US 76

Fig. 11. Settore SO, veduta generale da est. Si noti l’arco di scarico della struttura USM 29

134 Lo scavo archeologico nella piazza d’armi della Rocca attestare una qualche frequentazione del sito già a La sommità del colle deve aver rappresentato un partire dal I secolo a.C.24 luogo con una naturale vocazione ad accogliere Le strutture in materiale deperibile precedenti l’insediamento umano, anche con destinazio- all’impianto pienamente medievale della Rocca ni d’uso diverse26. In conclusione, se i dati che sembrano legittimare l’ipotesi che, anche in que- ci giungono dai molti castelli scavati in Toscana sto scorcio delle Marche meridionali, sul colle di permettono di comprendere che l’incastellamento Acquaviva, come nel vicinissimo Abruzzo e in interessò soprattutto realtà insediative preesistenti Toscana, si siano sviluppate quelle dinamiche del e stabilmente popolate27, lo studio, condotto attra- popolamento che portarono a una precoce occu- verso ricognizioni territoriali e l’analisi delle fonti pazione di determinati siti, in particolare d’altu- scritte, sembra confermare per le Marche meridio- ra, che saranno oggetto di incastellamento a par- nali questa stessa tendenza28. Le scelte insediative, tire dal X secolo. In particolare, per l’Abruzzo cioè, sembrano rispondere principalmente a strin- teramano, l’incastellamento «non sembrerebbe genti motivazioni geografiche e ambientali, che presentarsi come un momento di rottura così im- hanno portato il popolamento a persistere anche mediato e totale con le precedenti forme di oc- in epoca medievale in siti occupati in età romana cupazione del territorio, ma piuttosto una fase di e picena29: è quindi possibile, come documentato riassetto in cui confluiscono nuove fondazioni, anche in Toscana, che «ragioni simili spinsero, a centri d’altura già esistenti, strutture insediative distanza di secoli, popolazioni rurali, culturalmen- localizzate in aree occupate in epoca romana»25. te diverse, ad adottare scelte insediative in parte La persistenza dell’occupazione della parte som- sovrapponibili»30. mitale del colle sembra principalmente il frutto del- la capacità dell’ambiente di condizionare le logiche del popolamento in epoche anche molto lontane.

26 Settia 2007, p. 29.

27 Francovich 2004, p. XVII.

28 Antongirolami 2005, p. 334.

24 29 Vd. il contributo di G. Assenti in questo volume. Staffa 1996, p. 319.

25 30 Staffa 1986, p. 459. Francovich 2004, p. XVI.

135 andrea baroncioni

Bibliografia

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136 Lo scavo archeologico nella piazza d’armi della Rocca

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137

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 139-177

Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

GILda assenti Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna

Alcune considerazioni sulle ceramiche da In riferimento alle ceramiche rivestite, si eviden- Acquaviva Picena zia una prevalenza delle ceramiche smaltate sul- le ingobbiate, queste ultime perlopiù graffite. Per Lo studio dei reperti provenienti dai due settori quanto riguarda le smaltate – definizione entro cui di indagine aperti negli anni 2005 e 20061 è stato ricadono le maioliche arcaiche, le produzioni rina- preceduto da una fase di selezione del materiale da scimentali e post-rinascimentali – il quadro, sebbe- trattare: sono stati presi in considerazione, infat- ne si tratti di un nucleo ristretto, appare articolato. ti, solo i reperti più significativi ai fini dello stu- La maiolica arcaica è scarsamente attestata e in dio, come orli e pareti decorate, mentre sono stati contesti non affidabili: purtroppo si tratta di fram- esclusi da questa trattazione i materiali provenienti menti poco indicativi, che non permettono valuta- dalle pulizie superficiali dell’area, che hanno re- zioni in merito ai luoghi di produzione4. Più con- stituito ceramiche smaltate, invetriate, ingobbiate sistenti risultano, invece, le smaltate policrome di graffite, ma anche pietra ollare e tegami riferibili a epoca rinascimentale e post-rinascimentale, rap- un orizzonte cronologico medievale2. presentate in maggioranza da pareti; esse presen- Pur rimandando al catalogo per la trattazione dei tano decori tipici dell’area centro italica, come il singoli pezzi e la bibliografia specifica di confronto, motivo a scalette ed elementi floreali nelle tonalità pare opportuno, in questa sede, fare alcune osser- del blu, affiancati da esiti ornamentali che riman- vazioni preliminari sulla cultura materiale emersa. dano in modo specifico, invece, alle fabbriche del Lo studio dei pezzi è stato condotto facendo ri- sito produttivo di Castelli5. Si ricordano, a titolo ferimento, per le singole classi ceramiche, a quan- esemplificativo, la decorazione ad archetti arancio- to già noto in regione, per poi ampliare lo spettro ni sulla ciotola in maiolica compendiaria 2006/4 di confronto con i territori limitrofi, quali Lazio, (fig. 5, n. 5), o il motivo a scalette, affiancato da -al Abruzzo ed Emilia-Romagna. Bisogna evidenzia- tri elementi ornamentali nei colori del blu, arancio re, però, la mancanza, nel territorio marchigiano, di pubblicazioni riguardanti le ceramiche medievali e rardi 1997; Ciaroni 2004. post-medievali da contesti stratigrafici, mentre sono 4 note corpose sintesi sulle maioliche di produzione Per la diffusione della maiolica arcaica nelle Marche si veda Blake 1972, pp. 366-367, 372; Gelichi 1992a, p. 13; Ermeti 1997, 3 regionale, ma provenienti da collezioni o sterri . pp. 19-29, con particolare riferimento a p. 29 per le osservazioni in merito ad Ascoli Piceno. 5 il centro produttivo di Castelli (Teramo), piccolo borgo lo- 1 Vd. il contributo di A. Baroncioni in questo volume. calizzato alle pendici del Gran Sasso d’Italia, è noto per la pro- 2 la documentazione grafica e fotografica è a cura di chi scri- duzione di ceramiche ingobbiate graffite e smaltate, le prime ve; i colori della argille delle ceramiche sono stati indicati facen- prodotte probabilmente già a partire dalla fine del XIV-inizi XV secolo, le altre dalla prima metà del ‘500. Per un inquadramento do riferimento alla tavola Munsell 2000. generale si rimanda a Le maioliche cinquecentesche di Castelli 3 Ci si riferisce alle pubblicazioni inerenti alle maioliche delle 1989; De Pompeis 1989a; Ricci 1989a; Pannuzi 1997; De Pompeis Marche settentrionali, con particolare riferimento alle produzio- 2005; per le indagini archeologiche condotte presso le fabbri- ni di Pesaro, Urbino e Casteldurante; vd., a titolo esemplificativo, che castellane De Pompeis, De Collibus, Franceschilli 1981; De Papagni 1978; Maioliche Pesaro 1979; Berardi 1984; Fiocco, Ghe- Pompeis 1985. gilda assenti e giallo, riscontrato nei pezzi 2006/244 e 2006/245 e dei suo collaboratori in merito alle produzioni (fig. 27, nn. 1-2). Un discorso analogo vale per il medievali dal territorio abruzzese12. motivo decorativo ad archetti sulle ceramiche in- I reperti che rientrano in queste classi, collocabili gobbiate graffite, per il quale pare di riconoscere fra IX e XI secolo, con alcune persistenze fino al nuovamente una stretta connessione con il cen- XIII, costituiscono la maggioranza del materiale tro produttivo di Castelli6, dove sono noti bacini rinvenuto e si segnalano per una certa omogenei- analoghi per forma e decorazione al frammento tà delle caratteristiche tecniche. Essi presentano, 2006/9 (fig. 6, n.1). Non mancano, però, pezzi che infatti, impasto duro e non sempre ben depura- mostrano maggiori affinità con il repertorio morfo- to, frequentemente con inclusi bianchi calcarei e logico e ornamentale della graffita di area padana, brillanti micacei, raramente scuri, mentre il colore come testimoniato dai frammenti 2006/413 (fig. 1, dell’argilla varia dal rosso al marrone, spesso an- n. 2), 2006/440 (fig. 4, n. 2), 2006/10 (fig. 6, n. 2), che nello stesso pezzo, con frammenti che presen- 2005/91 (fig. 12, n. 1)7; in particolare, il motivo a tano corpo esterno rosso-marrone e sezione interna denti di lupo riconosciuto sulla coppa 2006/10 pare grigia. La difformità riscontrata sui singoli reperti estraneo alle fabbriche castellane. Si segnala, infi- è indice di un ambiente di cottura non omogeneo, ne, il frammento di catino in ceramica ingobbiata con temperatura e apporto di ossigeno incostanti. graffita monocroma verde 2006/96,100,101 (fig. 6, Per quanto riguarda la distinzione effettuata nel ca- n. 3) che, al momento, sembra riconducibile a una talogo fra uso domestico e da fuoco, essa si basa produzione veneta. essenzialmente sulla presenza o meno di tracce di Per quanto concerne le ceramiche invetriate post- annerimento dovute all’esposizione a fonti di calo- medievali, si riscontrano sia tipologie da mensa sia re, sebbene tale criterio non sia totalmente affida- da fuoco, con un repertorio formale in accordo con bile, data la conservazione esigua dei frammenti. quanto noto dalle indagini archeologiche dell’Emi- Tuttavia, dal momento che forme identiche veni- lia-Romagna e del Lazio, come esemplificato dai vano usate tanto per la cottura dei cibi quanto per frammenti 2006/400 (fig. 3, n. 1), 2006/401 (fig. 3, la conservazione, la differenziazione non influenza n. 2), 2006/412 (fig. 1, n. 1), 2006/441 (fig. 4, n. 1), la definizione cronologica. I reperti si presentano, 2006/2 (fig. 5, n. 2), 2006/67 (fig. 17, n. 2). inoltre, in grande maggioranza lisci, ma non man- Un’attenzione particolare, però, merita il nucleo cano esemplari decorati; anche in tal caso risulta costituito dalle ceramiche comuni di uso domesti- impossibile, vista la frammentarietà del materiale, co e da fuoco di epoca medievale. Anche in questo definire se i pezzi rinvenuti privi di decorazione caso, come già osservato in via generale, si lamen- fossero realmente tali. Tale dubbio nasce da due ta un’assenza di studi specifici su tali classi cera- considerazioni: la prima è la compresenza, negli miche nel territorio marchigiano, a esclusione di strati, di orli lisci con numerose pareti decorate, alcuni lavori pioneristici di Liliana Mercando8 e forse pertinenti agli stessi orli, ma non ricostruibili Gabriella Maetzke9 e una recente sintesi di Maria (fig. 14, n. 7; fig. 32, n. 9); la seconda è che, gene- Cecilia Profumo10. Pertanto si è fatto ricorso all’ab- ralmente, tale lavorazione si sviluppa dalla spalla bondante documentazione di area laziale, con par- del vaso verso il fondo. La decorazione è costituita ticolare riferimento alle pubblicazioni della Crypta da sottili linee incise, rese probabilmente duran- Balbi11, e ai recenti studi di Andrea Rosario Staffa te la lavorazione del pezzo mediante l’utilizzo di uno strumento a pettine, come rilevabile nelle olle 2006/273 (fig. 29, n. 1), 2006/408 (fig. 32, n. 2), 6 la probabile connessione fra le ingobbiate graffite delle Mar- 2006/405 (fig. 32, n. 5), ma anche nelle forme aper- che centro-meridionali e i centri produttori dell’Italia centrale, te, quali tegami, catini, ciotole e forni-coperchio, quali Todi e, soprattutto, Castelli, è già espressa in Gelichi 1986a, pp. 399-401; Gelichi 1992a, pp. 15-16. esemplificati da 2006/253 (fig. 27, n. 6), 2006/181

7 Gelichi 1992a, p. 15. (fig. 14, n. 5), 2006/45 (fig. 15, n. 1), 2006/75 (fig.

8 17, n. 4), 2005/43 (fig. 7, n. 1), 2005/44 (fig. 7, n. Mercando 1970.

9 Maeztzke 1978.

10 Profumo 2004. 12 in particolare Staffa 1991; Staffa, Odoardi 1996; Staffa 11 Manacorda et al. 1986; Ricci 1990. 2004; Siena, Terrigni 2004.

140 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

2), 2006/198 (fig. 16, n. 2), 2006/199 (fig. 16, n. quelle a vetrina sparsa: la produzione di vasi con 3). Alcune pareti, come quelle rinvenute in US 38 argille che variano dal rosso al marrone, con pre- (fig. 14, n. 7), mostrano una lavorazione “a stuoia”, senza di inclusi bianchi e micacei, è tipica dell’area ossia con fasci di linee dall’andamento differente abruzzese16, ma si riscontra anche nel materiale da che ricoprono la superficie del vaso, ben nota nella Acquaviva e in reperti, afferenti allo stesso oriz- produzione abruzzese di questo periodo13. zonte cronologico, venuti in luce nel settore cen- Dalle considerazioni in merito alle ceramiche trale della regione, come testimoniano le recenti acrome di questo orizzonte cronologico non posso- indagini presso il sito di Santa Maria in Portuno- no essere scisse le produzioni a vetrina sparsa, di Corinaldo (Ancona)17. Tuttavia si può osservare cui sono stati rinvenuti solo due manufatti; essi pre- come il materiale proveniente da Corinaldo, ancora sentano vetrina giallo-verdastra, concentrata solo in corso di studio, al momento non sembri presen- in alcuni punti, generalmente in corrispondenza tare motivi decorativi incisi come quelli riscontrati dell’orlo. Si può osservare che il repertorio formale, ad Acquaviva e nelle produzioni abruzzesi. Pare di sebbene si tratti di frammenti di dimensioni ridotte, rilevare pertanto che, sebbene il repertorio formale non sembra discostarsi da quello della produzio- adottato da tali produzioni coincida nel territorio ne in ceramica comune coeva, trattandosi di olle o centrale e meridionale della regione, le caratteristi- probabili brocche con orlo leggermente svasato e che decorative dei reperti da Acquaviva leghino il arrotondato; il fenomeno della produzione di forma territorio ascolano alla realtà abruzzese, come già analoghe, sia rivestite sia acrome, è ben attestato osservato in precedenza per le produzioni rivestite anche in Abruzzo14. A ulteriore riprova della con- medievali e post-medievali. Ulteriore spia di que- nessione stretta fra le due produzioni è l’analogia sta differenziazione sembra essere il materiale pro- del corpo ceramico, che nei frammenti a vetrina veniente da Matelica (Macerata)18, dove il vasella- sparsa si presenta anch’esso con inclusi micacei me, frequentemente conservato per buona parte del frequenti e colore delle argille che varia dal rosso profilo, non mostra una decorazione esterna della al marrone. Proprio le somiglianze elencate induco- superficie, in accordo con quanto emerge attual- no a non escludere con certezza che materiale clas- mente dagli scavi di Santa Maria in Portuno. Tali sificato come ceramica comune di uso domestico ipotesi andranno comunque verificate ampliando sia in realtà ceramica a vetrina sparsa, di cui si è il panorama sullo studio di tali classi ceramiche e conservato un frammento privo di rivestimento. Si potendo fare riferimento a un campione regionale può pertanto ipotizzare che le produzioni acrome e più ampio. a vetrina sparsa fra IX e XII secolo circa dell’Italia centrale fossero piuttosto standardizzate e, sebbe- Un breve accenno meritano anche i materiali ro- ne esistessero certamente centri produttori diversi mani e tardoantichi/altomedievali venuti in luce. sparsi nel territorio, il repertorio formale fosse piut- Nel primo caso il materiale a disposizione è scar- tosto ridotto, per favorire una produzione in serie15. so: si tratta di due fondi in ceramica a vernice nera Un’ultima riflessione meritano, infine, gli impa- e un frammento di parete, chiaramente residuali, sti con cui sono realizzate le ceramiche comuni e che possono, per le caratteristiche dell’argilla, ro-

13 16 il motivo decorativo a stuoia appare in Abruzzo fra IX e X si veda, per le produzioni acrome di IX-X secolo, Staffa secolo ed è ampiamente diffuso fra XI e XII (Staffa, Odoardi 2004, p. 220; per il vasellame in vetrina sparsa di XI-XII secolo 1996, p. 206; Staffa 2004, p. 228); la concentrazione di linee con Staffa 2004, pp. 226-227; per la ceramica acroma e a vetrina andamento divergente rispetto ai fasci con sviluppo orizzontale sparsa Siena, Terrigni 2004, p. 237. si verifica, generalmente, nella parte bassa del vaso e tale dato 17 è stato spiegato con la probabile impossibilità, da parte degli le indagini sono condotte dal Dipartimento di Archeolo- artigiani, di usare il pettine in modo verticale in corrispondenza gia dell’Università di Bologna sotto la direzione dei Proff. S. De Maria e G. Lepore, a partire dal 2001. I materiali provenienti da del fondo del recipiente (Siena, Terrigni 2004, p. 237). una delle aree indagate, il saggio F, sono stati oggetto della tesi 14 si veda Siena, Terrigni 2004, p. 237, dove le due classi cera- di specializzazione della scrivente, discussa nella terza sessione miche sono trattate contestualmente proprio per la coincidenza A.A. 2008/2009. Per le osservazioni sulle ceramiche medievali di forme e decorazioni. di uso domestico vd. Assenti 2008-2009, pp. 76-78, 90-95; per una sintesi generale sui reperti del saggio F si rimanda a quanto 15 un’osservazione analoga è già stata fatta dalla Paroli in me- edito in Assenti 2010. rito ai contenitori in ceramica a vetrina sparsa: Paroli 1990, p. 18 349. Mercando 1970.

141 gilda assenti sa-beige molto polverosa, definirsi genericamente Per concludere questa premessa al catalogo, si di “produzione locale”. Per quanto riguarda la ce- fa riferimento ai reperti in pietra ollare20 emersi ramica tardoantica/altomedievale, invece, si sono nel corso delle indagini, per la cui analisi si è de- riconosciuti pochi frammenti riferibili a questo ciso di fare riferimento alle tipologie individua- orizzonte cronologico, ma da contesti coerenti e te da Chiara Malaguti21, la quale, nello scavo del databili al V-VIII secolo; anche in tal caso, trattan- Castello di Piadena (Cremona), ha verificato una dosi di ceramica acroma, il confronto con la situa- specifica corrispondenza fra differente lavorazio- zione abruzzese19 è molto attinente. ne esterna dei manufatti, spessore dei vasi e varia- zioni cronologiche.

20 Per le analisi condotte sul frammento 2006/406 e le osser- vazioni in merito al rapporto fra i centri costieri adriatici e le alpi centrali, alle cui cave è riferibile il frammento in questione, si

19 rimanda al contributo di A. Baroncioni in questo volume. Per le ceramiche abruzzesi di V-VII si rimanda a Staffa 1998; 21 Odoardi 1998; Siena, Troiano, Verrocchio 1998. Malaguti 2005.

142 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 1. Materiali dal Settore SE, US 502

Catalogo22

I materiali dal saggio sud-est (Settore SE) Molto simili sono, invece, delle olle provenienti dalla Pieve di Argenta, che presentano le medesime caratteri- US 502 stiche d’impasto e vetrina (Minguzzi 1992, fig. 65, nn. 20-21, p. 136) e rinvenute in contesti databili fra la fine 2006/412 (fig. 1, n. 1) del XVII e tutto il XVIII secolo. Invetriata. Diam. orlo: 12 cm. 2006/413 (fig. 1, n. 2) Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di picco- Ingobbiata graffita. le dimensioni bianchi e brillanti frequenti, di medie di- Diam. orlo: 12 cm. mensioni bianchi e meno frequenti; 2.5 YR 6/8 (rosso). Arg.: compatta e depurata; 2.5 Y 8/3 (beige). Riv.: vetrina int., compatta e lucida; 5YR 4/6 (mar- Riv.: vetrina incolore-giallastra int., est. fin sotto rone). l’orlo. Olla con orlo leggermente svasato, arrotondato e for- Ciotola leggermente carenata con orlo verticale arro- mante esternamente una fascia modanata, e corpo glo- tondato e ingrossato esternamente; presenta una linea bulare. Trova analogie con olle dallo scavo del giardino graffita internamente, sotto l’orlo, sottolineata da una del Conservatorio di Santa Caterina (Bartoloni 1985, fascia dipinta verde e si riconosce un ulteriore elemento tav. LXVI, nn. 786 e 788, pp. 479-480), ma invetriate graffito obliquo. Per i confronti e la cronologia si veda anche esternamente, tra le quali la 786 è riconducibile, quanto detto per il frammento 2006/440, in US 508 (fig. sulla base dei confronti, alla fine del XVIII-XIX secolo. 4, n. 2). Non si esclude, essendo le US 502 e 508 due stra- ti di riporto funzionali al rialzamento della piazza, che i frammenti siano pertinenti alla stessa coppa, vista la so- 22 le abbreviazioni utilizzate nel Catalogo sono le seguenti: stanziale identità di impasto, forma e motivo decorativo. Diam. = Diametro Alt. = Altezza 2006/414 (fig. 1, n. 3) Arg. = Argilla Smaltata. Riv. = Rivestimento Diam. piede: 10 cm. Int. = Interno/a, internamente Arg.: depurata, leggermente polverosa e con vacuoli; Est. = Esterno/a, esternamente 10 YR 8/4 (rosa-beige). Fr./Frr = Frammento/i Sez. = Sezione Riv.: smalto, int. ed est., ma con fondo risparmiato. Per il calcolo dell’ampiezza del diametro, ci si riferisce, dove non Frammento di piede a disco di boccale, con decora- diversamente specificato, alla misura presa internamente per gli zione costituita da un motivo a nastro blu. Il pezzo si orli ed esternamente per i fondi. può riferire, probabilmente, alla seconda metà del XVI Il riferimento metrico posto nelle figure è riferito ai disegni; le secolo. foto dei pezzi inserite nelle figure hanno ciascuna un proprio riferimento metrico.

143 gilda assenti

2006/401 (fig. 3, n. 2) Invetriata da fuoco. Diam. orlo: 10 cm. Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi bianchi di piccole e grandi dimensioni, brillanti piccoli e frequenti; 2.5 YR 5/8 (rosso). Riv.: vetrina int., compatta e lucida; 5YR 4/6 (mar- rone). Olla con orlo leggermente svasato, arrotondato e for- mante esternamente una fascia modanata, e corpo glo- bulare. Per i confronti e la cronologia si veda quanto detto per il frammento 2006/412, in US 502 (fig. 1, n. 1).

Fig. 2. Materiali dal Settore SE, US 503

US 503

2006/423 (fig. 2, n. 1) Ingobbiata graffita. Diam. piede: 10 cm. Arg.: compatta e depurata; 2.5 Y 8/4 (beige). Riv.: vetrina giallo-verde solo int. Fig. 3. Materiali dal Settore SE, US 505 Piede ad anello di piatto, che presenta una decorazio- ne interna fortemente deteriorata: si riconoscono un’in- cisione centrale da cui si dipartono, da un lato, altre due US 508 perpendicolari a essa, mentre dall’altro è presente un motivo graffito interpretabile come un elemento fito- 2006/441 (fig. 4, n. 1) morfo, forse una foglia, e un elemento romboidale non Invetriata da fuoco. identificabile. Difficile è stabilire quale fosse il disegno Diam. orlo: 20 cm circa. generale, tuttavia elementi simili, seppur disposti in Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole modo diverso, si riscontrano su ceramiche ingobbiate dimensioni bianchi e brillanti abbastanza frequenti, scu- graffite da Argenta B( runetti 1992, fig. 4, nn. 12 e 16; ri e rari; 5 YR 6/4 (marrone-rossiccio). fig. 5, nn. 6-7, p. 69), collocabili nel XVII secolo. Riv.: vetrina marrone int., est. fin sotto l’orlo. Olla con orlo estroflesso arrotondato, simile a fram- menti dallo scavo del castello di Ferrara (Cornelio Cas- US 505 sai 1992, fig. 2, n. 3, p. 187; Negrelli, Librenti 1992, fig. 24, n. 6, p. 233), provenienti da contesti di tardo XV- 2006/400 (fig. 3, n. 1) metà XVI secolo e metà XVI-prima metà XVII secolo. Invetriata da mensa. Diam. orlo: 13 cm. 2006/440 (fig. 4, n. 2) Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di Ingobbiata graffita. piccole dimensioni bianchi e rari; 2.5 YR 6/6 (rosso- Diam. orlo: 12 cm. arancio). Arg.: compatta e depurata; 2.5 Y 8/3 (beige). Riv.: vetrina marrone-rossiccia compatta int., est. Riv.: vetrina incolore-giallastra int., est. fin sotto sono presenti solo colature. l’orlo. Ciotola emisferica, con orlo verticale appiattito supe- Ciotola leggermente carenata, ricomposta da due riormente e a profilo quadrangolare, che presenta ester- frammenti, con orlo verticale arrotondato, ingrossato namente un listello arrotondato. Il pezzo mostra una for- esternamente; presenta una linea graffita internamente, te analogia con ciotole da Rimini (Gelichi 1986b, tav. sotto l’orlo, sottolineata da una fascia dipinta verde e IX, nn. 1-7, 10-11, pp. 131-133), simili per forma, carat- si riconoscono all’interno tre ulteriori elementi graffiti teristiche tecniche e dimensioni, datate al XIV secolo. curvilinei, sempre dipinti in verde, facenti parte di un decoro non identificabile. La forma ricorda un esempla-

144 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 4. Materiali dal Settore SE, US 508 re da Lugo con motivo decorativo geometrico-vegetale I materiali dal saggio sud-ovest (Settore SO) (Tampieri, Cristoferi 1991, tav. XVII, n. 141, pp. 98 e 104), databile alla seconda metà del XV secolo, una US 2 ciotola di Sant’Antonio in Polesine, in graffita arcaica tardiva (Guarnieri 2006, fig. 14, n. 94, p. 150), collo- 2006/1 (fig. 5, n. 1) cabile fra il secondo e il terzo venticinquennio del XV Invetriata da mensa. secolo, e una da Ferrara (Cornelio Cassai 1992, fig. 3, Diam. orlo: 4 cm. n. 3, p. 190), inseribile nella tipologia diffusa sia nella Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di produzione “arcaica tardiva” sia in quella “pre-rinasci- piccole dimensioni bianchi e rari, di medie dimensioni mentale”. scuri e rari; 2.5 YR 6/6 (rosa). Non essendo riconoscibile il motivo decorativo del Riv.: vetrina marrone int. ed est. deteriorata. frammento da Acquaviva, non sono possibili ulteriori Bottiglia con orlo leggermente svasato, formante valutazioni, ma appare plausibile una datazione al XV esternamente una fascia a profilo concavo, collo stretto secolo. Si veda, per il contesto di rinvenimento, quanto e ansa che s’imposta fra l’orlo e il collo. Il pezzo tro- detto a proposito di 2006/413, in US 502 (fig. 1, n. 2). va analogia con un esemplare abruzzese (Verrocchio 2002b, figg. 313 e 316, n. 4.10, p. 320), ma in maiolica 2006/424 (fig. 4, n. 3) monocoroma bianca e collocabile nei secoli XVI-XVII. Smaltata. Arg.: depurata e leggermente polverosa; simile a 2.5 2006/2 (fig. 5, n. 2) Y 8/4 (giallo). Invetriata da fuoco. Riv.: smalto bianco int. ed est. Diam. orlo: 12 cm. Frammento di parete di forma chiusa con decorazione Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di dipinta in blu, costituita da tre linee orizzontali, di cui piccole dimensioni bianchi e brillanti poco frequenti; quella superiore e inferiore con andamento irregolare. 2.5 YR 6/6 (rosso). Probabilmente collocabile fra XV-XVI secolo. Riv.: vetrina marrone-verdastra int., est. solo sull’orlo. Olla con orlo svasato, indistinto e arrotondato, che presenta esternamente una leggera solcatura, sotto la quale s’imposta l’ansa a nastro. Trova confronto con una pentola invetriata da Ferrara, ma con orlo dal profi- lo interno leggermente concavo (Cornelio Cassai 1992,

145 gilda assenti fig. 8, n. 5, pp. 201-204) e con decorazione a ingobbio dimensioni maggiori (Ricci 1989d, tav. IV, n. 73, forma sotto vetrina, non presente nel frammento da Acquavi- 8, tipo I, 2, p. 151) e con decorazione su smalto ber- va. Il pezzo da Ferrara si data al XVI-XVII secolo. rettino, collocabile nella seconda metà del XVI secolo. Tuttavia un motivo decorativo identico a quello di Ac- 2005/2 (fig. 5, n. 3) quaviva è noto nelle produzioni compendiare su fondo Ingobbiata graffita. bianco castellane, prodotte dalla seconda metà del ’500, Arg.: depurata e compatta; 2.5 YR 7/6 (rosa-arancio). con il culmine nell’ultimo terzo del XVI secolo, e pro- Riv.: vetrina giallo-verde solo int. gressivamente in decadenza a partire dal primo trenten- Frammento di parete di probabile catino, che conser- nio del XVII secolo (Ricci 1989c, tav. 5, n. 26, p. 136). va parte della tesa. Il decoro graffito posto sulla vasca non è definibile, mentre nel pezzo di tesa conservato è 2005/7 (fig. 5, n. 6) riconoscibile un motivo a onda, con la concavità rivolta Smaltata. verso l’esterno, sottolineato da una dipintura verde. Per Diam. orlo: 28 cm. i confronti e la cronologia si veda quanto detto per il Arg.: depurata e compatta; 7.5 YR 8/3 (rosa). frammento 2005/10, in questa stessa unità stratigrafica Riv.: smalto int. ed est. (fig. 5, n.4). Piatto, costituito da due frammenti, con orlo a tesa ar- rotondata pendente verso l’interno, e indistinta all’estre- 2005/10 (fig. 5, n. 4) mità, vasca poco profonda e piccolo piede ad anello. Il Ingobbiata graffita. frammento risulta analogo a un esemplare da Faenza, Diam. orlo: 22 cm. ma con smalto decorato (Guarnieri 2009, fig. 62, n. 11, Arg.: depurata e compatta; 7.5 YR 8/4 (rosa). p. 57), collocabile nella seconda metà del XVIII secolo. Riv.: vetrina molto deteriorata, che tende a sfaldarsi. Catino con orlo a tesa inclinata verso l’interno ed 2005/9 (fig. 5, n. 7) estremità ribattuta internamente. La tesa presenta una de- Smaltata. corazione graffita a onda o ad archetti penduli eseguiti in Diam. piede: 9 cm. modo molto corsivo, con concavità rivolta verso l’ester- Arg.: depurata e compatta, ma con vacuoli; 10 YR 8/3 no della tesa. Il motivo è ben attestato nelle Marche (nocciola). (Gelichi 1986a, figg. 48-51, 53-54, pp. 401-402) da una Riv.: smalto bianco, int. ed est., ma con fondo rispar- serie di bacini murati in alcune chiese della provincia di miato. Macerata, databili alla prima metà del XV secolo. Essi si Piede a disco di boccale, che conserva esternamente distinguono dalla produzione della “graffita arcaica” di una decorazione dipinta blu, non ricostruibile. Generi- area emiliano-romagnola per le decorazioni eseguite con camente collocabile fra XV e XVI secolo. bruno manganese, verde ramina e giallo ferraccia e per la presenza, in alcuni casi, di tacche incise sull’orlo. Tali 2005/13 (fig. 5, n. 8) caratteristiche conducono Gelichi a isolare le graffite Smaltata. presenti a sud di Ancona, che trovano, invece, maggiori Arg.: leggermente polverosa e depurata; 2.5 Y 8/4 analogie per forma, decorazione e uso dei colori con le (nocciola). tipologie abruzzesi, come ad esempio quelle di Castelli Riv.: smalto bianco int. ed est. (Gelichi 1986a, p. 401). Tuttavia bisogna osservare che Frammento di parete di boccale decorato con motivo il motivo ad archetti o onde con concavità rivolta verso “a scaletta” in blu. A titolo esemplificativo, boccali con l’esterno non sembra essere attestato, al momento, nella decorazione analoga, più o meno complessa e arricchi- produzione castellana, come osserva De Pompeis in me- ta di altri particolari ornamentali, sono noti in Veneto rito a un frammento con tale fregio decorativo rinvenu- (Ericani 1986, nn. 128-130, pp. 172-173), Romagna to nella Grotta dei Piccioni presso Bolognano (Pescara) Guarnieri 2009, fig. 148, pp. 113 e 118), nel territorio (De Pompeis 2005, p. 49). Un ulteriore riscontro proviene laziale (Ricci 1985, fig. 104, n. 118, fig. 105, n. 119, pp. da Matelica, dove un catino frammentario presenta sulla 382-386), ma anche in Abruzzo, di produzione castella- tesa una decorazione analoga, definita “serie continua di na, dove però raramente si riscontra il motivo decorati- semicerchi” (Bianchi 1999, tav. XV, n. 46, p. 106). vo tutto in blu. È di gran lunga più attestata la versione bicolore di tale disegno ornamentale, con i segmenti 2006/4 (fig. 5, n. 5) orizzontali in arancio, racchiusi entro due linee verticali Smaltata. blu (De Pompeis 1985, tav. 6, n. 2, p. 19). La datazione Diam. orlo est.: 12 cm. dei boccali con motivo a scaletta è, genericamente, alla Arg.: depurata e compatta; 2.5 YR 8/4 (giallo-beige). seconda metà del XV-XVI secolo. Riv.: smalto bianco int. ed est. Ciotola con orlo a breve tesa, leggermente convessa 2005/8 (fig. 5, n. 9) superiormente e arrotondata all’estremità, e parete con- Porcellana. vessa. Sulla tesa è presente una decorazione dipinta in Diam. piede: 7 cm. arancio costituita da una serie di archetti con concavità Impasto bianco, duro e compatto. rivolta verso l’interno, eseguiti in modo piuttosto corsi- Riv.: coperta int. ed est. vo. Il pezzo, che è riferibile a una produzione di maio- Due frammenti che ricompongono parte di un piccolo lica di tipo compendiario, sebbene conservato in modo piede ad anello, con parete carenata. Il pezzo è colloca- esiguo, ricorda come profilo un piatto da Castelli, ma di bile verosimilmente fra XIX e XX secolo.

146 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 5. Materiali dal Settore SO, US 2

147 gilda assenti

2005/5 (fig. 5, n. 10) 2005/400 (fig. 5, n. 15) Terraglia. Moneta da lire 50 della Repubblica italiana; anno di Diam. orlo: 24 cm. coniazione 1956. Impasto abbastanza duro e compatto; 2.5 YR 8/3 (beige). Riv.: vetrina int. ed est. US 12 Piatto con orlo a tesa indistinta, arrotondata e inclina- ta verso l’interno. La decorazione a stampo è costituita 2006/9 (fig. 6, n. 1) da una fascia esterna campita da un puntinato marrone, Ingobbiata graffita. separata dal decoro interno, di tipo floreale, dal classi- Diam. orlo: 20 cm; diam. piede: 11 cm; alt.: 4,7 cm. co motivo dello steccato. Non si è riscontrato un con- Arg.: depurata compatta; 5YR 7/4 (rosa). fronto puntuale, vista anche l’esiguità del pezzo, ma è Riv.: si conserva solo l’ingobbio, fortemente deterio- forte l’analogia con materiale proveniente da Sulmona rato, presente int. ed est. fin sotto l’orlo, con tracce di (Verrocchio 2002c, fig. 376, nn. 9-11, p. 361, nota 15; p. colature. 368), da un contesto databile fra XIX e primi decenni del Profilo intero di catino con orlo a tesa inclinata ver- XX secolo, con motivi ornamentali del tipo “Colandine”, so l’interno ed estremità ribattuta internamente, corpo ditta inglese produttrice di terraglie. I piatti di tale fabbri- tronco-conico e fondo piatto; presenta sulla tesa un mo- ca si caratterizzano per decorazione centrale costituita da tivo decorativo graffito ad archetti continui. Il profilo paesaggio con pagode e piante orientali e il bordo riem- rientra, nella classificazione eseguita da Ricci sul ma- pito con intrecci di fiori. Non si esclude che il frammento teriale graffito da Castelli, nella Forma 2 (Ricci 1989a, da Acquaviva possa essere un’imitazione locale. tav. 4, n. 27, pp. 38-39), con particolare affinità con il tipo 8, collocabile fra la fine del XIV e il tardo XV se- 2005/12 (fig. 5, n. 11) colo; si tratta di una forma già presente in Italia centrale Terraglia (?). nella tarda maiolica arcaica e nella prima produzione Impasto abbastanza duro e compatto; 2.5 Y 8/3 (beige). di maiolica rinascimentale del XV secolo, mentre nella Riv.: vetrina int. ed est. produzione ingobbiata e graffita è attestata soprattutto Frammento di parete, verosimilmente vicina al punto nelle produzioni padane e in quella umbra (Ricci 1989a, di attacco del piede, di probabile piatto, con decorazione p. 39). interna dipinta costituita da petali rosa sovrapposti. Pro- Il motivo decorativo sulla tesa è del tipo più sempli- babile cronologia di XVIII-XIX secolo. ce ad archetti, ampiamente attestato dalle indagini negli scarichi delle fabbriche ceramiche castellane (De Pom- 2005/15 (fig. 5, n. 12) peis, De Collibus, Franceschilli 1981, tav. LII, 155; De Ceramica comune di uso domestico. Pompeis 1985, tav. 2, p. 18; De Pompeis 1989a, tav. A, Diam. orlo: 12 cm circa. nn. 3a, 5a, 6, 11-12; tav. C, nn. 2-3; tav. D, n. 14; tav. E, Arg.: polverosa e depurata; 5 YR 8/4 (rosa). n. 10; tav. H, n. 3; tav. L; tav. N, n. 9a; tav. P, nn. 4, 9; Probabile brocca con orlo verticale, ingrossato e a se- tav. Q, nn. 1a, 6, 8-9), sia sui frammenti dipinti in verde zione triangolare. ramina, bruno manganese e giallo ferraccia, sia sui pez- zi mancanti della seconda cottura; questo disegno or- 2005/16 (fig. 5, n. 13) namentale è stato riscontrato anche in altre località del Ceramica comune di uso domestico. teramano (De Pompeis 1985, tav. 3, nn. 1-2, pp. 17-18; Diam. orlo: 26 cm. Corrieri 2006, fig. 5, p. 32; fig. 12, p. 38). Il motivo Arg.: polverosa e abbastanza depurata, con inclusi di ad archetti costituisce, come già osservato da De Pom- piccole dimensioni brillanti e poco frequenti; 5 YR 7/6 peis (De Pompeis 2005, p. 43), uno dei tipi decorativi più (rosa-arancio). costanti della ingobbiata graffita italiana, a partire dal Probabile piatto con orlo svasato, indistinto e arroton- XIV secolo e per tutto il XVI secolo. In particolare egli dato, che presenta esternamente una scanalatura. analizza come gli archetti siano «il motivo più diffuso e più duraturo del repertorio decorativo della graffita ca- 2005/17 (fig. 5, n. 14) stellana, in cui è ampiamente utilizzato a partire dalle Ceramica comune di uso domestico. più antiche attestazioni fino a quelle più recenti. Un suo Diam. orlo: 28 cm circa. uso così frequente non ha riscontri nelle altre tipologie Arg.: polverosa e abbastanza depurata, con inclusi di di “ingobbiata e graffita” italiane attualmente conosciu- piccole dimensioni brillanti e poco frequenti; 2.5 YR te» (ibid.). 7/6 (rosa). Si vedano, per i pezzi mancanti la seconda cottura con Forma aperta con orlo svasato e ingrossato, a sezio- decoro analogo al catino da Acquaviva, anche i ritrova- ne leggermente triangolare, separato dalla parete da una menti da Penne (De Pompeis 1989b, nn. 24-25, pp. 17 e leggera concavità. 29), dove era attivo un centro di produzione di ingob- biata graffita, in parte imitante il repertorio formale e decorativo di Castelli. I pezzi provenienti dalle botteghe castellane si collocano fra la prima metà del XV secolo e i primi decenni del XVI secolo.

148 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 6. Materiali dal Settore SO, US 12

2006/10 (fig. 6, n. 2) produzione connessa alle botteghe di Castelli e abruzze- Ingobbiata graffita. si in genere, con le quali non si è trovato riscontro. Af- Diam. orlo: 12 cm. finità si ritrova, invece, per la forma, con materiale in- Arg.: depurata e compatta; 10 YR 8/5 (rosa-beige). gobbiato da San Giovanni in Persiceto (Minguzzi 1986, Riv.: vetrina incolore int. ed est. tav. XV, n. 6, p. 60), mentre la decorazione, seppur con Ciotola emisferica costituita da 2 frammenti, con orlo esiti non identici, ricorda quella di ingobbiate graffite leggermente estroflesso arrotondato; presenta interna- dal medesimo contesto (Minguzzi 1986, tav. VII, As 12, mente una decorazione graffita e dipinta nei colori del p. 65). Si tratta di materiale riconducibile, sulla base dei verde ramina e del giallo ferraccia. Il motivo centrale dati di scavo, alla prima metà del XVI secolo. Sempre sul fondo non si è conservato, ma quello periferico posto da San Giovanni in Persiceto, ma dalle indagini con- sulla vasca è costituito da due sequenze di denti di lupo, dotte nell’area del Palazzo Comunale, proviene una cio- realizzate in modo speculare e delimitate superiormente tola, dal profilo diverso, ma con decorazione periferica da una doppia linea incisa e inferiormente da una solco costituita dal motivo a dente di lupo posto su due fasce solo, oltre il quale comincia la decorazione centrale, non speculari e alternate (Gelichi, Curina 1993, fig. 16, n. 2, leggibile. La decorazione dipinta è costituita da fasce p. 86) sempre riferibile alla produzione della prima metà verticali, poste a distanze irregolari, alternate in verde del XVI secolo. La decorazione a denti di lupo sistemati e giallo, che non sottolineano la decorazione graffita, su due file è nota anche a Lugo su piatti e coppe T( am- eccetto nel caso delle linee orizzontali di delimitazione pieri, Cristoferi 1991, fig. 20, nn.135 e 141, pp. 98, 102, poste superiormente e inferiormente. Non sembra una 104), ma i motivi decorativi non sono speculari, bensì

149 gilda assenti opposti e alternati. La datazione di tali manufatti è alla (beige-giallo). seconda metà del XV secolo. Probabile brocca con orlo verticale ingrossato, appiat- tito superiormente e a sezione quadrata. 2006/96,100,101 (fig. 6, n. 3) Ingobbiata graffita. Diam. orlo: 26 cm circa. US 16 Arg.: abbastanza depurata e compatta, con inclusi di piccole dimensioni bianchi e brillanti rari; 2.5 YR 6/8 2005/43 (fig. 7, n. 1) (arancio). Ceramica comune da fuoco. Riv.: vetrina verde solo int. ed est. sull’orlo, con trac- Diam. orlo: 34 cm. ce di colature sulla superficie est. Arg.: scarsamente depurata e compatta, con vacuoli Catino con orlo quasi verticale, leggermente moda- e inclusi bianchi di piccole dimensioni frequenti; 5 YR nato esternamente, e corpo tronco-conico con profilo 5/6 (marrone-rossiccio). carenato. L’ingobbio bianco è steso all’interno del fram- Testo da pane, ricostruito da tre frammenti, con orlo mento, mentre esternamente ricopre solo parte dell’or- svasato e arrotondato, leggermente ingrossato interna- lo, così come anche la vetrina verde. All’interno è stata mente; presenta esternamente una decorazione a gradini realizzata una decorazione graffita, costituita da un mo- poco pronunciati e di spessore irregolare (1-2 mm). Ri- tivo non leggibile, ma di cui si riconoscono due tratti sulta simile a esemplari dalla Crypta Balbi (Ricci 1990, ad andamento circolare (motivo vegetale?), eseguiti con tav. III, n. 24, p. 221), attestati nei periodi VI (prima una punta piuttosto grossolana. Le caratteristiche del metà del XIII secolo) e VIII (prima metà del XIV se- rivestimento e dell’impasto, rosa scuro-arancio, duro e colo). In realtà tale forma non sembra sopravvivere ol- abbastanza depurato, lasciano ipotizzare che si tratti di tre il XIII secolo (Ricci 1990, pp. 217-219), quindi è da una produzione ingobbiata graffita monocroma verde ritenersi residuale nel periodo VIII, e nello specifico il di area veneta, forse della stessa laguna veneziana. In frammento da Acquaviva, per le sue caratteristiche mor- mancanza di analisi chimico-mineralogiche non si è in fologiche, si può datare fra XI e XIII secolo (Ricci 1990, grado di attribuire il frammento ad una delle produzioni p. 219). Sempre da Roma, ma dalle indagini condotte a veneziane a oggi riconosciute, quali le graffite del tipo Santo Stefano Rotondo, proviene un frammento analo- “spirale-cerchio” e del tipo “San Bartolo”, le prime note go (Martin 2004, tav. IV, n. 43, p. 515) e databile ai se- almeno a partire dalla metà del XIII secolo, ma forse coli VIII-X. In ambito abruzzese un confronto piuttosto anche antecedenti, le seconde di qualche decennio suc- puntuale, anche per la decorazione esterna, si ha con un cessive (fine XIII secolo) e prodotte ancora alla metà pezzo da Colle San Giovanni di Atri (Staffa 2004, fig. del XIV secolo23. Per quanto riguarda la forma, si se- 17, n. 33, p. 219), collocabile nei secoli IX-X. gnala genericamente che ciotole e catini carenati sono noti nelle produzioni ingobbiate, ingobbiate graffite e 2005/44 (fig. 7, n. 2) invetriate venete del XIV secolo (Gelichi 1988, forme Ceramica comune da fuoco. 4-6, pp. 15-18, figg. 18-19). Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole dimensioni bianchi e brillanti frequenti, scuri e rari; 5 2006/12 (fig. 6, n. 4) YR 5/6 (rosso-marrone). Smaltata. Frammento di listello leggermente rialzato, pertinen- Arg.: depurata e compatta; 10 YR 8/3 (rosa). te a un forno-coperchio o catino-coperchio, con calotta Riv.: smalto bianco int. ed est. probabilmente rilevata, visto l’andamento della parete. Parete di forma chiusa decorata con motivo vegeta- Nella parte sottostante il listello è presente una deco- le dipinto in blu costituito da un fiore a calice con due razione a sottili linee incise. In generale si rimanda a foglie che si aprono nella parte terminale, affiancato da quanto detto per l’esemplare 2006/500, in US 73 (fig. un motivo ornamentale ricurvo. Si riscontra un’analogia 19, n. 1), ma si può ipotizzare, proprio per quanto detto molto stretta con un frammento da Teramo, dallo sterro a proposito del listello, che l’esemplare potesse essere di Via Scalette (Corrieri 2006, fig. 7, 1° fr. in alto a si- analogo a un pezzo abruzzese da Colle San Giovanni nistra, p. 32), riconosciuto come maiolica compendiaria di Atri (Staffa, Odoardi 1996, fig. 28, n. 86e, p. 200) e di produzione castellana e databile al XVI-XVII secolo. collocabile nei secoli IX-X.

2006/14 (fig. 6, n. 5) 2005/47 (fig. 7, n. 3) Ceramica comune di uso domestico. Pietra ollare. Diam. orlo: 10 cm. Diam. orlo: 38 cm circa. Arg.: depurata e leggermente polverosa; 2.5 Y 8/3 Spesse tracce esterne di fumigazione. Pentola, composta da tre frammenti, con orlo verticale arrotondato indistinto, spesso 0,5 cm, che presenta ester- namente un listello a profilo quadrangolare. La parete, il 23 l’individuazione della probabile area di produzione si deve cui spessore oscilla fra 0,8 e 1 cm, è esternamente lavora- alla disponibilità di Enrico Cirelli, che ringrazio. Per un quadro ta, al di sotto del listello, con solcature ad arco di cerchio sulle produzioni graffite invetriate veneziane e le loro con- spesse fra 0,25 e 0,3 cm, mentre l’interno è percorso da nessioni con le ceramiche di produzione bizantina (Zeuxippus fitte solcature. Le caratteristiche tecniche sembrano col- Ware) si rimanda a Lazzarini, Canal 1983; Gelichi 1986a, pp. alaguti 367-386; Lazzarini 1987; Gelichi 1988, pp. 8-11; Saccardo 1993. locare il pezzo nel pieno X secolo (M 2005, p.

150 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 7. Materiali dal Settore SO, US 16

179) e la pentola da Acquaviva trova confronto con un esemplare da Colle San Giovanni di Atri (Staffa 2004, fig. 17, n. 5, p. 219) proveniente da un contesto di IX-X secolo. Recipienti analoghi dagli scavi di Santa Giulia a Brescia (Alberti 1999, tav. CXIII, p. 263) sono colloca- bili nel pieno medioevo.

2005/48 (fig. 7, n. 4) Pietra ollare. Fig. 8. Materiali dal Settore SO, US 16A Diam. orlo: 40 cm circa. Tracce esterne di fumigazione. Pentola con orlo verticale indistinto arrotondato e pa- US 16A rete liscia internamente ed esternamente; è visibile, cir- ca 1 cm sotto l’orlo, un’impronta spessa 0,6 cm, relativa 2006/109 (fig. 8, n. 1) alla banda metallica. L’orlo è spesso 0,25 cm e la parete Ceramica comune di uso domestico. 0,5 cm. Il frammento sembra, per le sue caratteristiche, Diam. orlo: 14 cm. collocabile nel pieno X secolo (Malaguti 2005, p. 181). Arg.: abbastanza depurata e compatta, con vacuoli e inclusi di piccole dimensioni bianchi e rari, brillanti e 2005/450 (fig. 7, n. 5) frequenti; 2.5 YR 6/8 (arancio). Pietra ollare. Olla con orlo estroflesso arrotondato e parete estrofles- Tracce esterne di fumigazione. sa. Trova riscontro con vasi da Santa Cornelia (Roma) Frammento di parete, con spessore compreso fra 0,5 (Whitehouse 1980, fig. 6, n. 62, pp. 137-138), da con- e 0,6 cm, lavorato esternamente a gradini, alti circa 0,4 testi genericamente medievali. Si confronta, inoltre, con cm. Le caratteristiche tecniche sembrano ricondurre a un vaso in ceramica da fuoco rinvenuto a Santo Stefano un orizzonte cronologico di fine IX-X secolo (Malaguti Rotondo (Roma) (Martin 2004, tav. IV, n. 42, p. 515) e 2005, p. 180). collocabile nel X-XI secolo.

151 gilda assenti

Fig. 9. Materiali dal Settore SO, US 18

US 18 e piede a disco. Il pezzo è databile, verosimilmente, al XIV secolo. 2005/53 (fig. 9, n. 1) Invetriata. 2005/54 (fig. 9, n. 2) Diam. orlo est.: 28 cm; diam. piede: 12 cm circa; alt.: Vetrina sparsa. 4 cm. Diam. orlo: 10 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di Arg.: depurata e compatta; 2.5 YR 6/8 (rosso-arancio). piccole dimensioni bianchi e rari, brillanti e frequenti; Riv.: vetrina verde est., a macchie. 2.5 YR 7/8 (arancio). Probabile brocca con orlo svasato, ingrossato e ar- Riv.: vetrina int. di colore verde-giallo ocra, con co- rotondato e parete leggermente estroflessa. Ricorda lature est. un frammento in ceramica a vetrina sparsa, ma che Profilo intero di piatto con orlo a tesa orizzontale ar- conserva l’ansa, dal Castello di Scorano (Capena) rotondata, sulla cui superficie sono presenti due fori, di (Romei 1992b, fig. 27, p. 451), riferibile alla fine XII- cui uno parzialmente conservato; corpo tronco-conico XIII secolo.

152 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

2005/52 (fig. 9, n. 3) mente una decorazione dipinta in blu, non ricostruibile Smaltata. nella sua interezza, ma probabilmente relativa a un moti- Diam. orlo: indefinito. vo ornamentale di tipo floreale, con ciuffi vegetali com- Arg.: depurata e compatta; 2.5 Y 8/4 (rosa). posti con elementi puntinati e linee curve che lasciano Riv.: smalto bianco int. ed est. supporre la presenza di un medaglione centrale. Sebbene Boccale, ricomposto da 7 frammenti, con orlo svasato non si possa fornire un riscontro puntuale si citano, a e arrotondato, corpo ovoidale e ansa a nastro che s’impo- titolo esemplificativo, boccali da Pesaro B( ettini 1997, sta sotto l’orlo. Si confronta con un esemplare da Faenza, n. 27, p. 61; nn. 28-29, p. 62; n. 30, p. 63; n. 31, p. 64; mancante però della parte terminale dell’orlo (Guarnieri n. 32, p. 65; n. 33, p. 66; n. 34, p. 67; n. 35, p. 68; nn. 2009, fig. 166, n. 11, p. 120), proveniente da un conte- 36-37, p. 69) con elementi decorativi simili, collocabili sto formatosi entro la prima metà del XVI secolo, e con fra il 1470 e il 1490. Nell’impossibilità di giungere a un un’altra brocca smaltata, sempre dalla città romagno- confronto preciso i frammenti si datano al XV secolo, la (Guarnieri 2009, fig. 51, n. 1, p. 53), da uno scarico probabilmente alla seconda metà. inquadrabile intorno alla fine del XVI secolo. Anche lo scavo della Crypta Balbi ha restituito materiale analogo 2005/56 (fig. 9, n. 6) (Manacorda et al. 1986, tav. V, n. 15, p. 523), ma collo- Terraglia. cabile fra la fine del XIII e la metà del XIV secolo. Diam. orlo: 20,3 cm; diam. piede: 11,5 cm; alt.: 2,4 cm. Impasto bianco, abbastanza duro e compatto. 2005/61 (fig. 9, n. 4) Riv.: vetrina int. ed est. Smaltata. Profilo intero di piatto con orlo a tesa pendente verso Arg.: depurata e compatta; 5 YR 7/4 (rosa). l’interno, vasca bassa e piccolo piede ad anello. Il piatto Riv.: smalto int. ed est. presenta due linee dipinte blu che sottolineato l’estre- Frammento che conserva parte della tesa e della vasca mità esterna della tesa e il punto di passaggio fra questa di una probabile ciotola. Il pezzo presenta al suo interno e la vasca. Il pezzo trova confronto con un frammento una decorazione policroma, costituita da elementi vege- dalla Crypta Balbi (Cipriano, Manacorda 1984b, tav. tali blu e marroni e altri motivi decorativi frammentari, XIII, n. 101, p. 83), ma monocromo bianco, noto in con- non identificabili; l’esterno è monocromo marrone. testi compresi fra il XVIII e il XX secolo.

2005/62 (fig. 9, n. 5) Smaltata. US 20 Arg.: depurata e leggermente polverosa; 2.5 Y 8/6 (giallo). 2005/72 (fig. 10, n. 1) Riv.: smalto bianco int. ed est. Maiolica arcaica. Tre frammenti, di cui due pareti e un pezzo di proba- Diam. piede: 9 cm. bile versatoio, relativi a un boccale. Presentano esterna- Arg.: compattta e abbastanza depurata, con vacuoli e

Fig. 10. Materiali dal Settore SO, US 20

153 gilda assenti inclusi di piccole dimensioni bianchi e rari; 10 YR 8/3 107c, p. 207) riconducibile all’XI-XII secolo, attestato (beige-nocciola). con impasti sia da mensa sia da fuoco. Forme analoghe Riv.: vetrina int. ed est. sono note anche in contesti precedenti, pienamente al- Frammento di piede a disco di boccale; esternamente tomedievali, come dimostrato dai rinvenimenti di San presenta una decorazione dipinta costituita da tre sottili Pietro di Castello (Venezia), dove orli simili sono de- fasce parallele di colore marrone. Il pezzo, invetriato sia finiti “catini” e presentano impasti grezziA ( rdizzon, internamente che esternamente, conserva una piccola Bortoletto 1996, tav. 4, n. 3, p. 41). traccia di smalto solo sulla superficie esterna. L’esem- plare si data alla fine del XIII-inizi del XIV secolo. US 27 2005/73 (fig. 10, n. 2) Smaltata. 2006/34 (fig. 11, n. 1) Arg.: depurata e leggermente polverosa; 2.5 Y 8/4 Maiolica arcaica. (giallo-beige). Arg.: leggermente polverosa e depurata; 10 YR 8/3 Riv.: smalto bianco int. ed est. (beige). Tre frammenti di parete relativi a un boccale. Pre- Riv.: smalto bianco est.; vetrina int. sentano esternamente una decorazione dipinta blu, non Frammento di parete curvilinea con parte di ansa a ricostruibile nella sua interezza, ma probabilmente rela- bastoncello, relativa a un boccale. Lo smalto bianco, tiva a un motivo ornamentale di tipo floreale, con ciuffi ben conservato, presenta delle decorazioni in bruno vegetali e linee curve che lasciano supporre la presenza manganese: sull’ansa tacche oblique, mentre nel punto di un medaglione centrale. Per i confronti e la cronolo- di attacco fra ansa e parete fasci di linee che s’incrocia- gia si veda quanto detto per il frammento 2005/62, in no a creare un motivo geometrico. I pochi elementi a US 18 (fig. 9, n. 5). disposizione permettono di ipotizzare che si tratti di un boccale ovoide, tipico della prima fase della produzio- 2005/71 (fig. 10, n. 3) ne della maiolica arcaica (per le produzioni di maiolica Ceramica comune da fuoco. arcaica si rimanda a Blake 1972, con particolare rife- Diam. orlo: 35 cm circa. rimento, per il frammento da Acquaviva Picena, alla Arg.: poco depurata, con inclusi di medie dimensioni forma 30, fig. 6, pp. 376-377; per un ulteriore inqua- bianchi e scuri abbastanza frequenti; 2.5 YR 5/6 (rosso). dramento Nepoti 1986); un generico parallelo si può Tegame con orlo verticale, appiattito superiormente e istituire con un frammento da Argenta (Pandolfi Basso ingrossato internamente. Trova confronto con vasella- 1992, fig. 63, n. 1, p. 129), che presenta caratteristiche me abruzzese (Staffa, Odoardi 1996, fig. 34, nn. 107b- analoghe e si data fra la seconda metà del 1200 e la pri-

Fig. 11. Materiali dal Settore SO, US 27

154 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 12. Materiali dal Settore SO, US 34

Fig. 13. Materiali dal Settore SO, US 35 ma metà del 1300. Il pezzo da Acquaviva è riferibile, US 34 probabilmente, agli inizi del XIV secolo. 2005/91 (fig. 12, n. 1) 2006/35 (fig. 11, n. 2) Ingobbiata graffita. Lucerna. Arg.: depurata e compatta; 5 YR 8/4 (rosa). Alt. massima: 3,9 cm; spessore massimo: 0,9 cm. Riv.: vetrina incolore int ed est. Arg.: depurata e abbastanza compatta; 2.5 Y 7/1 (grigio). Frammento di parete di forma aperta, sul quale si ri- Frammento di lucerna di cui si conserva l’intero profi- conosce un motivo graffito costituito da un elemento lo e l’inizio del canale; il disco non è decorato. sinuoso, dipinto in giallo, probabile parte di una corona di raggi, e una serie di incisioni ravvicinate, sottolineate

155 gilda assenti dal colore verde. Il pezzo è molto piccolo, ma il motivo US 38 decorativo ricorda quello di ciotole e piatti di età rina- scimentale dagli scavi del monastero di Sant’Antonio 2006/178 (fig. 14, n. 1) in Polesine (Guarnieri 2006, tav. XXIX, n. 154, p. 156; Ceramica comune di uso domestico. Librenti, Vallini 2006, tav. XXXVII, nn. 144a, 145, p. Diam. orlo: 12 cm. 222), databili dall’ultimo quarto del XV fino alla metà Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di del XVI secolo. piccole dimensioni brillanti e poco frequenti; 5 YR 6/8 (arancio). 2006/106 (fig. 12, n. 2) Olla con orlo leggermente svasato e arrotondato, che Smaltata. trova analogie con un esemplare da Colle San Giovanni Diam. orlo: 24 cm. di Atri (Staffa 2004, fig. 17, n. 14, p. 219), attestato nei Arg.: depurata e compatta; 10 YR 8/4 (beige). secoli IX-X. Riv.: smalto azzurro-grigio int. ed est. Piatto con orlo a tesa pendente verso l’interno ed 2006/179 (fig. 14, n. 2) estremità a sezione triangolare; il pezzo trova confron- Ceramica comune di uso domestico. to, come forma, con esemplari dalla Crypta Balbi, ma Diam. orlo: 20 cm. con smalto decorato (Ricci 1985, tav. XXXIII, n. 334, p. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di 307), collocabili nel XVIII secolo. piccole dimensioni scuri e poco frequenti, brillanti e fre- quenti; 2.5 YR 5/8 (rosso-arancio). 2006/107 (fig. 12, n. 3) Olla con orlo leggermente svasato e arrotondato, che Pietra ollare. trova analogie con un esemplare da Pianella (Pescara) Spesse tracce esterne di fumigazione. (Siena, Terrigni 2004, fig. 3, n. 21, pp. 245-246) e con Frammento di parete, dallo spessore massimo di 1,15 uno da Colle San Giovanni di Atri (Staffa, Odoardi cm, con lavorazione esterna a gradini, alti 0,5 cm. Le 1996, fig. 32, n. 98c, p. 204), quest’ultimo collocabile caratteristiche tecniche riconducono il pezzo a un oriz- nei secoli X-XI. zonte di IX secolo (Malaguti 2005, pp. 179-180). 2006/180 (fig. 14, n. 3) Ceramica comune di uso domestico. US 35 Diam. orlo: 14 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con vacuoli e 2006/134 (fig. 13, n. 1) inclusi di piccole dimensioni brillanti e frequenti; 5 YR Ceramica comune da fuoco. 6/6 (rosso-arancio). Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole Olla con orlo svasato e arrotondato e parete estrofles- e medie dimensioni bianchi e poco frequenti, di picco- sa. Si confronta con un frammento da Colle San Giovan- le dimensioni brillanti e frequenti; 10 YR 6/3 (marrone ni di Atri (Staffa 2004, fig. 17, n. 15, p. 219), databile ai chiaro). secoli IX-X, e mostra analogie con un vaso da Matelica, Frammento di listello, leggermente rivolto verso l’al- che conserva buona parte del profilo (Mercando 1970, to, pertinente a un forno-coperchio o catino-coperchio, fig. 12, n. 108, p. 406), collocabile genericamente fra X con calotta piuttosto rilevata visto l’andamento della e XIII. parete. In generale si rimanda a quanto detto per l’esem- plare 2006/500, in US 73 (fig. 19, n. 1). 2006/182 (riferito a fig. 14, n. 2) Ceramica comune di uso domestico. 2006/132a (fig. 13, n. 2) Arg.: polverosa e abbastanza depurata, con inclusi di Pietra ollare. piccole dimensioni scuri e poco frequenti, brillanti e fre- Spesse tracce esterne di fumigazione. quenti; 2.5 YR 6/8 (rosso-arancio). Due frammenti, relativi allo stesso contenitore, che Olla con orlo leggermente svasato e arrotondato; per presentano spessore massimo di 0,9 cm e nessun segno i confronti e la cronologia si veda quanto detto per il di lavorazione sulla parete esterna. L’individuo è collo- frammento 2006/179, in questa stessa unità stratigrafica cabile verosimilmente nel X secolo (Malaguti 2005, p. (fig. 14, n. 2). 181). 2006/183 (fig. 14, n. 4) 2006/132b (fig. 13, n. 3) Ceramica comune di uso domestico. Pietra ollare. Diam. orlo: 16 cm. Tracce esterne di fumigazione. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi Sette frammenti di parete che non riattaccano, ma di piccole dimensioni brillanti e frequenti; 2.5 YR 6/8 pertinenti allo stesso contenitore, con spessore massimo (rosso-arancio). di 1,3 cm. I pezzi presentano esternamente solcature ad Olla con orlo leggermente svasato e attacco di ansa arco di cerchio, spesse 0,3 cm. L’individuo pare colloca- a nastro sormontante; parete estroflessa. È avvicinabile bile, per le sue caratteristiche, nel X secolo (Malaguti a un frammento da Colle San Giovanni di Atri (Staffa, 2005, p. 179). Odoardi 1996, fig 30, n. 92e, p. 203; Staffa 2004, fig. 17, n. 16, p. 219), collocabile nei secoli IX-X.

156 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 14. Materiali dal Settore SO, US 38

2006/181 (fig. 14, n. 5) 2006/184,185,186 (fig. 14, n. 6) Ceramica comune da fuoco. Ceramica comune da fuoco. Diam. orlo: indefinito. Diam. orlo: 32 cm. Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di picco- Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole le dimensioni bianchi e scuri poco frequenti, brillanti e dimensioni scuri e rari, brillanti e abbastanza frequenti; frequenti; est. 5 YR 6/4 (marrone-rossiccio); in sez. 5 5 YR 5/4-5/5, 5 YR 6/6 (arancio-marrone). YR 6/1 (grigio). Forno-coperchio o catino-coperchio con orlo svasato Frammento di forma non identificata, con orlo verti- indistinto, leggermente squadrato e appuntito esterna- cale, arrotondato e leggermente ingrossato all’estremità, mente, e corpo emisferico. Trova analogie con un fram- e parete convessa. La superficie esterna è decorata con mento da Colle San Giovanni di Atri (Staffa 2004, fig. sottili solcature. 17, n. 32, p. 219), attestato nei secoli IX-X, ma legger- mente più arrotondato.

157 gilda assenti

Fig. 15. Materiali dal settore SO, US 46

US 46 US 55

2006/45 (fig. 15, n. 1) 2006/201 (fig. 16, n. 1) Ceramica comune di uso domestico. Ingobbiata. Diam. orlo: 36 cm. Diam. orlo: 12 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di Arg.: depurata e compatta; 5 YR 6/6 (rosa-arancio). piccole dimensioni bianchi e brillanti rari; est. 2.5 YR Riv.: invetriatura int. ed est. 6/6 (rossiccio), in sez. 10 YR 5/1-6/1 (grigio). Orlo estroflesso arrotondato con parete rettilinea in- Catino con orlo svasato, ingrossato esternamente e a troflessa, probabilmente pertinente ad una ciotola o ad sezione triangolare, e corpo emisferico. Il pezzo presen- una tazza, con decorazione marmorizzata in azzurro- ta, all’interno, evidenti segni della lavorazione al tornio, blu. Per quanto riguarda la forma, il profilo dell’orlo mentre esternamente la parete è decorata con sottili li- ricorda quello di una ciotola da San Giovanni in Persi- nee incise. Si confronta con un frammento, che presenta ceto (Minguzzi 1986, tav. XXXII, n. 21, p. 83), riferibi- impasto rosso come l’esemplare da Acquaviva, venuto le, in base ai dati di scavo, al terzo venticinquennio del in luce in località Monte del Nibbio (Roma) (Whitehou- XVI secolo. La decorazione marmorizzata, invece, si se 1982, fig. 6.3, D, p. 315); la forma è ritenuta una di ritrova, nello stesso contesto, su piatti (Minguzzi 1986, quelle base, rimaste invariate o quasi tra il IX secolo e fig. 18, n. 21, p. 131) e non su ciotole, confermando la fine del medioevo. comunque la pertinenza del motivo decorativo al XVI secolo.

Fig. 16. Materiali dal settore SO, US 55

158 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

2006/198 (fig. 16, n. 2) linee incise. Si rimanda a quanto detto per l’esemplare Ceramica comune da fuoco. 2006/500, in US 73 (fig. 19, n. 1), con particolare rife- Arg.: compatta e poco depurata, con vacuoli e inclusi rimento all’analogia, per l’andamento del listello, con di piccole dimensioni bianchi e poco frequenti, brillanti l’esemplare dal territorio di Pianella (Pescara), in loca- e frequenti; est. 5 YR 7/4 (rosa scuro), in. sez. 2.5 Y 7/1 lità Astignano-Masseria Cascini, (Staffa 2004, fig. 18, (grigio). n. 140374, pp. 219 e 223), che si data al IX-X secolo. Frammento di listello, rivolto verso l’alto, pertinente a un forno-coperchio o catino-coperchio con calotta piut- tosto rilevata, visto l’andamento della parete. Esso pre- US 56 senta esternamente, nella parte superiore, delle solcature a distanza di circa 0,1 cm, mentre nella parte inferiore 2006/93 (fig. 17, n. 1) è conservato un foro di sfiato. In generale si rimanda a Invetriata da mensa. quanto detto per l’esemplare 2006/500, in US 73 (fig. Diam. orlo: 10 cm. 19, n. 1), ma nello specifico l’andamento del listello ri- Arg.: depurata e polverosa, con piccoli vacuoli; 7.5 corda quello di un esemplare da Pescara (Staffa, Odo- YR 8/4 (rosa). ardi 1996, fig. 31, n. 95a, p. 203), collocabile nei secoli Riv.: vetrina di colore marrone, fortemente deteriorata X-XI. e conservata solo in alcuni punti. Ciotola carenata con orlo verticale indistinto arro- 2006/199 (fig. 16, n. 3) tondato. Il pezzo ricorda un esemplare dagli scavi della Ceramica comune da fuoco. Crypta Balbi, con rivestimento vetroso verde interno ed Arg.: compatta e poco depurata, con vacuoli e inclusi esterno (Molinari 1990, tav. LIII, n. 418, p. 390), collo- di piccole dimensioni bianchi e brillanti frequenti; est. 5 cabile nella seconda metà del XIV-inizi XV secolo. Non YR 6/6 (rosso-marrone), in sez. 5 YR 5/1 (grigio). si esclude che il frammento da Acquaviva possa essere Frammento di listello, rivolto verso l’alto, relativo anche più tardo. a un forno-coperchio o catino-coperchio, che presenta esternamente, nella parte inferiore, una decorazione a

Fig. 17. Materiali dal settore SO, US 56

159 gilda assenti

2006/67 (fig. 17, n. 2) Forno-coperchio o catino-coperchio con orlo svasato Invetriata da fuoco. indistinto, leggermente squadrato e appuntito esterna- Diam. orlo: 12 cm circa. mente, e corpo emisferico. Per i confronti e la cronologia Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole si veda quanto detto per il frammento 2006/184,185,186, dimensioni bianchi e molto frequenti, scuri e poco fre- in US 38 (fig. 14, n. 6). quenti; 2.5 YR 5/8 (rosso). Riv.: vetrina marrone int., est. solo sull’orlo. 2006/415 (fig. 17, n. 8) Olla con orlo svasato, indistinto e arrotondato, che Vetro incolore. presenta esternamente una sottile solcatura; parete Diam. orlo: 9 cm. estroflessa. Per i confronti e la cronologia si veda quan- Probabile orlo di bicchiere, svasato arrotondato e in- to detto per il frammento 2006/2, in US 2 (fig. 5, n. 2). distinto dalla parete rettilinea. L’esiguità del pezzo non permette un’attribuzione. 2006/48 (fig. 17, n. 3) Ingobbiata. Arg.: depurata e compatta; 5 YR 7/4 (rosa). Riv.: vetrina solo int. Frammento di parete di forma aperta, con decorazione dipinta nei colori giallo ferraccia e verde ramina, generi- camente collocabile nei secoli XV-XVI.

2006/75 (fig. 17, n. 4) Ceramica comune di uso domestico. Diam. orlo: 26 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di piccole dimensioni brillanti; 5 YR 7/6 (rosa-arancio). Ciotola con orlo verticale, appiattito superiormente e ingrossato internamente, e corpo emisferico, decora- to esternamente da gradini di spessore irregolare. Per i confronti e la cronologia si veda quanto detto per il frammento 2005/71, in US 20 (fig. 19, n. 3), ma realiz- zato con impasto da fuoco.

2006/83 (fig. 17, n. 5) Ceramica comune di uso domestico. Diam. orlo: 20 cm. Arg.: depurata e compatta; 5 YR 7/4 (rosa). Orlo svasato a breve tesa arrotondata e appiattita su- periormente, con parete a profilo convesso-concavo.

2006/200 (fig. 17, n. 6) Ceramica comune di uso domestico. Fig. 18. Materiali dal settore SO, US 64 Diam. orlo: 14 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con vacuoli e US 64 inclusi di piccole dimensioni bianchi e frequenti, bril- lanti e rari; 10 YR 5/3 (marrone). 2006/204 (fig. 18, n. 1) Olla con orlo leggermente svasato, arrotondato indi- Smaltata. stinto e accenno di parete estroflessa. Si confronta con Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di un esemplare da Colle San Giovanni di Atri (Staffa piccole e medie dimensioni scuri e rari; 2.5 Y 8/3 (beige). 2004, fig. 17, n. 12, p. 219), databile al IX-X secolo, Riv.: smalto grigio-azzurrino int. ed est. e con un vaso da Matelica, di cui si conserva l’intero Probabile brocca della quale si conservano quattro profilo (Mercando 1970, fig. 12, n. 50, p. 406), collo- frammenti di parete, due che riattaccano e due perti- cabile genericamente fra X e XIII secolo. Si confronta, nenti, di cui una con attacco inferiore di ansa a nastro. inoltre, con un vaso dall’orlo leggermente più verticale Le pareti presentano una decorazione disposta su due rinvenuto a Quadri (Chieti) (Piraino 1992, fig. 14, n. 10, registri e costituita da baccellature impresse. Sebbene p. 541), in un contesto inquadrabile fra XI e XIV secolo. non si sia riscontrato un confronto puntuale, si può os- servare come vasi decorati con baccellature, realizzati 2006/84 (fig. 17, n. 7) sia a stampo che durante la lavorazione al tornio, siano Ceramica comune da fuoco. diffusi a partire dalla seconda metà del ‘500, come con- Diam. orlo: 38 cm circa. seguenza dell’imitazione di prototipi vitrei o metallici. Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole A titolo meramente esemplificativo e sebbene con esiti dimensioni bianchi, scuri e brillanti abbastanza frequen- decorativi solo lontanamente accostabili all’esemplare ti; est. 2.5 YR 6/6 (rosso), in sez. 10 YR 6/1 (grigio). da Acquaviva, si ricordano vasi abruzzesi, ma in maioli-

160 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 19. Materiali dal settore SO, US 73 ca di stile compendiario (Verrocchio 2002a, p. 251, con US 75 riferimento anche alla nota 6). La datazione della brocca da Acquaviva può essere compresa fra la seconda metà 2006/217 (fig. 20, n. 1) del XVI e il XVIII secolo. Ceramica comune di uso domestico. Diam. orlo: 15 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi US 73 di piccole dimensioni bianchi e brillanti rari; 5 YR 6/6 (rosa-rossiccio). 2006/500 (fig. 19, n. 1) Olla con orlo leggermente svasato, arrotondato indi- Ceramica comune da fuoco. stinto e parete estroflessa. Per i confronti e la cronologia Diam. orlo: 34 cm; alt. massima: 12,5 cm. si veda quanto detto per il frammento 2006/200, in US Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di 56 (fig. 17, n. 6). piccole dimensioni bianchi e poco frequenti, brillanti e frequenti; 7.5 YR 5/4 (marrone). Forno-coperchio o catino-coperchio quasi integro, US 76 ricomposto da più frammenti, con orlo leggermente svasato e arrotondato esternamente, corpo emisferico e 2006/229 (fig. 21, n. 1) listello rilevato. Il pezzo, già edito (Ravaioli, Vecchietti Pietra ollare. 2007, fig. 7, p. 215, vd. anche il contributo di A. Ba- Spesse tracce esterne di fumigazione. roncioni in questo volume), è stato in quella sede preli- Fondo di pentola convesso esternamente, privo del minarmente accostato a un esemplare abruzzese molto raccordo con la parete; presenta internamente ed ester- simile (Staffa, Odoardi 1996, fig. 28, n. 86e, p. 200) e namente solcature dovute alla lavorazione e il suo spes- riferibile ai secoli IX-X. Ulteriori analogie si hanno con sore oscilla fra 1 e 1,8 cm. Le caratteristiche tecniche un esemplare dal Castello di Montella (Avellino) (Gat- del pezzo non permettono una definizione cronologica to 2004, fig. 2, n. 10, p. 283), da un contesto di IX se- puntuale, ma la posizione stratigrafica lascia supporre colo, e con un pezzo da Pianella, nella Val Pescara (Sie- una datazione al IX-X secolo. na, Terrigni 2004, fig. 3, n. 32, p. 247), ma decorato, che i confronti riconducono al X-XIII secolo. Sempre dal territorio di Pianella (Pescara), località Astignano- US 80 Masseria Cascini, provengono due frammenti, riferibili allo stesso esemplare, assolutamente analoghi al pezzo 2006/406 (fig. 22, n. 1) di Acquaviva (Staffa 2004, fig. 18, n. 140374, p. 223), Pietra ollare. con datazione al IX-X secolo. Diam. orlo: indefinito. Tracce esterne di fumigazione. Pentola, composta da quattro frammenti, con orlo ver- ticale leggermente appuntito, spesso 0,5 cm, che presen- ta esternamente un listello a profilo quadrangolare alto 0,8 cm. La parete, il cui spessore varia fra 0,8 e 1 cm, presenta esternamente un profilo a gradini, alti circa 0,3 cm, mentre l’interno è percorso da fitte solcature. Le ca- ratteristiche tecniche inducono a collocare il pezzo nel Fig. 20. Materiali dal settore SO, US 75 X secolo (Malaguti 2005, p. 180).

161 gilda assenti

Fig. 21. Materiali dal settore SO, US 76

Fig. 22. Materiali dal settore SO, US 80

Fig. 23. Materiali dal settore SO, US 99

162 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 24. Materiali dal settore SO, US 105

2006/407 (fig. 22, n. 2) d’impasto lasciano propendere per l’ipotesi di una pro- Pietra ollare. duzione locale. Diam. fondo: 24 cm. Tracce esterne di fumigazione. Pentola, composta da un frammento di fondo e nove US 105 pareti, con fondo piatto e parete estroflessa, che presenta esternamente solcature ad arco di cerchio, spesse circa 2005/233 (fig. 24, n. 1) 0,3 cm, mentre internamente è percorsa da fitte solca- Ceramica comune da fuoco. ture; il fondo è spesso circa 1 cm, la parete 1,2 cm. Le Diam. orlo: 32 cm. caratteristiche tecniche conducono a una datazione del Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di picco- pezzo al X secolo (Malaguti 2005, p. 179). le dimensioni bianchi e frequenti; 5 YR 5/4 (marrone- rossiccio). Tegame con orlo verticale, appiattito superiormente US 99 e leggermente rigonfio internamente, e corpo emisferi- co. Esternamente presenta una decorazione irregolare a 2006/600 (fig. 23, n. 1) sottili linee incise e si nota una probabile ditata obliqua. Probabile anfora. Trova analogia con una ciotola da Castrum Truentinum Arg.: abbastanza depurata e compatta, con inclusi di (Staffa, Odoardi 1996, fig. 8, n. 7a, p. 176; Staffa piccole dimensioni bianchi e rari, brillanti e abbastanza 1998, fig. 2, n. 7a, p. 441,) proveniente da un contesto frequenti; est. 5 YR 7/4 (rosa), in sez. 10 YR 7/1 (grigio). di VI secolo. Tuttavia forme analoghe sembrano persi- Frammento di parete che presenta esternamente delle stere, come dimostrano i rinvenimenti di San Pietro di fitte scanalature, poco profonde, e internamente i segni Castello (Venezia), dove frammenti definiti “catini” e piuttosto marcati della lavorazione al tornio. Il pez- con impasti grezzi sono diffusi in una fase pienamente zo, già analizzato in precedenza (Ravaioli, Vecchiet- altomedievale (Ardizzon, Bortoletto 1996, tav. 4, n. ti 2007, p. 215), era stato interpretato come probabile 3, p. 41). Late Roman Amphora. Data l’esiguità del pezzo è assai difficile definire con certezza se si tratti di un’anfora o di un grande contenitore in ceramica comune, tuttavia il US 107 trattamento esterno della parete sembra effettivamente ricondurre a un orizzonte genericamente tardoantico. Si 2006/420 (fig. 25, n. 1) richiamano, a titolo esemplificativo, alcuni frammenti Ceramica comune di uso domestico. di pareti da Nocciano e dalla Val Pescara (Siena, Tro- Diam. orlo: 12 cm. iano, Verrocchio 1998, fig. 25, nn. 5, 7-8, 10-13, pp. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di 691 e 695), che si presentano esternamente più o meno piccole dimensioni bianchi e rari, brillanti e frequenti; fittamente scanalati, come l’esemplare da Acquaviva; 10 YR 7/4 (beige-rosa). per i frammenti da Nocciano nn. 5, 7 e 8 viene ricono- Probabile brocca con orlo verticale indistinto ar- sciuta una pertinenza ad anfore orientali LR2, mentre rotondato, che trova analogie con materiale da Noc- per gli altri pezzi si ipotizza un’appartenenza a conte- ciano, Località Casali, nella Val Pescara (Siena, nitori da trasporto di produzione locale. La cronologia Troiano,Verrocchio 1998, fig. 2, n. 7, p. 665), databile di IV-VIII è confermata, comunque, dalla presenza di fra VI e primi decenni del VII secolo. altri frammenti analoghi dagli scavi condotti a Pescara e attribuiti ad anfore (Staffa 1991, fig. 65, nn. 121a- 2006/421 (fig. 25, n. 2) b;, p. 327; fig. 68, nn. 147-148, 150, p. 330; periodi II Ceramica comune di uso domestico. e III, cronologia IV-VIII secolo), le cui caratteristiche Diam. orlo: 12 cm.

163 gilda assenti

Fig. 25. Materiali dal settore SO, US 107

Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di US 113 piccole dimensioni bianchi e scuri rari, brillanti e fre- quenti; 7.5 YR 7/3 (rosa). 2006/243 (fig. 26, n. 1) Piccola brocca con orlo svasato, leggermente ricurvo Vernice nera. verso l’interno, e ansa verticale a nastro che s’impo- Diam. piede: 4 cm. sta sull’orlo. Il pezzo trova riscontro con tipologie ben Arg.: depurata e abbastanza compatta; 10 YR 7/4 diffuse nella Val Pescara (Siena, Troiano,Verrocchio (beige-rosa). 1998, fig. 2, n. 5, p. 666), databili fra la metà del VI e gli Riv.: Vernice nero-marrone, poco compatta. inizi del VII secolo. Frammento di piede ad anello di forma non identifica- bile, collocabile in epoca repubblicana. 2006/248 (fig. 25, n. 3) Ceramica comune di uso domestico. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con vacuoli e US 1052 inclusi di piccole dimensioni bianchi e scuri rari, bril- lanti e frequenti; 10 YR 7/4 (beige). 2006/244 (fig. 27, n. 1) Parete di forma chiusa, con motivo a onda inciso, Smaltata. composto da più fasci e disposto su due registri, per Arg.: depurata e compatta; 10YR 8/3 (rosa). quanto constatabile dal frammento. Il motivo decorati- Riv.: smalto bianco int. ed est. vo, piuttosto usuale, riconduce genericamente a un oriz- Parete di boccale, che presenta una decorazione di- zonte tardoantico. pinta con motivo a scaletta in blu e arancione, da cui si generano dei probabili tralci vegetali della medesima cromia. Non si è riscontrato un confronto puntuale, tut- tavia il motivo ornamentale può essere genericamente accostato a quello riscontrato su frammenti abruzzesi (De Pompeis 1985, tav. 6, n. 2, p. 19; Ricci 1989b, tav. 5, nn. 1-4, 6, 8-16, 20; tav. 6, nn. 1-3, 5-10, 12, 14-17, 20-21, pp. 49-50; Corrieri 2006, fig. 7, 1° e 3° frr. in basso a sinistra, p. 32), dove però i segmenti orizzon- tali in blu e arancio sono alternati con combinazioni diverse. L’utilizzo del colore arancione per realizzare Fig. 26. Materiali dal settore SO, US 113 le linee interne della scaletta, fra due fasci verticali blu, sembra essere una caratteristica tipica delle produzioni in maiolica castellana del XV-XVI secolo.

2006/245 (fig. 27, n. 2) Smaltata. Arg.: depurata e compatta; simile 10YR 8/2 (beige). Riv.: smalto bianco int. ed est. Parete di probabile boccale, con decorazione dipinta

164 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 27. Materiali dal settore SO, US 1052

165 gilda assenti costituita da un motivo a tondello blu, campito interna- seppure non così puntuale, si ha anche con una cioto- mente di giallo e con una croce sovrapposta arancione. la/coperchio dal territorio abruzzese (Staffa, Odoardi Tale elemento decorativo è affiancato a un probabile 1996, fig. 27, 84d, p. 200), ma di dimensioni maggiori, motivo a scaletta, di cui si riconoscono una delle due che rimanda sempre ai secoli IX-X. linee verticali blu e i segmenti interni orizzontali aran- cioni, per la cui attestazione si rimanda a quanto detto 2006/254 (fig. 27, n. 7) per 2006/244, in questa stessa US (fig. 27, n. 1). Nella Ceramica comune da fuoco. parte sottostante sono localizzati degli elementi decora- Diam. orlo: 28 cm. tivi nella medesima cromia, ma non meglio identificabi- Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole li. Il pezzo, per il motivo a tondello, trova confronto con dimensioni bianchi e brillanti abbastanza frequenti; est. materiale dallo sterro di Via Scalette a Teramo (Corrieri 5 YR 6/6 (rosso), in sez. 2.5 Y 6/1 (grigio). 2006, fig. 7, 2° fr. in alto a sinistra, p. 32), dove un fram- Forno-coperchio o catino-coperchio con orlo svasato mento del tutto analogo è riconosciuto come maiolica indistinto, leggermente squadrato e appuntito esterna- compendiaria di produzione castellana e collocabile fra mente, e corpo emisferico. Per i confronti e la cronologia XVI-XVII secolo. si veda quanto detto per il frammento 2006/184,185,186, in US 38 (fig. 14, n. 6). 2006/246 (fig. 27, n. 3) Smaltata. 2006/251 (fig. 27, n. 8) Diam. piede: 10 cm. Pietra ollare. Arg.: depurata e compatta; 7.5 YR 8/3 (rosa). Tracce esterne di fumigazione. Riv.: smalto grigio-celeste int. ed est. Frammento di parete, con uno spessore massimo di Piede ad anello di probabile piatto. Trova analogie 0,85 cm, che presenta solcature esterne ad arco di cer- con esemplari dalla Crypta Balbi (Cipriano, Manacorda chio alte circa 0,1-0,15 cm. Le caratteristiche tecniche 1984a, tav. XII, n. 96, p. 59), ma integri e sovente de- riconducono a un orizzonte cronologico di XI secolo corati, riferibili cronologicamente al XVII-XVIII secolo. (Malaguti 2005, p. 179).

2006/247 (fig. 27, n. 4) 2006/262 (fig. 27, n. 9) Smaltata. Fuseruola. Arg.: compatta e depurata; 2.5 Y 8/4 (nocciola). Diam. superiore: 1,8 cm; diam. inferiore: 2,7 cm; alt: Riv.: smalto bianco int. ed est. 2,5 cm. Frammento di parete di boccale, decorato con motivo Fuseruola in argilla di colore grigio marrone, percorsa “a scaletta” in blu. Per i confronti e la cronologia si veda da una linea incisa a circa 1 cm di distanza dalla base. quanto detto per il frammento 2005/13, in US 2 (fig. 5, n. 8). US 1054 2006/248,249,250 (fig. 27, n. 5) Maiolica arcaica. 2006/272 (fig. 28, n. 1) Arg.: compatta e depurata; 10 YR 8/3 (beige). Vernice nera. Riv.: smalto bianco est.; vetrina gialla int. Diam. piede: 4 cm. Tre frammenti di parete che non riattaccano, ma ri- Arg.: depurata e abbastanza compatta; 10 YR 7/4 feribili alla stessa forma chiusa, probabilmente un boc- (beige-rosa). cale. Lo smalto esterno è deteriorato, ma su due delle Riv.: Vernice rossastra, poco compatta. tre pareti si intravedono dei motivi decorativi in bruno Frammento di piede ad anello di forma non identifica- manganese, interpretabili come elementi vegetali. In bile, collocabile in epoca repubblicana. particolare, il primo frammento conserva parte di un probabile ramo di pianta e una foglia o frutto, parzial- 2006/417 (fig. 28, n. 2) mente visibili. I pezzi possono genericamente ricondur- Ceramica comune di uso domestico. si a un orizzonte cronologico di seconda metà XIII-XIV Diam. orlo: 7 cm. secolo. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di piccole dimensioni bianchi e brillanti rari; 5 YR 5/8 2006/253 (fig. 27, n. 6) (arancio-marrone). Ceramica comune di uso domestico. Orlo svasato, con leggera solcatura interna, di broc- Diam. orlo: 30 cm. chetta trilobata. Il profilo dell’orlo ricorda quello di un Arg.: depurata e compatta; 5 YR 7/6 (rosa-arancio). boccale da Matelica (Mercando 1970, fig. 15, n. 93, p. Ciotola con orlo verticale arrotondato, leggermente 408), ma di diametro maggiore, riferibile a un orizzonte ingrossato esternamente e corpo emisferico, che pre- cronologico di X-XIII secolo. senta esternamente una decorazione a linee incise. Il frammento, scarsamente conservato, trova analogia con 2006/418 (fig. 28, n. 3) un pezzo dal territorio senese, ma in ceramica grezza Ceramica comune di uso domestico. (Valenti 1996, tav. XVI, n. 2, pp. 147-148), che rientra Diam. orlo: 16 cm. nel gruppo delle ciotole/coperchio tipiche della secon- Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole da metà del IX-inizi X secolo. Un ulteriore riscontro, dimensioni bianchi e brillanti abbastanza frequenti, scu-

166 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 28. Materiali dal settore SO, US 1054

ri e poco frequenti; 7.5 YR 5/4 (marrone). Arg.: poco depurata e compatta, con inclusi di medie Brocca con orlo leggermente svasato e appiattito supe- dimensioni scuri e poco frequenti, di piccole dimensio- riormente, con ansa verticale a nastro sormontante. Dal ni brillanti e frequenti, bianchi e rari; 7.5 YR 4/2-4/3 momento che il pezzo è fratturato nel punto di attacco (marrone). dell’ansa, l’orlo è scarsamente conservato e la sua rico- Olla con orlo svasato arrotondato e parete estroflessa; struzione nel disegno è, in parte, ipotetica. Tuttavia l’im- si confronta con un esemplare dall’Appia Antica (Gai pasto con cui è realizzato il frammento riconduce a un 1986, tav. 4, n. 36, p. 396), proveniente da uno strato di orizzonte medievale, genericamente di IX-XIII secolo. VII-IX secolo.

2006/267 (fig. 28, n. 4) 2006/419 (fig. 28, n. 6) Ceramica comune da fuoco. Pietra ollare. Diam. orlo: 30 cm. Spesse tracce esterne di fumigazione. Arg.: poco depurata e compatta, con inclusi di piccole Frammento di parete, dallo spessore massimo di 0,9 dimensioni bianchi e brillanti frequenti; est. 5 YR 5/6 cm, che presenta esternamente solcature ad arco di cer- (rosso-marrone), in sez. 2.5 Y 7/1 (grigio). chio alte 0,3 cm. Le caratteristiche tecniche potrebbero Tegame con orlo verticale, appiattito superiormente e essere relative a un orizzonte cronologico di X-XI se- con sezione leggermente quadrangolare; corpo emisferi- colo (Malaguti 2005, p. 179). co. Il pezzo trova riscontro con materiale riminese (Ge- lichi 1986b, tav. III, n. 3, p. 125) e sembra avvicinabile a tipologie note in Abruzzo (Staffa, Odoardi 1996, fig. US 1059 34, n. 107b, p. 207), collocabili nei secoli XI-XII. 2006/273 (fig. 29, n. 1) 2006/416 (fig. 28, n. 5) Ceramica comune di uso domestico. Ceramica comune da fuoco. Diam. orlo: 12 cm. Diam. orlo: 18 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di

Fig. 29. Materiali dal settore SO, US 1059

167 gilda assenti

Fig. 30. Materiali dal settore SO, US 1061 piccole dimensioni bianchi e abbastanza frequenti, bril- lanti e poco frequenti, di medie dimensioni scuri e rari; est. 10 YR 8/2 (beige), in sez. 5 YR 7/4 (rosa). Olla con orlo verticale assottigliato e corpo globulare che presenta esternamente una decorazione a linee in- cise a distanza di circa 0,1 cm l’una dall’altra. L’olla mostra analogie con vasi dallo scavo dell’esedra della Crypta Balbi (Ricci 1990, tav. IV, n. 40, p. 226), ma con parete meno svasata, attestati dagli inizi del XII secolo alla prima metà del XIV secolo e realizzati con impa- sti destinati al fuoco. Un ulteriore confronto è con un frammento, sempre con impasto da fuoco, dallo scavo del giardino del Conservatorio di Santa Caterina (Pa- roli 1985, tav. VIII, n. 65, p. 178), ma da un contesto residuale, e quindi collocabile solo genericamente in età medievale (X-XV secolo). Trova analogie, inoltre, con olle acquarie provenienti dalle indagini sull’Appia an- tica (Gai 1986, tav. 3, n. 21, p. 394), rinvenute in unità stratigrafiche riferibili al X-XIII secolo, e con un fram- mento di vaso da Matelica (Mercando 1970, fig. 14, n. Fig. 31. Materiali dal settore SO, US 1063 55, p. 406), collocabile genericamente fra X e XIII.

US 1061 vano confronto con materiale collocabile nel pieno X secolo (Malaguti 2005, tav. 1, n. 2, p. 179). 2006/402 (fig. 30, n. 1) Ceramica comune di uso domestico. Diam. orlo: 10 cm. US 1063 Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di piccole dimensioni bianchi e brillanti rari; 2.5 YR 6/8 2006/283 (fig. 31, n. 1) (rosa-rossiccio). Ceramica comune di uso domestico. Olla con orlo leggermente svasato, arrotondato e in- Diam. orlo: 10 cm. distinto e accenno di parete estroflessa. Per i confronti Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi e la cronologia si veda quanto detto per il frammento di piccole dimensioni bianchi e rari; 7.5 YR 7/6 (rosa- 2006/200, in US 56 (fig. 17, n. 6). arancio). Piccola olla con orlo estroflesso, a sezione quadran- 2006/274 (fig. 30, n. 2) golare. Pietra ollare. Diam. orlo: 34 cm circa. 2006/284 (fig. 31, n. 2) Spesse tracce esterne di fumigazione. Pietra ollare. Pentola con orlo verticale arrotondato indistinto, che Spesse tracce esterne di fumigazione. presenta esternamente una fascia liscia di 1,5 cm, sotto Due frammenti di parete che riattaccano, con spessore la quale inizia una lavorazione costituita da scanalature massimo di 0,7 cm e leggere solcature sulla parete ester- ad arco di cerchio alte 0,5 cm; lo spessore della parete na, poco evidenti. L’individuo potrebbe essere riferibile oscilla fra 0,65 e 0,8 cm. Le caratteristiche tecniche tro- all’XI secolo (Malaguti 2005, p. 182).

168 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 32. Materiali dal settore SO, US 1095

169 gilda assenti

US 1095 Olla con orlo svasato e squadrato, che presenta ester- namente una decorazione a linee incise parallele. Il pez- 2006/404 (fig. 32, n. 1) zo si confronta con un esemplare in ceramica da fuoco Vetrina sparsa. proveniente dalle indagini condotte a Santo Stefano Diam. orlo: 12 cm. Rotondo a Roma (Martin 2004, tav. IV, n. 36, p. 514), Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di databile al X secolo. piccole dimensioni brillanti e frequenti; 5 YR 5/6 (mar- rone). 2006/409 (fig. 32, n. 6) Riv.: vetrina verde-gialla est., a macchie. Ceramica comune da fuoco. Olla con orlo leggermente estroflesso, arrotondato in- Diam. orlo: 14 cm. distinto. Il frammento trova analogie con due olle dagli Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di scavi della Crypta Balbi, la prima in vetrina pesante, la piccole dimensioni bianchi e poco frequenti, brillanti e seconda in vetrina sparsa (Paroli 1990, tav. XLV, nn. molto frequenti; 2.5 YR 6/6 (rosa). 350-351, p. 342), riconosciute come tipologie inquadra- Olla con orlo svasato e arrotondato e parete estrofles- bili nel X avanzato-inizi XI secolo. sa. Il frammento sembra simile a esemplari da Santa Cornelia (Roma) (Whitehouse 1980, fig. 4, nn. 28 e 34, 2006/408 (fig. 32, n. 2) pp. 134-137), che rientrano nel gruppo delle forme de- Ceramica comune di uso domestico. finite «the “standard” medieval cooking pots of central Diam. orlo: 18 cm. and northen Lazio» (Whitehouse 1980, p. 134). Tali for- Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di me sono attestate in tutti e tre i periodi riconosciuti nello piccole dimensioni bianchi e scuri poco frequenti, bril- scavo di Santa Cornelia, che coprono un arco cronolo- lanti e frequenti; est. 2.5 YR 6/8 (rosso-arancio), in sez. gico che va dall’VIII al XIV secolo, con una maggiore 10 YR 5/1 (grigio). presenza nel periodo 3, compreso fra il secondo quarto Olla con orlo verticale assottigliato, su cui s’impo- dell’XI secolo e la prima metà del XIV circa. Un’ulte- sta l’ansa, e parete rettilinea estroflessa. Per i confronti riore analogia si riscontra con un pezzo dal Castello di e la cronologia si veda quanto detto per il frammento Roccabaldesca in Sabina (Romei 1992a, fig. 9 , n. 13, p. 2006/273, in US 1059 (fig. 29, n. 1), eccetto che per il 473), collocabile nell’XI secolo. vasellame da Matelica, dove l’analogia sembra maggio- re con un altro esemplare (Mercando 1970, fig. 14, n. 9, 2006/410 (fig. 32, n. 7) p. 406), sempre riconducibile ai secoli X-XIII. Ceramica comune da fuoco. Diam. orlo: 20 cm. 2006/430 (fig. 32, n. 3) Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di Ceramica comune di uso domestico. piccole dimensioni bianchi e rari, brillanti e frequenti; Diam. orlo: 7 cm. 2.5 YR 5/8 (rosso-marrone). Arg.: compatta e poco depurata, con inclusi di piccole Orlo di olla, leggermente svasato e squadrato, che si dimensioni bianchi, scuri e brillanti poco frequenti; 2.5 confronta con un esemplare in ceramica da fuoco venu- YR 5/6 (rosso), con sup. est. 7.5 YR 6/3 (marroncino). to in luce da indagini condotte a Santo Stefano Rotondo Brocca con orlo verticale arrotondato, poco visibile a Roma (Martin 2004, tav. IV, n. 36, p. 514) e databile perché il frammento è fratturato proprio in corrispon- al X secolo. denza dell’ansa, di tipo verticale a nastro, leggermente sormontante. Sebbene scarsamente conservato, il pezzo 2006/411 (fig. 32, n. 8) ricorda vasellame abruzzese (Staffa, Odoardi 1996, fig. Ceramica comune da fuoco. 32, n. 101g, p. 206), collocabile nei secoli X-XI. Diam. orlo: 12 cm. Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di 2006/403 (fig. 32, n. 4) piccole dimensioni bianchi e poco frequenti, brillanti e Ceramica comune da fuoco. molto frequenti; est. 2.5 YR 6/6 (rosa), in sez. 5 YR 5/2 Diam. orlo: 38 cm. (grigio-marrone). Arg.: compatta e abbastanza depurata, con rari vacuo- Olla con orlo svasato, arrotondato e indistinto e parete li e inclusi di piccole dimensioni bianchi e brillanti rari; estroflessa. Il frammento si confronta con un esemplare 2.5 YR 6/6 (rosa-rossiccio). da Santa Cornelia (Roma) (Whitehouse 1980, fig. 5, n. Forno-coperchio o catino-coperchio con orlo svasato, 41, pp. 134-137), che rientra, come il già citato fram- indistinto e squadrato. Trova confronto con un esempla- mento 2006/409 in questa US (fig. 32, n. 6), nel gruppo re, anch’esso frammentario, da Colle San Giovanni di delle forme definite «the “standard” medieval cooking Atri (Staffa 2004, fig. 17, n. 35, p. 219), attestato nei pots of central and northen Lazio» (Whitehouse 1980, secoli IX-X. p. 134). La forma è attestata, oltre che in contesti non stratigrafici, nel periodo 3 dello scavo di Santa Cornelia, 2006/405 (fig. 32, n. 5) che copre un arco cronologico esteso dal secondo quarto Ceramica comune da fuoco. dell’XI secolo alla prima metà del XIV secolo circa. Diam. orlo: 24 cm circa. Un ulteriore riscontro si ha con un frammento da lo- Arg.: compatta e abbastanza depurata, con inclusi di calità Madonna dello Spineto (Chieti), da un contesto piccole dimensioni bianchi e rari, brillanti e frequenti; di scavo riferibile all’XI-XIV secolo (Piraino 1992, fig. 2.5 YR 5/8 (rosso-marrone). 14, n. 7, p. 541).

170 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

Fig. 33. Materiali dal settore SO, US 1118

US 1118 Conclusioni: osservazioni sui contesti di rinvenimento 2006/425 (fig. 33, n. 1) Pietra ollare. Spesse tracce esterne di fumigazione. Al termine della disamina sui singoli reperti si Frammento di parete, dallo spessore massimo di 0,8 presentano alcune considerazioni relative ai conte- cm, che presenta esternamente solcature ad arco di cer- sti di rinvenimento. Procedendo dalle unità strati- chio alte 0,45-0,5 cm e internamente fitte incisioni. Le caratteristiche tecniche riconducono a un orizzonte cro- grafiche più superficiali, si segnala che l’US 2 del nologico di pieno X secolo (Malaguti 2005, p. 179). settore SO e l’US 502 del settore SE presentano composizione analoga24, con materiale eterogeneo che copre un arco cronologico ampio (dal XV seco- lo alla seconda metà del ’900). A conferma di ciò si segnala, nella US 2, il rinvenimento di una moneta da 50 lire coniata nel 1956. Il materiale, rimesco- lato a causa dei lavori susseguitisi nell’area, di cui gli ultimi negli anni Settanta del secolo scorso, ha pertanto valore essenzialmente per la testimonian- za che ci offre delle produzioni attestate ad Acqua- viva Picena nei secoli XV-XIX, che corrispondono al periodo di utilizzo della Fortezza25. Analogo di- scorso può essere fatto per gli strati 1052 e 1054, il primo un livello di ghiaia di medie dimensioni misto a frammenti laterizi e malta, il secondo uno strato sabbioso nerastro ricco di frustuli carboniosi, entrambi intaccati da lavori moderni. Essi restitui- scono, pertanto, materiale fortemente discrepante: US 1052 ha messo in luce ceramica comune me-

24 la sostanziale identità delle unità stratigrafiche superficiali dei settori SE e SO è già segnalata in Ravaioli, Vecchietti 2007, pp. 212-213.

25 Ravaioli, Vecchietti 2007, pp. 212-213.

171 gilda assenti dievale di IX-X, mescolata a pietra ollare di qual- secolo. La sottostante US 107, invece, ha messo in che secolo più tarda, frammenti di maiolica arcaica luce ceramiche di uso domestico, che i confronti di XIII-XIV secolo e smaltate che riconducono lo con materiali analoghi da scavi nel pescarese per- strato almeno al XVII secolo; US 1054 ha restitui- mettono di collocare fra VI e inizi VII, mentre il to un piede in ceramica a vernice nera, associato a livello più profondo, ovvero US 105, ha restituito materiale, quale ceramica comune e pietra ollare, una ciotola/tegame che, sulla base delle analogie che copre un arco cronologico dal IX al XIII seco- con materiale da Castrum Truentinum, si data al lo circa, a cui si aggiungono frammenti di pareti in VI secolo. Sembra di poter apprezzare, pertanto, smaltata monocroma, non citati nel catalogo per i una sequenza che dal VI giunge fino all’VIII seco- criteri selettivi esposti all’inizio della trattazione, lo, sebbene l’inquadramento dell’unico frammento ma che certamente riconducono la datazione dello da US 99 sia da prendere in considerazione con le strato almeno al XV secolo. dovute cautele. Infine si può supporre che una fre- Facendo riferimento ai materiali medievali pro- quentazione dell’area sia avvenuta già in epoca ro- venienti da contesti affidabili, si segnalano, invece, mana, come suggeriscono i frammenti di ceramica le unità stratigrafiche 16, 16A, 16B, 35, 38, 73, 75, a vernice nera, purtroppo rinvenuti in livelli non 76 e 109526 del settore SO. significativi. Esse ci restituiscono un quadro di frequentazione dell’area fra IX e XI secolo circa, ma risulta as- sai difficile, all’interno di questo raggruppamento, giungere a definizioni cronologiche più puntuali, visto che i confronti spesso segnalano il perdura- re delle forme per più secoli. Fra il materiale non citato nel catalogo, ma comunque significativo ai fini della definizione cronologica di questi livelli, si ricordano le pareti di ceramica comune di uso domestico e da fuoco con decorazione a linee pa- rallele incise e “a stuoia” provenienti dalle unità stratigrafiche 38, 16, 16A e 75; dall’US 16A pro- viene anche una moneta, purtroppo compromessa e illeggibile. Inoltre lo strato 16B, non citato nel catalogo, ha restituito solo un piccolo frammento di pietra ollare e pezzi di pareti acrome, che, per decorazioni e impasto, sono certamente ricondu- cibili a un orizzonte cronologico analogo a quello degli altri livelli elencati (IX-XI secolo). Ulteriori contesti interessanti per definire l’arco cronologico di frequentazione dell’area sono le unità stratigrafiche 99, 107 e 105. Queste hanno restituito materiale collocabile in età tardoantica/ altomedievale, ma in questo caso sembra di poter apprezzare, fra gli strati, alcune differenziazioni cronologiche. In particolare lo strato più super- ficiale, ovvero US 99, ha restituito una parete di grosso contenitore, di difficile attribuzione, la cui decorazione si confronta con reperti abruzzesi col- locabili in contesti che vanno dal IV fino all’VIII

26 una prima notizia sui materiali da questi strati e un provvi- sorio inquadramento cronologico è in Ravaioli, Vecchietti 2007, pp. 215-217.

172 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

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175 gilda assenti

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176 Le indagini nei Settori SE e SO: i reperti

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177

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 179-182

nalisi Mineralogico-Petrografica, Analisi Diffrattometrica A ai Raggi X (xrd) su pietra ollare

orestina francioni Geo PT Studio-Laboratorio, Camerano (Ancona)

Introduzione La presente indagine si pone l’obiettivo di ve- rificare se anche per il frammento di pietra “olla- Come è ben noto agli studiosi, il termine pietra re” rinvenuto negli scavi archeologici di Aquaviva “ollare” non ha alcun significato petrografico; con Picena sia ipotizzabile una provenienza dalle cave tale denominazione si indicano infatti litotipi che ubicate in Valchiavenna e Val Malenco (Alpi cen- hanno composizione, colore e aspetto molto di- trali), come riscontrato in altri siti archeologici del- verso, ma hanno in comune alcuni caratteri fisici le Marche e dell’Abruzzo5. e chimici: composizione silicatica, stabile rispetto agli agenti atmosferici, refrattarietà termica, bassa porosità, assorbimento e facile lavorabilità. Materiali e metodi Dal punto di vista petrografico, evidenze con tali caratteristiche sono riferibili a un ampio gruppo di La composizione mineralogica e la tessitura del rocce metamorfiche alpine basiche e ultrabasiche materiale sono state determinate mediante analisi appartenenti alle facies degli scisti verdi. con microscopio ottico a luce trasmessa su sezioni Dalla vasta letteratura geologica e dagli studi pe- sottili, a luce riflessa su sezioni stratigrafiche luci- trografici eseguiti su 195 giacimenti di pietra “olla- de e mediante analisi diffrattometrica (XRD). I dati re” dove sono presenti tracce certe di sfruttamento ottenuti vengono confrontati con quelli riscontrati è stata eseguita una classificazione dei vari litotipi con altri reperti rinvenuti in altri scavi archeologici presenti. In base alla loro composizione e tessitura di Marche e Abruzzo6. sono stati riconosciuti 11 litotipi1. Studi archeologici su reperti in pietra “ollare”, hanno dimostrato che tali materiali furono utiliz- Risultati zati dall’uomo fin dalla Preistoria per conservare, cucinare cibi, per la fabbricazione di stufe e oggetti Descrizione macroscopica del manufatto: ornamentali. Studi archeometrici2 hanno riscontra- Frammento di manufatto, di dimensioni cen- to che i litotipi appartenenti al Gruppo D3 rocce tal- timetriche (circa 4,00 cm di lunghezza e 1,2 di cose-carbonatiche a grana fine sono stati rinvenuti spessore), in materiale lapideo a tessitura scistosa in scavi archeologici nelle Marche e nell’Abruzzo. di colore grigio scuro e grigio-verde chiaro, du- La loro diffusione massima fu nel Medioevo4. rezza 3. Presenti patine rossastre superficiali per ossidazione.

1 Mannoni, Pfeifer, Semeels 1987.

2 Alberti 1997; Bonazza 1997; Mannoni, Messiga 1980; Santi, Antonelli, Renzulli 2005.

3 Mannoni, Pfeifer, Semeels 1987. 5 4 Santi, Antonelli, Renzulli 2005. Alberti 1997; Bonazza 1997; Mannoni, Messiga 1980; Santi, 6 Antonelli, Renzulli 2005. Ibid. orestina francioni

Risultati analisi Conclusioni Roccia metamorfica con struttura lepidoblasti- ca deformata a grana molto fine, con inclusioni a I dati ottenuti hanno messo in evidenza che il chiazze di carbonati (magnesite). manufatto in pietra “ollare” rinvenuto negli scavi archeologici di Aquaviva Picena ha la stessa com- Composizione mineralogica posizione e tessitura di quelli ritrovati in altri siti La tabella allegata mostra i risultati ottenuti archeologici delle Marche e dell’Abruzzo8. dall’analisi petrografica al microscopio ottico a Pertanto, anche in questo caso, si avvalora l’ipo- luce trasmessa in sezione sottile e luce riflessa in tesi secondo cui nel corso del Medioevo esistesse sezione stratigrafica lucida e XRD microscopio ot- un fiorente e sviluppato scambio commerciale fra tico e XRD. le zone di escavazione Valchiavenna e Val Malen- co e la coste medioadriatiche (Marche e Umbria). Stima semiquantitativa Composizione Analisi in sezione XRD mineralogica sottile e sezione stratigrafica lucida Talco 50 +++ Magnesite 25,5 ++ Minerali del grup- 23 ++ po delle cloriti (Nimite) Solfuri (Pirite) 1

Magnetite/Ilme- 0,5 nite Simboli per XRD: +++ molto abbondanti ++ mediamente abbondanti

Tale litotipo può essere ascrivibile al Gruppo D7: Rocce talcoso-carbonatiche a grana fine. Zona di provenienza: Alpi Centrali. Località: Valchiavenna e Val Malenco.

7 8 Mannoni, Pfeifer, Semeels 1987. Santi, Antonelli, Renzulli 2005.

180 Analisi Mineralogico-Petrografica,A nalisi Diffrattometrica ai Raggi X (XRD) su pietra ollare

Fig. 1. Tessitura lepidoblastica. Roccia com- posta da talco, magnesite e minerali opachi +N, x50 (microfotografia al microscopio ot- tico a luce polarizzata trasmessa e riflessa)

Fig. 2. Tessitura lepidoblastica. Roccia com- posta da talco, magnesite e minerali opachi //N, x50 (microfotografia al microscopio otti- co a luce polarizzata trasmessa e riflessa)

Fig. 3. Tessitura lepidoblastica. Roccia composta da talco, magnesite e minerali del gruppo della clorite +N, x 62 (microfotogra- fia al microscopio ottico a luce polarizzata trasmessa e riflessa)

181 orestina francioni

Fig. 4. Luce riflessa – Pirite e Magnetite (microfotografia al microscopio ottico a luce polarizzata trasmessa e riflessa)

Bibliografia

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182 Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 183-196

R eperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari

fabio visani Progetto Acquaviva nella storia

I repreti ossei rinvenuti durante le due campa- Analisi faunistica e metodo di indagine gne di scavo effettuate all’interno della corte della Rocca di Acquaviva Picena1 sono stati oggetto di Il metodo di analisi adottato, composto da vari studio da parte di chi scrive2 con un duplice valore passaggi consequenziali, è partito dalla raccolta di scientifico: da una parte, la conoscenza dell’aspet- tutti i resti osteologici-faunistici che, dopo essere to faunistico di un sito attraverso l’analisi dei resti stati lavati e asciugati, sono stati riconosciuti a li- animali in esso rinvenuti (seppur limitatamente al vello anatomico e di specie, grazie all’ausilio di at- valore del campione recuperato); dall’altra, la cor- lanti di comparazione e di materiali di confronto3. relazione di questi dati con quelli desunti dall’azio- In seguito è stata osservata la presenza di tracce ta- ne antropica all’interno del sito stesso, al fine di fonomiche sulla superficie di ogni resto, come quel- evidenziare quale rapporto abbia avuto l’uomo con le dovute ai processi tafici e/o pertotassici (quali la la fauna di questo luogo, in che modo vi si sia rela- macellazione o la rosicchiatura da parte di carnivo- zionato e quali modifiche vi abbia apportato. ri), e dedotta l’età di morte e il sesso di ogni indi- viduo riconosciuto; in ultimo, sono state prese, ove possibile, le misure di ciascun elemento secondo la metodologia proposta da A. von den Driesch4. Dei 243 resti recuperati ne risultano determina- bili a livello specifico 118 (pari al 48,6%), mentre quelli per i quali non è stato possibile dedurre la specie di appartenenza sono 125 (pari al 51,4%) e sono rappresentati da schegge di diafisi e fram- 1 le due campagne di scavo sono state effettuate rispettiva- mente nei mesi di maggio 2005 e maggio 2006 e fanno parte menti di coste e vertebre inseribili, in base allo entrambe del più ampio progetto del Laboratorio di Rilievo spessore e alle loro dimensioni, nelle due classi (diretto da Enrico Giorgi) del Dipartimento di Archeologia generiche di mammiferi di taglia medio-grande e dell’Università di Bologna (ora Dipartimento di Storia Culture Civiltà), che dal 2004 si occupa dello studio e dell’analisi del bor- mammiferi di taglia medio-piccola (tabella 1 e ta- go e della rocca di Acquaviva Picena. In riferimento alle ricerche bella 2). Da subito, però, occorre dire che in base svolte all’interno del Laboratorio di Rilievo Archeologico, oltre ai dati desunti dallo scavo non tutte le unità strati- ai diversi contributi contenuti in questo volume, si vedano: Altini et al. 2005; Baroncioni, Boschi, Ravaioli 2005, Ravaioli Vecchietti grafiche da cui provengono i vari reperti sono state 2007a e 2007b. riconosciute come significative, ossia riconducibili 2 lo studio dei resti faunistici del sito della Rocca di Acquaviva Picena è stato argomento del Corso di Archeozoologia della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Bo- logna (II anno, A.A. 2007/2008) diretto da Antonio Curci, a cui vanno i più sentiti ringraziamenti per il paziente insegnamento e la cordiale disponibilità dimostrati sia per l’analisi e l’identifica- 3 in riferimento allo studio dei resti animali in archeologia e ai zione dei reperti ossei che per la realizzazione di questo contri- diversi metodi di analisi esistenti, si vedano Schmid 1972; Barone buto. Non in ultimo, si coglie l’occasione per ringraziare anche 1977 e da ultimo De Grossi Mazzorin 2008, con bibl. prec. Elena Maini, sempre prodiga di utili consigli e fondamentali aiuti 4 per l’intera durata di questa ricerca. Von den Driesch 1976. fabio visani

Grafico 1. Composizione del campione faunistico riferito alle unità stratigrafiche significative (espresso in percentuale): a sinistra, rapporto tra i resti determinati (83 elementi) e non determinati (69 elementi); a destra, attribuzione della taglia di riferimento ai reperti non determinati: mammiferi di taglia medio-grande (10 elementi) [TMG], mammiferi di taglia medio-piccola (57 elementi) [TMP] e schegge indeterminabili (2 elementi) [INDET]

a piani d’uso o di frequentazione5. Ne segue, per- Per quanto riguarda i reperti determinati (tabel- tanto, che il campione faunistico è stato obbligato- la 3), l’analisi complessiva ha evidenziato la quasi riamente ridimensionato nel numero passando da totale presenza di faune domestiche7, soprattutto 243 a un totale di 152 elementi osteologici, di cui ovicaprini che, nel numero di 45 elementi, corri- 83 determinati (pari al 54,6%) e 69 non determi- sponde a più della metà del campione (per l’esat- nati a livello specifico (pari al 45,4%)6. Mentre i tezza al 54,2%); seguono poi i suini con 24 resti primi mostrano una composizione varia ma costi- (pari al 29%) e infine i bovini con 5 (pari al 6%). tuita quasi esclusivamente da animali domestici, In generale, le ossa analizzate sono state ricono- i resti per i quali non è stato possibile dedurre la sciute come provenienti da tutti i distretti anatomi- specie di appartenenza sono in gran parte riferibili ci8, benché per i bovini risultino assenti quelle del ad animali di taglia medio-piccola (pari al 82,6%), cranio e dell’arto posteriore, lacuna che può essere dato che, come vedremo, si accorda benissimo con attribuita più alla casualità nel recupero del reperto la preponderante presenza di ovicaprini e maiali in fase di scavo che a una volontà selettiva delle all’interno della porzione determinata del campio- varie parti dell’animale dopo la sua morte. ne (grafico 1).

5 Per una descrizione dettagliata dei dati desunti dallo scavo archeologico, vd. il contributo di A. Baroncioni in questo volume. In effetti diversi dei resti faunistici sono stati recuperati in giacitu- ra secondaria, ossia ritrovati all’interno di strati che non si sono formati in modo naturale, ma sono stati determinati dall’uomo e riconosciuti come riporti di terra finalizzati al rialzamento di quota dei vari piani di calpestio che si sono sovrapposti nel tem- po all’interno del sito. In ordine, le unità stratigrafiche sono: US “pulizia di superficie”, 8, 10, 18, 20, 24, 34, 46, 55, 64, 105, 106, 107, 111, 1052, 1054, 1061, 1063 e 1118 (in nero nelle tabelle 1 e 2). Occorre precisare, però, che le US 105, 106 107 e 1118, seppur da considerarsi molto probabilmente in giacitura prima- ria, sono state individuate all’interno di un saggio di approfondi- 7 degli 83 resti faunistici, infatti, quelli riconosciuti come ap- mento stratigrafico e quindi non pienamente comprese nel loro partenenti a specie domestiche (ovicaprini, suini e bovini) sono modo di formazione e definizione. Pertanto, al fine di evitare in tutto 74, pari quindi a una percentuale di 89,2% dell’intero errori nel campione da analizzare, non sono state considerate campione determinato, mentre il restante 10,8% (rappresentato unità stratigrafiche significative, anche se dalla loro asportazio- da 9 elementi ossei) è riferibile a specie selvatiche (tartaruga, ne sono stati recuperati, oltre ai resti faunistici elencati, alcuni volpe, lepre, cervo e orso). reperti botanici e il frammento di un fondo ad anello in vernice 8 nera che attesterebbe in maniera molto generica la frequenta- Ci si riferisce al cranio, all’arto anteriore, al tronco e all’arto zione del sito già a partire dal I secolo a.C. (vd il contributo di G. posteriore, escludendo la coda di cui invece non sono state Assenti in questo volume). trovate parti. Occorre precisare, infine, che in questa stima sono stati presi in considerazione anche gli elementi che per loro na- 6 in ordine, le unità stratigrafiche riconosciute come significati- tura sono stati definiti indeterminati, ossia le vertebre, le coste ve sono: US 16, 16A, 35, 38, 73, 75, 76, 78, 502 e 1095 (in rosso e i resti indeterminabili, per l’elenco dei quali si rimanda alla nelle tabelle 1 e 2). tabella 2.

184 Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari

US/Ossa determinate Maiale Ovicaprini Bovino Asino Orso Tartaruga Volpe Lepre Cervo pulizia di superficie 3 1 8 1 10 1 16 3 5 16A 1 2 1 1 18 1 20 1 1 1 24 1 34 2 35 4 6 1 1 38 6 8 2 4 1 46 55 3 1 64 1 73 3 4 1 75 4 76 2 3 1 78 1 105 1 106 1 107 1 111 502 1 1052 1 1 3 1 1054 1 1061 1 1063 1 2 1 1095 5 12 1118 2 Totale 41 53 14 1 1 5 1 1 1

Tabella 1. Elenco dei resti faunistici determinati ordinati secondo la specie e l’unità stratigrafica di appartenenza. In rosso, le US significative

185 fabio visani

US/Ossa indeterminate Mammifero taglia Mammifero taglia Indeterminabili medio-grande medio-piccola vertebre coste varia vertebre coste varia pulizia di superficie 1 1 3 1 8 1 10 2 1 16 1 1 4 16A 2 3 2 18 1 20 1 24 1 34 1 35 3 1 2 3 2 38 1 1 1 5 4 46 1 55 2 2 2 64 73 3 6 4 75 5 5 76 2 78 105 1 3 106 1 1 107 3 111 1 502 1 1052 1 1 3 1054 1061 3 2 1063 3 1 4 5 1095 1 1 3 2 1118 1 1 Totale 6 8 3 14 51 38

Tabella 2. Elenco dei resti faunistici indeterminati ordinati secondo le dimensioni e l’unità stratigrafica di appartenenza. In rosso, le US significative

186 Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari

SPECIE US ELEMENTO LATO CLASSE D'ETà ETà SPECIFICA MODIFICAZIONI ANATOMICO / NOTE Ovicaprini 16 Scapola Sx G – GA – A > 6 mesi Ovicaprini 16 Scapola Sx G – GA – A > 6 mesi Ovicaprini 16 Tibia Dx G – GA Tra 6 e 24 mesi Ovicaprini 16 Emimandibola Sx G – GA – A > 6 mesi Ovicaprini 16 Metacarpo G – GA Tra 6 e 24 mesi Ovicaprini 16A Metacarpo G – GA Tra 6 e 24 mesi Ovicaprini 16A Basioccipitale G – GA Tra 6 e 24 mesi Ovicaprini 35 Ulna Sx GA < 3 anni 35 Bacino Dx A > 1 anni Tracce di morso animale e trac- Ovicaprini ce di taglio da macellazione Ovicaprini 35 Omero Sx GA – A > 12 mesi 35 Astragalo Dx GA – A > 12 mesi Appartiene a Ovicaprini una pecora 35 Radio Dx GA – A > 12 mesi Presenta tracce Ovicaprini di rosicchiatura da carnivoro 35 Femore Dx GA – A > 12 mesi Presenta tracce Ovicaprini di rosicchiatura da carnivoro 38 Cranio A Appartiene a Ovicaprini una capra 38 Ulna Sx GG < 6 mesi Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro Ovicaprini 38 Scapola Dx G – GA – A > 6 mesi Ovicaprini 38 Scapola Sx G – GA – A > 6 mesi Ovicaprini 38 Tibia Dx G – GA < 3 anni 38 Tibia Dx GA – A Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro Ovicaprini 38 Metacarpo Dx G – GA < 2 anni 38 Molare supe- Sx G – GA Tra 6 e 24 mesi Ovicaprini riore 73 Scapola Sx A > 8 mesi Tracce di taglio Ovicaprini da macellazione Ovicaprini 73 Scapola Dx G Ovicaprini 73 Metatarso Nd G – GA – A 73 Metatarso Dx G – GA – A Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro 75 Cranio Sx GG < 6 mesi Appartiene a una capra. Trac- Ovicaprini ce di taglio da macellazione 75 Sterno G – GA Tracce di taglio Ovicaprini da macellazione Ovicaprini 75 Scapola Sx G – GA > 8 mesi Ovicaprini 75 Scapola Sx GG < 6 mesi 76 Occipitale A Appartiene a una capra. Trac- Ovicaprini ce di taglio da macellazione 76 Scapola Dx GG < 6 mesi Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro Ovicaprini 76 Tibia Dx A 78 Bacino Sx G – GA – A Tracce di taglio Ovicaprini da macellazione

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SPECIE US ELEMENTO LATO CLASSE D'ETà ETà SPECIFICA MODIFICAZIONI ANATOMICO / NOTE 1095 Ulna Dx GA – A Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro Ovicaprini 1095 Cranio Dx A 1095 Cranio Dx GA – A Tracce di taglio Ovicaprini da macellazione Ovicaprini 1095 Epistrofeo Ovicaprini 1095 Tibia Sx G – GA Ovicaprini 1095 Radio Dx GG – G Ovicaprini 1095 Femore Sx G – GA Ovicaprini 1095 Tibia Sx GA – A 1095 Emimandibola Sx A Tra 6 e 10 anni Appartiene a Ovicaprini una pecora 1095 Molare Sx GA – A Tra 1 e 3 anni Ovicaprini superiore 1095 Radio Dx GA – A Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro 1095 Radio Dx A > 3,5 anni Tracce di Ovicaprini rosicchiature da carnivoro Maiale 16 Emimandibola Sx A 2 anni circa 16 Emimandibola Sx GA – A Nd Tracce di taglio Maiale da macellazione Maiale 16 Fibula G 16A Ulna Sx GA – A Nd Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro 35 Scapola Dx GA – A Nd Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro Maiale 35 Femore Sx G Tra 6 e 12 mesi Maiale 35 Bacino Dx GA – A > 12 mesi Maiale 35 Omero Sx G < 12 mesi 38 Calcagno Dx GA Tra 12 e 24 mesi Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro Maiale 38 Emimascella Sx A 38 Incisivo inf Dx G Tra 6 e 12 mesi Maiale deciduo Maiale 38 Emimandibola Sx 38 Femore Dx G – GA < 36 mesi Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro 38 Metacarpo Sx GA – A Nd Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro 73 Ulna Sx G < 12 mesi Tracce di taglio Maiale da macellazione 73 Radio Sx G < 12 mesi Tracce di taglio Maiale da macellazione 73 Radio Sx GA > 1 anno Tracce di taglio Maiale da macellazione 76 Scapola Sx GA – A Tracce di macellazio- Maiale ne e segni di rosicchiature da carnivoro 76 Femore Sx GA – A Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro Maiale 1095 Emimascella Sx G Tra 7 e 12 mesi

188 Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari

SPECIE US ELEMENTO LATO CLASSE D'ETà ETà SPECIFICA MODIFICAZIONI ANATOMICO / NOTE 1095 Incisivo infe- Dx A Tra 24 e 36 mesi Maiale riore Maiale 1095 Emimandibola Dx A > 48 mesi Maiale 1095 Emimandibola Sx GA Tra 18 e 24 mesi 1095 Omero Dx G Circa 12 mesi Tracce di Maiale rosicchiature da carnivoro 16A Radio – Ulna Sx A Tracce di taglio Bovino da macellazione 35 Scapola Dx GA – A Tracce di Bovino rosicchiature da carnivoro 38 Tibia Dx A > 2,5 anni Tracce di taglio Bovino da macellazione Bovino 38 Tibia Dx A 502 Femore Sx GA – A < 2,5 anni Tracce di taglio Bovino da macellazione 38 Piastrone Nd Confronto con Tartaruga hermanni Tartaruga 38 Carapace Nd 38 Carapace Nd Confornto con Tartaruga hermanni 38 Carapace Nd Confornto con Tartaruga hermanni 76 Piastrone Sx Nd Confornto con Tartaruga hermanni Volpe 73 Omero Sx A 35 Femore Sx A Appartiene a Lepre una lepre Cervo 38 Calcagno Sx GA < 3 anni 16A Metatarso IV Sx A Tracce di Orso bruciatura

Tabella 3. Elenco dei resti faunistici determinati divisi per specie, US di appartenenza, elemento anatomico e classe d’età

189 fabio visani

In base all’eruzione e usura dei denti, alla di vista osteometrico, l’altezza al garrese di nessun saldatura delle ossa lunghe e alle loro dimensioni animale. La stessa difficoltà è stata incontrata per e spessore, è stato possibile stabilire il numero la determinazione del sesso, che non è stato mai ri- minimo di individui (NMI) per specie9 e indicare conosciuto, se non in un solo caso all’interno della in termini più o meno ampi a che età ne sia specie suina, dove è stato possibile individuare una sopraggiunto il decesso10. Nel complesso sono femmina di maiale adulta (tabella 5, US 38). stati riconosciuti almeno 19 ovicaprini11 (tabella La fauna selvatica (tabella 7), invece, è rappre- 4), 17 maiali (tabella 5) e 5 bovini (tabella 6), che, sentata da solo 9 reperti (pari al 10,8% del cam- variando dagli esemplari giovanissimi, inferiori ai pione), riconducibili, però, a ben 5 specie diverse: 4 mesi, fino a quelli adulti con più di 6 anni di vita, due frammenti di piastrone e tre di carapace perti- sono distribuiti in tutte le diverse classi di età, con nenti a 2 tartarughe (di cui una di sesso femmini- una generale prevalenza per quella giovane-adulta le); l’omero di 1 volpe adulta; il femore di 1 lepre (GA, ossia compresa fra i 12 e i 24 mesi) e adulta adulta; il calcagno di 1 cervo giovane-adulto e il (A, cioè maggiore di 24 mesi). metatarso IV di 1 orso adulto che, fra tutti, è l’uni- L’indagine tafonomica ha poi evidenziato come, co a presentare tracce tafonomiche sulla superficie, oltre ai processi tafici dovuti alle particolari condi- riconosciute come segni bruciatura dovuti alla sua zioni chimico-fisiche del sottosuolo, anche i pro- esposizione al fuoco. cessi pertotassici abbiano lasciato particolari tracce su diverse superfici ossee. Risulta, infatti, che 14 SPECIE US N.R. % NMI ETà e MODIFICAZIONI reperti presentano segni di tagli da macellazione 16 5 6 2 2G – GA e 19 elementi rosicchiature da carnivoro, segno, 16A 2 2,4 1 1G – GA quest’ultimo, di un loro momentaneo abbandono 35 6 7,2 2 1GA (pecora al suolo in un contesto all’aperto12. con tracce di rosicchiature) In ultimo, data la natura dei resti osteologici, che e 1A (tracce di morso e macel- nella maggior parte dei casi sono stati riconosciuti lazione) come pertinenti a soggetti non adulti e soprattutto 38 8 9,6 3 1GG (tracce di non conservati per intero, non è stato possibile mi- rosicchiature), 1G – GA (tracce surarne la lunghezza e quindi calcolare, dal punto di rosicchiatu- re) e 1A (capra) 73 4 4,8 2 1G (tracce di rosicchiature) 9 il numero minimo di individui (NMI) è stato calcolato usan- e 1A (tracce di macellazione) do come fattore discriminante l’US di appartenenza, ossia con- siderandola come un’unità a sé stante svincolata da tutte le altre. 75 4 4,8 2 1GG (capra con tracce di ma- Vedremo in seguito come la correlazione con i dati di scavo Pecora/ cellazione) e 1G Capra permetterà di riunire più unità stratigrafiche fra loro e attribuirle – GA (tracce di ad alcune fasi di vita del sito andando, così, ad affinare ulterior- macellazione) mente il NMI proposto. 76 3 3,7 2 1GG (tracce di 10 macellazione) in maniera convenzionele, è stato scelto di suddividere le e 1A (capra con varie fasi di vita di ogni animale in quattro fasce d’età: tracce di macel- • Giovanissimo (GG), inferiore ai 4 mesi; lazione) • Giovane (G), tra i 4 ed i 12 mesi; 78 1 1,2 1 1G – GA – A • Giovane-Adulto (GA), tra i 12 ed i 24 mesi; (tracce di ma- • Adulto (A), superiore ai 24 mesi. cellazione)

11 1095 12 14,5 4 1GG – G, 1G non essendosi conservate parti diagnostiche, si è potuto – GA, 1GA – A procedere alla distinzione fra capre e pecore solamente in cin- tra 1 e 3 anni que casi: 3 capre [rispettivamente, 1A (US 38), 1GG (US75) e (con tracce di 1A (US 76)] e 2 pecore [rispettivamente, 1GA (US 35) e 1A rosicchiature e (US 1095)]. macellazione) e 1A tra 6 e 10 12 ulteriore informazione desumibile, per via indiretta, dalle anni (pecora con tracce di tracce di rosicchiatura sui reperti è la presenza, all’interno del rosicchiature) sito, di carnivori e quindi anche di cani che, vivendo a stretto Totale 45 54,2 19 contatto con l’uomo, erano molto probabilmente di ausilio nelle attività di allevamento e nella pastorizia che, come vedremo, era Tabella 4. Elenco dei resti di ovicaprini divisi per US di appartenen- una delle principali risorse economiche della comunità che qui za ed espressi nel numero di resti (N.R.), nella relativa percentuale risiedeva. e nel numero minimo di individui (NMI)

190 Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari

SPECIE US N.R. % NMI ETà e SPECIE US N.R. % NMI ETà e MODIFICAZIONI MODIFICAZIONI 16 3 3,7 3 1G, 1GA – A 38 4 4,8 1 / (sesso (tracce di ma- Tartaru- femminile) cellazione) e 1A ga 76 1 1,2 1 / (circa 2 anni) Volpe 73 1 1,2 1 1A 16A 1 1,2 1 1GA – A (tracce di rosicchia- Lepre 35 1 1,2 1 1A ture) 38 1 1,2 1 1GA (inferiore a Cervo 35 4 4,8 3 1G (tra 6 e 3 anni) 12 mesi), 1G 16A 1 1,2 1 1A (tracce di (inferiore a 12 Orso mesi) e 1GA – A combustione) (tracce di rosic- Totale 9 10,8 6 chiature) Tabella 7. Elenco dei resti delle 5 specie selvatiche divisi per US di 38 6 7,2 3 1G, 1GA (tracce di rosicchia- appartenenza ed espressi nel numero di resti (N.R.), nella relativa ture) e 1A (fem- percentuale e nel numero minimo di individui (NMI) Maiale mina) 73 3 3,7 2 1G (tracce di macellazione) e 1GA (tracce di macellazione) 76 2 2,4 1 1GA – A (tracce di macellazione e rosicchiature) 1095 5 6 4 1G (circa 1 anno Considerazioni conclusive e con tracce di rosicchiature), 1GA (tra 1,5 e Sebbene il numero di resti recuperati non con- 2 anni), 1A (tra 2 e 3 anni) e 1A senta, per sua natura, calcoli statistici attendibili13, (maggiore di 4 anni) si è comunque tentato di trarre alcune considera- Totale 24 29,0 17 zioni sullo sfruttamento della risorsa faunistica e di Tabella 6. Elenco dei resti di maiale divisi per US di appartenenza correlarle, soprattutto, con i dati desunti dallo sca- ed espressi nel numero di resti (N.R.), nella relativa percentuale e vo stratigrafico che, come sopra accennato, hanno nel numero minimo di individui (NMI) permesso di riconoscere diversi piani d’uso e/o di frequentazione e, grazie all’analisi dei materiali re- SPECIE US N.R. % NMI ETà e cuperati, di assegnare loro un inquadramento cro- MODIFICAZIONI nologico14. Dalla relazione finale di scavo15, infatti, 16A 1 1,2 1 1A (tracce di macellazione) si evince che nella lunga e articolata occupazione 35 1 1,2 1 1GA – A (tracce del sito, le unità stratigrafiche che compongono il di rosicchia- ture) nostro campione osteologico possono essere rag- 38 2 2,4 2 1A e 1A (mag- Bovino giore di 2,5 anni con tracce 13 di macellazio- Come già detto all’inizio di questo contributo, i resti fauni- ne) stici studiati sono stati recuperati in seguito a due campagne di scavo consecutive effettuate per sondaggi stratigrafici e quin- 502 1 1,2 1 1G – GA (in- feriore a 2,5 di soggetti a tutti quei fenomeni tafonomici (processi sullegici) anni tracce di dovuti alla stessa attività archeologica che, sebbene in maniera macellazione) più o meno inavvertita, portano a un recupero selettivo o a un Totale 5 6 5 non recupero degli stessi. Quest’ultimo infatti risulta essere di- rettamente subordinato alla strategia di scavo adottata, che nel Tabella 5. Elenco dei resti di bovino divisi per US di appartenenza caso specifico si concretizza nell’aver scelto di procedere per ed espressi nel numero di resti (N.R.), nella relativa percentuale e sondaggi stratigrafici e non per indagine estensiva, o nell’aver nel numero minimo di individui (NMI). optato per la setacciatura (o flottazione) di alcuni campioni dei sedimenti e non per tutti e, non in ultimo, nell’aver operato pro- babilmente una selezione, su base dimensionale, dei reperti già durante la fase di scavo. In riferimento ai processi tafonomici e alla strategia di recupero dei resti osteologici durante lo scavo, si veda in ultimo: De Grossi Mazzorin 2008, pp. 104-115. 14 Ci si riferisce soprattutto ai reperti ceramici, per il cui studio e analisi si rimanda al contributo di G. Assenti in questo volume. 15 Vd. nota 6.

191 fabio visani gruppate fra loro e attribuite a quattro macro fasi di se il raggruppamento delle varie unità stratigrafi- vita così riassumibili: che nelle diverse fasi consente di annotare alcune modificazioni nello sfruttamento della risorsa fau- I. XIX-XX sec. (US 502): livello d’uso rico- nistica col trascorrere del tempo, come ad esempio nosciuto come strato di coltivo moderno/contem- il rapporto fra le pecore/capre e i maiali. Infatti, pur poraneo riferibile a un momento in cui la corte restando la specie più rappresentata nel numero di della fortezza, ormai abbandonata da tempo, era resti e nel NMI, gli ovicaprini sembrano diminui- adibita a diversi usi (magazzino, fienile, giardino, re la loro prevalenza in favore di quella dei maiali cisterna). che, sul finire del Quattrocento, crescono nella per- II. Anteriore alla fine del XV sec. (US 35 e centuale e addirittura divengono numericamente 38): insieme di strati di deposito riferibili con buo- maggiori (anche se solo di un’unità). Ma il dato na probabilità a una struttura in ciottoli e conci di più interessante è quello offerto dai bovini che, pietra distrutta e livellata in seguito ai lavori di am- quasi del tutto assenti nelle fasi di vita più antiche, pliamento della corte e ammodernamento delle di- aumentano considerevolmente alla fine del XV se- fese della Rocca realizzati nel tardo Quattrocento. colo, indice di un loro ruolo più importante all’in- IIIa. IX-XI sec. (US 1095): piano di frequenta- terno dell’economia del sito sia dal punto di vista zione riferibile probabilmente a una zona destinata dell’alimentazione (maggior apporto di carne e de- a coltivo e comunque interpretabile come un’area rivati, quali latte e pelli), sia da quello della forza aperta pertinente al sito16. lavoro18. Dato, quest’ultimo, che trova una natura- IIIb. IX-XI sec. (US 16A, 73 e 75): insieme di le contestualizzazione se associato alle innovazioni strati riconducibili a un livello di frequentazione tecnologiche avvenute nel campo dell’agricoltura (US 73 e 75) caratterizzato dai resti di un edifi- dopo il Mille (quali ad esempio l’aratro pesante o cio in materiali deperibili con focolare a terra (US la rotazione triennale delle colture) che, attraverso 16A). lo sfruttamento delle faune domestiche (soprattutto IV. VIII-IX sec. (US 16, 76 e 78): insieme di bovini) come forza lavoro, migliorano la quantità strati riconosciuti come pertinenti a un piano d’uso e qualità dei prodotti coltivati e quindi della dieta (US 76 e 78) caratterizzato dai resti di un edificio alimentare. Infine, la crescita di questa specie nel in materiali deperibili con focolare a terra (US 16). campione in esame può offrire spunti di riflessione su come si sia molto probabilmente evoluta l’eco- Nel complesso il quadro che emerge (tabella 8) nomia del sito che, basata principalmente sulla pa- non è dissimile da quanto fin qui esposto17, anche storizia, ha trovato poi nell’agricoltura estensiva elemento complementare nella vita della comunità. Resta comunque innegabile che, nel complesso, 16 la definizione di questo piano di frequentazione come area lo sfruttamento della risorsa faunistica si sia in- aperta, e la conseguente differenziazione dalla contemporanea centrato soprattutto sull’allevamento di ovicaprini, fase IIIb, sempre riconducibile al periodo tra IX e XI secolo, è stata dettata, oltre che dalle caratteristiche dello stesso strato seguiti con percentuali inferiori (ma non eccessiva- US 1095 (ossia il colore, la consistenza, lo spessore e la presen- mente nel NMI) dai suini e in maniera ridotta dai za di numerosi frustoli di carbone), anche dalla constatazione bovini, tutti macellati a qualsiasi età, il che non di- che una parte delle ossa animali recuperate presentano tracce tafonomiche riconducibili alla rosicchiatura da parte di carnivori, mostra nessuna particolare vocazione economica il che indica un loro momentaneo abbandono al suolo in un ma probabilmente uno sfruttamento generalizzato contesto aperto, adibito probabilmente a zona di discarica. Si delle mandrie e delle greggi al fine di ottenere sia il evidenzia in questo caso quindi una sottofase “funzionale” di vita del sito, per la quale però non è possibile alcuna precisazione maggior quantitativo di carne (soprattutto dai maia- cronologica data dai materiale ceramici rinvenuti. li) sia di prodotti secondari quali il latte, la lana e le 17 resta infatti invariata la maggior presenza di animali dome- stici rispetto quelli selvatici all’interno del campione. Lo stesso vale per il numero di resti (N.R.) degli ovicaprini rispetto ai ma- iali e ai bovini, mentre non è così per i numeri minimi di individui (NMI) poiché, nel sommare le varie unità stratigrafiche fra loro, 18 A vantaggio di questo dato, infatti, occorre evidenziare che questi risultano minori di alcune unità per specie. Nel comples- tutti i bovini individuati sono stati abbattuti in età adulta o sub- so per la fauna domestica si hanno: 15 ovicaprini, 14 maiali e 5 adulta, segno sia della volontà di ottenere dalla loro macellazio- bovini, contro rispettivamente i 19, i 16 e i 5 sopra elencati; per ne, la maggiore quantità di carne, latte e pelli possibile, sia dal la fauna selvatica, invece, il dato non cambia. loro impiego nei campi.

192 Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari

FASE SPECIE N.R. % NMI ETà e MODIFICAZIONI I. XIX–XX sec. Bovino 1 100 1 - 1G – GA (inferiore a 2,5 anni con tracce di macellazione) (US 502) Pecora / 14 42,5 3 - 1GG (tracce di rosicchiature) Capra - 1GA (tracce di rosicchiature) - 1A (capra con tracce di morso e macellazione) Maiale 10 30,3 4 - 1G (tra 6 e 12 mesi) - 1G (inferiore a 12 mesi) - 1GA (tracce di rosicchiature) II. Anteriore fine VX - 1A (femmina) sec. (US 35+38) Bovino 3 9,1 3 - 1GA – A (tracce di rosicchiature) - 1A - 1A (maggiore di 2,5 anni con tracce di macellazione) Tartaruga 4 12,1 1 / (sesso femminile) Lepre 1 3 1 1° Cervo 1 3 1 - 1GA (inferiore a 3 anni) Pecora / 12 70,6 4 - 1GG – G Capra - 1G – GA - 1GA – A (tra 1 e 3 anni con tracce di rosicchiature e macellazio- ne) IIIa. IX-XI sec. - 1A (tra 6 e 10 anni, pecora con tracce di rosicchiature) (US 1095) Maiale 5 29,4 4 - 1G (circa 1 anno e con tracce di rosicchiature) - 1GA (tra 1,5 e 2 anni) - 1A (tra 2 e 3 anni) - 1A (maggiore di 4 anni) Pecora / 10 58,8 4 - 1GG (capra con tracce di macellazione) Capra - 1G (tracce di rosicchiature) - 1G – GA (tracce di macellazione) - 1A (tracce di macellazione) Maiale 4 23,5 3 - 1G (tracce di macellazione) IIIb. IX-XI sec. - 1GA (tracce di macellazione) (US 16A+73+75) - 1GA – A (tracce di rosicchiature) Bovino 1 5,9 1 - 1A (tracce di macellazione) Volpe 1 5,9 1 1° Orso 1 5,9 1 - 1A (tracce di combustione) Pecora / 9 60 4 - 1GG (tracce di rosicchiature) Capra - 1G – GA - 1G – GA (tracce di macellazione) IV. VIII–IX sec. - 1A (capra con tracce di macellazione) (US 16+76+78) Maiale 5 33,3 3 - 1GA – A (tracce di macellazione e rosicchiature) - 1A (circa 2 anni) Tartaruga 1 6,7 1 /

Tabella 8. Elenco delle faune domestiche divise in base alle fasi di vita del sito di appartenenza ed espresse nel numero di resti (N.R.), nella relativa percentuale e nel numero minimo di individui (NMI) pelli (soprattutto dalle pecore e capre)19. (esclusa la tartaruga20) sono stati recuperati Per quanto riguarda le specie di fauna selvatica, solo elementi ossei pertinenti la parte inferiore invece, l’esiguo numero di resti sembra indicare dell’arto21. Particolare, questo, che potrebbe che, pur presente, l’attività venatoria non costituisse trovare una spiegazione se correlato alla volontà di una pratica tale da poter influenzare l’economia di recuperare la pelle/pelliccia dell’animale in seguito sussistenza dell’intera comunità. è interessante al suo abbattimento. In questo modo, si avrebbe constatare che per tutte le specie individuate

20 la cui presenza all’interno del sito, è spiegabile da un lato

19 per la sua naturale presenza in queste aree geografiche, dall’al- A tale proposito, occorre evidenziare come il dato sul pre- tro, per la possibilità di un occasionale consumo alimentare. ponderante allevamento di pecore, capre e maiali rispetto ai bovini acquisti maggior valore se si prendono in considerazione 21 si tiene a precisare, infatti, che, oltre ai reperti osteologici i resti ossei indeterminati (tabella 2) che, nel numero di 57 riferi- dell’orso e del cervo (la cui posizione anatomica è facilmente bili ad animali di taglia medio-piccola (TMP) contro i 10 di taglia riconoscibile), l’omero della volpe si è conservato nella porzione medio-grande (TMG), vanno ad avvalorare il ruolo di risorsa mediale e il femore della lepre in quella distale (ossia più lontana principale che i primi avevano rispetto ai secondi all’interno dal bacino). Per tutti quindi sono state recuperati elementi ossei dell’economia della comunità. pertinenti la parte più bassa dell’arto.

193 fabio visani una prima fase di macellazione, in cui il recupero olle/pentole ubicate a lato del fuoco, e poi parzial- della carne si focalizza sul tronco e sulla parte alta mente coperte (su un lato) o completamente rico- degli arti, e una seconda fase di conciatura, dove perte dai carboni ardenti»25. Associando questi dati ci si concentra sulle estremità restanti; il tutto con quelli desunti dalla ceramica da cucina rinve- non necessariamente vincolato allo stesso luogo nuta, lo studioso propone di interpretare queste evi- di lavorazione. Simbolo di questa ricostruzione denze come una variazione dei gusti alimentari e ipotetica è il caso dell’orso che, catturato in seguito del metodo di cucinare che, nel passaggio dall’età a una battuta di caccia, è stato ucciso e, viste le romana a quella medievale, si orientano verso il dimensioni, probabilmente macellato nello stesso consumo di carne dura come quella di pecora, che luogo di cattura. Da qui trasportato all’interno usualmente necessita di una cottura molto più lun- del sito e la sua pelliccia conciata al riparo della ga e quindi di contenitori capaci di resistere bene struttura con il focolare (US 16A), dove tutti gli al calore prolungato. Applicando queste conside- scarti della lavorazione, fra cui lo stesso metatarso razioni al nostro caso, è facilmente intuibile come IV, sono stati gettati poiché considerati rifiuti da esse si adattino perfettamente al contesto acqua- smaltire22. vivano: esso presenta, infatti, ceramica da cucina Un’ultima considerazione, infine, è offerta dal- (catino/coperchio e olle/pentole in pietra ollare), in le fasi di vita più antiche del sito, caratterizzate o grado di garantire un’ottima distribuzione e tenuta dalla presenza di due edifici (uno per fase) in ma- del calore, focolari a terra (di cui uno caratteriz- teriale deperibile con focolare a terra, sovrapposti zato da una fossa laterale rubefatta) e frammenti fra di loro e aventi la stessa destinazione d’uso, o di ossei nella maggior parte pertinenti a ovicaprini26; un unico edificio connotato da una lunga diacronia si può quindi affermare con sicurezza che la die- (comprendente almeno le due fasi suddette)23. Per ta alimentare degli antichi abitanti del castello era entrambi i livelli di frequentazione, lo scavo strati- basata soprattutto sul consumo di carne dura che, grafico ha permesso di recuperare frammenti di ce- oltre a essere cotta direttamente sul fuoco, era mol- ramica da cucina assimilabili, nel primo caso (Fase to probabilmente consumata sotto forma di zuppa IIIa-b, IX-XI sec.), alle forme di catino-coperchio o stufato all’interno di contenitori posti a fianco del (con evidenti tracce di annerimento da fuoco ma focolare e coperti (parzialmente o completamente) privo dei fori per lo sfiato24) e, nel secondo (Fase dai carboni ardenti. IV, VIII-IX sec.), alle forme di olla/pentola in pie- tra ollare. Questi ultimi reperti, inoltre, sono stati In conclusione, il quadro che emerge dall’anali- recuperati all’interno del riempimento di una fos- si faunistica dei resti provenienti dallo scavo della sa circolare posta nei pressi del focolare (US 16) e Rocca di Acquaviva Picena è quello di una picco- con pareti quasi verticali e fondo piatto, entrambi la comunità dedita alla pastorizia e all’agricoltura, molto rubefatti a causa di una forte esposizione al attività quest’ultima che, grazie alle innovazioni calore. tecnologiche avvenute fra Alto e Basso Medioevo, Un confronto analogo è stato rinvenuto da An- assume probabilmente maggior importanza all’in- drea Rosario Staffa in un sito altomedievale a terno dell’economia del sito, senza però sostituirsi Pescara, dove una buca posta a lato del piano di mai alla prima. L’allevamento di ovicaprini doveva cottura di un focolare è stata riconosciuta molto essere la prima fonte di sostentamento e di sod- probabilmente come «punto per l’allocazione di disfacimento delle necessità alimentari, volto sia all’ottenimento della carne sia dei derivati, quali

22 in riferimento alla pratica umana di gettare le ossa animali all’interno di focolari poiché ritenute rifiuti da smaltire si veda 25 Staffa 1998, pp. 467-470, in part. p. 469. De Grossi Mazzorin 2008, pp. 116-123, in part. p. 121. 26 23 Vd. il contributo di A. Baroncioni in questo volume. si tiene a precisare che buona parte di tutti i resti faunistici pertinenti le due fasi più antiche presentano evidenti tracce ta- 24 Proprio queste caratteristiche fanno propendere più per fonomiche dovute alla macellazione: dato che, oltre ad aiutare una definizione tipologica del recipiente come catino che come a definire la destinazione d’uso della/e struttura/e e dei foco- coperchio o forno. Vd. Ravaioli, Vecchietti 2007a, p. 215 con rela- lari (probabilmente come edificio/i ad uso abitativo), avvalora tiva nota 14. Sulle tipologie ceramiche rinvenute vd. il contributo maggiormente questa considerazione sugli usi alimentari della di G. Assenti in questo volume. comunità che occupava il sito.

194 Reperti paleofaunistici e considerazioni sugli usi alimentari latte, lana e pelli. Ruolo di non secondaria impor- effetti, fondava le sue necessità alimentari sull’al- tanza, poi, era assegnato ai maiali, soprattutto in levamento/sfruttamento degli animali domestici. riferimento all’apporto proteico. Infine, seguivano Maggior precisione nel ricostruire il contesto pa- i bovini, anche se sfruttati in primo luogo come for- leofaunistico del sito non è possibile anche perché, za lavoro e poi come risorsa di carne e di prodotti allo stato attuale degli studi, non esistono confronti secondari. In ultimo, a completare la dieta alimen- con le realtà coeve del territorio delle Marche me- tare della comunità, veniva la selvaggina, sebbe- ridionali e della valle del Tronto. Occorrerà, per- ne la percentuale esigua dei resti recuperati faccia tanto, aspettare nuove indagini archeologiche e, pensare alla pratica della caccia più come a un’at- soprattutto, archeozoologiche per la costruzione di tività fine a se stessa che a un aspetto integrante un quadro più completo del rapporto fra uomo, ani- dell’economia di sussistenza della comunità che, in male e ambiente.

Misure

Specie US Elemento anatomico Porzione Classe d’età Misure Ovicaprini 16 Tibia Mediale G – GA SD:12,3 Ovicaprini 35 Omero Distale GA – A BT:27,2 35 Astragalo Intero GA – A Dm:15,7; Dl:14,4; Bd:17,6; GLl:27,8; Ovicaprini GLm:25,5; Ovicaprini 73 Scapola Prossimale A BG:21,45; GLP:31,7; LG:24,65; SLC:19,4; Ovicaprini 75 Scapola Prossimale G – GA BG:16,6; GLP:28,6; SLC:15,6; Ovicaprini 76 Occipitale Intero A 29:23,8; 30: 8,5; 1052 Emimandibola P3 – M1 A 9:20,9; P3 = B:6; L:7,3; P4 = B:6,2; L:10; M1 = Ovicaprini B:6,7; L:10,4 Ovicaprini 1095 Emimandibola P3 – P4 A 9:21,45; P3 = B:5,9; L:7,2; P4 = B:6,8; L:8,45 Ovicaprini 1095 Radio Prossimale G – GA Bp:28,6; SD:15,5; Ovicaprini 1095 Radio Intero A Bp:29,6; Bd:26,8; SD:15,3; Maiali 16 Emimandibola M1 – M3 A 8:65 Maiali PdS Bacino Acetabolo GA – A LA:30 Maiali 1052 Metatarso IV Intero A GL:87; Bd:15,2 Maiali 1095 Omero Distale G Bd:38,5 BT:31,3 Maiali 1118 Tibia Distale A Bd:27,6 Bovini 34 Emimandibola M3 A B:14,6; L:33,3; Bovino 38 Tibia Distale A Bd:48,6; Db:42,9 Bovini 1052 Metacarpo Prossimale A SD:24,9 Bovini 1054 Omero Distale GA BT:65,7; Bd:71,8 1052 Metatarso Prossimale Bp:33,1; SD:21,6; [misure Eisenmann] 5:33; Asino 6:24,4; 7:29,4; 8:7,7; Lepre 35 Femore Distale A Bd:19,7 Orso 16A Metatarso IV Prossimale A Bp:13,9

Le misurazioni (espresse in mm) e le abbreviazioni usate sono quelle citate dal metodo di A. von den Driesch. Si precisa che sono stati considerati tutti gli elementi ossei dell’intero campione compresi quelli provenienti da unità stratigrafiche non significative. PdS = Pulizia di Superficie

195 fabio visani

Bibliografia

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196 foto di Pierluigi Giorgi, 2005- disegno di Giorgio Giorgi, 2005 Giorgi, di Giorgio 2005- disegno Giorgi, di Pierluigi foto Appendici Appendici Appen

Appendici Appendici AppenAppendici

Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 199-200

M embri del gruppo di lavoro di Acquaviva Picena

Enrico Giorgi (Direzione del Progetto)

Mauro Altini Serena De Cesare

Andrea Baroncioni Michele Massoni

Julian Bogdani Enrico Ravaioli

Federica Boschi Michele Silani

Alessandro Campedelli Erika Vecchietti

Tommaso Casci Ceccacci Fabio Visani appendici

Il team del Laboratorio di Rilievo ad Acquaviva Picena, edizione 2005. A destra, l’allora Assessore al Turismo Andrea Infriccioli

200 Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) pp. 201-202

artecipanti ai laboratori didattici ad Acquaviva Picena P (2004-2009)

Laboratorio di Acquaviva Picena 2004 (14 giugno-19 giugno)

Coordinatore: Andrea Baroncioni Operatori: Mauro Altini, Fabio Visani, Margherita Benvenuti, Michela Carletti, Michela Randi, Enrica Giorgioni, Serena De Cesare, Michele Massoni

Laboratorio di Acquaviva Picena 2005 (30 aprile-7 maggio)

Coordinatori Andrea Baroncioni, Letizia Neroni Documentazione delle strutture: Mauro Altini, Federica Boschi, Enrico Ravaioli, Fabio Visani, Giulia Marcolli, Michele Silani, Serena De Cesare, Sandra Cameli, Blerina Toci, Valentina Falcioni, Cristiana Capretti, Lara Taccini, Ilaria Rossetti, Ambra Spinelli, Sara Canullo, Rita Nobili Scavo e documentazione di scavo: Tommaso Casci Ceccacci, Erika Vecchietti, Julian Bogdani Alessandro Campedelli, Michele Massoni

Laboratorio di Acquaviva Picena, complesso dell’ex-Ospedale di Sant’Anna 2005 (28 novembre-8 dicembre)

Coordinatori: Tommaso Casci Ceccacci, Erika Vecchietti Scavo e documentazione di scavo: Andrea Baroncioni, Federica Boschi, Alessandro Campedelli, Serena De Cesare, Federico Luppi, Michele Massoni, Michele Silani Fabio Visani, Giuseppe Frezza

Laboratorio di Acquaviva Picena 2006 (3-25 maggio)

Coordinatore: Erika Vecchietti Responsabili di settore: Andrea Baroncioni, Enrico Ravaioli, Alessandro Campedelli, Tommaso Casci Ceccacci, Julian Bogdani, Federica Boschi , Michele Silani, Michele Massoni appendici

Operatori: Cristiana Capretti, Lara Taccini, Ambra Spinelli, Ilaria Rossetti, Elisa Loprete, Elisa Costa, Giuseppe Frezza, Fabio Visani, Elena Tonini, Tobia Moroder, Serena De Cesare, Eleonora Bruni

Scuola Estiva “In profondità senza scavare”, I edizione 2007 Acquaviva Picena-Burnum (Croazia) 28 maggio-9 giugno)

Tutores (Università di Bologna): Julian Bogdani, Alessandro Campedelli, Michele Massoni, Michele Silani, Erika Vecchietti Tutores (Università di Siena): Marta Bottacchi, Federica Boschi, Barbara Frezza, Maria Elena Ghisleni, Enrico Ravaioli Professionisti:Michele Ricciardone Partecipanti: Anamaria Eterović, Mladen Pesić, Ivana Jadrić, Igor Borzić, Kevin Ferrari, Irene Loschi, Lizana Dede, Mirco Modolo, Marco Antognozzi, Adelina Ramundo, Domenico Messinò, Silvia Bernardoni, Giulia Spallacci, Stefania De Majo, Dante Abate, Corinna Ludovica Koch Dandolo, Angela Filazzola, Francesco Ghirardelli, Stefano Santocchi Gerg, Federica Fabbri, Debora Mazzarelli

Laboratorio di Acquaviva Picena 2009 (23-27 febbraio)

Coordinatore: Erika Vecchietti Responsabili di settore: Andrea Baroncioni, Julian Bogdani, Tommaso Casci Ceccacci, Michele Massoni, Enrico Ravaioli, Erika Vecchietti Operatori: Veronica Albanese, Claudia Cappuccino, Cristina Cordoni, Stefania Cua, Agnese Di Donato, Federico Zaina, Fabio Visani

202 Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno) p. 203

Livello professionale dei responsabili di settore nel 2004 e nel 2013

2004 2013 Scuola di Specializzazione in Archeologia Specialista in Archeologia e insegnante di Mauro Altini (Bologna) ruolo per le Scuole Superiori di II grado Scuola di Specializzazione in Archeologia Specialista e Dottore di ricerca in Archeolo- Andrea Baroncioni (Bologna) gia, Assegnista di Ricerca (Bologna) e libero professionista Scuola di Specializzazione in Archeologia Specialista e Dottore di ricerca in Archeolo- Julian Bogdani (Bologna) gia, Assegnista di Ricerca (Bologna) e libero professionista Scuola di Specializzazione in Archeologia Dottore di ricerca in Archeologia, Tecnico Lau- Federica Boschi (Bologna) reato presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna Libero professionista Dottore di ricerca in Archeologia, Assegnista Alessandro Campedelli di Ricerca (Bologna) e libero professionista Scuola di Specializzazione in Archeologia Ispettore Archeologo presso la Soprintendenza Tommaso Casci Ceccacci (Bologna) per i Beni Archeologici, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo Studente, Conservazione dei Beni Culturali Dottore Magistrale in Conservazione dei Beni Serena De Cesare (Ravenna) Culturali (Bologna-Ravenna) e libero professionista Studente, Conservazione dei Beni Culturali Dottore in Conservazione dei Beni Culturali Michele Massoni (Ravenna) (Bologna-Ravenna) e libero professionista Scuola di Specializzazione in Archeologia Specialista, Dottore di ricerca in Archeologia e Enrico Ravaioli (Università di Bologna) libero professionista Michele Silani Studente, Lettere Classiche (Bologna) Dottorando in Archeologia Scuola di Specializzazione in Archeologia Specialista e Dottore di ricerca in Archeolo- Erika Vecchietti (Università di Bologna) gia, Assegnista di Ricerca (Bologna) e libero professionista Studente, Conservazione dei Beni Culturali Specialista in Archeologia e Fabio Visani (Ravenna) libero professionista Il volume Il castello oltre le mura. Ricerche archeologiche nel borgo e nel territorio di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno)

è stato stampato presso: Aslay Plus, Pianoro (BO)

nel mese di gennaio 2014