Archeologia preventiva e valorizzazione del territorio 4.

Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia PROGRESSO E PASSATO Nuovi dati sul Cremonese in età antica dagli scavi del metanodotto Snam -

COLLANA DI STUDI Archeologia preventiva e valorizzazione del territorio

1. Terre di confine. Una necropoli dell’età del Ferro a Urago d’Oglio

2. La villa romana della Pieve a Nuvolento. Restauro e valorizzazione del sito archeologico

3. Tracce del passato. L’area sepolcrale celtica e romana di Cascina Roma (Bernate Ticino-MI)

4. Progresso e passato. Nuovi dati sul Cremonese in età antica dagli scavi del metanodotto Snam Cremona-Sergnano Archeologia preventiva e valorizzazione del territorio 4. PROGRESSO E PASSATO Nuovi dati sul Cremonese in età antica dagli scavi del metanodotto Snam Cremona-Sergnano

a cura di Nicoletta Cecchini Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia

PROGRESSO E PASSATO NUOVI DATI SUL CREMONESE IN ETÀ ANTICA DAGLI SCAVI DEL METANODOTTO SNAM CREMONA-SERGNANO

Museo Civico “Ala Ponzone”, Cremona 25 gennaio-31 maggio 2014

Progetto scientifico Nicoletta Cecchini (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia) Scavo Direzione: Lynn Arslan Pitcher per la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia RA.GA. S.r.l., Como (Direttore tecnico: Paul Blockley; coordinamento: Gianluca Mete; responsabili di cantiere: Bianca Balducci, Pablo Clemente, Gabriele Manfroni, Archidio Mariani; operatori: Elena Baiguera, Fabio Baldo, Silvia Barlassina, Ivan Bonardi, Sa- muele Brugnoli, Marco Capardoni, Javier Celma, Adriana Coelho, Enrica Defendenti, Henry Ekow, Antonella Frezzetti, Alessandra Garao, Sara Galletti, Hanna Kazachenka, Gabriele Mainardi, Vera Marzullo, Diego Mosca, Fausto Occhipinti, Caterina Pelazza, Giordana Ridolfi, Antonio Rossi, Fabio Rossi, Antonio Russo, Vittoria Sardo, Laura Scolari, Maria Rosaria Soria, Paolo Torre Restauri Florence Caillaud, Bologna Annalisa Gasparetto (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia) Fotografie dei reperti Luciano Caldera, Luigi Monopoli (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia) Paolo Andreatta (fotografie macro e al microscopio digitale con telecamera dei palchi di cervo) Fotografie di scavo Paul Blockley (RA.GA. S.r.l.) Testi Paolo Andreatta, Lynn Arslan Pitcher, Marco Baioni, Paul Blockley, Ivan Bonardi, Florence Caillaud, Nicoletta Cecchini, Silvia Di Martino, Annalisa Gasparetto, Fiorenza Gulino, Cristina Longhi, Claudia Mangani, Anny Mattucci, Gianluca Mete, Flavio Re- dolfi Riva, Giordana Ridolfi, Marina Volonté, Diego Voltolini

Planimetrie e disegni ricostruttivi Paul Blockley, Ivan Bonardi Disegni dei reperti Marco Baioni, Claudia Mangani, Flavio Redolfi Riva, Giordana Ridolfi, Diego Voltolini Allestimento e catalogo a cura di Edizioni Et, Milano Si ringraziano: Ivana Iotta (Direttore del Sistema Museale della Città di Cremona), Marina Volonté (Conservatore del Museo Archeologico), per l’ospitalità offerta alla mostra Rosanina Invernizzi, responsabile Ufficio Mostre (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia) Snam Rete Gas, per la preziosa collaborazione e il supporto offerto alla realizzazione della mostra e di questo libro

In copertina: lo scavo della pista del metandotto nel sito di Pozzaglio, con l’affioramento delle murature di una villa di età romana e i vasi deposti come rito di fondazione presso la villa romana di Sergnano

ISBN 978-88-86752-59-6

Realizzazione editoriale Edizioni Et, Milano, 2014 Con questo volume si arricchisce ulteriormente la collana La mostra “Progresso e Passato” costituisce un nuovo si- dedicata all’archeologia preventiva voluta da Raffaella Pog- gnificativo momento della collaborazione del Museo Ar- giani Keller per illustrare l’impegno della Soprintendenza cheologico con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per i Beni Archeologici della Lombardia nella salvaguardia della Lombardia. del patrimonio archeologico in relazione alle grandi opere La sinergia tra l’ente di tutela e il museo civico del terri- di rete. torio si conferma per quest’ultimo di vitale importanza, In questo caso, seguendo il territorio bresciano e il mi- consentendo il continuo aggiornamento degli allestimenti lanese, il protagonista è il territorio cremonese zona tradi- e delle proposte di fruizione, alla luce di quanto via via zionalmente a vocazione rurale, oggi in corso di profonda emerge dall’attività di ricerca sul campo. trasformazione per il passaggio di reti stradali, ferroviarie Il migliore esempio è lo stesso allestimento del museo e gasdotti. nella chiesa sconsacrata di San Lorenzo, che ha potuto La parola chiave per interpretare l’esperienza presentata in giovarsi dei reperti rinvenuti nei recenti scavi di piazza questo volume, uno scavo collegato alla costruzione di un Marconi. tratto di metanodotto tra Cremona e Sergnano, comune Il tema della mostra, ospitata negli spazi del Museo Civico ubicato nella zona settentrionale della provincia, è stata Ala Ponzone, è particolarmente rilevante per la valorizza- collaborazione. zione del territorio: gli scavi “preventivi” alla realizzazione La proficua collaborazione tra la società realizzatrice del- del tratto di metanodotto Cremona-Sergnano, al di là l’opera (Snam Rete Gas), le Istituzioni (il Museo Civico “Ala della necessaria azione di tutela, hanno costituito infatti Ponzone” di Cremona, che ospita la mostra) e la Soprin- un’importante occasione di conoscenza storica, per un tendenza, ha infatti permesso non solo di portare a com- arco cronologico che dalla preistoria giunge fino all’alto me- pimento in modo ottimale le indagini archeologiche, ma dioevo. anche di presentare all’attenzione del pubblico in tempi brevi A pochi mesi dalla conclusione delle ricerche, tale patri- i risultati delle ricerche, così come la collaborazione tra monio, grazie anche alla sensibilità di Snam Rete Gas, specialisti di diverse professionalità ha consentito di com- viene ora reso disponibile al pubblico attraverso l’esposi- prendere compiutamente e preservare quanto restituito zione museale dei reperti corredata da questo catalogo, dal terreno. che ne costituisce l’efficace strumento di divulgazione. È stato così possibile aggiungere nuovi elementi alla co- noscenza del Cremonese nelle diverse epoche, mantenendo Irene Nicoletta De Bona vivo il contatto con il passato per interpretare con maggiore Assessore alle Politiche culturali e al Turismo consapevolezza i passi compiuti e programmare i percorsi del Comune di Cremona futuri legati all’avanzare del progresso.

Caterina Bon Valsassina Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia

Negli oltre 70 anni di storia della nostra azienda, ab- biamo sempre coniugato gli obiettivi d’impresa con un profondo senso di responsabilità verso le comunità e i territori in cui operiamo, nella consapevolezza del- l’importanza di aver sempre presenti i riflessi sociali, eco- nomici e ambientali delle nostre attività. Una convinzione che discende da un modello di business fortemente integrato con le esigenze del territorio. In- terpretare responsabilmente l’approccio con il terri- torio e i suoi stakeholder rappresenta anche una chiave per migliorare l’efficienza dei processi di business e per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Nello sviluppo delle infrastrutture il nostro approccio ha sempre conciliato crescita economica e tutela del- l’ambiente. Principi che Snam Rete Gas ha saputo rendere concreti sviluppando best practice riconosciute anche a livello internazionale per ognuna delle fasi di lavoro: dalla progettazione ai monitoraggi ambientali, geomorfologici e vegetazionali ante e post operam, dalla realizzazione dell’infrastruttura all’attività di ripristino degli ecosistemi conseguente alla posa dei metanodotti e alla costruzione degli impianti di compressione. La realizzazione di oltre 32.000 km di rete su un’oro- grafia complessa ed un territorio così ricco di storia come quello italiano, ci ha impegnato a sviluppare un’attenzione profonda a tutela dei patrimoni della nostra penisola; ovunque la nostra attività ci ha portato naturalmente ad incontrare “le antiche vestigia” ed il nostro impegno è stato quello di conservare la me- moria. Da sempre un’attenzione speciale viene rivolta alla sal- vaguardia del patrimonio archeologico cui sempre più intensamente vengono indirizzati l’impegno e le com- petenze di Snam Rete Gas. Il nostro obiettivo è quello di non disperdere le tracce di una memoria tangibile della storia del nostro Paese che affiora nel corso dei nostri lavori e di cui questo volume è un’accurata te- stimonianza. Anche nel caso dei lavori di realizzazione del metanodotto Cremona-Sergnano, la scelta di affi- darsi a team formati dai migliori specialisti, ha rap- presentato il valore aggiunto che ha consentito di sal- vaguardare i ritrovamenti e di impedirne la dispersione. Siamo pertanto molto lieti di aver contribuito alla rea- lizzazione di questo libro, che dimostra l’efficace e pro- ficua cooperazione con la Soprintendenza per i Beni Ar- chelogici della Lombardia e con il territorio, che ha consentito di ricostruire momenti e testimonianze della storia dell’antica comunità cremonese.

Luca Schieppati Direttore Generale Operations Snam Rete Gas

Il tracciato del metanodotto e il posizionamento dei siti archeologici individuati. Panoramica della villa di Sergnano in corso di scavo. SOMMARIO

Nicoletta Cecchini La tutela archeologica e le grandi opere di rete: metodologia e risultati di una proficua p. 9 collaborazione

Lynn Arslan Pitcher, Paul Blockley Lo scavo archeologico lungo il metanodotto Cremona-Sergnano p. 10

Marco Baioni, Fiorenza Gulino, Cristina Longhi, Claudia Mangani, Flavio Redolfi Riva I siti del Neolitico, dell’età del Bronzo e della prima età del Ferro p. 14

Anny Mattucci Studio antropologico delle cremazioni p. 21

Paolo Andreatta, Silvia Di Martino I palchi di cervo di p. 25

Gianluca Mete, Diego Voltolini La seconda età del Ferro: la tomba celtica di p. 27

Florence Caillaud, Annalisa Gasparetto Note sugli interventi di restauro: due contesti di particolare fragilità p. 33

Ivan Bonardi L’assetto territoriale in età romana e le evidenze centuriali p. 37

Gianluca Mete, Giordana Ridolfi Gli insediamenti rurali di età romana p. 39

Marina Volonté La frequentazione in età tardoantica p. 55

Gianluca Mete Impianti produttivi di epoca post-medioevale (XVI-XIX secolo) p. 58

Lynn Arslan Pitcher Il popolamento del territorio cremonese in età antica p. 61 Lo scavo della pista del metandotto nel sito di Pozzaglio, con l’affioramento delle murature relative ad una villa di età romana.

8 Nicoletta Cecchini La tutela archeologica e le grandi opere di rete: metodologia e risultati di una proficua collaborazione

Il progetto della mostra “Progresso e Passato” è nato prin- clusivo di sintesi e di quello iniziale insieme a Paul Blockley cipalmente alla luce delle istanze degli abitanti di una pro- della ditta RA.GA. srl. che ha eseguito le indagini. vincia sempre più interessata dal passaggio di grandi opere Il caso del metanodotto in questione appare emblematico di rete, preoccupati dalle modificazioni irreversibili subite per i risultati forniti, che offrono uno spaccato diacronico dal territorio e dalla possibile perdita di porzioni della del popolamento del territorio, estendendosi, come è tipico propria storia. di questo genere di indagini, nello spazio e nel tempo: in- È sembrato pertanto utile anche per il Cremonese, come fatti lungo un tracciato di poco più di 70 km sono stati già mostrato per altri casi lombardi precedentemente trattati portati alla luce ben 66 siti, con una cronologia compresa all’interno della medesima collana, far comprendere come tra l’età neolitica e i giorni nostri. le esperienze e i dibattiti che hanno interessato il mondo Nell’allestimento si è cercato di rendere percepibile il pro- dell’archeologia negli ultimi anni siano riusciti a produrre gredire del tempo, esponendo materiali da alcuni contesti un sistema di tutela, quello dell’archeologia preventiva, significativi pertinenti alle diverse epoche: si parte dagli che ha permesso di salvaguardare le tracce del passato, pur oggetti in pietra lavorata e dai frammenti ceramici recuperati rispettando le esigenze di velocità e programmazione di da un pozzetto neolitico ritrovato nel comune di Roma- questi immensi cantieri di costruzione, simboli del “pro- nengo per arrivare agli impianti destinati alla produzione gresso”. di laterizi, diffusi massicciamente a partire dall’epoca ri- Infatti è ormai disposto dalla legge che all’interno della nascimentale e collegabili alla costruzione di chiese e cascine progettazione di opere pubbliche sia previsto il finanzia- che costellano la campagna cremonese. mento di ricerche preliminari aventi per oggetto il rischio Inoltre si è inteso sottolineare come le attività di tutela e archeologico degli appezzamenti attraversati dalla costru- conservazione non si esauriscano con la fine dello scavo ar- zione, comprendenti censimenti bibliografici dei rinveni- cheologico: una complessa serie di operazioni che coin- menti del passato, prospezioni nel terreno con georadar e volgono le professionalità più diverse sono necessarie per magnetometro e saggi di scavo. In questo modo è possibile comprendere e salvaguardare i risultati delle indagini ar- iniziare a individuare i punti che hanno maggiore possibilità cheologiche. di restituire tracce di frequentazione antica e procedere a Infatti il lavoro degli archeologi che hanno raccolto i reperti uno scavo stratigrafico in estensione mirato o programmare e i dati sul campo è stato approfondito da un gruppo di modifiche del progetto per la salvaguardia dei resti. studio, formato da specialisti delle diverse epoche e disci- Oltre alle indagini esaustive delle zone a rischio è assi- pline, che spinti esclusivamente dalla passione, hanno reso curato il controllo dell’intero tracciato, lungo il quale tutte possibile la piena comprensione dei diversi contesti, ela- le operazioni di scavo vengono effettuate alla presenza di borando i testi che compongono il catalogo. archeologi, pronti a cogliere i segni della presenza di resti La fragilità delle testimonianze del passato richiede inoltre antichi e a documentarli. che si continui a curarle anche una volta prelevate dal Questa minuziosa assistenza è realizzata in collaborazione terreno, con l’opera di restauratori, in grado di assicurarne con gli Enti e le ditte che procedono alla costruzione e la migliore conservazione: sono stati oggetto di interventi permette di registrare anche gli indizi più labili lasciati di consolidamento e ricostruzione particolarmente delicati dagli antichi abitanti di queste regioni. i palchi di cervo ritrovati in una fossa della seconda età Quanto detto finora diventa tangibile nell’esposizione che del Ferro e il corredo metallico che accompagnava la se- viene presentata presso il Museo Civico “Ala Ponzone” di poltura di un guerriero celtico del III secolo a.C. Cremona, con la quale si intende mostrare al pubblico un La mostra, promossa dalla Soprintendenza per i Beni Ar- piccolo gruppo di reperti provenienti dagli scavi effettuati cheologici della Lombardia, è realizzata in collaborazione tra il 2010 e il 2011 in occasione della realizzazione di un con il Museo Civico “Ala Ponzone” di Cremona, grazie al tratto di metanodotto Snam compreso tra Cremona e Ser- contributo della Snam Rete Gas, che ha finanziato, oltre agli gnano. scavi, l’allestimento della mostra, il restauro di alcuni re- Gli scavi sono stati diretti per la Soprintendenza dei Beni perti e il catalogo. Archeologici della Lombardia da Lynn Arslan Pitcher, fun- A tutti quelli che hanno reso possibili questi risultati va il zionario che per più di trent’anni si è dedicata con passione mio più vivo ringraziamento. alla tutela del Cremonese, che è autrice del contributo con-

9 Tav. 1. Il tracciato del metanodotto e l’ubicazione dei siti individuati.

Fig. 1. La bonifica bellica profonda. Fig. 2. L’ampliamento delle indagini presso una delle anomalie riscontrate.

10 Lynn Arslan Pitcher, Paul Blockley Lo scavo archeologico lungo il metanodotto Cremona-Sergnano

L’archeologia italiana, con l'introduzione delle tecniche di Il tracciato e la metodologia archeologica scavo stratigrafico e il nuovo approccio politico-culturale, definito archeologia preventiva, è cambiata radicalmente Il metanodotto Cremona-Sergnano DN 1200 (48”), ha negli ultimi trent’anni e di questo è testimone la grande attraversato in senso N-W/S-E la zona settentrionale della opera del metanodotto Cremona-Sergnano. Pianura Padana delimitata a N dal fiume Oglio e a S dal La lunghezza complessiva dell’opera era di circa 70 km, per Po e dall’Adda (tav. 1): partendo a E di Cremona, dalla zona una larghezza media della pista di 30 m sul tronco principale dell’antica Via Postumia, questo tratto di condotta devia e di 20 m sugli allacciamenti laterali, per un’area com- verso O in prossimità di , corre a S del fiume plessiva di scotico, comprese le piazzole, di oltre 2.000.000 Oglio, si dirige a N-O, incrocia il fiume Serio per ter- mq. La costante e attenta sorveglianza archeologica ha per- minare a Sergnano. Così ha attraversato 17 comuni, tutti messo di individuare complessivamente 66 siti archeo- nella provincia di Cremona: Cremona, Persico d’Osimo, logici (in media un sito per ogni km del tracciato) di cui , Olmeneta, Corte de’ Cortesi con Ci- 6 con resti di età preistorica/protostorica (dal 5000 al 200 gnone, , Robecco d’Oglio, Casal- a.C.), 42 siti di età romana (II secolo a.C.-V secolo d.C.), morano, , , , 18 con resti post-medioevali. I siti archeologici, di tutte le , , Romanengo, , Ricengo, Pia- epoche, erano mediamente a 40 cm sotto il piano attuale. nengo e Sergnano. Solo in un caso è stato ritrovato un sito preistorico (Sito 51, Il lavoro di scavo sul campo, successivo alle indagini di ar- San Felice) a una profondità di 3,50 m sotto una stratigrafia cheologia preventiva2, ha visto come primo passo l’assi- alluvionale. stenza archeologica alle attività di sminamento, essenziale Per seguire i vari lavori di sminamento, scotico, scavo ar- per l’individuazione di alcuni siti archeologici: infatti molte cheologico, scavo per la posa del tubo, prospezione geofisica, delle “anomalie” riscontrate durante questo intervento si ove necessaria, e tutti i processi di post-scavo, è stata im- sono rivelate di natura archeologica. piegata una squadra di 35 archeologi. I lavori di assistenza Lo sminamento ha avuto inizio con la ricerca di anomalie archeologica hanno avuto inizio il 16 febbraio 2010 e si sono in superficie, seguito dalla bonifica in profondità: con la tri- conclusi nell’arco di 18 mesi, il 31 luglio 2011, per un vella montata su un escavatore, la squadra di sminatori ha totale di 43.530 ore lavorative. praticato una serie di fori a maglia regolare, fino a rag- Come si evince dai dati sopra esposti, questa grande opera giungere la profondità di 3,50 m (fig. 1). Il terreno fuo- pubblica era molto complessa per le dimensioni conside- ruscito dai fori è stato esaminato dall’archeologo per iden- revoli, per la quantità e diversità delle professionalità coin- tificare materiale d’interesse archeologico. Dopo questa volte, per la logistica, per la situazione climatica e del- fase, gli sminatori hanno ispezionato i fori con il magne- l’ambiente di lavoro. Il successo finale può essere imputato tometro. Ogni anomalia profonda localizzata è stata in- ad un modo di condividere tutti i problemi, trovando in dagata mediante saggi di 3 x 3 m (fig. 2). tempi brevi soluzioni ottimali. L’esito positivo è il risultato Durante queste operazioni sono stati individuati circa il 20% di una filosofia dell’agire che ritiene di importanza fonda- dei siti archeologici (13 siti): nei punti in cui sono state ri- mentale un rapporto interpersonale basato sulla fiducia, la scontrate anomalie d’interesse archeologico, si è potuto stima e la tolleranza reciproca... e così è stato1. salvaguardare i resti mettendoli in planimetria e nelle schede in modo da poter programmare i successivi lavori di scavo Lynn Arslan Pitcher e documentazione archeologica. Ricevuto il collaudo del Genio Civile per lo sminamento delle prime aree, gli addetti ai lavori hanno dato inizio al- l’apertura della pista con lo “scotico”, cioè la rimozione dello strato di humus più superficiale, tramite escavatori (1) Vorrei ringraziare personalmente gli attori principali di questa muniti di benna liscia, che rende più facile visualizzare du- operazione che vede la sua conclusione nella mostra e nella pubbli- rante lo scavo le presenze archeologiche. cazione presentate: Snam Rete Gas (M. Montecchiari, M. Bartolucci, E. Serafini), Technip Direzione di cantiere (A. Florio, G. Esposito), Max Streicher Spa. (A. Farina, F. Bonici, M. Cavalli, O. Pastorello), (2) Il lavoro di archeologia preventiva è stato svolto dalla dott.ssa RA.GA Srl (P. Blockley). Ilenia Malavasi della ditta GEA di Parma.

11 Fig. 3. Resti di una fornace individuati e recintati Fig. 4. Un archeologo scopre alcuni muri romani con l’ausilio del mezzo mec- in fase di scotico nel Sito 2 (Trigolo). canico.

Gli archeologi in questa fase avevano il compito di analizzare attentamente ogni metro quadrato di terreno e, attraverso la presenza di reperti, le differenze di colorazione del suolo e le variazioni della compattezza del terreno, di individuare e circoscrivere i diversi siti archeologici (fig. 3). Man mano che le evidenze venivano identificate, per tu- telarle, venivano recintate, posizionate in planimetria col sistema GPS e segnalate alla direzione dei lavori per la pro- grammazione dello scavo sistematico. In questo modo, mentre le operazioni di sminamento e scotico erano ancora in corso, è stato possibile dare inizio allo scavo sistematico dei primi siti archeologici scoperti. Le indagini archeologiche in estensione sono state effettuate in modo celere per non bloccare o rallentare i lavori sul me- tanodotto; per fare ciò, sono state utilizzate alcune tec- niche e tecnologie avanzate che hanno permesso di velo- cizzare le ricerche senza danno per il rigore scientifico, se- condo quanto richiesto dal Direttore Scientifico della So- printendenza, Lynn Arslan Pitcher. Fig. 5. Le prospezioni con magnetometro presso il Sito 22. Dove possibile allo scavo archeologico manuale, con piccone, badile, cazzuola e spazzolino, è stato affiancato tuata su una superficie di circa 15 ettari nell’area destinata l’uso, sotto stretta sorveglianza archeologica, di mezzi mec- alla costruzione delle centrali di stoccaggio gas. canici forniti dal committente (fig. 4). Per le prospezioni sono stati utilizzati due magnetometri: Per il lavoro di documentazione grafica sul campo è stato un fluxgate gradiometro Geoscan FM36, per le aree inte- utilizzato un sistema di rilievo completamente compute- ressate dalla villa romana ed un gradiometro Bartington rizzato, con GPS, stazione totale, fotogrammetria digitale 601-2, per le aree più estese. Entrambi gli strumenti sono ad alta risoluzione per la documentazione di aree com- stati sviluppati specificamente per indagini di tipo ar- plesse/dettagliate. I disegni sono stati realizzati in collega- cheologico, come pure i software utilizzati in fase di post mento con le numerose basi stabilite dai topografi incaricati ricerca. dalla Snam Rete Gas, in relazione con i mappali regionali. È stato cosi identificato il limite E della villa che è stato sot- Una delle novità tecnologiche utilizzate è stata la prospe- toposto a vincolo archeologico, permettendo così una pia- zione geofisica mediante gradiometro ad altissima risolu- nificazione in grande anticipo dei lavori successivi (tav. 2). zione (fig. 5), utilizzato per poter individuare l’estensione Infine è interessante notare che la sorveglianza archeo- della grande villa romana, localizzata sul tracciato del me- logica è stata svolta anche nel corso dell’ultima fase di ese- tanodotto a Sergnano (Sito 22). La ricerca è stata effet- cuzione dei lavori, lo scavo della trincea per la posa del

12 Tav. 2. Risultati e interpreta- zione delle prospezioni geofi- siche alla villa romana di Ser- gnano.

metanodotto (fig. 6), durante la quale il mezzo meccanico frammentari che potevano essere ricomposti per una più ha scavato solo lungo l’asse centrale del tracciato, per una facile comprensione da parte dei visitatori di una mostra profondità di 2,60 m e una larghezza massima di 6 m. In o nella prospettiva di un’esposizione museale. questa fase non sono emerse tracce di resti archeologici, con- Inoltre la documentazione cartacea è stata immediatamente fermando la validità dei sistemi di individuazione impiegati inserita nel database on line di gestione dei dati di scavo nelle fasi di assistenza allo sminamento e allo scotico. “Tacito”, sviluppato sotto la direzione della Soprinten- Contemporaneamente alle indagini di scavo sul campo i ma- denza per i Beni Archeologici della Lombardia per il ter- teriali archeologici mobili sono stati lavati, siglati e catalogati ritorio cremonese. in un magazzino messo a disposizione dalla Direzione dei Come risultato, sono stati scavati e documentati comples- Lavori: è stato inoltre condotto lo studio preliminare delle sivamente 66 siti archeologici (tav. 1), per comprendere i associazioni e dei reperti ceramici ancora durante le ope- quali sono state consegnate relazioni di sintesi, studi sui ma- razione in campagna in modo da definire in breve tempo teriali, 2900 schede di U.S. (la documentazione base dello la cronologia dei depositi archeologici rinvenuti. Durante scavo che descrive e analizza ogni evidenza archeologica, questa fase del lavoro sono anche stati enucleati quegli og- Unità Stratigrafica), 10.880 foto digitali, 12 rilievi topo- getti che necessitavano un pronto intervento conservativo grafici generali e 140 rilievi di dettaglio. e, in un secondo momento, sono stati scelti quei materiali Paul Blockley

Fig. 6. L’ultima fase: lavori di posa del condotto del metanodotto.

13 Marco Baioni, Fiorenza Gulino, Cristina Longhi, Claudia Mangani, Flavio Redolfi Riva I siti del Neolitico, dell’età del Bronzo e della prima età del Ferro

Lungo il percorso dei lavori del metanodotto sono stati cheologici contenuti sono molto scarsi e poco significativi intercettati quattro siti che hanno rivelato consistenti fasi per una precisa definizione cronologica. di età pre-protostorica. Si tratta di aree con strutture ar- Il fatto che non vi siano attorno o al suo interno tracce di cheologiche di differente cronologia e diversa natura, spesso buche nelle quali potevano alloggiare i pali di sostegno del disomogenee sia per dimensioni che per caratteristiche tetto o delle pareti, induce a scartare l’ipotesi che si tratti strutturali. In questa sede non ci è stato possibile fornire per della porzione semi interrata del fondo di una capanna; piut- ogni sito un’analisi accurata di tutte le fasi di frequentazione tosto, per le sue dimensioni ampie, poteva trattarsi di una evidenziate dagli scavi. Si è dunque scelto di presentare un struttura accessoria, dedicata allo stoccaggio di riserve ali- campione esemplificativo delle fasi cronologiche e delle ti- mentari o allo svolgimento di attività connesse. Una prova pologie strutturali rinvenute in modo da tratteggiare un a favore di questa interpretazione è l’accumulo nella sua quadro d’insieme che mostri la ricchezza di un territorio che parte più meridionale di frustoli di carbone, frammenti ha ancora molto da offrire per la ricerca archeologica1. ceramici e schegge e lame di selce. Queste strutture infossate sono state ritrovate numerose Area a Nord del cimitero di Salvirola - Comune di Ro- negli abitati neolitici di tutta Penisola e, di volta in volta, manengo (Sito 60) sono state riconosciute come tracce di differenti attività: silos, cave per ottenere l’argilla per la realizzazione dei re- Questo sito, posto in comune di Romanengo, in un campo cipienti ceramici, veri e propri pozzi per l’approvvigiona- a N del cimitero del vicino centro di Salvirola, presenta due mento idrico3. La fossa in esame dovrebbe fare parte del fasi di frequentazione di età pre-protostorica ben distinte primo gruppo sia in virtù della forma piuttosto regolare del anche dal punto di vista areale. A S dell’area d’intervento, fondo, che la esclude dalle fosse-cava, sia per la scarsa pro- a circa 80 m a N dal cimitero, sono state rinvenute varie fondità che non la rende idonea per avere la funzione di un sottostrutture, costituite da buche e fosse di differente pozzo. forma e profondità mentre nella zona più a N del sito è stata Come già accennato, i materiali raccolti nel terreno di individuata una sepoltura di età protostorica che sarà riempimento hanno consentito di datare la struttura: la trattata in un apposito capitolo a cui si rimanda2. presenza di un orlo con tacche, di porzioni di decorazioni Tra le varie sottostrutture della zona meridionale è stata ri- incise a chevrons e a reticolo e a triangoli excisi, di frammenti trovata, al di sotto del terreno agrario, una grande fossa, dal di fondi a tacco (fig. 1) rimandano all’ambito culturale di profilo ellittico: grazie ai materiali archeologici, raccolti una fase arcaica dei Vasi a Bocca Quadrata4. Anche l’in- nei livelli più profondi del terreno che la colmava, può dustria litica, testimoniata da 25 manufatti in selce, di cui essere datata tra la fine del Neolitico Antico e l’inizio del 17 lame e lamelle (fig. 2), contribuisce a confortare questa Neolitico Medio cioè agli inizi del V millennio a.C. collocazione cronologica. L’elevata qualità della selce uti- Poco si può dire sulla funzione originaria di questa struttura lizzata testimonia l’esistenza di scambi e commerci con gli poiché i lavori agricoli, che nel corso dei secoli hanno tra- ambiti prealpini, in cui questo tipo di selce può essere re- sformato profondamente l’aspetto della Pianura Padana, perita. hanno completamente asportato il suolo in cui essa era Si ricorda che nel territorio attorno a Salvirola le ricerche di stata scavata e, dunque, ora appare isolata, privata dalle superficie hanno già restituito materiali risalenti al Neolitico altre tracce lasciate dall’attività umana che le si svolgeva at- Antico: ad Offanengo (località Cà Nova, Dosso di Luna e torno. Sono state rilevate alcune buche ad O, è difficile però Bosco Vecchio) e a Romanengo (località Pratizagni di Sotto). definire se esse le siano contemporanee, giacché i reperti ar-

(3) Un’approfondita analisi delle differenti funzioni delle strutture (1) I siti in questione sono stati denominati nel modo seguente e ver- “a fossa”, note in letteratura col nome generico di “fondi di ca- ranno trattati in questo ordine per un motivo esclusivamente cro- panna”, fu elaborata da L.H. Barfield e da B. Bagolini (1976), per nologico: area a nord del cimitero di Salvirola - Comune di Roma- una panoramica sull’Italia settentrionale e la relativa bibliografia si nengo (Sito 60); area ad est della località San Felice - Comune di veda PESSINA, TINÈ 2008. Cremona (Sito 51); area presso la Cascina Colombarazza - Comune (4) BAGOLINI 1980 e PESSINA, TINÉ 2008. La cultura dei Vasi a di Cremona (Sito 54); area ad Ovest dello stabilimento Villa-Bonaldi Bocca Quadrata deve il suo nome alla peculiare forma dell’imboc- - Comune di Ricengo (Sito 27). Altri due siti (16 e 30) sono ancora catura dei recipienti ceramici, è caratteristica del Neolitico dell’Italia in corso di studio. settentrionale dalla Liguria al Friuli e fino alla Toscana e cronologi- (2) Cfr. METE, VOLTOLINI infra. camente occupa a grandi linee tutto il V millennio.

14 Fig. 1. Frammenti ceramici con decorazioni trovati nel riempimento della fossa di Romanengo.

successivamente riscavata nella sua parte centrale per rea- lizzare un ampio pozzetto, sulle cui pareti è steso uno spesso rivestimento di argilla di colore marrone rossiccio (US 1782). Questa fossa presenta una forma vagamente tron- coconica, larga circa 1,60 m alla base e 1,40 m all’imboc- catura, ed è riempita da uno strato (US 1785), distinto al momento dello scavo in tre diversi elementi. Le prime due unità (US 1785 A e B) sono interpretabili come parti del terreno esterno collassato dentro la struttura, mentre la terza (US 1785 C), sabbiosa a granulometria fine, molto friabile, di un grigio molto chiaro, era deposta sul fondo Fig. 2. Lame in selce dalla fossa del Sito 60. ed è probabilmente ciò che resta del riempimento pro- Questo ritrovamento consente quindi di confermare l’in- gressivo determinatosi durante l’uso della struttura. Que- tensa frequentazione dell’area durante le fasi iniziali del st’ultimo livello conteneva la maggior parte dei materiali Neolitico, momento in cui, come ci suggeriscono i dati ceramici meglio conservati. archeologici, i gruppi umani insediatisi nella Pianura erano Dopo che la struttura più antica si era completamente alla conquista di terreni idonei alle attività agricole. riempita, venne eseguito un successivo taglio (US 1781) di forma subrettangolare in pianta e con pareti arrotondate in Cristina Longhi sezione. Questa seconda fossa venne colmata da un riem- pimento sabbioso ricco di carboni e ceramica (US 1780 A), Area ad Est della località San Felice - Comune di Cremona probabilmente legato alla presenza di un focolare. (Sito 51) Durante lo scavo la struttura venne intesa come un silos per la conservazione delle derrate agricole, del tipo soprattutto 5 In un campo ad E della località San Felice in Comune di frequente negli abitati neolitici . La forma “a campana” e Cremona è stata individuata una particolare struttura a la presenza della foderatura in argilla sembrerebbero deporre poco meno di tre metri dal piano di campagna. Essa pre- a favore di questa interpretazione, ma altre caratteristiche senta una notevole complessità strutturale, tanto che è (la fossa esterna riempita di sabbia, la tipologia di riempi- ancora in corso di studio (tav. 1). In via preliminare pos- mento, la presenza di aperture nella spessa foderatura) siamo dire che si tratta di una fossa di forma subcircolare (US 1784) con un diametro di 3,40 m e una profondità di (5) Per i pozzetti silos neolitici si veda il già citato lavoro di PESSINA, 0,90 m, riempita con un terreno sabbioso (US 1783) e TINÈ 2008, pag. 144 e segg.

15 US 1784

US 1781

US 1780 A US 1783

US 1782

US 1781 US 1782 US 1783

US 1780 A

US 1785 US 1784

Tav. 1. Pianta e sezione della complessa sottostruttura di San Felice. fanno maggiormente pensare a un sistema di captazione o conservazione delle acque (cisterna)6, forse con una con- notazione sacrale.

Materiali archeologici Dalla struttura proviene un discreto numero di materiali, tutti ceramici, databili all’antica età del Bronzo. Dallo strato che riempie la struttura foderata d’argilla7 proviene un numeroso gruppo di vasi, spesso costituiti da grandi frammenti, in alcuni casi ricongiungibili tra loro. Tra le forme testimoniate vi è una netta predominanza di boccali sia di tipo globoso, sia con bassa carena, sia troncoconici (tav. 2). In alcuni casi conservano l’ansa a gomito, a volte con breve appendice apicale. Per queste forme si possono citare numerosi confronti con contesti di Bronzo Antico, soprattutto per le sue fasi avanzate, ma non finali8.

(6) Strutture interpretate come cisterne sono presenti in contesti neo- litici, come il caso di Sammardenchia (PESSINA, TINÈ 2008, p. 148). (7) US 1785 (8) Boccali simili sono presenti nel sito trentino di Fiavè- Carera, nel- l’orizzonte Fiavè 3 (PERINI 1994, p. 268, tavv. 8-9), ma non mancano in livelli, databili a una fase più antica, nei livelli dell’orizzonte 2 e 3 del Lavagnone di Desenzano (PERINI 1988, tavv. I, 3-5;III, 1-3), Tav. 2. Boccali rinvenuti nel riempimento US 1785 (Sito 51). al Lucone D di Polpenazze (BOCCHIO 1988, tavv. I, 1-3; V, 3, 5, 7).

16 Fig. 3. Vasi troncoconici con fori passanti, forse derivati da prototipi di legno, e brocca ritrovati sul fondo della struttura.

Particolarmente interessanti sono due vasi troncoconici, uno con quattro, l’altro con due fori circolari passanti, dia- metralmente opposti, ricavati appena sotto l’orlo (fig. 3). Al momento non si sono individuati confronti stringenti in contesti di Bronzo Antico, anche se è forte il sospetto che questa tipologia ceramica derivi da prototipi in legno, come il mastello rinvenuto al Lucone di Polpenazze (BS) (inedito). Questi vasi richiamano le situle tipiche del Bronzo Medio dell’Italia peninsulare, che presentano un foro ricavato in linguette rettangolari o triangolari9. Una piccola situla è stata rinvenuta alla Panighina di Bertinoro10. Un frammento con foro circolare proviene dal sito di Bronzo Medio ini- ziale di - Fondo Cassio (scavi Patroni 1912). Interessanti sono anche i frammenti di una brocca con alto collo distinto da una leggera risega (tav. 3), piuttosto simile ad esemplari dell’età del Rame come quella della Panighina di Bertinoro11. Brocche di forma più schiacciata sono presenti in contesti del Bronzo Antico avanzato12. L’uso della struttura e la sua defunzionalizzazione sem- brano dunque databili a un orizzonte avanzato del Bronzo Antico (circa XVII secolo a.C.). Si sottolinea che la grande maggioranza delle forme cera- Tav. 3. Disegno ricostruttivo della brocca globosa con alto collo miche sicuramente pertinenti al riempimento della struttura da US 1785. sembra legato all’approvvigionamento (vasi con fori), alla Confronti possono essere istituiti con Campo Fitti (inedito), Mil- mescita (brocca) e al consumo (boccali e tazze chiuse) di zanello di Leno (CATTANEO CASSANO 1996, tav. VIII, 3-11), liquidi. Questo fatto sembra avvalorare l’interpretazione ge- San Salvatore (PIA 1987, figg.7, 1-2; 8, 17) e i vicini siti di e di (inediti). nerale della struttura. Il fatto stesso della presenza di alcuni (9) POGGIANI KELLER 1995, fig. 124, n. 401 A; fig. 125, 402, 403. confronti con la Panighina è a mio avviso significativo, (10) MORICO 1997, tav. 3, 8; pag. 71, n. 8 poiché questo contesto, seppur non pertinente dal punto (11) MORICO 1997, tav. 2, 1. di vista cronologico, è costituito da un profondo pozzo (12) Una brocca con orlo estroflesso e ansa con ponticello proviene legato allo sfruttamento di acque termali, con probabile fine dal livello E dello scavo del 1969 al Lucone A di Polpenazze del Garda cultuale. (BAIONI et alii 2007, tav. II, 5). Un altro esemplare proviene dalla stratificazione D1 della Zona 2 di Fiavé Carera (TN), attribuito da Marco Baioni Renato Perini al suo Fiavè 3b (PERINI 1994, tav. 75, c1062).

17 Cascina Colombarazza - Comune di Cremona (Sito 54)

Durante le operazioni per la creazione di una pista di ser- vizio per la posa del metanodotto in un campo a N della via Postumia, tra San Felice e Gazzolo presso la Cascina Co- lombarazza, è stato riconosciuto un consistente gruppo di sottostrutture di varia tipologia suddivisibile grossomodo in tre sottogruppi, uno settentrionale composto da solo tre strutture, uno centrale di circa 8 fosse e uno meri- a dionale, molto più consistente, con almeno 16 strutture. Le sottostrutture presentano differenti forme: pozzetti sub- circolari, lenti di forma irregolare, fosse di forma allungata e una buca ad andamento a L. Tra le sottostrutture si notano a volte degli allineamenti, ma non si riconosce nessuna possibile struttura abitativa. b Si è deciso di prendere in considerazione in particolare cinque strutture, attribuibili per i materiali in esse rin- venuti al Bronzo Medio - Recente e interpretate come poz- zetti13. Si tratta infatti di contesti con materiale più o meno abbondante e cronologicamente non uniforme: si è veri- c ficata, ad esempio, in un caso la compresenza di materiali del Bronzo Medio con materiali del Bronzo Recente (US 2165). L’ultima struttura analizzata è una buca/pozzetto con in- teressante materiale, sia dal punto di vista stilistico che d cronologico, che permette di datare il contesto alle fasi ini- ziali del Bronzo Medio.

I materiali I materiali presenti nei primi quattro contesti sono piut- tosto disomogenei e non particolarmente significativi; vi e sono comunque dei pezzi piuttosto interessanti, come, ad esempio, una ciotola su alto piede cavo con presa a perfo- razione orizzontale (tav. 4a)14. Una seconda buca, US 2165, ha restituito abbondante ceramica, tra cui un orlo forte- mente estroflesso di probabile olla biconica (tav. 4b) e una fusaiola, mentre una terza fossa (US 2169) è in assoluto la struttura col materiale più difforme, sia tipologicamente che cronologicamente, con materiali attribuibili al Bronzo f Medio, ad esempio un piatto con ansa canaliculata (tav. 4c) e frammenti ascrivibili al Bronzo Recente, tra i quali un frammento di tazza con carena accentuata15. Nella fossa US 2174 infine, si riscontrano prevalentemente frammenti attribuibili a piccole ciotole con carena generi- camente attribuibili al Bronzo Medio (tav. 4d).

(13) È meno probabile che le fosse siano da ricondurre a sepolture: infatti non è ascrivibile a ciascuna un singolo ossuario né un coperchio fittile, ma sono compresi diversi vasi, nei quali non si riscontrano le caratteristiche note per tombe ad incinerazione del Bronzo Medio. Confronti con necropoli coeve dell’area emiliana (Casinalbo, Montata, BM2- BM3) dimostrano come le sepolture ad incinera- zione fossero costituite solo da un’urna cineraria, a volte da un co- perchio fittile e prive di ulteriore corredo ceramico (CALDARELLI, TI- RABASSI, 1997). g (14) US 2182. Questa tipologia di presa, benché su tipologie di ciotole con morfologia della vasca differente, è testimoniata al La- vagnone, settore B, durante il Bronzo Medio I (DE MARINIS 2000, figg. 61, 12-13.) (15) In ambito terramaricolo si veda, ad esempio, la terramara di Ra- stellino (cfr. CATTANI 2010, figg. 6, 7) Tav. 4. Recipienti ceramici rinvenuti nelle fosse del Sito 54 .

18 Di maggiore interesse la buca/pozzetto US 2176, che ha re- conda rappresentata dal fossato, che infatti taglia la struttura stituito abbondante materiale tra cui alcuni elementi si- II, e da una probabile struttura evidenziata da alcune ca- gnificativi per una datazione, come un’ansa verticale con naline di fondazione. Purtroppo queste fasi hanno restituito sopraelevazione ad ascia (tav. 4e) e un’ansa a nastro con so- pochissimo materiale e dunque la loro datazione è al mo- praelevazioni a piccole e brevi corna coniche (tav. 4f) che mento piuttosto incerta. trovano ampi confronti con siti come il Lavagnone16, Fiavè- Immediatamente a O dell’area abitativa è presente un strato Carrera17, Casino Prebenda Parrocchiale di Spineda18, e (US 375) ricco di materiale archeologico probabilmente pro- permettono di datare la struttura alle fasi iniziali del Bronzo dottosi per la progressiva distruzione e livellamento della Medio I. Una teglia a disco con motivo cruciforme impresso parte più alta della stratigrafia dell’area. In questo strato sono sul fondo interno (tav. 4g), trova confronti sia nelle fasi finali presenti materiali che sembrano denunciare una loro per- del Bronzo Antico, al Lavagnone19 come a Fiavè, sia, per tinenza alle strutture sepolcrali che seguono, disposte a quanto concerne quest’ultimo sito, in quelle ascrivibili al gruppi nella fascia più a E. Bronzo Medio I20. Lo studio preliminare di alcune strutture del Sito 54 porta La necropoli ad ipotizzare un’occupazione del sito dalle fasi iniziali del Il piccolo nucleo di sepolture è stato fortemente compro- Bronzo Medio (BM1) al Bronzo Medio Avanzato-Bronzo messo da lavori agricoli che hanno troncato gli strati ar- Recente, per quanto non siamo ancora in grado di sta- cheologici frammentando i manufatti e disperdendoli par- bilire se si possa parlare di un insediamento senza solu- zialmente. Si tratta di almeno sette tombe a cremazione di zione di continuità. cui solo cinque ben identificabili, per quanto per lo più di- Si nota la presenza di alcuni pozzetti il cui utilizzo, come strutte nella parte superiore. Si tratta di semplici fosse in testimoniato dai materiali ivi rinvenuti, risulta ricondu- nuda terra nelle quali era originariamente deposta l’urna, cibile anche a fasi diverse, come nel caso di US 2169. solitamente chiusa da un secondo vaso usato in funzione Non si esclude comunque la presenza nell’area di tombe ad di coperchio; a Ricengo si è conservata probabilmente in incinerazione relative all’insediamento, come il caso di US un unico caso (tomba 28). Nell’urna venivano deposte le 2198, ancora in corso di studio, nella quale è stato possibile ceneri del defunto, raccolte al termine del rituale della cre- individuare e ricostruire parzialmente una probabile urna mazione dalla pira ormai spenta21. Nella tomba 31 era pre- biconica. sente anche della “terra di rogo”, terreno scuro ricco di Fiorenza Gulino, Flavio Redolfi Riva carboni, residuo anch’esso della pira funebre e deposto ri- tualmente nella sepoltura. Area ad Ovest dello stabilimento Villa-Bonaldi - Comune Le tombe 28 e 29 (fig. 4) sono le uniche per le quali si può di Ricengo (Sito 27) proporre una datazione precisa, in quanto è stato possibile ricostruire, almeno in parte, la forma dell’urna. Il sito, in comune di Ricengo, si trova a N dell’abitato, in Si tratta di due vasi di forma biconica, decorati nella parte un campo lungo la strada per Bottaiano. Si tratta del sito superiore con incisioni più o meno profonde che formano pre-protostorico più complesso tra quelli rinvenuti lungo dei motivi geometrici angolari (tav. 5), caratteristici dei i lavori del metanodotto, suddivisibile dal punto di vista cro- cinerari rinvenuti all’interno di tombe databili alla fine nologico in varie fasi e dal punto di vista topografico in dif- dell’età del Bronzo dell’Italia settentrionale (X secolo a.C.)22. ferenti nuclei. Durante lo scavo sono state distinte tre fasi Avevano la stessa forma probabilmente anche le urne rin- insediative di età pre-protostorica (Ia, Ib, Ic) e due di epoca venute nelle tombe 25 e 31, delle quali si conserva solo la romana (II e III). metà inferiore; in considerazione dell’impasto ceramico Nella parte più occidentale del sito sono state riconosciute molto simile alle precedenti, possono essere attribuiti alla numerose sottostrutture appartenenti presumibilmente a medesima epoca. un abitato. Sono stati individuati un fossato e almeno È da sottolineare la totale assenza di oggetti personali del quattro strutture abitative evidenziate solamente da fosse defunto a corredo della sepoltura, spesso presenti all’in- e buche di palo. Purtroppo infatti i piani di calpestio, come terno delle urne in altre necropoli dello stesso periodo. spesso accade nei siti della Pianura Padana, sono stati L’età del Bronzo Finale, nel nord Italia, rappresenta un asportati da una serie di fattori che vanno dalla pedogenesi momento di ripresa dalla pesante crisi che colpì tutta l’area ai lavori agricoli. Le quattro strutture abitative sembrano padana nel XII secolo a.C.: iniziarono a formarsi popolosi appartenere a una prima fase insediativa, seguita da una se- villaggi in corrispondenza di importanti vie di traffico, spesso connesse ai sistemi fluviali, che raggiungevano le vicine popolazioni della pianura Padana, ma anche i territori E ARINIS (16) Cfr. D M 2000, fig. 61, 3-5. 23 (17) Cfr. PERINI 1994, parte III, vol.1, tavv. 87-14. dell’Europa Centrale. Nel Cremonese Vidolasco è un (18) Cfr. POGGIANI KELLER 1997, fig. 172, 5 (19) Cfr. DE MARINIS 2000, fig. 58, 5-6. (20) Il sito palafitticolo di Fiavè-Carera, più precisamente dalla (21) Alle analisi antropologiche condotte sui resti ossei rinvenuti nelle “Zona 2”, ha restituito esempi di questa tipologia di teglia, prove- tombe di seguito prese in esame è dedicato un apposito capitolo. nienti della fase dell’insediamento denominata “Fiavè 3°”, datata al (22) Ad esempio Narde di Fratta Polesine (RO), tomba 223 (SALZANI Bz. A III (cfr. PERINI 1994, parte III, vol. 1, tav. 17, c. 275, c. 277; 1990a, p. 143, fig. 55,1) e 20 (SALZANI, COLONNA 2010, tav. 2,1) tav. 18, c. 285.), nonché dalla fase successiva, denominata “Fiavé 4°”, per la decorazione dell’urna della tomba 29 e tomba 25 (SALZANI, cronologicamente collocabile al Bz. M I (cfr. PERINI 1994, parte III, COLONNA 2010, tav. 13, B1) per quella della tomba 28. vol. 1, tav. 95, c.1372, c. 1373). (23) FUSCO 1963, 1983.

19 Fig. 4. La tomba 29 disturbata dai lavori agricoli, in corso di scavo.

Tav. 5. Ipotesi ricostruttiva dell’urna della tomba 29. esempio di questo tipo di abitato, collocandosi in una zona centrale della pianura, in prossimità dell’importante via di comunicazione rappresentata dal fiume Serio che age- volava i rapporti culturali con le popolazioni protogola- secchiane, che occupavano i territori occidentali, con quelle Fig. 5. La ciotola-coperchio decorata, ricomposta grazie al re- protovenete a E e con il mondo protovillanoviano a S. Nel stauro. X secolo a.C., infatti, iniziano a prendere forma i gruppi namento dei relativi frammenti fino all’abitato (fig. 5). regionali che caratterizzeranno in seguito il panorama cul- La ciotola coperchio, che doveva originariamente poggiare turale della prima età del Ferro: accanto a usi e costumi su di un basso piede ad anello, mal conservato, presenta al- comuni, come il rito funebre della cremazione pressoché l’esterno una decorazione con motivo a croce riempita a re- esclusivo, si affermarono specificità territoriali ben distinte. ticolo, ottenuta a incisione. La forma, il tipo di superficie Sembrano pertinenti a sepolture anche i frammenti di una e la tecnica con cui è stata realizzata la decorazione ri- ciotola-coperchio rinvenuti nell’area ad E dell’abitato (US mandano ancora al Bronzo Finale. 375): è possibile che le pesanti compromissioni agricole ab- biano comportato l’intacco di alcune sepolture e il trasci-

20 STUDIO ANTROPOLOGICO DELLE CREMAZIONI Al fine di permettere un’accurata analisi antropologica delle tombe a cremazione recuperate a Ricengo, il materiale osseo è stato sottoposto ad una fase di pulitura tramite un delicato lavaggio con acqua su di un setaccio a maglia di 0,5 mm. Dopo un’asciugatura in luogo areato e secco, i campioni sono stati sottoposti a setacciatura utilizzando maglie de- crescenti (da 4-2-1-0,5 mm)1. I resti ossei sono stati raggruppati per distretti scheletrici di appartenenza, quantificati e sottoposti ad analisi metrica, Fig 1. rilevando peso, volume e dimensioni del frammento più piccolo e di quello più grande per individuare un range di rap- presentatività all’interno del campione e avere una valutazione oggettiva del grado di frammentarietà2. Infine sono state utilizzate una scala cromatica3 e una del grado di deforma- zione per descrivere rispettivamente la colorazione delle su- perfici e l’alterazione delle forme in seguito all’azione del fuoco e delle tensioni esercitate da muscoli e tendini a carico dei segmenti ossei4. Fig 2. Complessivamente le quantità di materiale per singolo cam- non sono state recuperate porzioni di ossa potenzialmente dia- pione sono risultate piuttosto varie, da minime (fig. 1), cioè gnostiche. Grazie al recupero di radici dentarie è però stato inferiori ai 10 g di frustoli d’osso (tb. 27 e tb. 30) a più con- possibile stabilire in 5 casi (tb. 26, 28, 29, 30, 31) il rag- sistenti come nel caso dei 703 g di tb. 28. Tale situazione ri- giungimento dell’età adulta del soggetto. specchia un recupero insufficiente e parziale del materiale Per quanto riguarda l’aspetto patologico, nella tb. 28, è stato combusto rispetto agli standard di cremazioni di soggetti individuato un frammento di orbita che mostra un’evidenza adulti di entrambi i sessi, in cui il peso medio della parte mi- di tipo patologico-alimentare (fig. 2). Si tratta di una porosità nerale dell’osso dopo la combustione va da circa 1,5 kg a 2,5 detta cribra orbitalia che testimonia anemie ferro-prive, cro- kg per donne e uomini adulti. L’analisi metrica dei frammenti niche, di tipo alimentare primario (diete povere in ferro) o studiati ha messo in evidenza un elevato grado di fram- secondario (malassorbimento o utilizzo solo parziale del mentarietà che è tuttavia imputabile non solo all’azione del ferro), o anemie di origine emorragica a base ereditaria (come fuoco, ma verosimilmente anche alle sollecitazioni di natura nel caso delle talassemie) o parassitaria (come la malaria)6. meccanica subite dalle ossa nel corso della raccolta e mani- Sulle ossa del post cranio sono state registrate solamente polazione dei reperti, durante e dopo il rito della crema- lievi infiammazioni (periostiti) localizzate su frammenti di zione e dalle azioni degli agenti diagenetici intercorse tra la diafisi omerali e ulnari provenienti dalla tb. 26. Infine nella deposizione e il ritrovamento. tb. 31 US 359a sulla radice di un incisivo laterale mandibolare Tutti i campioni hanno restituito frammenti di colorazione destro è stata registrata una carie penetrante sul lato buccale, prevalentemente bianco-giallastra, cromatismi che suggeri- in prossimità del colletto. scono che durante la cremazione si siano sviluppate tempe- Anny Mattucci rature particolarmente elevate, ragionevolmente in media Bibliografia attestate intorno ai 645°-1200°5, senza apparenti variazioni CANCI, MINOZZI 2006 di intensità nei diversi distretti scheletrici. CANCI A., MINOZZI S., 2006, Archeologia dei resti umani, Roma. L’aspetto dei frammenti, in riferimento al disegno delle linee MAYS 1998 MAYS S., 1998, The Archaeology of Human Bones, London. di frattura e alla torsione osservabili sulla superficie ossea, è MCKINLEY 1994 caratterizzato da una deformazione che va da fratture con- MCKINLEY J.I., 1994, Bone Fragment size in British Cremation coidi, di forma ellittica (twisting), riscontrabili sulle diafisi delle Burials and its Implications for Pyre Technology and Ritual in ossa lunghe degli arti, a fratture poligonali come sui fram- Journal of Archaeology Science 21, pp. 339-342. menti di teca cranica e sulle superfici sferiche delle diafisi. MCKINLEY, ROBERTS 1993 In nessun caso sono stati individuati frammenti ossei ri- MCKINLEY J., ROBERTS C., 1993, Excavation and Post-Exca- conducibili ad elementi in esubero, inoltre l’esiguità della vation Treatment of Cremated and Inhumed Human Remains, maggior parte dei campioni già tende di per sè ad escludere “IFA Technical Paper n. 13”. la presenza di più soggetti. Si può pertanto ragionevolmente ORTNER, PUTSCHAR 1981. ORTNER D.J., PUTSCHAR W.G.J., 1985, Identification of Patho- sostenere che ogni tomba contenesse i resti di un solo sog- logical Conditions in Human Skeletal Remains,Washington. getto. L’esiguità e la frammentarietà dei campioni non hanno UBELAKER 1989 permesso di procedere alla determinazione del sesso in quanto UBELAKER D.H., 1989, Human Skeletal Remains: Excavation, Analysis, Interpretation, Washington. (1) CANCI, MINOZZI 2006, pp. 218-224; MCKINLEY, ROBERTS 1993; MAYS 1998, pp. 207-224. Si ringrazia la dr.ssa Emanuela Sguazza e gli studenti del Labanof (2) MCKINLEY 1994, pp. 339-342 di Milano per aver contribuito alla fase di pulitura e preparazione (3) MAYS 1998, p. 217 del materiale. (4) UBELAKER 1989. (5) MAYS 1998, p. 217 (6) ORTNER , PUTSCHAR 1981.

21 Fig. 6. La fossa 34 in corso di scavo

La struttura 34

A circa 20 m in direzione N-E dell’area in cui sono state rinvenute le tombe 28 e 29 gli scavi archeologici hanno posto in luce una fossa (fig. 6) sul cui fondo si trova un primo livello archeologico (US 388), al cui interno sono state rinvenute due porzioni segate pertinenti a due palchi di cervi, frammenti di ossi, talora bruciati, e alcuni fram- menti di ceramica. Tra questi si conservano i resti di una ciotola, probabile ciotola coperchio (tav. 6). Il livello soprastante (US 363) è ricco di frustoli di carbone frammisti a frammenti ossei combusti, ceramica e argilla induritasi per la vicinanza con una fonte di calore (concotto): in sede di scavo è stato interpretato come uno scarico dei Tav. 6. I frammenti della ciotola da US 388. resti di una combustione. Tra i frammenti ceramici è stato possibile ricostruire la forma di almeno tre recipienti24. Si tratta di due olle (tav. 7) con orlo ingrossato e corpo ovoide (di cui, in un caso, si conserva anche un frammento di fondo, riconosciuto in base al tipo di impasto) e del becco di una brocca (tav. 8). Le brocche di questo tipo, definite in letteratura Schna- belkanne (ossia brocche a becco) in ceramica, sono imita- zioni degli esemplari in bronzo di provenienza etrusca e sono diffuse in area golasecchiana tra il primo quarto del V secolo e il primo quarto del IV secolo a.C. nei territori nei

(24) Vi sono poi un altro frammento di fondo e alcuni frammenti Tav. 7. Ricostruzione di una delle olle ritrovata nel riempi- non particolarmente significativi. mento superiore della fossa (US 363).

22 Grande poi doveva essere la valenza spirituale: il palco rap- presentava un materiale pregiato che poteva essere offerto ai vivi, ma anche alle divinità, in particolare a quelle delle acque29. Tra le raffigurazioni di cervo in area alpina occupano un posto speciale le incisioni della Valcamonica. Nell’età del Ferro30, numerose sono le rappresentazioni di cervidi: scene di caccia31, cervi attaccati da canidi32, lotte tra cervi33 o ancora cervi cavalcati da guerrieri34. Legata alla figura del cervo è poi la raffigurazione di una divinità, Cernunnus, pre- sente sulla roccia 70 di Naquane (Capo di Ponte)35. Il dio è raffigurato in piedi e indossa sul capo due palchi di cervo; davanti a lui si trova una figura umana più piccola che, in virtù della posizione delle braccia sollevate verso l’alto, rap- presenta un orante36. Si può quindi ipotizzare che la struttura 34, per la pre- senza degli elementi di palco di due cervi, rivestisse una va- lenza sacrale37 connessa probabilmente a un rito svolto nelle vicinanze e che implicava, almeno in una fase38, l’uti- lizzo del fuoco suggerito dal rinvenimento, all’interno della fossa, di numerosi frustoli di carbone e ossi bruciati. La presenza di questa struttura, oltre alle indicazioni fornite relativamente ai culti praticati nel territorio tra la fine del V e la fine del IV secolo a.C., riveste un ruolo importante dal punto di vista delle testimonianze culturali attribuibili a questo periodo in area cremonese. Fino a oggi infatti erano noti solo rinvenimenti sporadici effettuati a Cal- Tav. 8. Ricostruzione della brocca a becco. In alto a sinistra vatone39 e a Bosco Streppo di Dovera40. immagine del frammento conservato. Claudia Mangani dintorni di Como25 e nel Canton Ticino26. Il complesso dei materiali qui rinvenuti può essere generi- camente attribuito a una fase finale della prima età del (29) In Bretagna ad esempio nelle acque dei torrenti di Trieux sono Ferro, in un momento compreso tra la fine del V e la fine state rinvenute spade dell’età del Bronzo, deposte con valore di of- del IV secolo a.C. ferta; con le spade, probabilmente ad esse associate, sono stati posti in luce numerosi palchi (BRIARD 1991, p. 55). Complessa rimane l’interpretazione di questa fossa: l’aspetto (30) Numerosi sono gli studi sull’arte rupestre della Valcamonica, che maggiormente colpisce è la presenza degli elementi per la quale sono stati riconosciuti diversi stili dei quali il IV è at- dei palchi di due cervi deliberatamente tagliati. tribuito all’età del Ferro. Proprio al IV stile è stata dedicata alla fine L’alto valore simbolico attribuito al cervo nell’ambito delle degli anni ’90 del secolo scorso una mostra svoltasi a Milano “Im- culture preistoriche non solo dell’Italia settentrionale, ma magini di una aristocrazia dell’età del ferro nell’arte rupestre camuna” (AA.VV. 1991). di tutta Europa, è ormai ampiamente riconosciuto. Nelle (31) Ad esempio a Capo di Ponte, Seradina, roccia 12. foreste delle zone temperate dell’Europa i cervi erano si- (32) Come a Capo di Ponte, Naquane, roccia 1. curamente numerosi e dovevano rappresentare una delle (33) Ad esempio a Paspardo, In Valle, roccia 4. prede più ambite nelle battute di caccia; a questi animali (34) Si veda Capo di Ponte, Naquane, roccia 57. dovevano essere attribuiti diversi tipi di culto. Sicuramente (35) AA.VV. 1991, p. 24. (36) La scena è attribuita a un periodo compreso tra la seconda il rinnovamento annuale del palco, che cade spontanea- metà del VI e gli inizi del V secolo a.C. Si tratterebbe pertanto mente in primavera, colpiva l’immaginazione: con schegge della più antica rappresentazione di questa divinità in ambito europeo di palco si creavano, ad esempio, amuleti, spesso ricca- (AAVV 1991, p. 24). Cernunnus, divinità celtica, compare in molte mente decorati. Le fonti antiche confermano questo potere figurazioni dell’arte celtica, tra il IV secolo a.C. e l’Altomedioevo. “apotropaico” oltre a una valenza omeopatica27: Plinio ne (37) Da escludersi un uso funerario, in base alla struttura stessa suggerisce l’uso ad esempio come rimedio contro il mal di della fossa e alla rara documentazione di palchi in contesti tombali: 28 pochi casi sono noti ad esempio per il mondo paleoveneto (si veda testa . TAGLIACOZZO 1998, p. 50). (38) Né i palchi né la ceramica presentano infatti tracce di un con- (25) In questa zona la produzione è comune tra il GIII A1 e il GIII tatto col fuoco. A2 (DE MARINIS 1981, p. 196). (39) Una fibula a sanguisuga, conservata presso il museo di (26) In Canton Ticino sono presenti sino alla fine del G III A3; si (CR), databile al V secolo a.C. (CASINI, DE MARINIS, FRONTINI1988, veda Solduno, tb. 20-1995 (MANGANI 2011, p. 69). L’esemplare di p. 130, n. 27). Solduno è realizzato al tornio e la superficie esterna è decorata in- (40) Una fibula ad arco serpeggiante, datata genericamente al G teramente a stralucido. III (fine del V e la fine del IV secolo a.C.) rinvenuta in un’area in (27) CHERICI 1999, p. 174. cui nel 1910 erano state poste in luce due sepolture a cremazione (28) Plinio, Naturalis Historia, XXVII, 166. (TIZZONI 1982, p. 190).

23 Bibliografia PERINI 1988 PERINI R., 1988, Gli scavi al Lavagnone, Sequenza e tipologia AA.VV. 1991 degli abitati dell’Età del Bronzo, Annali Benacensi, IX, pp. 109- ARSLAN E.A., FOSSATI A., FREY O. H., FRONTINI P., 1991, Im- 154. magini di una aristocrazia dell’età del Ferro nell’arte rupestre PERINI 1994 Camuna, Catalogo della Mostra, Milano, aprile 1991-marzo PERINI R., 1994, Scavi Archeologici nella zona palafitticola di 1992, Edizioni Et, Milano. Fiavé-Carera, Parte III, Voll.2, in Patrimonio Storico e artistico del BAGOLINI 1980 Trentino, 10, Trento. BAGOLINI B., 1980, Introduzione al Neolitico dell’Italia setten- PESSINA, TINÉ 2008 trionale, Pordenone. PESSINA A., TINÉ V., 2008, Archeologia del Neolitico. L’Italia tra BAIONI et alii 2007 VI e IV millennio a.C., Roma. BAIONI M., BOCCHIO G., MANGANI C., 2007, Il Lucone di Pol- PIA 1987 penazze: storia delle ricerche e nuove prospettive, Annali Benacensi, PIA G. E., 1987, Le strutture archeologiche dell’insediamento del- XIII-XIV, pp. 83-102. l’antica età del Bronzo ad Ostiano (Cremona), in Natura Bre- BOCCHIO 1988 sciana, 23 (1986), pp. 299-340. BOCCHIO G. ,1988, Saggio stratigrafico presso Lucone D. Polpe- POGGIANI KELLER 1995 nazze del Garda (BS), Annali del Museo, 16, Gavardo, pp. 15-43. POGGIANI KELLER R., 1995, Tipologia, situle, in COCCHI GENICK BRIARD 1991 D. (a cura di) Aspetti culturali della media età del bronzo nel- BRIARD J., 1991, Mythes et symboles de l’Europe préceltiques. Les l’Italia centro-meridionale, Firenze, pp. 239-241. religions de l’âge du bronze (2500-800 av. J.C.), Editions Errance, POGGIANI KELLER 1997 1991. POGGIANI KELLER R., 1997, Spineda, località Casino Prebenda par- CARDARELLI, TIRABASSI 1997 rocchiale, in BERNABÒ BREA M., CARDARELLI A., CREMASCHI CARDARELLI A., TIRABASSI J., 1997, Le necropoli delle terramare M., Le Terramare. La più antica civiltà padana, Catalogo della emiliane, in BERNABÒ BREA M., CARDARELLI A., CREMASCHI mostra, Milano, pp. 327-328. M., Le Terramare. La più antica civiltà padana, Catalogo della SALZANI 1990 Mostra, Milano, pp. 677-697. SALZANI L., 1990, Necropoli dell’età del Bronzo Finale alle Narde CASINI, DE MARINIS, FRONTINI 1988 di Fratta Polesine- Seconda Nota, in Padusa, XXVI-XXVII, 1, CASINI S., DE MARINIS R.C., FRONTINI P.,1988, Ritrovamenti pp. 125-206. del V e IV sec. a.C. in territorio mantovano, in DE MARINIS R.C. SALZANI, COLONNA 2010 (a cura di) Gli Etruschi a nord del Po, Catalogo della Mostra, SALZANI L., COLONNA C., 2010, La fragilità dell’urna. I recenti Mantova, vol. I, pp. 124-130. scavi a Narde. Necropoli di Frattesina (XII-IX sec. a.C.), Catalogo CATTANEO CASSANO 1996 della Mostra, Rovigo 5 ottobre 2007-30 marzo 2008, Rovigo. CATTANEO CASSANO A., 1996, L’abitato dell’antica età del Bronzo TAGLIACOZZO 1998 di Milzanello (Brescia), Natura Bresciana, 30 (1994), pp. 329-381. TAGLIACOZZO A., 1998, Analisi dei resti ossei animali di Este e di CATTANI 2010 Saletto, in BIANCHIN CITTON E., GAMBACURTA G., RUTA SERAFINI CATTANI M., 2010, La terramara di Rastellino, in CATTANI M., A. (a cura di), ... “presso l’Adige ridente”... Recenti rinvenimenti ar- MARCHESINI M., MARVELLI S. (a cura di), Paesaggio ed economia cheologici da Este a Montagnana, Catalogo della Mostra, Padova, nell’età del Bronzo. La pianura bolognese tra Samoggia e Panaro, pp. 48-53 Bologna, pp. 160-169. TIZZONI 1982 CHERICI 1999 TIZZONI M., 1982, La tarda età del Ferro nel lodigiano, in Archivio CHERICI A., 1999, Amuleti nei corredi funebri paleoveneti e del- Storico Lodigiano, CI, p. 189-202. l’Italia antica, in Protostoria e storia del Venetorum Angulus, Atti del XX Convegno di Studi Etruschi ed Italici (Portogruaro - Quarto d’Altino - Este - Adria, 16-19 ottobre 1996), Pisa – Roma, pp. 169-216. DE MARINIS 1981 DE MARINIS R.C., 1981, Il periodo Golasecca III A in Lombardia, in Studi Archeologici, I, pp. 43-299. DE MARINIS 2000 DE MARINIS R.C., 2000, Il Museo Civico Archeologico Giovanni Rambotti. Una introduzione alla preistoria del Lago di Garda, Desenzano del Garda, pp. 118-136. FUSCO 1963 FUSCO V., 1963, La stazione preistorica di Vidolasco, in Insula Ful- cheria, II, 1963, pp. 17-57. FUSCO 1983 FUSCO V., 1983, L’abitato protovillanoviano di Vidolasco, in Insula Fulcheria, XIII, 1983, pp. 17-39. MANGANI 2011 CARDANI VERGANI R., MANGANI C., VOLTOLINI D., 2011, Ne- cropoli di Solduno (Locarno TI): scavi UBC 1995-2002 in Annuario di Archeologia Svizzera, 94, pp. 61-102. MORICO 1997 MORICO G.,1997, Il pozzo della Panighina, in PACCIARELLI M. (a cura di), Acque, grotte e Dei. 3000 anni di culti preromani in Romagna, Marche e Abruzzo, Imola, pp. 62-71.

24 I PALCHI DI CERVO DI RICENGO dell’uomo o di un’attività venatoria. Com’è noto, nella protostoria italiana i cervi venivano cac- Nel Sito 27, presso il Comune di Ricengo, è stata rin- ciati per l’importanza economica non solo della carne e venuta una fossa con valenza sacrale contenente due palchi delle pelli, ma anche dei palchi, ottenuti, inoltre, tramite di cervo (Cervus elaphus) (fig. 1.a, 1.b). un’attività di raccolta per l’uso manifatturiero2. Si segnala, inoltre, la presenza di un frammento di molare Sebbene sia riconosciuta l’importanza economica di questo di bovide e tre frammenti di ossa di mammifero di grande animale e si abbiano informazioni relative ad un suo uso taglia parzialmente combuste. simbolico ritualistico3, mancano, invece, testimonianze ar- I palchi, non completi di tutte le porzioni, si presentano in cheozoologiche compatibili con la presente nell’area geo- discreto stato di conservazione: essi consistono in due aste grafica interessata e nel periodo storico proprio del sito in a sezione cilindrica, con ogni probabilità appartenenti a due esame4. individui differenti. La struttura ramificata testimonia l’ap- Da un punto di vista archeozoologico l’assenza di un partenenza a due maschi adulti di più di tre anni di età1. numero consistente di altri reperti ossei porta a credere Entrambi i reperti non presentano tracce di combustione che non si tratti di contesti di macellazione, di uso ali- e di rosicatura di carnivori e di roditori; numerose sono, mentare o di scarti di lavorazione manifatturiera. Sembra, invece, le tracce di taglio evidenti sulla superficie di en- quindi, plausibile che la deposizione dei due palchi nella trambi. Interessante è notare la similitudine delle modalità buca sia intrisa di simbolismi a noi ignoti ma greve di un di lavorazione applicate a ciascuna asta. ruolo evocativo. L’assenza della rosetta non permette di stabilire se i palchi Nelle culture antiche il cervo era un importante animale sim- siano stati il prodotto di un’attività di raccolta da parte bolico. A causa dei suoi palchi simili ad alberi, che si rin- novano periodicamente, il cervo era considerato simbolo (1) MUSTONI et alii 2002. della vita che ringiovanisce di continuo, della rinascita e del corso del tempo5. Il palco alla fig. 1.b è costituito dalla sola porzione dell’asta. Non presenta la rosetta essendo stata rimossa tramite 7 colpi inferti su tutti i lati (anteriore, posteriore, laterale e mediale) con un coltello da colpo a lama liscia. Il distacco dalla rosetta è stato realizzato mantenendo il palco in po- sizione anatomica. Un’indagine al microscopio elettronico a scansione ha per- messo di ottenere maggiori informazioni relative alla ti- pologia dello strumento utilizzato per realizzare i tagli so- pradescritti6. Nella figura 2 si può osservare come il filo della lama abbia inciso il palco in modo lineare e definito, determinando un angolo acuto nel punto di fine corsa: tutto questo sugge-

(2) DE GROSSI MAZZORIN et alii 2006. (3) Cfr. MANGANI supra. (4) Contesti archeologici a valenza sacrale, risalenti all’età del Bronzo e del Ferro, contenenti resti di cervo sono stati rinvenuti in altre re- gioni italiane (WILKENS 2012, p. 75). Fig. 1.a-b. I due palchi di cervo dopo l’intervento di restauro. (5) BIEDERMANN 1991. (6) L’osservazione è stata effettuata utilizzando repliche positive in resina epossidica a due componenti (araldite LY 554; indurente HY 956); cfr. MASCARO et alii 2009.

Fig. 2. Particolare di un taglio con ingrandimento al SEM.

25 Fig. 3. Particolare di un taglio ottenuto con microscopio digitale con telecamera. risce con ogni probabilità l’uso di una lama metallica. Le azioni di fendente, infatti, sono comunemente riferibili a strumenti metallici e, per quanto riguarda le attività di macellazione, sono normalmente correlabili alla disartico- lazione, alla divisione della carcassa in due mezzene e al- l’apertura di ossa lunghe per il recupero del midollo7. Nella figura 38 si può osservare come in un secondo taglio la maggior forza esercitata abbia troncato completamente la massa ossea: sul frammento risultante, la superficie creata dalla penetrazione con scorrimento dello strumento appare compattata. In prossimità dell’attacco di una punta del palco si osservano due troncature realizzate con coltello Fig. 4. Particolare di un’incisione dai margini definiti prodotta da colpo a lama liscia, inferte mantenendo l’elemento in po- con uno strumento diverso, dotato di lama sottile. sizione opposta a quella anatomica. Inoltre, in prossimità della corona, sono presenti due troncature quasi parallele alla superficie, inferte in posizione opposta a quella ana- reperti che possano confermare la realtà di uno scarico di tomica. una bottega di lavorazione dell’osso e del palco, si ritiene Il secondo palco (fig. 1.a) è costituito dalla porzione del- che questa sequenza di tagli possa sottintendere significati l’asta e da due punte quasi complete. simbolici che oggi sfuggono alla nostra comprensione. In prossimità dell’estremità prossimale si osservano, lungo Questa ipotesi sembrerebbe, inoltre, avvalorata dal parti- colare contesto di rinvenimento. tutta la superficie trasversale, quattro troncature inferte con pesanti coltelli da colpo a lama liscia. Non osservando Paolo Andreatta, Silvia Di Martino concavità o convessità sulla superficie di taglio si può ipo- Bibliografia tizzare che la lama fosse ben tagliente e poco usata. BIEDERMANN 1991 Nella porzione mediale dell’asta si rileva, inoltre, un’inci- BIEDERMANN H., 1991, Enciclopedia dei simboli, Milano. sione riconducibile sempre all’utilizzo di un coltello da CILLI et alii 2000 colpo a lama liscia, inferta mantenendo il palco in posizione CILLI C., MALERBA G., GIACOBINI G., 2000, Le modificazioni anatomica. di superficie dei reperti in materia dura animale provenienti da siti archeologici. Aspetti metodologici e considerazioni tafonomiche in In prossimità della seconda punta, in posizione laterale e Bollettino del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Geo- disposta trasversalmente all’asta, si nota un’incisione dai logia, Paleontologia, Preistoria 24, pp. 73-98. margini definiti (fig. 4), inferta con una lama molto sottile DE GROSSI MAZZORIN et alii 2006 e affilata. Si può ipotizzare, quindi, l’uso di due strumenti DE GROSSI MAZZORIN J., PAGLIARA C., RUGGE M., 2006, I ma- diversi per il trattamento del reperto. nufatti sul palco di cervo del Bronzo finale di Roca (Lecce): rapporto Nella porzione centrale dell’asta si osserva un’altra tron- preliminare in Atti del V Convegno Nazionale di Archeozoologia catura, inferta con coltello da colpo a lama liscia, in posi- (Rovereto, 2006), pp. 343-347 zione opposta a quella anatomica. MASCARO et alii 2009 Infine, una serie di troncature realizzate con un coltello MASCARO I., PERUSIN S., SARTI L., 2009, La “quotidianità” del da colpo a lama liscia e presumibilmente finalizzate al di- metallo: analisi al SEM delle tracce di macellazione dei reperti stacco di una punta, completano il quadro delle tracce di faunistici del sito campaniforme di Via Bruschi a Sesto Fiorentino taglio rinvenute. in Atti del VI Convegno Nazionale di Archeozoologia (Orecchiella, L’insieme dei tagli riscontrati corrisponde a quelli che nor- 2009), pp. 7-9 malmente si incontrano in palchi destinati alla lavorazione MUSTONI et alii 2002 manifatturiera; tuttavia non essendo stati rinvenuti altri MUSTONI A., PEDROTTI L., ZANON E., TOSI G., 2002, Ungulati delle Alpi. Biologia, Riconoscimento, Gestione, Trento. (7) Cfr. CILLI et alii 2000. WILKENS 2012 (8) L’immagine è stata ottenuta con un microscopio digitale con te- WILKENS H., 2012, Archeozoologia. Il Mediterraneo, la storia, la lecamera (Dino-Lite Digital Microscope) a diversi ingrandimenti. Sardegna, Sassari.

26 Gianluca Mete, Diego Voltolini La seconda età del Ferro: la tomba celtica di Romanengo

La seconda età del Ferro nella provincia cremonese è ca- ratterizzata dal ritrovamento, quasi esclusivo, di contesti fu- nerari1, collocabili cronologicamente dalla fine del IV secolo sino al I secolo a.C. Un discreto numero di ritrovamenti, in parte anche lacu- nosamente documentati, contribuisce a delineare la presenza celtica in un territorio di non facile comprensione. Si rivela infatti piuttosto arduo e rischioso il tentativo di restituire un quadro nitido dei gruppi celtici che erano attivi sul ter- ritorio, anche se abbiamo motivo di credere che l’area, de- finita più volte “cuscinetto”, fosse caratterizzata dalla pre- senza di gruppi insubri, nella porzione più settentrionale e cenomani, in quella sud-orientale. L’identificazione in termini di cultura materiale dei diversi gruppi celtici risulta qui difficoltosa per il carattere puntiforme dei ritrova- menti: a poco valgono infatti i dati circa la modalità di se- poltura (incinerazione, inumazione o biritualismo) e i corredi isolati2. In ogni caso prima dell’arrivo dei Romani il territorio, definito da Livio agrum Gallicum, era carat- terizzato dalla presenza di questi gruppi celtici, secondo eventi che videro prevalere ora gli Insubri, signori di Milano, ora i Cenomani, che avevano in Brescia una propria capitale. Con l’affermazione romana sul territorio cambiarono i rapporti di forza, anche grazie ad alleanze tra i Romani e i Cenomani; la “romanizzazione” dei gruppi celtici è ben visibile dai corredi funerari più recenti, nei quali com- paiono sempre più numerosi prodotti tipicamente romani, con un progressivo allineamento culturale al mondo Fig. 1. La sepoltura in corso di scavo. romano. Gli scarsi dati numerici sulle attestazioni della seconda età meridionale con Salvirola3. Questo settore è geomorfolo- del Ferro nel territorio cremonese sono confermati dai ri- gicamente caratterizzato da unità4 che, sin dalle età più sultati emersi dal lavoro di posa del metanodotto. Durante antiche, hanno reso proficuo l’insediamento umano come i lavori infatti è stato solo uno, sebbene significativo, il ri- già noto per altri rinvenimenti nei comuni limitrofi5. trovamento riferibile al mondo celtico. Si tratta di una se- Per quanto attiene alla fascia di intervento, la sepoltura di poltura ad incinerazione con un corredo costituito da ele- Romanengo (Sito 60) sembra essere isolata, ma non si può menti tipici della panoplia di un guerriero, individuata escludere, data l’esiguità dell’area indagata, un contesto ci- nell’area rurale del comune di Romanengo, lungo il confine miteriale. La sepoltura, secondo il rito dell’incinerazione,

(1) Due sono i ritrovamenti a carattere non funerario: il primo è ine- dei dati e le non ancora concluse operazioni di restauro non avevano rente una serie di elmi dal letto del fiume Adda nei pressi di Pizzi- permesso una presentazione analitica del contesto. In questa sede si ghettone, secondo una pratica di deposizione cultuale di ex-voto piut- integrano e correggono i dati precedenti, pur demandando a prossima tosto diffusa. Il secondo ritrovamento è quello del tesoretto di pubblicazione l’analisi tipologica dettagliata. La sepoltura inoltre è dracme padane da Rivolta D’Adda, per cui cfr. ARSLAN 2003, pp. risultata essere in comune di Romanengo e non di Salvirola, come 62-83. erroneamente segnalato in altre sedi, per cui ce ne scusiamo. Si rin- (2) Per un’analisi dettagliata: ARSLAN 2003, pp. 62-83; per una graziano il Prof. Daniele Vitali e il Prof. Thierry Lejiars per i con- sintesi sulla provincia: METE, MUSCOLINO in c.d.s.; per un quadro sigli in fase di studio. Bibliografia: METE 2012, pp.180-181; METE sintetico più ampio: MORDEGLIA 2012, pp. 176-178. in c.d.s. (3) La sepoltura è stata già presentata in maniera sommaria durante (4) PELLEGRINI 2003, pp. 19-34. i colloqui dell’Afeaf a Verona, nel Maggio 2012. Tuttavia, la freschezza (5) PEARCE 2003, pp. 38-61.

27 Fig. 2. Il corredo deposto nella tomba, dopo il restauro. si presentava entro una fossa in nuda terra di forma ret- spesso attestato nelle tombe celtiche, era inserita nel suo tangolare delle dimensioni di 2 x 0,80 m circa (fig. 1). fodero6. Della lama è visibile il codolo a sezione quadran- Una fossa così ampia potrebbe indiziare l’esito del particolare golare che originariamente era ricoperto dall’impugnatura rito del bustum, durante quale il corpo era cremato diret- realizzata in materiali deperibili come legno e cuoio; una tamente nella fossa destinata alla sua sepoltura. L’assenza di guarnizione metallica funge da raccordo fra la lama e l’im- arrossamento per calore del suolo circostante e la presenza pugnatura. Le radiografie, effettuate in fase di restauro, di carboni e minuti frammenti ossei combusti anche sopra hanno permesso di vedere la lama nascosta dal fodero, evi- il corredo, non esposto a fuoco diretto, lasciano tuttavia denziandone la lunghezza, ben inferiore rispetto al fodero, pensare ad una incinerazione indiretta, ovvero con depo- e la forma non appuntita, finita a “U”, come una spatola. sizione delle ceneri in un luogo diverso da quello della cre- Il fodero è realizzato con due lamine di ferro: quella ante- mazione (ustrinum). La deposizione delle ceneri era con- riore, decorata, è stata fissata a quella posteriore, liscia, ri- centrata in due fasce lungo le pareti N e S; circa al centro battendone i margini; l’imboccatura campanulata presenta era deposto il corredo, costituito dalle armi da guerriero, un raffinato rinforzo centrale, con due borchie decorate a da una coppa in ceramica e da alcuni elementi per l’abbi- triscele (tav. 2c). Il rinforzo del puntale7, lavorato a parte, gliamento. si innesta sulle due lamine fissato da due borchie decorate Gli oggetti legati all’armamento compongono una pa- anch’esse dal triscele. Sulla lamina anteriore, vicino al- noplia costituita da una lancia completa di tallone, da una l’imboccatura, si conserva parzialmente la decorazione spada e dagli elementi della relativa catena di sospensione, sbalzata e incisa a bulino: si tratta di motivi curvilinei sim- deposti in un unico gruppo compatto, probabilmente legati metrici d’astratta ispirazione vegetale, nei quali si riconosce o avvolti a formare un pacchetto (tav. 2b) La spada in più volte il triscele, tipico motivo decorativo celtico (e ferro, che non era stata piegata o spezzata secondo un rito dello stile svizzero), sia sulle borchie che nelle incisioni del fodero. Lungo tutto il fodero è poi presente una nervatura battuta a rilievo, in corrispondenza della quale la lamina si (6) La mancata defunzionalizzazione della spada è uno dei caratteri è spezzata per l’aumento di volume della spada contenuta, comuni nei ritrovamenti lateniani del cremonese. La spada in que- stione, sorprendentemente lunga, presenta caratteristiche miste fra le tipologie più antiche e quelle tardo lateniane. Lungh. totale fodero: (7) Lunghezza: 27 cm. 94 cm; lungh. codolo: 14 cm. (8) Lunghezza: 6 cm.

28 prodotto una superficie piana a nastro dove poter eseguire la decorazione a punti punzonati. La faccia non a vista del manufatto, non decorata, presenta le superfici degli anelli più tondeggianti e bombate: la martellatura quindi è stata eseguita direttamente solo sul lato a vista da decorare, con la cura di non usare un’incudine molto dura che avrebbe determinato l’appiattimento anche del retro. Questa par- ticolare attenzione aveva probabilmente un risvolto pratico: se gli anelli fossero stati appiattiti del tutto anche sul retro, la loro mobilità reciproca si sarebbe ridotta al minimo, non permettendo più la flessibilità che la cintura doveva avere per poter essere indossata. La cintura era stata deposta probabilmente completa dei le- gacci in cuoio, come lasciano intuire i due anelli in ferro a sezione circolare10 ritrovati in posizione sulle estremità della catena nel punto dove andava a connettersi la spada quando indossata. L’armamento era completato da altri due elementi adagiati accanto alla spada: una cuspide e un puntale di lancia. La loro vicinanza indica l’assenza o la rottura del- l’asta della lancia, evidentemente troppo lunga per una sua deposizione intatta. La cuspide in ferro (tav. 1c) era a foglia allungata e nervatura centrale, con innesto a cannone11, mentre il massiccio puntale era di forma troncoconica con sfaccettature e innesto a spina12. Quest’ultimo elemento (tav. 1d), non frequente nei corredi lateniani della Cisalpina, aveva probabilmente duplice funzione: bilanciamento del- l’asta e arma di offesa durante lo scontro. La sua solidità e la sua forma lo rendevano meno penetrante della cuspide ma certamente meno fragile e più contundente in certe Fig. 3. La spada di Romanengo. Dettaglio dell’imboccatura del situazioni. fodero. Sono relative all’abbigliamento le tre fibule in ferro, ascri- vibili allo schema Medio La Tène. Due sono ad arco asim- a causa della corrosione. Sul retro è presente il ponticello metrico, molla bilaterale a due spire e appendice con ele- 8 a nastro con attacchi a placchette circolari , probabilmente mento circolare raccordata all’arco tramite un globetto a bot- con semplice decorazione lineare, per assicurare con le- ticella (tav. 1e). La terza fibula, di dimensioni inferiori e la- gacci il fodero alla cintura. cunosamente conservata, presenta anch’essa molla bila- La catena (tav. 2a), parte della cintura dove era appesa la terale a due spire ma l’arco è a verga ritorta a torciglione, 9 spada, si compone di due parti rispettivamente di 12 e su cui si raccorda l’appendice a globetti (tav. 1f). 36 elementi ad anello, decorata con una punzonatura con- Di difficile attribuzione funzionale è l’anello tubolare in ferro tinua a punti sulla parte anteriore. Gli anelli non furono associato al corredo (tav. 1g). Il suo diametro, circa 9 cm, prodotti singolarmente per poi essere chiusi e montati a rende poco probabile un suo utilizzo come bracciale o ar- catena, ma furono direttamente forgiati l’uno infilato nel- milla, mentre pare plausibile l’ipotesi che si possa trattare l’altro. Il gancio a uncino per la chiusura è stato ricavato di un ulteriore elemento riconducibile alla cintura. Altret- da un elemento in ferro ripiegato o ritorto e poi forgiato tanto difficili da interpretare sono anche altri elementi: fino ad ottenere la forma desiderata. La terminazione a una tozza verghetta in ferro con sezione quadrangolare e bottone del gancio probabilmente si inseriva nell’asola di alcuni sottili frammenti dello stesso materiale (tav. 1b). Si una linguetta di cuoio sporgendo verso l’esterno, così da as- trattava forse di oggetti funzionali alla manutenzione del sicurare una salda chiusura della cintura, parecchio appe- corredo o di destinazione artigianale, come un bulino piano santita dalla catena e dalla spada. La lavorazione del ma- o un punteruolo, di cui la mancata conservazione delle nufatto non è limitata solo alla forgiatura concatenata degli componenti deperibili rende impossibile un’interpreta- anelli: una volta completata questa operazione, infatti, la zione funzionale chiara13. Proprio tali frammenti, recu- catena è stata martellata in modo uniforme per tutta la perati in fase di microscavo, sono stati individuati all’interno lunghezza, così da appiattirne gli anelli e da dar loro una di un contenitore ceramico (tav. 1a), una coppa in ce- particolare conformazione nella quale ogni anello, se visto ramica depurata con piede ad anello e labbro leggermente singolarmente, ha l’impronta di quello precedente e di quello successivo. Questo tipo di operazione ha compattato molto la catena, serrandola e riducendone la mobilità, e ha (10) Diametro pari a 3 cm. (11) Lunghezza 32 cm. (12) Lunghezza punta 8 cm; immanicatura 3 cm. (13) Per avere un idea degli oggetti in ferro non identificabili, anche (9) Rispettivamente con lunghezza di circa 13 cm e 53 cm. se da contesto abitativo: FIORI 2005, pp. 149-213.

29 a (1:2)

b (1:2)

e (1:2)

f (1:2) c (1:2)

g (1:2) d (1:2)

Tav. 1. Gli elementi del corredo.

30 b (1:4)

a (1:4)

c (1:2)

Tav. 2. Gli elementi del corredo. La catena e la spada.

31 introflesso14, assegnabile a una tarda produzione derivata Bibliografia da quelle etrusco-padane propriamente dette. Nel complesso gli oggetti in ferro della tomba di Roma- ARSLAN 2003 nengo, appartenuti ad un celta armato di spada, richiamano ARSLAN E. A., 2003, La seconda Età del Ferro nel territorio del- alcuni manufatti forgiati dai fabbri taurisci, un gruppo l’attuale provincia di Cremona, in TOZZI P. (a cura di), Storia di celtico stanziato dal IV al I secolo a.C. fra le odierne Slo- Cremona. L’età antica, Azzano San Paolo (Bg), pp. 62-83. ARSLAN et alii 2008 venia e Croazia. La catena, per la lavorazione e la decora- ARSLAN E. A., MORANDINI F., RAGAZZI L., ROSSI F., 2008, I Celti zione degli anelli, trova confronti in diverse località della nel Bresciano. Indizi di viaggi e contatti nel corredo di un guerriero, Slovenia in sepolture datate fra il III secolo a.C. e gli inizi in BAIONI M., FREDELLA C. (a cura di), @Archaeotrade: antichi del II secolo a.C. come a Mokronog, Dobova e Formin15. commerci in Lombardia orientale, Milano, pp. 251-274. Anche altri elementi del corredo, come la fibula mediola- BOŽI 1991 teniana con arco ritorto a torciglione16 e l’impostazione BOŽI D., 1991, I Taurisci, in I Celti, catalogo della mostra, Ve- della decorazione del fodero della spada17, sembrerebbero nezia, p. 472. DE MARINIS 1986 richiamare la medesima area geografica. Prima di attri- DE MARINIS R.C., 1986, L’età gallica in Lombardia (IV-I sec. buire questi prodotti artigianali a una zona piuttosto che a.C.): risultati delle ultime ricerche e problemi aperti, in La Lom- un’altra è comunque necessario considerare l’ampia diffu- bardia tra protostoria e romanità. Atti del 2° Convegno archeo- sione di motivi decorativi e tecniche nel mondo celtico, la logico regionale, Como pp. 105, 121. decorazione punzonata della catena troverebbe infatti con- FIORI 2005 fronti anche in Svizzera18. FIORI F., 2005, L’ Instrumentum metallico dell’abitato etrusco- In conclusione, è possibile sottolineare l’importanza della celtico di Monte Bibele, in VITALI D. (a cura di), Studi sulla Media sepoltura di Romanengo, la cui datazione è riconducibile e Tarda età del Ferro nell’Italia settentrionale, Bologna, pp. 149-213. GABROVEC 1966 alla seconda metà del III secolo a.C., sia per l’attestazione GABROVEC S. , 1966, Srednjelatensko obdobje v Sloveniji, in Arhe- di presenze celtiche diffuse nel territorio, sia per le con- ološki vestnik 17, tav. 5, 8. nessioni che gli elementi del corredo parrebbero avere JUD 2009 anche a ampio raggio. Tale ritrovamento permette infatti JUD P., 2009, Die latènezeitliche Gräber von Gumefens, in di ampliare le conoscenze circa la presenza celtica nel ter- Freiburger Hefte für Archäologie, 11, p. 59. ritorio cremonese e sottolinea al contempo la possibilità di LUBŠINA TUŠEK, KAVUR 2009 raffinare la cronologia circa i primi rapporti con il mondo LUBŠINA TUŠEK M., KAVUR B., 2009, A sword between. The Celtic romano. Dal punto di vista della connotazione di appar- warriors grave from Srednica in North-Eastern Slovenia, in Keltske Studije II - Studies in Celtic Archaeology, papers in honour of Mitja tenenza a un gruppo bisogna senza dubbio rifuggire da Guštin, pp. 125-142. demarcazioni nette, soprattutto legate all’area geografica e METE 2012 19 agli spostamenti umani , anche se i caratteri della sepoltura METE G., 2012, La tomba celtica di Salvirola, in AA.VV. Ar- e del corredo porterebbero a credere che si tratti di un in- cheologia nella Lombardia orientale, I Musei della rete MA_net e dividuo Insubre (senza dimenticare la problematica ma il loro territorio, Firenze, pp.180-181. ineludibile presenza dei Bergomates20). La sepoltura di Ro- METE in c.d.s. manengo quindi si pone nell’ottica di aggiungere nuovi METE G., Tomba con corredo da Romanengo (Cr), in Les Celtes et dati nella comprensione delle dinamiche territoriali e cul- le nord de l’Italie, Actes du 36 colloque International de l’Asso- ciation Française pour l’Etude de l’Age du Fer, Verona, in c.d.s. turali del cremonese nell’ambito della seconda età del Ferro. METE, MUSCOLINO in c.d.s. METE G., MUSCOLINO F., 2012, Distribuzione dei rinvenimenti lateniani nel Cremonese, in Les Celtes et le nord de l’Italie, Actes du 36 colloque International de l’Association Française pour l’Etude de l’Age du Fer, Verona in c.d.s. MORDEGLIA 2012 MORDEGLIA L., 2012, I Celti nella Lombardia orientale, in AA.VV. Archeologia nella Lombardia orientale, I Musei della rete Man_et e il loro territorio, Firenze, pp. 176-178. PAHI 1966 PAHI S., 1966, Železnodobne najdbe v Slovenskih goricah (Eisen- zeitliche Funde in den Slovenske gorice), in Arheološki vestnik 17, tav. 5, 1-2. PEARCE 2003 PEARCE M., 2003, Una pianura tra le acque: preistoria e protostoria (14) Diametro 17,5 cm; h 7 cm. del Cremonese, in TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona, l’età (15) GABROVEC 1966, tav. 5, 1-2. antica, Azzano San Paolo (Bg), pp. 38-61. (16) LUBŠINA, TUŠEK, KAVUR 2009, fig. 4, 3; disegno non molto PELLEGRINI 2003 chiaro, la decorazione potrebbe essere solo incisa. PELLEGRINI L., 2003, Lineamenti geografici e geomorfologici, in (17) BOŽIC 1991, p. 472. TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona, l’età antica, Azzano San (18) La tipologia della decorazione puntiforme è molto diffusa e non Paolo (Bg), pp. 19-34. facilmente circoscrivibile. Dalle necropoli di Gumefens: SCHWAB SCHWAB 1995 1995, p. 251; JUD 2009, p. 59. (19) Si pensi ai caratteri “non cenomani” della sepoltura di Flero: SCHWAB H., 1995, Deux nécropoles laténiennes à Gumefens (canton de Fribourg, Suisse), in CHARPY J.J. (a cura di), L’Europe Celtique ARSLAN et alii 2008, pp. 251, 274. (20) ARSLAN 2003, p. 62. du V au III siecle avant J.-C., Sceaux, p. 251.

32 Florence Caillaud, Annalisa Gasparetto Note sugli interventi di restauro: due contesti di particolare fragilità

Il restauro del corredo della tomba celtica di Romanengo: struttura interna e sui dettagli di superficie: finitura, de- problemi e metodi corazioni, riparazioni, tracce d’usura, ecc. L’immagine ra- diografica è uno strumento fondamentale per guidare la pu- Non è mai eccessiva l’attenzione verso le modalità del pre- litura, la quale si configura come una vera e propria rimo- lievo sullo scavo e del successivo condizionamento dei re- zione selettiva dei depositi alla ricerca della superficie più perti che determinano la sopravvivenza dei manufatti e significativa, ossia quella contenente più informazioni. delle informazioni contenute, che il successivo restauro Per quanto riguarda l’anello cavo e le fibule prelevate con può solo portare in luce. il pane di terra, molto fragili e frammentati, la radiografia Il recupero del corredo della tomba celtica ritrovata a Ro- ha evidenziato la posizione dei frammenti nel sedimento, manengo è stato curato dagli archeologi, con l’accorgi- consentendo il loro recupero in connessione e il parziale ri- mento di prelevare in blocco i reperti più complessi e de- montaggio delle fibule lacunose e consunte (fig. 2). licati (panoplia d’armi, fibule, coppa) con il pane di terra I manufatti componenti la panoplia d’armi (spada con che fungeva da supporto: anche se il peso del blocco delle fodero, catena di sospensione con anelli, cuspide e tallone armi ha provocato alcune frantumazioni durante le suc- di lancia) erano molto vicini tra loro (in particolare la cu- cessive manipolazioni, l’interconnessione tra reperti è stata spide era così aderente alla catena da non essere identi- salvaguardata (fig. 1). ficata sullo scavo) e parzialmente saldati dalla ganga risul- Il microscavo in laboratorio della coppa in ceramica ha tante dalla diffusione degli ossidi ferro nella terra (fig. 3). consentito il ritrovamento di frammenti di uno strumento Questa diffusione è una manifestazione della corrosione in ferro e di carboncini, mentre il restauro stesso è consi- molto utile in ambito archeologico, perché non di rado stito in una semplice pulitura delle superfici con spugnette permette la conservazione di reperti organici mineralizzati inumidite, un’essiccazione e un consolidamento della su- dagli ossidi metallici, in questo caso abbondanti tracce ve- perficie localmente pulverulente con resina acrilica. getali sul lato inferiore del fodero1. Ben più problematico lo stato degli oggetti in ferro, rin- Il fodero in lamina sottile, deformato durante la giacitura venuti in grande numero nella tomba: spada lunga con a causa del rigonfiamento provocato dalla corrosione della fodero a decorazione plastica, catena di sospensione a spada, risulta aperto in modo perfettamente regolare lungo maglie ribattute in due parti con relativi anelli, punta e la nervatura centrale e sui lati per tutta la lunghezza della tallone di lancia, grande anello cavo, fibule e frammenti vari. lama. La sua forma e quella della spada al suo interno sono In effetti la conservazione dei reperti metallici sepolti pone ben visibili in radiografia (fig. 4), mentre la decorazione problemi specifici, legati alla tendenza del metallo a ri- sbalzata e cesellata, presente sull’ingresso del fodero e sulle tornare ad una forma minerale più stabile ossidandosi, borchiette laterali, non vi appare, trattandosi di un piccolo cosa che avviene sia in atmosfera che, a maggiore ragione, spostamento di materia senza variazione di spessore, peraltro nel suolo, ambiente caratterizzato dalla presenza di nu- occultato dalla spada stessa. merosi fattori favorevoli alla corrosione elettrochimica La radiografia ha anche evidenziato la struttura e la tecnica (acqua, acidi organici, sali solubili, ecc.). di fabbricazione della catena di sospensione in spesse maglie Questo fenomeno, particolarmente deleterio nel caso del incatenate e martellate2, oltre alla presenza di un ingente ferro, i cui prodotti di corrosione porosi e voluminosi non quanto eterogeneo nucleo metallico e di una densa rete di assumono un ruolo protettivo nei confronti del metallo microfessurazioni superficiali, legata ad una particolare sottostante (contrariamente alla “patina” di altri metalli e morfologia di corrosione, mentre la decorazione puntinata leghe più “nobili”), porta alla scomparsa di molti oggetti sul lato a vista è emersa in fase di pulitura (fig. 5). sepolti e rende difficile l’identificazione di quelli conservati: Il restauro, finalizzato alla leggibilità dell’oggetto nelle sue la loro forma è alterata a causa del rigonfiamento e della de- diverse valenze e alla conservazione della sua materia, deve formazione avvenuti nei secoli, la loro superficie, spesso mo- seguire il principio dell’intervento minimo, data la pressoché dificata, è occultata da spessi strati eterogenei di ossidazione e sedimento. (1) Sembra trattarsi di elementi vegetali collegabili a fattori post-de- Premessa indispensabile all’intervento è l’indagine radio- posizionali (ad esempio radici cresciute nella fossa). Si ringrazia grafica che fornisce informazioni, in primis sulla forma Mauro Rottoli per l’amichevole consulenza. dell’oggetto nascosta dalle incrostazioni, ma anche sulla (2) Cfr. METE, VOLTOLINI supra.

33 Fig. 1. Panoplia nel pane di terra prima del restauro. Fig. 2. Gruppo di fibule in corso di restauro.

Fig. 3. Spada, catena e cuspide di lancia saldate dalla corrosione del ferro.

Fig. 4. Radiografia della spada e delle parti della catena.

acrilica o epossidica, come le opportune integrazioni delle lacune, finalizzate al consolidamento e alla continuità visiva. Durante le varie fasi dell’intervento, le superfici ferrose sono trattate con un passivante chimico, per evitare suc- cessive riprese di corrosione. A fine pulitura l’oggetto è consolidato e protetto con un doppio strato di resina acrilica e cera microcristallina. La fragilità di manufatti mineralizzati lunghi sottili e pe- santi, come la spada, la catena, e la cuspide di lancia, rende necessaria la realizzazione di supporti espositivi che ne con- Fig. 5. Catena e cuspide di lancia nel corso dell’intervento di sentano la conservazione, la presentazione e la manipola- restauro. zione in sicurezza. irreversibilità di ogni trattamento, in particolare della pu- Vari oggetti della tomba presentano tuttora un nucleo me- litura: il problema del suo limite è particolarmente sensibile tallico e rimangono sensibili alla corrosione. Va in effetti nel caso di decorazioni, e l’operatore deve valutare atten- ricordato che il diseppellimento degli oggetti metallici non tamente la soglia di rischio, pena la perdita di elementi pone fine al loro deterioramento, ma che l’esposizione ad molto labili. un ambiente diverso, più ricco di ossigeno, può innescare La pulitura è svolta a secco con tecniche di precisione che nuovi processi di degrado, che non sempre l’intervento di consentono un controllo visivo costante (con proiezione di restauro riesce ad inibire in modo durevole. microsfere di vetro a bassa pressione, abrasione tramite La conservazione nel tempo di materiali archeologici in- frese diamantate e spazzole d’acciaio su micromotore den- stabili richiede un ambiente controllato, specie per quanto tistico, ago e bisturi), e con l’ausilio del microscopio bi- riguarda l’umidità relativa, e un monitoraggio attento per noculare stereoscopico. scongiurare il ripresentarsi di fenomeni corrosivi. Gli incollaggi e le infiltrazioni sono realizzati in resina Florence Caillaud

34 La conservazione dei reperti archeologici in palco di cervo: l’esempio della fossa di Ricengo.

L’intervento sui due palchi di cervo di Ricengo permette di esemplificare le azioni conservative da mettere in atto su questo tipo di reperti in materia dura animale. Queste azioni devono necessariamente avvenire già in fase di messa in luce e prelievo sullo scavo e devono mirare a mantenere i palchi, fino al momento dell’intervento di restauro, in un microclima simile il più possibile a quello in cui si sono con- servati nei secoli di giacitura3. In certi casi, come questo di Ricengo, avremo palchi spezzati in vari frammenti che potremo prelevare ancora in con- nessione anatomica. Il grado di umidità e quello di fram- mentazione presenti nella materia animale sono quindi i Fig. 6. I frammenti di uno dei palchi dopo il recupero. fattori principali da valutare per poter applicare semplici pro- cedure che ci permetteranno di asportare in sicurezza i re- perti da portare nel più breve tempo possibile al laboratorio di restauro. Durante il periodo dello stoccaggio tempo- raneo (magazzino dello scavo, della soprintendenza o museo, del laboratorio di restauro, ecc.) i reperti saranno man- tenuti in ambiente freddo, meglio se in cella frigorifera avvolti in sacchetti neri o scatole ermetiche non traspa- renti. Realizzando queste procedure avremo già posto le basi per condurre a buon fine tutto il rimanente lavoro di con- servazione. Nella fossa di Ricengo i due palchi messi in luce si pre- sentavano spezzati in grandi segmenti ricomponibili mentre i pugnali4 apparivano fortemente frammentati, si potrebbe dire sbriciolati (fig. 6) . Il grado di umidità che questo tipo di materiale conserva, determinato anche dalla sua struttura Fig. 7. Il reperto nella fase di pre-assemblaggio. interna porosa ed esposta a causa della frammentazione, è passibile di variazioni repentine indotte dalle azioni di foglio di plastica. Questo schema sarà una mappa ideale per scavo archeologico. È consigliabile quindi non esporre al- avere a disposizione, in fase di assemblaggio, la posizione l’aria per tempi prolungati i palchi, ma mantenerli coperti, originale dei frammenti. per il tempo che intercorre tra la messa in luce e il prelievo, La pulitura delle superfici, ancora umide, è praticata con con un telo umido in tessuto-non-tessuto e a seguire uno tamponi di gommapiuma inumiditi di acqua. Per liberare strato di terra di scavo. dalla terra le parti più scabre si utilizzano bastoncini di Al momento del prelievo ci si deve dotare di un supporto legno o di plastica. Durante lo svolgersi delle operazioni di rigido e leggero come una lastra di polistirene o polietilene pulitura si ha cura di ricoprire le parti non interessate dal- espanso. Per mantenere le varie porzioni di palco in con- l’intervento per non indurre una rapida asciugatura del nessione, occorre prelevare, assieme ad esso, la zolla di terra palco che deve avvenire solo in maniera lenta e progressiva che lo circonda e lo sostiene secondo la procedura del “pre- sorvegliando la superficie del reperto per controllare l’in- lievo in blocco”5. sorgere e/o l’espandersi di fenditure e distorsioni e la cre- La prima operazione in laboratorio consiste in un rilievo scita di organismi biodeteriogeni. fotografico della posizione dei vari frammenti per mezzo Se necessario, il consolidamento dei segmenti di palco si di riprese fotografiche e il delineo sommario con un pen- attua percolando nella struttura interna dell’osso una so- narello indelebile della posizione dei frammenti su un luzione di resina acrilica6. Prima di procedere all’incol- laggio dei vari frammenti si esegue un pre-assemblaggio degli stessi utilizzando pezzetti di nastro adesivo in tessuto-non- (3) Si vedano le raccomandazioni di S. Di Martino e P. Andreatta in “Trattamento del materiale archeozoologico”, scheda 1 “Mo- tessuto disposti perpendicolarmente alle linee di frattura. dalità di consegna dei reperti da scavo” scaricabile dal sito della So- Il pre-assemblaggio aiuterà la collocazione dei frammenti printendenza per i Beni archeologici della Lombardia. più minuti e detterà la sequenza dell’incollaggio definitivo (4) Si definiscono pugnali le ramificazioni dell’asta dei palchi. (fig. 7). In base al peso da sostenere e alla geometria della (5) Il prelievo in blocco si realizza esponendo la porzione da prelevare, porzione di palco si sceglie un adesivo con un’adeguata fasciandola con bende gessate o con pellicola in materiale plastico o inglobandola in controforme di poliuretano espanso. I blocchi di forza di legame, in questo caso la stessa resina acrilica uti- 7 grandi dimensioni sono circondati da paratìe lignee fissate con viti lizzata per il consolidamento . e cerniere metalliche così da formare i quattro lati di una cassa per il distacco della quale si utilizzano lame o piastre metalliche spinte (6) Resina acrilica al 3% in acetone. nel terreno per tagliare la base del blocco stesso. (7) Resina acrilica al 40-50% in etilacetato.

35 Fig. 8. Il palco di cervo ricomposto alla fine dell’intervento di restauro.

La congiunzione definitiva tra i frammenti è garantita da Nelle fasi più impegnative dell’intervento di restauro la strisce di nastro adesivo in tessuto-non-tessuto e tutto il collaborazione e il confronto con i colleghi archeozoologi palco è mantenuto in asse affondando la base dell’asta in ci ha facilitato notevolmente consentendoci di operare una cassetta di sabbia e aiutandosi con morsetti flessibili. nella maniera più consona e metodologicamente appro- Le integrazioni formali sono da evitare, sia per la difficoltà priata. Grazie al loro apporto è stato possibile arricchire di reperire un materiale con modulo elastico simile al palco, questa esperienza con osservazioni utili al riconoscimento sia perché esteticamente invasive (fig. 8). delle tracce di lavorazione su un materiale che, nonostante La conservazione dei reperti in materia dura animale ne la relativa rarità, si sta sempre più affacciando all’orizzonte prevede il mantenimento in un ambiente stabile in cui le degli interventi condotti secondo la moderna metodologia fluttuazioni termoigrometriche siano ridotte al minimo e dello scavo archeologico. l’umidità relativa si ponga tra il 50-60%. Annalisa Gasparetto

36 Ivan Bonardi L’assetto territoriale in età romana e le evidenze centuriali

La fondazione della città di Cremona nel 218 a.C., con la permettono di individuare quattro differenti centuriazioni progressiva romanizzazione del territorio celtico a nord del nel territorio indagato: due in area cremonese e due in Po, portò all’organizzazione dell’ager secondo una maglia area bergamasca (tav. 2). regolare, denominata maglia centuriale. La prima centuriazione fu realizzata nel territorio cre- Nel territorio indagato sono presenti due aree centuriali di- monese tra il 216 a.C. e il 180 a.C., con una maglia di 20 stinte ed è possibile individuare, se pur in modo impreciso, x 20 actus, ma con una presenza labile ed incerta dei tratti il confine delle aree amministrative dall’orientamento della individuati dagli studi storici. Nel 41 a.C. vi fu una nuova giacitura dei campi (tav. 1). assegnazione delle terre dell’ager cremonensis e di conse- Le due aree presenti, a nord l’ager bergomensis e a sud l’ager guenza un rifacimento della centuriazione, forse anche con cremonensis, sono oggetto di studio da numerosi decenni un ampliamento. Le nuove centurie passarono da 20 x 20 e le operazioni di controllo archeologico lungo la linea del a 20 x 21 actus mantenendo l’orientamento originario tra metanodotto hanno consentito una parziale verifica delle 14° e 15° e cancellando gran parte della centuriazione pre- teorie sin ora enunciate da Tozzi1 e successivamente da cedente o inglobando gli assi in limiti intercisivi interni al Durando2 e dalla Poggiani Keller3. nuovo assetto. La documentazione storica e gli studi di topografia antica I tratti della seconda centuriazione, analizzati in un re-

Tav. 1. Carta riassuntiva dei ritrovamenti collegabili a tracce di centuriazione lungo il tacciato del metanodotto. In verde le indi- cazioni relative all’ager cremonensis, in violetto quelle dell’ager bergomensis.

(1) TOZZI 1972. (2) DURANDO 1997. (3) POGGIANI KELLER 1992.

37 cente studio4, sono stati confermati nel corso dei nuovi scavi dai ritrovamenti di canalizzazioni coincidenti con i trac- ciati centuriali; in particolare sono stati individuati due assi viari secondari nei siti di Solarolo del Persico e nei pressi di San Felice, asse viario collegato probabilmente alla via Postumia. Non è stato possibile invece trovare ri- scontri sugli assi della prima centuriazione, la cui definizione risulta ancor oggi problematica. L’assetto territoriale del Bergamasco in periodo romano risulta più complesso. Il Tozzi individua due centuriazioni: una prima, con in- clinazione tra i 7° e gli 8°, di 20 x 20 actus, fu probabilmente realizzata intorno all’89 a.C., quando importanti centri celtici furono costituiti in colonie latine. La seconda, in so- stituzione e ampliamento della prima, è di 20 x 20 actus, con un’ inclinazione tra gli 11° e 12° e fu probabilmente realizzata in periodo augusteo (tav. 3). Della prima non si hanno riscontri rilevanti, mentre della seconda vi sono numerosi elementi che mantengono ancor Tav. 2. Sviluppo ipotetico delle maglie centuriali nell’area dei oggi l’orientamento della maglia. Gli scavi recenti hanno lavori del metanodotto. permesso di identificare tracce che mettono in discussione alcune parti del territorio: vaste aree acquitrinose cancel- la giacitura degli studi centuriali storici, con la possibilità larono infatti in svariati punti larghe porzioni agricole cen- di variazioni nei territori meridionali e orientali dell’ager, turiate. Ad esempio, nell’ager bergomensis lungo il tratto di non tanto dell’ orientamento o della dimensione della metanodotto tra Sergnano e Trigolo, l’area che meglio maglia, quanto della sua posizione. s’identifica con questo degrado si registra nelle zone iden- Esempi concreti di una non perfetta aderenza delle evi- tificate con il nome di Lago Gerundo. denze con le ipotesi degli studi sono presenti ad esempio nel sito di Romanengo ove i decumani coincidono con i Bibliografia tratti studiati da Tozzi, strutturati in assi viari, ma sembra apparire una mancanza dei cardini nelle zone indicate dagli BONARDI 2004 stessi studi. Nel sito a nord della Cascina Ronca, nei pressi BONARDI I., Evoluzione del contesto territoriale dell’Ager Cremo- di Salvirola, gli assi individuati dagli studi precedenti sono nensis, Tesi di Laurea, 2004. totalmente assenti, pur in presenza di una vasta area di DURANDO 1997 frequentazione romana, dove sono stati rilevati canali, ma DURANDO F., Parole Pietre Confini. Cremona e il suo territorio in in posizioni distanti da quanto ipotizzato. epoca romana, Cremona,1997. L’interpretazione delle evidenze attuali collegabili agli alli- POGGIANI KELLER 1992 POGGIANI KELLER R., Carta Archeologica della Lombardia. La Pro- neamenti originati dalla centuriazione risulta tuttavia resa vincia di Bergamo, vol. II, Modena, 1992 . maggiormente complessa in queste zone per il progressivo TOZZI 1972 abbandono, nelle epoche successive a quella romana, di TOZZI P., Storia padana antica, Milano, 1972.

Tav. 3. Particolare della zona tra Ricengo e Trigolo dove è presente il passaggio tra le cen- turiazioni del cremonese e del bergamasco.

(4) BONARDI 2004.

38 Gianluca Mete, Giordana Ridolfi Gli insediamenti rurali di età romana

La frequentazione del territorio in epoca romana di un contesto rurale complesso, non solo nelle sue defi- nizioni cronologiche, ma anche spaziali. I lavori hanno Nel corso degli scavi del metandotto sono state indivi- così permesso di leggere in maniera più ampia i caratteri duate diverse evidenze ascrivibili all’età romana. Anche se, del popolamento in età romana, dal momento che sono stati come vedremo, si tratta di ritrovamenti di natura e funzione diversi i siti individuati e attribuibili distintamente ai ter- diversa, la totalità dei dati è relativa direttamente o indi- ritori dei due centri antichi. Nella fascia settentrionale, rettamente ad aspetti insediativi, che ampliano un quadro quella di pertinenza bergomensis, si registra il rinvenimento sino ad oggi ancora eccessivamente ridotto per la provincia della villa di Sergnano, di resti di insediamenti e strade cremonese e contribuiscono alla comprensione del contesto nell’area compresa tra Romanengo e a N di Genivolta e So- rurale in Cisalpina1. resina. Nel settore centro-meridionale, quello dell’ager cre- Il popolamento romano della pianura rientrava in un monensis, oltre ad alcuni resti insediativi tra Casalbuttano grande quadro insediativo, un progetto di ampio respiro che e , di notevole interesse sono l’area di Olmeneta, prevedeva la costruzione di infrastrutture stradali, il po- con quattro siti, e la villa di Pozzaglio. tenziamento dei percorsi preesistenti e la grande opera di assetto e bonifica agraria nota come centuriazione2. La La documentazione archeologica fondazione delle colonie di Cremona e Placentia, oltre che Nella fase più antica, nel II e agli inizi del I secolo a.C., le legata a dinamiche politico-militari, rappresentava la volontà testimonianze sono piuttosto rarefatte e limitate. A Pozzaglio di creare un avamposto settentrionale, in un territorio che loc. Solarolo del Persico, sul futuro sito di una villa, si aveva grandi risorse economiche e agricole per finanziare hanno le prime tracce, non a carattere edilizio, a partire dalla l’apparato statale e, come nel caso di Cremona dopo la fine del II secolo a.C., come emerge dai dati relativi al ma- battaglia di Filippi, liquidare la richiesta di terre da parte teriale ceramico presente negli strati più antichi. Al me- dei veterani3. In un contesto così complesso si andavano a desimo periodo sono riconducibili le notizie di frequenta- inserire gli insediamenti rurali, non solo nella naturale zioni, anche in questo caso desunte esclusivamente dal ma- ottica dello sfruttamento agricolo, ma anche, del controllo teriale ceramico senza contesti edilizi, di Olmeneta (Sito 32), territoriale, in un quadro ancora complesso e precario agli Corte de’ Cortesi (Sito 41), Casalbuttano (Sito 38). È inizi del II secolo a.C., soprattutto dal punto di vista dei quindi possibile che in questa fase, non essendo il territorio rapporti politici e sociali tra Roma e le popolazioni in- ancora pienamente sotto controllo, l’insediamento fosse digene. Soltanto a partire dal I secolo a.C., con il defi- non solo rarefatto, ma concentrato in aree più sicure, nitivo e stabile controllo romano sul territorio, possiamo magari gravitanti attorno alla città e, come nel nostro caso, pertanto immaginare una diffusione ampia e capillare degli lungo il settore orientale, comunque in area con presenza insediamenti rurali. In maniera preliminare va sottolineato cenomane e quindi fedele a Roma, a partire dalla vittoria come gli attuali confini della provincia cremonese non cor- romana di Gaio Cornelio Cetego. rispondano esclusivamente a quelli dell’antico ager cremo- Nella maggior parte degli impianti individuati tuttavia nensis, diviso e assegnato a partire dalla fine del III secolo sembra intensificarsi la frequentazione nel I secolo a.C., forse a.C., ma comprendano anche parte del territorio ricon- successivamente al nuovo riassetto della centuriazione di età ducibile all’ager bergomensis, centuriato verosimilmente triumvirale, che dovette provocare significativi cambia- molto più tardi, come per la vicina Laus Pompeia4, a partire menti dal punto di vista della densità distributiva e delle dal 89 a.C., in seguito all’azione della lex Pompeia de Tran- sorti delle proprietà preesistenti. I dati si fanno più co- spadanis5. Tale premessa è indispensabile nella comprensione spicui a partire dal I sec. d.C. e, nel nostro caso, emergono tre grandi impianti: Pozzaglio (Sito 50), Olmeneta (sito 33) e Sergnano (Sito 22)6. I tre siti pur non essendo, come ve- dremo, gli unici portati alla luce, si rivelano di maggior in- (1) PASSI PITCHER 2003, pp. 211-219; BENEDETTI 2012, pp. 242- 247. teresse in primis per la superficie individuata e, poi, per la (2) In generale: Misurare la terra 1983. Sulla centuriazione cre- tipologia delle evidenze che permette di cogliere una più monese: TOZZI 1972, pp. 7-51; TOZZI 2003a, pp. 110-122. articolata distribuzione planimetrica. (3) TOZZI 2003b, p. 240 A Pozzaglio (Sito 50), pochi metri a E dalla via Brescia, che (4) Per l’ager bergomensis:TOZZI 1972, pp. 73-95; CANTARELLI 1992, pp. 188-189. Per l’ager laudensis: TOZZI, HARARI 1987, pp. 41-48; METE 2011, pp. 9-23. (6) Pozzaglio località Solarolo del Persico; Olmeneta area fienile (5) LURASCHI 1979; cfr. BONARDI supra. Zucchelli; Sergnano area cascina Valdroghe.

39 cavare argilla per le costruzioni e ricavarne al contempo spazi per scarico dei rifiuti. Il sito di Olmeneta (Sito 33) (tav. 2) è stato individuato a NE dell’attuale abitato. Venne edificato su un dosso fluviale dell’Oglio, quindi in una porzione relativamente vicina al fiume e ai vantaggi che ne derivavano, ma comunque al riparo dal rischio idrico degli allagamenti. Inoltre, la scelta, come per la villa di Pozzaglio, venne dettata probabilmente dalla vicinanza dell’antica via Brescia7, poco distante. Il primo sfruttamento dell’area, databile al I secolo a.C. è re- lativo alla presenza di strutture in legno, come si evince da numerose buche di palo. Non è possibile stabilire una pla- nimetria o una destinazione funzionale precise, in quanto tale tipo di strutture poteva avere sia carattere residenziale, seppure modesto8, sia produttivo o funzionale alle attività agricole (magazzini, stalle et cetera)9. Sono state inoltre ri- trovate due tracce riconducibili ad aratura, ma la loro po- sizione ed esiguità lascia alcuni dubbi circa la reale funzione. Agli inizi del I secolo d.C. si assistette a una rimodula- zione generale: furono rimosse le costruzioni di legno del- l’area centrale per far spazio a un nucleo in muratura e l’area edificata, sebbene labile, si distribuì notevolmente in maniera eterogenea. Una serie di strutture murarie de- finiva, nell’area centrale, due vani di modesta grandezza. Questi facevano parte di un edificio più articolato, ma non è chiaro se residenziale o di servizio. All’esterno, a N, erano inoltre presenti due fosse di fusione del ferro, per at- tività artigianali (fig. 1). Nel settore meridionale e occi- dentale invece, erano presenti lacerti murari, pilastri e buche di palo, tra cui alcune che delineavano una struttura Tav. 1. Pianta del sito di Pozzaglio, località Solarolo del Persico, rettangolare per contenere attrezzi o derrate. Dal punto di zona sud. vista distributivo di un certo rilievo appare la fondazione individuata a N, da mettere in relazione con un edificio più ricalca in parte l’antico percorso romano, cardine della imponente, di cui non si hanno però ulteriori tracce, perché centuriazione cremonese, è stato individuato un complesso oltre il limite occidentale dello scavo. Va sottolineato tut- piuttosto articolato (tav. 1). Il sito si sviluppava in due tavia come la presenza di canalizzazioni di scolo in nuda terra nuclei contigui, uno a N, con la presenza di un’area destinata poco distanti potesse rappresentare un limite di proprietà ad attività di servizio e uno a S, nel quale è stato individuato o di destinazione d’uso con le costruzioni individuate a S. un edificio. Il limite N delle strutture è rappresentato da È probabile infatti, che le strutture meridionali fossero di un canale di scolo che doveva servire allo smaltimento servizio alla pars rustica di un complesso ampio e plurinu- degli scarichi dell’edificio. Immediatamente a S del canale cleato, la cui separazione era sovente prescritta anche per si sviluppa un ambiente le cui caratteristiche fanno pensare scongiurare rischi di incendio dell’intero complesso10. a un lungo corridoio di collegamento tra i vani, con un pro- L’edificio di Sergnano (Sito 22) (tav. 3) sorgeva, nella prima babile accesso a S e l’andamento di alcune fondazioni sug- metà del I secolo d.C., poco a O del Serio, al riparo dalla gerisce la prosecuzione dell’edificio verso O. Lungo il fronte valle del fiume, che, come ancora oggi visibile dai nu- meridionale sono stati individuati un pozzo e alcuni pilastri. merosi resti di meandri antichi, aveva un percorso tor- Si delinea così un’area centrale aperta e porticata. tuoso e instabile. Le evidenze ritrovate, nonostante l’esigua Nel corso degli anni il primigenio impianto venne imple- area di scavo11, suggeriscono un impianto di grandi di- mentato con la costruzione di nuove strutture che si ag- mensioni che usufruiva di una superficie estesa. Il limes giunsero alla porzione meridionale dell’edificio, rimodu- lando l’area porticata e i vani collegati al corridoio. Il nucleo a N della villa costituiva parte del lotto appartenente alla (7) TOZZI 2003b, p. 248. proprietà, destinato all’ambito agricolo e produttivo. Alcuni (8) Varrone, De Re Rustica II, 10. canali regolavano il flusso delle acque per le esigenze agricole, (9) Columella, De Re Rustica, 12, 15. mentre una serie di buche di palo costituiva probabilmente (10) Vitruvio, De architectura, VI, 6, 5: Horrea, fenilia, farraria, l’anima di strutture in legno, utilizzate come ambienti pro- pistrina extra villam facienda videntur, ut ab ignis periculo sint villae duttivi, rimesse o ricovero per gli animali. Erano poi pre- tutiores (è opportuno situare i granai, i fienili, i magazzini per il farro, i forni, all’esterno della villa per evitare il pericolo d’incendi). senti un pozzo e i resti di una strada interpoderale. Nel corso (11) Va sottolineato come il sito, indagato parzialmente nel 2010, degli anni l’area subì alcune modifiche inerenti il sistema sia attualmente oggetto di indagini che potranno integrare i dati e di canalizzazione e comparvero alcune buche, forse per chiarire in futuro uno sviluppo pressoché completo dell’edificio.

40 Fig. 1. La fossa per la fusione dei metalli in corso di scavo.

Tav. 2. Pianta del sito di Olmeneta. settentrionale dell’edificio era costituito da un canale, che trale aveva dimensioni più modeste e appariva leggermente creava un divario netto tra la superficie edificata, quella a disassato, forse in conseguenza di un suo inserimento po- S, e quella destinata probabilmente alla coltivazione. Del- sticcio per rinforzare il sostegno del portico. In aderenza a l’edificio è stata individuata una serie di vani, con una uno dei pilastri è stata rinvenuta parte di un’anfora infissa certa articolazione spaziale (figg. 2-3). Definiscono una nel suolo, al cui interno era presente un’olla con coperchio, distribuzione ad L e tale perimetro è assecondato dall’an- con funzione attribuibile a un rito di fondazione. Poco a damento di un piccolo canale, da mettere in relazione con S del portico una serie di strutture murarie, frutto di un’ag- il punto di caduta della copertura, come scolo pluviale. Il giunta posteriore, sono riconducibili alla presenza di ele- fronte meridionale si affacciava su un portico scandito da menti per le attività di servizio. A S dell’edificio era presente una serie di pilastri. Dei tre pilastri individuati, quello cen- uno sviluppato sistema idraulico di servizio per il com-

41 Fig. 2. Particolare delle fondazioni di un ambiente dell’edi- ficio di Sergnano.

duato un buon numero di siti coevi, riconducibili a resti insediativi. La loro descrizione risulta limitata in quanto spesso si tratta di siti appena intercettati dai lavori di posa del metanodotto e quindi non indagati su una superficie estesa. Si tratta comunque di strutture assimilabili ad aree di servizio o ambiti residenziali di fattorie e ville12. Seppur limitati e di non facile lettura essi contribuiscono comunque a completare il quadro generale al riguardo. L’analisi integrata di tutte le evidenze insediative infatti, per- mette di presentare diverse osservazioni. Il primo elemento che emerge è legato all’adattamento di questi siti al territorio naturale. Dal punto di vista geo- morfologico la rete dei lavori ha coinvolto numerose unità, come il livello fondamentale della pianura, dossi e paleo- meandri, in una porzione di territorio solcata da importanti corsi d’acqua, come l’Oglio e il Serio13. Un assetto quindi abbastanza eterogeneo e complesso, che ha influenzato le scelte insediative sin dall’antichità, soprattutto da parte dei Romani, i quali ben sapevano cogliere le potenzialità e i caratteri di un territorio14. La totalità dei siti indivi- duati occupa infatti, aree geomorfologicamente felici per l’insediamento. Un caso degno di nota è rappresentato dai numerosi insediamenti rinvenuti tra Olmeneta e Corte de’ Cortesi. Oltre al Sito 33 infatti, sono stati individuati nuclei molto vicini, tutti impostati sul medesimo dosso fluviale prospiciente l’Oglio15, indice di un’attenta lettura, ai fini insediativi, del paesaggio naturale. Le scelte inse- diative, adattandosi necessariamente al territorio naturale, Tav. 3. Pianta del sito di Sergnano, località Cascina Valdroghe. sottintendono inoltre esigenze di comodità ai collegamenti con le infrastrutture, come dimostra la vicinanza di molti plesso. Oltre alla posa di due pozzi venne costruita una siti alla via Brescia. vasca rettangolare. Dalla vasca, che tagliava un canale E-O Dal punto di vista costruttivo per i tre nuclei di Pozzaglio, preesistente, ma forse in parte ancora in uso, si dipartiva Olmeneta e Sergnano la maggior parte delle evidenze è re- ad O un altro canale che proseguiva in direzione dell’edi- lativa a resti murari, con utilizzo di materiale laterizio e, ma ficio e il rinvenimento di elementi di fistula plumbea si ri- solo nel caso della vicinanza ai bacini di approvvigionamento collega alla presenza di una tubatura. La vasca costituiva come a Sergnano, lapideo. Per gli altri siti vi è predominanza quindi una cisterna di raccolta dell’acqua piovana, tra cui di strutture lignee, mentre più limitata, non solo per la quella proveniente dalla copertura dell’edificio, convogliata nei canali. Ad un certo momento, tra l’edificio e l’impianto (12) Romanengo (18), Olmeneta (32, 45, 63), Casalbuttano (38), di smistamento delle acque, si inserì una strada interpo- Azzanello (4), Corte de’Cortesi (41), (65), Robecco D’Oglio (55), Cremona (58). derale, disorientata rispetto al complesso, che doveva servire (13) PELLEGRINI 2003, pp. 19-34. per gli spostamenti interni dei mezzi. (14) DALL’AGLIO 1996, pp. 59-68. Oltre ai tre grandi nuclei sopra descritti, è stato indivi- (15) MARCHETTI 1992.

42 Fig. 3. Panoramica di alcuni ambienti della villa di Sergnano in corso di scavo. destinazione funzionale probabile, ma anche perché in stribuzione tale per cui la presenza di aree cortilizie e del alcuni casi non individuata, appare la presenza di strutture portico lasciano ipotizzare una struttura a sviluppo lineare, in laterizio. In questi ultimi casi si trattava probabilmente o, tenendo conto che le due tipologie non hanno una dif- di resti di fattorie o di aree di servizio collegate ad impianti ferenziazione così netta18, più probabilmente ad “U”, or- di grande dimensione. Va infatti tenuto conto che per ra- ganizzata intorno ad un’area scoperta. Questa articolazione gioni evidenti spesso le proprietà erano plurinucleate, con prevede quindi uno sviluppo su tre lati, aperti su un’area la conseguenza che, alla luce della lacunosità dei resti e di cortile, generalmente verso S, secondo uno schema dell’esiguità delle superfici indagate, l’attribuzione fun- classico molto diffuso per l’edilizia rurale, che trova con- zionale certa diventa rischiosa e fuorviante nell’ambito fronto in un buon numero di edifici censiti nella Venetia della lettura distributiva del popolamento16. Inoltre, non e in Aemilia19. I medesimi caratteri sembra presentare la villa possiamo escludere la possibilità che alcuni insediamenti po- di Pozzaglio: un’area porticata su due fronti ed esposizione tessero appartenere ad agglomerati di edifici, alla stregua di a mezzogiorno. In entrambi i casi l’esposizione a S, rientra villaggio, come i vici17. appieno nelle raccomandazioni degli antichi agronomi20. Per quanto concerne considerazioni di carattere planime- trico sono ancora i tre siti principali a fornire maggiori (18) Fa notare giustamente Gros: ”Il va de soi d’ailleurs que la coupure spunti. L’impianto di Sergnano, si presenta con una di- entre les deux grands types s’avere dans bien des cas moins nette qu’on ne le croit: nombreuses sont les villas à développement linéare qui, par l’adjionction d’ailes laterale délimitant une coeur intérieure”; GROS (16) Diverse sono le problematiche legate al popolamento di età 2006, pp. 265-349, in particolare p. 325, con numerosi esempi romana, soprattutto per la Pianura Padana. Alle difficoltà di at- dalle provincie occidentali. tribuzione funzionale delle evidenze (ville, fattorie, aree plurinu- (19) Per la Venetia et Histria si vedano i numerosi edifici proposti cleate, ecc.) si aggiunge la mancata corrispondenza dal punto di in: BUSANA 2001, pp 507-538; DE FRANCESCHINI 1999, pp. 189- vista distributivo tra i lotti agricoli e le strutture individuate o in- 191; DE FRANCESCHINI 1999, pp. 175-177; BUSANA 1999, pp. dividuabili (missing sites). Per un quadro generale sulla problema tica, 223-239; BUSANA 2002. Aemilia: ORTALLI 1994, pp. 169-222; anche se preannibalica e su altra area geografica: PELGROM 2008, pp. SCAGLIARINI CORLAITA 1989, pp. 11-36. Lazio: MUSCO, ZACCAGNI 333-372. Per Cremona un calcolo generale viene fornito da TOZZI 1985, pp. 90-106. 2003a, pp. 122-123. (20) Columella, De Re Rustica 1, 5.; Catone, De Agricultura, 1, 3: (17) Per un’analisi completa dal punto di vista terminologico e Si poteris […] in meridiem spectet (Quando possibile… che guardi giuridico: CAPOGROSSI COLOGNESI 2002, pp. 5-47. a sud).

43 In generale però, per tutti i siti individuati, si rivela ardua, questi siti non sembrano proseguire oltre il IV-V secolo d.C., se non impossibile, una definizione spaziale e funzionale in cui si registrano gli abbandoni definitivi, eccetto il sito completa tale da permettere di individuare con assoluta di Pozzaglio. certezza una pars dominica e una pars rustica. Ciò è dovuto Degna di nota infine, oltre che ad alcune necropoli24 e ai non solo alla esiguità delle aree indagate, ma anche allo stato numerosi canali e opere di assetto agrario riconducibili di conservazione delle strutture, tutte in fondazione, tale alla centuriazione, è la presenza di tratti stradali antichi per cui non sono più presenti i piani pavimentali e le sud- individuati25. Costituiti da laterizi frammentari pressati divisioni interne dei vani. Tuttavia, per quanto riguarda gli nel suolo, similmente alle strade che oggi i contadini uti- impianti con distribuzione a “U”, nello specifico Pozzaglio lizzano tra i campi per gli spostamenti dei mezzi, coin- e Sergnano, alcuni confronti e alcune considerazioni legate cidono in massima parte con gli assi della centuriazione e all’esposizione ottimale, permettono di ipotizzare una di- testimoniano, oltre all’attività agricola intensa, l’esigenza di slocazione tra pars dominica nel settore occidentale e nord collegamenti interpoderali e con gli assi stradali più im- occidentale e pars rustica nella restante parte dei com- portanti. plessi21. Il sito di Olmeneta invece, con la presenza di nuclei Gianluca Mete distinti, non è di facile interpretazione planimetrica. Le strutture infatti, non sembrano avere carattere residenziale, Bibliografia ma funzionali alle attività agricole, quindi appare rischioso definirne i caratteri secondo categorie precise, anche se è BENEDETTI 2012 possibile assimilarle alla definizione di “schema centrifugo”22, BENEDETTI D., 2012, L’insediamento rurale nella pianura, in cioè in cui diversi nuclei della medesima proprietà non si AA.VV. Archeologia nella Lombardia orientale. I Musei della rete Ma_net e il loro territorio, Firenze, pp. 242-247. concentrano attorno ad un’area chiusa. Per quanto concerne BUSANA 1999 i sistemi idraulici, se si esclude il caso di Sergnano, i dati BUSANA M.S., 1999, Ruri aedificiorum rationes. Elementi per lo sono pressoché nulli o limitati ad aspetti più generali di ge- studio dell’insediamento rurale nella Venetia, in Campagna e pae- stione delle acque. La labilità dei resti infatti non ha per- saggio nell’Italia antica (Atlante Tematico di Topografia Antica, messo di rinvenire condutture di scolo o di approvvigio- 8), Roma, pp. 223-239. namento, che pur in alcuni casi dovevano esserci, ma una BUSANA 2001 serie di pozzi e di canali in nuda terra che talvolta fungono BUSANA M. S., 2001, Insediamenti rurali nella Venetia, in VERZAR- BASS M. (a cura di), anche da perimetrazione o dei complessi, come per Abitare in Cisalpina. L’edilizia privata nelle limes città e nel territorio in età romana, Trieste, pp. 507-538. i già citati siti di Sergnano, Olmeneta e Pozzaglio; mentre BUSANA 2002 altre volte i canali si rivelano funzionali alle attività agricole BUSANA M. S., 2002, Architetture rurali nella Venetia romana, e irrigue, interagendo nella sintassi degli insediamenti ma Roma. facendo parte del più ampio sistema di bonifica e assetto CANTARELLI 1992 agrario centuriale. A tal proposito si rivela come l’assetto CANTARELLI F., 1992, Due nuove proposte per l’interpretazione del- centuriale abbia chiaramente influenzato l’orientamento l’origine delle due centuriazioni nel Bergamasco, in R. P. KELLER della maggior parte dei siti, che risultano coerenti ai due (a cura di), Carta archeologica della Lombardia, La Provincia di Bergamo (II), il territorio dalle origini all’alto medioevo (I), Modena, assetti presenti sul territorio. Per Sergnano è evidente come pp. 188-189. l’orientamento del complesso corrisponda a quello del- CAPOGROSSI COLOGNESI 2002 l’ager bergomensis e come l’edificio andasse a inserirsi pro- CAPOGROSSI COLOGNESI L., 2002, Pagi, vici e fundi nell’Italia babilmente sul lato meridionale della centuria. Ugual- romana, in Athenaeum, 90, pp. 5-47. mente, per l’ager cremonensis, gli edifici, tra cui Pozzaglio, DALL’AGLIO 1996 risultano coerenti all’assetto centuriale. Diversamente si DALL’AGLIO P. L., 1996, Topografia antica e geomorfologia, in delinea l’insediamento di Olmeneta, il cui orientamento ge- Journal of Ancient Topography, 4, pp. 59-68. nerale non corrisponde a quello dei campi centuriati forse, DALL’AGLIO 2009 DALL’AGLIO P. L., 2009, Centuriazione e geografia fisica, in Agri proprio per la sua vocazione artigianale, non soggetto a Centuriati, an International journal of landscape archaeology , 6, uno schema di orientazione rigido, o per altri fattori. Si può pp. 279-297. pensare infatti, che l’area fosse attraversata da una strada o DE FRANCESCHINI 1999 da un canale preesistente con un andamento obliquo e che DE FRANCESCHINI M., 1999, Le ville romane della X Regio (Ve- la fattoria si sia organizzata su questo asse, orientata quindi netia et Histria), Roma. non con la centuriazione ma con un’infrastruttura interna GROS 2006 alla centuria che non conosciamo. Improbabile, per la pre- GROS P., 2006, L’architecture romaine. 2, Maisons, palais, villas et senza di alcuni allineamenti ancora visibili, si rivela invece tombeaux, Parigi. LURASCHI 1979 la possibilità di essere in un’area non centuriata, anche se LURASCHI G., 1979, Foedus, ius Latii, civitas: aspetti costituzionali sappiamo che la vicinanza al fiume (in questo caso l’Oglio) della romanizzazione in Transpadana, Pavia. come ad altri elementi naturali di impedimento, in fase di limitatio, dissuadeva dal prolungamento degli assi di divi- sione agraria23. Per quanto riguarda la cronologia, tutti (24) Le stesse sepolture spesso possono essere di tipo prediale (cioè relative ad una proprietà vicina) e quindi indicative, ex silentio, della (21) BUSANA 2001, p. 524. presenza di insediamenti. (22) ORTALLI 1994, pp. 176-184. (25) Romanengo (20), Sergnano (22), Casalbuttano (37), Pozzaglio (23) REGOLI 1983, pp. 98-100; DALL’AGLIO 2009, pp. 279-297. (50), Cremona (54).

44 MARCHETTI 1992 I reperti ceramici di epoca romana provenienti dal territorio: MARCHETTI G., 1992, Geomorfologia ed evoluzione recente della spunti di riflessione 26 Pianura Padana centrale a nord del Po, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, IV ciclo. Il rinvenimento di un gruppo di reperti ceramici databili METE 2011 ETE entro il II secolo a.C., scoperto nelle aree di Olmeneta, M G., 2011, Ager Laudensis: centuriazione e popolamento, in 27 Agri Centuriati, an International journal of landscape archeology, Casalbuttano e Pozzaglio , supporta l’ipotesi che le prime 8, pp. 9-23. testimonianze di una presenza romana stabile nel terri- Misurare la terra 1983 torio possano essere ascritte a questo orizzonte cronologico AA.VV., Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano, (tav. 4). Si tratta nella quasi totalità di classi e forme cera- Modena, 1983. miche che rimandano alla tradizione alimentare romana, MUSCO , ZACCAGNI 1985 in cui predomina il vasellame a vernice nera28, a cui si af- MUSCO S., ZACCAGNI P., 1985, Caratteri e forme di insediamenti fiancano numerose olle da fuoco che trovano riferimento rustici e residenziali nel suburbio orientale tra il IV ed il I secolo a.C., 29 in Misurare la terra. Centuriazione e coloni nel mondo romano. Città, in esemplari diffusi in centro Italia . agricoltura, commercio. Materiali da Roma e dal suburbio, Modena, L’approvvigionamento di vino era garantito tramite i traffici pp. 90-106. con l’area adriatica30 e una distribuzione interna che sfruttava ORTALLI 1994 le reti fluviali e la mediazione di centri di smistamento. Qui ORTALLI J., 1994, L’insediamento rurale in Emilia centrale, in giungevano anche merci più rare, acquistate come pro- GELICHI S., GIORDANI N. (a cura di), Il tesoro nel pozzo, Modena, dotti di prestigio, come l’apprezzato vino di Rodi, un vino pp. 169-222. liquoroso ottenuto da uve mature a cui veniva aggiunta del- PASSI PITCHER 2003 l’acqua di mare31. PASSI PITCHER L., 2003, Archeologia della colonia di Cremona: la Su questi contenitori venivano apposti due bolli, uno riferito città e il territorio. in TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona. L’età antica, Azzano San Paolo (Bg), pp. 211-219. al fabbricante, l’altro al magistrato eponimo (cioè che dava PELGROM 2008 il nome all’anno) che era in carica. Si pensa che questa in- PELGROM J., 2008, Settlement Organization and land distribution dicazione servisse a precisare il momento dell’imbottiglia- in Latin Colonies before the Second Punic War, in DE LIGT L., mento, dato che il vino rodio non era in grado di sop- NORTHWOOD J. (a cura di), People, Land and Politics. Demographic portare tempi lunghi. Sull’ansa dell’unico esemplare sco- Developments and the Transformation of Roman 300 b.C.-a.D. perto negli scavi rimane parte del bollo […]AMVNOS/[…] 14, Leiden-Boston, pp. 333-372. (tav. 5. a), in cui si fa riferimento all’eponimo Dãmvn PELLEGRINI 2003 32 33 PELLEGRINI L., 2003, Lineamenti geografici e geomorfologici, in (Damon) , in carica nel 110 a.C. TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona, l’età antica, Azzano San In epoca tardorepubblicana legami con la tradizione locale Paolo (Bg), pp. 19-34. sono testimoniati da forme e produzioni che rimandano al REGOLI 1983 mondo celtico, come le ciotole tardo-celtiche e forme REGOLI E., 1983, Centuriazione e condizionamenti ambientali, in acrome imitanti il vasellame a vernice nera34 per i recipienti Misurare la terra 1983, pp. 98-100. da tavola, e le olle di tradizione celtica, con decorazioni SCAGLIARINI CORLAITA 1989 tipiche del repertorio35, impiegate nella cottura dei cibi. SCAGLIARINI CORLAITA D., 1989, L’insediamento agrario in Emilia Contatti con l’area veneta sono testimoniati da coppe e Romagna nell’età romana, in ADANI G. (a cura di), Insediamenti rurali in Emilia Romagna e Marche, Cinisello Balsamo, pp.11-36. TOZZI 1972 (26) In questa sede vengono presentati preliminarmente i dati emersi TOZZI P., 1972, Storia Padana antica. Il territorio fra Adda e dallo studio dei reperti ceramici di epoca romana; per un appro- Mincio, Milano-Varese. fondimento delle tematiche e delle classi vascolari si rimanda ad un TOZZI, HARARI 1987 volume di prossima pubblicazione. TOZZI P., HARARI M., 1987, Laus tra antichità e Medioevo, Pia- (27) Si tratta dei Siti 32 e 33 a Olmeneta, 38 a Casalbuttano e 50 cenza. a Pozzaglio, in località Solarolo del Persico. TOZZI 2003a (28) In particolare si segnalano i piatti a tesa ricurva Morel 1315, TOZZI P., 2003, Gli antichi caratteri topografici di Cremona. in una patera affine al tipo Morel 1624, le coppe ad orlo indistinto e TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona, l’età antica, Azzano San a labbro ingrossato Morel 2538 (BRECCIAROLI TABORELLI 2000, p. Paolo (Bg), pp. 110-123. 26; CARINI 2008, pp. 137-138, 140 e 143-144). TOZZI 2003b (29) OLCESE 2003, pp. 79-81, tipi 2 e 3. TOZZI P., 2003, La storia politica repubblicana, in TOZZI P. (a cura (30) Si datano entro la fine del II a.C. le anfore greco-italiche tarde, di), Storia di Cremona, l’età antica, Azzano San Paolo (Bg), pp. per le quali si rimanda a STOPPIONI 2008, pp. 302-306. 230-273. (31) Sebbene sia un prodotto di importazione a diffusione limita- ta, molti studiosi concordano sul fatto che si trattasse di un vino di modesta qualità. In merito GIOVAGNETTI 2009, pp. 19-20 e note 30- 31. (32) L’iscrizione è integrabile come [Ep‹ D]ãmonow/[...]; non è leg- gibile la riga sottostante in cui viene riportato il nome del mese di produzione. Per le attestazioni si veda CRISCUOLO 1982, pp. 52-53 e nota 133. (33) L’attribuzione del periodo di carica dell’eponimo è stato oggetto di una revisione da parte di G. Finkielsztejn (FINKIELSZTEJN 2001, pp. 128 e 156, tab. 21: periodo Vc). (34) DELLA PORTA, SFREDDA 1996, pp. 135-136. (35) GUGLIELMETTI, LECCA BISHOP, RAGAZZI 1991, pp. 169-171.

45 I secolo a.C. I secolo a.C. I secolo d.C. I-II

Tav. 4. Tavola tipologica delle principali forme ceramiche attestate nei siti di Sergnano, Olmeneta e Pozzaglio.

46 a b

c d

e

Fig. 4. Fondo di patera in vernice nera con impressione di gemma con leone balzante.

f

Tav. 5. Tavola dei bolli rinvenuti nel corso degli scavi del me- tandotto. coppe-mortaio in ceramica grigia36 e da rari recipienti con impasto molto grossolano, che trovano corrispondenze in Italia nord-orientale37. Nel I a.C. perdurano i flussi commerciali con l’area adri- atica legati al commercio di vino38. Sull’ansa di un’anfora Lamb. 2 compare il monogramma LTAR (tav. 5, b), che fa Fig. 5. Frammento di impressione di gemma con figura maschile riferimento ad un personaggio forse omonimo del console con aste (?). di età augustea Lucio Tario Rufo, o comunque legato alla gens Taria, noti produttori di anfore39. Nel corso del secolo la produzione a vernice nera, docu- mentata da forme ampiamente note nell’area medio- padana40, mostra un progressivo scadimento. Tipici di questa fase sono i piatti decorati da impressioni di gemme o paste vitree intagliate, con soggetti che attingono al reper- torio figurativo in uso41; alcuni sono di discreta qualità42

(36) CASSANI et alii 2007, pp. 258-260, fig. 2, 1 e fig. 3, 1-2. (37) Sull’olla tipo Sevegliano 4, CASSANI, FAILLA, SANTORO 1997, p. 95. (38) In questa fase sono documentate esclusivamente anfore di tipo Lamboglia 2 e ovoidali adriatiche. Fig. 6. Patera in vernice nera decorata da impressioni di gemma (39) BRUNO 1995, pp. 224-227, n. 67-68; NICODEMO, RAVASI, con animale. VOLONTÉ 2008, p. 292, tav. 5, n. 1. (40) Il repertorio è composto soprattutto da patere Morel serie 2280 e da ciotole Morel 2653/2654; minori sono le presenze di (figg. 4-5) mentre su altri43 (fig. 6) l’intaglio è così super- piatti Morel 1443, piattelli Lamb. 4 e pissidi Morel 7544; per i ficiale da rendere dubbia l’identificazione del motivo. riferimenti si rimanda a GRASSI 2008. Proprio la scarsità di lettura dei soggetti ha fatto dubitare (41) SENA CHIESA 2002, p. 29. su una loro funzione esclusivamente ornamentale44. (42) È il caso della patera decorata da impressioni di gemme con leone balzante, iconografia assai diffusa nella glittica romana (SENA CHIESA 1966, pp. 362-367). Lo stesso motivo si trova impresso anche su due Acobecher scoperti a Sirmione e a Cremona (ROFFIA tav. XXVIII, n. 31; MANDRIOLI BIZZARRI 1987, p. 47, n. 18. 2005, figg. 34 e 92; VOLONTÉ 2007, p. 228, fig. 1). Ben leggibile, (43) Il soggetto ritrae un quadrupede di profilo verso destra, con seppur parziale, è l’impronta su una patera con figura maschile, corpo e muso allungati; l’incertezza dei dettagli impedisce di deter- curva e in movimento, che regge due aste (?); il motivo sembra ap- minare con precisione l’animale (forse un bovide?). Sul repertorio partenere alle raffigurazioni di vita campestre di derivazione el- con animali, SENA CHIESA 1966, pp. 344-345. lenistica. Per intagli simili si vedano FURTWÄNGLER 1900, p. 140, (44) M.T. Grassi ha ipotizzato che la comparsa di questi elementi

47 Verso la fine del I secolo a.C., a seguito di un cambia- mento di gusto, questa produzione viene progressivamente sostituita da vasellame in vernice rossa, la terra sigillata; il legame e la continuità produttiva tra le due classi sono stati più volte ribaditi e trovano una conferma nei reperti. Su un frammento in terra sigillata compare il marchio di fabbrica TERTI (tav. 5, c) entro cartiglio in planta pedis, attribuibile al vasaio padano Tertivs45, attivo nel I d.C. Un bollo analogo, anch’esso in planta pedis, è attestato su un altro fondo pertinente ad una ceramica a vernice nera (tav. 5, d)46, a riprova dell’attenzione dell’artigiano nei con- fronti di entrambe le classi47. Inoltre, alla luce di questa seconda attestazione, è possibile anticipare di alcuni anni, intorno al 15 d.C. circa, l’attività del fabbricante, general- mente collocata a partire dal 30 d.C.48 Nella prima metà del I secolo d.C., con la nascita dei com- Fig. 7. Mortaio in opus doliare con bollo C TAP. SVC. plessi rustici di Sergnano, Olmeneta e Pozzaglio, si assiste 52 nel panorama vascolare alla predominanza di vasellame di mercato a vantaggio dell’acquisto di altri prodotti . fabbricazione padana, composto soprattutto da piatti e Attesta l’uso in cucina di mortai per la preparazione di cibi coppe in terra sigillata49, a cui si affiancano rari esemplari e ingredienti l’esemplare in opus doliare con bollo C importati dal centro Italia, di qualità decisamente superiore. TAP.SVC (tav. 5, f), che rimanda a Caius Tappius Suc- Tra le forme potorie diffusissime sono le coppe in pareti cessus, la cui produzione viene ricondotta generalmente ad sottili a corpo ceramico grigio, decorate da motivi geo- una officina centro-italica non meglio identificabile, attiva 53 metrici e vegetali alla barbottina50, con richiami evidenti alle nel I d.C. . Secondo gli studi di S. Pallecchi, in base ad ben più costose argenterie. alcuni dettagli morfologici l’esemplare rientrerebbe nel 54 Il tenore di vita degli abitanti non doveva risultare parti- tipo “padano” (fig. 7); questo aspetto, unito anche ad colarmente elevato, come conferma anche l’assenza di una diffusione del marchio finora limitata all’ambito padano 55 vasellame in vetro, prodotto particolarmente pregiato. e alpino , potrebbe suggerirne una possibile fabbricazione Si discosta da questo quadro la villa di Olmeneta, che ha in nord Italia. restituito testimonianze, seppur scarse, di terra sigillata im- Perdurano anche in epoca imperiale i rapporti commerciali portata dalle Gallie, tra cui forme lisce, presenti già nel I in tutto il bacino dell’Adriatico, documentati dai numerosi 56 secolo d.C.51 Si tratta di una produzione piuttosto raf- contenitori adibiti al trasporto di vino e olio . Tra i reperti finata rispetto a quella norditalica, e assai più costosa anche bollati, si segnala un’anfora olearia, che reca sul labbro a causa delle difficoltà di trasporto attraverso i passi alpini. l’indicazione epigrafica AM[P], generalmente intesa come 57 È un dato in controtendenza con quanto finora emerso nel Amp(hio) Vibi (servus) ; su un contenitore usato per il Cremonese, sempre poco ricettivo nei confronti di questo commercio di vino compare il bollo a lettere incavate TI.IVLP, in cui si fa riferimento ad un personaggio, Ti(…)

(52) Sulla generale scarsità di importazioni di terra sigillata gallica potesse essere in qualche modo legata a una delle fasi del processo nell’entroterra padano, specialmente per le produzioni di I secolo d.C., produttivo (GRASSI 2002, pp. 45 e 51; GRASSI 2008, p. 66). si veda PISANO BRIANI 2006, pp. 16-17. (45) Per confronti DELLA PORTA 1998, p. 114; OCK, 2074.1; Vasa (53) Su questi manufatti si vedano ARSLAN 2002, pp. 311-313; rubra 2007, p. 235, scheda n. 178. CORTESE 2003, p. 72 e note 46-47. La provenienza del manufatto (46) Non si tratterebbe del solo caso: questo marchio compare da una buca di scarico tardoromana, contenente materiale residuo, anche sul fondo di una patera a vernice nera in associazione a non consente di stabilire una datazione per la sua fabbricazione e per stampiglie di diverso genere, scoperto a Solferino, nel mantovano il periodo di attività del personaggio indicato nel bollo, sia esso pro- (PICCOLI 1993, pp. 162-165, tav. 4, b; DELLA PORTA 1998, p. 114, duttore o più semplicemente un operaio dell’officina. nota 102). (54) Si tratta di una variante inalterata nella forma rispetto al tipo (47) In merito, VOLONTÉ 1992-93, pp. 224-225 e note 38-42; centro-italico, ma differente nel labbro, più espanso e fortemente ri- SFREDDA 1998, p. 22 e nota 10. curvo, e nel tipo di solcatura attorno al versatoio (PALLECCHI 2002, (48) Si data a questo periodo l’ultima produzione di vernice nera, pp. 45-46, fig. 8). in coincidenza con l’inizio dei bolli in planta pedis, che conven- (55) Al momento non sembrerebbero esserci attestazioni in ambito zionalmente viene posto intorno al 15 d.C. centro-italico. Il bollo è attestato a Milano, Concordia (VE) e La (49) Sono attestate soprattutto le patere Consp. 20, Drag. 37/32 e Phenche (Losanna) (PALLECCHI 2002, pp. 240-241, n. 35). Nel Drag. 31 e le coppe Consp. 34 e Drag. 40; alcune hanno una nostro caso si tratta di un nuovo punzone rispetto a quelli noti. Gli cronologia più avanzata e possono pertanto essere messe in relazione esemplari analizzati dalla Pallecchi erano privi di elementi per sta- con le fasi di frequentazione degli edifici. bilire il tipo di variante. (50) MASSEROLI 2010, pp. 297-298. (56) Sono attestate specialmente anfore Dr. 6A, destinate princi- (51) Per la produzione liscia sono attestate due patere Drag. 17A e palmente al trasporto vinario, prodotte tra la fine del I a.C. e nel I Drag. 17B e una coppa Drag. 46, a cui si aggiunge un frammento d.C., e Dr. 6B, contenitori oleari fabbricati lungo l’Adriatico e nel- di coppa a matrice Dragendorff 37. In ambito lombardo le forme l’Istria. lisce in terra sigillata gallica sono note a Milano (JORIO 1991, pp. (57) CARRE, PESAVENTO MATTIOLI 2003a, p. 274; CARRE, PE- 73-74) e a Cividate Camuno (FABBRI, GUALTIERI, MASSA 2004, p. SAVENTO MATTIOLI 2003b, c. 462; PESAVENTO MATTIOLI 2000, p. 244). 109 e nota 38.

48 Iulp(…), finora non identificato58 (tav. 5, e) ciclo vitale non sembra prolungarsi oltre questo periodo, Alcuni contenitori da trasporto dal caratteristico corpo diverso è il caso di Pozzaglio, con indizi di una frequen- troncoconico, prodotti in Istria e in nord-Italia, venivano tazione che si protrasse per altri due secoli. impiegati per il commercio delle olive59. L’apprezzamento della cucina romana per le salse da pesce Giordana Ridolfi trova conferma nelle anforette adriatiche destinate al Bibliografia trasporto di liquamen, una salsa ottenuta dalla macerazione con sale delle interiora e di piccoli pesci60, e di anfore di ARSLAN 2002 origine ispanica, usate per il trasporto di altre qualità di salse ARSLAN E.A., 2002, I mortaria, in ROSSI F. (a cura di), Nuove da pesce ( , e ) Nei primi due secoli del- ricerche sul Capitolium di Brescia. Scavi, studi e restauri, Milano, garum muria hallec . pp. 309-321. l’Impero si intensi ficano i contatti commerciali con Rodi BEZECZKY 2009 e Creta per l’importazione di pregiato vino greco. BEZECZKY T., 2009, Adriatic olive oil and olives in Ephesus, in PE- Tutti gli impianti delle ville sembrano aver subito modifiche, SAVENTO MATTIOLI S., CARRE M.-B. (a cura di), Olio e pesce in che tuttavia non sono definibili cronologicamente per epoca romana. Produzione e commercio nelle regioni dell’alto Adri- mancanza di contesti stratigrafici puntuali. Una continuità atico, (Atti Padova, 16 febbraio 2007), Padova, pp. 339-346. di vita degli edifici nella media età imperiale è testimo- BRECCIAROLI TABORELLI 2000 niata indirettamente dal recupero di forme ceramiche in uso BRECCIAROLI TABORELLI L., 2000, La ceramica a vernice nera , in in questo periodo, soprattutto terre sigillate e recipienti padana (IV-I secolo a.C.): aggiornamenti, osservazioni, spunti ROGIOLO LCESE 61 B G.P., O G. (a cura di), Produzione ceramica in da cucina . In questa fase i commerci con l’Egeo per l’ap- area padana tra il II secolo a.C. e il VII secolo d.C.: nuovi dati e 62 provvigionamento di vino mostrano una forte contrazione prospettive di ricerca, (Atti Desenzano del Garda, 8-10 aprile e, nel contempo, si affermano nuove direttrici di impor- 1999), Mantova, pp. 11-30. tazioni legate all’aumento dell’importanza economica di BRUNO 1995 nuove regioni dell’Impero. Con la crisi dei mercati italici, BRUNO B., 1995, Aspetti di storia economica della Cisalpina ormai surclassati nelle grandi esportazioni, subentrano le romana. Le anfore di tipo Lamboglia 2 rinvenute in Lombardia, produzioni africane63. Roma. BRUNO 2002 Il definitivo declino dei complessi rustici avviene tra IV e RUNO 64 B B., 2002, Importazioni e consumo di derrate nel tempio: V d.C. Mentre per le ville di Sergnano e Olmeneta il l’evidenza delle anfore, in ROSSI F. (a cura di), Nuove ricerche sul Capitolium di Brescia. Scavi, studi e restauri, Milano, pp. 277-307. BRUNO 2003 (58) Questo bollo, conservato su un piccolo frammento di parete, BRUNO B., 2003, Le anfore tarde del “dark layer” di UC VII (US è generalmente attestato su Dr. 6A e su 2/4 italiche (PESAVENTO MAT- 1098), in LUSUARDI SIENA S., ROSSIGNANI M.P.(a cura di), Dal- TIOLI 1992, pp. 168-169, n. 5; PESAVENTO MATTIOLI 2000, pp. 109- l’antichità al Medioevo. Aspetti insediativi e manufatti, (Atti 110). Milano, 24 gennaio 2000-24 gennaio 2001), Milano, pp. 101- (59) I tituli picti sulle anfore di tipo Schörgendorfer 558 fanno 130. riferimento a olive nere e verdi. Sull’area di fabbricazione vengono BRUNO, BOCCHIO 1999 proposte la regione istriana o il nord Italia; quest’ultima è stata re- BRUNO B., BOCCHIO S., 1999, Le anfore da trasporto, in BROGIOLO centemente confermata da analisi minero-petrografiche condotte G.P.(a cura di), S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. su esemplari da Vindobona, che hanno indicato argille forse prove- Reperti preromani, romani e altomedievali, Firenze, pp. 231-260. nienti dal Lago di Garda (BEZECZKY 2009, pp. 342-343). CARINI 2008 (60) Per il tipo si veda CARRE, PESAVENTO MATTIOLI, BELOTTI CARINI A., 2008, La ceramica a vernice nera dagli scavi di Palazzo 2009, pp. 228-230. L’ipotesi sul contenuto viene sostenuta sulla Farnese a Piacenza, in GRASSI M.T., La ceramica a vernice nera base della frequente impeciatura e su alcuni tituli picti presenti su di Calvatone-Bedriacum, (Flos Italiae. Documenti di archeologia questi contenitori; in merito si vedano le osservazioni formulate della Cisalpina Romana, 7), Firenze, pp. 123-167. dalle studiose alle pp. 221-224 e 232. CARRE, PESAVENTO MATTIOLI 2003a (61) Per un panorama della terra sigillata di media e tarda età im- CARRE M.-B., PESAVENTO MATTIOLI S., 2003a, Anfore e commerci periale si veda JORIO 2002, pp. 324-327; per il repertorio da cucina, nell’Adriatico, in LENZI F. (a cura di), L’archeologia dell’Adriatico CORTESE 2003, pp. 70-74. (62) Si segnalano due anfore San Lorenzo 7, contenitore diffuso tra dalla Preistoria al Medioevo, (Atti Ravenna, 7-9 giugno 2001), il II e il IV d.C. (CORRADO 2003, p. 107 e note 45-54; BRUNO 2003, Firenze, pp. 268-285. p. 88 e nota 28). Un frammento di parete con lievi costolature e corpo CARRE, PESAVENTO MATTIOLI 2003b ceramico contraddistinto da un’elevata percentuale di mica, potrebbe CARRE M.-B., PESAVENTO MATTIOLI S., 2003b, Tentativo di clas- appartenere ad un contenitore monoansato tipo Agorà 65-66; questi sificazione delle anfore olearie adriatiche, in Aquileia Nostra, piccoli recipienti, prodotti in area egea e microasiatica tra il I e il IV LXXIV, cc. 453-475. d.C. (BRUNO 2002, pp. 280-281), finora sembrano attestati in CARRE, PESAVENTO MATTIOLI, BELOTTI 2009 ambito lombardo a Brescia (BRUNO, BOCCHIO 1999, p. 235; BRUNO CARRE M.-B., PESAVENTO MATTIOLI S., BELOTTI C., 2009, Le 2002, pp. 280-281), a Cremona (NICODEMO, RAVASI, VOLONTÉ anfore da pesce adriatiche, in PESAVENTO MATTIOLI S., CARRE 2008, p. 300) e forse a Chiavenna (MARIOTTI et alii 2009, pp. 574- M.-B. (a cura di), Olio e pesce in epoca romana. Produzione e 575). commercio nelle regioni dell’alto Adriatico, (Atti Padova, 16 feb- (63) In questa fase sono documentate le prime importazioni dal- braio 2007), Padova, pp. 215-238. l’Africa; proviene dalla Tunisia un’anfora cilindrica di grandi di- CASSANI et alii 2007 mensioni affine al tipo Africano I, contenitore destinato al trasporto CASSANI G., CIPRIANO S., DONAT P., MERLATTI R., 2007, Il di olio, diffuso a partire dalla seconda metà del II secolo fino agli inizi ruolo della ceramica grigia nella romanizzazione dell’Italia nord- del IV d.C. (BRUNO 2002, p. 284). orientale: produzione e circolazione, in Antichità Alto Adriatiche, (64) Per ulteriori considerazioni sui reperti di epoca tardoantica, cfr. LXV, I, Trieste, pp. 249-281. VOLONTÉ infra.

49 CASSANI, FAILLA, SANTORO 1997 JORIO S., 1991, Terra sigillata, in CAPORUSSO D. (a cura di), CASSANI G., FAILLA A., SANTORO S. 1997, L’olla Sevegliano 4: un Scavi MM3. Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la rapporto forma/impasto, in SANTORO BIANCHI S., FABBRI B. (a cura costruzione della Linea 3 della metropolitana 1982-1990, vol. 3.1, di), Il contributo delle analisi archeometriche allo studio delle ce- Milano, pp. 57-85. ramiche grezze e comuni. Il rapporto forma/funzione/impasto, (Atti JORIO 2002 Bologna, 28 febbraio 1997), Imola, pp. 95-100. JORIO S., 2002, Terra sigillata della media e tarda età imperiale CORRADO 2003 di produzione padana. Contributo alla definizione di un reper- CORRADO M., 2003, Le anfore tarde del “dark layer” di UC VII torio lombardo, in ROSSI F. (a cura di), Nuove ricerche sul Capi- (US 1098), in LUSUARDI SIENA S., ROSSIGNANI M.P.(a cura di), tolium di Brescia. Scavi, studi e restauri, Milano, pp. 323-352. Dall’antichità al Medioevo. 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50 cura di), Il modello romano in Cisalpina. Problemi di tecnologia, Un esempio di ritualità domestica: il rito di fondazione artigianato e arte, (Flos Italiae. Documenti di Archeologia della della villa di Sergnano Cisalpina Romana, 1), Firenze, pp. 15-42. SFREDDA 1998 Durante lo scavo del complesso rustico di Sergnano è stato SFREDDA N., 1998, Ceramica a vernice nera, in OLCESE G. (a cura di), Ceramiche in Lombardia tra II secolo a.C. e VII secolo d.C. Rac- compiuto un singolare rinvenimento che merita alcuni ap- colta dei dati editi, (Documenti di Archeologia, 16), Mantova, pp. profondimenti e riflessioni. 21-36. Accanto alla fondazione di uno dei pilastri posti lungo il STOPPIONI 2008 lato meridionale del cortile, è stata scoperta una piccola fossa STOPPIONI M.L., 2008, Anfore greco-italiche, in MALNATI L., a pianta ovale65 che conteneva i resti frammentari di un’olla STOPPIONI M.L. (a cura di), Vetus litus. Archeologia della foce. Una ad impasto depurato e di un coperchio in ceramica grezza, discarica di materiali ceramici del III secolo a.C. alla darsena di Cat- mescolati a un terreno in parte carbonioso; sul fondo era tolica lungo il Tavollo, (Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Ro- stata collocata come rivestimento per la buca la parte in- magna, 23), Firenze, pp. 131-151. Vasa rubra 2007 feriore di un’anfora, volutamente segata all’altezza del ventre PETTENÒ E. (a cura di), 2007, Vasa rubra: marchi di fabbrica sulla (fig. 8). terra sigillata da Iulia Concordia, Padova. È presumibile che in origine l’olla e il coperchio siano stati VOLONTÉ 1992-93 deposti all’interno della fossa in condizioni di integrità e che VOLONTÉ M., 1992-93, Forme di transizione dalla ceramica a l’olla, chiusa dal coperchio, fosse adagiata verticalmente vernice nera alla terra sigillata: il caso di Calvatone, in Sibrium, sul fondo dell’anfora (tav. 6). È probabile che, in seguito XXII, pp. 217-229. all’abbandono del complesso, il crollo della copertura possa VOLONTÉ 2007 avere provocato la rottura dei recipienti: l’ipotesi è avvalo- VOLONTÉ M., 2007, Nuovi rinvenimenti di Acobecher a Cremona, rata dal recupero nella terra di riempimento di frammenti in BUTTI RONCHETTI F. (a cura di), Produzioni e commerci in Transpadana in età romana, Atti del Convegno (Como, 18 no- laterizi che potrebbero essere appartenuti alle strutture del- vembre 2006), Como, pubblicazione su CD. l’edificio. Un altro singolare aspetto è emerso dopo il restauro dei ma- nufatti (fig. 9): l’olla era totalmente priva della parte infe- riore66 e questo ha fatto presumere che l’anfora dovesse svolgere una duplice funzione di fodero interno per la buca e di fondo per il contenitore, mentre il coperchio doveva servire a coprire l’imboccatura del vaso, preservando l’in- tegrità del contenuto. La buca era stata realizzata contestualmente all’edificazione della casa e doveva essere verosimilmente occultata dalla pavimentazione del cortile. In base alla tipologia dei manufatti collocati all’interno, il deposito può essere ascritto alla prima metà del I secolo d.C., concordemente alla cronologia delle fasi iniziali di vita del- l’edificio. Diversi aspetti portano a ritenere che questa deposizione, chiaramente intenzionale, rientri nelle cosiddette “stipi votive domestiche”, contenitori chiusi entro fosse sigillate e collocati a scopo propiziatorio in posizioni significative di un edificio, generalmente a ridosso di strutture. Si trat- terebbe pertanto di una deposizione a carattere rituale legata ad un possibile rito di fondazione avvenuto al mo- mento della costruzione del complesso. In quest’ottica appare estremamente significativa l’ubi- cazione del deposito a ridosso della fondazione di uno dei pilastri dell’edificio, quasi a voler sottintendere un legame intrinseco con la struttura muraria e, di conseguenza, con l’intero edificio; il valore sacrale sembra essere sancito anche dalla sua collocazione in prossimità del focolare, lo spazio destinato alla celebrazione dei rituali domestici. È stato escluso che la fossa potesse rivestire altre funzioni

(65) Le misure della fossa sono di 0,46 x 0,43 m; la profondità è di circa 0,35 m. (66) Sembra che per il deposito sia stato impiegato un contenitore di riutilizzo, mancante della parte inferiore perché rotta; a mio giudizio appare meno credibile l’ipotesi che la privazione del fondo sia legata a un qualche fattore intenzionale.

51 Fig. 8. Rito di fondazione identificato presso uno dei pilastri della villa di Sergnano.

Fig. 9. I vasi del deposito votivo di Sergnano dopo il restauro.

tenitore presente all’interno, che mal si appresterebbe al de- posito e alla custodia di derrate alimentari68. Benché gli aspetti cultuali che si nascondono dietro a questi depositi votivi rimangano al momento poco chiari (anche Tav. 6. Ricostruzione del deposito votivo di fondazione della villa di Sergnano l’edificio rustico delle cave Nord a Calderara di Reno, in due am- bienti del complesso sono stati rinvenuti ollette, anfore e dolia in- quali, ad esempio, modalità di conservazione o di de- fissi nel terreno, appartenenti alle dotazioni della cucina/dispensa e cantazione di alcuni prodotti alimentari (una sorta di del magazzino/cantina; alcuni di essi conservavano all’interno ancora 67 resti di vegetali carbonizzati (ORTALLI 1994, p. 180). “silos”) , soprattutto per lo stato di parzialità del con- (68) L’anfora e l’olla non garantivano infatti una sufficiente tenuta e protezione verso eventuali contaminazioni dal terreno circostante. Nel riempimento, frammiste al materiale ceramico, sono state rin- (67) È il caso, ad esempio, dell’olla inserita nel terreno e leggermente venute tracce di un terreno carbonioso, che potrebbero forse ap- affiorante rispetto al piano di calpestio, documentata in uno degli partenere ai resti di un’offerta: ulteriori elementi chiarificatori po- edifici di età romana scoperti nei cortili dell’Università Cattolica di tranno forse venire dallo studio paleobotanico condotto sul sedi- Milano (CORTESE 2011, pp. 7-8; PERASSI 2011, pp. 14-16). Presso mento.

52 Fig. 11. Pendente in bronzo con membro maschile di profilo dalla villa di Pozzaglio.

Fig. 10. Rito di fondazione della domus di piazza Marconi a Cremona. Fig. 12. Tintinnabula in bronzo dalle ville di Olmeneta e Pozzaglio. le fonti letterarie raramente ne fanno menzione69), si tratta ramici, in gran parte ricostruibili, inquadrabili non oltre di particolari forme di religiosità domestica, che spesso l’epoca cesariana, fu ritenuta ragionevolmente esito di una esulano dal mondo romano e che spaziano ad ambiti cul- deposizione legata ad un rito di fondazione della domus71. turali e cronologici piuttosto ampi. A Milano, nel vano di uno degli edifici romani scoperti nei Per una più attenta valutazione del contesto l’analisi è stata cortili dell’Università Cattolica, venne scoperta un’olla in necessariamente rivolta alla ricerca di casi analoghi e alla ceramica comune contenente tre monete in argento, tutti comparazione con situazioni affini dal punto di vista crono- denarii di età repubblicana, inserita in una buca vicino alla logico e geografico. fondazione di un muro, sotto il piano di calpestio. In base Limitandosi all’ambito strettamente romano e a contesti alle modalità della deposizione e alle evidenze stratigra- prettamente domestici, sono riportati casi simili nel terri- fiche, venne proposta un’interpretazione del deposito quale torio circostante, nel cremonese e a Milano, ma le atte- rito connesso alla fondazione dell’edificio72. stazioni sembrano interessare anche le aree d’Oltralpe. In Francia, fino al III secolo a.C. sono documentati casi di Il confronto più stringente può essere stabilito con un de- stipi votive entro abitazioni con deposizioni di vasi forati, posito a scopo rituale scoperto presso una delle domus di utilizzati presumibilmente a scopo libatorio; frequenti sono età augustea rinvenute in piazza Marconi a Cremona: ac- anche le attestazioni, sempre in ambito abitativo, di fosse canto a una delle fondazioni murarie venne rinvenuta una con resti di offerte animali, ben documentate anche nel piccola buca quadrata contenente un’olla in ceramica corso del I secolo a.C.73 depurata, chiusa da un coperchio ritagliato e sigillata tramite Allo stato delle ricerche non è possibile riconoscere dietro malta cementizia, al fine di garantire una chiusura er- a queste pratiche liturgie codificate; si tratta generalmente metica70 (fig. 10). di riti sacrificali che possono essere cruenti o incruenti (nel Non lontano, nel vicus di Calvatone-Bedriacum (CR), sotto caso in esame non sembra siano avvenuti sacrifici animali) il pavimento del cortile della Domus del Focolare, una fossa connessi alla costruzione o alla riqualificazione di strutture, situata in prossimità del focolare, contenente reperti ce- edifici o aree. L’unica discriminante sembra essere al mo- mento la collocazione di queste fosse a ridosso di un ele- mento strutturale dell’edificio, quasi a sancire la stretta re- (69) Ad esempio, Ovidio racconta che Romolo, completate le azioni lazione con esso. augurali per la fondazione della città, scavò nei pressi della sua casa una fossa per deporvi primizie e terra provenienti dall’ager Romanus e dal Lazio e vi edificò un’ara, presso cui accese un fuoco puro (71) RAVASI 2013, pp. 61-62. (Ovidio, Fasti, IV, 813-823). Il ritrovamento sul Cermalo, vicino alla (72) CORTESE 2011, pp. 13-14; PERASSI 2011, pp. 14-16. capanna regia, di una fossa nel tufo contenente un vaso di epoca tardo- (73) Tra questi è da citare una piccola fossa scavata nella trincea di arcaica affiancata da un’ara, supporta archeologicamente i testi della fondazione di una casa di III secolo a.C., nei pressi di Lattes, che con- tradizione (CARANDINI 2006, pp. 159-160). teneva, integro e in posizione verticale, un vaso a fondo bucato, (70) Il ritrovamento e i reperti sono stati presentati in occasione della ritenuto una deposizione intenzionale; vasi analoghi sono spesso mostra “Piazza Marconi: un libro aperto. La storia, l’arte, il futuro”, attestati nella regione in associazione a focolari. (PY 1990, pp. 784- tenutasi a Cremona nel 2008. 785).

53 Questi depositi dovevano costituire una sorta di piccoli Bibliografia donarii necessari ad ottenere una protezione della costruzione da parte della divinità, o forse dovevano servire Antiqua frustula 2007 a ricompensare entità soprannaturali per il turbamento Antiqua frustula, 2007. 2 edizione. Monete, oggetti bronzei ed , (Catalogo Urbisaglia, giugno- provocato nello status naturale del luogo, avvenuto al mo- altri reperti sporadici da Urbs Salvia 74 luglio 2007; Civitanova Marche, luglio-agosto 2007), Pollenza. mento dell’edificazione . CARANDINI 2006 Anche in epoca romana questi riti propiziatori trovarono CARANDINI A., 2006, La fossa per fondare Roma Quadrata, in comunque terreno fertile: si diffusero in ambito rurale (è CARANDINI A. (a cura di), Remo e Romolo. Dai rioni dei Quiriti il caso, ad esempio, della villa rustica di Sergnano), ma alla città dei Romani (775/750-700/675 a.C.), Torino, pp. 159- furono appannaggio anche dagli strati più abbienti della 170. popolazione, come dimostra il rinvenimento della stipe CHIESA 2005 votiva nella ricca domus di Cremona. CHIESA F., 2005, Un rituale di fondazione nell’area alpha di Tar- , in BONGHI JOVINO M., CHIESA F. (a cura di), È peraltro risaputo il diffuso timore degli antichi Romani quinia Offerte dal regno vegetale e dal regno animale nelle manifestazioni del sacro, (Atti nei confronti di influssi maligni, che venivano contrastati Milano, 26-27 giugno 2003), Milano, pp. 103-109. tramite il ricorso, oltre a riti scaramantici, anche ad amuleti CORTESE 2011 che offrissero protezione all’individuo da forze sovraumane CORTESE C., 2011, Genesi e trasformazioni di un quartiere sub- negative. Non a caso alcuni degli oggetti rinvenuti nelle ville urbano della Milano romana, in LUSUARDI SIENA S., ROSSIGNANI romane rievocano proprio queste credenze magico-super- M.P., SANNAZARO M. (a cura di), L’abitato, la necropoli, il stiziose legate alla sfera privata ed estranee alla religiosità monastero. Evoluzione di un comparto del suburbio milanese alla ufficiale. Possedeva una chiara valenza scaramantica il luce degli scavi nei cortili dell’Università Cattolica, Milano, pp. 5- 14. fallo, considerato un potente mezzo per attirare il fascinum GIACOBELLO 2008 (il malocchio), che veniva lanciato tramite lo sguardo, GIACOBELLO F., 2008, I metalli. Tra rito e superstizione, in BAC- distogliendolo così dalla persona a cui era diretto; per CHETTA A., VENTURINO GAMBARI M. (a cura di), La raccolta questo motivo erano frequenti i pendagli raffiguranti archeologica di Augusto Scovazzi. Contributo alla conoscenza del- membri, che potevano essere usati come amuleti indossati l’antica Aquae Statiellae, (Aquae Statiellae - Studi di archeologia, al collo o alla cintura oppure appesi nelle abitazioni (fig. 1), Genova, pp. 75-83. 11)75. MARIOTTI et alii 2011 Anche i tintinnabula (fig. 12), piccoli campanelli in bronzo MARIOTTI V., BORDIGONE P., PRUNERI S., PEZZOLA R., 2011, La necropoli romana di Talamona, in Rivista Archeologica dell’Antica diffusi tra il I e il III secolo d.C., erano oggetti di forte Provincia e Diocesi di Como, 191-192, Como valenza simbolica e apotropaica, in quanto si credeva ORTALLI 1994 avessero il potere di scacciare gli spiriti maligni grazie al ORTALLI J., 1994, L’insediamento rurale in Emilia centrale, in 76 tintinnio che emettevano . Per questo motivo venivano GELICHI S., GIORDANI N. (a cura di), Il tesoro nel pozzo. Pozzi spesso sospesi a catenelle sulle porte di accesso alle case o deposito e tesaurizzazioni nell’antica Emilia, Modena, pp. 169-214. all’interno degli edifici o potevano essere deposti all’in- PERASSI 2011 terno di sepolture, in particolar modo di fanciulli. PERASSI C., 2011, Il deposito monetale, in LUSUARDI SIENA S., Si attesta così il perdurare di forme di ritualità privata e do- ROSSIGNANI M.P., SANNAZARO M. (a cura di), L’abitato, la necropoli, il monastero. Evoluzione di un comparto del suburbio mi- mestica, frutto di tradizioni ancestrali, anche in un’epoca lanese alla luce degli scavi nei cortili dell’Università Cattolica, come quella dei primi anni dell’Impero e di cui al mo- Milano, pp. 14-16. mento possiamo solo cogliere un’eco. PY 1990 PY M., 1990, Culture, économie, et sociétés protohistoriques dans Giordana Ridolfi la région nimoise, in Collection de l’École Française de Rome, 131, Rome. RAVASI 2013 RAVASI T., 2013, Prima frequentazione dell’area e impianto degli edifici residenziali, in GRASSI M.T. (a cura di), Calvatone- (74) È quanto avviene, ad esempio, per il mondo etrusco. In merito Bedriacum. I nuovi scavi nell’area della Domus del Labirinto CHIESA 2005, pp. 103-109. (2001-2006), Mantova, pp. 41-75. (75) Un pendente conformato a fallo è stato rinvenuto nella villa ZAMPIERI 1997 di Pozzaglio. Alcuni di questi amuleti rappresentavano il solo organo ZAMPIERI G., 1997 (a cura di), Gioielli del Museo Archeologico di maschile di profilo (i cosiddetti Limensphalli, diffusi dal I al III Padova: vetri, bronzi, metalli preziosi, ambre e gemme, (Catalogo secolo d.C.), mentre altri contrapponevano al fallo una mano chiusa Padova), Padova. a pugno con pollice fuoriuscente tra le dita, atteggiata nel gesto della fica (Ovidio, Fasti, V 433). Per confronti ZAMPIERI 1997, pp. 81-82, nn. 144-146; Antiqua frustula 2007, p. 46, nn. 50-51; GI- ACOBELLO 2008, p. 77, fig. 36. (76) I due tintinnabula in bronzo provengono dalle ville di Olmeneta e Pozzaglio. Il primo, a corpo piramidale a base rettangolare, è dotato di anello da sospensione e di piccoli peduncoli alla base dei quattro angoli; all’interno rimangono tracce del battaglio in ferro (An- tiqua frustula 2007, p. 58, n. 89; GIACOBELLO 2008, pp. 78-79, fig. 39; MARIOTTI et alii 2011, p. 386, tav. II, fig. 8, con ampia biblio- grafia). Il secondo esemplare ha corpo a calotta ed è provvisto di anello apicale per la sospensione (Antiqua frustula 2007, p. 58, n. 90).

54 Marina Volonté La frequentazione in età tardoantica

Per l’età tardoromana, tra IV e V secolo d.C., il territorio buche scavate dopo l’abbandono della villa in località So- interessato dalle indagini ha restituito testimonianze sia a larolo del Persico, in Comune di Pozzaglio (Sito 50). livello insediativo, sia di necropoli. Tra questi, particolare interesse rivestono tre piatti della La presenza di una villa rustica ascrivibile a questo periodo stessa forma, ma appartenenti a produzioni di diverso li- è stata documentata dallo scavo nel sito di Cascina Canova vello. Sono presenti, infatti, sia un esemplare di produ- (Sito 24), in Comune di Offanengo: dell’edificio sono zione africana (terra sigillata africana D), riferibile alla state riconosciute due fasi, la prima relativa alla costruzione forma 61 della classificazione Hayes, di fattura accurata, con con murature in frammenti laterizi, la seconda caratte- corpo ceramico ben depurato e rivestimento della super- rizzata dalla parziale dismissione e dall’edificazione di ficie interna ed esterna del medesimo colore arancio, sia strutture lignee, presumibilmente legate all’attività agricola. l’imitazione in ceramica invetriata con impasto ricco di Alla fase più antica si collega un piccolo gruppo di tre se- inclusi e vetrina giallo-verdastra sulla superficie interna e polture a inumazione, due in cassa laterizia e copertura a sull’orlo, sia, infine, una “versione” in ceramica comune con doppio spiovente (alla cappuccina) e una, di infante, in impasto poco depurato e annerimenti superficiali. anfora. Solo una delle tombe alla cappuccina ha restituito Tali attestazioni rientrano in un quadro di diffusione e un corredo, costituito unicamente da un’olpe in ceramica produzione ben noto per l’Italia settentrionale tardoantica, comune di foggia tipica dell’età tardoromana. caratterizzato dalla presenza di poche e semplici forme ce- Materiali dello stesso periodo provengono anche da alcune ramiche di importazione, che vengono poi abbondante-

Fig. 1. Il corredo della tomba di Azzanello dopo gli interventi di pulitura e ricomposizione degli oggetti.

55 Fig. 2. La tomba di Azzanello in corso di scavo, i recipienti presso il capo. mente imitate dalle officine locali1. plicate, che era stata collocata a fianco del tegame, appog- Alla medesima fase di frequentazione della villa sembra giata ad esso. Inoltre, un piccolo gruzzolo di minuscole appartenere una sepoltura in anfora, del tutto analoga a monete (minime), circa una quarantina. quella rinvenuta a Offanengo. La coppa in vetro (fig. 3) è sicuramente il reperto più in- In comune di Azzanello si situa invece il rinvenimento più teressante: si tratta di un esemplare appartenente al tipo dei significativo, costituito da due tombe, di cui una ben con- “Nuppengläser”, appartenenti alla forma 96 della classifi- servata, con alcuni oggetti di corredo (fig. 1). cazione Isings, caratterizzati dalla decorazione a gocce in Quest’ultima, a inumazione in cassa laterizia, aveva fondo vetro blu applicate sulla superficie esterna, nel nostro caso e spalle costruiti in mattoni sesquipedali segati a metà, in file contrapposte di quattro gocce allineate, alternate a mentre la copertura alla cappuccina era in bipedali. La elementi singoli. In particolare, la coppa dalla tomba di Az- tomba aveva orientamento N-S; lo scheletro, non ben con- zanello rientra nel gruppo attestato con maggiore frequenza servato a causa dell’acidità del suolo, era disteso in posizione e prodotto non solo nella seconda metà del IV secolo, ma supina, col capo a N e le braccia lungo i fianchi. Dell’ab- fino nella prima metà del V; tale produzione è documentata bigliamento resta una fibbia di cintura in bronzo, trovata anche in territorio aquileiese3. all’altezza del bacino. La fibbia è formata da una placca Passando agli oggetti in ceramica, il tegame appartiene a un mobile rettangolare, in lamina fissata da chiodini; l’anello tipo assai comune, caratterizzato da orlo introflesso, vasca presenta una rientranza in corrispondenza dell’alloggio troncoconica e fondo piatto; in particolare, la variante con dell’ardiglione. Si tratta di una tipologia molto frequente, orlo ingrossato, documentata anche a Milano, Brescia, appartenente al tipo di cintura militare più diffusa nel IV Calvatone4, nonché in una delle tombe della necropoli di secolo nelle necropoli transalpine nord-orientali e anche in Villachiara nel Bresciano5, viene datata tra III e VI secolo quelle del territorio orientale dell’Italia settentrionale2. d.C. L’impasto, molto grossolano e di colore scuro, è ca- Il corredo, invece, era posizionato intorno al capo (fig. 2). ratteristico dei recipienti per la cottura. Esso era costituito da quattro oggetti, rinvenuti integri o L’olpe, o bottiglia, in ceramica comune depurata, con corpo comunque completamente ricomponibili: un tegame in piriforme e ansa a nastro impostata sotto l’orlo e sul punto ceramica grezza, un’olpe in ceramica comune depurata, di massima espansione del corpo, con “collarino” in ri- deposta adagiata sul fondo della tomba, un’anforetta in ceramica invetriata e una coppa in vetro soffiato verde tra- sparente, con orlo estroflesso e corpo ovoidale con gocce ap- (3) MANDRUZZATO, MARCANTE 2005, p. 29, con discussione sulla forma e bibliografia precedente. (4) Ceramiche in Lombardia 1998, pp. 163-164, tav. LXXXIV, nn. 3-6 (in particolare n. 5), tegame n. 5, variante C. Ivi bibliografia pre- (1) Si veda per esempio MASSA 1999. cedente. (2) Si veda MASSA 1997, p. 128, tav. XLVII, nn. 64 e 68. (5) Riti e sepolture 1990, pp. 46-47.

56 sia gli elementi del corredo rimandano ancora all’ambito pagano. Tutto sommato, la piccola necropoli non si di- scosta dal quadro delle sepolture coeve del territorio10, in particolare per quanto riguarda il rito funerario, la posizione dello scheletro e quella del corredo accanto al capo. La tomba 1, che, grazie alla presenza della fibbia di cintura militare, è da attribuirsi a un individuo di sesso maschile, si segnala tuttavia per la relativa ricchezza del corredo e, so- prattutto, per la presenza del gruzzolo di monete e della coppa in vetro con gocce applicate, elementi che denotano un certo prestigio economico e sociale del titolare.

Bibliografia

BROGIOLO 1985 BROGIOLO G.P., 1985, Materiali invetriati nel Bresciano, in La ceramica invetriata tardoromana e altomedievale, Atti del con- vegno, Como 1981, Como, pp. 55-63. Ceramiche in Lombardia 1998 OLCESE G. (a cura di), 1998, Ceramiche in Lombardia tra il II Fig. 3. Coppa in vetro recuperata integra dallo scavo. secolo a.C. e VII secolo d.C. Raccolta dei dati editi, Mantova. CAZZAMALLI 1995 CAZZAMALLI A., 1995, I reperti archeologici del Marzale (Madi- gnano-CR), in Insula Fulcheria, XXV, pp. 9-41. lievo alla base del collo, mostra analogie con esemplari dal ANDRUZZATO ARCANTE 6 M , M 2005 territorio lombardo orientale , con cronologia tra IV e MANDRUZZATO L., MARCANTE A., 2005, Vetri antichi del Museo inizio V secolo d.C. Soprattutto, ben si confronta con Archeologico Nazionale di Aquileia. Il vasellame da mensa, Corpus un’olpe appartenente a uno dei corredi tombali della ne- delle Collezioni del Vetro in Friuli Venezia Giulia, 2 Pasian di Prato cropoli tardoantica di , località Santuario del (UD). Marzale7. MASSA 1997 In contesti dal IV8 al VI secolo9 è infine documentata l’an- MASSA S., 1997, Aeterna domus. Il complesso funerario di età foretta in ceramica invetriata con corpo troncoconico e romana del Lugone di Salò, Mozzecane (VR). MASSA 1999 anse a nastro impostate sotto l’orlo e sulla spalla, con ve- MASSA S., 1999, Le imitazioni di ceramiche fini da mensa tra trina di colore chiaro non uniformemente conservata. tarda età romana e Alto Medioevo, in Santa Giulia, pp. 119-123. La datazione della sepoltura, circoscritta in particolare dalla MASSA, PORTULANO 1999 presenza della coppa in vetro, va collocata tra la seconda MASSA S., PORTULANO B., 1999, La ceramica comune, in Santa metà del IV e la prima metà del V secolo d.C. Giulia, pp. 143-173. A circa un metro verso O, è stata rinvenuta una seconda Milano capitale 1990 tomba, col medesimo orientamento della precedente e lo Milano capitale dell’impero romano 286-402 d.C., catalogo della stesso tipo di struttura. La cassa laterizia era formata da te- mostra, Milano. PASSI PITCHER 2003 integre; la copertura, distrutta forse già in antico o a gulae PASSI PITCHER L., 2003, Archeologia della colonia di Cremona: la causa di arature moderne, doveva essere anch’essa in tegole città e il territorio, in TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona. L’età con struttura alla cappuccina, come indicano i frammenti antica, Azzano San Paolo (BG). recuperati nei dintorni; il fondo, invece, era semplicemente PORTULANO 1999 in terra. Non sono stati trovati né lo scheletro, presumi- PORTULANO B., 1999, La ceramica invetriata, in Santa Giulia, pp. bilmente consumatosi a causa dell’acidità del terreno, né 125-142. alcun elemento di corredo: in questo caso, si può ipotizzare Riti e sepolture 1990 una sua dispersione o sottrazione, in alternativa all’assenza PASSI PITCHER L. (a cura di ), 1990, Riti e sepolture tra Adda e Oglio dalla tarda età del ferro all’altomedioevo, Catalogo della originaria. Mostra, Soncino. Siamo in presenza pertanto di una piccola necropoli pre- Santa Giulia 1999 diale, relativa cioè a un possedimento terriero nel terri- BROGIOLO G.P. (a cura di), 1999, Santa Giulia di Brescia. Gli torio. scavi dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e altomedievali, Il rito funerario, a inumazione, è quello comunemente at- Firenze. testato in età tardoantica; sia l’orientamento delle tombe,

(6) A Roccafranca (BS): Milano capitale 1990, pp. 279-280, fig. 4e.2e.2 e a Brescia stessa: MASSA, PORTULANO 1999, p. 154, tipo LXVI, 9. (7) CAZZAMALLI 1995, p. 14, n. 6, tav. IV, n. 6; PASSI PITCHER 2003, pp. 227-228. (8) BROGIOLO 1985, tipo 4.c, da Idro. (10) Riti e sepolture 1990, pp. 43-44; PASSI PITCHER 2003, pp. 227- (9) PORTULANO 1999, p. 134, tipo VII d, tav. LVI, 6. 228.

57 Gianluca Mete Impianti produttivi di epoca post-medioevale (XVI-XIX secolo)

Tra le evidenze archeologiche riconducibili alle epoche più legna combustibile e alla distribuzione interna dei canali d’ir- recenti emerse durante le indagini di rete, vi sono diverse radiazione3. Nel nostro caso le fornaci si presentano con fornaci per la produzione di laterizi e coppi1. Ne sono state camera rettangolare o quadrata, mentre molto eterogeneo individuate e scavate una trentina e la loro distribuzione è è il numero dei praefurnia. Quelle di dimensione modeste piuttosto uniforme e omogenea nel quadro del percorso sog- ne presentano uno solo, mentre quelle di dimensioni mag- getto all’indagine (tav. 1). giori da due a cinque, dislocate su uno o due lati opposti. La loro presenza è tuttavia strettamente legata alle caratte- Il materiale utilizzato per la costruzione è naturalmente ristiche pedologiche delle aree: la disponibilità di argilla di costituito da laterizi, ma il piano basale è talvolta costi- buona qualità era infatti una prerogativa fondamentale ai tuito dal suolo originario pressato e quindi concottato in fini della produzione. seguito al calore raggiunto in fase di esercizio (attorno ai Da questo punto di vista la provincia cremonese, e in ma- 900°-1000°). I canali di irradiazione possono essere costi- niera più ampia una parte della Lombardia, ben si pre- tuiti unicamente dalla prosecuzione dei corridoi dei prae- stavano a questo tipo di attività2. Inoltre, sin dall’età romana furnia o diramarsi da questi in numerosi condotti, per fa- l’utilizzo del cotto in queste aree era fondamentale per sop- vorire una distribuzione più uniforme del calore4. (fig. 1) perire all’assenza di bacini di approvvigionamento di ma- Dal punto di vista topografico, il posizionamento delle teriale lapideo per le costruzioni. Nel medioevo anche la fornaci nel territorio solo raramente sembra avere una pia- mancanza di materiale lapideo di pregio, spesso troppo nificazione legata a impianti di produzione fissi. In questi costoso, indirizzò verso una specializzazione per le produ- casi infatti,5 le strutture individuate, non solo si trovano nei zioni artistiche in cotto, finalizzate ai decori di chiese ed pressi di strade, ma sono in numero di tre o più, spesso con edifici. Tali produzioni raggiunsero una qualità tale che, a evidenze di sovrapposizioni, a indicare complessi produttivi buon diritto in campo artistico si parla del “cotto lom- a vocazione “industriale” e non destinati ad attività prov- bardo.” In ogni caso, le finalità più diffuse delle produzioni visorie. (tav. 2) La lunga attività infatti, spesso obbligava a erano chiaramente legate all’ambito edile tout court e nuove costruzioni e manutenzioni delle strutture più vecchie questa pare essere la destinazione esclusiva delle fornaci da e usurate dalla lunga esposizione al calore. Inoltre si ri- noi individuate. Per quanto concerne la loro conservazione scontra in questi siti la presenza di grandi buche, inter- va premesso che, nonostante fossero in parte interrate per pretabili come cave e aree per la decantazione. È probabile permettere il mantenimento costante della temperatura quindi che in questi complessi venisse seguito tutto il pro- raggiunta, assai raramente è stato possibile individuare cesso produttivo, potendo contare forse, oltre che sulla vi- strutture ben conservate. In generale le fornaci per i la- cinanza di infrastrutture stradali, anche sulla presenza nelle terizi di tale tipologia (c.d. verticali) erano costituite da vicinanze di aree boschive per ricavarne il carburante. L’at- una camera di cottura, all’interno della quale, attraverso una tività intensa e prolungata, attestata generalmente anche in serie variabile di canali di irradiazione si distribuiva il calore documenti e statuti, spesso dava origine a un toponimo, proveniente dalla combustione del legname. Questo veniva come ci dimostrano le numerose località “Fornace” presenti introdotto attraverso delle imboccature definite praefurnia. nel territorio cremonese6. Nella maggioranza dei casi tut- I laterizi da cuocere venivano impilati perlopiù su un piano, tavia, le strutture gravitano attorno agli edifici rurali piut- appositamente forato per favorire la circolazione dell’aria tosto che alle infrastrutture stradali. La ragione di tale po- calda, proveniente dai canali di irradiazione sottostanti. sizione è dovuta ad un loro utilizzo esclusivo e funzionale La tipologia individuata è comunque in generale la me- alla costruzione di edifici, che potevano impegnare più desima, ma con numerose varianti legate, alla forma, alla impianti, come le cascine7. Queste si trovano spesso a pochi dimensione, al numero di imboccature per il carico della

(3) CUOMODI CAPRIO 2007, pp.508-526; MANNONI, GIANNI- (1) Il tipo di produzione è desumibile anche dagli scarti di cottura CHEDDA 1996, pp. 172-175. rinvenuti all’interno, tra cui appunto, esclusivamente laterizi e coppi. (4) A titolo di esempio la fornace US 1207 del Sito 36 e la fornace (2) Per una rassegna archeologica di confronti si veda l’area mi- US 34 del Sito 2b. lanese e lodigiana: SARONIO 2004a, pp. 101-102; SARONIO 2004b, (5) Olmeneta Sito 34, Casalbuttano Sito 36. p. 103; SARONIO 2004c, pp. 130-132; SIMONE ZOPFI, POZZATO (6) Per esempio, oltre a “Fornace”, talvolta di formazione più recente, 2003-2004, pp. 187-192; SIMONE ZOPFI, PRIARONE 2005, pp. 175- si vedano toponimi come “Camp furnas”, “Fornas dal Dos”, “For- 177. nasotto” censiti, exempli gratia, in FERRARI RUGGERI 2003.

58 Tav. 1. Carta di distribuzione dei siti con fornaci lungo il tracciato del metanodotto. metri dalle fornaci individuate, che dovevano servire alla asportazioni riscontrate nella maggior parte dei siti indi- loro costruzione. È infatti chiaro come, in fase di cantiere, viduati. Infine, nel nostro, come in altri casi, in assenza di questa attività potesse essere praticata in loco, anche per ra- materiale datante e di analisi radiometriche come la ter- gioni economiche e logistiche. Una testimonianza storica moluminescenza non si rivela semplice una datazione in tal senso ci viene fornita da una fornace provvisoria al- precisa, anche se è possibile ipotizzare, su più basi9, un’at- lestita sul pianalto di Romanengo nel 1812, in “un docu- tività di queste strutture tra il XVI e il XIX secolo. Le mento di grande interesse non solo per l’entità del lavoro, fornaci individuate appaiono tutte inquadrabili entro tale ma per certe regole previste nel contratto stesso relative arco cronologico, anche se va tenuto presente che la tecnica alla procedura, ai metodi, ed alle diverse fasi che compor- di produzione dei laterizi e quindi la tipologia degli impianti, tavano l’approntamento di una fornace, compreso il trat- non subì nel corso dei secoli mutazioni sostanziali, almeno tamento economico dei lavoranti”8. sino alla seconda metà del 1800. In questi anni infatti, Una volta terminata la costruzione le fornaci provvisorie (ma l’inventore tedesco Friedrich Eduard Hoffmann, progettò questo valeva anche per i complessi) venivano smantellate una tipologia di fornace che da lui prese il nome e che, grazie e il terreno riconsegnato alla sua vocazione agricola. Que- alla tecnologia del forno continuo garantiva un controllo st’ultima operazione spesso era piuttosto invasiva, a tal delle temperature e una produzione ininterrotta, soppian- punto che la fornace veniva completamente spogliata della tando velocemente i vecchi impianti. sua struttura per recuperare ulteriore materiale da costru- zione, come testimoniano la labilità dei resti e le incisive

(7) Sembrerebbe questo il caso delle fornaci rinvenute a pochi metri dal complesso del XVII secolo di Villa Visconti di Modrone, a Corte (9) Tra questi, la dimensione dei laterizi entro uno standard molto de’Cortesi loc. Campagnola (Sito 43) . omogeneo (pur con gli innumerevoli problemi di tale tipo di in- (8) CARAMATTI 2013, pp. 281-282. Ringrazio lo studioso per il ri- dagine) e la datazione dei complessi residenziali cui l’attività produttiva ferimento. pare ricollegarsi.

59 Fig. 1. Una fornace con due praefurnia presso Casal- buttano ed Uniti, località Palazzo (Sito 2b).

Tav. 2. Pianta del Sito 36 (Casal- buttano ed Uniti, località cascina Roma), con zona produttiva dotata di numerosi impianti.

Bibliografia in Notiziario 2001-2002, Soprintendenza per i Beni Archeo- logici della Lombardia, Milano, p. 103. CARAMATTI 2013 SARONIO 2004c CARAMATTI F., 2013, Istituzioni, persone, eventi. Microstoria di SARONIO P., 2004, San Zenone al Lambro (Mi), località Cere- Romanengo tra settecento e ottocento, Crema (CR). gallo. Complesso artigianale rinascimentale, in Notiziario 2001- CUOMO DI CAPRIO 2007 2002, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, CUOMO DI CAPRIO N., 2007, Ceramica in archeologia 2, Roma. Milano, pp. 130-132. FERRARI, RUGGERI 2003 SIMONE ZOPFI, POZZATO 2006 FERRARI V., RUGGERI L., 2003, Toponomastica di , in SIMONE ZOPFI L., POZZATO N., 2006, Varzaghello (MI), colle- (a cura di) V. FERRARI, Atlante toponomastico della provincia di gamento stradale Boffalora-Malpensa. Fornaci post-rinascimentali, Cremona, 9. in Notiziario 2003-2004, Soprintendenza per i Beni Archeo- MANNONI, GIANNICHEDDA 1996 logici della Lombardia, Milano, pp. 187-192. MANNONI T., GIANNICHEDDA E., 1996, Archeologia della pro- SIMONE ZOPFI, PRIARONE 2007 duzione, Torino. SIMONE ZOPFI L., PRIARONE F., 2007, Inveruno (MI), collegamento SARONIO 2004a stradale Boffalora-Malpensa. Fornaci post-rinascimentali, in No- SARONIO P., 2004, Guardamiglio, Cascina Brusata. Fornace Ri- tiziario 2005, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lom- nascimentale, in Notiziario 2001-2002, Soprintendenza per i bardia, Milano, pp. 175-177. Beni Archeologici della Lombardia, Milano, pp. 101-102. SARONIO 2004b, SARONIO P., 2004, Lodi Vecchio, via Piave. Fornaci rinascimentali,

60 Lynn Arslan Pitcher Il popolamento del territorio cremonese in età antica

Cremona si trova nel cuore della Pianura Padana (fig. 1), solcata dai fiumi che delimitano il territorio della città: l’Adda, l’Oglio, il Po e il Serio, che lo attraversa. Queste vie d’acqua sono sempre state fondamentali per la vita degli abi- tanti già dal Neolitico fino ai giorni nostri e, come si vede dai risultati degli scavi, il fiume è sempre stato un ele- mento decisivo per la scelta dei luoghi dove vivere1. Due elementi hanno nel tempo plasmato il paesaggio rurale: il fiume con le divagazioni2 che formano dossi, alture che ben si adattano alla frequentazione stabile e l’uomo che interviene spesso in maniera massiccia, come nel caso della centuriazione in età romana, riorganizzando il territorio con la costruzione di strade che spesso ricalcano vecchie rotte, come nel caso della via Postumia, irregi- mentando i corsi d’acqua e bonificando zone umide. Le tra- sformazioni nel corso dei millenni sono state notevoli basti vedere le foto aeree che a prima vista ci mostrano gli in- Fig. 1. La pista del metandotto presso , località numerevoli paleoalvei che caratterizzano le deviazioni delle cascina Bertana. acque nei secoli oppure i segni regolari nelle campagne te- stimoni appunto dei lotti delle centuriae. essere una sorta di stipe votiva della seconda età del Ferro La metamorfosi maggiore del paesaggio rurale è avvenuta (fine V-fine IV secolo a.C.). negli ultimi centocinquanta anni con la meccanizzazione, Vale la pena affrontare brevemente il fenomeno, piuttosto che ha permesso interventi su larga scala sull’orografia delle raro per il Cremonese, delle compresenza di più periodi campagne; i depositi archeologici in genere evidenziati nel storici, anche di cronologia distante, in un unica località. suolo con dossi più o meno in risalto sono stati per lo più Si tratta di cinque siti, Calvatone4 (località Coste di San- spianati per permettere uno sfruttamento intensivo dei t’Andrea), (località Régona)5 e Soncino6 (località terreni agricoli. Oltre allo spianamento, l’uso di aratri po- Bosco Vecchio); si aggiungono Camisano e Ricengo, che tenti che scendono in profondità, ha pressoché distrutto le non possono essere presi in esame in dettaglio poiché non vestigia che ancora erano celate, fino all’avvento dell’ar- indagati in modo sistematico. Nel caso di Calvatone (fig. cheologia sistematica e programmata, con il controllo più 2) sono stati ritrovati una tomba dell’età del Rame sotto il capillare delle attività di scavo: le cave per lo sfruttamento mosaico con labirinto di una domus di I secolo d.C., un vil- dell’argilla, ghiaia e sabbia e la costruzione negli ultimi laggio dell’età del Bronzo Medio-Recente ed un vicus della anni di strade e autostrade hanno aumentato di molto il fine del II secolo a.C.-VI secolo d.C.; a Castelleone (fig. lavoro di documentazione e salvaguardia dei resti archeo- 3) sono stati rinvenuti un villaggio del età del Bronzo logici rimasti. L’assistenza alle operazioni di scavo ci ha Medio-Recente, una tomba celtica del III secolo a.C. e permesso di intravedere, sempre in traccia e con notevole una necropoli prediale legata ad una villa rustica del I difficoltà, il vivere nel Cremonese nel corso degli ultimi 7 secolo d.C. e a Soncino (tav. 1) dove la frequentazione del- millenni. l’uomo risale al Neolitico con la presenza di asce in pietra Piuttosto interessante è il fatto che su 66 siti di interesse ar- verde, fu ritrovato un agglomerato di edifici abitativi e cheologico rinvenuti, nessuno presenti più fasi culturali produttivi frequentato dall’epoca tardo celtica all’altome- con l’eccezione del Sito 27 nel comune di Ricengo3 dove si notano labili tracce di un insediamento dell’età del (4) LORENZI 1996; PASSI PITCHER 1996; PASSI PITCHER 2003, pp. Bronzo finale e, leggermente spostato, quella che doveva 205-214. (5)Per l’insediamento del Bronzo cfr. BAIONI, RUGGIERO 2009, pp. 48-56; per la sepoltura della seconda età del Ferro cfr. RUGGIERO (1) Oltre ai testi sui ritrovamenti del metanodotto in questo volume, 2009, pp. 65-66. Ulteriori resti di un villaggio dell’ età del Bronzo un aggiornamento recente si trova in Archeologia nella Lombardia e di una necropoli di età romana sono stati rinvenuti durante un re- Orientale 2012. cente scavo sistematico (2009) della Soprintendenza per i Beni Ar- (2) Cfr. BRAGA et alii 2003, pp. 2-37. cheologici della Lombardia: cfr. METE et alii 2013. (3) Cfr. MANGANI supra. (6) PASSI PITCHER 2003, pp. 220-221.

61 Fig. 3. Veduta panoramica del dosso della Régona a Castelleone (foto F. Risari). I ritrovamenti preistorici confermano la concentrazione in zone precise, per lo più nella parte alta del Cremasco, a Fig. 2. Calvatone-Bedriacum. La domus del Labirinto in corso Camisano e nella bassa con concentrazioni notevoli lungo di scavo, negli anni ’50. l’Oglio da Ostiano a Calvatone. Con l’età del Bronzo si in- travede, oltre alle zone tra Serio e Oglio, e tra Ostiano e Cal- vatone, la formazione di abitati estesi lungo la fascia S-O nella zona che va da a . Gli stanziamenti dell’età del Ferro7 ci sfuggono per la la- cunosa documentazione archeologica, che per lo più con- siste in tombe isolate come nel caso della sepoltura di Ro- manengo. Il ritrovamento di venti canali, fossi e strade di età romana testimonia, come già ribadito, che la centuriazione8 ha ra- dicalmente segnato il territorio. Lo scavo del metanodotto ha permesso di chiarire o ribadire alcuni aspetti interessanti: ad esempio appare chiaro che rimane poco o nulla della prima centuriazione dell’ager cremonensis avvenuta verosi- milmente nei primi decenni del II secolo a.C. mentre è ben evidente la seconda divisione territoriale (con centurie 20 x 21 actus) della seconda metà del I secolo a.C. che so- stanzialmente non presenta alcuna novità rispetto alle ipotesi del Tozzi. Diversa è la situazione dell’ager bergo- mensis che indica un certo slittamento degli allineamenti proposti dal Tozzi. Dieci anni fa, una disamina nella “Storia di Cremona” sui modelli insediativi rurali lamentava la mancanza di scavi si- stematici9; lo scavo per il metanodotto ha in parte colmato questa lacuna ma rimane ancora valida l’affermazione della Scagliarini Corlaita10: “In definitiva la tipologia della villa Fig. 4. La fornace romana rinvenuta nel 1997 a Olmeneta. agricola di pianura appare come la più diffusa di pianura e insieme la più sfuggente.”. dioevo. I tre esempi si trovano su ampie terrazze fluviali in Nonostante il pessimo stato di conservazione degli edifici, una posizione amena, vicino al fiume ma protetti dalle che si trovano all’ ultimo livello di fondazione, sono stati esondazioni e verosimilmente adiacenti a vie di comuni- recuperati per quanto possibile la planimetria che, com- cazione terrestri. binata allo studio dei reperti, ha permesso di individuare Le raccolte di superficie da parte di appassionati, come le fasi cronologiche e il tenore di vita degli abitanti11. Don Aschedamini nel Cremasco, ci indicano l’esistenza Lo studio di tutti i siti ha consentito perciò una ricostru- di zone fittamente abitate dal Neolitico all’Altomedioevo zione dell’economia e delle rotte commerciali del terri- a Camisano, Ricengo e Vidolasco, che potranno essere meglio definite in seguito a scavi sistematici. (7) Purtroppo il rinvenimento della presunta stipe votiva di Ri- Gli interventi del metanodotto inquadrano il periodo cengo non aggiunge molto alla nostra conoscenza sugli insedia- menti per la mancanza di un contesto archeologico più ampio. storico in modo più compiuto, come nel caso del Sito 27 (8) Si veda BONARDI, supra. (Ricengo) dove i reperti da necropoli sono databili alla (9) PASSI PITCHER 2003, pp. 211-219. fine dell’età del Bronzo. (10) SCAGLIARINI CORLAITA 1998.

62 torio tra il II secolo a.C. e il VI secolo d.C. La concentrazione di evidenze legate a ville rustiche o fat- torie a Sergnano, Olmeneta e Pozzaglio fa presupporre l’esistenza di fora12 in senso lato, mentre tracce labili di case a Casalbuttano, Azzanello, Corte de’ Cortesi, Robecco d’Oglio e Cremona indicano una distribuzione capillare che tiene conto dell’orientamento centuriale già conosciuto dalle fonti antiche e dai ritrovamenti in superficie. Ol- meneta fa eccezione verosimilmente per motivi pratici legati alle attività agricole o produttive (fig. 4). Olmeneta e Gallignano sono centri produttivi di una certa vivacità: in ambedue i siti sono state trovate fornaci sia per la pro- duzione di laterizi sia di stoviglie. A Olmeneta furono pro- dotti mattoni, di cui non si ha marchio di fabbrica, e va- sellame, di cui l'indicatore è un distanziatore. Gallignano doveva essere ben più importante poiché i laterizi erano bollati e fu prodotto un particolare tipo di piatto-vassoio che ebbe ampia distribuzione, addirittura in ambiente cit- tadino. Nonostante il rinvenimento di ceramiche a vernice nera ri- feribili ad orizzonti cronologici databili al II secolo a.C. e frequentazione intensa nel I secolo a.C., la maggior parte delle abitazioni viene costruita nella prima metà del I secolo d.C. La frequentazione dei siti termina nell’arco del IV-V secolo d.C. eccetto il caso di Pozzaglio che continua fino al VI secolo d.C. Per la prima volta si è potuto definire un modello abitativo per le ville rustiche dell’ager cremonensis che tende a presentarsi a U con esposizione a S. Lo studio dei materiali ci indica che il tenore di vita nelle campagne era piuttosto modesto anche se, ancora una volta, fa ecce- zione Olmeneta che doveva essere abbastanza vivace come si evince dalla presenza di terra sigillata gallica. La mancanza di rinvenimenti posteriori all’età romana indica un profondo cambiamento nel modo di vivere il territorio, non più in maniera sparsa ma in agglomerati Tav. 1. Interpretazione delle prospezioni condotte nel 2003 a Gal- come nel caso dei Longobardi ad Offanengo. Soltanto con lignano, presso la zona produttiva in località Bosco Vecchio. la costruzione delle grandi cascine che sono spesso quasi dei piccoli borghi la campagna ritorna ad essere vissuta in grafici e geomorfologici in TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona. modo capillare13. L’età antica, Azzano San Paolo (Bg), pp. 2-37 LORENZI 1996 Bibliografia LORENZI J., 1996, Il territorio di Calvatone in epoca preistorica in PASSI PITCHER 1996, pp. 45 -54. Archeologia nella Lombardia Orientale 2012 METE et alii 2013 AA.VV., 2012, Archeologia nella Lombardia Orientale. I Musei della METE G., CECCHINI N., RIDOLFI G., 2013, Castelleone (Cr). Lo- Rete MA_net e il loro territorio, Firenze. calità Régona. Insediamento dell’età del Bronzo, edificio rustico e BAIONI, RUGGIERO 2009 necropoli di epoca romana in Notiziario 2009-2010, Soprinten- BAIONI M., RUGGIERO M.G., 2009, Età del Bronzo in BAIONI M. denza per i Beni Archeologici della Lombardia, pp. 173-176. (a cura di) Museo Civico di Castelleone, Castelleone, pp. 41 -58. PASSI PITCHER 1996 BRAGA et alii 2003 PASSI PITCHER L., 1996, Bedriacum. Ricerche Archeologiche a Cal- BRAGA G., MEISINA C., PELLEGRINI L., 2003, Lineamenti geo- vatore, Milano. PASSI PITCHER 2003 PASSI PITCHER L., 2003, Archeologia della colonia di Cremona: la (11) Vedi supra METE, RIDOLFI. (12) Mentre Bedriacum è sicuramente un vicus che doveva avere città e il territorio in TOZZI P. (a cura di), Storia di Cremona. una sua figura giuridica ed anche una sua fisionomia socio-eco- L’età antica, Azzano San Paolo (Bg), pp. 130-229. nomica più da cittadina e da market-town, satellite di Cremona, RUGGIERO 2009 con edifici più da città che da campagna, Olmeneta e Soncino (lo- RUGGIERO M.G., 2009, Età del ferro in BAIONI M. (a cura di) calità Bosco Vecchio) sembrano verosimilmente centri produttivi e Museo Civico di Castelleone, Castelleone, pp. 59-67. di smercio locale con uno status sicuramente più alto degli agglomerati SCAGLIARINI CORLAITA 1998 di Sergnano e Pozzaglio. A tale proposito cfr. PASSI PITCHER 2003, SCAGLIARINI CORLAITA D., 1998, Le tipologie delle villae lungo pp. 219-221. il percorso della via Postumia in SENA CHIESA G., ARSLAN E.A. (13) La presenza di numerose fornaci post-medioevali per la fab- (a cura di) Optima via. Atti del Convegno Internazionale di studi bricazioni di mattoni è sicuramente legata anche alla costruzioni “Postumia. Storia e archeologia di una grande strada romana alle delle cascine. radici dell’Europa”, Cremona, pp. 239-244.

63 Finito di stampare nel mese di gennaio 2014 dalla Litografia NOVALITO di Carpenedolo (BS) per conto delle