Ente Comunità di Samoclevo (Caldes) [1618 marzo 21]-1810 agosto 31

Luoghi Samoclevo (Caldes) Altre forme del nome Samoclevo (Comunità) Summuclevum Summumclivum Sumoclevum

Archivi prodotti di Samoclevo, [1618 marzo 21]-1810 agosto 31

Storia Risulta difficile stabilire con precisione i momenti e i modi della formazione delle regole dei villaggi trentini in quanto la documentazione è scarsa.
Le comunità rurali trentine, così come le conosciamo dagli Statuti (o "Carte di regola") e dai documenti, sarebbero sorte nei primi secoli dell'alto medioevo, quando - decaduto il potere dell'impero romano che aveva garantito anche nel territorio un lungo periodo di prosperità e di sicurezza le popolazioni delle vallate, abbandonate a se stesse per la mancanza di una salda autorità centrale, sentirono l'esigenza di organizzarsi autonomamente per la difesa, il mantenimento e l'utilizzo delle loro terre.
Intorno al IX secolo il processo di formazione dell'ente comunitario doveva essere ormai in una fase avanzata, tanto che l'organizzazione feudale introdotta dall'impero carolingio anche nel territorio trentino non riuscì a soffocare e a smantellare i diritti acquisiti dalle comunità sui beni collettivi, boschi e pascoli, che anzi rimasero sempre di loro proprietà, costituendone la base economica fondamentale.
Dalla situazione di belligeranza del principato vescovile con i conti tirolesi dei secoli XIII-XVII le comunità trentine trassero talvolta dei cospicui vantaggi, in termini di concessioni di privilegi e di esenzioni fiscali.
Dopo i governi provvisori dell'epoca napoleonica, il governo bavarese inferse un duro colpo alla secolare autonomia delle comunità rurali. Per quanto riguarda specificatamente l'amministrazione delle comunità locali, l'ordinanza del Governo di data 1 maggio 1787 proibì la convocazione delle regole generali senza la preventiva autorizzazione dell'autorità: detta disposizione già in data 10 maggio 1787 veniva estesa dall'Imperial Regio Uffizio Capitaniale del Circolo ai Confini d'Italia al territorio di sua competenza, mentre in data 5 gennaio 1805 venne fatta applicare dal Regio Cesareo Giudizio Provinciale e dal Capitanato Circolare ai Confini d'Italia a tutti i Comuni della Giurisdizione provinciale (cfr. Archivio comunale di , archivio preunitario, Atti, negozi e lettere, b. 9, n. 358).
L'ordinanza del Governo del Tirolo del 5 gennaio 1805 proibì la convocazione delle regole generali senza la preventiva autorizzazione dell'autorità, mentre la legge del 4 gennaio 1807 abolì la regolania maggiore e la regolania minore. Con decreto vicereale del 24 luglio 1810, venne sancita la divisione del Dipartimento dell'Alto Adige in 5 distretti e "si propose" la loro suddivisione in 121 comuni e in 20 cantoni; infine con decreto vicereale emanato a Monza il 23 agosto 1810, furono estesi al Dipartimento dell'Alto Adige le leggi ed i decreti riguardanti l'amministrazione dei comuni del Regno. L'applicazione della legislazione napoleonica sul territorio avvenne tuttavia a partire dal 1° settembre 1810, come dimostrano i riscontri sulla documentazione archivistica.

L'attestazione più antica del toponimo di Samoclevo è conservata nell'Archivio del Principato Vescovile, Sezione latina ed è datata 1215: "Zucolinus Acerbus Adelpretus Dalaidus Rubeus" e Giovanni di Samoclevo giurano fedeltà al Federico Vescovo di . Poiché in archivio non è conservato alcun documento del periodo comunitario, l'ultima attestazione cui si può far riferimento è la sottoscrizione notarile datata 1741 febbraio 18: il notaio Antonio Giuseppe Giarolli copia testualmente la Carta di regola in

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presenza dei giurati e del regolano di Samoclevo.
Dalle pergamene conservate nell'Archivio di Castel Thun, Diplomatico, risulta che alla fine del XV secolo Pretelio di Caldes, figlio di Finamonte e di Giovanna Thun avesse ceduto diversi beni ai fratelli Giacomo, Baldessare e Simone, figli di Sigismondo q. Simone Thun, e fra questi beni ci fosse anche la Rocca di Samoclevo. Diverse pergamene del XVI secolo attestano che intorno al 1550 la Rocca era effettivamente abitata dai discendenti di Giacomo Thun.
Risulta dai documenti pergamenacei che la Comunità di Samoclevo probabilmente confinava con .

Condizione giuridica Nel periodo comunitario, in territorio trentino ogni singolo villaggio si regolamentava con regole interne proprie, anche se simili le une alle altre, raccolte in "carte di regola" dette anche "statuti comunali", "ordinamenti", "regolamenti", "instrumenti", "capitoli", "poste".
E' opinione comune che le Carte di regola derivino da più antiche consuetudini che disciplinano le comunità solo su base orale. La Carta di regola è quindi uno strumento scritto di contenuto normativo che regola la civile convivenza entro il territorio della comunità, stabilendo i diritti e i doveri dei vicini, le competenze e la durata dei vari uffici comunitari, i criteri per la più opportuna fruizione dei beni comuni e le pene cui vanno soggetti coloro che hanno violato le disposizioni contenute nella carta stessa.
Essa viene redatta dagli ufficiali comunitari più importanti con l'assistenza di un notaio oppure da alcune persone appositamente delegate dalla regola maggiore e quindi è presentata al principe vescovo di Trento che, sentito anche il parere dell'Ufficio massariale, provvede alla sua approvazione dopo avervi apportato eventuali modificazioni tendenti ad una chiara affermazione della sua autorità sul territorio della comunità e degli obblighi di quest'ultima nei riguardi del principato.
L'approvazione vescovile di una Carta di regola non ha però valore illimitato e deve essere rinnovata di volta in volta dal vescovo che siede sulla cattedra di S. Vigilio.
Se se ne presenta la necessità, la Carta di regola può essere rinnovata integralmente per adeguarne i contenuti ai mutamenti del tempo oppure modificata mediante la semplice aggiunta di nuovi capitoli. Le norme delle Carte di regola non possono comunque essere in contrasto né con lo Statuto di Trento né con la Landesordnung tirolese.
Una copia autentica della Carta di regola deve sempre essere trasmessa all'Ufficio massariale di Trento che la conserva nei suoi archivi per servirsene in caso di contenzioso giuridico tra il principato e la comunità o per reintegrare rapidamente l'originale in caso di smarrimento o dispersione.

La Carta di regola della Comunità di Samoclevo è datata 1618 marzo 21, (Ferdinandeum Museum di Innsbruck, "Fondo Dipauli", n. 1070-IV ; cfr. F. Giacomoni, Carte di regola..., vol. II, p. 543 e segg.); è composta di 123 capitoli e 5 capitoli addizionali, rogati a Samoclevo dal pubblico notaio Giovanni Odorico Bertoldo di Samoclevo. Le conferme vescovili presenti alla fine della Carta di regola sono le seguenti: del Principe Vescovo Carlo Madruzzo, in data Trento, 31 ottobre 1620; del Principe Vescovo Sigismondo Alfonso Thun, in data 15 luglio 1671; del Principe Vescovo Francesco Alberti Poia, in data 15 maggio 1680; del Principe Vescovo Giovanni Michele Spaur, in data 16 luglio 1700; del Principe Vescovo Antonio Domenico Wolkenstein, in data 30 maggio 1727; del Principe Vescovo Domenico Antonio Thun, in data 27 aprile 1731.

Funzioni, occupazioni e attività La gran parte di capitoli delle Carte di regola e degli Statuti comunali riguardavano la regolamentazione della produzione agricola, l'uso e la coltivazione dei campi, l'utilizzazione dei prati-pascoli e la tutela dei boschi.
In sintesi, l'ordinamento aziendale agrario del Trentino, organizzato in piccoli possedimenti familiari di proprietà privata al piano e in estesi possedimenti di proprietà comune al monte, trova la sua espressione nelle comunità di villaggio, dove si evidenziano ampie forme di autogoverno e di responsabilità sia familiare che collettiva e dove le varie cariche pubbliche hanno quasi sempre un avvicendamento annuale che ostacola il consolidarsi di posizioni di potere.
Si specifica che quasi tutte le Carte di regola riguardano l'aspetto civile, non tanto l'aspetto religioso; considerano le vicende umane, quotidiane e terrestri, non tanto le questioni celesti e trascendenti.

La Carta di regola di Samoclevo dettava regole sul governo del bestiame, sulla sistemazione dei recinti delle proprietà private, sulle malghe, sui gaggi, sul taglio degli alberi e sulla gestione dell'acqua. La vita rurale in montagna era basata fondamentalmente sullo sfruttamento dei beni collettivi silvo-pastorali con il conseguente allevamento del bestiame.
Tramite la Carta di regola si disciplinava in modo molto specifico tutta la gestione delle risorse e delle cariche.
Molti erano i capitoli che stabilivano pesanti pene e precise sanzioni per i vari reati: esse venivano pagate a seconda dei casi ai saltari o ai giurati ed erano destinate metà alle casse comuni e metà al fisco.
La malga della Comunità di Samoclevo era un bene comune regolato da ben 27 capitoli della Carta di regola. La data dell'apertura della malga, presso la quale i vicini dovevano mandare tutti gli animali, era stabilita il 3 maggio, festa di Santa Croce, dai giurati e dal "zuto" che, con qualche membro della Comunità, si recavano a "Fernon", luogo delle "Tre

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Regole", dove si trovavano con i rappresentanti di Caldes e Terzolas.
Il bosco rappresentava sicuramente uno dei capisaldi dell'economia rurale della Comunità ed era possesso quasi esclusivo del comune. Minuziose norme regolavano la tenuta del bosco, il taglio della legna e il reato di incendio boschivo. Non era mai lecito tagliare larici, faggi e querce appartenenti ai "gaggi" sopra la Comunità. Soltanto con il permesso dei vicini riuniti in piena regola si potevano tagliare i larici, vendere legname "da fuoco e bore" fuori della Comunità e affittare le montagne o altri beni comuni..
Diversi capitoli della Carta di regola riguardavano l'acqua: esistevano due acquedotti che portavano acqua ai prati ed era vietato romperli o far colare l'acqua sulla strada. Altrettanto per le due fontane della Comunità: si potevano dissotterrare le tubature soltanto per la manutenzione. Inoltre era assolutamente illecito lavare la lana nelle fontane perché ciò poteva causare infezioni nel bestiame che avrebbe in seguito bevuto.

Struttura Amministrativa In ogni comunità il supremo organo deliberativo era la regola generale, cioè l'assemblea plenaria a cui partecipavano i capi delle famiglie abitanti nel territorio della comunità fin da tempi immemorabili, vale a dire i "vicini".
I titolari delle cariche più importanti nell'ambito della comunità formavano insieme un consesso, che poteva essere variamente denominato a seconda dei luoghi e che si riuniva più volte nel corso dell'anno.
Al regolare svolgimento della convivenza all'interno del territorio della comunità e alla tutela dei beni comuni provvedevano gli uffici comunitari, eletti dalla regola maggiore.
In ogni comunità la suprema responsabilità nella gestione della cosa pubblica era detenuta da uno o più amministratori la cui denominazione mutò secondo l'epoca e il luogo.

Anche a Samoclevo il supremo organo deliberativo era la regola, l'assemblea plenaria cui partecipavano i capi delle famiglie abitanti nel territorio della Comunità, vale a dire i "vicini". La "regola maggiore", secondo lo statuto, si riuniva quattro volte l'anno nella piazza di Samoclevo. Ad essa dovevano intervenire il regolano e tutti i "vicini", uno per fuoco, disarmati; i "saltari" avvertivano i vicini la sera prima della riunione e tornavano a chiamarli la mattina. Chi non partecipava all'assemblea della vicinia era considerato per quell'anno "forestiero" per l'uso del pascolo, del bosco e dell'acqua, era escluso dalle cariche, dagli onori e dagli utili comuni. Era proibito durante la regola offendere o usare parole ingiuriose.
La regola maggiore era convocata generalmente nei giorni di San Gregorio (12 marzo), San Giorgio (23 aprile), Santa Croce (3 maggio) e San Michele (29 settembre), mentre per le altre Regole convocate durante l'anno dovevano essere eletti il 12 marzo sei uomini che, insieme ai giurati, formavano le cosiddette "regole ordinarie". Durante la regola di maggio si decidevano modi e tempi per aggiustare le strade pubbliche e le vie comuni di Samoclevo.
Nello statuto è specificato che l'ufficio dell'anziano o regolano era eletto ogni anno nella regola del 12 marzo e non andava in ruota ai nobili rurali della Comunità. L'anziano o regolano doveva solo riscuotere le "collette" della Comunità da consegnare alla Camera Episcopale e denunciare i misfatti avvenuti.
Lo stesso giorno si eleggevano due giurati che negli ultimi tre anni non avessero ricoperto la carica di "zuto"; essi dovevano prestare giuramento di "ben regere e governare le cose commune di detta università" e non potevano recusare l'incarico. I giurati, detentori della suprema responsabilità della cosa pubblica, erano gli aiutanti del regolano nell'amministrazione della Comunità e i giudici in prima istanza nelle vertenze civili. Non appena eletti dovevano, insieme ai vicini, ascoltare il rendiconto dell'amministrazione dei giurati uscenti riguardo ai beni ed alle entrate della Comunità. Inoltre dovevano riscuotere le tasse dei forestieri e dei vicini che avessero usato fontane, pascoli, boschi ed erba oltre la misura consentita e consegnavano al regolano l'importo delle condanne spettanti al fisco. Essi erano tenuti a difendere e perseguire sempre l'utile della Comunità; dovevano convocare i vicini alla regola ogni volta che fosse necessario e comparire per primi nel luogo ordinario, il "Piaz" per trattare degli affari, osservando i capitoli statutari e senza disparità: per questo tenevano presso di sé o in luogo sicuro la Carta di regola per valersene all'occorrenza, pagando di tasca loro la scrittura del documento in caso di smarrimento o danneggiamento; appianavano le discordie sui confini delle proprietà e delle case e ne stabilivano i termini, prendevano decisioni su piccole controversie "da vedere col ochio e che non sono...d'andar avanti al signor iudice ordinario"; dovevano gestire ordinatamente le regole per il bestiame; avevano l'autorità di farsi obbedire dai "saltari"; erano tenuti a stimare i danni delle campagne e farli pagare entro quindici giorni e dovevano mantenere l'acqua nelle due fontane di Samoclevo durante tutto l'anno; erano tenuti anche a visitare le case ogni quindici giorni per controllare le cucine ed i forni (dei quali i vicini dovevano avere somma cura per non causare incendi); potevano, con il consenso dei vicini, diminuire la pena "secondo la qualità del delitto e del delinquente"; andavano infine a controllare che non fossero pascolati i terreni delle malghe comuni alle Comunità di Caldes, Terzolas e Samoclevo.
Gli abitanti della Comunità, detti vicini, potevano rinunciare per loro scelta alla "vicinia" annunciandolo il giorno della prima regola maggiore, prima dell'elezione dei giurati. I tempi della rinuncia alla vicinia erano stabiliti dal vicino stesso ma non potevano mutare: intanto era considerato forestiero e, abitando in Samoclevo, doveva pagare le tasse dei forestieri per l'uso delle fontane, dei pascoli e della legna. Quando tornava a far parte della vicinia si presentava alla regola di San Gregorio ed era riaccettato dai vicini;

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tuttavia era tenuto per quell'anno a ricoprire la carica di "saltaro" per sei mesi indipendentemente dal turno della "saltaria", che manteneva il giro consueto.
I "saltari" di campagna erano nominati ogni anno a turno in tutte le case; essendo due lavoravano alternativamente per una settimana. L'ufficio della "saltaria" toccava a tutti coloro che avessero composto o no un fuoco; per "regalia o mercede" ottenevano "una quarta di buon grano" e una "cove per campo" dai forestieri.
Essi dovevano custodire le campagne durante il giorno perché non fossero danneggiate da uomini o animali; inoltre dovevano "chiamare a regola" quando i giurati lo decidevano; dovevano riscuotere le multe dei vicini, dei forestieri e dei delinquenti per i danni arrecati ed eseguire i pignoramenti; controllavano ogni giorno le greggi di capre, pecore e "casaline" (ovvero gli animali che restavano in villa durante il tempo della malga) e le consegnavano ai pastori; controllavano che i pastori fossero stati lodati ¿ ossia approvati- durante la regola poiché altrimenti diventavano responsabili del risarcimento di eventuali animali smarriti; infine ciascun "saltaro" nella sua settimana doveva rendere conto ai giurati dei danni alle campagne, dei pegni e dei gaggi appartenenti alla Comunità.
Il giorno in cui si andava in malga il "zuto" e i "pesadori" dovevano scegliere un casaro, un "malgalino", due vaccari, un capraro e un pastore di pecore, detto "gregaro" o "grear".
Giurati, "zuto" e "pesadori" dovevano avere un'età compresa fra i 25 e i 70 anni. I pastori erano aiutati da un "puto lodato" detto anche "fizale"; erano direttamente responsabili dei danni arrecati sia nei campi sia sui monti. Coloro ai quali toccava la regola del bestiame non potevano rifiutare o mandare altri. I pastori erano tenuti a cercare per tre giorni eventuali animali smarriti e riconsegnarli al padrone sul "Piaz" di Samoclevo.
"Zuto" e "pesadori", dopo aver giurato di servire bene la malga e consegnato il bestiame grosso e minuto numerato ai pastori, avevano il compito di far portare dai vicini alla malga il "paio", le "conche", le "brente" e gli altri strumenti per il latte; far portare il pane in malga; comperare, al prezzo migliore e preferibilmente dai vicini e non dai forestieri, il sale necessario per il formaggio e la ricotta. Era invece compito specifico del solo "zuto" spartire il salario dei pastori, del casaro e del "malgalino" in base al latte prodotto; controllare che i tetti della malga fossero ben coperti, l'abbeveratoio lavato sovente e il recinto delle vacche ben chiuso; provvedere a ogni eventuale necessità della malga, appianare le controversie e garantire a tutti giustizia; contare infine, insieme ai pastori, il bestiame una volta al giorno. Come ricompensa il "zuto" otteneva quattro lire di latte oltre al suo e otto carantani di denari, mentre i "pesadori" ricevevano una ricotta e otto grossi per ciascuno. Il "malgalino", oltre a essere al servizio del casaro, doveva raccogliere la legna necessaria alla malga.
Nella Carta di regola era nominato il "sindico della chiesa", curatore laico delle necessità materiali degli edifici destinati al culto, che poteva ricoprire tutte le cariche (giurato, "saltaro", etc.) secondo l'ordine della ruota.

Contesto generale Le Valli di Non e di Sole appartenevano al Principato Vescovile di Trento; dal secolo XII ebbero un loro proprio governatore o amministratore, detto prima vicedomino, poi capitano ed infine vicario, dal quale dipendevano cinque gastaldie con a capo i rispettivi gastaldi con funzioni politiche, amministrative e giudiziarie. Nel tempo i vicari nominarono, scegliendo fra i notai della valle, dei giurisperiti, chiamati assessori, con la funzione di assisterli e sostituirli in tribunale; in seguito essi vennero incaricati per nomina vescovile. Da un capitolo della Carta di regola di Samoclevo risulta che i vicini potessero appellarsi direttamente all'assessore dopo una sentenza della Regola. Ogni comune si autogovernava e, a difesa dei diritti comuni, erano scelti a maggioranza i procuratori o sindaci generali delle Valli. Essi compilavano uno Statuto (emanato dal popolo) formato da cinque capitoli ai quali ne vennero aggiunti altri sei nel corso del XIV secolo per regolamentare i rapporti tra i comuni e le famiglie nobili che vi dimoravano. Nel XV secolo agli Statuti vennero aggiunti tredici capitoli detti Privilegi delle Valli di Non e di Sole e furono annualmente approvati dai Principi Vescovi fino all'estinzione del loro governo temporale. I conti di Tirolo, avvocati del Principe Vescovo di Trento, vi esercitavano poteri militari e fiscali: un documento appartenente al fondo del Principato Vescovile datato 1407 aprile 29 riprende una coeva concessione contenuta nei Privilegi per cui Federico, conte di Tirolo, concedeva che i valligiani prestassero il servizio militare all'interno dei confini del Principato Vescovile; che i loro beni fossero esentati dal pagamento di alcune tasse; che ad essi venissero rinnovate tutte le antiche investiture feudali. Poiché però gli Statuti delle Valli avevano scarso spessore normativo, ogni singolo villaggio si regolamentava con regole interne specifiche, anche se simili le une alle altre, raccolte in "Carte di regola".
Un regesto del Libro delle collette, affitti, proventi e decime del Vescovo Alberto di Ortemburg, tratto dal Codex Wangianus, datato 1° maggio 1387, attesta che il notaio Marco del fu Odorico di Trento del fu Giacomo de Sporo era il "massaro maggiore" del Vescovo di Trento e raccoglieva dalle Valli di Non e di Sole le collette; fra gli altri, gli abitanti di Samoclevo versavano "gaforium magnum starium culmum et gaforium minutum starium rasum".
Samoclevo fu eretta a Curazia il 12 gennaio 1732; apparteneva alla Pieve di Malè (cfr. Casetti, p. 674).

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