DOCUMENTO PRELIMINARE DI INDIRIZZO DEL PUGC DEL DI PAGANICO SABINO (Legge Regionale 22 Dicembre 1999, n° 38, Art. 32)

RELAZIONE TECNICO ILLUSTRATIVA

PREMESSA Il Comune di Paganico Sabino, nell’esigenza di rinnovare il proprio strumento urbanistico generale, ha promosso la redazione del presente D.P.I. (Documento Preliminare d’Indirizzo) quale prima fase, propedeutica all’effettiva adozione del P.U.G.C. (Piano Urbanistico Generale Comunale), in ottemperanza di quanto disposto dal primo comma dell’Art 32 della Legge Regionale n° 38 del 22 Dicembre 1999; normativa, questa, entrata pienamente in vigore a seguito dell’attribuzione delle deleghe in materia di urbanistica alla Provincia di (S.O. n. 115 al Bollettino Ufficiale n. 25 del 7 Luglio 2009).

In ragione di quanto sopra la Presente Relazione Tecnico Illustrativa, si riferisce dunque al Documento Preliminare che precede la effettiva formazione del Piano Urbanistico Generale Comunale. Detta relazione, per comodità di rilettura dei contenuti imposti dallo stesso Art. 32 della L.R. 38/99, viene ad articolarsi nei seguenti paragrafi:

A - Linee di sviluppo storico delle trasformazioni del territorio comunale e loro rapporto con gli strumenti di pianificazione comunale.

B – Descrizione territoriale ed ambientale.

C – il patrimonio edilizio esistente.

D – Evoluzione storica e struttura della popolazione residente.

E – Struttura dei servizi pubblici esistenti.

F – Obiettivi e dimensionamento dello strumento urbanistico proposto e indirizzi preliminari per la formazione della normativa tecnica di attuazione.

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A - LINEE DI SVILUPPO STORICO DELLE TRASFORMAZIONI DEL TERRITORIO COMUNALE E LORO RAPPORTO CON GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE COMUNALE.

L’attuale configurazione del territorio del Comune di Paganico Sabino trae la sua impronta principale dai forti sommovimenti di ordine sociale e politico- amministrativo che hanno caratterizzano questa area geografica dell’appennino subito dopo la caduta dell’Impero romano. Le nuove forme organizzative d’insediamento delle popolazioni che da tempo abitavano queste aree, vengono infatti (a partire da detto periodo), a strutturarsi prevalentemente sui siti d’altura ed attorno ad essi viene contestualmente a polarizzarsi una nuova organizzazione agricola e pastorale. Tale sintesi si traduce, per il centro di Paganico, in un processo urbanistico insediativo che, dalla rilettura dei documenti storici a tutt’oggi conosciuti, vede “spostarsi” e coagularsi lentamente, l’originaria struttura insediativa a nebulosa di epoca tardo romana ed altomedievale, dalle aree di fondovalle, poste a ridosso della confluenza tra il fiume Turano ed il Fosso dell’Obito, fin sul costone roccioso posto più a monte, sulla linea di mezza costa del Monte Cervia, cioè sul luogo dove ancora oggi è possibile riscontrare la presenza dell’omonimo centro abitato. I primi documenti finora rintracciati che parlano dell’insediamento di Paganico, risalgono infatti all’852, all’873 e all’876 D.C., ed in essi si riportano soltanto le descrizioni sommarie del luogo attraverso le diciture di “villa quae vocatur Paganica”, e di “casale de Paganeco”, ed essi rimandano, con molta probabilità, all’esistenza di un piccolo nucleo abitato che quasi certamente doveva coincidere con il luogo posto proprio sotto l’attuale centro abitato, cioè nel luogo in cui a tutt’oggi è insediato il cimitero comunale puntualizzato dalla chiesa di origine altomedievale titolata a S. Giovanni. L’attuale centro abitato viene dunque a strutturarsi, nel mezzo del periodo medievale, attraverso una seconda fase insediativa legata alla cultura c.d. dell’”incastellamento”, propria del periodo storico che va dal IX al X sec. D.C. E’ da questa epoca e da quella successiva (XI secolo) in cui viene a concretizzarsi la nascita dei comuni, che il centro di Paganico si ritrova ad essere il nodo centrale della propria rinnovata organizzazione territoriale, nell’ambito della quale vengono ad assumere una nuova importanza sia l’antichissimo tracciato viario legato alla transumanza (il quale provenendo dall’area del “Cicolano”, e passando a ridosso del centro abitato, attraversava obliquamente l’intero territorio comunale e conduceva nell’area di S. Maria del Piano, presso , per poi sboccare nelle aree della Campagna Romana), sia la viabilità longitudinale e trasversale, variamente diramata, cioè quei tracciati (strade comunali, mulattiere, e strade interpoderali) che, adattandosi all’orografia della valle in cui scorre il Fiume Turano, dovevano assolvere, più o meno specificatamente, alle funzioni degli spostamenti locali quotidiani, a loro volta

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legati al mantenimento delle attività agricole e pastorali stanziali impostate nel fondo valle, a mezza costa, e sugli areali d’altura del Monte Cervia. Dal periodo Medioevale passando per il periodo Rinascimentale e per giungere fino al XVII secolo, pur nelle difficili ed instabili situazioni socio-politiche locali, si registra una certa omogeneità ed un lento consolidamento di detta struttura territoriale che vede da una parte concretizzarsi il c.d. “borgo murato”, quale rifugio fortificato, ovvero luogo di protezione per i Signori locali, per le famiglie contadine e per le loro relative masserizie, dall’altra invece vede specializzarsi l’uso dei suoli in funzioni delle suddette attività agricole e pastorali, attività che, per la scarsa produttività dei terreni, rimangono generalmente relegate allo stato di sussistenza. E’ in tale contesto che a ridosso del centro abitato posto a mezza costa del versante occidentale del Monte Cervia , vengono a strutturarsi i coltivi, fortemente frazionati secondo la classica struttura “a pigola”, legati prevalentemente ad attività ortofrutticole (vigneti ed oliveti) ed a quelle delle c.d. colture miste, impostate su terrazzamenti strutturati con le c.d. “macere”, mentre nelle zone di fondovalle ed in quelle adiacenti collinari (cioè quelle distribuite su piccole porzioni di territorio fertile), vengono a specializzarsi le colture dei seminativi, miste alle alberature da frutto. Legate alla completa autonomia della sussistenza locale, le aree che lambivano il corso del fiume Turano erano poi adibite a “canapine” per la produzione della canapa utile al confezionamento di stoffe e del vestiario. Al di sopra della quota d’insediamento del centro abitato, la dove persistevano le aree dei terreni calcarei fortemente scoscesi, venivano ad estendersi i boschi ed i pascoli per il bestiame locale. E’ con molta probabilità che, a partire dal XVII secolo, grazie anche ad influssi culturali esogeni che viene a propagarsi ed a specializzarsi la coltura del “castagno da frutto”. Tale specializzazione agricola, quale nuova attività, viene ad insediarsi quasi totalmente sull’areale nord-est del versante orientale del Monte Cervia, la dove erano già presenti gli antichi boschi misti che avevano attecchito sul grande banco delle arenarie che caratterizza, dal punto di vista geologico, tale zona. Ulteriori miglioramenti della organizzazione insediativa ed agricola territoriale viene a registrarsi nella prima metà del secolo XVIII, nell’ambito del quale, in concomitanza con la crescita del numero degli abitanti (crescita, che da una parte è legata ad un lieve miglioramento delle condizioni di vita contadine ed in parte al confluire nel centro di Paganico da parte di gruppi di popolazioni che fino ad allora abitavano nei piccoli centri limitrofi, arroccati sul monte Filone e sul Monte Faito, (Mirandella, Bulgarette, ecc…) che proprio nella prima metà del settecento subiscono forti distruzioni a causa di terremoti ed altre calamità naturali. In tale quadro storico si assiste dunque all’ampliamento del centro abitato che si va ad estendere a ridosso del perimetro dell’antico borgo murato attraverso una edificazione che si va a stratificare intorno agli antichi tracciati viari che conducevano al borgo stesso.

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Fuori delle mura viene dunque a strutturarsi il nuovo centro abitato che, dagli inizi del 1700 e fino alla seconda metà del 1800, viene sempre più ad espandersi verso il Colle di S. Giorgio; luogo questo, sul quale, verso il finire della prima metà del 1700, viene ad essere edificata l’omonima chiesa che, proprio in quel periodo, funge da nuovo polo attrattore per i nuovi assi urbani. Gli ultimi decenni del 1800, ed i primi decenni del 1900, possono, in sintesi, essere considerati quali periodi apicali per le espansioni urbanistiche e per la crescita urbana. A tal riguardo basta riflettere sul fatto che dagli inizi del 1600 e fino al 1931 (ved. censimento, dati ISTAT), cioè in circa tre secoli di storia, il centro abitato di Paganico passa progressivamente da 130 (ved. Collepiccolo e la Valle del Turano, di Pietro Carrozzoni, pag. 85, luglio 1986, Editrice Il Velino), a 1000 abitanti e poco più. E’ proprio a partire dal 1931 circa che tale fenomeno di crescita viene drasticamente ad arrestarsi a causa delle interferenze di ordine socio-politico nazionale ed internazionale legate ai grandi sconvolgimenti del “900, che vengono a determinare un imponente fenomeno di emigrazione e spopolamento soprattutto nelle aree appenniniche (spopolamento che per Paganico si ragguaglia tra i massimi livelli registrati in Italia), che a sua volta viene a connaturarsi con il fenomeno del quasi completo decadimento del mondo rurale e della sua relativa economia. I 172 abitanti di Paganico, relativi al censimento del 2011 (ved. dati ISTAT), testimoniano un tragico regresso demografico che viene a connaturarsi con altrettanto tragiche conseguenze socio-economiche locali, alle quali resta a tutt’oggi associata una oggettiva difficoltà di ripresa economica con la quale poter dare una svolta sostanziale ai processi negativi in atto al fine ultimo di invertirne la tendenza, o quanto meno a stabilizzarne l’andamento. Il forte calo demografico avvenuto in quest’ultimo secolo di storia, unitamente allo sfaldamento della c.d. economia agricola locale, ha comportato una atrofizzazione della antica struttura agricola territoriale, la quale, pur avendo raggiunto il suo picco evolutivo (qui inteso sempre nei limiti della sussistenza) negli anni trenta del secolo scorso, aveva comunque rappresentato, dal punto di vista urbanistico, prima dell’epoca della sua decadenza, un ordinato modello strutturale. Detta organizzazione agricola, a tutt’oggi, è mantenuta viva esclusivamente lungo alcune porzioni di aree di fondovalle e di media costa, cioè quelle che sono servite dalle attuali strade carrabili. Al generale depauperamento dell’ex territorio agricolo in quest’ultimo cinquantennio ha fatto da sponda l’ ingresso del fenomeno del “turismo”, fenomeno che è venuto ad impostarsi secondo due tipi di pratica; da una parte infatti si registra il flusso turistico proveniente dall’area romana, che ha avuto la sua massima spinta tra gli anni “60 e “70 del secolo scorso, dall’altra si registra invece il flusso turistico legato al ritorno estivo, ed occasionale, degli emigrati e degli oriundi, stanziati oramai da tempo nella stessa ’area romana. Dal punto di vista urbanistico entrambe i flussi hanno portato, in una prima fase, alla rioccupazione delle case del centro abitato (con prevalenza di occupazione per le case più comode ed accessibili poste al di fuori del centro storico

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soprattutto da parte degli ex emigrati ed oriundi ) ed in una seconda fase alla trasformazione, ed alla nuova costruzione, di case (legate ad un turismo, di fine settimana ed estivo) concentrate per la maggior parte nei cinque attuali sobborghi (“Campo di Grotte - Fosso Savellano - Marcassiccia”, “Polledrone”, “Ponte”, “Acquacorona” e “Villaggio Ulpia” che vengono spontaneamente a strutturarsi a ridosso della viabilità di fondovalle che circonda il fiume Turano. Il fenomeno del turismo, quale unica opportunità economica, alternativa, che spontaneamente si era venuta ad affacciare al territorio in questione, non è mai stato caratterizzato da flussi costanti né da vere e proprie programmazioni. Malgrado la sua iniziale incidenza nella struttura socio economica locale, di fatto, l’ingresso del “turismo” non è ancora riuscito ad arrestare il continuo depauperamento socio-economico locale. Dopo gli anni “70 sopra citati, tali flussi turistici hanno infatti subito un forte decremento che ha visto al contempo calare ulteriormente la “forza” demografica, pertinente l’originaria popolazione di Paganico; fenomeni questi che in ultimo hanno fatto registrare il calo delle presenze sul territorio con particolare riguardo a quelle di presidio del centro storico. Quale ultima sintesi, in quest’ultimo cinquantennio, al calo demografico ed alle relative problematiche sociali ed economiche, che inevitabilmente si sono venute ad innescare, ha fatto riscontro, da un lato, lo sfaldamento dell’intera organizzazione agricola e quella dei pochi servizi (scuole, negozi, strutture religiose, ecc.) che si erano progressivamente sviluppati nel periodo più florido e fino agli anni “30 del secolo scorso, dall’altro, ha fatto riscontro un miglioramento dei servizi pertinenti la rete stradale di accesso al centro abitato, e quelli di fornitura dei servizi essenziali (luce, gas, acqua potabile, impianti fognari, ecc.) atti a garantire la vivibilità all’interno del Centro abitato stesso. Per tali miglioramenti è d’obbligo rappresentare che gli stessi hanno trovato un prevalente sviluppo nelle aree residenziali di centro abitato poste al difuori dell’antico nucleo storico, lasciando quest’ultimo in una condizione strutturale che a tutt’oggi necessita di urgenti azioni di tutela sia sotto il profilo fisico della sicurezza abitativa, sia sotto quello del “recupero” del proprio patrimonio storico- culturale. Il generale quadro evolutivo urbanistico del territorio del Comune di Paganico, al pari di quello dei consimili centri minori che popolano le aree dell’appennino centrale italiano, ha trovato proprio in quest’ultimo cinquantennio un diverso metodo di rilettura e di programmazione del territorio stesso. Le logiche insediative seguite dalla originaria comunità, erano legate ad esigenze di vita immediate, improntate attorno ai concetti di necessità e di sopravvivenza, ai quali è seguita, più che probabilmente una spontanea organizzazione dell’originario nucleo urbano e dell’ afferente territorio rurale. Organizzazione che via via, nel tempo, attraverso le regole proprie delle medesime comunità si sono trasformate negli statuti e nei più recenti regolamenti. Nel caso di Paganico dallo “spontaneismo” dell’insediamento iniziale, passando per le “regole” statutarie e quelle dei probabili regolamenti, si giunge alla seconda

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metà del secolo scorso, nell’ambito del quale, a seguito degli obblighi e dalle influenze normative, imposti dalla Legge urbanistica fondamentale, la 1150 del 1942, il Comune di Paganico viene a dotarsi nel 1969, dapprima di una Perimetrazione del Centro Urbano redatta ai sensi della L. 765/1967, e successivamente, di un P.R.G. comunale approvato dalla Giunta Regionale del il 17 Maggio 2002, con delibera n. 597. In relazione alla storia urbanistica su esposta risulta evidente come, all’epoca della recente dotazione di detto strumento urbanistico, il totale patrimonio edilizio, sia esso inteso riferito a quello del centro abitato, o a quello delle c.d. “case sparse”, era già stato completamente realizzato (per le specifiche su tale aspetto vedasi l’analisi espressa al seguente paragrafo C) . Più specificatamente, si evince come la redazione del semplice strumento della Perimetrazione del Centro Urbano, avvenuta nel 1969, stia a puntualizzare i confini tra le attività proprie dell’area urbana, fino a quel momento realizzata, e quelle del resto del territorio agricolo. E’ proprio a partire dal periodo storico in cui viene a sollevarsi tale specifica distinzione, e cioè intorno al 1970, e fino al 1980 circa, che per Paganico inizia il fenomeno dell’insediamento di nuove case (legate ai suddetti flussi turistici), nelle ex aree agricole di fondovalle, che portano rapidamente alla nascita dei sopra citati nuclei spontanei delle borgate. L’approvazione del P.R.G. nel 2002, così come concepito dal Comune di Paganico Sabino, e così come rettificato dalla Regione Lazio, viene a rappresentare, dunque, un momento di sintesi urbanistica in cui prevalgono gli indirizzi ed i principii del “recupero del patrimonio esistente”, anziché quelli sulla crescita e sulla “espansione” dello stesso patrimonio. In detto P.R.G., in sede di approvazione regionale vengono infatti a stralciarsi, soprattutto per motivi di conflitto con la tutela ambientale paesistica all’epoca vigente, le previsioni delle pur esigue zone di espansione e artigianali inizialmente previste attorno al centro abitato. Subito dopo l’entrata in vigore del suddetto P.R.G., sulla spinta della tendenza al recupero del patrimonio edilizio esistente, il Comune di Paganico Sabino viene a dotarsi di un primo strumento attuativo di recupero (Ved. atto di Delibera di approvazione del Consiglio Comunale n. 17 del 29 04 2006, pertinente il Piano di Recupero delle due aree di centro storico A7 ed A8 che, fortemente degradate). Nelle mire, invece, di iniziare una specifica politica d’intervento di risanamento e messa in sicurezza del patrimonio edilizio abitativo ricompreso nella zona dell’antico “nucleo storico”, lo stesso Comune, ha già dato avvio ad una prima iniziativa di progettazione attuativa, concernente la redazione di uno specifico “Piano di Recupero” della Sub Zona A1 di centro storico, cioè della zona che coincide con quella porzione di agglomerato urbano identificata con il toponimo de “la Rocca”. Sempre all’interno della politica sul “recupero” ulteriore impegno che ha già assunto il Comune di Paganico Sabino è quello inerente la “Perimetrazione ed il Recupero dei nuclei sorti spontaneamente”, cioè delle borgate dislocate attorno alla viabilità di fondo valle; obiettivo per il quale è al momento in atto la redazione del relativo Piano attuativo.

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B – DESCRIZIONE TERRITORIALE ED AMBIENTALE

Il Comune di Paganico Sabino è tra i comuni classificati come montani essendo la sua altitudine ricompresa tra i 538 ed i 1438 metri s.l.m. Il suo territorio si estende per 9,20 Kmq all’interno del complesso dei Monti Carseolani, a cavallo del fiume Turano, ricomprendendo, verso est, buona parte dei versanti del Monte Cervia, e verso ovest la metà circa del versante orientale del Monte Faito. Il detto territorio confina a nord-ovest ed a nord con il Comune di , a nord- est con il Comune di Varco e quello di , ad est ed a sud-est con il Comune di Colle Giove, a sud e sud-ovest con il Comune di Pozzaglia. Sui lati nord e sud tali confini risultano coincidenti rispettivamente con l’aspra forra del Fosso dell’Obito e con il solco del Fosso di S. Michele. L’intero territorio ha un andamento prevalentemente longitudinale che segue la morfologia delle grandi formazioni calcaree pertinenti le due montagne sopra descritte. A valle e fin sulle linee di mezzacosta le asperità morfologiche di dette formazioni calcaree sono addolcite dagli altrettanto estesi complessi delle arenarie, delle arenarie-marnose, di quelli detritici calcarei e dei conglomerati di matrice calcarea, i quali globalmente seguono anch’essi l’andamento longitudinale. In relazione a tale quadro geo-morfologico l’insediamento produttivo agricolo, sul territorio in esame, si è attestato, fin dall’antichità, all’interno ed a ridosso dei complessi calcarei sciolti e di quelli delle arenarie e delle marne, si da sfruttarne al meglio le loro caratteristiche geologiche, in dipendenza della produttività agricola determinata dalle qualità dei loro relativi suoli. In ragione di tale iniziale specializzazione dell’uso del suolo il presidio umano sul detto territorio vallivo ha trovato logico impostare sui terreni più comodi e più produttivi di fondo valle i vari campi dei seminativi, relegando le colture miste con i frutteti ed i vigneti sugli ampi terrazzamenti naturali, mentre le aree boscate ed i terreni dei pascoli si sono venute a mantenere nel tempo sulle aree di altura. In detto contesto, le zone agricole, impostate sulle aree semi impervie dei grandi terrazzamenti naturali, vengono, a loro volta, ad essere organizzata dall’uomo attraverso l’impiego di gradoni artificiali costituiti da sostruzioni in pietrame giustapposto “a secco”, (le c.d. “macere”), la cui realizzazione, oltre a dipendere dalla morfologia dei luoghi, assume contestualmente (nella maggior parte dei casi) anche il significato di limite della proprietà. E’ in ragione di quest’ultimo aspetto che il ritaglio ed il disegno degli appezzamenti di terreno, di forma genericamente “ poligonale” viene ad infittirsi nel tempo in ragione dei vari frazionamenti delle stesse proprietà, a loro volta scaturenti dai naturali processi di trasferimento ereditario, lasciando a tutt’oggi sul territorio un complesso e strutturato modello insediativo agricolo.

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Dal punto di vista invece insediativo del centro abitato, l’ubicazione di quest’ultimo è da intendersi quale sintesi funzionale di massimo beneficio nel rapporto che si è avuto nel tempo tra le necessità di “protezione” della popolazione, e quelle riguardanti il massimo sfruttamento agricolo-forestale dei suoli. Non a caso, rispetto alle suddette caratteristiche morfologiche e geografiche del territorio, il centro abitato di Paganico viene ad attestarsi all’estremità nord del suo territorio, sulla linea di mezza costa del versante nord-occidentale del Monte Cervia (cioè alla quota di 750 metri s.l.m. circa, che risulta essere la posizione geografica di equidistanza tra le aree di valle e quelle di altura), e nel luogo in cui, sfruttando la presenza del costone roccioso, che lambisce a strapiombo la forra sul fosso dell’Obito, sarebbe risultato più efficace l’approntamento dei vari sistemi di difesa, nonché il contestuale espletamento delle azioni di controllo sul passo dell’Obito. Luogo, questo, attraverso il quale transitava l’arcaica direttrice di transumanza che lambendo il suddetto centro abitato metteva in comunicazione la retrostante area del Cicolano con quella della Campagna Romana. Come accennato in precedenza, la strutturazione rurale del territorio ha avuto il suo massimo sviluppo negli anni trenta del secolo passato e ad essa corrispondeva un assetto fisico delle risorse naturali biotiche completamente diverso da quello attuale. Risulta infatti evidente come all’abbandono delle attività agricole è seguita, progressivamente nel tempo, l’espansione naturale dei boschi. Le vecchie aree agricole (che un tempo si estendevano dal fondo valle fino alla quota degli 800-900 metri, contemplando le aree boscate dei castagneti da frutto ed i boschi cedui e quelli di antica origine secondo precisi e ben circostanziati areali che, fatta eccezione per i querceti del Colle della Macchia, si trovavano lontani dal centro abitato), oggi, in gran parte, risultano coperte da ampie aree boscate naturali, e da boschi in corso di naturalizzazione ed in corso di formazione. E’ da questa nuova realtà territoriale, nell’ambito della quale si assistite alla progressiva “rinaturalizzazione” del territorio, che, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, hanno preso spunto le azioni di tutela naturalistica e paesaggistica (promosse soprattutto dalla Regione Lazio), che, anche per il Comune di Paganico Sabino, hanno determinato non poche problematiche amministrative legate allo sbilanciato eccesso delle azioni di tutela naturalistica, rispetto a quelle di effettivo “recupero”, “rivitalizzazione”, e di “messa in sicurezza” delle strutture antropiche delle ex zone rurali storicamente organizzate, con particolare riguardo per quelle poste in prossimità dello stesso centro abitato. In seno all’argomento della “rinaturalizzazione spontanea” è da precisare ad esempio, come tale fenomeno costituisca da un lato un oggettivo evento positivo, legato all’incremento fisico della stessa risorsa vegetazionale e quindi al potenziamento di quelle specie capaci di evolversi e di stabilizzarsi in modo autonomo (vedasi l’esempio delle faggete, o quello degli antichi boschi c.d.

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naturali con prevalenti fustaie di cerro), dall’altro costituisce invece un vero e proprio vulnus per il territorio, in quanto lo stesso processo di rinaturalizzazione quando investe le aree dei vecchi boschi cedui, o quando attecchisce sulle ex aree dei frutteti e/o dei seminativi, determina, in talune condizioni ambientali (vedansi ad esempio il caso dei terreni sciolti ed aridi, ed in forte pendenza, ed in quelli terrazzati con le c.d. “macere”) un “rischio” per la stabilità ecologica del bosco stesso e per l’afferente porzione di territorio (vedansi in tali casi l’insorgenza di “malattie” dei boschi, incendi, frane, ecc…). In ragione di ciò le estese espansioni boschive tutt’ora in atto meriterebbero una più specifica attenzione nell’ambito del duale rapporto esistente tra “la scelta di accettare ed assecondare l’abbandono delle attività agro-silvo-pastorali a favore dell’imperativo categorico alla tutela estetico-paesaggistica“ e la “scelta gestionale della sospensione controllata dei tagli dei boschi in ragione di un più vasto programma di tutela del territorio, qui intesa sia sotto il profilo della sua messa in sicurezza fisica, sia sotto il profilo estetico-storico-culturale). Tenuto conto di quanto sopra espresso si può quindi a buona ragione restituire un sintetico quadro ricognitivo delle risorse ambientali, biotiche ed abiotiche, presenti nel territorio di Paganico Sabino, seguendo la teoria della ricerca dei “valori” ambientali impostati sul citato dualismo, con il quale, di massima, si va contemporaneamente ad esprimere sia il valore oggettivo della risorsa , sia il suo valore culturale-paesaggistico. E’ così che fra le risorse naturali spicca per eccellenza l’area boscata della zona dell’Obito, ubicata alle falde del versante nord-orientale del Monte Cervia, in quanto, tale accezione, è storicamente riconosciuta dalla stessa comunità di Paganico. Tale territorio boschivo, si compone infatti di castagni da frutto di antica origine che all’attualità soffre anch’esso di un abbandono, pressoché totale, delle antiche attività della castanicoltura. Quale risorsa naturale di notevole interesse è da attribuire alle aree sommitali del Monte Cervia nell’ambito delle quali le praterie xeriche e le faggete costituiscono nel loro insieme un particolare ecosistema o biotopo. Allo stesso modo le antiche formazioni boschive presenti sulle aree di mezza costa del versante occidentale del Monte Cervia ( non lontane dal Centro abitato, negli areali che a tutt’oggi conservano i toponimi di “Cerquitu” e “Colamacchia”, vale a dire Colle della Macchia) costituiscono anch’esse, insieme al tessuto della antica struttura rurale cui sono inseriti, un evidente valore ambientale. Connaturata all’insediamento urbano è l’area naturalistica della c.d. “gola dell’Obito”, la quale oltre a rappresentare un’alto valore paesaggistico viene a connotarsi anche per i valori di ordine storico-antropico in essa contenuti (Ved.nsi la presenza di un mulino e di strutture archeologiche di captazione e convogliamento delle acque del Fosso dell’Obito a servizio dell’ex complesso delle antiche mole posto più a valle, la presenza di strutture di captazione a servizio della ex Centrale Angelini, nonché la presenza del sito archeologico dell’antico “Butto”, cioè del luogo dove venivano smaltiti “i rifiuti” del nucleo abitato sin dal periodo alto-medioevale).

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Di notevole interesse naturalistico è poi l’area c.d. delle grotte di Paganico: un esteso complesso carsico posizionato a mezza costa sul versante occidentale del Monte Cervia, in allineamento di quota, e a non molta distanza, con il Centro abitato. Il suo sviluppo longitudinale (parallelo al verso della valle) e la sua strategica posizione ne aveva fatto nell’antichità luogo di ricovero per le greggi stanziali. Tale originario utilizzo rimanda storicamente ad un totale e diverso “paesaggio”, connotato dai terreni brulli e sassosi nonché dalle complesse formazioni calcaree di grotte più o meno profonde, punteggiate e bordate, nei punti più inaccessibili, da poca vegetazione, per via della forte pressione antropica che all’epoca esercitava la pastorizia locale. A tutt’oggi tale complesso, si trova pienamente inserito nel suddetto processo di rinaturalizzazione spontanea del Monte Cervia e pertanto va a costituire un unicum, di spiccato valore naturalistico, con le aree soprastanti. Fra le risorse naturali merita particolare attenzione il patrimonio idrico in quanto strettamente legato all’approvvigionamento di acqua potabile per uso antropico. In relazione a tale risorsa, fatta eccezione per la buona “portata” della sorgente di “Fonte della Signora”, si constata la presenza sul territorio di piccole sorgenti, aventi basse portate, tra cui alcune ad esaurimento stagionale, la cui maggior parte viene a trovarsi a valle dei grandi complessi calcarei, di quelli detritici e di quelli dei conglomerati. Tra queste sorgenti spicca, per le sue presunte qualità oligominerali, quella di “Fonte Palumbo”, ricadente a valle del complesso delle grotte naturali sopra menzionato. Il quadro conoscitivo ambientale non può infine prescindere dall’evento epocale legato alla realizzazione, nel 1936, del bacino artificiale del Lago Turano, che ha modificato in maniera sostanziale l’antico assetto antropico di fondovalle. A quell’epoca la sottrazione dei coltivi, finiti sotto la linea del massimo invaso del lago, ha contribuito ad accelerare il fenomeno già in atto dell’esodo irreversibile dei braccianti verso le aree della campagna romana. La realizzazione del bacino artificiale, al di là degli obiettivi e dei benefici legati alla produzione di energia elettrica, sul territorio del Comune di Paganico, oltre alla sottrazione delle aree rurali ha comportato la modificazione dell’assetto idrogeologico del fondo valle, in cui annualmente si vengono a registrare forti escursioni del livello del lago, alle quali rimangono associate situazioni di potenziale dissesto idrogeologico.

C – IL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE

Il patrimonio edilizio del Comune di Paganico Sabino risulta composto, per la sua maggior parte, da edifici ad uso abitativo, distribuiti secondo le seguenti tre tipologie insediative: a) Abitazioni in edifici ricadenti nell’areale del Centro Abitato, b) Abitazioni in edifici ricadenti negli areali dei nuclei delle borgate sorte spontaneamente, c) Abitazioni c.d. delle “case sparse”, e dal complesso degli

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edifici rurali dismessi che in parte sono situati nel Centro abitato e la rimanente parte è situata in forma sparsa su tutto il territorio agricolo. Dai dati ISTAT a tutt’oggi pubblicati (cioè quelli riferiti al 14° censimento del 2001), l’intero patrimonio edilizio abitativo ammonta a 260 edifici, nei quali insistono 348 abitazioni. Di queste abitazioni, 106 sono occupate da famiglie residenti, le restanti 242, per circa un 10%, e cioè 24 circa, sono da considerarsi in stato di forte degrado e quindi inagibili, mentre le rimanenti 218 sono da considerarsi occupate dai non residenti, quali seconde case per vacanza. Le abitazioni complessive, effettivamente occupate da residenti e non (cioè quelle realmente poste in esercizio), vengono quindi a stimarsi a circa 324 unità. La superficie media per unità abitativa è pari a 65,46 mq che moltiplicata per il numero complessivo delle abitazioni (348) sviluppa una superficie totale di mq 22.780,08. Sebbene i dati sopra riportati siano riferiti al censimento del 2001, essi non si discostano da quelli più recenti rilevati direttamente dalle informative rimesse dal Comune, dai quali, ad esempio, emerge come le utenze di allaccio dell’acqua potabile, su tutto il territorio, siano complessivamente 358. Volendo considerare che una piccola percentuale di quest’ultime sia da riferirsi alle esigue attività agricole e/o commerciali, ecco che il dato Istat del 2001, sopra elaborato circa le 324 abitazioni effettivamente occupate, torna ad essere un numero con molta probabilità rispondente anche alla attuale realtà. Sul riscontro, inoltre, dei dati provvisori tratti dall’ultimo censimento 2011, i quali mostrano una evidente quanto inarrestabile negatività degli indici demografici, si può affermare che il numero delle attuali abitazioni (occupate e non occupate o inagibili), rispetto alle 348 del 2001, dovrebbero differire di poco, ed a conferma di ciò torna utile il dato fornito dal Comune, secondo il quale i titoli autorizzativi rilasciati, a partire dal 2001, per la realizzazione di nuove costruzioni (a tutt’oggi concluse ed abitate ed ascrivibili tra le abitazioni occupate dei residenti), sono identificabili nel numero di 2 soli casi. Pertanto si può supporre, con buona approssimazione, che il numero globale di abitazioni sul territorio assommi a circa 350 unità. Volendo altresì considerare ancora attuale il dato del 2001 circa il numero di stanze medio rilevato per ogni abitazione (3,53), si ha che il totale del numero delle stanze all’attualità sia: 350 x3,53= 1.235,50 Incrociando i dati disponibili dal censimento del 2001 con quelli sulle attuali utenze di acqua potabile fornite dal comune (detraendo da quest’ultime il n° di utenze per usi diversi da quello abitativo), è possibile determinare in linea di massima la distribuzione delle abitazioni occupate e non occupate nel territorio. Alla stregua di ciò, si ha il seguente quadro di riferimento:

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DISLOCAZIONE DELLE ABITAZIONI SUL N° % TERRITORIO COMUNALE (occupate e non)

Abitazioni ricadenti nel Centro Abitato 297 84,86

Abitazioni nella borgata “Acquacorona” 11 3,14

Abitazioni nella borgata “Ulpia” 10 2,86

Abitazioni borgata “Marcassiccia” 18 5,14

Abitazioni borgata “Polledrone” 4 1,14

Abitazioni borgata “Ponte” 2 0,57

Abitazioni nelle c.d. case sparse 8 2,29

Abitazioni totali 350 100%

Sul totale delle abitazioni rilevate dai dati Istat, opportunamente integrati dai dati reali forniti dal Comune, si ha il seguente prospetto riepilogativo riguardante il numero delle abitazioni esistenti in ragione della rispettiva epoca di realizzazione:

ABITAZIONI IN EDIFICI AD USO ABITATIVO PER EPOCA DI COSTRUZIONE Dati ISTAT 2001 Ante 1919 dal 1919 dal 1946 dal 1962 dal 1972 dal 1982 Dopo il TOTALE al 1945 Al 1961 Al 1971 Al 1981 al 1991 1991

208 32 5 17 77 9 2* 350

59,43% 9,14% 1,43% 4,86% 22,00% 2,57% 0,57% 100%

Da tale prospetto si evince che:  il 68,57% del patrimonio abitativo realizzato prima del 1945, è da considerarsi quale patrimonio storico contenente quei particolari valori insediativi, tipici della cultura rurale, che sono venuti a scemare dopo il 1945.

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 essendo, il territorio comunale, classificato come zona sismica a partire dagli inizi degli anni “80 del secolo scorso si ha che il 96,86% del patrimonio edilizio censito non è stato realizzato con i criteri dettati dalle norme antisismiche. In ragione di ciò risulta evidente come tale patrimonio, coincidente per lo più con quello definito “storico”, è quello che, in seno alla definizione degli obiettivi del presente Documento preliminare del P.UG.C., viene ad assumere una particolare importanza in ragione delle azioni che occorrerà programmare in funzione di una sua urgente messa in sicurezza, al fine ultimo di raggiungere una effettiva agibilità e vivibilità delle zone abitative realizzate prima del 1982.  dal 1972 al 1981 si registra una crescita di edilizia abitativa (ved. il dato del 22%). Questo dato di spicco corrisponde alla richiesta abitativa di seconde case per la vacanza, che in quel periodo era venuta a scaturire dal fenomeno del turismo di massa, fenomeno che, in tale periodo, in contrapposizione al calo demografico della popolazione residente, ha fatto registrare notevoli picchi di pressione antropica sul territorio comunale.

 il 99,43% del patrimonio è stato edificato prima della redazione e dell’entrata in vigore (nel 2002) del vigente P.R.G..

Dai medesimi dati Istat 2001 si evince inoltre che: il N° di stanze medio per ogni abitazione è pari a 3,53 il N° di occupanti per stanza è pari a 0,45 Da tali dati può essere dedotto che il numero di occupanti per ogni abitazione è pari a: 3,53x0,45 = 1,59 da cui si può calcolare che il numero dei potenziali occupanti totali delle 350 abitazioni stimate è pari a: 1,59x350 = 556,50 Dai dati Istat 2001, facendo la debita proporzione tra il numero delle abitazioni occupate dai residenti (106) e quello delle abitazioni occupate dai non residenti (218), si ha che la presenza delle prime è del 32,72% , mentre le seconde sono presenti per il 67,28%. Da tale proporzione può sommariamente venirsi a stimare che i potenziali 556,50 occupanti dell’attuale patrimonio abitativo possono considerarsi così suddivisi: Potenziali occupanti residenti: 182,09 Potenziali occupanti non residenti: 374,41

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Avendo l’abitazione media una superficie di mq 65,46 (Istat 2001), si ha che ad ogni occupante della generica abitazione può essere fatta corrispondere una dotazione di superficie abitativa pari a: 65,46:1,59 = 41,17 mq

Volendo determinare la dotazione di mc abitativi per ogni occupante si ha che, considerando una altezza media (lorda) di un generico alloggio pari a: (2,60+3,10)/2 = 2,85 m (da considerarsi quale media tra le altezze stimate per gli alloggi rispettivamente del Centro storico e quelli restanti nel centro abitato, nelle borgate e nelle case sparse), per ogni occupante si hanno: 41,17x2,85 = 117,33 mc Sul totale delle 350 abitazioni stimate si ha un volume abitativo globale pari a: 65,46(Superficie media per la generica abitazione) x 350 (N° delle abitazioni totali) x 2,85 (h lorda media) = 65.296,35 mc

D – EVOLUZIONE STORICA E STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE Dalla sintetica analisi storico-urbanistica sopra descritta si evince come, a partire dall’epoca di fondazione dell’antico nucleo abitato di Paganico, su quest’ultimo, e sul suo relativo territorio, insisteva un numero esiguo di abitanti. Sul finire del secolo XVII, (quando lo stesso territorio di Paganico era un feudo della Baronia di Collalto) tale numero volge però ad un sostanziale incremento che porta a stabilizzare la popolazione intorno alle 680 unità (ved. Collepiccolo e la Valle del Turano, di Pietro Carrozzoni, pag. 105, luglio 1986, Editrice Il Velino). Questa popolazione negli anni a venire viene ancor più a strutturarsi fino a raggiungere le 862 unità nel 1871 (cioè dopo l’Unità d’Italia e all’inizio della c.d. “epoca moderna”); data questa, da considerarsi, per Paganico, di riferimento in relazione al riscontro di un primo “cedimento” della propria struttura socio- demografica (che all’epoca era totalmente imperniata sulla teoria della civiltà rurale) per via delle prime ondate migratorie a quell’epoca orientate prevalentemente verso i paesi di oltre atlantico). Il decremento di popolazione a quell’epoca registrato viene subito a colmarsi e malgrado le difficoltà politiche nazionali del primo “novecento”, legate agli eventi della prima guerra mondiale, in queste zone montane, ed anche per Paganico, viene a registrarsi un continuo incremento demografico che al 1931 fa registrare un numero di abitanti pari alle 1024 unità. E’ proprio il 1931, statisticamente parlando, la data dalla quale si può far partire la “curva” che segna un andamento demografico negativo che giunge fino ai nostri giorni con il minimo storico di 172 abitanti effettivi residenti (Ved. dati Istat 2011).

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Condizione questa che per assurdo riproietta tale numero di abitanti a quello dell’iniziale stanziamento del periodo medioevale. Tale fenomeno di depauperamento demografico (legato ad un forte flusso migratorio orientato in prevalenza verso le aree industrializzate della campagna Romana), dalla rilettura degli stessi dati Istat, risulta comunque caratterizzato da una prima fase di fortissima discesa della curva demografica che, partendo dai 1024 abitanti residenti del 1931, scende in modo costante ed inesorabile fino ai 196 abitanti dell’anno 1991, facendo registrare così, nell’arco di sessant’anni, un calo della popolazione residente di 828 unità, corrispondente al 80,86% di popolazione in meno rispetto a quella del 1931. Dal 1991 all’ultimo censimento del 2011 si viene invece a constatare un diverso fenomeno di erosione del numero degli abitanti residenti. In tale periodo, l’azione di depauperamento non è infatti più legata a forti fenomeni di drenaggio della stessa popolazione verso la suddetta “area romana”, quanto invece a quello strettamente connaturato con il c.d. “saldo naturale” (cioè la differenza fra il numero delle nascite e quello dei decessi), dipendente quasi esclusivamente dallo stato di vecchiaia della popolazione. In tale recente periodo il decremento della popolazione viene a seguire un andamento che, fatte salve alcune puntuali eccezioni (ved. ad esempio l’ingresso sul territorio di Paganico di stranieri provenienti dall’Europa dell’Est, il reinsediamento stabile di oriundi, ed il nuovo fenomeno di “presa di residenza” da parte di persone provenienti dall’area metropolitana romana, fenomeno quest’ultimo che addirittura si pone con un saldo positivo rispetto al numero delle migrazioni verso la stessa area romana ), vede i 196 residenti del 1991, assottigliarsi ai 172 residenti del 2011, facendo così registrare l’ulteriore 12,24% di perdita di popolazione. In relazione alle problematiche demografiche di quest’ultimo periodo, dai dati Istat emerge infatti che all’indice del saldo naturale sopra citato (che per Paganico ha visto una media annua di 2,22 residenti in meno per ogni anno, dal 2002 al 2011) più propriamente viene a legarsi l’“indice di vecchiaia” della popolazione, che per Paganico, nel 2011 si attesta al valore di 680,00 (da leggersi come numero di anziani, cioè di persone ultrasessantacinquenni, ogni 100 giovani), contro il valore 192,2 rilevato per l’intera provincia reatina, e quello di 146,5 rilevato nello stesso anno per l’intero territorio laziale. La rilettura degli indici demografici che vanno a rappresentare la struttura della popolazione di Paganico (rilevati sempre nell’ultimo censimento del 2011), confermano inoltre uno stato di generale e grave “regressività” della popolazione (si ha infatti che una popolazione viene definita “progressiva”, stazionaria” o “regressiva” a seconda che la popolazione giovane, cioè quella compresa tra 0 e 14 anni di età, sia maggiore, equivalente o minore di quella anziana). Tale regressività, nello specifico, viene a rilervarsi dai seguenti rapporti percentuali: Presenza di popolazione da 0 a 14 anni: 5,6% Presenza di popolazione da 15 a 64 anni: 56,6% Presenza di popolazione da 65 anni ed oltre: 37,8%

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Sono dunque i dati di quest’ultimo periodo che vengono presi a riferimento per la stesura del presente programma urbanistico preliminare, dai quali è possibile derivare che i fenomeni demografici in atto appartengono ad una “nuova tipologia di tendenza demografica”, nell’ambito della quale si sta assistendo a quella che può essere definita come una prima fase del fenomeno spontaneo di “ricambio della popolazione autoctona” attraverso la penetrazione di immigrati provenienti prevalentemente dall’area romana e dall’Est europeo. Tale fenomeno, che può essere fatto partire dal 2001, fa registrare, fino al 2009, un incremento, seppure impostato su numeri esigui, della popolazione residente (nel 2004 i residenti assommano a 196 unità contro i 180 del 2001), per poi collocarsi anch’esso in una successiva fase discendente che riporta a 180 il numero di residenti dell’anno 2011. Anche la curva statistica di questo nuovo fenomeno, all’attualità, si colloca quindi in una sua fase discendente. Ad ogni modo malgrado tale instabilità si può affermare che la variazione assoluta del numero di popolazione residente di Paganico Sabino risente quindi da una parte del decremento della popolazione autoctona, a tutt’oggi anziana ( legato ai naturali decessi ) e dall’altro risente dell’influenza dell’oscillazione di questo nuovo fenomeno immigratorio che seppur debole costituisce al momento l’unica componente, in campo, atta a contrastare il decremento demografico. Logicamente tale fenomeno andrebbe approfondito non solo per comprenderne al meglio gli aspetti strettamente legati alla crescita del solo “numero” della popolazione residente, ma anche per comprenderne le qualità del fenomeno stesso in ragione della c.d. “forza lavoro” che potrebbe esprimere. L’esiguità del fenomeno al momento non consente questo tipo di proiezioni, ma esso, comunque, sin da ora, costituisce un segnale “qualitativo” dal quale emerge che i nuovi ingressi di popolazione finora registrati, e quelli di eventuale prossimo afflusso, sono potenzialmente orientati verso una composizione eterogenea di “nuova popolazione” all’interno della quale vengono ad aversi: a) persone pensionate, b) adulti in attività lavorativa che praticano il pendolarismo, e c) giovani immigrati che svolgono la loro attività lavorativa in loco o nei paesi limitrofi.

E – STRUTTURA DEI SERVIZI PUBBLICI ESISTENTI

In considerazione dei vari eventi storici che hanno portato ad un forte indebolimento della propria struttura demografica, il Comune di Paganico ha comunque da sempre reagito a detti fenomeni ed in generale, sul suo territorio, al di là del depauperamento dovuto all’“abbandono”, registrabile soprattutto nella sua zona agricola, ha mantenuto ed ha migliorato i propri servizi essenziali legati alle c.d. urbanizzazioni primarie nelle zone abitate. Il Centro abitato infatti, risulta

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completamente dotato di rete fognaria e di quella di smaltimento delle c.d. acque bianche. La viabilità principale, che viene a diramarsi dalla Strada Provinciale Turanense, serve sia il centro abitato che le borgate dislocate lungo il fondovalle. Di contro, in relazioni a tali urbanizzazioni, si registra la carenza di strutture fognarie pubbliche nelle aree delle borgate e la stessa viabilità diviene meno efficiente mano a mano che ci si allontana dal Centro e dalle altre zone abitate. Sia nel Centro abitato che nelle borgate si registra una forte carenza di strutture di parcheggio pubblico. Allo stato attuale sia il centro abitato che le borgate sono serviti dalla rete elettrica e telefonica pubblica. Per il Centro Abitato si ha inoltre la presenza di una rete di distribuzione del gas gpl gestita da una società privata. Sia il Centro Abitato che le borgate sono servite da una rete acquedottistica variamente articolata che attinge sia da sorgenti locali (per lo più di bassa portate che vanno a servire le località delle borgate poste lontano dal centro abitato) tra le quali spicca per importanza quella della “Fonte della Signora”, sia da sorgenti dislocate sul territorio di altri comuni (Ved. captazione di Fonte Reusci in territorio di e la Captazione della “Fonte dell’Acquaviva in territorio di Ascrea)

Per quanto concerne i servizi di ordine amministrativo sanitario religioso e commerciale nel Comune di Paganico risultano presenti: o Gli uffici amministrativi del Comune, o N° 1 ambulatorio medico, o N° 1 Dispensario Farmaceutico, o N° 1 Ufficio Postale, o N° 1 Centro sociale diurno, o Chiesa parrocchiale di S. Nicola, o N° 1 Forno, o N° 1 bar o N°1 Ristorante-bar-albergo Altri servizi di ordine ludico-sociale e culturale sono a carico della locale Pro-loco e del Comitato della Chiesa S. Nicola.

F – OBIETTIVI E DIMENSIONAMENTO DELLO STRUMENTO URBANISTICO PROPOSTO E INDIRIZZI PRELIMINARI PER LA FORMAZIONE DELLA NORMATIVA TECNICA DI ATTUAZIONE.

OBIETTIVI Dalle analisi sopra condotte risulta evidente come l’attuale strutturazione antropica del territorio viene a connotarsi essenzialmente per lo stato di degrado della propria originaria struttura rurale, al quale si contrappone il presidio di una debole forza demografica locale, rappresentata da un esiguo numero di abitanti

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la cui maggioranza risulta stanziata all’interno dell’area del centro abitato ed in quelle dei piccoli nuclei delle c.d. borgate. In particolare dal quadro ricognitivo del patrimonio abitativo si evince come l’utilizzo dello stesso, in minima parte, e cioè per circa 1/3, è esercitato dagli abitanti residenti, mentre per i restanti 2/3 è esercitato dalla c.d. popolazione fluttuante proprietaria delle abitazioni utilizzate per vacanza. Da tale spaccato emerge chiaramente che parallelamente al depauperamento (che si è venuto ad avere in maniera sempre più forte), delle risorse antropiche, originariamente proiettate in una economia di sussistenza legata fermamente al mondo rurale, non è di fatto seguito alcun processo incisivo di “mantenimento in vita”, o di “riconversione” dello stesso territorio. L’utilizzo di quest’ultimo risulta infatti fortemente ridotto rispetto al passato, ed in linea di massima, dei suoi totali 9,20 Kmq di territorio, solo il 20% circa può considerarsi usufruito dalla attuale popolazione. In questi ultimi ottant’anni di storia, al generale “abbandono del territorio” sono infatti corrisposti, da un lato la decrescente “continuità di utilizzo” da parte dei residenti, e dall’altro una altalenante, quanto flebile fruizione turistica del territorio medesimo. A fronte di tale situazione, chiaramente rileggibile dagli indici socio-demografici sopra riportati, è divenuto compito dell’amministrazione comunale proporre un aggiornato strumento urbanistico atto ad accogliere “nuove scelte programmatiche capaci di dare una inversione di tendenza ai fenomeni disgregativi della comunità di Paganico Sabino”. Attraverso la redazione del presente Documento Preliminare del P.U.C.G., si tenta dunque di fissare alcune linee di ordine programmatico-urbanistico, (derivanti dalle spinte più prettamente di ordine socio-economico), tramite le quali si viene a prendere atto dei suddetti ultimi “fenomeni demografici”, e contestualmente a sancire una programmazione urbanistica che sia in grado di recepire le aspettative della popolazione residente e di quella che in maniera più complessa è legata all’uso turistico del territorio.

In base a queste due componenti vengono dunque a definirsi i seguenti duplici obbiettivi urbanistici:  Salvaguardia e sviluppo del “territorio” investito dalle azioni (attuali e potenziali) che garantiscono la continuità di vita della popolazione residente. In ragione di tale principio divengono obiettivi imprescindibili quelli della tutela fisica del territorio atta a garantire la sicurezza idrogeologica, della tutela fisica del relativo patrimonio edilizio abitativo (con particolare riguardo alla messa in sicurezza sismica ed al miglioramento igienico sanitario), del miglioramento delle strutture e dei servizi pubblici (quali: accessibilità pedonale e delle merci all’interno del centro abitato, viabilità e facilitazione all’avvicinamento al centro storico

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nonché avvicinamento ai servizi ed agli uffici pubblici, ridistribuzione delle aree di parcheggio, ecc…), della puntuale previsione delle zone sulle quali poter svolgere le attività artigianali locali e quelle produttive, energetiche, ecc. (logicamente improntate su azioni di modesta entità), e del “reinquadramento” generale delle risorse agroforestali, con particolare riguardo per quelle agricole di pregio (nel loro risvolto agro-turistico) onde consentire un loro più mirato utilizzo produttivo, al fine ultimo di favorire le aspettative di “sviluppo, e relativa nuova crescita”, da parte della stessa popolazione residente:  Reinquadramento del complesso delle risorse antropiche (patrimonio edilizio abitativo ed ex fabbricati rurali, e strutture fisiche del territorio appartenenti alla ex organizzazione agricola) e di quelle naturalistiche (biotiche ed abiotiche), finalizzato alla loro riconversione ai fini della fruibilità turistica del territorio. In relazione a tale mira diviene di fondamentale importanza la tutela del patrimonio storico e di quello naturalistico nonché la definizione di un “nuovo modello strutturale urbanistico” volto, contemporaneamente, sia al recupero delle “strutture e dei sistemi” di valore storico esistenti (quali gli edifici ed complessi storico monumentali - Ved. chiese di S. giovanni, dell’Annunziata, e la ex di S. Giorgio - centro storico del centro abitato con la relativa area della “Rocca”, nuclei storici c.d. delle “Stalle del prato” e della “Costa dell’aspo”, piccoli agglomerati sparsi a valenza storico-rurale, ex viabilità rurale, terrazzamenti agricoli, ex strutture molitorie - Ved. la “Mola” comunale ed i ruderi archeologici dell’antico complesso di “Pianemole”- impianti e strutture costituenti archeologia industriale - Ved. ex centrale per la produzione di energia elettrica, c.d. “Angelini”- boschi di pregio - Ved. Castagneto dell’Obito e la “Faggeta” sul Monte Cervia - aree naturalistiche e fenomeni carsici - Vedansi le aree de le “Grotte di Paganico”, la Gola dell’Obito, Campo di Grotte, “Peschiu Pezzutu”- sorgenti di pregio - Ved. “Fonte della Signora” e “Fonte Palumbo” - area fluviale del Turano, ecc.), sia alla previsione di nuove strutture e servizi atti a dare completezza al programma di sviluppo turistico del territorio. A quest’ultimo riguardo, nella presente proposta di pianificazione, diviene di estrema importanza la messa a punto di un vero e proprio progetto urbanistico, all’interno del quale, dal punto di vista progettuale, si cala l’individuazione dei vari “percorsi attrezzati” con la loro viabilità e rete sentieristica, che globalmente vanno a convergere nel Centro abitato. A tale strutturazione turistica collaborano in modo determinante le varie previsioni delle Zone da destinare a Verde attrezzato (pubblico e/o privato), quelle delle aree attrezzate dei campeggi, quelle delle aree attrezzate per la fruizione delle sponde del Fiume Turano, ecc.., ed in particolare quelle che, in questo Documento Preliminare, sono state definite “Porte di ingresso alle grandi aree naturalistiche della Riserva Naturale del Monte Navegna e del Monte Cervia ” (ved Zone G1B e G1E),

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atte a contenere i relativi servizi turistici. Rimane tacito che in detta strutturazione turistica del territorio le due aree di servizio turistico G1B e G1E vanno a costituire “sistema” insieme ai servizi che, in previsione, possono ampliarsi e svilupparsi nello stesso Centro abitato, il cui areale, in tale visione, costituisce, concettualmente, la “Porta urbanistica principale” di accesso a tutte le risorse del territorio comunale. All’interno di tali previsioni si dà inoltre risalto al miglioramento delle strutture ricettive esistenti, inglobando quest’ultime all’interno di una rete di servizi turistico ricettivi (ricomprendendo tra questi anche le c.d. strutture agrituristiche), il cui nodo principale diviene lo stesso patrimonio edilizio del Centro abitato, ed i cui nodi periferici divengono sia i “nuclei delle borgate” che le varie soluzioni puntuali di carattere agrituristico che potenzialmente potrebbero venire a dislocarsi all’interno delle zone agricole variamente specializzate. Gli stessi nuclei delle borgate vengono dunque ad assumere, nella presente proposta preliminare, una specifica connotazione urbanistica di “aree nodali turistiche” (legate alla loro già sperimentata vocazione turistico-ricettiva e naturalmente a quella di generale carattere residenziale), sfruttando la possibilità del loro “recupero” edilizio ed urbanistico, usufruendo degli effetti della L.R. 28/80 -Perimetrazione e Recupero dei nuclei sorti spontaneamente- sul quale il Comune è già in fase avanzata di pianificazione in parallelo con la presente proposta. Considerata inoltre la “struttura” della popolazione residente, nonché quella della popolazione fluttuante, alla quale rimane associato il fenomeno del turismo, risulta evidente come tale fenomeno è, all’attualità, fortemente connotato da una sostanziale presenza di persone appartenenti alla fascia di età degli ultra sessantacinquenni, fascia di età, questa, che potenzialmente va a rappresentare una più marcata disponibilità, di tali persone, a radicarsi sul territorio. Da ciò ne deriva che nell’ambito della presente proposta, buona parte delle prevedibili nuove attività turistico ricettive possa incentrarsi sull’accoglimento di tale potenziale offerta legata alla terza età, andando in tal modo a realizzare uno specifico modello insediativo turistico che potrebbe trovare attuazione all’interno delle molteplici occasioni di “recupero” e di “completamento” edilizio previste dal presente Documento Preliminare.

I suddetti duplici obiettivi (l’uno legato più propriamente alle questioni di vivibilità offerta ai residenti, l’altro più specialisticamente volto a dare un nuovo indirizzo allo sviluppo del territorio) sono ovviamente da intendersi quali mire da condurre in modo simbiotico tra di loro, e per essi viene ancorché ad auspicarsi una specifica sinergia con le programmazioni che sugli stessi argomenti, trovano la competenza amministrativa degli enti sovraordinati (quali la Provincia di Rieti, la Riserva Naturale Monte Navegna e Monte Cervia, la Comunità Montana ed i Comuni limitrofi). Detta sinergia restituirebbe sul campo notevoli benefici soprattutto riguardo al miglioramento dei c.d. servizi locali, nonché di quelli di valenza sovraccomunale.

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Per quanto concerne lo “sviluppo turistico” un esempio potrebbe essere costituito da quelle “aree nodali” e per quei “servizi” che sono già da ora connotabili come di interesse sovraccomunale (vedasi ad esempio la questione dell’approntamento dei servizi turistici sulle aree nodali su esposte che questo progetto va a definire come “Porte” d’ingresso al territorio montano e di riflesso alle aree della Riserva Naturale del Monte Navegna e del Monte Cervia, oppure vedasi il sistema delle aree attrezzate per la fruizione delle rive del Fiume-Lago Turano, o vedasi altresì la possibilità di realizzare la “Musealizzazione del territorio sovraccomunale”mettendo a sistema le strutture già esistenti e quelle che nello specifico potrebbero svilupparsi dalle previsioni del presente piano urbanistico preliminare)

DIMENSIONAMENTO

Malgrado la registrata tendenza di “regressione demografica” appare evidente che gli obiettivi sopra fissati debbano essere intesi quali possibili strumenti per poter invertire la stessa tendenza negativa in atto. Il dimensionamento del presente Piano, nel tener conto di tali realtà, viene pertanto a commisurarsi alle relative energie da porre in campo onde reagire al fenomeno di lenta “depauparazione demografica territoriale”. Nello specifico, nell’ipotesi di un incremento annuo della popolazione residente pari al 3% , nei dieci anni di proiezione urbanistica, consentita dalle norme, si ha un incremento totale del 30%. Pertanto rispetto ai 172 residenti al 31 Dicembre 2011(Istat 2011), si prevede un incremento di 52 abitanti circa nel decennio a venire, che in considerazione dello standard sopra determinato di 117,33 mc per ogni abitante, comporta un incremento di cubatura edilizio-residenziale di complessivi 52x117,33= 6.101,16mc. Essendo la presente proposta imperniata intorno al concetto di recupero e completamento del patrimonio edilizio esistente, vengono ad escludersi dal presente Piano le previsioni delle zone “C” di espansione, pertanto gli incrementi di cubatura residenziale sopra determinati s’intendono riferiti alle “zone di recupero e completamento” in ragione del potenziamento demografico esclusivamente riferito alla popolazione residente. Tale specifica si rende necessaria in quanto, come si evince dai dati demografico-abitativi sopra riportati, sul territorio del Comune di Paganico Sabino gravitano ben altri carichi antropici dipendenti dagli occupanti delle abitazioni utilizzate dai non residenti per scopi prettamente turistici. Come si è potuto di fatto notare, addirittura, tale presenza antropica di tipo turistico, è in rapporto di due ad uno rispetto a quella prettamente riferita ai residenti, e ciò evidenzia come sia di fatto necessario, in questa sede, prevedere un opportuno potenziamento sia dei servizi turistici legati alla fruibilità del territorio che di quelli legati all’aspetto turistico ricettivo.

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In relazione a tale necessità, con il presente Documento preliminare, parallelamente alle previsioni urbanistiche di rito (cioè quelle legate più propriamente al numero dei soli residenti), s’intende quindi prevedere un modesto sviluppo delle attuali tendenze turistiche. Pertanto, sempre all’interno della teoria del “recupero edilizio ed urbanistico” adottata dal presente documento (ed escludendo quindi la possibilità di prevedere le c.d. Zone “C” di espansione) , altra possibilità di incremento edificatorio, più particolarmente incentrata sul concetto di “sviluppo turistico”, è data dalla riconferma delle aree di Centro storico già assoggettate, o da assoggettare, a Zone di Recupero ai sensi della L. 457/1978, e dalla previsione di “Perimetrazione e Recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente”, in rispetto delle direttive urbanistiche sancite dalla L.R. del 2 Maggio 1980, n° 28, così come sommariamente segnalati e perimetrati nelle Tavv. nn.° 6 e7 della presente proposta preliminare.

Essendo inoltre il presente piano da intendersi quale variazione parziale delle previsioni urbanistiche del vigente P.RG., in esso si intendono altresì riconfermate le generali e/o puntuali previsioni normativo-urbanistiche legate alle zone che non sono oggetto di variazione (vedasi gli elaborati delle Tavv. 6 e 7 della presente proposta preliminare nelle quali le nuove previsioni e variazioni di zonizzazione sono state elaborate con disegno a colori, mentre le zonizzazioni vigenti che s’intendono riconfermare sono state elaborate con disegno in bianco e nero).

INDIRIZZI PRELIMINARI PER LA FORMAZIONE DELLE NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE

Come specificato in Premessa, il presente Documento preliminare del P.U.G.C. viene a costituire aggiornamento e variazione del vigente P.R.G. in ossequio dell’Art 32 della Legge Regionale n° 38 del 22 Dicembre 1999 resosi attuativo, per il Comuni della provincia di Rieti, a seguito della avvenuta approvazione, da parte della Provincia di Rieti, del Piano Territoriale Provinciale Generale (Ved. Deliberazione n. 14 del 15 Aprile 2009 del Consiglio Provinciale) ed a seguito della conseguente attribuzione delle deleghe in materia di urbanistica alla stessa Provincia di Rieti (S.O. n. 115 al Bollettino Ufficiale n. 25 del 7 Luglio 2009).

In relazione a tale adempimento, il presente Documento Preliminare, nei propri aggiornamenti e variazioni si va a conformare allo strumento del Piano Territoriale Provinciale.

Tenuto conto che parte del territorio comunale ricade all’interno del perimetro della Riserva Naturale Monte Navegna e Monte Cervia, così come sinteticamente riportato nella Tav. n° 4 del Presente Documento Preliminare,

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Considerato che l’intero territorio Comunale ricade nel regime vincolistico normato dal Piano Territoriale Paesistico, ambito n° 6, nonché nel nuovo regime vincolistico dettato dal PTPR della Regione Lazio, così come sinteticamente riportato nella medesima Tav. n° 4 del Presente Documento Preliminare, Tenuto dunque conto delle norme e dei vincoli contenuti nei suddetti piani, le previsioni urbanistiche elaborate dal presente Documento Preliminare del P.U.G.C. possono dunque essere così sintetizzate:  Variazioni della zonizzazione del Centro Abitato concernenti: o La modifica dei perimetri delle sottozone A3, A7 ed A8 di centro storico, al fine di determinarne più completamente i relativi areali, in funzione delle effettive omogeneità dei degli edifici storici ivi presenti da assoggettare a recupero ai sensi della L. 457/1978. Nello specifico in relazione alle riperimetrazioni delle sole zone A7 ed A8, essendo su tali aree già vigente lo specifico strumento attuativo del Piano di Recupero, con la presente variazione, tenuto conto delle limitazioni imposte dalla Regione Lazio in sede di approvazione del suddetto Piano di Recupero, s’intendono stralciate dalla Zona A7 gli areali soggetti a tali limitazioni, e allo stesso tempo si riconferma la validità di detto Piano di Recupero per tutte quelle altre aree che, a suo tempo, sono state effettivamente approvate dalla Regione Lazio e che in questa sede vengono opportunamente ridelimitate (Ved. elaborato grafico della Tav. n° 6 del presente Documento Preliminare; o L’individuazione delle ulteriori sottozone A9 ed A10 di centro storico da assoggettare a recupero ai sensi della L. 457/1978, costituite da particolari aggregati storico edilizi meritevoli di tutela; o La rettifica della perimetrazione delle due zone B1 del vigente P.R.G., concernenti rispettivamente l’individuazione, al loro interno, di due ritagli di Zona omogenea B3 atti a dare specifica risposta urbanistica alle rispettive necessità di completamento di tali zone attualmente considerate erroneamente “sature” dallo stesso strumento vigente; o L’individuazione di una specifica zona da destinare ad Impianti tecnologici per scopi di pubblico servizio ed utilità (Ved. Zona S10). In particolare si segnala l’importanza di previsione di tale zona in riferimento alla potenziale attuazione di programmi energetici volti ad applicare e sperimentare le c.d. energie rinnovabili quali gli impianti fotovoltaici ecc. nonché di tutti quei vari impianti tecnologici centralizzati, che, previa verifica ambientale, risultino di beneficio per la vivibilità del centro abitato e delle singole abitazioni.

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o L’integrazione delle aree di parcheggio degli autoveicoli già previste nel vigente P.R.G.., in cui le cui nuove dislocazioni tentano di “servire” al meglio le varie zone di centro abitato con particolare riguardo a quella del centro storico che, allo stato attuale, risulta essere la più penalizzata in termini di “avvicinamento” e “penetrabilità”. o L’individuazione di una zona di Verde pubblico attrezzato e di recupero ambientale (Ved. Zona G1A) fungente da area verde di transizione tra il centro abitato e l’area naturalistica della Riserva Naturale del Monte Navegna e del Monte Cervia, posta più in quota ed a ridosso del limite superiore del Centro Abitato medesimo.  Variazioni della zonizzazione in zona agricola per via del ritaglio e perimetrazione delle aree non più di uso agricolo, e cioè di quelle coincidenti con i “nuclei edilizi sorti spontaneamente” che sono da riclassificare come Zone B ai sensi dell’Art. 12 della L.R. 2 Maggio 1980, n. 28 (ved. Zone BT1, BT2, BT3, BT4, BT5, BT6). Tale Perimetrazione, e la relativa previsione di “Recupero” di tali nuclei, s’intende dunque riferita alle procedure dettate dalla stessa L.R. del 2 Maggio 1980, n° 28, cui il Comune di Paganico, contestualmente alle previsioni del presente Documento Preliminare, ne ha già promosso l’applicazione attraverso la redazione della specifica Perimetrazione e del contestuale Piano di recupero. A tal riguardo si viene a specificare che la “perimetrazione” dei nuclei sorti spontaneamente, così come riportata nell’elaborato della Tav. n° 7 del presente Documento Preliminare, s’intende comunque subordinata alla effettiva Perimetrazione, redatta in rispetto della L.R. del 2 Maggio 1980, n° 28, che il Comune di Paganico andrà ad approvare prima della adozione del P.U.G.C.. Detta “perimetrazione effettiva” dovrà dunque essere puntualmente richiamata e graficizzata negli atti di adozione del P.U.G.C.. In relazione a tale subordinazione si viene a specificare che i perimetri fissati nell’elaborato grafico della Tav. 7 del presente Documento Preliminare sono pertanto da intendersi di puro orientamento ed indicazione. I detti perimetri e le relative aree, in fase di recepimento da parte del futuro P.U.G.C., potranno quindi subire modificazioni, aggiustamenti ed anche accorpamenti, in funzione della effettiva verifica dello standard di zona B secondo quanto disposto dal Decreto Interministeriale del 2 Aprile 1968, n° 1444.  Variazioni sulla zonizzazione di Zona Agricola consistente nella previsione di ricognire e perimetrare il patrimonio edilizio rurale di valore storico dismesso ( le cui cellule sono diffuse su tutti gli areali di Zona agricola in forma di piccoli aggregati o in forma sparsa), si da porlo a recupero edilizio abitativo. In tale previsione, il detto patrimonio avendo i pieni

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connotati fisico tipologici riconducibili agli oggettivi valori storici del luogo, per esso, all’interno del presente Documento Preliminare, se ne dispone la previsione di Recupero edilizio ai sensi della Legge 457/78 si da rintracciarne il complesso del proprio sistema insediativo, il quale, in virtù della suddetta azione di recupero, è da intendersi quale unicum urbanistico di assoluto valore storico. A tal riguardo si fa notare che, per tali fabbricati, la legislazione vigente ne ha disposto l’iscrizione al Catasto Edilizio Urbano avendo gli stessi perso i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali. La ricognizione sopra disposta di detti fabbricati nella sua puntualità viene rimessa in seno alla successiva fase di stesura dell’effettivo P.U.G.C.  Variazioni della zonizzazione di Zona Agricola, consistente nella sommaria “individuazione delle sottozone a diversa vocazione e suscettività produttiva”, così come definite dall’Art. 52 della L.R. 38/99 (Ved. Zone F1, F2, F3, F4, F5, F6, F7, F8, F9, F10, ed FN ).  Nuove previsioni, e rettifica di quelle riportate nel vigente P.R.G., inerenti l’assetto della viabilità agricola, di quella inerente l’accessibilità veicolare e pedonale al centro abitato ed ai nuclei delle borgate, e di quella di raccordo dei tracciati escursionistici legati alla fruizione delle aree agrituristiche e di quelle più prettamente naturalistiche, che complessivamente convergono nello stesso centro abitato.  Nuove previsioni, e rettifica di quelle riportate nel vigente P.R.G., inerenti la strutturazione e messa a sistema delle Zone Sportive e di Verde Attrezzato (pubblico e privato) poste a servizio del Centro abitato e delle zone naturalistiche vocate alla fruizione turistica (ved. Zone G1, G2, G3, G1A, G1B, G1C, G1D, G1E, G1F, G3A). In tale contesto assumono particolare riguardo le Zone G1B e G1E ragguagliate nel presente Documento Preliminare come aree di “Porta“ d’ingresso naturale alla Riserva Naturale del Monte Navegna e del Monte Cervia.  Nuove previsioni, e rettifica di quelle riportate nel vigente P.R.G., inerenti la dislocazione delle aree da destinare a Parcheggio nel centro abitato, nell’area cimiteriale, a ridosso della viabilità nelle zone agricole, e nelle aree naturalistiche montane e fluviali. In seno a tale nuova strutturazione delle aree di parcheggio, viene ad assumere particolare importanza la previsione delle zone di Parcheggio attrezzate allo stazionamento dei camper ( ved. le due Zone S8 poste l’una all’estremità sud del centro abitato, l’altra a ridosso della Zona G1B di Verde attrezzato e servizi per l’ingresso all’area naturalistica della Riserva naturale Monte Navegna e Monte Cervia ).  Nuova previsione inerente la dislocazione di due modeste aree artigianali (ved. Zone S9) l’una posta a naturale continuità del centro abitato e l’altra ubicata a ridosso delle urbanizzazioni già esistenti a ridosso della

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località “Bivio di Paganico”, in prossimità della strada provinciale Turanense.  Integrazione e modifica delle previsioni già riportate nel vigente P.R.G. riguardanti il miglioramento funzionale delle due strutture turistico ricettive esistenti in località “Bivio di Paganico-Polledrone” rispettivamente riportate nella Tav. n° 7 con le sigle ST1 (Struttura turistico ricettiva costituita da un albergo con ristorante) e St2 (Struttura turistico ricettiva già utilizzata per scopi sociali e religiosi, legata prevalentemente allo svolgimento di attività di incontro sociale di gruppi e scautismo)  Rettifica della perimetrazione del Centro Abitato così come trascritto nella Tav. A del PTPR (Piano Territoriale Paesistico Regionale) sotto la voce “Proposta di modifica dei PTP”, in quanto il detto perimetro è riportato sulla citata Tav A secondo un andamento che non coincide con la reale estensione dello stesso Centro abitato; dal che ne deriva che quest’ultimo, nell’attuale regime di norme di salvaguardia dei PTPR, risulta erroneamente assoggettato alla norma più restrittiva coincidente con la normativa della Tutela Integrale dell’ex PTP ambito n° 6. La proposta di rettifica dunque si viene ad estrinsecare in una nuova linea di perimetrazione del Centro abito da concepirsi quale limite effettivo delle azioni antropiche legate alla vivibilità del centro abitato stesso. In relazione a ciò si trova ragionevole enunciare che al momento, tale linea, per il centro di Paganico Sabino, sia quella che va a ricomprende il limite della totalità delle varie zone di Centro storico, di completamento, di verde pubblico, dei servizi pubblici e della modestissima area produttiva rappresentate nel Presente Documento Preliminare

Per quanto attiene alle previsioni, ed alle relative zonizzazioni del vigente P.R.G. che non sono interessate da variazioni e/o rettifiche urbanistiche, esse, e la loro relativa validità normativa, s’intendono riassorbite e reiterate nel presente Documento Preliminare in quanto compatibili con le previsioni del Piano Territoriale Provinciale. Tali zone, nei relativi grafici delle Tavv. 6 e 7 del Documento Preliminare in oggetto, per poter rimanere distinte dalle effetive variazioni, compaiono dunque con disegno in bianco e nero. Per quanto invece attiene alla zonizzazione che va a contemplare nuove proposte contenenti azioni edificatorie o di dotazione di Servizi, le stesse sono state graficizzate nei succitati elaborati grafici con disegno a colori. Per ognuna di tali Zone si formulano i seguenti indirizzi normativi:  L’attuazione sulle Zone e sulle Sub Zone A di Centro Storico è consentita previa redazione del Piano di Recupero (quest’ultimo da intendersi esteso alle U.M.I. all’uopo individuate che possono coincidere anche con l’interezza c.d. cielo-terra di ogni singolo fabbricato o proprietà). Per le

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zone di recupero A/ ed A8, così come ridelimitate nel presente Piano, si continuano ad attuare le norme dei relativi Piani di Recupero già approvati.  L’attuazione sulle Zone B di completamento poste all’interno del Centro abitato sarà di tipo diretto. Per la Zona B3 individuata a ridosso di Via Roma l’edificazione sarà consentita in ragione del completamento tipologico della schiera di case all’interno della quale la stessa zona B3 è ricompresa (edifici su tre livelli). sulla Zona B3 ubicata a sud del Centro Abitato, cioè quella che rimane delimitata da Via Monte Cervia, sarà consentito la trasformazione d’uso ad abitazione attraverso le operazioni di miglioramento igienico-funzionale, con mantenimemto dello stesso numero di piani, e con riadattamento delle altezze interne pari a mt 2,70 per ogni piano abitabile si da garantire la rispondenza alle norme igienico sanitarie. Per quanto concerne la Zona B4 sarà consentito il risanamento igienico sanitario nei volumi esistenti con relativa possibilità di aumento del 20% della stessa cubatura esistente. Nei lotti liberi della Zona B4, autonomamente riconoscibili nel loro ritaglio catastale (così come certificato al 31 dicembre 2011) sarà consentita l’edificazione di completamento, per i soli ed esclusivi scopi pubblici o sociali legati anche all’approntamento di servizi per la fruizione dell’area naturalistica della Riserva Naturale del Monte Navegna e del Monte Cervia, il cui indice di Fabbricabilità sarà equiparato a quello delle Zone B di cui al Vigente P.R.G, cioè pari ad 1mc/mq.  L’attuazione sul complesso delle Zone BT di Recupero dei nuclei sorti spontaneamente (Ved. Zone BT1, BT2, BT3,BT4, BT5 e BT6), avverrà tramite Piano Particolareggiato in rispetto delle procedure sancite dagli Artt. 7 ed 8 della L.R. del 2 Maggio 1980, n° 28. In seno alla stesura di detto Piano Attuativo, all’interno di tali zone oltre al recupero degli edifici esistenti sarà possibile, previa verifica degli standards urbanistici, ai sensi del Decreto Interministeriale del 2 Aprile 1968, n° 1444, la previsione di zone a verde pubblico, parcheggi, servizi turistici, nonché completamenti edilizio-abitativi sui lotti liberi (quest’ultimi così come certificati catastalmente a tutto il 31 Dicembre 2011) in virtù dell’orientamento “turistico-ricettivo e/o residenziale che il presente Documento Preliminare va a definire. Tenuto conto che dette zone rientrano nella classificazione di Zona omogenea B del Decreto Interministeriale 2 Aprile 1968, n. 1444, così come sancito dall’Art. 12 della L.R. 2 Maggio 1980, n. 28, si avrà che il recupero edilizio degli edifici esistenti sarà mirato a ristabilire le loro condizioni di idoneità igienico sanitaria e funzionale, e strutturale, nonché sarà mirato a ristabilire le loro condizioni di compatibilità tipologico- estetico-ambientale. L’eventuale edificazione che potenzialmente potrà invece essere prevista sulle aree libere, sarà equiparata all’effettivo standard edilizio di zona B che verrà a ricavarsi in sede di effettiva perimetrazione nell’ambito della stesura del P.U.G.C.. L’indice di

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fabbricabilità su tali lotti liberi non potrà comunque superare il valore di 1mc/mq, cioè quello che attualmente è l’indice di fabbricabilità, vigente, nelle zone “B” del Centro abitato. Tali nuovi edifici, al fine di limitarne il loro impatto ambientale, avranno il loro sviluppo verticale impostato su un unico piano fuori terra.  Sulle Zone G1B e G1E definite dal presente Documento Preliminare come Zone Di Verde Attrezzato e servizi, costituenti “Porta“ di ingresso alle aree della Riserva Naturale del Monte Navegna e del Monte Cervia (in quanto aree nodali dal punto di vista dei servizi di tipo ambientale-turistico poste a sistema con l’area nodale principale che è quella coincidente con il Centro abitato), l’attuazione sarà di tipo diretto e potrà essere di iniziativa privata o pubblica. Nello specifico per la Zona G1B - essendo la stessa caratterizzata dalla presenza di testimonianze archeologiche (legate alle antiche attività molitorie) nonché dalla presenza dell’edificio e delle relative strutture della ex Centrale idroelettrica “Angelini”, ed essendo inoltre interposta tra l’area naturalistica G1C (area che per i propri valori ambientali ed archeologici è da considerarsi un parco extra urbano) e le aree di fruizione delle rive del Fiume Turano (ved. area G1D) - si ha che le strutture di Verde pubblico attrezzato e quelle atte ad ospitare i vari servizi turistici determinano nel loro insieme un sistema funzionale complesso in cui possono trovare localizzazione le seguenti strutture specifiche: o Ufficio per l’informazione turistica per l’accesso alla Riserva naturale; o Locali espositivi e di musealità tematica (al chiuso ed all’aperto) legata alla rilettura sul luogo dei temi del mulino ad acqua ed a quelli dell’ambiente fluviale nonché a quelli naturalistici dell’ecotopo della “Gola dell’Obito”; o Piccola Area di campeggio per “tende” con ricreazione di modelli sperimentali, a carattere didattico, tratti dalla storia antropologica locale (capanne temporanee in pietra e/o legno aventi carattere di amovibilità); o Area picnic o Aree per rimessaggio di piccole barche, biciclette, ecc.; o Aula per incontri e convegni; o Bar; o Locali di servizio. In tale previsione di sviluppo dell’area in esame si contempla anche l’eventuale ipotesi di riattivazione della ex Centrale idroelettrica Angelini. In relazione a ciò si specifica che detta azione di riattivazione, opportunamente e preventivamente verificata nella sua fattibilità, dovrà essere opportunamente calibrata (nella sua struttura e nella sua potenza produttiva) in ragione degli scopi che con essa si vogliono raggiungere (riattivazione per scopi di carattere esclusivamente produttivo, scopi di

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carattere produttivo-didattici o scopi prettamente didattici, ecc.), si da consentirne la realizzazione in simbiosi con il programma dei servizi turistici sopra esposto. Per quanto invece attiene alla Zona G1E, essa riguarda l’areale che, come quello della Zona G1B sopra descritta, viene a specializzarsi quale ulteriore ingresso alle aree fluviali ed a quelle montane della Riserva Naturale in quanto sullo stesso ricade la presenza del Monumento archeologico di epoca romana c.d. della Pietra Scritta, nonché la presenza della sorgente di acqua termale denominata Fonte Palumbo. Oltre a tali qualità la zona G1E gode della peculiarità di trovarsi proprio al di sotto del complesso naturalistico-carsico delle c.d. Grotte di Paganico. Anche in tale zona si prevede dunque di attuare in forma diretta le seguenti attrezzature e servizi commisurate agli obiettivi sopra espressi: o Strutture di captazione della sorgente di Fonte Palumbo e relative strutture e locali per l’imbottigliamento ed uffici; o Parcheggi; o Strutture e servizi per la fruizione dell’area archeologica di Pietra Scritta con allestimento della relativa musealizzazione all’aperto; o Aree, di connettivo tra le varie strutture, organizzate a parco- giardino tematico; o Strutture di ingresso alla rete sentieristica di comunicazione con la sovrastante area naturalistica delle Grotte di Paganico, e con l’area naturalistica fluviale, e relativa musealizzazione all’aperto di detti temi naturalistici; o Piccola area di campeggio per “tende” con ricreazione di modelli sperimentali, a carattere didattico, tratti dalla storia antropologica locale (capanne temporanee in pietra e/o legno aventi carattere di amovibilità); o Aree picnic variamente dislocate, per la fruibilità dell’area naturalistica fluviale e di quella a ridosso della sorgente di fonte Palumbo; o Locali di servizio.

In generale per le nuove zonizzazioni la relativa normativa tecnica farà riferimento alle norme dettate dal PTPR vigente.

Paganico il 07 12 2012

Dott. Arch. Enrico Bonanni

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