CURRICULA COSTITUENTI (Allegato B)

Maria Agamben Federici Scritto da Fiorenza Taricone

L’Aquila, 19/09/1899 - 28/07/1984 Laurea in Lettere, insegnante, giornalista

Mandati: Assemblea Costituente Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati: 18 Prima firmataria: 7 Interventi: 31

Contributi nella bibliografia dei Parlamento: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Commissione per la Costituzione Membro Terza Sottocommissione

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 24/06/1953 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale) 12/05/1951 - 24/06/1953 Membro Commissione parlamentare d’inchiesta sulla disoccupazione

Maria Agamben nacque a L’Aquila il 19 settembre del 1899 da Alfredo e Nicolina Auriti. Laureata in Lettere, insegnò Italiano e Storia nelle scuole medie superiori e svolse attività giornalistica. A Roma, dove si era trasferita per motivi di studio, conobbe Mario Federici, autore di testi teatrali e critico già noto. Si sposarono nel 1926, in pieno fascismo. Durante il regime, si trasferì con il marito all’estero, e continuò a insegnare presso gli Istituti italiani di cultura, prima a Sofia, poi in Egitto e poi a Parigi. Fece ritorno a Roma nel 1939 e s’impegnò nella Resistenza. Nello stesso periodo, come delegata dell’Unione donne dell’Azione Cattolica (Udaci), organizzò un piano di assistenza per le impiegate dello Stato, rimaste disoccupate. Nel 1944, in occasione del congresso costitutivo delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani), venne eletta prima Delegata femminile e in questa veste l’anno successivo organizzò il Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile, che costituì un importante momento di confronto delle donne cattoliche. Come rappresentante del settore femminile delle Acli, partecipò nell’inverno tra il ‘44 e il ‘45 ai lavori preparatori di fondazione del Centro Italiano Femminile (Cif), assieme a Mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, futuro Paolo VI, grande sostenitore del Cif, e Maria Rimoldi, presidente delle Donne Cattoliche. Maria Federici ricoprì la carica di Presidente del Centro Italiano Femminile dal 1944 al 1950, ma il radicalismo di alcune sue posizioni non piacque ai vertici del Cif, dove ebbe non pochi contrasti (Fiorenza Taricone, Il Centro Italiano Femminile dalle origini agli anni Settanta, Milano, F. Angeli, 2001). La sua preoccupazione maggiore era quella di educare le masse femminili alla vita pubblica, evento del tutto insolito per le donne cattoliche, che quasi all’improvviso si trovavano a votare prive di una cultura politica che potesse definirsi tale. Maria Federici fu molto attenta alle condizioni materiali della vita quotidiana delle donne, la cui durezza impediva spesso di distrarsi dai bisogni familiari. Lavorò anche per assistere adeguatamente l’infanzia e l’adolescenza attraverso la costruzione di asili, scuole, refettori, aiuti agli emigranti, agli sfollati e ai reduci, ricoprendo la carica di vice presidente della Commissione nazionale Onu a favore dell’infanzia.

Nel 1946 venne eletta all’Assemblea Costituente nel collegio unico nazionale per la Democrazia Cristiana. Ebbe il privilegio, condiviso con poche altre sue colleghe, di far parte della Commissione dei 75, incaricata di redigere il progetto di Carta Costituzionale, e così chiamata per il numero dei suoi componenti, scelti su designazione dei vari gruppi parlamentari in modo da rispecchiarne la proporzione. Ne fecero parte, oltre a Maria Federici, Leonilde Iotti (Gruppo Comunista), Lina Merlin (Gruppo Socialista), Teresa Noce (Gruppo Comunista), Ottavia Penna (Fronte Liberale Democratico dell’Uomo Qualunque), che diede le dimissioni dalla Commissione pochi giorni dopo la nomina e fu sostituita da un uomo. Infine, Angela Gotelli, democristiana, fu nominata nella Commissione sette mesi dopo, in sostituzione del deputato Caristia. Durante il dibattito sull’accesso delle donne alla magistratura, Mari Federici affermò che l’unico elemento discriminatorio per l’accesso doveva essere il merito e non le attitudini. Come componente della Terza Sottocommissione che si occupava del diritti e doveri economico-sociali, presentò una relazione sulle garanzie economiche e sociali per la famiglia, in cui sosteneva che lo Stato doveva intervenire per tutelare le lavoratrici madri ed eliminare tutti gli ostacoli di natura economica che impedivano ai cittadini di formare una famiglia. Nella discussione sul diritto di proprietà e d’intrapresa economica, sostenne la necessità di una riforma agraria, per l’elevazione morale e materiale dei contadini. Nella discussione del Titolo IV, caldeggiò l’eliminazione di ogni ostacolo che relegasse la donna in settori limitati e che fosse d’impedimento per gli uffici pubblici e le cariche elettive. Dopo la sua uscita dal Cif, diede vita all’Associazione nazionale famiglie emigranti (Anfe), di cui fu presidente fino al 1981. Nel ‘48 fu eletta Deputata per la Democrazia Cristiana. Fu relatrice del disegno di legge sulla Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri divenuta legge nel 1950, n.860. Fu socia fondatrice del Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna (1950), insieme alla senatrice Merlin e alle onorevoli Angela Guidi Cingolani e Maria De Unterrichter Jervolino, madre dell’on. Rosa Russo Jervolino. Il Cidd operò dapprima per ottenere l’approvazione della proposta di legge Merlin sull’abolizione delle case chiuse, e successivamente, per assistere praticamente le donne che lasciavano la prostituzione, allo scopo di reinserirle nella vita sociale. Nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò esclusivamente all’impegno assistenziale e culturale, soprattutto in difesa degli emigranti.

È morta a L’Aquila nel 1984.

Adele Bei Scritto da Ilaria Biagioli

Cantiano (PU), 04/05/1904 - Roma, 15/10/1974 Operaia, Sindacalista

Mandati: Consulta Nazionale Assemblea Costituente Senato I Legislatura Camera II e III Legislatura

Progetti di legge presentati: 51 Prima firmataria: 7

Divenuti legge: 3 Interventi: 24 Incarichi parlamentari: 1

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 17/07/1946 - 31/01/1948 24/09/1946 - 01/10/1947 Membro e Segretario Terza Commissione per l’esame dei disegni di legge

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo comunista 08/05/1948 - 24/06/1953 Titoli di nomina III.Disp.: Deputato alla Costituente - Ha scontato anni 7 e mesi 6 di reclusione, in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato Membro X Commissione permanente (Lavoro, emigrazione e previdenza sociale) 17 /06/1948 - 24/06/1953

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 11/06/1958 Membro XI Commissione (Lavoro, emigrazione, previdenza, assistenza sociale, assistenza post-bellica, igiene e sanità pubblica) 06/10/1953 - 11/06/1958 Membro Giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 30/06/1959 Membro VI Commissione (Finanze e tesoro) 01/07/1959 - 15/05/1963 Membro VII Commissione (Difesa)

Adele Bei (Cantiano, 4 maggio 1904 - Roma, 15 ottobre 1974), padre boscaiolo, terza di undici figli, cresce in un ambiente sensibile alle discussioni politiche, ma sarà l’incontro con Domenico Ciufoli, dirigente prima del partito socialista e poi tra i fondatori del partito comunista, che diventerà suo marito e padre dei suoi due figli (Angela e Ferrero), a farle scegliere la militanza.

Nel 1923, a causa delle persecuzioni fasciste, lascia l’Italia e inizia, con suo marito, un lungo periodo di esilio prima in Belgio e poi in Lussemburgo e Francia. Fra il ‘25 e ‘26, quando entra a far parte dell’organizzazione clandestina del partito comunista, è incaricata di recarsi a Parigi e entrare in contatto con i fuoriusciti italiani in Francia.

Nel 1933, in uno dei suoi numerosi viaggi in clandestinità, viene arrestata a Roma, e l’anno successivo, dopo otto mesi di carcere preventivo, è condannata dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato a diciotto anni di reclusione in quanto “socialmente pericolosissima”. Scontati otto anni di carcere fra Roma e Perugia, viene confinata a Ventotene, dove resterà due anni insieme a Di Vittorio, Terracini, Scoccimarro, Secchia. Liberata alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943, dopo l’8 settembre entra in contatto con le bande partigiane laziali e quindi partecipa attivamente alla resistenza occupandosi in particolare del contributo delle donne alla lotta di liberazione.

Alla fine del conflitto, dirigente dell’Unione donne italiane, è l’unica donna nominata alla Consulta nazionale su designazione della Cgil e il 2 giugno 1946 è fra le ventuno donne elette all’Assemblea Costituente, dove si batte perché la carta costituzionale affermi l’uguaglianza dei diritti fra donne e uomini.

Eletta senatrice nelle liste del Pci nel 1948, nel decennio successivo è dirigente e quindi segretaria del sindacato delle lavoratrici del tabacco, che guida con passione e competenza.

Nelle elezioni del 1953 e del 1958 viene eletta alla Camera, dove si concentra sui problemi sociali ed economici della sua regione e della sua provincia d’origine, Pesaro, occupandosi principalmente di politiche del lavoro, della previdenza e delle condizioni degli operai in fabbrica.

Dal 1963, terminato il suo impegno parlamentare, continua a dedicarsi alle lotte in favore delle lavoratrici e dei loro diritti.

Nel 1972 diventa consigliera nazionale dell’Associazione perseguitati politici antifascisti.

Luigi Longo ed Enrico Berlinguer, alla sua morte, la ricordano come una delle donne più intrepide del suo tempo, un’apprezzata dirigente sindacale sempre impegnata a difesa delle lavoratrici italiane. Abile organizzatrice, ma insofferente alla disciplina di partito e sindacato, se convinta dell’opportunità di un’iniziativa non si risparmiava finché non la vedeva realizzata. E forse non le sarebbe dispiaciuto che questa sua inclinazione fosse ricordata.

Bianca Bianchi Scritto da Fiorenza Taricone

Vicchio (FI), 31/07/1914 - 09/07/2000 Laurea in Filosofia e Pedagogia; Insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati: 16 Prima firmataria: 6 Divenuti legge: 3 Interventi: 18 Incarichi parlamentari: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo Partito Socialista Italiano 15/07/1946 - 03/02/1947 Gruppo Partito Socialista Lavoratori Italiani 03/02/1947 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo Unità Socialista 01/06/1948 - 31/01/1950; Gruppo Partito Socialista Lavoratori Italiani 31/01/1950 - 18/05/1951; Gruppo Partito Socialista 18/05/1951 - 29/01/1952; Gruppo Partito Socialista Democratico 29/01/1952 - 24/06/1953 15/06/1948 - 24/04/1953 Membro e Segretario VI Commissione (Istruzione e belle arti)

Bianca Bianchi è nata a Vicchio di Mugello (Firenze) alla vigilia della Grande Guerra, nel luglio del 1914, da Adolfo e Amante Capaggi. Laureata in Pedagogia e Filosofia, ha insegnato in diversi istituti superiori di Firenze, Mantova, Cremona, Genova. Entrata nella Resistenza con il ruolo di staffetta, è stata una partigiana coraggiosa e combattente in prima persona, rifornendo i partigiani di armi e munizioni e salvando numerosi soldati alleati caduti nelle zone controllate dai tedeschi. In piena guerra ha soggiornato in Bulgaria e in seguito ha raccontato questa esperienza in Milinkata, pubblicato a Firenze nel 1973.

È stata eletta all’Assemblea Costituente nel Collegio elettorale di Firenze-Pistoia, per il partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Assieme a Teresa Mattei, ha ricoperto la carica di Segretaria di Presidenza dell’Assemblea. Lei stessa ha ricordato, in una testimonianza personale rilasciata nel 1996, i giorni dell’insediamento: trova alloggio in una pensione vicino a Porta Pinciana e la confidenza con Montecitorio si rivela per lei ancora più difficile della confidenza con una città come Roma, che le sembra enorme rispetto a Firenze. «Me ne vado su e giù per il Transatlantico, rispondo alle domande dei giornalisti curiosi, [...] mi dà l’impressione di trovarmi in un labirinto e mi sento di nuovo una ragazza di campagna. Sono molto tesa quando entro per la prima volta nell’Aula. Lentamente entrano i deputati, li guardo attraverso l’emiciclo prendere posto secondo una geografia politica molto rigida. All’estrema sinistra si dispongono i comunisti, accanto, i socialisti, [...] i compagni mi hanno avvertito di non sbagliare per non trovarmi mescolata a reazionari politici...» ("Alle origini della Repubblica. Donne e Costituente", a cura di Marina Addis Saba, Mimma De Leo, Fiorenza Taricone, Presidenza del Consiglio dei ministri, Commissione Nazionale Parità, 1996).

Nel novembre del 1946 è eletta al Consiglio comunale di Firenze con il maggior numero di preferenze. L’anno successivo segue Saragat e aderisce al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, con la scissione del Psiup, assumendo la direzione del settimanale regionale Il Socialismo toscano.

Eletta nel ‘48 alla Camera dei Deputati nella prima legislatura repubblicana per la lista Unità Socialista, Bianca Bianchi presenta numerose proposte di legge: i suoi interventi riguardano principalmente i temi della scuola, delle pensioni, dell’occupazione. Contraria alle sovvenzioni statali nei confronti della scuola privata, sospettata di concedere con troppa facilità diplomi e titoli, con una gestione “mercantile”, propone di sostituire la parificazione con l’istituzione prefascista del pareggiamento, che offriva migliori garanzie attraverso regolari concorsi per il reclutamento degli insegnanti.

Altri interventi riguardano la tutela giuridica dei figli naturali, l’obbligatorietà del riconoscimento materno, la ricerca di paternità, senza la quale era assicurata agli uomini l’impunità, e l’unificazione dei servizi assistenziali dei figli illegittimi.

Ancora sul tema dei figli illegittimi, parla al Congresso Internazionale delle Donne ad Amsterdam: lei stessa ha ricordato, nel suo toccante libro di memorie, Il colore delle nuvole, dedicato ai suoi nonni Angiolo e Assunta, che al Congresso ognuna doveva parlare della condizione dei figli illegittimi nel proprio paese; quando parla lei e denuncia che in Italia sui documenti del figlio naturale, perfino sulla pagella scolastica, veniva riportata, per indicare il padre e la madre, la dizione “di NN e di NN”, segue uno sdegno generale.

Incaricata al ritorno di presentare un progetto di legge, si mette al lavoro studiando in Biblioteca. Ritenendosi pronta, interviene alla Direzione del Partito chiedendo di prendere la parola su “un problema”, mentre nasconde le mani sotto al tavolo per la paura. Alla fine del suo intervento le dicono brutalmente: Che cosa intendi fare? Lei risponde: Presentare una proposta di legge per la ricerca della paternità e della maternità dei figli nati fuori dal matrimonio. «Si scatenò un putiferio. Un deputato di Milano bestemmiò; altri mi oltraggiarono, gridando parole ingiuriose. Raccolsi il materiale storico e giuridico. Lavorai per otto mesi, visitai brefotrofi, centri di assistenza, provai vergogna, dolore e umiliazione, [...] ricevetti incoraggiamenti e delusioni soprattutto da uomini del partito, che mi rimproverarono la superbia di volermi occupare di un problema giuridico senza aver studiato legge [...] e arrivai a formulare la proposta di legge».

Dal ‘53 al ‘55 diventa l’esperta di problemi educativi per il quotidiano fiorentino La Nazione, dove cura la rubrica “Occhio di ragazzi”, mettendo a fuoco i disagi della scuola italiana. Negli stessi anni fonda la “Scuola d’Europa”, centro educativo di sperimentazione didattica, strutturato secondo il metodo Pestalozzi, che accoglieva ragazzi delle scuole elementari e medie provenienti da tutta l’Italia centro- settentrionale. Dal 1970 al 1975 è vice sindaco di Firenze e Assessora alle questioni legali e affari generali. Alla fine del suo mandato non si ricandida, ma si dedica agli studi e alla passione per la scrittura. È scomparsa nel luglio del 2000.

Laura Bianchini Scritto da Rossana Laterza

Castenedolo (BS), 23/08/1903 - Roma, 27/09/1983 Laurea in Lettere; insegnante, pubblicista

Mandati: Consulta Nazionale Assemblea Costituente Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati: 9 Prima firmataria: 3 Divenuti legge: 1

Interventi: 21

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale 29/09/1945 - 24/06/1946 Segretario Commissione Istruzione e belle arti

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 24/07/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 24/06/1953 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti) 12/05/1952 - 24/06/1953 Membro Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla

Nata a Castenedolo (BS) nel 1903 e spentasi a Roma all’età di 80 anni, Laura Bianchini ha vissuto da “cristiana militante” ogni momento privato e pubblico della sua vita.

Si distingue come protagonista ed animatrice dell’Azione cattolica e diventa Presidente del Circolo femminile bresciano della FUCI (Federazione universitaria cattolica) da cui nascerà il Movimento Laureati, fondato da Igino Righetti e Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI). Il Movimento, proponendosi di elaborare linee guida etico-professionali per i cattolici neolaureati in procinto di affrontare il mondo del lavoro, diventa un vero e proprio laboratorio di idee che nel luglio del 1943, alla caduta del fascismo, arriverà a produrre (con Giorgio La Pira) il “Codice di Camaldoli”, documento fondamentale nell’apporto dei cattolici all’elaborazione della Costituzione. Dunque un cristianesimo sociale che affonda le sue radici nella Rerum Novarum e nel PPI di Don Sturzo e che sarebbe poi giunto alle formulazioni di Dossetti per il quale la solidarietà, lungi dal restare relegata all’ambito caritativo, avrebbe dovuto tradursi in concrete azioni di governo a favore di un’equità distributiva. A questo cristianesimo sociale Laura Bianchini si forma e si ispira coerentemente, dagli studi universitari all’attività professionale d’insegnante, pedagogista e pubblicista fino all’impegno politico di antifascista nella lotta partigiana, di membro prima della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente e infine di Deputata della Camera durante la Prima Legislatura.

A Brescia vive le prime esperienze professionali come maestra elementare, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo classico “Arnaldo” e preside dell’Istituto magistrale. Collabora inoltre, come segretaria di redazione con la casa editrice “La Scuola” per la quale pubblica Il Focolare (antologia di scuola media per le ragazze) e il saggio L’educazione al senso sociale. Dopo l’8 settembre, entra nella lotta partigiana mettendo a disposizione la sua casa per le prime riunioni del CLN di Brescia e per allestire una piccola tipografia in cui si stampano alcuni numeri di “Brescia Libera”, il foglio clandestino dal motto: “esce come può e quando può”, che verrà presto soppresso.

Sospettata e sorvegliata dalla polizia repubblichina, Laura Bianchini ripara a Milano dove, ospite delle Suore poverelle, intensifica la sua attività con le formazioni partigiane cattoliche (Fiamme verdi): presta assistenza ai detenuti di San Vittore, aiuta ebrei e ricercati dai nazifascisti e coordina la stampa clandestina. Usa pseudonimi come Don Chisciotte, Battista e Penelope per firmare gli articoli de “Il Ribelle”, da cui esorta gli italiani a lottare per conquistare la propria libertà usando ”la forza in difesa del diritto” per contrapporsi a chi ripone “il loro diritto nella forza”. Tra il ‘44 e il ’46 il periodico pubblicherà 25 numeri e 11 Quaderni di analisi e proposte politiche. Designata membro della Consulta Nazionale dalla Democrazia Cristiana, Laura Bianchini è fra le donne (13 in tutto) che per la prima volta in Italia entrano a far parte di un’assemblea parlamentare. Avrà l’incarico di segretaria della Commissione Istruzione e Belle Arti.

Nel 1946 viene eletta nella Costituente e, coerentemente con la sua impostazione “personalista e comunitaria”, nel gruppo democristiano aderisce allo schieramento cristiano sociale di Giuseppe Dossetti.

In Assemblea interviene nella discussione generale sui temi dell’educazione, dell’istruzione e della scuola pubblica dichiarandosi, in nome del pluralismo, favorevole all’azione educatrice degli istituti privati, ma senza oneri per lo Stato e richiamando l’attenzione sulla necessità di potenziare l’istruzione tecnica e professionale in armonia con le esigenze del modo del lavoro.

Deputata della Camera nella I Legislatura, è membro della Commissione Istruzione e Belle Arti e della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla.

A Roma Laura Bianchini vive in via della Chiesa Nuova 14, dalle sorelle Portoghesi che aprono la loro grande casa a costituenti democristiani fra cui Gotelli, La Pira, Fanfani, Lazzati, Dossetti e a politici dello schieramento dossettiano. Nel gruppo, denominato Comunità del Porcellino per il fatto che la “burbera” Laura Bianchini –nelle accese discussioni politiche– finiva spesso per dare del porco all’interlocutore malcapitato, si viveva in un clima amichevole e talvolta goliardico, si confrontavano ed elaboravano idee nuove e diverse fra loro, ma tutte finalizzate alla rifondazione di una vera democrazia dopo il Fascismo. Finita la prima legislatura Laura Bianchini si fa da parte e torna all’insegnamento, questa volta al Liceo “Virgilio” di Roma.

«Era piuttosto scorbutica e scostante, burbera, ma sprizzava vita e intelligenza, passione politica, civile e cristiana da ogni poro». Questa la professoressa Bianchini in un ricordo di Paolo Giuntella, il più illustre dei suoi ex allievi, che talvolta invitato con altri compagni a via della Chiesa Nuova per essere sottoposto ad interrogazioni supplementari, veniva invece coinvolto in nuove lezioni più interessanti. In queste animate lezioni la professoressa Bianchini, da “cristiana integerrima”, amava ripetere che «un cristiano non può non essere anticlericale»” perché «il libro più anticlericale della storia» non era certo il Candide di Voltaire, ma piuttosto «il Vangelo di Gesù Cristo».

Elisabetta (Elsa) Conci Scritto da Leyla De Amicis

Trento, 23/03/1895 - 01/11/1965

Mandati: Assemblea Costituente Camera I, II, III e IV Legislatura

Progetti di legge presentati: 80 Prima firmataria: 2 Divenuti legge: 24 Interventi: 70

Incarichi parlamentari: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano: Vicesegretario 01/06/48 - 30/01/52; Segretario 30/01/52 - 24/06/53 11/06/1948 - 24/06/1953 Membro I Commissione (Affari interni) 29/01/1950 - 24/06/1953 Membro IV Commissione (Finanze e tesoro) 10/07/1951 - 24/06/ 1953 Membro III Commissione (Giustizia)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 21/07/1953 - 11/06/1958 22/07/1953 - 11/06/1958 Membro I Commissione (affari interni) 22/07/1953 - 12/02/1954 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale) 07/05/1954 - 11/06/1958 Membro Rappresentanza della Camera all’assemblea consultiva del consiglio d’Europa 15/03/1957 - 11/06/1958 Membro Commissione speciale per l’esame delle proposte di legge costituzionali Aldisio e Li Causi nn. 2046 e 2810 concernenti l’alta corte per la regione siciliana e la corte costituzionale

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano: Segretario 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro II Commissione affari della Presidenza del Consiglio - Affari interni e di culto-enti pubblici 19/11/1959 - 15/05/1963 Segretario e Membro Commissione speciale per l’esame del disegno e delle proposte di legge concernenti provvedimenti per la città di Napoli

16/05/1963 - 04/06/1968 IV Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano: Segretario 01/07/1963 - 01/11/1965 01/07/1963 - 20/01/1965 Membro II Commissione affari della Presidenza del Consiglio - Affari interni e di culto-enti pubblici 19/05/1964 - 01/11/1965 Membro Commissione speciale per l’esame del disegno di legge n. 1450 “Bilancio dello Stato per il periodo 1 luglio - 31 dicembre 1964” 30/10/1964 - 01/11/1965 Membro Commissione speciale per l’esame del disegno di legge n. 1686 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno 1965” Elisabetta, detta Elsa, Conci nasce a Trento il 23 marzo 1895, primogenita di cinque sorelle, figlia di Maria Sandri e dell’avvocato Enrico Conci, futuro deputato alla Dieta di Innsbruck e al Parlamento di Vienna. L’educazione fortemente religiosa ricevuta dalla famiglia ne segna fortemente la vita. Studentessa esemplare, terminato il liceo raggiunge la sua famiglia confinata a Linz e per questa ragione viene accusata di irredentismo, ma il processo penale a cui dovrebbe sottoporsi si arresta grazie ad una amnistia che segue la morte dell’imperatore Francesco Giuseppe.

Nel 1915 si iscrive alla facoltà di filosofia all’Università di Vienna, dove studia per tre anni. Finita la guerra, si trasferisce alla facoltà di Lettere dell’Università di Roma, dove si laurea nel 1920, con una tesi che adattata sarà poi pubblicata su una rivista specializzata.

Durante gli anni universitari partecipa attivamente alla Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI) e più tardi diventa la presidente della sezione romana di questa associazione.

Nel 1920 interviene al Congresso nazionale di Trento della FUCI, presieduto da , presentando una relazione su “La moralità della giovane”, dove esorta alla costituzione di una formazione morale delle studentesse universitarie per contrastare ogni immoralità nelle Università, considerando le donne particolarmente abili a persuadere i loro compagni di studio, con un modello di comportamento onesto. In questa occasione esalta anche l’operato di diverse sezioni femminili dell’associazione, che hanno contribuito sostanzialmente alla rinascita del Paese nel dopoguerra.

Dal 1923 al 1945 insegna tedesco in due Istituti superiori di Trento. Sin dall’inizio della sua carriera di insegnamento, prende a cuore la vita familiare dei suoi studenti ed organizza un doposcuola privato e gratuito. Contemporaneamente partecipa all’Azione Cattolica, dove organizza gruppi di ragazze che aiutano i più bisognosi. Sostiene finanziariamente in istituti per l’infanzia due orfani e, talvolta, ospita nella sua casa altri bambini senza genitori.

Nel 1927 le viene offerta una casa più grande per prendersi cura di altri bambini con situazioni familiari ed economiche difficili.

Nel 1933 viene iscritta al Fascio femminile di Trento ma critica aspramente il governo fascista, come rivelano i suoi scritti “Cronache 1938-1940”, in particolare per le leggi razziali e l’entrata in guerra dell’Italia. Durante la guerra collabora a dare un’assistenza scolastica a numerose persone ed in diversi luoghi.

Conclusasi la guerra entra nel partito della Democrazia Cristiana. Collabora al ripristino dell’ONAIRC, che supporta l’assistenza all’infanzia, e dell’Istituto professionale femminile. Promuove la costituzione a Trento della Scuola Superiore di servizio sociale. Partecipa al primo Comitato provinciale provvisorio della DC trentina e al Congresso provinciale del partito, sottolineando che questa è la prima assemblea politica dove venga ascoltata la voce delle donne, ed esalta il lavoro dalle propagandiste democristiane in tutto il territorio trentino. Inoltre critica l’immoralità che vede diffondersi nel dopoguerra ed invita a vietare i balli pubblici, che considera un oltraggio ai reduci dai campi di concentramento e alle famiglie che sono state pesantemente colpite dalla guerra.

Viene eletta delegata al primo Congresso nazionale del partito e il 2 giugno 1946 diventa Deputata della Costituente.

Sempre fedelissima al partito e profondamente anticomunista, viene nominata membro della “Commissione dei 18” con l’incarico di coordinare gli statuti speciali regionali di autonomia con la Carta Costituzionale e si mostra disponibile alle rivendicazioni di autonomia degli altoatesini di lingua tedesca, tanto che questi la considerano la loro unica intermediatrice alla Costituente. È riconfermata per tre Legislature nella DC della circoscrizione di Trento. Nel 1948 è vice-segretaria del gruppo DC alla Camera e nel 1952 diventa segretaria del partito.

Per il suo attivismo e per il suo attaccamento al partito viene definita la “pasionaria bianca”. Riceve dal Papa Paolo VI la croce “Pro Pontefice et Ecclesia”.

Convinta sostenitrice dell’ideale europeistico, è membro della delegazione italiana al Parlamento europeo di Strasburgo.

Nel 1955 collabora a fondare l’Unione femminile europea, di cui è presidente dal 1959 al 1963, iniziativa che permette lo scambio di idee e la proposta di azione fra donne di orientamento politico di centro e destra. Al congresso dell’Unione tenutosi a Roma rifiuta l’incarico di Presidente perché ritiene fondamentale il rispetto del democratico avvicendamento delle cariche. Nel maggio 1965 si ritira dalla politica a causa di una malattia e si spegne il primo novembre dello stesso anno.

Maria De Unterrichter Jervolino Scritto da Rita Ambrosino

Ossana (TN), 20/08/1902 - 27/12/1975 Laurea in Lettere; Insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I, II e III Legislatura

Progetti di legge presentati: 30 Divenuti legge: 3 Interventi: 104 Incarichi di governo: 3

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Commissione per i trattati internazionali

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 11 /06/1948 - 24/06/1953 Membro II Commissione (Affari esteri)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 11/02/1954 Membro II Commissione (Affari esteri) 11/02/1954 - 06/07/1955 I Governo Scelba: Sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione 09/07/1955 - 19/05/1957 I Governo Segni: Sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione 23/05/1957 - 01/07/1958 I Governo Zoli: Sottosegretario di Stato alla Pubblica istruzione

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro III Commissione (Esteri) 29/07/1958 - 15/05/1963 Membro Commissione parlamentare per la vigilanza sulle radiodiffusioni

Grande studiosa e protagonista della vita politica italiana del secondo dopoguerra, Maria De Unterrichter, il cui cognome originale era von Rechtentahl prima che i fascisti ne imponessero il cambiamento, nacque il 20 agosto del 1902 a Fucine nel piccolissimo comune di Ossana, tra le montagne trentine, dove il padre Guido, Commissario superiore della Guardia di Finanza dell’Austria, era stato trasferito per motivi di lavoro. Allo scoppio della prima guerra mondiale, i de Unterrichter dovettero spostarsi ad Innsbruck e qui Maria, insieme al fratello Guido di un anno più piccolo, presso l’imperiale regio ginnasio intraprese gli studi classici che poi portò a termine al liceo classico Prati di Trento quando, a guerra terminata, era potuta rientrata in Italia con la famiglia. Si iscrisse alla facoltà di Lettere a Roma e durante gli anni universitari curò la sua formazione cattolica nutrendosi degli stimoli derivanti dalle associazioni operanti nella capitale e dalla frequentazione con giovani laici di altri orientamenti politici. Il suo fu un cattolicesimo vivo, aperto; per lei la laicità non consisteva nel non credere, ma nella capacità di lasciare l’altro nella libertà di credere in modo diverso. Iniziò presto ad interessarsi di politica, diventando Presidentessa della FUCI femminile prima e di quella nazionale poi; come delegata per l'Italia dell’associazione internazionale “Pax Romana”, da poco fondata, nel 1924 prese parte al Congresso di Budapest.

Conseguita la laurea, a Trento si dedicò all’insegnamento ed ottenne la direzione dell’Istituto femminile Notre Dame de Sion che lascerà nel 1930 per seguire a Napoli il marito Angelo Raffaele Iervolino, avvocato partenopeo, antifascista, rifugiatosi in Vaticano con la complicità di Papa Pio XII e ministro nel governo Badoglio. Pur nelle difficoltà del periodo bellico, Maria trovò il capoluogo campano in pieno fermento sociale e culturale e da subito si avvicinò agli ambienti impegnati in opere sociali e di carità cristiana a favore delle donne e dei più bisognosi.

A Napoli forte era anche il fervore politico e si andavano ponendo le basi per la nascita della Democrazia Cristiana, il partito cattolico nel quale approdò insieme al marito. Furono entrambi eletti all’Assemblea Costituente nel 1946; Maria fu al fianco di De Gasperi nella Commissione per i Trattati Internazionali e per l’elaborazione dell’Accordo De Gasperi-Gruber con l’Austria sull’Alto-Agide, e prese parte anche alla Sottocommissione di inchiesta per la riforma della scuola.

Eletta deputata nel 1948 e poi nelle due legislature successive nella circoscrizione di Avellino-Benevento- Salerno, fu membro della Commissione Rapporti con l'Estero, compresi gli economici e Colonie; sottosegretario alla Pubblica Istruzione nei governi Scelba, Segni I e Zoli e presidentessa della Commissione ministeriale per l'elaborazione degli orientamenti delle attività educative nelle scuole materne statali. Nel frattempo anche all’interno del partito otteneva importanti nomine come Responsabile dell'Ufficio problemi assistenziali della Democrazia cristiana, membro del comitato permanente per il Mezzogiorno e della Direzione Nazionale.

La sua attenzione ai problemi della scuola e dell’impegno sociale continuò anche dopo la sua attività parlamentare. Rifiutato l’invito del partito a ripresentarsi alle politiche del 1963, si dedicò da quel momento in poi allo studio e alle attività pedagogiche nelle libere organizzazioni, nell’UNESCO e soprattutto nell’OMEP, Organizzazione Mondiale Educazione Prescolastica, della quale presenziò dapprima il comitato italiano per poi venir eletta per 3 mandati vicepresidente mondiale, tra il 1968 ed il 1973. Da sempre in prima linea anche nelle politiche di tutela della donna e della famiglia, entrò a far parte dell’Unione donne cattoliche e fondò insieme alle colleghe alla Costituente, Maria Agamben, Angela Guidi e Lina Merlin, il CIDD, Comitato Italiano Difesa Morale e Sociale della Donna per l’assistenza alle donne che riuscivano a lasciare la prostituzione, aiutandole nel reinserimento in società.

Appassionata sostenitrice del metodo educativo di Maria Montessori, fu proprio lei a riceverla all’Assemblea Costituente quando nel maggio del 1947 fece rientro in Italia dopo che ne era stata allontanata dal fascismo nel 1934, invitando tutte le donne italiane a vedere in lei “una geniale guida nei nostri nuovi compiti politici”. Da quel momento in poi le sue energie maggiori le spese nelle associazioni per la diffusione del metodo, l’AMI, Associazione Internazionale Montessori, e l’OMN di cui fu presidentessa per circa un trentennio. Alcuni anni dopo la sua morte, avvenuta il 27 dicembre 1975, l’Opera Montessori istituì un premio in suo onore per le migliori tesi di laurea sul pensiero e l’opera della scienziata italiana.

Filomena Delli Castelli Scritto da Daniela Astrea

Città Sant’Angelo (PE), 28/09/1916 - Pescara, 22/12/2010 Laurea in Lettere; insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I e II Legislatura

Progetti di legge presentati: 26 Prima firmataria: 5 Divenuti legge: 4 Interventi: 29

Incarichi parlamentari: 2

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 26/06/1948 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti) 26/06/1948 - 24/06/1953 Membro I Commissione (Affari interni) 11/05/1949 - 24/06/1953 Segretario Commissione speciale per la ratifica dei decreti legislativi nel periodo della costituente (n. 520) 12/12/1949 - 24/06/1953 Segretario Commissione speciale per l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sul teatro e sulla cinematografia (nn. 928 e 929)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 16/12/1953 - 11/06/1958 01/03/1956 - 30/06/1956 Membro I Commissione (Affari interni) 01/07/1956 - 11/06/1958 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)

Figure di spessore, colte e battagliere, ma soprattutto donne concrete e presenti, le nostre Madri Costituenti hanno saputo lasciare un segno in un periodo storico essenziale per la storia italiana. Provenendo da realtà sociali e partitiche differenti (quando l’ideologia aveva un suo spessore), si sono unite per trovare soluzioni ottimali per le cittadine italiane in settori come quello del lavoro e della famiglia senza farsi mai portatrici di sterili stereotipi e mostrando sempre un’attenzione forte al bene comune.

Filomena (Memena) era abruzzese e il legame con la sua terra d’origine non è mai venuto meno; e se è vero che le vengono dedicati ancora seminari e giornate di studio, intitolate scuole, è quindi una figura tutt’altro che dimenticata.

Nacque nel 1916 a Città Sant’Angelo (PE) da una famiglia modesta; suo padre Giovanni fu costretto ad emigrare in America per cercare di far fortuna come jazzista. Filomena, ragazza intelligente e capace nel riuscire a realizzarsi, dopo il diploma magistrale iniziò ad insegnare per pagarsi gli studi in Lettere e Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano: riuscì a laurearsi e, parallelamente, a tenersi sempre impegnata nelle attività dell’Azione Cattolica e, successivamente, ad entrare nelle fila della Democrazia Cristiana, fondando una sezione del partito e divenendone Segretaria Provinciale per la sessione femminile. A soli 17 anni era già delegata regionale dell’AC, fortemente antifascista e, in più, donna. Il tutto in un paese in cui le condizioni di vita erano arretrate e difficili.

Sua madre, Pasqualina Di Stefano, era rimasta in Abruzzo, spostandosi prima a Milano e poi a Roma con Filomena. Durante la seconda guerra mondiale ritornarono insieme a Montesilvano (sono i primi anni di insegnamento per Filomena, proprio presso l’istituto in cui aveva studiato per conseguire il diploma).

I successi ottenuti come oratrice nei comizi e il suo ruolo di Segretaria Provinciale le valsero i complimenti di Mario Cingolani, dirigente della DC, che la convinse a trasferirsi a Roma, questa volta per seguire il Movimento Femminile del Partito a livello nazionale. L’attività politica con un occhio rivolto alla sua realtà regionale non venne mai meno, neppure dopo il suo trasferimento e il suo lavoro presso l’ufficio stampa del Presidente del Consiglio. Fu la moglie di Cingolani a vedere in lei la candidata ideale per l’Assemblea Costituente. Una lunga e combattuta campagna elettorale vide Filomena tra le poche esponenti femminili presenti tra i candidati: questo fatto le comportò attacchi feroci, specialmente dagli esponenti dei partiti avversari.

Lottò in prima fila per il diritto al voto delle donne, andò di casa in casa per spiegare come si facesse a votare e quanto fosse importante riuscire a farlo. Conobbe da vicino gli e le abitanti della sua regione.

Il 2 giugno del 1946 fu eletta tra le 21 costituenti, nel Collegio de L’Aquila, rieletta poi nel 1948 alla Camera dei deputati e, ancora, nel 1953. Dopo una sconfitta elettorale, lavorò all’istituto Luce, ma nel 1954 rientrò in politica. Fu parlamentare fino al 1958. Lasciò la politica attiva e si dedicò alla tv dei ragazzi alla RAI fino al 1975, poi al volontariato.

Il suo valore, come donna e come politica, non fu mai messo in dubbio, anzi. Sono noti i tentativi, falliti, compiuti da Nilde Iotti per averla nel suo partito.

Fu sindaca di Montesilvano dal 1951 al 1955. In questo paese realizzò opere valide come la sistemazione della rete idrica per garantire l’accesso all’acqua potabile per i cittadini, curò la costruzione delle strade e venne stimata anche per le sue idee lungimiranti (purtroppo non realizzate) nel settore turistico. È morta nel 2010, all’età di 94 anni.

Dalle ultime interviste rilasciate, traspare ancora un forte interesse per la politica ed una delusione per chi non si fa carico dei problemi comuni della gente: «Io che nel 1946 [...] ero piena di entusiasmo e animata da una indicibile passione per la ricostruzione reale, materiale e morale del nostro Paese, [...] Oggi il sistema politico è messo in un angolo, emarginato, disprezzato come una creatura molesta alla quale le si butta ogni tanto un pezzo di carne, le tangenti appunto, per farla stare buona» (dagli atti del Convegno degli ex-parlamentari del 1988). Le sue parole sono lucide e nel seguito del discorso l’analisi tocca tutti gli aspetti della situazione italiana ribadendo però sempre la genuina passione di donna politica che stima ancora i politici di professione. Colpisce la schietta enunciazione dei problemi delle donne, dei ragazzi, del mondo del lavoro. L’appello finale alle donne resta forte e concreto nella sua richiesta «E per questo mi rivolgo alle donne, perché diano insieme slancio nuovo: gli uomini, purtroppo, nel loro genere, spesso fanno tanta confusione anche nell’affrontare la vita pubblica. Ebbene noi donne dovremmo aiutarli, non contrapporci a loro, aiutarli a fare ordine, a riproporci dalle basi, dalle cose piccole».

Nadia Gallico Spano Scritto da Sonia Gallico

Tunisi, 02/06/1916 - Roma, 19/01/2006 Funzionaria di Partito, giornalista

Mandati: Assemblea Costituente Camera I Legislatura Camera II Legislatura

Progetti di legge presentati: 26 Prima firmataria: 3 Interventi: 60

Incarichi parlamentari: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/05/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 17/11/1949 Membro IX Commissione (Agricoltura e alimentazione) 17/11/1949 - 11/07/1952 Membro VIII Commissione (Trasporti) 16/03/1951 - 24/06/1953 Segretario Commissione speciale per l’esame della proposta di legge di Fadda ed altri n.1513 ”Sistemazione in Sardegna della sovrappopolazione di altre regioni mediante valorizzazione delle risorse agricole ed industriali dell’isola. Istituzione dell’opera per la valorizzazione della Sardegna” 11/07/1952 - 24/06/1953 Membro III Commissione(Giustizia)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 02/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 30/06/1955 Membro X Commissione (Industria e commercio) 01/06/1955 - 11/06/1958 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)

Nadia Gallico è nata a Tunisi nel 1916 in una famiglia laica di ebrei italiani residente nel Paese dalla prima metà dell’Ottocento e appartenente alla dinamica borghesia attiva nel campo delle professioni e dell’intellettualità. Alla vigilia della seconda guerra mondiale sposa il comunista, rivoluzionario di professione, Velio Spano, esule sardo originario del centro minerario di Guspini, ricercato dalle polizie di tutta Europa e circondato dal mito di eroe imprendibile.

Italiani e francesi, maltesi, ebrei e musulmani, reduci della guerra civile spagnola, comunisti e gollisti, suore e liberi pensatori convivono nella Tunisi multietnica, dove Nadia e Velio cominciano la loro vita in comune che non si arrende all’avanzata del nazismo; resistono e combattono nella clandestinità, subiscono, con i loro compagni, tra i quali i fratelli e la sorella di Nadia, Loris, Ruggero e Diana, processi e condanne dai tribunali di Vichy; trovano nella solidarietà offerta a tutti i perseguitati politici dalla famiglia Gallico, che da subito si è schierata nelle file dell’antifascismo, un rifugio sicuro.

Nel gennaio del 1944 Nadia raggiunge a Napoli Velio, che vi si trova dall’ottobre del ’43. La città liberata, con i suoi mille volti della sofferenza umana, laboratorio politico dell’Italia democratica, è la tappa iniziale di una nuova vita. Dopo la liberazione della capitale lavora per la federazione comunista romana e si occupa in particolare dei problemi delle donne, resi drammatici dalla difficile situazione post-bellica, nelle borgate e nei quartieri. Nel 1945, ancora in guerra, viene inviata dal partito a fondare in Sardegna le strutture femminili e percorrerà, paese per paese, un’isola famosa per il suo arcaismo in un paesaggio che le ricorda e continua quello tunisino: Cagliari dalla bianca spiaggia del Poetto, Guspini luogo di antichi affetti e Carbonia, la città delle miniere occupate per mesi dagli operai. La Sardegna diventa una seconda patria, una seconda casa.

Il referendum istituzionale e le elezioni per l’Assemblea Costituente sono la prima grande prova politica per le donne italiane: il 2 giugno 1946, Nadia, che quel giorno compie trent’anni, vi viene eletta nelle liste del Partito Comunista, nel quale continua a militare attivamente. La sua iniziativa più notevole in questo periodo è l’organizzazione, in collaborazione con il Comune di Roma e della Croce Rossa Italiana, di quelli che saranno chiamati “treni della felicità”: convogli che trasportarono 70.000 bambini meridionali, dalle zone più colpite dalla guerra nelle province del Nord, dove famiglie generose li accolgono, nutrono ed educano ai valori della solidarietà come figli propri.

Nadia e Velio, entrambi costituenti, dal 1948 saranno parlamentari eletti in Sardegna: si incontrano, allevano ed educano le loro tre figlie, che vivono stabilmente sull’isola, tra un aereo e l’altro, tra una riunione politica e un comizio, tra l’occupazione delle terre e il viaggio in Cina che Velio compie inviato del giornale “L’Unità” in occasione della proclamazione della Repubblica popolare.

Alla conclusione del suo impegno in Parlamento, Nadia continua la sua militanza di comunista assumendo, di nuovo a Roma, diversi incarichi –culturali, politici e sociali– sempre prodigandosi con grande generosità e competenza. Dirige per vari anni l’associazione Italia-Cecoslovacchia: organizza un’importante mostra itinerante dei disegni dei bambini della città-ghetto di Terezin e segue le vicende della Primavera di Praga attraverso rapporti istituzionali e di amicizia con intellettuali e politici di quel Paese, prima e dopo la repressione sovietica. In seguito, per incarico della Sezione Esteri, si occupa delle relazioni del Pci con Paesi e movimenti del terzo mondo: Vietnam, Sud Africa, Africa subsahariana e Paesi arabi. Resta però forte il legame con la Sardegna, dove campagne elettorali, riunioni, impegni diversi di partito la riconducono di continuo, rafforzando e arricchendo i rapporti di amicizia e di militanza comune che Nadia coltiverà fino alla fine. Nel 1964 muore il suo compagno, ma il grandissimo dolore non impedisce a Nadia di proseguire nell’opera che con lui aveva intrapreso quasi tre decenni prima. Il suo inguaribile ottimismo, la volontà e la fiducia nel prossimo trovano, verso la fine della sua vita, un altro forte stimolo per una nuova attività: il 60° anno della Costituzione repubblicana la trova impegnata a percorrere il Paese per entrare nelle scuole e parlare ai giovani con chiarezza e con simpatia della genesi politica di quel documento che oggi garantisce, con il suo linguaggio semplice e lo stile conciso, il carattere della democrazia italiana, e dell’ambiente culturale e sociale in cui esso trovò forma. Nadia Gallico Spano è morta il 19 gennaio del 2006, lasciando un libro di ricordi Mabruk, ricordi di un’inguaribile ottimista pubblicato alla fine del 2005 dalla casa editrice sarda AM&D.

Angela Gotelli Scritto da Anna de Stefano Perrotta

Albareto (PR), 28/02/1905 - 21/11/1996 Laurea in Lettere, insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I, II e III Legislatura

Progetti di legge presentati: 45 Prima firmataria: 6

Divenuti legge: 15 Interventi: 151

Incarichi parlamentari: 1

Incarichi di Governo: 4

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948 06/02/1947 - 31/01/1948 Membro Commissione per la Costituzione Membro I Sottocommissione

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 01/07/1949 Membro V Commissione (Difesa) 15/06/1948 - 31/01/1950 Membro Commissione parlamentare di Vigilanza sulle radiodiffusioni 15/06/1948 - 24/06/1953 Membro VII Commissione (Lavori pubblici) 01/07/1949 - 24/06/1953 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti) 02/02/1950 - 24/06/1953 Membro Commissione Art.1 Legge 23 agosto 1949 n.61

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 30/06/1955 Segretario VI Commissione (Istruzione e belle arti) 19/08/1953 - 11/06/1958 Membro Commissione speciale per l'esame del disegno di legge n. 71 “Conversione in Legge del D.L. 21/06/1953 n. 451, recante disposizioni sugli scrutini e sugli esami nelle scuole secondarie per l’A.S. 1952/1953 13/12/1954 - 11/06/1958 Membro Commissione speciale per l'esame del disegno di legge n. 1264 (Locazione e sub-locazione immobili/sfratti) 01/07/1955 - 11/06/1958 Vicepresidente VI Commissione (Istruzione e belle arti)

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 30/06/1959 Membro XIV Commissione (Igiene e sanità pubblica) 03/07/1958 - 14/08/1958 II Governo Fanfani: Alto Commissario Aggiunto 'Igiene e sanità pubblica' 30/08/1958 - 15/02/1959 II Governo Fanfani: Sottosegretario di Stato alla Sanità 19/02/1959 - 25/03/1960 II Governo Segni: Sottosegretario di Stato 'Lavoro e previdenza sociale' 01/07/1959 - 30/06/1960 Membro VIII Commissione (Istruzione e belle arti) 02/04/1960 - 26/07/1960 II Governo Segni: Sottosegretario di Stato alla Sanità 01/07/1960 - 30/06/1961 Membro II Commissione (Interni) 01/07/1960 - 30/06/1961 Membro VI Commissione (Finanze e tesoro) 01/07/1960 - 15/05/1963 Membro XIII Commissione (Lavoro e previdenza sociale)

Angela Gotelli nasce a San Quirico in comune di Albareto (provincia di Parma) il 28 febbraio 1905 da Domenico e Tullia Fattori. Laureata in Lettere e Filosofia all'Università di Genova insegna Lettere classiche presso il ginnasio di . Non si sposerà mai, la grande passione della sua vita sarà l'impegno cristiano, politico e sociale, che ella vive come un vero e proprio apostolato.

Negli anni giovanili fino alla guerra è attiva nella FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), di cui viene nominata delegata per l'Italia del Nord-Est e sarà presidente nazionale delle universitarie, succedendo a Maria De Unterrichter. Durante la sua presidenza (dal 1929 al 1933) collabora con , con il presidente Igino Righetti e con mons. Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI. Nel 1934 partecipa alla fondazione del movimento dei laureati cattolici, di cui diventa vicepresidente, con l'intento di formazione e assistenza spirituale ed intellettuale dei giovani laureati per un loro più efficace impegno professionale nell'ambito dell'Azione cattolica.

Dopo l'8 settembre del 1943 è attiva nella Resistenza: presta servizio come crocerossina tra le formazioni partigiane e offre la sua casa di Poggiorasco come sede del locale comando partigiano e asilo per gli sfollati. Trattando lo scambio di ostaggi civili e prigionieri tedeschi a Montegroppo di Albareto riesce ad evitare a parecchi paesi dell'Emilia e della Liguria le rappresaglie tedesche; collabora con il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia e, alla fine della guerra, si attiva per avviare la ricostruzione di Albareto.

Dopo la guerra partecipa alla costituzione della Democrazia Cristiana, di cui diviene ben presto delegata provinciale di La Spezia. È appunto nel III collegio di Genova Imperia La Spezia Savona che nel 1946 sarà eletta all'Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana con 20.257 voti di preferenza.

Riferendosi alle 21 donne dell'Assemblea Costituente, e certamente non dimentica della propria esperienza personale, Angela Gotelli ha dichiarato: «Eravamo tutte donne con esperienze e sofferenze proprie, eravamo balzate un po' in fretta, un po' di colpo all'elettorato attivo e all'elettorato passivo, unite nel desiderio di ricostruire la patria devastata e nella fondazione consapevole e coraggiosa di un nuovo ordinamento».

Angela ha collaborato con passione all'opera di ricostruzione del partito insieme a Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira, , Aldo Moro e Giuseppe Dossetti. Anzi, con loro ha condiviso una vitale esperienza comunitaria a Roma in Via della Chiesa Nuova 14, nell'appartamento delle sorelle Portoghesi, nella famosa "Comunità del porcellino". Fu questa un'esperienza di comunione di vita, ma anche di idee, di speranze, di ideali, che si ispirava soprattutto al pensiero di Dossetti, prima che si diversificassero diverse correnti all'interno del partito e lo stesso Dossetti abbandonasse la politica attiva. Molti dei principi ispiratori della Costituzione– come hanno scritto gli stessi protagonisti –furono elaborati e maturati all'interno del gruppo nella meditazione, nel confronto, nella preghiera. Il 6 febbraio 1947 viene chiamata, in sostituzione dell'on. Carmelo Caristia, alla Commissione dei 75 per la redazione del testo costituzionale e insieme a Nilde Iotti fa parte della Prima Sottocommissione sui diritti e doveri dei cittadini.

È da ricordare, fra i suoi vari interventi, quello relativo al potere giudiziario nell'ambito dell'attività della Commissione per la Costituzione: in accordo con Nilde Iotti e Maria Federici la Gotelli sostenne fortemente il diritto delle donne di accedere agli alti gradi della magistratura, accesso che peraltro, com'è noto, avrà luogo solo molti anni dopo. La sua carriera politica sarà lunga sia a livello nazionale che a livello locale.

È ininterrottamente presente in Parlamento dal 1948 al 1963: viene infatti eletta deputato nella I e nella II legislatura repubblicana (rispettivamente nel 1948 e nel 1953) e nuovamente nel 1958, nella III legislatura, sempre per la circoscrizione di Genova Imperia La Spezia Savona. Durante l'attività parlamentare fa parte di varie Commissioni permanenti, Difesa, Lavori Pubblici, Istruzione e Belle Arti, per ricordarne solo alcune. Nel corso della III legislatura ricopre molti incarichi governativi: è due volte sottosegretario di Stato alla Sanità (dal 1958 al 1960) e sottosegretario di Stato al Lavoro e alla Previdenza sociale (1959-60) durante i governi Fanfani, Segni e Tambroni.

Sempre attenta al sociale ed ai problemi della donna, nel marzo 1947 era stata eletta, nel II Convegno nazionale del Movimento femminile della DC (Assisi, marzo 1947) vicedelegata nazionale, insieme ad Elsa Conci, sotto la direzione di Maria De Unterrichter Jervolino. Nel 1966 dà la sua adesione al Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna (CIDD), costituito nel febbraio 1959 da Lina Merlin con alcune deputate democristiane, tra cui Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici, Angela Guidi Cingolani. Inoltre, dal 1963 al 1973 è presidente dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia (ONMI). Nonostante questa intensa attività politica a livello nazionale, la Gotelli mantenne sempre un forte legame con il territorio di origine, anche attraverso il palazzo De Paoli-Gotelli, a Porciorasco, villa dove l'onorevole trascorse molti soggiorni. Inoltre si impegnò per molte realizzazioni nel territorio di elezione, Val di Vara, La Spezia, Alta Val Taro. Fu sindaco di Albareto dal 1951 al 1958, dove fece costruire molti edifici scolastici e fece realizzare l'acquedotto Cento Croci.

Quando la salute la costringe ad abbandonare la politica attiva, Angela Gotelli si ritira ad Albareto, dove muore il 20 novembre 1996 e qui viene sepolta nella tomba di famiglia. Il suo ricordo è ancora vivo nel territorio: Albareto le ha intitolato una strada, Varese Ligure una piazza, la già Piazza Pieve.

Angela Maria Guidi Cingolani Scritto da Roberta Schenal

Roma, 31/10/1896 - 11/07/1991 Laurea in Lingue e letterature slave; Impiegata statale, Ispettrice del Lavoro

Mandati: Consulta Nazionale Assemblea Costituente Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati: 8 Prima firmataria: 1 Divenuti legge: 2 Interventi: 16

Incarichi di governo: 1

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948 12/12/1947 - 31/01/1948 Membro Commissione speciale per l’esame del disegno di legge recante ”Norme per l’elezione del Senato della Repubblica” 19/01/1948 - 31/01/1948 Membro Commissione speciale per l’esame dei bozzetti per l’emblema della Repubblica

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 11 /06/1948 – 10/07/1951 Membro II Commissione (Affari esterni) 15 /06/1948 - 24/06/1953 Membro X Commissione (Industria e commercio) 12 /12/1949 - 24/06/1953 Membro Commissione speciale per l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sul teatro e sulla cinematografia (nn. 928 e 929) 27/07/1951 - 16/07/1953 VII Governo De Gasperi: Sottosegretario di Stato all'Industria e commercio

Angela Maria Guidi nasce nel 1896 in una famiglia della borghesia cattolica romana e compie i suoi studi nel collegio delle suore dorotee al Gianicolo. Qui conosce Maria Cristina Giustiniani Bandini, presidente dell’Unione donne cattoliche d’Italia (Udci), espressione di un movimento femminile polemico contro il femminismo pervaso da spinte anticlericali e animato da una tradizionale visione cristiana della donna. Dal 1915 dà prova del suo impegno civile nelle opere di assistenza resesi necessarie durante la Prima guerra mondiale e nel 1918 si iscrive alla Gioventù Femminile cattolica italiana, appena fondata da Armida Barelli con l’intento di coinvolgere le masse femminili ad un impegno militante quotidiano da intendersi come un vero e proprio apostolato. La Guidi risponde occupandosi di valorizzare il lavoro femminile attraverso il cooperativismo ed agendo in seno all’Opera nazionale per gli orfani di guerra, chiamata dal segretario don . Quando costui nel 1919 fonda il Partito Popolare, la Guidi vi si iscrive, risultandone la prima tessera femminile; guiderà la segreteria del gruppo femminile fino allo scioglimento nel 1926. Sempre assertrice della funzione fondamentale della cooperazione, nel 1921 fonda il Comitato centrale per la cooperazione e il lavoro femminile, e, anche grazie a viaggi di studio, matura un’esperienza che la proietta su scala internazionale come rappresentante della cooperazione femminile in vari congressi. Nel 1924 partecipa come unica donna e vince un concorso presso l’Ispettorato del lavoro. Negli anni del consolidamento della dittatura fascista si trova costretta a passare un anno a Ginevra, poi, nelle riunioni clandestine di partito, conosce l’ex parlamentare del PPI Mario Cingolani, che sposa nel 1935. Ripresi gli studi universitari all’Orientale di Napoli, dove consegue la laurea in Lingue e letterature slave, collabora attivamente a tutte le fasi dell’organizzazione della Democrazia cristiana e nel 1944 è la sola donna eletta al primo Consiglio Nazionale del partito, investita anche del ruolo di Delegata nazionale del Movimento femminile della DC.

L’anno successivo viene nominata membro della Consulta Nazionale Italiana con altre dodici donne e suo è il primo intervento di una donna a Montecitorio. Già combattiva assertrice del suffragio femminile, la Guidi esprime l’insoddisfazione per la limitatezza degli spazi politici riservati alle donne, delle quali con orgoglio ribadisce la raggiunta maturità a rivestire ruoli determinanti nella politica e nel sociale.

Alle elezioni del 2 giugno del 1946 è eletta all’Assemblea Costituente con 18.165 voti di preferenza e alle elezioni del 18 aprile del 1948 alla Camera dei deputati con 22.779 voti di preferenza. La Guidi interviene nella discussione dell’importante legge, ratificata nel 1950, sulla “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”, deterrente contro licenziamenti o penalizzazioni verso le donne in maternità; in quello stesso anno è fra le promotrici del Comitato Italiano di difesa morale e sociale della donna (CIDD), le quali, sensibili allo stato di disagio delle donne entrate nel giro della prostituzione, sosterranno il progetto di legge approvata nel ’58 per l’abolizione delle “case chiuse” (legge Merlin). Nel 1951 De Gasperi la nomina Sottosegretario di Stato all’Industria e al Commercio, con delega all’Artigianato, ed è così la prima donna italiana ad entrare in un governo. Caduto nel 1953 il governo De Gasperi, la Guidi lascia l’impegno politico nazionale per dedicarsi all’attività amministrativa a Palestrina quale Sindaca. Importante è il suo impegno per la valorizzazione del patrimonio archeologico della città e per la sua vita culturale, rivitalizzata grazie alla fondazione dell’Accademia internazionale Giovanni Pierluigi da Palestrina. Scomparsa nel 1991, la Guidi è stata insignita di una medaglia d’oro al merito della sua attività politica nell’ambito di una cerimonia organizzata per il suo novantesimo compleanno (1986).

Leonilde (Nilde) Iotti Scritto da Giulia Salomoni

Reggio nell’Emilia, 10/04/1920 - Poli (RM), 04/12/1999 Laurea in Lettere, insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e XIII Legislatura

Progetti di legge presentati: 166 Prima firmataria: 11 Divenuti legge: 14 Interventi: 1.237 Incarichi parlamentari: 13 Atti di indirizzo e controllo: 105

Contributi nella Bibliografia del Parlamento: 18

Presidente della Camera: VIII, IX e X Legislatura

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948 (Segretario dal 11/02/1947 al 31/01/1948) 25/06/1946 - 31/01/1948 Segretario Giunta delle Elezioni 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Commissione per la Costituzione Membro I Sottocommissione 25/09/1947 - 31/01/1948 Membro I Commissione per l’esame dei disegni di legge (subentra a Pietro Secchia)

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista, Segretario 01/06/1948 - 24/06/1953 08/05/1948 - 24/06/1953 Membro e Segretario della Giunta delle elezioni 15/06/1948 - 24/06/1953 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 11/06/1958 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti)

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro II Commissione (Affari della Presidenza del Consiglio Affari interni e di culto, Enti pubblici)

16/05/1963 - 04/06/1968 IV Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/07/1963 - 04/06/1968 01/07/1963 - 10/01/1967 Membro I Commissione (Affari costituzionali, Organizzazione dello Stato, Regioni, Disciplina generale del rapporto di pubblico impiego) 02/01/1966 - 04/06/1968 Membro IV Commissione (Giustizia) 05/06/1968 - 24/05/1972 V Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista, Membro e Vicepresidente 09/07/1968 - 24/05/1972 05/06/1968 - 24/05/1972 Membro Giunta per il regolamento 10/07/1968 - 02/09/1969 Membro I Commissione (Affari costituzionali, Organizzazione dello Stato, Regioni, Disciplina generale del rapporto di pubblico impiego) 21/01/1969 - 24/05/1972 Membro Rappresentanza della Camera nel Parlamento europeo 02/09/1969 - 24/05/1972 Membro III Commissione (Affari esteri, Emigrazione) 23/02/1971 - 24/05/1972 Membro Commissione parlamentare per il parere al Governo sui decreti da emanare in esecuzione dei trattati di Lussemburgo del 21 e 22/04/1970 (Bilancio, in sostituzione dei contributi finanziari degli stati membri con risorse proprie della comunità, regolamento dei finanziamenti della politica agricola comune)

25/05/1972 - 04/07/1976 VI Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 25/05/1972 - 04/07/1976 25/05/1972 - 04/07/1976 Vicepresidente della Camera dei Deputati 25/05/1972 - 04/07/1976 Membro III Commissione (Affari esteri, emigrazione) 01/08/1972 - 04/07/1976 Membro Commissione parlamentare per il parere al governo sui decreti da emanare in esecuzione dei trattati di Lussemburgo del 21 e 22/04/1970 (Bilancio, in sostituzione dei contributi finanziari degli stati membri con risorse proprie della comunità, regolamento dei finanziamenti della politica agricola comune) Membro Rappresentanza italiana al Parlamento europeo 26/10/1972 - 04/07/1976

05/05/1976 - 19/06/1979 VII Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 05/07/1976 - 19/06/1979 15/07/1976 - 19/06/1979 Membro Giunta per il regolamento 27/07/1976 - 19/06/1979 Presidente I Commissione (Affari costituzionali) 06/10/1976 - 19/06/1979 Membro Rappresentanza italiana al Parlamento europeo

20/06/1979 - 11/07/1983 VIII Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 20/06/1979 - 11/07/1983 20/06/1979 - 11/07/1983 Presidente della Camera dei Deputati 05/07/1979 - 11/07/1983 Presidente della Camera dei Deputati

12/07/1983 - 01/07/1987 IX Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 12/07/1983 - 01/07/1987 12/07/1983 - 01/07/1987 Presidente della Camera dei Deputati 09/08/1983 - 01/07/1987 Presidente Giunta per il regolamento

02/07/1987 - 22/04/1992 X Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 09/07/1987 - 13/02/1991 Gruppo comunista - PDS 13/02/1991 - 22/04/1992 02/07/1987 - 22/04/1992 Presidente della Camera dei Deputati 16/07/1987 - 22/04/1992 Presidente Giunta per il regolamento

23/04/1992 - 14/04/1994 XI Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista - PDS 30/04/1992 - 12/05/1992 Gruppo Partito Democratico della Sinistra 12/05/1992 - 14/04/1994 09/06/1992 - 14/04/1994 Membro III Commissione (Affari esteri e comunitari) 24/06/1992 - 09/10/1992 Membro Commissione speciale per le politiche comunitarie 30/06/1992 - 14/04/1994 Presidente Delegazione parlamentare italiana all'Assemblea della CSCE 03/08/1992 - 14/04/1994 Membro Commissione parlamentare per le riforme istituzionali 10/03/1993 - 14/04/1994 Membro Commissione parlamentare per le riforme istituzionali

15/04/1994 - 08/05/1996 XII Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo progressisti-federativo 21/04/1994 - 08/05/1996 25/05/1994 - 03/05/1995 Membro I Commissione (Affari costituzionali) 28/06/1994 - 30/06/1995 Membro Delegazione parlamentare italiana all’Assemblea della CSCE 03/05/1995 - 08/05/1996 Membro III Commissione (Affari esteri) 01/07/1995 - 08/05/1996 Membro Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE)

09/05/1996 - 29/05/2001 XIII Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo Democratici di Sinistra / L’ulivo 15/05/1996 - 24/02/98 04/06/1996 - 18/11/1999 Membro III Commissione (Affari esteri) 17/10/1996 - 18/11/1999 Membro Delegazione italiana all’Assemblea dell’Unione Europa occidentale 17/10/1996 - 18/11/1999 Membro Delegazione italiana all’Assemblea del Consiglio d’Europa (Presidente dal 06/01/1999 al 18/11/1999) Dimissioni dal Mandato parlamentare accettate il 18 novembre 1999

Leonilde Iotti nacque a Reggio Emilia nel 1920 da una famiglia di condizioni non agiate; il padre era un ferroviere, perseguitato dal regime fascista per le sue idee socialiste, e dovette fare molti sacrifici per consentire alla figlia di terminare gli studi presso la facoltà di Lettere dell'Università Cattolica di Milano.

All'inizio del secondo conflitto mondiale Nilde si iscrisse al PCI e il suo impegno fra i partigiani della città natale le consentì di essere designata responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD), struttura fondamentale nella guerra di Liberazione. Tali gruppi operativi femminili si proponevano di creare una rete di solidarietà e aiuto ai combattenti della Resistenza raccogliendo alimenti, medicinali e vestiti, garantendo attraverso le numerose staffette il mantenimento dei contatti tra un gruppo e l'altro, organizzando le evasioni dei partigiani dalle carceri, preparando le case-rifugio e trasportando volantini e armi. Nilde Iotti ricoprì, dal 1943, il ruolo più rischioso: quello di porta-ordini. Da responsabile del GDD di Reggio Emilia, Nilde si fece interprete di quella coscienza civile e politica, che le donne iniziarono a manifestare durante il periodo bellico, dopo secoli di esclusione dalla vita pubblica e dopo vent'anni di dittatura fascista.

A 26 anni, dopo il Referendum del 2 giugno 1946 e una breve esperienza nel Consiglio comunale di Reggio Emilia, Nilde fu eletta membro dell'Assemblea Costituente tra le fila del PCI, riuscendo a raccogliere quasi sedicimila preferenze. Lì, in quella che ella stessa definì come “la più grande scuola politica a cui abbia mai avuto occasione di partecipare anche nel prosieguo della mia vita politica”, prese parte attivamente alla Commissione dei 75, che ebbe il compito di redigere la bozza della futura Costituzione repubblicana da sottoporre all'intera Assemblea. In questa sede si occupò proprio della parte riguardante la famiglia e con forza ribadì la necessità di emancipare le donne in ogni campo socio-politico e garantire loro la piena dignità di cittadine.

Nell'ambito dei lavori della I Sottocommissione si batté per l'affermazione del principio della parità tra i coniugi, del riconoscimento dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto. Si dichiarò, inoltre, nettamente contraria all'introduzione del principio dell'indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale.

Per tutta la sua carriera politica Nilde Iotti prese sempre le difese delle categorie più penalizzate, in primo luogo delle donne, e sempre dai banchi del PCI, partito dove fu pienamente accettata dopo la morte nel 1964 del suo compagno di vita, Palmiro Togliatti, che per lei aveva lasciato la moglie e un figlio creando un enorme scandalo sia dentro che fuori dal partito. Dai GDD nacque un'importante associazione che dal 1944 in poi si occupò di creare un nuovo laboratorio politico e sociale femminile: l'Unione Donne Italiane (dal 2003 Unione Donne in Italia), della cui sezione di Reggio Emilia Nilde divenne segretaria nel primissimo dopoguerra.

Le strade dell'UDI e della “Signora della Politica” resteranno estremamente affini: insieme si batteranno per la pensione alle casalinghe, per la riforma del diritto di famiglia del 1975, per il diritto al divorzio e all'aborto e per eliminare tutte le possibili forme di discriminazione nei riguardi delle donne.

Nilde Iotti ricoprì la carica di Presidente della Camera dal 1979 al 1992, un arco di tempo che copre ben tre legislature: è un primato che nessun altro riuscì ad eguagliare né prima né dopo di lei. In questo ruolo si segnalò per grande capacità di equilibrio, di mediazione e per la sua saggezza. Nel 1993 ottenne la Presidenza della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali. Nel 1997 venne eletta Vicepresidente del Consiglio d'Europa, dove già dall'anno precedente rivestiva anche l'incarico di presidente della delegazione italiana.

Tra i numerosi riconoscimenti della sua abilità politica ne vanno anche ricordati due, anche se non coronati da successo: nel 1987 ottenne un incarico di governo con mandato esplorativo da parte del Presidente della Repubblica Cossiga che si concluse senza esiti, è la prima donna e la prima esponente comunista ad arrivare così vicina alla Presidenza del Consiglio; nel 1992 fu la candidata di sinistra alla Presidenza della Repubblica. Nel 1999 diede le dimissioni da tutti gli incarichi pubblici e si ritirò a vita privata per gravi motivi di salute; alla sua uscita dall'aula di Montecitorio le fu tributato un lunghissimo applauso. Morì poco dopo, il 4 dicembre 1999, nella clinica Villa Luana di Poli (Roma) per un arresto cardiaco.

Nel 2006, divenuto Presidente della Repubblica, , nel discorso pronunciato alle Camere durante il giuramento, la ricordò con questa frase: «E ancora, abbiamo da contare –mi si lasci ricordare la splendida figura di Nilde Iotti– sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l'enorme spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili».

Teresa Mattei Scritto da Stefania Ricchiuto

Genova, 01/02/1921 - Lari (PI), 12/03/2013 Laurea in Filosofia; Insegnante

Mandati: Assemblea Costituente

Interventi: 1 Incarichi parlamentari: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948 25/06/1946 - 31/01/1948 Segretario Ufficio di Presidenza

Teresa Mattei è la testimonianza vivente degli anni italiani del cambiamento più autentico. Donna di semi, donna di sassi, giunge ad una età oggi densa e robusta, custodendo preziosa la tenacia di una lotta imponente.

Nata a Genova il 1° febbraio 1921, abbraccia la militanza antifascista già nella precocità famigliare, tanto da partire, ad appena 16 anni, alla volta della Costa Azzurra per far giungere un sostegno economico ai fratelli Rosselli, Carlo e Nello. Il viaggio ha come epilogo imprevisto l’arresto a Bozzolo, nella canonica di Don Primo Mazzolari, ma allo stato di detenzione segue un immediato rilascio dovuto alla falsa ammissione di Teresa di trovarsi in quel luogo per esigenze spirituali. L’episodio non comporta alcuna intimidazione interiore e quell’anima battagliera diviene piuttosto un fuoco ardente e alimenta ancor di più la linfa vitale di una rabbia già degna e orgogliosa.

Nel 1938, nel pieno di un’attività autonoma e clandestina che prevede la distribuzione di volantini “casalinghi” inneggianti alla urgente libertà, Teresa viene radiata da tutte le scuole italiane in seguito al suo netto rifiuto di rimanere nell’aula scolastica durante le aberranti lezioni sui princìpi della razza. Calamandrei e La Pira, fedeli amici del padre, ne diventano così i precettori personali, aiutando questa donna, giovane e coraggiosa, a dare la continuità dovuta al percorso della sua conoscenza, facendola approdare, da privatista, alla maturità. Il privilegio avuto sarà sempre custodito con dovizia nello scrigno delle relazioni più inestimabili, che si palesano fin da subito non solo come magnifiche affinità elettive, ma anche come incommensurabili laboratori umani di pensiero critico e organizzazione della lotta. Ad appena 22 anni, Teresa partecipa con il fratello Gianfranco, allievo e pupillo del Prof. Natta, ad un incontro milanese animato dai più distinti intellettuali del tempo, riunitisi presso il Politecnico meneghino al fine di dare analisi e forma all’impegno assunto contro la dittatura. Mentre Gianfranco abbandona la carriera accademica per riservare energia infinita alla costituzione dei gruppi armati, Teresa, ribattezzata Chicchi, agisce impavida in operazioni rischiose e complesse, come quella che mira a far saltare dei vagoni di dinamite nascosti in un tunnel, azione riuscita, durante la quale però muore il compagno Dante. La bicicletta sarà la sua salvezza, insieme al suo acuto ingegno: inseguita dai tedeschi, irrompe in un’aula universitaria convincendo il Prof.Garin, di cui era tesista, a far finta che fosse in svolgimento una seduta di laurea. Il giorno dopo, con piena convalida, le sarà riconosciuta quella laurea ottenuta nell’escamotage di un atto salvifico. Quando le affidano il compito delicatissimo di recarsi da Firenze a Roma, per consegnare le matrici di stampa alla redazione capitolina dell’Unità, Teresa conosce l’insostenibile ferita, intima e anche politica, dello stupro di gruppo: bloccata dalla polizia tedesca e portata a forza in un casale, in cinque abusano del suo corpo, di un corpo paradossalmente resistente, che si immola al martirio della violenza più insopportabile pur di non rimettere agli aguzzini quei preziosi materiali. In fuga, si nasconde per poche ore in un monastero e raggiunge la Capitale. Divenuta partigiana e nominata Comandante di Compagnia nel Fronte della Gioventù, deve affrontare un’altra sofferenza straziante: il suicidio dell’amatissimo fratello, che preferì immolare se stesso nella caserma di via Tasso anziché tradire i propri compagni sotto tortura. Il dolore non scalfisce gli intenti e Teresa è parte attiva nell’attentato al filosofo repubblichino Gentile.

Fondatrice dei Gruppi di Difesa della Donna, iscritta all’UDI e al PCI, nella fase post-bellica e finalmente democratica verrà ripagata delle lacrime e del sangue: ad appena 25 anni è eletta nell’Assemblea Costituente, della cui Presidenza è Segretaria fino al 1948. In dissenso ostile con Togliatti, rifiuta la candidatura alla Camera: all’atto fiero e dignitoso conseguirà l’espulsione dal partito, che comprometterà la prosecuzione politica del suo operato, ma non certo la continuità civile. Negli anni ’60 esprime l’altezza del suo impegno sociale fondando a Milano un Centro per la progettazione di servizi per l’infanzia, a cui affiancherà negli anni successivi la costituzione della Lega per il diritto dei bambini alla comunicazione.

Sulla scia della missione intrapresa, nel 1998 propone che l’art. 3 della Costituzione relativo alla “pari dignità dei cittadini” contempli, tra le varie declinazioni dell’uguaglianza, anche l’età.

Signora della mimosa, è stata l’artefice del simbolo dell’8 marzo: quando Longo le suggerisce di tradurre anche in Italia l’usanza francese di animare la Giornata della Donna con i fiori, scarta i mughetti perché rari e le orchidee perché costose, optando per l’accessibilità di queste pagliuzze fragili e accese, e per la potenza della loro levità.

Si è spenta nella sua casa di Lari, in provincia di Pisa, il 12 marzo del 2013, all'età di 92 anni.

Angelina Livia Merlin Scritto da Fiorenza Taricone

Pozzonovo (PD), 15/10/1887 - 16/08/1979 Laurea in Lingue; Insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Senato I e II Legislatura Camera III Legislatura

Progetti di legge presentati: 40 Prima firmataria: 8 Divenuti legge: 3 Interventi: 133

Incarichi parlamentari: 3

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo socialista 15/07/1946 - 31/01/1948 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Commissione per la Costituzione 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Terza Sottocommissione

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo socialista 08/05/1948 - 24/06/1953 08/05/1948 - 24/06/1953 Segretario della Presidenza del Senato 17/06/1948 - 24/06/1953 Membro VI Commissione permanente (Istruzione pubblica e belle arti) 18/12/1951 - 24/06/1953 Segretario Commissione speciale per gli alluvionati

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo socialista 25/06/1953 - 11/06/1958 25/06/1953 - 11/06/1958 Segretario della Presidenza del Senato 21/07/1953 - 03/12/1954 Membro X Commissione permanente (Lavoro, emigrazione e previdenza soc.) 04/12/1954 - 04/12/1957 Membro VI Commissione permanente (Istruzione pubblica e belle arti) 16/02/1955 - 13/12/1955 Membro Commissione speciale per l’esame del disegno di legge concernente provvedimenti straordinari per la Calabria (n. 947) 05/12/1957 - 11/06/1958 Vicepresidente VI Commissione permanente (Istruzione pubblica e belle arti)

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo socialista 18/06/1958 - 25/10/1961 Gruppo misto 25/10/1961 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro XIV Commissione (Igiene e sanità pubblica) 14/02/1963 - 15/05/1963 Membro Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia

Angelina (Lina) Merlin nasce a Pozzonovo in provincia di Padova nell’ottobre del 1887, da Fruttuoso e Giustina Poli. Si laurea in Lingue e Letterature straniere e insegna nelle scuole medie fino al 1926; rifiutandosi di prestare il giuramento fascista, viene sospesa dall’insegnamento. Nel 1919 s’iscrive al Partito Socialista Italiano e collabora a L'Eco dei Lavoratori e La Difesa delle lavoratrici, il primo periodico delle donne socialiste su scala nazionale fondato, fra le altre, da Anna Kuliscioff. Collabora nel 1924 all’Eco di Padova, sotto la direzione di Dante Galliani, medico di Rovigo ed ex deputato socialista che sposerà nel ‘33 e che morirà tre anni dopo.

L’anno dell’assassinio di Giacomo Matteotti segna però uno spartiacque e, dopo le violente manifestazioni fasciste, lascia Padova per Milano. Nel 1926 viene arrestata e condannata dal Tribunale speciale a cinque anni di confino in Sardegna. Nel 1930, tornata libera in seguito ad amnistia, torna a Padova, ma viene di nuovo arrestata. Si trasferisce allora a Milano, dove organizza l’assistenza ai partigiani e la sua casa diventa un punto d’incontro di socialisti come Lelio Basso e Sandro Pertini. Fa parte del CLNAI, Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia, e nel novembre del ‘43 rappresenta il Partito Socialista nella fondazione dei Gruppi di Difesa della donna (Gdd); oltre a collaborare con la storica testata dell’Avanti!, è tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane, insieme alla futura Costituente Laura Bianchini e ad Ada Gobetti, che aveva perso il marito Piero nel ‘26, in seguito alle percosse fasciste.

Dal ‘45 al ’47 fa parte della Direzione del Partito Socialista, come responsabile della Commissione Femminile Nazionale del partito. Dopo l’elezione all’Assemblea Costituente, partecipa alla Commissione dei 75, che ha il compito di redigere la carta del nuovo stato repubblicano. Nella Terza sottocommissione sostiene il dovere dello Stato di garantire a tutti i cittadini il minimo necessario all’esistenza, per assicurare ad ogni individuo il diritto di crearsi una famiglia. Si esprime anche a favore del diritto di proprietà garantito dallo Stato e accessibile a tutti i cittadini.

Candidata dal PSI nel collegio di Rovigo, viene eletta al Senato della Repubblica il 18 aprile del 1948. Dal ‘50 al 63 è vice Presidente del Cidd, Comitato Italiano di difesa morale e sociale della donna, insieme alle deputate democristiane Angela Guidi Cingolani, Maria Federici e Maria De Unterrichter Jervolino. Nella seconda legislatura (1953-1958) viene rieletta al Senato e riconfermata Segretaria del Consiglio di Presidenza del Senato. Nel 1958 è eletta alla Camera dei deputati. La sua proposta di legge per l’abolizione delle cosiddette case di tolleranza, Legge n. 75/1958, sostenuta dalle cattoliche in nome della dignità della persona, in aderenza alla dottrina sociale cristiana, entra in vigore il 20 settembre dello stesso anno. «Con l’approvazione di questa legge l’Italia si allinea alla maggior parte degli Stati europei che, in conformità con le risoluzioni internazionali della Lega delle nazioni e poi delle Nazioni Unite, avevano chiuso le case di tolleranza» ("Le donne della Costituente", a cura di Maria Teresa Antonia Morelli, Bari, Laterza, 2007).

Dal 1963 è componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia. Al termine della terza legislatura decide di ritirarsi dalla vita politica attiva, ma non dall’impegno sociale, assumendo la carica di Vice Presidente del Comitato nazionale per il referendum sul divorzio, nel 1974, dichiarandosi a favore dell’indissolubilità del matrimonio. Trascorre gli ultimi anni della sua vita nella Casa delle Laureate Diplomate Istituti Superiori (Fildis) di Milano (su questa originalissima istituzione, esemplata su quella londinese della Crosby Hall, si veda Fiorenza Taricone, "Una tessera del mosaico. Storia della federazione Italiana laureate Diplomate istituti Superiori", Pavia, Antares, 1992). Vale, per tutti e tutte, la nitida descrizione che ha lasciato di lei Elena Marinucci, come lei socialista, senatrice della Repubblica e iniziatrice in Italia delle politiche di pari opportunità insieme ad Agata Alma Cappiello: «La sua presenza in Parlamento è di quelle che non passano inosservate [...] molti la amano. Molti la invidiano. Nella legislatura 1953-58 è l’unica senatrice della Repubblica. La sua iniziativa parlamentare conduce all’approvazione di leggi di civiltà, sebbene meno note di quella sulle case chiuse, la cancellazione dell’infamante N.N. dai documenti anagrafici, problema più vasto di quanto non si creda in un paese in cui non era stato ancora introdotto il divorzio, né ancora riformato il diritto di famiglia, e i figli adulterini erano considerati “non riconoscibili”. [...] Sue furono le prime proposte sull’artigianato femminile. Sua l’iniziativa per abolire il carcere preventivo o procrastinare l’inizio della pena per le madri. [...] lavorava moltissimo [...] tutto ciò che ha fatto, dice la sua collaboratrice Rosetta Monachini, lo ha fatto con grande impegno, con grande serietà, e dedizione, mai improvvisando» ("Lina Merlin. La mia vita", a cura di Elena Marinucci, Firenze, Giunti, 1989). Angiola Minella Molinari Scritto da Loretta Junck

Torino, 03/02/1920 - 12/03/1988 Laurea in Lettere, insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I e III Legislatura Senato IV e V Legislatura

Progetti di legge presentati: 42 Prima firmataria: 5 Divenuti legge: 6 Interventi: 55

Incarichi parlamentari: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953 11/06/1948 - 05/12/1950 Membro IV Commissione (Finanze e Tesoro) 05/12/1950 - 24/06/1953 Membro IX Commissione (Agricoltura e Alimentazione)

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro XIV Commissione (Igiene e Sanità pubblica) 30/07/1958 - 15/05/1963 Vicepresidente XIV Commissione (Igiene e Sanità pubblica)

16/05/1963 - 04/06/1968 IV Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo comunista 16/05/1963 - 11/03/1968 04/02/1964 - 30/06/1965 Membro Consultiva assicurazione obbligatoria 09/04/1964 - 22/04/1964 Membro VI Commissione permanente (Istruzione pubblica e belle arti) 23/04/1964 - 04/06/1964 Membro XI Commissione permanente (Igiene e Sanità) (Segretario dal 05/06/1964 al 04/06/1968) 03/07/1963 - 04/07/1963 Membro X Commissione permanente (Lavoro, emigrazione, prev. sociale) (Vicepresidente dal 05/07/1963 al 08/04/1964)

05/06/1968 - 24/05/1972 V Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo comunista 05/06/1968 - 24/05/1972 05/07/1968 - 17/07/1968 Membro XI Commissione permanente (Igiene e Sanità) (Vicepresidente dal 18/07/1968 al 27/10/1970; dal 29/10/70 al 24/05/72)

Angiola Minella nasce a Torino nel 1920, in una benestante famiglia borghese. Il padre, direttore generale della Reale Mutua di Assicurazioni, cade vittima di un attentato fascista nel 1932, e il luttuoso episodio segna in modo indelebile la vita di Angiola allora dodicenne. La ragazza frequenta la migliore scuola di Torino (quel liceo D’Azeglio dove fino a pochi mesi prima aveva insegnato l’antifascista Augusto Monti, maestro di una straordinaria generazione di allievi) e intanto coltiva il sogno di diventare medico. Ma non sarà possibile; il progetto incontra la ferma opposizione materna e, dopo essersi diplomata, Angiola deve ripiegare su studi letterari, che preludono a un futuro di insegnante: è un lavoro che agli occhi della madre è più adatto per una donna.

Intanto è scoppiata la guerra e nei primi bombardamenti la casa di Torino viene danneggiata, così Angiola, insieme alla madre e alla sorella minore, nel maggio del 1942 sfolla a Noli; qui la famiglia possiede un alloggio dove da sempre passa le vacanze estive.

Nel ’43 Angiola entra come volontaria nella Croce Rossa, realizzando in qualche modo il suo desiderio di essere utile al prossimo in difficoltà, e nel ’44 aderisce alla Resistenza, prima in un gruppo badogliano del Cuneese, in seguito nella brigate Garibaldi che operano nel Savonese. Il suo nome di battaglia è Lola, il soprannome con cui viene chiamata in famiglia e dagli amici. Anche la sorella Maria Pia, diciassettenne, segue le sue orme e diventa staffetta partigiana.

In questo ambiente la giovane conosce Piero Molinari, l’ispettore Vela, operante presso la prima divisione d’assalto Garibaldi. Terminato il conflitto, Angiola sposa civilmente il suo partigiano, contravvenendo alle abitudini consolidate dell’ambiente da cui proviene e alle aspettative famigliari. Da questo matrimonio nascerà, nel 1950, la figlia Laura.

Nel primo dopoguerra il Paese è a pezzi: molte fabbriche sono distrutte, mancano le case, molti sono gli orfani abbandonati a sé stessi. Ma le energie non mancano: nel clima fervido del momento Angiola Minella si attiva con passione in favore dei minori in difficoltà. Insieme a Nadia Spano promuove una catena di solidarietà e cinquanta bambini di Napoli trovano ospitalità presso famiglie savonesi. Alcuni vi rimarranno. L’impegno di Angela si esprime anche nell’azione politica: è responsabile della Commissione femminile nella segreteria della federazione del PCI di Savona e consigliera comunale (le prime elezioni amministrative a Savona si tengono nel marzo del ’46), nonché dirigente dell’UDI.

Nel giugno del 1946 viene eletta per la Costituente e si trova così a far parte della piccola pattuglia di donne (ventuno, il 3,7% del totale dei costituenti) che per la prima volta nella storia dell’Italia hanno la possibilità di contribuire a decidere i destini del Paese. Angiola Minella fa parte del gruppo delle nove comuniste; ci sono poi altrettante democristiane, due socialiste, una qualunquista (esponente del partito dell’Uomo Qualunque, che nelle prime elezioni ha ottenuto un certo successo, specie nel Sud Italia). Nell’assemblea la Minella non interviene, ma presenta insieme ad altri diverse interrogazioni. E’ l’inizio di una lunga carriera politica: verrà rieletta alla Camera nel ’48 e poi nel ’58, mentre nel ’63 passerà al Senato, dove rimarrà fino al ‘72. Sempre nelle liste del PCI.

Tra i suoi interessi vi fu sicuramente l’impegno a favore delle donne (rappresentò il Movimento femminile democratico italiano nella segreteria della Federazione internazionale femminile a Berlino tra il ’53 e il ’58); successivamente si occupò di problemi riguardanti la sanità, come vicepresidente della Commissione Igiene e Sanità dal ‘58, poi come segretaria della stessa Commissione del Senato nel ’63 e infine come vicepresidente della stessa nel ‘68. A Palazzo Madama si dedicò con particolare impegno alla riforma dell’assistenza sanitaria e ospedaliera e del servizio per l’assistenza alla maternità e all’infanzia. E, se ricordiamo il desiderio frustrato della giovane Angiola di fare il medico, verifichiamo una volta di più che le vere vocazioni trovano sempre la via per realizzarsi in qualche modo.. Angiola Minella Molinari morì il 12 marzo del 1988.

Dalla galleria di foto d’epoca e di filmati che la ritraggono, presenti in rete, emerge l’immagine di una bella donna dal bel viso aperto incorniciato da capelli scuri. Il viso di una donna vera, autentica, per niente artefatta né sofisticata. Sono immagini che ci ricordano un Paese che non c’è più, concreto, fattivo e produttivo, un Paese che crede in se stesso e si sente proiettato verso il futuro. Immagini che mettono un po’ di malinconia a quelli che, come la scrivente, di quel periodo sono stati testimoni, ma anche, si è costretti ad ammetterlo, una specie di senso di colpa quando ci si chiede come sia potuto avvenire e come abbiamo potuto permettere che lo spirito di quell’Italia si perdesse. Rita Montagnana Togliatti Scritto da Fabrizia Gurreri

Torino, 06/01/1895 - Roma, 18/07/1979 Artigiana, Pubblicista

Mandati: Assemblea Costituente Senato I Legislatura

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo comunista 08/05/1948 - 24/06/1953 17 /06/1948 - 24/06/1953 Membro XI Commissione permanente (Igiene e sanità)

«Attraverso la campagna per il voto, che l’Udi ha iniziato fin dal suo sorgere, si è realizzata l’unità completa di tutte le organizzazioni femminili italiane» (I° Congresso nazionale dell’Udi, Firenze 20/10/1945 - Intervento di Rita Montagnana).

Intelligente, preparata, disinvolta e battagliera, ma anche semplice e pragmatica, Rita Montagnana credeva nella necessità di rendere le italiane protagoniste della politica per uscire dalle macerie del fascismo e della guerra. Per questo il voto alle donne fu la sua prima preoccupazione nel dare vita al Comitato di iniziativa dell’Udi (Unione donne italiane), nato a Roma il 15 settembre del 1944 con rappresentanti comuniste, socialiste, del partito d’azione e del partito della sinistra cristiana. Anche se inutilmente aveva cercato di coinvolgere nella nuova associazione la democristiana Angelina Cingolani, era riuscita tuttavia quasi subito a stabilire relazioni unitarie con i movimenti femminili di tutti i partiti del Cln (compresi la DC e i liberali) e le vecchie associazioni femministe, come l’Alleanza femminile e la Fildis, per la costituzione il 25 ottobre del Comitato pro voto.

Intervenendo, il 10 febbraio 1945 nell’Aula Magna del liceo Visconti al Collegio romano, rivendicava con orgoglio la conquista del suffragio femminile adottato nel Consiglio dei ministri del 30 gennaio (Decreto luogo-tenenziale del 1° febbraio 1945, n. 23). «Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani» (Rita Montagnana, "La donna nella lotta antifascista e nella ricostruzione", in L’Unità, 9 maggio 1945).

Il 2 giugno 1946 le italiane votarono in percentuale superiore a quella degli uomini per il Referendum istituzionale e l’Assemblea costituente. La massiccia partecipazione dell’elettorato femminile, che andava volontariamente e con entusiasmo al voto, ovunque, senza alcuna pressione, tagliava corto con tutti i dubbi sollevati dagli antisuffragisti sull’uso che le donne avrebbero fatto di questo diritto. Rita Montagnana, nel XIII Collegio (Bologna-Ferrara-Forlì-Ravenna), risultò prima fra gli eletti del Pci, con 68.722 voti di preferenza. Insieme ad altre 20 rappresentanti femminili avrebbe dato il suo contributo alla Carta fondamentale della Repubblica. A quell’epoca aveva quasi cinquant’anni e approdava a Montecitorio forte del prestigio accumulato sin da giovanissima nella lotta politica e sindacale, nella clandestinità, nel lungo esilio in URSS al fianco di Togliatti e nell’attività nei movimenti femminili.

Era nata a Torino nel 1895. A quattordici anni era andata a lavorare come sarta, aderendo subito ai famosi scioperi delle sarte torinesi (1909-1911). Particolarmente attiva nella sezione socialista di Borgo San Paolo, già segretaria del Circolo femminile "La Difesa", dopo aver partecipato all'occupazione delle fabbriche, nel 1921 era passata con il gruppo ordinovista di Antonio Gramsci nel Partito Comunista d'Italia, che l’aveva subito inviata alla II Conferenza femminile internazionale e al III Congresso del Komintern. Nel 1922 aveva iniziato a collaborare al periodico La compagna e quando, l’anno successivo, la redazione passò da Roma a Torino, Rita ne condivise la direzione con Camilla Ravera e Rina Picolato.

Nel 1924 si sposava con Palmiro Togliatti e l’anno seguente nasceva a Roma Aldo, il loro unico figlio. Con l'arresto di Gramsci, nel novembre del 1926, mentre la famiglia Togliatti era a Mosca, iniziava anche il suo esilio che l’avrebbe vista spostarsi in continuazione tra Svizzera, Francia e Unione Sovietica.

Alla ripresa dell’attività illegale, che caratterizza gli anni della “svolta”, Rita assunse i panni del “fenicottero”, compiendo diverse missioni in Italia. Prese parte alla guerra civile in Spagna e, finalmente, rientrò in Italia nel maggio 1944, cominciando una nuova intensa fase di impegno politico come leader dell’organizzazione femminile del partito. È in questo contesto che con Emilia Siracusa Cabrini, Maria Romita, Giuliana Nenni, Bastianina Musu Martini, Egle Gualdi, Luigia Cobau e Marisa Cinciari Rodano dette vita all’Udi, divenendone presidente nel congresso di Firenze del 1945, quando avvenne la fusione con i Gdd (Gruppi di Difesa della Donna), che avevano agito nell’Italia occupata. Tra le date simboliche la nuova organizzazione femminile scelse l'8 marzo e a Rita venne l’idea di abbinare la mimosa alla giornata internazionale della donna.

Chiusa la fase della Costituente, s’impegnò nella campagna elettorale del 1948 e sebbene risultasse eletta Senatrice non mancò di lanciare l’allarme sulla sottorappresentazione delle donne, poche candidate e poche elette, un errore e un’indicazione sbagliata per l’elettorato e per il partito, come testimonia questa analisi: «Vi è stato anche da parte dei compagni dirigenti, salvo eccezioni, una enorme incomprensione verso il lavoro femminile. Si sono tagliate le ali, si sono demoralizzate, umiliate anche le compagne migliori, più qualificate, con un ottimo passato di partito» (Lettera di R.M. alla Segreteria del Pci di Roma, marzo 1951). Dopo la separazione da Togliatti, Rita abbandonò progressivamente l’attività politica e dal 1958 si ritirò a vita privata con il figlio Aldo, gravemente malato. Morì a Roma nel 1979.

Maria Nicotra Fiorini Scritto da Samanta Giambarresi

Catania, 06/07/1913 - Padova, 15/07/2007 Crocerossina, Dirigente ACLI

Mandati: Assemblea Costituente Camera I Legislatura

Progetti di legge presentati: 6 Prima firmataria: 1 Divenuti legge: 1 Interventi: 17

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 11/06/1948 - 01/07/1949 Membro III Commissione (Giustizia) 26/01/1949 - 24/06/1953 Membro Commissione parlamentare di vigilanza sulle condizioni dei detenuti negli stabilimenti carcerari 01/07/1949 - 24/06/1953 Membro VIII Commissione (Trasporti) 12/05/1952 - 24/06/1953 Membro Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla

Parlare di una delle donne “madri” della Costituente proveniente dalla Sicilia sembrerebbe facile poiché nell’immaginario collettivo sono donne austere e, diciamolo, anche un po’ noiose. Ma leggendo le biografie di alcune di loro sorgono, come vapore di un profumo indefinito, caratteri e conflitti che creano stima e un pizzico d’invidia da parte di noi donne di oggi. Erano madri, laureate, casalinghe. Donne eleganti, donne con una vita sentimentale che avrebbe dato scandalo, donne che, con i propri ideali, avrebbero cambiato per sempre le sorti italiane.

Maria Nicotra Fiorini, conosciuta anche come Nicotra Verzotto, nasce a Catania il 6 luglio 1913 da una famiglia aristocratica e durante la guerra ottiene la medaglia d’oro per essere stata volontaria della Croce Rossa; sarà Dirigente dell’Azione Cattolica, della Acli e si iscriverà alla Democrazia Cristiana diventando, nel 1954, Vice Delegata del movimento femminile.

Ma facciamo un passo indietro, torniamo a quell’Italia da rifare dopo una triste e sconvolgente guerra: troviamo il nome della giovane Maria tra le 21 donne dell’Assemblea Costituente e tra i deputati eletti nella I Legislatura; fa parte della commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e di vigilanza sulle condizioni dei detenuti. La sua lotta è rivolta anche alla tutela fisica e delle condizioni economiche delle lavoratrici madri e al controllo della stampa destinata all’infanzia e all’adolescenza.

Nel 1953 si conclude la sua attività parlamentare essendo la prima delle non elette alla Camera. Decide quindi di tornare a Catania e nel ’55 conosce il dirigente della DC, Graziano Verzotto, un ragazzo più giovane di dieci anni, padovano, mandato a Catania da Fanfani per riorganizzare il partito siciliano. I due si sposano e Maria resterà accanto al marito appoggiandolo nella sua ascesa politica. Otterrà l’incarico di Presidentessa dell’Istituto Case popolari di Catania nel ’60 (incarico che terrà sino al 1965). Adesso le due vite si legano vicendevolmente e, come destino di tante donne, Maria passa in secondo piano per assecondare il lavoro del marito. Ecco perché per parlare di lei, si deve fare una cronistoria della figura di Verzotto in Sicilia. Per trovare tracce di Maria, donna in una società purtroppo maschilista per molti versi, dobbiamo indagare sugli eventi della Sicilia del dopoguerra, la politica, la mafia e gli scandali che la caratterizzarono.

Il marito fu uno dei personaggi più misteriosi di quel periodo. Il suo nome fu spesso legato a molti degli avvenimenti dell’isola. Segretario del partito a Siracusa dal 1955 al 1975, divenne presidente dell’EMS; acquistò anche la squadra del Siracusa divenendone presidente. Tra le cose più ambigue ricordiamo che fu testimone di nozze del mafioso riesino Giuseppe Di Cristina, implicato nella scomparsa di Enrico Mattei e del giornalista Mauro De Mauro. Fu, infatti, l’ultimo a salire sull’aereo del presidente dell’Eni, il giorno prima dell’esplosione, così come fu uno degli ultimi a parlare con il giornalista (che stava seguendo una pista sull’incidente aereo) il cui corpo non si trovò mai (una leggenda vuole che si trovi in uno dei piloni dell’A19 che era in costruzione in quel periodo).

Il 1975 fu l’anno nero di Verzotto. Dc e Psi si accordarono col Pci al vertice della Regione, si parlò allora di "compromesso storico" e, come affermò lo stesso Verzotto in un’intervista: «mi costrinsero alle dimissioni». Dopo solo quattro giorni dalle dimissioni, scampò a un tentativo di sequestro. Ma i guai per Verzotto non finirono poiché fu coinvolto nello scandalo finanziario dei “fondi neri” della banca di Michele Sindona. Molti enti pubblici e privati avevano depositato capitali nelle sue banche, poiché il banchiere garantiva interessi in nero. Quei fondi servivano a finanziare i partiti politici. Per non farsi arrestare Verzotto pensò quindi di lasciare l’Italia e nascondersi a Parigi (fonti: Graziano Verzotto, l’"uomo dei misteri", di Marco Nese, 13 maggio 2008, corrieredellasera.it). Maria non lo seguì, restò in Sicilia prendendo le redini di ciò che il marito aveva lasciato. Si rimboccò le maniche facendo riemergere il carattere combattivo e determinato che aveva avuto da crocerossina durante la guerra, tornò a essere protagonista con il coraggio e la bravura di una dirigente. E fu così che i giornali scrissero «il Siracusa ha l’onore di avere il primo presidente di una squadra di calcio a livello professionistico “donna” che ha guidato la squadra alla conquista della Coppa Italia dilettanti». Quindi, una delle madri della Costituente si è poi interessata a una squadra di calcio negli anni settanta. Ancora una volta una donna entra nel mondo maschile con classe, femminilità e successo.

Verzotto ritornò dalla Francia solo nel 1991 e decise di tornare assieme alla moglie a Padova. Maria Nicotra morì il 14 luglio del 2007 lontana dalla sua Sicilia, portando con sé molti segreti e il sapore di un mondo che non c’è più.

Teresa Noce Scritto da Fabrizia Gurreri

Torino, 29/07/1900 - Bologna, 22/01/1980 Sindacalista, Pubblicista

Mandati: Consulta Nazionale Assemblea Costituente Camera I e II Legislatura

Progetti di legge presentati: 31 Prima firmataria: 8 Divenuti legge: 4 Interventi: 42

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Commissione per la Costituzione 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Terza sottocommissione

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 24/06/1953 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 11/06/1958 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale) 02/03/1954 - 11/06/1958 Membro Commissione speciale esame disegno di legge n. 568: “Ordinamento ed attribuzioni de consiglio nazionale dell’economia e del lavoro”

«Per l'8 marzo non potevamo organizzare una festa perché eravamo troppo deboli e affamate, quindi decidemmo di tenere una conferenza» ricorda nella sua autobiografia Teresa Noce (Rivoluzionaria professionale, Milano, 1974), la cui vita attraversa come un filo conduttore i più importanti eventi del secolo dentro il quale ha lasciato un’impronta indelebile. Estella (questo era il suo nome di battaglia) improvvisò allora un discorso sulle donne che nella storia avevano lottato per la libertà, per i loro ideali e per la fine dello sfruttamento. Parlò, finché ebbe fiato, per infondere coraggio alle compagne del campo di concentramento.

Nata a Torino nel 1900, poverissima, Teresa cominciò a lavorare a sei anni consegnando il pane, poi come stiratrice, sarta e tornitrice alla Fiat. Nel suo romanzo autobiografico, Gioventù senza sole, pubblicato a Parigi nel 1937, racconta la sua giovinezza torinese, e la perdita del fratello maggiore. «Fu terribile. Non mi rassegnai alla morte di mio fratello. Non potevo e non era giusto. Non avevo che lui. Il dolore, fin da allora, mi si trasformò in furore e in desiderio di lotta».

Autodidatta, militante nella sinistra rivoluzionaria torinese, incontrò l’amore in uno studente comunista d’ingegneria, Luigi Longo. Quando nacque il loro primo figlio, Luigi Libero, Teresa lo portava in braccio proseguendo l’attività politica. Madre braccata nella clandestinità fu costretta a dolorose separazioni, come quando il marito nel 1926 partì per Mosca portando con sé il figlioletto di tre anni. «Il giorno della partenza li accompagnai fino al ponte [...] e io vidi il berrettino verde di Gigi scomparire. Quando non lo vidi più, mi sentii male, tanto che dovetti entrare in una farmacia e prendere qualcosa. Era la prima volta che mi capitava un fatto del genere».

Espatriata prima a Mosca poi a Parigi, per anni è un andirivieni di Teresa tra le due città, con frequenti puntate clandestine in Italia, come nel 1931 alla testa della rivolta delle operaie tessili biellesi. In Francia, nel 1934 fondava "Noi Donne”, mensile diretto da Xenia Sereni e, nel 1936, in Spagna “Il Volontario della Libertà”, destinato agli italiani combattenti nelle Brigate Internazionali. «Bisognava aiutare specialmente quelli che arrivavano dall’Italia: ex-carcerati, confinati, sorvegliati speciali. Alla vita senza libertà in Italia e alla precaria esistenza dell’emigrato politico in Francia preferivamo quella di combattente in Spagna».

Bloccata in Francia dall’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, mentre i figli erano a Mosca e Luigi Longo, arrestato, veniva consegnato alla polizia italiana, Teresa dirigeva tra il '41 e il '43 le azioni dei Francs- tireurs-et-partisans. Catturata, fu internata nel lager di Ravensbruck, e poi destinata ai lavori forzati a Holleischen (Cecoslovacchia).

In Italia dopo la Liberazione riprese l’attività di dirigente comunista. Per alleviare la drammatica situazione di bisogno dei bambini, con i Gdd (Gruppi di difesa della donna) poi confluiti nell’Udi (Unione donne italiane), avviò la grandiosa operazione dei “treni della felicità”, con cui si dette ospitalità invernale ad oltre centomila bimbi tra il ‘45 e il ’52.

Membro della Consulta nazionale, eletta il 2 giugno 1946 alla Costituente con 47.219 preferenze nella circoscrizione di Parma, diventa una delle 21 “madri” della Repubblica ed è nominata con altre quattro nella Commissione dei 75. Al suo straordinario contributo si devono le parole dell’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini [...] sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso", base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna.

Nella Commissione 'Diritti e doveri nel campo economico sociale' propose una stesura dell'articolo 40 analoga a quella francese, che protegge costituzionalmente il diritto di sciopero. Sua la mediazione tra opinioni contrapposte che affida il diritto di sciopero “alle leggi che lo regolano”. In dissenso con Togliatti sull’articolo 7, votò contro la ratifica dei Patti Lateranensi.

Eletta il 18 aprile 1948 alla Camera, confermata anche nella seconda legislatura, promosse la parità e il riconoscimento della differenza femminile. Alla guida del sindacato dei tessili, la Fiot, nel 1947 era stata la prima firmataria del progetto di legge in difesa delle lavoratrici madri. La sua battaglia si coronò in Parlamento con l’approvazione delle leggi (L. 860/1950 e L. 1668/1950) che introducevano per “motivi etici, giuridici ed umani” il tassativo divieto di licenziamento delle madri, gestanti o puerpere, il riposo retribuito per maternità e allattamento, l’assistenza al parto, nidi d'infanzia e sale per l'allattamento nei luoghi di lavoro. Nel febbraio 1952, richiamandosi all’articolo 37 della Costituzione e alla 'Convenzione sull’uguaglianza delle remunerazioni' approvata a Ginevra nel 1951 dall’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), presentò una proposta di legge sulla parità di retribuzione per le lavoratici, approvata in Parlamento nel 1956 (L. 741).

Dopo l’annullamento del matrimonio, si allontanò progressivamente dalla vita politica iniziando a scrivere le sue memorie. Morì a Bologna nel 1980.

Ottavia Penna Scritto da Agata Nicotra

Caltagirone (CT), 12/04/1907 - 02/12/1986 Antifascista

Mandati: Assemblea Costituente

Interventi: 1

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Fronte Liberale Democratico dell’Uomo Qualunque 06/07/1946 - 15/11/1947 Unione nazionale 15/11/1947 - 31/01/1948 19/07/1946 - 24/07/1946 Membro Commissione per la Costituzione

Ottavia Penna è nel cuore dei calatini: nel dicembre del 2008 una lapide è stata apposta dalla municipalità sulla sua casa natale. È stata intitolata al suo nome un’associazione contro la violenza sulle donne e per la loro promozione nella politica. Nel 2009 Cettina Alario ha pubblicato la biografia Ottavia Penna – Madre costituente, dedicata alla sua “singolare esperienza di vita”.

Ottavia Penna nacque a il 12 aprile del 1907. Apparteneva ad una famiglia aristocratica; iniziò il suo percorso di istruzione seguita da istitutrici di casa, secondo il costume dei notabili. In seguito si recò in collegio a Poggio Imperiale in Toscana e per gli studi superiori si trasferì a Trinità dei Monti a Roma. Tornata al suo paese, sposò Filippo Buscemi, un medico noto e stimato a Caltagirone.

Donna battagliera, tenace, di singolare rigore morale, come una «’giustiziera della notte’ –racconta Gabrielo Montemagno– [...] durante l’ultima guerra, di notte, furtivamente [...] raggiungeva le campagne del calatino e munita di un affilato coltello, tagliava i sacchi di grano, che i baroni della zona destinavano al mercato nero. [...] Prelevava, anche, dalle proprie fattorie, carne macellata e la portava ai poveri e agli indigenti».

Nel 1946, all’età di trentanove anni, cominciò la sua carriera politica, che sarebbe stata breve ma intensa, dedita alla causa delle classi sociali deboli sia sul piano economico che culturale e, soprattutto, animata dalla riflessione critica sui meccanismi perversi della politica.

Sempre attenta alla condizione femminile e convinta che dalle donne potesse partire il vero rinnovamento a condizione che fossero, innanzitutto, loro assicurati gli stessi diritti degli uomini, sin dall’inizio della sua attività politica le invitava a prendere la parola e a lottare per il riconoscimento dei propri diritti, anticipando in tal modo le battaglie che poi saranno portate avanti dai movimenti femminili.

L’apertura delle sue vedute, in contrasto con gli interessi della classe a cui apparteneva, la portò ad una scelta di rottura: decise di abbracciare l’ideologia del Fronte Liberale Democratico dell'Uomo Qualunque, fondato nel 1944 dal commediografo e giornalista Guglielmo Giannini.

Così, Ottavia Penna fu candidata il 2 giugno del 1946 nelle liste del Fronte dell’Uomo Qualunque all’Assemblea Costituente: la notizia della candidatura sorprese i calatini e pare che non facesse piacere a Mario Scelba, che ne parlò, lamentandosene, in una lettera a don Luigi Sturzo. Fu eletta in rappresentanza del XXIX collegio di Catania con 11.765 preferenze. Ottavia fece parte anche della Commissione dei 75, incaricata di elaborare e di proporre il progetto della Costituzione da discutere in aula, assieme ad altre quattro donne: Maria Federici della DC, Teresa Noce del PCI, Angelina Merlin del PSI e Nilde Iotti del PCI. Il più significativo segno del riconoscimento della competenza e del rigore di Ottavia Penna venne dalla sua candidatura alla prima presidenza della Repubblica. È nota la frase di Guglielmo Giannini che, in quell’occasione, la definì «Una donna colta, intelligente, una sposa, una madre» lasciando ai posteri chiare indicazioni dei modelli culturali dominanti con i quali una donna, pur colta e pensante, faceva i conti, qualora varcasse i confini concessi ai tradizionali ruoli femminili.

Com’è noto fu eletto Enrico De Nicola con 396 voti. Qualcuno ha considerato questa sconfitta un successo, sottolineando che solo venticinque anni dopo un’altra donna, la deputata DC Ines Boffardi, ebbe un voto nell’elezione del Capo dello Stato, suscitando battute ironiche fra gli onorevoli deputati. Pare che anche per la Penna non mancò il sarcasmo maschile. Scrisse Il Giornale di Sicilia del 29 giugno 1946: «Molto commentati i voti che escono dall’urna in favore della deputata qualunquista siciliana Ottavia Buscemi Penna [...] che il gruppo per una singolare affermazione di qualunquismo ha voluto designare alla suprema direzione dello Stato».

Il 15 novembre 1947 lasciò il Partito dell’Uomo Qualunque per entrare nell’Unione Nazionale e rimanerci fino alla conclusione dei lavori dell’Assemblea Costituente. La vita politica di Ottavia fu piuttosto breve e, prima dello scioglimento dell’Assemblea Costituente, segnata da una querela per diffamazione a mezzo stampa da parte della giornalista Ester Lombardo. Ottavia Penna rischiò un procedimento penale per aver offeso la reputazione della stessa. La querela rientrò per insufficienza di elementi.

Alla fine dell’esperienza costituente, decise di abbandonare la politica: era delusa dal comportamento di Giannini, insofferente dei compromessi cui aveva dovuto assistere. Solo nel 1953 si presentò alle elezioni amministrative di Caltagirone e venne eletta nelle fila del Partito Monarchico, in opposizione alla sorella Carolina, sindaca democristiana della città. Diceva che questa era stata solo una parentesi nel “libro chiuso della politica”. Rifiutò di parlarne fino alla morte avvenuta a Caltagirone nel dicembre 1986.

Elettra Pollastrini Scritto da Noemi Mattana

Rieti, 15/07/1908 - 02/02/1990 Licenza media superiore, funzionaria di partito

Mandati: Consulta Nazionale Assemblea Costituente Camera I e II Legislatura

Progetti di legge presentati: 26 Prima firmataria: 3 Divenuti legge: 2 Interventi: 13

25/09/1945 - 24/06/1946 Membro Consulta Nazionale

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 24/06/1953 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958 22/07/1953 - 11/06/1958 Membro VII Commissione (Lavori pubblici)

Elettra Pollastrini nacque a Rieti il 15 luglio del 1908 da una famiglia antifascista, e, proprio per questa ragione, qualche anno più tardi fu costretta ad espatriare in Francia, per sottrarsi alle persecuzioni del regime. Qui la giovane, che aveva aderito al partito comunista, trovò lavoro come operaia presso la Renault, sostenendo le lotte dei lavoratori all’interno dell’azienda ed impegnandosi politicamente col Fronte Popolare che sviluppò un ampio movimento di giustizia, di libertà e di progresso.

Fece poi parte della “Lega Internazionale delle donne per la pace e la libertà” partecipando al Congresso mondiale femminile contro il fascismo e la guerra. Questo congresso, al quale parteciparono delegazioni di tutti i paesi del mondo, riservò un’accoglienza particolarmente affettuosa e solidale alla delegazione italiana composta non solo da emigrate politiche, ma anche da delegate giunte direttamente dall’Italia attraverso avventure piuttosto rocambolesche. Poco dopo, su incarico della rivista “Noi Donne”, allo scoppio della guerra civile nella penisola iberica si recò in Spagna. Al suo rientro la Francia provvedeva ad internare tutti gli antifascisti in un campo di concentramento. Elettra fu arrestata e rinchiusa nel campo di Riùcros insieme ad altre donne. Fu qui che conobbe Teresa Noce, Baldina Di Vittorio Berti, Angiolina Fibbi ed altre donne che erano già attive politicamente.

Nel 1941 la Pollastrini riuscì a raggiungere Rieti, dove portò avanti l’attività antifascista clandestina e, all’annuncio dell’armistizio, entrò nella Resistenza romana. Fu di nuovo arrestata, stavolta dai tedeschi che la condussero in Germania e la tennero prigioniera venti mesi nel carcere di Aichach. Lì incontrò altre italiane antifasciste e mantenne il suo atteggiamento di opposizione che la portò a subire dure punizioni. Dopo la sua liberazione, tornò in Italia e fu una delle cinque donne comuniste che entrarono a far parte della Consulta Nazionale Italiana, l'assemblea legislativa provvisoria, istituita dopo la fine della seconda guerra mondiale con lo scopo di sostituire il regolare parlamento fino a quando non fosse stato possibile indire regolari elezioni politiche. La Consulta si riunì la prima volta il 25 settembre 1945 e fu sciolta il 2 giugno 1946: si preparava la legge elettorale per la Costituente, e le donne avevano poca voce in capitolo, in quanto non si potevano occupare né dei problemi del paese né di quelli delle donne.

Fu poi eletta all’Assemblea Costituente, che si riunì dal 2 giugno 1946 al 12 maggio 1948 e qui la Pollastrini lavorò nel territorio a contatto con la gente, con i problemi quotidiani, con problematiche riguardanti i Comuni. Nel 1948 fu eletta poi deputata del PCI alla Camera dove rimase per due Legislature. Nel 1953 avanzò con Matteucci la proposta di legge affinché lo Stato si facesse carico delle spese per la costruzione e l’arredamento del nuovo palazzo di giustizia di Rieti. Durante la II Legislatura la Pollastrini pose all’attenzione della Camera diverse questioni: la prima nel gennaio 1954, per la provvidenza a favore delle popolazioni della provincia di Rieti danneggiate dalle pesanti alluvioni del 1952 e per l’esecuzione di un piano organico di opere idraulico – forestali e montane atte ad evitare altre calamità nelle zone disastrate. Anche se la situazione non era drammatica come quella del Polesine e della Calabria, le zone dell’alto Velino, che già erano catalogate come le zone più depresse del paese, avevano subito infatti enormi danni a persone e cose. La Pollastrini chiese quindi l’aiuto e l’intervento delle autorità per permettere il risollevamento dell’economia agraria che in quell’occasione aveva subito un grave danno, considerando anche che quelle zone per la loro collocazione poco agevole erano prive di industrie; nel 1955 denunciò alla Camera l’atteggiamento brutale della pubblica sicurezza di Rieti durante lo svolgimento del funerale di un membro del partito comunista. Mentre la salma veniva condotta al cimitero, gli amici lo accompagnavano sventolando la bandiera del partito, richiesta esplicitamente dai familiari del defunto. Ma la bandiera fu tolta con violenza da agenti di polizia fascisti che, nonostante il loro gesto ignobile ebbero anche il coraggio di denunciare il vicesegretario del partito comunista, solo per aver difeso la bandiera del suo partito. Dunque lei denunciò l’accaduto, protestando contro un indirizzo politico sbagliato, contro un sistema che mostrava segni evidenti di un regime totalitario di tipo fascista che non poteva più essere tollerato a lungo; nell’ottobre del 1956 presentò richiesta per l’estensione dei benefici della L. 10 agosto 1950 n. 646 all’interno del territorio della provincia di Rieti, e lo stanziamento di 2.000.000.000 di lire per l’esecuzione di opere stradali; nel giugno del 1957 chiese l’autorizzazione di 150 milioni per la sistemazione e l’ampliamento della scuola nazionale allievi sottoufficiali e guardie del Corpo Forestale dello Stato.

Dopo queste esperienze, nel 1958 andò in Ungheria e lavorò presso Radio Budapest per 5 anni. Ritornata in Italia, si stabilì a Rieti e qui si spense il 2 febbraio del 1990.

Maria Maddalena Rossi Scritto da Anna de Stefano Perrotta

Codevilla (PV), 29/09/1906 - Milano, 19/09/1995 Laurea in Chimica; Chimica, Pubblicista

Mandati: Assemblea Costituente Camera I, II e III Legislatura

Progetti di legge presentati: 52 Prima firmataria: 11 Divenuti legge: 2

Interventi: 32

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948 19/07/1946 - 31/01/1948 Membro Commissione per i trattati internazionali

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953 11/06/1948 - 24/06/1953 Membro II Commissione (Affari esteri)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 11/06/1958 Membro II Commissione (Affari esteri) 26/07/1954 - 11/06/1958 Membro Giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale 09/04/1957 - 11/06/1958 Membro Commissione speciale per l’esame del disegno di Legge n. 2814, per la ratifica dei trattati sul Mercato comune e sull’Euratom

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro III Commissione (Esteri)

Maria Maddalena Rossi nasce a Codevilla (Pavia) il 29 settembre 1906 da Antonio e Agostina Barchi. Laureata in chimica all'Università di Pavia e sposata con il chimico antifascista Antonio Semproni, ben presto si dedica all'impegno politico. Insieme al marito si iscrive nel 1937 al PCI clandestino partecipando attivamente al "Soccorso Rosso" e reperendo fondi per la lotta clandestina. Nel 1942, scoperta dalla polizia fascista, è arrestata a Bergamo e inviata al confino a Sant'Angelo in Vado, da dove viene liberata dopo il 25 luglio 1943. Ma il proclama di Badoglio la costringe nuovamente alla clandestinità. Si trasferisce in Svizzera, dove raccoglie fondi per il PCI per portare avanti la lotta armata e svolge un lavoro redazionale nei due periodici italiani Fronte della gioventù per l'Indipendenza e la Libertà e L'Italia Libera, che erano le fonti di informazione per gli italiani prigionieri nei campi svizzeri. Continua il suo lavoro di giornalista in Italia quando, rientrata a Milano nel dicembre 1944, fa parte della redazione clandestina de L'Unità.

Nominata responsabile della commissione femminile del partito, la Rossi inizia così la sua attività a favore delle donne, che nel corso degli anni non verrà mai meno. Nel II Congresso nazionale del 1947 è eletta presidente dell'UDI (Unione Donne Italiane) e riconfermata nel 1949 e nel 1953 (III e IV Congresso); sarà anche vicepresidente, nel 1956, della Federazione Democratica Internazionale Femminile (FDIP). L'impegno per le donne si intreccia a quello per la pace; la difesa della pace assume per la Rossi un'importanza prioritaria e la porta a stimolare in questo senso tutte le associazioni e a favorire a questo fine stretti rapporti con le istituzioni internazionali, convinta che solo una politica di collaborazione fra i popoli può essere garanzia di una pace duratura. Sono gli anni della guerra fredda e di grande tensione internazionale e la Rossi intreccia fitte relazioni fra i diversi paesi percorrendo instancabilmente il mondo e incontrando i capi di stato con l'ideale di tessere dei rapporti di pace. Questo binomio, donne e pace, è il filo conduttore della sua attività politica anche come parlamentare.

Nel 1946 viene eletta all'Assemblea Costituente nel IX Collegio elettorale (Verona-Padova-Vicenza-Rovigo) con 11.842 voti di preferenza, nella lista del Partito Comunista, ed è membro della Commissione per i trattati internazionali. In questo ambito interverrà in merito all'approvazione del Trattato di pace fra l'Italia e le potenze alleate firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.

Si adopera inoltre per il riconoscimento della parità femminile sia nella famiglia che nel mondo del lavoro. Nella discussione sul Titolo II riguardante i rapporti etico-sociali, afferma l'obbligo da parte dello Stato di tutelare la famiglia e l'eguaglianza morale e civile dei coniugi in quanto solo la parità dei sessi può garantire la nascita di una moderna famiglia democratica. Nell'ambito della discussione sul Titolo IV riguardante la magistratura, sostiene il diritto delle donne di accedere e di partecipare all'amministrazione della giustizia in campo sia civile che penale.

Viene eletta alla Camera dei Deputati nella prima legislatura repubblicana (1948-1953) nel IX collegio elettorale (Verona-Padova-Vicenza-Rovigo) con 56.589 voti di preferenza; è membro della II Commissione Rapporti con l'estero e del comitato direttivo del gruppo parlamentare comunista, dove sarà riconfermata nel 1953. Si attiva anche nell'interesse dei minori. Fra le varie iniziative di questo periodo è da ricordare in particolare la sua richiesta di snellire i procedimenti di adozione modificando l'art. 297 del Codice Civile.

Rieletta deputato nel 1953 nella II legislatura nel collegio di Siena-Arezzo-Grosseto e nel 1958 per la III legislatura nella circoscrizione di Siena, fa parte della II Commissione Rapporti con l'estero, della III Affari Esteri ed Emigrazione e della Giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale. E' membro anche della Commissione speciale per l'esame del disegno di legge (C. n. 2814) sulla ratifica dei trattati sul Mercato Comune e sull'Euratom.

È molto attiva anche nella politica locale, soprattutto dopo il 1963, quando non si ricandida alla Camera dei deputati. Si stabilisce a Porto Venere (La Spezia), luogo prediletto delle sue vacanze estive, dove nel 1964 è eletta consigliere comunale e assessore ai Lavori Pubblici e successivamente sindaco dal 1970 al 1975. Come sindaco concilia le esigenze dello sviluppo economico del momento e la salvaguardia delle bellezze naturalistiche del luogo. Fa approvare il Nuovo Piano Regolatore che prevedeva, oltre alla costruzione di insediamenti di edilizia economica e popolare, anche il mantenimento di vaste aree destinate a verde pubblico, decisione fondamentale per la successiva creazione (settembre 2001) del Parco Naturale Regionale di Porto Venere.

Prima di lasciare Porto Venere e tornare a Milano, la Rossi commissiona all'artista Lello Scorzelli la porta d'ingresso in bronzo argentato per la chiesa di S. Pietro, all'interno della quale è conservata l'impronta della sua mano. Nel dicembre 1987 la Provincia di Milano le conferisce la medaglia d'oro per il suo impegno sociale, politico e civile. Prima di morire la Rossi lascia al comune di Codevilla la sua ricca collezione di arte contemporanea, libri, dischi e innumerevoli memorie raccolte con passione durante la sua vita. Maria Maddalena Rossi muore a Milano il 19 settembre 1995 e viene sepolta a Codevilla, dove è tuttora vivo il suo ricordo e c'è una strada a lei intitolata.

Vittoria Titomanlio Scritto da Anna de Stefano Perrotta

Barletta (BT), 22/04/1899 - Napoli, 28/12/1988 Insegnante

Mandati: Assemblea Costituente Camera I, II, III e IV Legislatura

Progetti di legge presentati: 299 Prima firmataria: 60 Divenuti legge: 65

Interventi: 243

25/06/1946 - 31/01/1948 Membro Assemblea Costituente Gruppo democratico-cristiano 15/07/1946 - 31/01/1948

08/05/1948 - 24/06/1953 I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/06/1948 - 24/06/1953 15/06/1948 - 01/07/1952 Membro XI Commissione (Lavoro e previdenza sociale) 01/07/1952 - 24/06/1953 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti)

25/06/1953 - 11/06/1958 II Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 21/07/1953 - 11/06/1958 01/07/1953 - 11/06/1958 Membro VI Commissione (Istruzione e belle arti) 25/07/1956 - 11/06/1958 Membro Commissione parlamentare consultiva per la disciplina giuridica delle imprese artigiane 19/02/1957 - 11/06/1958 Membro Commissione parlamentare consultiva per il parere sulla emanazione delle norme relative all’assicurazione obbligatoria contro le malattie per gli artigiani

12/06/1958 - 15/05/1963 III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 18/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 Membro VIII Commissione (Istruzione e belle arti) 19/11/1959 - 15/05/1963 Membro Commissione speciale per l’esame del disegno e delle proposte di legge concernenti provvedimenti per la città di Napoli 01/07/1960 - 15/05/1963 Membro XII Commissione (Industria e commercio)

16/05/1963 - 04/06/1968 IV Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo democratico-cristiano 01/07/1963 - 04/06/1968 01/07/1963 - 04/06/1968 Membro VIII Commissione (Istruzione e belle arti) 01/07/1963 - 04/06/1968 Membro XII Commissione (Industria e commercio - artigianato - commercio estero)

Vittoria Titomanlio nasce a Barletta (Bari) il 22 aprile 1899 da Sabino (ispettore demaniale) e Carolina De Boffe. Maestra elementare, si impegna molto nell'ambito cattolico ed in particolare nell'associazionismo, ancor prima di dedicarsi all'attività politica strettamente detta. Dopo aver fatto parte del consiglio diocesano di Napoli ed essere entrata nel 1928 nella Gioventù femminile (sorta nel 1918 all'interno della "Unione Donne Cattoliche Italiane" per opera di M. Cristina Giustiniani Bandinim) dell'Azione cattolica, viene nominata nel 1932 propagandista nazionale, carica che la porta a girare in continuazione per l'Italia tenendo corsi e relazioni, e nel 1936 membro del consiglio superiore e incaricata regionale per la Campania.

Si dedica con passione e con spirito di sacrificio, anche in mezzo a molte difficoltà, alla formazione e all'assistenza dei lavoratori, soprattutto donne, rivestendo varie cariche all'interno delle associazioni e delle istituzioni prima di entrare nella vita parlamentare. Sono questi gli anni in cui l'Azione Cattolica svolge un'attività formativa molto intensa ed in cui i rapporti con il fascismo diventano sempre più difficili proprio a causa delle sue molteplici iniziative sociali, culturali e ricreative, che vengono ad intralciare quelle del regime; nel maggio del 1931 le sedi dei circoli cattolici verranno chiuse e il distacco del Movimento dal fascismo, anche se graduale, sarà sempre più netto e nel 1938 definitivo. Tuttavia l'Azione cattolica, sebbene repressa, riesce a sopravvivere ed anzi si rafforza, dopo aver ricevuto nel 1940 dal papa Pio XII una rinnovata organizzazione con la promulgazione di nuovi statuti; grazie all'impegno del papa conosce una grande espansione nel secondo dopoguerra e diviene l'alveo in cui si formano e preparano i dirigenti della futura Democrazia Cristiana. Nel '46 l'associazione si coinvolgerà fortemente nelle competizioni elettorali e nell'azione politica in generale, ma soprattutto nel 1948 svolgerà una vera e propria opera di mobilitazione delle forze cattoliche per le elezioni del 18 aprile.

Intanto la Titomanlio ha continuato la sua fervida attività nell'ambito dell'associazionismo cattolico. Dopo il 1943 è divenuta consigliere nazionale dell'Associazione italiana maestri cattolici e segretaria provinciale delle ACLI (Associazione Cattolica Lavoratori Italiani), delegata nazionale del Movimento femminile per l'artigianato italiano e membro del comitato consultivo ministeriale per l'artigianato e le piccole industrie; è entrata a far parte del Consiglio nazionale del Movimento Femminile della Democrazia Cristiana e nel 1947, dopo il convegno nazionale ad Assisi, del Comitato centrale del Movimento diretto da Maria De Unterrichter Jervolino.

La sua elezione, il 2 giugno 1946, all'Assemblea Costituente nella lista della Democrazia cristiana, nel XXIII collegio elettorale (Napoli-Caserta) con 20.861 voti, segna l'inizio di una lunga carriera politica, che la vedrà in Parlamento per quattro legislature, e sempre con lo stesso collegio elettorale, dal 1948, quando verrà eletta nella prima legislatura repubblicana con 35.700 voti di preferenza, fino al 1968.

Tra i suoi interventi in aula almeno due sono da ricordare per la loro attualità. Nel primo, alla Costituente, mentre si discute il titolo V del progetto di Costituzione, la Titomanlio, nella seduta del 4 giugno 1947, difende l'autonomia regionale sostenendone i vantaggi, laddove siano garantite le singole tradizioni ed esigenze, come espressione di libertà e democrazia. Nel secondo intervento, durante la discussione del disegno di legge sulla stampa nella seduta del 15 gennaio 1948, quindici giorni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, sostiene la pubblicazione da parte dei giornali delle rettifiche di notizie su persone di cui sia stata lesa la dignità.

Nella sua lunga attività parlamentare ha fatto parte di diverse Commissioni permanenti: Lavoro, Emigrazione, Cooperazione, Previdenza e Assistenza sociale, Assistenza post-bellica, Igiene e Sanità pubblica; Istruzione e Belle Arti; Industria e Commercio, Artigianato, Commercio estero. Nella II legislatura ha partecipato alla Commissione parlamentare consultiva per le norme relative all'assicurazione obbligatoria degli artigiani contro le malattie e alla Commissione parlamentare consultiva sulla disciplina giuridica delle imprese artigiane. Durante la III legislatura è membro della Commissione speciale incaricata di esaminare i disegni di legge e le proposte di provvedimenti straordinari per il Comune di Napoli. Molto intenso è il suo impegno anche nella società civile, dove ricopre l'incarico di presidente in varie istituzioni: l'Istituto nazionale istruzione addestramento settore artigianato, l'Ente di zona Casse rurali e artigiane, la Commissione provinciale e regionale per gli albi artigiani presso la Camera di Commercio di Napoli, il Collegio dei sindaci della sezione campana del Sindacato nazionale musicisti. È inoltre dirigente di vari Enti, come l'ACAI (Associazione Cristiana Artigiani Italiani), e l'INIASA (Istituto Nazionale per l'Istruzione e l'Addestramento nel Settore Artigiano). Vittoria Titomanlio muore il 28 dicembre 1988 a Napoli, dove è sepolta nel cimitero di Poggioreale.