Tratto VICOVARO - Varco Sabino

Da Collalto Sabino a Varco Sabino

Da Collalto si inizia a scendere verso Carsoli e, dopo quasi due chilometri, si gira a sinistra sulla provinciale per Collegio- ve e . La strada degrada dolcemente verso una stretta e lunga pianura di fondovalle. Percorsi due chilometri, con una breve deviazione sulla destra si può salire al paese di dalla caratteristica forma a ferro di cavallo, affacciato sull’inconfondibile e maestoso pro- filo “a chiglia di nave rovesciata” del Monte Cervia. Il borgo è circondato da foreste che si estendono quasi senza soluzione di continuità. Il suo nome deriva da “acquam nespu- li”, acqua di nespolo, dall’antica denominazione locale di un bosco in cui questa pianta cresceva spontanea. Nella parte alta

35 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

del paese, la chiesa di S. Sebastiano patrono contiene una tela di scuola fiamminga del ‘500 che ne raffigura il martirio.

Tornati sulla provinciale per Marcetelli, un tratto pianeggiante precede un ponte su un fosso e, subito dopo, si trova un incrocio con due strade bianche, una a de- stra, l’altra a sinistra. Quella a sinistra, leggermente dis- sestata, porta ai ruderi di un vec- chio mulino ad acqua (Mola tra le Vene), dove è necessario par- cheggiare. Da qui si può scendere per un lungo tratto nell’alveo del Fosso di Riancoli alla scoperta dei suoi angoli più segreti. Questo breve corso d’acqua nasce dalla confluenza di alcuni tranquilli ruscelli minori, scorre da est verso ovest ma, prima di gettarsi nel Turano, incide delle gole profonde che separano di netto la dorsale del M. Cervia dal rilievo isolato di M. S. Giovanni a nord di Collalto. L’accidentato percorso nell’alveo è una rappresentazione ideale della capacità dell’acqua di scolpire, scavare e levigare la tenace roccia calcarea. Nel silenzio interrotto solo dal vento che muo- ve le foglie o dal verso stridulo della ghiandaia si incontra un susseguirsi continuo di sorprese: pozze isolate abitate da anfibi e larve di insetti, massi ciclopici, pa- reti rocciose, piscine naturali, cascate. La passeggiata va af- frontata con le do- vute cautele anche perché, d’inverno, l’impeto della cor- rente invita a man- tenersi sui versanti che in alcuni tratti sono percorribili con difficoltà.

36 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

La strada bianca sulla destra porta anch’essa nelle vicinanze di un antico mulino ad acqua che è stato recentemente ristruttu- rato per scopi didattici dalla Riserva Naturale (per la visita te- lefonare al 0765/790002). Il piccolo edificio in pie- tra si trova al termine di un breve tratto da fare a piedi e compare, nasco- sto fra la vegetazione, sulle sponde di un tor- rente poche centinaia di metri a valle dell’abitato di Nespolo. All’interno ospita una mola in le- gno “a ruota orizzontale” che un tempo serviva a macinare i cereali destinati al consumo delle famiglie contadine: grano, segale e farro coltivati su piccoli fazzoletti di terra e frutto di pratiche agricole a malapena ripagate dai raccolti. Attaccato al fabbricato, un grande vascone in pietra era utiliz- zato per accumulare l’acqua nei periodi asciutti o comunque quando le portate del torrente erano scarse.

Di nuovo sulla provinciale per Marcetelli, che comin- cia a salire fra boschi di querce ed aceri fino ad ar- rivare, dopo circa cinque chilometri, a . Il nome del paese trae pro- babilmente origine dalla presenza di un vicino luo- go di culto dedicato a Giove. Questo fatto, sommato al ritro- vamento su un colle circostante di una grande e antica tazza di marmo rosso venato, oggi utilizzata come acquasantiera nella chiesa parrocchiale, testimonia una notevole frequentazione di questi luoghi fin dai tempi dei romani. Come diversi altri centri dei dintorni anche Collegiove appar- teneva, fra il ‘300 e il ‘600, alla Baronia di Collalto. Oggi, con

37 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

i suoi 1001 metri è il centro abitato più alto della Riserva dei Monti Navegna e Cervia, luogo di partenza ideale per escur- sioni verso il crinale e la vetta del Monte Cervia da cui lo sguardo si apre sul Lago del Turano, sinuoso e azzurro, e su un’ampia cerchia di alture vicine e lontane, fra cui il Soratte ad ovest, il Terminillo a nord, il Velino ad est.

Lungo la provinciale, circa un chilometro e mezzo a nord di Collegiove una stradina sterrata sulla sinistra si addentra nel cuore degli estesissimi castagneti che ricoprono le pendici orientali dei monti Cervia e Navegna. Entrare in un casta- gneto da frutto, in qualunque stagio- ne, è un’esperienza che riempie di stu- pore per la cura con cui è tenuto il ter- reno e per l’impo- nenza degli alberi, quasi tutti secolari. Molti aspetti concor- rono a dare vita ad un’atmosfera fiabesca: le tenaci e possen- ti radici, le nodosità dei rami, le cavità dei tronchi originate negli anni dall’azione combinata dei fulmini e dei voraci in- setti “mangia legno”. Il castagno, detto anche “albero del pane”, è stato per secoli una fonte primaria di alimentazione durante i freddi inverni o i periodi di carestia, non so- lo per le povere popolazioni montane ma anche per il loro bestiame, soprattutto suino. Si diceva infatti che la carne del maiale fosse più buona quan- do il prezioso animale era ali- mentato con le castagne.

Si prosegue sulla provinciale (occorre fare attenzione al fondo dissestato) per altri due chilometri e mezzo fino ad una stretta

38 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino curva a destra in corrispondenza della quale, sulla sinistra, ini- zia il sentiero che porta all’aspra Gola dell’Obito. Come quello di Riancoli, anche il Fosso dell’Obito taglia da est a ovest la dorsale montuosa, separando il rilievo del Na- vegna da quello del Cervia. Il suo bacino idrografico ricade tutto nella Riserva e dà origine ad una valle apparentemente anomala, che nasce aperta e termina in una gola. La causa sta nel fatto che nella parte alta del bacino, a oriente, affiora del flysch (arenarie stratificate miste ad argille), una roccia relativa- mente “tenera” e molto pre- disposta al modellamento da parte dell’erosione atmo- sferica; nella zona più occidentale e bas- sa verso , invece, vi sono dei banconi più compatti e tenaci di calcare su cui l’erosione si con- centra solo in alcune zone dando luogo a forme scoscese e ripidi pendii vallivi. Il nome Obito deriva probabilmente da “oves” (pecore), a segnalare un antico varco fra i monti per la transumanza delle greggi. Gli ambienti isolati e proibitivi della forra ospitano diversi tipi di vegetazio- ne e sono frequentati da specie ra- re e sensibili quali il falco pel- legrino e il merlo ac- quaiolo.

39 La Riserva Regionale Monte Navegna e Monte Cervia

on sono montagne gemelle ma poco manca. Vengono sempre nominate insieme, hanno altezze quasi compa- Nrabili, 1508 metri il Navegna, 1436 il Cervia, sono for- mate dallo stesso tipo di rocce e i versanti occidentali di entram- be si specchiano nelle acque del Lago del Turano mentre quelli orientali, ripidi in quota ma dolcemente ondulati alle pendici, in quelle del Lago del Salto. Le loro forme disegnano paesaggi ampi e solitari, in cui il tempo sembra seguire una scansione totalmen- te autonoma. Sulle carte sono anche conosciute come Monti Carseolani. La Riserva, estesa per circa 36 chilometri qua- drati, ne protegge gli ambienti più significati- vi: le rupi, le praterie d’altura, le grandi fag- gete, i castagneti, i boschi di querce, carpi- ni ed aceri, le acque tumultuose dei fossi dell’Obito e di Riancoli che tagliano tra- sversalmente la dorsale montuosa. Castagno Nel sottobosco, dove transitano sospettosi il lupo e il gatto selvatico, germogliano fioriture di orchidee, violette e nar- cisi. I cieli sono solcati dal volo preciso dell’aquila reale o, di not- te, dal maestoso e silenzioso gufo reale. Alcune raccolte d’acqua ospitano anfibi di particolare interesse a dai nomi curiosi come l’ululone dal ventre giallo e la salamandrina dagli occhiali. Il territorio è attraversato da una rete di sentieri e tratturi, testi- monianza di una viabilità rurale un tempo diffusa, oggi a dispo- sizione anche degli escursionisti, ed è circondato da una cerchia discreta di paesini e piccole frazioni. Tra questi i nuclei storici dei nove comuni che fanno parte della Riserva. I più importanti e famosi sono Collalto Sabino e , per i loro castel-

li, e per la sua felice posizione prossima alle rive del La- go del Turano. Ve ne sono però al- tri che contano poco più di 200 abitanti ciascuno e si configurano come autentici presidi delle atti- vità umane sulla montagna: Paga- nico, Collegiove, Marcetelli, Varco Sabino (sede degli uffici del- la Riserva Naturale). Gli spazi a disposizione per le coltivazioni sono limitati a piccoli orti e appezzamenti posti a ridosso dei centri abitati. I principali prodotti della terra, dunque, sono i frutti del bosco e del sotto- bosco: more, mirtilli, funghi, tartufi e, soprattutto, castagne, che vengono ancora raccolte nei circa 600 ettari di castagneti da frutto. Un vecchio detto sottolinea la loro importanza storica per le povere economie locali: “Allu burghittu se nun fosse pe’ li frutti se sariano morti tutti”. La varietà regina è la “castagna rossa del Cicolano”, introdotta in epoca storica dalla Lombardia e perfet- tamente adattata al clima e ai suoli di queste zone.

The Navegna and Cervia Mountains Regional Reserve The shapes of the Navegna (1508 metres) and Cervia (1436 metres) mountains divide the Salto lake from the one of Turano outlining wide and solitary landscapes where time seems to go by with its own frequency. The Reserve, spreading for about 36 sqkm, protects several significant environ- ments: cliffs, high-ground meadows, beech and chestnut woods as well as oak, hornbeam and maple woods, the turbulent waters of the Obito and Ri- ancoli ditches. In the underwood suspiciously the wolf and the wild cat pass through. Skies are streaked across by the perfect flight of the golden eagle or, at night time, by the majestic and silent eagle owl. The area is run through by a net of trails and sheep-tracks and sur- rounded by a circle of small villages. Some of them have little more than 200 inhabitants and represent the remaining of human activities on the mountains. The areas ready to be cultivated are restricted into small vegetable gar- dens and plots close to the villages. So, the main products from the land are wood and berry fruits such as blackberries, bilberries, mushrooms, truffles and, most of all, chestnuts that are still picked up all over the 600 hectares of chestnut woods. Orchidea Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

Un chilometro e mezzo più avanti, una deviazione sulla destra lungo la carrareccia che porta verso S. Maria in Villa permette di fare visita ad un’autentica “bisnonna verde”, una roverella monu- mentale di circa 300 anni che la gente del posto chia- ma con affetto “quercia bel- la”. È alta 22 metri (più di un palazzo di sei piani) e il suo tronco ha un diametro di più di due metri (servono almeno sei bambini per abbracciarlo tutto).

Gli alberi secolari Che sia quercia o castagno, ogni albero che cresce dovrebbe poter continuare a farlo fino a diventare un grande albero. Diverrebbe così un potente produttore di ossigeno attraverso le foglie, un rifugio sicuro per molti animali, un dispensatore di cibo e doni preziosi grazie agli innumerevo- li frutti ed un custode del suolo che attenua con l’ampia chioma la violenza dei temporali.

Dopo un chilometro si entra a Marcetelli, che sembra debba il nome all’espressione latina “Marsorum tellus”, terra dei “Marsi”, riferita non al popolo italico ma alla famiglia della Sabina che nei secoli X e XI fondò diversi insediamenti nella valle del Salto. Il paese giace allungato su un crinale montuoso dai ripidi ver- santi e gode di una posizione difensiva strategica, con ampie vedute sulla valle e sul lago. Attraverso gli stretti vicoli lastrica- ti in pietra del centro storico si arriva alla Piazza della Porta, che ha al centro una fontana ottagonale e su cui affaccia il Pa- lazzo Barberini.

42 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

Fino a pochi anni fa gli abitanti di Marcetelli erano dei rino- mati e validi bottai. In inverno, scelto il legname più idoneo nei castagneti, si adoperavano a sagomare doghe di tutte le di- mensioni per la costruzione di tini, bigonci e botti.

Oltre Marcetelli la strada inizia a scendere verso il Lago del Salto. Dopo circa quattro chilometri occorre fare attenzione al bivio sulla sinistra, non segnalato, e prendere la stretta stradina asfaltata che sale verso Rigatti. Dal 1968 questo abitato non è più frazione del lontano co- mune di Ascrea, ma di Varco Sabino. Il piccolo paese è do- minato dal Palazzo Ba- ronale ed è ampiamen- te panoramico sul lato orientale del Lago del Salto e sui monti del Cicolano. La sua storia, al di là del- le famiglie nobiliari che lo hanno governato nei secoli, simboleggia quella di tanti piccoli borghi sparsi sull’Ap- pennino. Una storia che traspira ancora il senso del feudalesimo, testimoniata dagli Statuti medievali giunti fino ai giorni nostri e che sopravvive nella memoria orale dei racconti degli anziani. Una storia di povertà e sacrifici di povere genti di montagna, di doveri e obbligazioni verso potenti e uomini di chiesa, di brigan- ti ed emigrazione per sfuggire alla fame. Dal belvedere posto al margine del paese lo sguardo è in grado di apprezzare l’enorme estensione del paesaggio fore- stale della valle del Salto (la stessa parola latina saltus vuol dire “bosco”, “selva”) in- terrotto solo dalle anse del lago che si insinuano nelle vallette laterali e, sporadicamente, dal si- stema di piccoli insedia- menti e case sparse. Con i suoi circa 7 chilo-

43 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

metri quadrati il Lago del Salto è uno dei maggiori bacini artificiali dell’Italia centrale. Insieme a quello del Turano, suo “gemello” più piccolo da cui riceve le acque attraverso una lunga galleria, costituisce una sorta di unico grande ser- batoio della capacità di 430 milioni di metri cubi (430 mi- liardi di litri) che alimenta la centrale idroelettrica di Coti- lia, posta nella valle del Velino fra e .

Con poco più di due chi- lometri si arriva a Varco Sabino che compare allun- gato in leggera pendenza ai piedi di un’alta parete roc- ciosa. Il nome del paese de- riva dal fatto che nel me- dioevo, quando vi era solo una piccola chiesa rurale, vi si transitava attraverso una sorta di “valico” per passare dalla zona del Salto – Cicolano alla valle del Turano e alla Sabina. L’origine dell’insediamento risale alla metà del ‘400 quando la popolazione del borgo di Mirandella, scampata ad un vio- lento terremoto, vide nella ripida balza rocciosa del valico un sicuro e agevole riparo alla furia degli elementi. I profughi non vollero però abbandonare del tutto le terre di provenien- za e vi continuarono a portare le greggi al pascolo e ad utiliz- zarne il legname. Ciò diede luogo ad un’interminabile conte- sa con la comunità di Ascrea, nel cui territorio ricadeva Mi- randella, che venne risolta solo alla fine del ‘700 (da cui il nome leggendario di “lite dei tre secoli”) con il riconosci- mento dei diritti di “pascolo e legnatico” per gli abitanti di Varco. Nel nucleo storico, in Via Roma 35, hanno sede gli uffici della Riserva Naturale. Dall’abitato un ripido sentiero pano- ramico sale ad una grotta in cui è stata ricavata una chiesetta rupestre dedicata a S. Michele Arcangelo, patrono del paese.

44 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

From Collato Sabino to Varco Sabino

From Collalto one begins to go down toward Carsoli and, after a couple of kilome- tres, there’s a turn on the left along the way to Collegiove and Marcetelli. Once down the valley floor, after two kilometres more, a flat stretch of land precedes a bridge on a ditch and, just after that, a junction with two country roads is met.

The one on the left leads to the ruins of an ancient water mill, where parking is possible and one can go hiking down for a long tract by the sides of the Riancoli ditch bed, searching for its most secret spots. The route along the ditch is bumpy and it’s an ideal representation of the water power that sculpts, digs and smoothes the hard calcareous rock. One finds many and different surprises: isolated puddles inhabited by amphibians and insect grubs, cyclopean boulders, rocky walls, natural pools, waterfalls. It’s necessary to use caution because during the winter the rushing current forces peo- ple to stay on the slopes which can hardly be walked over for themselves.

Back on the asphalt road, that begins to go up among oaks and maples woods, un- til we get, after about five kilometres, to Collegiove. The name of the village is probably the result of a nearby cult place dedicated to Jupiter (Giove). The area, in fact, was populated since the Roman era as witnessed by the finding of a great ancient bowl made of streaked red marble, nowadays used as holy-water font in the local parish church. The village is a great starting point for hikes on the ridge and the peak of the Cervia Mountain from which boundless and attractive views can be seen.

Almost two kilometres beyond, a dirt path on the left enters an extended forest of chestnut fruit trees, well-kept and rich in secular exem- plars. The chestnut tree, also known as “bread tree”, has been for centuries a primary source of feed- ing during the cold winters, not only for mountain populations but also for their live- stock, especially for pigs. Pork meat was in fact better when pigs were nourished by chestnuts.

After two kilometres and a half more along the way, just by a right sharp bend, on the left side a trail starts leading to the Obito ravine. Just like the one of Riancoli also the Obito’s ditch cuts from east to west the mountain ridge, separating the Navegna range from the one of Cervia and gen- erating a narrow deep ravine cut into the solid limestones.

45 Tratto VICOVARO - VARCO SABINO Collalto Sabino Varco Sabino

The name Obito probably originates from the Latin word “oves” (sheep), indicat- ing an ancient way between the mountains for the flock transhumance. The seclud- ed and prohibitive environments of the ravine lodge several kinds of vegetation and are populated by rare sensitive species such as the peregrine falcon and the dipper.

After two kilometres and a half one enters Marcetelli. The village lies down over a small mountain ridge and has a strategic defensive position with wide views on the valley of the Salto river and its homonymous lake. From the historical centre, through narrow stone paved alleys, one gets to the Piazza della Porta with an oc- tagonal fountain standing in the middle faced by the Palazzo Barberini. Until a few years ago, the people of Marcetelli were considered as renowned coopers. During the winter, once they had chosen the best timber in the chestnut woods, they used to shape staves of any size to make vats, tubs and barrels.

After about four kilometres way down to the Salto lake attention must be paid to the road junction on the left, not indicated by road signs, where one takes the nar- row asphalt road that climbs up to Rigatti. The story of this village symbolizes the one of the many small villages spread all over the Apennine. A story that still transpires the sense of feudalism and survives in the oral memory of elders tales. A story of poverty and sacrifices of poor people of the mountains, of duties and obligations in front of the powerful and the clergymen, of brigands and immigration to run away from famine. From the “belvedere”, that stands just at the edge of the village, one can enjoy the enormous extension of the forest landscape of the Salto valley (the Latin word “saltus” in itself stands for “wood”) just broken off by the bights of the lake. With its 7 sqkm the Salto Lake is one of the biggest artificial basins of Central . Along with the one of Turano, a smaller “twin” from which it receives the water through a long tunnel, it supplies power to a hydroelectric station in the Velino val- ley, close to Rieti.

With a bit more than two kilometres one gets to Varco Sabino that appears stretched at the base of a high rocky wall. The origin of the settlement dates back to the middle of the fifteenth century when the people from the hamlet of Mirandella, once escaped a terrible earthquake, saw the base of the cliff as a safe and practicable shelter from the fury of elements. In the historical core, ad- dressed at Via Roma 35, stand the offices of the Na- ture Reserve. From the built up area a steep panoramic climb goes up to a cave where a rupestrian small church dedicated to S. Michael Archangel, patron saint of the village, has been made into the rock.

46