Giuseppe Giusti Epistolario volume primo www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so­ stegno di: E-text Web design, Editoria, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Epistolario. Volume primo. AUTORE: Giusti, Giuseppe TRADUTTORE: CURATORE: Frassi, Giovanni NOTE: DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: Epistolario di Giuseppe Giusti / ordinato da Giovanni Frassi. - Firenze : F. Le Monnier, 1863. - 2 v. ; 16. Volume primo ; 480 p. ; 19 cm. CODICE ISBN: non disponibile 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 10 maggio 2010 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima 2 ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Catia Righi, [email protected] REVISIONE: Carlo Romolo, [email protected] PUBBLICAZIONE: Catia Righi, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa­ zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo­ glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio­ ne e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono di­ sponibili sul sito Internet: http://www.liberliber.it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi­ mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma­ nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ 3 EPISTOLARIO DI GIUEPPE GIUSTI. 4 Fac-simile dello scritto di Giuseppe Giusti. 5 EPISTOLARIO DI GIUEPPE GIUSTI ORDINATO DA GIOVANNI FRASSI E PRECEDUTO DALLA VITA DELL'AUTORE. VOLUME PRIMO. FIRENZE. FELICE LE MONNIER. 1863. 6 VITA DI GIUSEPPE GIUSTI. AVVERTENZA. Quanto si narra in questo scritto vien provato da do­ cumenti autentici, cioè lettere, prose, poesie, commenti ec. Ove poi i documenti mancavano, ho ricorso alla te­ stimonianza di persone conosciute ed oneste, le quali es­ sendo tuttora viventi, possono venire interrogate da chiunque voglia sincerarsi. Ai tempi che corrono, la storia, salvo numerate ecce­ zioni, non si scrive per narrare il vero quando è accerta­ to, ma per dare ad intendere il falso quando fa comodo. Venti anni sono era di moda il romanzo storico, oggi è in gran voga la storia romanzesca: chi dunque legge non per perdere il tempo ma per sapere la verità, gradirà, spero, le citazioni di cui ho corredato il mio scritto. 7 VITA DI GIUSEPPE GIUSTI. CAPITOLO PRIMO. NATALI. PARENTI. Non lungi dalla via maestra che congiunge Pescia a Pistoia trovasi un villaggio detto Monsummano, di anti­ ca origine a quel che sembra, essendo stato, come le voci mons summo manium accennano, dedicato a Pluto­ ne; così almeno pretende il Proposto Gori1 che ha rac­ colto quanto si sa o si crede sapere su tale argomento. Fatto sta che in questo paesetto, la mattina del di 13 maggio 1809 tra l'undici e mezzogiorno, nacque Giu­ seppe Giusti dal Cav. Domenico e dalla Signora Ester Chiti. Sembra che l'ingegno avesse da molti anni preso domicilio nella sua famiglia: il suo avo paterno fu amico e Ministro di Pietro Leopoldo, e seco lavorò in quel Co­ dice che servir dovea di modello a tutte le nazioni civili; suo zio Giovacchino ebbe fama di uomo lepido in Firen­ ze, ove non è da tutti il farsi notevole per lepidezze; suo padre Domenico è, dicono, assai perito nelle cose ammi­ nistrative. Sembra pure che la gentilezza e la generosità stessero volentieri in casa di sua madre, la quale è amata da quanti la conoscono e ci deve esser cara se non altro per il gran bene che le voleva suo figlio. Il padre di lei, 1 Vedi Dizionario Geografico Fisico Storico del Repetti, vol. III, pag. 259. 8 Celestino Chiti, fu amico allo storico Sismondi, e nel­ l'anno 1799 seguì il partito repubblicano, seco lui divi­ dendo i pericoli e la prigionia.2 Nel luglio dell'anno me­ desimo assalito in Pescia dalla canaglia codina si ritirò segretamente in una sua villetta; ma poco dopo fu colà raggiunto e tratto a Pescia legato sopra un barroccio col­ la testa nuda sotto la sferza del sole, mentre per ischerno gliene paravano i raggi con uno scheletro d'ombrello. Vinta dai Francesi la battaglia di Marengo, il Chiti fatto Vicario Regio chiamò a sè i tre principali suoi persecu­ tori, i quali pallidi e tremanti nel primo giunger dinanzi a lui gli si gettarono ai piedi pregando misericordia. Il Chiti con volto pacato, fatto lor cenno d'alzarsi, disse: «So che è grande la carestia, che siete bisognosi, che avete molta famiglia. A casa mia vi sarà dato il grano necessario: andate, prendetelo, e siate tranquilli.»3 Que­ st'atto magnanimo suona tuttavia nella bocca del popo­ lo, il quale si ricorda sempre volentieri delle cose che gli han fatto bene al cuore. Del resto, ho notato tutto ciò affinchè il lettore faces­ se conoscenza coi parenti del nostro Giuseppe, non già per trarne il minimo argomento in sua lode: perocchè i parenti sono come Iddio ce li manda, e ognuno è figlio delle proprie azioni. 2 Vedi nell'Epistolario, Lettera n° 1. 3 Cenni sulla Vita di Celestino Chiti, di Giuseppe Giusti. L'autografo trova­ si nell'Archivio del march. Gino Capponi in Firenze. 9 CAPITOLO SECONDO. PUERIZIA. I primi ricordi della sua puerizia ci furono da lui stes­ so conservati in alcuni frammenti4 che io qui trascriverò fedelmente, nella certezza che il lettore avrà caro di sa­ pere di prima mano ciò che nessuno meglio del Giusti poteva conoscere, ciò che io meglio del Giusti certa­ mente non saprei raccontare. «Mi dicono che la lingua e i piedi mi si spiccica­ rono prestissimo; ma dopo una certa caduta fatta nel­ l'undecimo mese, non ci fu verso per più settimane di vedermi camminare da me. In seguito vedremo che le cadute m'hanno sempre messo giudizio, e non mi son messo in via prima di sentirmi bene in gambe. » Le prime cose che m'insegnò mio padre furono le note della musica e il canto del Conte Ugolino. Paiono cose trovate, ma è un fatto che ho avuta sempre passio­ ne al canto, passione ai versi, e più che passione a Dan­ te. Mio padre, che avrebbe voluto far di me un Avvoca­ to, un Vicario, un Auditore, insomma un arnese simile, quando sapeva che io invece di stillarmi sul Codice, al­ manaccavo con Dante, dopo aver brontolato un pezzo con me e cogli altri finiva per dire: Già la colpa è mia. » La mia infanzia passò dal più al meno come passa l'infanzia di tutti. Portavo il cercine, andavo dalla mae­ stra, imparavo la santacroce, mi legavano alla seggiola 4 L'autografo di questi trovasi presso il Capponi. 10 per castigarmi della disgrazia di appartenere alla fami­ glia dei semoventi, e via discorrendo. » Fra le mille cose delle quali vo obbligato a mio pa­ dre, vi è anche quella di aver badato sempre che le serve non mi divertissero coi soliti racconti di fate e di paure che fanno tanto pro al coraggio come se ce ne avanzas­ se. Voleva anzi che girassi al buio, che mi lasciassero montare su per le seggiole e su per i tavolini, senza quelle solite ammonizioni dettate dallo spavento e che fanno sempre l'effetto di farvi andare per le terre davve­ ro. Voleva che non fossi un vigliacco, ed io l'ho servito anche troppo rompendomi la testa, cincischiandomi le mani, cadendo senza piangere, montando su per i muri e su per i tetti come una lucertola e come un uccello. Una volta correndo su per un muro caddi dall'altezza di dodi­ ci o quattordici braccia nell'orto di un nostro vicino. Fortuna che trovai sotto una massa di concime che mi ricevè, anzi mi seppellì nelle sue soavissime braccia. Come non fosse stato nulla, mi rialzai, e tutto impastato com'ero, invece di chiamar gente che mi aprisse e mi fa­ cesse uscir fuori per l'uscio di casa, mi messi a arrampi­ carmi per lo stesso muro e tentare la scalata. Tempestai un'ora senza concluder nulla altro che di spellarmi le mani, quando una serva che sentì nell'orto un certo arra­ maccio s'affacciò alla finestra, mi riconobbe, e gridò: O che ci fa costaggià lei? Io rosso come un gambero, e su­ dicio come un certo animale, risposi: Eh nulla: sono ca­ scato dal muro, e ora rimonto; non dite niente a nessuno. 11 Ma quella corse giù e mi strappò, proprio mi strappò dalla muraglia, e mi strascicò in casa. I padroni veden­ domi in quell'arnese, così scalmanato, così arruffato, mi persuasero a spogliarmi, a lavarmi e a entrare un pochi­ no nel letto tanto per ripulirmi e mettermi al sole i pan­ ni. Perchè aspettassi e stessi fermo, mi dettero dei dolci e mi si messero tutti d'intorno al letto, facendomi rac­ contare com'era andata. Come facessi il racconto non lo so, ma mi rammento come fosse ora che si buttavano via dalle risa. Quando mi ebbero strigliato e rimesso tut­ to a nuovo mi fecero riaccompagnare a casa dalla serva. Nell'atto di picchiare mi frugai in tasca e cercai un pez­ zo un coso di due soldi che sapevo d'averci: lo tirai fuo­ ri, e mettendolo in mano alla serva con una certa impo­ nenza frettolosa, le dissi: Non t'hai a far vedere; tieni e vai. Arrivato davanti a mia madre, siccome oramai la cosa era andata bene, non potei reggere alla smania di raccontarle tutto.
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