![Gianandrea Noseda Orchestra Del Teatro Regio](https://data.docslib.org/img/3a60ab92a6e30910dab9bd827208bcff-1.webp)
I CONCERTI 2017-2018 GIANANDREA NOSEDA DIRETTORE ORCHESTRA DEL TEATRO REGIO SABATO 24 FEBBRAIO 2018 – ORE 20.30 TEATRO REGIO Gianandrea Noseda (foto Sussie Ahlburg) Gianandrea Noseda direttore Orchestra del Teatro Regio Richard Strauss (1864-1949) Don Quixote (Don Chisciotte) variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco op. 35 (1896-97) Introduzione. Mäßiges Zeitmaß (ritterlich und galant) [Tempo moderato (cavalleresco e galante)] Don Quixote, der Ritter von der traurigen Gestalt. Mäßig [Don Chisciotte, il cavaliere dalla triste figura. Moderato] Sancho Panza. Maggiore Var. i. Gemächlich [Comodo] Var. ii. Kriegerisch - Wieder doppelt so schnell [Marziale - Due volte più veloce] Var. iii. Mäßiges Zeitmaß - Viel langsamer [Tempo moderato - Molto più lento] Var. iv. Etwas breiter - Etwas schneller [Un po’ più largo - Un po’ più veloce] Var. v. Sehr langsam [Molto lento] Var. vi. Schnell [Presto] Var. vii. Ein wenig ruhiger als vorher [Un po’ più tranquillo di prima] Var. viii. Vorher (Gemächlich) [Come prima (Comodo)] Var. ix. Schnell und stürmisch [Presto e agitato] Var. x. Viel breiter - Viel schneller - Beinahe doppelt so langsam [Molto più largo - Molto più veloce - Quasi due volte più lento] Finale. Sehr ruhig [Molto tranquillo] Violoncello solista: Amedeo Cicchese Aus Italien (Dall’Italia) fantasia sinfonica op. 16 (1886) I. Auf der Campagna [Nella campagna]. Andante II. In Rom’s Ruinen. Fantastische Bilder entschwundener Herrlichkeit, Gefühle der Wehmut und des Schmerzes inmitten sonnigster Gegenwart [Tra le rovine di Roma. Quadri fantastici di una grandezza svanita, sentimenti di malinconia e dolore nel mezzo del presente più solatio]. Allegro molto con brio III. Am Strande von Sorrent [Sulla spiaggia di Sorrento]. Andantino - Più mosso - Tempo I IV. Neapolitanisches Volksleben [Vita popolare napoletana]. Allegro molto Manifestazione realizzata nell’ambito del Festival Richard Strauss 2-25 febbraio 2018 Restate in contatto con il Teatro Regio: f T Y p Richard Strauss Don Quixote op. 35 Compositore e direttore d’orchestra con una fine sensibilità per l’arte figura- tiva e la letteratura, Richard Strauss apprezzava gli autori e i romanzi che hanno fondato la civiltà dell’Europa. Tra questi non poteva mancare il secentesco Don Quijote di Cervantes, di cui Strauss possedeva l’edizione prefata e tradotta dal poeta tedesco Heinrich Heine (da questa derivò la grafiaDon Quixote in luogo di quella originale Don Quijote). Concepite le prime idee nell’ottobre 1896, Strauss fu impegnato nell’elaborazione del poema sinfonico lungo il 1897, completando la partitura il 29 dicembre, dopo che nella sua mente avevano preso corpo e defi- nitivo ordine le suggestioni nate dalla lettura di entrambi i volumi del capolavoro. Nell’edizione a stampa mancano diretti riferimenti al programma, tranne due annotazioni circa i personaggi principali: l’indicazione «Don Quixote, il cavaliere dalla triste figura» in corrispondenza del tema cavalleresco a note staccate del violoncello solo, che dunque incarna il protagonista, e quella «Sancho Panza» in corrispondenza di un tema popolaresco, grottescamente strumentato per clarinetto basso e tuba tenore, a indicazione del suo carattere; successivamente è la viola a manifestarsi come strumento che dà voce al personaggio. Fu la conferma di quanto Strauss più volte ripeté circa i suoi poemi sinfonici, ovvero che il programma (seppur esistente durante la genesi) avrebbe distratto dall’ascolto e che un brano di musica il quale non si reggesse da solo (in base a una struttura formale autonoma) sarebbe stato soltanto letteratura per musica. Nel caso del Quixote l’autore volle indicare nel titolo la struttura musicale, ovvero l’antica forma del tema con variazioni, qui dieci, chiaramente indicate e incorniciate da un’Intro- duzione e un Finale. Parrebbe un omaggio a Brahms, la cui essenza compositiva stava proprio nella variazione e che per la gioventù di Strauss fu importante (l’ap- prendistato passò attraverso due sinfonie di stampo brahmsiano), se non fosse che Strauss riteneva anacronistica alla fine dell’Ottocento la forma del tema con variazioni, per lui esaurita da Beethoven nel Quartetto op. 127, definito «metafisi- ca della variazione». Essa è dunque intesa da Strauss come parodia, forma dell’as- surdo: come tale diviene il contenitore per schizzare in musica l’assurdità degli episodi fantastici di Don Chisciotte fuor di senno. La tecnica della variazione è intesa da Strauss in modo libero, i temi fondamentali (Don Chisciotte, Sancho, ma anche Dulcinea) vengono sottoposti a variazione meno del restante contesto sonoro: è l’ambiente a mutare più dei personaggi. Come Strauss annotò in uno dei suoi quaderni d’appunti, Don Quixote è «la battaglia di un tema contro un nulla», insomma l’essenza di Cervantes, il suo protagonista perso nel fantasticare. Il compositore attinse liberamente a una serie di episodi, riorganizzandoli in maniera personale all’interno della forma: in definitiva fu la griglia della musica assoluta che determinò con criteri propri il numero e la successione degli episodi, mentre il programma – tuttavia occultato – diede un significato concreto a cia- scuno di essi. Negli schizzi e nella particella (la redazione preliminare e in sintesi della futura partitura manoscritta) sono ravvisabili non solo precedenti varianti circa i definitivi episodi, ma anche idee per la trasposizione di ulteriori avventure, poi sostituite con altre o eliminate. Infine rimasero le dieci variazioni per dieci episodi. Dopo l’introduzione, in cui flauti e oboi espongono il tema cavalleresco (Don Chisciotte a forza di leggere romanzi cavallereschi perde il senno e si fa cavaliere errante), e dopo la comparsa musicale dei tre personaggi principali (Dulcinea è già idealizzata in una melodia dell’oboe), la rappresentazione dei mulini a vento tetragoni all’assalto dell’eroe è suggerita da uno squadrato disegno ritmico dei fia- ti (Var. I), mentre pecore e montoni vittoriosamente combattuti (Var. II, l’esercito dell’imperatore Alifanfaron) trovano voce in celebri dissonanze degli ottoni suona- ti con il colpo di lingua, il cosiddetto effetto “frullato”. Dopo il lungo dialogo tra ca- valiere e servitore, il pensiero di Dulcinea schiude un magnifico episodio amoroso in fa diesis maggiore, dove il violino solo assume la voce della presenza femminile (var. III). Appare in seguito la processione di penitenti (Var. IV, corale religio- so), seguita da Don Quixote che veglia pensando di nuovo a Dulcinea (Var. V, il violoncello è protagonista). La contadina che Sancho fa passare per Dulcinea è smascherata da una danza popolare (Var. VI), mentre l’immaginaria cavalcata per l’aria (Var. VII) è realizzata con grandi arpeggi, effetti di crescendo e decre- scendo e con l’utilizzo della macchina del vento: la nota re ancorata ai bassi indica che il protagonista rimane con i piedi per terra. Dopo tale culmine, una barcarola occupa l’episodio del viaggio sulla barchetta incantata (Var. VIII), mentre due fagotti che procedono a canone sono i due monaci ritenuti incantatori (Var. IX); passando per la sconfitta ad opera del Cavaliere della Bianca Luna (Var. X) si giunge al Finale, dove il canto del violoncello solo esprime il ritiro a vita contem- plativa e infine la morte di Don Quixote rinsavito. Richard Strauss Aus Italien op. 16 L’Italia rappresentò una fonte d’ispirazione ineludibile per Richard Strauss. Pur collocandosi nel solco nella musica tedesca dell’Ottocento, e al contempo superando i modelli sinfonici di Brahms e di Liszt nonché quello teatrale di Wa- gner, egli ricevette dalla civiltà mediterranea e dall’arte italiana gli ingredienti che temperarono la sua germanità. Pur rimanendo nella tecnica un tedesco, con somma perizia nel trattamento dell’armonia e del contrappunto unita a un dono melodico ben più flessuoso che in Wagner, Strauss fu culturalmente imbevuto di mito antico e classicità, un fatto che plasmò la sua visione del mondo e ne fece, in senso umanistico, un seguace di Goethe. Il viaggio in Italia non rimase per Strauss una tappa obbligata nell’itinerario di formazione o un mito letterario, ma divenne un’abitudine e pure una necessità: tra il 1886 e il 1941 scese quasi ogni anno a sud delle Alpi (in certi casi più volte all’anno), come turista attento anche ai luoghi meno frequentati, come direttore d’orchestra assai richiesto e celebrato compositore. L’effetto del primo Grand Tour a ventidue anni lasciò dunque a lungo il segno: sul piano compositivo, fruttificò immediatamente. Valicato il Brennero, attraver- sati i territori ancora austriaci e dopo una sosta a Bologna, Strauss s’immerse tra le antiche rovine, le chiese e i musei di Roma, viaggiò nella campagna, scese a Napoli, ammirò la costa sorrentina e le bellezze di Capri. Lungo l’itinerario di ritorno visitò Firenze e, sulla prima pagina del primo quaderno di schizzi, an- notò accanto al luogo la data, «maggio 1886». In quella pagina stanno alcune idee tematiche che divennero la sostanza del secondo movimento della sua nuova composizione, Aus Italien (Dall’Italia), temi ispirati alla grandezza della Roma antica attraverso le rovine del Foro, che rappresentarono l’autentico volano per l’i- spirazione di Strauss. Ne nacque ciò che l’autore definì una «fantasia sinfonica»: dunque non si trattava più di una sinfonia come quella in re minore o quella in fa minore (composte a sedici e a vent’anni), benché Aus Italien preveda l’articola- zione in quattro tempi; ma non era ancora un poema sinfonico, come sarebbe ac- caduto con i successivi Macbeth e Don Juan, benché lo spunto esterno alla musica fosse palese già nei titoli dei singoli movimenti. A differenza dei lavori orchestrali successivi, il cui programma emerse a volte anche molto tempo dopo e in genere non per mano di Strauss, Aus Italien fu provvista nel giro di pochi anni (nel 1889) di un’analisi dell’autore, che svelava – a chi già non se ne fosse accorto – il contenuto delle varie parti. Così il primo movimento Auf der Campagna (Nella campagna) è basato sulle impressioni su- scitate dalla campagna romana immersa nella luce solare e contemplata nella sua ampiezza dalla Villa d’Este a Tivoli.
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