Borc San Roc 24 Centro per la conservazione e per la valorizzazione delle tradizioni popolari di Borgo San Rocco, Gorizia – Novembre 2012 Centro per la conservazione e per la valorizzazione delle tradizioni popolari di Borgo San Rocco, Gorizia Autorizzazione del Tribunale di Gorizia Presidente Reg. n. 292 del 25 ottobre 1999 Lutman Marco Editore Vicepresidente Centro per la conservazione e per la valorizzazione Madriz Macuzzi Laura delle tradizioni popolari di Borgo San Rocco - Gorizia Consiglieri via Veniero, 1 Amoroso Sergio 34170 Gorizia Codeglia Sergio Cossar Polesi Edda Direttore responsabile Costanzo Nevio Erika Jazbar Daddio Manuel Progetto grafico, impaginazione Di Piazza Ruggero e stampa Donda Roberto Grafica Goriziana Feresin Vanni Gorizia 2011 Madriz Gianluca Marchi Giuseppe Il volume è stato realizzato Marin Salateo Giovanna con il contributo del Moratti Maria Grazia Credito Cooperativo Paone Giuseppe Cassa Rurale ed Artigiana di Lucinico Farra e Capriva Salateo Caterina Salateo Marco La direzione si riserva di decidere Scocco Tommaso sull’opportunità e sul tempo di Sossou Pietro pubblicazione degli articoli. Zotter Gianfranco Chi riproduce anche parzialmente i testi è tenuto a citarne la fonte. In copertina: Villa Lasciac sul Rafut. Tav. I: pianta di situazione in scala 1:200, Eliocopia acquarellata su tela cm 123,9 x 64,2 (bxh). Archivio storico Comune di Gorizia (1830-1927), b. 901 f. 1184/l prot. n. 9888/09. I disegni sono pubblicati “su concessione dell’ASGO, prot. n. 2458/28.34.01.10 (8.2), del 25-09-2012. Divieto di riproduzione”. Sommario Renato Madriz 5 Fâ fèn atòr dal Panoviz Andrea Nicolausig 17 1886: una cuspide nuova in dono Vanni Feresin 21 Il Monte Santo Marco De Stefani 33 Le tracce del giardino del Seminario Angiola Maria Restaino 39 Un libro sul Seminario Minore di Gorizia Lucia Pillon 41 L’archivio storico dei Levetzow Lantieri Diego Kuzmin 49 La villa Lasciac sul Rafut Sergio Tavano 59 Figure d’altri tempi Marco Plesnicar 69 Il Manicomio “Francesco Giuseppe I” di Gorizia a cent’anni dall’inaugurazione Gioacchino Grasso 77 Pier Adolfo Tirindelli Paolo Sluga 83 Viaggi e personaggi tra pubblico e privato Paolo Viola 89 Orazions Silvano Cavazza 93 Ricordo di Giorgio Ciani ?????????????????: 95 Premio San Rocco 2012 RENATO MADRIZ Fâ fèn atòr dal Panoviz... Sulle tracce di un universo dimenticato Al espresif aspiet da la antiga ruralitat sanrocara 'l è partignuda, cun dut il so prepotent inciant, la intrigada storia sul “fà fen” e i senaris che fasevin curnìs a lis sòs originalis articolazions. parola che in realtà sa di divagazione rispetto alla centralità di uno dei più importanti settori della nostra storia ... contadina, quasi epicamente vissuta .atto.rno. alla “fienagione”. In effetti, si tratta di un curioso compendio in una più ampia rappresen - tazione della vasta ed articolata presenza dei no - stri padri e nonni sulle terre fertili e generose, ma spesso anche sofferte e impegnative, allocate nell’estremo lembo di un territorio sul confine, dove le genti dei campi si rapportavano e scam - biavano la ricchezza della loro cultura rurale in un continuo divenire d’incontri sul “posto di la - L'operazione di caricamento è ormai prossima all'ultimazione; voro” - campi, prati e boschi – , estesa prosecu - si intravvede la “scialeta” anteriore ed uno dei due “studei” zione dei grandi teatri presenti all’interno ed al di posteriori; ognuno dei protagonisti svolge la propria mansione. Il tiro dei buoi attende il prossimo “vio”. fuori della cinta urbana, dove entravano in gioco anche le ricchezze degli elementi di plurilingui - smo come cornice a quegli scenari. di fatiche, di spietate tirannie che una natura tal - Rappresentazioni uniche di una natura – al - volta matrigna riservava, di facce talora disperate lora - ancora incontaminata: come l’acqua del e stravolte incise dal duro lavoro “sui solchi”; e “Lijak” che, nel suo stretto e sinuoso percorso, di brucianti dolori e delusioni bilanciate da pic - era di una straordinaria limpidezza; lì, uomini e cole gioie e da pretese quasi inesistenti: con - donne impegnati dall’arsura luglio-agostana, po - versazioni infinite delle nonne sulla soglia di tevano rinfrescare le membra e vincere la sete. casa, e solo di rado qualche gita “andata e ri - I ricordi qui presenti, tra loro amalgamati, ed torno” - partenza dopo la prima mungitura e il vocabolario utilizzato fanno riandare col pen - rientro prima dell’ultima – senza sottrarla alla co - siero ai giorni di un passato che, di stagione in munità; battaglie di morra e briscola consumate stagione, ci si accorge essere proprio “passato”! dai nonni con un “dopli” in palio, qualche rag - Forse anche un viaggio nella memoria di quel gio di “tressette” in alternativa alle bocce, o a mondo che rappresentava un concentrato di qualche “strica di mora” e poco più, e poi an - punti cardinali e di volti scolpiti dalla sequenza cora ...le tante sottili parole dei silenzi, quasi fos - della vita; quella vita che spesso era un calvario sero dei piccoli raccoglimenti. cinc 5 RENATO MADRIZ Un nome che sa di leggenda Le mete da raggiungere per quell’affascinante tempo della “fienagione”, avevano nomi ricor - renti nelle conversazioni dei sanroccari, anche durante le feste comandate, fuori e dentro - spesso - la “Fortezza”. Si discettava sempre at - torno a straordinari scenari, oggi offuscati anche dalla frenesia di un mondo contemporaneo in - capace ormai di contemplare quelle che, in pas - sato, erano le suggestive, ma “prepotenti” atmo - sfere della terra. Guado del Vipacco con il “tiro” rinforzato: si intuisce il fissaggio Di quella terra che era solida, concreta, ata - del “tului” dall'appena percettibile conca mediana del carico. vica, tradizionale, semplice; ma anche tanto lon - tana dai moderni “derivati”, dalle complicate fun - zioni matematiche e dai tormenti dello “spread”; E’ un po’ come se la mente volasse ormai lon - capace però di offrire le rigorose geometrie dei tano ed il pensiero andasse a tessere la trama e suoi semplici principi. Quella stessa terra, infine, l’ordito di esistenze immerse in un universo in oggi in gran parte distrutta, abbandonata, deva - cui la poesia e la cultura della forza, della gene - stata, seviziata. rosità, del sudore nel lento sgretolarsi del quoti - Il “Panoviz” – dallo sloveno “Panovec”, nome diano erano anche la sua luce. A tratti, istantanee soccombente ad una delle tante storpiature les - quasi folgoranti di un mondo spesso costruito sicali presenti in passato anche a San Rocco - sulle e tra le macerie. Al quale dovevano tutto e era, e rimane, un lembo infinito dove il dominio dal quale ricevevano tutto quel poco che posse - di acacie, di mastodontici roveri e di generosi ca - devano. stagni, sposava quel fertile terreno che costituiva A volte mi chiedo com’era possibile tanta as - un rombo un po’ sghembo, declinante ai mar - soluta dipendenza dalla terra e perchè il legame gini della vecchia strada per Vienna. Ma non era che si instaurava con il territorio diventasse ad - il solo in quella dolce pedemontana che qualche dirittura viscerale. Forse appartiene a quella sorta chilometro più in là, conclusa la sinuosa discesa di romanticismo popolare che ha attraversato dell’Aisovizza, spalancava allo sguardo l’im - l’era dell’economia rurale, in cui le stesse dina - menso pianoro verso Aidussina. Un tesoro bo - miche familiari erano guidate dall’obiettivo della schivo in cui molte famiglie del borgo gestivano sopravvivenza ad ogni sorta di calamità, soffe - la propria fonte di energia e ricavavano la mate - renze e sventure. Mi lascio portare da alcune im - ria prima per risolvere le frequenti esigenze magini istantanee secondo me affatto seconda - anche di vigne e prati. rie, quali il rapporto stretto tra la gente dei Sì, dei prati, poiché uno dei criteri di essica - campi, che si conosceva davvero e si chiamava zione del fieno, prima del suo ricovero in ca - tutta per nome; e poi il connubio tra natura e si - scina, prevedeva l’impianto del “cosovaz”: collo - lenzi – due beni oggi in serio pericolo – che fa - cato in genere sulla linea mediana del campo, la ceva assaporare la possibilità di isolarsi, ma al struttura era semplice da realizzare ma preten - tempo stesso di socializzare davvero, e di non deva l’impiego di robusti pali d’acacia, posti in dare nulla per scontato. Perchè i silenzi nutrono, linea retta, e distanti tra loro circa 3 metri. Con - i rumori invece consumano. ficcati poderosamente nel terreno, venivano uniti Resta questo, in fondo, un tentativo di colti - in sequenza da uno spesso filo di ferro in guisa vare, attraverso la riproposizione di ricordi anche che si creassero tre linee di carico. Su quei ri - personali, persistenti, la memoria con il sostegno piani sospesi venivano stese bracciate di “me - del senso della storia. dica” profumata e, se la stagione era propizia nel sîs 6 FA FEN ATOR DAL PANOVIZ gioco dell’alternanza tra caldo e pioggia, anche ricca di “flòrs”, che regalavano scie di profumi nell’aria dei tramonti interrotti solo dalla linea delle tante caserme sparse un po’ ovunque. Il “parcheggio” sui cosovaz, nei periodi in cui le cascine si presentavano già colme, consentiva di “conservare”il fieno all’esterno il tempo ne - cessario a ricostituire gli spazi sui fienili. C’era anche l’alternativa al cosovaz ovvero il “col”, che risparmiava l’impianto di altri sistemi, ed aveva l’aspetto di un tronco di cono a panet - tone, risultato di una serie di strati sovrapposti, Anche il “vasel” con il suo carico che potevano raggiungere 1.5 metri in altezza ed di liquame impegna un piccolo guado. una base di altrettante dimensioni, accurata - mente rifiniti dalla “pettinatura” che concludeva di due persone; una per il deposito, l’altra sul l’operazione di allestimento affidata alle donne cumulo per distribuirlo e pressarlo con accor - le quali, facendo scivolare con abilità il rastrello lungo i fianchi del covone, creavano le condi - tezza se si voleva evitare che l’eccessiva pres - zioni perché, in caso di precipitazioni, l’acqua sione verso il centro, al momento della fermen - scivolasse via lungo quei dorsali evitando che la tazione portasse al rovesciamento del palo.
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