PARTE TERZA ARALDICA NAPOLEONICA IN ITALIA a cura di GIACOMO C. BASCAPÉ e MARCELLO DEL PIAzzo BIBLIOGRAFIA Henry Simon, Armorz'al général de l'Empire Français, contenant les armes de la Majesté l'Empereur et Roz� des Princes de sa /amille, des grands Digni­ taires, Prince, Ducs, Comtes, Barons, Chevaliers, et celles des Villes de le, 2e et 3me classe ..., Paris 1812, 2 voli. Almanacco Reale, per gli anni 1810, 1811, 1812, 1813. E. Portai, Nobiltà napoleonica su predicati italt'ani, in GAG, I, fase. 1-2, pp. 75-87. G. Crollalanza, Enciclopedz'a araldico-cavalleresca, Pisa 1876-77, pp. 258-260 e 450. P. B. Gheusi, Le blason héraldique, Paris 1892, pp. 338-341. A. de Révérend, Armorial du Premier Empire: titres, majorats et armoiries concédés par Napoleon Ier, 4 voli., Paris 1894-97. F. E. Robinet, Dictionnaire de la Révolution et de l'Empire, 2 voli., Parigi 1899. L. Corio, Milano durante il primo regno d'Italia, 1805-1814, Milano 1904. J. Vallin, La noblesse de l'Empire, in RA, IV (1906), p. 729. A. De Révérend et E. Villeroy, Album des armoiries concédées par Lettres-pa­ tentes de Napoleon Ier, 1808-1815, Paris 1911 (avec 3504 blasons). F. Bertini Frassoni, Araldica del regno italico, in RA, IX (1911), fase. 11, pp. 641-711. C. Santamaria, I vari stemmi dei governi milanese e lombardo, in RA, 1916, pp. 34 sgg.; 1917, pp. 23 sgg.; Id., Stemmi di Stati e provincie, ivi, 1933, pp. 22-25. C. Locatelli, L'araldica ed il sistéma nell'impero napoleonico, in RA, XXX (1932), pp. 506, 554; XXXI (1933); pp. 49, 104, 215, 264, 309, 368, 409, 453, 510; XXXII (1934), pp. 73, 417, 466; XXXIII (1935), pp. 12 1, 173, 202, 244, 435. E. De Amici, Sigilli, timbri e distintivi di cariche del regno d'Italia (1805- 1814), in «Arch. St. Lombardo», 1939, pp. 444 sgg. R. Cadet De Gassicourt, Les pièces intérieures dans l'héraldique impérz'ale, in « Revue Française d'héraldique et de sigillographie», II (1939), pp. 72 sgg. M. Roberti, Milano capitale napoleonica, Milano 1946. R. Mathieu, Le système héraldique /rançais, Paris 1946. L. Marchetti, Testimonz'anze napoleoniche nel Museo del Risorgimento di .Mi­ lano, Milano 1950; Id., Milano c_apitale di un regno, Milano 1957. 747 C. Mistruzzi di Frisinga, Trattato di diritto nobiliare italiano, Milano 1961, vol. I, pp. 358 sgg. O. Neubecker, Ordens-lexicon, Berlin s.a., III ediz. 1958; Id., Le grand livre de l'héraldique, Paris-Bruxelles 1977, pp. 50-51, 102-103, 125. O. Neubecker et W. Rentzmann, Dictionaire héraldique, Munich 1974. D. L. Galbreath et L. Jéquier, Manuel du blason, Lausanne 19772. O. Neubecker, Le grand livre de l'héraldique, Paris 1977, pp. 50-51, 102-13, 125. ABBREVIAZIONI ASBo= Archivio di Stato, Bologna. ASRoma = Archivio di Stato, Roma. ASVen = Archivio di Stato, Venezia. ASMi= Archivio di Stato, Milano. MRMi = Museo del Risorgimento, Milano. GAG= «Giornale araldico-storico genealogico ». RA = «Rivista araldica». Per le altre abbreviazioni si veda la tabella all'inizio dell'opera. Pinoteau, in un recente n convegno di araldica, ha annunciato che pubblicherà una Héraldique Napoléo­ nzenne, , ma sara araldrca francese, mentre questa trattazione è araldica napoleonica in Italia. 748 749 I REGNO D'ITALIA ARALDICA E SIMBOLI ISTITUITI DA NAPOLEONE IMPERATORE DEI FRANCESI E RE D'ITALIA La rivoluzione francese, come è noto, non si limitò a sopprimere i feudi, la nobiltà, i titoli, ma volle pure distruggere gli stemmi, dichia­ rati enfaticamente «marques de l'eslavage» (1790). Ma, cessati i sim­ boli araldici sorse per necessità una nuova emblematica, con berretti frigi, picche, fasci littori ed altri simboli imitati dal mondo classico. Un primo passo verso il ripristino di distinzioni onorifiche fu fatto nel 1802 da Napoleone con la fondazione della Legion d'onore, va­ gamente evocante i vecchi ordini cavallereschi, ma con figura giuri­ dica tipica, nuova 1. Divenuto imperatore egli istituì nuovi titoli e qualifiche d'onore nel 1806 (nomina di vari duchi) 2• Le leggi - o «statuti », come furono definite - stabilivano espressamente che i nuovi titolati avrebbero ricevuto direttamente dall'imperatore, per lettere patenti, i titoli, gli stemmi e anche le livree; le città e gli enti potevano pure chiedere speciali insegne. Una nuova araldica fu così ufficialmente fondata 3. 1 E. Rota, Milano napoleonica, in Storia di Milano, Fondaz. Treccani, vol. XIII, pp. 204-205. 2 Nell'Archivio di Stato di Milano, capitale del Regno Italico di Napoleone, la do­ cumentazione sull'argomento non è completa; una parte del materiale manca, come si dirà più avanti, nei Documentz; cart. 221. (Citeremo sempre ASMi). Nella serie Araldica, parte moderna, cart. 52, è l'Elenco generale de' sudditi che hanno ottenuto da S. M. l'Imperatore e Re lettere patenti di istituzione di alcuno de' titoli regi; comprende nomine fra il1808 ed il1813. (Altre cartelle notevoli: 88, 95, 99, 112, 113, 127, 133, 155, 160, 172, 226, 228, 229 ecc. In tali raccolte - non bene ordi­ nate - sono le minute delle lettere patenti, o riassunti di esse, sovente con descrizione di stemmi e di livree ed anche progetti di stemmi che non furono approvati, ecc.). 3 Se dobbiamo dar fede a J. Vallin, La noblesse de l'Empire, in RA, IV (1906), pp. 47-50, un Ciàmbellano napoleonico che volle mantenere l'incognito, in un libro: Buo­ naparte, sa famille et sa court, Paris 1816, propose al Ciambellano medesimo, in se­ greto, un suo memoriale concernente la « ricostituzione della nobiltà» in sei articoli. Ma si sa quale scarso valore probatorio abbiano gli scritti anonimi; d'altronde la Rivo­ luzione aveva abolito la nobiltà con tale energia che a Napoleone non convenne certa­ Aqu�a d �'Esercito del regno Italico, 180 5-1814; probabilmente è quella del 3° squadrone del 2° regg. dei mente ristabilirla subito. Meno urtanti per i Francesi, furono i titoli conferiti ai fedeli Cacciatori a cavallo «PnnCipe Reale>>, al MRMi. marescialli, generali, ministri, ecc. che in origine non erano ereditari ma ad personam e che in gran parte erano in Italia ed in. altri paesi dell'impero, esclusa la Francia. 750 75 1 Il Maigne, il Gourdon de Genouillac, il Révérend, G. di Crolla­ zione il dignitario doveva far so stituire il vecchio simbolo da uno lanza ed altri hanno trattato delle insegne delle dignità e cariche nuovo poiché i discendenti non avendo quasi mai le cariche dei pa­ adottate da Napoleone per gli stemmi. Ma si trattò di una araldica dri, non potevano evidentemente succedere nelle qualifiche e nelle in­ ben diversa dalla precedente. Innanzitutto furono costituiti pochissimi segne relative. feudi, ma certi predicati - come «Duca di Lodi» e simili - ebbero Insomma l'imperatore non volle, salvo rare eccezioni, costituire per lo più soltanto valore onorifico. Inoltre i titoli e gli stemmi sp et­ una classe privilegiata ereditaria, bensì_ conferire a personalità, ad alti tavano solamente alla persona investita, non ai successori, salvo i rari funzionari, ai grandi ufficiali dello Stato, persino ad ecclesiastici (ogni casi dell'istituzione di un maggiorascato, di cui parleremo, e questa fu arcivescovo era conte, ogni vescovo barone) una « dignitas » un titolo una innovazione decisiva. Ogni stemma era dotato di un capo ma onorifico personale e strettamente legato alla carica. Ed in ciò consi­ sempre di un «canton franco » della dignità del titolare, detto anche ste, istituzionalmente, la differenza so stanziale fra le titolature napo­ «quarto franco » (ma quest'ultimo ha maggiori dimensioni) posto sul­ leoniche e la vecchia nobiltà, titolata o no. l'angolo destro, in alto, dello scudo, ovvero a sinistra. Inoltre l'even­ tuale cambio di carica e di dignità della medesima persona compor­ tava pure la so stituzione delle insegne di carica, militari, civili, eccle­ siastiche, giudiziarie o d'altro genere. In luogo delle corone dei tito­ lati dell'antico regime furono adottati tocchi piumati, di colori diversi e con vario numero di piume, secondo i gradi. Le città sovrapposero al proprio scudo antico un capo rosso cari­ cato da tre api d'oro con corona muraria turrita, se erano di prima categoria, un canton franco a destra, azzurro caricato dalla N d'oro sormontata da una stella a sei punte pure d'oro, se erano di seconda, quelle della terza un canton franco a sinistra, rosso, caricato da una N e da una stella d'argento. L'araldica napoleonica durò otto anni, dal 1806 al 1814, pertanto o non potè assumere un ruolo efficace e duraturo nella vita sociale. I titolari che avessero voluto rendere ereditario il proprio titolo o dovevano costituire un maggiorascato inalienabile, con beni immobili o o titoli di Stato. Ma pochi poterono farlo, anche per la rapida fine o dell'impero. o Codeste insegne d'onore e di dignità furono in parte unite agli o antichi stemmi di famiglie già nobilitate da dinastie antecedenti (ma o furono tolte le aquile monocipiti o bicipiti del sacro romano Impero, o i gigli di Francia e altri simboli). Per coloro che non avevano uno o stemma, si provvide a concessioni ex nova. In tal modo l'araldica, o soppressa dalla Rivoluzione, riviveva, però con forme in parte nuove. '0() o d:1 L' « Elenco generale » delle nuove titolature conferite nel regno "' itali co risulta da atti dell'Archivio di Stato di Milano 4. In tale elenco non si trovano ovviamente, i titoli del Regno d'Etruria e del Regno di Napoli, ma mancano persino certi nobili bresciani (ad es. Leonardo Martinengo, ciambellano). Conviene altresì notare che non tutti gli antichi titoli furono rie­ sumati dal Buonaparte: vennero esclusi quelli di marchese, di vi­ sconte, di nobile. Inoltre, essendo le titolature non trasmissibili (salvo con la erezione di un « maggiorascato ») anche gli stemmi erano strettamente personali e sempre forniti dell'emblema o simbolo della carica; per conseguenza ad ogni cambiamento di dignità o di fun- 4 ASMi, Atti di Governo, Araldica, p.
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