De Gregori DEF.Qxp

De Gregori DEF.Qxp

leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it I edizione: marzo 2011 © 2011 Arcana Edizioni Srl Via Isonzo 34, Roma Tutti i diritti riservati Cover: Laura Oliva ISBN: 978-88-6231-148-9 www.arcanaedizioni.com Claudio Fabretti Francesco De Gregori fra le pagine chiare e le pagine scure arcana Indice Introduzione 9 1. Un Greenwich Village a Trastevere 13 2. Camminando sui pezzi di vetro 33 3. Sul ciglio di una strada a contemplare l’America 67 4. Il cantautore alla sbarra 81 5. Banana Republic e i lavori in corso 97 6. La storia siamo noi 111 7. Beautiful losers 149 8. Terra e acqua 171 9. Occhi senza dolore 197 10. Compagni di viaggio 213 11. Niente da capire 245 12. Continuando a cercare un altro Egitto 259 APPENDICE – Guida all’ascolto 271 Note 293 Bibliografia 303 Ringraziamenti 305 A Raffaella, Elisabetta, Riccardo Introduzione Non ama le chiacchiere su di sé, Francesco De Gregori. Figurarsi i libri. Non prese bene neanche quello dell’amico Lo Cascio. E a Deregibus, autore della sua prima (e ottima) biografia, raccomandò scherzosamente di rinviarla a dopo la sua morte. Non è solo la sua celebre allergia ai media a insospettirlo. È anche il timore di veder dissezionate le sue canzoni con quello zelo didascalico che imputa a un’intera “scuola fatta da maestre vecchie e impreparate”. Anche perché ci ha già spiegato che “non c’è niente da capire”. E allora? E allora perché un libro su Francesco De Gregori? Forse, proprio per sfatare questi tabù, per tentare di raccontare il suo canzoniere in modo diverso. Schivando il cliché, la spiegazione pedante, o peggio il gossip cui ormai è spesso relegata l’informazione musicale su gior- nali e tv. Lasciando che siano proprio le canzoni a conquistare il proscenio. Parole, sì, ma certamente anche i suoni, senza i quali que- gli stessi versi perderebbero senso. E in questo non si può non esse- re d’accordo proprio con De Gregori, nemico giurato dell’accosta- mento canzone/poesia. Se Dylan o chi per lui potrà un giorno esse- 9 re candidato al Nobel per la letteratura, non sarà certo perché è “un poeta”, ma perché alla canzone è stata finalmente riconosciuta la di- gnità letteraria che le spetta. Così come, forse, sarebbe anche il caso di ridimensionare l’assunto che nell’opera di De Gregori la musica sia ingrediente secondario: a volte, è proprio il piatto forte. Ma ad affascinare non è solo l’arte del prestigiatore di parole e del musicista. C’è quello sguardo profondo, intransigente, lungimi- rante, che, tra innocenza e ferocia, ha scoperchiato quarant’anni d’I- talia. Riletti oggi, i suoi versi, pur criptici e ammantati di metafo- re, sono proprio la più stupefacente cartina di tornasole del paese “metà giardino e metà galera”. Forse perché, più che dalla passione politica, sono mossi dalla curiosità dell’irriducibile studente di Sto- ria, interessato a ricostruire il presente con la memoria del passato e la prospettiva aperta sul futuro. Si spiega così anche l’insofferen- za verso tutte le consorterie politiche e mediatiche che hanno sem- pre cercato di strattonarlo dalla loro parte: è la ritrosia di chi prefe- risce salire sulla tolda della nave a scrutare l’orizzonte, invece di in- vischiarsi nel mare delle polemiche quotidiane. Non a tutti può piacere, uno così. Uno che appena vede una te- lecamera si dilegua. Uno che dice: “I simpatici mi stanno antipati- ci”. E che non si sforza certo di apparire simpatico o affabile, pur essendo in possesso di un’ironia affilatissima, forgiata sul trabicco- lo rosso del Folkstudio, quando sbeffeggiava potenti e cortigiani a suon di ballate satiriche. Ma questo libro non vuole convincere nessuno, né tantomeno imbastire un’improbabile agiografia. Ho cercato solo di raccogliere i pezzi di questo smisurato puzzle musicale lungo più di qua- rant’anni. Senza suggerire soluzioni definitive (che, probabilmen- te, neanche esistono), ma tentando di individuare qualche traccia, qualche chiave per orientarsi meglio in un percorso che affascina e che, in fondo, ci riguarda tutti. Chi non si è immedesimato alme- no in un verso, in una storia, in un personaggio delle sue canzoni? 10 A differenza di altri libri, però, ho scelto di non seguire un ordi- ne cronologico e di raccontare l’opera di De Gregori per nuclei te- matici: l’amore, la storia, il viaggio, la sofferenza degli sconfitti e l’ar- roganza dei potenti, le fiabe e gli occhi dell’infanzia. Focalizzando anche alcune tappe cruciali della sua carriera: dagli esordi al Folk- studio all’inaspettato ritorno “in progress” insieme a Lucio Dalla. Un capitolo ad hoc è stato poi riservato al rebus dei rebus: il lessi- co degregoriano, fonte di cruciali innovazioni semantiche rispetto non solo alla canzone “cuore-amore”, ma agli stessi avamposti del cantautorato tricolore degli anni Sessanta e Settanta. Tutto questo mentre il giovane Principe compie sessant’anni e sembra più in forma che mai. Soprattutto nelle sue performance dal vivo. Perché è il palco, ormai, il fulcro della sua attività, come te- stimoniano le lunghe tournée e la sfilza di album live pubblicati in questi anni. Le sue canzoni cambiano sempre gli abiti di scena, ma restano sempre lo stesso, meraviglioso enigma. Un ostinato cam- mino controcorrente, fra le pagine chiare e le pagine scure della nostra storia. In comune con l’esperienza di OndaRock c’è il desiderio di acco- starsi alla musica con passione e senza pregiudizi. Cercando di rac- contare e di incuriosire, più che di emettere verdetti. Perché se è ve- ro, come dice De Gregori, che una canzone non si può spiegare, c’è sempre la possibilità di stimolarne l’ascolto (e il riascolto), di sugge- rirne nuovi orizzonti. Magari liberando la fantasia, lungo le rotte dei tanti treni, navi e aerei disseminati su questa immaginaria cartogra- fia. Ecco, un viaggio “con le orecchie e con il cuore”, proprio come quello di Eugenio: questo è stato per me Fra le pagine chiare e le pagi- ne scure e questo sarei felice che fosse anche per voi. Fatemi sapere… [email protected] 11 1. Un Greenwich Village a Trastevere Fiori falsi e sogni veri tra gli eroi della friggitoria Chantant grazie, ho mangiato ieri un sorriso stasera basterà. (Arlecchino, 1974) È infreddolito e preoccupatissimo, il diciassettenne Francesco De Gregori, mentre si infila nei vicoli di Roma, giù dalle pendici del Gianicolo. Ha un turbine di pensieri in testa e i polpastrelli conge- lati: un brutto guaio per chi deve strimpellare una chitarra. Certo, anche Bob Dylan raccontava spesso di quel freddo pungente che gli paralizzava le mani quando doveva suonare al Greenwich Villa- ge, e la copertina di THE FREEWHEELIN’ ce lo ha consegnato alla storia proprio così: intirizzito, mani in tasca, sotto il braccio della fi- danzata di allora, Suze Rotolo (scomparsa di recente, il 24 febbraio 2011, a sessantasette anni). Dylan, già, più che un modello per il giovane Francesco. Un maestro di vita, un menestrello zingaro con la valigia sempre piena di versi e suggestioni immortali. Difficile vivere l’anno 1968 senza avere le sue canzoni incise nella mente. E De Gregori ne era rimasto folgorato: “Dylan non cantava, lui spu- tava le parole come sassi, non cercava d’essere piacevole, al contra- rio… Come tutti i grandi artisti, non dava l’impressione di voler parlare a qualcuno, ma di parlare a nome di qualcuno. Magari a nome di una generazione”1. 13 Le orme del maestro di Duluth, a Roma, conducono dritto nel cuore di Trastevere. A Via Garibaldi 59, per l’esattezza, in una can- tina a forma di L, umida, affumicata e non troppo pulita, ma dive- nuta ormai il crocevia obbligato per ogni folksinger o aspirante ta- le. Si chiama Folkstudio, ed è lì che il giovane Francesco ha preno- tato il suo debutto. Merito anche dei buoni uffici del fratello mag- giore Luigi, alias Ludwig, cantautore country-folk con un buon seguito nel giro underground, che prenderà poi il nome di Luigi Grechi (dal cognome della madre) proprio per non intralciare la car- riera in ascesa di Francesco. Accompagnando il fratello sulla salita lastricata di porfido che porta al Gianicolo, Ludwig gli impartisce tre decisive raccomanda- zioni: “Se sbagli un accordo fai finta di niente, ché non se ne accorge nessuno… Cerca di ricordarti tutte le parole a memoria, se le leggi su un foglietto pare brutto… Non ti demoralizzare se mentre can- ti qualcuno si alza e se ne va, tanto succede sempre”2. Non è un’audizione vera e propria, né un provino. Chiunque po- teva imbracciare una chitarra ed entrare nel cunicolo di Via Gari- baldi durante i pomeriggi domenicali chiedendo di fare il suo nu- mero. Purché fosse privo di orpelli elettronici, beninteso. Poi, sa- rebbe stato il responso del pubblico – generalmente ben disposto – a decidere le sorti del menestrello di turno. Perché per il boss del locale, l’ex chimico Giancarlo Cesaroni, la musica doveva essere soprattutto espressione sociale, strumento di aggregazione e cultu- ra popolare. Ma rispetto alla pletora di ragazzotti armati solo di chitarra e buone intenzioni, l’adolescente De Gregori coltiva qualche ambi- zione in più. Nato a Roma il 4 aprile 1951 in una famiglia borghe- se (la madre, Rita Grechi, è insegnante di Lettere, il padre Giorgio è un importante dirigente bibliotecario – insieme a lui accorrerà a Firenze nel 1966 per salvare i libri dall’alluvione), è curioso, appas- sionato di letture (da Salgari a Hemingway passando per Dante), 14 di cinema (da Pasolini a Bergman) e, ovviamente, insaziabile divo- ratore di note. Non disdegna la musica leggera italiana (la prima canzone che strimpella è Il ragazzo della Via Gluck di Celentano, ma ascolta anche Modugno, Morandi, Bobby Solo), né il rock delle ori- gini (Berry, Presley), ma la sua stella polare è la canzone d’autore, che sia quella d’oltreoceano (Dylan, Cohen) o quella nostrana di Tenco, Jannacci e De André.

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