Giuseppe Tigri Selvaggia de' Vergiolesi www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di: E-text Editoria, Web design, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Selvaggia de' Vergiolesi AUTORE: Tigri, Giuseppe TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito Internet Archive (http://www.archive.org/). Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (http://www.gutenberg.net/) tramite (Distributed proofreaders (http://www.pgdp.net/). DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: Selvaggia de' Vergiolesi : racconto storico / di Giuseppe Tigri - Ed. riv. e consentita dall'A - Leipzig : F.A. Brockhaus, 1876 - X, 306 p. ; 18 cm. 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 7 febbraio 2011 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Distributed proofreaders, http://www.pgdp.net/ REVISIONE: Claudio Paganelli, [email protected] PUBBLICAZIONE: Claudio Paganelli, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito Internet: http://www.liberliber.it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradimento, o se condividi le finalità del "progetto Manuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ SELVAGGIA DE' VERGIOLESI RACCONTO STORICO DI GIUSEPPE TIGRI. EDIZIONE RIVEDUTA E CONSENTITA DALL'AUTORE. LEIPZIG: F. A. BROCKHAUS. 1876. «Così or quinci or quindi rimirando, Vidi in una fiorita e verde piaggia Gente che d'amor givan ragionando. Ecco Dante e Beatrice, ecco Selvaggia; Ecco Cin da Pistoia; . .» PETRARCA nel Trionfo d'Amore. Proprietà letteraria AL COMMENDATORE UBALDINO PERUZZI CHE NEL REGGIMENTO MUNICIPALE DELLA SUA FIRENZE COME NE' CONSIGLI DELLA CORONA DEGNISSIMO APPARVE DEL NOME AVITO E DEGLI STUPENDI EVENTI D'ITALIA REDENTA DA SECOLARE SERVAGGIO QUESTO RACCONTO DELLE PATRIE ISTORIE GIUSEPPE TIGRI CON ANIMO FIDUCIOSO INTITOLA. PROEMIO. Nella sua raccolta di romanzi contemporanei italiani, l'editore Brockhaus accoglie, per la seconda volta, l'opera d'un pistoiese. La scelta non è fatta a caso. Come la Montagna Pistoiese è forse, con la Montagna sanese, il luogo d'Italia ove si parla più schietta, più viva, più poetica la nostra favella, così è lecito supporre che i più efficaci scrittori di questa favella abbiano a ritrovarsi fra pistoiesi e sanesi. Giuseppe Tigri è nato in Pistoia nel 1806; nè solo nacque in Pistoia, ma vi si educò giovinetto, v'insegnò lettere, finch'ei venne dal governo italiano nominato ispettore delle scuole elementari per la sua provincia nativa. E alla sua città e provincia egli dedicò pure le migliori opere del proprio ingegno gentile, quali sono le Selve, elegante poemetto didascalico fornito di molte note, per le quali conseguiva lode di molta diligenza presso i due immortali fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, quand'essi, venuti insieme a visitar la Toscana, ricercarono a Pistoia del Tigri; la pregevole e ricca raccolta dei Canti popolari toscani, della quale l'editore G. Barbera in Firenze intraprese già tre fortunate edizioni; una erudita Memoria storica Intorno al palazzo pretorio o del potestà di Pistoia (Pistoia 1848); un buon libro su Pistoia e il suo Territorio (Pistoia 1854); una piccola ed eccellente Guida della Montagna Pistoiese, che fu ristampata in quest'anno, con una carta, sotto gli auspicii del Club Alpino italiano; e, infine, questo medesimo romanzo, ove si intrecciano ingegnosamente gli amori del celebre poeta Cino da Pistoia, amico di Dante, con la Selvaggia, col racconto dell'Assedio che i fiorentini ed i lucchesi posero alla città di Pistoia sul principio del secolo decimoquarto. E non è a credere che, per aver dimostrato tanta costanza e vivezza d'affetti alla sua terra natale, Giuseppe Tigri siasi poi raccolto in queste sole tenerezze cittadine. Nessun pistoiese ha, senza dubbio, reso con le lettere omaggio più continuo alla propria città; nessun pistoiese si mostrò guida più dotta e cortese del Tigri al forestiero che visitava la sua terra così piena di memorie; ma il Tigri, in tempi ne' quali pareva delitto anche il solo voto per la liberazione della gran patria italiana, esprimeva nelle sue scritture nobili sensi patriottici; e, quantunque ascritto agli ordini ecclesiastici, imparava per tempo a distinguere il rispetto che si deve alla religione da quello che non sempre si sono meritati i papi; e con Dante e con Cino da Pistoia si augurava egli pure che la potestà imperiale regia fosse bene distinta dalla potestà pontificia. Di questi sentimenti del Tigri parecchi indizii troverà in questo stesso romanzo il lettore tedesco, onde potrà argomentare quali pensieri si volgano nella mente di una parte eletta del clero liberale italiano. Quanto al valore intrinseco della Selvaggia, come opera d'arte, io non ho diritto di formare alcun giudizio. Ogni lettore che abbia senso di gentilezza, pregierà da sè stesso i sentimenti delicati che vi si muovono; e, sebbene vi si scorga più tosto una lingua letteraria che quella viva del popolo, molte grazie naturali la fanno ancora seducente; alcune delle descrizioni sono vivaci e pittoresche: la poesia della vita italiana fra le lotte del secolo decimoquarto, in parecchie pagine, lampeggia. Io credo passato il tempo de' romanzi storici, anzi, per dire il vero, credo che essi siano sempre stati un genere assai falso di letteratura. Vi è più vera poesia nella storia semplice che non vi possa essere in un ricamo romantico sopra la storia. I Promessi Sposi rimangono ancora opera unica nella nostra letteratura; è stolida ogni presunzione d'emularla e di superarla; e chi volesse fare un cattivo complimento al Tigri dovrebbe canzonarlo così: «sapete quel ch'io penso del libro vostro? esso lascia dietro di sè i Promessi Sposi». Fra i duecento romanzi storici che conta la nostra letteratura, la Selvaggia merita, senza dubbio, un posto d'onore; ma non dopo i Promessi Sposi, sì bene dopo i romanzi storici dell'Azeglio e del Grossi, che sono già essi stessi a una distanza notevole dal capolavoro manzoniano: il Cecco d'Ascoli del Fanfani, la Selvaggia del Tigri, i romanzi storici di Luigi Capranica e di Carlo Belgioioso sono, fra le opere de' romanzieri italiani viventi, degni di ricordo, a condizione, tuttavia, che non ne venga esagerata la importanza. La Selvaggia del Tigri, oltre il vantaggio d'essere scritta in buona lingua, offre poi ancora quello d'educare nell'animo del lettore sentimenti di squisita gentilezza. Non è questo lo scopo suo preciso, ma poichè lo scrittore ha l'animo ornato di ogni cortesia, egli doveva pure necessariamente improntarne l'opera del suo ingegno eletto. Io sono pertanto lietissimo di vedere accolta nella Biblioteca italiana del tanto benemerito signor Brockhaus questo leggiadro ed onesto racconto di uno de' nostri più gentili scrittori viventi; e, per rallegrarmene, fui contento di potergli mandare innanzi queste mie poche e disadorne, ma, spero, veridiche parole. FIRENZE, 31 Marzo 1876. ANGELO DE GUBERNATIS. INDICE. Proemio Cap. I. Il Castel di Vergiole » II. I Bianchi e i Neri » III. Fiori e armi » IV. Amore e danze » V. Consiglio e difesa » VI. L'assedio » VII. La repulsa e i fuorusciti » VIII. Un primo scontro » IX. Il Castel di Damiata » X. Valore infelice » XI. Fermezza a resistere » XII. I funerali » XIII. La resa » XIV. L'esilio » XV. Il ritorno dello scudiero alla casa paterna » XVI. I castelli di Piteccio e della Sambuca » XVII. L'ambasceria » XVIII. L'addio » XIX. Le insidie » XX. Il Romeo » XXI. I contrabbandieri » XXII. Il tradimento » XXIII. I tristi presagi » XXIV. Le rivelazioni » XXV. La morte » XXVI. Doloroso passaggio dell'Appennino Conclusione CAPITOLO I. IL CASTEL DI VERGIOLE. «E rimembrando delle nuove talle Ch'ivi son delle piante di Vergiole, Più meco l'alma dimorar non vuole, Se la speranza del tornar gli falle.» Messer CINO DA PISTOIA, Sonetto. Erano gli anni 1305 allorchè un cavaliere cinto di tutt'arme, e portante sull'elmo un bruno pennoncello, al cadere dell'ultimo giorno d'aprile uscivasi di Pistoia per la porta di Ripalta, volgendo a maestro il suo focoso destriero. Le messi verdeggianti per ogn'intorno, l'aere tepido anche oltre l'usato, e una pienezza di vita che alla nuova stagione par che in ogni essere si trasfonda, sembrava rallegrassero il cavallo e il cavaliere. Non appena ebbe corso un breve tratto di strada, ch'egli accennando ad un paesetto sul primo colle a maestro, e dimandato a certuni che tenevano la stessa via, se fosse quello Vergiole; - Messer sì - rispondevagli un montanaro - lassù entro alla valle è il castello del capitano. E il cavaliere inchinata la testa verso di lui come a modo di gratitudine, pago di non essersi ingannato, si rimetteva a galoppo sul suo cammino. Finchè sopra un ponte assai stretto varcato l'Ombrone, cresciuto allora per lo sciogliersi delle nevi appennine, e che, senza sponde, per largo tratto si dilagava; poco stante si faceva a salire più lentamente per un viottolo tortuoso e assiepato tanto di stipe del vicin bosco, e d'altri arbusti, che ad ogni svolta gli paresse impedito il sentiero. Però quelle stipe rosso e bianco fiorite, miste ai bianchi-spini stellati, e agli abbraccia-bosco a fior giallo mandavano già intorno un grato odore aromatico; e stavano a compensare dell'orrido delle piante più alte, come di querci e castagni, che bruche bruche vi sorgevan per mezzo, non avendo che allora incominciato a spuntare le prime foglie.
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