Desperate Housewives

Desperate Housewives

Corso di Laurea magistrale in Musicologia e Scienze dello Spettacolo Tesi di Laurea Ai confini della serialità televisiva. Il caso Desperate Housewives Relatore Prof.ssa Valentina Carla Re Correlatori Prof.ssa Francesca Bisutti Prof. Fabrizio Borin Laureando Marta Bernardi Matricola 831546 Anno Accademico 2012 / 2013 2 Santa Marta protettrice delle casalinghe … Anche quelle disperate Ringraziamenti. Si ringrazia mamma e papà per il supporto e l’incoraggiamento a non mollare mai. Irene e Nadia, le mie sorelle perché la vita famigliare senza di loro sarebbe stata a dir poco noiosa. Insieme abbiamo passato dei bellissimi momenti che porterò sempre nel mio cuore. Un grazie anche a Giovanni e alla sua personalità perché riescono sempre a farmi sorridere anche nei momenti di maggior difficoltà. Infine un grazie alla Facoltà di Ingegneria di Trento perché ho capito quello che non avrei mai voluto diventare. 3 4 SOMMARIO INTRODUZIONE p. 7 I. UN QUADRO GENERALE: SULL’INIZIO E SULLA FINE NELLA SERIE SERIALIZZATA p. 13 I.1. SULLA NATURA DELLA SERIE SERIALIZZATA p. 15 I.2. LA COMPLESSITÁ NARRATIVA: CLIFFHANGER, INIZIO EPISODIO, EPISODIO PILOTA, LA CHIUSURA. p. 26 II. DESPERATE HOUSEWIVES. LA SERIE. II.1. L’EPITESTO PUBBLICO: LA GUIDA UFFICIALE DI DESPERATE HOUSEWIVES p. 58 II.2. LA SIGLA p. 71 II.3. L’EPISODIO PILOTA p. 102 II.4.TRA ANTHOLOGY PLOT E RUNNING PLOT, L’IMPORTANZA DEL RACCONTO E DELLE SUE REGOLE p. 135 II.5. IL GRAN FINALE p. 186 APPENDICE p. 321 BIBLIOGRAFIA p. 237 5 6 INTRODUZIONE Negli ultimi anni il panorama televisivo si è profondamente trasformato. I cambiamenti sopraggiunti hanno portato ad una nuova forma di serialità televisiva, di cui Desperate Housewives rappresenta un caso esemplare. Per alcuni critici, la serialità televisiva di ultima generazione avrebbe inaugurato una nuova epoca per il mezzo televisivo. Un’epoca di maturità definita per l’appunto Golden Age. Tuttavia, la nuova serialità ha portato con sé e riaperto alcuni problemi in particolare, del racconto. Punti critici riguardano, per esempio, l’apertura e la chiusura di queste nuove forme televisive. Punto di partenza sarà la serie serializzata Desperate Housewives e attraverso essa, ci soffermeremo proprio sui problemi di inizio e fine che investono la serialità di ultima generazione. Ma partiamo dall’idea della fine, e più precisamente dall’idea della fine dell’arte e della letteratura come condizione fondante della nostra epoca. Accettiamo che questa fine abbia portato a una cesura tra un prima e un dopo. Assumiamo che questo dopo sia ora, e che definisca una nuova epoca dove arte e letteratura vivono una condizione “postuma”. L’epoca postuma, teorizzata da Ferroni1, è il punto di arrivo di un processo che ha esaurito la sua fiducia verso un’idea di progresso in grado di produrre continuamente esperienze artistiche nuove. La modernità ha sancito la fine di tutte le avanguardie. Paradossalmente questa fine è stata raggiunta nel momento in cui l’industria dell’intrattenimento si è ulteriormente sviluppata conquistando nuovi territori. La televisione in questo processo ha rivestito senz’altro un ruolo chiave; infatti, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, il nuovo mezzo di comunicazione ha iniziato a erodere spazio e pubblico al cinema. Si modifica il gusto e il consumo si orienta verso nuove forme di prodotti. La televisione è stato il primo mezzo che ha spostato fisicamente il piacere della visione dalla sala cinematografica all’ambiente domestico. Successivamente, l’avvento di internet sembra aver eroso spazio alla televisione entrando in concorrenza proprio sul terreno dell’intrattenimento domestico. 1 GIULIO FERRONI, Dopo la fine. Una letteratura possibile, Donzelli Editore, Roma 2010. 7 L’home entertaiment propone infine come modello culturale dominante la pubblicità. Quest’ultima si offre come: sistema semiotico in cui la comunicazione e l’espressione si concentrano su un obiettivo economico immediato, in cui è del tutto annullata (…) la “distanza” propria delle tradizionali forma culturali e in cui si propongono modelli di vita direttamente funzionali al consumo, allo spreco, al desiderio – merce.2 Abbiamo riportato questa considerazione negativa verso la televisione perché rilancia e riattualizza un dibattito tra arte e tecnica, tra arte e industria. Questa riflessione si inserisce nel solco di una lunga tradizione che, a partire dal saggio di Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica3, ha decretato la perdita dell’aura nell’opera d’arte. Questa è la diretta conseguenza di un fenomeno rivoluzionario, la riproducibilità tecnica, che ha modificato le “forme stesse della sua comunicazione e percezione”4. I nuovi medium (cinema e fotografia) sono i principali responsabili dei cambiamenti sopraggiunti e hanno alterato il valore culturale ed espositivo dell’opera. L’immagine dell’alce dipinta dall’uomo preistorico nella sua caverna era uno “strumento magico (…) dedicato agli spiriti”5 che serviva, a propiziare la caccia e a proteggere il cacciatore dai pericoli. La statua nella cella del tempio visibile solo al sacerdote aveva un valore di sacralità. Con l’emancipazione di singoli esercizi artistici dall’ambito del rituale, 6 aumentano le occasioni di esposizione dei prodotti. 2 Ivi, p. 113 3 WALTER BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, a cura di Francesco Valagussa, Einaudi, Torino, 2012 4 MASSIMO CACCIARI, Il produttore malinconico in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, cit., p. X. 5 BENJAMIN W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, cit., p.13 6 Ivi, pp. 12-13 8 La maggior esponibilità dell’opera è il peccato originale commesso dalla riproducibilità tecnica che ha causato la perdita dell’aura. L’esponibilità ha annullato le distanze tra l’opera e il suo fruitore. Scrive infatti Benjamin: avvicinare le cose spazialmente e umanamente è un’esigenza vivissima delle masse attuali, come lo è la loro tendenza al superamento dell’unicità di qualunque dato tramite la ricezione della sua produzione.7 La distanza, sottolineava Benjamin, come uno degli effetti prodotti dalla riproducibilità, che annulla l’unicità dell’opera. Questa crolla nell’impossibilità dell’opera arte di identificarsi e integrarsi dentro la tradizione. Di elevarsi a modello e porsi come valore culturale. Lo sviluppo economico ha portato l’arte a una condizione postuma, secondo Ferroni, ha causato un fenomeno di saturazione sia di tipo materiale che culturale. La saturazione materiale ha ridotto sempre più lo spazio arrivando all’accumulo di oggetti mentre la saturazione culturale ha fatto in modo che “nessuno sfugga più al flusso di messaggi che proliferano nei media vecchi e nuovi”.8 Ferroni con sguardo critico sottolinea come la televisione abbia definitivamente annullato qualsiasi distanza tra l’opera e il suo pubblico, invadendo con i suoi schermi ogni abitazione, permettendo in qualsiasi momento la fruizione dei suoi programmi. Inoltre l’industria culturale, nella ricerca spasmodica di conquistare sempre nuovi pubblici, recupera e ricicla in forme nuove opere precedenti e preesistenti. La riproduzione dell’oggetto amplifica le possibilità di accesso e fruizione e nel fare questo sminuisce il valore unico e assoluto dell’opera, relativizzandolo, e annullando la sua unicità rispetto a una cultura o tradizione particolare. L’epoca postuma rompe con il passato ma nello stesso tempo guarda la tradizione. Si differenzia da ciò che l’ha preceduta perché l’atto di recuperare, catalogare e riciclare non produce di fatto nuove opere né nuovi valori, ma solo un atteggiamento consumistico. 7 Ivi, p. 10 8 FERRONI G., Dopo la fine. Una letteratura possibile, cit., p. 112 9 Sembra pienamente accettare Jason Mittell l’assioma di Benjamin : “l’epoca della sua riproducibilità tecnica svincolò l’arte dal suo fondamento culturale, estinse per sempre l’apparenza della sua autonomia.9” Lo studioso americano da anni si occupa di studiare i diversi prodotti dell’industria culturale, e in particolare i programmi che la televisione realizza. Il suo sguardo pragmatico lo porta ad analizzare le serie serializzate, come evoluzione delle forme narrative televisive, che inaugurano anche una nuova età televisiva. Più volte nella sua analisi emerge il rapporto ambiguo tra ragioni economiche e ragioni estetiche che la nuova serialità mette in campo. Ciononostante non pare preoccupato, come Ferroni, che l’evoluzione televisiva sia arrivata di fatto a una simbiosi tra pubblicità e prodotti culturali, per cui anche questi ultimi sono sempre di più concepiti come forme di autopromozione di sé, che invitano il pubblico a consumarli. Mittell critica l’atteggiamento snobbistico e pregiudizievole verso questi prodotti costruiti attorno agli spazi pubblicitari e soggetti a una rigida programmazione10. La rivalutazione dei prodotti seriali passa attraverso la piena accettazione dell’oggetto inteso prima di tutto come prodotto e non come opera. La differenza è fondamentale in quanto si prende atto che i processi industriali rappresentano la nuova era di quella riproducibilità tecnica, che ha modificato la ricezione delle opere d’arte, producendo uno spostamento significativo del suo valore. L’opera non più promotrice di valori culturali ma solo di valori espositivi11. Da questa prospettiva vanno intese la ricerca e l’attenzione verso questi prodotti seriali. Ciononostante, l’aspetto produttivo e industriale non viene mai meno, anzi la nuova serialità lo ripropone e lo mostra come ingrediente saliente del suo essere, soprattutto in coincidenza con i suoi confini fisici, i suoi inizi e le sue fini. Inizio e fine come luogo dove si rintracciano logiche economiche e creative che convivono in un delicato gioco di equilibrio. Per quanto riguarda la mancanza in questi prodotti di qualsiasi valore culturale, la condizione postuma è il punto di arrivo di quella “saturazione della modernità”, che ha diffuso la sensazione che tutti i linguaggi siano chiusi su se stessi, nel momento in cui hanno raggiunto un loro grado di riconoscibilità e definizione. 9 BENJAMIN W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, cit., p.

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