![RODOLFO BARONCINI Conservatorio Di Musica Di Adria LA VITA MUSICALE a VENEZIA TRA CINQUECENTO E SEICENTO](https://data.docslib.org/img/3a60ab92a6e30910dab9bd827208bcff-1.webp)
RODOLFO BARONCINI Conservatorio di musica di Adria LA vita MUSICALE a VENEZIA TRA Cinquecento E Seicento: MUSICI, COMMITTENTI e repertori La fotografia della realtà musicale veneziana delle tre decadi correnti tra il 1585 e il 1615 che mi accingo a scattare è animata da un obiettivo ambizioso: fornire un quadro che sia il più esaustivo possibile, tale da riuscire a trascendere i tradizionali confini di ambito e genere (ecclesiastico e profano, vocale e strumentale ecc.). È ben noto come certe set- torialità, ancorché utili e portatrici di indispensabili approfondimenti, siano anche origine di vedute parziali. Un rischio che, nella fattispecie del contesto lagunare, si è tradotto in un approccio tradizionalmente dominato dalla basilica di San Marco,1 o in una visione più aggiornata e articolata, incentrata sul mecenatismo collettivo delle confraternite (scuole grandi e piccole) e delle numerose chiese conventuali e parrocchiali.2 A queste rispettabili vedute cui lo stesso scrivente in passato si è applicato,3 che hanno giustamente individuato nel mecenatismo collettivo (di stato e devozionale) una delle caratteristiche peculiari della produzione musicale veneziana, cercherò, in un’ottica integrata, di aggiungerne una terza, particolarmente importante perché capace, non solo di offrire un quadro più esaustivo, ma anche di illuminare prospetticamente le due precedenti. Alludo alla Venezia del mecenati- smo privato e dei numerosissimi «ridotti» animati da singoli patroni di rango patrizio o cit- tadinesco: una realtà complessa, articolata e per un difetto di fonti fino a questo momento 1 Dalla storica monografia del Caffi in poi la basilica di San Marco, anche in quanto sede di un particolare cerimoniale civico-religioso, è stata comprensibilmente al centro dell’interesse degli studiosi. Della corposa bibliografia sull’argomento segnalo di seguito alcuni tra gli studi più importanti che, quando non nel titolo, sono nel contenuto ‘sanmarco-centrici’: francesco caffi, Storia della musica sacra nella già Cappella Ducale di San Marco in Venezia dal 1318 al 1797, 2 voll., Venezia, Antonelli, 1854-1855 (nuova ed. con aggiornamenti bibliografici a cura di Elvidio Surian, Firenze, Olschki, 1987); giacomo BenvenuTi, Andrea e Giovanni Gabrieli e la musica strumentale in San Marco, 2 voll., Milano, Ricordi, 1931-1932 (Istituzioni e Monumenti dell’Arte Musicale Italiana); giulio ongaro, The Chapel of St. Mark’s at the Time of Adrian Willaert (1527-1562): A Documentary Study, Ph. D. dissertation, University of North Carolina, Chapel Hill, 1986; reBecca edwards, Claudio Merulo Servant of the State and Musical Entrepreneur in Later Sixteenth Century Venice, Ph. D. dissertation, Princeton University, 1990; iain fenlon, The Ceremonial City: History, Memory and Myth in Renaissance Venice, New Haven - London, Yale University Press, 2007. 2 È una direzione di ricerca, quest’ultima, che, assieme a quella sugli ospedali, ha assorbito dagli anni sessanta in poi e, precisamente, dall’apparizione del pionieristico articolo di Denis Arnold sulla Scuola Grande di San Rocco (Music at the Scuola di San Rocco, «Music & Letters», XL, 1959, pp. 229-241), l’attenzione della maggior parte degli studiosi culminando in studi importanti e di ampio respiro come quelli di elena QuaranTa, Oltre San Marco: organizzazione e prassi della musica nelle chiese di Venezia nel Rinascimento, Firenze, Olschki, 1998; e JonaTHan glixon, Honoring God and the City. Music at the Venetian Confraternities (1260-1807), Oxford, Clarendon Press, 2003, testi cui si rinvia per l’ormai ponderosa bibliografia sull’argomento. 3 Cfr. rodolfo Baroncini, Contributo alla storia del violino nel sedicesimo secolo: i «sonadori di violini» della Scuola Grande di San Rocco a Venezia, «Recercare», VI, 1994, pp. 61-190. – 131 – RODOLFO BARONCINI poco visibile,4 ma che in una città in cui il patriziato imponeva il suo controllo non solo su San Marco (che come noto è cappella di stato), ma perfino sulle singole parrocchie, appare tuttavia fondamentale per comprendere pienamente tutto quanto accade in ambito ecclesia- stico, devozionale (le scuole) e assistenziale (gli ospedali maggiori). L’ingresso in un ter- reno vergine e problematico come quello del patrocinio privato imponeva anzitutto, onde misurarne i meccanismi, le modalità e l’impatto sul contesto musicale cittadino, di attuare una prima verifica della sua effettiva consistenza, vale a dire una mappatura provvisoria dei «patroni» e degli eventuali ridotti o accademie da essi animati.5 Un siffatto obiettivo non poteva essere perseguito se non ingegnando una metodologia di ricerca capace di integrare e spiegare i dati rilevabili dai superstiti testimoni musicali a stampa di stretto ambito lagunare con una vasta congerie di testimonianze letterarie e documentarie. Un fronte, quest’ultimo, che ha dato frutti considerevoli in virtù soprattutto di una recensio sistematica delle anagrafi parrocchiali veneziane6 e di un loro uso non meramente biografico, ma funzionale alla rico- struzione di quella fitta rete di relazioni intessuta dai numerosissimi operatori musicali attivi in città; relazioni, si intende, sia di tipo ‘verticale’ (tra musico e patrono), sia di tipo ‘oriz- zontale’ (tra musico e musico o tra patrono e patrono). Una ricostruzione possibile in virtù del fatto che, per disposizione conciliare, le registrazioni anagrafiche dovevano includere obbligatoriamente, nei battesimi, i nominativi dei padrini (altresì detti «compadri» o «san- toli»), e nei matrimoni quelli di almeno due testimoni e, opzionalmente, quello del «compare dell’anello». Implicante una relazione di parentela spirituale, la cumpaternitas (e partico- larmente quella battesimale, detta normalmente di «san Giovanni») era sintomo, quando si allacciava tra soggetti e famiglie dello stesso rango, di una stretta relazione, spesso confiden- ziale, mentre quando si verificava tra persone di rango, diverso era normalmente spia di una relazione patriarcale, basata sullo scambio servigi-protezione.7 In ogni caso, nella gerarchia dei legami e delle relazioni solidali dell’epoca, i padrini venivano subito dopo i parenti.8 4 Scarsa, non a caso, relativamente al periodo qui trattato, è stata l’attenzione tributata finora a questo tema. Se si prescinde da alcune considerazioni svolte da reBecca edwards nel suo An expanded musical and social context for Andrea Gabrieli: new documents, new perspectives (in Andrea Gabrieli e il suo tempo, Atti del convegno internazionale, Venezia, 16-18 settembre 1985, ed. Francesco Degrada, Firenze, Olschki, 1987, pp. 43-57), l’unico contributo sull’argomento è quello specifico su Leonardo Sanudo di Berthold over, Leonardo Sanudo, Ein venezianischer Literatur- und Musikmäzen im ausgehenden 16. Jahrhundert, in Kunst und ihre Auftraggeber im 16. Jahrhundert. Venedig und Augsburg im Vergleich, eds. Klaus Bergoldt - Jochen Brüning, Berlin, Akademie, 1997 (Colloquia Augustana, 5). Per un primo tentativo di affrontare la questione in modo più sistematico con qualche riflessione sulla specificità della committenza privata veneziana e una sua parziale mappatura vedi rodolfo Baroncini, Giovanni Gabrieli, Palermo, L’Epos, 2012, pp. 50-67. 5 Vedi Baroncini, Giovanni Gabrieli, tabelle A e B, pp. 52-54. 6 Trattasi dei registri dei battesimi e dei matrimoni delle settantuno chiese parrocchiali veneziane operative all’epoca, oggi conservati se pure in forma non sempre completa, parte presso l’Archivio Storico del Patriarcato e, parte nelle parrocchie che ancora conservano il proprio patrimonio storico-archivistico. Per un utile e attendibile mappatura delle antiche parrocchie e dei loro confini contradali vedi ennio concina, Venezia nell’età moderna. Struttura e funzioni, Venezia, Marsilio, 1989. 7 Sull’argomento vedi guido alfani, Padri, padrini, patroni. La parentela spirituale nella storia, Venezia, Marsilio, 2007. 8 Cfr. cHarles de la roncière, La vita privata dei notabili toscani alle soglie del Rinascimento, in La vita privata dal feudalesimo al Rinascimento, eds. Philippe Ariès - Georges Duby, Bari, Laterza, 2001, pp. 130-251: 136 (I edizione 1987). – 132 – LA VITA MUSICALE A VENEZIA TRA CINQUECENTO E SEICENTO Fatta questa premessa, prima di passare in rassegna i musici e le musiche dal volto noto, mi sembra opportuno, onde onorare la promessa iniziale e inquadrare ciò che già conosciamo entro un contesto che sia il più ampio e più ricco possibile, fornire dei dati generali di ordine puramente quantitativo su quelle che erano le maestranze musicali attive in città tra il 1585 e il 1615. Il prospetto che segue offre una sintesi dei risultati derivanti dallo spoglio di circa 60 anagrafi parrocchiali su 71:9 Maestranze musicali: 816 Cantori: 121 cantori: 82 musici cantori: 39 Strumentisti: 545 sonadori: 276 musici sonadori: 78 organisti: 95 sonadori di violin: 50 sonadori di liuto: 26 sonadori di arpicordo: 15 sonadori di trombon: 5 Costruttori di strumenti musicali: 139 «lauteri » e «citareri»: 54 «dalli violini»: 14 «dai arpicordi» e «manacordi»: 56 «dalli organi» 13 «dalli flauti»: 2 Ballarini: 11 Considerando l’incompletezza dello spoglio e la relativa efficacia delle fonti prescelte ai fini di una squisita operazione di censimento (soltanto un’indagine sistematica dei registri dei morti e un loro accurato confronto con i Necrologi dei Provveditori alla Sanità e con altre 9 Le diverse professionalità musicali raggruppate sotto ciascuna categoria principale riportano fedelmente quelle designate nelle fonti: cosi dei 545 strumentisti schedati, 276 sono designati
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