
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO SCUOLA DI DOTTORATO IN LETTERATURE COMPARATE E STUDI LINGUISTICI CICLO XXI TESI DI DOTTORATO LA TRASGRESSIONE FANTASTICA INFRAZIONI LOGICHE E ABISSI DI SENSO NELLA NARRATIVA FANTASTICA DA KAFKA A CORTÁZAR Relatore: Prof. Alessandro Fambrini Candidato: Dott.ssa Giuliana Zeppegno INDICE INTRODUZIONE………………………...………………………………….………………………1 CAPITOLO 1: TRASGRESSIONE SEMANTICA E ABISSI DI SENSO 1. L’insorgere del ‘negativo’……………………………………………...………..17 2. Verso una retorica dell’oscurità……………………………………………..…..25 3. L’allegoria vuota………………………………….………………………..……46 3.1. Julio Cortázar, Carta a una señorita en Paris..............................................55 CAPITOLO 2: MONDI (IM)POSSIBILI 1. Realismo contro se stesso armato e capitolazione di mondi……………….……66 2. Mondi ibridi……………………………………………………………………..71 3. Fantastico e metaletteratura………………………………………..……………84 4. Contraddittorietà dei mondi fantastici…………………………………………..88 4.1. José María Merino, Buscador de prodigios.................................................90 CAPITOLO 3: L’IMPERIOSO RICHIAMO DELL’ASSENZA 1. La narrazione reticente.......................................................................................97 1.1. Reticenza esplicativa…………………………………….……..…………101 1.1.1. Dino Buzzati, La moglie con le ali……………………...………….102 1.1.2. Silvina Ocampo, Tales eran sus rostros............................................106 1.1.3. María Luisa Bombal, Las islas nuevas..............................................112 1.2. Fabule aperte………………………………………………………………119 1.2.1. Dino Buzzati, Qualcosa era successo……………………...………120 1.2.2. Julio Cortázar, Casa tomada……………………………………….123 1.3. Reticenza semantica: Friedrich Dürrenmatt, Der Tunnel…………………130 CAPITOLO 4: L’EMERSIONE DEL SIMMETRICO 1. Il fantastico “regno dell’illogico”………………………………………….…..138 2. Il modo simmetrico……………………………………………………..….…..146 2.1. “Je est un autre”: l’identità sotto scacco…………………………………..162 2.2. Quando qui è altrove e prima è dopo: spazi e tempi simmetrici…...……..172 2.3. Pars pro toto e causalità fantastica………………………………………..191 2.4. Parole come cose……………………………………...…………………..202 EPILOGO………………………………………………………………………….211 BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………………..224 INTRODUZIONE “Si può fare della letteratura un valore assertivo, sia nel riempimento, accordandolo ai valori di conservazione della società, sia nella tensione, facendone lo strumento di una lotta di liberazione; si può invece accordare alla letteratura un valore essenzialmente interrogativo; la letteratura diventa allora il segno (e forse il solo segno possibile) di quella opacità storica in cui viviamo soggettivamente; servito mirabilmente da quel sistema di significante decettivo che a mio avviso costituisce la letteratura, lo scrittore può allora impegnare profondamente la sua opera nel mondo, nei problemi del mondo, ma al tempo stesso sospendere questo impegno proprio dove le dottrine, i partiti, i gruppi e le culture gli suggeriscono una risposta” Roland Barthes, La letteratura oggi Tanto nell’immaginario del pubblico quanto negli ambienti accademici, il fantastico è stato a lungo considerato il genere d’evasione per eccellenza, sulla base di un’assimilazione frettolosa all’universo, attiguo al fantastico ma da esso radicalmente distinto, della fiaba e del modo meraviglioso che lo sottende. In modo particolare, il sospetto o l’avversione nei confronti del fantastico come genere dell’irresponsabilità etica, sociale e politica sono andati acuendosi in tempi di ‘emergenza’ storica, in cui il silenzio della letteratura sul reale è stato fatto coincidere con il suo avallo, come valgono a dimostrare la scomoda posizione occupata, nell’Italia degli anni Quaranta e in piena fioritura neorealista, da uno scrittore anomalo quale Dino Buzzati, o l’incessante accusa di torre d’avorio scagliata contro i fondatori del genere in America Latina, primo tra tutti Jorge Luis Borges. Se l’equazione silenzio-consenso poggia su un sostanziale fraintendimento del ruolo della creazione artistica che la critica sembra essersi definitivamente lasciato alle spalle, il preteso conservatorismo del genere appare invece, su un altro piano del discorso e per motivi molto diversi da quelli tradizionalmente addotti, un’attribuzione non priva di fondamento: un’osservazione attenta del fenomeno permette infatti di individuare nella regressione verso modelli conoscitivi superati la logica intrinseca a larga parte del fantastico più tradizionale, e di riconoscere in tale dinamica non già un’istanza sovversiva rispetto ai codici culturali vigenti, ma al contrario una tendenza orientata, per le modalità attraverso cui opera nei testi, alla loro conservazione. A questa inclinazione − svincolata da rapporti diretti con i contenuti dei racconti e con i loro presunti ‘messaggi’, come vorrebbe un pregiudizio tenace, banalizzante e 1 riduttivo sotto tutti i punti di vista, e risultante invece, come si è accennato, da più complesse tensioni di ordine culturale ed epistemologico − si oppone, sul fronte più avanzato del fantastico contemporaneo, un movimento di segno opposto: l’ipotesi da cui questo studio prende, euristicamente, le mosse, e che si propone di verificare quanto più rigorosamente possibile in sede di analisi testuale, è che numerose manifestazioni fantastiche contemporanee detengano una carica autenticamente eversiva, e che in questa vocazione quasi costitutiva alla trasgressione risieda uno degli scarti più significativi tra le manifestazioni recenti del genere e i loro antecedenti ottocenteschi. Come suggerisce Claudio Guillén al termine della sua riflessione sull’oggetto d’indagine e la funzione specifica della letteratura comparata, la struttura diacronica o modello cui il comparatista tende non può costituire, per l’analisi, né un a priori inviolabile né un desideratum perseguito in totale assenza di premesse o scommesse teoriche: “Non limitato alle sole varianti, né dipendente da totalità assenti o congetturali, il modello esige la costruzione di schemi provvisori e rettificabili. Come ogni ipotesi di lavoro, il modello non è meramente induttivo”1. Il problema si pone con tanta maggiore evidenza se la struttura eletta a tema d’indagine è quella, articolata e sopranazionale, di un genere letterario, i cui limiti, scrive Guillén adducendo l’esempio del genere picaresco, “dipendono non da un approccio induttivo a un certo corpus di narrazioni − poiché il numero di narrazioni considerate come picaresche dipende dalla delimitazione previa − ma dalla scelta di certe qualità generali, suscettibili di condurre a particolari risultati; o dalla costruzione di modelli ipotetici di descrizione che in un secondo momento procediamo a riferire a tutte le situazioni empiriche e ai dati osservabili che ci interessano”2. Tracciare i confini del genere e proporne una definizione previa, che giustifichi i criteri di inclusione ed esclusione osservati nel corso dell’indagine appare, in effetti, indispensabile, tanto più nei confronti di una categoria problematica come quella del fantastico, rispetto alla quale l’assillo della definizione si è imposto ai critici, nel tempo, con un’impellenza e una perentorietà maggiore che altrove3. 1 Claudio Guillén, Entre lo uno y lo diverso. Introducción a la literatura comparada (1985), trad. it. di Antonio Gargano, L’uno e il molteplice. Introduzione alla letteratura comparata, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 463. D’ora in avanti, dove non diversamente indicato le traduzioni sono mie. 2 Ivi, p. 96. 3 A questo riguardo viene fatto di domandarsi, come fa Ferdinando Amigoni all’inizio del suo saggio: “Perché, è lecito chiedersi, il fatto che il fantastico si comporti esattamente come qualsiasi altro genere letterario disturba la tranquillità dei critici? Dopotutto è parimenti impossibile fornire la formula assiomatica della tragedia, del romanzo realistico, dell’idillio o del poema cavalleresco”. Ferdinando Amigoni, Fantasmi del Novecento, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, p. 9. 2 Benché il dibattito circa la definizione e i confini del fantastico sia sorto in concomitanza con le prime manifestazioni del genere4, giustamente definito da Lazzarin uno dei più autocoscienti fra i generi e i modi letterari5, è soprattutto nel corso del Novecento che i critici prendono coscienza del fenomeno e ne fanno un oggetto di indagine specifica: dopo gli studi pionieristici di Castex, Penzoldt, Caillois, Vax, il saggio Introduction à la littérature fantastique (1970) di Tzvetan Todorov, attirando prepotentemente l’attenzione su questioni teoriche fondamentali con una tesi incisiva quanto controversa6, dà nuovo impulso a un contendere di cui si stenta a intravedere la fine, contrassegnato da un interesse critico sempre rinnovato e da un incessante moltiplicarsi delle prospettive, entro il quale la definizione dello studioso bulgaro continua a rappresentare, a oltre trent’anni di distanza, un’inaggirabile pietra di paragone. Non si ha qui la possibilità di passare in rassegna tutte le definizioni proposte e suffragate, negli anni, dagli studiosi confrontatisi con il fantastico7, né il problema della definizione costituisce la meta di questo studio: accogliamo pertanto operativamente la definizione minima di Roger Caillois, che in accordo con altre formulazioni ha il pregio di individuare nello scarto l’ubi consistam del genere, senza però appellarsi all’ambigua 4 Si vedano in particolare le riflessioni, oggetto di saggi o intercalate ai racconti, di narratori fantastici quali E. T. A. Hoffmann, Charles Nodier, Edgar Allan Poe, Théophile Gautier,
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