La viticoltura nel pinerolese La coltivazione della vite anche nel territorio della Comunità Montana Pinerolese ha origini molto antiche. Generalmente il vino si consumava durante i pasti con parsimonia e in occasioni particolari (feste, matrimoni, ecc.). Quando alla fine del secolo scorso, con l'avvento delle prime industrie tessili ed estrattive cominciarono a circolare più soldi, si diffusero le osterie. Secondo la credenza popolare si asseriva che il vino faceva bene alla salute, produceva più sangue e rendeva robusti, tanto e vero che anche i bambini iniziavano a bere qualche bicchiere di vino molto presto. Parlare della vita e del vino nel quadro generale dell'area piemontese è indubbiamente un tema che riveste un'importanza notevole avendo in questa regione la viticoltura una tradizione bimillenaria ed essendo uno dei poli dell'economia agricola: alludiamo a questo proposito alle Langhe, al Monferrato, al Tortonese. Basti pensare per esempio ai numerosi riferimenti giacenti nei cartari delle abbazie o nei conti delle castellanie dei Savoia, negli atti notarili e nei catasti per capire quale importanza aveva in Piemonte la viticoltura e l'enologia sin dal Medioevo. Si può dire che ogni famiglia contadina possedesse un piccolo appezzamento di terreno coltivato a vite. Se però, come nel nostro caso, ci riferimano in particolare al pinerolese, il discorso cambia, poiché quì ci troviamo di fronte ad un tipo di coltura prevalentemente familiare. La vite nel passato era assai diffusa e, pur essendo praticata principalmente per autoconsumo, rappresentava una considerevole risorsa poiché il vino prodotto era il solo che si potesse consumare e poteva anche servire in caso di necessità per saldare debiti e ipoteche. Il vino prodotto aveva da un anno all'altro caratteristiche diverse poiché si faceva vinificare l'uva senza correggere i difetti con interventi chimici o biologici (per aumentare il tasso zuccherino o diminuire l'acidità del mosto). Il grado alcoolico poteva comunque raggiungere in certe annate 10° - 12°. I vitigni Un quadro abbastanza esaudiente dei vitigni coltivati nel pinerolese ci viene dato dalla "Relazione sulla esposizione ampelografica di Pinerolo" (per ampelografia si intende la branca della viticoltura che descrive i vitigni e li classifica. La relazione scritta da Luigi Provana di Collegno trovatasi in "Bollettino ampelografico", fasc. XVI, anno 1883.) tenutasi dal 25 settembre al 1 ottobre 1881 nella galleria al piano terreno del Collegio Civico. Tra i vitigni più diffusi erano il Plassa, l'Avarengo, il Doux d'Henry e l'Avanà. Plassa: é un nome dialettale che significa pellaccia, ad indicare lo spessore della buccia di colore nero chiaro. In alcune località della pianura questo vitigno è chiamato cuor duro. Incerta è la sua origine, mancando una sufficiente letteratura al riguardo; sembra tuttavia che la sua zona di provenienza sia il basso pinerolese (Bibiana, Bricherasio, Campiglione Fenile, San Secondo di Pinerolo). Avarengo: è un vitigno che non viene citato dagli autori anteriori all'800. Si crede tuttavia che sia originario dei dintorni di Pinerolo, della zona pedemontana. Un tempo l'uva nera prodotta da questo vitigno veniva consumata a tavola o per cure diuretiche, poi fu successivamente utilizzata anche per la produzione per il vino. Doux d'Henry: è un vitigno che produce un uva scura, il cui nome significa dolce di Enrico, altri lo chiamavano doun d'Henry (dono di Enrico) . Esistono scarse notizie storiche, dubbia è pertanto la sua origine che taluni credono francese a causa del nome. Comune di Prarostino (TO) - Piazza della Libertà, 15 Telefono (+39) 0121.500128 Fax (+39) 0121.501792 EMail: [email protected] PEC: [email protected] Avanà: anche di questo vitigno che dà un'uva scura non si conosce con esattezza la provenienza, probabilmente è di origine francese ed era molto diffuso nella Val di Susa. Comune di Prarostino (TO) - Piazza della Libertà, 15 Telefono (+39) 0121.500128 Fax (+39) 0121.501792 EMail: [email protected] PEC: [email protected] .
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