Albania Postcomunista

Albania Postcomunista

ALBANIA POSTCOMUNISTA IL NUOVO SISTEMA POLITICO E IL RUOLO DELL'ITALIA Dott.ssa Elona Allkja Anno 2008/2009 INDICE INTRODUZIONE 1 CAPITOLO I 1.1 L’Albania e le sue riforme istituzionali dal 1990 fino ad oggi 6 CAPITOLO II 1.2 Problemi del nuovo assetto 15 CAPITOLO III 1.3 Quale pluralismo politico 28 CAPITOLO IV 1.4 Partiti politici e la loro democratizzazione interna 35 CAPITOLO V 1.5 Sistemi elettorali e comportamento elettorale 51 CAPITOLO VI 80 1.6 Albania nelle nuove elezioni politiche del 28 giugno 2009 ALLEGATO 1.1 I rapporti tra Italia e Albania 88 INTRODUZIONE All'indomani del secondo conflitto mondiale, l’Albania fu l’unico Paese europeo a sconfiggere i nazi-fascisti senza l’aiuto statunitense o sovietico. Il paese dà al nuovo governo, che era controllato dal Partito Comunista e dominato dalla figura di Enver Hoxha, una libertà di decisioni che ebbe delle ripercussioni nei successivi quarant’anni. In seguito alla vittoria militare della Resistenza comunista, processi sommari vennero intentati contro gli oppositori, a opera del ministro degli interni Koci Xoxe. Nelle elezioni del dicembre 1945 il Fronte Democratico,1 ottenne il 93% dei suffragi su una massa di votanti pari al 92% degli aventi diritto al voto. Il partito unico, una volta eliminate le formazioni non comuniste come Balli Kombetar (il Fronte Nazionale) di Mithat Frasheri o Legaliteti ( la Legalità) di Abaz Kupi e frazioni dissidenti come quella di Andrea Zizi e quella dei “giovani” Lula -Premte, si affermò anche in Albania, analogamente a quanto stava accadendo negli altri Paesi dell'Europa centro-orientale inseriti nella orbita dell'egemonia sovietica. I comunisti albanesi, come anche quelli iugoslavi, si attribuivano il merito della resistenza contro il nazismo e il fascismo, e, dunque, la prerogativa di costruire il nuovo assetto politico istituzionale. I dirigenti vararono, subito dopo la Iugoslavia, una costituzione che ricalcava quella sovietica del 1936 differenziandosi, in questo modo, dalle altre democrazie popolari, come aveva fatto a sua volta l'Unione Sovietica che aveva voluto dimostrare che le nuove forme di governo occidentali non rispondevano alla logica della dittatura del proletariato. L'Albania invece, nel rispetto di questa logica, non volle attenersi ad una formula, precedentemente concordata, con gli ex alleati secondo la quale, i Paesi dell'Europa centro- orientale avrebbero dovuto essere governati da coalizioni politiche di tutti i partiti a esclusione di quelle di ispirazione fascista o nazista. Inizialmente, dato lo stretto legame tra comunisti albanesi e iugoslavi, il partito comunista, vista la grave situazione economica del paese, portò il governo di Tirana a firmare un trattato nel 9 luglio 1946 che prevedeva la restituzione del Kosovo alla Iugoslavia in cambio di una consistente prestito, assolutamente necessario per la sopravvivenza stessa del Paese. In quel momento infatti, secondo il disegno di Tito, la Iugoslavia sperava di poter fare dell'Albania una settima repubblica della federazione. Il conflitto tra Belgrado e Mosca e i contrasti tra i loro capi, Tito e Stalin, determinarono le scelte della politica sia interna che esterna dell'Albania. Il leader albanese Enver Hoxha ne approfittò, da una parte per allearsi al potente Stalin, ma dall'altra per eliminare fisicamente dei dirigenti vicini alle posizioni iugoslave facendo così piazza pulita all'interno del comitato centrale, epurando il partito da personaggi per lui scomodi, con l'accusa di reati di tradimento. Accusa questa, che, ad esempio, toccò all'allora ministro degli interni Koci Xoxe, che fu condannato a morte e ucciso nel 1949. Ma questa “pulizia politica” continuò anche quando i rapporti tra Mosca di Chruscev e Belgrado ripresero come, con la condanna e uccisioni di Liri Belishova, Maqo Como, Koco Tashko e altri, accusati di aver aderito al revisionismo chrusceviano. La rottura ufficiale con l'Unione Sovietica venne annunciata dal leader stesso nella conferenza dei Partiti comunisti a Mosca nel novembre del 1960, rottura che fu poi ribadita nel discorso di apertura del I congresso del Partito del lavoro dell'Albania nel febbraio 1969. Ben presto tuttavia, agli ormai ex alleati, si sostituirono i Cinesi di Mao Ze dong. Per tutti gli anni '60 la politica dell'Albania si ispirò, quindi, al modello cinese fino al punto da importare tra il '65- '69 la cosiddetta rivoluzione culturale. In Cina questa rivoluzione rappresentava un momento cruciale della lotta politica tra le due opposte rappresentanze, che sotto l'apparente unanimismo di facciata, proponevano linee diverse per lo sviluppo economico del Paese. Da una parte esisteva lo schema stalinista di economia pianificata diretta dall'alto, e dall'altra, 1) Che altro non era che la nuova veste del movimento della liberazione nazionale o Lufta Nacional Clirimtare. 1 quella delle progressive “liberalizzazioni” per superare la rigidità della pianificazione senza però intaccare il sistema del potere autoritario e centralizzato attraverso il quale si riteneva di poter governare il “continente” cinese con le sue profonde contraddizioni tra diversità etniche, culturali, geografiche ed economiche. Nell'Albania che mutua la rivoluzione culturale, però, non esistevano i problemi appena descritti in Cina, poiché il regime, grazie al ricorso massiccio a metodi repressivi, era decisamente solido e indiscusso, senza alcuna opposizione culturale diversa. Nonostante ciò Hoxha utilizzò la rivoluzione culturale, per fini diversi e ridusse così il numero dei ministri da 19 a 13, il numero degli enti amministrativi, decurtando gli stipendi dei funzionari e costringendo inoltre gli studenti a lavorare nei campi affinché facessero esperienza del lavoro manuale. Lo stato diventa sempre più ermeticamente controllato, tutte le istituzioni pubbliche, come sindacati e associazioni, e tutte le organizzazioni politiche vengono soppresse, inclusa la stampa, l'associazione culturali delle donne, l’organizzazione dei giovani, e tutte le imprese economiche private. Ogni confessione religiosa fu proibita nel 1967, e il paese fu dichiarato il primo stato ateo nel mondo. L'anno successivo, nel 1968, si consuma l'ultimo strappo con la comunità dei paesi socialisti con l'uscita dell'Albania dal Patto di Varsavia, in seguito all'invasione della Cecoslovacchia da parte della Russia, un pretesto questo, perché ovviamente non era immaginabile che il dogmatico e conservatore leader albanese potesse condividere le ipotesi riformiste dei dirigenti cecoslovacchi e stare allo stesso tempo al fianco della Russia. Il nuovo ruolo che la potenza asiatica stava giocando nel contesto internazionale non interessava più di tanto ai dirigenti albanesi, che pure, giudicavano le riforme economiche avvenute in Cina non più come un bene. Il governo di Tirana, poi, con la morte anche di Ciu En Lai e Mao Ze dung cercò di staccarsi dalla Cina perché non accettava più di seguire le idee di Pecchino sulla strada di nuove riforme, le cosiddette “quattro modernizzazioni”, e non condivideva la scelta di quelle aperture verso il mondo capitalistico che la Cina stava portando avanti. Allo stesso tempo il regime comunista albanese si distaccava sempre più dall'Unione Sovietica che era accusata, ormai da anni, di “revisionismo” e “socialimperialismo”. La salvaguardia dell'indipendenza nazionale, così importante per il leader albanese, diventa una vera e propria fissazione e assume connotazioni di un vero e proprio incubo per la popolazione che viene isolata sempre più dal resto del mondo. Nel 1976 Enver Hoxha vara una nuova costituzione che lascia inalterato l'assetto istituzionale – restando presente una Assemblea del popolo con rappresentanti eletti da una lista unica – ma vieta ogni possibile collaborazione con altri paesi. Infatti sul piano internazionale l'Albania non riesce più a costruire un sistema di rapporti con le potenze del momento mentre si alimentano sempre più infinite tensioni con i “vicini” paesi , quali Iugoslavia, Grecia e Italia dove ancora oggi esistono delle minoranze albanesi. Vediamo alcuni dati sui Presidenti dell'Assemblea Popolare2, dati sui primi ministri di Governo e sui segretari del partito comunista, per vedere chi erano e come sono cambiati dal 1944 al 1991. Tabella n° 1: Presidenti dell'Assemblea Popolare N° Nome Partito Investitura Inizio Fine Note mandato mandato 1 Omer Nishani indipend - 26.05.1944 31.12.1945 Presidente del presidium del Cons. Antifascista di liberazione nazionale 2 Omer Nishani indipend Eletto AC 12.01.1946 14.03.1946 Presidente del 2) Oggi non è altro che il Parlamento Albanese. 2 presidium dell'Assemblea Costituente ( II Rep) 3 Omer Nishan indipend Eletto AP 16.03.1946 28.06.1950 Presidente del presidium dell'Assemblea Costituente ( II Rep) 4 Omer Nishan indipend Eletto AP 28.06.1950 01.08.1953 dimissioni 5 gen.Haxhi Lleshi PPSH - 01.08.1953 maggio1954 Ad interim 6 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 01/05/54 14.07.1958 L'Albania entra nella Società delle nazioni il 14.12.1955 7 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 14.07.1958 04.07.1962 - 8 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 04.07.1962 10.09.1966 - 9 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 10.09.1966 21.11.1970 - 10 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 21.11.1970 29.10.1974 - 11 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 29.10.1974 26.12.1978 - 12 gen.Haxhi Lleshi PPSH Eletto AP 26.12.1978 22.11.1982 - 13 Ramiz Tafe Alia PPSH Eletto AP 22.11.1982 19.02.1987 - 14 Ramiz Tafe Alia PPSH Eletto AP 19.02.1987 20.02.1991 - 15 Ramiz Tafe Alia PPSH 3 20.02.1991 30.04.1991 - Fonte. http://www.geocities.com/ga57/albania/albania.html; Giovanni Armillota. Dalla tabella si nota che fino al 1954 il Parlamento albanese, che in quel periodo si chiamava Assemblea popolare, era stato presieduto non dal Partito di Lavoro Albanese, ma dagli Indipendenti fino a quando Enver Hoxha cominciò a fare piazza pulita di tutti i suoi avversati politici che furono eliminati e rimpiazzati da membri del PPSH.4 Tabella n°2: Capi di Governo dal 1944 al 1991 N° Nome Partito Investitura Inizio carico Fine Note incarico 1 Gen.

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